Steven Soderbergh
starebbe lavorando a un nuvo progetto sperimentale per la HBO. Si
tratterebbe di un film che spinge oltreil concetto di interattività
con lo spettatore. Entertainment
Weekly riporta che il film si intitolerà
Mosaic e vede protagonista Sharon
Stone.
Sembra che, se il progetto dovesse
ricevere un definitivo via libera, lo spettatore potrà scegliere
che piega far prendere alla trama usando la tecnica dei finali
multipli. In pratica lo stesso principio dei videogiochi applicato
al cinema.
Soderbergh ha dichiarato: “Credo
che le brave persone alla HBO saranno genuinamente entusiastiche di
Mosaic per due ragioni. La prima è che rappresenta un modo nuovo di
esperienza di una storia e di condivisione di quella esperienza con
gli altri. Secondo ci vorrà una nuova categoria agli Emmy, e si
tratterebbe dell’unico progetto candidabile e eleggibile”.
Che ve ne pare? L’esperienza di
Steven Soderberg è comprovata, sia al cinema che
in tv, e il suo approccio alla settima arte, sempre attivo su tutti
i livelli di produzione dei film ne farebbe il protagonista
adeguato per qualsiasi tipo di sperimentazione.
Dopo essere rimasto a bocca
asciutta agli Oscar 2018 con il suo The
Post, Steven Spielberg si prepara alla
promozione del sul prossimo attesissimo film, Ready Player
One, dal 29 Marzo nelle sale italiane.
Il regista e produttore però non ha
certo intenzione di riposarsi, e ha già annunciato i suoi prossimi due
film: il primo è West Side Story, remake del
celebre musical, per il quale sono già partiti i
casting; il secondo è, finalmente, Indiana Jones
5, che vedrà Harrison Ford tornare a indossare la
famosa fedora.
Ma come ben si sa, Spielberg non è
uno che resta con le mani in mani, così sta già guardando avanti
per il suo prossimo film. Apprendiamo da Variety che Spielberg sta
seguendo delle round table segretissime di lettura per una
sceneggiatura sulla vita di Leonard
Bernstein, compositore, pianista e direttore
d’orchestra statunitense.
A scrivere la sceneggiatura in
questione è stato Josh Singer per la Paramount, ma
un’altra fonte rivela che sebbene sia frequente per Steven
Spielberg interessarsi a moltissimi progetti, spesso cede
la regia e rimane solo nella produzione del film. Tuttavia la
scelta di dirigere un biopic su un compositore si allineerebbe con
la recente decisione di portare al cinema un famoso musical.
Inoltre la scelta confermerebbe l’alternanza, sistematica negli
ultimi anni, che Spielberg adotta nel realizzare un dramma storico
a un film a grande budget.
Seguiremo gli sviluppi del
progetto.
Ready Player
One: il trailer finale del film di Steven
Spielberg
Le riprese di
The Mercenary: Absolution, diretto da
Keoni Waxman interamente girato in Romania,
iniziano oggi, 17 marzo 2014, e continueranno fino al 7 aprile.
Il cast, guidato da Steven
Seagal, comprende Byron Mann e
Vinnie Jones. La Castel Film
Studios sta fornendo il supporto logistico. Questo film
d’azione prodotto dalla Steamroller Production e
dalla Voltage Pictures, sarà distribuito
direttamente in video come il precedente fil girato da
Keoni Waxman in Romania nel 2013, A
Good Man, dove Seagal interpreta lo
stesso personaggio, Alexander. E ‘ la quinta
volta che Seagal gira un film in Romania.
Qui si era già recato nel 2009 per
le riprese di Born to Raise
Hell di Lauro Chartrand,
Against the Dark di Richard
Crudo nel 2008 e nel 2005 Attack
Force e Shadow Man, diretti
entrambi da Richard Keusch. Durante le sue
numerose visite in Romania Seagal è stato
inoltre coinvolto in eventi di beneficenza locali : ha fatto una
donazione alle vittima delle inondazioni di un villaggio
moldavo, ha sensibilizzato i bambini sul pericolo delle droghe, e
ha anche adottato un cane randagio.
Il lavori del terzo capitolo del franchise tutto
muscoli Expendables prenderanno piede in autunno, poco dopo
l’uscita di Expendables 2, fissata per il prossimo agosto. In
un’intervista
Mentre la preproduzione de
I Mercenari 3 entra sempre più nel vivo,
cominciano ad arrivare le prime notizie che confermano o
smentiscono i rumors precedenti. Tempo fa Steven
Seagal disse che Sylvester Stallone gli
aveva offerto un ruolo nel film, mentre nello stesso periodo era
arrivata notizia che Mel Gibson sarebbe stato il
villain del terzo episodio. All’epoca però tutte e due le notizie
non erano confermate.
Adesso, da alcuni giornali bulgari,
arrivano delle novità secondo cui I Mercenari
3 si girerà lì e comprenderà anche una scena di
combattimento tra Seagal e Gibson. La scena includerà anche
Stallone, Jason Statham e Dolph
Lundgren che torneranno nel film. Non possiamo ancora dire
chi sta dalla parte di chi, ma se i rumors di diverso tempo fa
dovessero essere confermati, potremmo ipotizzare che Mel Gibson, in
qualità di villain, darà del filo da torcere a Seagal, a Stallone e
ai suoi.
A dirigere questo bel gruppo di
eroi ci sarà Patrick Hughes che avrà a
disposizione un budget di 90 milioni di dollari. La trama del film:
ne I Mercenari
3, Barney (Sylvester Stallone), Christmas (Jason
Statha) e il resto della squadra si trovano faccia a faccia con
Conrad Stonebanks (Gibson), un vecchio amico di Barney e
co-fondatore del gruppo di Mercenari. Stonebanks però si allontanò
dal gruppo, costringendo Barney ad ucciderlo, o almeno così si
pensava. Lui invece è riuscito a eludere la morte, e ora è tornato
per cercare di mettere fine al gruppo che lui stesso ha fondato. Ma
Barney ha piani diversi.
Partirà il 13 marzo la nuova
raccolta home video targata Gazzetta dello Sport. Per l’occasione
avremo la possibilità di collezionare ben 33 film che hanno visto
protagonista nell’arco degli anni ’80 Steven
Seagal. Si chiama infatti STEVEN SEAGAL ACTION la
collana di DVD che a partire dal 13 marzo 2014 sarà disponibile con
Gazzetta dello Sport.
Diventato celebre come attore grazie
alle proprie abilità nelle arti marziali, cintura nera 7º Dan di
Aikido, oggi 61enne, ex chitarrista, animalista convinto e da
sempre in prima linea nel sostenere la causa del Dalai Lama. Per
chi è cresciuto negli anni ‘80 Steven Seagal è un
vero e proprio dell’action movie, al pari di Chuck Norris,
Jean Claude Van Damme e Jackie Chan.
Il primo titolo che compone la
collezione è Nico. Steven Seagal fa il
suo sensazionale debutto sullo schermo cinematografico nei panni
dell’omonimo protagonista, facendosi largo tra le star dei film
d’azione grazie alla sua interpretazione di un poliziotto che
scopre ex agenti CIA coinvolti in un traffico di droga e nella
congiura per l’assassinio di un politico. Il regista Andrew
Davis (Il fuggitivo, Trappola in alto
mare) libera la furia su Windy City, quando Nico e la
sua partner Jax (Pam Grier) stringono il cerchio
su di un criminale psicotico (Henry Silva). In
questo film recita in uno dei suoi primi esordi anche la bellissima
e giovanissima Sharon Stone. Le successive uscite sono dedicate ad
altri classici dell’attore: Trappola in alto
mare e Decisione
Critica.
La vera particolarità di questa
collana è che ogni DVD è stato curato per esaudire ogni curiosità
dell’appassionato, con un ricco booklet di 32 pagine che racconterà
tutti i retroscena sul film, con una biografia dettagliata e a
puntate di Seagal. Inoltre Gazzetta approfitta di questa grande
occasione per rinnovare la sua offerta di DVD da collezione: per la
prima volta, e solo per le prime tre uscita della collana STEVEN
SEAGAL ACTION, saranno disponibili i film anche in Blu Ray Disk
(si tratta di Nico, Trappola in alto mare
e Trappola sulle Montagne
rocciose).
Se siete amanti dell’adrenalina
vecchio stile, senza effetti speciali e con tanta azione da vero
action movie, se amate i film senza età e per un pubblico da bocca
buona, e soprattutto se siete appassionati di Steven
Seagal, la collezione STEVEN SEAGAL ACTION fa al
caso vostro.
Per saperne di più per approfondire
e per acquistare l’intera collana a prezzo ridotto consultate il
sito
ufficiale
Steven Miron e Steven
Newhouse si sono dimessi dal consiglio di amministrazione
della Warner Bros. Discovery dopo che il
Dipartimento di Giustizia li ha informati che stava indagando in
merito a “se il loro servizio nel Consiglio di amministrazione
violava la Sezione 8 del Clayton Antitrust Act”, l’annuncio è
arrivato direttamente da WBD (via Variety).
Miron,
amministratore delegato della società di media Advance/Newhouse
Partnership e dirigente senior presso Advance, la società di
investimenti della famiglia Newhouse, e Newhouse,
copresidente di Advance, erano entrambi amministratori
indipendenti. Le loro dimissioni hanno effetto immediato. A seguito
delle dimissioni di Miron e Newhouse, il 1° aprile il consiglio ha
adottato una delibera di riduzione delle dimensioni del consiglio
da 13 a 11 amministratori.
