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Euphoria 3: cosa è successo ai personaggi dopo il salto temporale tra la stagione 2 e la stagione 3

Con la conferma ufficiale che Euphoria 3 debutterà su HBO nell’aprile 2026, Sam Levinson ha iniziato a svelare dove ritroveremo i protagonisti dopo il time jump di diversi anni che separa la nuova stagione dal finale della seconda. Le anticipazioni, riportate da The Hollywood Reporter, delineano un panorama frammentato, in cui i personaggi vivono vite molto lontane tra loro, quasi a sottolineare la fine definitiva dell’adolescenza e dei legami scolastici che li avevano tenuti uniti. Da un punto di vista produttivo, questa scelta permette alla serie di gestire più facilmente l’agenda di interpreti ormai diventati star internazionali — Zendaya, Jacob Elordi, Sydney Sweeney — ma rappresenta anche un cambio di rotta narrativo che potrebbe sorprendere (e dividere) il pubblico. Euphoria, infatti, deve gran parte del suo successo alla forza del suo ensemble, alla chimica tra personaggi che funzionavano in modo esplosivo proprio perché costretti a specchiarsi l’uno nell’altro. Separarli significa correre un rischio creativo, ma anche tentare di far evolvere la serie oltre i confini del teen drama tradizionale.

Come ritroveremo Rue, Jules, Maddy, Cassie, Nate, Lexi e gli altri dopo il salto temporale

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La storyline più drastica è senza dubbio quella di Rue, che nella stagione 3 sarà in Messico, impegnata a ripagare il debito con Laurie, la spietata figura del narcotraffico che le aveva consegnato una valigia di droga nella seconda stagione. La scelta di mostrare Rue invischiata in dinamiche criminali, quasi da Breaking Bad, rappresenta una deviazione netta rispetto al tono originale della serie, che pur nella sua estetizzazione estrema aveva mantenuto un rapporto con la realtà emotiva dell’esperienza adolescenziale. Portare Rue nel cuore dell’underground messicano sembra allontanarla proprio dal terreno che aveva dato origine al personaggio: la fragilità quotidiana, la dipendenza come fuga e come autodistruzione, il senso di colpa e il desiderio di salvezza. È una direzione narrativa rischiosa, che potrebbe ampliare lo spettro della serie ma anche snaturarne la centralità emotiva.

Se Rue sceglie la fuga, Jules intraprende un percorso opposto, più introspettivo, trasferendosi in una scuola d’arte per inseguire la carriera di pittrice. È un arco coerente con il personaggio, ma forse meno incisivo di quanto ci si potesse aspettare per una delle figure più sfaccettate e complesse della serie. Le preoccupazioni legate al suo futuro creativo, pur credibili, rischiano di apparire riduttive senza un conflitto più profondo a sostenerle. Tuttavia, ambientare Jules in un contesto accademico potrebbe permettere alla serie di recuperare una parte delle sue radici originali: identità, desiderio, sperimentazione, necessità di reinventarsi.

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Molto più controverso è il destino di Maddy, che nella stagione 3 lavorerà in una agenzia di talenti a Hollywood, mantenendo una serie di side hustles che secondo alcuni rumor la spingerebbero verso ambienti come strip club o mondi alla Heidi Fleiss. Una scelta narrativa che appare, al momento, come un’occasione mancata. Maddy è sempre stata un personaggio con grande potenziale: manipolatrice, lucida, emotivamente complessa, intrappolata in relazioni tossiche ma capace di intuizioni profonde. Ridurla a un ruolo marginale nell’industria dello spettacolo, che ricalca stereotipi già visti, rischia di impoverirne l’evoluzione. Era facile immaginarla a capo di un proprio business, non come pedina in una struttura di potere che la serie ha già criticato implicitamente.

Più naturale appare invece il percorso di Lexi, che dopo aver messo in scena il suo spettacolo semi-autobiografico nella stagione 2 diventa assistente di uno showrunner televisivo. È un arco credibile, che permette alla serie di mantenere la sua vena meta-narrativa e di approfondire il rapporto tra vita e messa in scena. Lexi incarna infatti il punto di vista dell’osservatrice silenziosa, di colei che filtra, registra, ricostruisce, e che potrebbe addirittura finire per trasformare Euphoria in un’opera auto-riflessiva: non sarebbe assurdo immaginare che la serie stessa, a livello diegetico, sia il risultato del suo sguardo.

Il salto temporale investe in modo radicale anche Nate e Cassie, ora fidanzati e conviventi in un sobborgo, intrappolati in una quotidianità monotona che amplifica le nevrosi già viste nelle stagioni precedenti. Cassie, ossessionata dai social e dalla vita degli altri, vive una frustrazione crescente; Nate, sempre più schiacciato da se stesso e dal suo retaggio familiare, potrebbe diventare una bomba a orologeria nella sterilità della vita domestica. È probabilmente la storyline più promettente della stagione: la loro relazione, già tossica e autodistruttiva da adolescenti, potrebbe tingersi di sfumature ancora più oscure, trasformandosi in una satira amara sul mito della coppia perfetta.

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Sydney Sweeney in Euphoria

Infine, ritroveremo Wally, la cui possibile “dipartita” incombe sulle scelte di Maddie, e molti altri personaggi alle prese con vite che sembrano aver perso il centro emotivo condiviso delle prime stagioni. Euphoria 3 si presenta dunque come un mosaico di percorsi individuali, dove la distanza fisica e psicologica tra i protagonisti diventa un motore narrativo: un tentativo di raccontare la disillusione dell’età adulta, la dispersione dei legami e l’inevitabile frammentazione che segue al trauma e alla crescita. Resta da capire se questa nuova identità saprà mantenere il cuore della serie: la capacità di trasformare caos, dolore e desiderio in un linguaggio visivo e narrativo unico, capace di parlare a una generazione intera.

School Spirits – Stagione 3: il teaser trailer rivela il destino di Simon e la data di uscita su Paramount+

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Paramount+ ha svelato il teaser trailer della stagione 3 di School Spirits, confermando finalmente il destino di Simon e annunciando la data di uscita: 28 gennaio 2026. La rivelazione è arrivata durante il panel del CCXP, con la presenza della protagonista e produttrice Peyton List, dove è stato mostrato il nuovo filmato che anticipa un capitolo ancora più cupo e sovrannaturale.

Il destino di Simon, il ritorno di Maddie e la nuova minaccia che divide i mondi

Il teaser si apre con Maddie Nears (Peyton List) che precipita in un vuoto nero, chiamando i suoi amici fantasmi in preda al panico. Le immagini confermano anche che Simon (Kristian Ventura) è ancora parte della serie: dopo il sacrificio fatto per Maddie, il personaggio appare intrappolato nell’aldilà, incapace di tornare tra i vivi. La stagione 3 si concentrerà proprio sulla sua ossessione per i misteri irrisolti della Split River High, in particolare le domande ancora aperte sulle numerose morti e sulle oscure avvertenze del signor Martin.

La nuova stagione affonda le radici nei colpi di scena dei capitoli precedenti:

  • il finale della stagione 1 aveva rivelato che Maddie non era davvero morta, perché il suo corpo era stato posseduto da Janet;

  • il finale della stagione 2 lasciava intendere che Simon potesse essere morto, oltre a suggerire che i fantasmi venissero sottoposti a esperimenti;

  • Wally (Milo Manheim) sembrava pronto a passare oltre, lasciando Maddie sola con un nuovo fardello da affrontare.

Nella stagione 3, Maddie dovrà fare i conti con un velo tra i mondi sempre più sottile, che minaccia di riscrivere tutto ciò che credeva di sapere sulla morte e sulla vita. Dopo essere tornata al mondo dei vivi, sarà perseguitata da nuove visioni e dovrà proteggere sia i morti che i vivi mentre un pericolo crescente incombe sulla scuola e sulla città.

Il cast principale che tornerà comprende Peyton List, Kristian Ventura, Spencer MacPherson, Kiara Pichardo, Sarah Yarkin, Nick Pugliese, Rainbow Wedell, Josh Zuckerman, Ci Hang Ma, Miles Elliot e Milo Manheim. Tra gli ospiti ricorrenti ritroveremo Maria Dizzia, Patrick Gilmore, Alex Zahara, Ian Tracey, Jess Gabor e Zack Calderon.

A loro si uniranno le nuove guest star della stagione: Jennifer Tilly, Ari Dalbert ed Erika Swayze, ampliando ulteriormente l’universo del teen mystery soprannaturale prodotto da Paramount Television Studios. Con la guida dei co-showrunner Nate Trinrud e Megan Trinrud, insieme all’executive producer Oliver Goldstick, la serie mira a mantenere il successo ottenuto con la stagione 2, diventata la serie teen più vista sulla piattaforma.

Le stagioni 1 e 2 di School Spirits sono disponibili in streaming su Paramount+ in Italia, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia, America Latina, Brasile, Francia, Germania, Svizzera, Austria e Giappone.

Star Trek: Starfleet Academy, nuova clip svelata da Paul Giamatti

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Paul Giamatti, candidato all’Oscar, rivela un nuovo clip da Star Trek: Starfleet Academy al CCXP in Brasile. Prodotto da Alex Kurtzman e Noga Landau, Star Trek: Starfleet Academy debutta in tutto il mondo con due episodi il 15 gennaio 2026 su Paramount+.

Giamatti interpreta Nus Braka, un personaggio per metà Klingon e per metà Tellarita che è il cattivo ricorrente della prima stagione di Star Trek: Starfleet Academy. Braka è anche un vecchio rivale del capitano Nahla Ake (la vincitrice dell’Oscar Holly Hunter), cancelliere della Starfleet Academy.

Cosa mostra la nuova clip di Star Trek: Starfleet Academy?

Il nuovo filmato di Star Trek: Starfleet Academy mostra i cadetti Caleb Mir (Sandro Rosta), Jay-Den Kraag (Karim Diane) e Genesis Lythe (Bella Shepard) sconvolti dall’attacco alla USS Athena.

Inoltre, la clip di Star Trek: Starfleet Academy mostra il Dottore (Robert Picardo), il primo ufficiale Lura Thok (Gina Yashere) e l’ufficiale di ponte senza nome della superstar della WWE Becky Lynch in azione mentre Nus Braka affronta il capitano Ake.

Sul palco del CCXP, Paul Giamatti definisce Star Trek: Starfleet Academy “uno spettacolo accogliente sia per chi conosce Star Trek sia per chi non lo conosce, ma che contiene comunque molta tradizione”. Paul definisce la co-protagonista Holly Hunter “una delle più grandi attrici americane viventi, perfetta per questo spettacolo. Ti rende migliore quando reciti con lei”.

Giamatti ammette di aver sempre voluto interpretare un Klingon (ma ora interpreta un mezzo Klingon), e il vincitore dell’Emmy dice che Nus Braka è “uno psicopatico, molto danneggiato, con problemi con la madre, un disastro, ma con qualcosa di molto umano”. Paul pensa anche che “interpretare un cattivo di Star Trek sia il miglior ruolo possibile”.

Le immagini incentrate sulle astronavi di Star Trek: Starfleet Academy arrivano sulla scia della reazione controversa dei fan di Star Trek alla rivelazione del poster chiave incentrato sui cadetti della Starfleet Academy, ricordando ai dubbiosi che Star Trek: Starfleet Academy avrà anche un sacco di azione tradizionale ed emozionante con le astronavi.

The Boys – Season 5, teaser trailer: scoppia la guerra quando la banda si riunisce per uccidere Patriota

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La guerra finale contro Patriota ha inizio nel trailer della quinta stagione di The Boys, con Prime Video che finalmente svela le prime immagini ufficiali dell’ultima stagione della serie. Dopo il finale della quarta stagione di The Boys, sono passati quasi due anni da quando gli spettatori hanno assistito al grande colpo di scena che ha lasciato in sospeso il destino di molti personaggi.

In occasione del CCXP in Brasile c’è stato il panel di The Boys, l’evento ha offerto al pubblico un primo assaggio della quinta e ultima stagione della popolare serie Prime Video, rivelando anche che la premiere è prevista per l’8 aprile 2026. Guardate qui sotto:

Prime Video ha anche svelato una nuova sinossi della prossima stagione, descrivendola come segue: “Nella quinta e ultima stagione, è il mondo di Homelander, completamente soggetto ai suoi capricci irregolari ed egocentrici. Hughie, Mother’s Milk e Frenchie sono imprigionati in un ‘campo di libertà’.”

Nel frattempo, “Annie lotta per organizzare una resistenza contro la schiacciante forza dei Supe. Kimiko è introvabile. Ma quando Butcher riappare, pronto e disposto a usare un virus che spazzerà via tutti i Supe dalla faccia della terra, mette in moto una serie di eventi che cambieranno per sempre il mondo e tutti coloro che lo abitano”. Prime Video ha concluso la descrizione affermando: “È il momento culminante, gente. Sta per succedere qualcosa di grosso”.

Il trailer offre anche un primo assaggio di Jared Padalecki nella The Boys – stagione 5, che lo riunisce al collega di Supernatural Jensen Ackles, dato che Soldier Boy sarà un personaggio fisso nella stagione finale. Gli spettatori potranno anche vedere per la prima volta Ashley e le sue condizioni attuali, dopo la fine della The Boys stagione 4, quando si è iniettata il Compound V.

Durante il panel di The Boys al FAN EXPO la star di Billy Butcher Karl Urban ha anticipato che ci saranno diverse morti nella stagione finale, e che avverranno già nel primo episodio. La stagione finale vedrà anche la partecipazione dei membri del cast di Gen V, dopo la conclusione della stagione 2.

La quinta stagione di The Boys debutterà l’8 aprile 2026 con i primi due episodi in contemporanea, mentre gli episodi successivi andranno in onda fino al 20 maggio 2026, solo su Prime Video.

Paradise – Stagione 2: teaser trailer e data di uscita italiana su Disney+

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Disney+ ha annunciato che la seconda stagione di Paradise, la serie drama candidata agli Emmy Award, debutterà in Italia lunedì 23 febbraio 2026. Negli Stati Uniti arriverà invece su Hulu. In occasione del CCXP25 di San Paolo, sono stati svelati il teaser trailer e la teaser art, presentati durante un panel con Dan Fogelman (creator ed executive producer), Sterling K. Brown (executive producer e protagonista) e Shailene Woodley (guest star ricorrente).

La nuova stagione riprende dopo gli eventi del “Giorno”: Xavier parte alla ricerca di Teri nel mondo esterno, scoprendo come la popolazione è sopravvissuta nei tre anni successivi al crollo. Nel frattempo, a Paradise il tessuto sociale comincia a sgretolarsi, mentre emergono nuove verità sulle origini della misteriosa città sotterranea.

Il cast della seconda stagione comprende Sterling K. Brown, Julianne Nicholson, Sarah Shahi, Nicole Brydon Bloom, Krys Marshall, Enuka Okuma, Aliyah Mastin, Percy Daggs IV e Charlie Evans. Tra le guest star ricorrenti figurano James Marsden, Shailene Woodley, Thomas Doherty e Jon Beavers.

Creata da Dan Fogelman, Paradise è una produzione 20th Television. Fogelman è anche executive producer insieme a Jess Rosenthal, John Hoberg, Sterling K. Brown, Steve Beers, Glenn Ficarra e John Requa.

Disney+ ricorda inoltre la presenza di un robusto sistema di parental control, che consente agli abbonati di gestire con facilità i livelli di accesso ai contenuti più adulti, impostare profili protetti da PIN e attivare la “Modalità Junior” per la massima tranquillità delle famiglie.

Sicilia Express: la spiegazione del finale della miniserie Netflix con Ficarra e Picone

Sicilia Express, la miniserie Netflix in cinque episodi con Ficarra e Picone, mescola commedia, viaggio e crime con il loro marchio inconfondibile: un’ironia che osserva le contraddizioni del presente senza mai perdere delicatezza. Il finale, però, introduce una dimensione più profonda, quasi malinconica, che rilegge l’intera avventura come un percorso verso la verità — una verità che non riguarda soltanto il caso da risolvere, ma anche il rapporto tra i protagonisti, la loro visione del mondo e il peso delle responsabilità che ognuno tenta di evitare. La conclusione della serie non chiude soltanto un’indagine: è una resa dei conti emotiva, che mette a nudo ciò che i personaggi hanno cercato di ignorare lungo tutto il viaggio.

Il caso risolto… ma non come ci si aspettava: cosa significa davvero la rivelazione finale

Nel finale di Sicilia Express la verità sul caso — la scomparsa e le operazioni criminali che attraversano la Sicilia — non arriva tramite un colpo di scena spettacolare, ma attraverso una serie di piccoli indizi che, accumulati, mostrano allo spettatore quanto tutto fosse già davanti agli occhi.

La rivelazione non è tanto chi sia il colpevole, ma come i protagonisti arrivino a guardare davvero ciò che hanno sempre evitato: le dinamiche di potere che permeano la loro terra, la capacità della criminalità di mimetizzarsi nella normalità e l’imbarazzo con cui spesso si affrontano le verità scomode. Il finale suggerisce che la soluzione non offre sollievo: smonta la leggerezza iniziale e lascia spazio alla consapevolezza che in Sicilia tutto è più complesso di quanto sembri, e ogni verità porta con sé un costo umano.

Salvo e Valentino davanti allo specchio: perché la loro amicizia cambia nel finale

La risoluzione del caso segna anche un punto di svolta nella relazione tra i due protagonisti. Se all’inizio del viaggio Salvo e Valentino sono due figure che si completano nella loro goffaggine, nel finale emergono i limiti e le fragilità che hanno sempre evitato di affrontare.
Il caso li mette alla prova, costringendoli a prendere posizioni che non avrebbero mai immaginato: uno dei due si scopre più disposto al rischio e al cambiamento, l’altro preferirebbe tornare alla routine rassicurante, anche a costo di ignorare ciò che ha imparato. Il loro rapporto cambia perché la verità li costringe a crescere in direzioni leggermente diverse: non c’è rottura, ma una nuova consapevolezza reciproca. Il finale lascia intuire che continueranno a essere una coppia affiatata, ma con uno sguardo più adulto e meno ingenuo sul mondo che li circonda.

La Sicilia come personaggio: cosa rivela il finale sul rapporto tra identità, mito e quotidianità

Uno degli elementi più forti della miniserie è la rappresentazione della Sicilia: non come semplice sfondo, ma come presenza viva, fatta di strade, persone, paesaggi e tradizioni che influenzano i personaggi molto più delle loro decisioni. Nel finale questo aspetto diventa centrale: quando la verità viene a galla, è chiaro che il viaggio non è stato soltanto fisico.

Le diverse tappe dell’isola — tra meraviglia, contraddizione e malinconia — diventano una metafora del percorso interiore dei protagonisti. È la Sicilia che li costringe a smettere di guardare le cose “di lato”, come fanno spesso per evitare guai o discussioni.
La conclusione suggerisce che la vera indagine è quella nelle pieghe della quotidianità, dove si annidano memorie, complicità e ombre che non spariscono semplicemente perché si arriva a una soluzione.

Il significato del gesto finale: perché non è una semplice battuta, ma una scelta di responsabilità

Il momento conclusivo della serie, costruito con la tipica cifra ironica di Ficarra e Picone, non è soltanto una gag pensata per alleggerire la tensione.bDietro il tono comico, il gesto finale racchiude un messaggio preciso:bnon basta aver risolto un caso per cambiare davvero le cose, ma ogni piccolo atto di coraggio, anche imperfetto, contribuisce a rompere l’immobilismo.

