Indiana
Jones 5 si aprirà con una scena in cui Indy
affronta ancora una volta i nazisti, e Harrison
Ford ha condiviso la sua reazione nel vedersi
ringiovanito con il de-aging. Il film però si svolge principalmente
negli anni ’60 e vedrà protagonisti Phoebe
Waller-Bridge, John Rhys-Davies,
Mads
Mikkelsen e altri insieme al ritorno della
Ford.
Indiana Jones 5 sarà l’ultima volta
di Ford con la frusta e il fedora, e l’attore ottantenne si è
seduto con Empire per discutere del film in
uscita, che presenta una Harrison
Fordringiovanito nella scena iniziale che si svolge
negli anni ’40. Ford ha condiviso i suoi pensieri sul trovarsi
faccia a faccia con il suo io digitalmente più giovane.
“Questa è la prima volta che lo
vedo e ci credo. È un po’ inquietante. Non credo di voler nemmeno
sapere come funziona, ma funziona. Non mi fa venire voglia di
tornare giovane, però, sono contento di essermi guadagnato la mia
età.”
Indiana Jones
5 è in gestazione da diversi anni, con il progetto
inizialmente sviluppato da Steven Spielberg, prima che egli si
ritirasse dal progetto. Il regista di Le Mans ‘66 e LoganJames
Mangold è poi stato chiamato a dirigere il film, con
Harrison Ford
confermatissimo nei panni dell’iconico avventuriero. Accanto a lui,
in ruoli ancora non meglio chiariti, vi saranno gli attori Phoebe
Waller-Bridge e Mads Mikkelsen.
Quanto oggi mostrato sembra relativo, oltre allo stesso Jones,
proprio ai personaggi interpretati da questi ultimi due attori.
Indiana
Jones 5 ha una data d’uscita attualmente fissata
al 30 giugno 2023.
Angela Bassett in Black
Panther: Wakanda Forever - Credit Marve/Disney
Il co-sceneggiatore e regista di
Black
Panther: Wakanda ForeverRyan
Coogler condivide un’emozionante lettera aperta,
ringraziando i fan che hanno visto il film nelle sale. Il film è
stato designato Certified Fresh sul sito aggregatore di
recensioni Rotten Tomatoes. Al momento in cui
scriviamo, Black
Panther: Wakanda Forever ha una valutazione dell’84%
da parte della critica e finora ha guadagnato oltre $ 300 milioni
al botteghino USA e circa $ 561,7 milioni in tutto il mondo.
I Marvel Studios hanno condiviso un
messaggio del regista di Black
Panther: Wakanda Forever, Coogler,
che ringrazia apertamente coloro che hanno visto il film nelle sale
e lo hanno sostenuto attraverso il passaparola e la discussione in
generale. Continua e ringrazia il pubblico per aver esercitato la
pazienza riguardo a diversi aspetti che potrebbero aver distaccato
alcuni spettatori, come la durata, o il fatto che il film racconta
anche di argomenti non proprio leggeri, come l’elaborazione del
lutto, o ancora il fatto che il film comprenda sei lingue in tutto
e che molte parti sono sostenute dai sottotitoli.
Il sequel del MCU onorerà il defunto
Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità
del suo personaggio, T’Challa. Black
Panther: Wakanda Forever è arrivato nelle sale l’11
novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios,
Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il
personaggio interpretato al compianto Chadwick
Boseman nel primo film, non verrà interpretato da
un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI.
Nel film Marvel Studios
Black Panther:
Wakanda Forever, la Regina Ramonda (Angela
Bassett), Shuri (Letitia
Wright), M’Baku (Winston Duke), Okoye (Danai
Gurira) e le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba)
lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze
mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del
Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro
storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia
(Lupita
Nyong’o) e di Everett Ross (Martin
Freeman) e forgiare un nuovo percorso per il regno del
Wakanda. Il film presenta Tenoch Huerta nel ruolo
di Namor, re di Talokan, ed è interpretato anche da
Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e
Alex Livinalli.
Arriva in prima tv su
Sky The
Northman, film epico sui Vichinghi di Focus Features,
firmato dal visionario sceneggiatore e regista Robert
Eggers (The
Witch,
The Lighthouse), mercoledì 23 novembre alle 21.15 su Sky Cinema Uno
e Sky Cinema 4K, in streaming su NOW e disponibile on demand, anche
in qualità 4K.
Con
Alexander Skarsgårde un cast
corale che includeNicole
Kidman, Anya
Taylor-Joy, Ethan
Hawke, Willem
DafoeTHE
NORTHMAN racconta la storia di vendetta che ha
ispirato l’Amleto di Shakespeare e rivisita i miti norreni, le
saghe islandesi e le leggende vichinghe attraverso l’attenzione di
Eggers sull’arte e i dettagli autentici. La sceneggiatura è di
Eggers e del poeta, romanziere, paroliere e sceneggiatore islandese
Sjón.
La trama del film
Dal visionario regista Robert
Eggers arriva The
Northman, un film epico ricco di azione, che racconta
la storia di un giovane principe Vichingo che vuole vendicare
l’omicidio del padre. Il film ha un cast corale di grandi star, che
include Alexander Skarsgård, Nicole Kidman, Claes
Bang, Anya Taylor-Joy, Ethan Hawke, Björk e Willem Dafoe.
THE NORTHMAN– Mercoledì 23
novembre in prima tv alle 21.15 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema 4K,
in streaming su NOW e disponibile on demand anche in qualità
4K.
L’artista di Weta Digital
Aaron Black, che ha lavorato a Doctor Strange nel Multiverso della Follia, ha
condiviso nuovi concept art del film inutilizzati. Le opere d’arte
presentano vari design del mondo da incubo che Doctor Strange di
Benedict Cumberbatch avrebbe potuto esplorare nel
sequel mentre si avventurava nel multiverso.
Uno dei mondi presenti nella concept
art raffigura una grande guerra, con zeppelin e aerei nazisti che
volano sopra un complesso campo di battaglia che include truppe
militari, carri armati, combattenti a cavallo e quello che sembra
essere un esercito medievale in cima a una montagna. Un paio di
pezzi non raffigurano mondi ma mostrano entità cosmiche in grande
dettaglio, inclusa quella che sembra una potente entità tigre.
Tutti i concept art condivisi possono essere trovati sul profilo
ArtStation dell’artista. Di seguito sono
riportati alcuni dei pezzi, incluso il suddetto mondo di
guerra.
La sceneggiatura del film porterà la
firma di Jade
Bartlett e Michael Waldron.
Oltre a Cumberbatch e Olsen, nel sequel ci saranno
anche Benedict
Wong (Wong), Rachel
McAdams(Christine
Palmer), Chiwetel
Ejiofor (Karl Mordo) e Xochitl
Gomez (che interpreterà la new entry America Chavez).
Nel cast è stato confermato anche Patrick Stewart nel ruolo di Charles Xavier.
Doctor Strange nel Multiverso della Follia è
uscito al cinema il 4 maggio 2022. Le riprese sono
partite a Londra a novembre 2020 e avranno luogo anche a New York,
Los Angeles e Vancouver. Nel sequel dovrebbe apparire in un cameo
anche Bruce Campbell, attore feticcio
di Sam Raimi. Al momento, però, non esiste
alcuna conferma in merito.
Creed 3
sarà incentrato su una tesa riunione tra Adonis Creed e un amico
d’infanzia, interpretato da Jonathan Majors, che è stato incarcerato per
diciotto anni. Questa dinamica segnerà un allontanamento dai
precedenti film di Creed, i cui antagonisti non
avevano un legame affettivo con Adonis. Michael B. Jordan ha parlato di
questo cambiamento con Empire.
“Penso che abbia un’intensità e
una realtà di personaggio che non abbiamo mai visto prima. È un
personaggio con i piedi per terra che è antagonista per natura, ma
viene da un posto onesto, prova emozioni vere. Non è il cattivo che
fa roteare i baffi; volevo che le persone potessero capirlo, per
rendere le cose complicate. Penso che quei personaggi siano i più
complicati e interessanti da guardare”.
CREED
3 ci mostrerà Adonis Creed in azione contro
Jonathan Majors nei panni del misterioso nuovo
antagonista del film, Damian Anderson. Il primo
trailer del film vede Adonis (Michael
B. Jordan) alle prese con il suo successo, ma il suo
passato lo raggiunge in grande stile quando un vecchio amico
(supponiamo che Adonis avesse qualcosa a che fare con il suo
arresto) esce di prigione dopo un periodo di 18 anni dietro le
sbarre e si posiziona come il prossimo sfidante di Creed.
I film di Creed non
hanno mai deciso di reinventare la storia di Rocky Balboa, ma i
primi due sono stati molto efficaci nella posta in gioco di
azione/dramma, e quest’ultima puntata sembra essere altrettanto
incisiva. CREED
3 è diretto da
Michael B. Jordan con
Michael B. Jordan,
Tessa Thompson, Jonathan Majors e Phylicia
Rashad.
Creed 3 – la trama ufficiale
Dopo aver dominato il mondo della
boxe, Adonis Creed (Michael
B. Jordan) ha prosperato sia nella sua carriera che
nella vita familiare. Quando un amico d’infanzia ed ex prodigio
della boxe, Damian (Jonathan Majors), riemerge dopo aver scontato
una lunga pena in prigione, è ansioso di dimostrare di meritare il
suo posto sul ring. Il confronto tra ex amici è più di una semplice
rissa. Per regolare i conti, Adonis deve mettere in gioco il
suo futuro per combattere Damian, un combattente che non ha nulla
da perdere.
Michael B. Jordan si siede per la prima volta dietro
la macchina da presa per dirigere questo terzo capitolo del
franchise drammatico di boxe. Tessa Thompson e
Phylicia Rashad riprenderanno i rispettivi ruoli,
ma Sylvester Stallone non tornerà come Rocky Balboa. Zach Baylin e
Keenan Coogler hanno scritto la sceneggiatura. Prodotto da Irwin
Winkler, pga, Charles Winkler, William Chartoff, David
Winkler, Ryan Coogler, Michael B. Jordan, Elizabeth Raposo,
Jonathan Glickman e Sylvester
Stallone, Creed 3
uscirà nei cinema 2 marzo 2023. Distribuito da Warner Bros.
Pictures.
Attenzione! Questo artico post
contiene SPOILER di Black Panther: Wakanda Forever
Non fraintendiamoci: Black
Panther: Wakanda Forever non sancisce il debutto
definitivo di Doctor Doom nell’MCU. Tuttavia, il film
inserisce un sacco di indizi che alludono all’arrivo del sovrano
della Latveria in Black Panther 3. Originariamente,
Victor von Doom era un nemico dei Fantastici Quattro e un rivale personale di Reed
Richards, ma successivamente nella Marvel Comics ha svolto un ruolo
significativo come cattivo per molti altri eroi.
Il sequel di Black
Panther: Wakanda Forever non è ancora stato
confermato ufficialmente, ma le possibilità narrative sono state
comunque lasciate aperte per il futuro. Stando a Wakanda
Forever, Doom potrebbe avere a che fare con le
Pantere Nere.
1Ironheart crea un collegamento con
Infame Iron Man di Doctor Doom
Anche il debutto di Ironheart (Riri
Williams) in Black Panther: Wakanda Forever
è un buon segno per l’arrivo di Doctor Doom nell’MCU.
Nei fumetti, in una delle prime apparizioni come successore di
Iron Man,
Riri incontra Victor von Doom. Nell’episodio, nel
tentativo di riscattarsi Doom si impossessa del mantello di
Tony
Stark e diventa Infame Iron Man. Doom
prova ad essere un eroe ma viene ostacolato da Mephisto e da
Hood e torna al suo tipico status di super criminale
dell’universo Marvel. Ugualmente, Doom potrebbe
arrivare nell’MCU come InfameIron Man per poi
diventare un cattivo nel sequel di Black Panther: Wakanda
Forever.