Secondo il Dipartimento di
Giustizia, la Sezione 8 del Clayton Act, secondo cui “il
Congresso ha commesso una violazione di per sé delle leggi
antitrust”, vieta a direttori e funzionari di prestare
servizio contemporaneamente nei consigli di amministrazione di
concorrenti, fatte salve limitate eccezioni.
Miron e Newhouse hanno informato WBD
che, “senza ammettere alcuna violazione, e alla luce delle
mutevoli dinamiche della concorrenza nel settore
dell’intrattenimento, hanno scelto di dimettersi piuttosto che
contestare la questione”, secondo la dichiarazione della
società.
“A nome del nostro consiglio di
amministrazione e del gruppo dirigente di WBD, desidero ringraziare
Steve Miron e Steven Newhouse per il loro straordinario servizio e
il loro impegno di lunga data nei confronti di Discovery e Warner
Bros. Discovery”, ha affermato David Zaslav, CEO di Warner Bros. Discovery,
in una nota. “Sia Steve che Steven sono stati una grande fonte
di saggi consigli e di straordinarie conoscenze del settore nel
corso degli anni, e hanno svolto un ruolo fondamentale nel rendere
questa nuova società operativa e avviata su un percorso di crescita
a lungo termine. Siamo enormemente grati per il loro costante
sostegno e auguriamo loro il meglio”.
Ulteriori informazioni sul film,
incluso un possibile titolo, dovrebbero essere annunciate durante
la celebrazione di Star Wars
a Londra ad aprile. Steven Knight è uno
sceneggiatore veterano che ha iniziato la sua carriera
specializzandosi in drammatici drammi polizieschi come “Dirty
Pretty Things” del 2002 e “La promessa
dell’assassino” del 2007, per poi ampliare i suoi orizzonti
con titolo come “The Hundred-Foot Journey” del 2014), thriller di
guerra Amore, cucina e curry e
Allied del 2016. Ha scritto anche film biografici
come Spencer del 2021. Ha anche creato e prodotto
esecutivamente il dramma poliziesco in costume della BBC Peaky
Blinders, che a livello internazionale è diffuso da Netflix.
Lindelof — meglio conosciuto come il
co-creatore delle serie TV “Lost“,
“The
Leftovers” e “Watchmen”
— aveva chiamato Britt-Gibson (“Counterpart”, “Into the Badlands”)
per scrivere un film di “Star Wars” insieme. Dopo
aver consegnato una bozza all’inizio di quest’anno, la coppia di
scrittori ha lasciato il progetto a febbraio, diventando gli ultimi
creativi a separarsi dalla Lucasfilm dopo aver firmato per
sviluppare uno o più nuovi progetti cinematografici di Star Wars
di grande clamore.
Nell’ottobre 2019, i
produttori esecutivi di “Game of
Thrones” David Benioff e DB Weiss hanno
abbandonato una serie di film di “Star Wars”
che avrebbero dovuto scrivere e produrre, annunciati
per la prima volta 20 mesi prima. Nel
settembre 2017, la presidente della Luscasfilm Kathleen Kennedy ha
licenziato Colin
Trevorrowda quello che è poi
diventato
The Rise of Skywalker; tre mesi prima aveva
licenziato Phil Lord e Christopher
Millerda “Solo:
A Star Wars Story” del 2018, anche se il film aveva completato
gran parte delle riprese principali.
I film di “Star Wars” noti per essere
ancora attivi alla Lucasfilm includono
un progetto del regista Taika Waititi in cui
probabilmente reciterebbe, così come
un potenziale film di Shawn Levy che dovrebbe entrare in
produzione dopo la fine della produzuone di “Deadpool
3” e completare il lavoro nella serie limitata di
Netflix “All the Light We Cannot See”, che Levy ha sviluppato
proprio con Steven Knight.
Dopo la vittoria del
Golden Globe di Ke Huy Quan, Steven Spielberg ricorda il momento
in cui, oltre 30 anni fa, ha scelto l’attore per interpretare
I Goonies e Indiana Jones e il tempio maledetto. Il sequel
de I predatori dell’arca perduta di Spielberg ha
dato il via alla carriera di attore di Quan. L’anno successivo ha
interpretato Richard “Data” Wang nel classico degli anni ’80 di
Richard Donner
I Goonies. Sfortunatamente, Quan ha avuto difficoltà a
trovare la sua strada, dopo il successo di questi due film,
reinventandosi dietro alla macchina da presa. Tuttavia, dopo
l’uscita di Crazy Rich Asians, Ke Huy
Quan è stato ispirato a tornare a recitare ed è stato
scelto per il ruolo di Waymond Wang in Everything Everywhere All at Once.
Quan ha accettato il suo Golden
Globe Award come miglior attore non protagonista con un discorso
emozionante, ringraziando il presente Spielberg per il suo ruolo
cruciale nella sua carriera dell’attore. In risposta alla vittoria
di Quan, il regista ha raccontato a Access Hollywood
del casting di Quan sia per Indiana Jones e Il tempio
maledetto che per I Goonies.
Ecco cosa ha raccontato Steve Spielberg: “La
cosa da ricordare è che, ognuno di noi, quando stiamo fa un
casting, non lo sta facendo per la persona che viene scelta, ma per
il bene comune del film, della commedia. Il casting riguarda questa
domanda: come serviamo la sceneggiatura? Come serviamo l’intero
sforzo della realizzazione del film? Quindi non penso mai che dia a
qualcuno l’opportunità di entrare nella vita di qualcunaltro con
altro che non sia ottenere la parte. Lo consideravo come se fosse
un buon casting…
Così è stato con Ke, è stato
Short Round. Pensavo che sarebbe stato perfetto per Short Round.
Quando l’ho incontrato, ha preso d’assalto la stanza. Lo fa ancora!
Ha un’energia positiva. Così pieno di amore positivo. Ed è con
quella energia che ha fatto il provino da bambino. È solo più tardi
che ho capito che sia una responsabilità portare un giovane in
questo business, ma ho anche tanta ammirazione per lui per come si
è comportato in questo business. Dopo che ha interpretato Short
Round, l’ho scelto per I Goonies e lui ha interpretato Data. Ma poi
non ha lavorato così tanto e ha iniziato a lavorare dietro le
quinte quando è cresciuto. Era uno stuntman per molte scene di
combattimenti di arti marziali. Veniva sul mio set per altri film,
ci incontravamo e parlavamo. Ma stasera mi ha lasciato senza fiato.
Quando ha ottenuto il Golden Globe come miglior attore non
protagonista, il mio cuore è saltato fuori dal mio petto.”
Dietro la maschera dell’eroe c’è
sempre un uomo con le sue fragilità e il suo essere “imperfetto”
nonostante le apparenze: è questo il caso di Steve
Rogers, che una volta assunto il siero del super-soldato e
impugnato lo scudo diventa Captain
America, uno degli eroi più amati del MCU.
Ecco di seguito 10
curiosità sul personaggio che solo i veri fan
conosceranno:
Steve Rogers è un esperto di qualsiasi tipo di arma
Questa
notizia poco conosciuta assume in realtà contorni interessanti ed è
stata rivelata nel fumetto diMoon
Knight,
esattamente nel momento in cui Bestia degliX-Men
spiega che Steve Rogers è in grado di padroneggiare l’uso di
qualsiasi arma in pochi secondi.
Ma non finisce qui: oltre alla
capacità di prendere qualsiasi fucile, pistola o altro e imparare
ad usarla subito,
Captain America ha anche avuto la possibilità di
impugnare il martello di Thor più volte nei fumetti.
Uomo e Lupo
Una
delle versioni più strambe del personaggio nei fumetti (che
ricordiamo, esistono da 50 anni) compare in
Captain America: Man & Wolf,
in cui si racconta la scomparsa dell’amico di Steve e pilota
personale (che è anche un lupo mannaro). Quando l’eroe si mette
alla sua ricerca finisce contagiato da un siero di licantropo
diventando poi il capo dei lupi mannari catturati.
Prima della trasformazione Steve Rogers, si ammalava
continuamente
Asma, febbre reumatica,
sinusite, pressione alta, palpitazioni, facile affaticamento,
problemi cardiaci, insomma la scheda medica del candidato alle
armi Steve
Rogers non è proprio quella dei supereroi, e il
personaggio ci viene mostrato in tutta la sua fragilità all’inizio
di Captain America: Il Primo Vendicatore,
capitolo inaugurale del franchise.
In fondo è proprio questa la storia
che i Marvel
Studios volevano raccontare: un ragazzo gracile,
ma dall’animo nobile, sfida tutte le calamità della sua esistenza
difficile (i genitori sono morti, i bulli si prendono gioco di lui
e lo percuotono ripetutamente) per servire un bene più grande, la
giustizia, e arruolarsi come soldato dell’esercito americano
durante la Seconda Guerra Mondiale.
Steve Rogers non è mai stato un membro originale degli
Avengers
Contrariamente al
pensiero comune, dove tutti credono che Captain
America sia uno dei membri fondatori degli Avengers,
l’eroe non fece parte della prima squadra in assoluto che invece
comprendeva Iron Man, Ant-Man, Hulk, Thor e The
Wasp. Steve infatti non si unì alla squadra finché i
Vendicatori non lo trovarono nel ghiaccio.
Steve Rogers può correre un chilometro in un minuto
Nella scena d’apertura di
Captain America: The Winter
Soldier, vediamo Steve correre nei giardini che
circondano la Casa Bianca a Washington DC e successivamente
incontrare il suo futuro braccio destro, Sam Wilson aka Falcon.
