L’account Instagram ufficiale di Hunger Games: La ballata dell’usignolo e del
serpente ha pubblicato un nuovo poster che annuncia
anche la data d’uscita americana del film, il 17 novembre. Nel
poste si vedono un usignolo e un serpente che si fronteggiano,
circondati da un cespuglio di rose, presumibilmente, le rose
bianche di Coriolanus Snow.
Hunger Games: La ballata
dell’usignolo e del serpente, il film
Basato sul romanzo prequel del 2020
di Suzanne Collins, Hunger Games: La ballata dell’usignolo e del
serpente è ambientato 64 anni prima degli eventi
della trilogia di Hunger Games a
partire dalla mattina della mietitura dei Decimi Hunger Games, dove
un 18enne Coriolanus Snow viene assegnato come mentore per la
ragazza tributo del Distretto 12 impoverito.
Anni prima di diventare il
tirannico presidente di Panem, il diciottenne Coriolanus Snow è
l’ultima speranza per il suo lignaggio in via di estinzione, una
famiglia un tempo orgogliosa che è caduta in disgrazia nella
Capitale del dopoguerra. Con l’avvicinarsi della decima edizione di
Hunger Games, il giovane Snow è allarmato quando gli viene
assegnato l’incarico di essere mentore di Lucy Grey Baird, la
ragazza tributo del povero Distretto 12. Ma, dopo che Lucy Grey
attira tutta l’attenzione di Panem sfidando tutti durante la
cerimonia della mietitura, Snow pensa che potrebbe essere in grado
di ribaltare le probabilità a loro favore. Unendo i loro istinti
per lo spettacolo e la ritrovata competenza politica, la corsa di
Snow e Lucy contro il tempo per sopravvivere rivelerà alla fine chi
è un usignolo e chi è un serpente.
Tom Blyth e
Rachel Zegler interpreteranno rispettivamente
Coriolanus Snow e Lucy Gray, Hunter
Schafer sarà Tigris Snow, Peter
Dinklage sarà Casca Highbottom, Viola Davis sarà
Volumnia Gaul.
Scritto da Michael Lesslie e basato
su una bozza di Collins e Michael Arndt, il film sarà diretto dal
regista di Hunger GamesFrancis
Lawrence. Sarà guidato dalla produttrice del franchise
Nina Jacobson e dal suo partner di produzione Brad
Simpson, insieme a Francis Lawrence.
Suzanne Collins, Tim Palen e Jim Miller saranno i
produttori esecutivi. Meredith Wieck e Scott
O’Brien stanno supervisionando per conto dello studio. Il
prequel è attualmente previsto per il 17 novembre 2023 nelle
sale.
Quella del “Pre-Code” è stata una
stagione unica e irripetibile nella storia di Hollywood: dal 1930
al 1934, prima che entrasse pienamente in vigore il famigerato
Codice Hays, il cinema
americano ha affrontato senza censure e in anticipo sui tempi gli
argomenti più controversi, dal sesso alla violenza, dalla questione
razziale alle storture del sistema giudiziario, dal mondo della
criminalità all’emancipazione delle donne.
A quei film, che ancora oggi
sorprendono per libertà creativa e spudoratezza, è dedicata la
rassegna HOLLYWOOD PROIBITA – Il cinema senza censure
del “Pre-Code”, in programma alla Sala Cinema del
Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 30 marzo al 14 maggio, con
ingresso libero su prenotazione: un’occasione imperdibile per
riscoprire una serie di grandi titoli tuttora modernissimi, molti
dei quali saranno presentati in rare copie in pellicola 35mm
provenienti da Los Angeles e Londra.
Ad aprire la retrospettiva, giovedì
30 marzo alle 20.00, è Scarface, il
capolavoro di Howard Hawks ambientato nella Chicago del
proibizionismo che ha di fatto fondato il genere gangster e di cui
De Palma ha girato il celebre remake con Al Pacino. Oltre a quello
di Hawks spiccano poi in programma i nomi di alcuni dei più grandi
talenti della Hollywood classica, come l’Ernst Lubitsch di
Partita a quattro, dove troviamo il primo ménage à
trois della storia del cinema, o il Frank Capra
de L’amaro tè del generale Yen, con la storia d’amore
interraziale tra una donna americana e un generale cinese. Ma anche
William Wellman con lo scatenato Nemico pubblico,
Victor Fleming con Lo schiaffo, Busby Berkeley e le
indimenticabili coreografie “sociali” di Quarantaduesima
strada, Michael Curtiz con Female, ritratto di donna
manager fuori dagli schemi, o il Tod Browning del leggendario
Freaks, film per molti versi inclassificabile che solo
nell’era del “Pre-Code” poteva essere prodotto. Non va inoltre
dimenticato il contributo allo spirito sovversivo di quel cinema
offerto da alcune dive che incarnavano un nuovo modello femminile,
insieme ironico, volitivo e disinibito: da Marlene Dietrich a Mae
West, da Barbara Stanwyck (il suo sconcertante Baby Face è
uno dei titoli più iconici) alla sex symbol per eccellenza di
quegli anni, Jean Harlow.
Tutti i film saranno presentatiin versione originale
sottotitolata in italiano
PROGRAMMA E SCHEDE DEI
FILM
giovedì 30 marzo, ore 20.00 SCARFACE
Scarface – Lo sfregiato, Usa, 1932, 93’, DCP v.o. sott. it.
di Howard Hawks, con Paul Muni, Ann Dvorak, George Raft
In pieno proibizionismo, Tony Camonte scala le vette della
criminalità di Chicago compiendo violenze e omicidi. Osteggiato e
bandito all’epoca in vari stati, il dirompente capolavoro di Hawks
(e di Ben Hecht alla sceneggiatura) trasforma un gangster in eroe
tragico, fondando di fatto un intero genere.
venerdì 31 marzo, ore 20.00 BABY FACE Usa, 1933, 71’, DCP v.o. sott. it.
di Alfred E. Green, con Barbara Stanwyck, George Brent
Cameriera e prostituta in un bar dei bassifondi, Lily parte per New
York con l’amica nera Chico, decisa a non farsi più usare dagli
uomini, ma a usarli lei stessa per fare carriera. Film simbolo del
cinema del Pre-Code, racconta il sesso e i meccanismi del potere
con un cinismo ancora oggi sconcertante.
sabato 1° aprile, ore 20.00 DISHONORED
Disonorata, Usa, 1931, 91’, 35mm v.o. sott. it.
di Josef von Sternberg, con Marlene Dietrich, Victor McLaglen
Durante la Grande Guerra, i servizi segreti austriaci reclutano una
prostituta per infiltrarla tra i russi, ma l’amore si mette di
traverso. Il film che ha creato il mito di Marlene, grazie a un
personaggio insieme idealista e disincantato che non si può non
amare. Il finale resta tra i più belli di sempre.
domenica 2 aprile, ore 20.00 TROUBLE IN PARADISE Mancia competente, Usa, 1932, 83’,
35mm v.o. sott. it.
di Ernst Lubitsch, con Miriam Hopkins, Kay Francis, Herbert
Marshall
Gaston e Lily, due ladri innamorati, si fanno assumere dalla ricca
Madame Colet per derubarla, ma tra i tre non andrà tutto come
previsto. Una commedia inarrivabile che racchiude tutta la malizia
del tocco di Lubitsch. “Per quanto riguarda il puro stile – disse
del film – credo di non aver mai fatto meglio”.
mercoledì 5 aprile, ore 20.00 SHE DONE HIM WRONG Lady Lou, Usa, 1933, 66’, DCP v.o.
sott. it.
di Lowell Sherman, con Mae West, Cary Grant
Mae West porta al cinema Diamond Lil, il personaggio che l’aveva
resa celebre sui palcoscenici americani: una donna ribelle, ironica
e dalla sfacciata carica erotica, nonché abile manipolatrice degli
uomini. All’epoca il film fu un enorme successo ed ebbe il merito
di lanciare un giovanissimo Cary Grant.
giovedì 6 aprile, ore 20.00 I AM A FUGITIVE FROM A CHAIN GANG Io sono un evaso, Usa,
1932, 93’, 35mm v.o. sott. it.
di Mervyn LeRoy, con Paul Muni, Glenda Farrell
Condannato ingiustamente a dieci anni di lavori forzati, James
Allen riesce a evadere e a rifarsi una vita, fino a quando il
passato torna a bussare alla sua porta. Tra i primi film a
denunciare la violenza del sistema carcerario e della giustizia
americana, resta un capolavoro imitato infinite volte.
venerdì 7 aprile, ore 20.00 BLONDE VENUS Venere bionda, Usa, 1932, 93’, DCP v.o.
sott. it.
di Josef von Sternberg, con Marlene Dietrich, Cary Grant, Herbert
Marshall
Una cantante tedesca sposa uno scienziato americano, ma quando lui
si ammala è costretta a tornare in scena, finendo per innamorarsi
di un giovane playboy. Tra i film più trasgressivi della coppia
Sternberg-Dietrich, contiene il celeberrimo numero musicale in cui
Marlene si esibisce travestita da gorilla.
sabato 8 aprile, ore 20.00 42nd STREET Quarantaduesima strada, Usa, 1933, 85’, DCP
v.o. sott. it.
di Lloyd Bacon, con Warner Baxter, Bebe Daniels, George Brent
Archetipo del musical hollywoodiano e dello spettacolo nello
spettacolo, 42nd Street ha dalla sua un ritmo incalzante e
sorprendenti riferimenti sociali alla Grande Depressione, ma
soprattutto è il primo film a rivelare appieno il genio di Busby
Berkeley, le cui incredibili coreografie faranno scuola.
martedì 11 aprile, ore 20.00 FREAKS
Usa, 1932, 64’, DCP v.o. sott. it.
di Tod Browning, con Wallace Ford, Leila Hyams, Olga Baclanova
Film maledetto per eccellenza, riscoperto solo negli anni ‘60,
Freaks resta forse un unicum nella storia del cinema, un’opera
inclassificabile che riesce a essere insieme realistica e
visionaria, sconvolgente e umanissima, e in cui a finire sotto
accusa è la ferocia delle persone cosiddette “normali”.
mercoledì 12 aprile, ore 20.00 AFRAID TO TALK Usa, 1932, 69’, 35mm v.o. sott. it.
di Edward L. Cahn, con Eric Linden, Sidney Fox
Unico testimone di un’esecuzione della malavita, un fattorino
denuncia l’accaduto al procuratore distrettuale, senza immaginare
che anche quest’ultimo è sul libro paga dei criminali. Tra i titoli
più originali e pessimisti della grande stagione del gangster
movie, con la magistrale fotografia di Karl Freund.
giovedì 13 aprile, ore 20.00 FEMALE
Usa, 1933, 60’, DCP v.o. sott. it.
di Michael Curtiz, con Ruth Chatterton, George Brent
Alison è una manager di successo e spesso frequenta i giovani
uomini che lavorano per lei. Ma un giorno uno di loro rifiuta le
sue avances… Una donna di potere, indipendente e sessualmente
disinibita, è la protagonista di un film emblematico della
modernità e dello spirito del cinema del Pre-Code.
venerdì 14 aprile, ore 20.00 RED DUST Lo schiaffo, Usa, 1932, 83’, DCP v.o. sott.
it.
di Victor Fleming, con Clark Gable, Jean Harlow, Mary Astor
Il proprietario di una piantagione si innamora di una prostituta
finita nei guai, ma viene sedotto dalla sofisticata moglie di un
collaboratore. Un triangolo ricco di erotismo, ironia e colpi di
scena, con tre star al picco del loro fascino e la regia energica
di Fleming, che tornerà a dirigere Harlow in Bombshell.
sabato 15 aprile, ore 20.00 BLONDE CRAZY La bionda e l’avventuriero, Usa, 1931, 79’,
DCP v.o. sott. it.
di Roy Del Ruth, con James Cagney, Joan Blondell, Louis Calhern
Bert e Ann sono fattorino e cameriera in un grande albergo, ma
arrotondano truffando i clienti. La coppia vacilla quando Ann
conosce un uomo colto e raffinato che la chiede in moglie…
Sfacciati e irresistibili come non mai, Blondell e Cagney (al primo
ruolo in una commedia) valgono da soli questo titolo iconico.
domenica 16 aprile, ore 20.00 THE BITTER TEA OF GENERAL YEN L’amaro tè del generale
Yen, Usa, 1933, 88’, DCP v.o. sott. it.
di Frank Capra, con Barbara Stanwyck, Nils Asther
A Shanghai, durante la guerra civile, una missionaria americana è
costretta a trattenersi nel palazzo del generale Yen, finendo per
subire il fascino dell’uomo. Tra i primi a mostrare una storia
d’amore interrazziale, questo abbagliante melodramma è uno dei film
più atipici di Capra, rivalutato solo a posteriori.
mercoledì 19 aprile, ore 20.00 I AM A FUGITIVE FROM A CHAIN GANG (replica)
Io sono un evaso, Usa, 1932, 93’, 35mm v.o. sott. it.
di Mervyn LeRoy, con Paul Muni, Glenda Farrell
Condannato ingiustamente a dieci anni di lavori forzati, James
Allen riesce a evadere e a rifarsi una vita, fino a quando il
passato torna a bussare alla sua porta. Tra i primi film a
denunciare la violenza del sistema carcerario e della giustizia
americana, resta un capolavoro imitato infinite volte.
sabato 22 aprile, ore 20.00 TROUBLE IN PARADISE (replica)
Mancia competente, Usa, 1932, 83’, 35mm v.o. sott. it.
di Ernst Lubitsch, con Miriam Hopkins, Kay Francis, Herbert
Marshall
Gaston e Lily, due ladri innamorati, si fanno assumere dalla ricca
Madame Colet per derubarla, ma tra i tre non andrà tutto come
previsto. Una commedia inarrivabile che racchiude tutta la malizia
del tocco di Lubitsch. “Per quanto riguarda il puro stile – disse
del film – credo di non aver mai fatto meglio”.
domenica 23 aprile, ore 20.00 GOLD DIGGERS OF 1933 La danza delle luci, Usa, 1933,
97’, 35mm v.o. sott. it.
di Mervyn LeRoy, con Joan Blondell, Dick Powell, Ginger Rogers
Un giovane ricchissimo con l’hobby del canto corteggia una
ballerina senza rivelarle la sua vera identità. La trama però è
solo un pretesto per una serie di leggendari numeri coreografici
diretti da Busby Berkeley, tra cui spicca l’insolito Remember My
Forgotten Man, sul dramma della Grande Depressione.
mercoledì 26 aprile, ore 20.00 NIGHT NURSE L’angelo bianco, Usa, 1931, 72’, DCP v.o.
sott. it.
di William A. Wellman, con Barbara Stanwyck, Joan Blondell, Clark
Gable
Un’infermiera assunta in una casa privata scopre un complotto ai
danni di due bambini per impossessarsi dell’eredità. Un
imprevedibile melò tinto di giallo che esalta la solidarietà
femminile e denuncia la corruzione delle classi privilegiate.
Memorabile Clark Gable nei panni di un autista sadico e
manesco.
venerdì 28 aprile, ore 20.00 LITTLE CAESAR Piccolo Cesare, Usa, 1931, 79’, 35mm v.o.
sott. it.
di Mervyn LeRoy, con Edward G. Robinson, Douglas Fairbanks Jr.
