Durante la
visita di Screen Rant al set di Eternals
ai Pinewood Studios nel gennaio 2020,
Salma Hayek si è aperta con un gruppo di giornalisti
sulla visione del suo personaggio rispetto agli altri membri del
gruppo. Hayek ha parlato specificamente del ruolo materno di Ajak
nel gruppo e ha paragonato le sue varie relazioni con gli altri
Eterni a come un genitore ha legami diversi con ciascuno dei propri
figli.
“L’aspetto della madre è stata
interessante perché mi permette di avere una precisa prospettiva di
osservazione. Che è un modo umano specifico di vedere tutte le
persone, c’è un livello di amore, cura ed empatia. C’è un tentativo
di mantenere, non solo la missione, ma la famiglia che sta
compiendo questa missione, che è diverso. E ho un rapporto diverso
con ognuno di loro, come capita con i propri figli. Devi
differenziare le relazioni, perché sono persone diverse, è
così.”
Eternals, dal 5 novembre al cinema
Eternals,
il terzo film della Fase Quattro dell’Universo Cinematografico
Marvel diretto dalla regista vincitrice dell’Academy
Award Chloé Zhao, arriverà il 3 novembre
nelle sale italiane. Il film targato Marvel StudiosEternals presenta
un nuovo team di supereroi dell’Universo Cinematografico
Marvel: l’epica storia, che abbraccia migliaia di anni, mostra
un gruppo di eroi immortali costretti a uscire dall’ombra per
unirsi contro il più antico nemico dell’umanità, The Deviants.
Il cast del film
comprende Richard
Madden, che interpreta l’onnipotente
Ikaris; Gemma
Chan, che interpreta Sersi, amante
dell’umanità; Kumail
Nanjiani, che interpreta Kingo, dotato dei poteri del
cosmo; Lauren Ridloff, che interpreta la
velocissima Makkari; Brian Tyree Henry, che
interpreta l’intelligente inventore Phastos;Salma
Hayek, che interpreta la leader saggia e spirituale
Ajak; Lia McHugh, che interpreta Sprite,
eternamente giovane e al tempo stesso piena di
saggezza; Don Lee, che interpreta il
potente Gilgamesh; Barry Keoghan, che interpreta il solitario
Druig; e Angelina
Jolie, che veste i panni dell’impetuosa guerriera
Thena.Kit
Harington interpreta Dane Whitman.
Spider-Man: No Way Home è stato descritto da
Tom Holland come “la fine di un franchise”,
mentre la sua affermazione che “se fossimo abbastanza fortunati da
immergerci di nuovo in questi personaggi, si vedrebbe una loro
versione molto diversa” ha destato qualche preoccupazione. Potrebbe
essere che il lanciatore di ragnatele stia per trovare la strada di
“casa” nell’Universo Marvel di Sony e che potrebbe non
finire bene per Spidey.
Quello che al momento sappiamo del
film è che sarà ricco di ritorni, a partire da Alfred Molina nei
panni di Doc Ock. Ma chi sono invece i personaggi che avranno un
cameo anche se non sono mai stati trai rumors di questi ultimi
mesi?
Spider-Girl
Dopo i commenti di
Tom Holland, non possiamo fare a meno di chiederci se
il piano è che
Spider-Man: No Way Home concluda il tempo dell’attore
nel MCU. Sarebbe un vero peccato, ma
una nuova realtà significa nuove opportunità di narrazione.
Se Peter Parker sta per intraprendere un viaggio attraverso il
Multiverso, allora questa ci sembra l’occasione perfetta per
visitare un mondo in cui May “Mayday” Parker è Spider-Girl.
Il debutto live-action di questo
personaggio è atteso da tempo e un cameo come questo potrebbe
preparare il terreno per uno spin-off futuro o darci un’idea di
cosa accadrà in un possibile futuro per Spider-Man. Chi dovrebbe
esserci sotto la maschera? Bene, non diremmo di no al dare a
Zendaya un leggero restyling in modo che possa
assumere un secondo ruolo in questo trequel come possibile o futura
figlia di MJ e Peter!
Scarlet Witch
Doctor
Strange in the Multiverse of Madness seguirà lo
Stregone Supremo in un viaggio attraverso chissà quante realtà
alternative, ma Spider-Man: No Way Home sarà molto
probabilmente l’avventura che apre le porte a tutto ciò (Strange ha
persino menzionato il Multiverso nel teaser trailer).
Con questo in mente, un’apparizione
di Scarlet Witch potrebbe essere scontata. Se è vero che il sequel
di Doctor Strange seguirà Wanda Maximoff mentre
attraversa queste diverse linee temporali a caccia dei suoi figli,
allora potrebbe anche essere quello che porta agli eventi di
No Way Home.
Scarlet Witch potrebbe apparire in
una scena dopo i titoli di coda, una scena magri girata
direttamente da Sam Raimi, che così tornerebbe a
girare una scena per un film di Spider-man a distanza di 14
anni.
Capitan America
La cronologia del MCU è diventata un po’ confusa
dagli eventi di Avengers: Endgame, ma quando avrà
inizio Spider-Man:
Far From Home, immaginiamo che Sam Wilson sia
diventato Capitan America.
Questo film riprende la storia da
dove si era interrotta, in
Spider-Man: Far From Home, ma sembra che faremo un
balzo in avanti di qualche mese. Con Peter Parker incastrato per
l’omicidio di Mysterio, sarebbe fantastico che Sam si presentasse e
impartisse qualche consiglio ora che Spidey non ha più Iron Man a
cui rivolgersi. Il cameo sarebbe minore, ma si tratterebbe di una
buona vetrina sul grande schermo per il nuovo Cap.
Non ci aspettiamo di certo che
l’eroe venga inserito nella trama principale, ma con le foto sul
set che suggeriscono che la Statua della Libertà sarà trasformata
per rendere omaggio a Capitan America, perché non dovrebbe
apparire? Siamo sicuri che la produzione sia avvenuta
contemporaneamente alle riprese di The Falcon e The Winter
Soldier, e tutti amano la rivalità da backstage tra
Tom Holland e Anthony Mackie!
Venom
Questo sembra un dato ormai
certo, alla luce della scena post credits di Venom: La Furia di Carnage, ma in realtà non
ci sono mai state voci su Tom Hardy sul set di Spider-Man: No Way
Home.
Non prevediamo che Eddie Brock sia
il misterioso sesto membro di quei Sinistri Sei interdimensionali,
ma non usare Venom in una scena post-credits sarebbe una mossa
sconcertante. Alla fine del suo ultimo film, Eddie era stato
apparentemente trasportato nell’MCU (proprio come Doctor
Octopus, Electro e Green Goblin). Come e
perché questi cattivi di Spider-Man di altri mondi ora sono in
questa realtà?
Questa è una domanda per la quale ci
aspettiamo una risposta in No Way Home, e sarebbe
immensamente deludente lasciare quel cliffhanger di Venom pendente,
ovvero che “rotola per la strada come uno stronzo nel vento” (dal
film del 2018).
Madame Web
Si dice che la Sony
Pictures stia sviluppando un film dedicato a Madame Web, ma non abbiamo
sentito nulla del cast o del regista. Nonostante questo, non
pensiamo che sia al di fuori del regno delle possibilità che
un’attrice sia stata scelta per interpretare questa misteriosa
presenza nella vita di Peter Parker. Dopotutto, se la Sony avesse
realizzato questo film senza i Marvel Studios, avrebbe comunque avuto bisogno
di Doctor Strange.
Se, quando tutto sarà stato detto e fatto,
Spider-Man si sarà affermato come un eroe che
viaggia da un mondo, darebbe a Sony la possibilità di utilizzare il
tessi-ragnatele di Holland in più franchise per molti anni a
venire. Madame Web che lo guida attraverso questo viaggio
può avere senso, e potremmo vederlo accadere. Gli spettatori
normali potrebbero essere confusi, ma per i fan, questo è un cameo
che avrebbe un certo peso.
Dal 15 Ottobre 2021 saranno
disponibili su
Amazon Prime Video i primi quattro episodi della serie
televisiva So cosa hai fatto, reboot dell’omonimo
e celeberrimo film I know what you did last
summer. I restanti otto episodi verranno rilasciati
ogni venerdi, culminando il 12 novembre con il finale di
stagione.
Creatrice della serie è
Sara Goodman che produce esecutivamente insieme a
Neal H. Moritz e Pavun Shetty di
Original Film, Erik Feig,
Peter Guber, James Wan di
Atomic Monster, Michael Clear, e
Rob Hackett, Craig William
Macneill e Shay Hatten.
So cosa hai fatto: una versione teen drama del celebre film del
’97
La serie è un nuovo adattamento del
romanzo di Lois Duncan I Know What You Did
Last Summer, da cui è stato tratto il film del 1997. Anche
se il film ha avuto diversi sequel, la serie prende le distanze
dall’universo impostato da Kevin Williamson,
sceneggiatore di Scream: So cosa hai fatto si
propone come prodotto inedito, dalle tinte decisamente più queer e
teen drama, sulla scia di un altro franchise in tendenza in questi
ultimi anni: Elite. La serie spagnola, infatti, riguarda le
vicende di un gruppo elitario di studenti della scuola superiore
Las Encinas, che si ritrovano invischiati in un
misterioso omicidio; anche So cosa hai fatto muove
dalle stesse premesse: un infausto evento sconvolgerà gli equilibri
– già piuttosto precari – di un gruppo di giovani ragazzi appena
diplomati, che si troveranno a dover far fronte a ciò
che hanno fatto.
Il rifacimento moderno da parte
dell’autrice e showrunner Sara Goodman riporta in vita la storia di
I Know what you did last summer per un
pubblico teen odierno. Girato a Oaho, Hawaii, la serie ci svela
come, un anno dopo l’incidente d’auto fatale che ha
perseguitato la loro notte di laurea, un gruppo di adolescenti si
ritrova legato da un oscuro segreto e perseguitato da un assassino
brutale. Mentre cercano di scoprire chi li sta inseguendo, si
svelerà il lato oscuro della loro città apparentemente perfetta e
si andranno dipanando le psicologie di ciascun personaggio: tutti,
infatti, nascondono qualcosa, e scoprire il segreto sbagliato
potrebbe essere un errore fatale.
Al
New York Comic Con dello scorso 8 Novembre, la
creatrice Sarah Goodman e il cast si sono riuniti per presentare la
serie e i personaggi, con tanto di sorpresa inaspettata da parte di
Freddie Prinze Jr., Sarah Michelle
Gellar, Ryan Phillippe e Jennifer Love Hewitt, precedenti protagonisti
del film del 1997. La presenza degli attori ha entusiasmato non
solo gli storici fan della serie, ma anche i nuovi attori del
reboot; la showrunner Sarah Goodman ha infatti dichiarato:
“Sembra che ci abbiano dato la loro benedizione; questo è
estremamente significativo per me e per tutti noi“.
“L’ultima cosa che vogliamo fare è minare quello che hanno
creato. Siamo passati alla prossima generazione nel pieno rispetto
del film e degli attori che ne fanno parte“.
So cosa hai fatto: un gruppo di protagonisti estremamente
umani
Alla giovane Madison
Iseman spetta il doppio lavoro nei panni delle gemelle
Lennon e Allison, due personaggi
completamente agli antipodi: Lennon è la ragazza più popolare della
scuola, dal carattere esuberante ed egocentrico; Allison è invece
molto più pacata e riflessiva, poco compresa da chi le sta attorno,
che la considera alienata dalla vita giovanile. Ezekiel
Goodman interpreta poi Dylan, ragazzo
conteso dalle due sorelle, impacciato ma spiritoso. Brianne
Tju interpreta invece la brillante e poco accondiscendente
Margot, con un’energia assolutamente da
personaggio principale. Il gruppo è poi completato da
Riley (Ashley Moore), dal
carattere ambiguo e misterioso e da Johnny
(Sebastian Amoruso), introverso dal cuore
tenero.
Sicuramente l’adattamento della
Goodman dimostra chiaramente l’intento di avvicinarsi al target da
teen movie attuale, in un’epoca molto diversa in termini di
tecnologia e social media rispetto agli anni ’90 e l’autrice lo fa
rendendo i giovani adulti protagonisti della serie molto esposti
attraverso i social media e, al contempo, molto più isolati nella
vita privata, con pressioni che ne intaccano i rapporti
interpersonali. Per la Goodman era infatti importante far sentire i
personaggi autentici e reali al pubblico di giovani adulti che
guarderanno la serie. Da qui anche la scelta di dare alla serie un
taglio più da thriller che da slasher, con approfondimenti
psicologici sui personaggi che faranno intendere che non ci
troviamo più di fronte all’iconico pescatore, killer psicopatico
della versione del ’97, bensì a una malvagità interiore che non
lascia salvo nessuno.