Il finale resta aperto perché la serie vuole suggerire che la responsabilità non appartiene solo ai grandi investigatori o alle istituzioni, ma anche alle persone comuni, a chi decide di fare la cosa giusta senza eroismi, affrontando invece le zone grigie della realtà.

Cosa prepara il finale per un possibile seguito o seconda stagione

Sebbene Sicilia Express sia concepita come miniserie, il finale inserisce alcuni elementi che potrebbero aprire a nuovi sviluppi:

  • il rapporto trasformato tra i due protagonisti, pronto per nuove dinamiche narrative;

  • una Sicilia che rimane piena di storie da raccontare;

  • il mondo ombra della criminalità, colpita ma non dissolta;

  • l’idea che i due, pur riluttanti, “ci siano cascati” nel ruolo investigativo.

Non si tratta di un cliffhanger, ma di una porta socchiusa: la sensazione è che il viaggio non sia finito, ma che serva un nuovo pretesto per rimetterli in movimento.

Conclusione: un finale dolceamaro che ribalta le aspettative

Sicilia Express si chiude proprio come è iniziata: con leggerezza apparente e profondità nascosta. Il finale svela che la vera meta non era l’arresto del colpevole, ma la crescita dei protagonisti e la presa di coscienza del mondo complesso che li circonda. La serie riesce così a tenere insieme ironia, affetto e disincanto, consegnando allo spettatore un finale che fa sorridere, ma allo stesso tempo invita a riflettere. Un racconto che sembra semplice, ma che nel suo ultimo atto mostra tutta la maturità artistica di Ficarra e Picone e la loro capacità di dare voce alla Sicilia senza cliché.

Ammazzare Stanca: come il film racconta la violenza, l’indifferenza e il bisogno di rinascita

Ammazzare Stanca, diretto da Daniele Vicari, è un film che non cerca facili moralismi né scorciatoie emotive. Entra invece con passo sicuro nel cuore di una storia dura, fatta di solitudini, ferite e tentativi estremi di sopravvivenza emotiva. L’opera sceglie una prospettiva intima, quasi respirata, per raccontare la spirale della violenza domestica e le sue conseguenze invisibili, quelle che continuano a scorrere sotto la pelle anche quando le cicatrici non si vedono più. Vicari costruisce un film che procede come una confessione silenziosa, attraverso gesti interrotti, sguardi trattenuti e azioni che rivelano quanto sia fragile la linea che separa la disperazione dalla richiesta d’aiuto. In questo senso, la violenza non è solo un atto fisico, ma un’ombra che avvolge ogni scena, modulando il ritmo e il respiro della protagonista.

La violenza domestica come presenza quotidiana e sistemica

Ammazzare stanca - Autobiografia di un assassino
Cortesia di © 01 Distribution

Nel film, la violenza non esplode mai come un’unica deflagrazione, ma si manifesta attraverso piccole incrinature ripetute, normalizzate nel tempo e spesso percepite come inevitabili. Vicari evita il sensazionalismo e costruisce un ambiente in cui l’atto violento diventa solo la punta di un iceberg fatto di manipolazione, controllo, umiliazione e isolamento progressivo. È un racconto che restituisce la dimensione sistemica del problema: la violenza domestica non è un incidente, ma una prigione emotiva e psicologica che immobilizza chi la subisce, rendendo difficile persino immaginare una via d’uscita. La macchina da presa osserva la protagonista con pudore, senza mai indulgere nella spettacolarizzazione del trauma, e suggerisce quanto il dolore vissuto nel privato possa diventare una condizione esistenziale, capace di distorcere il modo in cui si percepisce il mondo esterno.

Una comunità che guarda senza vedere: l’indifferenza come complice silenziosa

Ammazzare stanca - Autobiografia di un assassino
Cortesia di © 01 Distribution

Uno degli elementi più incisivi del film è la rappresentazione della comunità che circonda la protagonista: un microcosmo che osserva, sospetta, mormora, ma raramente interviene. Vicari mette in scena una società che, pur intuendo l’esistenza di un problema, preferisce voltarsi dall’altra parte, rifugiandosi in una forma di indifferenza protettiva che diventa, di fatto, complicità. È un aspetto che il film racconta con grande cura, mostrando come la violenza domestica sia spesso resa possibile anche dall’inazione collettiva. Negli sguardi dei vicini, nelle esitazioni degli amici, nei silenzi istituzionali, si percepisce un sistema che lascia la protagonista sola di fronte al proprio destino, costringendola a compiere scelte estreme. In questo senso, l’indifferenza non è un semplice sfondo, ma un personaggio vero e proprio, che pesa sulle dinamiche della storia quanto il violento che abita la casa.

La tensione interiore della protagonista e la complessità del suo gesto estremo

Il film lavora con grande sensibilità sulla dimensione psicologica della protagonista, tratteggiando la lenta erosione della sua identità e delle sue possibilità. La narrazione suggerisce che il gesto estremo non sia il frutto di un momento isolato, ma il risultato di un percorso lungo, un accumulo di disperazione che trova una sua tragica inevitabilità. Vicari mette in scena un personaggio che non è mai ridotto a vittima passiva: la sua ribellione è sofferta, ambigua, spesso contraddittoria, ma profondamente umana. Il film invita lo spettatore a osservare senza giudicare, a riconoscere la complessità di chi vive intrappolato in una spirale da cui è quasi impossibile uscire senza pagare un prezzo altissimo. Il gesto finale, in questo senso, diventa una richiesta di libertà tanto quanto una condanna, un atto che racchiude anni di silenzi e fratture emotive.

Rinascere dopo il trauma: un percorso non lineare fatto di fragilità e tentativi

La rinascita, nel film, non è un traguardo luminoso da conquistare, ma un processo fragile, fatto di inciampi, incertezze e nuovi inizi che spesso somigliano più a tentativi che a certezze. Vicari evita la retorica della guarigione immediata e mostra invece come il trauma continui a vivere nella quotidianità della protagonista, anche dopo il momento di rottura. La rigenerazione non è una linea retta: è uno spazio interiore che va riconquistato centimetro dopo centimetro, attraverso scelte dolorose e momenti di lucidità improvvisa. Ed è proprio in questa rappresentazione onesta e non consolatoria che il film trova una delle sue intuizioni più potenti: la rinascita non cancella il passato, ma lo rilegge, lo riorganizza e permette alla protagonista di riemergere, lentamente, verso una forma nuova di sé.

Un cinema che interroga lo spettatore e restituisce responsabilità alla società

Ammazzare Stanca è un film che non si limita a raccontare un caso di violenza, ma interroga chi guarda. Invita a riflettere sul ruolo della comunità, delle istituzioni, delle relazioni umane, e su tutte le volte in cui l’indifferenza ha permesso alla violenza di prosperare. Vicari costruisce un’opera che chiede allo spettatore di assumersi una responsabilità emotiva e civile: non basta osservare, bisogna comprendere, riconoscere i segnali, intervenire. In questo senso, il film non è solo un racconto di dolore e tentativi di liberazione, ma un invito a guardare ciò che spesso preferiamo ignorare. Ed è proprio in questa sua capacità di trasformare una storia individuale in una riflessione collettiva che il film trova il suo peso più significativo.

Cry Macho: la spiegazione del finale del film

Il finale di Cry Macho (qui la recensione) lo consacra come un viaggio molto diverso per Clint Eastwood. Dopo Il corriere – The Mule del 2018, Cry Macho è solo l’ultimo di una lunga serie di film che vedono Eastwood come regista e protagonista. Il regista e attore acclamato dalla critica è infatti tornato alle sue radici western con una storia su un cowboy anziano e un giovane selvaggio in Messico. Il genere western è ciò che lo ha reso un’icona cinematografica, con la trilogia del dollaro di Sergio Leone e una serie di altri successi ben noti di quell’epoca. L’ultima volta che ha recitato e diretto un western è però stato nel 1992 con Gli spietati.

Quasi 30 anni dopo, Eastwood ha dunque dimostra di poter ancora essere il protagonista di un film western, anche se già negli anni ’80 e ’90 interpretava cowboy anziani in film come il citato Gli spietati e Il cavaliere pallido. Un film che stava per essere incluso in questa categoria era Cry Macho, ma Eastwood rinunciò all’opportunità di realizzarlo nel 1988. Di conseguenza, altri attori furono scritturati per la parte, ma i numerosi tentativi di portare la storia sul grande schermo non diedero mai alcun risultato. Alla fine, il film è tornato nelle mani di Eastwood.

Il racconto è ambientato nel 1979 ed ha per protagonista Mike Milo, interpretato da Eastwood, che deve intraprendere un lungo viaggio attraverso il Messico per portare il tredicenne Rafo (Eduardo Minett) lontano dalla madre violenta e amante delle feste e riportarlo dal padre ricco e proprietario di un ranch, Howard Polk (Dwight Yoakam). Naturalmente, molti ostacoli li rallentano, tra cui ladri d’auto, il guasto al loro secondo veicolo e il sicario assunto dalla madre di Rafo. Ecco allora come sono andate a finire le cose per Mike e Rafo e come il finale ha rafforzato l’idea principale alla base del film.

Perché Rafo decide di vivere con suo padre

La storia di Rafo in Cry Macho ha comportato molti cambiamenti, poiché ha cambiato idea più di una volta su dove voleva vivere. Molto tempo dopo aver deciso di accompagnare Mike al ranch di suo padre, Rafo ha affrontato il suo più grande dilemma in Cry Macho quando Mike gli ha detto perché Howard lo voleva. Scoprire che Howard intendeva usarlo come leva nei suoi rapporti con Leta (Fernanda Urrejola) ha comprensibilmente fatto arrabbiare Rafo, che ha dichiarato che non sarebbe andato con Mike. Mike ha cercato senza successo di convincerlo ad andare comunque, ma Rafo non ha ceduto fino a quando gli agenti non li hanno avvicinati.

Rafo alla fine ha messo da parte la sua rabbia, probabilmente dopo aver avuto qualche momento per elaborare ciò che aveva appreso. Inoltre, Mike sembra essere riuscito a convincerlo che, nonostante i difetti di suo padre, questi è una brava persona che desidera davvero riavere suo figlio. Il fatto di pensare che Howard non fosse sincero è stato in gran parte ciò che lo ha trattenuto dall’andare. Il fatto che Rafo conoscesse la verità su Howard ma fosse comunque convinto da Mike, interpretato da Clint Eastwood, a completare il viaggio in Texas la dice lunga sul legame che i due hanno sviluppato nel corso del film. Rafo non sapeva molto di suo padre, ma si fidava profondamente di Mike.

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Perché Rafo regala il gallo Macho a Mike (e cosa significa)

Con una mossa sorprendente, Rafo ha regalato il gallo Macho a Mike, interpretato da Clint Eastwood, durante il loro ultimo incontro al confine. Il fatto che Rafo lo abbia ceduto nonostante il forte attaccamento che aveva per il gallo è stato un momento ricco di significato. Le ragioni che lo hanno spinto a separarsi da Macho possono essere ricondotte al tema sotteso del film, che riguarda la mascolinità. Durante la scena del falò è stato spiegato che Rafo ha chiamato il suo gallo “Macho” per via della sua forza e del suo coraggio, che sono esattamente le caratteristiche con cui Rafo vede se stesso. Nel corso del film, è stato chiarito che il gallo rappresentava le idee di Rafo sull’importanza che un uomo sia forte e “macho”.

Al contrario, Mike riteneva che queste convinzioni fossero obsolete e fuorvianti. Mike ha avuto un’ultima conversazione con Rafo su questo argomento in macchina, dove ha detto che essere macho è “sopravvalutato”. Secondo Mike, mostrare forza e grinta non porta davvero le persone da nessuna parte. Per illustrare questo punto, ha usato l’esempio di un cowboy calpestato da un toro e disarcionato da un cavallo. Quindi, il fatto che Rafo abbia consegnato il gallo a Mike simboleggiava la maturità del personaggio e la sua accettazione del fatto che Mike avesse ragione riguardo ai suoi punti di vista “macho”. Ciò significa che Rafo seguirà un percorso migliore e meno avventato in futuro.

Il finale di Cry Macho prepara il terreno per la storia d’amore tra Mike e Marta

Cry Macho non rivela se tutto sia andato per il meglio per Rafo al ranch di Howard, ma accenna al futuro di Mike dopo gli eventi del film. Alla fine del film, durante la scena finale, il personaggio viene visto ballare un lento con Marta (Natalia Traven), con cui ha avuto una breve storia d’amore quando soggiornavano nel villaggio. Questo spiega perché Mike è rimasto in Messico quando ha incontrato Howard al confine invece di tornare negli Stati Uniti. Non diversamente da Rafo, Mike ha apprezzato la vita tranquilla che hanno vissuto nel villaggio con Marta e i suoi nipoti.

La decisione di Mike di tornare lì suggerisce che ha sostanzialmente seguito il proprio consiglio. Parlando con Rafo in macchina, ha detto che le persone non si rendono conto fino a quando non sono più grandi che non hanno tutte le risposte su ciò che è meglio per loro nella vita, e a volte non arrivano a questa consapevolezza fino a quando non è troppo tardi. Sembra che Mike, interpretato da Clint Eastwood, abbia capito che ciò che voleva era stabilirsi nel villaggio messicano con Marta.

Cry Macho - Ritorno a casa film 2021
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Photo Credit: Claire Folger

In che modo il finale di Cry Macho è diverso dai classici western di Clint Eastwood

Ciò che accade a Mike Milo, il personaggio interpretato da Eastwood, alla fine di Cry Macho non è del tutto inaspettato nel contesto del film, ma vale la pena notare che spicca se confrontato con altri film western interpretati da Eastwood. I western di Clint Eastwood seguono tipicamente una tendenza comune in cui il personaggio principale è un vagabondo forte e capace che tende a rappresentare tutte le convinzioni di Rafo in Cry Macho. Eastwood era un “duro” di Hollywood che incarnava la forza in quei giorni. I personaggi di Eastwood sono sempre forti, pistoleri apparentemente imbattibili che possono sparare più velocemente di chiunque altro e sconfiggere tutti quelli che osano sfidarli.

Era così quando L’uomo senza nome vinse il duello con Angel Eyes di Lee Van Cliff in Il buono, il brutto e il cattivo, ed era vero per tutte le altre sparatorie dei suoi western. Questo vale anche per i suoi film successivi, come Il cavaliere pallido e Gli spietati. In quei film, l’età avanzata non impedisce a Eastwood di sconfiggere i cattivi. Quindi, in un certo senso, Cry Macho sembra un’evoluzione della carriera di Eastwood nel genere western. Ciò si riflette anche nel finale, che offre qualcosa di fondamentalmente diverso per il suo personaggio.

Come già detto, i personaggi di Eastwood sono generalmente solitari e vagabondi misteriosi, e questo non è qualcosa che di solito cambia alla fine del film. Dopo aver salvato la situazione, Eastwood viene solitamente visto allontanarsi a cavallo, pronto per passare alla prossima avventura. Non capita spesso che si sistemi per amore. Il finale di Cry Macho è in netto contrasto con film come Il cavaliere pallido, che si concludeva con l’eroe invecchiato di Eastwood che lasciava le sue amate per parti sconosciute. Ma questa volta, il cowboy ha ricevuto un meritato lieto fine alla sua storia.

Nightmare – Dal profondo della notte: la spiegazione del finale del film

Il film horror Nightmare – Dal profondo della notte (1984) si colloca in un momento centrale della filmografia di Wes Craven, segnando un passaggio decisivo dopo opere come L’ultima casa a sinistra e Le colline hanno gli occhi. Con questo film il regista introduce una nuova figura di antagonista e un modo diverso di concepire l’orrore, portandolo dal mondo fisico a quello onirico. Craven utilizza l’idea del sogno come spazio narrativo per esplorare paure intimamente radicate, dando vita a un linguaggio visivo e tematico che diventerà uno dei tratti distintivi della sua carriera.

Il film contribuisce inoltre a cambiare il genere horror degli anni Ottanta, dominato fino ad allora dagli slasher tradizionali, inserendo elementi sovrannaturali che si intrecciano con il subconscio dei personaggi. La scelta di far agire il villain Freddy Krueger in un territorio che sfugge alle regole della realtà rende il meccanismo della paura più imprevedibile, aprendo la strada a nuove sperimentazioni nel cinema dell’orrore. Allo stesso tempo, il film affronta temi come il senso di colpa collettivo, la rottura del rapporto di fiducia tra genitori e figli e la fragilità del confine tra realtà e immaginazione.

L’impatto culturale di Nightmare – Dal profondo della notte è stato tale da generare una lunga saga composta da sequel, crossover e un remake, trasformando Freddy Krueger in una delle icone più riconoscibili del genere horror. Il primo capitolo rimane però quello più legato alla visione originale di Craven, capace di combinare allegoria e tensione in un racconto che utilizza il sogno come arma narrativa. Nel resto dell’articolo verrà proposta una spiegazione dettagliata del finale, analizzando il suo significato e il modo in cui dialoga con i temi principali del film.

Nightmare - Dal profondo della notte film

La trama di Nightmare – Dal profondo della notte

La storia di Nightmare – Dal profondo della notte segue un gruppo di adolescenti di Springwood che inizia a essere tormentato da incubi inquietanti, tutti accomunati dalla presenza di un misterioso uomo sfigurato, armato di un guanto con lame affilate al posto delle dita. Questi sogni non sono semplici manifestazioni dell’inconscio: hanno un’intensità così reale da lasciare i ragazzi spaventati e incapaci di comprendere cosa stia accadendo, mentre la linea tra sonno e veglia sembra assottigliarsi pericolosamente.

Al centro della vicenda c’è Nancy Thompson, una ragazza intelligente e determinata che inizia a collegare gli incubi dei suoi amici e a sospettare che qualcosa di più oscuro stia influenzando le loro vite. Mentre gli adulti appaiono incapaci – o poco disposti – ad aiutarla, Nancy decide di affrontare il mistero di persona, cercando di capire chi sia la figura che li perseguita nei sogni e come fermarla prima che diventi impossibile sfuggirle.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto, Nancy decide di affrontare direttamente Freddy Krueger dopo l’omicidio di Glen e l’isolamento crescente in cui si ritrova. Conscia del fatto che nessun adulto può aiutarla, prepara una serie di trappole nella sua casa e costringe Krueger a seguirla dal mondo dei sogni a quello reale. Il suo piano riesce: riesce a trascinarlo fuori dal sogno, colpirlo con gli ordigni improvvisati e incendiarlo, attirando l’attenzione del padre e della polizia, che stanno indagando sulla morte di Glen. Sembra che il confronto finale sia finalmente giunto.

Quando i poliziotti entrano in casa, però, Krueger non è dove Nancy lo aveva imprigionato. Nancy e suo padre lo trovano invece nella camera di Marge, ancora avvolto dalle fiamme, mentre tenta di soffocarla. Don spegne il fuoco, ma Krueger e Marge scompaiono misteriosamente all’interno del letto. Poco dopo, Krueger riemerge alle spalle di Nancy, rivelando che la barriera tra sogno e realtà è ormai del tutto compromessa. A quel punto Nancy comprende che l’unico modo per fermarlo non è lo scontro fisico, ma eliminare la paura che gli dà forza.

