Presentato in apertura della
sezione Orizzonti durante Venezia
75, Sulla mia pelle di Alessio
Cremonini è il racconto dell’ultima settimana di vita di
Stefano Cucchi, dall’arresto al decesso in custodia
cautelare, il 22 ottobre.
Il film di Cremonini è un racconto
da vicinissimo degli ultimi giorni della vita di Stefano, visto
attraverso gli occhi del giovane, sulla sua pelle,
appunto, sui suoi lividi e la sua atroce sofferenza. Proprio come
una via crucis durante la Quaresima, il film conta le sue
stazioni, i giorni, scanditi da scritte bianche, giorni
passati a soffrire e a tacere, nei momenti decisivi, l’identità dei
suoi aggressori.
Il regista sceglie di stare il più
vicino possibile al suo protagonista, trascurando quello che poteva
essere invece una chiave di lettura alternativa, ovvero i tentativi
della famiglia di riuscire a vedere e ad avere notizie di Stefano,
durante il suo calvario. Lontano dalla sofferenza dei genitori e
della sorella, ma dentro, in profondità, a quella del protagonista
facendoci sentire la solitudine, la paura. Tanto dolore raccontato
con delicatezza, tanto che in un momento specifico arriva alla
mente addirittura la carezza della macchina da presa di Pasolini
sul suo Ettore morente di Mamma Roma.
Il racconto di quello che è
accaduto a Cucchi, il suo rimbalzare, malconcio e sofferente, da
una cella all’altra da un interrogatorio a una visita, si alterna a
poche scene dedicate ai genitori e a Ilaria. Sono questi i punti
deboli del film, che Cremonini mette in scena in maniera
svogliata.
Volto di Stefano è Alessandro Borghi, che regala la sua prova
d’attore migliore, fino a questo punto della sua carriera. Il
lavoro di mimesi è perfetto, lo sguardo, la voce persino, identica
a quella del disgraziato. Un ruolo insidioso, che poteva facilmente
trasformarsi in uno scimiottare la persona, eppure l’attore romano
rimane in sella, aiutando la storia a progredire verso
l’ineluttabile conclusione già scritta.
Grazie anche alla sceneggiatura di
Lisa Nur Sultan, Cremonini fa rivivere Stefano,
senza cancellarne le macchie, senza santificarlo, dando un volto di
carne e lividi a quell’indistinto Cucchi che da tanto tempo, per
molti, è stato solo un nome, “solo” quella foto di un giovane
morto, con gli occhi tumefatti, un’immagine terribilmente abituale
che rischia, da sola, di rendere assuefatti all’indignazione e al
dolore. Sulla mia pelle mostra, con piglio
asciutto e spietato, la sofferenza, il dolore di un uomo che ha
incontrato la sua fine in una maniera assurda e
ingiustificabile.
Sulla mia pelle è
la via crucis di un “povero cristo”, un peccatore, morto
inascoltato, senza le lacrime della famiglia, senza le carezze
della madre, in solitudine.
A Quiet Place è stato sicuramente uno dei casi
cinematografici più clamorosi della scorsa stagione. Costato solo
17 milioni di dollari ne ha incassati complessivamente 332, facendo
diventare la Paramount una delle case cinematografiche più
competitive del 2018. Visto tale successo il film scritto e diretto
da John Krasinski non poteva non avere un sequel.
Ed ecco allora che, mentre si pubblicizza l’uscita home video
dell’opera, è proprio la Paramount a dare inizio al conto alla
rovescia: A Quiet Place
2 uscirà nei cinema il 15 Maggio 2020.
Non ci si aspettava certo così a
ridosso dell’uscita del primo capitolo un annuncio così preciso del
sequel, ma evidentemente la casa di produzione ha voluto giocare
d’anticipo. Anche se, stando alle dichiarazioni del produttore
Andrew Form, nessuno sta mettendo fretta agli
autori per avere una storia al più presto. “Ci prenderemo tutto
il tempo necessario a elaborare la storia giusta, non importa
quanto tempo occorrerà” ha dichiarato in una pubblica uscita,
sottolineando la straordinarietà dell’evento appena accaduto al box
office di tutto il mondo. Nella stessa occasione ci ha tenuto a
chiarire l’assoluta partecipazione di John
Krasinski alla realizzazione di questo secondo atto, non è
chiaro invece se parte del cast originale sarà riconfermato oppure
no. Si attendono aggiornamenti.
Spawn, il celebre
fumetto, arriverà presto al cinema con la regia del suo stesso
autore Todd McFarlane. Ora gli appassionati
potranno stare più tranquilli sulla buona riuscita del film in
quanto Greg Nicotero si è aggregato al cast tecnico. Il suo nome è
celebre nello star system per essere per essere uno dei massimi
esperti di makeup e effetti fisici, oltre che vincitore di un Emmy
per il suo lavoro in The Walking Dead. Nel suo
curriculum vanta collaborazioni con Tarantino, Romero e Sam Raimi.
In questa impresa il cast tecnico ha anche a disposizione attori di
qualità quali Jamie Foxx nel ruolo del
protagonista Al Simmons e Jeremy Renner in quello
del detective Twitch Williams.
Il fumetto vede proprio come protagonista il personaggio di
fantasia Al Simmons, ex agente speciale della CIA che muore tradito
dalla sua stessa organizzazione. All’inferno farà quindi un patto
con il demone Malebolgia che gli promette di tornare in vita come
guerriero demoniaco con l’unico scopo di distruggere le forze del
Paradiso. L’unico obbiettivo di Simmons è però quello di
riabbracciare la moglie, lasciata troppo presto.
Gli appassionati di fumetti
aspettano da tempo questa trasposizione vista la deludente prova
del 1997 quando il personaggio arrivò sul grande schermo scatenando
l’ira dei fans che si videro distruggere il proprio eroe. All’epoca
Greg Nicotero compariva tra i collaboratori, si
spera che con il cambio di regia non si incappi nello stesso
errore.
Netflix ha diffuso il trailer di The
Other side of the Wind, l’inedito di Orson
Wellsche sarà presentato in anteprima al
Festival di Venezia Venerdì 31
agosto.
The Other side of the
Wind sarà distribuito su Netflix da Venerdì 2
novembre.
Nel 1970, il leggendario regista Orson Welles (QUARTO POTERE)
iniziò le riprese di quella che sarebbe stata la sua ultima opera
cinematografica con un cast di grandi personalità Hollywoodiane tra
cui John Huston, Peter Bogdanovich, Susan
Strasberg e la compagna di Welles nei suoi ultimi anni di
vita, Oja Kodar. Accompagnata da difficoltà finanziarie, la
produzione finì per trascinarsi per diversi anni acquistando fama
ma senza essere mai completata e il film non fu mai distribuito.
Oltre un migliaio di bobine di negativi rimasero a languire in un
caveau a Parigi fino al marzo del 2017, quando i produttori Frank
Marshall (che era stato production manager di Welles nelle fasi
iniziali delle riprese) e Filip Jan Rymsza diedero impulso
all’iniziativa di completare il film dopo quarant’anni.
Con una nuova colonna sonora del
Maestro Premio Oscar Michel Legrand e ricostruito da una squadra
tecnica di cui ha fatto parte il montatore Premio Oscar Bob
Murawski, THE OTHER SIDE OF THE WIND è la realizzazione della
visione di Orson Welles. Narra del regista brizzolato J.J. “Jake”
Hannaford (Huston), che rientra a Los Angeles dopo diversi anni di
esilio auto-imposto in Europa con l’intenzione di lavorare sul un
film suo innovativo con la speranza di un ritorno in auge. Una
satira del tradizionale sistema degli studi cinematografici e della
New Hollywood che lo stava scuotendo, l’ultimo testamento artistico
di Welles è una capsula del tempo di un’epoca ormai lontana nel
mondo della produzione cinematografica e una “nuova” lungamente
attesa opera di un maestro incontrastato.
Il regista Robert
Zemeckis è già al lavoro sul suo prossimo film. Si
intitolerà The King ed avrà come protagonista
l’ormai lanciassimo Dwayne Johnson. L’attore
interpreterà il re hawaiano Kamehameha, all’interno di
uno script scritto da Randall Wallace, famoso per
aver dato vita al cult Braveheart. La figura del
re Kamehameha è già epica: fu il primo a riunire tutte le isole
hawaiane, seguendo una profezia che lo indicava come unico sovrano.
Storicamente fece avanzare la cultura del commercio tra i suoi
sudditi per competere con le navi straniere dell’Europa che
cominciarono a comparire sulle sue coste, terrorizzando la
popolazione.
Da anni si cercava di portare sul
grande schermo questa storia e le case di produzione hanno fatto
letteralmente a gara per contendersi lo script. Ad averla vinta
sono stati i dirigenti della New Line e della Warner Bros, con un
piccolo contributo della Seven Bucks Productionsv dello stesso
Johnson. Secondo i primi dati il film non potrà entrare in
lavorazione prima del 2020 a causa degli impegni del regista ma
soprattutto quelli dell’attore attualmente impegnato sul set di
Jungle Cruise per la Disney e già scritturato per
lo spin-off di Fast and Furious. Per lui sono anni d’oro che si
coronano con l’ingaggio per questo ruolo che gli permetterà di
valorizzare la sua origine samoana che orgogliosamente professa in
ogni uscita pubblica.
