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I Fantastici Quattro: Gli Inizi, la Torcia Umana ricrea una iconica immagine dei fumetti!

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Tra qualche ora arriverà un nuovo trailer per I Fantastici Quattro: Gli Inizi, ed è stato diffuso un nuovo teaser con alcune scene emozionanti e inedite del reboot dei Marvel Studios.

Tra queste, un’inquadratura di Galactus che incombe su New York, i superpoteri elastici di Reed Richards in azione e la Torcia Umana che crea un “4” dalle sue fiamme, un’immagine iconica presa direttamente dai fumetti.

All’attore di Mister Fantastic, Pedro Pascal, è stato recentemente chiesto quale fosse la più grande debolezza di Reed e ha risposto: “Penso che quando la tua mente è sempre concentrata sul bene comune, puoi perderti molti piccoli dettagli. Conoscere questi dettagli è molto importante per tenere unita la famiglia”.

Questo riecheggia ciò che ha detto il regista Matt Shakman quando ha descritto Mister Fantastic come “in parte Steve Jobs e in parte Oppenheimer“, aggiungendo che l’eroe è “sempre stato sul punto di salvare il mondo o distruggerlo“. Il trailer di domani sarà probabilmente quello “definitivo“, quindi è probabile che i Marvel Studios si impegnino al massimo.

I Fantastici Quattro: Gli Inizi

Il film Marvel Studios I Fantastici Quattro: Gli Inizi introduce la prima famiglia Marvel composta da Reed Richards/Mister Fantastic (Pedro Pascal), Sue Storm/Donna Invisibile (Vanessa Kirby), Johnny Storm/Torcia Umana (Joseph Quinn) e Ben Grimm/la Cosa (Ebon Moss-Bachrach) alle prese con la sfida più difficile mai affrontata. Costretti a bilanciare il loro ruolo di eroi con la forza del loro legame familiare, i protagonisti devono difendere la Terra da una vorace divinità spaziale chiamata Galactus (Ralph Ineson) e dal suo enigmatico Araldo, Silver Surfer (Julia Garner). E se il piano di Galactus di divorare l’intero pianeta e tutti i suoi abitanti non fosse già abbastanza terribile, la situazione diventa all’improvviso una questione molto personale.

Il film è interpretato anche da Paul Walter Hauser, John Malkovich, Natasha Lyonne e Sarah Niles. I Fantastici Quattro: Gli Inizi è diretto da Matt Shakman e prodotto da Kevin Feige, mentre Louis D’Esposito, Grant Curtis e Tim Lewis sono gli executive producer.

Ironheart Recap: tutto quello che c’è da sapere su Riri Williams e la storia dell’MCU prima della nuova serie Marvel

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Riri Williams, meglio conosciuta come Ironheart, è destinata a diventare una delle nuove eroine più promettenti dell’universo cinematografico Marvel nella sua serie solista, basata su alcuni eventi chiave della timeline MCU. Apparsa per la prima volta in Black Panther: Wakanda Forever, Riri ha subito lasciato un segno indelebile. Con Ironheart dell’MCU, la storia di Riri sta per espandersi in direzioni inaspettate.

In Black Panther: Wakanda Forever, Riri Williams ha inavvertitamente scatenato un conflitto politico e culturale in cui non avrebbe mai voluto essere coinvolta. Ora, mentre Riri si prepara per la sua avventura solista, ci sono alcuni sviluppi chiave delle sue precedenti apparizioni che probabilmente avranno un impatto sulla serie. Ciò è particolarmente importante considerando i riferimenti a elementi mistici e oscuri imperi criminali presenti nel trailer.

Riri Williams è un’ingegnere di talento che idolatra Tony Stark

Tony-Stark-in-Avengers-Endgame

Black Panther: Wakanda Forever

Riri Williams è uno dei personaggi più intelligenti dell’MCU, una prodigio della tecnologia di Chicago cresciuta idolatrando Tony Stark per la sua genialità e la sua eredità eroica. Tuttavia, non era solo una fan, ha seguito le sue orme. Ha decodificato tecnologie avanzate e creato nuove innovazioni tutte sue.

