Il salto dal web al cinema del
gruppo di amici di The Jackal era atteso da tanto
tempo e le aspettative per un film che rendesse giustizia alla loro
bravura e verve comica, erano davvero alte. Con questa premessa ha
debuttato alla Festa del
Cinema di Roma il loro primo lungometraggio,
Addio Fottuti Musi Verdi. Non più poche scene
esilaranti condivise su YouTube o Facebook, ma 1 ora e 33 minuti in
cui Ciro Priello ci accompagna in una avventura
intergalattica tra parcheggiatori abusivi, alieni efficienti e
domande sul futuro.
Staccandosi nettamente dal loro
genere web, i The Jackal, per la regia di Francesco
Ebbasta, creano una storia che ruota attorno al
personaggio di Ciro, un grafico pubblicitario
plurileaureato che è costretto a lavorare in una friggitoria
cino-napoletana invece che fare il lavoro che gli spetta. La sua
vita è insoddisfacente, gode di una finta indipendenza dove la
mamma gli passa la parmigiana da una finestra all’altra, passa le
serate a bere birra con l’inseparabile amico Fabio
fissato con gli alieni e che gli continua ad offrire un lavoro
nell’agenzia del padre che si occupa di foto e video per
pre-diciottesimi al limite del trash e infine c’è
Matilda, l’amica dell’università a cui non riesce
a confessare il suo amore, nemmeno quando lei decide di trasferirsi
a Londra in cerca di lavoro. Stanco di tutto questo, Ciro invia il
suo curriculum in un concorso a premi dove era richiesto un
messaggio da mandare nello spazio: ed è proprio nello spazio che il
talento di Ciro viene apprezzato, quando un raggio conico luminoso
lo preleva nella notte per un colloquio di lavoro inaspettato…
Addio Fottuti Musi Verdi – recensione del film dei The
Jackal
Da giovani che si rivolgono
principalmente ad un pubblico giovane, i The
Jackal puntano sul tema del precariato, offrendo
sicuramente uno spunto di riflessione ma cadendo anche nel banale e
prevedibile. Ma il problema principale di Addio Fottuti
Musi Verdi è che i momenti veramente divertenti si possono
contare su una mano: non perché sia stata scelta una strada più
drammatica, anzi, ma perché Ciro e compagni tra smorfie, facce
buffe in camera e battute piatte non fanno ridere, al massimo
sorridere.
Punto forte per loro rimangono le
apparizioni a sorpresa, come è anche successo più volte nei loro
video: da Salvatore Esposito di
Gomorra a Gigi D’Alessio, che ha
lasciato davvero carta bianca ai The Jackal e che lo hanno reso
protagonista di una delle scene più belle del
film. Ciro Priello ha senza dubbio la faccia
giusta per il grande schermo, esagerando forse un po’ troppo con le
smorfie e cambi di voce, ma che sono ormai parte integrante del suo
personaggio.
Ma è Fabio Balsamo
che eccelle nel suo ruolo di spalla, dimostrandoci tutto il merito
di quella Laurea con 110 e lode in Arte Drammatica. Passa in
secondo piano la Matilde di Beatrice Arnera mentre
Roberto Zibetti, nel ruolo del “nemico”, sorprende
e diverte nella sua interpretazione. Peccato per la quasi assenza
di Simone Ruzzo, relegato a pochi instanti nel
ruolo della super star da blockbuster americano, ma nei quali si fa
comunque notare.
Probabilmente il pubblico molto
giovane apprezzerà il loro lavoro e le diverse citazioni sci-fi, di
cultura pop e i vecchi personaggi che fanno capolino in alcune
scene, ma Addio Fottuti Musi Verdi non lascerà
molto il segno, come invece si era sperato.
Non è facile il passaggio dal web
al cinema ed è noto a tutti come altri prima di loro ci abbiano
provato e fallito. Ed è forse questo il problema dei The
Jackal che ci hanno proposto un ottimo pacchetto visivo
curato da Francesco Ebbasta, in cui però c’è poca originalità
(l’originalità che ha reso il loro successo) e dove tutto sembra
estremamente frenato nella comicità, quasi a non voler esagerare e
sbagliare.
Mentre le riprese del quarto
capitolo sono in corso, oggi Joe e Anthony
Russo hanno rivelato a Cnet.com cosa
intendono fare con l’atteso Avengers: Infinity
War.
Infatti, come molti di voi già
sapranno, spesso i film Marvel Studios sono accusati di
essere un po’ ripetitivi e tutti uguali, ma sembra che il prossimo
film tenterà di sovvertire questa diceria.
“Con Infinity War il più
grande elemento nuovo del film è Thanos e il fatto che sta entrando
nel racconto in un modo molto audace e forte è qualcosa di nuovo.
Sarà colui che tira le fila del gioco. Abbiamo modellato la
narrazione in modo estremamente interessante intorno a lui, e
in qualche modo questo ci consentirà di fare un “heist movie”. Il
fatto che stia seguendo le gemme dell’infinito in un modo molto più
audace rispetto al passato è qualcosa di estremamente eccitante.
L’intero film è costruito sulla narrazione basata sul fatto che il
cattivo è sempre un passo avanti agli eroi. Abbiamo guardato
un sacco di “Heist Movie” e ci hanno conferito molta
ispirazione”
Poi i due registi rivelano che
vedremo anche alcuni personaggi e cattivi che non ci aspettiamo nel
film:
“Ci saranno molti personaggi
inaspettati: ci sono più sorprese in questo film che in tutti gli
altri film che abbiamo fatto. E parte di queste sorprese sono
nascoste nelle interazioni dei personaggi, alcuni di essi hanno
fatto solo delle piccole apparizione. Non voglio dire niente ma
certamente aspettatevi molte sorprese.”
Ancora una volta con le loro
dichiarazioni i Fratelli Russo hanno contribuito ad aumentare
l’attesa dietro a questo film.
La sinossi: Mentre
gli Avengers continuano a proteggere il mondo da minacce
troppo grandi per un solo eroe, un nuovo pericolo emerge dalle
ombre cosmiche: Thanos. Despota di intergalattica scelleratezza, il
suo scopo è raccogliere le sei gemme dell’Infinito, artefatti di un
potere sconfinato, e usarle per piegare la realtà a tutto il suo
volere. Tutto quello per cui gli Avengers hanno combattuto ha
condotto a questo punto – il destino della Terra e l’esistenza
stessa non sono mai state tanto a rischio.
Avengers:
Infinity War arriverà al cinema il 4 Maggio
2018. Christopher Markus e Stephen
McFeely si occuperanno della sceneggiatura del film,
mentre la regia è affidata a Anthony e Joe
Russo.
Il cast del film al momento è
composto da Cobie Smulders, Benedict Cumberbatch,
Chris Pratt, Vin Diesel, Scarlett Johansson, Dave Bautista, Karen
Gillan, Zoe Saldana, Brie Larson, Elizabeth Olsen, Robert Downey
Jr., Sebastian Stan, Chris Hemsworth, Chris Evans, Tom Holland,
Bradley Cooper, Samuel L. Jacksson, Jeremy Renner, Paul Rudd, Peter
Dinklage, Mark Ruffalo, Josh Brolin, Paul Bettany, Benedict
Wong, Pom Klementieff e Chadwick
Boseman.
Cambi in vista
per Deadpool 2, l’atteso sequel del film
campione d’incassi Marvel e FOX. Infatti secondo
quanto apprendiamo oggi da Film Music
Reporter il compositore Junkie
XL (aka Tom Holkenborg) ha decido si abbandonare il
progetto. Al suo posto la 20th Century Fox
ha ingaggiato Tyler Bates per comporre
la musica. Il nuovo compositore arriva esattamente a sette mesi
dall’uscita del film.
E’ interessante notare come sia un
altro progetto che Junkie XL lascia e che Tyler Bates
ritroverà il regista David Leitch, con il
quale ha già lavorato in John
Wick e Atomic
Blonde.
Deadpool ha
incassato 363 070 709 dollari in Nord America e 417 408 522 dollari
nel resto del mondo, per un totale mondiale di 780 479 231
dollari. Deadpool è stato accolto
generalmente bene dalla critica, soprattutto grazie alla
recitazione di Ryan Reynolds e alla comicità pungente e ironica
della sceneggiatura.
Diretto da David
Leitch, Deadpool
2 vedrà Ryan
Reynolds tornare nei pani del Mercenario
Chiacchierone della Marvel. Zazie
Beetz sarà Domino, Josh
Brolin sarà invece Cable.
La Lucas Film ha
diffuso un nuovo affascinante spot tv di Star
Wars: L’Ultimo Jedi, l’atteso nuovo film basato sul
franchise ideato da George Lucas. Nel nuovo
contributo sembra proprio che Rey e Luke Skywalker si affrontino in
un epico scontro:
La sinossi: “In Star
Wars Gli Ultimi Jedi della Lucasfilm, la saga Skywalker continua
quando gli eroi de Il Risveglio della Forza si uniscono alle
leggende della galassia in un’epica avventura che svelerà i misteri
della Forza e le scioccanti rivelazioni del passato risalenti
all’Era antica. Star Wars Gli Ultimi Jedi arriverà nei cinema
USA il 15 dicembre 2017.”