Ascesa e caduta di Cesare “Rico” Bandello, boss di Chicago e “tra i
primi veri antieroi del cinema americano” (Lourcelles). Caposaldo
del genere gangster, ha un ritmo serrato e un realismo crudo e
violento, ma colpisce anche per l’ambiguità del rapporto tra i due
protagonisti, spesso letto in chiave omosessuale.
sabato 29 aprile, ore 20.00 EMPLOYEES’ ENTRANCE Guerra bianca, Usa, 1933, 74’, DCP
v.o. sott. it.
di Roy Del Ruth, con Warren William, Loretta Young
Il tirannico direttore di un negozio assume la giovane Madeline
solo in cambio di favori sessuali. Quando però Madeline si innamora
di un collega, teme che la verità salti fuori… Un ritratto spietato
delle logiche del mercato e delle condizioni di lavoro durante la
Grande Depressione, da riscoprire assolutamente.
domenica 30 aprile, ore 20.00 DEVIL AND THE DEEP Il diavolo nell’abisso, Usa, 1932,
79’, 16mm v.o. sott. it.
di Marion Gering, con Tallulah Bankhead, Gary Cooper, Charles
Laughton, Cary Grant
Ossessionato dalla gelosia, il comandante di una nave rende la vita
impossibile alla moglie, fino a spingerla tra le braccia di un
giovane tenente. Gary Cooper e Cary Grant sono per la prima volta
insieme in questo melò sontuoso, con un sorprendente finale a bordo
di un sottomarino bloccato in fondo al mare.
mercoledì 3 maggio, ore 20.00 RED-HEADED WOMAN Usa, 1932, 79’, DCP v.o. sott. it.
di Jack Conway, con Jean Harlow, Chester Morris, Charles Boyer
Jean Harlow è al suo meglio nei panni di una spudorata
arrampicatrice sociale, che sa usare ogni arma di seduzione ma
all’occorrenza non disdegna un revolver… Scritto da Anita Loos dopo
una prima stesura di Scott Fitzgerald, è uno degli esempi più
folgoranti del piglio anticonformista del cinema dell’epoca.
venerdì 5 maggio, ore 20.00 THE PUBLIC ENEMY Nemico pubblico, Usa, 1931, 83’, 35mm
v.o. sott. it.
di William A. Wellman, con James Cagney, Jean Harlow
La storia di Tom Powers, gangster di origine irlandese nella
Chicago del proibizionismo, è uno degli atti fondativi del genere,
grazie all’interpretazione modernissima di Cagney e alla regia tesa
e vibrante di Wellman. Entrati nel mito la scena del pompelmo e un
finale che ancora sconvolge per la sua violenza.
sabato 6 maggio, ore 20.00 GOLD DIGGERS OF 1933 (replica)
La danza delle luci, Usa, 1933, 97’, 35mm v.o. sott. it.
di Mervyn LeRoy, con Joan Blondell, Dick Powell, Ginger Rogers
Un giovane ricchissimo con l’hobby del canto corteggia una
ballerina senza rivelarle la sua vera identità. La trama però è
solo un pretesto per una serie di leggendari numeri coreografici
diretti da Busby Berkeley, tra cui spicca l’insolito Remember My
Forgotten Man, sul dramma della Grande Depressione.
domenica 7 maggio, ore 20.00 FORBIDDEN Proibito, Usa, 1932, 83’, DCP v.o. sott.
it.
di Frank Capra, con Barbara Stanwyck, Adolphe Menjou, Ralph
Bellamy
Lulu resta incinta di un politico, Bob Grover, ma per non
comprometterne la carriera sposa un giornalista. Quando
quest’ultimo decide di rivelare alcuni segreti su Grover, la donna
arriverà persino a ucciderlo. Ancora una volta Capra si conferma un
maestro nell’intrecciare dramma e commedia, melò e politica.
martedì 9 maggio, ore 20.00 IMITATION OF LIFE Lo specchio della vita, Usa, 1934,
111’, DCP v.o. sott. it.
di John M. Stahl, con Claudette Colbert, Warren William, Rochelle
Hudson
Meno celebre del remake di Sirk con Lana Turner, il film di Stahl
fu tra i primi a subire l’ostilità di un codice Hays ormai a pieno
regime, soprattutto per come affronta la questione razziale. La
vicenda delle quattro protagoniste, due madri e due figlie, non ha
mai smesso però di appassionare e commuovere.
mercoledì 10 maggio, ore 20.00 SCARFACE (replica)
Scarface – Lo sfregiato, Usa, 1932, 93’, DCP v.o. sott. it.
di Howard Hawks, con Paul Muni, Ann Dvorak, George Raft
In pieno proibizionismo, Tony Camonte scala le vette della
criminalità di Chicago compiendo violenze e omicidi. Osteggiato e
bandito all’epoca in vari stati, il dirompente capolavoro di Hawks
(e di Ben Hecht alla sceneggiatura) trasforma un gangster in eroe
tragico, fondando di fatto un intero genere.
venerdì 12 maggio, ore 20.00 BOMBSHELL
Argento vivo, Usa, 1933, 96’, 35mm v.o. sott. it.
di Victor Fleming, con Jean Harlow, Lee Tracy, Frank Morgan
La diva del cinema Lola Burns è perseguitata dalle trovate del suo
agente, che inventa le notizie più sensazionali per alimentarne la
popolarità. Una screwball comedy corrosiva ed esilarante sugli
inconvenienti dello star system, negli anni in cui Hollywood era
considerata a buon diritto la nuova Babilonia.
sabato 13 maggio, ore 20.00 DESIGN FOR LIVING Partita a quattro, Usa, 1933, 91’, DCP
v.o. sott. it.
di Ernst Lubitsch, con Fredric March, Gary Cooper, Miriam
Hopkins
Due artisti americani squattrinati incontrano a Parigi la bella
Gilda, che coinvolgerà entrambi in un ménage à trois. Con la
consueta ironia sopraffina, Lubitsch compone un inno ai piaceri
della vita, in cui lascia a bocca aperta la rappresentazione
liberatoria e anticonformista della sessualità femminile.
domenica 14 maggio, ore 20.00 BLONDE VENUS (replica)
Venere bionda, Usa, 1932, 93’, DCP v.o. sott. it.
di Josef von Sternberg, con Marlene Dietrich, Cary Grant, Herbert
Marshall
Una cantante tedesca sposa uno scienziato americano, ma quando lui
si ammala è costretta a tornare in scena, finendo per innamorarsi
di un giovane playboy. Tra i film più trasgressivi della coppia
Sternberg-Dietrich, contiene il celeberrimo numero musicale in cui
Marlene si esibisce travestita da gorilla.
Sono scatti rubati dal set di
Joker:
Folie à Deux quelli che ritraggono Lady
Gaga in azione nei panni della nuova iterazione di
Harley Quinn. La pop stare e attrice ha preso in
consegna il ruolo dalle mani di Margot Robbie per il sequel del film che ha
visto Joaquin Phoenix vincere un premio Oscar per la migliore
interpretazione maschile.
L’attore torna a vestire i panni di
Joker
e per questa seconda avventura, sempre diretta da Todd
Phillips, si farà affiancare da Lady
Gaga, nei panni della folle spalla del Clown Principe del
Crimine. Di seguito trovate le foto pubblicate su Just Jared. Che ve ne pare del look proposto?
Joker:
Folie à Deux presenterà il ritorno di Joaquin Phoenix mentre riprende il suo ruolo
vincitore dell’Oscar come il cattivo DC JOKER. Il sequel presenterà
anche il ritorno di Sophie di
Zazie Beetz insieme ai nuovi arrivati
Brendan Gleeson, Catherine Keener, Jacob Lofland e Harry
Lawtey. Nel cast c’è Lady Gaga che darà
vita a Harley Quinn. I dettagli della trama sono ancora per lo più
nascosti, ma sappiamo che la maggior parte del film si svolgerà ad
Arkham Asylum e conterrà significativi “elementi
musicali”.
Rumors recenti inoltre hanno anche suggerito che la
versione di Gaga su Harley Quinn avrà un ruolo più importante di
quanto originariamente riportato, con la storia che si svolge
interamente dal suo punto di vista.
Il film di Todd Phillips del 2019 è stato un successo sia
di critica che commerciale con un incasso mondiale di oltre 1
miliardo di dollari al botteghino, rendendolo il film con il
maggior incasso di tutti i tempi. Ha ricevuto riconoscimenti da
numerosi importanti enti premiati, tra cui due Oscar e due Golden
Globe, sia per il miglior attore che per il miglior suono
originale.
Quella di Robin Hood è una figura da
sempre in bilico tra mito e realtà, ormai parte dell’immaginario
culturale, a cui il mondo del cinema si rivolge ciclicamente, dando
vita a continue riletture della sua vicenda e delle sue gesta. Se
in tempi recenti è stato Taron Egerton ad
interpretarlo in Robin Hood – L’origine della
leggenda, e prima di lui Russell Crowe
in Robin Hood, per la
regia di Ridley Scott, una delle
versioni più note è quella di Kevin Costner, che gli
ha dato vita nel film del 1991 Robin Hood – Principe dei
ladri, diretto da Kevin Reynolds.
Per questo film, Robin Hood fu
rinventato non come un semplice avventuriero che ruba ai ricchi per
donare ai poveri, bensì come un ragazzo ricco di famiglia
trasformato in un ribelle socialmente consapevole dalla prigionia a
Gerusalemme durante le Crociate. Un cambio che ha permesso al
personaggio di non venire scambiato come una copia di Indiana
Jones, paura invece avvertita da Costner, bensì come un personaggio
più complesso a livello psicologico, calato in un ben preciso
contesto storico. Imponente nelle ricostruzioni scenografiche e nei
costumi, Robin Hood – Principe dei ladri si presentava
dunque come un progetto particolarmente ambizioso.
Pur non ottenendo il benestare della
critica, che anzi mal giudicò l’interpretazione di Costner e la
sceneggiatura, il film riuscì ugualmente a suscitare un certo
fascino sul grande pubblico, affermandosi come un buon successo
economico, nonché come il film che ha stabilito nuovi canoni nella
figura di Robin Hood. Prima di intraprendere una visione del film,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di Robin Hood – Principe dei ladri
Protagonista del film è Robin di
Lockesley è un giovane nobile inglese che, dopo
aver seguito Riccardo Cuor di Leone nella Terza
crociata in Terrasanta, viene fatto prigioniero a Gerusalemme
insieme al suo compagno Peter Dubois. I due
riescono a liberarsi e a salvare la vita di uomo di nome
Azeem, ma durante la fuga, Peter viene ferito
mortalmente. Dopo aver fatto giurare all’amico di proteggere sua
sorella Marian, Peter si sacrifica in modo che
Robin e Azeem possano fuggire. Quattro mesi più tardi, Robin fa
ritorno in Inghilterra insieme ad Azeem, che ha promesso di
accompagnarlo fino a quando non si sarà sdebitato per avergli
salvato la vita.
Lì, il giovane Robin scopre però che
suo padre è morto e il suo castello è in rovina. Dietro alla
vicenda, si nasconde il Vescovo di Nottingham che, con l’aiuto del
vile Sceriffo, ha voluto liberarsi della fastidiosa presenza di suo
padre. Approfittando dell’assenza di Re Riccardo, i due hanno
istituito un vero e proprio regno del terrore, svuotando le tasche
dei poveri cittadini. Robin si vede dunque costretto a rifugiarsi
nella foresta di Sherwood, dove si unisce alla banda di briganti
guidata da Little John. Qui, il gruppo inizia ad
escogitare un modo per riportare la giustizia a Nottingham.
Il cast di Robin Hood – Principe dei ladri
Come anticipato, ad interpetare
Robin Hood vi è Kevin Costner, il quale
inizialmente voleva interpretare il personaggio con un accento
inglese, salvo poi rinunciare alla cosa per via della contrarietà
del regista. L’attore, in seguito, ha vinto l’indesiderato premio
di peggior attore ai Razzie Awards per la sua interpretazione.
Accanto a lui, nel ruolo di Little John si ritrova Nick
Brimble, mentre Morgan Freeman
interpreta Azeem e la sua è una delle interpretazioni più
apprezzate del film. Mary Elizabeth Mastrantonio
interpreta invece Lady Marian, la donna amata da Robin Hood.
Originariamente il ruolo era stato affidato a Robin
Wright, la quale dové però rinunciare in quanto si scoprì
incinta.
Ad interpretare lo sceriffo di
Nottingham vi è Alan Rickman,
il quale ha rifiutato il ruolo per ben due volte prima che gli
fosse detto che avrebbe potuto più o meno avere carta bianca con la
sua interpretazione del personaggio. Rickman decise dunque di
accettare, facendo però riscrivere molte delle battute del suo
personaggio. Completano poi il cast gli attori Christian
Slater nel ruolo di Will Scarlett, Michael
McShane in quelli di Frate Tuck e Geraldine
McEwan come Mortianna. Nel film compare, per appena un
minuto, anche l’attore Sean Connery
nel ruolo di Re Riccardo. Pagato 250 mila dollari per tale
partecipazione, l’attore ha poi devoluto l’intera somma in
beneficienza.
Il trailer di Robin Hood –
Principe dei ladri e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile fruire di
Robin Hood – Principe dei ladri grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei
cataloghi di Google Play, Now e Netflix. Su quest’ultima, il film si trova
attualmente alla posizione numero 10 della Top 10 dei film
più visti in Italia su tale piattaforma. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento tra queste, basterà, a
seconda dei casi, noleggiare il singolo film o sottoscrivere un
abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e al meglio della qualità video.
Netflix
sta lentamente cedendo alle lusinghe delle
docuserie. Il colosso streaming, e lo evidenziano
i prodotti lanciati da un po’ di mesi a questa parte, ama molto far
luce su fatti di cronaca sconvolgenti. A testimonianza di queste
parole abbiamo Volo MH370 e Conversazioni con un
killer, due delle offerte in catalogo che hanno lasciato molti
spettatori, letteralmente, a bocca aperta.
Una reazione simile arriva con
L’assedio di Waco, miniserie che sfrutta ancora
una volta il genere del documentario per far conoscere al pubblico
la setta religiosa dei davidiani, la quale contribuì a scrivere una
delle peggiori pagine di storia americana. Si tratta, per chi non
lo sapesse, di una vera e propria tragedia, a causa della quale
morirono 82 persone, bambini compresi. A dirigere il racconto c’è
Tiller Russell, in una ricostruzione degli eventi
che parte dalla prima giornata di assedio, ossia il 28 febbraio del
1993, per arrivare al sanguinoso epilogo il 19 aprile dello stesso
anno.
L’assedio di Waco, dentro le mura
di Mount Carmel
A Mount Carmel, un ranch vicino Waco, in Texas, viveva una setta
religiosa il cui leader David Koresh credeva di essere il secondo
Messia. Nel 1993 gli agenti dell’ATF, dopo che era stata segnalata
la presenza di una grossa quantità di armi nel complesso in cui
l’organizzazione risiedeva, arrivarono a Mount Carmel con l’intento
di perquisirlo, ma ci fu un conflitto di fuoco a causa del quale
persero la vita quattro agenti.
Iniziò così un assedio che
durò ben 51 giorni e che portò al coinvolgimento
dell’FBI che
avrebbe dovuto negoziare con Koresh per liberare gli ostaggi,
mentre sul posto erano state schierati i team di salvataggio. La
mancata comunicazione fra le parti portò, alla fine, alla tragedia
finale. Circondarono il complesso con carri armati per lanciare gas
lacrimogini ma un errore accidentale causò un grosso incendio. Non
avendo gli strumenti per spegnerlo, furono costretti a guardare
Mount Carmel bruciare, mentre dentro perdevano la vita anche dei
bambini.
Un racconto poco
esplorato per una storia molto profonda
C’è una cosa in particolare che
rende L’assedio di Waco interessante: il
suo repertorio inedito. Russell ha dovuto lavorare con una
grande quantità di prodotti d’archivio per dar vita al
documentario, i quali sono stati poi accuratamente assemblati per
conformare una storia che avesse un filo logico e chiaro. A questi,
a cui vengono spesso scelte soluzioni di split screen per
mostrarli, sono alternate – o affiancate – testimonianze e
ricostruzioni digitali del complesso di Mount Carmel. A costituire
il fulcro di tutta la narrazione sono però le interviste svolte, le
quali ci forniscono i quattro principali punti di
vista attraverso cui affiorano le incongruenze
dell’evento: l’FBI, i giornalisti, i davidiani e gli agenti
dell’ATF. Il regista aveva perciò fra le mani un nutrito materiale
da sfruttare, eppure nel corso della docuserie l’uso che se ne fa è
pressoché superficiale.