Grande attenzione è stata poi
riservata alla location della serie: l’isola di Ohao è infatti
identificabile come un altro personaggio all’interno della serie:
l’ambientazione labirintica aumenta esponenzialmente il senso di
pericolo che imperversa nelle vite dei personaggi, mostrandoci
inoltre tutta un’altra facciata delle Hawaii, difficilmente
analizzata: grotte, strade lunghissime e cupe, foreste tenebrose di
bambù, e dove la gente vive veramente, incorniciano la curva
narrativa, dall’ampio spettro da thriller psicologico.
La Goodman ha poi dichiarato che ci
sarebbero sicuramente gli spunti ideali per continuare la serie con
altre stagioni: “Vi prometto che c’è un finale soddisfacente
per questa stagione, dove saprete chi è l’assassino, ma ci sono
alcune cose molto insoddisfacenti per le quali vorrete sicuramente
tornare” ha affermato, oltre a suggerire che avrebbe in mente
anche l’idea di una potenziale serie antologica. Non ci resta
quindi che aspettare i successivi episodi della serie!
Non poteva che essere
un’epopea americana, quella della più famosa televangelista nella
storia della televisione. Perché nel cuore racconta come, nella
“Land of Free”, tutto possa essere tradotto in dollari sonanti.
Anche la fede. Anzi, soprattutto la fede. Specialmente se ce l’hai
sul serio.
La storia di The Eyes of Tammy
Faye
Ispirato dal documentario
omonimo diretto nel 2000 da Randy Barbato e
Fenton Bailey The
Eyes of Tammy Faye racconta gli inizi, l’ascesa e il
collasso dell’impero economico che il predicatore Jim Bakker e la
sua celeberrima moglie costruirono a partire dagli anni ‘60. Una
parabola iperbolica incentrata sulla figura iconica del self-made
man, che nella cultura a stelle e strisce impregnata di
individualismo funziona sempre, a prescindere dal fatto che il
successo ottenuto sia legale o meno. Un’epopea sfavillante e folle
che avrebbe potuto essere diretta dal Martin
Scorsese di Casino o The Wolf of Wall Street, magari dal
Paul Thomas Anderson di Boogie
Nights, tanto per far capire di che tipo di personaggi e
situazioni stiamo parlando.
Dal regista di The Big Sick
Invece dietro la macchina
da presa troviamo Michael Showalter, la cui
filmografia si fregia di una commedia garbata e sottile come
The Big Sick, arrivata nei cinema quattro anni
fa. Ed è proprio lo stesso tocco leggero che il regista predilige
nel mettere in scena le vicende di Tammy Faye Bakker e del
consorte. In particolar modo nella prima metà il lungometraggio
viaggia spedito sui binari della commedia di costume, incentrato
sull’ottimismo innocente e velatamente ingenuo di una donna
sorretta dal proprio credo religioso.
Il perno psicologico che
forma l’arco narrativo di Tammy Faye è quello del desiderio
inesauribile di consenso, o meglio di accettazione. Showalter
racconta la vicenda dei Bakker senza addentrarsi troppo negli
angoli più oscuri sia del rapporto di coppia sia delle magagne
finanziarie che portarono a metà anni ‘80 alla caduta dell’impero
economico. Sotto questo punto di vista
The Eyes of Tammy Faye avrebbe forse potuto essere
maggiormente incisivo, capace di una presa emotiva drammatica. Ma
in fondo non è questo lo scopo del cineasta, il quale invece
preferisce adoperare un’ironia sottile, in alcuni momenti
addirittura surreale – come nella potente sequenza dell’ultimo
concerto di Tammy Faye – per lasciar filtrare l’assurdità di una
storia che sembra irridere l’intero sistema di valori
americano.
Jessica Chastain sviluppa
un personaggio complesso
Se la fede in Dio può
diventare fonte di avidità, a cos’altro può aggrapparsi il normale
cittadino? Il film viene ovviamente caricato sulle spalle dalla
protagonista Jessica Chastain, la quale dietro la protesi
di un trucco piuttosto accentuato delinea il proprio personaggio
facendo ricorso alle sue doti di attrice più leggera, quelle che
aveva già efficacemente evidenziato in The Help,
successo capace di regalarle la prima candidatura all’Oscar.
Chastain sviluppa un personaggio sfaccettato, complesso, che mostra
semplicità di pensiero insieme a una malinconia di fondo soffusa ma
costantemente presente. È senza dubbio l’interprete il motivo
principale della riuscita di questo film biografico, a cui si
accosta come spalla sicura Andrew Garfield nel ruolo del marito Jim.
Pur senza brillare per
originalità nello sviluppo della trama,
The Eyes of Tammy Faye risulta alla fine una parabola
interessante su un personaggio emblematico e non facilmente
classificabile. Il film di Michael Showalter
riesce a mostrare molti dei lati della protagonista, senza prendere
tutto sommato una posizione precisa sul suo operato, il che è
probabilmente un bene per la riuscita del film.
Poiché se l’intento del
regista era quello di raccontare questa storia mettendone in
evidenza i lati maggiormente parossistici – e in alcuni momenti il
lungometraggio centra tale obiettivo con notevole precisione –
allora un “racconto morale” sarebbe risultato stridente con il tono
dell’opera stessa. In questo modo invece
The Eyes of Tammy Faye sa essere ironico, a tratti
addirittura sferzante, senza risultare retorico. Risultato che,
vista la psicologia e la vita della protagonista, non era
davvero semplice ottenere.
Non ce ne voglia
l’allegra brigata del reboot diretto da Paul Feig
nel 2016, ma la storia parla chiaro: Ghostbusters:
Legacy segna
il vero ritorno degli Acchiappafantasmi. Se non possiamo
apertamente parlare di trilogia, ci troviamo indubitabilmente di
fronte al vero sequel dei due film di Ivan Reitman
del 1984 e 1989. E non banalmente per la presenza del figlio Ivan
(Juno,
Tra le nuvole, Tully), che pure dà un significato particolare
all’operazione, ma per la riuscita costruzione di un ponte con il
cult di allora sul quale possano camminare insieme tanto i fan più
datati quanto i loro nipotini.
Ghostbusters: Legacy, la
trama
Senza sbilanciarci troppo
nella descrizione della premessa e del contesto – ma basta navigare
un minimo per scoprire gli indizi evidenti in cast e trama – il
film ci porta subito a empatizzare con una madre single e i suoi
due figli, tra il nerd e il disadattato, costretti a trasferirsi
nella fattoria del nonno appena deceduto. Siamo a Summerville, in
Oklahoma, cittadina falcidiata da terremoti inspiegabili e sede
della vecchia miniera abbandonata intitolata al presunto occultista
Ivo Shandor.
Un nome che potrebbe
ricordarvi qualcosa, per esempio il principale antagonista dei
nostri eroi nella versione videogame Atari del 2009, ma soprattutto
lo Shandor Building al 550 Central Park West di New
York dove avevamo fatto la conoscenza di Gozer il
gozeriano. Un ennesimo campanello che si aggiunge al
concerto, ma che ben lungi dal rovinare nessuna sorpresa vi
coinvolgerà sempre più mano mano che vedrete riannodarsi i fili o
manifestarsi le connessioni con il passato.
Paul Rudd
Il ricordo di un’epoca d’oro per il
cinema
Che non è solo quello del
franchise, ma quello legato a un’epoca d’oro per il cinema e per
gli appassionati di avventure nei quali gli eroi non superavano
spesso il metro e mezzo o i quattordici anni. Reitman stesso –
Jason, non Ivan – ha dichiarato di aver sempre sognato di
realizzare uno film come quelli che amava da ragazzino, da
ET ai Goonies. Un film nel quale
la nostalgia la facesse da padrona, ma per una volta con
intelligenza.
In troppe occasioni
sentiamo parlare di omaggio e vediamo abbondare citazioni che
suppliscono a una palese mancanza di ispirazione o a buchi vari di
sceneggiatura. Non qui. Dove tutta la narrazione, dall’inizio alla
fine, nelle sue deviazioni e parentesi, nei riferimenti e le
apparizioni, si mostra organica, organizzata e coerente. Tanto da
sembrare più incredibile della presenza di fantasmi e demoni.
Inutile creare tensione
sulla presenza o meno dei protagonisti di una volta – i camei non
mancano, anch’essi ben distribuiti e decisamente piacevoli – e dei
loro giocattoli, ci sono tutti!
Ecto-1 e zaino protonico compresi. Più divertente assistere al
lento svelarsi del collegamento tra i nuovi e i vecchi
Ghostbusters, allo sfruttamento dei filmati ‘di repertorio’ e alla
tanto attesa realizzazione dell’Apocalisse vanificata dai paladini
del bene sul famoso tetto.
Un ponte tra passato e
presente
Parlavamo di ponte, e
forse la sorpresa più bella di questo film sull’eredità degli
Acchiappafantasmi è proprio la sensazione che lascia di aver saputo
parlare ai ragazzi di ieri e ai giovani di oggi, o come ha detto il
regista: ai Ghostbusters di ieri e di oggi,
attraverso la creatura di un “figlio dei Ghostbusters”
(lui, ovviamente). Anche dal punto di vista tecnico, con il
recupero degli effetti speciali utilizzati negli anni ’80,
rimodernati senza stravolgere il risultato.
Forse si sarebbe potuto
limitare il momento ‘strappalacrime’ del prefinale, ma è davvero
una inezia che non intacca minimamente il giudizio finale o il
piacere dell’abbraccio nel quale siamo tutti inclusi. E che
gradualmente ci rassegniamo ad accettare, come fossimo a una festa
alla quale non pensavamo di divertirci tanto. E nella quale è bello
trattenersi finché possibile. Fino alla dedica immancabile
all’immortale Harold Ramis. Fino alla breve scena che
interrompe i titoli di coda per riportarci a New York per un
istante.
Matt Reeves ha
condiviso su Instagram uno screen
da quello che immaginiamo sarà il nuovo trailer di The
Batman che vedremo questo sabato durante il DC Fandome
2021.
“The
Batman esplorerà un caso di detective“, scrivono
le fonti. “Quando alcune persone iniziano a morire in modi
strani, Batman dovrà scendere nelle profondità di Gotham per
trovare indizi e risolvere il mistero di una cospirazione connessa
alla storia e ai criminali di Gotham City. Nel film, tutta la
Batman Rogues Gallery sarà disponibile e attiva, molto simile a
quella originale fumetti e dei film animati. Il film presenterà più
villain, poiché sono tutti sospettati“.
Justin Chambers è
un attore affermato, interprete di uno dei ruoli più longevi ed
amati di Grey’s Anatomy, quello del dottor Alex Karev. Ma
è molto di più, è stato un apprezzato modello e una delle persone
più umili dello star system, sempre pronto a partecipare ad
iniziative benefiche e ad insegnare questi valori a tutti i suo
cinque figli. Ma non è tutto, ci sono cose sul conto che non tutti
sanno.
Ecco, allora, dieci cose che
forse non sapevate su Justin Chambers.
Justin Chambers: modello per Calvin
Klein
1. Justin Chambers ha
iniziato la sua carriera facendo il modello. Durante una
vacanza a Parigi, Justin Chambers è stato scoperto da un talent
scout ed è stato presto assunto come modello per Calvin
Klein e Giorgio Armani, viaggiando per l’Europa, il
Giappone e gli Stati Uniti. Nel 1990 si è poi stabilito a New York,
dove ha studiato agli H.B. Studios per quattro anni. Questi studi
gli hanno permesso di dedicarsi al mondo della recitazione,
apparendo in diverse produzioni off-Broadway e di interpretare
diversi ruoli televisivi.
2. È stato uno dei modelli
più noti degli anni Novanta. Grazie al suo fisico possente
e al carisma naturalmente sfoggiato sulle passerelle, Chambers è
diventato uno dei modelli più noti della sua generazione, nonché
uno dei volti di punta di Calvin Klein. Per la nota casa di moda ha
infatti vestito numerosi capi d’abbigliamento, contribuendo alla
rinnovata popolarità di questa.