FIRST LOOK –
Carrie Fisher in Star Wars: Gli Ultimi Jedi
Il film sarà
diretto da Rian Johnson e arriverà al
cinema il 13 dicembre 2017. Il film racconterà le vicende
immediatamente successive a Il Risveglio della
Forza.
Ora che sono ufficialmente iniziate
le riprese di Venom, arrivano anche le prime
anticipazioni sul film che, come saprete vedrà protagonista
l’attore Tom Hardy nei panni di Eddie
Brock.
Da quello che apprendiamo oggi nel
film ci saranno alcune scene ambientate in Asia, e secondo le
indiscrezioni che arrivano dal casting, si cercano figurati
“abitati del villaggio senza moderni tagli di
capelli”. Quest’ultimo dettaglio potrebbe indicare che
vedremo i flashback dal Vietnam o addirittura un ambiente feudale
in Giappone. Attraverso queste indiscrezioni potremmo apprendere di
più su quale sarà la storia di origini dell’alieno simbiotico.
Considerate che al momento non
sappiamo se Spider-Man esista nel mondo di Venom, quindi è
possibile che il simbionte sia stato sulla terra per secolo o sia
stata una creazione del governo, magari utilizzato in alcune
situazioni spinose di guerra. Al momento non si hanno certezze ma
da quello che inizia a trapelare, sembra che il film è lontano da
qualcosa di estremamente federe al materiale originale.
La sceneggiatura è scritta da
Kelly Marcel, Jeff Pinkner e Scott
Rosenberg, che si baseranno sui personaggi creati da
Todd McFarlane e David
Michelinie.
L’uscita è stata fissata al 5
ottobre 2018 per la regia di Ruben Fleischer
(Zombieland, Gangster Squad). Tom
Hardy interpreterà il protagonista Eddie
Brock. Nel cast anche Matt Smith, Pedro Pascal,
Riz Ahmed, Jenny Slate e Michelle
Williams.
Il personaggio è stato già portato
sul grande schermo da Sam Raimi in
Spider-Man 3 con Topher Grace nei
panni di Eddie Brock.
Ecco il full trailer di
I, Tonya, il biopic
su Tonya Harding interpretato e prodotto da
Margot Robbie. Oltre che al Festival di Toronto,
abbiamo visto il film anche alla Festa di Roma
2017.
Alla regia di I, TonyaCraig
Gillespie. La sceneggiatura, scritta da Steven
Rogers, è basata sull’intervista di prima mano alla stessa
Harding e al suo ex marito Jeff Gillooly. La
storia mira a raccontare l’incidente durante le Olimpiadi del 1994,
in cui la pattinatrice Nancy Kerrigan venne
aggredita.
Margot Robbie è
ormai una presenza fissa sul grande schermo. L’abbiamo vista con
Will Smith in
Focus – Niente è come
sembra, poi in Z for
Zachariah al fianco di Chris Pine e
Chiwetel Ejiofor e in fine in un bellissimo cameo
in La Grande
Scommessa. La scorsa estate è stata trai
protagonisti di due titoli importanti, anche se poco riusciti:
The Legend of
Tarzan e Suicide
Squad.
Un racconto torrenziale e vivace,
accompagnato da un gesto da un sorriso. L’irrequietezza del grande
interprete, il calore dello showman, la bellezza di una vita
vissuta per l’arte, gli amici e la fedeltà alla propria identità:
Ian McKellen, per il grande pubblico Gandalf e
Magneto, ha letteralmente incantato il pubblico della Festa
del Cinema di Roma.
Vita privata, carriera, figli non
voluti e ruoli ricercati, in poche battute e tanta energia, ecco
l’Incontro Ravvicinato con lo straordinario e
vitale interprete.
Il coming out
“Qualunque persona gay abbia
fatto coming out, vi dirà che è la cosa migliore mai fatta. Perché
tutto migliora, si diventa più sicuri e per me, per esempio, il
lavoro è diventato migliore, sono diventato un attore più bravo a
detta di tutti. Non dovevo più fingere. Ma capisco che non è
semplice per tutti. Ho incontrato ragazzini nelle scuole che a 13 o
14 anni conoscono e parlano della propria sessualità, e hanno fatto
una cosa che io ho impiegato 40 anni per fare.”
Gli inizi
“Il passaggio al cinema è stato
difficile. Ho fatto un provino per Barbarella con Jane Fonda, da
giovane, e una volta a Cinecittà un altro provino per un bandito
siciliano. Mi vestirono di tutto punto ma dissero che ero troppo
meravigliosamente inglese per quella parte. Non ce l’ho fatta.
Soltanto quando ho lavorato con Judi Dench in un piccolo teatro ha
cominciato a pensare che recitare poteva significare anche
comunicare a un pubblico piccolo e vicino. Così mi sono preparato
per quando avrei avuto la mia grande opportunità sul grande
schermo, ed è arrivata a 60 anni. Per questo dico sempre ai giovani
attori ‘non aspettate che la vostra carriera decolli. Dovete essere
pronti a cogliere l’occasione quando arriverà.’ Bisogna pensare ad
avere una carriera, non all’essere ricco e famoso, questo non
c’entra niente con l’essere attore. Tutto avviene al momento
giusto, se avessi interpretato quel bamndito siciliano a 24 anni
forse non avreste più sentito parlare di me.”
I figli
“Fino a quando ho avuto 29
anni, per me era illegale fare sesso, era reato, figuriamoci l’idea
di avere figli o adottarli. Ma non ho mai pensato ad avere figli,
sono troppo egoista. Ma ho comunque tanti giovani fan. L’altro
giorno è venuto da me un bimbo di 5 anni, era con i genitori, e mi
ha detto ‘voglio fare una foto con Gandalf’. Non è una cosa
dolcissima? E non devo nemmeno occuparmi della sua istruzione o di
dirgli che è ora di andare a letto!”.
Eduardo De Filippo
“Eduardo De Filippo, non è
proprio italiano, vero? È napoletano. Non l’ho mai visto sul
palcoscenico, anche se la sua compagnia venne a Londra negli anni
’60. Conoscevo le sue opere e alcune le ho recitate. Una volta
venne la sua vedova a trovarmi e in lacrime mi disse che
assomigliavo moltissimo a lui quando recitavo quel ruolo. Una volta
ero a Milano, mi aveva invitato Giorgio Strehler, e lui mi aveva
organizzato una lettura di Shakespeare, dalla Tempesta, l’ultima
sua opera. Io l’ho recitata in inglese e lui in italiano. E solo
dopo De Filippo si alzò e fece lo stesso in napoletano. Quindi ho
lavorato con lui. E amo molto l’idea della creazione di opere per
un luogo specifico, una società specifica, per persone che conosci,
per chi vive vicino a te. E lui l’ha fatto con la famiglia, con gli
studenti, con una Compagnia. E questo è l’ideale. Avrei voluto far
parte di una compagnia come quella, lui è una parte importante del
mio cuore.”
Shakespeare – Riccardo III
“Mi commuove molto che il più
grande inglese che sia mai vissuto non sia un militare, un
politico, non un re o un industriale, ma un attore che ha scritto
delle opere teatrali. La sua grandezza ha molte caratteristiche, ma
essenzialmente lui conosceva la natura umana meglio di tutti gli
altri scrittori. Era affascinato da un servo e allo stesso modo da
un re. In un senso, lui è il padre di tutti noi, perché ci capiva e
ci capisce meglio di chiunque altro. Per me lui è ancora vivo e
ancora oggi le sue opere hanno un signifito contemporaneo, perché
la natura umana non è cambiata in questi 450 anni. Questo può
rassicurare, o forse no. Quindi sì, Shakespeare appartiene al
teatro e da giovanissimo mi piaceva pensare che potevo riempire i
grandi teatri, ne ero molto orgoglioso. Ma poi mi sono trovato a
interpretare il Re Lear in un teatro con appena 300 posti. Per il
fatto che Shakespeare rimane uno scrittore moderno, credo sia
giusto che venga rappresentato anche in modi moderni. La tv e il
cinema. Ed è per questo che dopo aver portato in giro per il mondo
Riccardo III, ho deciso che si poteva portare a un pubblico più
ampio con il cinema.”
Cinema, teatro e televisione –
Vicious
“Ho fatto tv in Vicious, una
sit com con Derek Jacobi, con cui
studiavo. Ero innamorato di lui, e lui di me forse, ma all’epoca
era proibito per legge amarci. E adesso è troppo tardi perché lui è
sposato. Ognuno dei media che conosciamo ha i propri meriti. In tv
per esempio raggiungi milioni di persone nello stesso momento. Nel
caso del cinema lo fai nel corso degli anni. Ma devo confessare che
sono affascinato sopra ogni cosa dal teatro dal vivo, perché è
vita. Tu sei qui, io sono qui adesso. Non è per domani o per ieri,
è per noi adesso. Il teatro dal vivo è la vita (life theatre is
life). Qualcuno mi chiede ‘perché fai le sitcom in tv?’. Perché non
cogliere l’occasione di intrattenere le persone? Ho anche
partecipato alla soap opera più lunga della storia della tv
inglese, Coronation Street. Faccio anche improvvisazione con
Ricky Gervais, e non lo trovo affatto al di sotto
di me. Anzi penso che se posso fare questo sono un vero attore. Non
ho ancora fatto musical, ma da grande vorrei farlo.”