Seppur molto concettuale sul piano
narrativo, il contenuto proposto rimane
noiosamente didascalico fino all’ultimo episodio.
Non ci sono approfondimenti riguardo quel che visivamente è
riportato, non si scava a fondo negli errori commessi dai federali
né nella mancata comunicazione con il reparto di salvataggio, a
causa della quale si innescò l’incendio finale. Resta solo una
semplice esposizione cronologica dei fatti e un continuo scaricarsi
le colpe fra FBI e ATF, che si riverberano fino alle battute
finale. Un espediente, questo, che risulta infruttuoso poiché non
coinvolge lo spettatore. Né tantomeno crea una connessione con il
prodotto di cui sta fruendo.
Perché, di base, mancano dei
tasselli. O meglio, chi guarda è consapevole dell’operazione
minima, poco impegnata, svolta da Russell. E questo lo porta a
distrarsi, cercando nel mentre di scoprire qualche particolare in
più prima di proseguire. Un peccato, considerato il terreno fertile
di spunti, grazie ai quali potevano essere introdotte una serie di
riflessioni e analisi, volte ad arricchire la conoscenza del
pubblico. E che avrebbero senz’altro contribuito a dare un taglio
molto più gradevole e compiuto all’intera opera.
L’assedio di Waco
aveva un compito. O se vogliamo una vera e propria missione.
Celebrare le vittime del disastro nel suo trentesimo anniversario.
E per dar loro onore, memoria e giustizia, avrebbe dovuto osare di
più. Sforzarsi di guardare oltre il mero dibattito fra le parti
coinvolte nell’assedio, poiché non era questa la miglior scelta per
ricordarle. Non se ne fanno nulla, né loro né noi. Non
basta neanche empatizzare con i sopravvissuti per capire la portata
di questo dramma. Era indispensabile che si andasse in
fondo a tutta la questione sollevata, alle controversie saltate
fuori, alla semplice – ma in questo caso mortale – incomprensione
della Polizia. Spiegare senza puntare il dito contro. Cosa se ne
ricava altrimenti? Un ricordo adombrato da inutili attacchi e
accuse. E questa modalità di narrare di sicuro non ci porta ad
avere un quadro più generale. Solo tanta, tantissima rabbia.
E’ Variety a pubblicare per primo
in esclusiva un backstage da Avatar: La Via
dell’Acqua in cui possiamo vedere parte degli Effetti
Visivi Premio Oscar del film che ha conquistato il box office
mondiale. Puoi vedere il video a questo link: BACKSTAGE AVATAR: LA VIA
DELL’ACQUA
Avatar: la via dell’acqua ha debuttato il 14
dicembre 2022, e sarà seguito dal terzo capitolo il
20 dicembre 2024. Per il quarto e quinto capitolo,
invece, si dovrà attendere ancora qualche anno: 18 dicembre
2026 e 22 dicembre 2028.
Il cast della serie di film è
formato da
Kate Winslet, Edie Falco,
Michelle Yeoh,
Vin Diesel, insieme ad un gruppo di attori che
interpretano le nuove generazioni di Na’vi. Nei film torneranno
anche i protagonisti del primo film, ossia
Sam Worthington,
Zoe Saldana,
Stephen Lang,
Sigourney Weaver, Joel David Moore,
Dileep Rao e Matt Gerald.
Il lavoro di Victoria
Alonso come produttore del film candidato all’Oscar
Argentina, 1985 è stato imputato come motivo
per il licenziamento della dirigente Marvel Studios dall’azienda, stando a tre
fonti a conoscenza delle vere ragioni che ne hanno causato
l’allontanamento. L’avvocato di Alonso, tuttavia, ha respinto tale
motivazione, definendola “assolutamente ridicola“.
In una dichiarazione a Variety, l’avvocato
Patty Glaser, che rappresenta Alonso in occasione
della sua partenza dalla Disney, afferma invece che la dirigente è
stato “messa a tacere” dalla Disney e che ha avuto la “benedizione”
dello studio per lavorare su Argentina, 1985.
In questione, secondo le fonti,
c’era il contratto di lavoro di Victoria Alonso
con la Disney, sottoscritto nel 2018, che le proibiva di lavorare a
progetti per qualsiasi studio rivale. Argentina, 1985 è stato prodotto in parte da
Amazon Studios, che ha distribuito il film su Prime Video a ottobre.
Alonso, che è nata e cresciuta in
Argentina, non ha avvisato in anticipo la Disney del suo
coinvolgimento in Argentina, 1985, secondo le fonti. I suoi anni
di servizio con la Marvel, tuttavia, hanno concesso ad
Alonso abbastanza potere tanto che lo studio ha accettato il lavoro
extra-studio, nonostante un contratto in esclusiva che le impediva
di andare a lavorare con altri studi. Sebbene i progetti presso
distributori esterni siano insoliti per un dirigente della statura
di Alonso, non sono inauditi.
Dopo che Argentina, 1985 è stato selezionato come
candidato ufficiale per gli Academy Awards per il Paese del
Sudamerica, Alonso è entrata nel circuito della stagione dei premi
per promuovere il film verso la sua eventuale nomination all’Oscar
come film internazionale. Ad Alonso è stato ripetutamente ricordato
per iscritto che stava violando il suo contratto, dicono queste
fonti, ma è andata avanti comunque, sostenendo agli Oscar proprio
Argentina, 1985 invece che Black
Panther: Wakanda Forever, pure candidato in diverse
categorie. Solo otto giorni dopo, Alonso è stata licenziata per
violazione del contratto e violazione degli standard di condotta
aziendale della Disney.
“L’idea che la Disney conoscesse
e approvasse la sua capacità di lavorare su [“Argentina, 1985″], e
poi afferma di averla licenziata per un’intervista o due a sostegno
di quel film, sembra folle”, ha dichiarato un ex dipendente
della Disney a Variety, dichiarazione per la quale ha chiesto
l’anonimato.
“L’idea che Victoria sia stata
licenziata per una manciata di interviste alla stampa relative a un
progetto di passione personale sui diritti umani e la democrazia
che è stato nominato per un Oscar e per lavorare al quale ha
ottenuto la benedizione della Disney è assolutamente
ridicola”, afferma Glaser. “Victoria, una latina gay che
ha avuto il coraggio di criticare la Disney, è stata messa a
tacere. Poi è stata licenziata quando si è rifiutata di fare
qualcosa che riteneva riprovevole. Disney e Marvel hanno preso una decisione
davvero sbagliata che avrà gravi conseguenze. C’è molto di più in
questa storia e Victoria lo racconterà a breve, in un forum o in
altra forma”.
Una fonte vicina alla questione
afferma anche che in seguito alle osservazioni di Alonso ai premi
GLAAD del 2022, in cui ha citato per nome l’allora CEO Bob
Chapek per la sua reazione al disegno di legge “Don’t
Say Gay” della Florida, le è stato detto che non poteva fare
più attività stampa per i progetti Marvel.
In una dichiarazione inviata a
Variety, un portavoce della Disney ha definito i commenti di Glaser
“sfortunati”. “È un peccato che Victoria condivida una
narrazione che tralascia diversi fattori chiave riguardanti la sua
partenza, tra cui un’indiscutibile violazione del contratto e una
violazione diretta della politica aziendale”, afferma il
portavoce. “Continueremo ad augurarle il meglio per il futuro e
la ringraziamo per i suoi numerosi contributi allo
studio”.
Sembra che il lavoro di Alonso su
Argentina, 1985 sia stato un evento culminante
per il mandato della dirigente alla Marvel, che era diventato sempre
più a rischio a causa delle critiche ben note all’approccio dello
studio agli effetti visivi, uno dei dipartimenti supervisionati da
Alonso. Ant-Man and the Wasp: Quantumania ha subito
aspre critiche per i suoi effetti visivi, e il film è uno dei
progetti Marvel Studios con il minor incasso
nella storia dell’azienda.
Dopo il festival di
Berlino, il premio per la migliore sceneggiatura
al Festival di Valladolid, la candidatura ai César per la miglior
colonna sonora, l’evento speciale al festival di Torino, arriva al
cinema Passeggeri della notte, il nuovo film di
Mikhaël Hers, (Quel giorno d’estate).
Passeggeri della notte è una toccante storia familiare che
inizia a Parigi durante la notte delle elezioni francesi del 1981,
con la storica elezione di Mitterand. Mentre i
parigini si riversano nelle strade con una forte speranza di
cambiamento, la quarantenne Elisabeth (Charlotte
Gainsbourg) raccoglie i cocci del suo matrimonio,
pensando a come mantenere se stessa e i suoi due figli
adolescenti.
Dopo varie
peripezie, trova lavoro in una radio, dove si occupa di un
programma di confidenze notturne condotto dalla carismatica Vanda
(Emmanuelle Béart). Intenta a riorganizzare la
propria vita, con l’aiuto del padre e alle prese con le
problematiche dei figli, Elisabeth incontra un’adolescente senza
fissa dimora di nome Talulah e la invita a casa, offrendole per la
prima volta il calore di una famiglia. Il nuovo ménage domestico
provocherà nuovi inciampi e inaspettate gioie, facendo intravvedere
la possibilità di un inedito equilibrio affettivo.
La grande
sensibilità dello sceneggiatore e regista Hers e la intensa,
magistrale interpretazione di Gainsbourg danno vita ad un film che
strappa sorrisi e lacrime a più riprese. Una piccola epopea
familiare nella quale ogni spettatore, giovane o meno,
potrà immedesimarsi profondamente e uno spaccato di vita europea
degli anni ’80 che il film ricostruisce
minuziosamente, anche nei dettagli stilistici degli arredi e della
moda dell’epoca.
Non a caso, ricorre
più volte in Passeggeri della notte la citazione di
Le notti della luna piena, il capolavoro
di Eric Rohmer nel 1984 con la splendida e
sfortunata Pascale Ogier, un riferimento fondamentale per
l’operazione di scavo psicologico condotto da Hers, che ha in parte
anche una traccia autobiografica. Interessanti, stilisticamente, la
fotografia e il montaggio del film, che hanno la stessa grana
visiva e un linguaggio coerente con il periodo storico narrato.
Charlotte
Gainsbourg, figlia del cantautore francese Serge
Gainsbourg e dell’attrice britannica Jane
Birkin, è una delle attrici francesi più celebrate e
richieste a livello internazionale e ha vinto, tra gli altri, due
Premi César e una palma come migliore attrice al
Festival
di Cannes. Ha debuttato al cinema nel 1984,
partecipando al filmAmore e musica (Paroles et
Musique) e lavorato più volte anche in Italia, in film come
Il sole anche di notte (1990) dei fratelli Taviani e
Nuovomondo (2006) di Emanuele Crialese.
Emmanuelle
Béart è una delle più popolari attrici del cinema francese
contemporaneo, per otto volte candidata al Premio César, che
vinse nel 1987 per Manon delle
sorgenti (1986) di Claude Berri come miglior
attrice non protagonista. Ha ottenuto riconoscimenti ai
Festival
di Berlino e Venezia e
anche un David di Donatello. Tra le sue più incisive
interpretazioni in film come La bella scontrosa
(1991), Un cuore in inverno (1992), 8 donne e un
mistero (2002), c’è anche l’incontro con Ettore
Scola per Il viaggio di Capitan Fracassa
(1990).
Wanted
Cinema è una casa di distribuzione dedicata al cinema
indipendente di qualità, per definizione “ricercato”, che seleziona
solo documentari capaci di far riflettere ed emozionare o storie di
finzione legate alla realtà e con temi forti e importanti. Nuovi
linguaggi, nuovi autori, nuove suggestioni narrative, per il
pubblico più attento ed esigente che vuole ritrovare ad ogni
visione la grande magia del cinema.
Tra le tante commedie romantiche
distribuite nel corso del 2019, una di quelle che si è affermata di
più è Non succede, ma se succede…
(qui la recensione), titolo
italiano di Long Shot, film diretto da Jonathan
Levine (50 e 50, Warm Bodies). Scritto
Dan Starling, già autore del satirico e
controverso The Interview, questo lungometraggio mescola
elementi dell’ambiente politico con situazioni e sentimenti tipici
delle rom-com statunitensi. Ad aver contribuito al
successo del film, però, vi è una coppia di attori tanto inedita
quanto convincente: la premio Oscar Charlize
Theron e il comico Seth Rogen.
Non succede, ma se succede…
si presenta come un film fortemente ispirato a film romantici degli
anni Ottanta come Tootsie e Harry, ti presento
Sally…, ma aggiornato naturalmente ai nostri tempi e
includendo una serie di temi e situazioni molto contemporanee. Ad
esempio, forte rimane la descrizione del contesto politico, su cui
è intervenuta la sceneggiatrice del film The PostLiz
Hannah per garantirne il realismo. Sfortunatamente, il
film non ottenne buoni risultati al box office, in particolare per
via del suo essersi scontrato con Avengers: Endgame.
Apprezzato però dalla critica, il
film è stato lentamente riscoperto e oggi tutti gli appassionati
del genere lo indicano come un ottimo titolo per una visione
leggera ma ricca di sentimenti. Per chi non lo avesse ancora visto,
si tratta dunque di un titolo da riscoprire. Prima di intraprendere
una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire
alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo
qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori
dettagli relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Non succede, ma sesuccede…, la trama del
film
Protagonisti del film sono
Fred Flarsky e Charlotte Field.
Lui è giornalista dalle buone qualità ma disoccupato e combinaguai,
lei è invece un’affermata Segretario di Stato. Sembrerebbe che
nulla possa accomunare i due, eppure in passato l’intraprendente e
talentuosa Charlotte è stata la babysitter di Fred, nonché la sua
prima cotta adolescenziale. Senza più un lavoro e depresso, Fred si
lascia convincere dal suo amico Lance a
partecipare a un evento di beneficenza, al quale a sua insaputa
prenderà parte anche la sua vecchia fiamma. Non appena i loro
sguardi si incrociano, i due si riconoscono.
Dopo aver saputo la professione di
Fred, Charlotte gli propone di scrivere per lei alcuni discorsi per
le prossime elezioni presidenziali, alle quali la donna sta per
candidarsi. Fred accetta il lavoro e i due tornano a frequentarsi
inizialmente solo a livello professionale. Il tempo trascorso
insieme, però, riporta a galla vecchi ricordi e, conquistata
dall’autoironia e la simpatia dell’uomo, l’ex babysitter inizierà
una relazione con il giornalista. I due sono però totalmente
diversi, sia caratterialmente sia per via degli ambienti
frequentati. Ostacolati da tutto e tutti, Fred e Charlotte dovranno
superare tante avversità prima di poter trovare una loro
stabilità.
Non succede, ma sesuccede…, il cast del film
Come anticipato, ad interpretare i
due protagonisti, Fred e Charlotte, vi sono rispettivamente gli
attori Seth Rogen e Charlize
Theron. Come noto, dopo che Roger fu entrato a far
parte del progetto, anche in qualità di produttore, espresse il
desiderio di poter recitare accanto alla Theron. L’attrice, che
fino a quel momento non aveva recitato in molte commedie, accettò
subito la parte di Charlotte, desiderosa di misurarsi con un ruolo
comico. La Theron, inoltre, decise anche di contribuire alla
produzione del film e contribuì anche ad apportare numerose
migliorie al personaggio e al suo modo di fare.
Accanto ai due attori si ritrovano
poi altri celebri interpreti, come O’Shea Jackson
Jr. nei panni di Lance, l’amico di Fred, e Andy Serkis, in
quelli di Parker Wembley, un ricco magnate. Quest’ultimo, una volta
ottenuto il ruolo, iniziò a ideare un trucco prostetico per il suo
personaggio. I produttori immaginavano in realtà di non camuffare
l’attore, ma egli affermò di non voler dar vita ad un personaggio
che avesse le sue sembianze. Nei panni del presidente degli Stati
Uniti si ritrova invece l’attore BobOdenkirk, celebre protagonista della
serie Better Call Saul.