Difficile considerarlo un
esordiente, dopo tanti anni di attività e un curriculum nel quale
si affaccia anche il grande cinema, ma che spazia dalla letteratura
al teatro. Dove, come regista, Vincenzo Pirrotta
ha raccolto diversi riconoscimenti, prima di scegliere di mettersi
alla prova dietro la macchina da presa. Verrebbe da aggiungere
‘finalmente’ a vedere lo Spaccaossa che Luce
Cinecittà distribuisce nelle sale dal 24 novembre, e nel quale
l’artista partinicese è interprete e sceneggiatore. Insieme –
eccezionalmente, in un film che non li vede apparire in scena – a
Ficarra e Picone, sempre più in stato di grazia
dopo la splendida prova offerta ne La stranezza di Roberto
Andò e qui in veste anche di produttori.
Una storia vera, un male profondo
Tutto nasce “da quando
una notizia di cronaca ha conquistato i miei pensieri assumendo le
fattezze di un cancro da espellere” spiega lui stesso, rendendo
l’intensità e la forza di una vicenda che sarebbe riduttivo
descrivere come una delle tante storie di criminalità e
sfruttamento ambientate nel nostro Sud e in Sicilia. Un racconto
che piano si insinua e diffonde, via via che il quotidiano
arrangiarsi del protagonista ci mostra il suo privato, le sue
personali disperazioni e quelle dei tanti che attraverso lui
arriviamo a conoscere.
Delinquenti e vittime,
volontarie ma non per questo meno tormentate, ugualmente costretti
nello stesso inferno. Quello di un magazzino di Palermo dove si
svolge l’attività di una organizzazione usa a frantumare braccia e
gambe di consenzienti malcapitati, disposti a farsi spaccare le
ossa per intascare una minima parte dei lauti indennizzi
assicurativi risultanti dalla truffa. Il lavoro di Vincenzo è
quello di reclutare i candidati tra i miserabili della città,
spesso persone conosciute, amici di amici, o alle quali è legato in
maniera particolare, come la Luisa di Selene
Caramazza, tossica e vagabonda. Almeno fino a quando anche
lui non finisce per avere problemi economici.
L’inferno degli spaccaossa
Sono molti gli sguardi
con i quali si può osservare il dramma messo in scena, e su più
livelli. Per la verità della storia raccontata senza giudizi o
complessi di superiorità, e per l’equilibrio trovato nel farlo. Che
evita ci si affidi a un ‘banale’ crescendo o a un’abituale
sommatoria di crisi e conflitti, ma riesce a trarre il meglio dai
tanti attori coinvolti, tutti ben diretti e inseriti nella
composizione. Da Simona Malato, Maziar
Firouzi, Gabriele Cicirello,
Paride Cicirello, Maurizio
Bologna, Claudio Collovà e la
Rossella Leone moglie di Ficarra, ai vari
Giovanni Calcagno, Filippo Luna e
Luigi Lo Cascio tutti svolgono il proprio
compito, con Ninni Bruschetta in particolare
evidenza, al pari della Aurora ‘Rory’ Quattrocchi,
capace persino di aggiungere un brivido horror alla sua
caratterizzazione della ‘povera’ madre del nostro eroe.
Appare meritato, dunque,
il consenso ottenuto dalla critica e dagli addetti ai lavori dopo
la presentazione in anteprima nell’ambito delle Giornate
degli Autori dell’ultima Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia. Al quale ci si augura segua un adeguato
successo di pubblico, e di botteghino, nonostante i preoccupanti
livelli medi del box office italiano. Perché non sono molti i film
capaci di toccare lo spettatore senza approfittare di ricatti
morali o pornografia di vario genere, e di sorprendere con lo
spettacolo di una realtà che ci circonda e che non sempre sembriamo
– potere, o volere? – vedere per come si mostra.
Il ritmo, la fotografia
(di Daniele Ciprì), le musiche, tutto concorre
alla creazione di un’inerzia travolgente pur nella sua apparente
fissità, di un intorno all’interno del quale diventa meno difficile
comprendere una sottocultura fatta di droga, violenza e ludopatia.
E con un piccolo sforzo di fantasia, o umanità, riuscire a trovare
le similitudini con un approccio culturale ed esistenziale, ormai
comune, che subordina tutto al risultato, all’appartenenza a una
ristretta cerchia e alla fruizione di supposti benefici. Come se
principi, dignità o senso di giustizia non servissero nel futuro
che, coerentemente, il film e i suoi personaggi disegnano, nero,
malato, privo di speranza, senza scampo.
Il regista messicano è pronto a
tornare in grande stile con il suo Pinocchio di Guillermo del
Toro, in maniera più semplice
Pinocchio, rivisitazione della storia di Carlo
CollodiLe avventure di Pinocchio. Storia di un
burattino. La scelta di inserire il suo nome nel titolo della
pellicola è chiara: il racconto qui proposto non è lo stesso di
quello conosciuto, c’è la sua rilettura.
L’idea di costruire un nuovo
universo del burattino di legno nasce al regista messicano nel
2008, un progetto molto ambizioso che però vede nel 2017 una
rinuncia anche a causa dei costi troppo elevati del film. Per
fortuna Netflix nel 2018 decide di acquistarne i diritti,
mettendo di nuovo in moto la sua lavorazione. Il prodotto è un film
d’animazione realizzato con la tecnica dello stop-motion,
e arriverà nelle sale cinematografiche dal
4 dicembre e su Netflix dal
9 dicembre.
Pinocchio di Guillermo del Toro, la
trama
Prima Guerra Mondiale. Geppetto
(David Bradley) è un falegname che vive in un
paesello nel Nord Italia insieme a suo figlio Carlo, al quale
insegna l’arte dell’artigianato. Una sera, ultimato un lavoro che
l’uomo aveva fatto in chiesa, i due vengono colpiti da un
bombardamento aereo, che causa la morte di Carlo. Il lutto per la
perdita del figlio porta Geppetto a consolarsi nelle bottiglie di
alcol, consumate sulla lapide del bambino.
È ora il ventennio fascista. Dopo
essere rientrato da una delle sue solite visite alla tomba, preso
da un momento di collera, il falegname inizia a intagliare su un
pezzo di legno grezzo una sorta di burattino incompleto. Nella
notte, però, uno Spirito (Tilda
Swinton) dall’aspetto etereo giunge in casa per
regalargli la vita, dando la possibilità a Geppetto di essere
nuovamente felice. Non appena questo prende vita, diventando
Pinocchio (Gregory Mann), le avventure che deve
subito affrontare insieme al grillo Sebastian (Ewan
McGregor), per rendere orgoglioso il padre, lo portano
faccia a faccia con la vera dittatura.
Dentro il racconto di del Toro
Se Guillermo del
Toro avesse dovuto presentare il suo
Pinocchio esattamente come introduce i racconti
estraendo oggetti dal suo wunderkammer in Cabinet of
Curiosities, avrebbe esordito così: “Questa è la storia di
un burattino di legno, pregna però di sfumature oscure, contorni
crudi e verità forse inaccettabili. Questo, signori, non è il
Pinocchio che conosciamo”. E non c’è niente di più vero.
Le opere di Del Toro si distinguono
principalmente per tre fattori: lo sfondo politico, l’atmosfera
pseudo religiosa, lo spazio gotiche. E qui, nel suo
Pinocchio, tali caratteristiche si presentano
tutte in maniera equilibrata, evidenziando la sua impronta
registica – e stilistica – che si estende a
macchia d’olio lungo l’impianto narrativo del film.
D’altronde, se non avesse potuto marchiare la storia di Collodi
seguendo i dettami della sua arte, probabilmente il film non
sarebbe mai esistito.
Il regista apre la finestra
della realtà credibile sull’universo di Pinocchio,
proponendo un racconto in cui condizione umana e politica si
intrecciano e si fondono. Del Toro opera allo stesso modo di
Il labirinto del fauno, rinunciando però qui
alle eccessive sfumature fiabesche, il cui guizzo si può
riscontrare piuttosto negli insegnamenti di vita che il burattino
assorbe nel suo percorso di crescita. Questi, infatti,
arricchiscono la trama di continui moniti, veicolati allo
spettatore attraverso tematiche sulle quali spesso si ha timore di
soffermarsi: la storia e l’evoluzione, a volte terribile, del
genere umano.
Quello che porta al cambiamento e
alla crescita, a maggior ragione se inserito in un avvenimento
storico di rilievo quale – in questo caso – il periodo ostico della
dittatura, non può essere mostrato attraverso colori sgargianti e
morbidi climax, ma piuttosto esposto con una crisi
profonda e un ostacolo, quello sociale e politico, che va al di là
degli happy ending. È questa l’opera di Del Toro.
In una sceneggiatura che ha
prediletto il taglia e cuci, il regista spoglia la storia
della sua bellezza favolistica, riducendo Pinocchio agli
elementi essenziali in grado di far virare ad una narrazione molto
più impattante a livello contenutistico. Del Toro fa camminare il
suo burattino nelle difficoltà di una Italia intrappolata
nel ventennio fascista, in un contesto di
assoggettamento del popolo al suo Duce, dalle cui labbra pendono
tutti i personaggi che Pinocchio incontra lungo il cammino, e di
cui si serve per prendere consapevolezza.
L’ambiente politico è il primo vero
tema caldo dello script, in cui emerge l’inclinazione del
burattino a non soccombere come gli altri al Podestà, uno dei
principali villain che vede in lui un’arma indistruttibile ai fini
della guerra – essendo immortale – e di cui le truppe militari
fasciste possono farne uso. Ciò che corrode l’intero villaggio in
cui Pinocchio è “nato”, ma che si annida come muffa in tutto lo
stivale, è la famosa propaganda “Il Duce ha sempre
ragione”, seguita da un discorso dittatoriale che seppur non
si senta, si riesce a percepire: “La libertà senza ordine e
senza disciplina significa dissoluzione e catastrofe.”
Il tessuto del film si districa
proprio attraverso questo concetto “Mussoliniano” a cui Pinocchio
si ribella, imponendosi come individuo capace di fare la
differenza a dispetto di chi, con credenze bigotte di
fronte al suo essere “semplicemente di legno” – seppur venerino
Gesù, fatto di legno, sulla croce – lo reputi una maledizione e
un’opera del Diavolo. Eppure lui, nonostante sia di pino, si rivela
essere più umano di quelli fatti di carne e ossa poiché, al
contrario di come succedeva all’epoca di Benito Mussolini, riesce
ad esercitare il libero arbitrio. Ecco dunque la morale principale
del regista: essere diversi, e in questo caso sovversivi, può
divenire un atto salvifico.
Una storia di fragilità umana
Sin dalle prime inquadrature, il cui
ricco setting evidenzia una minuziosa lavorazione
del profilmico, è chiaro ciò che Del Toro porterà
all’occhio attento dello spettatore: questa è una fiaba che non sa
di meraviglia, sa di verità. Da Steve Barron, passando a Robert
Zemeckis e finendo a Roberto Benigni, l’avventura coming of
age di Pinocchio è sempre stata smorzata da
toni prevalentemente caramellosi e semplici, il cui obiettivo era
viaggiare sulle ali della fantasia, più che impegnarsi in un reale
racconto di formazione. E alla domanda “cosa si cela dietro la
storia di Pinocchio?” fino ad oggi è riuscito a rispondere
esaustivamente solo il regista messicano.