Il legame con i personaggi
– L’allievo
“Chiunque abbia la mia età
conosce bene il nazismo e i nazisti. Quando ero ragazzino, dormivo
sotto una tavola di metallo, in attesa dei bombardamenti tedeschi.
La guerra era parte quotidiana delle nostre vite ed ero un
ragazzino durante la guerra. Ma se fossi stato un uomo? Cosa avrei
fatto in circostanza estreme? Se il governo del mio Paese sarebbe
marcito, io sarei marcito con lui? Fare l’attore vuol dire essere
in grado di fare qualunque cosa, decidere di diventare un nazista o
no, di amare, di non amare più. Tutti siamo capaci di fare
qualunque cosa, di odiarci, di uccidere. E fare l’attore ci
permette di fare le cose per finta.”
Gli X-Men come Shakespeare
“Non ho mai letto i fumetti
degli X-Men, ma Bryan Singer mi disse che si trattava di mutanti
con qualità speciali che venivano temuti e ignorati dalle persone
normali. Mi disse anche che nelle statistiche demografiche di
vendita della Marvel, i fumetti e in particolare
quelli degli X-Men erano i più venduti soprattutto per i lettori
che rappresentavano delle minoranze, come neri, gay ed ebrei. In
pratica X-Men parla di diritti civili e nella storia ci sono due
posizioni, quella conciliante del professor X e quella violenta di
Magneto. X-Men potrà anche avere una radice a fumetti, ma ha la
stessa importanza dei temi trattati da Shakespeare.”
La Compagnia – Signore degli
Anelli e Lo Hobbit
“Abbiamo fatto tanti film
insieme. Eravamo come una compagnia di giro e abbiamo girato tutta
la Nuova Zelanda (intanto si spoglia, togliendosi la giacca e la
camicia, arrivando a mostrare la spalla nuda e il tatuaggio che ha
fatto insieme agli altri membri del cast del film di Peter Jackson,
un numero 9, in caratteri elfici, come i 9 compagni della Compagnia
dell’Anello). È un posto bellissimo, le donne hanno posizioni di
potere, è stato il primo Paese a dare il voto alle donne, trai
primi a concedere la possibilità di sposarsi ai gay. E sono molto
orgoglioso del fatto che per un anno la faccia di Gandalf è stata
scelta per comparire su un francobollo. Abbiamo girato tutto il
Paese anche se molte scene erano comunque in studio.”
Essere gay a
Hollywood – Demoni e Dei
Quando fu nominato agli Oscar per
l’interpretazione di James
Whale (regista di Frankenstein) disse che non
avrebbe vinto perché era inglese e gay. “Ricordate chi vinse
quell’anno? Roberto Benigni. Non è sicuramente inglese né gay. Quel
film però fu un punto di svolta perché interpretavo il protagonista
in un film di Hollywood che ha ricevuto enormi consensi da parte
della critica. All’epoca vivevo a Hollywood. James Whale, negli
anni ’30, era il regista più pagato di Hollywood, viveva
apertamente la sua omosessualità e a nessuno importava. Quindi
quando qualcuno mi dice che la sua omosessualità va nascosta perché
potrebbe avere difficoltà al lavoro, nella vita, io rispondo
sempre, guardate la storia di Whale in Demoni e Dei e capirete come
vi sbagliate.”
In uscita nei cinema italiani il 1
novembre, Geostorm è l’ultima fatica di Gerard Butler, attore ormai affezionato ai
ruoli action (chi non lo ricorda in 300?).
Prodotta dalla Warner Bros, la pellicola si rifa al genere
post-apocalittico e catastrofico, e mette in scena un grande cast
di attori. Accanto al Sig. Butler troviamo nomi
del calibro di Ed Harris, Andy Garcia e JimSturgess.
Ambientata in un futuro molto
vicino e purtroppo facilmente immaginabile, la storia gira intorno
alla creazione e al conseguente mal funzionamento di un enorme
satellite spaziale – detto “Dutchboy” – che è servito all’umanità
per tenere sotto controllo i fenomeni meteorologici che, tempo
prima, avevano causato la devastazione di mezzo pianeta e di gran
parte del genere umano. Creatore del Dutchboy è lo
scienziato Jake Lawson (Butler),
che viene però messo da parte dalle grandi Potenze mondiali. Ma
quando il satellite andrà in tilt e minaccerà la Terra con un
catastrofico “geostorm” (una sorta di tempesta apocalittica),
Lawson verrà chiamato per salvare le sorti del pianeta.
Geostorm è un tipico disaster-movie. Il regista
Dean Devlin, già produttore di Independence Day (1 e 2) e
Stargate, sembra non volersi distaccare dal suo
genere preferito, fallendo quindi in partenza.
Geostorm, il film
Costato alla Warner circa 120
milioni di dollari, il film ne ha incassati a malapena $ 5 milioni
(se si escludono i sorprendenti incassi fatti in Cina, coi quali ha
messo al tappeto persino Blade Runner 2049), rappresentando di
fatto uno dei più grossi flop dell’intera annata cinematografica
2017. Colpa forse della sceneggiatura – del regista e di
Paul Guyot – troppo semplicistica e risicata, e di
dialoghi al limite del ridicolo (tanto che pare che Butler, sul set, si dimenticasse continuamente
le battute).
A un occhio esterno, e non
particolarmente affine alla cultura statunitense, il problema di
Geostorm è di facile individuazione. Ovvero il suo
essere “americano-centrico” , limitatamente però ai soli USA. Dove
per Usa qui si intende quella fetta di popolazione formata da
americani conservatori, repubblicani e con tendenze megalomani. Il
problema macroscopico di film come Geostorm è che
con grande nonchalance si dá per scontata la supremazia degli Stati
Uniti rispetto al resto del mondo. Proprio come accadeva in
Independence Day, le sorti del pianeta Terra e
della sua popolazione sono in mano ad un gruppo di “eletti”
americani, guidati solo dal proprio amor patrio e dai propri
(dubbi) valori.
E pure quando ci troviamo di fronte
ad un problema estremamente reale come quello dell’inquinamento
umano e delle conseguenti alterazioni climatiche, come in
Geostorm, si preferisce mettere l’accento sulle
dinamiche familiari dell’uomo comune (sempre e comunque
sacrificabili in onore della propria Patria) e sui mirabolanti
effetti speciali.
Nel panorama di una Hollywood che
si sta sempre più emancipando da quelle che erano le propaggini
conservatrici e filo-Repubblicane di un tempo,
Geostorm rappresenta quindi un’involuzione
alquanto tediosa, ma priva della sicumera di una volta. Se nei
vecchi disaster-movie non si mettevano minimamente in discussione
le figure del capo dello stato americano e del suo entourage, in
Geostorm le certezze vacillano, complice forse
l’attuale presidenza Trump.
Tra gli ospiti più attesi in
assoluto della Festa del Cinema di Roma 2017,
Sir Ian
McKellen ha sfilato sul tappeto rosso dell’Auditorium
subito dopo aver partecipato all’incontro ravvicinato con il
pubblico e poco prima della presentazione di McKellen:
Playing the part, documentario sulla sua vita e carriera
diretto da Joe Stephenson.
Ecco il red carpet di The
Jackal, il gruppo comico napoletano che ha presentato alla
Festa del Cinema di Roma, insieme con Alice nella Città, il loro
primo film, Addio Fottuti Musi Verdi.
Entra nel vivo domani, giovedì 2
novembre, Lucca Comics & Games 2017, la 51ma edizione – Tra i
protagonisti della giornata Igort, Glenn Fabry, Peter
Kuper, Marjorie Liu e Sana Takeda, Raina Telgemeier
– Netflix porta a Lucca gli interpreti di Star Trek:
Discovery.
I più grandi
nomi del fumetto internazionale saranno protagonisti degli
showcase della giornata di Giovedì 2 novembre a
Lucca Comics & Games. In sala Tobino
(S18) segnaliamo alle 13 Igort, l’autore celebrato con la
mostra “Oblomov” a Palazzo Ducale; alle 15, in collaborazione con
Edizioni Inkiostro, il fumettista inglese Glenn Fabry; alle
16, Peter Kuper, autore di “Rovine” (ed. Tunué) e di
illustrazioni e fumetti apparsi su “Time”, “MAD”, “The New York
Times”; e alle ore 18, in collaborazione con Mondadori, le
illustratrici giapponesi Marjorie Liu e Sana
Takeda.
