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The Trial of the Chicago 7: la Paramount acquista il film di Aaron Sorkin

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Dopo una lunga gestazione, il film The Trial of the Chicago 7 è stato acquistato dalla Paramount Picture. Il film, scritto e diretto dal premio Oscar Aaron Sorkin, doveva inizialmente essere realizzato con la Amblin Partners di Steven Spielberg, ma dopo divergenze riguardo al budget il progetto fu messo da parte.

Inizialmente doveva essere proprio Spielberg il regista del film, ma i continui ritardi spinsero a cercare un nuovo regista e per il ruolo furono considerati anche Paul Greengrass e Ben Stiller. Dopo il suo debutto alla regia con Molly’s Game, fu proprio Sorkin ad ottenere la regia della sua sceneggiatura, scritta nel 2007.

Ora con la nuova acquisizione, tutto sembra pronto per l’inizio della produzione, per una data di distribuzione ancora da definire. È già definito anche il cast principale, che vedrà tra i protagonisti Eddie Redmayne, Sacha Baron Cohen, Seth Rogen, Joseph Gordon-Levitt, Mark Rylance, Frank Langella e Jonathan Majors.

La storia si concentrerà su un gruppo di attivisti, i quali vennero incriminati per cospirazione dal governo americano in seguito ai disordini avvenuti alla Convention democratica a Chicago, nel 1968.

Il regista Aaron Sorkis si è dichiarato entusiasta all’idea di poter realizzare un film su una delle più divertenti, intense e tragiche storie dell’America. Secondo il regista, nonostante The Trial of the Chicago 7 avrà luogo negli anni ’60, non c’è miglior momento di questo per raccontare questa vicenda.

Fonte: ComingSoon.net

Aladdin 2: il film non sarà un adattamento dei sequel animati

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Aladdin 2: il film non sarà un adattamento dei sequel animati

Nonostante lo scettiscismo generale riguardo la trasposizione live action di Aladdin, scetticismo in particolare legato al genio interpretato da Will Smith, il film diretto da Guy Ritchie ha guadagnato in tutto il mondo oltre un miliardo di dollari, diventando il re del box office estivo.

Ora la Disney sembra star valutando la possibilità di uno o più sequel cinematografici, i quali potrebbero essere influenzati dai sequel animati intitolati Il ritorno di Jafar e Aladdin e il re dei ladri.

Durante un’intervista, il produttore del film ha confermato che si sta considerando l’idea di realizzare un sequel al film campione di incassi, ma viene inoltre riportato che qualora questo dovesse prendere vita sarà basato su una storia originale, e non una trasposizione diretta dei sequel animati, i quali potrebbero tutt’al più essere un influenza narrativa.

“Eravamo concentrati sul realizzare il miglior film possibile. Se ci sarà un sequel, non sarà un diretto remake dei sequel animati, allo stesso modo di come questo nuovo Aladdin non è un diretto remake dell’originale. Abbiamo studiato il film animato inizialmente, cercando di capire cosa funzionasse e cosa dovesse essere riadattato, e se dovessimo realizzare un nuovo film adotteremo lo stesso processo. Ma prima di tutto sarebbe una storia nuova”.

Queste le parole con cui è stato descritto l’eventuale progetto, che per ora non è stato ancora confermato. Considerando inoltre che i due sequel animati non ebbero lo stesso successo del primo film, potrebbe essere un bene ricercare una storia nuova piuttosto che affidarsi ad una non completamente riuscita. Per questo è probabile che la Disney darà luce verde al progetto solo nel caso in cui venga presentata una storia davvero convincente, che possa replicare il successo del primo film.

In attesa di sapere quale sarà il futuro di Aladdin 2, vi ricordiamo che il film sarà prossimamente disponibile per l’home movie. Diretto da Guy Ritchie il film ha nel suo cast Navid Negahban, Billy Magnussen, Alan Tudyk, Naomi scott, Numar Acar e Will Smith nel ruolo del Genio.

Fonte: ScreenRant

Iron Man: Tom Cruise sostituisce Robert Downey Jr. in un video deepfake

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È difficile immaginare Toni Stark, alias Iron Man, con un volto diverso da quello dell’attore Robert Downey Jr. Eppure inizialmente la prima scelta dei produttori per dar vita al celebre supereroe Marvel era Tom Cruise.

Per cercare di immaginare come sarebbe stato se quest’ultimo avesse davvero ottenuto il ruolo, un un nuovo video deep fake diffuso da Collider, ha sostituito il volto di Downey Jr. proprio con quello di Cruise, ottenendo nuovamente un risultato tanto realistico quanto straniante.

https://www.youtube.com/watch?v=iDM69UEyM3w

Nel video è possibile ritrovare spezzoni presi dal primo film dedicato ad Iron Man, che inaugurò l’MCU, fino al suo eroico sacrificio avvenuto nel film Avengers: Endgame. Ciò che colpisce di più del video non è tanto rivedere alcuni dei momenti più iconici del personaggio con un volto diverso da quello a cui si è abituati, quanto sentir pronunciare le più celebri frasi dalla bocca di Tom Cruise.

Sin dal 2008 Robert Downey Jr. non è stato solo il volto di Toni Stark, ma anche quello di questi primi dieci anni di Marvel Cinematic Universe. Impossibile immaginare qualcuno più adatto per questo ruolo, in grado di affermarsi a tal punto da diventare un icona.

Numerosi sono i tributi celebrati all’eroe, tra cui un recente poster che racchiude il suo percorso nell’MCU. Come accennato, la sua ultima apparizione avviene in Avengers: Endgame, dove l’eroe riesce a sconfiggere Thanos e la sua armata, sacrificandosi così per riportare la stabilità nell’Universo.

Fonte: ComicBookResource

WandaVision: secondo i due protagonisti sarà come un film di sei ore

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Dopo essere apparsi insieme nei recenti film Marvel, fino ad Avengers: Infinity War, Wanda e Vision avranno ora una propria serie su Disney+, intitolata appunto WandaVision. Gli attori Paul Bettany e Elizabeth Olsen hanno dichiarato il loro entusiasmo a riguardo, annunciando che la serie sarà strutturata come fosse un film di sei ore.

In un’intervista, Bettany si è dichiarato molto interessato al progetto, convinto che data la sua morte in Infinity War la direzione lo avrebbe messo da parte.  L’attore ha poi descritto la serie come un prodotto particolarmente all’avanguardia, strano e folle.

Elizabeth Olsen sembra essere dello stesso parere del collega, aggiungendo che la serie si baserà su di un genere totalmente differente rispetto a quanto visto fino ad ora, lasciando intuire che, come riportato fino ad ora nella descrizione ufficiale del progetto, la serie avrà molto a che fare con la sitcom.  Tale caratteristica sembra essere confermata anche dallo stile della locandina diffusa di recente.

La Olsen ha inoltre accennato al prossimo Doctor Strange and the Multiverse of Madness, il quale stando alle parole dell’attrice sarebbe ancora in fase di scrittura, e che non ci sono novità riguardo il suo ruolo in esso.

La serie WandaVision è stata annunciata dai Marvel Studios insieme a serie come Loki, The Falcon and the Winter Soldier, Hawkeye e la serie animata What If, e vedranno tutte la luce sulla piattaforma streaming Disney+ di prossima diffusione.  

Fonte: ComicBookResource

Joker: il regista ha impiegato un anno ad ottenere l’R-Rated dalla Warner Bros.

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Il sempre più imminente arrivo del film Joker nelle sale non fa che aumentare la curiosità dei fans. Il personaggio ideato da Todd Phillips sembra essere diverso da qualunque cosa vista nei fumetti o nei precedenti film dove aveva un ruolo.