Nelle pellicole antecedenti la
rivisitazione deltoriana, Geppetto è stato designato come un uomo
il cui desiderio era avere un figlio a cui donare tutto l’amore di
cui avesse bisogno. Ma nessuno, fino ad oggi, aveva tentanto di
esplorare davvero il passato del falegname per
capire da cosa potesse derivare tale necessità, fornendo solo
qualche informazione poco dettagliata a riguardo. Del Toro invece
osa. E osa più che bene. Entra nella condizione di fragilità umana
di Geppetto e ne restituisce una versione cruda e senza filtri di
un uomo lacerato dal lutto, il cui avvenimento lo ha condotto sulla
strada dell’alcolismo mentre piange disperato sulla lapide del suo
bambino, Carlo.
Carlo, un figlio strappato troppo
presto dalle braccia del padre per colpa dei bombardamenti della
Prima Guerra Mondiale; un bambino vittima della guerra come tanti
altri; un figlio, che diventa il figlio di tutti, il cui padre non
è riuscito ad accettare la sua morte improvvisa, e che nel
tentativo di addormentare un dolore che brucia costantemente nel
petto, si abbandona tristemente a se stesso. Entrare in contatto
profondo con il background di Geppetto prepara emotivamente
alla storia. Accende il processo dell’identificazione e
permette alla fruizione di essere molto più densa e, per certi
versi, molto più difficile ma necessaria per una mise en scene il
cui elemento realistico è garantito.
Comprendere a pieno chi fosse
Geppetto prima di Pinocchio, imprime di valore il rapporto
dell’uomo con il burattino di legno. Se all’inizio il falegname era
restio ad accettare la sua presenza a causa della ferita ancora
aperta di Carlo, il loro tendersi progressivamente la mano per
costruire un legame di fiducia reciproco, conferisce alla nascente
relazione padre-figlio il taglio del vero
amore.
Bellezza stilistica
Se Del Toro ha impiegato diverso
tempo per la produzione del suo Pinocchio, la
visione del prodotto ne fa capire il motivo. La tecnica dello
stop-motion non è di sicuro un “metodo” semplice per costruire
delle pellicole, specie se in termini di minutaggio queste
risultino essere lunghe. Basti pensare che per un movimento del
personaggio ripreso, bisogna scattare precisamente 24 fotogrammi e
le espressioni facciali, seppur impercettibili, devono essere
diverse. Eppure, ogni personaggio che entra a far parte di
questo lungometraggio è pieno di sfaccettature, di
dettagli, di cura. L’attenzione e la minuzia nel disegnarli e
portarli in vita è evidente: passando dai tratti del grillo, che
seppur non abbia un volto umano sa trasmettere tutte le emozioni
che prova, e finendo a quelli di un Geppetto le cui lacrime che
solcano il viso sembrano reali.
L’ambiente, poi, è ben studiato. Di
solito, lo spazio-tempo attorno ad un personaggio deve essere molto
pieno nei fumetti per restituire al lettore un orientamento della
scena. Al cinema, l’ambiente ha senz’altro una sua importanza e
rilevanza, ma molto fa la bravura degli attori e non è sempre
scontato che quando invece si tratti di dare vita ad un film
d’animazione, che potrebbe essere paragonato ad un fumetto, si
ponga accortezza sul luogo. Nel Pinocchio di Del Toro, invece, il
setting principale, rappresentato dal villaggio, sembra condurre
realmente nel paesello arroccato nel Nord Italia. Non c’è senso di
vuoto, ma pienezza completa e misurata, senza la
presenza di elementi superflui. La scelta cromatica, seppur ampia,
predilige come sempre nel cinema deltoriano la prevalenza
dell’ambra, che garantisce un”atmosfera sia magica che realistica.
Il tutto, poi, amalgamato con le spettacolari musiche di
Alexandre Desplat.
Pinocchio di
Guillermo del Toro risulta perciò un film la cui bellezza
favolistica cede il passo a quella reale, i cui tratti
spesso sono crudi ma mai eccessivi. Il suo essere un film
antifascista lo trasforma in un inno alla libertà in cui il suo
protagonista dimostra che a volte, anche se c’è meno fiaba, si può
sempre indirizzare un messaggio d’amore, di patria e di crescita. E
così Del Toro ci ricorda che tutte le favole, alla
fine, nascono da frammenti di realtà rielaborati.
Ed è per questo che dall’altra parte noi riusciamo a imparare.
Proiettato per la prima volta il 2
settembre in occasione del Telluride Film Festival, il
prodigio è la nuova pellicola diretta dall’argentino
Sebastian
Lelio (Disobedience).
La sceneggiatura, tratta dall’omonimo romanzo di Emma Donoghue, è
nata dalla collaborazione di quest’ultima insieme a Lelio e ad
Alice Birch. Nel cast ritroviamo spiccare la stella nascente del
cinema contemporaneo
Florence Pugh (Piccole
donne,
Don’t worry, darling) nel ruolo dell’infermiera inglese
Elisabeth Wright. Il film è già stato candidato per ben 12
categorie per i British Independent Film Awards, tra cui anche per
la miglior regia, miglior performance protagonista e miglior
performance esordiente per Kìla Lord Cassidy nei panni della
piccola Anna.
Un miracolo irlandese
Irlanda 1862: Elisabeth Wright è
un’infermiera chiamata in un piccolo villaggio irlandese per
assistere una bambina, Anna. Giunta a destinazione, scopre dal
comitato di medici e chierici che si occupano della questione che
Anna è perfettamente sana: l’unica anomalia è che non mangia da
quattro mesi. Mentre i preti del villaggio e la famiglia della
piccola tendono a credere che si tratti di una sorta di miracolo
divino, un medico vuole scoprire come razionalmente questo possa
essere possibile. Per questo motivo viene dato a Elisabeth e ad una
suora il compito di sorvegliare Anna giorno e notte per scoprire
come possa sopravvivere senza nutrirsi. La bambina afferma di
nutrirsi di manna dal cielo. Pur avendo vietato il comitato ogni
contatto con la paziente, tra l’infermiera e la piccola si instaura
un rapporto sempre più stretto. Ciononostante, Elisabeth, decisa a
scoprire il segreto di Anna, evita che lei abbia alcun contatto con
altre persone, compresi i suoi familiari: a questo punto, le
condizioni fisiche della bambina iniziano a peggiorare
terribilmente.
L’infermiera Wright visita Anna
Il prodigio: In. Out.
Già dai primi attimi de Il
prodigio è possibile carpire l’originalità del film: la
prima scena si apre su un set cinematografico. Una voce narrante
introduce le vicende e la sua protagonista, mentre l’occhio dello
spettatore è lasciato libero di vagare per il set, fino a
soffermarsi su una scena specifica, da cui prende il via la storia.
Con il volgersi alla fine della pellicola, si ha un ritorno nella
realtà del set cinematografico. Questo è un tentativo da parte del
regista di rompere la quarta parete, instaurando un contatto più
diretto con il pubblico: diventa chiaro anche nel momento in cui
alcuni personaggi durante le vicende guardano fisso nella macchina
da presa, guardano gli spettatori. La rottura della quarta parete
qui però è parziale, neanche paragonabile allo stile di Woody Allen
(Io
& Annie), in cui il pubblico diventa un vero interlocutore.
Un elemento che spicca ne Il
prodigio è la performance di Florence Pugh. L’attrice con
ogni suo ruolo sta andando ad affermare sempre di più la sua
bravura, aggiudicandosi un posto tra le stelle della nuova
generazione del cinema Hollywoodiano. Elisabeth Wright è una donna
forte, indipendente, ha perso la fede in Dio ed ha una visione
razionale del mondo. Con la sua intelligenza prima fa di tutto per
smascherare l’inganno di Anna, e poi cercherà di proteggerla e
guarirla quando ella diviene più debole e deperita. Nel buio della
sua camera, Elisabeth, Lib, nasconde i segreti del suo passato in
un piccolo fagotto: due calzettine di lana da neonato ed una
boccettina con una sorta di sciroppo, magari una qualche forma di
oppiaceo, ed un ago. Si tratta del fantasma della sua vita passata,
suo marito e sua figlia, morta poche settimane dopo la sua nascita.
Un personaggio certamente molto complesso, che però, tramite
l’interpretazione della Pugh, trasmette tutta la sua tenacia al
pubblico.
“We are nothing without
stories”
Una tematica focale ne Il
prodigio è proprio quella delle storie, o meglio del
potere che una credenza può avere su un individuo. Anna e la sua
famiglia hanno una fede ceca in Dio, giustificano il dolore della
vita terrena come necessario per la pace eterna in paradiso dopo la
morte. Il ruolo della religione si va a delineare maggiormente
nella seconda metà del film, ma fin da subito si può notare la
persistente presenza della fede nella vita della famiglia: le
continue preghiere bisbigliate dalla bambina, trenta tre volte, la
quasi totale assenza di preoccupazione da parte dei genitori verso
Anna. Per quanto la fede possa dare all’uomo una speranza
perenne, il fanatismo può portare effetti terribili, può rendere
l’uomo un essere ceco e irrazionale.
Un monumento vivente del cinema come
Clint Eastwood
non sembra sbagliare mai un colpo, nemmeno raccontando una storia
semplice, e molto americana, come quella di Mystic
River. Considerato uno dei suoi maggiori capolavori,
il film del 2003 è un cupo thriller incentrato su un difficile caso
di omicidio che coinvolge tre personaggi un tempo amici stretti. In
un America dove la violenza è all’ordine del giorno, scegliere di
chi fidarsi diventa una responsabilità non da poco, e Eastwood
porta in scena tutto ciò con il grande gusto che da sempre
contraddistingue la sua messa in scena. Il film non è però una
storia originale, bensì la trasposizione del romanzo La morte
non dimentica.
Scritto da Dennis
Lehane, uno dei maggiori romanzieri statunitensi, che con
questo libro del 2001 trovò fama mondiale. In questo si ritrova non
solo una grande storia noir, ma anche uno studio approfondito di
personaggi psicologicamente complessi, ognuno con i suoi lati di
luci e tenebre. Arrivato all’attenzione di Eastwood, che vi ritrovò
molti dei temi a lui cari, il romanzo venne presto opzionato e
trasformato in film. Questo avrebbe dovuto essere girato in Canada,
ma il regista insistette affinché le riprese avvenissero a Boston,
vera ambientazione della storia. Presentato poi in concorso al
Festival di Cannes, Mystic River
non ottenne qui alcun riconoscimento se non il plauso della
critica.
Arrivato in sala, però, si affermò
come un grande successo economico. A fronte di un budget di 30
milioni di dollari, il film arrivò ad incassarne circa 156 in tutto
il mondo. Divenne poi uno dei protagonisti della stagione dei
premi, ottenendo sei nomination agli Oscar e vincendone due. Prima
di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e alle differenze con il
romanzo. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Mystic River: la trama del
film
La storia si apre nel 1975, quando
Sean, Jimmy e Dave non sono che
tre ragazzini, amici inseparabili proiettati a loro insaputa verso
un cupo destino. La loro infanzia termina infatti il giorno in cui
Dave viene rapito e abusato sessualmente. Pur riuscendo infine a
tornare a casa, nulla sarà più come prima. Venticinque anni dopo,
la quiete di Boston viene nuovamente sconvolta dal brutale omicidio
di Katie, la figlia di Jimmy. Disperato, questi
inizia a cercare una propria personale vendetta, mentre sul caso
investiga Sean, ora poliziotto. I loro sospetti finiranno per
ricadere proprio su Dave, il quale sembrerebbe poter aver avuto più
di un motivo per commettere quel delitto. In un susseguirsi di
accuse e sospetti, il sangue chiamerà necessariamente altro sangue
e la vendetta troverà infine il modo di compiersi, giusta o meno
che sia.