Alle 11, a
Palazzo Ducale Raina Telgemeier sarà la ‘guida’
d’eccezione alla Mostra “Raina Telgemeier: dallo straordinario
punto di vista degli adolescenti” che LC&G le dedica in
collaborazione con la casa editrice Il Castoro che pubblica in
Italia i suoi lavori. Nata a San Francisco nel 1977, Raina è
autrice delle graphic novel autobiografiche “Smile” – per oltre 4
anni consecutivi nella classifica dei best seller del New York
Times e vincitore dell’Eisner Award 2011 come Miglior pubblicazione
per adolescenti – “Sorelle” – che le ha meritato l’Eisner Award
come Miglior Autrice – e “Drama”.
All’Auditorium
Fondazione Banca del Monte (S16), alle 10, si terrà l’incontro
Lords for the Ring 2018 – The Simarillion con Ivan Cavini,
Alberto Dal Lago, Edvige Faini, Angelo Montanini, Dany Orizio e
Lucio Parrillo, sei grandi artisti del panorama fantasy
italiano che hanno accettato la sfida della Società
Italiana Studi Tolkieniani di realizzare, a chiusura di un
grande ciclo cinematografico, un nuovo immaginario visivo del mondo
creato da J.R.R. Tolkien.
E ancora,
Netflix, il più grande servizio di
intrattenimento via Internet del mondo con oltre 109 milioni di
abbonati in oltre 190 paesi, proporrà nel programma dell’ Area
Movie di Lucca Comics & Games un appuntamento
imperdibile dedicato a uno dei titoli Netflix più amati: Star
Trek: Discovery lo show sulle avventure della Flotta
Stellare che continua la storia dell’iconico
franchise.
A parlare della
serie (ore 14.30, Teatro del Giglio) saranno Sonequa
Martin-Green (che veste i panni del Primo Ufficiale Michael
Burnham), Jason Isaacs (che interpreta il capitan
Gabriel Lorca), Shazad Latif (ovvero il Tenente Tyler) e il
produttore esecutivo Aaron Harberts). Star Trek:
Discovery è in esclusiva su Netflix dal 25 settembre con un
episodio a settimana: i primi otto episodi saranno rilasciati con
cadenza settimanale fino a lunedì 6 novembre, per poi riprendere a
gennaio 2018.
Al Lucca Comics & Games dopo trent’anni
tornano gli Oliver Onions con un nuovo DVD, “Guido & Maurizio De
Angelis – Oliver Onions Reunion Live – Budapest”, registrato in
occasione del concerto tenutosi in Ungheria in omaggio a Bud
Spencer. Domani a partire dalle 15 – Main Stage – gli Oliver Onions
firmeranno il DVD in sole cento copie nell’evento chiamato
“RadioAnimati on stage”.
La bella e giovanissima attrice
Manal Issa,
protagonista del film Nocturama
presentato durante la scorsa edizione della Festa del
Cinema di Roma, torna al festival stavolta grazie a
One of These Days. Si tratta del terzo
lungometraggio del regista libanese Nadim Tabet,
un dramma tutto adolescenziale che ha come protagonisti dei giovani
scapestrati senza regole né valori, anime vaganti in questo mondo
pazzo pieno di eccessi e tentazioni.
In One of These
Days in una Beirut scossa dalla guerra e dai continui
attacchi terroristici, un gruppo di ragazzi, incuranti del
pericolo, continua a godere dei piaceri della giovinezza. Yasmina,
rinchiusa in un centro di riabilitazione per la sua dipendenza
dall’eroina, scappa e si rifugia tra le braccia della sua amica del
cuore – interpretata da Manal Issa – e del suo ex ragazzo. A
contatto di nuovo con le tentazioni del mondo libero, Yasmina
ricadrà presto nelle vecchie abitudini di sempre e finirà col
trascinare nella sua follia anche le persone a lei care.
One of These Days
si svolge nella capitale libanese di Beirut, città fortemente
occidentalizzata che, pur trovandosi vicina a Siria e Israele e
quindi alla zona di guerra, sembra costituire un microcosmo urbano
a sé stante.
Il conflitto tra le milizie siriane
e lo Stato Islamico viene avvertito come una minaccia lontana ma
intanto nella città continuano le manifestazioni e le rivolte
contro il governo. I ragazzi, nati e cresciuti in questo clima di
costante incertezza, non sono però disposti a rinunciare alla
spensieratezza dell’adolescenza e fanno di tutto per vivere appieno
ogni istante.
Più adatto forse alla sezione dei
film per ragazzi di Alice nella Città che alla
Selezione Ufficiale del festival, il film di Tabet esplora
il mondo degli adolescenti purtroppo in maniera assai superficiale,
descrivendone i vizi e le virtù crogiolandosi nei soliti
clichè narrativi. Quelli di One of These
Days sono ragazzi tormentati che amano le droghe e
l’alcol, che accettano passaggi da sconosciuti e fanno sesso non
protetto un po’ dove capita. Il loro comportamento sconsiderato è
il sintomo evidente di un vuoto che non riescono a colmare e
dell’indeterminatezza che pervade la loro quotidianità.
Il regista decide di racchiudere
tutto questo in una sola giornata; gli eventi di One of
These Days infatti coprono l’arco temporale di
ventiquattro ore, il tempo sufficiente ai ragazzi per perdersi e
poi di nuovo ritrovarsi. Nonostante però le buone intenzioni di
Nadim Tabet, il film risulta poco incisivo
soprattutto a causa di una sceneggiatura piuttosto piatta, senza
colpi di scena né accelerate improvvise. Inoltre, pur trattando
alcune tematiche importanti come la dipendenza dalle droghe e
l’effetto della guerra sui giovani mediorientali, tutto viene
affrontato con grande approssimazione.
Come molti di voi sapranno
Thor: Ragnarok è ricco di personaggi
che possono essere classificati come villain, tra
cui Hela, Skurge, Surtur e The Grandmaster. Tuttavia,
il regista Taika Waititi ha rivelato oggi che
la pellicola avrebbe potuto averne ancora un altro. Si tratta del
Dio Oscuro Perrikus che ad un certo punto avrebbe dovuto
apparire nel film.
Per coloro che non conoscono il
personaggio, Perrikus è stato creato
da Dan Jurgens e John Romita
Jr. nel loro acclamato Thor pubblicato
negli anni ’90. Dopo che sua moglie è stata uccisa in battaglia,
egli incolpa il Dio del Tuono e Asgard per la sua scomparsa. E’ uno
dei pochi personaggi che riesce effettivamente a battere l’eroe,
almeno temporaneamente.
Di seguito l’intervista nel quale il regista rivela la
curiosità:
A volte la vita ci mette davanti a
delle scelte: c’è la strada facile e già scritta, quasi priva di
emozioni. E poi c’è la strada impervia, quella piena di imprevisti
e senza sicurezze, ma che in cuore senti subito che è quella
giusta. O meglio, senti che va provata, non importa quanto la
realtà poco dopo ti possa venire a bussare alla porta per chiedere
il conto. Anche Nico, protagonista del film di Julia
Solomonoff, Nadie Nos Mira, crede nella
sua scelta e così finisce a New York.
Star di una soap-opera della
televisione argentina, dopo aver messo il suo personaggio in coma e
in seguito ad una rottura, Nico (Guillermo
Pfening) decide di trasferirsi in America per realizzare
il sogno di debuttare nel cinema americano. A causa di un continuo
ritardo nella produzione del film che gli era stato promesso da un
regista emergente, Nico si ritrova a vivere a New York con il visto
scaduto, nessun ruolo perché troppo biondo per essere latino e una
vita da clandestino obbligato a fare il cameriere per
sopravvivere.
L’unica ancora di salvezza, oltre
alla coinquilina (Kerri Sohn) con cui divide un
minuscolo appartamento, è la migliore amica Lena (Elena
Rogers), insegnate di yoga che ha trovato l’amore in un
ricco newyorkese. Da poco mamma, Lena affida a Nico suo figlio Theo
ed è proprio con il bambino che l’attore stabilirà un vero legame,
unica cosa certa della sua vita e compagno delle sue giornate in
una New York che si evolve con il passare delle stagioni. Ma ciò
che lo aveva portato alla scelta di prendere e partire tornerà
inaspettatamente nella sua vita e lo manderà in confusione.
Julia Solomonoff
riesce bene nell’impresa di farci entrare in sintonia con il suo
personaggio principale, facendoci capire come può essere frustrante
la vita in una città come New York dove davvero, “nessuno ti
guarda” e nella quale, anche un attore famoso in patria come Nico,
diventa invisibile. Ma la storia di Nico non è solo la sua: quante
volte sappiamo di avere le carte in regola per un lavoro, siamo
molto vicini alla meta e alla fine, non lo otteniamo? Con grande
realismo nel mostrare l’immenso spettro di emozioni che prova Nico,
la giovane regista argentina ci regala un film triste, dolce ma
allo stesso tempo leggero, dove si ride anche.
Recensione di Nadie Nos Mira – Nobody’s Watching
Guillermo
Pfnening, come il suo Nico, ricorda più un attore di
origine nordiche che argentine ed è forse per questo che riesce a
calarsi bene nella parte del pesce fuor d’acqua, un uomo confuso e
perso in una grande città come New York. Costretto a mentire a
tutte le persone che gli sono intorno per non mostrare le sue
debolezze e vulnerabilità, ma soprattutto fallimenti, la figura di
Nico è molto educativa se si guarda il quadro completo, nonostante
il suo percorso sia costellato di errori e troppo orgoglio per
ammettere di aver sbagliato.