Justin Chambers: i film e le serie TV
3. È noto per le sue serie
televisive. La prima apparizione di Justin Chambers è
stata nella soap Destini, per poi apparire in Harvest
of Fire l’anno successivo e in La piccola Rose della
CBS, con Jennifer
Garner. Dopo queste apparizioni, Chambers viene
catapultato nella lista di Harper’s Bazaar nel 1998, descritto come
metà James Dean e metà Marlon Brando. Successivamente recita in
serie come Four Corners (1998), Seasons of Love
(1999) e Cold Case – Delitti irrisolti (2003). Dal 2005
entra a far parte del cast di Grey’s Anatomy nei panni del dottor Alex
Karev, recitando accanto agli attori Ellen Pompeo e
Patrick Dempsey.
4. Ha recitato in alcuni
noti film. La prima apparizione sul grande schermo avviene
in Liberty Heights (1999) di Barry Levinson. In seguito ha
preso parte al cast di D’Artagnan (2001), accanto a
Catherine Deneuve e Mena Suvari, e nella commedia romantica
Prima o poi mi sposo (2001), accanto a Jennifer Lopez
e Matthew
McConaughey. Per qualche anno la sua carriera ha
subito qualche battuta d’arresto, interpretando piccole parti per
film o in televisione, tranne una parte importante di supporto ad
Uma Thurman e
Gena Rowlands per Gli occhi della vita (2002) e il ruolo
dell’ossessionato detective di The Zodiac (2005).
Successivamente è tornato al cinema in La terrazza sul
lago (2008) e Broken City (2013).
5. Interpreterà Marlon
Brando. Attualmente l’attore è impegnato nelle riprese
della serie The Offer, prevista per il 2022, e incentrata
sul making-of del celebre capolavoro del 1972 Il
padrino. In questa, che ha per protagonisti gli attori
Miles Teller, Matthew Goode e
Juno Temple, l’attore interpreterà niente di meno
che Marlon Brando,
il protagonista del film di Coppola.
Justin Chambers in Grey’s Anatomy
6. È uno degli attori più
longevi della serie. Nel 2005 Chambers ha iniziato ad
interpretare uno dei ruoli, se non il ruolo, che lo ha reso famoso
in tutto il mondo, quello del Dr. Alex Karev di Gray’s
Anatomy. Di questa serie è uno degli attori più longevi, con
il suo personaggio che dura dalla prima stagione: da specializzando
dell’ospedale è infatti diventato un professionista
compassionevole, legato al suo passato tormentato.
7. Ha detto addio alla
serie. Nonostante la sua popolarità e longevità
all’interno della serie, Chambers ha infine preferito
allontanarsene dopo quindici anni. La sua decisione ha costretto
gli sceneggiatori a costruire una giustificazione per la sua uscita
di scena, un risvolto però da molti giudicato poco credibile. In
seguito, l’attore ha motivato la sua scelta affermando di aver
sentito il bisogno di cambiare vita e routine, riavvicinandosi alla
famiglia e ricercando nuovi ruoli in cui cimentarsi.
Justin Chambers, Keisha Chambers e Jackson Chambers
8. È sposato con una talent
scout di modelli. Justin è Keisha
Chambers si sono incontrati mentre lui era un modello di
Calvin Klein e si sono poi sposati nel 1993, senza più lasciarsi. I
due hanno poi dato vita ad una famiglia numerosa composta da
Isabella, le gemelle Maya e Kaila, Eva e Jackson.
Newyorkesi convinti, Justin ha preferito fare la spola per molti
anni tra Los Angeles e New York. Recentemente, però, lui, la moglie
e i figli hanno deciso di trasferirsi proprio a L.A. lasciando loro
casa di New York.
Justin Chambers è su Twitter e
Instagram
9. Justin Chambers è molto
attivo sui social. Justin Chambers possiede un account
Twitter nel quale prevalentemente ritwitta o cita cause per il
sociale, eventi cultural o fatti riguardanti la sua serie cult,
Gray’s Anatomy. Oltre a Twitter ha anche un account
ufficiale su Instagram, con 1,7 milioni di follower. Le immagini
non sono molte, anzi, per la verità non arrivano nemmeno alla
decina, ma quelle che ci sono riguardano la sua vita quotidiana,
fatta di relax, di momenti in famiglia, senza dimenticare i post ad
effetto nostalgia.
Justin Chambers: età e altezza dell’attore
10.Justin
Chambers, William di secondo nome, è nato l’11 luglio 1970 a
Springfield, in Ohio. L’attore è alto complessivamente 180
centimetri.
Colton Haynes è un
attore conosciuto per i suoi ruoli in Teen
Wolf,Arrow e American Horror Story, ma
non solo: è anche un modello affermato e un bravo cantante. Un
talento ricco di carisma e cuore tutto da scoprire. Ecco,
quindi, dieci cose che non sai su Colton Haynes.
Colton Haynes: serie tv e film
1. Ha recitato in alcuni
noti film per il cinema. La prima esperienza sul grande
schermo di Haynes arriva nel 2007 con il film Transformers, dove ha
un breve cameo indicato come “Cafe Kid”. Successivamente si
dedicherà prevalentemente alla televisione, tornando al cinema solo
nel 2015 con il film San Andreas, con Dwayne Johnson. Nel
2017 recita invece in Crazy Night – Festa col morto,
con Scarlett
Johansson, dove interpreta il poliziotto Scotty
McBody. Più di recente ha recitato in Bigger (2018) e
Triumph (2021).
2. È noto per i suoi ruoli
in televisione. Dopo la sua breve apparizione in
Transformers, Colton Haynes ha iniziato a prendere parte a
diverse serie tv, come CSI: Miami (2007),
Privileged (2008), Al cuor non si comanda (2009)
e The Gates (2010). Nel 2011 è stato scritturato per uno
dei ruoli principali di Teen Wolf (serie durata fino al
2017) e dal 2013 è entrato nel cast della serie
Arrow, dove ha interpretato la parte di Roy Harper,
divenendo uno dei personaggi principali a partire dalla seconda
stagione e recitandovi fino al 2020. Nel frattempo, nel 2017, ha
anche preso parte ad alcuni episodi di American Horror
Story, nella settima stagione, recitando nei panni del
detective Jack Samuels.
Colton Haynes in Arrow
3. Si è allenato molto per
il suo ruolo. Al fine di poter assumere i panni di Roy
Harper, alias Arsenal, nella serie supereroistica Arrow,
l’attore si è sottoposto ad un rigido allenamento al fine di
ottenere una forma fisica ideale. Nel corso del tempo, Haynes ha
progressivamente incrementato il carico di lavoro, specializzandosi
anche nell’utilizzo di diverse armi e nel combattimento corpo a
corpo. Questo gli ha permesso di poter interpretare personalmente
molte delle scene più complesse.
4. Si credeva che avrebbe
lasciato la serie. Quando l’ottava stagione di
Arrow è stata annunciata come l’ultima della serie, a
spaventare ulteriormente i fan è arrivata anche la notizia che
Haynes non avrebbe ripreso il suo iconico ruolo. Per gli
appassionati di vecchia data si sarebbe trattata di una mancanza
particolarmente grave, per un personaggio presente sin dall’inizio
della storia. Fortunatamente, i produttori hanno in seguito
smentito l’assenza dell’attore, confermato nuovamente nei panni di
Arsenal.
Colton Haynes e sua sorella Willow Haynes
5. Ha fratelli e sorelle più
grandi di lui. Colton è il più giovane della sua famiglia,
avendo anche due fratelli maggiori di nome Clinton e Joshua e una
sorella, anche lei più grande, di nome Willow. Proprio con
quest’ultima Colton ha negli anni dimostrato una grande sintonia,
condividendo spesso e volentieri fotografie che li ritraggono in
attività svolte insieme. Si tratta dei pochi momenti di vita
personale che l’attore è solito condividere, essendo notoriamente
riservato.
Colton Haynes: il coming out e Jeff
Leatham
6. Ha avuto diversi problemi
legati all’ansia. La maggior parte dei problemi d’ansia
dell’attore sono nati dal fatto di aver nascosto per anni la sua
omosessualità e dopo aver vissuto pesanti ripercussioni per aver
rivelato a famiglia e compagni di classe il suo orientamento
sessuale. Nel 2016 è infine riuscito a fare coming out, dopo che un
utente su Tumblr aveva commentato una sua immagine riferendosi ad
un passato gay. Stanco di vivere in quello stato emotivo, l’attore
ha dunque trovato la forza necessaria per affrontare il giudizio
dell’opinione pubblica, uscendone vincitore.
7. Colton Haynes si è
sposato (ma si è anche già separato). Nel 2017 ha iniziato
a frequentare il fiorista dei vip Jeff Leatham,
con il quale si è fidanzato con l’approvazione di Cher, e si è
sposato in Messico alla fine di ottobre dello stesso anno. Ma già
dopo sei mesi viene annunciato il divorzio. Pare che il modello
americano abbia deciso di interrompere il matrimonio a causa di
ripetuti tradimenti da parte di lui, smentiti poi da Colton stesso.
Tuttavia, Colton ha eliminato dai social le foto fatte con l’ormai
ex marito.
Colton Haynes è su Twitter e
Instagram
8. Colton Haynes è molto
attivo sui social. Colton non è una di quelle star che
preferisce non mostrarsi sui social o non dare delle proprie
opinioni. A differenza, Haynes è molto attivo e uno dei suoi social
preferiti è sicuramente Twitter. Dal suo profilo ufficiale, Colton
commenta notizie di ogni tipo, specialmente riguardo il suo lavoro
e non esita a fare i complimenti ad amici che colleghi, come è
avvenuto in questi giorni dopo la consegna dei premi Emmy.
9. Colton Haynes è assiduo
utilizzatore di Instagram e You Tube. Colton Haynes non
esita a mostrarsi su Instagram. Su questo social posta almeno una
foto al giorno, in cui vengono mostrate scene di vita quotidiana o
immagini tratte da vari shooting. Principalmente, però, le foto
ritraggono sé stesso, come a mostrare il proprio percorso di
rinascita e di benessere e i suoi risultati. Su You Tube. Colton
Haynes ha un proprio canale ufficiale in cui pubblica video di
diversa natura: da video parodia a rifermenti al suo lavoro sia di
attore che di modello, fino alla pubblicazione di canzoni da lui
realizzate.
Colton Haynes: età, altezza e fisico dell’attore
10. Colton Haynes è nato il
13 luglio 1988 a Wichita, nel Kansas. Figlio di Dana
Denise e William Clayton Haynes, ultimo di quattro fratelli, ha
iniziato a quindici anni la sua carriera di modello a New York e il
suo primo successo è arrivato grazie ad una campagna firmata
Abercrombie & Fitch. Ha fatto il modello anche per J. C. Penney,
Kira Plastinina e Raplh Lauren. Fisico atletico, aspetto curato,
lineamenti delicati e occhi azzurri che non passano di certo
inosservati, la sua carriera di modello continua tutt’ora.
Venom:
la Furia di Carnage è arrivato oggi in sala e, ci
scommettiamo, uno dei momenti che maggiormente attirerà
l’attenzione degli spettatori, è la scena post-credits in cui
vediamo Eddie Brock e Venom vedere in tv lo Spider-Man di Tom Holland. La cosa si verifica a seguito di
una specie di terremoto, come uno sfasamento tra piani del
multiverso, ed è la conseguenza di qualcosa di più grande che sta
avvenendo del MCU. Quali possono essere state le
cause?
L’omicidio di Colui che rimane
Sylvie ha mantenuto la sua
promessa di uccidere la potente variante di Kang, Colui che rimane, alla fine di Loki.
La sua determinazione a vendicarsi è costata al Multiverso la sua
stabilità. La serie si è conclusa con innumerevoli flussi di tempo
fuori controllo. È possibile che una di quelle realtà possa essere
quella di Eddie Brock.
Con le linee temporali che si
scontrano l’una con l’altra ora che Kang non è più lì a vegliare su
di esse, Venom potrebbe essere una vittima degli eventi della serie
Disney+. La sequenza post-crediti in
La Furia di Carnage mostra una luce gialla
proveniente dall’esterno della stanza in cui si trova Eddie, un
colore associato al Multiverso all’interno di Loki.
L’incantesimo del Dottor
Strange
Il
trailer di
Spider-Man: No Way Home sembra mostrare che che
Doctor Strange lancia un incantesimo che ha
importanti implicazioni per il tessuto stesso del Multiverso. Con
più universi riuniti, è molto plausibile che la nemesi del
tessiragnatele, ossia Venom, venga portata nell’MCU grazie a questa magia.
Ancora una volta, la luce gialla
potrebbe collegarsi all’opera mistica dello Stregone Supremo e
tematicamente si abbinerebbe sicuramente all’imminente produzione
dei Marvel Studios e della Sony, che si concentra
su più realtà dei passati film Sony/Marvel. È forse la spiegazione più
probabile e logica per gli eventi in quanto il prossimo film
MCU di Sony è proprio No Way
Home.