Parte dell’interesse del pubblico nasce certamente da quel divieto ai minori non accompagnati ottenuto dal film, un divieto che stando alle parole del regista ci è voluto un anno per ottenere. Sembra infatti che per convincere la Warner Bros. a realizzare un film su una versione decisamente violenta del Joker, con tematiche più forti rispetto ai consueti film DC, il regista abbia dovuto affidarsi ad un lungo lavoro di mediazione.

“E’ stato un processo lungo un anno, da quando abbiamo finito di scrivere la sceneggiatura presentandola ad un team completamente diverso da quello che lo aveva realizzato. – ha dichiarato Todd Phillips – Ci sono stati un milione di ostacoli, e quello che ho dovuto fare è stato superarli uno alla volta. Se ripenso a quel periodo, credo di averli maledetti ogni santo giorno. Ora, mettendo tutto in prospettiva, devo dire che sono stati davvero coraggiosi ad accettare di produrre questo film.”

Non resta che attendere il prossimo 3 ottobre, per poter finalmente ammirare il film in sala e scoprire se le insistenze del regista hanno avuto i suoi frutti. Il film verrà però prima presentato in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Diretto da Todd Phillips, il cast comprende Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz, Bill Camp, Frances Conroy, Brett Cullen e Dante Pereira-Olson.

Fonte: ComicBookResource

Storia di un Matrimonio, recensione del film di Noah Baumbach #Venezia76

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Andare a vedere un film di Noah Baumbach presuppone una certa dose di certezze, come con tutti gli autori che mostrano sempre con grande chiarezza quali sono i loro punti di forza e il loro modo di affrontare le storie. Il regista di Brooklyn, presentando Storia di un Matrimonio a Venezia 76, in Concorso, conferma questo assunto, offrendo al pubblico un quadro realistico, attento e prepotentemente emozionante di una storia d’amore che viene fotografata sul suo concludersi.

Nicole e Charlie sono una giovane coppia che dopo anni di matrimonio, un figlio, e progetti comuni importanti (sono regista e attrice principale di una compagnia di teatro di New York), si separano, affrontando così il dolore, ma anche le dinamiche pratiche, i compromessi, le assurdità, che la separazione e il divorzio comportano.

Baumbach scava con la sua penna affilata dentro al cuore della storia, restituisce non solo la sofferenza, ma le reali problematiche logistiche legate al fatto che i due genitori vivranno in città diverse e dovranno condividere comunque una famiglia, un figlio. E questo è insolito dal momento che il divorzio cinematografico (e non) è classicamente inteso come litigioso ed ostile. Storia di un Matrimonio invece racconta la fine dell’unione di fronte alla consapevolezza che l’amore non finirà mai, ma che si trasformerà per il bene di una famiglia che non si sgretola ma che si trasforma.

Non solo. Il fuoco si sposta dalle stanze dei consulenti di coppia a quelle degli avvocati, così che la storia cambia a sua volta e si traveste da procedural, con tutti gli elementi del caso e con la parola agli avvocati, che non hanno affatto la stessa cura nell’altra parte come nel caso dei due ex. E ancora, il film diventa dramma assoluto di fronte alla difficoltà di poter rimanere uniti, di poter continuare entrambi a fare i genitori. E infine persino commedia, amara e buffa, nelle magnifiche e autentiche interpretazioni di Adam Driver e Scarlett Johansson.

Noah Baumbach analizza e scandaglia ogni aspetto di una separazione, ma quello che più ammalia di Storia di un Matrimonio è l’autenticità dei dialoghi, delle situazione, la consapevolezza che di fronte a ostacoli e sofferenza, quello che resta davvero è un terribile vuoto di chi, credendo fosse “per sempre”, ha perso la sua scommessa, il suo investimento sulla vita, e nonostante questo prova a trovare un modo per andare avanti.

Storia di un matrimonio è l’ineluttabile tragicità della fine di un amore al cospetto di una famiglia che tenta e spera, nonostante tutto, di rimanere unita.

Venezia 76: è il giorno del Joker di Joaquin Phoenix

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Venezia 76: è il giorno del Joker di Joaquin Phoenix

Dopo tanta attesa, aspettative, congetture e domande, è arrivato a Venezia 76 il giorno di Joker. Una storia di origine, un dramma metropolitano, l’ascesa di uno dei più grandi cattivi della cultura pop e del fumetto, si sono sprecate le definizioni intorno a questo progetto, nato nella tempesta degli studi della Warner Bros, e adesso Todd Phillips e il suo protagonista, Joaquin Phoenix, hanno la possibilità di mostrarlo al mondo.

Ma non è solo la giornata di Joker, perché oggi, il Concorso ufficiale prevede anche la presentazione di Ema, di Pablo Larrian, il regista cileno che aveva presentato al Lido, appena due anni fa, Jackie.

Il Fuori Concorso prevede invece la presentazione di Adults in the room, il nuovo film di Costa-Gavras, al quale verrà assegnato il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker.

Venezia 76, red carpet: Kristen Stewart e tutti gli altri ospiti del 30 agosto

Kristen Stewart, ma anche Jean Dujardin e Luis Garrel, hanno affollato il tappeto rosso di Venezia 76 nella serata che ha visto presentare in concorso il film di Roman Polanski, L’ufficiale e la Spia, e quello di Benedict Andrews, Seberg, con Kristen Stewart nei panni dell’attrice iconica.

L’ufficiale e la spia: recensione del film di Roman Polanski #Venezia76

In un clima ostile e denso di polemiche, che esulano purtroppo dalla libera espressione cinematografica, arriva al Lido l’opera di uno dei più grandi autori contemporanei, L’ufficiale e la spia di Roman Polanski, un grido potente e determinato contro l’ingiustizia, l’abuso di potere, la persecuzione e la discriminazione.

L’ufficiale e la spia racconta in maniera originale, personale e appassionata, ma al tempo stesso con un’estrema fedeltà storica, una storia che coinvolse e divise l’opinione pubblica in Francia alla fine del diciannovesimo secolo, ovvero quella di Alfred Dreyfus, un giovane ufficiale dell’esercito francese, che il 5 gennaio del 1895, venne condannato, pubblicamente degradato con disonore École militaire di Parigi e deportato a vita nella colonia penale sull’Isola del Diavolo, uno scoglio inospitale nell’oceano atlantico, al largo delle coste della Guyana Francese.

Dreyfus fu accusato di spionaggio e di essere un informatore dei servizi segreti tedeschi. Dopo la sua condanna, George Picquart venne nominato capo dei servizi segreti e del controspionaggio, avendo modo di accedere a tutti i documenti del caso Dreyfus,  scoprendo così casualmente che le informazioni continuavano a passare in mano nemica e che il giovane ufficiale era solo il capro espiatorio di una perversa rete di inganni, fatta di bugie, omertà, razzismo e classismo. Picquart si rese conto che  dietro la limpida ed effimera bandiera dell’onore, venivano commesse ingiustizie e sacrificati innocenti. Iniziò a indagare e a opporsi, mettendo a repentaglio la posizione, la brillante carriera militare e anche la sua stessa vita.

Polanski afferma che “in questo scandalo di vaste proporzioni, forse il più clamoroso del diciannovesimo secolo, si intrecciano l’errore giudiziario, il fallimento della giustizia e l’antisemitismo. Il caso Dreyfus divise la Francia per dodici anni, causando una vera e propria sollevazione in tutto il mondo, e rimane ancora oggi un simbolo dell’iniquità di cui sono capaci le autorità politiche, nel nome degli interessi nazionali.”

L’ufficiale e la spia, il film

Il titolo originale J’accuse giunge da quello che Émile Zola decise di dare al suo famoso articolo che pubblicò per denunciare il caso Dreyfus e sostenere Picquart e che gli costò un anno di prigione e tremila franchi di multa.