Mystic River: il cast del
film
Ad interpretare il principale
protagonista del film, Jimmy Markum, è l’attore Sean Penn.
Questi fu da subito la prima scelta di Eastwood per il ruolo, e con
la sua performance l’attore arrivò a vincere il suo primo Oscar
come miglior attore. Per dar vita a Jimmy, Penn cercò di calarsi
quanto più possibile nella mentalità del personaggio e della città
di Boston. Il risultato è un’interpretazione struggente e
particolarmente complessa per quantità di emozioni manifestate. Il
ruolo del poliziotto Sean Devine era originariamente stato affidato
a Michael Keaton,
il quale aveva anche iniziato a fare diverse ricerche per questo.
Un mese prima dell’inizio del set, però, egli lasciò il film a
causa di un litigio con Eastwood. Venne allora sostituito da
Kevin Bacon, il
quale si recò a lavorare in un ufficio di polizia in preparazione
al ruolo.
Tim Robbins,
celebre per il film Le ali della libertà, interpreta
invece il problematico Dave. Un ruolo particolarmente complesso,
grazie al quale egli vinse l’Oscar come miglior attore non
protagonista. Nel film sono poi presenti altri noti attori come
Laurence
Fishburne, nei panni del sergente Whitey, collega di
Sean. Marcia Gay Harden è
invece Celeste Boyle, la moglie di Dave. Anche lei ha ottenuto la
candidatura all’Oscar per la sua interpretazione, senza però
vincere. Laura Linney,
invece, interpreta Annabeth Markum, moglie di Jimmy. È inoltre
presente l’attore Eli Wallach, il quale ha un
breve cameo nei panni del signor Loonie. Questi, grande amico di
Eastwood sin dai tempi di Il buono, il brutto, il cattivo,
raccontò di aver girato la propria scena in un’unica ripresa, tanto
l’intesa tra lui e l’amico regista era forte e chiara.
Mystic River: le
differenze tra il libro e il film
Nell’adattare il celebre romanzo si
è cercato di rimanere quanto più fedeli possibile alla storia
scritta da Lehane. Vi sono però inevitabilmente alcune differenze,
che hanno permesso al racconto di acquisire una forma più consona
al mezzo cinematografico. Il primo di questi si ritrova nella
scoperta di quanto accaduto a Katie, la figlia di Jimmy. Il film lo
spettatore viene a conoscenza della sua morte dopo i primi 30
minuti, mentre nel libro la ricerca della ragazza dura molto di
più, e permette all’autore di descrivere minuziosamente il contesto
della città. Allo stesso modo, anche il personaggio di Dave è
particolarmente semplificato. Nel romanzo, questi è estremamente
complesso psicologicamente e attanagliato dai traumi della sua
infanzia, legati alla pedofilia. Nel film tutto ciò è presente,
seppur in maniera meno evidente.
Anche la storia personale del
poliziotto Sean è qui in parte tralasciata per favorire la trama
principale. Nel romanzo, infatti, il rapporto con la moglie da cui
è separato è maggiormente approfondito, mentre nel film questo è
lasciato sullo sfondo. Particolarmente diversa è anche la
rappresentazione della scena d’apertura del film, legata al
rapimento di Dave. I tre amici, infatti, nel film stanno giocando
lungo la strada e vengono avvicinati da due estranei, entrambi
anziani. Nel romanzo, invece, si trovano vicino la stazione dei
treni, e i due sequestratori sono uno giovane e biondo e l’altro
anziano. Molti degli aspetti di questo rapimento sono sintetizzati
nel film, così da permettere di far rientrare un romanzo di oltre
400 pagine in due ore di racconto.
Mystic River: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Mystic
River è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Infinity, Apple
iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
semplicemente iscriversi, in modo del tutto gratuito alla
piattaforma. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale
comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso
di noleggio si avrà a disposizione un determinato limite temporale
entro cui effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in
televisione il giorno mercoledì 23 novembre alle ore
21:00 sul canale Iris.
Icona del cinema hollywoodiano degli
anni Quaranta, Judy Garland ha
avuto una vita tanto ricca di successi quanto anche di profondi
drammi personali. Dietro la sua fortunata carriera cinematografica,
si nascondeva infatti una donna fragile, segnata dai numerosi
matrimoni falliti e dalla dipendenza di farmaci. Eppure ridurla a
ciò non le farebbe giustizia e anche per questo il film del 2019
Judy (qui la recensione) si è
impegnato a far riscoprire la Garland, proponendola senza filtri in
tutta la sua complessità emotiva, tra successi e insuccessi.
Diretto da Rupert Goold, attivo principalmente in
campo teatrale, il film è dunque una struggente biografia della
donna oltre la diva.
Scritto da Tom
Edge, il film è basato sul dramma teatrale di
Peter QuilterEnd of the Rainbow, un
chiaro riferimento all’arcobaleno del film Il mago di Oz e del
brano intitolato appunto Somewhere Over the Rainbow, che
rese celebre la Garland. A lungo atteso, Judy ha dunque
raccontato risvolti meno noti della vita della diva, ottenendo ampi
consensi di critica e pubblico. Nel corso della stagione dei premi
di quell’anno è poi stato un grande protagonista, vincendo
importanti riconoscimenti, in particolare quelli come miglior
attrice a Renée Zellweger, interprete malinconica
della Garland.
Per molti Judy è uno dei
biopic più affascinanti degli ultimi anni, che non ha la pretesa di
raccontare tutto ma si concentra su alcuni particolari per giungere
ad un ritratto complessivo della vita dell’artista. Per gli
appassionati del genere e per riscoprire la Garland, è un titolo da
non perdere. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà utile approfondire alcune curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà possibile ritrovare ulteriori
dettagli relativi alla trama e al cast di
attori e alla vera storia Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Judy: la trama e il cast
del film
Il film si apre sul 1968, quando
Judy Garland è una donna ormai esausta dalla vita
e con innumerevoli problemi privati a gravare sulle sue spalle.
Piena di debiti, con diversi matrimoni alle spalle e con una voce
ormai non più iconica come un tempo, Judy trova conforto soltanto
nei figli Lorna e Joey, per i
quali deve comunque combattere per ottenerne la custodia. In cerca
di soldi e nuovi lavori, la Garland si sposta in lungo e in largo,
non potendo però fare a meno di ripensare agli inizi della sua
carriera, quando aveva il controllo della sua vita e tutto sembrava
dover andare per il meglio.
Come anticipato, ad interpretare la
Garland vi è l’attrice Renée
Zellweger. Per lei, interpretare la protagonista è
però stata una sfida non da poco. Si è infatti dovuta allenare a
livello vocale per oltre un anno, oltre a sottoporsi ad alcuni
interventi di trucco per rendere maggiore la somiglianza con la
Garland. Grazie alla sua struggente performance, la Zellweger si è
poi aggiudicata il suo secondo premio Oscar. Accanto a lei, nei
panni dei figli Lorna e Joey vi sono gli attori Bella
Ramsey e Lewin Lloyd, mentre
Jessie Buckley è l’assistente Rosalynd Wilder e
Rufus Sewell è
Sidney Luft, terzo marito della Garland.
Judy: le differenze tra il
film e la vera storia
Nell’adattare il dramma teatrale e
fare riferimento alla vera vita della Garland, lo sceneggiatore, il
regista e i produttori di Judy hanno cercato di rimanere
fedeli ad alcuni aspetti, modificando solo ciò che era necessario
modificare. Innanzitutto, come mostrato nel film, risulta essere
vero che i produttori della MGM incoraggiarono la Garland ad
assumere anfetamine per il controllo dell’appetito, così che
potesse preservare la propria immagine. Ciò la portò naturalmente a
sviluppare una dipendenza da farmaci. A procurare tali pillole
all’attrice fu proprio la madre, la quale proiettava nella figlia i
suoi sogni infranti di divenire una celebrità.
Altra figura particolarmente
tirannica nella vita della Garland, come mostrato nel film, è
quella del produttore Louis B. Meyer, il quale ebbe un profondo
controllo sulla vita artistica e privata della giovane. Quando nel
1949 la Garland venne licenziata dalla MGM, l’attrice tentò
realmente il suicidio e riuscì a riprendersi dalla sua crisi
personale solo dopo un lungo soggiorno in ospedale. In quegli anni
la vita privata della Garland era infatti non solo segnata dalle
sue dipendenze, ma anche dai matrimoni falliti. In particolare, a
segnarla, fu l’aver perso la custodia dei figli Lorna e Joey nei
confronti del terzo marito, Sidney Luft.
Concentrandosi poi sull’ultimo
periodo di vita della Garland, il film ce la racconta in bancarotta
e pronta a recarsi a Londra nella speranza di esibirsi in alcuni
locali. Entrambi questi aspetti sono veri, in quanto negli ultimi
anni di vita la Garland era piena di debiti e cercò riparo a Londra
per poter ottenere qualche nuovo impiego. L’attrice fu infine
ritrovata morta il 22 giugno del 1969, a quarantasette anni. Si
pensò inizialmente ad un suicidio, ma l’autopsia riportò che si
trattò di una morte accidentale dovuta ad un’eccessiva assunzione
di barbiturici in un lungo arco di tempo.
Judy: il trailer e dove
vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Judy grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV,
Chili Cinema, Google Play e Apple iTunes. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 23 novembre alle ore
21:10 sul canale Rai Movie.
Il regista tedesco
Daniel Stamm torna sul tema delle possessioni
diaboliche dopo L’ultimo esorcismo del 2010, con il suo
nuovo film Gli occhi del diavolo che sarà
in sala dal 24 novembre.
All’epoca al botteghino
aveva riscosso un gran successo, portando a casa un incasso
nettamente superiore alle spese. Così come era stato (un po’ meno,
forse) anche per 13 peccati del 2014, un horror dal ritmo
frenetico di cui aveva anche scritto la sceneggiatura, pur essendo
il remake di una pellicola thailandese del 2006.
La trama di Gli occhi
del diavolo
Questa volta la storia
sorge da un’idea dello sceneggiatore Robert Zappia, che proveniva
già dal genere horror per Halloween – 20 anni
dopo del 2008 e che ha scritto Gli occhi
del diavolo insieme a Todd e Richey Jones. Qualche
anno fa, infatti, era incappato in un articolo di giornale che
raccontava come negli ultimi decenni ci fosse stata un’incredibile
crescita di casi di possessione e, quindi, di richieste di aiuto
nei confronti di sacerdoti esorcisti, soprattutto a fronte di un
aumento del rapporto delle une rispetto agli altri. Così il film
inizia con il colpo di genio per ovviare alla minaccia di
un’invasione di satana e i suoi seguaci: l’apertura di nuove scuole
per aspiranti esorcisti.
Suor Ann
(Jacqueline Byers) è una giovane e promettente
consacrata che lavora come infermiera nell’istituto che negli Stati
Uniti è preposto allo scopo dell’addestramento di preti. La ragazza
si affeziona in particolar modo ad una bimba (Posy
Taylor) ricoverata tra i pazienti che lei assiste, che
però pare manifestare nei suoi confronti un interesse non
propriamente innocente, cosa che la introdurrà nel percorso per
diventare la seconda donna esorcista nella storia.
Gli occhi del
diavolo apre dunque le sue danze, seguendo per bene le
tracce dei suoi innumerevoli predecessori, tra cui il primo fra
tutti: L’esorcista di William
Friedkin del ’73. Ma, a parte la variante della
protagonista femminile, non aggiunge praticamente nulla di nuovo né
dal punto di vista dell’intreccio né, men che meno, da quello delle
immagini.