Johnny Depp in Nightmare - Dal profondo della notte

La scelta di negare potere a Krueger voltandogli le spalle segna il momento chiave del finale. Nancy capisce che Freddy non può esistere senza la paura delle sue vittime: è un’entità che si nutre del terrore dei ragazzi di Elm Street, proiezione della violenza e del senso di colpa generati dagli adulti. Rifiutandosi di provare paura, Nancy lo priva della sua fonte primaria di energia, costringendolo a dissolversi. Questa soluzione conclude simbolicamente il percorso della protagonista, che passa dalla passività al controllo sul proprio incubo.

Ciò che segue, tuttavia, introduce un’ambiguità che mette in discussione la vittoria della protagonista. L’apparente ritorno alla normalità — la madre viva, gli amici illesi, il mattino luminoso — è incrinato dalla comparsa dell’auto con i colori di Freddy e dal rapimento finale della madre. Questo epilogo suggerisce che la minaccia non è davvero eliminata: Krueger potrebbe essere ancora vivo, oppure Nancy è ancora intrappolata in un sogno da cui non è riuscita a svegliarsi. Il film lascia volutamente irrisolto il confine tra ciò che è reale e ciò che è immaginato.

Il messaggio finale del film riguarda l’impossibilità di rimuovere completamente traumi e paure collettive. Freddy nasce dalle azioni dei genitori e si perpetua nei sogni dei figli, diventando una figura che rappresenta il passato che ritorna e non può essere cancellato con facilità. Nightmare – Dal profondo della notte mostra come ignorare un trauma o tentare di seppellirlo non lo faccia svanire, ma anzi gli permetta di tornare con maggiore forza. Il film invita a considerare che il vero confronto con l’orrore richiede consapevolezza, responsabilità e la capacità di non lasciarsi guidare dalla paura.

Cry Macho – Ritorno a casa, la spiegazione del finale e del vero significato

Il finale di Cry Macho lo consacra come un viaggio molto diverso per Clint Eastwood. Dopo The Mule del 2018, Cry Macho è solo l’ultimo di una lunga serie di film che vedono Eastwood come regista e protagonista. Il regista e attore acclamato dalla critica è tornato alle sue radici western con una storia su un cowboy anziano e un giovane selvaggio in Messico.

Il genere western è ciò che lo ha reso un’icona cinematografica, con la trilogia I dollari di Sergio Leone e una serie di altri successi ben noti di quell’epoca. L’ultima volta che ha recitato e diretto un western è stato nel 1992 con Gli spietati. Ora, quasi 30 anni dopo, Eastwood dimostra di poter ancora recitare in un film western, anche se già negli anni ’80 e ’90 interpretava cowboy anziani in film come Unforgiven e Pale Rider. Un film che è stato quasi incluso in quella categoria è stato Cry Macho, ma Eastwood ha rinunciato all’opportunità di realizzarlo nel 1988. Di conseguenza, altri attori furono scelti per la parte, ma i numerosi tentativi di portare la storia sul grande schermo non portarono a nulla.

Anche se poteva sembrare che la nave fosse ormai salpata per Eastwood protagonista di Cry Macho, l’adattamento cinematografico del romanzo del 1975 è finalmente diventato realtà. Nel western, ambientato nel 1979, Mike Milo, interpretato da Eastwood, deve intraprendere un lungo viaggio attraverso il Messico per allontanare il tredicenne Rafo (Eduardo Minett) dalla madre violenta e amante delle feste e riportarlo dal padre ricco e proprietario di un ranch, Howard Polk (Dwight Yoakam). Naturalmente, molti ostacoli li hanno rallentati, tra cui ladri d’auto, il guasto al loro secondo veicolo e il sicario assunto dalla madre di Rafo. Ecco come sono andate a finire le cose per Mike e Rafo e come il finale ha rafforzato l’idea principale alla base del film.

Perché Rafo decide di vivere con suo padre

La storia di Rafo in Cry Macho ha comportato molti cambiamenti, poiché ha cambiato idea più di una volta su dove voleva vivere. Molto tempo dopo aver deciso di accompagnare Mike al ranch di suo padre, Rafo ha affrontato il suo più grande dilemma in Cry Macho quando Mike gli ha detto perché Howard lo voleva. Scoprire che Howard intendeva usarlo come leva nei suoi rapporti con Leta (Fernanda Urrejola) ha comprensibilmente fatto arrabbiare Rafo, che ha dichiarato che non sarebbe andato con Mike. Mike ha cercato senza successo di convincerlo ad andare comunque, ma Rafo non ha ceduto fino a quando gli agenti non li hanno avvicinati. Rafo alla fine ha messo da parte la sua rabbia, probabilmente dopo aver avuto qualche momento per elaborare ciò che aveva appreso.

Inoltre, Mike sembra essere riuscito a convincerlo che, nonostante i difetti di suo padre, è una brava persona che desidera davvero riavere suo figlio. Il fatto di pensare che Howard fosse insincero è stato in gran parte ciò che lo ha trattenuto dall’andare. Il fatto che Rafo conoscesse la verità su Howard ma fosse comunque influenzato da Mike, interpretato da Clint Eastwood, nel completare il viaggio in Texas la dice lunga sul legame che i due hanno sviluppato nel corso del film. Rafo non sapeva molto di suo padre, ma si fidava profondamente di Mike.

Perché Rafo regala il gallo Macho a Mike (e cosa significa)

Con una mossa sorprendente, Rafo ha regalato il gallo Macho a Mike, interpretato da Clint Eastwood, durante il loro ultimo incontro al confine. Il fatto che Rafo lo abbia ceduto nonostante il forte attaccamento che aveva per il gallo è stato un momento ricco di significato. Le ragioni per cui si è separato da Macho possono essere attribuite al tema sotteso del film, che riguarda la mascolinità. Durante la scena del falò è stato spiegato che Rafo ha chiamato il suo gallo “Macho” per la sua forza e il suo coraggio, che sono esattamente le caratteristiche con cui Rafo vede se stesso. Nel corso del film, è stato chiarito che il gallo rappresentava le idee di Rafo sull’importanza per un uomo di essere forte e “macho”.

Al contrario, Mike riteneva che queste convinzioni fossero obsolete e fuorvianti. Mike ha avuto un’ultima conversazione con Rafo su questo argomento in macchina, dove ha detto che essere macho è “sopravvalutato”. Secondo Mike, mostrare forza e grinta non porta davvero le persone da nessuna parte. Per illustrare questo punto, ha usato l’esempio di un cowboy calpestato da un toro e disarcionato da un cavallo. Quindi, il fatto che Rafo abbia consegnato il gallo a Mike simboleggiava la maturità del personaggio e la sua accettazione del fatto che Mike avesse ragione riguardo alle sue opinioni “macho”. Ciò significa che Rafo seguirà un percorso migliore e meno avventato in futuro.

Il finale di Cry Macho prepara il terreno per la storia d’amore tra Mike e Marta

Cry Macho non rivela se tutto sia andato per il meglio per Rafo al ranch di Howard, ma accenna al futuro di Mike dopo gli eventi del film. Alla fine di Cry Macho, durante la scena finale, il personaggio balla un lento con Marta (Natalia Traven), con cui ha avuto una breve storia d’amore quando soggiornavano nel villaggio.

Questo spiega perché Mike è rimasto in Messico quando ha incontrato Howard al confine invece di tornare negli Stati Uniti. Non diversamente da Rafo, Mike ha apprezzato la vita tranquilla che hanno vissuto nel villaggio con Marta e i suoi nipoti. La decisione di Mike di tornare lì suggerisce che ha sostanzialmente seguito il proprio consiglio. Parlando con Rafo in macchina, ha detto che le persone non si rendono conto fino a quando non sono più grandi che non hanno tutte le risposte su ciò che è meglio per loro nella vita, e a volte non arrivano a questa consapevolezza fino a quando non è troppo tardi. Sembra che il Mike di Clint Eastwood abbia capito che ciò che voleva era stabilirsi nel villaggio messicano con Marta.

In che modo il finale di Cry Macho è diverso dai classici western di Clint Eastwood

Ciò che accade a Mike Milo, il personaggio interpretato da Eastwood, alla fine di Cry Macho non è del tutto inaspettato nel contesto del film, ma vale la pena notare che spicca rispetto ad altri film western interpretati da Eastwood. I western di Clint Eastwood seguono tipicamente una tendenza comune in cui il protagonista è un vagabondo forte e capace che tende a rappresentare tutte le convinzioni di Rafo in Cry Macho. Eastwood era un “duro” di Hollywood che incarnava la forza in quei giorni. I personaggi di Eastwood sono sempre forti, pistoleri apparentemente imbattibili che possono sparare più velocemente di chiunque altro e sconfiggere tutti quelli che osano sfidarli. Era così quando L’uomo senza nome vinse il suo scontro con Angel Eyes di Lee Van Cliff in Il buono, il brutto e il cattivo, ed era vero per tutte le altre sue sparatorie western. Questo vale anche per i suoi film successivi, come Il cavaliere solitario e Gli spietati. In quei film, l’età avanzata non impedisce a Eastwood di sconfiggere i cattivi. Quindi, in un certo senso, Cry Macho sembra un’evoluzione della carriera di Eastwood nel genere western.

Questo si riflette anche nel finale, che offre qualcosa di fondamentalmente diverso per il suo personaggio. Come già detto, i personaggi di Eastwood sono generalmente solitari e vagabondi misteriosi, e questo non è qualcosa che di solito cambia alla fine del film. Dopo aver salvato la situazione, Eastwood viene solitamente visto allontanarsi a cavallo, pronto per passare alla prossima avventura. Non capita spesso che si sistemi per amore. Il finale di Cry Macho è in netto contrasto con film come Pale Rider, che si concludeva con l’eroe invecchiato di Eastwood che lasciava le sue amate per parti sconosciute. Ma questa volta, il cowboy ha ricevuto un meritato lieto fine alla sua storia.

Perché la mancanza di nomination agli Oscar per Cry Macho non è stata uno snobbamento

Molti si sono chiesti perché Cry Macho sia stato apparentemente snobbato agli Oscar 2022, non vincendo alcun premio, tanto meno quello per il miglior film, ma sebbene sia un buon film di Clint Eastwood, non è il migliore film di Clint Eastwood. Avrebbe fatto storia, rendendo Clint Eastwood il più anziano vincitore di un Oscar di tutti i tempi. Tuttavia, Cry Macho si attesta al 58% su Rotten Tomatoes. Il film presenta alcuni evidenti problemi. La critica principale è che il film è poco interessante. La narrazione discontinua ha creato un grosso problema per il ritmo di Cry Macho, e il pubblico non ha perdonato i dialoghi piatti. Quando si compete con film come Don’t Look Up o Dune, un film deve intrigare gli spettatori, e Cry Macho non è riuscito a centrare l’obiettivo.

Un altro problema di Cry Macho è stata la mancanza di sottotesti, con il passaggio del gallo probabilmente l’unico tocco sottile e significativo. Questo ha influito sui dialoghi e ha reso dolorosamente evidente la natura stereotipata del film. Sebbene Cry Macho tenti di sovvertire i tropi della mascolinità nel western, non viene fatto nulla in termini di sottotesti per trasmettere questo messaggio. Il film si è affidato troppo all’esposizione per trasmettere il messaggio. L’ultima critica clamorosa al film è che è troppo datato. Sebbene sia ambientato nel 1979, sembra anche un film realizzato nel 1979, il che significa che film più urgenti e rilevanti come King Richard e West Side Story lo hanno battuto. Non è che Cry Macho fosse un brutto film. È stato semplicemente eliminato dalla corsa al premio per il miglior film.

Five Nights At Freddy’s 2, spiegazione del finale e delle scene post credits: come preparano il terreno per FNAF3

La battaglia di Mike, Abby e Vanessa contro Charlotte/The Marionette si conclude con un grande colpo di scena nel finale di Five Nights at Freddy’s 2, con il film che compie molti passi per preparare il terreno per un sequel. La maggior parte della storia segue i percorsi del trio che si intrecciano con la sede originale della Freddy Fazbear’s Pizzeria, dove The Marionette e gli animatronici Toy sono rimasti bloccati per decenni.

Il confronto finale tra Charlotte, gli animatronici Toy e il fratello segreto di Vanessa (la guardia di sicurezza Michael Afton) e Mike, Abby e Vanessa viene interrotto dagli animatronici originali che arrivano alla casa degli Schmidt per salvarli. Five Nights at Freddy’s 2 si conclude con alcuni momenti importanti, anche nei titoli di coda, che preparano il terreno per il futuro della serie.

Vanessa è posseduta dalla Marionetta/Charlotte in Five Nights at Freddy’s 2 Cliffhanger

L’ultima scena di Five Nights at Freddy’s 2 mostra Vanessa in piedi da sola sulla soglia della casa degli Schmidt. Mike le ha appena detto di lasciare in pace lui e Abby perché non può fidarsi di lei. Abbandonata alla sua tristezza/rabbia, viene improvvisamente posseduta da Charlotte, con il suo viso che inizia a trasformarsi per assomigliare alla Marionetta.

Charlotte viene mostrata mentre possiede diverse persone nel corso del film, a partire dalla cacciatrice di attività paranormali Lisa per poi passare ad Abby. Tuttavia, è costretta ad abbandonare il corpo di quest’ultima quando Mike inizia a suonare un carillon realizzato dal padre di Charlotte, Henry. La vediamo strisciare in un’altra stanza della casa mentre Mike e Vanessa si prendono cura di Abby prima che arrivino gli animatronici e Michael.

Una volta che Vanessa rimane sola in uno stato emotivo vulnerabile, Charlotte coglie l’occasione per renderla la nuova ospite di The Marionette. Vanessa era amica di Charlotte quando erano bambine, prima che quest’ultima morisse, e ha continuato a vederla in uno stato di rabbia anche dopo la sua morte. Anche se Charlotte sostiene di non odiare Vanessa, ha comunque bisogno di un ospite umano con cui legarsi, e la sua vecchia amica è facile da controllare dopo essere stata abbandonata.

Il motivo per cui è sola è colpa di Mike. Lui crede di non potersi più fidare di Vanessa dopo che lei gli ha nascosto così tante cose. Anche se sembrava averla perdonata per aver tenuto segreta la morte di Charlotte e la sua posizione originale, la verità su suo fratello sembra essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Il fatto che Vanessa sia posseduta dalla Marionetta, conosciuta come The Puppet nei giochi Five Nights at Freddy’s, è una nuova svolta nella trama. Sebbene il giocattolo contenesse l’anima di Charlotte nel gioco, non ha mai posseduto la figlia di Afton. Sua figlia possedeva l’animatronico Circus Baby nei giochi, quindi il fatto che sia legata a una delle creazioni di suo padre in questo modo non è una novità.

La scena dei titoli di coda

Dopo l’inizio dei titoli di coda del sequel, questi vengono interrotti da una scena a metà titoli di coda. Essa mostra tre giovani che saccheggiano la pizzeria Freddy Fazbear’s del primo film, nella speranza di trovare oggetti nostalgici autentici per il Freddy Fest. Uno di loro trova un’altra stanza mai vista prima, nella quale trovano il costume animatronico Yellow Rabbit in cui William Afton è morto durante nel finale di Five Nights at Freddy’s.

I ragazzi lo coprono con della pellicola trasparente per proteggerlo dalla pioggia e, dopo essere usciti dalla stanza, uno degli occhi si accende. È in questo momento che lo spirito di Afton ritorna, prendendo possesso del costume del Coniglio Giallo, noto anche come Spring Bonnie o Springtrap.

Il ritorno di Afton come Spring Bonnie, sebbene prevedibile in base alla trama del gioco, era stato direttamente preannunciato in precedenza nel film. Mike vede lo spirito di un bambino che possedeva uno degli animatronici originali mentre si preparano ad andare avanti, e il bambino avverte Mike che qualcuno uscirà e sarà più forte di prima. Mike non sa di chi stia parlando il bambino, ma si trattava di Afton, che ora ha preso il pieno controllo del costume del Coniglio Giallo.

Il messaggio di Henry a Mike nei titoli di coda di Five Nights at Freddy’s 2

Come se la scena dei titoli di coda non bastasse, il sequel continua una tradizione del film originale inserendo un messaggio audio alla fine dei titoli di coda. I titoli di coda di Five Nights at Freddy’s 2 contengono un messaggio di avvertimento di Henry a Mike che si rivela molto importante.

Per cominciare, Henry conferma di essere stato il ex socio di Afton. Proprio come nei giochi, Henry Emily era responsabile di aiutare Afton a creare gli animatronici, essendo lui in particolare la mente dietro i springlock. Dice a Mike che ha ancora alcune parti animatroniche in giro e che, sebbene siano vecchie, potrebbero essere utilizzate per contrattaccare.

Il messaggio di Henry è anche un’occasione per avvertire Mike che The Marionette rimane una minaccia molto reale. Il messaggio si conclude con Henry che dice: “Sta venendo a prenderti”. I rumori che si sentono durante il messaggio potrebbero significare che il burattino ha dato la caccia anche a Henry.

L’elemento audio dei titoli di coda di Five Nights at Freddy’s 2 conferma quanto Henry Emily sia simile alla versione del gioco. È anche un divertente richiamo al suo ruolo nei giochi, dato che non si vede mai e si sente solo attraverso le registrazioni su cassetta utilizzate per guidare le persone. Qui ricopre lo stesso ruolo con una registrazione destinata a guidare Mike verso la salvezza.

Cosa è successo a Michael Afton?

La sorpresa più grande di Five Nights at Freddy’s 2 è la rivelazione che la guardia di sicurezza Michael è in realtà il figlio di William e il fratello di Vanessa. I giocatori potrebbero essere riusciti a ricostruire questo collegamento basandosi sul suo nome e sul suo lavoro, ma il film aspetta comunque fino alla fine per confermare la sua discendenza. Tuttavia, è ciò che gli succede dopo che ora diventa un mistero.

Dopo che i giocattoli animatronici sono stati sconfitti, Michael scappa dalla casa di Mike e Jeremiah lo mette fuori combattimento. Ma quando Mike, Abby e Jeremiah lasciano la casa pochi minuti dopo, Michael non è più a terra. È scomparso e, sebbene nessuno di loro sembri preoccuparsi della sua scomparsa, il destino di Michael diventa un filo sciolto.

Michael aveva precedentemente dichiarato di voler usare gli animatronici Toy per uccidere metà della città durante il Freddy Fest. Ciò è meno possibile ora che i suoi amici animatronici sono stati distrutti, ma con lo spirito di William che ora controlla Spring Bonnie, è logico pensare che sia in programma una riunione padre-figlio.

Come FNAF 2 prepara Five Nights at Freddy’s 3

Con tutti questi elementi inseriti nel finale di Five Nights at Freddy’s 2, il terreno è pronto per Five Nights at Freddy’s 3 in diversi modi.

La trama principale apparentemente metterà la famiglia Afton contro i sopravvissuti dei precedenti orrori, Mike, Abby e Henry. William, Vanessa e Michael dovrebbero essere tutti uniti in qualche modo, ora che i primi due sono Spring Bonnie e The Marionette, e il terzo vuole portare avanti i piani di suo padre.