Raccontata dalla Solomonoff con
ritmo, ma non troppa fretta, la storia si evolve colpendoci con
emozioni piuttosto che spiegazioni. Non è facile vedere sullo
schermo i continui errori commessi da quest’uomo, ma è parte della
bellezza di questo film, che ci forza a vedere anche la parte
brutta dei sogni, ovvero quel momento in cui, non importa quanto
fortemente tu ci abbia creduto, non si realizzano.
All’interno della Selezione
Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma è
stato presentato Mademoiselle Paradis della
cineasta austriaca Barbara Albert.
Diciottesimo secolo: Maria Theresia
Paradis (Maria Dragus), chiamata Resi da tutti, è
cieca dall’età di tre anni, sgraziata, socialmente goffa ma con un
enorme talento come pianista. Dopo averla portata da diversi medici
di Vienna che non l’hanno potuta aiutare, i genitori (Katja
Kolm e Lukas Miko), grazie ad una pensione di invalidità
offerta dall’Imperatrice, la portano da Franz Anton Mesmer
(Devid Striesow), un medico che pare faccia
“miracoli” e che spera di acquistare fama “aggiustandola”. Lasciata
in custodia nella sua casa insieme ad altri invalidi, Resi inizia a
riacquistare la vista grazie ai suoi trattamenti, accorgendosi però
che nel guadagnare qualcosa stava perdendo una cosa a lei molto
importante…
Una corte viennese fatta di abiti
ricchi e colorati, parrucche altissime di riccioli fitti, fiocchi,
bicchieri di vino che tintinnano, risate ed una bravissima
pianista: il film di Barbara Albert si apre così,
catapultandoci velocemente in quelle atmosfere scaldate dalle luci
dalle candele e raffreddate dalla durezza dei rapporti
interpersonali, fatti di sorrisi finti, commenti cattivi e sguardi
d’intesa. In questo senza dubbio la regista, scrittrice e
produttrice austriaca non sbaglia, dipingendoci un quadro fatto di
dettagli e grande studio dell’epoca, una scelta meticolosa degli
interpreti, delle ambientazioni e dei costumi.
Il fulcro del film ruota intorno
alla domanda eterna del “Cosa sei disposto a sacrificare?”. Nel
caso di Reti, vale la pena acquistare la vista se poi ne viene meno
l’unica particolarità che la contraddistingue (e la potrebbe
rendere appetibile come sposa)? Su questo la Albert si sofferma in
particolare, facendoci capire la volontà della giovane ragazza, ma
soprattutto le pressioni del mondo esterno, in questo caso, dei
genitori. Ma con sguardo femminista analizza anche come, a quel
tempo, il volere delle donne in generale veniva messo sempre in
secondo piano rispetto a quello degli uomini, non solo nella storia
di Reti ma anche grazie alla figura della sua serva.
Nel ruolo di Reti troviamo la
bravissima attrice di origine rumena Maria Dragus,
già vista in White Ribbon di Michael
Haneke e Graduation di Cristian
Mungiu entrambi presentati al Festival
di Cannes nel 2009 e 2016 e prossimamente la
vedremo accanto a Saoirse Ronan e Margot Robbie in Mary Queen of
Scots. Quello della Dragus è un dono, tant’è che fino alla
fine ti lascia con il quesito se lei sia o meno una non vedente:
attraverso i suoi occhi, prima velati, poi inquieti, poi che si
rivoltano verso le palpebre, poi incerti, trasmette allo spettatore
tutto il mondo racchiuso dentro a quella povera ragazza che è molto
stanca di soffrire, di sentirsi diversa e soprattutto di sentirsi
dire quello che può o non può fare. La voce che trema, le urla, i
pianti esasperati: questa in Mademoiselle Paradis è senza dubbio
una delle performance più importanti della carriera di
Maria Dragus eper cui
meriterebbe riconoscimenti.
Parte fondamentale del film infine
è la musica, quella che accompagna i momenti di vita composta dal
giovane musicista Lorenzo Dangel, che ben si
sposa con i quadri della Albert della campagna austriaca e quella
suonata da Reti con violenza ed istinto al suo pianoforte con i
tasti in avorio.
Tratto dal libro
Mesmerized di Alissa Walser,
Mademoiselle Paradis fa parte di quel tipo di film
che vorrebbe far luce su storie particolari di persone del nostro
passato: il problema è che il tutto scorre troppo lentamente sullo
schermo ma soprattutto si tratta di una storia che, forse, non
aveva abbastanza potenziale sin dall’inizio per essere una cosa
effettivamente interessante a tal punto da affascinare e
coinvolgere lo spettatore.
Diretto da Jon
Watts, nel cast del
film protagonista Tom
Holland nei panni di Peter
Parker, Marisa Tomei in quelli di zia
May e Zendaya sarà invece Michelle.
Al cast si
aggiungono Michael
Keaton, Michael Barbieri, Donald
Glover, Logan Marshall-Green, Martin Starr, Abraham
Attah, Selenis Leyva, Hannibal Buress, Isabella
Amara, Jorge Lendeborg Jr., J.J. Totah, Michael
Mando, Bokeem
Woodbine, Tyne
Daly e Kenneth
Choi.
La trama ufficiale
di Spider-Man Homecoming
Il giovane Peter Parker/Spider-Man
(Tom Holland) che ha fatto il suo
sensazionale debutto in Spider-Man
Homecoming cerca il suo posto nel mondo come il
supereroe SpiderMan. Entusiasta per la sua
esperienza con i vendicatore Peter torna a casa, dove vive con la
sia Zia May (Marisa Tomei), sotto l’occhio vigile
del suom mentore Tony Stark (Robert Downey,
Jr.). Mentre Peter cerca di riprendere la sua normale
routine quotidiana una nuova minaccia sorge e un nuovo
cattivo, Vulture (Michael
Keaton) mette in pericolo la città di New York e metterà a
dura prova Spider-Man.
Spider-Man
Homecoming è prodotto da Kevin
Feige e il team creativo dei Marvel Studios,
supervisionato e co-prodotto da Amy
Pascal della Sony
Pictures che ne detiene i diritti e che ne
supervisione lo sviluppo da oltre dieci anni.
Il film si basa su una
sceneggiatura scritta da Jonathan Goldstein, John
Francis Daley, Jon Watts, Christopher Ford e Chris McKenna, Erik
Sommers. Spider-Man è un personaggio creato
da Stan Lee e Steve
Ditko.
La Justice League oltre ad essere un
nuovo salto nell’universo DC al cinema,
rappresenterà anche un modo per rendere omaggio ai classici
cinematografici del passato che hanno contribuito a rendere icone i
personaggi più famosi.
Infatti, dopo aver appreso che il
compositore del film Danny Elfman
riprenderà il tema del Superman di John
Williams nel film, oggi scopriamo che lo stesso
accadrà per Batman, a rivelarlo è stato il diretto
interessato durante un’intervista a Reporte Indigo. Quando ad
Elfman è stato chiesto se i fan dovrebbero
aspettarsi di sentire un nuovo tema per Batman nel
film, il compositore ha risposto:
“No, non sentirai un
nuovo tema per Batman, sentirete il tema di Batman per
Batman”. Alla domanda successiva se avrebbe
usato la composizione del
tema Batman di Batman v Superman: Dawn of Justice,
diHans
Zimmer, Elfman ha risposto
ridacchiando: “No, sentirete il tema di Batman.
Batman ha avuto solo un tema”,riferendosi alla sua
composizione dal film originale Batman del
1989.
Che dire, la cosa non farà di certo piacere ai fan del lavoro di
Hans Zimmer.
Sulla scia della morte di Clark
Kent/Superman per mano di Doomsday, il vigilante Bruce Wayne/Batman
rivaluta i suoi metodi estremi e comuncia la ricerca di
straordinari eroi per assemblare una squadra di combattenti contro
il crimine per difendere la Terra da ogni tipo di minaccia. Insieme
a Diana Prince/Wonder Woman, Batman trova l’ex star del
football al college, ciberneticamente migliorato, Vic Stone/Cyborg,
il velocista Barry Allen/The
Flash e un guerriero atlantideo, un re, Arthur Curry/Aquaman. Insieme si schierano contro Steppenwolf,
l’araldo e il comandante in seconda dell’alieno signore della
guerra Darkseid, incaricato da Darkseid stesso di trovare tre
manufatti nascosti sulla Terra.
Ecco il primo
trailer di Justice
League dal Comic Con
Justice League è stato
diretto da Zack Snyder, mentre Joss
Whedon è entrato nella produzione solo a fine
lavoro ed è previsto per il 16 novembre 2017. Nel film vedremo
protagonista Henry
Cavillcome Superman, Ben Affleckcome
Batman, Gal
Gadotcome Wonder Woman, Ezra Millercome
Flash, Jason
Momoacome Aquaman, e Ray
Fishercome Cyborg. Nel cast confermati
anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem
Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy
Irons. I produttori esecutivi del film
sono Wesley Coller, Goeff
Johns e Ben
Affleck stesso.