L’ufficiale e la spia di Roman Polanski è un film poderoso, elegante, spiazzante, che racconta con chiarezza e dovizia di dettagli una storia che tutti hanno sentito nominare o che magari hanno studiato a scuola superficialmente, ma che in realtà non conoscono affatto. Polanski imbastisce l’ennesimo complotto della sua smisurata vena creativa e, lasciando da parte fantasie, visioni e allucinazioni, lo fa appoggiandosi a fatti reali ormai sperduti nelle paludi della storia. Come aveva già fatto ne Il pianista, racconta le sue paure, tradisce le sue ossessioni, denuncia le iniquità, le prepotenze e le sopraffazioni e invoca giustizia e libertà. È emozionante scoprire come la claustrofobia, la reclusione forzata, la profanazione della propria casa e del proprio intimo, l’osservare il mondo esterno attraverso finestre sempre più anguste, l’impossibilità di tenere sotto chiave segreti e pensieri, irrompano prepotentemente in ogni fotogramma, riportando le emozioni indietro alle tante opere che hanno dettato gli stilemi della sua complessa poetica cinematografica. Si avvertono le pulsioni emotive che i tanti accadimenti tragici hanno fatto emergere nel corso della sua vita e soprattutto in questo ultimo periodo. Complice del fido scenografo Jean Rabasse, Polanski gioca abilmente con gli spazi chiusi, con i cassetti, le casseforti, le chiavi e le serrature. Il suo occhio si muove come uno scarafaggio kafkiano alla disperata ricerca di un piccolo spazio intimo e sicuro dove poter essere al riparo dai giudizi e dall’iniquità, dove non sentirsi accusati o dileggiati per una presunta diversità.

Non è la prima volta che la dolorosa vicenda di Alfred Dreyfus viene trasposta sullo schermo. Iniziò addirittura George Melies, nel 1899, con un cortometraggio muto intitolato L’Affaire Dreyfus. Il primo lungometraggio venne realizzato invece nel 1958, da José Ferrer e poi, dopo altre versioni per il cinema e per la televisione, si arrivò a Prigionieri dell’onore, diretto da Ken Russell nel 1991 e interpretato per caso dal quasi omonimo Richard Dreyfuss.

Alfred Dreyfus è interpretato da un sorprendente  Louis Garrel, smagrito e privato della sua folta chioma, per restituire al meglio il patimento del suo personaggio. George Picquart invece ha il volto di Jean Dujardin, perfetto e misurato nel restituire il temporale di emozioni che lo investì una volta invischiato nello sconvolgente caso. Il personaggio vestito da Emmanuelle Seigner, l’amante di Picquart, merita un plauso, per la delicatezza e l’eleganza che l’attrice ha saputo regalare all’unico personaggio femminile della vicenda. E infine, come non ammirare e gustare il criminologo ed esperto calligrafico, dipinto da Mathieu Amalric, che tra scheletri e compassi craniometrici si esibisce tronfio della sua scienza in una riuscita caricatura lombrosiana di un pioniere della nascente investigazione criminologica.

L’ufficiale e la spia di Roman Polanski è un film prezioso, che permette di comprendere dettagliatamente un fatto increscioso della storia europea e che sottolinea come l’intolleranza e la discriminazione siano sempre incombenti. Sicuramente è un opera di non facile fruibilità, che richiede concentrazione e approfondimento, ma che non nega emozioni e descrizioni intime che restituiscono umanità a personaggi divenuti ormai fredde pagine di storia.

Venezia 76: 5 è il numero perfetto, incontro con il regista e l’autore Igort

Per il suo esordio al cinema, la trasposizione del suo stesso fumetto 5 è il numero perfetto, Igort ha scelto la Mostra di Venezia 76 e Le Giornate degli Autori, dove ha parlato della sua esperienza dietro alla macchina da presa.

“È stato un film di lunghissima gestazione, soprattutto perché avevo molte richieste da ogni parte, non solo dall’Italia. Evidentemente si tratta di un fumetto molto cinematografico. Sono un autore che ha avuto abbastanza fortuna, per cui la mia attività si è svolta a cavallo tra Italia e Giappone, sono stato il primo autore occidentale a lavorare con il manga, e quindi forse nel film troverete delle assonanze con la cultura asiatica e con un certo modo di raccontare.” Ha spiegato alla stampa il fumettista.

Sulla realizzazione del film e sulle sue ispirazioni: “È stato un lavoro corale in cui sono stato aiutato molto per la costruzione del racconto che è da un punto di vista visivo che evocava un lavoro sul colore e sulla costruzione delle scene che deve molto anche alla pittura e alla cultura visiva del nostro Paese. Ho cercato anche di rendere omaggio al cinema italiano, che è per me la quintessenza del cinema moderno, inventato da Fellini e Antonioni e Leone. Questa visione è rimbalzata in Asia, dove Wong Kar Wai o Zhang Yi Mu hanno studiato e hanno assimilato l’idea che l’immagine sia racconto, che sento mia. Sono un narratore che costruisce la parola vignetta per vignetta, e questa cosa cercavamo di reinventarla nel film, partendo dall’assioma che non era un cinefumetto, ma un film.”

Sul fatto che ha scelto lui stesso di dirigere il film: “Se ho diretto il film è tutta colpa di Toni Servillo. Da quando ci siamo conosciuti, io e lui ci siamo riconosciuti, era chiaro che avevamo dei riferimenti culturali comuni che hanno cementato la nostra amicizia, e questa cosa ritornava anche nel pensiero del film. È stato come un lungo work in progress.”

Venezia 76: presentato L’ufficiale e la spia, ma senza Roman Polanski

Peccato che in una conferenza stampa affollata ed entusiasta non sia stato presente Roman Polanski, autore del riuscito e toccante L’ufficiale e la spia, trasposizione del caso Dreyfus, una vicenda di spionaggio militare avvenuta negli ultimi anni del diciannovesimo secolo. Parlare del film senza l’autore presente diviene riduttivo e fa perdere importanza a un incontro che poteva rappresentare un prezioso momento di confronto e di approfondimento.

Ma i fatti ben noti e le polemiche di questi giorni hanno reso impossibile la sua presenza, si è così chiesto di concentrarsi sul film e di evitare discussioni e domande che esulassero da questo.

Erano presenti gli attori Louis Garrel, Jean Dujardin, Emmanuelle Seigner, il musicista Alexandre Desplat, il produttore francese Alain Goldman e i produttori italiani Luca Barbareschi e Paolo Del Brocco.

Sono stati i produttori a rompere il ghiaccio, chiedendo di non alimentare polemiche e parlando della genesi del film, raccontando che era un progetto difficile e fortemente attuale a cui Polanski lavorava da tanti anni.

Jean Dujardin dice di aver sempre sentito parlare di questa storia e di averne dei ricordi confusi. Poi leggendo lo script e facendo ricerche si è appassionato, arrivando a provare pudore nell’interpretare il suo personaggio e capendo che la vera star era la storia. Dopo aver girato il film gli rimane dentro la fierezza del personaggio che ha interpretato.

Ha poi raccontato del lavoro sul set e di come Polanski dirige gli attori. Di come sia pignolo e meticoloso nella composizione della scena e riveda sempre tutto nei minimi dettagli. Pone la verità sempre davanti a ogni cosa, ti scava dentro, fin nel profondo, rendendo molto difficile il rapporto regista-attore. E alla fine, quando ti ostini e non capisci, lui ti ripete all’infinito “Non fare il coglione e segui quello che dico!”

Emmanuelle Seigner ammette anche lei che conosceva molto poco della storia, ma che la lettura della sceneggiatura è stata illuminante rivelando che non è un film storico ma un thriller politico, intricato e avvincente. Non ha fatto nessuna ricerca particolare, ma ha affrontato il ruolo in maniera onesta e precisa.

Ha ricordato che oggi è il trentesimo anniversario di matrimonio con Roman Polanski e che è felice di essergli accanto da tanti anni, nella vita e sul set. Confessa che è sempre difficile capire cosa veramente vuole e di affidarsi a lui, sapendo che poi tutto andrà nel migliore dei modi.