Il messaggio di Henry a Mike implica che il loro tempo insieme continuerà, con loro e Abby pronti a concentrarsi sulla liberazione di Vanessa dal possesso di Charlotte. Questo potrebbe permetterle di ricongiungersi al gruppo principale per combattere William e Michael alla fine.

Questo dovrebbe anche aprire la strada a Five Nights at Freddy’s 3 per approfondire la storia di Henry e William. Il film probabilmente entrerà nei dettagli su come hanno creato gli animatronici, cosa li ha separati e includerà nuove rivelazioni su come tutto questo è realmente iniziato.

È anche degno di nota il fatto che Five Nights at Freddy’s 3 sia posizionato per essere un adattamento piuttosto fedele del terzo gioco. Il gioco Five Nights at Freddy’s 3 era ambientato in una casa stregata dove Springtrap era l’unico animatronico, ed entrambi questi elementi sono presenti nella scena a metà dei titoli di coda.

Tutto sommato, Five Nights at Freddy’s 2 dedica gran parte del suo finale a preparare il terreno per il capitolo successivo. Five Nights at Freddy’s 3 diventa una necessità per la storia dopo la conclusione di questo capitolo.

James Gunn parla del futuro della DCU dopo l’acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix

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Il futuro del franchise DC Universe viene chiarito da James Gunn dopo la notizia dell’acquisizione della Warner Bros. Discovery da parte di Netflix. Il futuro di uno dei più grandi studi di Hollywood è diventato uno degli argomenti più discussi nel dicembre 2025, poiché Netflix sta cercando di acquistare la Warner Bros., sollevando molte domande su cosa accadrà a entità come la DC Studios.

In un articolo pubblicato da Bloomberg, David Zaslav ha mostrato fiducia nel DCU di Gunn, affermando che “L’universo DC è abbastanza grande e forte da poter essere disponibile su tutte le piattaforme”. Ha sottolineato che Gunn e Peter Safran vogliono che i loro titoli DC abbiano opportunità commerciali che vadano oltre il mondo dei cinema e HBO Max, “Ci sono alcune storie che è importante raccontare nei cinema di tutto il mondo e altre che è importante raccontare sotto forma di serie. “

Gunn ha commentato a Bloomberg Businessweek: ”L’esperienza collettiva e teatrale è qualcosa di incredibilmente importante e particolarmente adatto ai nostri film spettacolari“. Safran ha condiviso un aggiornamento sulla situazione attuale della DCU, rivelando: Ciò che ci rende insostituibili è davvero la mente di James Gunn. È stato lui l’artefice di questa grande visione“, mentre Gunn ha concluso dicendo: ”Se vuoi fare un film su Batman, è meglio che sia fottutamente fantastico”.

Zaslav ha continuato aggiungendo: “Il lavoro di James e Peter, la loro visione creativa, è avvincente e garantisce un ottimo ritorno economico. Non abbiamo nessun altro contenuto narrativo che offra una tavolozza più ampia di quella della DC, e al momento non c’è nessuno in grado di raccontare queste storie con la stessa immaginazione ed entusiasmo”.

Il franchise DCU è iniziato alla fine del 2024 con la serie TV animata Creature Commandos, prima del lancio di Superman nel luglio 2025, che è diventato il film di supereroi con il maggior incasso dell’anno. La DC Studios ha ufficialmente battuto tutte le uscite cinematografiche della Marvel Studios.

Secondo Bloomberg, Gunn e Safran non sono stati coinvolti nelle trattative per la vendita della Warner Bros. Discovery, ma il rapporto sottolinea come la DC “fosse in primo piano” tra gli offerenti interessati. Il capitolo 1 della DCU: “Gods and Monsters” continuerà nel 2026 con diverse uscite importanti.

La serie TV Lanterns della HBO debutterà all’inizio del 2026, con una data di premiere specifica che verrà rivelata in un secondo momento. Sul grande schermo, Supergirl arriverà nelle sale il 26 giugno, prima dell’uscita di Clayface, classificato come vietato ai minori, l’11 settembre.

La DCU inizierà anche a lavorare al film Man of Tomorrow di Gunn, la cui produzione dovrebbe iniziare nell’aprile 2026.

Fallout – Stagione 2: la prima clip mostra un luogo iconico mentre il ghoul affronta una minaccia mortale

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La seconda stagione di Fallout ha offerto ai fan di New Vegas un primo assaggio di uno dei luoghi più iconici del gioco al CCXP.

L’anteprima della seconda stagione di Fallout porta immediatamente i fan da Dinky il T-Rex, un punto di riferimento prebellico lungo la strada nella Mojave Wasteland. I giocatori accaniti sanno che questo luogo funge anche da postazione per cecchini, dove personaggi come Boone e Manny operano dalla sua bocca aperta. Al suo interno c’è anche un negozio di souvenir chiamato Dino Bite, con statuine da collezione. Nella clip, Dinky si trova proprio accanto al Dino Dee-lite Motel.

Nella scena, Lucy (Ella Purnell) affronta un uomo che sta cercando di uccidere il Ghoul (Walton Goggins), un tempo noto come Cooper Howard, una star del cinema diventata portavoce della Vault-Tec e ora cacciatore di taglie. Lei spiega che stanno cercando suo padre, Hank MacLean (Kyle MacLachlan), per consegnarlo alle autorità.

Durante il suo monologo, il Ghoul la supplica di sparargli. Guarda il video qui sotto:

L’apparizione di Dinky è emozionante non solo per i fan della serie, ma anche per quelli del gioco. Suggerisce che la seconda stagione di Fallout potrebbe rimanere fedele all’iconica serie di videogiochi e onorarne l’eredità, cosa che è sempre piacevole per i giocatori. Vedere un punto di riferimento così riconoscibile prendere vita sullo schermo dimostra che la serie si impegna a ricreare fedelmente il mondo coinvolgente che ha reso New Vegas così unico.

Con il debutto live-action di Dinky, la seconda stagione di Fallout manterrà vivo lo spirito del gioco, aggiungendo al contempo un tocco personale alla serie. L’attenzione ai dettagli e i personaggi ben sviluppati della serie danno davvero vita alla storia. Il primo sguardo mostra che la prossima stagione offrirà un’esperienza indimenticabile per i fan di tutti i media.

Fallout stagione 2 sarà disponibile dal 17 dicembre 2025 su Prime Video. La stagione 1 è attualmente disponibile in streaming su Prime Video.

Chi è Ben Reilly? Il nuovo Spider-Man della Sony spiegato

Nicolas Cage interpreterà Spider-Man Noir in una serie live-action tutta sua, in uscita il prossimo anno. Tuttavia, Sony ha sorprendentemente rivelato che la sua identità segreta non sarà Peter Parker, un colpo di scena che pochi si sarebbero aspettati.

Sebbene non abbiamo ancora visto il trailer completo, i primi materiali promozionali di Spider-Noir del 2026 hanno rivelato un cambiamento importante per il personaggio rispetto ai fumetti e persino ai precedenti film d’animazione Spider-Verse della Sony. Ecco cosa sappiamo su Ben Reilly e perché Sony ha probabilmente deciso di cambiare il nome tradizionale di Spider-Man Noir.

Nicolas Cage interpreterà Ben Reilly in Spider-Man Noir

Al CCXP 2025, la Sony ha recentemente pubblicato un poster molto interessante che promuove Spider-Noir del 2026: una porta d’ufficio in ombra con la scritta “Ben Reilly P.I.” e la classica silhouette del personaggio dietro il vetro smerigliato.

Tuttavia, “Ben Reilly” è un cambio di nome piuttosto sorprendente. Dopotutto, l’identità segreta di Spider-Man Noir nei fumetti è sempre stata Peter Benjamin Parker. Allo stesso modo, anche il personaggio animato Spider-Man Noir interpretato da Nicolas Cage nei film Spider-Verse della Sony aveva il nome “Peter Parker”.

Ora, sembra che Nicolas Cage interpreterà un Spider-Man Noir completamente nuovo in un film live-action, che potrebbe non avere alcun legame con le sue precedenti interpretazioni animate del personaggio, che è stato visto insieme a molte altre varianti di Spider-Man nella Grande Rete della Vita e del Destino.

Da un lato, questo potrebbe consentire una maggiore flessibilità narrativa, rendendo al contempo il Noir live-action ancora più crudo e cupo. Tuttavia, l’uso specifico del nome “Ben Reilly” deve essere intenzionale, data la sua importanza nei fumetti Marvel originali e nel mito di Spider-Man.

Chi è Ben Reilly nei fumetti di Spider-Man

Nei fumetti originali, Ben Reilly era un clone di Spider-Man creato dal DNA estratto da Peter Parker da The Jackal durante la famigerata Clone Saga. Programmato per credere di essere l’originale, Reilly alla fine scoprì la verità, adottando l’identità di Scarlet Spider come suo Spider-Hero. Per un certo periodo, divenne persino Spider-Man, portando avanti l’eredità di Parker mentre questi si allontanava.

Nella linea temporale principale della Marvel, Ben Reilly esiste come clone parallelo di Spider-Man che finisce per diventare un eroe a sé stante. Pertanto, la scelta di questo nome da parte della Sony è probabilmente intenzionale, frutto di complesse questioni legali relative ai diritti delle versioni live-action di Spider-Man/Peter Parker.

Dopotutto, il controverso film del 2024 Madame Web vedeva una Mary Parker incinta che alla fine dà alla luce un figlio. Sebbene il bambino sia ovviamente Peter Parker, nel film non viene mai nominato.

Pertanto, sembrano esserci prove sufficienti che lo Spider-Man dell’MCU (Tom Holland) sia l’unico Peter Parker attivo dal vivo e che non possano essercene altri (con le notevoli eccezioni di Tobey Maguire e Andrew Garfield, che hanno recitato in un progetto coprodotto con la Marvel Studios).

Tutto sommato, scegliere “Ben Reilly” per il Noir live-action di Cage sembra una soluzione piuttosto intelligente e un divertente omaggio ai fumetti da parte della Sony (supponendo che il problema siano effettivamente i complicati diritti).

Ben Reilly di Spider-Man Noir è un cambiamento importante rispetto ai fumetti

Tradizionalmente, l’universo di Spider-Man Noir, ambientato negli anni ’30, utilizza versioni dei personaggi provenienti da una realtà alternativa, sebbene con gli stessi nomi. Questo include lo stesso Peter Parker. Di conseguenza, l’introduzione di Ben Reilly come Noir segna un cambiamento importante.

È tecnicamente possibile che la Sony non stia semplicemente adattando le classiche storie di Spider-Man Noir dai fumetti, ma piuttosto reinterpretandole attraverso la lente di un’identità e di un’eredità clonate. Forse stanno effettivamente fondendo le storie delle due varianti alternative di Spider-Man, con il Noir di Cage che in realtà è un clone del Noir originale.

Detto questo, sembra comunque probabile che il cambiamento di “Ben Reilly” sia semplicemente un modo per aggirare i presunti problemi di diritti legati al nome Peter Parker.

Un trailer completo di Spider-Noir fornirà probabilmente maggiori informazioni sulle origini specifiche del personaggio, ma sembra probabile che il cambio di nome sarà proprio questo: un semplice cambio di nome senza un impatto significativo sul personaggio stesso.

Questo significa che il personaggio di Cage in Spider-Verse è diverso?

Sì… e forse no. Sulla carta, i nomi tra lo Spider-Man Noir animato di Cage e la sua prossima versione live-action saranno diversi. Detto questo, questo nuovo Ben Reilly sarà molto probabilmente raffigurato in modo molto simile al precedente Spider-Man Noir, anche se forse con un po’ più di serietà.

Tuttavia, resta da vedere se la Sony cercherà di renderlo lo stesso personaggio, soprattutto ora che sappiamo che il nome è stato cambiato per il live-action. In sostanza, gli spettatori probabilmente non dovrebbero aspettarsi un easter egg con il cubo di Rubik che collega a Into the Spider-Verse.

In ogni caso, il pubblico potrà senza dubbio godersi le classiche ragnatele, le arrampicate sui muri e l’eroismo mascherato, indipendentemente dal nome che Spider-Man Noir potrebbe avere sotto la maschera.

Sony’s Spider-Man Noir dovrebbe uscire su Prime Video e MGM+ all’inizio del 2026.

Gillian Anderson dà un aggiornamento deludente sul ritorno di Scully nel reboot di X-Files di Ryan Coogler

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Dopo aver rivelato in precedenza di aver avuto colloqui con il due volte candidato all’Oscar per la sua versione della serie, Gillian Anderson sta ora chiarendo le possibilità del suo ritorno in X-Files di Ryan Coogler. Dopo il revival di due stagioni della classica serie di fantascienza, sono stati fatti diversi tentativi per rilanciare il franchise, a partire da una serie animata, prima che il creatore Chris Carter rivelasse che il regista di I Peccatori ne stava sviluppando una propria.

L’intenso programma di Coogler con l’epico horror storico del 2025 ha messo brevemente in secondo piano il rilancio di X-Files, ma lui ha promesso che si sarebbe concentrato su questo progetto una volta completato Sinners. Successivamente, a ottobre, ha confermato i progressi compiuti nella serie, quando ha anche parlato dell’influenza di sua madre sullo show, essendo lei una fan dell’originale, ma è rimasto in silenzio sul potenziale casting per lo show.

Ora, in un’intervista con Tatiana Hullender di ScreenRant per discutere del suo dramma western Netflix The Abandons, Anderson è stata interrogata su un aggiornamento sul suo potenziale ritorno nel reboot di X-Files. La vincitrice del Golden Globe e dell’Emmy ha iniziato chiarendo che i suoi precedenti colloqui con Coogler erano “per sapere che stava [realizzando la serie]” piuttosto che qualsiasi tipo di negoziazione ufficiale per il ritorno, e non sa cosa riserva il futuro a Scully nella serie:

Gillian Anderson: Non ho avuto quelle conversazioni né quei pensieri. Ho parlato con Ryan Coogler qualche tempo fa per sapere che stava [realizzando la serie], e questo è tutto. Non ho idea di a che punto siano, o se lo siano. C’è una grande differenza tra [questo e] pensarci.

Anderson aveva già rivelato di aver parlato con Coogler a maggio, anche se non aveva specificato se fosse solo per essere informata dello X-Files reboot’s development. Tuttavia, all’epoca lo aveva descritto come “la persona perfetta” per guidare il ritorno dell’iconica serie di fantascienza e aveva detto “forse” al ritorno di Scully se le stelle si fossero allineate sulla visione.

I suoi commenti più recenti non contraddicono certamente quelli precedenti, ma sembrano più vicini a come si è sentita riguardo alla ripresa del ruolo dopo The X-Files – stagione 11 finale. Anderson è stata piuttosto categorica nel non voler tornare nei panni di Scully, poiché riteneva che gran parte dell’evoluzione del suo personaggio affrontasse temi familiari e voleva qualcosa di “nuovo e progressista”. Era anche preoccupata di continuare a essere legata a un solo personaggio, cosa che molti, compreso il co-protagonista David Duchovny, hanno sperimentato dopo aver recitato in una serie di lunga durata come X-Files.

Detto questo, la sua ultima risposta non esclude del tutto un’apparizione nel reboot di X-Files di Coogler, poiché ha costantemente affermato che sarebbe interessata a vedere cosa farà il candidato all’Oscar con la proprietà. Lo stesso Coogler ha dichiarato ad aprile che incrociava le dita per riavere sia Anderson che Duchovny nei panni di Scully e Mulder, e dato che i due rimangono sinonimo del franchise, coinvolgerli in qualche modo potrebbe giocare a favore del reboot.

Brandon Sklenar parla del ritorno di Spencer Dutton nel prequel di Yellowstone del 1944 di Taylor Sheridan

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Spencer Dutton è uscito vivo e illeso dal 1923, nonostante abbia dovuto sopportare alcune delle peggiori tribolazioni mai inflitte a un membro del clan centrale dell’universo di Yellowstone, da sempre in lotta.

1944 sarà il prossimo drammatico capitolo della saga della famiglia Dutton, e l’attore Brandon Sklenar, interprete di Spencer Dutton, è pronto a tornare in servizio se dovesse essere richiamato nello Sheridanverse.

Sarebbe fantastico”, ha detto Sklenar quando gli è stato chiesto se il suo personaggio preferito dai fan avrebbe fatto parte del cast di 1944 (tramite Today). Tornare nei panni di Spencer richiederebbe all’attore di invecchiare di 20 anni, ma Sklenar ha indicato di essere pronto per una tale trasformazione.

Sarebbe piuttosto interessante vedermi con qualche rughetta in più e i capelli brizzolati”, ha scherzato. “Invecchiatemi un po’”.

1923 si è concluso con la perdita della moglie Alexandra da parte di Spencer, che è riuscita a resistere coraggiosamente alla morte per cancrena giusto il tempo necessario per dare alla luce un bambino che si è rivelato essere John Dutton II, il padre del personaggio di Kevin Costner in Yellowstone, John Dutton III.

1944 dovrebbe raccontare le avventure di John Dutton II durante la seconda guerra mondiale. Spencer sarebbe ancora vivo nel periodo indicato dal titolo della serie, come confermato da 1923 in un flash-forward che mostrava il personaggio morire da anziano nel 1969.

Sklenar ha già parlato in passato del suo desiderio di tornare nei panni di un Spencer Dutton più anziano, un personaggio che ammette di aver avuto difficoltà a scrollarsi di dosso dopo la fine di 1923.

Ha influenzato chi sono, ha cambiato chi sono”, ha rivelato l’attore parlando del periodo in cui ha interpretato l’eroico Spencer (tramite Variety). “Quindi mi piacerebbe continuare a farlo in qualsiasi veste, se potessi”.

L’intero dominio televisivo del creatore di Yellowstone, Sheridan, sta attualmente subendo un grande sconvolgimento, poiché il magnate dello streaming ha recentemente lasciato Paramount+ e ha firmato un nuovo importante accordo con NBCUniversal.

Con Yellowstone e i suoi spin-off che rimangono di proprietà della Paramount, 1944 verrebbe presumibilmente realizzato prima della scadenza dell’attuale accordo di Sheridan nel 2028.

Mentre aspetta di conoscere il destino di Spencer Dutton, Sklenar ha già in programma un altro progetto con Sheridan. Il thriller F.I.R.E. vedrà protagonista l’attore di 1923 in un film scritto e prodotto dal creatore di Yellowstone.

Il 19 dicembre Sklenar arriverà sul grande schermo con The Housemaid, un thriller psicologico di Paul Feig con Sydney Sweeney e Amanda Seyfried. Come 1923, il film tratta di una situazione familiare traumatica, ma senza lupi, guerre territoriali e congelamenti fatali.

Netflix sui prezzi degli abbonamenti e l’accesso a HBO Max dopo l’acquisto da parte di WB: “Nulla cambia… per oggi”

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Netflix ha condiviso un aggiornamento sui prezzi degli abbonamenti e sul futuro di HBO Max. Questo fa seguito all’annuncio del 5 dicembre secondo cui il gigante dello streaming acquisterà la Warner Bros. (compresi i suoi studi cinematografici e televisivi, nonché la rete e il servizio di streaming HBO) per 83 miliardi di dollari.