L’ingerenza della realtà di
Wanda
WandaVision
ha dimostrato che la Scarlet Witch è decisamente la Vendicatrice
più forte grazie alle sue capacità di alterare la realtà. Con
apparentemente nessuno in grado di fermare lei e il Darkhold ora
nelle sue mani, Wanda potrebbe perdere il controllo del multiverso
alla ricerca dei suoi figli nello spazio e nel tempo.
La rivelazione di Scarlet Witch ha
portato con sé il bagliore giallo visto in Venom:
la Furia di Carnage, aggiungendo un elemento a
supporto di questa spiegazione. Se Tommy e Billy potessero essere
trovati nell’universo di Venom, allora Wanda potrebbe aver portato
Eddie Brock e altri elementi di quella Terra nella continuità
principale dell’MCU.
Agatha Harkness che influenza il
multiverso
Agatha
Harkness è un’altra potente maga che potrebbe aver già
iniziato a interferire con realtà alternative. Il suo piano di
prendere un Quicksilver da un’altra linea temporale non è andato a
buon fine come pensava, ma probabilmente non è stata l’ultima
apparizione di Agatha nell’MCU.
La potente strega continuerà ad
attingere a quel potere, anche se non se ne renderà completamente
conto grazie alla maledizione di Wanda. Potrebbe influenzare
accidentalmente il Multiverso, forse portando in suo aiuto esseri
dell’oscurità nella speranza di liberarla dalla prigione in cui
l’ha rinchiusa Wanda. Venom probabilmente non sarà la risposta che
desidera però.
L’interferenza di Uatu
La presenza di Uatu è
attualmente evidenziata in What
If…?, che mostra la gamma e la complessità del
Multiverso. L’Osservatore ha senza dubbio visto Eddie Brock e Venom
tra le infinite linee temporali e potrebbe aver pensato di portarlo
nell’MCU per ragioni sconosciute.
Uatu non dovrebbe interferire, ma
gli spettatori stanno imparando sempre più che la sua coscienza,
proprio come nei fumetti, sta avendo la meglio sul suo ruolo di
Osservatore. Se il Simbionte potesse essere la chiave per aiutare
Peter Parker a salvare la situazione, allora Uatu farà sicuramente
la difficile scelta di lasciarsi coinvolgere ancora una volta.
Energia infinita
Le Gemme
dell’Infinito hanno emesso un’incredibile energia
cosmica che ha provocato l’influenza di diverse specie e messo
in pericolo l’equilibrio dell’universo stesso. Dopotutto, gli
Eterni sembrano aver risposto all’enorme livello di forza cosmica
usata più volte sulla Terra.
Dato che anche i simbionti sono
stati influenzati da questi cambiamenti universali, è possibile che
le Gemme dell’Infinito abbiano contribuito a proiettare Venom in
un’altra linea temporale. È una spiegazione su cui la Marvel ha già fatto affidamento
alcune volte nell’MCU.
Reimpostare la linea temporale
Captain
America ha intrapreso una missione incredibilmente
importante in Avengers:
Endgame per cercare di ripristinare la linea temporale
e riportare le Gemme dell’Infinito esattamente da dove erano
venute. Mentre il pubblico è portato a credere che la missione sia
stata un successo, questa potrebbe invece aver avuto conseguenze
disastrose.
Non si sa cosa abbia combinato Steve
in quegli anni, ma è probabile che potrebbe aver inconsapevolmente
innescato una serie di eventi che hanno avuto importanti
implicazioni per il futuro. La comprensione del tempo dei
Vendicatori è limitata, nella migliore delle ipotesi, e quindi
potrebbero essere bellamente inconsapevoli di essere in grado di
creare delle spaccature nel tessuto del multiverso, come è accaduto
alla fine di Venom:
la Furia di Carnage.
Ecco una clip esclusiva dal film
#IoSonoQui, l’attesa nuova commedia di
Eric Lartigau, regista del film campione di
incassi La famiglia Bélier, in arrivo nei cinema dal
14 ottobre.
https://www.youtube.com/watch?v=Wda4eIvteb0
OFFICINE UBU è liete di rilasciare
il trailer italiano di #IoSonoQui, l’attesa nuova commedia di Eric
Lartigau, regista del film campione di incassi La famiglia Bélier,
in arrivo nei cinema dal 14 ottobre.
#IoSonoQui racconta di un insolito
viaggio, dai Paesi Baschi fino alla splendente Corea del Sud,
all’inseguimento di quell’incontro che potrebbe cambiare per sempre
il proprio destino. Il protagonista di questa favola romantica è lo
chef di successo Stéphane (interpretato dal regista e attore Alain
Chabat, noto per Mood Indigo, L’arte del sogno, Prestami la tua
mano, Asterix et Obelix: Missione Cleopatra) che conduce una vita
tranquilla ma priva di stimoli. Un giorno conosce su Instagram una
misteriosa donna coreana che riesce a riaccendere in lui quella
scintilla da tempo assopita. Deciso a conoscere dal vivo Soo
(interpretata da Doona Bae, nota per Cloud Atlas, la serie Sense8 e
per le sue interpretazioni nei film di Bong Joon-ho, Hirokazu
Kore-eda e Park Chan-wook), Stéphane intraprenderà un avventuroso
viaggio dall’altra parte del mondo, pieno di scoperte e imprevisti,
per poter conoscere un nuovo grande amore… e se stesso. Perché a
volte perdersi, è il miglior modo per ritrovarsi.
#IoSonoQui, diretto da Eric Lartigau, arriverà nei
cinema italiani dal 14 ottobre distribuito da Officine UBU.
#IoSonoQui – la trama
Stéphane, uno chef di successo,
conduce una vita tranquilla nei Paesi Baschi, circondato
dall’affetto dei figli e dal supporto della ex-moglie. Eppure
l’unica cosa che lo fa sentire vivo è Soo, una giovane donna
coreana che ha conosciuto su Instagram. I due parlano di arte e di
ciliegi in fiore e sembrano instaurare un solido rapporto,
nonostante la lontananza. In uno slancio emotivo, Stéphane decide
di partire per Seoul e incontrare Soo. Al suo arrivo però, lei non
si presenta e Stéphane inizia a vagare per l’aeroporto e per la
città, dove la ricerca di Soo lo porterà a riscoprire se stesso.
Riusciranno i due a incontrarsi?
Ormai è risaputo che il casting di
Gemma Chan in Eternals
è arrivato a cast completato. La notizia è sembrata strana perché
il personaggio di Sersi, che è interpretato da Chan, è il
protagonista della vicenda, nonostante si tratti di un film corale,
ma la spiegazione dei produttori in merito a questo casting ha
fatto luce sulla questione.
Il problema principale, sembra, era
che Chan era
già stata Minerva in Captain Marvel e che non avrebbe
potuto interpretare un altro personaggio all’interno del MCU. Quello che però ha convinto la
produzione a cedere è stato proprio il fatto che Minerva ha la
pelle blu, e che questo rendeva Chan meno riconoscibile agli occhi
del pubblico.
Sembra infatti che, nonostante tutte
le audizioni per Sersi, nessuna attrice, secondo Nate Moore, era
più adatta di Gemma Chan, e così la produzione ha corso il
rischio e affidato il ruolo all’attrice. “Penso che se Minerva
non fosse stata blu, non avremmo avuto il coraggio di scegliere di
nuovo lei” ha concluso Moore.
Eternals, dal 5 novembre al cinema
Eternals,
il terzo film della Fase Quattro dell’Universo Cinematografico
Marvel diretto dalla regista vincitrice dell’Academy
Award Chloé Zhao, arriverà il 3 novembre
nelle sale italiane. Il film targato Marvel StudiosEternals presenta
un nuovo team di supereroi dell’Universo Cinematografico
Marvel: l’epica storia, che abbraccia migliaia di anni, mostra
un gruppo di eroi immortali costretti a uscire dall’ombra per
unirsi contro il più antico nemico dell’umanità, The Deviants.
Il cast del film
comprende Richard
Madden, che interpreta l’onnipotente
Ikaris; Gemma
Chan, che interpreta Sersi, amante
dell’umanità; Kumail
Nanjiani, che interpreta Kingo, dotato dei poteri del
cosmo; Lauren Ridloff, che interpreta la
velocissima Makkari; Brian Tyree Henry, che
interpreta l’intelligente inventore Phastos;Salma
Hayek, che interpreta la leader saggia e spirituale
Ajak; Lia McHugh, che interpreta Sprite,
eternamente giovane e al tempo stesso piena di
saggezza; Don Lee, che interpreta il
potente Gilgamesh; Barry Keoghan, che interpreta il solitario
Druig; e Angelina
Jolie, che veste i panni dell’impetuosa guerriera
Thena.Kit
Harington interpreta Dane Whitman.
Nate Moore,
produttore di Eternals,
ha cercato di rispondere a una domanda molto complicata, che mette
a paragone la forza di Captain Marvel con quella di Thena,
il personaggio interpretato da
Angelina Jolie nel film di Chloe Zhao.
“Quando Captain Marvel diventa Binary, è dura […]
Voglio dire, sono ovviamente più forti degli umani. Penso che se
guardi ai nostri fantastici eroi, come Occhio di Falco e Vedova
Nera non avrebbero problemi a sconfiggerli. Non volevamo che
fossero troppo divini perché avremmo corso il rischio di proporre
personaggi in cui non ti puoi identificare. E immagino che Thor ci
sia riuscito abbastanza bene. Ma non abbiamo necessariamente un
sistema di classificazione. Pensiamo che si occupino ognuno di cose
diverse, con ognuno il suo spazio, se e quando dovessero
incrociarsi con altri personaggi… sarà una cosa divertente da
indagare.”
Eternals, dal 5 novembre al cinema
Eternals,
il terzo film della Fase Quattro dell’Universo Cinematografico
Marvel diretto dalla regista vincitrice dell’Academy
Award Chloé Zhao, arriverà il 3 novembre
nelle sale italiane. Il film targato Marvel StudiosEternals presenta
un nuovo team di supereroi dell’Universo Cinematografico
Marvel: l’epica storia, che abbraccia migliaia di anni, mostra
un gruppo di eroi immortali costretti a uscire dall’ombra per
unirsi contro il più antico nemico dell’umanità, The Deviants.
Il cast del film
comprende Richard
Madden, che interpreta l’onnipotente
Ikaris; Gemma
Chan, che interpreta Sersi, amante
dell’umanità; Kumail
Nanjiani, che interpreta Kingo, dotato dei poteri del
cosmo; Lauren Ridloff, che interpreta la
velocissima Makkari; Brian Tyree Henry, che
interpreta l’intelligente inventore Phastos;Salma
Hayek, che interpreta la leader saggia e spirituale
Ajak; Lia McHugh, che interpreta Sprite,
eternamente giovane e al tempo stesso piena di
saggezza; Don Lee, che interpreta il
potente Gilgamesh; Barry Keoghan, che interpreta il solitario
Druig; e Angelina
Jolie, che veste i panni dell’impetuosa guerriera
Thena.Kit
Harington interpreta Dane Whitman.
Evangeline Lilly ha indossato i panni di Hope
Van Dyne e poi di Wasp a partire dal 2015, è comparsa in
Ant-Man, in Ant-Man and the Wasp
e anche in Avengers: Endgame. Il prossimo
film della saga che vedrà comparire il suo personaggio, Ant-Man and the Wasp: Quantumania, è
attualmente previsto in uscita il 17 febbraio 2023.
Da questo momento in poi, dopo il
grande twist di Endgame che ha visto il ritorno di Scott come la
rinascita della speranza nel cuore dei Vendicatori rimasti, ci
aspettiamo che dal prossimo film, sia Wasp che Ant-Man possano
essere la prima linea di difesa contro i cattivi, visto che nel
film è confermata la presenza di Jonathan Majors
nei panni di Kang in conquistatore, personaggio che alla fine della
serie Disney+Loki è stato
designato come prossimo grande villain del MCU.