Secondo le stime, il film sta per
diventare uno dei titolo di maggior successo del Marvel Cinematic Universe,
dato che potrebbe superare i 400 milioni di dollari già entro
questa domenica. Infatti, secondo
Deadline il film di Taika Waititi
oggi supererà i 150 milioni di dollari all’estero che insieme ai 50
milioni che il film incasserà in Cina e l’apertura negli USA
stimata a 100/120 milioni di dollari proiettano il titolo ad
un incasso sopra i 400 milioni di dollari.
Questi numeri consentiranno alla
pellicola di diventare uno dei titoli più remunerativi del
franchise insieme a Civil War, ma per dirlo
aspettiamo le cifre ufficiali.
Thor:
Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast
del film Chris
Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston
il fratello adottivo di Thor, Loki; Il
vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la
sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins
interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.
Nelle new entry invece si annoverano il premio
OscarCate Blanchett (Blue
Jasmine, Cenerentola) nei
panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum
(Jurassic Park, Independence
Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico
Grandmaster, Tessa Thompson
(Creed, Selma)
interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban
(Star Trek, il Signore degli
Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza
nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che
Mark Ruffalo riprenderà
il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è
prevista per il 3 novembre 2017.
La trama di Thor:
Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è
imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile
martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a
Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la
fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente
minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una
mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi
amici Avengers, l’incredibile Hulk.
Ebbene in una recente intervista
l’attore si è soffermato sul prossimo Avengers
Infinity War, rivelando che in quell’occasione avrà una
spalla meno bionda rispetto a Thor Ragnarok,
ovvero Rocket. Infatti il simpatico procione
e Hulk secondo quanto rivelato dall’attore potrebbero passare del
tempo insieme:
“È una relazione molto
divertente quella che i due avranno nel film: Prima di tutto, uno è
il più grande supereroe e l’altro è il più piccolo”,
ha detto Ruffalo in una recente intervista a USA
Today . “Solo metterli insieme è un gioco
divertente in sé.”
Dunque questo è un altro incontro
confermato e sarà interessante vedere ciò che questi due faranno
insieme quando combatteranno fianco a fianco!
La sinossi: Mentre
gli Avengers continuano a proteggere il mondo da minacce
troppo grandi per un solo eroe, un nuovo pericolo emerge dalle
ombre cosmiche: Thanos. Despota di intergalattica scelleratezza, il
suo scopo è raccogliere le sei gemme dell’Infinito, artefatti di un
potere sconfinato, e usarle per piegare la realtà a tutto il suo
volere. Tutto quello per cui gli Avengers hanno combattuto ha
condotto a questo punto – il destino della Terra e l’esistenza
stessa non sono mai state tanto a rischio.
Avengers:
Infinity War arriverà al cinema il 4 Maggio
2018. Christopher Markus e Stephen
McFeely si occuperanno della sceneggiatura del film,
mentre la regia è affidata a Anthony e Joe
Russo.
Il cast del film al momento è
composto da Cobie Smulders, Benedict Cumberbatch,
Chris Pratt, Vin Diesel, Scarlett Johansson, Dave Bautista, Karen
Gillan, Zoe Saldana, Brie Larson, Elizabeth Olsen, Robert Downey
Jr., Sebastian Stan, Chris Hemsworth, Chris Evans, Tom Holland,
Bradley Cooper, Samuel L. Jacksson, Jeremy Renner, Paul Rudd, Peter
Dinklage, Mark Ruffalo, Josh Brolin, Paul Bettany, Benedict
Wong, Pom Klementieff e Chadwick
Boseman.
In occasione della Batman Week la DC
FILMS ha diffuso il motion poster del Batman di
Ben Affleck che presto ammireremo nuovamente in
azione nella Justice League.
Vi ricordiamo che Batman sarà
nuovamente al cinema in Justice League diretto
da Zack Snyder, mentre Joss
Whedon è entrato nella produzione solo a fine
lavoro ed è previsto per il 16 novembre 2017. Nel film vedremo
protagonista Henry
Cavillcome Superman, Ben Affleckcome
Batman, Gal
Gadotcome Wonder Woman, Ezra Millercome
Flash, Jason
Momoacome Aquaman, e Ray
Fishercome Cyborg. Nel cast confermati
anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem
Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy
Irons. I produttori esecutivi del film
sono Wesley Coller, Goeff
Johns e Ben
Affleck stesso.
Sulla scia della morte di Clark
Kent/Superman per mano di Doomsday, il vigilante Bruce Wayne/Batman
rivaluta i suoi metodi estremi e comuncia la ricerca di
straordinari eroi per assemblare una squadra di combattenti contro
il crimine per difendere la Terra da ogni tipo di minaccia. Insieme
a Diana Prince/Wonder Woman, Batman trova l’ex star del football al
college, ciberneticamente migliorato, Vic Stone/Cyborg, il
velocista Barry Allen/The
Flash e un guerriero atlantideo, un re, Arthur Curry/Aquaman.
Insieme si schierano contro Steppenwolf, l’araldo e il comandante
in seconda dell’alieno signore della guerra Darkseid, incaricato da
Darkseid stesso di trovare tre manufatti nascosti sulla
Terra.
Ecco il primo
trailer di Justice
League dal Comic Con
La Warner Bros ha
diffuso in tv la prima clip ufficiale di Justice League, nel quale
Wonder Woman, interpretata da
Gal Gadot è impegnata in un combattimento
unico con il cattivo, prima che Batman, Flash e Cyborg si
uniscano alla sfida. Non c’è nessun segno di Aquaman, ma il video sembra tagliato prima che la
scena finisca:
Sulla scia della morte di Clark
Kent/Superman per mano di Doomsday, il vigilante Bruce Wayne/Batman
rivaluta i suoi metodi estremi e comuncia la ricerca di
straordinari eroi per assemblare una squadra di combattenti contro
il crimine per difendere la Terra da ogni tipo di minaccia. Insieme
a Diana Prince/Wonder Woman, Batman trova l’ex star del football al
college, ciberneticamente migliorato, Vic Stone/Cyborg, il
velocista Barry Allen/The
Flash e un guerriero atlantideo, un re, Arthur Curry/Aquaman.
Insieme si schierano contro Steppenwolf, l’araldo e il comandante
in seconda dell’alieno signore della guerra Darkseid, incaricato da
Darkseid stesso di trovare tre manufatti nascosti sulla
Terra.
Ecco il primo
trailer di Justice
League dal Comic Con
Justice League è stato
diretto da Zack Snyder, mentre Joss
Whedon è entrato nella produzione solo a fine
lavoro ed è previsto per il 16 novembre 2017. Nel film vedremo
protagonista Henry
Cavillcome Superman, Ben Affleckcome
Batman, Gal
Gadotcome Wonder Woman, Ezra Millercome
Flash, Jason
Momoacome Aquaman, e Ray
Fishercome Cyborg. Nel cast confermati
anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem
Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy
Irons. I produttori esecutivi del film
sono Wesley Coller, Goeff
Johns e Ben
Affleck stesso.
Dopo le
foto del party di Ant-Man and the
Wasp che vi abbiamo rivelato qualche giorno fa, oggi dal
set arrivano le prime foto di Michelle Pfeiffer come
Janet Van Dyne. L’attrice è stata fotografata dal noto
sito JJ mentre si recava sul set per recitare al
fianco di Michael Douglas.
Ant-Man and The
Wasp,arriverà al cinema
il 6 luglio 2018. Alla regia potrebbe
tornare Peyton Reed, mentre alla
sceneggiatura c’è Adam McKay. Nel cast sono
stati confermati i protagonisti Paul
Rudd e Evangeline Lilly.
Confermati nel
cast Michael Douglas, Michael
Pena e David
Dastmalchian. Si sono uniti al cast
anche Michelle Pfeiffer che
interpreta Janet Van
Dyne,Hannah John-Kamen
è Ghost, Randall Park è Agent Jimmy
Woo, Laurence Fishburne è Dr. Bill Foster,
aka Goliath.
Alle ore 20.30, gli spettatori
potranno incontrare, presso la sala Petrassi,Michael Nyman, regista,
compositore, pianista direttore d’orchestra, e musicologo di
innegabile finezza, che parlerà dello stretto legame che unisce
cinema e musica e della sua produzione artistica nel campo della
visual art e della fotografia: i suoi film sono stati infatti
esposti in prestigiose istituzioni culturali internazionali, tra
cui il Museum of Modern Art di New York, il Tate Modern di Londra e
il British Museum di Londra.
Regista, compositore, pianista
direttore d’orchestra e musicologo di innegabile finezza, Michael
Nyman incontrerà il pubblico della Festa per parlare dello stretto
legame che unisce cinema e musica e della sua produzione artistica
nel campo della visual art e della fotografia.