Infine, Alexander
Skarsgårdinterpreta James Steward, primo
ministro canadese.
Non succede, ma sesuccede…, il trailer e dove vedere il film in streaming e
in TV
È possibile fruire di
Non succede, ma se succede… grazie alla
sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Rakuten TV, Chili Cinema, Apple iTunes, Netflix, Amazon Prime Video e Tim Vision. Per
vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà
noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo
di venerdì 24 marzo alle ore
21:10 sul canale Rai Movie.
Stando a quanto riferito da alcune
fonti, sarebbero emersi alcuni primi dettagli sulla durata
di Oppenheimer, il nuovo atteso film
di Christopher Nolan in uscita in sala il
21luglio. Tale durata, sebbene
possa ancora cambiare nei prossimi mesi di post-produzione, sarebbe
di circa 3 ore. Se questa finisse per essere
quella definitiva del film, ciò renderebbe dunque
Oppenheimer il film più lungo che Nolan abbia mai prodotto
nella sua carriera sino ad oggi, superando quello che detiene oggi
questo primato, ovvero Interstellar, che ha una durata di
due ore e 49 minuti.
Mancano ancora quattro mesi
all’uscita in sala del film, che tanto per i suoi contenuti quanto
per la sua presunta durata potrebbe dunque affermarsi con facilità
come uno dei maggiori eventi cinematografici di quest’anno. Dopo
aver visto il primo trailer, ricordiamo che il
film racconterà la storia del fisico teorico J. Robert
Oppenheimer e delle tensioni ad alto rischio che hanno
portato alla creazione della bomba atomica. Dunque un nuovo
racconto ambientato durante la Seconda guerra mondiale per Nolan,
dopo quello confluito nel suo film Dunkirk, candidato all’Oscar.
Universal distribuirà Oppenheimer nelle sale in
tutto il mondo e distribuirà il film in Nord America. Christopher
Nolan produrrà anche insieme a Emma Thomas e Charles
Roven di Atlas Entertainment. Il film si baserà
sul libro vincitore del Premio Pulitzer American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert
Oppenheimer di Kai Bird e del compianto Martin J. Sherwin. Nel cast
Cillian Murphy,
Emily Blunt,
Rami Malek,
Robert Downey
Jr., Florence Pugh,
Josh Hartnett,Jason Clarke, Alex Wolff, Josh Peck, Tony Goldwyn
e Matt Damon.
La serie NetflixYou è
stata rinnovata per una quinta e ultima stagione. Il prolifico
serial killer Joe Goldberg, interpretato da Penn
Badgley, avrà a disposizione una nuova e ultima storia per
mietere le sue vittime.
La stagione 5 avrà un cambio di
showrunner, con i produttori esecutivi Michael
Foley e Justin W. Lo che prenderanno il
posto di Sera Gamble, che originariamente ha
sviluppato You con
Greg Berlanti, e ha diretto lo spettacolo per le
sue prime quattro stagioni.
“Mentre faccio un passo
indietro rispetto allo showrunning quotidiano per concentrarmi su
nuovi progetti, sono immensamente grato al co-creatore e genio a
tutto tondo Greg Berlanti, Caroline Kepnes, ai miei amici di
Berlanti Productions e Alloy Entertainment, e al nostro risoluto
partner di Warner Bros e Netflix”, ha dichiarato Gamble in una nota.
“Realizzare lo spettacolo insieme ai nostri sceneggiatori,
produttori, registi, cast e troupe è stato un onore,
incredibilmente divertente. E mi sento fortunata ad aver lavorato
con un artista dotato e premuroso come Penn Badgely. Sono
orgogliosa di ciò che tutti abbiamo realizzato e mi sento
privilegiata a passare il testimone. Sono entusiasta di guardare e
supportare il team di “You” mentre portano il viaggio di Joe
Goldberg alla sua conclusione deliziosamente contorta.”
Accompagnando l’annuncio, Netflix ha anticipato il
destino di Joe, chiedendo: “Joe Goldberg avrà finalmente il suo
giorno del giudizio?”
La decima e ultima stagione
dell’amata serie The Goldbergs sarà
disponibile dal 6 aprile in 1° TV esclusiva su Mediaset
Infinity con Infinity+. Ambientata negli anni Ottanta a
Jenkintown in Pennsylvania, The Goldbergs racconta le
vicende di tre fratelli, Adam, Barry ed Erica, e della loro
colorata e amorevole famiglia.
I Goldberg, e alcuni ospiti a
sorpresa, tornano per una decima stagione più divertente e sincera
che mai. L’amata famiglia di Jenkintown continua a farsi strada in
un decennio iconico, tra avventure, sentimenti e divertimento.
Mentre nella loro vita si presentano nuove sfide, i Goldberg
continuano a ricordarci che non c’è legame più forte della famiglia
e che non c’è nulla che non possano affrontare sostenendosi gli uni
con gli altri. Per non arrivare impreparati alla decima stagione di
The Goldbergs, su Infinity+ sono disponibili l’ottava e la
nona stagione complete della serie.
Arriva in prima tv su Sky
Bones and All di Luca Guadagnino, una storia
d’amore di una dolcezza tanto sublime quanto oscura e inquietante,
in onda lunedì 27 marzo alle 21.15 su Sky Cinema Uno e Sky
Cinema 4K, in streaming su NOW e disponibile on demand, anche in
qualità 4K.
Presentato alla 79°esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia e premiato con il Leone d’argento per la migliore
regia a Luca Guadagnino, Bones and
All vede protagonisti Taylor Russell, vincitrice a
Venezia del Premio Marcello Mastroianni, e Timothée Chalamet. Con loro nel cast
anche Mark Rylance, Michael Stuhlbarg, André
Holland, Chloë Sevigny, David Gordon-Green, Jessica
Harper, Jake Horowitz.
Prodotto dalla Frenesy Film
Company e Per Capita Productions con The Apartment
pictures – società del gruppo Fremantle – Memo Films,
3 Marys Entertainment, Elafilm e
Tenderstories, in co-produzione con Vision
Distribution e in collaborazione con Sky, Bones and
Allracconta la storia del primo amore tra
Maren, una ragazza che sta imparando a sopravvivere ai margini
della società, e Lee, un solitario dall’animo combattivo; è il
viaggio on the road di due giovani che, alla continua ricerca di
identità e bellezza, tentano di trovare il proprio posto in un
mondo pieno di pericoli che non riesce a tollerare la loro
natura.
Il film, scritto da David
Kajganich, è basato sul romanzo “Bones & All” (“Fino all’osso”) di
Camille DeAngelis. È prodotto da Luca Guadagnino, Theresa Park,
Marco Morabito, Dave Kajganich, Francesco Melzi d’Eril, Lorenzo
Mieli, Gabriele Moratti, Peter Spears e Timothée Chalamet. I
produttori esecutivi del film sono Giovanni Corrado, Raffaella
Viscardi, Marco Colombo e Moreno Zani. I finanziatori del film sono
le società italiane The Apartment Pictures (società del gruppo
Fremantle), 3 Marys Entertainment, Memo Films, Tenderstories,
Elafilm, Wise Pictures, Excelsa, Serfis e Piace.
I Wonder Pictures in collaborazione
con Unipol Biografilm Collection è lieta di diffondere il trailer
in versione originale sottotitolata di Leila e i suoi
fratelli, in arrivo nelle sale italiane da
giovedì 6 aprile. Presentato nella sezione
Features Films all’ultima edizione del Festival
di Cannes, il film è diretto dal giovane regista iraniano
Saeed Roustaee, che continua a portare al centro
del suo cinema, pluripremiato a livello internazionale, la
famiglia.
A tenere le redini della sua
numerosa e imperfetta famiglia, le cui dinamiche si rivelano
specchio della società iraniana, troviamo la giovane Leila,
magistralmente interpretata da Taraneh Alidoosti.
Roustaee la fotografa con grande cura, denunciandone le difficoltà,
la povertà dovute all’assenza di una classe media, distrutta dal
governo di Ahmadinejad. Leila e i suoi
fratelli è fortemente radicato nel tessuto iraniano
ma, contemporaneamente, ha una portata universale che riguarda il
tema delle diseguaglianze e del determinismo delle classi sociali.
“Credo sia importantissimo potersi allontanare dalla propria
famiglia – dichiara il regista – dai propri genitori, e vivere la
propria vita. Ma bisogna avere i mezzi per farlo. Questi ragazzi –
ormai adulti – non li hanno. Si vede chiaramente che stanno
soffocando. Nel film questo aspetto viene esplicitato”.
Leila e i suoi
fratelli sarà proiettato in anteprima al Festival del
Cinema Africano, d’Asia e America Latina – FESCAAAL il 26 Marzo e
al BIF&ST il 28 marzo al Teatro Petruzzelli di Bari e sarà
nelle sale italiane dal 6 aprile con I Wonder
Pictures e Unipol Biografilm Collection in versione originale
sottotitolata in italiano.
La trama di Leila e i
suoi fratelli
Iran, oggi. Leila, 40 anni, ha
passato la vita a prendersi cura dei suoi genitori e dei suoi
quattro fratelli, una famiglia irrequieta e schiacciata dai debiti.
Quando il suo progetto di avviare un’impresa che li aiuti a uscire
dalla povertà è ostacolato dal padre, Esmail, per motivi egoistici,
i già fragilissimi equilibri familiari si spezzano, forse
irrimediabilmente.
Presentato in concorso al
festival di Cannes, Leila e i suoi fratelli è il ritratto
emozionante e delicato di una famiglia imperfetta, uno sguardo
profondo sull’Iran di oggi, sorretto dalla straordinaria
interpretazione di Taraneh Alidoosti, musa di Asghar
Farhadi.
La Saga dell’Infinito del MCU si è conclusa con
Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, due progetti epici che
hanno gettato nello scompiglio il futuro del MCU. Dopo un decennio di avventure
di supereroi, i Marvel Studios hanno riunito tutti gli eroi
esistenti nei citati film per un’ultima battaglia contro il Titano
Pazzo, Thanos. Infinity War ha rivelato il piano genocida di
Thanos di spazzare via metà della popolazione
dell’universo nel tentativo di fermare i problemi causati dalla
sovrappopolazione, e dopo che i Vendicatori, ormai sciolti, non
sono riusciti a sconfiggerlo, Endgame riprende cinque anni dopo, ambientato
in un mondo desolato e devastato dagli effetti del successo di
Thanos.
Subito dopo Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, i Marvel Studios hanno registrato un calo di
popolarità. Tra i film e le serie tv in uscita, non tutti i nuovi
progetti sono stati accolti da recensioni positive. La Saga del Multiverso del MCU ha portato con sé
anche l’introduzione di serie TV originali del MCU per Disney+, segnando un enorme aumento della
quantità di contenuti prodotti dai Marvel Studios. Le critiche ai vari progetti
della Fase 4 hanno reso impossibile fare anche solo il paragone con
Saga dell’Infinito, per cui si potrebbe
sostenere che il massiccio successo di Infinity War e Endgame abbia avuto un impatto negativo sul
futuro del franchise.
Avengers: Infinity War e Endgame
sono stati l’apice del successo del MCU
Infinity War ed Endgame hanno segnato il culmine di un
decennio di narrazione nel MCU, con Infinity War che si erge sulle spalle dei
diciotto precedenti film dei Marvel Studios. Durante la Saga dell’Infinito del MCU ci sono stati forse
singoli progetti più forti, come Infinity War ed Endgame, che non sono sfuggiti a certi momenti
di critica, ma come numeri conclusivi della Saga dell’Infinito, le pellicole si sono
posizionate all’apice del franchise. Ciò è dovuto in gran parte
alle connessioni con l’universo condiviso che i Marvel Studios hanno coltivato a partire da
Iron Man del 2008, poiché in Infinity War e Endgame ritroviamo riferimenti ai progetti
precedenti.
Con una storia che si svolge
nell’arco di due epici film crossover, Infinity War e Endgame hanno chiuso diversi fili della trama
che coinvolgono la squadra originale degli
Avengers. Tra questi, la gestione delle
conseguenze dello scioglimento degli Avengers in
Captain America: Civil War, i problemi di identità di
Bruce Banner iniziati in Thor: Ragnarok, le dinamiche familiari
sviluppate nel franchise di Guardiani della Galassia e la morte o il
ritiro di alcuni membri originali come Iron Man, Capitan America e
Vedova Nera. I registi Anthony e Joe Russo hanno realizzato una
chiusura epica che è stata difficile da eguagliare nei progetti
successivi.
Infinity War e Endgame hanno
causato la dispersione dell’MCU
Sebbene Infinity War e Endgame abbiano portato molte storie del
MCU a una conclusione
soddisfacente, i film hanno anche contribuito a gettare le basi per
i futuri film, in particolare per molti progetti della Fase
4 del MCU. WandaVision,
Falcon and the Winter Soldier, Hawkeye
e Doctor Strange nel Multiverso della Follia
sono tra i progetti maggiormente influenzati dagli eventi di
Infinity War e Endgame. Tuttavia, se da un lato questo senso
di speranza per il futuro alla fine della Saga
dell’Infinito è stato grandioso, dall’altro la mole di
storie a cui si è accennato ha fatto sì che la Fase
4 avesse quasi troppe nuove direzioni su cui
concentrarsi.
Una delle critiche più aspre rivolte
alla Fase 4 del MCU è che sembrava non
esserci alcuna connessione, con ogni progetto che sviluppava storie
separate e isolate pur cercando di collegarsi a Infinity War e Endgame. I Marvel Studios sono stati messi sotto
accusa per aver dato l’impressione di essere senza direzione con la
Saga del Multiverso, anche se potrebbe
trattarsi di una questione di impazienza. La Saga dell’Infinito ha richiesto dieci anni per
arrivare a Infinity War; quindi, non era
realistico pensare che la Fase 4 del
MCU avrebbe preso una
direzione chiara in pochi mesi. In ogni caso, i problemi di
connettività della Saga del Multiverso erano certamente radicati
nella narrazione epica di Infinity War e
Endgame.
Il box office potrebbe non
raggiungere le stesse cifre, ancora una volta
La Fase 3 del MCU è ampiamente
considerata come l’era più forte del franchise, con progetti come
Captain America: Civil War, Black Panther, Captain Marvel e
Spider-Man: Far From Home hanno tutti superato il
miliardo di dollari al botteghino. Tuttavia, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame hanno fatto saltare tutti
gli altri progetti, incassando oltre 2 miliardi di dollari, con
Endgame che è diventato il film di maggior incasso
di tutti i tempi prima della riedizione di Avatar nel 2021 e Avatar: La via dell’acqua. L’incredibile
successo di Infinity War e
Endgame ha reso questi film epici molto difficili
da seguire, cosa che purtroppo ha maledetto i progetti della
Fase 4 del MCU.
A titolo di confronto, nella
Fase 4 solo un film, Spider-Man: No Way Home, è riuscito a superare
il miliardo di dollari, sfiorando addirittura i 2 miliardi, mentre
i primi tre film della Fase 4 non sono riusciti a
superare i 500 milioni di dollari. La pandemia COVID-19 ha avuto un
impatto sui primi progetti della Fase 4,
contribuendo in modo massiccio agli scarsi incassi di Black Widow, Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli ed
Eternals. Nonostante ciò, Infinity
War e Endgame hanno stabilito un livello
molto alto che sarà difficile da battere, e forse i progetti futuri
non dovrebbero sforzarsi di essere all’altezza, ma semplicemente
continuare a fare ciò che sanno fare meglio.
Il MCU si riprenderà da Infinity
War e Endgame?