L’invenzione più significativa di Riri è stato un rilevatore di vibranio, che inavvertitamente l’ha messa nel mirino di un conflitto internazionale. Quando i Wakandiani hanno scoperto che gli Stati Uniti possedevano questo tipo di tecnologia, l’hanno ricondotta a Riri. Questo ha portato Shuri e Okoye al MIT.

Lì, l’intelligenza e il coraggio di Riri le hanno rapidamente guadagnato il loro rispetto. Si è unita a loro nella fuga da un raid del governo, diventando alla fine un’alleata fondamentale. La sua ammirazione per Tony Stark è più che simbolica: è il fondamento della sua identità e della sua evoluzione in Ironheart.

Tony Stark ha finanziato un programma di borse di studio al MIT dove studia Riri Williams

Captain America: Civil War

La frequenza di Riri Williams al MIT non è solo un dettaglio del personaggio, ma è un’estensione esplicita dell’eredità di Tony Stark nell’MCU. In Captain America: Civil War, Tony ha annunciato la creazione di un solido programma di borse di studio durante il suo discorso al MIT. Questo offre finanziamenti illimitati agli studenti con idee audaci.

Sebbene non sia mai stato detto esplicitamente, è ampiamente sottinteso che Riri sia una delle beneficiarie della borsa di studio. Questo crea un legame tematico tra i due inventori e sottolinea l’impatto di Tony anche molto tempo dopo la sua morte in Avengers: Endgame. Di conseguenza, il periodo trascorso da Riri al MIT è stato incredibilmente formativo.

È lì che ha sviluppato il suo rilevatore di vibranio, ha lavorato su prototipi avanzati e ha attirato l’attenzione di potenti attori come la CIA e il Wakanda. La scuola è diventata un centro nevralgico per i talenti geniali dell’MCU, con Riri che ne è una delle stelle più brillanti. Il suo background accademico aggiunge credibilità al suo futuro come supereroina tecnologica.

Obadiah Stane si è rivoltato contro Tony Stark ed è morto in un’esplosione dell’Arc Reactor

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Iron Man

In Iron Man, Obadiah Stane è stato presentato come l’affascinante ma assetato di potere COO della Stark Industries. Amico intimo del padre di Tony, Stane era apparentemente solidale, ma segretamente ha orchestrato il rapimento di Tony per prendere il controllo dell’azienda. Quando Tony è tornato e ha iniziato a progettare le sue armature Iron Man, Stane è diventato ostile.

Alla fine Stane ruba il reattore arc originale e costruisce la sua enorme armatura. Il loro scontro finale si conclude con la morte di Stane nell’esplosione di un reattore arc. Non è chiaro quanto della sua storia fosse nota al pubblico, che poteva ancora avere l’impressione che Stane fosse un amministratore delegato integerrimo.

Indipendentemente da ciò, questa trama ha consolidato l’idea che la tecnologia di Stark avesse il potere di cambiare, o di distruggere, il mondo. Il percorso di Riri nella costruzione della sua armatura presenta parallelismi con questa storia, soprattutto quando la sua tecnologia scatena involontariamente tensioni internazionali. Con Ironheart, la Marvel sembra pronta a rivisitare questi dilemmi etici attraverso una nuova prospettiva più giovane.

Riri indossa per la prima volta l’armatura Ironheart nel suo garage

Il viaggio di Riri Williams come Ironheart è iniziato allo stesso modo di quello di Tony Stark: con scintille che volavano in un garage. Utilizzando parti di recupero e le sue straordinarie capacità ingegneristiche, Riri ha costruito una tuta volante rudimentale che era abbastanza potente da sfuggire agli agenti governativi insieme a Okoye e Shuri. Questa prima armatura era rudimentale, ma ha dimostrato il suo potenziale come eroina di nuova generazione.