Probabilmente, di fatto,
vedere sullo schermo Suor Ann lottare con i propri demoni fisici e
psichici, del passato e del presente, conficca il perno
dell’attenzione sui principali dolori di cui questo tempo storico
così tanto soffre. È naturale che non ci sia innovazione neanche da
quel punto di vista, ma se c’è una piccola attualizzazione del
genere rispetto ai suoi antenati, si può giusto trovare in queste
minime varianti.
Le ferite generate
dalla propria storia personale, che chiaramente affondano nella
psiche delle vittime di possessione diabolica (tutte donne),
vengono affrontate esclusivamente attraverso le forze individuali.
Laddove nella tradizione della Chiesa Cattolica la figura
dell’esorcista si mette totalmente nelle mani di Dio, facendosi ed
essendo suo ministro nell’aiutare i posseduti come il tramite di
una potenza ben più grande di lui che gli viene data, proprio come
se ne fosse catalizzatore, qui diviene una lotta completamente
impari tra la donna e il demonio. Ed è curioso, oltre che
consolidato, che i riferimenti maschili ne escano impotenti, deboli
e smarriti, tanto per cambiare.
L’unione femminile fa la forza
C’è la figura di una
psichiatra (Virginia Madsen) ad incoraggiare Suor
Ann e che all’inizio del film la aiuta a scavare nella memoria
della sua infanzia segnata da una mamma malata (Koyna
Ruseva) e a tratti aggressiva. E c’è la sorella di un
giovane sacerdote che è perseguitata dagli effetti di uno stupro
subito tanti anni prima. I demoni del passato sono ciò a cui il
diavolo si attacca per torturare queste donne, proprio come
l’anello di Sauron de Il Signore degli Anelli. E a tentare
una liberazione da tali e tanti fardelli sono le parole sussurrate
da Suor Ann, dalla sua mamma, che come un mantra si ripetono
rassicuranti per scacciare le forze infernali.
Ancora una volta,
insomma, l’unione (femminile) fa la forza. Ma la verità, alla fine,
è che l’assenza di Dio si sente in maniera prepotente. E l’epilogo
dell’allenamento per la «difesa contro le arti oscure», lascia Suor
Ann e lo spettatore soli e con tanti dubbi.
A seguito dei
recenti commenti di Quentin Tarantino sul genere e sul franchise,
Simu Liu si è rivolto a Twitter per condividere
una risposta schietta alle sue critiche ai film Marvel. L’attore di Shang-Chi e la leggenda
dei Dieci Anelli ha riconosciuto l’impatto
di Tarantino e Martin Scorsese sul cinema nel suo
complesso, ma ha anche aggiunto altre osservazioni che sembrano
giuste.
“Se l’ingresso al mondo delle
star di Hollywood fosse gestito da Tarantino o Scorsese, io non
avrei mai avuto l’opportunità di recitare un in film di 400
milioni. Sono in ammirazione del loro genio cinematografico. Sono
autori trascendentali. Ma non possono puntare il naso contro di me
o con chiunque altro.”
“Nessuno studio cinematografico
è o sarà mai perfetto. Ma sono orgoglioso di lavorare con uno che
ha compiuto sforzi importanti per migliorare la diversità sullo
schermo creando eroi che danno potere e ispirano le persone di
tutte le comunità ovunque. Anch’io ho adorato la “Golden Age”… ma
era tremendamente bianca.”
L'attrice Letitia Wright nei
panni di Shuri in una scena di Black Panther: Wakanda
Forever.
ATTENZIONE – l’articolo contiene
spoiler su Black Panther: Wakanda Forever
Screen Rant ha
intervistato Nate Moore, produttore di Black Panther:
Wakanda Forever, il quale ha commentato l’apparizione a
sorpresa di Julia Louis-Dreyfus nei panni della
contessa Valentina Allegra de Fontaine. Moore ha condiviso che
la connessione di Valentina con Everett Ross era in realtà
un’idea di Ryan Coogler. Ha anche paragonato
Valentina al Nick Fury della Fase 1, suggerendo che questo potrebbe
essere pericoloso per l’MCU.
“Certamente, questa non è
l’ultima volta che vedremo Valentina. Penso che ora, chiaramente,
lei e Ross potrebbero trovarsi a tavoli diversi nello stesso
ristorante. Il dettaglio della loro relazione passata era qualcosa
che Ryan pensava sarebbe stato davvero divertente e interessante da
esplorare. Si spera che riusciremo a costruire su questo
presupposto. Ma con Valentina, proprio come Nick Fury nella Fase 1,
stiamo lentamente costruendo la storia di una donna che forse ha le
mani in pasta in più questioni. E vedremo se è una cosa positiva o
negativa per l’MCU.”
Il sequel del MCU onorerà il defunto
Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità
del suo personaggio, T’Challa. Black
Panther: Wakanda Forever è arrivato nelle sale l’11
novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios,
Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il
personaggio interpretato al compianto Chadwick
Boseman nel primo film, non verrà interpretato da
un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI.
Nel film Marvel Studios
Black Panther:
Wakanda Forever, la Regina Ramonda (Angela
Bassett), Shuri (Letitia
Wright), M’Baku (Winston Duke), Okoye (Danai
Gurira) e le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba)
lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze
mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del
Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro
storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia
(Lupita
Nyong’o) e di Everett Ross (Martin
Freeman) e forgiare un nuovo percorso per il regno del
Wakanda. Il film presenta Tenoch Huerta nel ruolo
di Namor, re di Talokan, ed è interpretato anche da
Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e
Alex Livinalli.
Stravolgendo la percezione della
realtà dei suoi personaggi, il finale della serie tv Netflix
1899 ci mette davanti a misteri fantascientifici
sconcertanti che richiedono indubbiamente spiegazioni. In ogni
episodio,
1899 naviga in una moltitudine di concetti e
dispositivi narrativi fantascientifici senza offrire una
spiegazione chiara per nessuno di essi. Per aggiungere un ulteriore
livello di intrigo e dramma,
1899 termina ogni episodio con un enigmatico
cliffhanger, mentre si svelano gradualmente le traumatiche storie
dei suoi personaggi principali. Sebbene il dramma fantascientifico
di Netflix si prenda il suo tempo per svelare questi
misteri di fondo e tenga intenzionalmente gli spettatori col fiato
sospeso grazie a un ritmo disteso, è comunque gratificante riuscire
ad unire tutti i puntini.
1Maura è sfuggita alla simulazione nel
finale di 1899?
Dopo essere sfuggita alla simulazione nella
serie horror sci-fi di Netflix, Maura si risveglia
in una stazione spaziale dove trova gli altri passeggeri collegati
a una macchina. Questo conferma che nessuno è morto su quella nave.
Trova uno schermo che rivela il nome della stazione spaziale come
“Progetto Prometheus” e l’anno attuale come “2099”. Segue un
messaggio di “Benvenuto nella realtà” da parte di
Cirian, che conferma di essere a conoscenza della
fuga della sorella dalla simulazione.
Poiché la stagione 1 di
1899 termina dopo questo episodio, si può solo
ipotizzare se Maura sia sfuggita a tutte le
simulazioni o sia rimasta intrappolata in un’altra. Tuttavia, dal
momento che la stazione spaziale ha lo stesso nome della nave, è
possibile che si tratti di un’altra realtà simulata creata da
Cirian. Un altro dettaglio che lo conferma è la frase “che il tuo
caffè faccia effetto prima della realtà” che Cirian lascia a Maura
nella stazione spaziale. In una scena precedente,
Anker (interpretato da Alexandre
Willaume del cast di Wheel of Time) e
Ramiro trovano la stessa frase scritta su un libro
nella sala di controllo della nave.
Sebbene
1899 non spieghi mai il significato della frase,
sembra essere il modo in cui Cirian prende in giro
i suoi prigionieri. Alludendo al falso senso di veglia che si prova
quando il cervello viene inondato di dopamina dopo aver consumato
del caffè, Cirian sembra insultare Maura e gli altri che hanno
scelto volontariamente di vivere in simulazioni fasulle solo per
affrontare i fardelli della loro realtà. Poiché la saluta con lo
stesso messaggio nella stazione spaziale, è possibile che stia per
sottoporre lei e i passeggeri a un’altra sconcertante simulazione
nella stagione 2di
1899.
Il duo formato da Abatantuono e
Catania torna sul piccolo schermo con
Improvvisamente Natale, pellicola diretta da Francesco Patierno in uscita su Amazon Prime
Video il 1 dicembre. A comporre il soggetto è colui il quale
può essere definito il maestro dei cinepanettoni, Neri Parenti, con
la seconda firma di Gianluca Bomprezzi. I lungometraggi di genere
comedy che celebrano il Natale sono oramai un
must nel periodo antecedente la festività, e rappresentano
l’opportunità cinematografica per immergersi in questa magica
atmosfera accompagnati da buone e sane risate.
In principio erano Christian De Sica
e Massimo Boldi con il loro Natale trascorso in giro per il mondo,
adesso invece a trainare il carro dei cinepanettoni sono Diego
Abatantuono e Antonio Catania, in un sodalizio ancora molto “fresco
e saporito” sancito ai tempi di Mediterraneo (1991). Se in
Il peggior Natale della mia vita erano due amici di
vecchia data, in Improvvisamente Natale diventano
consuoceri il cui obiettivo è tenere in piedi la famiglia. Ma di
qualsiasi personaggio loro si vestano, una cosa è certa: ciò che li
unisce è una comicità che spesso non ha bisogno di parole, ma
piuttosto si rifugia nelle espressioni.
Improvvisamente Natale, la
trama
Alberta (Violante
Placido) e Giacomo (Lodo Guenzi) sono
una coppia il cui matrimonio naufragato ha messo in evidenza le
loro differenze caratteriali e attitudinali. Sulla decisione della
loro imminente separazione non hanno però il coraggio di informare
la figlia Chiara (Sara Ciocca), molto legata al
concetto di famiglia. Decidono così di partire alla volta delle
Dolomiti, regno e casa di Lorenzo (Diego
Abatantuono), il “nonnone” a cui Chiara è molto legata,
con l’intento di affidare a lui l’arduo compito.
Arrivati all’hotel di cui Lorenzo è
proprietario, Alberta e Giacomo cercano di convincere il padre di
lei a dare a Chiara questa spiacevole notizia, seppur lui sia in
disaccordo e cerchi un modo per farli riappacificare. Nel frattempo
nell’albergo è anche in corso una trattativa di vendita con dei
cinesi, a causa di alcune difficoltà economiche di Lorenzo.
Quest’ultimo sa che per la nipote le due novità saranno un duro
colpo, e perciò decide di organizzarle in piena estate un Natale di
cui difficilmente si dimenticherà.
Un racconto ingolfato di
cliché
Sullo sfondo delle Dolomiti prende
forma la trama di Improvvisamente Natale, una
storia la cui cornice brilla di luci, cenoni, palle decorative e
alberi di pino giganteschi. Quel che spicca nel calderone degli
intrecci è chiaramente l’atmosfera festosa del 25
dicembre, seppur il panorama estivo ne faccia da contrasto, e che
regge sulle spalle la linea di un racconto costellato di
cliché. Niente di nuovo a livello narrativo quanto
contenutistico, anche se l’ultimo acquista un punteggio in più solo
per il messaggio di cui vuole essere portatore.