Dato che la Fase 5 del MCU è iniziata da poco,
con l’uscita a febbraio 2023 di Ant-Man and the Wasp: Quantumania, è ancora
difficile sapere se gli standard di Infinity War e
Endgame saranno mantenuti. Questo è
particolarmente vero perché Quantumania ha
ottenuto punteggi piuttosto negativi, che a loro volta hanno
contribuito a una scarsa affluenza al botteghino. Tuttavia, ci sono
ancora molti altri progetti da realizzare nel corso delle Fasi 5 e 6 del MCU e, dal momento che i
Marvel Studios hanno preso la decisione
esecutiva di ritardare alcuni progetti della Fase 5 del MCU, consentendo un
periodo di post-produzione più lungo, si può ipotizzare che il
livello qualitativo generale aumenterà presto.
In risposta alle critiche secondo
cui la Saga del Multiverso era priva di direzione, il
Comic-Con di San Diego del 2022 ha visto il capo
dei Marvel Studios, Kevin Feige, svelare rapidamente i piani per
Avengers: La dinastia Kang e Avengers: Secret Wars per la Fase 6 del MCU. Questa rivelazione ha fatto
parlare di somiglianze con Infinity War e
Endgame, in quanto questi progetti porranno fine
alla Saga del Multiverso, ma potrebbero anche
raggiungere i livelli di successo che hanno ottenuto i loro
predecessori della Fase 3. Anche i tanto attesi Fantastici Quattro sono in programma per la
Fase 6, e gli X-Men del MCU non saranno molto
lontani, quindi la popolarità dei Marvel Studios potrebbe aumentare
enormemente nei prossimi anni.
Infinity War e Endgame avrebbero
dovuto rappresentare la fine?
Dopo l’uscita di Infinity
War e Endgame, sarebbe stato possibile
che la Fase 3 del MCU avesse posto fine
all’intero franchise. Il punto cruciale di questa argomentazione
riguarda le storie e i personaggi dei Vendicatori originali, molti
dei quali hanno concluso la loro carriera nel MCU in Avengers: Endgame. Sembrava una conclusione
appropriata per le storie di questi eroi, compreso il sacrificio di
Iron Man per salvare l’universo in un riflesso del primo progetto
del MCU, Iron Man del 2008. Tuttavia, il successo e le
trame imbastite in Infinity War e Endgame hanno reso inevitabili i
futuri sequel.
Sebbene sia sempre stato improbabile
che i Marvel Studios avrebbero concluso il
MCU in quel momento, ciò
che avrebbe potuto funzionare meglio per la Fase 4 sarebbe stato un
intervallo più lungo tra Avengers: Endgame, Spider-Man: Far From Home (che ha fatto da
epilogo a Endgame) e l’inizio della Saga
del Multiverso del MCU. La pandemia COVID-19
ha costretto la Marvel a non pubblicare alcun progetto nel
2020, ma forse c’era bisogno di più tempo per riprendersi dagli
eventi della Saga dell’Infinito. Negli ultimi mesi i
Marvel Studios hanno apportato alcuni grandi
cambiamenti, che potrebbero finalmente vedere una ripresa dopo
Avengers: Infinity War e
Avengers: Endgame, ma solo il
tempo potrà dirlo.
Il nuovo film della
DCShazam! Furiadegli dei offre un interessante
spunto per riflettere sulla Justice Society. Nella prima
scena post-credits, ARGUS/ Emilia Harcourte John Economos cercano di reclutare Billy per
farlo entrare nella Justice
Society. Questo team era stato introdotto
nel DCEU da Black
Adam e non è da confondere con la Justice League.
Prima dell’uscita
di Shazam
2, Black Adamsi poneva come un film autonomo – seppur ambientato
nell’Universo DC – che non rivelava molto dei
supereroi esterni alla Justice Society. Con Furia
degli Dei, Justice League eustice Society si trovano a
convivere. Ma in cosa differiscono esattamente i due team?
Ecco nove grandi differenze tra la Justice League e la
ustice Society.
La Justice Society è più antica
della Justice League
La Justice
Society arriva prima della Justice
League, sia nei fumetti che nel DCEU. La
squadra viene creata per la rivista All Star Comics
dell’editore All-American publications, antesignano della
DC Comics. Nel 1940,la Justice
Society debutta con All Star Comics #3. La
DC Justice League arriva solo 20 anni dopo in
The Brave and the Bold #28.
Tuttavia, al suo
debutto la Justice Society non è un team
particolarmente attivo, ma serve come espediente all’inizio di ogni
numero per introdurre le varie storie. In ogni caso, gli eroi della
JSA possono essere considerati i predecessori
della Justice League. Anche in Black Adam
viene confermata questa tesi: la Justice Society
nasce decenni prima che Batman crei la Justice
League e attraversa la linea temporale della
DCEU per combattere Black Adam.
Il multiverso
DC dipende dalla JSA
Sia
l’MCU che l’Universo
DC sono fortemente orientati verso il multiverso:
il primo affronta il tema attraverso la Saga del
Multiverso e il secondo con il film The
Flash. Fatto curioso: il multiverso, nei fumetti, diviene
così diffuso grazie alla JSA. Per spiegare il
ritorno della Justice Society of America dopo anni
lontano dai fumetti, la DC stabilisce che la
squadra ha continuato ad esistere su Terra-2, una
Terra appuntodiversa da quella vista nei soliti crossover di
Superman e Batman.
Questa escamotage,
ad esempio, ha reso più facile la spiegazione dell’esistenza di due
uomini diversi (Jay Garrick e Barry
Allen) nei panni di Flash. La storia “Flash
of Two Worlds” del fumetto Flash #123 mostra per la
prima volta Jay Garrick e Barry Allen nella
stessa vicenda e stabilisce l’esistenza del multiverso
DC. Il multiverso aiuta anche nella spiegazione
del rapporto tra Justice League e Justice Society.
Nella linea temporale Arrowverse pre-crisi, una versione
della Justice Society vive nello stesso universo
di FrecciaVerde e Flash. Allo stesso
modo, la JSA fa parte dello stesso
DCEU di Wonder Woman e di Superman.
La Justice Society si è sciolta e
riformata
Il fatto che la
Justice Society sia sempre esistita nella linea
temporale del DC
Universe rischiava di creare un grande buco nella trama.
Com’è possibile che Batmane Wonder Woman non
sappiano nulla di loro? La soluzione viene offerta da Black Adam (ed è stata usata anche in altri
adattamenti della DC): per un dato periodo di tempo, la
Justice Society è rimasta sciolta.
Infatti, i fumetti
di Black
Adam (Black Adam: The Justice Society Files)
rivelano che la JSA originale era formata da
Dottor Fate, Hawkman e dal primo Atom
Smasher. Decenni dopo lo scioglimento, Hawkman e
Doctor Fate hanno deciso di mettere insieme una nuova
versione della JSA con Cyclone e il
secondo Atom Smasher.
Il numero dei membri
Nei fumetti, la
JSA ha originariamente otto membri – Dottor
Fate, Lanterna Verde, Flash Hawkman, Hourman, The
Sandman, The Spectre e The Atom.
Diversamente,
all’inizio di Black Adam, la Justice
Society ha quattro membri: Dottor Fate, Hawkman,
Cyclone e Atom Smasher. Nel film assistiamo però alla morte
del Dottor Fate. Per ora, la Justice
Society del DC
Universeè composta da tre supereroi.
Tuttavia, stando alla scena post-credits di Shazam! Furia degli Dei, la formazione della
JSA potrebbe guadagnare un nuovo membro. Infine,
la Justice League del DC Universe è
formata da Batman ha sei
membri.
Gli eroi più anziani vs i più
giovani
Dal momento che la
JSA del DCEU è più antica della
Justice League, è logico che la prima siaformata
da supereroi più anziani e saggi. L’elmo del Dottor Fate è
uno dei manufatti più antichi dell’Universo DC:
anche Kent Nelson se ne è servito per alcuni decenni. Allo
stesso modo, Hawkman è immortale, cosa che lo rende uno
dei guerrieri più esperti del DCEU. Questa regola
non vale invece per Cyclone e il secondo Atom
Smasher, che sono supereroi più recenti.
La Justice
League, ha invece Wonder Woman come supereroe più esperto. Certo,
Batman combatte il crimine per 20 anni prima di formare il
team, ma il dato non è così impressionante se paragonato ai numeri
di Hawkman o del Casco del Destino. Anche
Superman è un eroe fresco fresco – si rivela al mondo solo
nel 2013 durante gli eventi di Man of Steel – per non
parlare dei più recenti Flash, Aquaman e Cyborg.
Il rapporto con l’ARGUS
Forse la più grande
differenza tra la Justice Society e la Justice
League è che la prima è strettamente collegata ad
Amanda Waller. È stata proprio l’ARGUS,
attraverso Amanda Waller, ad avvertire la
JSA dell’arrivo di Black Adam. Da lì in
poi, i due gruppi hanno continuato a lavorare insieme per tutto il
film.
La
scena post-credits di Shazam
2conferma questa teoria: anche nel
DCEU la Justice Societyopera
sotto ARGUS, dato che a reclutare Billy Batson ci
sono Harcourt ed Economos.
La Justice
League è più potente (nel DCEU)
Per quanto riguarda il
DCEU, la Justice League sembra
essere più potente della Justice Society. Per
prima cosa, la Justice League ha due membri in più
della JSA – tre ora che il Dottor Fate è
morto. In effetti, la morte del Dottor Fate in Black
Adam ha reso la Justice Society
significativamente depotenziata, dal momento che è venuto a mancare
uno degli esseri più potenti dell’Universo DC.
Attualmente, Hawkman,
Cyclone e Atom Smasher non riuscirebbero ad
affrontare gli otto della Justice League. Le cose
cambierebbero se Shazam si unisse alla
JSA…
La sede della Justice
Society
Una significativa
differenza tra la Justice Society e la
Justice League nel DCEU è che la
prima ha una vera e propria sede. La struttura della
Justice Society è presente già nei fumetti: lì gli
eroi della JSA si incontrano per condividere le
loro ultime avventure tra di loro – e con i lettori.
Nel
DCEU la Justice Society opera dalla villa di
Hawkman. Al contrario, la Justice League,
non ha ancora una sede nel DCEU.
Che ne è
della Justice League?
La Justice
League non appare sul grande schermo dal lontano 2017.
Certo, Zack Snyder’s Justice
Leagueha offerto uno sguardo prolungato
sulla storia di origine della Justice League, ma
da allora il DCEU ha subito importanti
cambiamenti. Che cosa ne è stato esattamente della Justice
League nel mentre rimane un mistero.
Viceversa, dopo
Shazam! La furida degli Deilo status della
JSA sembra più chiaro: il team è ancora operativo
e i suoi membri stanno pensando di sostituire DottorFate con Shazam.
Gli spiriti dell’isola di Martin
McDonagh ha vinto tre Golden Globe nel 2023 – compreso quello per il
miglior film nella categoria musical/commedia – e ha ottenuto
nove nomination all’Oscar, distinguendosi come uno dei film più
interessanti del 2022. Tuttavia, il complesso finale di questa
commedia dark è difficile da decifrare alla prima visione. I film e
le opere teatrali di McDonagh sono infatti
tipicamente pieni di allusioni a grandi testi della letteratura, di
battute sottili e di motivi non facilmente riconoscibili, oltre al
loro immaginario complesso.
La trama stravagante del film
Gli Spiriti dell’isola vede l’amicizia tra il
bonario Pádraic (Colin
Farrell) sgretolarsi gradualmente dopo che il suo ex
migliore amico Colm (Brendan
Gleeson) si rifiuta bruscamente di parlargli. Anche se
la sorella di Pádraic, Siobhán (Kerry
Condon), e un tormentato ragazzo del posto,
Dominic (Barry
Keoghan), tentano di disinnescare l’escalation della
battaglia tra i due, i loro sforzi si rivelano vani. Alla fine del
film, Dominic è morto, Siobhán ha lasciato Inisherin e Colm ha
commesso un atto irreversibile di automutilazione, trasformando
involontariamente Pádraic in un nemico a vita.
Cosa accade nel finale de Gli
spiriti dell’isola
Sorprendentemente,
nessuno dei protagonisti del film muore nel finale de Gli spiriti dell’isola (non si può dire lo
stesso per Dominick, che non è così fortunato).
Detto ciò, questo rompe notevolmente la tendenza alla morte nei
film di Martin McDonagh. Pádraic
parla con Colm nonostante quest’ultimo lo abbia
ripetutamente avvertito che si sarebbe tagliato le dita se lo
avesse fatto. Nel frattempo, Siobhán respinge gentilmente le
avances romantiche di Dominic e si trasferisce sulla terraferma per
un lavoro in biblioteca. Mantenendo la parola data, quando Pádraic
tenta ancora una volta di ricucire il loro rapporto, Colm si mozza
le dita con un paio di cesoie, lanciandole contro la porta del
cottage di Padraic. L’amato asinello domestico di Pádraic,
Jenny, mangia una delle dita mozzate, si strozza e
muore.
Per vendicarsi,
Pádraic, con il cuore spezzato, brucia la casa di
Colm con Colm dentro. Il poliziotto locale, Peadar
(Gary Lydon), che è anche il padre violento di
Dominic, se ne accorge e si precipita a casa di Pádraic per
picchiarlo senza pietà. Durante il tragitto, incontra l’anziana
signora McCormack (Sheila
Flitton), che lo conduce senza parole al cadavere del
figlio sommerso dall’acqua. Il personaggio di Barry
Keoghan, si è suicidato, disilluso dalla profondità della
crudeltà di Pádraic, dalla partenza di Siobhán e
dagli abusi sessuali e fisici del padre. Il mattino seguente, Colm
incontra Pádraic e gli suggerisce che la loro faida è giunta al
termine. Pádraic informa il suo ex amico che il debito di Colm non
sarà saldato finché uno dei due non sarà morto.
L’inquietante signora
McCormack sembra inizialmente una vecchietta fastidiosa
quando viene introdotta all’inizio de Gli spiriti dell’isola. Tuttavia, in seguito,
il suo personaggio assume un significato più sinistro, poiché
agisce più come le figure mitologiche del titolo, avvertendo
Pádraic che una o due morti colpiranno l’isola
prima della fine del mese. Sebbene non si vedano “spiriti”
letterali nel film, la previsione della signora McCormack si rivela
giusta, anzi, cruciale per il vero significato del finale de
Gli spiriti dell’isola, illustrato dalla
tematica mitologica di cui il film si nutre. La prima morte è
quella di Dominick, ed è proprio la signora
McCormack a ritrovarne il corpo, mentre il prezioso asinello di
Pádraic, Jenny, può essere considerato la seconda
morte anticipata dalla sua profezia.
Tuttavia, è più che probabile che si
tratti di una profezia che si autoavvera. La signora
McCormack è stata inizialmente definita come una vicina
ficcanaso e una sgradevole pettegola, quindi potrebbe aver detto a
Pádraic di queste potenziali morti per peggiorare
la sua paranoia esistente e intensificare la sua lotta con Colm.
Come la maggior parte dei devoti e dispettosi abitanti di
Inisherin, la signora McCormack fatica a lasciare in pace Pádraic
quando c’è la possibilità di mettergli i bastoni tra le ruote. Per
questo motivo, se la sua profezia si avvera, è tanto perché gioca
con Pádraic quanto perché è la prova di un’azione soprannaturale.
In ogni caso, la signora McCormack è sicuramente uno dei motivi per
cui Gli spiriti dell’isola rientra tra i migliori
film di Martin McDonagh.
La faida tra Pádraic e Colm è
finalmente finita?
La faida tra
Pádraic e Colm non è ancora
terminata, almeno dal punto di vista emotivo, nel finale de
Gli spiriti dell’isola. Se, da un lato è
talmente sconsiderato da tagliarsi le dita per far sì che Pádraic
lo lasci in pace, dall’altro Colm mostra per la prima volta un vero
rimorso quando viene a sapere di aver accidentalmente causato la
morte di Jenny. Questo, insieme alla perdita della
sua casa dopo l’incendio, porta Colm a pensare che lui e Pádraic
siano ormai pari. Tuttavia, anche il personaggio di Pádraic ha
subito un cambiamento significativo, abbandonando la gentilezza e
l’ingenuità che ne definivano il carattere dall’inizio del film.