Louis Garrel, in perfetto italiano, oltre a ribadire che anche per lui è stato un modo per conoscere la vera storia di Dreyfus, ha raccontato di aver conosciuto una sua discendente e di aver appreso con dolore che la sua famiglia fu deportata e trucidata durante le persecuzioni contro gli ebrei, nel corso della seconda guerra mondiale.

Poi per dare una vena d’ironia scherza sul aver recitato con i capelli rasati, cosa che per lui è stato un grande trauma durante tutto il corso delle riprese.

I produttori Goldman e Barbareschi hanno sottolineato l’importanza di mostrare al cinema storie come questa, perché i film sono anche uno strumento importante per conoscere e riflettere e permettono di combattere l’ignoranza. L’arte deve permettere agli uomini di fare del bene.

Venezia 76: Kristen Stewart super star di Seberg

Venezia 76: Kristen Stewart super star di Seberg

Kristen Stewart è stata la star della conferenza stampa di Seberg, il film Fuori Concorso, diretto da Benedict Andrews, presentato oggi a Venezia 76. Il film si ispira alla vita reale dell’attrice Jean Seberg, divenuta icona della Nuovelle Vague come protagonista di Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard, presa di mira dal FBI, alla fine degli anni ’60, per il suo simpatizzare per le Pantere Nere, oltre che per il suo coinvolgimento romantico con l’attivista per i diritti civili Hakim Jamal.

Arrivata alla fama internazionale molto giovane, la Stewart ha subito un cambiamento davvero radicale sotto gli occhi del mondo, da quando, protagonista di Twilight, era l’idolo delle teenager, fino a trasformarsi in una donna e un’attrice molto più completa, amatissima dal cinema francese.

Tuttavia la sua maturazione personale e professionale le ha regalato una sicurezza che traspare anche dal fatto che ora la Stewart dice che “è fantastico avere questa posizione di privilegio in cui posso essere totalmente aperta nel comunicare con le persone”. Cosa che non si è verificata con la Seberg, che invece ha pagato la sua posizione così schierata nella vita sociale e politica del suo Paese nel suo tempo.

“Facendo l’attrice quello che cerchi è una sorta di legame con la gente e la sfida sta nel mantenere la propria onestà. Jean Seberg aveva una fame diversa, però, quella di connettersi più di altri, più a fondo, con le persone. Era anche spinta da una forte vocazione umanitaria, in un momento in cui le persone non volevano vedere, capire. Quella che racconta il film è una storia molto importante, e lo è soprattutto oggi. Perché sacrificarsi per un’idea, per gli altri, è raro. Ed è giusto che Jean Seberg non venga ricordata solamente per il suo taglio di capelli”. 

Continua la Stewart“C’era qualcosa di naturalistico nella sua recitazione, emergeva qualcosa di splendente. Il fatto che fosse bene accolta nel suo paese e anche in Francia le ha consentito di correre dei rischi, sicuramente è stata identificata in questo modo. Ho lavorato su questa cosa, ho cercato di essere me stessa, ho percepito questo desiderio da parte sua, di essere accettata lavorando in questo modo, quasi gridando ‘guardatemi, sono vera!’. E proprio per questo ha trovato terreno fertile in Francia, immagino”.

Venezia 76: Mario Martone porta Eduardo De Filippo al cinema con Il Sindaco del Rione Sanità

Dopo Capri Revolution dello scorso anno, Mario Martone torna in Concorso a Venezia 76 con Il Sindaco del Rione Sanità, adattamento per il cinema dell’omonimo testo teatrale di Eduardo De Filippo. Il testo, scritto a cavallo tra i ’50 e i ’60, aveva naturalmente necessità di un adattamento che lo rendesse contemporaneo, nelle scelte di Martone, e da questo il regista è partito. “La prima intuizione per riproporre al cinema il testo di Eduardo De Filippo è stata quella di abbassare drasticamente l’età del protagonista. Nel testo originale, Antonio Barracano ha oltre 70 anni e noi abbiamo scelto Francesco Di Leva, un attore di 38 anni. Da questa decisione ne sono scaturite altre che ci hanno portati a misurarci con il testo di Eduardo con una grande fedeltà, anche drammaturgica, ma con una profonda reinvenzione in chiave contemporanea.”

Proprio sull’attualizzazione dei personaggi, Francesco Di Leva, interprete del protagonista, ha raccontato di come ha cercato di cambiare il personaggio a partire dal look, eliminando la vestaglia in cui si presentava nelle rappresentazioni originali e optando per un abbigliamento da pugile, tanto che ha inserito, di sua volontà, anche una panca per addominali, che effettivamente usa nel film. “Nel testo è molto importante la separazione tra la Napoli per bene e quella criminale. La zona grigia che accomuna le due zone è abitata da due personaggi, il dottore, che è un professore che non si sa come vive con Barracano, in un rapporto pinteriano di prigionia e amore, e dall’altra parte Santaniello, il vero antagonista che gli getta in faccia la sua onestà, come a volerlo umiliare. Peccato che da questo gesto deriveranno conseguenze pericolose.” Ha spiegato Martone.

L’attualizzazione del testo è stata semplice, secondo Massimiliano Gallo, interprete di Santaniello, perché come i grandi testi parla di cose universali. Questi temi ci hanno aiutati nel percorso attoriale in quanto appartenenti all’essere umano in ogni suo momento. L’indicazione agli attori di Mario Martone per Il Sindaco del Rione Sanità è stata quella di tenersi in una via di mezzo tra Cassavetes e Mario Merola, per ottenere un risultato teatrale ma allo stesso tempo di grande intimità trai personaggi nelle loro interazioni.

Terminator: Destino Oscuro potrebbe essere il primo film di una nuova trilogia

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Con Terminator: Destino Oscuro pronto ad arrivare in sala, gli autori si stanno già interrogando sul futuro del iconico franchise sci-fi.

L’ideatore James Cameron, che è produttore e co-sceneggiatore del nuovo film, ha dichiarato che mentre sviluppavano la storia, che segna il ritorno di Linda Hamilton, si sono ritrovati ad avere progetti per un’intera nuova trilogia, di cui Destino Oscuro sarebbe solo il primo capitolo.

“Abbiamo passato diverse settimane per cercare di capire che tipo di storia volessimo raccontare, – ha dichiarato Cameron in un’intervista con Deadline – e ben presto ci siamo ritrovati con abbastanza materiale per un arco narrativo di tre film. C’è ancora molto da raccontare, e se saremo abbastanza fortunati da fare gli incassi necessari con Destino Oscuro, sappiamo perfettamente come far evolvere la storia.”

Terminator: Destino Oscuro è il sesto film del franchise, il quale però ignora gli eventi dei precedenti film ad eccezione dell’originale del 1984 e del suo sequel diretto Terminator 2: Judgment Day, entrambi diretti da Cameron stesso.

Il nuovo film è ambientato ventisette anni dopo la distruzione della Cyberdyne Systems. Un nuovo Terminator modificato in metallo liquido, il Rev 9, viene inviato dal futuro da Skynet per eliminare la giovane Dani Ramos. Sarah Connor e un vecchio T-800 si impegneranno a salvarla, in una lotta per la tutela del futuro.

Terminator: Destino Oscuro è diretto da Tim Miller e prodotto da James Cameron. Il cast comprende Arnold Schwarzenegger, Linda Hamilton, Mackenzie Davis, Gabriel Luna, Natalia Reyes e Diego Boneta. Il filma sarà nelle sale cinematografiche italiane dal 31 ottobre.

Fonte: ComicBookResource

Merrily We Roll Along: Richard Linklater dirigerà il film nell’arco di 20 anni

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Dopo aver speso 12 anni a lavorare sul film Boyhood, considerata la summa del suo cinema, il regista texano Richard Linklater sembra essere pronto a compiere nuovamente un’impresa simile.