Netflix ha inviato un’e-mail agli abbonati alle 12:43 a.m. ET annunciando cosa possono aspettarsi gli abbonati nell’immediato futuro. Ha rassicurato gli utenti che oggi non cambierà nulla e che HBO Max “continuerà a operare separatamente” per il momento. Questo perché l’accordo non è stato ancora completamente concluso.

L’accordo Netflix deve ancora essere approvato dagli azionisti e dagli organismi di regolamentazione, e il processo complessivo di acquisizione della Warner Bros. (che è ancora in fase di scissione dalla Discovery a seguito della loro fusione nel 2022) dovrebbe richiedere dai 12 ai 18 mesi. Tuttavia, una volta trascorso questo periodo, le cose potrebbero ancora cambiare.

Netflix comunica che vi terremo aggiornati non appena avremo ulteriori informazioni”. Leggete il paragrafo pertinente della loro e-mail qui sotto:

Per oggi non ci sono cambiamenti. Entrambi i servizi di streaming continueranno a operare separatamente. Prima della conclusione dell’accordo, dobbiamo completare ulteriori passaggi, tra cui le approvazioni normative e degli azionisti. Vi terremo aggiornati non appena avremo ulteriori informazioni. Nel frattempo, speriamo che continuerete a godervi la visione di tutti i contenuti che desiderate, quando volete, con il vostro attuale piano di abbonamento.

L’e-mail di Netflix rimanda anche a una pagina di domande frequenti in cui si assicura agli abbonati che non saranno apportate modifiche fino alla chiusura dell’accordo. Si ribadisce che “oggi non cambia nulla per il vostro abbonamento”, che i prezzi degli abbonamenti non subiranno variazioni e che non cambierà nulla per quanto riguarda la cronologia di visione, i profili o i consigli degli utenti.

Tuttavia, le rassicuranti dichiarazioni sono costellate di parole come “oggi” e “attualmente”, lasciando spazio a una potenziale revisione completa una volta che l’accordo sarà ufficialmente concluso, molto probabilmente nel 2027.

Questa rassicurazione fa eco all’aggiornamento di Netflix sul futuro della distribuzione cinematografica della Warner Bros. Durante una conferenza stampa telefonica il 5 dicembre, il co-amministratore delegato di Netflix Ted Sarandos ha affermato che le attuali uscite cinematografiche previste dalla Warner Bros. saranno comunque distribuite nelle sale.

Sebbene ciò sia soggetto a modifiche, il calendario delle uscite precedentemente annunciato include i prossimi Dune: Parte Tre, Supergirl, Mortal Kombat II, Godzilla x Kong: Supernova, A Minecraft Movie 2, The Batman – Part II e Man of Tomorrow. Tuttavia, Sarandos ha lasciato intendere che le uscite future potrebbero subire variazioni, affermando che “penso che le finestre [di uscita] evolveranno per diventare molto più favorevoli ai consumatori”.

Sebbene gli abbonamenti a Netflix cambieranno molto probabilmente una volta concluso l’accordo, questa assicurazione non significa necessariamente che i prezzi rimarranno gli stessi per tutto il prossimo anno. Dopo aver introdotto un livello supportato dalla pubblicità alla fine del 2022, Netflix ha istituito una serie di aumenti periodici dei prezzi, l’ultimo dei quali avrà luogo nel gennaio 2025, dopo l’eliminazione del livello più economico senza pubblicità nel luglio 2024.

Data la natura in continua evoluzione del modello di abbonamento, non vi è alcuna garanzia che i prezzi di Netflix rimarranno invariati entro la fine del 2026. Non è chiaro se HBO Max si fonderà completamente con la piattaforma dopo tale data (come Hulu e Disney+ nel 2026), portando potenzialmente a un altro aumento dei prezzi, ma se l’accordo otterrà la piena approvazione, è certo che si profilerà all’orizzonte un cambiamento di grande portata.

Noir in Festival 2025: Ben – Rabbia Animale film di chiusura

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Volge al termine sabato 6 dicembre la 35ma edizione del Noir in Festival, che regala al pubblico del festival una chiusura adrenalica con l’anteprima del nuovo film di Johannes Roberts, Ben – Rabbia Animale (Primate). Noto per il suo lavoro nel genere, regista di titoli campioni d’incasso tra cui 24 metri The strangers, Johannes Roberts firma un horror inquietante che trascinerà lo spettatore in un crescendo di tensione, dove l’orrore diventerà sempre più reale e la sopravvivenza sarà l’unica via d’uscita (ore 21.00, Cineteca Milano Arlecchino). Ben – Rabbia Animale è una produzione Paramount Pictures, in collaborazione con Domain Entertainment e 18Hz Production, prodotto da Walter Hamada, John Hodges e Bradley Pilz, scritto da Johannes Roberts & Ernest Riera. Il film sarà distribuito in Italia da Eagle Pictures.

Noir in Festival 2025: annunciati i vincitori della 35° edizione!

Nella sei giorni milanese il Noir in Festival ha portato nel capoluogo meneghino oltre 40 ospiti, 20 proiezioni in anteprima tra i due concorsi, gli eventi speciali e le proiezioni fuori concorso, 20 incontri letterari, tra cui le presentazioni dei romanzi finalisti per il Premio Scerbanenco, 2 appuntamenti dedicati a podcast, 3 dedicati al fumetto, 1 masterclass su musical e film noir, 1 incontro con i registi del Premio Caligari presso l’università IULM.

Avengers: Endgame tornerà al cinema nel 2026, prima di Avengers: Doomsday

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La Disney sta pianificando una ridistribuzione nelle sale di Avengers: Endgame, il secondo film con il maggior incasso di tutti i tempi, il 25 settembre. La replica speciale è inserita tra il prossimo capitolo del Marvel Cinematic Universe, Spider-Man: Brand New Day, che debutterà il 31 luglio, e l’ultimo film di supereroi, Avengers: Doomsday, che seguirà il 18 dicembre.

I registi di Endgame Joe e Anthony Russo dirigeranno Doomsday, che vedrà anche il ritorno di Robert Downey Jr. ai film Marvel. Al posto di Tony Stark, alias Iron Man, Downey Jr. interpreterà l’iconico super criminale Dottor Destino. I Russo hanno celebrato l’annuncio di Endgame pubblicando un video delle reazioni euforiche degli spettatori durante il momento culminante in cui l’intera schiera di supereroi si riunisce per la prima volta.

“Ricordate questa sensazione”, recita il testo sovrapposto alla clip della folla in delirio. “Amate questa sensazione. Anche noi.” La società di produzione dei fratelli Russo, AGBO Films, ha scritto il post dello stesso video: “Il miglior pre-partita di Avengers: Doomsday è Endgame”.

Quando Endgame è uscito originariamente nell’aprile 2019, il film ha demolito un record al botteghino dopo l’altro. Il film ha incassato il miglior weekend di apertura di tutti i tempi a livello globale, con un incasso di 1,9 miliardi di dollari. Il film ha incassato oltre 2,7 miliardi di dollari al botteghino globale, un totale gigantesco che è secondo solo all’originale Avatar (2,9 miliardi di dollari).

Robert Downey Jr.
Robert Downey Jr. sarà Dottor Destino in Avengers: Doomsday. Gentile Concessione Disney – (Photo by Jesse Grant/Getty Images for Disney)

Cosa sappiamo di Avengers: Doomsday

Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars arriveranno in sala rispettivamente il 18 dicembre 2026, e il 17 dicembre 2027. Entrambi i film saranno diretti da Joe e Anthony Russo, che tornano anche nel MCU dopo aver diretto Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.

Sono confermati nel cast del film (per ora): Paul Rudd (Ant-Man), Simu Liu (Shang-Chi), Tom Hiddleston (Loki), Lewis Pullman (Bob/Sentry), Florence Pugh (Yelena), Danny Ramirez (Falcon), Ian McKellen (Magneto), Sebastian Stan (Bucky), Winston Duke (M’Baku), Chris Hemsworth (Thor), Kelsey Grammer Bestia), James Marsden (Ciclope), Channing Tatum (Gambit), Wyatt Russell (U.S. Agent), Vanessa Kirby (Sue Storm), Rebecca Romijn (Mystica), Patrick Stewart (Professor X), Alan Cumming (Nightcrawler), Letitia Wright (Black Panther), Tenoch Huerta Mejia (Namor), Pedro Pascal (Reed Richards), Hannah John-Kamen (Ghost), Joseph Quinn (Johnny Storm), David Harbour (Red Guardian), Robert Downey Jr. (Dottor Destino), Ebon Moss-Bachrach (La Cosa), Anthony Mackie (Captain America).

Ferine: intervista al regista Andrea Corsini – #NoirFest2025

Presentato in concorso come unico titolo italiano al Noir in Festival 2025, Ferine (qui la nostra recensione) segna il ritorno di Andrea Corsini a un cinema perturbante, capace di spingere lo spettatore ai margini più feroci dell’animo umano. Tra atmosfere tese, identità frantumate e un uso del genere come lente d’ingrandimento sulle derive contemporanee, il film si è imposto come una delle sorprese più discusse della manifestazione. In questa intervista, Corsini ci guida dentro il cuore pulsante di Ferine: dalle ispirazioni che ne hanno modellato il tono alle scelte formali che definiscono il suo universo narrativo.

La trama di Ferine

Irene (Carolyn Bracken), ricca e raffinata collezionista d’arte, vede la sua vita sconvolta da un tragico evento che risveglia in lei un istinto primordiale e incontrollabile. Una nuova natura prende il sopravvento distruggendo la sua esistenza privilegiata. Dama (Caroline Goodall), misteriosa trafficante di predatori esotici, è sulle tracce di un suo esemplare fuggito dalla cattività, quando scopre qualcosa di inatteso: Irene. In lei riconosce un predatore nuovo, irresistibilmente pericoloso. Un destino oscuro unisce le due donne, trascinandole verso uno scontro inevitabile.

Hai scritto prima il lungometraggio, Ferine. Prima di realizzarlo ne hai tratto un cortometraggio omonimo, per poi concretizzare il film. Raccontaci come si è svolto questo processo.

Io avevo questo primo progetto di film tantissimi anni fa, tipo nel 2017. Era molto embrionale. quindi non c’era una sceneggiatura definita. Ho avuto i primi contatti con alcuni produttori, che però non sono andati in porto e quindi il film era sostanzialmente fermo. Allora ho avuto l’idea di ripresentarmi all’industria con un corto, che potesse dare anche una spinta al film. Quindi il corto Ferine in realtà nasce sia per essere un’opera a sé stante ma che in qualche modo potesse un pochino sintetizzare e incorporare le tematiche del film. Il cortometraggio poi è andato molto bene, è stato alla SIC, è entrato in 50 festival in giro per il mondo, mi ha aiutato tanto. A quel punto ho rincontrato EDI – Effetti Digitali Italiani, che in realtà erano dentro come coproduttori nel cortometraggio e nel 2020 abbiamo iniziato il vero e proprio sviluppo del film.

Ferine recensione film

Parlando proprio del rapporto con EDI – Effetti Digitali Italiani per questo progetto, come si è svolta la collaborazione?

Da una parte EDI ha svolto il lavoro classico del produttore, sviluppare il progetto insieme all’autore dal punto di vista artistico e poi mettere insieme il budget per realizzarlo. Abbiamo avuto accesso a diversi contributi pubblici dal Ministero, la Regione Lombardia, la Regione Piemonte. Poi abbiamo coinvolto Adler Entertainment come distributore del film e Piper Film che si occupa invece delle vendite estere. Entrambi hanno anche investito nella realizzazione del film. Da un punto di vista artistico, invece, EDI ha realizzato tutti gli effetti visivi del film, dal giaguaro fino agli sky replacement e tante altre cose invisibili che ci sono nel film. In generale, abbiamo sempre stimolato Andrea a sfidarci con delle inquadrature difficili.

I luoghi e gli ambienti del film hanno una loro rigidità che contrasta molto con la natura “selvaggia” dei protagonisti. Sembrano quasi delle gabbie all’interno delle quali si muovono. Come hai lavorato in tal senso?

Sì, gli ambienti del film sono tutte gabbie in un certo senso. La gabbia della vita normale di Irene e la gabbia dove la nuova Irene si trova costretta. Ci sono dei codici estetici che hanno a che fare con l’architettura e quindi per me trovare questo tipo di stile, quello brutalista, quello del cemento, era un buon modo per rappresentare la parte razionale, la parte più civilizzata e brutta, dalla quale lei poi si affrancherà. È un film che ragiona tanto in comunicazione con gli ambienti, c’è questa macro ambientazione della provincia, ci sono questi luoghi isolati, dove la villa di Irene, come abbiamo detto, rappresenta una sua prima gabbia, rappresenta anche un po’ una sorta di passato inespresso. Essendo un film che parla anche di una migrazione, oltre che di una trasformazione, gli elementi della natura, quelli selvaggi, quelli del bosco, vanno un po’ a mescolarsi in questa bulimia architettonica che esiste nella provincia.

Caroline Goodall e Elisabetta Caccamo in Ferine
Caroline Goodall e Elisabetta Caccamo in Ferine

Come hai lavorato con le attrici protagoniste?

Quando ho scelto di girare il film in inglese, mi si sono aperte molte porte in più. Abbiamo così avuto l’occasione, io e il casting director, di valutare attrici di provenienza internazionale. Quando poi è arrivata la proposta di Caroline sapevamo di aver trovato la nostra Irene. Carolyn Bracken è una persona estremamente analitica, mi ha richiesto una settimana di lavoro uno a uno sullo script, per parlare del suo personaggio. È un ‘attrice che ha un metodo di lavoro con cui io non avevo mai avuto modo di interagire perché ti obbliga a metterti in discussione, perché se ci sono delle risposte che tu non avevi lei le ha trovate e ha già costruito dentro di sé un personaggio.

Con Carolyn Goodall, invece, è stato essenzialmente l’opposto. Parlavamo tantissimo, mi chiamava e mi chiedeva delucidazioni su alcuni aspetti del suo personaggio. Lei aveva bisogno di essere guidata, ma una volta sul set capivi perché è l’attrice straordinaria che è. Possiede un’energia unica. Poi c’è Paola Lavini, che è invece il metodo italiano. Lei ha studiato approfonditamente la sceneggiatura e voleva seguirla alla lettera. Lei aveva già lavorato in grandi produzioni, per cui sapeva come relazionarsi con quei livelli. E poi c’è la bambina, Elisabetta Caccamo. Per il suo ruolo cercavamo un’attrice che non fosse eccessivamente educata ma che sapesse come stare davanti la macchina da presa. Prima di questo film lei non aveva mai partecipato ad un film, mi ha colpito quando durante i meeting online se ne stava per conto suo ma poi aveva sempre la reazione giusta ai miei input.

Qual è il tuo rapporto con l’horror? Cosa pensi che il cinema di genere dovrebbe raccontare oggi?

Il genere continua ad essere un modo per raccontare al meglio il presente. Oggi secondo me, e per oggi intendo gli ultimi dieci anni, c’è una nuova ondata di nuovi autori molto bravi che stanno cercando di raccontare molto di più i drammi e le nevrosi dell’essere umano e dell’individuo nella società. Nel mio per esempio c’è questo scarto di trasformazione, di ricontatto con la natura umana che poi si esprime nel genere. Parlo del fatto che abbiamo perso il contatto con la nostra parte “animale”, che viviamo in una società che ci ha allontanato da alcuni codici ed è sicuramente una contraddizione presente oggi il fatto che viviamo in un mondo in cui quasi non riusciamo più a vedere il cielo. Ecco, con il genere volevo raccontare questi aspetti molto umani.

The Directors Guild of America con a capo Christopher Nolan chiede un incontro urgente a Netflix per discutere di “gravi preoccupazioni”

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La Directors Guild of America ha dichiarato che intende incontrare Netflix per discutere delle “preoccupazioni” relative alla potenziale acquisizione di Warner Bros. Discovery da parte della piattaforma di streaming.

Dopo la notizia diffusa giovedì sera secondo cui Netflix avrebbe vinto la guerra delle offerte per l’azienda mediatica storica e che le due parti avrebbero avviato trattative esclusive per concludere l’accordo, un portavoce della guild ha dichiarato a Deadline che lo sviluppo “suscita notevoli preoccupazioni per la DGA”.

“Riteniamo che un settore vivace e competitivo, che promuova la creatività e incoraggi una sana concorrenza per il talento, sia essenziale per salvaguardare la carriera e i diritti creativi dei registi e dei loro team. Ci incontreremo con Netflix per esporre le nostre preoccupazioni e comprendere meglio la loro visione per il futuro dell’azienda. Mentre svolgiamo questa due diligence, non rilasceremo ulteriori commenti”, continua la dichiarazione.

La DGA è il primo, ma probabilmente non l’ultimo, sindacato di Hollywood a commentare gli ultimi sviluppi nella saga dell’acquisizione della WBD. La Writers Guild of America East and West ha dichiarato in una dichiarazione congiunta a ottobre che intendeva bloccare qualsiasi potenziale fusione tra WBD e Paramount, avvertendo che un ulteriore consolidamento dei media “sarebbe un disastro per gli sceneggiatori, per i consumatori e per la concorrenza”.

Giovedì è stata una giornata tumultuosa che ha visto la Paramount muoversi in modo aggressivo per contrastare l’offerta di Netflix e concludere un accordo proprio per la WBD. Secondo alcune fonti, Netflix avrebbe offerto circa 28 dollari per azione per l’azienda, principalmente in contanti.

La WBD si è messa in vendita a ottobre per avviare il processo dopo aver ricevuto tre offerte consecutive dalla Paramount. La Warner sperava di concludere l’accordo entro la metà-fine di dicembre.

Writers Guild condanna l’accordo tra Netflix e Warner Bros: “Questa fusione deve essere bloccata”

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Netflix ha annunciato oggi il suo piano di acquisizione della Warner Bros. con un accordo record da miliardi di dollari. Tuttavia, molti sono sconcertati da questa nuova acquisizione, tra cui la Writers Guild of America.

La Writers Guild of America ha rilasciato una dichiarazione in merito all’accordo tra Netflix e Warner Bros. e ha avvertito che “la fusione deve essere bloccata”. La WGA avverte che l’accordo da 83 miliardi di dollari metterà a rischio i posti di lavoro, ridurrà i salari e aumenterà i prezzi per i consumatori di film:

“L’acquisizione di uno dei suoi maggiori concorrenti da parte della più grande società di streaming al mondo è proprio ciò che le leggi antitrust mirano a impedire. Il risultato sarebbe la perdita di posti di lavoro, la riduzione dei salari, il peggioramento delle condizioni di tutti i lavoratori dell’intrattenimento, l’aumento dei prezzi per i consumatori e la riduzione del volume e della diversità dei contenuti per tutti gli spettatori. I lavoratori del settore e il pubblico sono già influenzati dal fatto che solo poche potenti società mantengono uno stretto controllo su ciò che i consumatori possono guardare in televisione, in streaming e nei cinema. Questa fusione deve essere bloccata”.