L’armatura Ironheart Mark I non aveva elmo né copricapo, il che ne limitava notevolmente le capacità. In particolare, la Mark I non includeva una riserva di ossigeno, causando lo svenimento di Riri mentre affrontava un drone. Questa prima tuta è stata distrutta dai Talokanil in Black Panther: Wakanda Forever.

La regina Ramonda ha salvato la vita a Riri

Angela Bassett Black Panther- Wakanda Forever
Angela Bassett in Black Panther: Wakanda Forever – Credit Marve/Disney

Un momento decisivo in Black Panther: Wakanda Forever è stato l’eroico sacrificio della regina Ramonda per salvare Riri Williams durante l’attacco dei Talokan al Wakanda. Dopo che Namor ha allagato la sala del trono, Ramonda ha rischiato tutto per mettere Riri in salvo, perdendo alla fine la propria vita. Questo momento ha avuto un profondo impatto su Riri.

Fino a quel momento, il suo desiderio di costruire tecnologia e diventare un’eroina era in gran parte ispirato dalla sua ammirazione per Tony Stark. Tuttavia, l’atto altruistico di Ramonda le ha dato una ragione più profonda ed emotiva per combattere. Non stava più semplicemente seguendo le orme di Iron Man, ma stava onorando qualcuno che credeva nel suo valore e nel suo potenziale.

Questo evento ha consolidato la lealtà di Riri verso Wakanda. Ancora più importante, ha rafforzato la sua determinazione a usare il suo intelletto per il bene. È probabile che il sacrificio di Ramonda continuerà a influenzare le decisioni di Riri nella serie Ironheart, diventando forse il fulcro emotivo della sua trasformazione in una vera eroina.

Ironheart ha aiutato i Wakandiani nella guerra contro i Talokani

Black Panther: Wakanda Forever

Riri Williams non è stata solo una spettatrice durante la guerra tra Wakanda e Talokan. Ha avuto un ruolo fondamentale nell’esito della guerra. Lavorando al fianco di Shuri, Okoye e le Dora Milaje, Riri ha usato le sue abilità ingegneristiche per aiutare a sviluppare nuove tecnologie e si è unita alla battaglia finale con l’armatura completa di Ironheart.

Ha volato in combattimento contro le forze di Namor a bordo della nave wakandiana, utilizzando sistemi di puntamento avanzati e manovre aeree per proteggere i suoi alleati e interrompere l’offensiva talokana. Sebbene inesperta in battaglia, Riri si è adattata rapidamente, usando sia il cervello che il coraggio per difendersi. Il suo coinvolgimento ha dimostrato che non è solo un genio in laboratorio, ma anche qualcuno disposto a correre rischi reali per gli altri.

Ha anche accennato al suo ruolo futuro nel più ampio MCU come qualcuno in grado di combattere al fianco di personaggi di spicco. Gli eventi di Wakanda Forever hanno dimostrato che Riri non è solo la successore di Iron Man. Riri sta diventando un’eroina a tutti gli effetti.

L’armatura Ironheart di Riri è stata lasciata a Wakanda

Sebbene Riri abbia costruito una formidabile armatura Ironheart in Wakanda Forever, non ha potuto portarla a casa. I Wakandiani hanno insistito affinché l’armatura rimanesse nel loro paese a causa dell’uso del vibranio, un elemento che proteggono ferocemente. Sebbene deludente per Riri, questo momento pone le basi per un arco narrativo avvincente per la serie Ironheart.

Senza l’armatura originale a disposizione, Riri dovrà costruire una nuova armatura da zero. Tuttavia, non potrà contare sulle rare risorse fornite da Wakanda. Questa sfida spingerà la sua creatività a nuovi livelli e la costringerà a forgiare la propria identità come Ironheart, separata dalla tecnologia wakandiana e persino dall’eredità di Tony Stark.

Questo le consentirà di realizzare nuove invenzioni, stringere nuove alleanze e affrontare nuove minacce mentre cerca di trovare il suo nuovo ruolo. Il pubblico potrà assistere all’evoluzione dell’armatura di Riri, che avrà un ruolo centrale nella serie in uscita. Questa terza versione rifletterà la sua crescita personale come inventrice e supereroina, e il trailer suggerisce che riceverà un upgrade che Iron Man non ha mai avuto.