Il regista dirigerà infatti l’adattamento cinematografico dell’opera Merrily We Roll Along, di Stephen Sondheim e George Furth. La storia è ambientata nell’arco temporale di 20 anni, e Linklater sembra voler onorare questa linea temporale, proprio come avvenuto per il film nominato ad inizio articolo.

“Mi sono innamorato di quest’opera negli anni ’80, – ha dichiarato il regista – e non riesco a pensare ad un miglior posto dove spendere i prossimi 20 anni, se non nel mondo musicale inventato da Sondheim. Non mi getto in imprese simili con leggerezza, ma questo mi sembra il migliore, forse l’unico modo, per trasporre questa storia in film”.

Il musical ripercorre al contrario la storia dell’amicizia tra il compositore Franklin Shepard, il paroliere Charles Kringas e la scrittrice Mary Flynn, dalla definitiva rottura nel 1976 al suo inizio nel 1957. L’opera raccoglie in sé numerose tematiche, dalla nostalgia alla delusione, dalla mercificazione dell’arte allo spirito capitalista che rovina i rapporti tra gli uomini.

Tematiche ricorrenti nel cinema di Linklater, che avrà 79 anni al termine delle riprese, e potrebbe con questo nuovo progetto realizzare l’opera più imponente della sua carriera.

Il cast di Merrily We Roll Along prevede gli attori Beanie Feldstein (Lady Bird, La rivincità delle sfigate), Ben Plattt (Billy Lynn – Un giorno da eroe) e Blake Jenner (Tutti vogliono qualcosa). A produrre ci saranno invece lo stesso Linklater insieme a Jonathan Marc Sherman, Ginger Sledge e Jason Blum con la sua Blumhouse.

Fonti: Variety, ScreenRant

Spider-Man: zia May testa lo Spider-Sense in un nuovo concept art

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Spider-Man: Far From Home ha reintrodotto il celebre “Spider-Sense”, uno dei più celebri poteri del celebre personaggio Marvel. Nel film è possibile infatti vedere zia May, interpretata da Marisa Tomei, lanciare oggetti contro il nipote per testare la sua abilità.

Viene ora pubblicato un concept art inutilizzato all’interno del film, dove è possibile osservare uno Spider-Man bendato, e alle sue spalle proprio zia May intenta a puntargli contro un fucile da paintball, pronta per testare ulteriormente lo Spider-Sense.

Sin dalla scoperta dell’identità di Spider-Man, avvenuta alla fine di Spider-Man: Homecoming, zia May si è dimostrata la sua sostenitrice numero uno, incoraggiando il nipote a continuare la sua carriera da supereroe per salvare la città e il mondo.

Benché l’attuale futuro del personaggio nell’MCU rimanga incerto, con le negoziazioni tra Sony e Marvel ancora in atto, questo concept art svela un curioso retroscena di un’idea poi non finita nel montaggio finale.

Spider-Man: Far From Home è uscito il 10 luglio in sala, ed è ancora oggi presente al cinema. Nel film, ambientato pochi mesi dopo gli eventi di Avengers: Endgame, Spider-Man si ritroverà a dover fronteggiare gli Elementali, esseri composti dai quattro elementi fondamentali che minacciano di distruggere il pianeta. Al suo fianco ci sarà però Quentin Beck, rinominato Mysterio, eroe dall’enigmatico passato.

 Il film è diretto da Jon Watts con Tom Holland, Jake Gyllenhaal, Zendaya, Samuel L. Jackson, Cobie Smulders, Jon Favreau, JB Smoove, Jacob Batalon e Marisa Tomei.

Fonte: ComicBookResource

Obi-Wan Kenobi: la serie Disney sarà ambietata otto anni dopo La vendetta dei Sith

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Dopo mesi di rumor, al D23 Expo la Disney ha confermato il ritorno dell’attore Ewan McGregor nel ruolo di Obi-Wan Kenobi in una serie a lui dedicata, la quale sarà disponibile direttamente sulla piattaforma streaming Disney+.

Iniziano ora ad arrivare i primi dettagli riguardanti la serie, che sembra verrà ambientata otto anni dopo gli eventi avvenuti in La vendetta dei Sith, terzo film della trilogia prequel, che ha visto nascere il personaggio di Darth Vader.

Non si hanno ancora dettagli sulla trama, anche se le teorie dei fan sono numerose e molti ipotizzano un ritorno del Sith Darth Maul, affrontato dal Kenobi di McGregor nel film La minaccia fantasma. Molte potrebbero tuttavia essere le avventure nel quale potrebbe ritrovarsi coinvolto il personaggio, il quale solo più tardi avrebbe fatto la conoscenza di Luke Skywalker e Han Solo.

Nonostante siano passati quasi quindici anni dal film La vendetta dei Sith, McGregor non sembrerebbe essere invecchiato a sufficienza per il tempo in cui la serie è ambientata, facendo presupporre che potrebbe acquistare gli anni necessari grazie al trucco o alle nuove tecnologie CGI.

Ciò che per ora sembra essere certo è che la sceneggiatura è pronta, e le riprese inizieranno il prossimo anno. Prima di allora, la prossima incursione nell’Universo di Star Wars sarà a dicembre, con l’uscita nelle sale del film L’Ascesa di Skywalker, ultimo capitolo della nuova trilogia diretto nuovamente da J.J. Abrams.

Fonte: Empire

Joker: il nuovo trailer rivela un easter egg legato a Batman v. Superman

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Come riportato da alcuni utenti di Reddit, all’interno del nuovo trailer del film Joker si nasconderebbe un particolare riferimento al film Batman v. Superman, diretto da Zack Snyder nel 2016.

Nel trailer è possibile osservare numerosi uomini indossanti una maschera che riproduce il trucco del Joker. Gli uomini si aggirano per tutta Gotham, e in un’inquadratura in particolare questi si trovano nei pressi di un cinema dove viene proiettato il film Excalibur, fantasy del 1981.

Potrebbe trattarsi proprio dello stesso cinema visto nel film di Snyder, il quale segnalava in cartellone proprio il film Excalibur. In quel cinema si trovavano Thomas e Martha Wayne, insieme al piccolo Bruce, prima di essere uccisi.

Questo dettaglio potrebbe collegare i due film, rendendo così la nuova versione di Joker indirettamente responsabile per la creazione di Batman.

Anche se si trattasse solamente di un easter egg, è un brillante stratagemma che conferirebbe un aspetto ancora più cupo al film, e al destino dei genitori di Bruce Wayne.

Joker sarà un film scollegato dal DC Extended Universe, e avrà per protagonista Arthur Fleck, un aspirante cabarettista il cui scarso successo lo costringe a lavorare come pagliaccio. Alienato ed emarginato dalla società, nel tentativo di ribellarsi finirà con il trasformarsi in una delle peggiori menti criminali mai viste a Gotham.

Vi ricordiamo che il film Joker sarà presentato alla 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, per poi arrivare nei cinema dal 4 ottobre. Il film è diretto da Todd Phillips e ha nel suo cast attori quali Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz, Bill Camp, Frances Conroy e Brett Cullen.

Fonte: ComicBookResource

The Flash: Andy Muschietti sarà il regista del film

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The Flash: Andy Muschietti sarà il regista del film

Dopo alcune insistenti voci, è finalmente arrivata la conferma che Andy Muschietti sarà il regista del film The Flash, per la Warner Bros. Il film sarà così il nuovo progetto di Muschietti dopo i due capitoli dedicati alla trasposizione cinematografica di IT.

Proprio durante una conferenza stampa di promozione del film IT – Capitolo Due, il regista ha confermato tali voci. Il regista ha poi aggiunto qualche dettaglio su quello che ci si deve aspettare da questo progetto.