Secondo un’intervista con THR, il
tempo che ha separato Endgame dalla sua prossima interpretazione di
Hope van Dyne è stato utilissimo a Lilly per capire finalmente il
suo personaggio. L’attrice descrive Hope come il suo ruolo più
difficile da capire di sempre, e mentre l’ha già interpretata in
tre film, alla fine della lettura della sceneggiatura di
Ant-Man 3,
qualcosa è scattato nella sua testa:
“Hope è uno strano enigma per
me. Ma la verità è che trovo più difficile conoscere e capire Hope
rispetto a qualsiasi altro personaggio che abbia mai interpretato
prima. E dirò che dopo aver letto la sceneggiatura di
[Quantumania], ho avuto una specie di rivelazione; ho detto a
Peyton: “Oh mio Dio, penso di averla finalmente capita”. Quindi
spero che quando arriveremo alla conclusione e quando vedrò il
film, capirò la differenza. Ma non credo che qualcun altro lo farà.
Penso di essere un buon bluffatore. Questo è quello che faccio per
vivere. Ma conosco la differenza e spero che in questo, mi sentirò
come se potessi guardarlo e dire di aver gestito meglio il
personaggio rispetto alle prime volte. Questo è il mio obiettivo,
comunque. Questa è la mia speranza.”
Cary Joji Fukunaga,
regista di No Time
to Die, ultimo film di 007 in sala e ultimo film del
franchise con Daniel Craig, ha paragonato la saga
di James
Bond ai Simpson. Per quanto il
paragone possa sembrare azzardato, in effetti il regista ha
spiegato bene il suo punto.
In particolare, Fukunaga ha
confrontato il modo in cui i cattivi e le trame dell’epopea di 007
hanno spesso previsto e preceduto gli eventi mondiali in modo
simile a come spesso accade per i Simpson. Il
regista prosegue affermando che il franchise costituisce una
sequenza temporale di eventi e temi che si sono riflessi nel mondo
reale. Queste le sue parole: “È divertente, se torni indietro e
guardi alcuni dei cattivi e le loro trame vedi come si sono
sviluppati in modo diverso nel tempo, è quasi come I Simpson,
quando la serie predice le cose nel futuro. Sento che si può
tornare in alcuni dei film di Bond e individuare le cose che alla
fine abbiamo visto accadere realmente.”
In No Time
to Die, Bond si gode una vita tranquilla in Giamaica
dopo essersi ritirato dal servizio attivo. Il suo quieto vivere
viene però bruscamente interrotto quando Felix Leiter, un vecchio
amico ed agente della CIA, ricompare chiedendogli aiuto. La
missione per liberare uno scienziato dai suoi sequestratori si
rivela essere più insidiosa del previsto, portando Bond sulle
tracce di un misterioso villain armato di una nuova e pericolosa
tecnologia.
ATTENZIONE L’ARTICOLO CONTIENE
SPOILER SU VENOM: LA FURIA DI CARNAGE
Andy Serkis,
regista di Venom: La
furia di Carnage, ha parlato della scena post credits
del film descrivendola come un “finale aperto” verso qualcos’altro.
Il sequel del sorprendente successo al botteghino del 2018 vede
Tom Hardy tornare nei panni del giornalista
caduto in disgrazia Eddie Brock mentre cerca di rivitalizzare la
sua carriera intervistando il serial killer interpretato da
Woody Harrelson, Cletus Kasady. Tuttavia,
Kasady diventa ospite del pericoloso simbionte alieno Carnage e si
libera dalla prigione e si ricongiunge con la sua amata, anche lei
una pazza criminale, costringendo Eddie e Venom a entrare in azione
per proteggere la città e coloro a cui tengono.
Il pubblico è attualmente in
fermento per il futuro dell’universo di Spider-Man in casa Sony
dopo la sequenza post credits del film che anticipa ciò che verrà
per il franchise e il suo legami con il Marvel Cinematic Universe.
Mentre iniziano a sorgere domande sul futuro, il regista del sequel
offre nuovi dettagli sul processo che ha portato a quella
scena.
Il regista ha affermato che mentre
la scena era destinata a mostrare al pubblico che gli universi si
scontreranno, non è ancora successo nulla e che si tratta solo di
un accenno a ciò che accadrà per entrambi i franchise.
“Volevamo lasciare che il
pubblico sapesse che questi universi si sarebbero scontrati in
qualche modo e volevamo farlo in modo tale che lasciasse ancora
spazio, non stiamo cronometrando nulla. Il portale non viene
attraversato completamente, ma serve ad aprire più domande,
suppongo, invece che dire [qualsiasi cosa] con certezza. È un
anticipo, nel senso più pieno della parola.”
Tom Hardy ritorna sul grande schermo nel
ruolo del “protettore letale” Venom, uno dei personaggi Marvel più enigmatici e complessi.
In Venom: La
furia di Carnage assisteremo allo scontro tra il
simbionte e Cletus Kasady, aka Carnage, uno degli antagonisti più
celebri dei fumetti su Spider-Man, interpretato da Woody
Harrelson.
Nel cast del sequel
anche Michelle
Williams(Fosse/Verdon) nei panni
di Anne Weying, Naomie
Harris(No Time to Die) nei panni
di Shriek e l’attore inglese Stephen
Graham (Boardwalk Empire, Taboo). Il film
uscirà in autunno al cinema.
La Universal Pictures ha appena
annunciato che il prossimo film di M. Night
Shyamalan si intitolerà
Knock At The Cabin e uscirà il 3 febbraio
2023. La data di uscita originale del film era fissata per il 17
febbraio 2023. M. Night Shyamalan ha anche
annunciato la nuova data con un video criptico sul suo Instagram,
che puoi vedere di seguito:
Questa estate Shyamalan è tornato
al cinema con Old, un film che riporta il regista alle sue
origini, e ripropone una storia costruita più sulla suspence che
sull’orrore. Il film è anche caratterizzato dal classico colpo di
scena che ha reso famosa la scrittura del regista di
Philadelphia.
Sono sempre più numerose e
interessanti le notizie che riguardano il prossimo Eternals,
il film di Chloe Zhao che arricchisce la Fase 4
del Marvel Cinematic Universe e
arriverà in sala il 5 novembre, con premiere europea alla Festa del
Cinema di Roma in corso.
Durante la
visita di Screen Rant sul set di Eternals
insieme a un gruppo di giornalisti, il produttore Nate
Moore ha rivelato che anche se la Terra è stata la casa
degli Eterni per millenni, non è l’unico pianeta che verrà visitato
nel film. È stato parco di dettagli, ma ha suggerito che “potremo
vedere altri posti”. Per quanto riguarda i luoghi della Terra mai
visti prima, ha anche detto che “potremmo vedere scorci [di
Olimpia]” anche se “non passeremo molto tempo lì”. Ecco cosa ha
dichiarato: “Il film non si svolge necessariamente sempre sulla
Terra, quindi possiamo vedere alcuni altri posti e penso sia
davvero divertente. Potremmo vedere scorci [di Olimpia] ma non ci
passeremo molto tempo.”
Moore ha anche confermato che il
film coprirà 7.000 anni di storia umana e sarà ambientato in due
linee temporali separate con una struttura simile a quella de
Il Padrino Parte II per esplorare le origini del
gruppo creato dai Celestiali e giunto sulla Terra dal pianeta
alieno di Olimpia. La cronologia passata del film vedrà gli Eterni
sradicare lentamente la malvagia razza dei Devianti nel corso degli
anni, ma anche scoprire che le loro relazioni sono state
influenzate e lentamente separate.
In Eternals,
i Devianti vengono descritti come una razza di “alieni
parassiti che vanno da un pianeta all’altro e mentre uccidono i
predatori apicali del pianeta, prendono le caratteristiche di quei
predatori e spazzano via la vita intelligente”. Dopo averli
apparentemente sconfitti e essersi separati l’uno dall’altro,
torniamo all’attuale linea temporale in cui Sersi e Sprite ancora
vivere insieme a Londra e essere sorpresi dall’arrivo di un
Deviante, il primo in 5.000 anni, che si è evoluto dal suo
originale modulo. Questo stimolerà il desiderio dei due di riunire
il gruppo per combattere i Devianti.
La decisione di raccontare la storia
di Eternals
in una doppia linea temporale è un’evoluzione intrigante nella
formula narrativa del MCU. Sebbene molti film
dell’MCU abbiano utilizzato flashback
per le loro storie, molto raramente un film ha effettivamente
scelto di dividere nettamente la trama. Questo nuovo stile per la
narrazione del film è anche in linea con la Marvel che, secondo quanto
riferito, ha dato a Zhao molta libertà creativa nel riscrivere e
dirigere il film.
Eternals, dal 5 novembre al cinema
Eternals,
il terzo film della Fase Quattro dell’Universo Cinematografico
Marvel diretto dalla regista vincitrice dell’Academy
Award Chloé Zhao, arriverà il 3 novembre
nelle sale italiane. Il film targato Marvel StudiosEternals presenta
un nuovo team di supereroi dell’Universo Cinematografico
Marvel: l’epica storia, che abbraccia migliaia di anni, mostra
un gruppo di eroi immortali costretti a uscire dall’ombra per
unirsi contro il più antico nemico dell’umanità, The Deviants.
Il cast del film
comprende Richard
Madden, che interpreta l’onnipotente
Ikaris; Gemma
Chan, che interpreta Sersi, amante
dell’umanità; Kumail
Nanjiani, che interpreta Kingo, dotato dei poteri del
cosmo; Lauren Ridloff, che interpreta la
velocissima Makkari; Brian Tyree Henry, che
interpreta l’intelligente inventore Phastos;Salma
Hayek, che interpreta la leader saggia e spirituale
Ajak; Lia McHugh, che interpreta Sprite,
eternamente giovane e al tempo stesso piena di
saggezza; Don Lee, che interpreta il
potente Gilgamesh; Barry Keoghan, che interpreta il solitario
Druig; e Angelina
Jolie, che veste i panni dell’impetuosa guerriera
Thena.Kit
Harington interpreta Dane Whitman.
Film d’apertura della
sezione Alice nella città della Festa del Cinema di Roma, Ghostbusters:
Legacy sarà nei cinema italiani a partire dal 18 novembre.
Un sequel dei primi due Ghostbusters del 1984 e del 1989, diretto
dal figlio del regista di allora, Jason Reitman.
Lo abbiamo incontrato
alla Festa del Cinema di Roma, dove era già stato nel 2007 per
presentare il suo
Juno, ed è un piacere ritrovarlo per parlare
dell’eredità racchiusa nel film, un omaggio unico al celebre padre,
a quel cinema di cult indimenticabili e a tutto il pubblico, di
ieri e di oggi.
Jason Reitman sul set
dell’originale
“Ero sul set del
Ghostbusters originale, a sei anni – ricorda del film che
diede origine al mito. – Ricordo che guardavo mio padre
dirigere il film a New York, con Dan [Aykroyd] Bill [Murray] Ernie
[Hudson] in cima al palazzo, i Marshmallow che volavano in cielo…
Un film che ha fatto sì che mi sentissi un po’ intimidito. Quando
la gente mi chiedeva se avrei potuto dirigerne un sequel, la mia
arroganza mi faceva pensare che volessero vedere un MIO film,
quando invece volevano che riportassi in vita quella
storia!”
Non il solo ricordo
conservato di quell’avventura, considerato anche che nel sequel del
1989 il padre lo aveva voluto in scena, come il ragazzino che se la
prende con Aykroyd e Hudson: “Mio padre aveva tentato di
mettere tutta la famiglia nel primo film, ma quando sarebbe dovuto
toccare a me credo che fossi stato troppo monello per un premio del
genere. In compenso, nel negativo originale del film abbiamo
trovato una inquadratura di me, mia madre e mia sorella che usciamo
dal palazzo… una scena che ho voluto inserire nel trailer e che fa
parte dei filmati inediti del 1984 che ho inserito in Ghostbusters
Legacy”.
Ma da sempre il cinema è
il legame tra Ivan Reitman e il figlio, che lo
ammette senza problemi: “Il rapporto con mio padre inizia dai
film, ne abbiamo sempre parlato. E ha sempre voluto vedermi in un
film. Mi ha messo in molti dei suoi film”… Da I
gemelli a Due padri di troppo, passando
per Dave – Presidente per un giorno e soprattutto
Un poliziotto alle elementari, dove – davanti a
una macchina da presa – Jason si trovò a dare il suo primo bacio
(“mio padre mi diede un sacco di indicazioni e fece ripetere la
scena parecchie volte”). “Prima di avere il coraggio di
presentargli l’idea di questo sequel ero molto nervoso, ma l’ha
recepita molto bene. E di recente l’ho visto orgoglioso. In fondo
l’ho fatto per lui, per mia figlia e per tutta la
famiglia”.