Gli stregoni dell’MCU si allenano al Kamar-Taj, dove imparano a padroneggiare le arti mistiche

La magia è diventata gradualmente un pilastro fondamentale dell’MCU, e i trailer di Ironheart suggeriscono che la storia di Riri presto entrerà nel regno del mistico. Nell’MCU, stregoni come Doctor Strange e Wong si allenano al Kamar-Taj, un monastero nascosto in Nepal. È lì che imparano a manipolare la realtà usando l’energia di altre dimensioni, creando incantesimi, portali e costruzioni magiche.

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Questo sistema magico è stato esplorato per la prima volta in Doctor Strange (2016) e da allora si è ampliato in Doctor Strange in Multiverse of Madness e Shang-Chi and the Legends of the Ten Rings. Il trailer di Ironheart include i caratteristici simboli rossi e ambra e i manufatti associati alle arti mistiche. Ciò suggerisce che Riri potenzierà la sua armatura con la magia.

Con il suo background scientifico e concreto, l’incontro di Riri con la magia probabilmente metterà in discussione la sua visione del mondo e la costringerà a ripensare ciò che è possibile. L’intersezione tra misticismo e macchinari potrebbe essere un tema determinante della prima stagione della serie. Tuttavia, non si sa ancora chi sia il mago che insegna tutto questo a Riri.

Madripoor è un rifugio sicuro per i criminali ed è governata dal Power Broker

Il mondo criminale dell’MCU è diventato sempre più importante e Madripoor è uno dei suoi luoghi più famosi. Introdotta in The Falcon And The Winter Soldier, Madripoor è una città del sud-est asiatico dove criminali, trafficanti d’armi e contrabbandieri prosperano senza timore di interferenze. È anche la sede del misterioso Power Broker.

Rivelatosi in seguito essere Sharon Carter, il Power Broker esercita una notevole influenza sui mercati neri globali. Anche se Riri non ha (ancora) visitato Madripoor, i trailer di Ironheart mostrano elementi criminali e affari loschi che suggeriscono un possibile collegamento. Data la grande richiesta della tecnologia di Riri, lei potrebbe attirare l’attenzione di potenti signori del crimine e mercenari.

Madripoor potrebbe fare da sfondo ad alcune delle trame più oscure della serie, forse collegando Ironheart a trame future. Se il Power Broker dovesse essere coinvolto, Riri dovrà affrontare la sua battaglia più difficile: contro un mondo senza regole. L’introduzione di Madripoor apre molte possibilità e cambierà senza dubbio la narrazione di Ironheart.

L’ombra dello scorpione: Doug Liman dirigerà l’adattamento del romanzo di Stephen King

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È in preparazione un adattamento cinematografico di The Stand – in Italia conosciuto come L’ombra dello scorpione – di Stephen King. Pubblicato originariamente nel 1978, il romanzo segue i personaggi durante e dopo l’epidemia di un virus che uccide il 99,4% della popolazione mondiale e narra dell’epica battaglia del bene contro il male che ne consegue. Il libro è già stato adattato due volte come miniserie televisiva, con il primo adattamento del 1994 interpretato da Gary Sinise, Molly Ringwald e Jamey Sheridan. Il secondo adattamento, il cui cast comprende James Marsden, Alexander Skarsgård e Whoopi Goldberg, è uscito nel 2020.

Secondo The Hollywood Reporter, un adattamento cinematografico di L’ombra dello scorpione è ora in fase di sviluppo presso la Paramount Pictures con Doug Liman alla regia. Liman, che ha già diretto The Bourne Identity, Mr. & Mrs. Smith, Edge of Tomorrow e il remake di Road House con Jake Gyllenhaal, produrrà insieme a Tyler Thompson della Cross Creek Pictures. Ora, presumibilmente, inizierà la ricerca di scrittori per adattare il romanzo, che è lungo ben 1.152 pagine dopo l’edizione integrale pubblicata nel 1990. Un’impresa non da poco, dunque.