“Non credo ci saranno elementi horror nel film. – ha dichiarato il regista – Quello che mi affascina di Flash è il suo dramma umano, le emozioni e i sentimenti che entrano in gioco. Sarà stimolante lavorarci. Non posso garantire che ci saranno elementi di genere horror, ma sarà sicuramente una storia profondamente umana”.

Christina Hodson è attualmente in trattative per scrivere una nuova versione del film, dopo i suoi lavori in film come Bumblebee e Birds of Prey, dedicato prevalentemente alla figura di Harley Quinn, interpretata nuovamente da Margot Robbie.

L’attore Ezra Miller ha più volte ribadito che il film è assolutamente confermato e certo, e con la conferma di Andy Muschietti alla regia sembrerebbe essere tutto pronto per un imminente inizio della produzione.

The Flash avrà nuovamente Miller nel ruolo del protagonista, Barry Allen, mentre sembra confermato anche Billy Crudup nel ruolo di Herny Allen. Al momento tuttavia non è stata ancora rivelata una data di uscita nei cinema.

Fonte: ComicBookResource

New Gods: Darkseid è più minaccioso di Thanos secondo Ava DuVernay

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Ava DuVernay, regista del prossimo progetto targato DC Films intitolato New Gods, si è schierata dalla parte di chi sostiene che il potente villain Darkseid sia più minaccioso del Titano Pazzo Thanos, apparso nei film Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame della Marvel.

Su Twitter la regista ha infatti ricondiviso un post che recita “Perfino con tutte e sei le Gemme dell’Infinito, Darkseid sconfiggerebbe il Titano Pazzo.” Il post continua dichiarando che i Titani furono infatti uccisi dai Nuovi Dei, di cui Darkseid fa parte.

Nel ricondividere il post, la regista ha commentato sprezzante con “un po’ più forte per le persone in fondo”, confermando il suo appoggio alla teoria.

Uno dei più potenti villain DC sarebbe dunque in grado di sconfiggere Thanos sia che egli abbia o meno il Guanto dell’Infinito.

Per guanto riguarda il film New Gods, non si hanno ancora notizie ufficiali sulla trama o il cast, ma la regista ha dichiarato che ci sono forti probabilità che selezionerà un attore dal suo precedente progetto, la serie Netflix When They See Us.

“In ognuno dei miei lavori, sin dal mio primo film, ho sempre richiamato qualcuno dall’ultimo progetto, quindi ci sono forti probabilità che ciò accadrà nuovamente”, ha dichiarato la regista.

Vi ricordiamo che i Nuovi Dei sono un gruppo di personaggi appartenenti all’universo fumettistico della DC Comics, che ha esordito nel 1971 nella serie a fumetti omonima. All’interno di questa si narra dei due pianeti gemelli, Nuova Genesi e Apokolips. Il primo è un pianeta idilliaco pieno di foreste incontaminate, fiumi e montagne, ed è governato dal benevolo Altopadre. Apokolips invece è una distopia infernale piena di macchinari e pozzi infuocati, governata dal tiranno Darkseid. La trama del film potrebbe probabilmente strutturarsi intorno alla rivalità tra i due pianeti.

Fonte: ComicBookResource

Brad Pitt è il più bello del reame a Venezia 76

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Brad Pitt è il più bello del reame a Venezia 76

Fascino assassino di uno space cowboy dell’animo tenero, Brad Pitt ce la mette proprio tutta per apparire desiderabile e sexy, e i suoi 56 anni splendidamente portati, insieme alla gentilezza, al garbo e all’eleganza dell’uomo, oltre al talento dell’attore e produttore, completano il quadro di un ospite d’eccezione che ha impreziosito la seconda serata veneziana al festival del Lido.

L’attore ha presentato in concorso Ad Astra, film di James Gray di cui è protagonista e produttore. Ecco gli scatti dal tappeto rosso firmati da Luigi De Pompeis:

Scarlett Johansson in rosso Celine sul tappeto rosso di Venezia 76

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Scarlett Johansson è stata trai protagonisti del tappeto rosso della seconda serata di Venezia 76, dove ha presentato Marriage Story, il film di Noah Baumbach che la vede protagonista, al fianco di Adam Driver.

Dopo il look da giorno comodo e raffinato, Scarlett Johansson ha optato, per la serata di gala, per un abito lungo e rosso, che ne esalta le forme morbide del corpo e un look “bagnato” per i capelli che torna a portare lunghi.

Ecco gli scatti di Luigi De Pompeis:

Venezia 76: Brad Pitt, Scarlett Johanson, Adam Driver, Live Tyler e Laura Dern sul red carpet

La seconda serata di Venezia 76 ha riservato a pubblico e fotografi una grande sfilata di star. Le prime in Sala Grande sono state dedicate a Ad Astra, con Brad Pitt e James Gray, e Marriage Story, con Scarlett Johansson e Adam Driver, accompagnati dal regista Noah Baumbach.

Ecco le foto dal red carpet:

Foto di Luigi De Pompeis

Venezia 76: oggi Polanski e Martone animano il Concorso

Venezia 76: oggi Polanski e Martone animano il Concorso

Arrivano oggi a Venezia 76 Mario Martone e Roman Polanski, o meglio il suo film nel caso del regista polacco che sarà però presente in conferenza stampa in collegamento skype dalla Francia.

Il regista italiano, primo dei tre “di casa” in Concorso a venire presentato in Mostra, porta al cinema Il Sindaco del Rione Sanità, il testo di Eduardo De Filippo, mentre Polanski, in quello che forse sarà il suo ultimo film, racconta affare Dreyfus, con un punto di vista che sarà sicuramente interessante.

L’aspetto glamour del Festival, vede oggi protagonista Kristen Stewart, che sarà la protagonista del Fuori Concorso Seberg, diretto da Benedict Andrews.

Ad Astra, recensione del film con Brad Pitt #Venezia76

Ad Astra, recensione del film con Brad Pitt #Venezia76

Un doloroso rapporto tra padre e figlio, che si spinge fino ai confini del sistema solare e dell’universo conosciuto, è al centro dello spettacolare Ad Astra, film di James Gray, proiettato in concorso nella seconda giornata della 76° Mostra d’Arte Internazionale del Cinema di Venezia.

Roy McBride, interpretato da un convincente e dolente Brad Pitt, è un esperto cosmonauta con decine di missioni valorose portate a termine, grazie al suo carattere freddo e controllato, che sembra in grado di nascondere anche le emozioni più intime. Dopo un grave incidente, legato a una serie di cataclismi che arrivano dallo spazio più profondo, viene incaricato di partire per ritrovare suo padre, scomparso misteriosamente trent’anni prima e legato tragicamente a tali eventi.

Roy intraprende un periglioso viaggio per ritrovarlo e tentare di svelare un mistero che minaccia la sopravvivenza della Terra e che potrebbero svelare la natura dell’esistenza umana e il ruolo dell’essere umano  nell’universo. Ma i sentimenti profondi, i dubbi, i drammi interiori, i traumi rimossi, riaffiorano a poco a poco, parallelamente all’allontanamento dal pianeta natale e dalle sue radici.

James Gray racconta di aver riflettuto a lungo su una frase di Arthur C. Clarke, autore di 2001: Odissea nello spazio, che sosteneva: “Esistono due possibilità: o siamo soli nell’universo, o non lo siamo. Entrambe sono terrificanti”. Si è reso conto di non aver mai visto un film che sottolineasse la presenza e la solitudine dell’essere umano nell’universo e che sarebbe stato assai stimolante lavorare su un tema così sconfinato, ma allo stesso tempo intimo. Ha così raccontato di un mondo futuro, ma non troppo, dove i viaggi sulla luna, o su Marte e Nettuno sono ormai una consuetudine e dove la colonizzazione spaziale, il consumismo e la brama di possesso hanno spostato i confini fino all’inverosimile. Inoltre ha così avuto modo di indagare sul desiderio di fuggire e di come i viaggi, quelli lunghi e in questo caso verso nuovi mondi sconosciuti, siano spesso un’ occasione di fuga mascherata da atto eroico.