È lì che scopriamo quanto sia
davvero veloce l’eroe, ma soltanto grazie al 65° anniversario del
fumetto si è reso noto che il personaggio può correre un chilometro
in un minuto quando è al suo massimo livello di prestazioni!
Si è travestito da signora anziana
I fumetti sono una fonte
inesauribile di storie e aneddoti anche divertenti sui supereroi
del MCU: come
quella volta in cui Captain
America, nelle prime storie di Jack Kirby, è costretto
a vestirsi da signora anziana per entrare di nascosto in Germania e
recuperare del soldi rubati. In questo fumetto, Bucky
Barnes è nella sua originale versione “bambina” che aiuta
Steve a indossare gli abiti di sua nonna.
Ha vinto un premio per le sue abilità nel disegno
I
fan delMCU
forse avranno notato un paio di cenni al lato “artistico” di Steve
Rogers nel filmCaptain America: Il Primo
Vendicatore,
in cui vediamo un primo piano del suo taccuino con i suoi
disegni.
Nei fumetti però l’eroe ha
effettivamente vinto una medaglia d’oro come premio alle sue
abilità artistiche ricevuta al concorso “Art of the Future”.
L’identità di Captain America è stata assunta da 12
personaggi
Questo
è un fatto noto ai conoscitori del personaggio:Bucky Barnes
e
Sam Wilson
sono soltanto due dei 12 eroi che hanno assunto nel corso della
storia l’identità di Captain Marvel, prendendo lo scudo e il
costume.
Altri sono stati Isaiah
Bradley (un soggetto di prova della Seconda Guerra
Mondiale) e persino Peggy Carter in
una recente serie di fumetti chiamata Exiles.
Il siero del supersoldato ha migliorato la sua personalità
L’idea alla base del siero
del super-soldato è il miglioramento fisico dell’uomo che si
sottopone all’esperimento, così come un certo mutamento dei tratti
della personalità. Il siero “peggiora” i lati negativi della
persona e migliorato quelli buoni, motivo per cui era importante
scegliere un candidato dal cuore puro.
Il suo compleanno ricorre il 4 Luglio
Captain
America è nato il 4 luglio, Giorno
dell’Indipendenza americana, aneddoto che non fa che aumentare il
senso di patriottismo intrinseco nella figura che ha combattuto per
il paese contro Hitler e altri nemici.
La scelta del compleanno è quindi
adeguata, così da rappresentare i migliori ideali d’America.
Le regole della narrativa dei
fumetti sono chiaramente soggette a cambiamenti e sovvertimenti.
Proverbiali, ad esempio, sono le morti sempre reversibili, dei
protagonisti. Nel caso dei personaggi però ci sono alcuni canoni
inviolabili, o per lo meno c’erano.
Uno di questi canoni, in merito a
Captain America, era che il personaggio combatte per gli ideali
patriottici. È sempre stato così, da quando Jack
Kirby e Joe Simon hanno creato l’eroe che
prendeva a pugni Hitler nel 1941.
Ma, come ormai sapranno
tutti i lettori, Nick Spencer ha rotto questa
regola con il Numero 1 di Captain America: Steve Rogers.
nel numero citato infatti si scopre che Steve Rogers è, ed è sempre
stato, un agente dell’Hydra sotto copertura.
I fumetti Marvel non sono nuovi a questi
grandi plot twist, basti pensare al Thor femmina visto di recente,
anche se questa è la prima volta in cui si stravolge completamente,
dalle fondamenta, la struttura di un personaggio.
L’executive editor del numero, Tom Brevoort, ha
così replicato all’hashtag diventato trend su Twitter, #SayNoToHYDRACap: “Ti dovresti sentire
sicuramente non a tuo agio di fronte alla rivelazione che tutto
quello che hai sempre saputo su Rogers in realtà è una
menzogna”.
Ma cosa accadrà al cinema? Sentiremo
mai Steve Rogers/Chris Evans pronunciare la parole “Hail
Hydra”? Sembra improbabile, dal momento che l’arco narrativo di
Rogers è già stato scritto e si concluderà (per adesso) nel 2019
con Avengers Infinity War.
Nè la Disney nè la Marvel hanno
commentato l’eventualità che la cosa possa arrivare anche al
cinema, ma sempre Brevoort replica: “Seguiamo e ci piacciono i
film, ma cerchiamo sempre di percorrere una strada personale e di
non essere troppo legati a quello che accade sul grande schermo.
Quindi guardiamo a quello che facciamo come fossero pionieri. Hanno
un certo margine di materiale per raccontare le loro storie, e
quello che facciamo adesso potrebbe essere potenzialmente
l’ispirazione per i film di domani.”
Nell’eventualità, i fan del fumetto
aspettano comunque il secondo numero di questa serie per sapere
come si svilupperà questo risvolto, e soprattutto per sapere in che
modo la vicenda, la “nuova” identità di Rogers, si ripersuoterà su
Sam Wilson, che nel 2014 ha raccolto lo scudo di Cap.
E voi che ne pensate? in che modo
questo twist potrebbe influenzare l’Universo Cinematografico
Marvel?
Alla fine di Captain
America Civil War, vediamo Steve
Rogers (Chris Evans) abbandonare lo
scudo e la sua identità di Cap a causa della divergenza di opinioni
con Tony Stark. Si tratta di qualcosa che abbiamo
intuito nelle ultime immagini del film, quando Steve è a Wakanda
con T’Challa e Bucky.
Adesso però arriva la conferma
ufficiale di Joe Russo: “Penso che abbandonare
lo scudo sia rappresentativo di Steve che lascia andare quella sua
particolare identità. Si tratta di lui che ammette che un certo
tipo di identità come quella di Captain America era in conflitto
con la sua scelta molto personale che ha fatto.”
E quindi? Cosa accadrà al MCU senza Captain America?
Per quanto riguarda invece il ruolo
di Chris Evans, sappiamo ormai da tempo che
il suo contratto si concluderà con Avengers Infinity
War. Cosa ha in serbo per noi Kevin Feige?
Leggi la nostra recensione di Captain America Civil
War
Sinossi: Captain America Civil
War si svolge subito dopo gli eventi di Avengers: Age of Ultron, con Steve
Rogers e gli Avengers costretti ad affrontare i danni collaterali
causati dalla loro lotta per proteggere il mondo. Dopo che la città di Lagos,
in Nigeria, viene colpita dall’ennesimo incidente internazionale
che vede coinvolti gli Avengers, le pressioni politiche chiedono a
gran voce un sistema di responsabilità e un consiglio
d’amministrazione che decida quando richiedere l’intervento del
team. Questa nuova dinamica divide gli Avengers che, al tempo
stesso, tentano di proteggere il mondo da un nuovo e malvagio
avversario.
Ricordiamo che Captain America: Civil
Warsarà diretto
da Anthonye Joe
Russo e vedrà nel cast Chris Evans,
Robert Downey Jr., Scarlett Johansson, Chadwick Boseman,
Sebastian Stan,Samuel L. Jackson, Frank
Grillo, Jeremy
RennereDaniel
Bruhl. Captain America Civil
War è arrivatonelle
sale italiane il 4 maggio 2016.
La scena post credits di The
Avengers vede i Vendicatori a riposo nell’ormai famosa
sequenza dello “Shawarma”. Le scena in questione nasconde però
diversi segreti, tra cui “la barba di Chris Evans”. Sappiamo che l’attore ha
sfoggiato una folta peluria facciale per Infinity
War, ma nel primo Avengers, Steve Rogers
usava ancora regolarmente il rasoio. Non si può dire lo stesso per
Chris Evans, che subito dopo le riprese del film di Joss
Whedon del 2012, si è fatto crescere la barba per girare
Snowpiercer. Il problema è stato che poi Whedon ha
voluto aggiungere la scena, ed ecco cosa ha raccontato il regista
in occasione dell’uscita in home video di Infinity
War:
“Mentre eravamo a promuovere il
film alla premiere, c’era uno Shawarma a tre isolati di
distanza, e Kevin Feige ci portò tutti lì. Evans aveva la
barba. Quindi gli misero sul viso della roba come a Warren Beatty
in Dick Tracy, come una mascella finta, e nella scena lui si
copriva la faccia con la mano.”
Non solo Evans, ma anche
Chris Hemsworth era “cambiato”
intanto. L’attore australiano aveva perso gran parte della sua
massa muscolare per girare In The Heart of the Sea
di Ron Howard, in cui ha interpretato un naufrago,
e quindi la sua tuta è stata riempita di imbottitura.
Nonostante Loki abbia raccontato quali siano le regole
alla base dei viaggi nel tempo nel MCU, la questione non era
propriamente estranea ai fan del franchise. Infatti, già Avengers:
Endgame aveva preparato il terreno in tal senso,
grazie al viaggio nel tempo attraverso il Regno Quantico.
Alla fine del film, Steve Rogers
(Chris
Evans) viene incaricato di riportare le Gemme
dell’Infinito alla loro precisa collocazione, prima di scegliere di
rimanere nel passato e di vivere finalmente la sau vita insieme a
Peggy Carter (Hayley
Atwell). Tecnicamente, la decisione di Rogers dovrebbe
rappresentare un “evento Nexus”, almeno secondo gli standard
stabiliti da
Loki.
Sulla questione è intervenuta la
regista della serie, Kate Herron, la quale ha
ammesso in un’intervista con
The Direct di non avere una risposta definitiva in merito a
cosa rappresenti davvero la scelta di Steve: “Devo ammettere
che ci ho pensato, ma non ho una risposta definitiva al riguardo e
forse questa cosa potrebbe infastidire alcune persone. Quindi,
lasciatemi rispondere da fan. La mia teoria è questa: dipende se
sei un ottimista o un pessimista. Se sei un ottimista, forse andava
bene per loro vivere in quel modo, e quel ramo probabilmente non
necessitava di essere falciato. Questo significava che potevano
stare insieme. Secondo i romantici, forse, sono riusciti a
sopravvivere. Se sei un pessimista, invece, pensi che probabilmente
sono stati falciati.”