L’eroina di Ghostbusters:
Legacy
Non a caso è una
ragazzina l’eroina del film, la Mckenna Grace di
Malignant e Tonya. “Siamo partiti dall’immagine di
questa dodicenne con uno zaino protonico, era un elemento
fondamentale dall’inizio – ricorda Jason. – Ma ho sempre
amato raccontare storie di donne nei miei film, da Juno a Tra le
nuvole, Young Adult o Tully. E sono stato fortunato a lavorare
sempre con grandi attrici”.
“Non so se sto
raccontando questa storia per mia figlia, o per me, ma non credo
sia stato un caso essere stato figlio di un acchiappafantasmi
– si ferma a riflettere, quando gli chiedono a chi sia diretto
questo film. – Abbiamo fatto un film sui nipoti dei
Ghostbusters, che parla di nostalgia e di come ci rivolgiamo al
passato. E in questo senso i fantasmi sono anche metaforici. Era
importante per tutte le persone che hanno amato quel film, e che
come noi avrebbero voluto guidare la Ecto-1 o indossare uno zaino
protonico”.
Ghostbusters –
Acchiappafantasmi resta insomma un riferimento costante,
anche dal punto di vista tecnico, con il recupero di alcuni effetti
tipici di allora. “Abbiamo realizzato parti del con animatroni,
come si faceva all’epoca – spiega il regista. – Non
abbiamo utilizzato camere virtuali, ma c’è della computer graphic.
D’altronde quando uscì il primo film era davvero all’avanguardia
come effetti speciali. E’ facile dimenticarlo ora, ma molte
tecniche usate da mio padre non erano mai state viste
prima”.
L’unicità dei film originali
“Ho riflettuto a
lungo su cosa lo abbia reso tanto unico – continua, parlando
sempre del film del 1984. – Quando uscì in sala rimase in testa
al box office per due mesi. Ma in quel momento c’erano Robert
Zemekis, Steven Spielgberg, Joe Dante e mio padre che realizzavano
intrattenimento di altissima qualità. Siamo cresciuti vedendo film
come ET, Ritorno al futuro, I Gremlins, I Goonies e volevamo
realizzare quel tipo di film. Un film per i nostri figli, nel quale
vedere dei ragazzini che girato l’angolo si trasformano in
eroi”.
Days, film
drammatico taiwanese del 2020 diretto da Tsai
Ming-liang, arriva nelle sale italiane dal 14 Ottobre
2021, distribuito da Double Line. La pellicola
era stata precedentemente selezionata per competere per l’Orso
d’oro alla 70° edizione del Festival Internazionale del Cinema di
Berlino, vincendo poi il Teddy Award
della giuria.
Days: una connessione inafferrabile tra due personaggi
lontanissimi
Negli ultimi anni, la poetica di
Tsai Ming-liang ha abbracciato un minimalismo filmico e narrativo
quasi assoluto, alla ricerca dell’essenzialità esistenziale,
ritratta con fotogrammi impressionisti ed elegiaci che, in
Days, vanno a confezionare un album fotografico
raffinato e sensoriale, assolutamente inedito nel panorama
contemporaneo. Days, inoltre, si presenta come
primo lungometraggio di finzione per Tsai Ming-Ling dai tempi di
Stray Dogs, per cui vinse il Gran Premio della
giuria nel 2013 alla Mostra del cinema di
Venezia.
Days ripercorre il
cammino di due personaggi piuttosto differenti tra di loro che,
tuttavia, si incontreranno e stabiliranno un’interconnesione
profonda in una Bangkok inondata di un realismo magico
inafferrabile, apoteosi assoluta della topografia contemplativa di
Tsai. A Taiwan, Kang (Lee
Kang-sheng) vive in una casa immersa nella natura e
trascorre le giornate tra sedute di fisioterapia, massaggi e cure
per alleviare il dolore al collo e alla testa di cui soffre. La
cinepresa ci trasporta poi a Bangkok, dove vive invece
Neon (AnongHoungheuangsy), immigrato di Laos che osserviamo
cucinare pedissequamente nel suo misero appartamento. Un incontro
tra i due personaggi nella metropoli sublimerà un’intesa
lontanissima nello spazio eppure terapeutica e fisicamente
necessaria, indagata nella seconda parte climatica dell’opera.
Days si pone in
continuità con il precedente operato di Tsai e ciò è testimoniato
dalle lunghe inquadrature fisse che scandiscono, per l’appunto, le
giornate del titolo, nonché dagli scarnissimi dialoghi e la
contemplazione del silenzio che ne consegue. Vi è però l’aggiunta
di un tassello ulteriore al puzzle impressionista di Tsai:
l’avvertimento iniziale che dichiara che il film sarà
“intenzionalmente non sottotitolato” mette in luce la vittoria del
silenzio emotivo, intimista, che accompagna le azioni sceniche dei
tableaux vivants di Tsai.
Days: la solitudine magicamente inafferrabile della poetica di
Tsai Ming-liang
Nessuna artificiosità, aggiunta
retorica o descrizioni didascaliche: il lavoro di Tsai continua a
procedere per sottrazione, narrativizzando l’esperienza personale
dell’inseparabile Lee Kang-Sheng, effettivamente sofferente a causa
di problemi fisici che ne hanno alterato il movimento. La
quotidianità dell’attore trova quindi dimensione filmica grazie
alle mani di Tsai che, partendo dalla giustapposizione di immagini
sensoriali pur rigorose nel loro impianto formale, dà vita a
suggestioni visive irripetibili.
Temi cardine della
narrazione di Tsai Ming-liang permangono l’alienazione e la
solitudine dei protagonisti, sviscerate da un’ottica pregna di
richiami bressoniani e incisivamente autoriale. Lo spettacolo della
vita è analizzato nell’estensione sequenziale quotidiana, che
percorre due vie parallele con un unico punto di intersezione, la
dimensione privata che diventa condivisione silente, ma tattile.
Una cinepresa onnipresente e onnisciente non può fare a meno di
penetrare i muri delle abitazioni dei due personaggi principali di
Days, che continuano a seguire la routine
giornalieri, consapevoli dell’immanenza di un occhio autoriale che
vuole documentare il fluire del tempo senza modificarlo in alcun
modo.
Nel racconto di
Days vi è la memoria delle precedenti prove
autoriali di Tsai: sono simboli, tematiche e motivi a ripetersi,
suggellando un percorso artistico che punta ad andare oltre le
frontiere dell’audiovisivo, proponendosi non solo come film, ma
come opera fluida, assolutamente al di li fuori di qualsiasi
ordinamento tassonomico. Tsai Ming-liang è autore e artista, prima
di regista, il cui lavoro è sempre caratterizzato da
un’inconfondibile sperimentazione visiva. Nello scenario
contemporaneo postmediale, caratterizzato da informazioni liquide e
da una divulgazione “vaporizzata”, la messa in discussione
dell’immagine filmica da parte di Tsai si inserisce perfettamente.
Avanguardia artistica, videoarte e ibridazione si fondono nei
film-sequenza di Tsai, che ha inoltre intrapreso rapporti di
collaborazione con le gallerie d’arte già a partire dalle
proiezioni di Stray Dogs, che si tennero anche nei musei.
Tsai conduce una delicata operazione
di sovrapposizione del materiale filmico e biografico,
consegnandoci un’idea di cinema vita, che vive nell’espressività
dei silenzi, nell’elegia della azioni routinarie e nella potenza
emotiva dell’unione dei corpi. Il montaggio in
Days è praticamente inesistente, eppure Tsai
riesce a conferire una potenza inesauribile al fuoricampo
invisibile: emozioni, sofferenza, passione che forgiano i
protagonisti. Quello di Days è un dialogo
rarefatto, che esplora la dimensione spirituale passando attraverso
la corporalità sceneggiata, inserita in una bolla spaziale e
temporale che ne sancisce l’universalità.
L’incontro di due solitudini trova
una completezza inedita nel racconto incantevole di
Days, caratterizzato da una purezza cristallina
negli intenti e da una composizione estremamente evocativa, che
vive di momenti epifanici, apparizioni invisibili ma assolutamente
pervasive. Il senso del fuoricampo invisibile di
Days va cercato molto più a fondo, nel marasma di
sensazioni e sentimenti che scaturiscono trovandoci di fronte a dei
quadri intimisti talmente potenti da caratterizzare l’opera di Tsai
come una lettera d’amore all’arte.
Fairfax è la nuova
serie tv comedy animata per adulti Amazon Original
e in arrivo su Amazon Prime
Video. La serie è creata da Matthew Hausfater,
Aaron Buchsbaum e Teddy Riley, amici di lunga data, i quali sono
anche executive producer. Altri executive producer sono Jon Zimelis
e Jason U. Nadler di Serious Business (@midnight); Peter
A. Knight (Bojack Horseman); e Chris Prynoski, Ben Kalina
e Antonio Cannobio per Titmouse (Big Mouth). L’artista
Somehoodlum, che ha disegnato i personaggi per la serie, è
consulting producer insieme al marchio di abbigliamento e media
brand Pizzaslime.
La serie, che nella versione
originale ha le voci di Skyler Gisondo, Kiersey Clemons, Peter Kim,
e Jaboukie Young-White, segue quattro migliori amici delle scuole
medie alla continua ricerca di popolarità su Fairfax Avenue a Los
Angeles, il cuore pulsante della cultura hypebeast.
Fairfax: quando esce e dove
vederla
Tutti gli otto episodi di Fairfax
in streaming saranno disponibili dal 29 ottobre in esclusiva su
Prime
Video in più di 240 Paesi e territori in tutto il mondo
Fairfax: trama e cast
Questa serie racconta la storia
sempre attuale di un gruppo di ragazzi che si sforzano di essere
più cool di quello che sono, il tentativo di adattarsi ma allo
stesso tempo distinguersi, e quel che si prova ad aspettare in fila
per un paio di scarpe da ginnastica che non si riuscirà mai a
rimediare.
Il voice cast di Fairfax
include fra le guest star anche Pamela Adlon, Jeff
Bottoms, Yvette Nicole Brown, Rob Delaney, Zoey
Deutch, Colton Dunn, John Leguizamo, Camila
Mendes, Larry Owens, Linda Park, Billy
Porter, Ben Schwartz, Tim Simons, e JB
Smoove, oltre a molti altri.
Skyler Gisondo dà
la voce a Dale, un ragazzino originario dell’Oregon, serio, amante
della natura e appena arrivato a Los Angeles. Ama suo padre e il
suo marsupio, e con i pantaloncini cargo e i suoi scarponi da
trekking è involontariamente testimonial della tendenza
normcore. Tra i crediti di Gisondo si annoverano anche
Booksmart e The Righteous Gemstones.
Kiersey Clemons dà la voce a Derica,
un’aspirante modella-attivista determinata a salvare il pianeta con
stile. Clemons è nota per le sue apparizioni in Hearts Beat
Loud e The
Flash.
Peter Kim dà la voce a Benny, un esperto
sneakerhead (collezionista di scarpe) in missione per
ottenere popolarità, che suona il violoncello e porta a spasso il
cane. Kim è noto come sceneggiatore di Housebroken della
Fox ed è stato nominato “New Face” al Just For Laughs Comedy
Festival del 2021.
Jaboukie Young-White dà la voce a Truman, un
autoproclamatosi auteur di cinema d’autore e un casanova
in erba. Young-White è conosciuto per essere apparso in The
Daily Show e Dating & New York.
Disney+ ha diffuso il trailer della
serie in tre episodi The Beatles: Get Back. La docuserie originale
Disney+, diretta da Peter
Jackson, arriverà in esclusiva sulla piattaforma streaming
in tre diversi giorni: il 25, 26 e 27 novembre 2021. Realizzata
interamente con filmati inediti restaurati, questa docuserie
fornisce lo sguardo più intimo e onesto mai documentato prima sul
processo creativo di John, Paul, George e Ringo e sul loro
rapporto.