Era solo di pochi giorni fa la
notizia che l’attore Alec Baldwin avrebbe avuto un
ruolo nel film di prossima uscita sul Joker. Secondo le principali fonti, gli erano
stati affidati i panni di Thomas Wayne, il padre di Batman, ma pare
proprio che in realtà non sia così. Un suo tweet nella giornata di
ieri aveva già fatto intuire che non era felice di essere stato
accostato a quel ruolo: “Lasciatemi dire, per la
cronaca, che NON sono stato ingaggiato per interpretare un ruolo
nel Joker di Todd Phillips come una specie di Donal Trump mancato.
Non accadrà. Non. Accadrà.” ha scritto l’attore per
poi dichiarare, secondo un report di USA Today: “Non sono più
nel progetto, non farò più quel film. Sono certo che ci sono almeno
25 persone che possono tranquillamente interpretare quel
ruolo.”.
Cosa sia successo tra la produzione
e Baldwin è ancora un mistero ed a questo punto si hanno dubbi
anche sul fatto che il ruolo di Thomas Wayne venga mantenuto come
era stato inizialmente scritto. L’agenzia che aveva dato la notizia
dell’ingaggio dell’attore aveva infatti descritto questo
personaggio come “un rozzo e abbronzato uomo d’affari simile al
Donald Trump degli anni ottanta”, da qui il tweet velenoso di
Baldwin. Si aspettano dunque aggiornamenti su un’eventuale
sostituzione e qualche informazione maggiore sul ruolo del signor
Wayne.
Il film, dal titolo provvisorio
The Joker, dovrebbe essere totalmente
incentrato sulla figura del Principe del Crimine, interpretato da
Joaquin Phoenix, di cui si indagherà l’oscuro
passato. Scritto e diretto da Todd Phillips,
questo progetto si porrà in aperta antitesi con l’universo DC: il
budget stimato per l’intero film, infatti, dovrebbe essere di soli
55 milioni di dollari, facendo ipotizzare che mancheranno del tutto
grandi effetti speciali.
Ritorno al lido il regista premio
Oscar Alfonso Cuarón, dopo il successo di
Gravity ritorna con Roma, il suo nuovo film in
concorso con protagonisti Yalitza Aparicio, Marina de
Tavira, Nancy Garcia, Jorge Antonio, Veronica Garcia, Marco Graf,
Daniela Demesa, Carlos Peralta, Diego Cortina Autrey.
Roma,
il film più personale mai realizzato finora dal regista e
sceneggiatore Alfonso Cuarón, narra un anno turbolento nella vita
di una famiglia borghese, nella Città del Messico degli anni
Settanta. Cuarón, ispirato dalle donne della sua infanzia, offre
una raffinata ode al matriarcato che ha plasmato il suo mondo.
Vivido ritratto dei conflitti interni e della gerarchia sociale al
tempo dei disordini politici, ROMA segue le vicende
di una giovane domestica, Cleo, e della sua collaboratrice Adela,
entrambe di origine mixteca, che lavorano per una piccola famiglia
nel quartiere borghese di Roma. Sofia, la madre, deve fare i conti
con le prolungate assenze del marito, mentre Cleo affronta
sconvolgenti notizie che minacciano di distrarla dalla cura dei
quattro figli della donna, che lei ama come fossero suoi.
Mentre cercano di costruire un
nuovo senso di amore e di solidarietà, in un contesto di gerarchia
sociale dove classe ed etnia si intrecciano in modo perverso, Cleo
e Sofia lottano in silenzio contro i cambiamenti che penetrano fin
dentro la casa di famiglia, in un paese che vede la milizia
sostenuta dal governo opporsi agli studenti che manifestano. Girato
in un luminoso bianco e nero, Roma è
un ritratto intimo, straziante e pieno di vita dei modi, piccoli e
grandi, con cui una famiglia cerca di mantenere il proprio
equilibrio in un periodo di conflitto personale, sociale e
politico.
Alfonso Cuarón
commenta: Ci sono periodi nella storia che lasciano cicatrici nelle
società, e momenti nella vita che ci trasformano come individui.
Tempo e spazio ci limitano, ma allo stesso tempo definiscono chi
siamo, creando inspiegabili legami con altre persone, che passano
con noi per gli stessi luoghi nello stesso
momento. ROMA è il tentativo di catturare il
ricordo di avvenimenti che ho vissuto quasi cinquant’anni
fa. È un’esplorazione della gerarchia sociale del Messico,
paese in cui classe ed etnia sono stati finora intrecciati in modo
perverso. Soprattutto, è un ritratto intimo delle donne che mi
hanno cresciuto, in riconoscimento al fatto che l’amore è un
mistero che trascende spazio, memoria e tempo.
Secondo giorno intenso per
Venezia 75, arrivano in selezione
ufficiale The Favourite
di Yorgos Lanthimos con protagonisti
Olivia Colman, Emma Stone, Rachel Weisz, Nicholas Hoult,
Joe Alwyn.
Inizio del XVIII secolo.
L’Inghilterra è in guerra con la Francia. Ciononostante, le corse
delle anatre e gli ananas ai banchetti spopolano. Una gracile
regina Anna occupa il trono, mentre la sua amica intima Lady Sarah
governa il paese al posto suo, prendendosi cura della sua salute
cagionevole e del suo carattere volubile. Quando arriva Abigail,
una nuova cameriera, il suo fascino la fa entrare nelle grazie di
Sarah, che la prende sotto la sua ala protettrice, facendole
intravedere l’occasione di tornare alle sue radici aristocratiche.
Poiché la politica bellica assorbe Sarah quasi completamente,
Abigail prende il suo posto come compagna della regina. La loro
fiorente amicizia consente ad Abigail di realizzare le sue
ambizioni: non permetterà che donna, uomo, questione politica o un
coniglio si mettano sulla sua strada.
E’ iniziata oggi la 75 esima
edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di
Venezia, ecco tutte le foto della giornata di oggi che ha
visto protagonisti tra gli altri sul red Michele Riondino,
Guillermo del Toro, Naomi Watss, Ryan Gosling, Claire Foy, Jason
Clarke e Damien Chazelle.
Il film d’apertura è stato
First Man diretto dall’acclamato regista
di La
La Land, Damien Chazelle. Il film narra l’avvincente
storia della missione della NASA per portare un uomo sulla Luna. Il
film si concentra sulla figura di Neil Armstrong e gli anni tra il
1961 e il 1969. Resoconto viscerale e in prima persona, basato sul
libro di James R. Hansen, il film esplora i sacrifici e il costo,
per Armstrong e per l’intera nazione, di una delle missioni più
pericolose della storia
La 75° Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si apre
nuovamente con un film di Damien Chazelle, che,
dopo il musical La La Land, con First Man cambia
completamente registro per raccontare una storia altamente
spettacolare, entrata nella storia del ventesimo secolo.
La trama di First Man
First Man racconta
dettagliatamente tutta la storia della corsa della NASA per portare
l’esplorazione dello spazio a confini mai visti prima e soprattutto
facendolo prima dei russi, fino a quel momento arrivati sempre per
primi ai vari traguardi esplorativi. Per far questo la NASA investe
risorse, conoscenze e vite umane per riuscire a mandare un uomo
sulla luna.
Tutta la storia ruota naturalmente
attorno a Neil Armstrong, il primo
essere umano ad aver poggiato i piedi sul suolo lunare,
pronunciando la storica frase “Questo è un piccolo passo per un
uomo, ma un passo enorme per l’umanità.”
Tutta la vicenda di questa corsa
spaziale raccontata nel film copre gli anni tra il 1961 e il 1969,
mostrando una dopo l’altra le varie missioni, tra successi e
fallimenti, passando anche per grandi tragedie. Il film di
Chazelle è un riuscito racconto viscerale, vissuto
in prima persona e basato sul libro di James R.
Hansen.
Oltre all’accurata ricostruzione
storica e scientifica di una delle esplorazioni più pericolose
della storia e anche una delle più costose per gli USA, il regista
indaga sugli esseri umani che vi erano dietro, troppe volte
dimenticati in un naturale processo di idealizzazione, che spesso
porta a confondere gli eroi reali con i supereroi.
Chazelle, che per la prima
volta si è trovato a lavorare su qualcosa di non suo e che non
conosceva bene, dice: “ Prima di iniziare il lavoro su
First Man, non sapevo quasi nulla della storia della missione sulla
Luna. Sapevo che era stata una conquista leggendaria e un grande
successo, ma niente di più. Solo dopo aver cominciato a
raccogliere documenti e testimonianze mi sono reso conto della
follia e del pericolo di tale impresa. Scoprii tutti i fallimenti,
il pesante tributo pagato in vite umane e quante volte aveva
rischiato di fallire e di essere cancellata. A quel punto volevo
comprendere cosa potesse avere spinto quegli uomini a intraprendere
un viaggio nella vastità infinita dello spazio e quale potesse
essere stata l’esperienza da loro vissuta, momento dopo momento,
passo dopo passo.”
Per fare questo Damien
Chazelle ritiene necessario lavorare sulla figura di
Neil Armstrong e di addentrarsi profondamente nella sua
vita privata, nelle sue emozioni, nei dolori e nelle paure,
addentrandosi in un territorio estremamente intimo, ma necessario
per far sentire vicino quell’uomo arrivato così lontano.
Armstrong è
interpretato da un ottimo
Ryan Gosling, misurato e introspettivo, in grado di
trasmettere tutte le sue emozioni dietro un’apparente scorza
d’impassibilità. Sono struggenti i momenti in cui la solitudine gli
permette una lacrima o una smorfia di dolore represso, carpiti
dall’occhio di Chazelle, che lo segue sapientemente
nell’ombra della sua intimità. Stesso discorso vale per Claire Foy, nel ruolo difficilissimo della
moglie, impegnata quotidianamente a tenere in piedi la forza di una
famiglia tormentata dal peso di un incarico così gravoso.