La WGA non è l’unica associazione di categoria del settore a opporsi all’accordo, poiché anche la Producers Guild of America ha sottolineato la propria contrarietà all’acquisizione in una dichiarazione relativa all’accordo, affermando che “i produttori sono giustamente preoccupati per la prevista acquisizione da parte di Netflix di uno degli studi più storici e significativi del nostro settore”. Ha poi aggiunto:

“Nel corso dell’ultimo secolo, l’industria dell’intrattenimento ha dato lavoro a milioni di americani, ha deliziato il pubblico e ha mostrato il meglio della nostra nazione in patria e all’estero. Mentre attraversiamo un periodo dinamico di cambiamenti economici e tecnologici, il nostro settore, insieme ai responsabili politici, deve trovare una strada che protegga il sostentamento dei produttori e la distribuzione cinematografica reale, che promuova la creatività, favorisca le opportunità per i lavoratori e gli artisti, dia potere di scelta ai consumatori e difenda la libertà di espressione.

Questa è la prova che l’accordo con Netflix deve superare. I nostri studi storici sono più che semplici librerie di contenuti: nei loro archivi sono custoditi il carattere e la cultura della nostra nazione”.

Netflix acquisterà Warner Bros. Discovery Inc. per un valore patrimoniale totale di 72 miliardi di dollari, mentre il valore aziendale dell’accordo è di circa 82,7 miliardi di dollari. Netflix è diventata silenziosamente la più grande risorsa di Hollywood e, con l’acquisto della Warner Bros., è diventata proprietaria della vasta libreria della HBO con programmi come The White Lotus e The Sopranos.

Netflix ha anticipato i suoi piani riguardo alle prossime uscite cinematografiche della Warner Bros. e, in un comunicato stampa, ha dichiarato che la società “prevede di mantenere le attuali attività della Warner Bros. e di sfruttarne i punti di forza, tra cui le uscite cinematografiche dei film”. Il co-amministratore delegato di Netflix Ted Sarandos ha sottoscritto la dichiarazione aggiungendo che “tutto ciò che è previsto per le sale cinematografiche attraverso la Warner Bros. continuerà ad andare nelle sale”.

Netflix ha anche lanciato i suoi film originali sul grande schermo, come Frankenstein di Guillermo del Toro e Narnia di Greta Gerwig, e sta anche distribuendo l’episodio finale della sua serie di fantascienza di grande successo Stranger Things in alcuni cinema selezionati negli Stati Uniti e in Canada.

La transazione è stata “approvata all’unanimità dai consigli di amministrazione di Netflix e WBD”. Si prevede che sarà completata entro 12-18 mesi, dando alla Warner Bros. tutto il tempo necessario per mettere ordine nei propri affari prima della grande acquisizione da parte di Netflix.

Noir in Festival 2025: annunciati i vincitori della 35° edizione!

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La giuria per il concorso internazionale del Noir in Festival 2025, guidata dallo sceneggiatore, regista, produttore e scrittore Santiago Amigorena (sua la sceneggiatura del recente I colori del tempo di Cédric Klapisch), e composta dall’attrice e modella Giulia Maenza (The Bad Guy, serie tv), l’attrice e regista Donatella Finocchiaro (I leoni di SiciliaL’amore che ho), il musicista e presidente di A.C.M.F. (Associazione Compositori Musiche per Film) Pivio (Diabolik con Aldo De Scalzi), lo sceneggiatore e regista Paolo Strippoli (La valle dei sorrisi) ha attribuito all’unanimità il premio per il miglior film della 35ma edizione del Noir in Festival:

Black Panther Award 2025 a BRÛLE LE SANG (qui la nostra recensione) di Akaki Popkhadze  con la seguente motivazione:

“Brûle le sang è un affresco vivido dal colore del sangue e del mare, una storica di affetti in una Nizza inedita, violenta e sporca, trasfigurata dal genere. Dietro la sua trama criminale, il cuore pulsante del film è il rapporto di due fratelli che rifiorisce nel segno della vendetta, in mezzo alla rabbia sociale e al dolore di una perdita inaccettabile. Il regista lo fotografa con uno stile viscerale, durissimo, e con un ritmo interno che rivela una maturità sorprendente alla sua opera prima”.

Brûle le sang sarà proiettato nuovamente domani, sabato 6 dicembre, alle ore 18.00 al Cinema Arlecchino.

La giuria ha assegnato una Menzione Speciale a HELL IN PARADISE di Leïla Sy per l’interpretazione di Nora Arnezeder: “La ripetizione degli eventi porta lo spettatore in un loop ossessivo di angoscia e ansia che Nora Arnezeder riesce ad esperire con costante efficacia e notevole intensità. La menzione speciale della giuria va quindi a alla protagonista di Hell in paradise Nora Arnezeder.”

È stato inoltre assegnato il Premio Claudio Caligari per il miglior film noir italiano dell’anno, realizzato da Noir in Festival in collaborazione con IULM e Cinecittà News e giunto alla 10 edizione. La giuria popolare, composta come da tradizione da giovani studenti e appassionati di cinema, guidati da Giulio Sangiorgio (delegato Iulm per la selezione), coordinati da Maurizio Di Rienzo insieme agli esperti Anna Maria Pasetti e Nicole Bianchi (per Cinecittà News) ha scelto tra i sei titoli finalisti assegnando il

PREMIO CALIGARI 2025 a CIAO BAMBINO di Edgardo Pistone

Il Noir in Festival tornerà nel 2026, ma a Milano sarà presente già nella prossima primavera grazie alla Lombardia Film Commission che sostiene la seconda edizione del Premio Giorgio Scerbanenco per il Cinema teso a favorire l’aspetto industry del mondo Noir tra letteratura, cinema e serialità. L’iniziativa prevede la presentazione di progetti cinematografici o seriali – tratti dai romanzi finalisti o semifinalisti del Premio Scerbanenco – ad un parterre di professionisti dell’audiovisivo che decreteranno il vincitore.

Ferine: recensione del film di Andrea Corsini – #NoirFest2025

Il regista Andrea Corsini è l’unico italiano in concorso alla 35ª edizione del Noir in Festival, dove presenta la sua opera prima dal titolo Ferine. Il film è un’espansione dell’omonimo cortometraggio dello stesso Corsini, presentato in concorso alla Sic – Settimana Internazionale della Critica, nell’ambito della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 2019. Il progetto cinematografico è stato poi girato in Lombardia e in Piemonte, prodotto da Francesco Grisi e Giorgia Priolo per EDI Effetti Digitali Italiani, in associazione con Adler Entertainment, FilmAffair e OMDT.

Corsini propone qui una storia intensa ed emozionante sul conflitto tra la parte razionale e quella animale della nostra natura, e su come il trauma possa far emergere le ombre più profonde dell’animo umano. Un film che si costruisce a partire dallo stretto legame tra attori e ambienti, con l’obiettivo di riflettere proprio sul rapporto che l’essere umano ha oggi con la realtà che lo circonda e sull’influenza che può avere l’uno sull’altro. Allo stesso tempo, Ferine è anche un film sulla maternità, raccontata nei suoi aspetti più selvaggi e taciuti.

La trama di Ferine

Irene (Carolyn Bracken), ricca e raffinata collezionista d’arte, vede la sua vita sconvolta da un tragico evento che risveglia in lei un istinto primordiale e incontrollabile. Una nuova natura prende il sopravvento distruggendo la sua esistenza privilegiata. Dama (Caroline Goodall), misteriosa trafficante di predatori esotici, è sulle tracce di un suo esemplare fuggito dalla cattività, quando scopre qualcosa di inatteso: Irene. In lei riconosce un predatore nuovo, irresistibilmente pericoloso. Un destino oscuro unisce le due donne, trascinandole verso uno scontro inevitabile.

Carolyn Bracken in Ferine
Carolyn Bracken in Ferine

L’animo selvaggio che è in noi

Ferine è un film che non teme di immergersi nelle profondità più oscure e irrazionali dell’animo umano, utilizzando l’horror e il thriller come veicoli per una potente esplorazione della parte animale che alberga da sempre in ogni essere umano. Fin dalla sua apertura, con la citazione di Schopenhauer sull’uomo come “animale selvaggio e terribile” addomesticato dalla civiltà, il regista stabilisce l’intento del suo lavoro: svelare la ferinità che giace dormiente sotto lo strato sottile delle convenzioni sociali.

Il cuore pulsante di Ferine è dunque la sua indagine sulla vera natura umana nel momento della crisi. Il trauma della protagonista agisce dunque come un catalizzatore che distrugge la sua “civiltà” interiore, spingendola a regredire a uno stato in cui l’istinto animale prende il sopravvento sulla ragione e sulla moralità. La sua reazione alla sofferenza è presentata come una metafora estrema e viscerale di come il dolore insopportabile possa annullare la persona, lasciando spazio unicamente a una risposta primitiva, guidata dalla sopravvivenza emotiva o da una disperata forma di vendetta.

Corsini opera dunque – come si accennava poc’anzi – una sapiente fusione di generi per affrontare questo tema. L’horror serve a esprimere l’intensità e la brutalità di questo dramma interiore attraverso immagini crude e sconvolgenti, che scioccano senza il bisogno di mostrare nulla di particolarmente esplicito ma giocando adeguatamente su ciò che invece udiamo. Il thriller, invece, scandisce il ritmo narrativo, mantenendo alta la tensione morale e psicologica lungo tutta la narrazione.

Caroline Goodall e Elisabetta Caccamo in Ferine
Caroline Goodall e Elisabetta Caccamo in Ferine

Il rapporto dell’uomo con l’ambiente

C’è dunque una riflessione importante oltreché attuale alla base del film di Corsini, specialmente considerando quanto sempre più l’essere umani risulti “addomesticato”, soffocando quel lato più istintivo di sé che andrebbe invece a suo modo compreso e protetto. Uno scontro che ritroviamo, come si diceva in apertura, nel rapporto tra i personaggi con il contesto in cui si muovono. Se la protagonista Irene è un concentrato di crescente indomabilità, è anche vero che si muove da una gabbia ad un’altra, dalla rigida architettura della sua casa alle gabbie per animali vere e proprie.

Un lavoro dunque di scelta degli ambienti che sottolinea e sostiene i discorsi tematici del film. Soprattutto, sono luoghi che permettono alle attrici del film . Carolyn Bracken (Oddity, You are not my mother), Caroline Goodall (Schindler’s List, Hook) e Paola Lavini (Volevo nascondermi, Anime nere) – di dar vita ad interpretazioni che esaltino ulteriormente i valori di cui si fanno portatrici. Alla luce di ciò, Ferine risulta un film non facile da digerire, che turba proprio per il suo raccontare cose che costringono ad uscire dalla comfort zone, dimostrando inoltre quanto il genere sia sempre un mezzo ideale per raccontare l’animo umano.

Code Name Banshee: la spiegazione del finale del film

Il thriller Code Name Banshee inizia con una scena complessa, che introduce una trama però lineare. Una donna viene interrogata dalla CIA sul padre defunto e sul suo socio, Caleb, scomparsi subito dopo il fallimento di una missione. L’interrogatorio riguarda le informazioni che potrebbero chiarire la scomparsa delle due persone. La narrazione si sviluppa alternando il presente della protagonista e riferimenti al passato, collegati alla sua esperienza personale e alle azioni del padre. In questo approfondimento, andiamo allora a scoprire il finale proponendo una sua spiegazione.

La trama di Code Name Banshee

Delilah (Jaime King), il cui nome in codice è Banshee, viene interrogata, presumibilmente dalla CIA, riguardo alle informazioni in suo possesso su due persone, Jeremy (Colin Walker) e Caleb (Antonio Banderas), entrambi scomparsi. Jeremy è il padre di Banshee, che lavorava insieme a Caleb. Erano a capo di un’organizzazione privata (senza nome nel film) che consegnava un bene ai russi. La CIA ha ingaggiato Anthony Greene (ex forze speciali) e la sua squadra per impedire la consegna. C’è stata una sparatoria sul posto e il bene è stato portato via. Caleb è fuggito dalla scena mentre Jeremy è stato colpito, ma il suo corpo non è stato trovato.

Sia Caleb che Jeremy sono stati dichiarati traditori dalla CIA, che ha messo una taglia sulle loro teste. Quello che la CIA vuole da Banshee è scoprire tutto ciò che Caleb e Jeremy potrebbero aver detto ai russi. Banshee è furiosa perché l’organizzazione dubita di suo padre e Caleb, dato che entrambi le sono fedeli. Lascia l’organizzazione e giura di tornare dopo aver scoperto la verità. Cinque anni dopo, vediamo che Banshee è diventata una killer a contratto e si trova faccia a faccia con Anthony Greene durante una missione.

Lui sta cercando Caleb e offre a Banshee il compenso del contratto in cambio di informazioni su Caleb e, se possibile, per portarglielo. Ma Banshee non è disposta a rinunciare all’ultima persona che la lega a suo padre. Fugge dalle mani di Greene e decide di cercare Caleb e poi di mettere Greene in ginocchio. Il film esplora ulteriormente la questione se Banshee sarà in grado di scoprire la verità dietro la morte di suo padre. Suo padre e Caleb hanno consegnato un bene ai russi? Beh, la trama da questo punto in poi ha una risposta, anche se nel modo più confuso possibile.

Antonio Banderas e Jaime King in Code Name Banshee
Antonio Banderas e Jaime King in Code Name Banshee

Dove si nascondeva Caleb?

Banshee condivide un passato con Caleb. È solo dopo aver incontrato Hailey, la figlia di Caleb, che scopriamo che è stata addestrata da Caleb, che la conosce da quando aveva 7 anni. All’inizio del film, vediamo Banshee avere dei flashback del tempo trascorso con Caleb. Questo dimostra anche che ha lavorato al fianco di Caleb. È attraverso questi flashback che ricorda il luogo Wellburg, nel New Jersey. Ora, non conosciamo il significato di questo luogo, ma è lì che lei trova Caleb con l’aiuto di Kronos. Probabilmente il luogo ha un significato particolare per Caleb, oppure lui ha sempre desiderato ritirarsi lì quando fosse giunto il momento.

A quanto pare, ha vissuto in incognito per due anni, poi ha cambiato nome e ha comprato un bar e una casa. Vivere in incognito per due anni gli avrebbe permesso di cancellare ogni traccia che potesse ricondurre a lui. Poi, cambiare identità (in Walter Herrero) avrebbe significato che nessuno avrebbe potuto accusarlo delle azioni di Caleb Navvaro, almeno non sulla carta, poiché sulla carta è una persona diversa. Tutto quello che deve fare è negare tutto.

Nonostante il film intenda concentrarsi su Caleb, non abbiamo un quadro chiaro del rapporto che aveva con Banshee (apparentemente la figlia del suo migliore amico Jeremy). Tutto ciò che viene rivelato attraverso di lui è la verità contenuta nel volantino di cinque anni fa. Più che un personaggio, è un mezzo per rivelare la verità che Banshee sta cercando. In questo modo, “Code Name Banshee” non riesce a realizzare uno dei due archi narrativi della storia, l’altro essendo Banshee stessa.

Cosa era successo durante la distribuzione?

A casa di Caleb, Banshee scopre cosa era successo cinque anni prima durante la distribuzione: Malia, l’unica figlia di un potente signore della guerra russo o di un ministro (non lo sappiamo con certezza), era in possesso di un hard disk che conteneva informazioni su clienti, transazioni e progetti di armi che la maggior parte dei governi mondiali non conosceva. Si è rivolta a Caleb, Jeremy e alla loro organizzazione per chiedere protezione e, in cambio, ha offerto loro le informazioni.

Voleva nascondersi lontano da suo padre che, secondo lei, è un mostro. Il piano di Caleb e Jeremy era quello di consegnarla alla CIA in un luogo sicuro, dove sarebbe stata messa sotto protezione. Ma la CIA ha mandato Anthony Greene e la sua squadra per eliminare Caleb e la sua squadra e prendere Malia. La CIA voleva uccidere Caleb e Jeremy perché sapevano troppo. Quindi, in sostanza, Banshee è stato ingannato dalla donna all’inizio del film. Non erano i russi a cui Caleb e Jeremy stavano consegnando la risorsa, ma la stessa CIA.

Volevano uccidere Jeremy e Caleb perché sapevano troppo. Tenendo presente che erano nel mondo dello spionaggio da troppo tempo, è ovvio che avessero molte informazioni. Questo può renderli e li rende potenziali pericoli per l’agenzia e, francamente, potenziali “nemici dello Stato”. Tutto questo va bene, ma non hanno scelto di fidarsi di loro per i loro anni di servizio. Forse questo è lo stato attuale delle agenzie di intelligence. Se lavori per la CIA, anche tu sei una minaccia per l’agenzia.

Antonio Banderas in Code Name Banshee
Antonio Banderas in Code Name Banshee

Perché Anthony Greene stava cercando Caleb?

Il motivo per cui Anthony Greene stava cercando Caleb era perché Caleb aveva ucciso suo fratello Michael. Ma qui sorge una domanda: Greene conosceva i veri motivi della CIA per sbarazzarsi di Caleb e Jeremy? Forse no. E Greene non si preoccupa nemmeno di trovare la risposta a questa domanda. È determinato a uccidere Caleb. D’altra parte, abbiamo Banshee, che intende vendicarsi, ma solo dopo aver scoperto cosa è successo a suo padre (Jeremy). Quindi, in un certo senso, “Code Name Banshee” mostra sia il protagonista che l’antagonista alla ricerca di vendetta per la morte dei loro cari. Ma nessuno dei due la ottiene. Greene non riesce a mettere le mani su Caleb. E anche Banshee non trova la risposta (su suo padre) che cercava da Greene. Non ha nemmeno la possibilità di ottenere da lui più di quanto già sappia.

La spiegazione del finale di Code Name Banshee: Banshee trova suo padre, Jeremy?

Quando Greene e Banshee si trovano faccia a faccia verso la fine del film, Greene le dice che l’ultima volta che ha visto Jeremy era mentre veniva picchiato da un paio di ragazzi, disteso in una pozza di sangue. Ma non dice se è vivo o morto. Neanche Caleb, a metà del film, dà una risposta concreta sulla morte di Jeremy. Tutto ciò che Caleb ha detto a Banshee è che ha visto Jeremy cadere a terra. Quindi, per rispondere alla domanda se Banshee scopre dove si trova suo padre, no, non lo scopre. In realtà, non scopre nemmeno se suo padre è vivo o morto. Code Name Banshee termina con Hailey che chiede a Banshee se dovranno uccidere altre persone. Questo dopo che hanno ucciso Greene e tutta la sua squadra.

Banshee risponde che dipende da chi stanno cercando. Banshee potrebbe dare la caccia alla CIA ora, poiché è l’unico modo per trovare ulteriori informazioni su suo padre. L’inizio del film fa sembrare le cose piuttosto complesse. Una figlia interrogata dalla CIA sui veri motivi di suo padre è sicuramente intrigante. Inoltre, anche il partner di suo padre è scomparso. Ci sono numerose possibilità, compresa quella inquietante che sia stato Caleb a tramare l’uccisione del suo partner (Jeremy) in cambio di informazioni per la CIA stringendo la mano a Greene. Tuttavia, non è necessario pensare a questo punto, poiché il film chiarisce rapidamente che Caleb non è un cattivo ragazzo.