Lo affermano tutti gli sceneggiatori
che sanno masticare le storie, ma anche i registi che poi devono
farle vivere nelle quattro pareti dell’inquadratura: ciò che si
inserisce all’interno di una trama deve attribuire ad essa valore,
logica e credibilità oppure rischia di finire nel buco nero delle
pellicole fallite, senza neppure la consolazione di un successo
all’incasso. Purtroppo la storia qui risulta priva di mordente, su
un impianto narrativo debole e scarno, impregnato
dei soliti leitmotiv quali matrimoni alla deriva,
tradimenti e scappatelle, che cercano di dare un taglio di spessore
alla storia ma in realtà si arenano in una forzata crisi interna
che non suscita alcuna emozione.
Sembra quella che in gergo è
definita “minestra riscaldata”, piena di sub-plot che
invece di aggiungere privano di significato, restituendo allo
spettatore solo che confusione e, ad un certo punto, anche noia. Se
non fosse per qualche gag comica di cui ne fanno siparietto Diego
Abatantuono, Antonio Catania e Nino Frassica nei panni di Don
Michele, il film sarebbe privo di qualsiasi sfumatura
attrattiva.
Improvvisamente
Natale si salva perciò solo per il messaggio che cerca di
veicolare attraverso Chiara e il suo gruppo di amici. Nel tentativo
di salvare l’hotel dalla vendita, rendendo anche omaggio ad alcuni
cult movie di genere horror quali Shining di Kubrick, la
comitiva di bambini porta in scena il valore affettivo di
alcuni luoghi a cui, nonostante le difficoltà riscontrate
lungo la strada, non bisogna rinunciare. A volte gli adulti,
“troppo impegnati a credere ai complotti e alle fake news” non si
accorgono della preziosità di ciò che possiedono, ed è l’innocenza
di una mentalità ancora non inghiottita e influenzata dalla società
capitalista che può salvare dal commettere atti di cui, altrimenti,
ci si potrebbe pentire.
ATTENZIONE – l’articolo contiene
spoiler sul finale di Bones and All
In un’intervista esclusiva con
Screen Rant, Taylor Russell, co-protagonista di
Bones and All di Luca
Guadagnino, ha parlato del film, una storia d’amore tra
due cannibali. L’attrice, premio Mastroianni a Venezia 79 per la
sua interpretazione nel film, ha condiviso in particolare i suoi
pensieri sul finale violento e scioccante del film, spiegando
perché in realtà è “incredibilmente romantico” e “molto bello”.
“Il finale è incredibilmente
romantico per me perché è un regalo che lui fa a lei, conoscendo la
struttura di queste due persone, questa afflizione che hanno. È
l’atto più amorevole possibile in un certo senso. E mi è sempre
sembrato così quando ne abbiamo parlato, quindi penso che sia molto
bello. Molto sentito. Nel loro mondo è la versione più
romantica.”
Bones and All è il nuovo film di Luca
Guadagnino, vincitore del Leone d’argento alla regia e del
Premio Marcello Mastroianni per la migliore attrice emergente a
Taylor Russell alla
79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il
film è diretto da Luca Guadagnino e scritto da
David Kajganich, che ha collaborato con il regista
in Suspiria e A Bigger
Splash, è un adattamento del romanzo di Camille
DeAngelis “Bones & All” (“Fino all’osso”), edito in Italia da
Panini Books. Nel cast Taylor Russell, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg,
André Holland, Chloë Sevigny, David Gordon-Green, Jessica Harper,
Jake Horowitz e Mark Rylance.
Un film prodotto dalla Frenesy Film
Company e Per Capita Productions con The Apartment Pictures –
società del gruppo Fremantle, Memo Films, 3 Marys Entertainment,
Elafilm e Tenderstories. In co-produzione con Vision Distribution
in collaborazione con SKY.
Prodotto da Luca Guadagnino,
Theresa Park, Marco Morabito, Dave Kajganich, Francesco Melzi
d’Eril, Lorenzo Mieli, Gabriele Moratti, Peter Spears e
Timothée Chalamet.
I produttori esecutivi del film sono
Giovanni Corrado, Raffaella Viscardi, Marco Colombo e Moreno Zani.
I finanziatori del film sono le società italiane The Apartment
Pictures (società del gruppo Fremantle), 3 Marys Entertainment,
Memo Films, Tenderstories, Elafilm, Wise Pictures, Excelsa, Serfis
e Piace. Vision Distribution distribuirà il film in Italia mentre
MGM ha acquisito i diritti per la distribuzione internazionale.
In una recente intervista con
Empire, lo sceneggiatore,
regista e produttore Christopher McQuarrie
anticipa alcune delle sfide che Ethan Hunt (Tom
Cruise) dovrà affrontare in Mission:
Impossible – Dead Reckoning Part One e come questo si
collega al sottotitolo del film. Pur non rivelando troppi dettagli,
McQuarrie rivela che “la resa dei conti” ha in realtà un
significato unico al di fuori del franchise di Mission:
Impossible che funge da metafora per alcune trame
imminenti.
“Ci sono molte cose che
emergono dal passato di Ethan. ‘Dead reckoning’ è un termine di
navigazione. Significa che stai scegliendo un corso basato
esclusivamente sulla tua ultima posizione nota e questa diventa una
metafora non solo per Ethan, ma per diversi personaggi.”
Nei prossimi due capitoli della
saga di Mission Impossible, Tom
Cruise e Rebecca
Ferguson torneranno nei panni di Ethan Hunt e
Ilsa Faust. I due film vedranno coinvolti anche Shea
Whigham(Kong: Skull Island),Hayley
Atwell(Captain America: Il primo
vendicatore),Pom
Klementieff(Guardiani della
Galassia) e Esai Morales(Ozark).Christopher McQuarrie scriverà e
dirigerà i film, che faranno il loro debutto nelle sale americane
rispettivamente il 30 settembre 2022 e il 7 luglio 2023.
SOLO: A STAR WARS STORY. Alden
Ehrenreich as Han Solo and Joonas Suotamo as Chewbacca
Lo sceneggiatore di Solo: A Star Wars
StoryJonathan Kasdan spiega perché
vuole ancora un sequel. Come secondo film antologico di Star
Wars dopo Rogue One, Solo è
stato co-scritto da Lawrence Kasdan (che ha
collaborato con George Lucas in L’impero
colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi)
e suo figlio Jonathan. Nonostante abbia ricevuto recensioni
generalmente favorevoli dalla critica, in particolare per la
performance principale di Alden Ehrenreich, il film spin-off incentrato
su un giovane Han Solo ha incassato solo 393,2 milioni di dollari
in tutto il mondo, diventando il primo insuccesso al botteghino del
franchise di Star Wars, infrangendo
sostanzialmente tutte le speranze di un sequel.
Tuttavia, lo sceneggiatore di
Solo: A Star Wars
StoryJonathan Kasdan continua a
sperare in un sequel. Durante una recente intervista con
Josh Wilding di ComicBookMovie.com,
Kasdan ha dichiarato di essere ancora disponibile a tornare al
personaggio di Solo per un film successivo, che in realtà crede
potrebbe essere migliore dell’originale.
“La ragione per un Solo 2 è, se
c’è, una grande ragione, e certamente parteciperei se ci fosse…
c’erano così tanti grandi personaggi che siamo stati in grado di
impostare, e per me, l’argomento più forte per un Solo 2 è che il
primo film è stato il viaggio di Alden per raccogliere l’eredità
del personaggio, e alla fine ho pensato che l’avesse davvero fatto,
e si è divertito ad interpretarlo solo per un film, quindi mi
piacerebbe rivederlo.”
Tuttavia, nonostante la sua volontà
di un secondo film, sembra improbabile per Solo: A Star Wars
Story, di tornare con un secondo capitolo.
In questa occasione, James
Gunn torna a raccontare le storie dei Guardiani e tramite i
suoi canali social ha diffuso anche la track list della colonna
sonora del mediometraggio con protagonisti Dave Bautista e Pom
Klementieff.
The Guardians of the Galaxy Holiday Special
SOUNDTRACK should be up tomorrow, including the original song “I
Don’t Know What Christmas Is (But Christmastime Is Here)” & the
original recording “Here It Is Christmastime” by the @Old97s &
@kevinbacon.
#GotGHolidaySpecialpic.twitter.com/DZJQYkPxJV
Guardiani della Galassia Holiday Special si
concentra su Drax (Dave Bautista) e Mantis
(Pom Klementieff) mentre tentano di rapire
Kevin Bacon per rallegrare Star-Lord
(Chris Pratt). È confermato che lo
speciale include più eroi Marvel che sono già apparsi nel Marvel
Cinematic Universe.
ATTENZIONE – l’articolo contiene
spoiler su Black Panther: Wakanda Forever
In un’intervista con Rolling Stone, il
co-sceneggiatore di Black
Panther: Wakanda Forever, Joe Robert
Cole, spiega perché Killmonger di Michael B. Jordan è stato
riportato nel MCU. Cole ha detto che ha sempre
voluto che Jordan tornasse e che il suo ritorno sarebbe avvenuto
sul Piano Ancestrale, legando insieme la
vulnerabilità di Shuri alla vendetta e la fame di Killmonger di
vendicare i suoi antenati.
“Abbiamo sempre voluto che
Michael tornasse, e sento che sarebbe sempre stato nel piano
ancestrale con Shuri che aveva preso la pozione. La domanda era
sempre come, come si ottiene la cosa di cui penso tu stia parlando.
Come fai a renderlo qualcosa di più del semplice entusiasmo per il
ritorno di Michael che è fantastico e il personaggio è fantastico?
In che modo è rilevante per il viaggio di Shuri e diventa un punto
di svolta per il suo personaggio? Quindi, se ci pensi, [nel primo
film] il suo viaggio riguardava anche la vendetta, la rabbia e la
frustrazione. Questa è una parte di ciò che abbiamo cercato di
mettere in contatto con lei all’inizio, la rabbia di aver perso
qualcuno, il senso di perdita. E poi come perdere sua madre avrebbe
intensificato i suoi sentimenti di desiderio di vendetta. Abbiamo
solo cercato di basarci su questo, in modo che lui le presenti una
scelta tra: si muoverà nella direzione in cui si muoverebbe
Killmonger? O farà qualcosa di diverso? L’idea era quello di
costruire con successo la posta in gioco per lei così che potesse
essere comprensibile per il pubblico. Ma una cosa che ho apprezzato
molto anche della scena di Killmonger che abbiamo scoperto è stato
il suo punto di vista su come ha cambiato il Wakanda. Killmonger è
entrato e ha posto la domanda: sono io il custode di mio
fratello?”.
Suggerendo che l’arrivo di
Killmonger nel primo film abbia in qualche modo cambiato anche
l’approccio dei Wakandinani al mondo, da cui poi è scaturita la
decisione di Ramonda di salvare Riri Williams. La rabbia di
Killmonger, in qualche modo, si è trasformata in una forza positiva
per la nazione.
Il sequel del MCU onorerà il defunto
Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità
del suo personaggio, T’Challa. Black
Panther: Wakanda Forever è arrivato nelle sale l’11
novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios,
Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il
personaggio interpretato al compianto Chadwick
Boseman nel primo film, non verrà interpretato da
un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI.
Nel film Marvel Studios
Black Panther:
Wakanda Forever, la Regina Ramonda (Angela
Bassett), Shuri (Letitia
Wright), M’Baku (Winston Duke), Okoye (Danai
Gurira) e le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba)
lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze
mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del
Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro
storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia
(Lupita
Nyong’o) e di Everett Ross (Martin
Freeman) e forgiare un nuovo percorso per il regno del
Wakanda. Il film presenta Tenoch Huerta nel ruolo
di Namor, re di Talokan, ed è interpretato anche da
Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e
Alex Livinalli.
In occasione del tour promozionale
del suo nuovo libro, Cinema Speculation, Quentin
Tarantino sta rilasciando numerose dichiarazioni sul
cinema e sulla contemporaneità di Hollywood. Dopo aver detto che
non dirigerà mai un film Marvel, ora il regista ha
commentato gli attori che hanno partecipato al franchise MCU fino a questo momento.