Anche tutto il resto del cast è
magnificamente orchestrato, organizzato in un sapiente mosaico di
colleghi, amici, superiori e politici che contribuiscono a
infondere credibilità alla vicenda, allontanandosi dal pericolo
della mera ricostruzione da biopic. First Man è un
film che sicuramente accontenterà gli appassionati in materia,
regalandogli ricostruzioni e dettagli anche inediti, ma che sarà
apprezzato anche da chi vuole sapere chi era realmente quel piccolo
uomo che nell’estate del 1969 passeggio sulla luna.
Alla conferenza stampa di First Man,
il film di apertura della 75° Mostra internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia, erano presenti lo sceneggiatore, alcuni
attori principali, Ryan Gosling e il regista Damien
Chazelle.
Per i tempi stretti sono partite
subito le domande, senza che il film venisse introdotto e
presentato.
A Chazelle viene chiesto il
perché si sia interessato a questa storia, apparentemente così
lontana da lui, visto che oltretutto all’epoca non era neanche
nato. Lui risponde che è vero, di essere cresciuto conoscendo
la storia del primo uomo sulla luna leggendola nei libri e
vedendola in televisione. Ma proprio per questo, sentiva il
desiderio di saperne di più e di capire cosa c’era oltre quello che
noi tutti conosciamo, spesso in maniera assolutamente
superficiale.
Ryan Gosling racconta
invece di come si è preparato ad affrontare il ruolo di Neil
Armstrong. Dice di avere avuto la grande fortuna di farsi aiutare
dalla moglie e dai figli dell’astronauta, ricevendo da loro
dettagli e racconti che gli hanno permesso di avvicinarsi molto al
vero Armstrong. Ha potuto confrontarsi anche con veri amici e
colleghi, oltre alla NASA e alle continue visite al museo che gli è
stato dedicato. Dai racconti di chi lo conosceva è apparso umile e
reticente, cosa che gli è servita molto per costruire la base del
personaggio, ma prendendosi alcune finestre di apertura per
caratterizzarlo in maniera personale.
A chi gli chiede se Gary
Cooper fosse tra le sue ispirazioni per improntare la
recitazione, lui risponde ridendo “ Gary Cooper mi mancava”.
Afferma poi che tutti vogliono fare
gli astronauti. Chi da bambino non ha mai pensato di farlo? Il
cinema è il modo migliore per farlo senza andare nello spazio,
anche se rappresenta una sfida altrettanto rischiosa.
Gosling ha provato claustrofobia
nelle capsule realistiche, riprodotte dagli scenografi e ha vissuto
le situazioni come se si trovasse in un vero addestramento
per astronauti. Ha voluto capire e imparare a volare, apprendere
faticosamente l’abc del volo. E attraverso questo ha compreso come
Neil Armstrong sia diventato un esponente di una razza diversa, una
di quelle persone che devono arrivare alla rottura per capire e
andare oltre.
Chazelle conferma di aver visto alla
NASA e nei musei le vere capsule, rimanendo sbalordito per le loro
ridottissime dimensioni. Ha voluto ricostruirle esattamente così
per trasmettere la giusta sensazione di disagio e di piccolezza di
fronte allo spazio sconfinato, al vuoto nero enorme.
Si è poi parlato della
famiglia di Armstrong, della difficile vita a margine di missione
così rischiose e in particolare alle reazioni dei figli, così
diverse ma emblematiche. Il più piccolo che si perde in un
abbraccio senza capire il vero pericolo e la stretta di mano del
più grande, che intuisce perfettamente la follia dell’impresa, ma
che si ritrae e accetta il dovere, intuendo la fondamentale
importanza del sacrificio.
Josh Singer, lo
sceneggiatore, spiega di come i tanti personaggi siano stati
necessari per fornire dettagli e umanità. Lo script è stato fatto
leggere ai veri protagonisti della storia, coinvolgendoli e
invitandoli ad aggiungere particolari intimi, magari apparentemente
superflui, ma fondamentali per l’onestà e la veridicità del
racconto.
Claire Foy, ha evidenziato
la difficoltà nel costruire il ruolo della moglie, apparentemente
marginale, ma cardine fondamentale della vita di Armstrong
uomo.
Il regista conclude sottolineando
che First Man è un film diverso per lui dopo il grande successo di
La La Land e che non è stato affatto facile realizzarlo. E
confessa la grande emozione ad aver avuto Steven Spielberg tra i produttori.
Appena arrivò l’ufficialità di una
trasposizione cinematografica del capolavoro letterario di
Stephen King
IT, iniziò il toto regista che ha visto per parecchi mesi in
testa Cary Fukunaga che all’epoca, nel 2012, era
ancora fresco del clamoroso successo della prima stagione di
True Detective. Le trattative, ovviamente, non
andarono in porto e, come tutti sappiamo, il regista prescelto per
il film fu Andres Muschietti. In molti si sono
chiesti cosa avesse portato la produzione a scartare un profilo
d’eccellenza come quello di Fukunaga ed ora, grazie ad
un’intervista rilasciata su GQ in
occasione della prossima uscita NetflixManiac, è possibile
saperlo.
Il regista ha dichiarato che la
scelta è stata presa unicamente dalla produzione che aveva paura di
un suo eventuale comportamento libertino. “Io sarei stato un
ottimo collaboratore” ha affermato Fukunaga “La parte
ridicola di tutta la storia è che si trattava solo di una loro
percezione. Non è mai successo che io rispondessi con ‘Fan**lo
gente, questa cosa non la faccio’. C’è sempre stato uno scambio di
idee tra me e lo studio”.
Cary Fukunaga, che
aveva già scritto la sceneggiatura del suo IT quando due settimane prima dall’inizio
delle riprese gli fu detto di abbandonare il progetto, pare molto
risentito dal tipo di pregiudizi che ha dovuto subire. “Non
penso di aver mai fatto qualcosa senza compressi” ha aggiunto
”Mi chiedevano a proposito di Beats of No Nation come ci si
sentisse a girare un film senza compressi. Come senza compromessi?
Ho dovuto riscrivere tutto il mio terzo atto perché non avevamo i
soldi per finire il film.”.
Sembra proprio che quello di non
aver potuto girare
IT rimarrà un grande rimpianto per il regista e rimane la
curiosità di sapere come sarebbe potuto essere con qualcun altro
dietro la macchina da presa.
Sono passati ormai tre anni
dall’uscita nelle sale di Jurassic World, quarto episodio della celebre
saga resa famosa da Steven Spielberg, ma solo oggi il
regista Colin Trevorrow rivela quanto il film
sarebbe dovuto essere inizialmente diverso da quello arrivato poi
al cinema. Sono stati soprattutto i ruoli dei personaggi principali
a mutare dopo l’arrivo di Trevorrow che ha deciso di modificare la
sceneggiatura iniziale scritta da Rick Jaffa e
Amanda Silver.
“Ho letto solo una volta la
sceneggiatura originale, quindi non ricordo tutti i dettagli”
ha dichiarato Trevorrow “Il protagonista era un personaggio di
nome Vance, che alla fine è diventato Owen nella nostra storia. Il
film si apriva con Vance che salta da un elicottero con un branco
di rapaci durante un’incursione militare. C’era anche un
personaggio che aveva solo una o due scene, il manager del parco il
cui nome mi pare che fosse Whitney. Era un’antagonista vera e
propria che metteva in atto solo la burocrazia. Ricordo di
aver letto queste scene e di aver pensato che Whitney avrebbe
potuto avere un margine di crescita maggiore di qualsiasi altro
personaggio in quel momento. Lei non era affascinata dai
dinosauri, ma li vedeva solo come unpotenziale business.
Prendere un personaggio del genere e riportarla alla meraviglia e
al rispetto per queste creature sembrava un vero e proprio viaggio.
Doveva ritrovare di nuovo l’amore per i dinosauri.”.
La Whitney a cui fa riferimento il
regista è diventata poi la Claire interpretata da Bryce
Dallas Howard a cui effettivamente è stato poi affidato il
ruolo chiave per l’intero svolgimento del film. Dalle parole di
Trevorrow pare proprio che Jurassic World era
stato pensato come un progetto che ruotasse interamente attorno al
personaggio interpretato da Chris Pratt, unico
protagonista di un film action. Per fortuna non è andata così.
L’attrice indiana Soundarya
Sharma si è appena aggiunta al cast di Wonder Woman 1984, nuovo film sull’eroina
diretto da Patty Jenkins ed interpretato da
Gal Gadot. A rivelarlo è stato il sito
TheHindu.com che ha riportato anche le parole entusiaste della
new entry: “Questa è una di quelle situazioni di ‘sogno che si
avvera’. È esaltante prendere parte ad un film su un personaggio
così grande dove puoi interpretare il ruolo dei tuoi sogni. Ho
sempre sognato di interpretare un personaggio del genere e l’ho
idolatrato.”.
A quale personaggio
Soundarya Sharma faccia riferimento ancora non è
chiaro. Il suo ruolo infatti è momentaneamente top secret, ma
qualche rivelazione si avrà sicuramente in Ottobre, mese in cui
l’attrice è attesa sul set.
Le informazioni che attualmente si
hanno su Wonder Woman 1984 non sono molte: il film sarà
ambientato negli anni ’80 quando Wonder Woman si troverà immersa nella Guerra
Fredda e dovrà vedersela con un nuovo nemico, The Cheetah. A dare
il volto a questa nuova antagonista sarà Kristen
Wiig, mentre Chris Pine farà il suo
ritorno nei panni di Steve Trevor. Nel cast multietnico del film
anche Pedro Pascal, Ravi Patel, Natasha Rothwell
e Soundarya Sharma. Questa sarà anche un’occasione
per Soundarya Sharma di fare il grande
passo nell’industria hollywoodiana, dal momento che il pubblico
statunitense la conosce solo come protagonista della serie
televisiva prodotta in India Ranchi
Diaries.