Tornando a Banshee, lei è sicura che Caleb non sia il colpevole, e questo la spinge a rintracciarlo e scoprire cosa è realmente accaduto. È la fiducia la sua motivazione in questo caso. Dopotutto, aveva 7 anni quando lo ha incontrato per la prima volta e da allora lo conosce bene. La scomparsa del padre di Banshee, Jeremy, d’altra parte, è avvolta da un’aura di mistero che solo Caleb può chiarire. Ma in seguito, Banshee, così come il pubblico, scopre che nemmeno Caleb sa dove sia finito il corpo di suo padre. Potrebbe essere sopravvissuto, oppure no. Naturalmente, essendo la figlia di Jeremy, il primo istinto di Banshee le dice che lui è vivo da qualche parte.

Anche se c’è la possibilità che Jeremy sia morto, anche solo recuperare il suo corpo sarebbe un sollievo per Banshee piuttosto che non sapere dove si trovi. E questa incertezza rimane con Banshee fino alla fine. Purtroppo, il film non mostra né rivela se Jeremy sia davvero morto o meno. E non possiamo davvero fidarci di Caleb quando dice a Banshee di aver visto Jeremy cadere perché è fuggito dal luogo dell’incidente. Di certo non possiamo fidarci di Greene, poiché sappiamo che preferirebbe mentire piuttosto che dire la verità a Banshee, tenendola così all’oscuro. E così, Banshee rimane all’oscuro della verità su suo padre dall’inizio alla fine del film. In questo modo, forse il film “Code Name Banshee” giustifica il suo titolo, poiché Banshee rimane Banshee dall’inizio alla fine senza poter essere l’amata Delilah di suo padre.

Body Cam: la spiegazione del finale del film

Body Cam (2020), diretto da Malik Vitthal, si inserisce nel filone degli horrorthriller soprannaturali che utilizzano la violenza urbana e la tensione sociale come terreno narrativo. Il film affonda le sue radici nello stress psicologico che investe gli agenti di polizia durante situazioni ad alto rischio, ma lo fa contaminando il genere con elementi paranormali e investigativi. La regia, asciutta e tesa, costruisce un’atmosfera opprimente che suggerisce fin da subito che la minaccia non è soltanto fisica, ma anche morale, quasi una manifestazione del non detto e delle ferite collettive.

Ciò che distingue Body Cam da altri thriller polizieschi è la scelta di un punto di vista fortemente soggettivo: la body cam diventa non solo un dispositivo narrativo, ma uno strumento metaforico che rivela ciò che il sistema vorrebbe oscurare. La contaminazione tra indagine realistica e vendetta sovrannaturale permette al film di muoversi lungo un confine fragile, in cui l’orrore nasce dal senso di colpa e dalle ingiustizie istituzionali più che da un’entità terrificante. Il risultato è un’opera ibrida, sospesa tra denuncia sociale e suspense, che sfrutta l’elemento paranormale per parlare del presente con maggiore incisività.

Questo approccio richiama altri film che mescolano genere e critica sociale, come End of Watch per l’uso del found footage e della prospettiva poliziesca immersiva, Candyman per la sua riflessione sulla brutalità razziale attraverso l’horror, o Sinister per il modo in cui il sovrannaturale diventa conseguenza di un trauma irrisolto. Body Cam dialoga idealmente con queste opere ma se ne distanzia per il focus sulla responsabilità collettiva e sull’espiazione. Proprio per questo, nel resto dell’articolo approfondiremo in che modo il film costruisce il suo finale e quale significato tematico gli attribuisce.

Nat Wolff e Mary J. Blige in Body Cam
Nat Wolff e Mary J. Blige in Body Cam

La trama di Body Cam

Il film vede protagonista l’agente di polizia Renee Lomito-Smith (Mary J. Blige): da poco rientrata in servizio dopo essere stata sospesa a causa di uno scontro avuto con un civile. In concomitanza col suo rientro, Renee viene a sapere della morte di un collega, avvenuta in circostanze davvero misteriose. Analizzando le telecamere di sorveglianza, infatti, Renee si rende conto che l’agente è stato brutalmente percosso a morte da quella che appare a tutti gli effetti come un’entità soprannaturale. Mentre altri attacchi iniziano a diventare sempre più frequenti, e a morire sono sempre poliziotti in servizio, Renee decide di indagare per scoprire cosa si cela dietro questa forza soprannaturale e perché sembra prendere di mira solo i suoi colleghi.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Body Cam, Renee Lomito-Smith ricostruisce finalmente ciò che è accaduto a Demarco grazie al video lasciato da Danny Holledge, scoprendo che il ragazzo è stato ucciso ingiustamente da un gruppo di agenti che hanno poi insabbiato tutto. Quando Renee affronta il sergente Kesper in un magazzino, l’uomo tenta di ucciderla per proteggere il segreto, mentre l’ufficiale Penda arriva deciso a recuperare le prove. L’irruzione improvvisa di Taneesha cambia però il corso degli eventi e apre la strada all’arrivo dell’entità vendicatrice.

La rivelazione che l’entità è lo spirito di Demarco sconvolge l’equilibrio del confronto, trasformando la violenza della scena in una resa dei conti sovrannaturale. Demarco punisce Kesper e soprattutto Penda, l’uomo responsabile della sua morte, uccidendolo brutalmente e impedendo che la verità venga nuovamente occultata. Renee e Taneesha riescono a fuggire mentre Demarco si abbatte sui colpevoli, e solo dopo l’arrivo dei soccorsi emerge il segno più tangibile della riconciliazione: i figli di entrambe le donne appaiono insieme, segnalando che lo spirito può finalmente trovare pace.

Mary J. Blige in Body Cam
Mary J. Blige in Body Cam

La spiegazione del finale si concentra sul fatto che Demarco non è un’entità maligna, ma la manifestazione di un’ingiustizia rimasta irrisolta. Il suo potere è alimentato dal silenzio, dalla colpa e dall’impunità: finché la verità non viene riconosciuta, la sua furia continua a crescere. Con la confessione implicita di Kesper e la condanna morale di Penda, il ciclo della vendetta può interrompersi. La violenza sovrannaturale serve dunque a scoperchiare una violenza molto più umana, quella del pregiudizio e dell’abuso di potere.

Renee diventa così la figura fondamentale per la chiusura narrativa, perché rappresenta la possibilità di un sistema che decide di non voltarsi dall’altra parte. Il finale la mostra non come eroina impulsiva, ma come testimone consapevole, determinata a restituire dignità alla vittima. La sua volontà di far emergere la verità permette a Taneesha e Demarco di liberarsi dalla sofferenza, trasformando il sovrannaturale in un percorso di giustizia emotiva più che punitiva.

Il film lascia allo spettatore un messaggio potente: l’orrore più grande non proviene dal paranormale, ma dalla distorsione dell’autorità e dalla paura di assumersi responsabilità. Body Cam suggerisce che le ferite della società non possono essere sepolte, perché ritornano con forza, reclamando ascolto. Solo riconoscendo gli errori, denunciando gli abusi e affrontando il dolore si può sperare in una forma di pace, individuale e collettiva.

Invictus – L’invincibile: la vera storia dietro il film di Clint Eastwood

Invictus – L’invincibile (qui la recensione) si colloca nella filmografia di Clint Eastwood come uno dei suoi biopic più importanti e riflessivi, in cui il regista esplora eventi storici e figure reali con uno sguardo umano e motivazionale. Insieme a film come J. Edgar, American Sniper, Sully e Richard Jewell, Eastwood conferma la sua inclinazione verso storie di uomini reali che affrontano sfide straordinarie, combinando tensione narrativa con introspezione psicologica. Invictus – L’invincibile si distingue per la sua capacità di intrecciare la politica, lo sport e la costruzione della nazione, mostrando come le azioni individuali possano influenzare intere comunità.

Il film si concentra sul periodo post-apartheid in Sudafrica e sulla presidenza di Nelson Mandela, raccontando come il leader abbia utilizzato la nazionale di rugby del paese per unire una nazione divisa. Eastwood utilizza il biopic per esplorare il potere dello sport come strumento di riconciliazione, enfatizzando la leadership, la diplomazia e la costruzione di fiducia tra individui e comunità. Il regista mantiene un equilibrio tra cronaca storica e dramma personale, mostrando sia i grandi eventi pubblici sia i momenti più intimi della vita di Mandela e del capitano della squadra, François Pienaar.

Il film affronta temi universali come la leadership morale, la resilienza, il perdono e l’integrazione sociale, elementi ricorrenti nei biopic recenti di Eastwood. La narrazione mette in luce la capacità di un individuo di influenzare positivamente una società intera attraverso scelte coraggiose e strategiche, rendendo il racconto allo stesso tempo personale e collettivo. Nel resto dell’articolo si proporrà un approfondimento sulla storia vera che ha ispirato il film, analizzando i fatti storici e il contesto in cui si svolgono gli eventi raccontati sullo schermo.

Invictus - L'invincibile cast

La trama del film Invictus – L’invincibile 

La storia si svolge nel Sudafrica di metà anni Novanta. Nelson Mandela si è da poco insediato come presidente, ritrovandosi a gestire un paese profondamente spaccato dalle leggi di segregazione razziale che erano state in vigore dal 1948 al 1991. Primo presidente nero della nazione, Mandela si pone l’obiettivo di riappacificare la popolazione, divisa più che mai dall’odio fra la maggioranza nera e la minoranza bianca. In tutto ciò, il paese è prossimo dall’ospitare la Coppa del Mondo di Rugby del 1995. Un evento senza precedenti, il quale si svolgerà interamente nel problematico paese. Per Mandela, l’evento sportivo rappresenta però un’occasione particolarmente unica.

Egli spera infatti che una vittoria della squadra nazionale, la Springboks, da sempre simbolo dell’orgoglio bianco, possa rafforzare l’orgoglio nazionale, contribuendo a mettere da parte le differenze presenti nel popolo. Mandela inizia dunque ad interessarsi delle sorti della squadra, entrando in contatto con il suo capitano, François Pienaar, al quale fa comprendere l’importanza politica di un suo successo. Promettere una vittoria è però difficile, specialmente considerando che la squadra è reduce da un periodo di sole sconfitte. In un sempre più stringente rapporto tra sport e politica, le sorti del Paese rimarranno incerte sino all’ultimo, dando non pochi problemi tanto a Mandela quanto a Pienaar.

La storia vera dietro il film

Il contesto storico è quello del Sudafrica post-apartheid: nel 1994 Nelson Mandela diventa il primo presidente nero del Paese, dopo decenni di segregazione razziale. La sua presidenza inizia in una fase delicatissima: la nazione è profondamente divisa, la fiducia reciproca tra bianchi e neri è fragile e lo sport – in particolare il rugby, dominato da giocatori bianchi e simbolo del vecchio regime – rappresenta a molti un retaggio di oppressione. Quando al Sudafrica viene nuovamente permesso partecipare alle competizioni internazionali, la vittoria nella 1995 Rugby World Cup – ospitata in casa – assume un significato molto più ampio di un trionfo sportivo.

Mandela decide quindi di utilizzare quella edizione della Coppa del Mondo di rugby come strumento di riconciliazione nazionale. Si avvicina al capitano degli Springboks, François Pienaar — un atleta bianco, africaner, cresciuto in una cultura molto diversa da quella della maggioranza nera — per trasmettere un messaggio chiaro: la squadra può essere la bandiera di tutti i sudafricani e non solo di una parte. Mandela invia segnali forti: abbraccia gli Springboks come simbolo dell’intera nazione, invitando gli ex oppressi e gli ex oppressori a tifare insieme, a guardare il futuro come un’unica comunità.

Matt Damon in Invictus - L'invincibile
Matt Damon in Invictus – L’invincibile

Il progetto di Mandela e Pienaar mira dunque a trasformare il rugby, da simbolo di divisione, in strumento di unità. Il culmine arriva il 24 giugno 1995, nella finale contro la Nuova Zelanda: gli Springboks vincono 15–12 dopo i tempi supplementari. Alla fine della partita Mandela indossa la maglia numero 6 — quella di Pienaar — e consegna la Coppa del Mondo al capitano. Quel gesto, trasmesso in mondovisione, diventa una fotografia storica, un simbolo profondo della possibilità di cambiamento e di riconciliazione. Pienaar stesso, anni dopo, dichiara che «quando il fischio finale suonò, quel Paese cambiò per sempre».

Tuttavia, la realtà è più complessa di quanto il film possa mostrare. Molti sudafricani neri continuano a considerare gli Springboks un simbolo dell’apartheid; per loro, la trasformazione promessa dallo sport non coincide subito con una trasformazione sociale o economica. Il film rende bene l’importanza simbolica del gesto, l’emozione e l’unità di facciata, ma non può da solo cogliere tutte le tensioni, le resistenze e le conseguenze a lungo termine: la riconciliazione è più un processo che un fotogramma.

In definitiva, la storia vera dietro Invictus – L’invincibile illumina i limiti e le potenzialità del gesto di Mandela e del ruolo di Pienaar: lo sport diventa un veicolo di speranza e identità condivisa, capace di unire una nazione divisa da anni. Il film coglie questo aspetto centrale, anche se semplifica alcuni snodi e scelte per esigenze narrative. Il messaggio di fondo — che una vittoria su un campo sportivo può rappresentare qualcosa di molto più grande — resta però del tutto coerente con i fatti reali.

LEGGI ANCHE: Invictus – L’invincibile: dal cast alla colonna sonora, le curiosità sul film

Golpes: recensione del film di Rafael Cobos – #NoirFest2025

È stato aggiunto all’ultimo minuto al concorso internazionale della 35ª edizione del Noir in Festival e c’è da essere lieti che ciò sia avvenuto. Parliamo di Golpes, opera prima dello spagnolo Rafael Cobos (meglio noto come sceneggiatore di La isla minima e Prigione 77), che si afferma come uno dei film più belli – seppur non privo di difetti – di questa edizione del festival, proponendo un racconto molto intimo che guarda però in modo diretto alla storia della Spagna e al periodo della dittatura franchista. Così, in quello che si potrebbe riassumere come un film di “guardie e ladri”, si ritrova una più ampia riflessione sulle ferite mai del tutto rimarginate di un paese che fa ancora i conti con quei drammatici anni.

La trama di Golpes

Migueli (Jesús Carroza) è un criminale ed è appena uscito dal carcere. Fuori trova la Spagna in piena trasformazione dei primi anni Ottanta. È ora di guardare al futuro, ma prima deve guarire le ferite del passato. Per farlo, ha bisogno di molti soldi e in fretta. Appena arrivato a Siviglia, si riunisce alla sua vecchia banda e insieme compiono una serie di rapine: filiali di banche, gioiellerie, persino il primo casinò della zona. La missione non è affatto semplice: la polizia, infatti, ha assegnato il caso a suo fratello Sabino (Luis Tosar), che conosce perfettamente il suo modo di pensare. Migueli, però, non si ferma, è determinato ad andare fino in fondo.

Golpes film 2025

La storia della Spagna sulle spalle di due fratelli

Cobos tenta dunque di rielaborare nel suo film il valore della memoria della resistenza alla dittatura e i legami familiari, in un’epoca in cui la società spagnola stava vivendo mutazioni rilevanti. Sceglie dunque un registro molto emozionale, che guida l’intera narrazione sin dal drammaticissimo prologo, ambientato nel pieno della dittatura. Quando poi ci si sposta in avanti nel tempo, la Spagna è un paese profondamente cambiato, così come lo sono i suoi due protagonisti. Due personaggi che, pur se legati dallo stesso sangue, hanno intrapreso due percorsi completamente diversi.

Una dinamica vista tante volte al cinema e presente a suo modo nel Noir in Festival 2025 anche nel francese Brûle le sang. In questo caso i due protagonisti diventano due modi diversi di guardare alla Spagna post-dittatura: da un lato l’accettazione di ciò che è stato e il conformarsi ai sistemi che ne sono conseguiti, dall’altro l’impossibilità di venire a patti con quel passato e la volontà di riesumare i cadaveri (letteralmente) per confrontarsi con quei traumi e sfidarli a viso scoperto. Questi sono Sabino e Migueli, posti l’uno contro l’altro dalla vita ma sempre profondamente legati e rammaricati per la piega presa dalle cose.

Il loro non è un rapporto di sfida, ma una dolente rassegnazione per una vita che ha deluso il primo e derubato il secondo. C’è molta tristezza nel loro abitare il racconto e Cobos riesce a scrivere entrambi questi personaggi affinché si completino e assomiglino molto più di quello che potrebbe sembrare a prima vista. Il piacere nella visione di Golpes è dunque dato dal seguire il percorso di questi personaggi e il loro scontrarsi con un mondo che sostanzialmente non riescono più a comprendere. I “colpi di stato” del titolo sono allora quelli che entrambi cercano di mettere a segno per scuotere le cose, per dimostrare a sé stessi che si può smarcarsi dal passato in cerca di una rivalsa.

Cristina Alcazar e Jesús Carroza in Golpes

Golpes è cinema che studia il passato e riflette sul presente

L’anima di Golpes sta dunque nella storia di questi due fratelli, nel loro rapporto e nei loro rispettivi obiettivi, ma sono diversi gli elementi di fascino del film. A partire da un gusto per l’immagine che Cobos porta avanti con determinazione, dando vita ad un lavoro che tra fotografia, musica e sonoro rende il film coinvolgente, accattivante e visivamente soddisfacente. È vero, il film vive anche alcuni inciampi nel corso della narrazione. La progressione delle rapine attuate da Migueli risulta gestita con poca cura per la comprensione, mentre la risoluzione finale si svolge in modo probabilmente troppo brusco e poco verosimile (seppur molto toccante).

Eppure, nonostante questi incespicamenti, Cobos offre il piacere di un racconto dall’ampio respiro, che si fa apprezzare per la sua umanità e le riflessioni messe in campo. È un film, Golpes, che mira a fare i conti con un passato ancora doloroso, dimostrando la necessità di opere che svolgano un ruolo non solo di memoria ma anche di indagine su ciò che è accaduto e soprattutto ciò che ne è conseguito. Un genere di film che in Italia oggigiorno purtroppo scarseggia e la cui assenza si fa sentire in particolar modo quando poi ci si imbatte in opere di questo tipo provenienti da altri paesi. A maggior ragione se di pregio come è questo Golpes.

Il Testamento di Ann Lee: trailer del film, nelle sale italiane dal 12 marzo 2026

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È stato diffuso il trailer di Il Testamento di Ann Lee, il nuovo film scritto e diretto dalla pluripremiata regista e sceneggiatrice Mona Fastvold (The World to Come, The Brutalist). La protagonista è Amanda Seyfried, candidata all’Oscar, che interpreta Ann Lee, figura storica e visionaria fondatrice della comunità religiosa degli Shakers. Il film arriverà nelle sale italiane il 12 marzo 2026.

Una storia vera tra estasi, tormento e fede utopica.

Il Testamento di Ann Lee ripercorre la vita dell’indomabile leader Shaker, che predicava l’uguaglianza di genere e l’armonia sociale, diventando un punto di riferimento spirituale per i suoi seguaci. Il film esplora la devozione assoluta che circondava Ann Lee, mescolando dimensione mistica, rigore religioso e conflitti interiori.

A rendere l’esperienza ancora più immersiva, la pellicola include oltre una dozzina di inni tradizionali Shaker reinterpretati come movimenti estatici, coreografati da Celia Rowlson-Hall (Vox Lux), e una colonna sonora originale firmata dal premio Oscar® Daniel Blumberg (The Brutalist).