Tuttavia, a giudicare dagli standard
della TVA stabiliti in
Loki, Herron crede che sia più probabile che
Rogers e Carter siano stati entrambi falciati dalla Time Variance
Authority. “Generalmente, i rami devono essere falciati e poi
conservanti, giusto? Ma dipende. Non voglio dire che loro siano
stati definitivamente falciati, ma forse sì, considerando la logica
alla base della TVA nella nostra serie. Ma forse volere è potere, e
alla fine sono davvero riusciti a vivere felici e contenti.
Chissà…”
Avengers:
Endgame è arrivato nelle nostre sale il 24 aprile
2019, diventando il maggior incasso nella storia del cinema. Nel
cast del film – tra gli altri – figurano Robert
Downey Jr., Chris
Evans, Mark
Ruffalo, Chris
Hemsworth e Scarlett
Johansson. Dopo gli eventi devastanti di Avengers:
Infinity War, l’universo è in rovina a causa
degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo
lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per
annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine
nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
I Marvel Studios hanno gestito
l’allontanamento dal MCU di Chris Evans in un modo molto strano.
Mentre la maniera in cui la storia di Steve Rogers
è finita in Avengers: Endgame sembrava giusta,
The Falcon and The Winter Soldier – una
storia su Captain America – non ha fatto menzione dell’eroe a parte
il fatto che è “andato”. Il mondo sembra credere che Steve sia
morto, qualcosa che era evidente dalla trasformazione della Statua
della Libertà in Spider-Man: No Way Home.
Ci piacerebbe pensare che
Captain
America: New World Order affronterà più
direttamente cosa sta succedendo con l’ex Captain America, ma non
c’è alcuna garanzia in questo senso. Tuttavia, il successore di
Evans,
Anthony Mackie, sembra suggerire fortemente che Steve
è davvero vivo e vegeto durante una recente intervista su Jimmy
Kimmel Live.
Quando Kimmel ha sottolineato che
non abbiamo mai visto Cap morire, l’attore ha risposto: “Questo
significa che non è morto! Perché stai cercando di uccidere Steve?
Questa è discriminazione basata sull’età… non c’è niente di
sbagliato in un vecchio Cap!”
Dopo aver scherzato con l’ospite, a
Mackie è stato chiesto a bruciapelo se Steve è vivo. “Sì! Penso
di sì! Non l’ho visto morire! Non lo so, ho visto Chris due
settimane fa, e aveva un bell’aspetto.” Non è chiaramente una
conferma ufficiale, ma sarebbe interessante capire in che modo
questo tipo di domanda influenzerebbe il film e il MCU.
Ci sarebbe ancora tanto da
raccontare su Steve, visto che su Terra-616 è rimasto con Peggy
Carter e hanno vissuto una vita insieme. Ma aspetteremo pazienti di
scoprire novità in merito.
Captain America: New
World Order
Julius Onah dirige Captain
America: New World Order, su una sceneggiatura di
Malcolm Spellman e Dalan Musson. Il cast comprenderà
Anthony Mackie nei panni di Sam Wilson/Captain
America, Danny Ramirez nei panni di Joaquín
Torres/Falcon, Tim Blake Nelson nei panni di
Samuel Sterns/Leader, Carl Lumbly nei panni di
Isaiah Bradley e Shira Haas nei panni di Ruth
Bat-Seraph/Sabra. L’uscita al cinema è prevista per il 3
maggio 2024.
Jake Schreier
dirigerà Thunderbolts e
si baserà su una una sceneggiatura di Eric Pearson. Il cast
dell’ensemble è composto da Florence Pugh come Yelena Belova, Sebastian Stan come Bucky Barnes/Winter
Soldier, Wyatt Russell come John Walker/US Agent,
Olga Kurylenko come Antonia
Dreykov/Taskmaster, David Harbour come Alexei Shostakov/Red
Guardian, Hannah John-Kamen come Ava Starr/Ghost,
e Julia Louis-Dreyfus come Contessa Valentina
Allegra de Fontaine. Thunderbolts uscirà
nei cinema il 26 luglio 2024.
Steve Rogers / Captain America
(Chris Evans) è il nonno di Peter Quill /
Star-Lord (Chris Pratt)? La teoria, abbastanza
“selvaggia” sta impazzando in rete da un bel po’, e parte
dall’osservazione di un fan molto attento che ha intercettato Laura
Haddock in Captain America: Il Primo
Vendicatore.
Andiamo con ordine: un fan del
MCU ha visto che Laura
Haddock, attrice che in Guardiani della
Galassia interpreta Meredith, la mamma di Peter
Quill, compare anche nel primo film di Cap nei panni di una fan del
Super Soldato. Questo ha portato ad alcune speculazioni. La donna
non può essere, per questioni anagrafiche, la mamma di Peter, ma
potrebbe essere sua nonna. E se durante quell’incontro, magari
intimo, con Cap, l’eroe le avesse lasciato in grembo una bambina,
la futura mamma di Peter?
A rispondere sulla questione è
intervenuto James
Gunn, che, dopo lo stop dai social a seguito del licenziamento
da parte di Disney, sta riprendendo la sua intensa attività social,
rispondendo a molte domande dei fan.
Il regista ha smentito la teoria. Su
Twitter ha citato un articolo che riporta la teoria, smentendola. A
sostegno della sua risposta, Gunn cita anche il fatto che abbiamo
effettivamente incontrato il nonno di Peter Quill in entrambi i
film sui Guardiani, interpretato da Gregg Henry.
In effetti, la questione si scontra
anche con ciò che tempo fa Chris Evans disse di
Steve. In un’intervista, l’attore disse che Captain
America potrebbe essere ancora vergine (ai tempi di
The Avengers). Prima della
trasformazione, Steve non era certo un adone, benché avesse un
grande cuore. Dopo la trasformazione, quando le donne cadevano ai
suoi piedi, è stato molto preso da faccende molto importanti e
serie, cosa che forse lo ha tenuto lontano della attenzioni delle
signorine, inoltre l’amore con Peggy non è stato forse mai
consumato prima del suo incidente trai ghiacci. Per cui la stessa
teoria che Cap possa essere il nonno di Peter Quill non sta affatto
in piedi.
Per fortuna, gli eventi di
Endgame hanno rimesso le cose al loro
posto, e Steve ha avuto tutto ciò che avrebbe sempre meritato dalla
vita, una famiglia, dei figli, l’amore della sua vita.
Per il secondo anno di seguito,
Unipol Biografilm Collection e I Wonder Pictures
presentano ogni settimana in 16 multisala UCI i
più coinvolgenti biopic, narrati da autori premiati nei più
prestigiosi festival del mondo, proponendo un programma ricco non
solo di grandi riscoperte, come era stato già
l’anno scorso, ma anche di imperdibili anteprime,
presentate in UCI Cinemas prima dell’uscita in sala. L’appuntamento
firmato Unipol Biografilm Collection è ogni mercoledì alle 18 e alle 21.
Per commemorare il trentacinquesimo
anniversario della scomparsa di Steve McQueen –
avvenuta il 7 novembre del 1980 – mercoledì 11
novembre la rassegna propone Steve McQueen: Una
vita spericolata, il film diretto da Gabriel
Clarke e John McKenna incentrato sulla
tribolata lavorazione de Le 24 Ore di Le Mans, pellicola
fortemente voluta dall’iconico attore statunitense, grandissimo
appassionato di motori ed egli stesso pilota, dedicata alla storica
gara disputata presso il Circuit de la Sarthe.
Attraverso filmati del dietro le
quinte della pellicola e interviste a membri del cast e della
famiglia – tra cui spiccano il figlio di McQueen, Chad, e Derek
Bell, cinque volte trionfatore a Le Mans – Clarke e McKenna
ricostruiscono i mesi che avrebbero determinato una svolta
drammatica nella vita dell’attore, sia dal punto di vista
professionale che privato.
Steve McQueen aveva un sogno: girare
il film definitivo sulle corse automobilistiche, il più realistico,
il più coinvolgente. Come avrebbe potuto immaginare che la
lavorazione de Le 24 ore di Le Mans gli sarebbe costata
così tanto, in termini artistici, economici e umani? Tra divergenze
con la troupe, problemi con la sceneggiatura, incidenti e
tradimenti, i registi Gabriel Clarke e John McKenna costruiscono –
sul filo delle testimonianze di Chad McQueen, figlio di Steve, e
degli altri protagonisti di quella storica avventura
cinematografica – un film nel film sul circuito dove l’icona della
vita spericolata sfrecciò confondendo la finzione con la realtà
dell’autodromo. E compongono il ritratto di un uomo lanciato a
tutta velocità nell’esistenza e nell’arte.
Grazie alla scommessa di Unipol
Biografilm Collection e del circuito UCI Cinemas, per il secondo
anno consecutivo, contenuti di qualità dalla forte valenza
culturale come i film documentari si allargano al pubblico popolare
dei multisala. Una scommessa che pone però le sue radici nel dato
concreto del crescente successo commerciale del genere
documentario nel mondo, e in particolar modo negli Stati
Uniti e in Francia.
È disponibile il poster di
Steve McQueen: una vita spericolata,
nelle sale italiane a partire da giovedì 5
novembre – per ricordare l’attore nel trentacinquesimo
anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 7 novembre del 1980 –
distribuito da I Wonder Pictures e Unipol
Biografilm Collection.