Durante un’intervista, Tarantino ha
detto: “Parte di questa Marvel-izzazione di
Hollywood deriva anche dal fatto che ci sono tutti questi
attori diventati famosi per aver interpretato questi personaggi, ma
non sono loro le star del cinema”. Continuando:
“Captain America è una
star. Thor è una star. Non sono la prima
persona a notarlo. Penso sia stato detto uno zilione di volte, ma è
così: sono questi personaggi dei franchise che diventano
star“.
“Non voglio neppure svilirli, a
dire la verità.” ha proseguito il regista, dicendo anche che
se questi film fossero usciti anni fa, sarebbero stati i suoi
preferiti: “Se questi film fossero usciti quando avevo
vent’anni. Sarei stato felicissimo e presissimo. Ma non
sarebbero stati gli unici film realizzati. Sarebbero stati film in
mezzo ad altri film. Adesso ho quasi 60 anni, quindi no, non sono
così contento di questi film”.
In occasione del Lucca Comics and
Games 2022, abbiamo intervistato Denise Gough, che
nella serie Lucasfilm ANDOR interpreta
Dedra Meero, una minacciosa esponente del Lato Oscuro, al servizio
dell’Impero. In occasione del
finale di stagione dello show, disponibile su Disney+ dal 23 novembre, ecco cosa ci
ha raccontato Denise Gough sul suo
personaggio.
ANDOR, la serie del
franchise che arriverà in estate e che vede protagonista Cassian
Andor, interpretato da
Diego Luna, nelle vicende che lo hanno coinvolto prima
dei fatti di Rogue One. Il personaggio, lo ricordiamo, ha esordito
nello stand alone del 2016, che racconta i fatti che avvengono tra
La Vendetta dei Sith e
Una Nuova Speranza.
ANDOR
arriverà il 31 agosto su Disney+ e
sarà composta da 12 episodi, che verranno seguiti da una seconda
stagione sempre da 12 episodi che ci condurrà agli eventi di Rogue
One. Nel cast di ANDOR compaiono
Diego Luna, Adria Arjona, Denise Gough, Genevieve O’Reilly,
Stellan Skarsgard, Fiona Shaw e Kyle
Soller.Andor è incentrato su Cassian
Andor (Luna), personaggio che è stato introdotto in Rogue One e come membro della ribellione
contro l’Impero. La serie sarà un prequel del film, con Toby Haynes
che sarà il regista principale della prima stagione che sarà
composta da12 episodi. Gli altri registi coinvolti sono Ben Caron e
Susanna White, mentre Stephen Schiff e Tony Gilroy sono gli
sceneggiatori.
ANDOR è
prodotto dallo showrunner Tony Gilroy, che ha
scritto e prodotto Rogue One. Inizialmente Gilroy
avrebbe dovuto dirigere i tre episodi, ma è stato costretto a
rinunciare a causa di problemi di viaggio legati alla pandemia.
In Rogue One un gruppo di improbabili eroi si unisce
in una missione per rubare i piani alla Morte Nera, l’ultima arma
di distruzione dell’Impero. Questo evento chiave nella cronologia
di Star
Wars riunisce persone comuni che scelgono di fare cose
straordinarie e, così facendo, diventano parte di qualcosa di più
grande di loro stessi.
Uno dei film italiani più
celebri di sempre è La ciociara, il
capolavoro diretto dal maestro del neorelismo Vittorio De
Sica (Ladri di biciclette, Umberto
D.) e sceneggiato dal fidato Cesare
Zavattini, altro illustre nome del neorealismo. Il film
non rientra più in quel movimento artistico, spentosi nel suo senso
più puro intorno ai primi anni Cinquanta, ma offre ugualmente uno
spaccato sincero e brutale di vicende verificatesi negli anni in
cui l’Italia era uno dei principali luoghi dove si decidevano le
sorti della Seconda guerra mondiale. Tra dramma e documento
storico, La ciociara si è dunque affermato come un titolo
imprescindibile.
Distribuito al cinema sul finire del
1960 e presentato poi in concorso al Festival di Cannes nel 1961, il film si è
affermato come un grande successo cinematografico, da cui sono
scaturiti numerosi dibattiti di natura artistica. In particolare,
però, il film è ricordato per l’interpretazione di Sophia
Loren, protagonista assoluta che si è con La
ciociara consacrata a livello internazionale come una delle
interpreti più apprezzate in assoluto. Negli anni la fama del film
non è poi mai venuta meno e ancora oggi è tra i più citati,
omaggiati e studiati titoli della storia del cinema italiano.
La ciociara è dunque uno di
quei film che ogni appassionato di cinema deve aver visto almeno
una volta nella vita e che ad ogni visione svela nuovi affascinanti
aspetti di sé, dalla ricostruzione storica ai sentimenti messi in
gioco, dal dolore alle speranze di un popolo ferito ma non
sconfitto. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al libro e al cast
di attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La ciociara: la trama e il cast del film
Ambientato nell’estate del 1943, il
film ha per protagonista Cesira, una giovane
vedova che vive a Roma insieme alla figlia dodicenne
Rosetta. Per sfuggire ai bombardamenti della
Seconda guerra mondiale, le due intraprendono una fuga che le porta
a Sant’Eufemia, paese di origine di Cesira. Quando l’arrivo degli
Alleati fa emergere la speranza di veder terminare la guerra, madre
e figlia decideranno di tornare a Roma per riprendere la loro vita
di sempre. Lungo il tragitto, però, vengono assalite e violentate
da un gruppo di soldati nordafricani dell’esercito francese. Per
loro è l’inizio di un trauma che ben si rispecchia con quello che
il paese sta attraversando.
Originariamente, ad interpretare
Cesira doveva esserci la celebre Anna Magnani,
mentre la Loren avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di Rosetta. La
Magnani, tuttavia, rifiutò la parte per via della marcata
differenza fisica tra lei e la Loren, alla quale dunque fu affidato
il ruolo della protagonista, che venne trasformata pertanto
dall’essere una cinquantenne all’essere una donna più giovane. Per
la sua interpretazione, come noto, la Loren, che all’epoca aveva 25
anni, vincerà poi il premio Oscar come miglior attrice. Fu la prima
volta che tale premio veniva assegnato per un’interpretazione non
in lingua inglese.
Ad interpretare Rosetta si ritrova
invece EleonoraBrown. Poiché al
momento delle riprese quest’ultima aveva solo 11 anni, non le fu
detto apertamente che il film prevedeva uno stupro e la scena venne
descritta solamente come un momento di violenza a suon di percosse.
Inoltre, per far sì che l’attrice piangesse nei momenti più
drammatici del film, De Sica arrivò a raccontarle che i suoi
genitori erano morti in un incidente d’auto. Nel ruolo di Michele,
l’intellettuale antifascista di cui Cesira si innamora si ritrova
invece l’attore Jean-Paul
Belmondo, interprete iconico della Nouvelle Vague
francese. Recita poi nel film anche l’attore Carlo
Ninchi nei panni di Filippo, padre di Michele.
La ciociara: il libro di Alberto Moravia
Il film La ciociara è
l’adattamento dell’omonimo romanzo scritto da Alberto
Moravia e pubblicato nel 1957. Il romanzo (e, quindi,
anche il film) è basato su fatti realmente accaduti di stupri di
massa da parte dei Gourmiers marocchini nella regione della
Ciociaria dopo la battaglia di Montecassino nella seconda guerra
mondiale. Montecassino fu conquistata dagli Alleati il 18 maggio
1944 e la notte successiva migliaia di Goumier e altre truppe
coloniali perlustrarono le colline che circondavano i paesi della
Ciociaria. Oltre 60.000 donne, di età compresa tra gli 11 e gli 86
anni, hanno subito violenze quando i vari paesi sono passati sotto
il controllo dei Goumier. Uomini civili, che hanno cercato di
proteggere le loro mogli e figlie, sono stati assassinati.
La ciociara: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di La
ciociara grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google
Play, Apple iTunes, Rai Play e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 22 novembre alle ore
21:10 sul canale Rai Movie.
Uno degli eventi più tremendi che si
possono verificare nella vita di un genitore è quello relativo alla
scomparsa del proprio figlio o figlia. Sono tanti i film che hanno
cercato di raccontare questo particolare lutto, tra cui si ricorda
lo struggente Manchester by the sea. Vi è
poi un film che, affrontando questo tema, lo rielabora all’interno
del genere thriller, connotando il tutto con elementi piuttosto
cupi e inediti. Si tratta di Angel of
Mine, titolo del 2019 diretto da Kim
Farrant e scritto da David Regal e
Luke Davies (quest’ultimo è noto anche per la
sceneggiatura di Lion – La strada verso casa
e Beautiful Boy).
Il film è un remake del film
francese del 2009 Mark of an Angel, diretto da
Safy Nebbou e affermatosi come un grandissimo
successo di critica e pubblico in patria. Presentato al Melbourne
International Film Festival, Angel of Mine è andato
incontro ad un simile risultato, con ottimi apprezzamenti di
critica che lo elogiano come un’opera tanto toccante quanto lucida
sul raccontare le derive della psicologia e della mente umana
dinanzi a dolori troppo grandi. Dal punto di vista del successo
economico, invece, Angel of Mine è passato piuttosto
inosservato, nonostante il cast di noti attori presenti nei ruoli
dei protagonisti.
Si tratta dunque di un film da
riscoprire, in particolare per le tematiche affrontate e i punti di
vista attraverso cui queste vengono raccontate. Per gli
appassionati di questa tipologia di film, Angel of Mine è
un titolo che difficilmente lascerà indifferenti. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Angel of Mine: la trama del film
Protagonista del film è
Lizzie, una donna segnata nel profondo da un lutto
avvenuto 7 anni prima. La sua bambina appena nata è tragicamente
deceduta a causa di un incendio divampato nell’ospedale dove si
trovava. Ad anni di distanza, Lizzie sta dunque ancora cercando
disperatamente di elaborare le fasi del lutto, mentre tenta di
crescere suo figlio, Thomas, di cui ha condiviso
la custodia con il suo ex, Mike. Per lei tutto
sembra cambiare quando, durante una festa di compleanno per l’amico
di suo figlio, vede una bambina che crede subito essere Rosie.
Nel desiderio di avvicinarsi a lei,
Lizzie fa amicizia con i genitori della ragazza,
Claire e Bernard, fingendo
interesse per la loro casa in vendita. I loro figli diventano poi
amici e lei scopre che il nome della ragazza è
Lola. Molto rapidamente, Lizzi inizia a perdere il
controllo della realtà, incapace di discernere tra ciò che è vero e
ciò che è frutto della sua immaginazione. Ciò la porta a trascurare
tutto il resto, dal lavoro al figlio Thomas. Quando si vede messa
alle strette dalle persone a lei care, Lizzie continuerà a
sostenere ciò che crede essere vero, dimostrandosi pronta anche ad
atti estremi pur di riavere la sua bambina.
Angel of Mine: il cast del film
Ad interpretare il ruolo di Lizzie
vi è la celebre attrice svedese Noomi Rapace, celebre
per aver dato vita al personaggio di Lisbeth Salander nella
trilogia di Uomini che odiano le donne. La Rapace è però
nota anche per i film Seven Sisters, Sherlock Holmes –
Gioco di ombre e Prometheus. Per interpretare Lizzie,
l’attrice si è preparata a lungo conducendo ricerche sul disturbo
da stress post-traumatico, di cui il personaggio soffre. Così
facendo ha potuto dar vita alla problematica protagonista in modo
più realistico, ottenendo ampi consensi per la sua performance. Nel
ruolo di Thomas, suo figlio, vi è invece Finn
Little, giovane attore visto anche nella
serie Reckoning.