Diretta dal regista vincitore di tre
premi Oscar® Peter Jackson (la trilogia de Il
Signore degli Anelli, They Shall Not Grow Old – Per sempre giovani),
The Beatles: Get Backporta il
pubblico indietro nel tempo alle sessioni di registrazione della
band nel gennaio del 1969, in un momento cruciale della storia
della musica. La docuserie mostra il processo creativo dei Beatles
durante la scrittura di 14 nuove canzoni in preparazione del loro
primo concerto dal vivo dopo oltre due anni. Di fronte a una
scadenza temporale quasi impossibile, i forti legami di amicizia
condivisi da John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo
Starr vengono messi alla prova. La docuserie è il risultato dello
studio di quasi 60 ore di filmati inediti, girati in 21 giorni da
Michael Lindsay-Hogg nel 1969, e di più di 150 ore di registrazioni
audio mai ascoltate, la maggior parte delle quali sono rimaste
conservate in un caveau per oltre mezzo secolo. Jackson è l’unica
persona in 50 anni ad aver avuto accesso a questo tesoro dei
Beatles, che oggi è stato magistralmente restaurato. Quello che
emerge è un ritratto incredibilmente intimo dei Beatles, che mostra
come, anche sotto pressione, potessero ancora contare sulla loro
amicizia, il buon umore e il genio creativo. Mentre i piani
cambiano e le relazioni sono messe alla prova, vengono composte ed
eseguite alcune delle canzoni più iconiche al mondo. La docuserie
presenta, per la prima volta in versione integrale, l’ultima
esibizione dal vivo dei Beatles come gruppo, l’indimenticabile
concerto sul tetto di Savile Row, a Londra, così come altre canzoni
e composizioni classiche incluse negli ultimi due album della band,
Abbey Road e Let It Be.
The Beatles: Get Back, presentato da The Walt
Disney Studios in associazione con Apple Corps Ltd. e WingNut Films
Productions Ltd., è un’entusiasmante nuova collaborazione tra i
Beatles e Jackson. The Beatles: Get Back è diretto da
Peter Jackson e prodotto da Paul McCartney, Ringo Starr, Yoko Ono
Lennon, Olivia Harrison, Peter Jackson, Clare Olssen (They
Shall Not Grow Old – Per sempre giovani) e Jonathan Clyde
(The Beatles: Eight Days a Week – The Touring Years),
mentre Jeff Jones (The Beatles: Eight Days a Week – The Touring
Years) di Apple Corps e Ken Kamins (trilogia de Lo
Hobbit) sono gli executive producer. Jabez Olssen
(Rogue One: A Star Wars
Story) è il montatore del documentario, Giles Martin
(Rocketman) è il supervisore musicale, Michael Hedges
(Le avventure di Tintin – Il segreto dell’Unicorno) e
Brent Burge (trilogia de Lo Hobbit) sono i tecnici del
suono, mentre le musiche sono mixate da Giles Martin e Sam Okell
(Yesterday).
STARZPLAY, il servizio di streaming
premium internazionale di STARZ, ha annunciato oggi che
l’attesissima seconda stagione della serie nominata ai BAFTA e agli
EMMY The
Great, sarà presentata in anteprima il 19
dicembre in Germania, Austria, Spagna, Francia, Italia,
Svizzera, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, America Latina e
Brasile. Nel Regno Unito uscirà il 5 dicembre.
Nella seconda stagione
delll’acclamata serie scritta da Tony McNamara, con protagonisti
Elle Fanning e Nicholas Hoult, troviamo anche Gillian Anderson come
guest star in due episodi.
Nella nuova stagione di
The
Great Caterina conquista il trono russo, ma
capirà presto che detronizzare suo marito era solo l’inizio. Ora
deve affrontare le difficoltà di “liberare” un paese che non vuole
essere liberato. Dovrà combattere contro la corte, i suoi fedeli e
persino sua madre (interpretata dalla guest star Gillian
Anderson) nel tentativo di portare l’Illuminismo in
Russia. Nel frattempo si trova a combattere anche contro il suo
cuore con Pietro che passa dall’essere l’odiato marito ad essere un
prigioniero, o forse, un alleato o un amante… Caterina imparerà
sulla propria pelle che per cambiare un Paese devi lasciare che
esso ti cambi, che c’è una linea sottile tra idealismo e delusione,
e che diventare “la grande” richiede più di quanto avrebbe potuto
immaginare.
The
Great è una serie creata, scritta e prodotta da Tony
McNamara e prodotto da Marian Macgowan, Mark Winemaker, Elle
Fanning, Nicholas Hoult, Brittany Kahan Ward di Echo Lake, Doug
Mankoff e Andrew Spaulding, Josh Kesselman e Ron West di Thruline e
Matt Shakman. Il progetto è prodotto da Civic Center Media in
associazione con MRC Television. La serie è distribuita a livello
internazionale da ViacomCBS Global Distribution Group.
Gli
abbonati STARZPLAY hanno accesso a una
line-up esclusiva di programmi premium tra cui le serie STARZ
Original The Spanish Princess e
il secondo capitolo del cosiddetto universo
Power, Power Book II: Ghost con
Mary J. Blige, con uscite in contemporanea con gli Stati Uniti.
Serie nominate agli Emmy nel 2020 come il dramma romantico moderno
Normal People, la serie drammatica
d’epoca The Great con Elle
Fanning e Nicholas Hoult e la pluripremiata
serie The Act con la vincitrice
Oscar® Patricia Arquette e Joey King; e una raccolta di film di
successo con migliaia di titoli.
Arriva al cinema il 14
ottobre Venom: la Furia di Carnage, sequel nato
dal successo di Venom, del 2018, snobbato dalla critica ma
che ha raccolto un grande e inaspettato plauso del pubblico,
soprattutto trai più piccoli, che hanno trovato forse divertente la
dinamica da buddy movie su cui si fonda in maniera
preponderante anche questo secondo adattamento.
Venom: la Furia di Carnage, la
trama
Se il primo film aveva
come protagonista principale il simbionte nero e la sua relazione
con Eddie Brock, il giornalista che viene scelto come corpo
ospitante, Venom: la Furia di Carnage è una vera e
propria ode al personaggio di Cletus Kasady, intorno al quale ruota
tutta la trama. Il film si apre con un flashback del giovanissimo
Cletus in riformatorio, dove intreccia una relazione di amore con
Frances Barrison, una ragazza con dei poteri particolari che le
causeranno non pochi problemi, trai quali l’allontanamento dalla
struttura in cui si trova e soprattutto dal suo amato Cletus.
Torniamo poi ai nostri
giorni, in cui un Eddie Brock in rovina cerca come può di gestire
la sua convivenza forzata con il simbionte. Quando Casady, in
isolamento, fa espressa richiesta di incontrare Brock, Venom,
dentro al suo corpo ospite, scopre un indizio che permetterà alla
polizia di ritrovare i corpi delle vittime del serial killer.
L’evento avrà due conseguenze: la prima è la nuova ascesa di Brock,
la seconda è la condanna a morte per Casady. Un secondo incontro
tra i due metterà il criminale in condizione di entrare in contatto
profondo con Eddie, e non solo con lui… questo incontro avrà delle
conseguenze terrificanti.
Una buddy comedy in un solo
corpo
La recensione di Venom: la Furia di Carnage
non può prescindere da una premessa: il film è indirizzato a un
pubblico molto giovane, gioca sempre sul limite del consentito dal
rating e ha fatto tesoro di quanto di buono c’era nel primo
capitolo. Ruben Fleischer è stato
sostituito alla regia da Andy Serkis, che fa del suo meglio per
emergere da un prodotto che è fondamentalmente un insieme di scene,
a volte pretestuose, per mettere in campo gli effetti visivi che
danno vita ai due simbionti.
E, dal momento che sono
stati citati gli aspetti positivi del primo film, questo
Venom 2 potrebbe essere facilmente definito una
Buddy Comedy, in cui i due “Buddy” sono dentro lo stesso
corpo, quello di Eddie Brock/Tom
Hardy. L’idea di partenza a suo modo brillante viene
però minata da un continuo fraintendimento di tono, in cui i
battibecchi trai due sono sempre comici e sopra le righe,
risultando scollati dagli eventi che in più di un caso toccano
importanti picchi di drammaticità.
Un cast stellare messo in
difficoltà
Sono coinvolti nel cast,
a parte
Tom Hardy, una serie di attori di grande talento, come
Woody Harrelson, che dopo la scena post credits del
2018, torna a interpretare Kasady, oppure
Michelle Williams che torna a essere Anne, l’ormai ex
fidanzata di Eddie che comunque si fa coinvolgere nelle sue
accidentate vicende e che ha verso di lui un grande affetto,
nonostante la vediamo saldamente tra le braccia del suo Dan
(Reid Scott). Al cast si aggiunge
Naomie Harris, attrice dal singolare fascino e
dall’indiscusso talento che viene trascinata anche lei un questa
storia sciatta e poco convinta, in un ruolo che dovrebbe essere
drammatico, ma che non esplode mai davvero e non trova nessuna
connessione emotiva con lo spettatore.
Un ritorno al passato?
L’impressione è che
nella realizzazione di questo film ci sia molto poco di ispirato e
invece molto di calcolato, con un risultato finale sciatto e poco
interessante. Sembra, come lo era sembrato anche il film film, che
questo Venom: la
Furia di Carnage sia un cinecomic vecchio, che
ricorda la “gloria” dei primi esperimenti del genere, da I
Fantastici Quattro con Jessica Alba, al Daredevil
con Ben Affleck nella tutina dell’Uomo senza
paura. Questa sua “grande colpa” potrebbe in realtà rivelarsi anche
la sua più grande forza. Venom: la
Furia di Carnage potrebbe in effetti essere una
sveglia, un indicatore dell’esigenza di alcuni cinecomic di tornare
alle origini, di essere consciamente e autenticamente film di serie
B che intrattengono un pubblico giovane, operazioni commerciali che
non si prendono troppo sul serio e che non vanno prese sul
serio.
Andy Serkis fa del suo
meglio
Andy Serkis ha certamente provato a dare la
sua impronta al film, ci sono un paio di momenti visivamente
interessanti, come il racconto di Cletus illustrato con delle
animazioni, oppure il momento di massima espansione di Carnage,
quando, nel finale, è libero di far esplodere la sua furia omicida,
ma si fermano a momenti isolati, senza riuscire a risollevare le
sorti di un film in cui forse non credeva tanto nemmeno il suo
protagonista.
Il trailer della nuova commedia
d’avventura Disney+Home Sweet
Home Alone – Mamma, ho perso l’aereo è arrivato!
La rivisitazione dell’amato film del franchise per le vacanze
scatenerà il divertimento in queste feste natalizie, come
anticipano il nuovo trailer e le immagini. In anteprima per il
Disney+ Day, Home Sweet Home
Alone – Mamma, ho perso l’aereo debutterà il
12 novembre 2021 in esclusiva sulla piattaforma streaming. Il
Disney+ Day è una celebrazione mondiale
che coinvolgerà tutte le divisioni di The Walt Disney Company nella
giornata di venerdì 12 novembre, con nuovi contenuti, esperienze
per i fan, offerte esclusive e molto altro ancora.
Home Sweet Home Alone –
Mamma, ho perso l’aereo è interpretato da
Ellie Kemper, Rob Delaney, Archie Yates, Aisling Bea, Kenan
Thompson, Tim Simons, Pete Holmes, Devin Ratray, Ally Maki e Chris
Parnell. Il film è diretto da Dan Mazer, da una
sceneggiatura di Mikey Day & Streeter Seidell, storia di Mikey Day
& Streeter Seidell e John Hughes basata su una sceneggiatura di
quest’ultimo. Hutch Parker, p.g.a. e Dan Wilson, p.g.a. sono i
produttori, mentre Jeremiah Samuels è executive producer.
Max Mercer è un ragazzo dispettoso e pieno di risorse che è
stato lasciato a casa mentre la sua famiglia è in Giappone per le
vacanze. Così, quando una coppia sposata che cerca di recuperare un
cimelio dal valore inestimabile mette gli occhi sulla casa della
famiglia Mercer, tocca a Max proteggerla dagli intrusi… e farà di
tutto per tenerli fuori. Ne deriveranno delle peripezie esilaranti
e epiche, ma nonostante il caos assoluto, Max si renderà conto che
non c’è davvero nessun posto come la propria “casa dolce casa”.
Nonostante una carriera da attore e
doppiatore molto ricca, Mark Hamill continua a legare il suo nome a
quello di Luke Skywalker e al franchise di Star
Wars, che lo ha lanciato oltre 30 anni fa e che
continua ad essere uno dei suoi argomenti di conversazione
preferito (basta seguirlo sui social per rendersene conto).
Di recente, l’attore molto attivo su
Twitter e
Instagram, ha risposto alla richiesta di una fan che gli ha chiesto
quale fosse il suo meme preferito di Star Wars.
Hamill, nonostante fosse sopraffatto dalla quantità incredibile di
meme e battute che si fanno sempre sulla serie, ha risposto con un
meme brillante, che chiama in causa il suo collega e amico Harrison Ford. Ecco la sua risposta:
Mark Hamill ha interpretato l’eroe Luke
Skywalker in sei film sui nove che sono stati realizzati sul
racconto principale dell’universo di Star Wars, tanto che
all’uscita del nono film, due anni fa, la saga stessa è stata
intitolata The Skywalker’s Saga, proprio in onore
della famiglia le cui gesta vengono raccontate nei film.