Nel finale de Gli spiriti dell’isola, Pádraic decide dunque
per la distruzione reciproca assicurata piuttosto che per la
pace.
Anche se Colm spera
di assicurarsi un’eredità musicale come violinista prendendo le
distanze dal suo ex amico, finisce invece per accendere una faida
che sembra destinata a uccidere entrambi, in netto contrasto con
l’ambiente idilliaco che Gli spiriti dell’isola stabilisce all’inizio.
Infatti, mentre Pádraic, all’inizio del film, è
beatamente ignaro dei limiti della sua esistenza di provincia, nel
finale diventa quasi uan figura dispettosa e piena di odio che non
ha alcun interesse a riconciliarsi con Colm. Sebbene i due abbiano
mantenuto la loro comune umanità – come dimostra il momento
tragicomico in cui Colm ringrazia Pádraic per essersi preso cura
del suo cane e Pádraic gli assicura che non è stato un problema –
il loro rapporto è irrimediabilmente distrutto. Senza che nessuno
dei due abbia intenzione di lasciare l’isola, la faida tra i due è
destinata a peggiorare sempre di più.
Il vero significato del finale de
Gli spiriti dell’isola
Come il finale di Tre manifesti a Ebbing, Missouri, il film
precedente di Martin McDonagh, le scene finali di
Gli spiriti dell’isola sono volutamente
ambigue. Per comprendere il finale di questo film, è importante
tenere conto del contesto storico e culturale in cui è ambientato.
Il film è ambientato nel 1923,
al culmine della guerra civile irlandese, su un’isola irlandese
fittizia il cui nome si traduce in “isola d’Irlanda”. Mentre la
letteratura, la poesia e la musica irlandese di qualche anno prima
celebravano e immortalavano giustamente la trionfale sconfitta del
dominio coloniale inglese in Irlanda, le opere che mitizzavano la
guerra civile che ne era seguita erano poche. Non c’era nulla di
bello, di edificante o di impressionante in una guerra che divideva
le famiglie e metteva gli amici l’uno contro l’altro, il che aiuta
anche a individuare esattamente il periodo in cui si svolge
Gli spiriti dell’isola.
Nel film, Colm
cerca di consolidare quella che pensa sarà la sua eredità artistica
abbandonando la gentilezza, ma questo porta Pádraic a notare che
Colm non vede, in maniera molto ipocrita, nulla di sbagliato nel
fare amicizia con un poliziotto corrotto che abusa di bambini,
mentre si rifiuta di parlare con Pádraic perché è “ottuso”. Alla
fine de Gli spiriti dell’isola, Colm desidera tornare all’ottusità
della sua precedente amicizia, non più affascinato da ideali
romantici di sofferenza ora che ha perso le sue dita e la sua casa
a causa di un’inutile battaglia di volontà.
Tuttavia, Colm e
Pádraic non possono tornare indietro, poiché, come
il paese a cui sono così legati, sono ora divisi dalle loro
differenze, bloccati in una lotta che alla fine costerà loro la
vita. L’evoluzione drastica ma credibile del personaggio sottolinea
perché Padraic è tra i migliori ruoli cinematografici di
Colin Farrell. Nel finale de Gli spiriti dell’isola, Colm ottiene la
terribile bellezza, l’ispirazione artistica e il significato
profondo che stava cercando, ma ciò avviene a costo della sua
amicizia con Pádraic, della sua casa e, ironia della sorte, anche
della capacità di suonare la musica struggente che tanto ama.
Il significato del film secondo il
regista Martin McDonagh
Il finale de Gli spiriti dell’isola – spiegato dal punto di
vista del regista Martin McDonagh – riguarda anche
l’importanza di raccontare una storia autenticamente umana. Sebbene
McDonagh sia stato criticato per l’uso di archetipi irlandesi nella
rappresentazione degli abitanti dell’isola, queste
caratterizzazioni esagerate servono anche come strumenti allegorici
per la vera storia che il regista voleva raccontare. “Il punto
di partenza era catturare la tristezza di una rottura, sia essa
d’amore o d’amicizia“, ha dichiarato McDonagh
in un’intervista (via IndieWire).
“Essere da entrambe le parti è
una posizione ugualmente orribile. Trattare la tristezza di
entrambe le parti nel modo più veritiero possibile era la cosa
principale che volevo ottenere con questo film“. Questo spiega
anche perché la faida tra Colm e
Pádraic non si risolve mai: è per evocare il
trauma insito in ogni relazione umana significativa. Considerando
che Gli spiriti dell’isola ha ottenuto il
Golden Globe 2023 come miglior commedia e nove
nomination agli Oscar, McDonagh è
indubbiamente riuscito nel suo intento.
Il finale di The Banshees of
Inisherin ha impressionato l’Academy
Martin McDonagh ha
sicuramente fatto centro con il suo ultimo film, visto che Gli spiriti dell’isola ha ottenuto un totale
di nove nomination agli Oscar 2023. Due di questi premi sono stati
assegnati al solo McDonagh, per la miglior regia e
la miglior sceneggiatura originale, a riprova del fatto che i suoi
sforzi nel tessere una storia intricata e avvincente sono stati
ampiamente ripagati.
Agli Oscar 2023,
Gli spiriti dell’isola ha ricevuto ben nove
candidature, per il Miglior attore (Colin
Farrell), due alle Migliori attori non protagonisti
(Brendan
Gleeson e Barry Keoghan), Miglior attrice non
protagonista (Kerry
Condon), Miglior film, Miglior montaggio e Miglior
colonna sonora originale. Anche se il film ne è uscito sconfitto,
non aggiudicandosi neanche una statuetta, Gli spiriti dell’isola sarà ricordato come una
solida voce nella filmografia di
McDonagh, ed è certo che i cinefili di tutto il mondo
continueranno a tenere d’occhio le prossime produzioni del
regista.
Sono emersi nuovi dettagli sul
sorprendente licenziamento della dirigente dei Marvel StudiosVictoria
Alonso. All’inizio di questa settimana, è arrivata
la notizia che i Marvel Studios hanno perso
Victoria Alonso, una produttrice di spicco della
compagnia che era stata recentemente promossa a Presidente di
Physical, Post Production, VFX e Animation. I dettagli specifici
della sua improvvisa partenza erano incerti, ma ora sono emerse
nuove informazioni che fanno luce su ciò che ha effettivamente
causato il licenziamento.
Variety, citando fonti anonime
che hanno familiarità con la questione, sta riportando nuove
informazioni su ciò che ha realmente portato al licenziamento di
Alonso. Mentre il motivo ufficiale della risoluzione del suo
contratto rimane poco chiaro, la pubblicazione ha condiviso che la
decisione è stata presa da diverse persone e dipartimenti della
Disney. Il frenetico programma di distribuzione dei Marvel Studios, che ha ricevuto
critiche da parte degli addetti ai lavori del settore VFX, è
presumibilmente legato al fatto che Alonso sia stata lasciata
andare dai Marvel Studios.
“Sebbene la causa del
licenziamento di Alonso non sia chiara, hanno affermato le fonti,
la decisione è stata presa da un consorzio che comprende risorse
umane, l’ufficio legale della Disney e diversi dirigenti tra cui il
co-presidente della Disney Entertainment Alan
Bergman (a cui riferiscono tutti i Marvel Studios). Il capo di lunga
data di Alonso e direttore creativo della Marvel, Kevin
Feige, si è sentito impantanato in una situazione
impossibile e, alla fine, non è intervenuto, ha aggiunto una fonte.
Alonso è stata colta di sorpresa, ha aggiunto un altro
insider.“
Victoria Alonso non ha ancora
rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito al suo allontanamento,
né in merito al vero motivo dello stesso. Anche Disney e Marvel Studios stanno rimanendo
zitti sulla questione. In qualità di membro di spicco
dell’organizzazione, avendo prodotto diversi progetti oltre a
dirigere il proprio dipartimento, Alonso aveva molte responsabilità
e, sulla base dei report, i Marvel Studios devono ancora
assumere il suo sostituto. A questo punto non è chiaro se stiano
pianificando di coinvolgere qualcuno di nuovo per colmare quel
vuoto o promuovere qualcuno già nell’organizzazione.
Il licenziamento di Alonso arriva
sulla scia del commento di Feige sul rallentamento del programma di
distribuzione dell’MCU a seguito di una serie di
deludenti incassi al botteghino e una comunità di settore (i
responsabili dei VFX) sempre più ostile contro i Marvel Studios.
I film di John Wick
sono pieni zeppi di acrobazie che coinvolgono pistole, coltelli e
automobili, e Keanu Reeves ha rivelato che due volte
durante le riprese uno stunt ha riportato ferite relativamente
gravi. Dopo il successo a sorpresa del primo film nel 2016, il
franchise di John Wick è cresciuto fino ad arrivare al quarto
capitolo, attualmente in sala. Tutti i film della serie sono
rinomati per le loro sequenze d’azione spietate e coreografate con
grande cura, e Reeves ha codiviso il fatto che alcune delle azioni
sono diventate un po’ troppo reali in diverse occasioni.
In una recente intervista con
ComicBook.com, proprio in
occasione dell’uscita di John Wick
4 (leggi
la recensione), Keanu Reeves condivide due incidenti
accaduti sul set durante le riprese del franchise. Sebbene sia
ovvio da ciò che finisce sullo schermo come piccoli tagli, graffi e
lividi sono probabilmente all’ordine del giorno per Reeves e tutti
gli stuntman, ci sono state due occasioni in cui le cose sono
diventate un po’ più serie.
“Beh, voglio dire, sono tutti
piuttosto stanchi, ma è il miglior tipo di stanchezza. È come se
avessi scalato una montagna ora che ti stai riposando godendoti il
risultato; come se avessi finito la partita e avessi vinto. Quindi,
in termini di incidenti: ho commesso un errore una volta… Ho
squarciato la testa di un signore, è stato davvero uno schifo
(scusate il mio linguaggio). Ma a parte questo… oh, un ragazzo è
stato investito da un’auto. Era in macchina, quindi è dovuto andare
al ospedale, ma stava bene”.
Sicuramente non sono gli unici
incidenti capitati sul set, né tantomeno i più gravi, ma ci
ricordano quanto sia impegnativo mettere in scena un certo tipo di
film e scene e che grande impegno richiedono.
John Wick
4 è stato annunciato per la prima volta subito dopo il
weekend di apertura da record di John Wick:
Capitolo 3 – Parabellum, che ha incassato
oltre 300 milioni di dollari in tutto il mondo. La quarta
puntata vedrà il ritorno di Keanu Reeves nei panni
dell’omonimo assassino, che è stato visto per l’ultima volta
soffrire di ferite multiple dopo essere caduto dall’alto del
Continental Hotel.
Insieme a Keanu Reeves, Lance Reddick e Ian
McShane ci sono le nuove arrivate in franchising, la
superstar pop giapponese-britannica Rina Sawayama
al suo debutto cinematografico, Shamier Anderson, Bill
Skarsgard, Clancy Brown, Hiroyuki Sanada e Donnie
Yen, che a quanto si dice interpreterà un vecchio amico di
John Stoppino.
John Wick: Chapter
4 è diretto da Chad Stahelski
da una sceneggiatura co-scritta da Shay Hatten e Michael Finch, che
subentra al creatore del franchise Derek Kolstad. È prodotto
da Basil Iwanyk, Erica Lee e Stahelski con Reeves e Louise Rosner
come produttori esecutivi.
Anime
Factory, etichetta di proprietà di Plaion Pictures, è
orgogliosa di annunciare che l’Italia sarà la prima nazione europea
e dell’intero Occidente a distribuire nelle sale cinematografiche
il film anime THE FIRST SLAM
DUNK e coglie l’occasione per rivelare
l’attesa data di uscita italiana nei cinema del
film,svelandone anche il teaser
motion poster. Prodotto da TOEI
Animation, il film è scritto e diretto da
Takehiko Inoue, creatore dell’acclamato manga
originale, qui alla sua prima prova come regista.
Il film uscirà
nelle sale italiane come evento dall’11 al 17 maggio in
versione doppiata, preceduta dall’esclusiva e
unica data del 10 maggio in cui si potrà vedere il film in lingua
originale.
Il motion poster
inedito ritrae uno dopo l’altro, il primo piano dei volti del
quintetto base dello Shohoku composto da Ryota Miyagi, Hanamichi
Sakuragi, Kaede Rukawa, Takenori Akagi e Hisashi Mitsui, che
daranno vita ad una delle partite più entusiasmanti mai viste sul
grande schermo.
L’arrivo nelle sale
italiane rappresenta un vero e proprio evento epocale per i fan del
brand, che potranno finalmente ammirare su grande schermo la
visione del maestro Inoue, il quale a oltre 30 anni dall’esordio
del manga ha voluto firmare in prima persona il titolo per
garantire lo spirito originale dell’opera, capace di conquistare
ammiratori in tutto il mondo. Lo stesso titolo, THE
FIRST SLAM DUNK, vuole evidenziare come questo
lungometraggio sia, anche per i fan del brand, l’occasione per
vivere per la prima volta un’esperienza visiva ed emozionale così
immersiva.
Uscito in Giappone
a dicembre 2022, a 26 anni dalla serie animata, il film ha
dimostrato come il brand SLAM DUNK rimanga ancora saldo
nel cuore del pubblico. Contando su una schiera di appassionati,
che negli anni hanno reso il manga uno dei più letti di sempre con
oltre 170 milioni di copie vendute nel mondo, il lungometraggio ha
conquistato il Box Office giapponese e asiatico incassando oltre 85
milioni di euro, superando anche Avatar – La Via
dell’Acqua e diventando così la ventinovesima pellicola più
redditizia della storia giapponese.
Inoltre, ai
recentissimi e prestigiosi Japan Academy Film
Prize, THE FIRST SLAM DUNK
ha ottenuto l’importante riconoscimento di Miglior Film
d’Animazione dell’anno, battendo giganti dell’animazione
del Sol Levante come One
Piece Film: RED di Goro Taniguchi, Lonely Castle in
the Mirror di Keiichi Hara e Suzume no tojimari,
l’ultimo film di Makoto Shinkai.
Ambientato nel
mondo della pallacanestro liceale, THE FIRST SLAM
DUNK sfoggia un’animazione “ibrida” tra CGI
all’avanguardia e disegno a mano tipico dell’animazione
tradizionale in 2D, voluta espressamente dallo stesso
Takehiko Inoue per ricreare al meglio la fluidità
dei movimenti, in sequenze di gioco mozzafiato e altamente
realistiche capaci di catapultare lo spettatore all’interno del
campo accanto ai protagonisti. Tra questi, THE FIRST
SLAM DUNK punta i riflettori su Ryota, il playmaker
dello Shohoku. Aprendo le porte sul suo passato, mai svelato,
scopriremo come Ryota è diventato il personaggio che tutti hanno
imparato ad amare nel tempo, oltre a gettare nuova luce sugli altri
protagonisti nati dalla penna del mangaka.
L’attesissimo
THE FIRST SLAM DUNK è in arrivo nei
cinema italiani distribuito da Anime Factory, etichetta di Plaion
Pictures, come evento di una settimana:
il 10 maggio in anteprima in
versione originale sottotitolata
dall’11 al 17 maggio in
versione doppiata
THE FIRST SLAM DUNK la
trama
Da sempre, Ryota Miyagi e il basket sono una cosa sola. A
trasmettergli l’amore per questo sport è stato il fratello maggiore
Sota, morto in un incidente in mare quando Ryota era ancora
piccolo. Ryota è il playmaker dello Shohoku, squadra che si è
guadagnata un posto al torneo nazionale come rappresentante della
Prefettura di Kanagawa nonostante sia un liceo sconosciuto. Ryota è
pronto, assieme ai suoi compagni di sempre, ad affrontare
“l’imbattibile” Sannoh, il team campione del torneo
nazionale.