Luke Evans, attore noto
per essere stato Bard l’arciere nei film de Lo Hobbit,
compare invece nel ruolo di Mike, l’ex marito di Lizzie. Nel ruolo
dei genitori di Lola, Bernard e Claire, vi sono Richard
Roxburgh e Yvonne
Strahovski. Il primo dei due è noto per film come
Van Helsing e la serie Rake. La Strahovski,
invece, è celebre per aver interpretato il personaggio di Sarah
Walker nella serie Chuck e quello di Serena Joy in The
Handmaid’s Tale. La piccola Lola è invece interpretata dalla
piccola Annika Whiteley, qui ad uno dei suoi primi
ruoli cinematografici. Nel film sono poi presenti le attrici
Rebecca Bower nel ruolo di Alice e Tracy
Mann in quelli di Lena.
Angel of Mine: il trailer
e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Angel of
Mine è infatti disponibile nei cataloghi di
Chili e Rai Play. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È
bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite
temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente
nel palinsesto televisivo di martedì 22 novembre
alle ore 21:15 sul canale Rai
5.
Il film racconta la storia di
Chiara, 8 anni, che ogni anno non vede l’ora sia Natale per
rivedere l’adorato nonno Lorenzo (Diego
Abatantuono), proprietario del delizioso albergo
d’alta montagna che ospita i festeggiamenti della famiglia.
Quest’anno, però, i genitori di Chiara, Alberta e Giacomo, hanno
deciso di mettersi in macchina sotto il sole bollente della
settimana di Ferragosto, per una visita fuori stagione a Lorenzo,
perché hanno bisogno di lui per dare a Chiara l’amara notizia: si
stanno separando. Forse, se glielo dicesse lui, la piccola
soffrirebbe meno…Lorenzo, già in crisi perché rischia di dover
vendere il suo amato hotel, accetta l’ingrato incarico di dare la
notizia alla nipotina, ma prima vuole regalarle l’ultimo Natale
felice… a Ferragosto!
Nel cast oltre a
Diego Abatantuono, Violante Placido, Lodo
Guenzi, Anna Galiena, Antonio Catania, Michele
Foresta (in arte Mago Forest), Nino
Frassica, Gloria Guida con il suo ritorno sugli
schermi dopo anni di assenza, affiancati dalla giovanissima
protagonista Sara Ciocca. Il film è diretto da Francesco
Patierno e prodotto da Notorious Pictures.
Improvvisamente Natale si
unirà a migliaia di film, show e serie già presenti nel catalogo di
Prime Video, tra cui le produzioni italiane Original Autumn
Beat, Prisma, Bang Bang Baby, Gianluca Vacchi: Mucho
Más, Laura Pausini – Piacere di conoscerti, The Ferragnez – La
serie, All or Nothing: Juventus, Anni da cane, Dinner Club, Vita da
Carlo, FERRO, Celebrity Hunted – Caccia all’uomo Stagione 1,
Stagione 2 e Stagione 3 e LOL: Chi ride è fuori Stagione 1 e
Stagione 2; le serie pluripremiate Fleabag e The
Marvelous Mrs. Maisele i grandi successi come Il Signore degli
Anelli: Gli Anelli del Potere, Jack Ryan di Tom
Clancy, Samaritan, Tredici Vite, The Tender Bar, A proposito dei
Ricardo, La guerra di domani, Reacher e Il principe cerca
figlio oltre a contenuti in licenza disponibili in più di 240
paesi e territori nel mondo, e le dirette in esclusiva in Italia
delle 16 migliori partite del mercoledì sera della UEFA Champions League, oltre
che della Supercoppa UEFA, per tre stagioni dal 2021/22. Altre
produzioni Original già annunciate sono The Bad
Guy, Lol Xmas Special: Chi ride è fuori, Sono Lillo, The
Ferragnez – La Serie Stagione 2, Everybody Loves
Diamonds e il capitolo italiano dell’universo
Citadel.
Paramount+ ha annunciato oggi che
Top Gun: Maverick, il film numero uno del
2022, sarà disponibile in streaming a livello globale sul servizio
a partire da giovedì 22 dicembre negli Stati Uniti, in Canada,
Australia, Germania, Svizzera, Austria, e nei mercati già
annunciati – Regno Unito e America Latina. Sarà disponibile in
Corea del Sud e Francia nel 2023. In Italia sarà disponibile in
esclusiva da giovedì 22 dicembre sul servizio.
Dopo oltre 30
anni di servizio tra i migliori aviatori della Marina, Pete
“Maverick” Mitchell (Tom
Cruise) si trova nel posto giusto, mentre si spinge
oltre i propri limiti come coraggioso pilota collaudatore,
schivando l’avanzamento di grado che lo metterebbe in punizione.
Quando si ritrova ad addestrare un distaccamento di diplomati di
Top Gun per una missione specializzata come quella che nessun
pilota vivente ha mai visto, Maverick incontra il tenente Bradley
Bradshaw (Miles Teller), nome di battaglia “Rooster”,
figlio del defunto amico di Maverick e ufficiale addetto alle
intercettazioni radar tenente Nick Bradshaw, detto “Goose”.
Di fronte a un
futuro incerto e ai fantasmi del suo passato, Maverick è costretto
a confrontarsi con le sue paure più profonde, in una missione che
richiede l’estremo sacrificio di coloro che saranno scelti per
guidarla.
Il film è
prodotto da Paramount Pictures, Skydance and Jerry Bruckheimer
Films; nel cast oltre a
Tom Cruise il pubblico troverà
Miles Teller,
Jennifer Connelly,
Jon Hamm , Glen
Powell, LewisPullman,
Charles Parnell, Bashir Salahuddin, Monica Barbaro, Jay Ellis,
Danny Ramirez, Greg Tarzan Davis con
Ed Harris e Val Kilmer.
Un re senza corona, il sogno di un
giovane principe di diventare pompiere, una caserma di vigili del
fuoco belli, gay e disinibiti: sono gli ingredienti del nuovo film
– pardon: della nuova fantasia musicale – del regista portoghese
João Pedro Rodrigues, FUOCO
FATUO, che dopo aver conquistato pubblico e critica alla
Quinzaine des Résalisateurs di Cannes arriva finalmente in
Italia, accompagnato dal regista domani, mercoledì 23 novembre, in concorso al festival
Filmmaker di Milano, e il 1° dicembre al Cinema Troisi di Roma, che
programmerà poi il film dal 15 dicembre, data di uscita nelle sale
di tutta Italia.
Diretto da uno dei cineasti più
originali e sorprendenti del panorama internazionale (già
“incendiario” al debutto, quando il suo O fantasma scuote il
concorso della Mostra di Venezia nel 2000, e poi autore di titoli
apprezzati nei festival di tutto il mondo, da Odete a O
Ornitologo), Fuoco fatuo è – spiega il regista – «una commedia, un
musical, anche se la parola che meglio lo descrive è fantasy,
perché somiglia a un sogno a occhi aperti» . Il sogno è quello di
Sua Altezza Reale Alfredo, che nel 2069, sul letto di morte, si
lascia trasportare dalla memoria della sua giovinezza, quando
sognava di diventare un pompiere. L’incontro con l’istruttore dei
Vigili del Fuoco Afonso apre un nuovo capitolo nella vita dei due
giovani, immersi nell’amore, nel desiderio e nella volontà di
cambiare la propria condizione.
Prodotto da Terratreme, Filmes
Fantasma, House on Fire, Fuoco fatuo è distribuito in Italia da
Risi Film in collaborazione con Arch Film, con il contributo
dell’Ambasciata del Portogallo in Italia, ICA (Istituto de Cinema e
Audiovisual) e Luso!
La nuova
cover story di Empire dedicata a Indiana Jones 5 ha rivelato 10 dettagli
sull’attesissimo film. Anche se non ha ancora ricevuto un titolo
ufficiale, Indiana Jones 5 ha dalla sua
innumerevoli motivi per attenderne l’uscita il 30 giugno 2023.
L’imminente film d’azione e avventura riporta Harrison Ford nei panni dell’archeologo più
celebre del cinema, visto per l’ultima volta nel 2008 ne Il regno del teschio di cristallo, in cui ha
sconfitto il KGB e sposato Marion Ravenwood, sua storica amante.
Ora, l’anziano avventuriero è tornato per un’ultima uscita, che si
preannuncia essere una battaglia pericolosa e quanto mai
necessaria.
1L’ultimo viaggio di Indiana
Jones
Con
il quinto film che arriva 15 anni dopo Il regno del teschio di cristallo, Harrison Ford ha un motivo convincente per
tornare nei panni del personaggio per un’ultima avventura. Sebbene
il quarto film si concludesse con Indy che finalmente si sposava e
diventava padre di suo figlio, Ford ha spiegato che Il teschio di cristallo non sembrava
un’adeguata conclusione della storia del personaggio.
L’attore ha dichiarato che “sarebbe stato
bello vederne uno in cui Indiana Jones fosse alla fine del suo
viaggio” e ha partecipato a Indiana Jones 5 perché sentiva che la
sceneggiatura gli avrebbe dato “un modo per estendere il
personaggio“. Ford ha certamente ragione sul fatto che Indy
non era alla fine del suo viaggio dopo Il Teschio di
cristallo e Indiana Jones 5 sembra essere l’ultimo ruolo
avventuroso di cui l’attore – e il personaggio – si faranno
carico.
Il cortometraggio animato
Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo,
basato sull’amato e pluripremiato libro di Charlie Mackesy, è ora
disponibile per la visione in anteprima stampa.
Con le voci di Tom Hollander,
Idris Elba, Gabriel Byrne e Jude Coward
Nicoll, il film debutterà su Apple
TV+ il giorno di Natale. Una storia di gentilezza,
amicizia, coraggio e speranza per gli spettatori di tutte le età in
un commovente film d’animazione, basato sul libro di Charlie
Mackesy. “Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo” è un viaggio
toccante e sentito che segue l’improbabile amicizia tra un bambino,
una talpa, una volpe e un cavallo che viaggiano insieme alla
ricerca della casa del ragazzo.
Con le illustrazioni del
celebre autore Charlie Mackesy, animate da
bellissimi disegnati a colori fatti a mano, ha come
voce dei protagonisti il vincitore del BAFTA Award Tom
Hollander (“The Night Manager”) nei panni della Talpa, il
vincitore del Golden Globe e del SAG Award Idris
Elba (“Luther”) nei panni della Volpe, il vincitore del
Golden Globe Gabriel Byrne (“All Things Bright and Beautiful”) in
quelli del Cavallo e l’esordiente Jude
CowardNicoll in quelli del Bambino.
Matthew
Freud presenta un film di Charlie Mackesy, prodotto dalla
vincitrice dell’Emmy e candidata all’Oscar Cara Speller (“Love,
Death & Robots”, “Pear Cider and Cigarettes”, “Rocket & Groot”) di
NoneMore Productions e dal vincitore dell’Emmy JJ Abrams e Hannah
Minghella della Bad Robot Productions. Diretto da Peter Baynton
(“The Tiger Who Came To Tea”) e Charlie Mackesy, il film è un
adattamento del libro originale in collaborazione con Jon Croker
(“Paddington 2”) ed è prodotto da Jony Ive e dal candidato
all’Oscar Woody Harrelson (“Tre manifesti a
Ebbing, Missouri”). Colonna sonora originale del compositore Isobel
Waller-Bridge, eseguita dalla BBC Concert Orchestra e diretta da
Geoff Alexander.