L’uscita italiana del film
è al momento fissata per il 31 Ottobre 2019.
Da quanto è uscita la notizia
dell’avvio della lavorazione di Once Upon a Time in
Hollywood, il prossimo attesissimo film di Quentin
Tarantino, in molti si sono chiesti chi sarà ad
interpretare il celebre criminale Charles Manson.
La risposta sembra arrivare oggi da
TheWrap che annuncia l’attore australiano Damon
Herriman come volto del mandante del massacro di Cielo
Drive. Visto il resto del cast, forse ci si aspettava un nome un
po’ più di spicco per un personaggio così importante, anche se
Herriman negli USA è piuttosto celebre per il ruolo che ha
ricoperto nella serie TV Justified.
La stessa fonte ha annunciato anche
altre new entry nel già affollato cast. Rumer
Willis, figlia di Bruce Willis e Demi Moore, interpreterà
l’attrice Joanna Pettet, mentre Dreama Walker sarà
l’attrice e cantante Connie Stevens. Costa
Ronin, Margaret Qualley, Madisen
Beaty e Victoria Pedretti andranno
invece a ricoprire ruoli minori.
Il brutale delitto dove perse la
vita Sharon Tate (interpretata da Margot Robbie)
farà solo da sfondo alla vicenda che invece vedrà protagonisti
l’attore televisivo Rick Dalton (Leonardo
DiCaprio) e la controfigura e stunt-man Cliff Booth
(Brad Pitt). Tra gli interpreti anche: Al
Pacino, Damian Lewis (nei panni
dell’attore Steve McQueen), Dakota Fanning,
Nicholas Hammond, Emile Hirsch,
Luke Perry, Clifton Collins Jr.,
Keith Jefferson, Burt Reynolds,
Timothy Olyphant, Tim Roth,
Kurt Russell e Michael
Madsen.
Once Upon a Time in Hollywood arriverà nelle sale il 26 Luglio
2019, mentre attualmente non ci sono ancora informazioni
sulla release italiana. In molti sperano in un’uscita in
contemporanea e che il Bel Paese non si faccia spaventare dalla
data estiva.
Oggi inizia la 75.esima edizione
della Mostra d’Arte cinematografica di Venezia,
film d’apertura è l’atteso First Man
di Damien Chazelle, regista dell’acclamato
La La Land. Nel cast protagonisti Ryan Gosling, Jason
Clarke, Claire Foy, Kyle Chandler, Corey Stoll, Ciaran Hinds,
Christopher Abbott, Patrick Fugit e Lukas Haas.
First
Mannarra l’avvincente storia della missione
della NASA per portare un uomo sulla Luna. Il film si concentra
sulla figura di Neil Armstrong e gli anni tra il 1961 e il 1969.
Resoconto viscerale e in prima persona, basato sul libro di James
R. Hansen, il film esplora i sacrifici e il costo, per Armstrong e
per l’intera nazione, di una delle missioni più pericolose della
storia.
Il regista ha così commentato il film First
Man
Prima di iniziare a lavorare
a First Man, conoscevo la storia della missione sulla
Luna, la storia di successo di una conquista leggendaria… ma nulla
di più. Dopo avere iniziato a esplorare il tema in profondità, sono
rimasto sbalordito di fronte alla follia e al pericolo
dell’impresa: il numero di volte in cui è stata sull’orlo del
fallimento così come il pesante tributo costato a tutte le persone
coinvolte. Volevo capire cosa potesse avere spinto quegli uomini a
intraprendere un viaggio nella vastità infinita dello spazio, e
quale sia stata l’esperienza vissuta, momento dopo momento, passo
dopo passo. E per poter capire dovevo necessariamente addentrarmi
nella vita privata di Neil. Questa è una storia che doveva essere
articolata tra la Luna e il lavello della cucina, tra l’immensità
dello spazio e il tessuto della vita quotidiana. Ho deciso di
girare il film come un reportage, e di catturare sia la missione
nello spazio che i momenti più intimi e privati della famiglia
Armstrong come un testimone invisibile. Speravo che questo
approccio potesse mettere in luce il tormento, la gioia, i momenti
di vita vissuta e perduta in nome di uno dei traguardi più celebri
della storia: lo sbarco sulla Luna.
Dalla serata di ieri sera sta
circolando un clamoroso rumors per chiunque aspetti l’arrivo di
Star
Wars: Episodio IX al cinema. Secondo infatti
Variety, l’attore Matt Smith si sarebbe
aggiunto in queste ore al cast del film di JJ
Abrams. La testata statunitense non ha rivelato nulla di
più sul ruolo che l’attore andrebbe a ricoprire, definito però come
un “ruolo chiave”. Attualmente non ci sono conferme né da parte
della produzione, né dall’interprete stesso. Si attendono dunque
avvistamenti della star di The
Crown sul set che in questo momento è allestito
proprio nel Regno Unito, patria di Smith.
Se la notizia venisse accertata, il
cast di quest’ultimo episodio della celebre saga diventerebbe
ancora più stellare. Solo al momento sono stati infatti già
confermati Daisy Ridley, Adam
Driver, John Boyega, Oscar
Isaac, Domhnall Gleeson, Kelly
Marie Tran, Joonas Suotamo,
Billie Lourd (che ha preso in mano l’eredità dalla
madre Carrie Fisher), Lupita Nyong’o, ed
ovviamente le vecchie glorie Mark Hamill,
Anthony Daniels, Billy Dee
Williams, Carrie Fisher (con l’ausilio di
materiali d’archivio). New entry invece già confermate:
Naomi Ackie, Keri Russell e Richard E.
Grant.
Star Wars: Episodio IX
arriverà al cinema nel Dicembre 2019.
Il prossimo appuntamento con la
saga è a dicembre con l’Episodio VIII. Il
filmsarà diretto da Rian
Johnson e arriverà al cinema il 15 dicembre 2017. Il film
racconterà le vicende immediatamente successive a Il
Risveglio della Forza.
Con l’avvio delle riprese di
Star
Wars: Episodio IX iniziate circa un mese fa, si
cominciano ad avere i primi aggiornamenti sul cast. L’ultimo ad
essersi aggiunto alla lunga schiera di nomi è stato l’attore
Greg Grunberg che i fan ricorderanno come
l’interprete di Snap Wexley in Star Wars: Il risveglio della forza. La sua
assenza nell’episodio successivo, Star Wars: Gli ultimi Jedi, aveva insospettito
gli appassionati e già cominciavano a circolare rumors sul totale
abbandono del suo personaggio da parte franchise. L’annuncio del
suo ritorno era però prevedibile da un’intervista rilasciata
dall’attore qualche settimana fa:
“Sarà meglio che mi facciano
tornare, altrimenti mia moglie mi ucciderà per avermi fatto
crescere la barba!” aveva scherzato sulle pagine di Yahoo!
News, aggiungendo poi di non poter rivelare altro sulla sua
partecipazione. Era comunque prevedibile un suo reinserimento nella
saga: il regista JJ Abrams è infatti solito
circondarsi di attori di fiducia sul set, e non si può certo dire
che negli ultimi anni siano mancate le collaborazioni con Grunberg.
Da LOST a Alias, a
Mission Impossible III, i due hanno sempre
rinnovato la collaborazione, anche se all’attore non è mai stato
affidato un ruolo in primo piano. Vedremo quanto minutaggio gli
avrà riservato il regista questa volta.
Star Wars: Episodio IX
arriverà nei cinema nel Dicembre 2019.
Prenderà il via domani, giovedì 30
agosto alle 14 in Sala Perla (Palazzo del Casinò) la 33.
Settimana Internazionale della Critica con il
lungometraggio d’apertura Tumbbad, evento
speciale fuori concorso, diretto dai registi indiani Rahi Anil
Barve e Adesh Prasad accompagnati dal protagonista e produttore
Sohum Shah, che dopo la proiezione saranno coinvolti in un incontro
con il pubblico e la stampa. Questo “fantasy visionario” come lo ha
definito il delegato generale della SIC, Giona A. Nazzaro, è “una
parabola sulla cupidigia, che viaggia alla velocità di un racconto
di Emilio Salgari filmato da Spielberg. Ricco di invenzioni visive,
effetti speciali e sangue, che gioca e dialoga con straordinaria
inventiva fra modernità e tradizione, offrendosi come
un’attendibile riflessione politica sui complessi rapporti fra il
continente indiano, il mondo occidentale e le contraddizioni
post-coloniali”. Ambientato in India nel XIX secolo,
Tumbbad racconta del giovane Vinayak, ossessionato dal
mitico tesoro dei suoi antenati protetto da una divinità
malvagia.
La proiezione Tumbbad sarà
preceduta dal cortometraggio Nessuno è
innocente, evento speciale di apertura della terza
edizione di SIC@SIC (Short Italian Cinema @ Settimana
Internazionale della Critica). Al fianco
dell’interprete Salvatore Esposito, il regista Toni D’Angelo
(L’innocenza di Clara, Filmstudio Mon Amour,
Falchi) presenterà la sua ultima opera in cui ha voluto
mostrare un volto sconosciuto di Scampia, allontanandosi dai luoghi
comuni e dalle notizie di cronaca nera che la descrivono come
inferno dantesco.