Brie
Larson sta aspettando con grande ansia il momento in
cui il pubblico potrà finalmente vedere The
Marvels al cinema, nonostante la posticipazione del
film. Diretto da Nia DaCaosta, The
Marvels sarebbe dovuto uscire questa estate, ma
di recente è stato posticipato a novembre. I dettagli della trama
non sono ancora noti, ma è chiaro che l’attrice premio Oscar
interprete di Carol Danvers stia fremendo dalla voglia di vedere il
suo film al cinema.
Brie Larson (via
Captain Marvel News)
ha condiviso una fan art di Carol Danvers e ha espresso la sua
voglia che arrivi presto novembre per vedere il film. L’immagine
ritrae Carol nella sua ultima apparizione ufficiale, ovvero la
scena post-credits del finale di Mrs. Marvel.
“CANT WAIT FOR YOU TO SEE CAROL AGAIN” –
Brie Larson IG
“Carol Danvers aka Captain
Marvel ha reclamato la sua identità
dal tirannico Kree e si è vendicata dell’Intelligenza Suprema. Ma
le conseguenze impreviste vedono Carol che porta sulle spalle il
fardello di un universo destabilizzato. Quando i suoi doveri la
mandano in un anomalo wormhole collegato a un rivoluzionario Kree,
i suoi poteri si confondono con quelli della sua super fan di
Jersey City, Kamala Khan alias Ms. Marvel, e della figlioccia di
Carol, il Capitano Monica Rambeau. Questo improbabile trio deve
fare squadra e imparare a lavorare insieme per salvare l’universo
come “The
Marvels“.
Tutto ciò che sappiamo su The
Marvels
The
Marvels, il sequel del cinecomic Captain
Marvel con protagonista il premio Oscar Brie
Larson che ha incassato 1 miliardo di dollari al
box office mondiale, sarà sceneggiato da Megan McDonnell,
sceneggiatrice dell’acclamata serie WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: il sequel,
infatti, sarà diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman. Nel
cast ci saranno anche Iman Vellani (Ms.
Marvel, che vedremo anche
nell’omonima serie tv in arrivo su Disney+)
e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già
apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreterà il villain principale, del
quale però non è ancora stata rivelata l’identità. Nessun dettaglio
sulla trama del sequel è stato rivelato, ma l’ambientazione del
film dovrebbe spostarsi dagli anni ’90 ai giorni nostri.
Naturalmente, Brie
Larson tornerà nei panni di Carol Danvers. Il
sequel di Captain
Marvelarriverà il 10 novembre 2023.
Sono video dal set davvero
sorprendenti quelli che ha condiviso un account Instagram fan di Lady
Gaga. I video in questione arrivano dal set di
Joker:
Folie à Deux, film in cui è impegnata attualmente
proprio la beniamina della pagina in questione, nel ruolo di Harley
Quinn, al fianco del Joker di Joaquin Phoenix.
Ecco di seguito dei video molto
espliciti di quello che succederà all’Arkham Asylum, l’ospedale
psichiatrico criminale di Gotham che ospita il nostro Arthur
Fleck.
Joker:
Folie à Deux presenterà il ritorno di Joaquin Phoenix mentre riprende il suo ruolo
vincitore dell’Oscar come il cattivo DC JOKER. Il sequel presenterà
anche il ritorno di Sophie di
Zazie Beetz insieme ai nuovi arrivati
Brendan Gleeson, Catherine Keener, Jacob Lofland e Harry
Lawtey. I dettagli della trama sono ancora per lo più
nascosti, ma sappiamo che la maggior parte del film si svolgerà ad
Arkham Asylum e conterrà significativi “elementi
musicali”.
Rumors recenti inoltre hanno anche suggerito che la
versione di Gaga su Harley Quinn avrà un ruolo più importante di
quanto originariamente riportato, con la storia che si svolge
interamente dal suo punto di vista.
Il film di Todd Phillips del 2019 è stato un successo sia
di critica che commerciale con un incasso mondiale di oltre 1
miliardo di dollari al botteghino, rendendolo il film con il
maggior incasso di tutti i tempi. Ha ricevuto riconoscimenti da
numerosi importanti enti premiati, tra cui due Oscar e due Golden
Globe, sia per il miglior attore che per il miglior suono
originale.
L’indimenticabile Chibs di
Sons of Anarchy, Tommy Flanagan,
è entrato a far parte del cast di Sleeping Dogs di
Nickel City Pictures, in cui reciterà al fianco di Russell Crowe, Karen Gillan e Martin Csokas. A
darne notizia è Deadline (via Collider).
Attualmente in produzione in
Australia dal regista di Assassin’s CreedAdam Cooper,
il film è basato sul romanzo di E.O Chirovici del
2017 Il libro degli specchi. La storia segue il detective
della omicidi in pensione Roy Freeman (Crowe), che si sta
sottoponendo a un trattamento all’avanguardia per l’Alzheimer. Dopo
che un detenuto nel braccio della morte che Freeman ha aiutato a
condannare per l’omicidio di un professore universitario (Csokas)
inizia a dichiararsi innocente, Freeman deve lottare per recuperare
la memoria e scoprire la verità. Arruolando l’aiuto del suo ex
partner, la rete attorno al mistero inizia a svelarsi dopo che
incontrano una donna misteriosa (Gillan).
Cooper fa il suo debutto alla regia
dalla sua sceneggiatura scritta con Bill Collage.
I due hanno collaborato a film come Assassin’s Creed,
Exodus: Dei e Re, New York Minute e
Accepted. Harry Greenwood e
Thomas M. Wright completano il cast, mentre
Mark Fasano di Nickel City Pictures sta producendo
insieme a Cooper e Collage. I produttori esecutivi includono
Matthew Goldberg, Cliff Roberts, Arianne Fraser, Delphine
Perrier e Nick Corbett.
Flanagan è meglio conosciuto per il
suo ruolo di Filip ‘Chibs’ Telford nella serie drammatica di gang
di motociclisti nominata agli Emmy Sons Of
Anarchy, andata in onda per sette stagioni su FX dal 2008
al 2014. È apparso anche nello spin-off Mayans
M.C.. Flanagan attualmente recita al fianco di
Joseph Sikora in Power Book IV:
Force, uno spin-off del popolare dramma poliziesco Power,
che è stato rinnovato per una seconda stagione. È anche apparso in
Westworld insieme a Evan Rachel Wood e
Vincent Cassel, così come in Peaky
Blinders, Gotham e Wu
Warriors.
I ruoli recenti di Flanagan nel
cinema includono Guardiani della Galassia Vol. 2 e il thriller
d’azione Boon al fianco di Neal
McDonough. È anche apparso nell’acclamato western
The Ballad of Lefty Brown, al fianco di
Bill Pullman, Jim Caviezel e Peter Fonda.
Il remake di Papillon di Bleecker Street ha visto
Flanagan riunirsi con l’ex membro del cast di Sons of
Anarchy, Charlie Hunnam, ed è apparso al fianco di
Gary Oldman e Jessica Alba in
Killers Anonymous. Flanagan ha già lavorato con
Russell Crowe, interpretando Cicero in
Il Gladiatore.
Dopo un percorso lungo dodici anni,
arriva nelle sale italiane, e solo nelle sale, dal 23 marzo
Stranizza d’amuri, esordio alla regia di
Giuseppe Fiorello. Smessi per la prima volta i panni
dell’attore – in tv è stato Modugno, Salvo D’Acquisto, Giuseppe
Moscati, tra gli altri; al cinema ha recitato per
Risi,
Tornatore,
Ozpetek,
Crialese,
Verdone – uno dei volti più noti e amati del
panorama televisivo e cinematografico nazionale si posiziona ora
dietro la macchina da presa per parlare della vicenda non molto
nota del delitto di Giarre. In questa cittadina in provincia di
Catania, negli anni ’80 due ragazzi, Toni e Giorgio, decisero di
vivere il loro amore nonostante l’ostilità delle loro famiglie e
del paese intero. Alla loro storia Stranizza
d’amuri è liberamente ispirato.
La trama di Stranizza d’amuri
Sicilia, 1982. In un paesino della
provincia catanese, due adolescenti, Nino, Gabriele
Pizzuto, e Giorgio, Samuele Segreto, si
incontrano per caso in un pomeriggio d’estate. Prima diventano
amici e poi si amano. Il paese però, non accetta la loro relazione,
come già non accettava l’omosessualità di Giorgio, spesso vittima
di soprusi. Anche nelle rispettive famiglie, la notizia della
relazione arriva inaspettata, creando aspri conflitti e una
spaccatura insanabile all’interno di entrambi i nuclei. Il legame,
infatti, non è considerato ammissibile. Invano le due famiglie
cercheranno di tenere lontani i ragazzi, determinati ad amarsi
senza paura. Intanto, tutta l’italia, è incollata al televisore per
i mondiali di calcio e spera in una vittoria.
Un film sensibile e rispettoso
Stranizza
d’amuri è un film pieno di sensibilità, delicato,
rispettoso. Il regista ha scelto di stare “un passo
indietro”, per usare le sue stesse parole, e dedicarsi solo
alla regia, senza mettersi anche davanti allla macchina da presa.
Segno del desiderio di riservare particolare cura al racconto della
vicenda, senza farsi “distogliere” dalla recitazione. Ne nasce un
lavoro poetico, semplice ed efficace.
Adolescenza, amore e libertà in
Stranizza d’amuri
Giuseppe Fiorello avrebbe potuto
stuzzicare la curiosità degli spettatori, cercare di intrigarli con
un film di genere poliziesco-investigativo, ma non lo ha fatto. Chi
si aspetta di sapere finalmente la verità sul delitto di Giarre,
dunque, rimarrà deluso. Stranizza d’amuri
non è un film inchiesta o a tesi. È invece il racconto della
provincia siciliana dei primi anni ’80. Un affresco calzante di
tutto il sud, non solo della Sicilia, terra del regista. È evidente
come egli sappia dove puntare l’occhio della macchina da presa per
essere efficace: rendere le atmosfere contadine di un sud semplice,
ma dignitoso, fuori dagli stereotipi della criminalità, del
malaffare e dell’arte di arrangiarsi. Il sole, il mare, certo. Che
sud e che estate sarebbe senza? Ma anche i prodotti della terra, il
lavoro duro e onesto ogni mattina, la fatica di fronte alla quale
non ci si tira indietro. Tutto è dipinto con i colori caldi del
sud, esaltati dalla fotografia di Ramiro Civita. È
in questo scenario che nasce e cresce la storia d’amore tra Nino e
Gianni, due ragazzi che si incontrano, diventano amici e poi si
innamorano. Il film è il racconto dell’estate di due adolescenti in
Sicilia. La maggior parte del lavoro è dedicata proprio al racconto
della vita del paese e alla conoscenza e all’innamoramento dei due
ragazzi. Riesce ad essere spensierato, leggero, nonostante tutto.
Sembra quasi di potersi illudere che la vicenda abbia un esito
positivo. È solo nell’ultima parte che le cose precipitano. È una
scelta degli sceneggiatori – oltre a Giuseppe Fiorello,
Andrea Cedrola, Carlo Salsa, con
Josella Porto. Forse questo evidenzia ancor meglio
come, anche in quelle famiglie oneste, semplici, accoglienti, dove
un posto a tavola si aggiunge senza problemi anche per uno
sconosciuto, poi, improvvisamente, di fronte al tabù
dell’omosessualità si cambi atteggiamento, si passi alla chiusura
totale, all’abbrutimento.
Una visione articolata e non
manichea
Oltre alla delicatezza e
all’apparente semplicità, che riesce ad essere efficace e poetica,
in Stranizza d’amuri è evidente l’intenzione del regista di non
giudicare, di non mettersi dalla parte di nessuno. Fiorello vuole
fotografare, capire, anziché descrivere il fatto e i suoi
personaggi in maniera manichea. Ciascun personaggio, infatti, è
tratteggiato in modo complesso e caratterizzato da sfumature anche
opposte, che riescono a rendere, almeno in parte, la complessità
della vicenda e di un tessuto sociale, culturale e soprattutto
familiare non facile da dipingere. Non ci si accontenta insomma di
soluzioni facili, ma ci si avvicina con rispetto ad una vicenda che
non può essere banalizzata.
Le caratterizzazioni di Stranizza
d’amuri danno spessore
Questa complessità è ben resa non
solo grazie alle interpretazioni efficaci dei due giovani
protagonisti, Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto, ma forse ancor
di più grazie a chi sta loro intorno, a comporre un mosaico di
caratterizzazioni ben riuscite che aggiungono spessore alla storia.
Una menzione particolare va alle due madri: Fabrizia
Sacchi, Carmela, e Simona Malato, Lina.
Ma ci sono anche Antonio De Matteo, padre di Nino,
la sorella Isabella, Giuditta Vasile, il nipotino
Totò, Raffaele Cordiano, Enrico
Roccaforte, patrigno di Gianni, Roberto
Salemi, zio Pietro, e Giuseppe Spata, zio
Ciccio. Ci sono gli avventori del bar del paese: Alessio
Simonetti, Turi, e Anita Pomario,
Giuseppina. A completare il tutto, poi, la colonna sonora di
Giovanni Caccamo con Leonardo
Milani, in cui compaiono anche brani di Franco
Battiato, uno dei quali è proprio Stranizza
d’amuri, che dà il titolo al film. In sala dal 23 marzo,
Stranizza d’amuri è un lavoro sentito e
poetico, non solo un inno alla vita e all’amore, oltre il
pregiudizio, ma anche un gesto di sincero affetto nei confronti di
Toni e Giorgio, i due ragazzi uccisi a Giarre, cui il film è
dedicato.
Sono disponibili il trailer e il
poster in italiano del film Disney La
Sirenetta, rivisitazione in live-action del
classico d’animazione diretta da Rob Marshall, che
arriverà il 24 maggio nelle sale italiane distribuito da The
Walt Disney Company Italia.
La Sirenetta racconta
l’amata storia di Ariel, una bellissima e vivace giovane sirena in
cerca di avventura. Ariel, la figlia più giovane di Re Tritone e la
più ribelle, desidera scoprire di più sul mondo al di là del mare
e, mentre esplora la superficie, si innamora dell’affascinante
principe Eric. Alle sirene è vietato interagire con gli umani, ma
Ariel deve seguire il suo cuore e stringe un patto con la malvagia
strega del mare, Ursula, che le offre la possibilità di
sperimentare la vita sulla terraferma, mettendo però in pericolo la
sua vita e la corona di suo padre.
Il film è interpretato dalla cantante e attrice Halle Bailey (grown-ish) nel ruolo di
Ariel; Jonah Hauer-King (Un viaggio a quattro
zampe) nel ruolo del principe Eric; Noma
Dumezweni (Il Ritorno di Mary Poppins) nel ruolo
della regina Selina; Art Malik (Homeland –
Caccia alla spia) nel ruolo di Sir Grimsby; con il vincitore
del premio Oscar® Javier Bardem (Non è un paese per
vecchi) nel ruolo di Re Tritone; e con la due volte candidata
all’Academy Award® Melissa McCarthy (Copia
originale, Le amiche della sposa) nel ruolo di
Ursula.
La Sirenetta, il
poster
La Sirenetta è diretto
dal candidato all’Oscar® Rob Marshall
(Chicago, Il Ritorno di Mary
Poppins), con una sceneggiatura del due volte candidato
all’Oscar David Magee (Vita di Pi, Neverland – Un
sogno per la vita). Le musiche delle canzoni sono
composte dal pluripremiato agli Academy Award® Alan
Menken (La Bella e la
Bestia, Aladdin), con i testi di Howard
Ashman e i nuovi testi del tre volte vincitore del Tony
Award® Lin-Manuel Miranda. Il film è prodotto
dal due volte vincitore dell’Emmy® Marc Platt (Jesus Christ
Superstar Live in Concert, Grease: Live!), da
Lin-Manuel Miranda, dal due volte vincitore dell’Emmy John DeLuca
(Tony Bennett: An American Classic) e da Rob Marshall,
mentre Jeffrey Silver (Il Re Leone) è il produttore
esecutivo.