Gli spunti narrativi di partenza di Ad Astra sono assai intriganti e di grande potenzialità, ma sono purtroppo soffocati da una serie di soluzioni forzate, che allontanano continuamente dalla sospensione dell’incredulità che dovrebbe regnare in un film di questo genere. Espedienti da cinema colossale e catastrofico, come l’antimateria e gli ordigni nucleari, si mescolano con pirati lunari e scimmie da laboratorio ribelli, riconducendo quello che poteva essere un originale viaggio nello spazio e nel profondo della natura umana all’ennesimo film spettacolare intergalattico di probabile incasso al botteghino.

L’elaborazione del lutto, la riflessione sull’atto eroico e sull’etica dell’esplorazione scientifica e Il delicato e complesso rapporto padre-figlio, divengono una mera cornice per nobilitare incidenti spaziali, scontri armati e disastri galattici. Non basta a sollevare la storia il misurato e convincente tormento interiore di un pacato Brad Pitt, o la lucida follia di Tommy Lee Jones, che interpreta il padre sperduto da decenni verso l’infinito e oltre, ma relegato a un ruolo appena abbozzato, che prevede ciò che accadrà fin dai primi minuti della storia. Anche molti ruoli secondari sono tenuti a margine e di conseguenza risultano addirittura superflui, come quello di Liv Tyler, la moglie dell’astronauta, o di Donald Sutherland, un anziano generale che lo accompagna nella prima parte del viaggio.

Ad Astra è una storia spettacolare che non deluderà gli appassionati del genere e gli ammiratori di Brad Pitt, ma che avrebbe certamente meritato più introspezione e forse anche astrazione, per centrare l’intento iniziale che James Gray voleva, ovvero una dimensione intima per descrivere la storia di un padre e di un figlio, per far comprendere alle persone che proteggendo i legami umani si compie un primo fondamentale passo per preservare l’universo in cui viviamo dispersi.

The perfect candidate, recensione del film di Haifaa Al Mansour #Venezia76

Una storia ispirata a fatti realmente accaduti e di grande attualità arriva in concorso nella prima giornata della 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ad opera della regista Saudita Haifaa Al Mansour, già autrice di La bicicletta verde e Mary Shelley – un amore immortale.

The perfect candidate racconta in maniera originale la vicenda di una donna forte, determinata, che vive con il padre musicista e le due sorelle, lavorando come medico d’emergenza in un pronto soccorso. Un giorno riceve una candidatura alle elezioni comunali della sua città, tanto inaspettata quanto scomoda. Da quel momento le sue decisioni sconvolgono la tranquillità e l’ottusità della comunità e della sua famiglia, facendo emergere le infinite difficoltà dell’essere la prima candidata a competere per un ruolo che vorrebbe solamente uomini a ricoprirlo.

Haifaa al-Mansour è l’ottava figlia, di dodici, del poeta Abdul Rahman Mansour, che fin da piccola le ha trasmesso la passione per il cinema, mostrandole, quasi clandestinamente, i suoi film prediletti in videocassetta, vista la difficoltà di vederli in sala Arabia saudita, soprattutto per una donna. Si è poi laureata in lettere all’Università Americana del Cairo e successivamente in regia cinematografica a Sidney in Australia. Haifaa al-Mansour racconta che quando ha cominciato a fare cinema non era intenzionata a raccontare storie incentrate sulla questione femminile, ma si rese conto subito che il problema fosse troppo importante per non essere affrontato.

In The Perfect Candidate la regista saudita ha scelto di raccontare la storia di una giovane dottoressa che sfida il sistema patriarcale, l’ottusità e le idee bigotte di una società maschilista radicata nel suo paese d’origine. La regista ha voluto però avere uno sguardo ottimista, costruendo nel suo film una visione positiva del ruolo che le donne saudite possono e devono ricoprire. Soprattutto ha voluto sottolineare l’importanza e il diritto inalienabile di essere artefici del proprio destino, liberandosi del peso di un sistema che da secoli ha deliberatamente ostacolato l’emancipazione femminile. Haifaa al-Mansour sottolinea nella sua storia l’importanza delle profonde tradizioni culturali e artistiche e di come queste siano state proibite in un momento importante di sviluppo del suo paese. Oggi Cinema, gallerie d’arte, teatri, sale da concerto, sono state finalmente riaperte, facendo rinascere la speranza di un nuovo corso e la conservazione di un patrimonio culturale che rischiava di cadere per sempre nell’oblio. E in questo, le donne avranno l’opportunità di contribuire e partecipare a una società che per generazioni intere le ha estromesse.

Lontano dalla fotografia patinata e dalla sontuosità di Mary Shelley – un amore immortale, The perfect candidate risulta ben scritto e congegnato, con espedienti narrativi mai banali, come ad esempio il modo fortuito che porterà la protagonista a candidarsi per il consiglio cittadino. Tutti i personaggi sono sufficientemente caratterizzati e contribuiscono armoniosamente a costruire uno spaccato della condizione delle donne in Arabia Saudita. Gli attori sono calati nei ruoli, anche se alcuni forse si rivelano eccessivamente caricati, soprattutto i personaggi di contorno, allontanando la narrazione dal gusto realistico che il film avrebbe meritato e spostandosi su una costruzione forzata di gusto televisivo.

Venezia 76: Marriage Story di Noah Baumbach, tra autobiografia e universalità

Il delicato equilibrio che si cerca di mantenere per il bene dei figli, quando una storia finisce, la sofferenza che questa rottura provoca, il dolore e il senso di fallimento sono il cuore sanguinante ma anche consapevole di Marriage Story, che Noah Baumbach ha presentato a Venezia 76 insieme ai suoi attori, Adam Driver, Scarlett Johansson e Laura Dern.

Incontrati tutti nell’ambito della promozione del film, attori e regista si sono profusi in commenti e spiegazioni relativi ad un film che tocca le sfere private di ognuno, in maniera diversa (sia la Johansson che Baumbach hanno affrontato separazioni dopo i figli) e che in maniera travolgente può interessare anche lo spettatore.

Rompe il ghiaccio la Johansson, che nel film interpreta Nicole, una donna che prende coscienza della fine del suo matrimonio e per prima, rispetto al marito con una visione meno lucida, mette le carte in tavola. “Si parla di due persone colte alla fine della loro relazione, del loro rapporto di intimità, sono a un punto di rottura.” Quello che però ha catturato l’attenzione dell’attrice, nello script di Baumbach, è “la perfetta coscienza che entrambi i due protagonisti nutrono un fortissimo amore reciproco, che comunque li tiene legati e li rende reciprocamente compassionevoli. Il loro obbiettivo comune è il bene di Henry, il bambino nato dal loro amore, e questo li spinge, nonostante qualche difficoltà, a remare comunque nella stessa direzione. Ed è questo l’elemento più reale possibile della storia.”

Per Baumbach si tratta, come accennato, di una storia che nasce dall’autobiografia, ma che nel lavoro con gli attori si sviluppa poi su un percorso autonomo ed universale: “I miei genitori hanno divorziato quando ero un ragazzino, io a mia volta ho divorziato. Ma quando ho cominciato a pensare a questa storia, mi sono venuti in mente subito gli attori e li ho coinvolti nella scrittura. È una storia ampia, che coinvolge tante persone, e poi ovviamente ho fatto delle ricerche, ho parlato con avvocati e mediatori, e questo ha contribuito ad allargare la storia. Si tratta di una famiglia che deve rimanere tale nonostante non lo sia più, deve trasformarsi, per il bene del bambino. Poi la storia si evolve, diventa un procedurale, un thriller, una commedia romantica, quasi un musical ad un certo punto, non avrei mai immaginato che potesse raggiungere una tale vastità”.