Cast creativo e produzione

Scritto da Mona Fastvold insieme al candidato all’Oscar Brady Corbet (The Brutalist), il film è prodotto da Andrew Morrison (The Brutalist), Joshua Horsfield (Le Gemelle Silenziose), Viktória Petrányi (The Brutalist), Fastvold, Corbet, Gregory Jankilevitsch (Questa sono io), Klaudia Śmieja-Rostworowska (Le Gemelle Silenziose), Lillian LaSalle (Brooklyn, Minnesota) e Mark Lampert (The Brutalist).

Il Testamento di Ann Lee sarà distribuito nelle sale italiane dal 12 marzo 2026.

Critics Choice Awards 2026: I Peccatori guida la classifica con 17 candidature

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Ecco le nomination per film e serie TV ai Critics Choice Awards 2026. Segue l’elenco completo in calce all’articolo. I Peccatori della Warner Bros. è in testa con 17 nomination, tra cui Miglior Film, Regista (Ryan Coogler) e Attore Protagonista (Michael B. Jordan). Una battaglia dopo l’altra della WB è al secondo posto con 14 nomination, tra cui Miglior Film, Regista (Paul Thomas Anderson) e Attore Protagonista (Leonardo DiCaprio).

Frankenstein di Netflix e Hamnet della Focus Features ne hanno 11 ciascuno e concorreranno anche per il Miglior Film insieme a Bugonia della Focus, Jay Kelly e Train Dreams di Netflix, Marty Supreme della A24, Sentimental Value della Neon e Wicked: Parte 2 della Universal.

Per quanto riguarda la TV, Adolescence di Netflix, con ben sei nomination, è in testa alla classifica, seguito da Nobody Wants This della piattaforma di streaming con cinque. Altri sei show sono a pari merito con quattro nomination ciascuno: All Her Fault di Peacock, The Diplomat e Death by Lightning di Netflix, Ghosts della CBS, The Pitt e Hacks di HBO Max e Severance di Apple TV.

La 31a edizione dei Critics Choice Awards si celebrerà domenica 4 gennaio al Barker Hangar di Santa Monica. Dalle 19:00 alle 22:00 ET/PT, la cerimonia presentata da Chelsea Handler andrà in onda in diretta su E! per il secondo anno consecutivo e sarà trasmessa in diretta anche su USA Network.

La stagione dei premi cinematografici è entrata nel vivo! Una battaglia dopo l’altra di Paul Thomas Anderson, con Leonardo DiCaprio, ha vinto il premio come Miglior Film ai Gotham e ai CCA ed è entrato nella lista degli AFI, dandogli un rapido slancio agli Oscar.

Ecco tutti i candidati per la 31a edizione annuale dei Critics Choice Awards:

FILM

MIGLIOR FILM

  • Bugonia (Focus Features)
  • Frankenstein (Netflix)
  • Hamnet (Focus Features)
  • Jay Kelly (Netflix)
  • Marty Supreme (A24)
  • Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Sentimental Value (Neon)
  • I Peccatori (Warner Bros.)
  • Train Dreams (Netflix)
  • Wicked – Parte 2 (Universal Pictures)

MIGLIOR ATTORE

  • Timothée Chalamet – Marty Supreme (A24)
  • Leonardo DiCaprio – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Joel Edgerton – Train Dreams (Netflix)
  • Ethan Hawke – Blue Moon (Sony Pictures Classics)
  • Michael B. Jordan – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Wagner Moura – The Secret Agent (Neon)

MIGLIOR ATTRICE

  • Jessie Buckley – Hamnet (Focus Features)
  • Rose Byrne – If I Had Legs I’d Kick You (A24)
  • Chase Infiniti – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Renate Reinsve – Sentimental Value (Neon)
  • Amanda Seyfried – Il Testamento di Ann Lee (Searchlight Pictures)
  • Emma Stone – Bugonia (Focus Features)

MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA

  • Elle Fanning – Sentimental Value (Neon)
  • Ariana Grande – Wicked – Parte 2 (Universal Pictures)
  • Inga Ibsdotter Lilleaas – Sentimental Value (Neon)
  • Amy Madigan – Weapons (Warner Bros.)
  • Wunmi Mosaku – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Teyana Taylor – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)

MIGLIOR GIOVANE ATTORE/ATTRICE

  • Everett Blunck – The Plague (Independent Film Company)
  • Miles Caton – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Cary Christopher – Weapons (Warner Bros.)
  • Shannon Mahina Gorman – Rental Family (Searchlight Pictures)
  • Jacobi Jupe – Hamnet (Focus Features)
  • Nina Ye – La mia famiglia a Taipei (Netflix)

MIGLIOR REGISTA

  • Paul Thomas Anderson – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Ryan Coogler – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Guillermo del Toro – Frankenstein (Netflix)
  • Josh Safdie – Marty Supreme (A24)
  • Joachim Trier – Sentimental Value (Neon)
  • Chloé Zhao – Hamnet (Focus Features)

MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

  • Noah Baumbach, Emily Mortimer – Jay Kelly (Netflix)
  • Ronald Bronstein, Josh Safdie – Marty Supreme (A24)
  • Ryan Coogler – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Zach Cregger – Weapons (Warner Bros.)
  • Eva Victor – Sorry, Baby (A24)
  • Eskil Vogt, Joachim Trier – Sentimental Value (Neon)

MIGLIORE SCENEGGIATURA ADATTATA

  • Paul Thomas Anderson – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Clint Bentley, Greg Kwedar – Train Dreams (Netflix)
  • Park Chan-wook, Lee Kyoung-mi, Don Mckellar, Jahye Lee – No Other Choice (Neon)
  • Guillermo del Toro – Frankenstein (Netflix)
  • Will Tracy – Bugonia (Focus Features)
  • Chloé Zhao, Maggie O’Farrell – Hamnet (Focus Features)

MIGLIORE CAST D’INSIEME

  • Nina Gold – Hamnet (Focus Features)
  • Douglas Aibel, Nina Gold – Jay Kelly (Netflix)
  • Jennifer Venditti – Marty Supreme (A24)
  • Cassandra Kulukundis – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Francine Maisler – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Tiffany Little Canfield, Bernard Telsey – Wicked – Parte 2 (Universal Pictures)

MIGLIORE FOTOGRAFIA

  • Claudio Miranda – F1 (Apple Original Films)
  • Dan Laustsen – Frankenstein (Netflix)
  • Łukasz Żal – Hamnet (Focus Features)
  • Michael Bauman – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Autumn Durald Arkapaw – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Adolpho Veloso – Train Dreams (Netflix)

MIGLIORE SCENOGRAFIA

  • Kasra Farahani, Jille Azis – The Fantastic Four: First Steps (Marvel Studios)
  • Tamara Deverell, Shane Vieau – Frankenstein (Netflix)
  • Fiona Crombie, Alice Felton – Hamnet (Focus Features)
  • Jack Fisk, Adam Willis – Marty Supreme (A24)
  • Hannah Beachler, Monique Champagne – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Nathan Crowley, Lee Sandales – Wicked – Parte 2 (Universal Pictures)

MIGLIORE MONTAGGIO

  • Kirk Baxter – A House of Dynamite (Netflix)
  • Stephen Mirrione – F1 (Apple Original Films)
  • Ronald Bronstein, Josh Safdie – Marty Supreme (A24)
  • Andy Jurgensen – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Viridiana Lieberman – The Perfect Neighbor (Netflix)
  • Michael P. Shawver – I Peccatori (Warner Bros.)

MIGLIORI COSTUMI

  • Kate Hawley – Frankenstein (Netflix)
  • Malgosia Turzanska – Hamnet (Focus Features)
  • Lindsay Pugh – Hedda (Amazon MGM Studios)
  • Colleen Atwood, Christine Cantella – Kiss of the Spider Woman (Lionsgate/Roadside Attractions)
  • Ruth E. Carter – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Paul Tazewell – Wicked – Parte 2 (Universal Pictures)

MIGLIOR TRUCCO E PARRUCCO

  • Flora Moody, John Nolan – 28 Years Later (Sony Pictures)
  • Mike Hill, Jordan Samuel, Cliona Furey – Frankenstein (Netflix)
  • Siân Richards, Ken Diaz, Mike Fontaine, Shunika Terry – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Kazu Hiro, Felix Fox, Mia Neal – The Smashing Machine (A24)
  • Leo Satkovich, Melizah Wheat, Jason Collins – Weapons (Warner Bros.)
  • Frances Hannon, Mark Coulier, Laura Blount – Wicked – Parte 2 (Universal Pictures)

MIGLIORI EFFETTI VISIVI

  • Joe Letteri, Richard Baneham, Eric Saindon, Daniel Barrett – Avatar: Fire and Ash (20th Century Studios)
  • Ryan Tudhope, Nikeah Forde, Robert Harrington, Nicolas Chevallier, Eric Leven, Edward Price, Keith Dawson – F1 (Apple Original Films)
  • Dennis Berardi, Ayo Burgess, Ivan Busquets, José Granell – Frankenstein (Netflix)
  • Alex Wuttke, Ian Lowe, Jeff Sutherland, Kirstin Hall – Mission: Impossible – The Final Reckoning (Paramount Pictures)
  • Michael Ralla, Espen Nordahl, Guido Wolter, Donnie Dean – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Stephane Ceretti, Enrico Damm, Stéphane Nazé, Guy Williams – Superman (Warner Bros.)

MIGLIOR STUNT DESIGN

  • Stephen Dunlevy, Kyle Gardiner, Jackson Spidell, Jeremy Marinas, Jan Petřina, Domonkos Párdányi, Kinga Kósa-Gavalda – Ballerina (Lionsgate)
  • Gary Powell, Luciano Bacheta, Craig Dolby – F1 (Apple Original Films)
  • Wade Eastwood – Mission: Impossible – The Final Reckoning (Paramount Pictures)
  • Brian Machleit – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Andy Gill – I Peccatori (Warner Bros.)
  • Giedrius Nagys – Warfare (A24)

MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE

  • Arco (Neon)
  • Elio (Walt Disney Studios Motion Pictures)
  • In Your Dreams (Netflix)
  • KPop Demon Hunters (Netflix)
  • Little Amélie or the Character of Rain (GKIDS)
  • Zootopia 2 (Walt Disney Animation Studios)

MIGLIORE COMMEDIA

  • The Ballad of Wallis Island (Focus Features)
  • Eternity (A24)
  • Friendship (A24)
  • The Naked Gun (Paramount)
  • The Phoenician Scheme (Focus Features)
  • Splitsville (Neon)

MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE

  • It Was Just an Accident (Neon)
  • Left-Handed Girl (Netflix)
  • No Other Choice (Neon)
  • The Secret Agent (Neon)
  • Sirāt (Neon)
  • Belén (Amazon MGM Studios)

MIGLIOR CANZONE

  • “Drive” – Ed Sheeran, John Mayer, Blake Slatkin – F1 (Apple Original Films)
  • “Golden” – Ejae, Mark Sonnenblick, Ido, 24, Teddy – KPop Demon Hunters (Netflix)
  • “I Lied to You” – Raphael Saadiq, Ludwig Göransson – Sinners (Warner Bros.)
  • “Clothed by the Sun” – Daniel Blumberg – The Testament of Ann Lee (Searchlight Pictures)
    “Train Dreams” – Nick Cave, Bryce Dessner – Train Dreams (Netflix)
  • “The Girl in the Bubble” – Stephen Schwartz – Wicked – Parte 2 (Universal Pictures)

MIGLIOR COLONNA SONORA

  • Hans Zimmer – F1 (Apple Original Films)
  • Alexandre Desplat – Frankenstein (Netflix)
  • Max Richter – Hamnet (Focus Features)
  • Daniel Lopatin – Marty Supreme (A24)
  • Jonny Greenwood – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Ludwig Göransson – Sinners (Warner Bros.)

MIGLIOR SUONO

  • Al Nelson, Gwendolyn Yates Whittle, Gary A. Rizzo, Juan Peralta, Gareth John – F1 (Apple Original Films)
  • Nathan Robitaille, Nelson Ferreira, Christian Cooke, Brad Zoern, Greg Chapman – Frankenstein (Netflix)
  • Jose Antonio Garcia, Christopher Scarabosio, Tony Villaflor – Una battaglia dopo l’altra (Warner Bros.)
  • Chris Welcker, Benny Burtt, Brandon Proctor, Steve Boeddeker, Felipe Pacheco, David V. Butler – Sinners (Warner Bros.)
  • Laia Casanovas – Sirāt (Neon)
  • Mitch Low, Glenn Freemantle, Ben Barker, Howard Bargroff, Richard Spooner – Warfare (A24)

TV

MIGLIOR SERIE DRAMMATICA

  • Alien: Earth (FX)
  • Andor (Disney+)
  • The Diplomat (Netflix)
  • Paradise (Hulu)
  • The Pitt (HBO Max)
  • Pluribus (Apple TV)
  • Severance (Apple TV)
  • Task (HBO Max)

MIGLIOR ATTORE IN UNA SERIE DRAMMATICA

MIGLIOR ATTRICE IN UNA SERIE DRAMMATICA

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE DRAMMATICA

  • Patrick Ball – The Pitt (HBO Max)
  • Billy CrudupThe Morning Show (Apple TV)
  • Ato Essandoh – The Diplomat (Netflix)
  • Wood Harris – Forever (Netflix)
  • Tom Pelphrey – Task (HBO Max)
  • Tramell Tillman – Severance (Apple TV)

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE DRAMMATICA

  • Nicole Beharie – The Morning Show (Apple TV)
  • Denée Benton – The Gilded Age (HBO Max)
  • Allison Janney – The Diplomat (Netflix)
  • Katherine LaNasa – The Pitt (HBO Max)
  • Greta Lee – The Morning Show (Apple TV)
  • Skye P. Marshall – Matlock (CBS)

MIGLIORE SERIE COMEDY

MIGLIORE ATTORE IN UNA SERIE COMEDY

  • Adam Brody – Nobody Wants This (Netflix)
  • Ted Danson – A Man on the Inside (Netflix)
  • David Alan Grier – St. Denis Medical (NBC)
  • Danny McBride – The Righteous Gemstones (HBO Max)
  • Seth Rogen – The Studio (Apple TV)
  • Alexander SkarsgårdMurderbot (Apple TV)

MIGLIORE ATTRICE IN UNA SERIE COMEDY

  • Kristen Bell – Nobody Wants This (Netflix)
  • Natasha Lyonne – Poker Face (Peacock)
  • Rose McIver – Ghosts (CBS)
  • Edi Patterson – The Righteous Gemstones (HBO Max)
  • Carrie Preston – Elsbeth (CBS)
  • Jean Smart – Hacks (HBO Max)

MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE COMEDY

  • Ike Barinholtz – The Studio (Apple TV)
  • Paul W. Downs – Hacks (HBO Max)
  • Asher Grodman – Ghosts (CBS)
  • Oscar Nuñez – The Paper (Peacock)
  • Chris Perfetti – Abbott Elementary (ABC)
  • Timothy Simons – Nobody Wants This (Netflix)

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE COMEDY

  • Danielle Brooks – Peacemaker (HBO Max)
  • Hannah Einbinder – Hacks (HBO Max)
  • Janelle James – Abbott Elementary (ABC)
  • Justine Lupe – Nobody Wants This (Netflix)
  • Ego Nwodim – Saturday Night Live (NBC)
  • Rebecca Wisocky – Ghosts (CBS)

MIGLIOR MINI SERIE

  • Adolescence (Netflix)
  • All Her Fault (Peacock)
  • Chief of War (Apple TV)
  • Death by Lightning (Netflix)
  • Devil in Disguise: John Wayne Gacy (Peacock)
  • Dope Thief (Apple TV)
  • Dying for Sex (FX on Hulu)
  • The Girlfriend (Prime Video)

MIGLIOR FILM PER LA TV

  • Bridget Jones: Mad About the Boy (Peacock)
  • Deep Cover (Prime Video)
  • The Gorge (Apple TV)
  • Mountainhead (HBO Max)
  • Nonnas (Netflix)
  • Summer of ’69 (Hulu)

MIGLIORE ATTORE IN UNA MINI SERIE O IN UN FILM TV

  • Michael Chernus – Devil in Disguise: John Wayne Gacy (Peacock)
  • Stephen Graham – Adolescence (Netflix)
  • Brian Tyree Henry – Dope Thief (Apple TV)
  • Charlie Hunnam – Monster: The Ed Gein Story (Netflix)
  • Matthew Rhys – The Beast in Me (Netflix)
  • Michael Shannon – Death by Lightning (Netflix)

MIGLIORE ATTRICE IN UNA MINI SERIE O IN UN FILM TV

  • Jessica Biel – The Better Sister (Prime Video)
  • Meghann Fahy – Sirens (Netflix)
  • Sarah Snook – All Her Fault (Peacock)
  • Michelle Williams – Dying for Sex (FX on Hulu)
  • Robin Wright – The Girlfriend (Prime Video)
  • Renée Zellweger – Bridget Jones: Mad About the Boy (Peacock)

MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA IN UNA MINI SERIE O IN UN FILM TV

  • Owen Cooper – Adolescence (Netflix)
  • Wagner Moura – Dope Thief (Apple TV)
  • Nick Offerman – Death by Lightning (Netflix)
  • Michael Peña – All Her Fault (Peacock)
  • Ashley Walters – Adolescence (Netflix)
  • Ramy Youssef – Mountainhead (HBO Max)

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UNA MINI SERIE O IN UN FILM TV

  • Erin Doherty – Adolescence (Netflix)
  • Betty Gilpin – Death by Lightning (Netflix)
  • Marin Ireland – Devil in Disguise: John Wayne Gacy (Peacock)
  • Sophia Lillis – All Her Fault (Peacock)
  • Julianne Moore – Sirens (Netflix)
  • Christine Tremarco – Adolescence (Netflix)

MIGLIORE SERIE INTERNAZIONALE

  • Acapulco (Apple TV)
  • Last Samurai Standing (Netflix)
  • Mussolini: Son of the Century (MUBI)
  • Red Alert (Paramount+)
  • Squid Game (Netflix)
  • When No One Sees Us (HBO Max)

MIGLIOR SERIE ANIMATA

  • Bob’s Burgers (Fox)
  • Harley Quinn (HBO Max)
  • Long Story Short (Netflix)
  • Marvel Zombies (Disney+)
  • South Park (Comedy Central)
  • Your Friendly Neighborhood Spider-Man (Disney+)

MIGLIORE TALK SHOW

  • The Daily Show (Comedy Central)
  • Hot Ones (YouTube)
  • Jimmy Kimmel Live! (ABC)
  • Late Night with Seth Meyers (NBC)
  • The Late Show with Stephen Colbert (CBS)
  • Watch What Happens Live with Andy Cohen (Bravo)

MIGLIOR SERIE DI VARIETA’

  • Conan O’Brien Must Go (HBO Max)
  • Last Week Tonight with John Oliver (HBO Max)
  • Saturday Night Live (NBC)
  • BEST COMEDY SPECIAL
  • Brett Goldstein: The Second Best Night of Your Life (HBO Max)
  • Caleb Hearon: Model Comedian (HBO Max)
  • Leanne Morgan: Unspeakable Things (Netflix)
  • Marc Maron: Panicked (HBO Max)
  • Sarah Silverman: PostMortem (Netflix)
  • SNL50: The Anniversary Special (NBC)