Il regista premio Oscar
Cameron
Croweè al lavoro su un film biografico su
Joni Mitchell, una delle cantautrici più influenti
nella storia della musica. Le sue canzoni sono profondamente
personali e incorporano una varietà di stili musicali nella sua
sensibilità folk, diventando ispirazione per alcuni dei suoi più
grandi colleghi, da Bob Dylan ad Alanis
Morissette e persino Prince. È stata
inserita nella Rock & Roll Hall of Fame nel 1997 e
i suoi testi trascendenti e poetici rimangono impareggiabili. Senza
esagerare, “A Case of You” è onestamente la
canzone più romantica mai scritta, e non ci si avvicina
nemmeno.
Come ha sottolineato anche Above the Line, che per primo ha
riportato la notizia, Cameron Crowe ha scritto di
Joni Mitchell per decenni. “Ogni giornalista
ha la sua lista dei sogni di soggetti da intervistare. Il mio era
Marvin Gaye, Neil Young e Joni Mitchell. Non sono mai arrivato a
Marvin Gaye, ma Joni Mitchell ha più che compensato”, ha detto
Crowe come introduzione alla ristampa di la sua intervista del 1979
con lei. “La mia ultima storia di copertina per la rivista, e
ancora la mia preferita.”
Il lavoro di Crowe dà il meglio di
sé quando è semi-autobiografico e, sebbene non sia certamente
Joni Mitchell, si sente squisitamente qualificato
a raccontare la sua storia. Dopotutto, lo fa già da molto tempo.
Crowe scriverà e dirigerà il film della sua vita e, secondo quanto
riferito, lo sta sviluppando con Mitchell da oltre due anni. Il
film viene descritto come un film biografico non convenzionale,
“simile a un’autobiografia“. È chiaro che Mitchell avrà il
controllo della propria narrativa, una benedizione spesso non
fornita ai grandi della musica… di solito perché sono morti prima
che avessero la possibilità di raccontare la propria storia con le
proprie parole.
Above the Line riferisce
che Crowe ha iniziato a lavorare a questo progetto in segreto
durante la pandemia, e sarà il suo film più personale dai tempi di
Quasi Famosi. Sembra che il film coprirà l’arco
della vita di Mitchell, con la possibilità che più attori
potrebbero essere presi in considerazione per il ruolo, in base al
periodo della vita.
Tommy
Wiseau, l’uomo dietro probabilmente il (migliore)
peggior film mai realizzato, è tornato. Questa volta però si
concentrerà a raccontare grandi creature marine nel prossimo
Big Shark. E ora è stato svelato il primo trailer dal quale possiamo già
intuire che si tratta di una esperienza sfrenata.
Big Shark è abbastanza semplice
nella sua premessa. Come rivela già il titolo, il film presenterà
uno squalo davvero grande che semina il caos a New Orleans. La
storia segue principalmente tre vigili del fuoco – Georgie, Patrick
e Tim – che si troveranno faccia a faccia con il detto squalo.
Wiseau ha scritto, diretto e interpretato il film nei panni di
Patrick. Georgie è interpretato da Mark Valeriano,
mentre Tim è interpretato da Isaiah LaBorde.
Big Shark segna la seconda
esperienza di Tommy
Wiseau come regista di un lungometraggio, dopo il suo
debutto alla regia con il famigerato classico di culto The
Room. Rilasciato nel 2003, The Room è
incentrato su Johnny, interpretato da Wiseau, un uomo che svolge
ogni sorta di lavoro ed è entusiasta di sposare la sua futura
moglie, Lisa (Juliette Danielle). Tuttavia, Lisa
tradisce Johnny con il suo migliore amico Mark (Greg
Sestero). Sebbene il film sia stato accolto male
all’epoca, è diventato un punto fermo delle proiezioni di
mezzanotte in tutti gli States. Sestero in seguito ha scritto un
libro con Tom Bissell, The Disaster
Artist, che racconta la produzione del film. Il libro è
stato poi adattato per il cinema con un film omonimo interpretato da James e
Dave Franco. Intanto è in arrivo anche un remake di
The Room, diretto da Bob Odenkirk.
Al momento la distribuzione del film
è localizzata negli Stati Uniti, con uscite pianificate in diverse
città. Ma speriamo che in qualche modo il film riesca ad arrivare
anche da noi in Italia.
In un colpo di scena che sembra
tratto proprio da un thriller, apprendiamo da Collider che Vertigo – La donna
che visse due volte, uno dei più grandi film della storia
del cinema non ché Capolavoro trai capolavori della filmografia di
Alfred Hitchcock, potrebbe essere destinato a un remake
moderno.
Paramount Pictures ha acquisito i
diritti per un remake del thriller diretto da Hitchcock del 1958, e
Robert Downey Jr. è desideroso di interpretare
il ruolo interpretato per la prima volta da James
Stewart nel film originale. La Paramount era lo studio in
cui è stata realizzata la versione del 1958 e quindi non sorprende
che la Hitchcock Estate abbia concesso sempre allo stesso studio di
lavorare al remake.
La sceneggiatura del film sarà
scritta da Steven Knight (Peaky
Blinders), la cui carriera sta esplodendo, dato che è
ufficialmente entrato a far parte della scuderia Lucasfilm con
l’ingaggio per il nuovo film di Star
Wars.
Robert Downey Jr. è chiaramente
noto e amato per il suo ruolo di Tony Stark nel MCU, ma forse non tutti ricordano
che all’inizio della sua carriera era arrivato addirittura alla
nomination all’Oscar con la sua performance in Chaplin, nomination
replicata dalla sua travolgente performance in Tropic Thunder. E
nel corso degli anni molti suoi film ci hanno dato prova della
raffinatezza delle sue doti di attore.
Il film sarà prodotto dalla società
di produzione di Downey, Team Downey, che attualmente ha Perry
Mason in programma su HBO.
All’epoca dell’uscita,
Vertigo – La donna che visse due volte ha raccolto
recensioni contrastanti per quella che era considerata la sua
lunghezza eccessiva a causa della semplicità della trama e la
presenza di troppi dettagli apparentemente estranei. Tuttavia,
l’opinione in merito è cambiata, tanto che l’American Film
Institute lo ha classificato al nono posto nella sua più recente
edizione dei 10 migliori film di tutti i tempi.
Il fico settembrino o fico tardivo
nasce da un albero la cui storia gli attribuisce miti e leggende.
In India e in Grecia è considerato un albero sacro con le sue
foglie a pianta larga utilizzate da Adamo ed Eva per coprirsi.
All’albero dei fichi è affezionata la cultura romana in quanto il
cesto contenente Romolo e Remo si sarebbe arenato proprio sulle
fronde di un albero di fico. Il frutto della tarda
estate di Erige Sehiri utilizza il fico per la
rappresentazione moderna del lavoro nei campi di questa ragazze
adolescenti e donne in Tunisia.
Le protagoniste sono Malek,
Fidé, Sana e Mariem: quattro ragazze adolescenti che
lavorano durante l’estate in questo campo di alberi di fico. La
loro giornata è scandita dai ritmi della raccolta ma Il
frutto della tarda estate sottolinea alcuni tratti moderni
di queste quattro adolescenti che flirtano, comandano e sognano in
grande. L’albero di fico è rappresentazione metaforica della fine
dell’estate, degli amori estivi che stanno per essere colti dagli
alberi e dell’imminente ritorno a scuola, alla quotidianità. Il
film di Erige Seheri sarà al
cinema dal 23 marzo.
Il frutto della tarda estate, la
recensione
Il sole non è ancora sorto ma
Il frutto della tarda estate è già maturo.
Malek, Fidé, Sana e Mariem insieme ad altre donne
più anziane salgono su un furgone che le porterà a lavoro. Una
lunga giornata a raccogliere fichi le aspetta insieme ad altri
giovani ragazzi adolescenti. Il film della durata di un’ora e 30
minuti porta sul grande scherma la rappresentazione di una giornata
lavorativa di questo gruppo di adolescenti che sono costretti a
lavorare durante le vacanze per pagarsi da vivere. Durante questa
giornata, la regista Erige Sehiri racconta anche
cosa si cela dietro i loro veli, le loro paure e insicurezze che le
rendono uguali a ogni altro adolescente al mondo.
Principalmente nel film vediamo una
doppia rappresentazione della figura femminile. Le giovani
adolescenti sono più risolute, più testarde, meno accondiscendenti
e meno sottomesse. Litigano, flirtano, contrattano per ricevere il
giusto pagamento dopo una giornata di lavoro. Dall’altra, invece,
ci sono le donne più anziane della comunità. Loro hanno vissuto una
vita diversa: lavorano senza sosta ma non rinunciano alla loro
indipendenza, una volta rimaste vedove, per una società che le
vorrebbe a lavorare tra le mura di casa, loro scelgono Il
frutto della tarda estate.
Le dinamiche sentimentali interne a
Il frutto della tarda estate si intrecciano come i rami degli
alberi di fico. Marek e Abdou sono innamorati,
vorrebbero iniziare a vivere la loro vita insieme ma il passato e
la famiglia di lui sono il vero ostacolo. Parallelamente
Sana, a differenze delle sue coetanee, non vuole
abbandonare la tradizione e il mondo in cui vive e cerca in
Firas, quell’amore antico, mentre lui però è
evidente che cerca di distaccarsi il più possibile.
Fidé invece non ha un interesse amoroso specifico
però è davvero capace a dare fastidio. A differenza delle altre
ragazze non indossa il velo dall’inizio del film e flirta con i
ragazzi più grandi al frutteto. Le donne più anziane intonano canti
verso quegli amori ormai trascorsi e anche per amori mai
vissuti.
Un racconto lasciato alla
terra
Il frutto della tarda
estate è il primo film di Erige Sehiri
alla
regia. Prima di lanciarsi in questo debutto cinematografico
aveva realizzato il documentario Railway Men nel
2018. In questo film di esordio la regista mette al centro le
protagonisti femminili come simbolo di una nuova modernità. Il
distacco generazionale con le donne più anziane è netto ed
evidente. Gli sguardi delle giovani adolescenti sono dritti davanti
la telecamera, sfidando il loro interlocutore, a differenze delle
controparti più anziane che si rifugiano in racconti del
passato.
Interessante come la narrazione di
Il frutto della tarda estate sia lasciata
completamente alla terra, agli spazi aperti. L’unica volta che
vediamo le protagoniste all’interno è sul finale, quando lontane
dagli occhi indiscreti sono libere di togliersi il velo, truccarsi,
pettinarsi. Una tradizione occidentale alla quale anche le ragazze
più giovani si sono ormai abituate per sentirsi libere davvero.
Intonando canzoni scabrose sulle suocere, le mamme dei futuri
mariti, scandendo bene le parole e promettendo di non essere come
loro. Per il resto del film siamo solo concentrati sugli alberi,
sui luoghi di questo frutteto che racchiuderanno per sempre la
crescita, le lacrime, i primi amori di queste giovani donne. Il
film si muove lento dall’alba al tramonto in quella che è la
monotonia che accompagna le ultime giornate estive scandite
dall’inizio impercettibile del sole che tramonta sempre un po’
prima.
Momenti di spensieratezza ma allo
stesso tempo di grossa fatica e sfruttamento. A questo si
aggiungono anche le liti adolescenziali per attirare le attenzioni
dei ragazzi, dimenticandosi per un attimo dove si trovano e perché
sono lì. Invece, lo spettatore sta a guardare assorto la
raccolta di questi fichi dagli alberi, la cura con cui si
dispongono nelle vaschette ricoperte dalle foglie degli alberi. Il
frutto della tarda estate riesce a riunire due generazioni a
confronto senza però metterle in contrasto. Gli unici contrasti
sono quelli che vivono Malek, Fidé, Sana e Mariem
ma appena la giornata è finita basta un po’ di musica a riportare
l’allegria. Il frutto della tarda estate mette a
nudo una società maschilista che però è in continua evoluzione.
Sempre più giovani donne, come quelle ritratte nel film cercano di
evadere e non soccombere.
Apple TV+ ha rilasciato oggi il trailer ufficiale di
The World vs. Boris Becker, il nuovo documentario
in due parti del regista premio Oscar® Alex Gibney
(“Taxi to the Dark Side”, “Enron – L’economia della truffa”, “The
Armstrong Lie”, “Going Clear – Scientology e la prigione della
fede”) e del produttore premio Oscar® John Battsek (“Un giorno a
settembre”, “Searching for Sugar Man”, “The Rescue – Il salvataggio
dei ragazzi”, “The Deepest Breath”) che farà il suo debutto il 7
aprile. La docuserie esplora ogni aspetto dell’uomo che è diventato
un fenomeno del tennis dopo aver vinto i campionati di Wimbledon a
soli 17 anni, arrivando a vincere 49 titoli in carriera, tra cui
sei Grandi Slam e una medaglia d’oro olimpica, nonché la sua vita
personale, spesso sotto i riflettori e a volte tumultuosa.
Per oltre tre anni i registi hanno
avuto un accesso speciale e unico a Boris Becker, fino alla fine di
aprile del 2022, quando è stato condannato a due anni e mezzo di
carcere per aver nascosto beni e prestiti allo scopo di evitare di
pagare i debiti contratti. “The World vs. Boris Becker” presenta
interviste intime al campione tedesco, tra cui una conversazione
esclusiva realizzata la settimana della sua condanna, insieme ai
contributi dei suoi familiari e a quelli di altre stelle del tennis
come John McEnroe, Bjorn Borg, Novak Djokovic, Mats Wilander e
Michael Stich.
Scritta e diretta da Alex Gibney, la
serie è una coproduzione tra la Ventureland di Battsek e la Jigsaw
Productions di Gibney, in associazione con la Lorton Entertainment,
i cui progetti includono anche “Diego Maradona” di Asif Kapadia,
nominato ai premi BAFTA, e il recente documentario di Matt Smith
“Rooney”, sul grande calciatore inglese Wayne Rooney. “The
World vs. Boris Becker” è prodotto da Battsek e Gibney con i
produttori George Chignell ed Erin Edeiken. I produttori esecutivi
sono Stacey Offman, Richard Perello, Kerstin Emhoff, Andrew
Ruhemann, Julian Bird, Duncan Ford e Ed Barratt. Alex Gibney è
anche sceneggiatore e regista della docuserie.
La docuserie si aggiunge alla gamma
in espansione di programmi non-fiction con protagonisti
i grandi nomi dello sport presenti su Apple
TV+, tra cui “Real Madrid – ¡Hasta el final!” la docuserie
che va dietro le quinte dell’iconico club calcistico per
offrire uno sguardo inedito sulla sorprendente stagione
2021-2022; “Monster Factory”, la serie che segue wrestler
dilettanti che sognano di diventare professionisti; “Make or
Break”, la serie che porta gli spettatori dietro le quinte della
World Surf League; “La lotta per il calcio – Il caso Super
League” , che documenta la battaglia dall’alta posta in gioco
per il futuro del calcio europeo; la serie di documentari in
quattro parti nominata agli Emmy “They Call Me Magic”, che
racconta la vita e la carriera del due volte NBA Hall of Famer e
icona culturale Earvin “Magic” Johnson e “The Long Game:
Bigger Than Basketball”, sul fenomeno della pallacanestro Makur
Maker. Tra i prossimi progetti figurano anche un
documentario sulla vita e la carriera rivoluzionaria del sette
volte campione del mondo di Formula Uno Sir Lewis Hamilton; il film
documentario “Underrated”, con la leggenda dell’NBA Stephen Curry
e “The Dynasty”, una nuova serie di documentari sui New
England Patriots, realizzata dalla Imagine Documentaries di Brian
Grazer e Ron Howard, in associazione con NFL Films.