L’attesissimo docufilm,
firmato da Gabriel Clarke e John
McKenna, ripercorre la lavorazione del film Le 24 Ore
di Le Mans, che vedeva protagonista l’iconico interprete
statunitense. McQueen, grandissimo appassionato di corse, sia su
due che su quattro ruote, era disposto a tutto purché il film
incentrato sulla gara più impegnativa del calendario del
motorsport a livello mondiale vedesse la luce, anche a
mettere a repentaglio la propria carriera.
Il film – presentato in anteprima
mondiale al Festival di Cannes, nella sezione Cannes
Classics, e in anteprima nazionale a Biografilm Festival |
International Celebration of Lives – offre uno spaccato unico del
mondo dell’automobilismo su pista negli anni Settanta, grazie al
dietro le quinte delle riprese effettuate per la pellicola di Lee
H. Katzin durante la 24 Ore di Le Mans del 1970. Il film
restituisce inoltre un ritratto singolare del carismatico attore e
delle sue vicende pubbliche e private di quel periodo, mostrando
immagini inedite e diverse interviste esclusive, tra cui quelle a
Derek Bell, cinque volte vincitore a Le Mans; a
David Piper, che perse una gamba durante le
riprese; al co-protagonista di McQueen nel film, Sigi
Rauch; e a Chad McQueen, figlio di
Steve.
Presenting partner
di Steve McQueen: una vita spericolata è TAG
Heuer, brand da sempre legato all’universo motor racing
grazie al suo contributo unico all’evoluzione del cronometraggio
nella storia. Proprio nel film Le 24 Ore di Le Mans, al
polso di Steve McQueen, TAG Heuer Monaco blu, il primo cronografo
dalla cassa quadrata, divenne leggenda, tanto che questo modello è
oggi conosciuto come ‘Monaco McQueen’. McQueen scelse
spontaneamente di indossarlo nel film, con l’intenzione di
mantenere la divisa originale del pilota Jo Siffert, suo mentore
per il ruolo di Michael Delaney, all’epoca ambasciatore TAG Heuer.
In ‘Steve McQueen: una vita spericolata’, la leggenda continua:
TAG Heuer Monaco è al polso del figlio
Chad McQueen.
STEVE MCQUEEN: UNA VITA
SPERICOLATA
(Stati Uniti/2015/112′) di
Gabriel Clarke, John McKenna
Steve McQueen aveva un sogno: girare
il film definitivo sulle corse automobilistiche, il più realistico,
il più coinvolgente. Come avrebbe potuto immaginare che la
lavorazione de Le 24 ore di Le Mans gli sarebbe costata
così tanto, in termini artistici, economici e umani? Tra divergenze
con la troupe, problemi con la sceneggiatura, incidenti e
tradimenti, i registi Gabriel Clarke e John McKenna costruiscono –
sul filo delle testimonianze di Chad McQueen, figlio di Steve, e
degli altri protagonisti di quella storica avventura
cinematografica – un film nel film sul circuito dove l’icona della
vita spericolata sfrecciò confondendo la finzione con la realtà
dell’autodromo. E compongono il ritratto di un uomo lanciato a
tutta velocità nell’esistenza e nell’arte.
I Wonder Pictures
è orgogliosa di annunciare la distribuzione italiana di Steve
McQueen: The Man & Le Mans: il film sarà presentato in
anteprima mondiale a Cannes il 16 maggio, nella prestigiosa sezione
Cannes Classics, e verrà successivamente proiettato in anteprima
nazionale a Biografilm Festival – International Celebration of
Lives (Bologna, 5-15 giugno 2015).
L’attesissimo
documentario, firmato da Gabriel Clarke e John
McKenna, ripercorre la lavorazione del film Le 24 Ore di Le
Mans, che vedeva protagonista l’iconico attore statunitense.
McQueen, grandissimo appassionato di corse, sia su due che su
quattro ruote, era disposto a tutto purché il film incentrato sulla
gara più impegnativa del calendario del motorsport a livello
mondiale vedesse la luce. Il documentario offre uno spaccato unico
del mondo dell’automobilismo su pista negli anni Settanta, grazie
al dietro le quinte delle riprese effettuate per la pellicola di
Lee H. Katzin durante la 24 Ore di Le Mans del 1970, e restituisce
un ritratto singolare del carismatico attore e delle sue vicende
pubbliche e private di quel periodo oltre a mostrare footage
inedito e le interviste esclusive a Derek Bell, cinque volte
vincitore a Le Mans, a David Piper, che perse una gamba durante le
riprese e alla co-protagonista di McQueen nel film, Sigi Rauch.
“Se vogliamo
portare avanti questo progetto, dobbiamo farlo nel modo giusto.
Nessun escamotage hollywoodiano: nessun colpo di scena orchestrato
ad arte, niente lieto fine. E se dobbiamo dedicarlo a una sola
corsa, deve trattarsi necessariamente di Le Mans” – Steve
McQueen
Steve McQueen è uno
di quegli attori che ha fatto la storia del cinema con le sue
interpretazioni ed è diventato una figura iconica, nel corso del
tempo, grazie anche alla sua vita definita spericolata. L’attore ha
lavorato sodo per tutta la sua carriera e il pubblico lo ha sempre
amato, anche e forse soprattutto dopo la sua morte, proprio per
quel sentimento di libertà che esprimeva.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su Steve McQueen.
Steve McQueen: i suoi film
1.Ha recitato in celebri
film. Il primo vero ruolo al cinema dell’attore si ha in
Autopsia di un gangster (1958). Da quel momento recita
in Fluido mortale (1958), Sacro e
profano (1959), I magnifici sette
(1960), L’inferno è per gli eroi
(1962), L’inferno è per gli eroi (1962) e La
grande fuga (1963). In seguito, lavora in Strano
incontro (1963), Cincinnati Kid (1965),
Quelli della San Pablo (1966), Il caso Thomas
Crown (1968), Bullit (1968) e Le 24 ore
di Le Mans (1971). Tra i suoi ultimi lavori vi sono
Papillon (1973), L’inferno di cristallo
(1974), Ilnemico del popolo (1978), Tom
Horn (1980) e Il cacciatore di taglie (1980).
2. È stato anche
produttore. L’attore, nel corso della carriera, non ha
svolto solo l’attività di attore ma ha sperimentato molto volte
anche quella di produttore. Nella fattispecie, McQueen ha lavorato
alla produzione dei film Nevada Smith (1966 – non
accreditato), Il rally dei campioni (1971), Un nemico
del popolo (1978) e Tom Horn.
Steve McQueen: chi era sua
moglie
3. Si è sposato tre
volte. L’attore si è sposato per la prima volta nel 1956,
a ventisei anni, con la collega Neile Adams, da
cui ha avuto i
figli Terry e Chad.
I due hanno poi divorziato nel 1972. Dopo circa un anno dalla
separazione, McQueen si è risposato con un’altra collega,
Ali MacGraw, dando vita ad una relazione
turbolenta che ha portato al divorzio nel 1978, dopo qualche anno
di matrimonio. In seguito, si sposato per la terza ed ultima volta,
dieci mesi prima di morire, con la modella Barbara
Minty. Tra i vari flirt a lui attribuiti, ci sarebbero
quelli con le attrici Lauren Hutton e
Barbara Leigh.
Steve McQueen e Barbour
4. Ha ispirato una
collezione di giacche. Come noto ai suoi fan, McQueen
indossava un abito in cotone cerato Barbour International durante
le corse, e quel look iconico ha oggi contribuito a ispirare una
nuova linea di giacche, t-shirt e bottoni. La The Steve McQueen
Collection è dunque dedicata all’attore e alla sua capacità di
rendere iconico tutto ciò che indossava.
Steve McQueen e Persol
5. Occhiali che hanno fatto
la storia. Di fatto, Steve McQueen è diventato il volto
del marchio Persol. La sua prima apparizione con quelli
che sono poi diventati i Persol 714 Steve McQueen, è avvenuta nel
1968, quando l’attore arrivò sul set de Il caso Thomas
Crown. Da quel momento quel particolare modello di occhiali è
diventato un vero e proprio classico, tanto da essere popolarissimi
ancora oggi, sempre legati all’immagine di McQueen.
Steve McQueen: la sua morte
6. È morto a soli 50
anni. L’attore, nel 1979, scoprì di essersi ammalato di
tumore alla pleura. Da questo cancro l’attore non è mai riuscito a
guarire, tanto da morire in una clinica messicana il 7 novembre del
1980, accanto all’ultima moglie e all’istruttore di volo e amico
Sammy Mason. Ventiquattro ore prima gli era stata rimossa
chirurgicamente una grossa massa metastatica all’addome. Fu cremato
e le ceneri furono disperse nell’oceano Pacifico.
7. Si è esposto per molto
tempo all’amianto. Con molta probabilità, a causare
il formarsi del tumore è stata la continua esposizione di McQueen
all’amianto. Questo materiale era infatti spesso impiegato negli
ambienti frequentati da McQueen durante la sua vita (navi, studi
cinematografici, ambienti motoristici), ma sembrerebbe essere stato
presente anche nelle stesse tute da pilota usate da McQueen durante
le sue corse.
Steve McQueen era un pilota
8. Un passione esagerata per
le corse. Oltre che essere conosciuto per il suo talento
recitativo, l’attore è diventato un’icona anche per il fatto di
essere un gran amatore della gare automobilistiche, tanto da
partecipare in prima persona a diverse competizioni. Tra le più
famose ci sono quelle delle 12 ore di Sebring e Le 24
di Le Mans.