La Settimana Internazionale
della Critica (SIC) è una sezione autonoma e parallela
organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici
Italiani (SNCCI) nell’ambito della 75. Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di
Venezia (29 agosto – 8 settembre 2018) e composta da una selezione
di setteopere prime in
concorso e dueeventi
speciali, tutti presentati in anteprima
mondiale. SIC@SIC (Short Italian Cinema @ Settimana
Internazionale della Critica) propone una selezione competitiva di
sette cortometraggi di autori italiani non ancora approdati al
lungometraggio, e tre eventi speciali fuori concorso, tutti
presentati in prima mondiale; nasce dalla sinergia fra
il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici
Italiani (SNCCI) e Istituto
Luce-Cinecittà, ed è una delle iniziative per il supporto
allo sviluppo del nuovo cinema italiano e per la promozione dei
giovani autori. La selezione dei lungometraggi e dei cortometraggi
presentati alla Settimana Internazionale della Critica è curata
dal Delegato Generale della
SIC Giona A. Nazzaro con i membri della
commissione di selezione Luigi Abiusi, Alberto Anile,
Beatrice Fiorentino e Massimo Tria.
I sette lungometraggi in concorso
alla 33. Settimana Internazionale della Critica
concorrono al Premio del pubblico Sun Film Group
consistente in un riconoscimento di € 5.000. Inoltre, i film della
sezione concorrono all’assegnazione del Premio Circolo del
Cinema di Verona, assegnato da una giuria composta dai
soci del Circolo di Verona Emilia Cantieri, Francesco Corezzola,
Francesco Lughezzani, Luca Mantovani e Bianca Meneghini e destinato
al film più innovativo della sezione, e del Premio Mario
Serandrei – Hotel Saturnia per il Miglior Contributo
Tecnico, sponsorizzato dall’Hotel Saturnia di Venezia e assegnato
da una commissione di esperti composta da Adriano De Grandis,
Roberto Manassero e Daniela Persico. I film della SIC, come tutte
le opere prime di lungometraggio presentate nelle diverse sezioni
competitive della Mostra (Selezione Ufficiale e Sezioni Autonome e
Parallele), concorrono all’assegnazione del Leone del
Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De
Laurentiis”.
I sette cortometraggi in concorso
di SIC@SIC concorrono all’assegnazione del
Premio al Miglior Cortometraggio offerto da Frame
by Frame, Premio alla Migliore Regia offerto da
Stadion Video, e Premio al Miglior Contributo
Tecnico offerto da Fondazione Fare Cinema. I
riconoscimenti verranno assegnati da una giuria composta dai membri
della Woche der Kritik (Settimana della Critica di Berlino):
Frédéric Jaeger, Dennis Vetter e Jendrik Walendy, guidati da
Michael Hack.
01 Distribution ha
diffuso il trailer ufficiale di Capro
Revolution, il nuovo film di Mario Martone che sarà
presentato a Venezia 75.
https://youtu.be/bXtER5DSd7c
Capro Revolution, la trama
Siamo nel 1914, l’Italia sta per
entrare in guerra. Una comune di giovani nordeuropei ha trovato
sull’isola di Capri il luogo ideale per la propria ricerca nella
vita e nell’arte. Ma l’isola ha una sua propria e forte identità,
che si incarna in una ragazza, una capraia il cui nome è Lucia
(Marianna Fontana). Il film narra l’incontro tra Lucia, la comune
guidata da Seybu (Reinout Scholten van Aschat) e il giovane medico
del paese (Antonio Folletto).
E narra di un’isola unica al mondo,
la montagna dolomitica precipitata nelle acque del Mediterraneo che
all’inizio del Novecento ha attratto come un magnete chiunque
sentisse la spinta dell’utopia e coltivasse ideali di libertà, come
i russi che, esuli a Capri, si preparavano alla rivoluzione.
Il classico del cinema
muto Il Golem – Come venne al
mondo (Der Golem – Wie er in die Welt
kam, 1920, 76’), scritto e diretto da Paul
Wegener, è il film scelto per la serata
di Pre-apertura di martedì28
agosto della 75. Mostra Internazionale
d’Arte
Cinematografica dellaBiennale
di Venezia, che si terrà nella Sala
Darsena(Palazzo del Cinema) al Lido.
Il
Golem sarà proiettato in una nuova
copiadigitale tratta dal
negativo originaleritenuto perduto, con
unrestauro in 4K a cura
della Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung di
Wiesbaden (Germania) e della Cinémathèque Royale de
Belgique (Cinematek) di Bruxelles, presentato
in prima mondiale. Il restauro digitale è
stato eseguito dall’Immagine Ritrovata di
Bologna.
La proiezione
de Il Golem sarà sonorizzata
con la musica originale del
maestro Admir Shkurtaj commissionata dalla Biennale di
Venezia, eseguita dal vivo dal Mesimèr
Ensemble così composto: Hersjana
Matmuja (soprano), Giorgio
Distante (tromba in sib, tromba
midi), Pino Basile (cupafon – set di
tamburi a frizione, percussioni, ocarina), Vanessa
Sotgiù (sintetizzatore,
pianoforte), Iacopo
Conoci(violoncello), Admir
Shkurtaj (direzione, elettronica, fisarmonica,
pianoforte).
La 75. Mostra del
Cinema di Venezia si terrà al Lido dal 29 agosto
all’8 settembre 2018 diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla
Biennale presieduta da Paolo Baratta.
Il film Disney Ritorno
al Bosco dei 100 Acri porterà dal 30 agosto nelle
sale italiane il fascino senza tempo delle storie e dei personaggi
di A.A. Milne, in un’emozionante avventura in cui il pubblico vedrà
per la prima volta sul grande schermo Winnie the Pooh, Tigro,
Pimpi, Ih-Oh, Kanga, Ro, Tappo e Uffa in versione live
action.
Christopher Robin, il bambino che
ha vissuto tante avventure con i suoi amici, i vivaci
e adorabili animali di pezza del Bosco dei Cento Acri,
ora è cresciuto e vive a Londra, nella metà del ‘900,
alle prese con i problemi dell’età adulta. Lavora come
Responsabile del settore efficientamento presso la Valigeria
Winslow, cercando di trovare un equilibrio fra i lunghi
orari lavorativi e gli impegni familiari. Ha quasi del tutto
dimenticato lo stupore e la fantasia che hanno caratterizzato la
sua infanzia. Ma prima o poi il passato ritorna.
Dopo aver cancellato un impegno con
sua moglie Evelyn e sua figlia Madeline durante il weekend a
causa del lavoro, Christopher Robin ritrova inaspettatamente Winnie
the Pooh e i suoi vecchi amici del Bosco dei Cento Acri e insieme a
loro ricorda i bei tempi, quando non fare nulla insieme al proprio
migliore amico era considerata la cosa più bella. Quando
torna a Londra per occuparsi dei problemi finanziari della società
per cui lavora, Christopher si rende conto di aver perso alcuni
importanti documenti che erano nella sua valigetta: a quel punto i
suoi vecchi amici decidono che è arrivato il momento di
aiutarlo.
La sceneggiatura del film è di
Alex Ross Perry, del premio Oscar Tom
McCarthy e dell’autrice candidata all’Oscar
Allison Schroeder ed è basata su una storia
scritta da Greg Brooker e Mark Steven Johnson, a
sua volta basata sui personaggi creati da A.A. Milne e E.H.
Shepard. I produttori sono Brigham Taylor, p.g.a., e
Kristin Burr, p.g.a., mentre Renée Wolfe e Jeremy Johns
sono i produttori esecutivi.
Il film vede l’attore vincitore del
Golden Globe e candidato all’Emmy Ewan McGregor nei panni di Christopher Robin;
l’attrice candidata al Golden Globe Hayley Atwell
nel ruolo di sua moglie Evelyn; Bronte Carmichael
nella parte della figlia Madeline; mentre l’attore, candidato
all’Emmy, Mark Gatiss è Giles Winslow, il capo di
Robin.
Quando si pensa a Frankenstein (o
lo si legge) non ci si rende mai pienamente conto di quanto questo
romanzo sia capace di far sgorgare sentimenti, riflessioni, l’anima
intera dell’autrice. Soprattutto, non viene quasi mai dato il
giusto peso all’autrice, sempre poco soppesata e data per scontata
in un mondo, a noi contemporaneo, nel quale l’esistenza di
scrittrici donna (usare il rafforzativo non fa male) viene data per
scontata. E va a finire che su Mary
Wollstonecraft-Godwin (conosciuta come Shelley) non ci si
soffermi più di tanto. Il lavoro che fa Mary
Shelley è dare vita all’autrice del primo romanzo
fantascientifico, tra percorso di crescita e la ricerca di una
propria voce autoriale.
Haifaa Al Mansour,
prima regista donna dell’Arabia Saudita (paese nel quale è stato
riaperto il primo cinema lo scorso aprile, dopo ben 35 anni) ha
plasmato a figura di questa giovane donna pro-femminismo,
anticonvenzionale, che vive nel ricordo della madre eterodossa e
combattiva, morta qualche giorno dopo la nascita della figlia.
Ciò che viene raccontato è il genio
di una ragazza che, a dispetto dei suoi diciotto anni, seppe
indagare a fondo dell’animo umano, narrando sensazioni vissute in
prima persona per poi raccontarle al mondo attraverso la voce non
del mostro, ma di una creatura alla quale è stata data la vita per
poi essere abbandonata. Raccontare il dolore dettato
dall’abbandono, dalle incomprensioni e soprattutto dai
pregiudizi.