Cosa significa questo per L’ombra dello scorpione

Il film è attualmente solo nelle primissime fasi di sviluppo, dato che al momento sono coinvolti solo Liman e Thompson. Il progetto deve ancora trovare gli sceneggiatori che dovranno affrontare la sfida di adattare il libro più lungo di Stephen King. Come miniserie televisive, gli adattamenti del 1994 e del 2024 hanno avuto più tempo per raccontare le loro storie. La versione del 1994 durava sei ore in quattro episodi, mentre quella del 2020 arrivava a otto ore e mezza dopo nove episodi. A meno che la storia non venga suddivisa in più puntate, per il film di L’ombra dello scorpione sarà necessario condensare ampiamente la storia.

Mentre l’adattamento del 1994 è stato accolto con grande favore, la miniserie del 2020 ha avuto un’accoglienza molto negativa da parte della critica e del pubblico in generale. Questa nuova versione, diretta da Liman, offre quindi l’opportunità di ottenere un’accoglienza più favorevole. Detto questo, sarà però una sfida conquistare coloro che hanno familiarità con il materiale di partenza, poiché inevitabilmente dovranno essere tagliati elementi sostanziali per avere una durata ragionevole per un lungometraggio. L’ultima notizia dell’adattamento risale al 2016 e annunciava che il film sarebbe stato diviso in due parti. Non resta da scoprire se questo aspetto verrà mantenuto.

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One Piece torna a Milano!

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One Piece torna a Milano!

Dopo il travolgente successo dello scorso anno in Corso Como per i festeggiamenti del 25° anniversario, One Piece torna a stupire Milano con un’iniziativa unica: per la prima volta le iconiche vetrine della Rinascente di Piazza Duomo saranno interamente brandizzate con le ambientazioni e i personaggi del celebre e amatissimo anime giapponese, regalando ai passanti un’immersione nel mondo di Monkey D. Rufy e della sua ciurma.

Dal 8 al 21 luglio, One Piece conquisterà lo store milanese accogliendo i visitatori con una scenografia mozzafiato delle vetrine esterne. Scale mobili e ascensori brandizzati condurranno i fan e i consumatori a visitare il piano -1 dello store dove sarà possibile acquistare prodotti ONE PIECE di Bandai e Toei Animation in un pop-up corner dedicato. Una photo opportunity di grande impatto intratterrà i visitatori per catturare un ricordo di un’esperienza memorabile da non perdere!

Un’occasione unica per rinnovare l’incontro con la vasta community di fan della serie, ma l’iniziativa vuole anche essere un’opportunità per presentare One Piece a chi ancora non lo conosce e si avvicina per la prima volta – in una location inusuale e prestigiosa come Rinascente, che catalizza ogni giorno moltissime persone provenienti da tutto il mondo – a quello che oramai è un fenomeno globale, trasversale e inclusivo, capace di unire culture, generazioni e stili di vita.

Questa collaborazione tra Toei Animation Europe, Rinascente e i partner ufficiali rappresenta un ulteriore passo avanti nella celebrazione del fenomeno One Piece, che continua a raccogliere milioni di appassionati in tutto il mondo, e che anche in Italia si conferma tra i brand giapponesi più riconoscibili e amati.

Save the date! Dall’8 al 21 luglio vivi l’esperienza One Piece in Rinascente a Milano.

Alvaro Vitali: morto il Pierino della commedia sexy

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Alvaro Vitali: morto il Pierino della commedia sexy

Il mondo del cinema italiano è in lutto per la morte di Alvaro Vitali, indimenticabile Pierino nella celebre commedia sexy all’italiana. A 75 anni, l’attore e comico si è spento a causa di “una broncopolmonite recidiva”, per la quale era ricoverato da due settimane. L’ex moglie Stefania Corona aveva confermato la malattia.