9. Una vita
spericolata. Spesso è così che viene definita la vita
dell’attore e non solo in merito al suo carattere turbolento, ma
anche in riferimento al fatto che è stato molte volte stuntman di
se stesso. Egli, infatti, preferiva fare a meno delle controfigure,
e ciò è avvenuto per molti film come Bullitt e La
grande fuga.
Steve McQueen: età e altezza
10. Steve McQueen nacque il
24 marzo del 1930 a Beech Grove, nell’Indiana. La sua
altezza complessiva consisteva in 177 centimetri.
Una chimera o un nuovo progetto?
Michael Fassbender e Steve
McQueen potrebbero lavorare per la quarta volta insieme:
il regista sogna un musical. Il sodalizio tra Michael
Fassbender e Steve
McQueen potrebbe continuare in futuro. Dopo aver
lavorato insieme a due acclamate pellicole, Hunger nel
2008 e Shame nel 2011, con cui Fassbender si è aggiudicato
la Coppa Volpi, Steve McQueen ha rinnovato la sua collaborazione
con l’attore feticcio in 12 Years a Slave, presentato in questi giorni
al Toronto Film Festival, dove è stato acclamato da pubblico e
critica presentandosi come uno dei potenziali protagonisti della
prossima stagione di premi.
Intervistato da
ThePlaylist, il regista ha parlato del suo ultimo film,
soffermandosi infine sul prossimo progetto che vorrebbe realizzare:
un musical con Michael Fassbender. Alla domanda del giornalista su
un eventuale progetto più leggero dopo un trio impegnativo – che
comprende un film sullo sciopero della fame, uno sulla dipendenza
dal sesso e infine un’opera epica sulla schiavitù – il regista
dichiara: Farò un musical. Voglio fare un musical, ecco
cosa voglio. […] Ci sto pensando, voglio fare un musical con
Michael.
Il regista assicura che l’attore è
in grado di cantare: Certo, canta benissimo! Oddio, come si
chiamava quel tizio? [Inizia a cantare “What a Fool Believes”]
Michael McDonald? E’ bravissimo a cantare Michael
McDonald.
Infine McQueen dedica parole di
elogio a Michael Fassbender: E’ come Mickey Rourke o
Gary Oldman, è l’attore più influente della sua generazione. Gli
altri vogliono stare con lui, essere come lui, oppure vogliono
diventare attori proprio a causa sua. Ecco Michael
Fassbender.
12 Years a Slave uscirà
negli USA il 18 ottobre e racconta una storia basata
sull’autobiografia, datata al 1853, di Solomon Northrup
(Chiwetel Ejiofor) un nero libero dello stato di
New York, che venne rapito e venduto come schiavo. Di fronte a
crudeltà (personificata dal terribile schiavista, interpretato
da Michael Fassbender), così come a
gentilezze inaspettate, Salomon lotta non solo per rimanere in
vita, ma per conservare la sua dignità. Nel dodicesimo anno della
sua indimenticabile odissea, un fortuito incontro con un
abolizionista canadese (Brad
Pitt), cambierà per sempre la sua vita.
Lunedì 26 ottobre alle ore
21.00, presso il Cinema Odeon di Bologna,
e Martedì 27 ottobre, presso il Cinema
Colosseo di Milano, torna Sala Bio, nell’ambito di Be
Original, con un’imperdibile evento targato Unipol Biografilm
Collection: l’anteprima di Steve McQueen una vita
spericolata, il film di Gabriel
Clarke e John McKenna, che, ripercorrendo
la lavorazione di Le 24 Ore di Le Mans, restituisce un
ritratto autentico e per certi versi inedito dell’attore più amato
di sempre, Steve McQueen.
L’iconico interprete statunitense,
grandissimo appassionato di corse, sia su due che su quattro ruote,
era disposto a tutto purché il film incentrato sulla gara più
impegnativa del calendario del motorsport a livello mondiale
vedesse la luce, anche a mettere a repentaglio la propria
carriera.
Il film sarà presentato a Sala Bio
in versione originale sottotitolata e proposto in
anteprima anche a Sala Bio Roma (Cinema Adriano) e Milano (Cinema
Colosseo) martedì 27 ottobre e sarà poi distribuito in sala da I
Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection il 9, il 10
e l’11 novembre, per ricordare l’attore nel
trentacinquesimo anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 7
novembre del 1980.
STEVE MCQUEEN: UNA VITA
SPERICOLATA
(Stati Uniti/2015/112′) di
Gabriel Clarke, John McKenna
Steve McQueen aveva un sogno: girare
il film definitivo sulle corse automobilistiche, il più realistico,
il più coinvolgente. Come avrebbe potuto immaginare che la
lavorazione de Le 24 ore di Le Mans gli sarebbe costata così tanto,
in termini artistici, economici e umani? Tra divergenze con la
troupe, problemi con la sceneggiatura, incidenti e tradimenti, i
registi Gabriel Clarke e John McKenna costruiscono – sul filo delle
testimonianze di Chad McQueen, figlio di Steve, e degli altri
protagonisti di quella storica avventura cinematografica – un film
nel film sul circuito dove l’icona della vita spericolata sfrecciò
confondendo la finzione con la realtà dell’autodromo. E compongono
il ritratto di un uomo lanciato a tutta velocità nell’esistenza e
nell’arte.
Uscita italiana: 9
– 10 – 11 novembre (I Wonder Pictures e Unipol Biografilm
Collection)
Variety ha pubblicato in esclusiva
la prima clip del film documentario Steve McQueen
The man & Le Mans, che rende omaggio al famoso
attore-pilota, presentato al Festival di Cannes questo sabato nella
sezione Cannes Classics.
Diretto da Gabriel
Clarke e John McKenna, il documentario
racconta la realizzazione del film Le
Mans di McQueen nel 1970, su le
24 ore di Le Mans, gara che si disputa in Francia. Dopo
un periodo di sei mesi, il regista di McQueen, John
Sturges, mollò il film, il suo matrimonio crollò a pezzi, e la sua
compagnia era sull’orlo del fallimento. E per tutto il
tempo era in costante timore per la sua vita, dopo aver appreso che
era in cima alla “lista della morte” di Charles Manson.
Il documentario mostra filmati mai
visti prima tratti dal film di McQueen. Il figlio,
Chad McQueen, che è uno dei principali intervistati nel
documentario, sarà a Cannes per presentarlo insieme ai registi.
Classe 1969 e londinese di nascita,
il regista Steve McQueen è oggi una delle
personalità più affascinanti del panorama cinematografico.
Formatosi nel mondo della videoarte, egli ha poi debuttato nel
cinema nel 2008 con il folgorante Hunger. Sin da
quel suo esordio, egli ha introdotto tutti quelli che sono i suoi
principali interessi come regista. Dalla forza di volontà al
desiderio di resistenza e liberazione, e tutto ciò passando
attraverso il corpo. Il corpo denutrito, il corpo oppresso e quello
martoriato. Con i successivi Shame e
12 anni
schiavo, con il quale vincerà il premio Oscar,
McQueen si conferma uno dei nuovi grandi autori della sua
generazione. Nel 2018, infine, dopo cinque anni di assenza, torna
sul grande schermo con l’heist movie Widows, con
protagonista Viola
Davis.
Per celebrare quanto fin qui
realizzato, a lui è stato conferito il premio alla
carriera della 15ª edizione della
Festa del Cinema di Roma. In occasione di tale
evento, McQueen ha avuto modo di presentare il suo nuovo impegno da
regista: la serie antologicaSmall
Axe, il cui titolo si ispira ad un brano di
Bob Marley, recitante “se voi siete il grande
albero, noi siamo la piccola ascia”. Cinque episodi
autoconclusivi incentrati sulla comunità caraibica di Londra tra
gli anni Sessanta e Ottanta. Il primo episodio presentato, Red, White
and Blue, che ha per
protagonista l’attore John
Boyega, ha confermato il grande potenziale del
progetto, dimostrando ancora una volta le grandi capacità
espressive del regista.
Steve McQueen: esiste solo la
verità
L’incontro che McQueen tiene con il
pubblico si apre naturalmente da lì dove la sua carriera da regista
di lungometraggi ha avuto inizio. Con Hunger egli decide
di raccontare lo sciopero della fame intrapreso dall’attivista
Bobby Sands contro il trattamento riservato ai detenuti. Ad
interpretare il protagonista vi è l’attore Michael
Fassbender, che diventerà una presenza ricorrente nei
film del regista. Particolarità dell’opera, vincitrice della Caméra
d’or per la miglior opera prima alla Festival di Cannes, è quella di prevedere
lunghissimi piani sequenza. Interrogato su questa scelta
stilistica, McQueen dichiara che “l’importante per me è tenere
alta la tensione. Quando si stacca da un’inquadratura all’altra, il
pubblico tende inevitabilmente a distrarsi, a provare un momento di
respiro. Invece non facendo questa scelta, ma dando vita ad
un’unica lunga inquadratura, il pubblico rimane inchiodato lì,
presente.”.
“Ho deciso di raccontare questa
storia – continua il regista – perché riconobbi nel gesto
di Sands un grande valore. Ciò che lui ha dimostrato è che tutti
noi disponiamo delle possibilità per opporre resistenza in nome
della libertà. Ad aprirmi gli occhi a riguardo è stato anche il
film Zero in condotta, del regista Jean
Vigo. Lo considero il mio film preferito in assoluto, ed è
quello che mi ha fatto riflettere sulle cose per cui è importante
combattere.Con i miei film cerco proprio di fare questo,
di dare ulteriore risalto a queste capacità. La cosa più preziosa
che ho imparato facendo cinema, infatti, è che non esiste giusto o
sbagliato, esiste solo la verità. Vale la pena correre dei rischi
in nome di questo valore.”