Presentato al
Festival di Toronto e allo scorso Torino Film
Festival, in uscita nei nostri cinema il 29 di
agosto, Mary Shelley gode di un fascino indiscutibile ma
raccontato secondo modalità convenzionali. Se la prima parte
del film mostra il percorso di crescita di Mary e le sue relazioni
personali, con tutti gli aspetti positivi e negativi del caso, e
del suo legame con Percy Shelley (Douglas Booth), quasi
sprofondando in un teen drama vero e proprio, è la seconda parte
che riesce a rendere veramente l’idea di cosa ci sia dietro la
realizzazione di Frankestein, o il moderno Prometeo.
Il genio, l’anticonformismo, la
lungimiranza e l’universalità. Ma anche e soprattutto la fermezza
nel contrastare il bigottismo, lo smarrimento, i
preconcetti. Un film che si perde nel didascalismo e che non
si assume nessun coraggio indagatorio oltre i confini della
convezione narratologica, senza arrischiare di indagare più a fondo
il preciso contesto scientifico come il galvanismo, i pensieri e le
contraddizioni interiori di una giovane donna, che sono quelli
anche di un giovane, suo malgrado, mostro.
Mary Shelley
diventa un ulteriore prova di esame per Elle Fanning che si mette nei panni di una
ragazza divenuta donna, cercando di fare propria la grinta e la
battaglia contro i demoni che le gravitano attorno e che la
possiedono, lottando contro il conservatorismo senza, però,
riuscire a dare la giusta empatia.
Arriva al cinema il 29 agosto
Resta con me, il film con Shailene
Woodleye
Sam Claflin, diretto da Baltasar Kormákur.
In Resta con me
Tami è in viaggio da più di cinque anni e non ha intenzione di
fermarsi. Sale su ogni barca che la porti in un posto diverso. Un
giorno, a Tahiti incontra Richard e tra i due scocca l’amore. Dopo
alcuni giorni idilliaci, i due ricevono un’offerta che garantirebbe
loro di viaggiare per oltre un anno: trasportare lo yacht di un
ricco imprenditore da Tahiti a San Diego. Nel mezzo della loro
traversata, e della loro vita insieme, ci si metterà il terribile
uragano Raymond che nel 1983 colpì alcune isole del Pacifico.
Resta con me, il film
L’ultima opera del regista
islandese di successo internazionale è stato
Everest, un film che narrava la sfortunata
escursione sulla vetta dell’Himalaya di un gruppo più o meno
esperto di escursionisti. Nel cast, pezzi da novanta del nostro
cuore: Jake Gyllenhall,
Sam Worthington,
Jason Clarke,
Josh Brolin tra i più notevoli. Tutti morti o quasi.
Un film che esponeva la forza, immobile, muta e perciò
spietata della natura, della montagna, che in effetti sta lì e
altro non può fare.
Con Resta con me,
Kormàkur dà un’altra bella mazzata agli spiriti liberi, spostando
tutto al mare. Tratto da una storia vera, la protagonista Tami
Oldham è infatti sopravvissuta per raccontare questa
allucinante odissea alla deriva (come nel titolo originale,
Adrift) nel nulla dell’Oceano Pacifico. Sebbene
l’atmosfera sia prevalentemente cupa e grigia, come spesso accade
nei film di gente dispersa in mare, nel tessuto di questo
film si nasconde una vena ottimista: partendo dall’assunto che la
protagonista ce l’ha fatta, ogni scena di catastrofe marina,
ribaltamento di nave, inabissamento oceanico, è colta con emozione,
meraviglia e un po’ di terrore, ma almeno con meno preoccupazione.
Ci si lascia quindi trascinare dalla magia degli effetti visivi, e
dal lavoro fatto sul suono nel ricreare un terribile oceano in
tempesta.
Shailene Woodley porta su di sé l’intero film: incarna
perfettamente lo spirito hippy che doveva avere Tami in gioventù,
ed è assolutamente credibile come skipper, almeno per chi di barche
non sa assolutamente nulla. E’ forse il primo ruolo che la stacca
dal solito suo pubblico young-adult, conquistato grazie a
Tutta colpa delle stelle e della trilogia
Divergent. La storia d’amore con Sam Claflin, sotto utilizzato ma essenziale
per il film è forse troppo perfetta, ma si bilancia bene, con i
colori in cui è girata, con la devastazione del racconto nella
tempesta. Il film esce in sala il prossimo 29 agosto, e tra i
produttori, come spesso si vede ultimamente si vede il nome di una
produzione cinese, la HBrothers, segno di come l’industria
hollywoodiana punti sempre di più al mercato asiatico.
Astenersi deboli di cuore: i creativi
Fabio & Fabio tornano al cinema con un film ad
alto tasso adrenalinico! Per la regia di Jacopo
Rondinelli e scritto da Fabio Guaglione,
Fabio Resinaro e Marco Sani, il 6
settembre arriva nelle sale di tutta Italia
“Ride”, primo film girato interamente con Action
Cam, tra il genere thriller, azione ma anche con qualche spunto
horror.
Siamo davanti al futuro del cinema? Senza
dubbio la domanda sorge spontanea: in un mondo dove le fotocamere
degli smartphone filtrano la nostra vita da condividere momento per
momento, in diretta, in ogni angolo della terra, un film girato
solamente con GoPro e droni ci sembra allo stesso tempo normale ma
anche estremamente innovativo. Questo tipo di linguaggio visivo è
all’ordine del giorno parlando di filmati sportivi, ma la trama di
Ride ci porta oltre il mero documentare l’azione in sé, rendendoci
sia spettatori incuriositi che protagonisti della storia
stessa.
Entriamo quindi di prepotenza nelle vite di
Kyle (Ludovic Hughes) e Max (Lorenzo
Richelmy), due riders acrobatici “adrenaline junkie”,
che amano condividere le loro peripezie su Internet in attesa di
una sperata sponsorizzazione della Red Bull o di qualche altro
brand che gli permetterà di rimandare ancora per un po’ le
responsabilità da “adulti”. Un giorno, un misterioso messaggio
firmato Black Babylon, una società fantasma di cui non c’è traccia
da nessuna parte, li invita a partecipare ad una gara segreta di
downhill. Tra dubbi e incertezza c’è una cosa che li convince e che
potrebbe risolvere i loro problemi: il premio in palio di 250,000$
al riders che arriverà per primo. Le regole (ferree) sono state
stabilite, il percorso controllato a distanza da tantissime
fotocamere sparse tra le montagne e i riders pronti a lanciarsi
nella sfida. Ma Kyle e Max capiranno quasi subito una cosa: non
corrono solo per un montepremi, ma corrono per la loro
vita.
Un
cuore che pulsa in sottofondo, prima lento poi veloce quasi
tachicardico, un incessante martello che scandisce la corsa contro
il tempo, un continuo flash di immagini montate alla perfezione,
una musica nelle orecchie che da la carica: il ritmo in Ride è
tutto. E non potrebbe essere altrimenti o il film perderebbe gran
parte del suo fascino: invece incolla lo spettatore allo schermo,
coinvolgendo così tanto nella gara, da farti soffrire, dubitare,
stancare nelle discese a perdifiato e cercare di capire i tanti
misteri, insieme ai suoi due protagonisti. Se non è il vostro
genere, questo vi genererà uno stato di ansia per tutto il film,
altrimenti vi donerà un senso di euforia facendovi sentire al
centro di un video gioco pazzesco pieno di livelli da superare. È
infatti impossibile non pensare a molti video giochi
dell’immaginario anni ’80, citati qui e lì visivamente per tutto il
film, ma anche al recente Ready Player One di Spielberg, nonostante
sia tutt’altro genere di film.
Un progetto ambizioso
quello di Ride, nato dalla creatività di Guaglione
e Resinaro, che dopo “Mine” con Armie Hammer, film che ha segnato il loro
successo e che li ha anche fatti entrare di diritto nella lista di
creatori italiani che fanno “film poco italiani”, tentano il bis
cambiando però direzione. Se il tema della sopravvivenza ricorda
sempre quello del soldato Hammer in “Mine”, Ride prende spunto più
dal loro primo progetto di autori e supervisori artistici
“True Love”, un thriller psicologico dove, invece
che l’amicizia tra i due riders, veniva messa alla prova la fiducia
in una coppia. Per Ride, non solo ne firmano la sceneggiatura, ma
anche la produzione, la direzione creativa e in parte il montaggio,
che è a cura di Fabio Guaglione e Filippo
Mauro Boni. Un lavoro da ammirare, davvero lungo,
minuzioso e decisamente importante, a giudicare dalla quantità di
angolazioni e fotocamere azionate per ogni singolo ciak: circa 20
fotocamere da far partire tutte insieme, posizionate su gli attori
stessi, ma anche nascoste tra i bellissimi boschi del
Trentino.
Jacopo Rondinelli, già regista
di spot, documentari e videoclip musicali, era senza dubbio la
persona giusta da mettere alla direzione di Ride (suo primo
lungometraggio), perché è innegabile non notare la sinergia
artistica che si è andata a creare con Fabio & Fabio. Anche per
quanto riguarda i protagonisti, si può parlare di persone giuste,
nel posto giusto: Ludovic Hughes e Lorenzo Richelmy, sono i Kyle e Max perfetti.
Richelmy in particolare, destinato al successo fuori dai confini
dell’Italia dopo il suo Marco Polo di Netflix, riesce a dare al Max la giusta “poker face”,
quel pizzico di follia, ma anche serietà che il ruolo richiede,
oltre che alla prestanza fisica e l’ottimo inglese (la pellicola è
stata infatti girata in lingua inglese ma uscirà nelle nostre sale
doppiata in italiano).