Adam Driver, versatile protagonista del film nei panni di Charlie, ha invece rievocato un momento particolare delle riprese, quello della grossa lite che i due personaggi hanno nella seconda metà del film, una scena dolorosa e furibonda, che porta con se sicuramente molte conseguenze emotive e un pesante strascico sullo spettatore.

“La scena della litigata è stata girata in ben due giorni di lavorazione, avevamo un sacco di tempo, quindi. Sapevamo che sarebbe stata una scena fondamentale e l’abbiamo sezionata in modo tale da avere saldi in mente i cardini degli scambi di battute, così da percepire la presenza del figlio, anche se non c’era. Era una scena di impianto teatrale, tutta in una sola ripresa, molto difficile. Ma le scene difficili ci sono in molti film, in questo caso, invece, tutte sembravano una vera sfida, proprio perché sono scritte così bene.”

Oltre ai due protagonisti, alla presentazione del film era presente anche Laura Dern, che nel film interpreta la divorzista assunta da Nicole: “Noah ha creato per me un personaggio spietato, manipolativo e determinato. Una grandissima professionista che può anche sembrare amica di Nicole, ma che alla fine presenta sempre il conto. È un personaggio importante per la Johansson, la quale durante il film è volubile e cambia spesso la sua strategia per raggiungere l’obiettivo. Penso che abbia assolutamente ragione in merito alle sue decisioni.”

In conclusione, Baumbach ha commentato le reazioni dei suoi personaggi: “Nessuno dei due si aspettava questo esito. Per entrambi è importantissimo che abbiano la loro felicità individuale, ma è altrettanto importante che ne trovino una generale, un equilibrio tra le due. La protagonista aveva già intrapreso questo un percorso, era stata la prima a prendere coscienza della situazione, e mette lui in condizioni di fare lo stesso.”

Marriage Story è una produzione Netflix e partecipa, in Concorso ufficiale, a Venezia 76.

Venezia 76: in Ad Astra, Brad Pitt affronta il moderno concetto di “mascolinità”

In Concorso a Venezia 76 con Ad Astra di James Gray, Brad Pitt è la star che oggi ha catalizzato l’attenzione al Lido. L’attore, da sempre “gravato” del titolo di sex symbol, si è trovato ad affrontare, secondo quanto dichiarato in conferenza, il moderno concetto di “mascolinità”.

“Quello a cui James e io stavamo pensando era una definizione di mascolinità”, ha detto Pitt, insieme a Gray e alla co-protagonista Liv Tyler“Siamo entrambi cresciuti in un’era in cui ci è stato chiesto di essere forti… e c’è un valore in questo, ma anche una barriera perché ci viene chiesto di nascondere alcune di quelle cose di cui ti vergogni. Tutti nascondiamo e portiamo dentro un dolore e ferite personali.”

Pitt ha aggiunto: “Ci chiedevamo: ‘Esiste una migliore definizione [di mascolinità] per noi … una migliore relazione con i propri cari, con i propri figli e con noi stessi?” L’attore ha inoltre affermato che lui e Gray non hanno una “normale relazione” reciproca, visto che non molto “aperti a condividere sentimenti, fallimenti o passi falsi” in reciprocità, cosa che esula dalla definizione magari più arcaica ma anche più diffusa di mascolinità.

Pitt ha anche affermato che Ad Astra è stato “uno dei film più stimolanti su cui abbia mai lavorato”, ma non perché il film fosse ambientato nello spazio – sebbene abbia ammesso di aver “condiviso alcune storie di disagio” con George Clooney, che ha recitato in Gravity.

“La storia è così delicata e sapevamo che qualsiasi espediente avrebbe potuto cambiare il film, renderlo troppo ovvio, quindi è stato uno sforzo costante cercare di mantenere un equilibrio e raccontare questa storia in modo molto sottile e delicato” ha proseguito l’attore. “Il film mi ha ispirato come uomo, come padre, come figlio”.

Alla domanda che proietta il film verso la stagione dei premi e gli Oscar, Brad Pitt ha detto che era prima ansioso di vedere il film “uscire” e “curioso di vedere come viene accolto” perché “ha qualcosa da dire su chi siamo… sul nostro scopo”. Per poi aggiungere: “Ogni anno vedo un talento straordinario venire riconosciuto e un altro non essere riconosciuto… Quando il tuo nome viene fuori è fantastico e quando non succede, di solito viene nominato un amico, quindi sono contento”, ha detto Brad Pitt.

Di seguito le foto dal photocall di Pitt, in compagnia di Ruth Negga, James Gray e Liv Tyler:

Spider-Man di Tom Holland in Venom, ma Disney ha imposto il taglio

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Per molto tempo sono circolate voci secondo cui Tom Holland avesse fatto un cameo nel ruolo di Spider-Man nel film del 2018 Venom, con Tom Hardy. Ora finalmente arriva la conferma.

Stando a quanto riportato, Tom Holland ha effettivamente girato un cameo all’interno del film, ma la Disney e i Marvel Studios erano contrari al collegamento tra i due franchise, così hanno richiesto alla Sony di tagliare il cameo dal montaggio finale del film. Un eventuale cameo del Peter Parker interpretato da Holland avrebbe infatti di conseguenza comportato che lo stesso Venom facesse parte dell’MCU.

Con Spider-Man ora tornato in pieno possesso della Sony, c’è da aspettarsi che il personaggio possa effettivamente comparire all’interno dei film dedicati all’antieroe Venom, magari già a partire dal suo sequel previsto per il 2020.

Con la rottura del patto da Disney e Sony, numerose sono ora le domande sul futuro del personaggio. La Sony sembrerebbe intenzionata a riprendere lì dove il personaggio era stato lasciato, ovvero con lo svelamento della sua identità al termine del film Spider-Man: Far From Home.

Numerosi sono inoltre i progetti legati Sony legati al mondo narrativo del personaggio, al quale ora potrebbero effettivamente aggiungersi nuovi sequel a lui dedicati.

Non si hanno novità riguardo nuove eventuali trattative tra le due case di produzione, e se per molti è ormai certo che Spider-Man non comparirà più all’interno dell’MCU, molti sperano invece in un suo ritorno a sorpresa.

Fonte: ComicBookMovie

Avenger: Endgame, dal D23 il poster che celebra Toni Stark

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Avenger: Endgame, dal D23 il poster che celebra Toni Stark

Un nuovo poster di Avengers: Endgame è stato svelato al D23. L’autore è Ryan Meinerding, che ha voluto rendere omaggio al personaggio interpretato da Robert Downey Jr., Toni Stark, riproponendo la celebre frase “We Love You 3000”.

Il poster racchiude le avventure del personaggio all’interno del Marvel Cinematic Universe, dalla sua introduzione con il film Iron Man del 2008 allo scontro con Captain America del film Captain America: Civil War, fino all’ultimo eroico sacrificio avvenuto in Avengers: Endgame, dove ha posto fine alla battaglia sconfiggendo il terribile Thanos con lo stesso schiocco di dita da egli precedentemente utilizzato. Così facendo Toni Stark ha inoltre permesso che la metà polverizzata dell’Universo tornasse in vita, sacrificando però la sua e concludendo nel migliore dei modi il suo arco narrativo.

Il poster svelato rende tributo ad uno dei più grandi eroi cinematografici, vero padrino di questa prima decade di MCU.

Di seguito è possibile trovare il poster .

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Vi ricordiamo che Endgame ha ufficialmente superato Avatar al box office mondiale, diventando così il maggior incasso di sempre nella storia del cinema e mettendo fine al dominio di James Cameron che durava da dieci anni.

Nel cast del film si ritrovano Robert Downey Jr., Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Chris Evans, Scarlett Johansson, Benedict Cumberbatch, Jeremy Renner, Don Cheadle, Tom Holland, Chadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Antony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson e Samuel L. Jackson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Fonte: ComicBookMovie

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