L’incontro prosegue poi parlando
dei due successivi film di Steve McQueen. Il regista, in seguito
alla visione di alcune clip tratte da questi, li introduce
dimostrandone la coerenza all’interno del suo percorso
cinematografico. “Come per Hungers, anche con Shame e 12 anni
schiavo ho cercato il modo migliore per far emergere la verità. Nel
primo, i personaggi sono spesso inquadrati di spalle.
Impossibilitato a vedere i loro volti, lo spettatore sarà costretto
a concentrarsi sulle loro parole, da cui emerge la loro essenza.
Per 12 anni schiavo, invece, non mi sono risparmiato nel mostrare
le crudeltà che realmente gli schiavi subivano. Trovo che il
problema del razzismo possa essere sconfitto solo con il progresso.
Sono un fervente sostenitore del progresso. Nessuno vorrebbe
trovarsi dalla parte sbagliata della storia.
Dalla videoarte al cinema
Prima di intraprendere la carriera
di regista cinematografico, Steve McQueen si è formato come
artista, divenendo noto come fotografo e scultore. Grande
appassionato di arti figurative, il passaggio dietro la macchina da
presa è inevitabile e avviene ben presto. Egli realizza così
numerosi cortometraggi, come Bear, Exodus, e
Giardini, poi raccolti e presentati alla Biennale di Arti
Visive di Venezia. Tale formazione artistica si ritrova anche in
tutti i suoi lungometraggi, i quali vantano una grande cura nella
composizione della messa in scena. Prima di concludere l’incontro,
a McQueen viene a tal proposito chiesto quanto il suo lavoro da
artista influenzi quello da regista, e viceversa. “Per
quanto per me non vi siano grandi differenze, – risponde il
regista – sono consapevole che si tratta di due ambiti molto
diversi tra loro.”
“Il cinema è un arte narrativa,
– continua poi – per me è molto simile al romanzo da
questo punto di vista. L’arte figurativa o la videoarte, invece,
sono oggetti molto più simili a dei frammenti. Rimanendo su un
paragone letterario, li considero come fossero dei componimenti
poetici. Sono due forme comunicative molto diverse, ma alla fine
ciò che conta è che siano d’impatto. L’arte, per me, deve essere in
grado di suscitare emozioni e riflessioni a prescindere dalla sua
forma. A trasmettermi questa concezione è stato anche quello che
ritengo il mio film italiano preferito: Rocco e i suoi
fratelli di Luchino Visconti. Mi ha
permesso di comprendere davvero la passione che un film può
emanare.” Conclusosi l’incontro, McQueen riceve infine il
premio alla carriera, la quale promette però di essere ancora lunga
e ricca di successi.
Negli ultimi giorni sembrava notizia
sicura che il prossimo progetto del regista Steve
McQueen sarebbe stato un film incentrato sulla vita
dell’attivista Paul Robeson.
Ora, invece, giunge a sorpresa la
notizia che il regista starebbe collaborando con la New
Regency alla produzione di Widows, pellicola tratta ed adattata
dall’omonima mini-serie del 1983.
Steve McQueen
scriverà e produrrà il film che ruoterà attorno alla storia di tre
donne rimaste vedove dei loro mariti, criminali incalliti, durante
la rapina ad un security van. Le tre donne riusciranno a
rintracciare la refurtiva, fino a quando scopriranno che uno dei
loro mariti è sopravvissuto all’incidente.
Scelta insolita per il regista di 12
Anni Schiavo, che però conferma la sua volontà di non fossilizzarsi
su un unico genere cinematografico. La pre-produzione di Widows dovrebbe partire già
nelle prossime settimane.
È Indiewire ad annunciare il
prossimo progetto di Steve McQueen, quest’anno
nelle sale con Widows: il regista londinese
dirigerà il documentario The Occupied City,
ispirato al libro illustrato Atlas of an Occupied City.
Amsterdam 1940-1945 curato da sua moglie Bianca Stigter.
Il testo originale segue le tracce
della Seconda Guerra Mondiale nella città di Amsterdam guidando il
lettore attraverso la capitale olandese durante l’occupazione.
A produrre il film saranno la stessa
Stigter (che aveva già lavorato con il marito in
Widows e 12 Anni Schiavo, prima
vera incursione di McQueen nel genere documentaristico dopo diversi
cortometraggi. Insieme a loro anche la casa di produzione olandese
Family Affair Films e Lammas Park.
L’ultimo lavoro di McQueen,
Widows – Eredità Criminale (distribuito in Italia
dalla 20th Century Fox) ha visto il regista tornare dietro la
macchina da presa cinque anni dopo l’Oscar di 12 anni
schiavo, traducendo sul grande schermo la
sceneggiatura di Gyllian Flinn (Gone
Girl, Dark Places), a sua volta ispirata alla
serie televisiva Le vedove.
Nel cast della pellicola, uscita
nelle sale lo scorso 16 novembre 2018, Viola
Davis, Michelle
Rodriguez, Elizabeth
Debicki, Colin Farrell e Liam
Neeson.
Il film racconta la
storia di quattro donne che, dopo la morte dei rispettivi
mariti coinvolti nella stessa rapina, decideranno di regolare
i conti con i loro assassini.
Il nuovo documentario di
Steve McQueen,Occupied City,
dura più di quattro ore, ma il regista pensa che avrebbero potuto
durare fino a 40 ore, dato l’argomento. Durante la partecipazione
al London Film Festival, McQueen ha detto all’agenzia di stampa
della regione PA, tramite Yahoo! News,
che il suo nuovo documentario sull’Amsterdam controllata dai
nazisti durante la seconda guerra mondiale avrebbe potuto essere
anche più lungo dei suoi 262 minuti.
“Penso che un’ora e mezza non
gli renderebbe un servizio“, ha detto McQueen. “E che
le ore sono, è tempo di riflettere su qualcosa che, in effetti,
avrebbe potuto durare 24 ore, avrebbe potuto durare 40 ore.”
Ha continuato: “E quindi, c’è una situazione in cui abbiamo
fatto del nostro meglio con ciò che avevamo per tradurre questa
situazione urgente e immediata avvenuta oltre 85 anni fa“.
Di cosa parla la Città Occupata?
“Il passato si scontra con il nostro
presente precario nel coraggioso documentario di Steve McQueen
Occupied City, basato sul libro Atlas of an Occupied City
(Amsterdam 1940-1945) scritto da Bianca Stigter“,
si legge nella sinossi ufficiale. “McQueen crea due ritratti
intrecciati: uno scavo porta a porta dell’occupazione nazista che
ancora infesta la sua città adottiva, e un vivido viaggio
attraverso gli ultimi anni di pandemia e protesta. Ciò che
emerge è allo stesso tempo devastante e affermativo, una
meditazione espansiva sulla memoria, sul tempo e su dove siamo
diretti”.
McQueen è noto per aver
diretto Shame
del 2011, 12
anni schiavo del
2013 e Widows
del 2018. Nel 2020, ha anche pubblicato una serie antologica
di cinque film, Small Axe, su Prime Video, che
include Mangrove, Lovers Rock, Red, White e Blue, Alex
Wheatle e Education. Ora sta lavorando a un film
ambientato anch’esso sulla Seconda Guerra Mondiale, Blitz,
che vedrà protagonista Saoirse Ronan. Dopo essere stato presentato in
anteprima al Festival di
Cannes nel maggio 2023, Occupied City è
stato proiettato anche al Telluride Film Festival in
agosto. A24 ha acquisito i diritti per distribuire il
documentario, anche se non è stata ancora fissata una data di
uscita.
Il 28 agosto arriva su
Sky Documentaries il docu-film, Steve McQueen – Il film
perduto che ricostruisce il progetto di “Day of the Champion”,
che non ha mai visto la luce. Nel 1965, il tentativo di Steve
McQueen di fare l’ultimo film di F1 è stato abbandonato a metà
durante le riprese: questo docufilm cerca di rimetterne insieme i
pezzi.
Steve McQueen – Il film
perduto, un film Sky Original
disponibile su Sky Documentaries (canali 122 e 402)
sabato 28 agosto alle 21.15 e anche on demand e in streaming
su NOW, ricostruisce il dietro le quinte del film.
Steve McQueen – Il film perduto è disponibile
suNOWe anche on demand su Sky.Iscriviti a soli
3 europer il primo mese e guarda
il film e molto altro.
Steve McQueen – Il film perduto, il film
Anche se è morto 40 anni fa, Steve
McQueen rimane ancora oggi un’icona di Hollywood. La serie di
successi al botteghino di McQueen è stata breve ma impressionante –
“The Great Escape”, “Bullitt”, “Papillon” – ma aveva un progetto in
casa che lo ispirava molto.
Il film si intitola “Day Of The
Champion”, ed è stato girato in Europa tra il 1965 e il 1966.
Nessun materiale proveniente dalle sue riprese si pensava fosse
sopravvissuto. Fino a pochi mesi fa, quando furono scoperte delle
bobine di pellicola a colori 35mm. Questi filmati sono solo una
parte di questa storia. Il racconto accende una battaglia tra due
grandi studios hollywoodiani, entrambi pronti a fare lo stesso film
allo stesso tempo. Il soggetto? Il pericolo e il fascino delle
corse automobilistiche di Formula 1. Ma ci sarebbe un solo
vincitore.
Accanto al film a colori salvato ci
sono centinaia di fotografie on-set, molte delle quali catturano
immagini candide e inedite di McQueen stesso.