Lo abbiamo visto anche alla fine di
The Mandalorian stagione 2, quando
prende con sé il piccolo Grogu per insegnargli le vie della Forza.
Sembra improbabile che ricompaia al cinema o in tv, ma è chiaro che
la speranza dei fan è sempre l’ultima a morire.
È una serie di post pieni di ironia
e rimandi quelli che
Jamie Lee Curtis ha deciso di condividere per
celebrare la premiere in costume di Halloween
Kills. L’evento è stato organizzato per presentare il
film che segna il ritorno di Michael Myers al
cinema e tutti gli ospiti sono stati chiamati a presentarsi in
costume di Halloween, appunto.
Curtis ha scelto un costume
speciale, che ha presentato con questa foto:
Per poi uscire allo scoperto, e
dicendo di voler onorare sua madre in tutta la sua “gory… voglio
dire gloria” (in inglese il gioco di parole è più efficace!).
Infatti, Jamie Lee ha scelto il costume di Marion Crane di
Psycho per questo Halloween, il personaggio più
famoso interpretato da mamma Janet Leigh.
E infine, l’ultima foto della
serata, in cui
Jamie Lee Curtis dichiara di essere in compagnia della
sua ombra, mentre posa con la gigantografia di Michael Myers:
Scritto da David Gordon
Green, Danny McBride e Scott Teems, basato sui personaggi
creati da John Carpenter e Debra Hill, il film sarà diretto da
David Gordon Green e prodotto da Malek
Akkad, Jason Blum e Bill Block. John
Carpenter,
Jamie Lee Curtis, Jeanette Volturno, Couper Samuelson,
Danny McBride, David Gordon Green e Ryan Freimann sono i produttori
esecutivi. Ryan Turek sta supervisionando il progetto per Blumhouse.
Abbiamo incontrato i tre
sceneggiatori, insieme alla meravigliosa protagonista Jodie Comer, per una conferenza stampa che ha
sviscerato i segreti del film e della scrittura dietro ad una
storia così attuale nonostante sia avvenuta così tanto tempo fa,
durante la Guerra dei Cent’Anni.
La struttura del film ricorda quella
di Rashomon, in cui lo stesso racconto viene
esposto attraverso diversi punti di vista. Ecco, proprio per questa
scelta precisa, è stata necessaria una scrittura a sei mani, per
dare la giusta voce e la giusta prospettiva a ogni punto di vista,
soprattutto a quello della protagonista, Marguerite. Il film è
infatti basato su un libro che racconta la storia, davvero
accaduta, di Marguerite moglie del cavaliere
Jean de Carrouges, stuprata da
Jacques Le Gris, amico del marito, che decide
di denunciare lo stupro con il rischio di morire sul rogo. La legge
dell’epoca prevedeva infatti un duello all’ultimo sangue tra il
marito della donna stuprata e lo stupratore, dove solo la vittoria,
per il volere di Dio, accertava il suo stare dalla parte della
verità. Se il marito avesse perso, anche la moglie sarebbe stata
uccisa.
Questa storia, dai toni epici e
cavallereschi ma anche estremamente attuali, ha fatto sì che
The Last
Duel venisse etichettato come un film femminista, non
a torto. Gli sceneggiatori hanno infatti dichiarato di essere loro
stessi tutti femministi e di aver preteso la presenza di
Nicole Holofcener alla scrittura proprio per dare
al personaggio di Marguerite un linguaggio e un comportamento che
rendesse giustizia all’esperienza femminile.
Holofcener ha dichiarato in merito
al suo coinvolgimento: “Ero lusingata ed elettrizzata e, non
ero sicura di potercela fare, ma l’ho fatto. Gli mandavamo delle
pagine e ci sedevamo insieme e lavoravamo. Lavoreremmo sulle scene
l’uno dell’altro. Praticamente ho scritto il terzo atto, ma anche
loro hanno avuto una mano. Perché doveva far parte dell’intero
film. E quando gli scrittori intelligenti hanno delle idee, uno
dovrebbe prenderle. E così, tra Jodie e loro è stato davvero un
processo collaborativo, anche con tutti gli attori. Quindi, a
volte, scrivevamo a parte, altre insieme.”
Matt Damon, in merito al testo originale e al
contesto in cui è ambientata la storia, ha dichiarato: “Il
punto di partenza era che il mondo delle donne è totalmente
ignorato e trascurato ed è invisibile per i primi due atti del
film. E poi viene rivelato nel terzo atto. E quello era, in realtà,
il motivo per cui Ben e io stavamo adattando un libro, mentre
Nicole stava davvero scrivendo una sceneggiatura originale. Perché
gli uomini dell’epoca erano molto… prendevano appunti molto
meticolosi su ciò che accadeva, ma non registravano ciò che
facevano le donne.”
E Ben Affleck ha aggiunto: “Ma questo non
sarebbe accaduto se Jodie non fosse stata così intelligente,
coraggiosa e complicata nella sua performance. Dal momento che lei
è stata disposta, e non sono sicuro che ogni attore sarebbe stato,
a interpretare un altro punto di vista del personaggio che lei
stessa interpretava (…) E poiché lo fa in modo così perfetto, non
hai la sensazione che, sia una versione esagerata di una persona.
Sembrano versioni di donne che abbiamo già visto nei film. E
volevamo sfruttare il fatto che, storicamente, le persone sono in
gran parte abituate al fatto che le donne siano personaggi
secondari e terziari. E lei era disposta a farlo e questo rende la
rivelazione, credo, molto più potente ed elegante, di vedere la
differenza tra una persona essenzialmente bidimensionale e un
essere umano completamente realizzato e tridimensionale.”
Quello che rimane del film, alla
fine, è una performance di Jodie Comer davvero incredibile. L’attrice di
Killing Eve che si cimenta per la prima volta con
un film di questa scala e con un regista di questa portata, sigla
definitivamente il suo ingresso nel mondo delle grandi interpreti
di questi anni, con una performance raffinata, stratificata e molto
intensa.
Con tutto il successo che sta
avendo la serie originale Netflix coreana la domanda che sorge a tutti
spontanea è Squid
Game 2 si farà? Considerato l’enorme successo della
serie, il rinnovo per una seconda stagione da parte del colosso
dello streaming americano dovrebbe essere scontato ma al momento la
piattaforma sembra essere più interessata a godersi il momento
rispetto ad annunciare piani futuri.
Di altro avviso è invece l’ideatore
della serie di enorme successo Hwang Dong-hyuk. Infatti il regista
e creatore interpellato da
Variety ha affermato senza pensarci troppo: “Non
ho piani in merito, è abbastanza faticosa come serie” … “se la
dovessi realizzare, sicuramente non sarò da solo. Prenderei in
considerazione l’idea di avere una stanza degli sceneggiatori e più
registi con esperienza”.
Tuttavia anche se lo sceneggiatore
e regista dello show Hwang Dong-hyuk si è
dimostrato naturalmente soddisfatto del successo dello show. Ma
realizzare Squid
Game è stato un processo lungo e stressante e non
qualcosa che ha intenzione di ripetere – o, almeno, non ancora del
tutto. “Non sono bravo nel lavoro di squadra”, ha detto Hwang a
Variety, anche se ammette che sta cercando di cambiare i
suoi modi. I precedenti di Hwang però ci suggeriscono che i suoi
metodi da solitario fino ad oggi gli sono stati utili per poter
produrre successi. Inoltre la cosa è confermata dal fatto che il
colosso dello streaming non ha ancora annunciato una seconda
stagione come è spesso capitato con altri serie di successo che
hanno ricevuto un via libera poco tempo dopo la conferma del loro
successo.
La serie diventata il miglior
spettacolo di Netflix negli USA
Le serie TV coreane hanno dominato
le preferenze di visualizzazione in gran parte dell’Asia
nell’ultimo decennio. Ma ci è voluto un dramma di sopravvivenza e
ansiogeno come Squid
Game per scardinare le classifiche made in usa e
diventare il primo K-drama a classificarsi come il miglior
spettacolo di Netflix negli Stati Uniti.
Rilasciato il 17 settembre, lo
spettacolo è entrato nella Top 10 il 19 settembre al n. 8, è salito
al n. 2 il giorno successivo ed è stato al n. 1 al quarto giorno di
disponibilità il 21 settembre. Sul mercato della Corea del Sud,
Squid
Game ha debuttato al secondo posto e ha raggiunto il
primo posto il giorno dopo. Ma non sono tutte rose e fiori,
Squid
Game ha ricevuto anche diverse accuse di plagio,
accusato di aver preso troppo elementi in prestito da altri film di
genere di sopravvivenza “Hunger
Games“, “Battle Royale” e, in particolare, dal film
giapponese del 2014 “As the Gods Will” del maestro
Miike Takashi.
Ma Hwang respinge
le critiche facendo riferimento ai suoi appunti per il progetto,
originariamente concepito come un lungometraggio, nel 2008.
“Ammetto liberamente di aver avuto grande ispirazione dai fumetti e
dall’animazione giapponesi nel corso degli anni”, ha
detto. “Quando ho iniziato, ero anch’io in difficoltà
finanziarie e passavo molto tempo nei caffè a leggere fumetti tra
cui ‘Battle Royale’ e ‘Liar Game’. Mi sono chiesto come mi
sarei sentito se avessi partecipato personalmente ai
giochi. Ma ho trovato i giochi troppo complessi e per il mio
lavoro mi sono concentrato invece sull’uso di giochi per
bambini”.
“Volevo scrivere una storia che
fosse un’allegoria o una favola sulla moderna società capitalista,
qualcosa che descrivesse una competizione estrema, un po’ come la
competizione estrema della vita. Ma volevo che
utilizzasse il tipo di personaggi che tutti abbiamo incontrato
nella vita reale”, ha aggiunto Hwang. “Come gioco di
sopravvivenza è intrattenimento e dramma umano. I giochi
raffigurati sono estremamente semplici e di facile
comprensione. Ciò consente agli spettatori di concentrarsi sui
personaggi, piuttosto che essere distratti dal tentativo di
interpretare le regole”.
Squid Game 2
sicuramente ci sarà, ma la lezione de La casa di carta dovrà essere
ben chiara nel momento in cui si dovrà pensare ai nuovi episodi: il
fascino del marketing e del successo mondiale è un richiamo
pericoloso che potrebbe allontanare dal magnetismo con cui la
serie ha conquistato il pubblico. Un gioco intrigante, ma a cui
bisogna saper partecipare.
Ieri è stata
confermata la notizia che Will Poulter sarà
Adam Warlock in Guardiani
della Galassia Vol. 3. Il casting era stato anticipato
da qualche rumor, ma ieri sia James
Gunn che le principali riviste di settore hanno
ufficializzato il nome del giovane interprete.
La reazione di Poulter è stata
elegante e pacata, oltre a esprimere la gratitudine verso
l’occasione che sicuramente gioverà alla sua fama e al suo
portafogli. Ecco lo scambio su Twitter:
Non solo però eleganti
ringraziamenti. La rete ieri si è mossa e come sempre Bosslogic ha realizzato
il suo omaggio al nuovo casting: ecco quindi come Will
Poulter potrebbe apparire in Guardiani
della Galassia Vol. 3 come Adam Warlock:
Netflix
Italia ha rivelato un nuovo contributo video dei dicato ai numeri
di Squid
Game, la serie originale Netflix coreana di enorme successo globale. Ci
sono voluti più di 10 anni perché l’ideatore Hwang Dong-hyuk
riuscisse a realizzare Squid
Game, ma solo 17 giorni (e 111 milioni di utenti in tutto il
mondo) per farla diventare la nostra serie più vista di sempre a
ridosso del lancio 🦑
Squid
Game è la nuova serie survival Originale Netflix
coreana scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk.
La serie di nove episodi, con Lee Jung-jae , Park Hae-soo e Wi
Ha-joon , racconta la storia di un gruppo di 456 persone che sono
invitate a rischiare la vita in un misterioso gioco di
sopravvivenza con un patrimonio di 45,6 miliardi di ( US $ 38,7
milioni).
Nella serie Un misterioso invito a
partecipare alla gara è inviato a persone con un disperato bisogno
di denaro. I 456 partecipanti di ogni ceto sociale sono
intrappolati in un luogo segreto dove competono per vincere 45,6
miliardi di won. Ad ogni turno si cimentano in un popolare gioco
coreano per l’infanzia come “Un, due, tre, stella”, ma chi perde…
muore. Chi vincerà e qual è il vero motivo della gara?