I suoi film sono stati esposti in
prestigiose istituzioni culturali internazionali, tra cui il Museum
of Modern Art di New York, il Tate Modern di Londra, British Museum
di Londra. Nato a Londra nel 1944, inizia il proprio percorso nel
mondo della musica a partire dalla fine degli anni Sessanta, quando
conia il termine Minimalismo (corrente a cui appartengono Philip
Glass e Steve Reich) e si vede assegnata la stesura del libretto
per l’opera di Harrison Birtwistle, “Down By The Greenwood
Side”.
Autore di alcune delle colonne
sonore più indimenticabili della storia del cinema, da L’ultima
tempesta di Peter Greenaway – regista con il quale stringe un vero
e proprio sodalizio, firmando per lui dodici colonne sonore,
inclusa quella, splendida, per Il mistero del giardino di Compton
House – a Lezioni di piano di Jane Campion, passando per Fine di
una storia di Neil Jordan, Nyman combina nei suoi brani musica
folk, elettronica, sacra e classica, in una miscela sonora inedita
ed emozionante. Vincitore del prestigioso The Ivors Classical Music
Award, nel 2013 si è dedicato alla sonorizzazione de La Corazzata
Potëmkin di Sergej Ejzenštejn. Nel 2015 ha realizzato il film War
Work con suggestive immagini di archivio della Prima Guerra
Mondiale per commemorarne il centenario.
Alle ore 17.30 presso la 3 e Google
Cinema Hall, Ian
McKellen, straordinario attore shakespeariano,
vincitore di un Golden Globe e di due Tony Award, candidato a due
premi Oscar, sarà protagonista di un Incontro Ravvicinato con
il pubblico alla Festa del Cinema. L’interprete
inglese si è fatto conoscere in tutto il mondo come Magneto, nella
saga cinematografica degli “X-Men”, e nei panni di
Gandalf, nelle trilogie de “Il
Signore degli Anelli” e de “Lo Hobbit”.
McKellen condividerà con gli
appassionati il suo profondo amore per il cinema, in particolare
per il genio comico di Jacques Tati. Alle 19.30, l’attore sarà al
MAXXI per presentare il documentario McKellen: Playing
the Part, basato sull’intervista esclusiva di
quattordici ore realizzata da Joe Stephenson, durante la quale
l’attore inglese parla della sua vita: dall’educazione in Wigan
alla fama internazionale, passando all’attivismo gay. Nel doc viene
utilizzato raro materiale d’archivio: fotografie inedite, filmati
esclusivi dei primi lavori a teatro e scene di vita riproposte sul
grande schermo.
Logan
Lucky, il nuovo atteso film di Steven
Soderbergh, sarà presentato domani, mercoledì 1 novembre,
alla dodicesima edizione della Festa del Cinema di
Roma: alle ore 22 presso la Sala Sinopoli dell’Auditorium
Parco della Musica, il pubblico potrà assistere al nuovo film del
regista premio Oscar per Traffic,
autore di celebri produzioni che vanno da Sesso, bugie e
videotape a Magic Mike.
Dopo l’incursione nel mondo della
serialità televisiva attraverso le atmosfere gotiche e perturbanti
di The Knick, Steven Soderbergh
torna sul grande schermo con una pellicola corale che rievoca
circostanze e temi della trilogia di “Ocean”: in Logan
Lucky, racconta le fasi di una complessa e rischiosa
rapina che si compie nel corso di una delle più note e
adrenaliniche gare Nascar.
Steven Soderbergh ha
commentato: Lo script di Logan Lucky mi è stato dato da un
amico che mi chiedeva consigli sui possibili eventuali registi. Io
pensavo di essere la persona giusta per dirigerlo e la ricerca è
finita lì. Davvero non avrei sopportato l’idea che qualcun altro
potesse dirigerlo. A livello più ovvio, si tratta di un totale
capovolgimento dei film della serie Ocean. È la versione anti-glam
di un Ocean. Nessuno dei protagonisti veste in modo elegante. Non
hanno né soldi né tecnologia e questo credo sia il lato più
divertente. Mi sembrava simile ma, al tempo stesso, diverso. Il
paesaggio, i personaggi e il canovaccio erano l’esatto opposto di
un Ocean. Questo assomiglia a una versione più grezza di Ocean.
Quella che puoi trovare sui blocchi di cemento nel cortile di
casa.
Nel 1967 Jean Luc
Godard realizza La Cinese, tra i
protagonisti c’è Anne Wiazemsky. I due si innamorano e si sposano.
Il film non riceve un buon riscontro e Godard entra il crisi. Il
’68 e la rivoluzione non fanno che peggiorare la sua situazione
personale del regista che arriva a mettere in discussione se
stesso, la sua relazione e la sua arte.50 anni fa si pensava che il
mondo si potesse cambiare. Con la rivoluzione socialista,
essenzialmente, con le idee nuove di giovani attivisti, creativi e
quant’altro. 50 anni dopo, ancora ragioniamo su cosa ci sia ancora
da cambiare.
Poco più 50 anni fa Jean-Luc
Godard e François
Truffaut avevano dato uno scossone al cinema: sguardi
in macchina, jump cut, storie d’amore complicate, mescolanza di
generi, e soprattutto Godard, nei suoi primi film, aveva mostrato
una preponderante affezione per il genere noir. Più di Poi Godard e
Truffaut si allontanano, Godard inizia a fare del cinema militante.
Inizia anche a farsi delle domande, sul suo ruolo di regista, ma
anche di uomo, e dimentica di essere anche un marito.
Il mio Godard
50 anni dopo un regista francese
premio Oscar, Michel Hazanavicius, realizza un film usando
le formule stilistiche di Godard per raccontare un periodo storico
preciso e un evento della vita di Godard.Colori saturi come quelli
dei film anni ’70, parole scritte colorate che riempono lo schermo
nero, ironia delle parole che è in contraddizione con quello che
vediamo sullo schermo, rottura dell’illusione di realtà, il
rapporto sacro e immaginario tra film e spettatore.
Hazanavicius usa un
genere, in questo caso un intero movimento cinematografico, la
Nouvelle Vague, e realizza un film su Godard come se fosse un film
di Truffaut. La storia d’amore, in cui lui ha la peggio è infatti
tipica dei film del regista di Effetto notte, e è
qui inserita nel racconto del Maggio Francese.
Il film di Hazanavicius è anche una
commedia. Difficilmente si può definire un film biografico, anche
se alcuni degli eventi raccontati (come la sospensione del Festival
di Cannes nel 1968) sono veri.Quello che emerge da questo
racconto è la rottura interiore del regista con l’uomo, del regista
con la sua epoca e con la sua donna. Godard essenzialmente si
perde, non si riconosce in un movimento, quello del ’68, in cui lui
ora è il vecchio, non riesce ad amare Anne senza soffocarla, non
riesce a capire che cinema vuole fare.
L’ironia è nascosta nella
rappresentazione dello sfasamento di Jean-Luc
Godard con questo mondo che sta cambiando, ribaltato come
nei film dei Fratelli Marx, altri rivoluzionari
del cinema. Nonostante tutto però la sua vita procede, come ogni
giorno, come avviene sul primo sottomarino nucleare da guerra
francese, da cui il film prende il titolo originale, Le
Redoutable. Il film è stato presentato allo scorso
Festival di Cannes, esce nelle sale in 60 copie il 31 ottobre e
sarà proiettato in anteprima al Festival France Odeon che avrà
luogo a Firenze dal 19 al 22 ottobre.
All’interno della sezione autonoma
Alice della Città, nell’ambito della Festa
del Cinema di Roma 2017, la regista Bindu De
Stoppani, con Anna Ferzetti e
Luigi Diberti, ha presentato il suo ultimo film,
Cercando Camille, un on the road che
incontra commedia e dramma, mescolando i toni e i momenti.
Per la regista era importante
ambientare il film all’interno di uno spazio circoscritto in
movimento. Così è venuta fuori l’idea dell’on the road, all’interno
di un camper pieno di oggetti e ninnoli che ricordassero al
protagonista anziano, affetto da Alzheimer, qualcosa della sua
“vita di prima”.
“Ogni volta che ho fatto un
viaggio pensato di aver avuto lo spazio per pensare a delle cose e
pormi domande – ha dichiarato Bindu – Per me questo era
molto chiaro e volevo che trasparisse da questa storia in cui una
donna trova se stessa nel portare il padre in viaggio. Questa
scelta, secondo me, poteva raccontare al meglio questa
storia.”
La storia racconta appunto di
Camille, giovane donna un po’ in conflitto con se stessa e molto
rigida, che decide di partire con il padre malato per un viaggio in
Bosnia, fino ai luoghi della guerra che l’uomo stesso aveva
vissuto.
A interpretare il buffo e malato
Edoardo, è stato chiamato Diberti, che ha
spiegato in che modo la De Stoppani gli ha
spiegato il ruolo, le sue oscillazioni tra lucidità e assenza:
“Lo sguardo del mio personaggio cambia a seconda di quale delle
due persone ricopre, la sana o la smemorata, e non è stato
difficile perché sono stato molto supportato dalla regista che mi
ha dato indicazioni precise spiegandomi quando e come Edoardo era
da una parte o dall’altra della malattia. Mi ha guidato
davvero.”