Prima che arrivasse la commedia sexy, Alvaro Vitali era stato scoperto da Federico Fellini, per il quale recitò una piccola parte nel Fellini Satyricon. Partecipò a I clowns (1971) e a Roma (1972), film celebre del regista che gli regalò il ruolo di un ballerino di tip-tap d’avanspettacolo, che Vitali riprese in Polvere di stelle, diretto e interpretato da Alberto Sordi, con lui Monica Vitti, e in Amarcord (1973), con Ciccio Ingrassia.

Alvaro Vitali ha lavorato in oltre 150 film. Quando la moda delle commedie sexy scemò, l’attore sparì dagli schermi, per tornare poi a Striscia la notizia, dove si specializzò in una imitazione di Jean Todt, nel periodo in cui era direttore della Scuderia Ferrari, e di altri personaggi.

Cillian Murphy protagonista del prossimo film Netflix Steve

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Cillian Murphy protagonista del prossimo film Netflix Steve

Il nuovo film di Cillian Murphy il batte Peaky Blinders per un sorprendente primato di carriera. Tra i primi ruoli cinematografici dell’attore irlandese c’è l’horror 28 giorni dopo (2002), mentre dal 2005 ha iniziato a collaborare con Christopher Nolan, interpretando lo Spaventapasseri nella trilogia de Il cavaliere oscuro dal 2005 al 2012 e apparendo poi in Inception (2010) e Dunkirk (2017). Tuttavia, Murphy ha raggiunto una maggiore notorietà per la sua interpretazione di Thomas Shelby in Peaky Blinders, il period drama della BBC andato in onda dal 2013 al 2022.

Nel 2023, Murphy ha interpretato il fisico titolare in Oppenheimer di Christopher Nolan e ha vinto l’Oscar come miglior attore. Per il resto, il film è stato un enorme successo, con quasi un miliardo di dollari al botteghino e sette premi Oscar, tra cui quello per il miglior film. L’anno successivo, Murphy ha recitato in Piccole cose come queste, che è passato inosservato ma che ha visto un’altra solida interpretazione dell’attore irlandese. Ora Murphy ha un nuovo film in uscita, che supererà Peaky Blinders e rappresenterà una sorprendente novità per la carriera dell’attore.

Steve sarà il primo film originale di Cillian Murphy in uscita su Netflix

Cillian Murphy è protagonista di un nuovo film intitolato Steve , che sarà il suo primo film originale Netflix. Riunirsi con il regista Tim Mielants dopo Small Things Like These , con una sceneggiatura scritta da Max Porter basata sul suo racconto del 2023 Shy , il prossimo film vede Murphy nei panni del protagonista Steve , il preside di una scuola per ragazzi con difficoltà sociali e comportamentali. Il cast include anche Emily Watson, anche lei di nuovo insieme a Murphy dopo Small Things Like These , al fianco di Jay Lycurgo, Tracey Ullman e Simbi Ajikawo.

Steve racconta la storia di un preside che lotta per salvare il suo riformatorio dalla chiusura imminente, intrecciandosi con il percorso personale di uno dei suoi studenti. Ambientato a metà degli anni ’90, il film segue una giornata critica nella vita di Steve e dei suoi studenti in un riformatorio di ultima istanza, abbandonato dal mondo che li circonda. Mentre Steve lotta per difendere i valori della scuola e mantenerla aperta, si trova anche ad affrontare i suoi problemi di salute mentale.

Parallelamente alla storia di Steve, c’è quella di Shy (Jay Lycurgo), un adolescente problematico diviso tra un passato doloroso e un futuro incerto, alle prese con la sua vulnerabilità e una spinta distruttiva verso la violenza. Steve uscirà in sale selezionate a settembre , seguito dall’uscita su Netflix il 3 ottobre . La piattaforma di streaming ha condiviso un’anteprima di Murphy nel film, che potete vedere qui sotto:

Steve film netflix
© Netflix

No Time to Die: la spiegazione del finale del film

No Time to Die: la spiegazione del finale del film

Il mandato di Daniel Craig nei panni di James Bond giunge al termine in No Time to Die (qui la recensione), l’ultimo film della serie che presenta alcune delle mosse più ambiziose dell’intero franchise. Infatti, si tratta di un film di Bond rivoluzionario sotto molti aspetti, ma conclude anche l’arco narrativo del personaggio interpretato da Craig in modo soddisfacente e definitivo, a differenza della maggior parte dei suoi predecessori. Entriamo quindi nel vivo del finale, dei colpi di scena, degli easter egg che potreste aver perso e come il film porta definitivamente a termine la storia di James Bond interpretato da Craig.

Il piano malvagio del cattivo

La trama di No Time to Die è a dir poco complicata, ma il film riprende da dove avevamo lasciato con Spectre, con Bond e la dottoressa Madeline Swan (Lea Seydoux) che cercano di vivere una vita tranquilla in pensione. Ma quando Bond viene attaccato da Spectre, sospetta che Swan lo abbia tradito e la allontana dalla sua vita per sempre. O almeno così crede. La scena iniziale del film spiega poi come Swan sia collegata al cattivo interpretato da Rami Malek, Lyutsifer Safin, l’uomo che si recò a casa di Madeline quando lei era bambina, alla ricerca del padre di lei, il signor White.

Ma quando trovò solo Madeline e sua madre, uccise la donna e risparmiò la vita della bambina. Il cerchio si chiude quando il film fa un salto in avanti di cinque anni dopo la rottura tra Bond e Swan, e Safin è ora un bioterrorista in possesso di un’arma biologica che, una volta rilasciata, può colpire il DNA di individui specifici. In No Time to Die viene utilizzata per uccidere tutti i membri di Spectre, lasciando illesi gli innocenti presenti nella stanza. Ma mentre ci avviciniamo alla conclusione del film nella tana di Safin sull’isola, dove tiene in ostaggio Madeline e la sua giovane figlia Mathilde, Safrin rivela la sua intenzione di scatenare l’arma sul mondo intero, gettandolo nel caos.

Rami-Malek No Time To Die
Rami Malek in No Time To Die

Il tempo scorre

Nel finale, Bond scende quindi nel covo di Safin e riesce a portare in salvo Madeline e Mathilde (con l’aiuto di Nomi, alias la nuova 007, interpretata da Lashana Lynch), ma rimane indietro per assicurarsi che i missili che M (Ralph Fiennes) lancia dalle navi vicine distruggano definitivamente il covo. Affinché i missili possano spazzare via ogni traccia dell’arma biologica prima che venga rilasciata, Bond deve però aprire le porte blindate da una sala di controllo. Con l’aiuto di Q (Ben Whishaw), Bond riesce ad aprire le porte, ma Safin le richiude immediatamente. Il tempo stringe perché i missili sono già stati lanciati, e Bond e Safin iniziano una lotta durante la quale il cattivo rompe una fiala dell’arma biologica sulla testa di Bond.

Safin rivela che si tratta di una versione dell’arma biologica legata direttamente al DNA di Madeline, il che significa che se Bond entra in contatto con Madeline o Mathilde, le ucciderà all’istante. Bond spara a quel punto a Safin e, ormai rassegnato al suo destino, torna nella sala di controllo per riaprire le porte blindate. Conferma con Q che una volta esposto all’arma biologica, non è possibile eliminarla: è “eterna”, secondo le parole di Q. Non può lasciare quest’isola vivo. Q mette quindi Bond in contatto con Madeline per parlare con lei un’ultima volta, che capisce immediatamente che non c’è modo di tornare indietro. I due si salutano in lacrime e vediamo Craig nei panni di Bond che fissa l’oceano mentre i missili piovono su di lui.