Qualche difetto il film ce l’ha, ad esempio sul
lungo finale poco chiaro e qualche scelta narrativa forse un po’
banale rispetto al contesto così nuovo, e bisognerà vedere come il
film verrà accolto dal pubblico ma è ammirevole tutto il progetto
che è stato costruito intorno alla pellicola da Fabio &
Fabio insieme alla Lucky Red, dal fumetto
al libro, per arrivare domani chissà, oltre che ad un sequel, anche
ad un videogioco e magari un gelato!
Dalla prima all’ultima scena siamo
effettivamente in gioco con Kyle e Max e questo rende
Ride non solo un prodotto decisamente nuovo
ma conferma anche che il cinema italiano è vivo e l’adrenalina
scorre nelle sue vene.
Da tempo non si vedeva
un risultato così alto per il primo film in classifica.
Nel fine settimana appena
trascorso, Hotel Transylvania 3 – Una vacanza
mostruosa ha trionfato al box office italiano con un
esordio da 4 milioni di euro registrato in 660 sale a disposizione,
per una strepitosa media per sala di seimila euro.
Così Ant-Man
and the Wasp scende in seconda posizione
incassando altri 809.000 euro con cui arriva a quota 3,7 milioni
dopo due settimane di programmazione.
Come ti divento bella debutta al
terzo posto con 666.000 euro di incasso in 316 copie e registra la
seconda media per sala più alta della classifica, pari a 2100
euro.
Shark – Il primo squalo scende in
quarta posizione con altri 552.000 euro con cui giunge a 4,3
milioni totali.
Seguono tre new entry, a partire da
Escape Plan – Ritorno all’inferno, che
esordisce con 247.000 euro, mentre La Settima
Musa e Fire Squad – Incubo di
fuoco aprono rispettivamente con 230.000 euro e
179.000 euro.
Ocean’s 8 precipita all’ottavo
posto con altri 163.000 euro con cui totalizza 3,1 milioni.
Calo anche
per Darkest Minds, arrivato a
411.000 euro complessivi con altri 63.000 euro.
Chiude la
top10 Crazy & Rich, che con altri
40.000 euro giunge a 230.000 euro globali.
A pochi mesi dall’uscita nelle sale
cinematografiche Sky Cinema presenta Frank
Matano in Tonno Spiaggiato, il film
prodotto da Wildside e Newco
Management con Vision Distribution,
diretto da Matteo Martinez (all’esordio nel
suo primo lungometraggio), in prima visione mercoledì
29 agosto alle 21.15 su Sky Cinema Uno e
disponibile anche su Sky On Demand.
Lasciato dalla sua fidanzata,
Francesco (Frank Matano, Ma che bella
sorpresa, Sono Tornato) fa di tutto per
riconquistarla. Dopo numerosi e maldestri tentativi, tutti
miseramente falliti, finalmente al funerale della nonna di lei,
Francesco riesce a recuperare un contatto con la sua ex. Nella
mente del ragazzo prende così forma un insano quanto geniale
progetto: uccidere un membro della famiglia di Francesca
(Marika Costabile, al suo debutto sul grande
schermo). La scelta cade sulla vulcanica e bizzarra zia Nanna
(Lucia Guzzardi, Mangia Prega Ama,
Niente di serio). Nei panni di un improbabile Padre Gesù,
Francesco entrerà nella casa e nel cuore dell’irresistibile
vecchietta, finendo per mettere in dubbio il suo rocambolesco
intento criminale.
TONNO SPIAGGIATO è una “black
comedy” che aspira goffamente ad essere una tragedia – come lo ha
definito il regista Martinez. «E’ un film che contiene tutta la
nostra passione per le sitcom animate, per l’umorismo nero, per le
situazioni surreali e grottesche» ha raccontato il regista
«c’è un po’ di autobiografia dentro e c’è tutta la nostra
allergia al ‘politicamente corretto’, al didascalismo opprimente e
alle ostentazioni di bontà e di poetica»
Arricchiscono il cast anche
Niccolò Senni (Io, loro e Lara, Mamma o
papà?) nel ruolo di Niccolò e Francesco
Arienzo.
A 48 ore dall’inizio di
Venezia 75, chi parteciperà all’evento, ma anche
chi lo seguirà da casa, deve avere già le idee chiare su chi e cosa
aspettare di vedere al Lido. E non parliamo di star, perché quelle
ce ne saranno in abbondanza, a partire da Lady
Gaga, fino all’ultimo confermato Oscar
Isaac. Quella che vi proponiamo di seguito è una mini
guida dei titoli più attesi che compaiono nella selezione ufficiale
e che occuperanno le sale della Mostra per i prossimi 10
giorni.
A Star is Born/Il primo uomo
I primi titoli che vi proponiamo,
accoppiati per via de loro sapore hollywoodiano, sono l’esordio
alla regia di Bradley Cooper e il ritorno al Lido di Damien
Chazelle. I due titoli sono l’esempio di ciò che ha rappresentato
la Mostra nel panorama cinematografico mondiale: titoli che
ambiscono alla stagione dei premi e che in Venezia trovano il
trampolino di lancio per una stagione cinematografica gloriosa, che
mette d’accordo pubblico, critica e premi di cinema.
Il primo titolo vedrà Lady Gaga
erede di Janet Gaynor, Judy Garland e Barbra Streisand. Il film,
che doveva vedere nei panni della protagonista e del regista,
rispettivamente, Beyoncé e Clint Eastwood, segna l’esordio dietro la
macchina da presa di Cooper, che si rivela anche ottimo cantante,
stando a quanto ha dichiarato Barbera in conferenza stampa. Chissà
se basterà per arrivare agli Oscar.
Chazelle invece torna al cinema dopo
La la Land, e mai ritorno fu così impegnativo, dopo il travolgente
successo del musical con Emma Stone e Ryan Gosling. E proprio
l’attore canadese che torna a fare squadra con Chazelle e ad
interpretare Neil Armstrong. Il racconto di un’impresa che
sicuramente non avrà un punto di vista banale. Siamo nelle tue
mani, Damien!
Suspiria
Accompagnato da violente critiche,
il Suspiria di Luca Guadagnino è senza dubbio uno dei titoli più
attesi presenti al Lido. Si tratta del remake di un cult di genere,
tutto italiano, l’originale di Dario Argento; segna il ritorno alla
regia di Guadagnino dopo il trionfo di Chiamami col tuo nome;
propone un genere di solito estraneo ai festival e lo fa con una
sicurezza di sé invidiabile. I primi commenti da chi lo ha visto
sono positivi, e sebbene Dakota Johnson non goda troppo
dell’affetto dei cinefili, la presenza di Tilda Swinton e
l’approccio estetico di Guadagnino sembrano catturare bene
l’attenzione.
Sulla mia pelle
Il cinema è arte, spettacolo ma
spesso anche impegno. Sempre più raramente la settima arte si fa
seriamente carico di questo compito ma quando lo fa, come nel caso
del film con Alessandro Borghi, è bene stare lì a guardare. Il
film, per Netflix, racconta le ultime ore di Stefano Cucchi, un
caso italiano che ancora fa discutere. Borghi si è dato anima e
soprattutto corpo al personaggio, e con lui Jasmine Trinca, che
interpreta Ilaria Cucchi, protagonista della vicenda dopo la
tragedia. Dopo nove anni che il caso continua a far parlare di sé,
la Mostra di Venezia accoglie il film per mostrarlo al mondo.
The Nightingale
Un horror in concorso a Venezia,
diretto da una delle poche donne registe selezionate da Barbera,
l’unica in concorso, quella stessa Jennifer Kent di Babadook che ha
scosso la comunità cinematografica mondiale con la sua opera prima.
Merita tutta la nostra attenzione con la sua opera seconda in
concorso al Lido.
The Ballad of Buster Scruggs
Da serie tv antologica a film a
episodi: i Coen tornano al cinema e scelgono Venezia e il Concorso
per presentarsi alla stampa, agli spettatori e ai fan che li
venerano in tutto il mondo. The Ballad of Buster Scruggs è formato
da sei segmenti a tema western, con un cast decisamente
interessante: Tim Blake Nelson, James Franco, Liam Neeson, Tom
Waits, Zoe Kazan e Brendan Gleeson.
The Tree of Life (Extended
Cut)
Dopo il trionfo a Cannes 2011, il
film di Terrence Malick verrà presentato in una inedita cut che
celebra il suo ingresso nella Criterion Collection. Si tratta dello
stesso film vincitore della Palma d’Oro, con ben 50 minuti in
più.L’ultima volta che abbiamo visto Malick a Venezia è stato
per Voyage of Time: Life’s Journey, film che produttivamente è
legato a The Tree of Life ma che ha riscosso un’accoglienza
decisamente differente.
The Other Side Of The Wind
Si tratta del titolo più misterioso
della Mostra: il film perduto di Orson Welles, finalmente terminato
e presentato al pubblico. Con il supporto economico di Netflix, il
film è stato completato e data la passione del genio per Venezia,
siamo sicuri che gli sarebbe piaciuto vedere il suo film proiettato
al Lido, invece che a Cannes, dove poteva essere. Sperando che lo
gradiscano anche gli spettatori.
Il ragazzo più felice del
mondo
Dopo L’Ultimo Terrestre, Gipi torna
con un film piccolo e molto amato, una creatura che non vediamo
l’ora di vedere perché è testimonianza della vitalità dello spirito
artistico, malinconico e creativo di un genio come Gian
Alfonso Pacinotti. Nella sezione Sconfini (ex Cinema in Giardino),
il fumettista italiano torna sullo schermo, a esempio di quanto il
mondo del fumetto italiano stia sempre di più avventurandosi nei
territori della settima arte. Infatti proprio a Venezia sarà
presente anche La profezia dell’Armadillo, tratto dall’omonimo
lavoro di un altro famoso fumettista italiano, Zerocalcare.