Il documentario è narrato nella
versione originale, dal leggendario presentatore di talk show
americano e comico David Letterman. “The King Of Late Night”
è un fan di Steve McQueen e porta a questa storia una prospettiva
personale. Altre voci che aiutano a portare questa favola della
vecchia Hollywood a nuova vita: sono il tre volte campione del
mondo di F1 Sir Jackie Stewart e i membri della troupe da
“Day Of The Champion” che sono stati chiamati a svelare i segreti
delle campagne di Hollywood tra i due film concorrenti.
Anche gli esperti cinematografici
James King e la Christina Newland del Guardian offrono prospettive
informate, mentre il biografo britannico di McQueen, Richard
Sydenham, rivela degli aneddoti inediti circa l’icona di Hollywood,
che danno vita a questa storia straordinaria.
Guarda la video intervista a
Seth
Rogen, co-protagonista del film Steve
Jobs di Danny Boyle con Michael
Fassbender nei panni del fondatore della Apple.
Ricordiamo che Steve
Jobsuscirà il 9 ottobre negli
USA. La sceneggiatura, scritta da Aaron
Sorkin, verterà attorno a tre principali momenti,
corrispondenti al lancio di tre grossi progetti: il Mac, la
compagnia NeXT, e l’iMac. La foto che ritrae
Michael Fassbender, si riferisce al lancio della della
società NeXT creata da Jobs a metà degli anni ’80 dopo essere stato
estromesso dalla Apple. Il film, che uscirà in Italia a Gennaio
2016, vede tra i protagonistiKate
Winslet, Sarah Snook, Seth
Rogen, Jeff Daniels, Michael Stuhlbarg, Perla
Haney-Jardine, Katherine
Waterston, Adam Shapiron
Ambientato nel backstage del lancio
di tre prodotti iconici culminato nel 1998 con l’inaugurazione
dell’iMac, Steve
Jobs ci porta dietro le quinte della rivoluzione
digitale per dipingere il ritratto intimo di un uomo geniale.
Steve
Jobs è diretto dal premio Oscar Danny
Boyle e scritto dal Premio Oscar Aaron
Sorkin, basandosi sulla biografia best-seller del
fondatore della Apple, opera di Walter Isaacson. I produttori sono
Mark Gordon, Guymon Casady di Film 360, Scott Rudin ed il premio
Oscar Christian Colson.
Michael Fassbender interpreta Steve
Jobs, il pionieristico fondatore della Apple, mentre
l’attrice Premio Oscar
Kate Winslet ritrae Joanna Hoffman, ex responsabile
marketing di Macintosh. Steve Wozniak, co-fondatore di Apple, è
interpretato da
Seth Rogen, e Jeff Daniels interpreta
l’ex CEO della Apple John Sculley. Il film ha anche come interpreti
Katherine Waterston nei panni di Chrisann Brennan,
l’ex-fidanzata di Jobs, e Michael Stuhlbarg nel
ruolo di Andy Hertzfeld, uno dei membri originali del team addetto
allo sviluppo del Macintosh della Apple.
Era difficile che un uomo
visionario e rivoluzionario come Steve Jobs non
venisse raccontato al cinema, e infatti nel giro di appena tre anni
sono arrivati sul grande schermo ben due film a lui dedicati. Il
primo, del 2013, è intitolato Jobs, ed è interpretato
tdall’attore Ashton Kutcher.
Il secondo, più riuscito ed apprezzato, è invece Steve
Jobs, arrivato in sala nel 2015 per la
regia di Danny Boyle, premio Oscar per The
Millionaire, e scritto da Aaron Sorkin, che
aveva già raccontato di un altro celebre innovatore informatico
come Mark Zuckerberg in The Social Network. A
dar volto al fondatore della Apple è qui l’attore
Michael Fassbender.
Sorkin ha basato la propria
sceneggiatura sulla biografia autorizzata Steve Jobs,
scritta da Walter Isaacson e pubblicata nel 2011,
nello stesso anno della scomparsa dell’imprenditore statunitense.
Lo sceneggiatore, però, decise di non raccontare l’intera vita di
questi, bensì di concentrarsi sul dietro le quinte di tre momenti
fondamentali della sua vita. Distanti nello spazio e nel tempo,
questi definiscono al meglio la personalità dell’inventore,
permettendo un ingresso più intimo in questa e nella sua mente.
Presentato in anteprima al Telluride Film Festival, Steve
Jobs è stato accolto da pareri particolarmente positivi, che
elogiano tanto la costruzione del racconto quanto le
interpretazioni dei protagonisti.
Per dar vita alle tre sequenze del
film, ambientate in anni diversi, il regista scelse inoltre di
girare avvalendosi di pellicola 16mm, 35mm e infine del digitale.
Ciò gli permise di sottolineare ulteriormente i progressi
tecnologici di ripresa, merito anche delle innovazioni apportate da
Jobs. Prima di intraprendere una visione di questo, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative al titolo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e alla
vera storia dietro il film. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Steve Jobs: la trama del film
Ambientato rispettivamente nel
1984, nel 1988 e nel 1998, il film ripercorre la presentazione del
primo Mac, il lancio di NeXT e il trionfale convegno durante il
quale il mondo conobbe il primo iMac. Tre tappe fondamentali
per SteveJobs, attraverso
cui arriva a definire il proprio genio e la propria fortuna. Nel
dar vita agli istanti che precedono queste importanti rivelazioni
al mondo, il racconto permette di entrare in contatto con lo Steve
imprenditore e uomo, il quale passa dall’essere un brillante
rivoluzionario ad un despota senza scrupoli, da padre reticente a
persona fragile a causa di traumi passati. Accanto a lui, i
collaboratori di sempre, Joanna
Hoffman e Steve Wozniak, lo
aiuteranno a fondare il proprio impero.
Steve Jobs: il cast del film
Per interpretare il ruolo di Steve
Jobs era originariamente stato considerato l’attore
Christian Bale, giudicato perfetto
per la parte. A pensarla così era anche Michael
Fassbender, scelto come sostituto nel momento in cui
Bale rinunciò al progetto. Fassbender ammise di essere stato a
lungo nel dubbio se accettare o meno, non sentendosi all’altezza
del collega. Affascinato dalla figura di Jobs, decise infine di
vestirne i panni, conducendo lunghe ricercher per capirlo meglio.
Fassbender, tuttavia, raccontò di aver cercato di dar vita ad
un’interpretazione personale dell’inventore, non volendo finire con
l’imitarlo. La sua performance fu infine così apprezzata da
portarlo a guadagnare una nomination all’Oscar come miglior
attore.
Accanto a lui, si ritrova Seth Rogen nei
panni di Steve Wozniak. Per interpretare questi, l’attore ha speso
diverso tempo in compagnia di questi, al fine di conoscerlo e
capirlo meglio. Prima di prendere parte al progetto, infatti, non
aveva idea di chi fosse Wozniak. La premio Oscar Kate Winslet
recita invece nel ruolo di Joanna Hoffman, da lei ardentemente
desiderato. Venuta a sapere del progetto, infatti, si è subito
messa in contatto con Boyle, dimostrandogli di essere l’interprete
giusta per la parte. La Winslet ha infine ottenuto una nomination
come miglior attrice non protagonista per la sua performance. Nel
film sono poi presenti gli attori Jeff Daniels nei
panni di John Sculley, CEO della Apple, Katherie
Waterstone in quelli della ex fidanzata di Jobs, e
Michael Stuhlbarg in quelli dell’ingegnere Andy
Hertzfeld.
Steve Jobs: le differenze tra il
film e la vera storia
Pur basandosi sulla biografia
autorizzata di Jobs, il film si prende necessariamente alcune
libertà, che portano a stravolgere alcuni degli eventi raccontati.
Tali modifiche alla realtà, infatti, hanno permesso agli autori di
far trasparire in modo più chiaro per il cinema la personalità del
protagonista. La scena d’apertura, ambientata nel 1984, dove si
ritrova uno Jobs furioso poiché il Macintosh non pronuncia la
parola “ciao”, non è infatti mai avvenuta. Il rapporto che il
protagonista intrattiene lì con gli altri personaggi permette però
di far fuoriuscire alcuni difetti caratteriali di questi. Allo
stesso modo, il rapporto presentato tra Jobs e la figlia Lisa
Brennan, di cui l’inventore aveva rifiutato la paternità, viene qui
raccontata in maniera più edulcorata e sentimentale. Nella realtà,
Jobs si riavvicinò alla figlia in maniera differente.
Allo stesso modo, molto diverse
sono le vicende relative al lancio del computer NeXT.
Contrariamente a quanto avviene nel film, infatti, la Apple non ha
sporto denuncia nei confronti di Jobs al momento della promozione
del suo nuovo computer, bensì anni prima. Particolarmente
rimaneggiato è inoltre il rapporto di Jobs con Wozniak, e molte
delle scene che li vedono qui protagonisti non sono mai avvenute.
Ugualmente, quasi nessuno dei dialoghi presenti nel film è mai
avvenuto. Il film, infatti, è estremamente poco attinente alla
realtà degli eventi narrati. Come anticipato, però, l’interesse di
Sorkin era quello di utilizzare tre momenti chiave per tentare di
raccontare una personalità, anche a costo di tradire l’effettivo
svolgimento degli eventi. Ciò non rende però meno godibile il film,
che anzi risulta essere particolarmente brillante nella
rappresentazione del protagonista.
Steve Jobs: il trailer e dove
vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Steve
Jobs grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti
disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema,
Google Play, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
sabato 30 gennaio alle ore 21:00
sul canale Iris.