Dal canto suo la
Ferzetti sembra molto fiera di aver interpretato
una donna così normale, che veste in modo semplice, non esattamente
il tipo di donna esile tanto di moda al cinema, un personaggio
normale, un po’ costretto nel ruolo di figlia. “Il personaggio
di Camille è una donna goffa, nelle sue paure e nelle sue
difficoltà – ha raccontato l’attrice – Per me è stato un
viaggio personale, perché quando ho incontrato Bindu avevo perso
mio padre da poco, e quindi per me è stato come ripercorrere un
sentiero già battuto. La malattia con cui ha a che fare la mette di
fronte al fatto che deve lasciare andare il padre. E così Camille
impara a vivere nel momento presente, così come ormai fa il padre
smemorato.”
Guarda il trailer di Cercando Camille
Il film vede i protagonisti tornare
sui luoghi della guerra in Bosnia e la regista ha raccontato un
punto di vista molto interessante in merito al valore della guerra
e del suo ricordo: “Non è un film sulla guerra, ma un film
sulla memoria. Per quello che vedo, mi rendo conto che, con tv,
giornali, veniamo messi al corrente del fatto che ci sono le
guerre, ma ce ne dimentichiamo subito. Con questa storia volevo
portare questi personaggi sul posto e incontrare persone che non
hanno affatto dimenticato la guerra, perché l’hanno vissuta
davvero. Volevo giocare con il tema della memoria e mostrare come è
facile avere l’ Alzheimer anche da sani.”
I riferimenti del film sono
senz’altro altre storie che parlano della stessa malattia, come
Still Alice o
Nebraska, ma la
relazione che interessava approfondire a De Stoppani era quella del
rapporto tra padre e figlia, tra genitori e figli, non tanto la
malattia e sui suoi effetti, quanto gli effetti che la malattia
stessa ha sulle persone che circondano il malato.
Il finale di Cercando
Camille è stato costruito in maniera tale che fosse un
sospiro di sollievo dalla storia, un bel finale aperto e luminoso,
“un passo verso l’alto”, come lo definisce la stessa
regista. Un’idea, quella di Bindu, che si rintraccia prima di tutto
nel suo modo di fare cinema e nel desiderio di raccontare sempre
qualcosa che possa allietare, e farlo anche con un film che
racconta di una cosa triste poteva essere un buon modo per tenere
fede a questo gusto, “anche se probabilmente la vita è meno
clemente.” conclude la regista.
Dakota Fanning è arrivata alla Festa
del Cinema di Roma per presentare il film “Please
Stand By” nella sezione dedicata ai giovani Alice
nella Città. La commedia, diretta da Ben
Lewin, tratta la storia di una ragazza autistica che
intraprende un viaggio contro tutti e contro le sue paure, per
realizzare il suo sogno di partecipare ad un concorso di
sceneggiature di Star Trek.
“Interpretare Wendy non è stata
una sfida maggiore rispetto a tanti altri ruoli, è sempre
difficile” ha raccontato la Fanning, “Certo è una ragazza
affetta da autismo, ma quella è solo una piccola parte di quello
che è lei, c’è molto altro di più e questa è la cosa che mi è
piaciuta di più di questo film e di questo personaggio. Vediamo le
sue difficoltà e di come queste influenzano la sua vita, ma vediamo
anche come lei riesce a superarle, come si ribella e come spinge se
stessa ad andare oltre e questo è davvero un aspetto interessante
del film. La sceneggiatura era scritta benissimo, piena di
dettagli, ed è stata essenziale per potermi calare bene nel
personaggio.”
Star Trek è una
parte importante del suo personaggio e così l’attrice ha
interpretato questa passione: “Wendy ha problemi di interazione
sociale, ha problemi con il mondo che la circonda e a quel punto si
serve di Star Trek, che la aiuta a superare diverse difficoltà. In
particolare il personaggio di Spok è come se la guidasse ed è come
se lei facesse passare le cose che non capisce del mondo
attraverso un ‘traduttore Star Trek’ che gliele rende più
comprensibili.” E il regista Ben Lewin
aggiunge “Le persone con autismo hanno un legame particolare
con Star Trek e possiamo definire forse Spok il primo eroe
autistico, perché anche lui è una persona che non riesce a gestire
le proprie emozioni”.
Oltre a presentare il film, Dakota
è anche stata protagonista di una Masterclass con i
giovani: “Questo è film sia per grandi che per piccoli
ed è stato bello poter lavorare ad un progetto del genere. Non
saprei che consigliare ai giovani che vogliono intraprendere questa
carriera, perché soprattutto in questo settore le esperienze sono
molto personali. Vorrei poter rispondere a tutte le domande… Ma
sono sincera, io non ho tutte le risposte!”
A soli 23 anni, Dakota
Fanning ha recitato in più di trenta film e una decina di
serie tv, avendo iniziato la sua carriera a soli 5 anni: a
differenza di tanti altri attori bambini però, il suo è sempre
stato un percorso molto tranquillo e non si pente di aver
sacrificato magari qualcosa della sua adolescenza per fare
l’attrice. “Amo il mio lavoro ed è sempre stato così” ci
ha detto la protagonista di Please Stand By,
“Fare l’attrice non ha avuto un impatto negativo sulla mia vita,
anzi, l’ha arricchita di esperienze uniche. A 9 anni ho vissuto per
5 mesi a Mexico City, a 14 anni ho vissuto ad Hong Kong per 3 mesi
e ho conosciuto nuove culture, nuove persone… E quante altre
persone possono dire la stessa cosa della loro vita? Mi sento
davvero grata di queste esperienze e fortunata di aver trovato una
cosa che mi piaceva fare così tanto ad un età così
piccola.”
Dakota Fanning ospite di Alice
nella Città
Riguardo a progetti futuri, Dakota non si sbilancia sul film che
vedrà il debutto alla regia di Kirsten
Dunst, che è ancora in sviluppo: “Non posso dire
ancora molto, ma è bello avere una amicizia, quasi un sentimento di
sorellanza con lei e poterci lavorare, come è successo anche con
altre registe donne in passato.”
Un argomento a lei caro, visto che
si sta laureando con una tesi su “La figura femminile nel cinema”,
molto attuale con il caso Weinstein:
“Sono una donna che fa parte di questa industria da tempo e
ovviamente sono interessata a queste questioni e a parlarne. Penso
che per le donne sia importante avere una voce, parlare, sentire di
avere potere e combattere per l’eguaglianza. Sono contenta di far
parte di un momento storico nel quale questo tipo di argomenti sono
al centro delle discussioni all’interno della società. Credo
più che mai che sia fondamentale che le donne si sentano in una
posizione di potere e che si sviluppi tra di noi questa
sorellanza”.
Dopo la disabilità fisica,
raccontata nel delicato e romantico The Session,
Ben Lewin racconta la disabilità mentale,
l’autismo, in Please Stand By, che però declina
con un linguaggio più leggero e rassicurante, rivolgendosi a un
pubblico più giovane.
Grandissima fan di Star
Trek, Wendy è autistica, vive in base a schemi rigidi e
rituali quotidiani che vengono interrotti soltanto dalla sua
passione per la scrittura. Un giorno le si presenta un’occasione
magnifica: avere la possibilità di partecipare a un concorso
proponendo una sceneggiatura a tema Star Trek. Il premio in denaro
le permetterà, secondo lei, di tornare a vivere con la sorella
maggiore. Quello che Wendy non sa è che dovrà superare tutti i suoi
limiti e le sue difficoltà per poter portare a destinazione il
plico con la sua preziosa storia.
Dakota Fanning ha interpretato da piccolissima
la figlia di un uomo con un ritardo mentale, in Mi chiamo Sam. Adesso passa
dall’altra parte, per così dire, e dà corpo a questa giovane donna,
autosufficiente ma imprigionata in schemi che permettono al suo
mondo di stare fermo e di non agitarla. Dimostrando una certa
maturità di interprete, la Fanning riesce a dare corpo a
un’interpretazione misurata e pulita, senza strafare e cadenzando i
momenti più forti con equilibrio.
Please Stand By – l’autismo attraverso un
occhio rassicurante
L’approccio del regista Lewin è
però molto edulcorato, sia nella scelta di un’ambientazione sicura,
per quanto estranea e in alcuni casi avversa alla protagonista, sia
per il modo in cui si affronta l’anomalia della stessa, che
comunque trova pian piano il coraggio di affrontare le situazioni
che lei sola percepisce come un ostacolo.
Illuminata dallo spirito guida di
Spok, il personaggio di Star Trek
metà umano e metà vulcaniano, Wendy riesce a trovare il suo modo
per entrare in contatto con i sentimenti altri, riuscendo in
qualche modo a esprimersi a sua volta. Un parallelo esibito, nel
finale, tra la protagonista e il personaggio: due figure che
trovano il loro modo per condividere i sentimenti, nonostante gli
ostacoli.
Tra le tante, tutte parziali,
rappresentazioni cinematografiche dell’autismo, Please
Stand By si colloca in un territorio neutro, scegliendo
una rappresentazione rassicurante e mettendo in scena più che la
malattia la forza di volontà nel superare i propri limiti.