La favorita
Il Sacrificio del Cervo Sacro,
presentato a Cannes 2017 ma uscito in Italia solo da poche
settimane, è ancora fresco nella mentre degli spettatori, e così un
altro film di Yorgos Lanthimos in arrivo sembra una vera e propria
benedizione, o forse una condanna, data la densità del cinema del
regista greco. Con lui torna al Lido Emma Stone, che l’ultima volta
si era portata a casa la Coppa Volpi per la Migliore
interpretazione femminile con la la Land. Con lei anche Rachel
Weisz e l’incredibile Olivia Colman.
Roma
Da Gravity a Roma. Il film più
atteso della Mostra è forse proprio il nuovo lavoro di Alfonso
Cuaron. Dopo la fantascienza e la tecnologia, il regista messicano
torna alle origini, in una storia in bianco e nero che racconta la
sua infanzia e adolescenza. Le prime immagini sono già
incredibilmente suggestive e il film si appresta a diventare uno
dei preferiti dell’intera selezione.
Cosa non sapete sul film? Ecco
dieci curiosità su Mulholland Drive, sul cast e sul
significato del film.
Mulholland Drive: trama del
film
Una donna dai capelli scuri, Rita,
è rimasta senza memoria dopo un incidente d’auto, e si aggira
stordita per le strade di Los Angeles, almeno finché non trova
rifugio in un appartamento. È qui che viene trovata da Betty, una
bionda del Midwest arrivata a Los Angeles in cerca di fama e di una
carriera da attrice. Insieme, le due cercando di risolvere il
mistero che circonda l’identità di Rita.
Mulholland Drive:
curiosità
1. Mulholland Drive nacque come
pilot per la tv.David Lynch inventò il nome
del film mentre cercava di creare un altro pilot, quello di uno
spin-off di Twin Peaks con Mark
Frost. Alla fine, però, Lynch decise di scrivere e girare un nuovo
Mulholland Drive per la ABC, che non avesse niente a che
fare con l’altra serie. Era uno show molto elaborato, per alcuni
elementi molto simile al film. La serie fu rifiutata però dalla
ABC, con la quale Lynch stava cominciando ad avere un rapporto un
po’ difficile. A quanto pare, un rappresentante della ABC disse a
Lynch di essersi addormentato durante la visione del pilot. Fu la
compagnia francese Canal Plus a comprare poi i diritti del pilot
per farne un film: l’episodio fu montato di nuovo, con 50 minuti di
girato in più, e diventò il film che conosciamo.
2. La première di Mulholland
Drive fu al festival
di Cannes. Non solo: addirittura i produttori del film lo
videro per la prima volta sullo schermo del Festival.
Mulholland Drive: cast
3. In Mulholland Drive,
la maggior parte del cast è sconosciuta proprio perché doveva
essere una serie tv. Se Lynch avesse pianificato dall’inizio di
fare di Mulholland Drive un film, Naomi Watts probabilmente non sarebbe nemmeno
stata considerata per il ruolo. Infatti, dato che inizialmente
doveva trattarsi di una serie tv, Lynch e i direttori del casting
decisero di scegliere quegli attori che sarebbero stati disponibili
a firmare un contratto a lungo termine. A riguardo, Lynch ha detto:
“È un altro paio di maniche quando devi scegliere attori o attrici
per una serie tv che potrebbe andare avanti per parecchio tempo”.
Su
Naomi Watts, però, ha aggiunto: “Era giusta per la
parte”.
4. Lynch non fece audizioni per
il cast di Mulholland Drive. Prima di entrare a far
parte del cast,
Naomi Watts ebbe semplicemente una conversazione di
trenta minuti con David Lynch dopo la quale venne
scelta, così come la maggior parte degli attori principali. Durante
una conferenza stampa del 2001, Lynch ha raccontato: “Non faccio
mai leggere una scena a nessuno, perché poi voglio cominciare a
fare le prove, non importa chi sia (l’attore). Mi faccio solo
un’idea a partire da una conversazione. È qualcosa negli occhi. È
un sentimento nell’aria. E io so se la persona può interpretare
quel ruolo”.
5. Laurea Elena Harring fu
coinvolta in un incidente d’auto mentre si recava all’incontro con
Lynch. Harring era molto emozionata per l’incontro con Lynch
riguardo al personaggio di Rita. Ma, mentre guidava per recarsi
all’incontro con il regista, urtò il retro di un’altra auto.
Fortunatamente per lei, era la macchina di un altro attore che
stava andando ad un provino, e i due semplicemente lasciarono la
scena dell’incidente. Fu all’incontro con Lynch che il regista le
rivelò che il personaggio di Rita si ritrova vittima di un
incidente in una delle prime scene del film.
6. La Harring ebbe un’altra
premonizione su Mulholland Drive. Quando Lynch le disse
che la ABC non aveva approvato la serie, lei non perse la speranza.
Una volta, a quanto pare, disse: “Continuavo a sognare che
Mulholland Drive diventava un film. E continuavo a dire (a
Lynch) di avere dei presagi: vedevo il noma Rita (quello del
personaggio) dappertutto, e vedevo ‘Mulholland’ dappertutto e
dissi: ‘Sai, ho proprio la sensazione che questa cosa andrà
avanti”.
Mulholland Drive:
spiegazione
7. Il film di Lynch è un film
difficile da capire: è tutto tranne che lineare. E il regista
si è rifiutato, per Mulholland Drive, di dare una
spiegazione. Ovviamente, il regista ama l’ambiguità, e ha deciso di
non spiegare le proprie intenzioni per quanto riguarda la
narrazione, lasciando agli spettatori e ai critici (il
Guardian ha chiesto ad una serie di critici di dare una
spiegazione su Mulholland Drive, e alcuni hanno fatto
fatica!) l’interpretazione del film. Lynch si è limitato a dare uno
slogan al film: “Una storia d’amore nella città dei sogni”. Come
tanti film del regista, Mulholland Drive segue una logica
onirica ed emotiva, ed è molto difficile da capire, e ogni
spiegazione è inevitabilmente complicata. Interessante è la lunga
spiegazione dei
Cineuforici, che associa ogni scena ad un “mondo” diverso:
quello dei sogni, quello del subconscio, e quello della realtà.
8. Lynch, per Mulholland
Drive, non dà una spiegazione. Ma ha dato delle indicazioni
a riguardo, descrivendo il film così: “Parte uno: lei si ritrova
all’interno del mistero perfetto. Parte due: una triste illusione.
Parte tre: amore”.
9. La maggior parte delle idee
di Lynch vengono dalla meditazione trascendentale. Uno dei
motivi per il quale Mulholland Drive non ha una spiegazione
precisa, è il processo creativo di David Lynch. Infatti, il regista pratica
quella che si chiama meditazione trascendentale, che lui descrive
come un modo per “espandere la coscienza”. Quando gli fu dato il
via libera per il film di Mulholland Drive, Lynch non aveva
idee. Non ci aveva nemmeno pensato. Quando dovette però mettere
delle idee però su bianco, racconta, meditò, e fu così che “tutte
le idee arrivarono, tutte insieme”.
10. Mulholland Drive e il
significato: gli indizi della campagna promozionale. All’uscita
del film, al regista fu chiesto di fornire dieci indizi sul film
per la campagna promozionale. Tra questi, ci sono cose come “Fate
attenzione alle apparizioni della lampada rossa”, “Fate caso alla
vestaglia, al posacenere, alla tazza di caffè”, e “Dov’è la zia
Ruth?”. Le altre indicazioni per svelare il significato di
Mulholland Drive, le potete trovare su mulholland-drive.net.
Mulholland Drive:
trailer
Il classico film di Lynch è uscito
in versione restaurata nel 2017, e Mulholland Drive ha un
trailer fantastico: eccolo.
Mulholland Drive: streaming
in italiano
Dove guardare Mulholland
Drive in streaming in italiano? Purtroppo, Mulholland
Drive non è in streaming su Netflix. Per quanto riguarda i servizi in
abbonamento, però, lo troverete su Infinity TV. Per noleggiare o
acquistare il film invece, andate su Rakuten TV, oppure su Google
Play o iTunes.
Uscito nelle sale ad aprile 2017,
Guardiani della Galassia Vol.2 è
stato un successo assoluto di critica e pubblico, ma la recente
vicenda del licenziamento di James
Gunn dalla regia del terzo capitolo potrebbe
compromettere l’equilibrio e il tono del franchise avviato proprio
da Gunn con i Marvel Studios.
Del film i fan amano l’umorismo e le
dinamiche di gruppo creatasi fra i personaggi, ciò che in fondo
lega anche tutti gli attori e i realizzatori come potete vedere da
queste immagini tratte dal backstage:
Com’era prevedibile a seguito del
licenziamento di James Gunn da parte
della Disney, i Marvel Studios hanno
momentaneamente sospeso la produzione di Guardiani
della Galassia Vol.3.
Gunn, che ha diretto e scritto i
primi due capitoli del franchise, aveva già completato la
sceneggiatura del film quando sono stati portati all’attenzione dei
media alcuni suoi vecchi tweet offensivi. Ora resta da capire se
l’azienda deciderà di posticipare le riprese in vista della ricerca
di un nuovo regista oppure cancellare definitivamente il
progetto.
Nel frattempo il cast di Guardiani
della Galassia, schierato in favore di Gunn, è libero di dedicarsi
ad altri eventuali impegni lavorativi proprio perché la produzione
del cinecomic non prenderà il via.