La morte di James Bond

Sì, No Time to Die segna una novità assoluta per la serie, in quanto uccide letteralmente James Bond. Il personaggio di Craig compie il sacrificio estremo e le scene che seguono – un elogio funebre e un ultimo addio da parte di Madeline e Mathilde – chiariscono che James Bond è morto. È una mossa ambiziosa, ma che il film realizza abilmente. Da Casino Royale, il Bond di Craig si è dimostrato un tipo diverso dai suoi predecessori. Una versione più empatica, più riflessiva e più vulnerabile del personaggio. A tal fine, un sacrificio altruistico ha perfettamente senso come finale. Non ha avuto abbastanza tempo da trascorrere con la sua famiglia, ma il suo sacrificio garantisce loro, secondo le sue parole, tutto il tempo del mondo.

LEGGI ANCHE: No Time To Die: il finale non è mai stato un dubbio

Mathilde è davvero la figlia di James Bond

Un altro colpo di scena importante in No Time to Die riguarda la rivelazione che James Bond potrebbe avere o meno una figlia. Quando Mathilde viene presentata per la prima volta nel terzo atto, Madeline insiste nel dire che non è la figlia di James. Ma Bond è più furbo di così e nota immediatamente i suoi occhi blu. Il film non cerca di nascondere la vera natura del rapporto tra Bond e Mathilde, e Madeline conferma una volta per tutte che lui è il padre durante la loro ultima telefonata insieme, pochi istanti prima che Bond muoia. Quindi sì, anche se il film è leggermente ambiguo, Mathilde è la figlia di James Bond.

Daniel Craig in No Time to Die
Daniel Craig in No Time to Die

Come No Time to Die si collega a Al servizio segreto di Sua Maestà

La natura profondamente romantica e tragica di No Time to Die, sebbene efficace, non è del tutto nuova per la serie. Nel film del 1969 Al servizio segreto di Sua Maestà, Bond si innamora di una donna di nome Tracy (Diana Rigg) e arriva persino a sposarla, ma alla fine del film Blofeld ritorna e la uccide. Il Bond interpretato da George Lazenby è devastato e, mentre culla il suo corpo senza vita, dice a un agente di polizia: “Non c’è fretta, capisci. Abbiamo tutto il tempo del mondo”. In No Time to Die, Bond dice proprio a Madeline che lei e Mathilde hanno “tutto il tempo del mondo” durante la loro ultima telefonata, e la canzone di Louis ArmstrongAll the Time in the World” accompagna i titoli di coda del film.

No Time to Die prefigura persino il tragico finale, poiché il tema “We Have All the Time in the World” del compositore John Barry tratto da Al servizio segreto di Sua Maestà è un motivo ricorrente nella colonna sonora di Hans Zimmer per No Time to Die. I fan più accaniti della saga magari lo avranno notato per tempo, ma è indubbiamente un easter eggs che è interessante riscoprire anche in seguito alla visione. È indubbiamente l’elemento che più di ogni altro anticipa che il film si concluderà in modo tragico, con la morte di uno dei protagonisti. Certo, forse nessuno si aspettava che a morire fosse proprio Bond.

Il futuro della serie di James Bond

Sebbene No Time to Die abbia letteralmente ucciso James Bond, la serie continuerà. Dopo diversi anni senza grandi progressi e il grande cambiamento nel controllo creativo che ha lasciato la famiglia Broccoli dopo oltre 60 anni, la notizia è un passo incoraggiante per il prossimo James Bond. La maggior parte dei nomi citati sarebbero da considerarsi abbastanza sicuri, ma comunque entusiasmanti: registi che hanno dimostrato di saper lavorare su grandi progetti cinematografici, realizzare ottimi film e grandi successi, ma che allo stesso tempo hanno saputo lasciare il proprio segno.

Ciò suggerisce anche che, sebbene Amazon MGM abbia ora il controllo creativo, la visione sarà guidata da chiunque otterrà l’incarico, con il regista che sarà scelto prima della stesura della sceneggiatura. Da tempo si discute anche su chi sarà il prossimo James Bond, con attori come Aaron Taylor-Johnson, Theo James e Henry Cavill perennemente collegati al ruolo. Sembrerebbe che qualsiasi decisione sul casting sia ancora lontana, il che dovrebbe significare che il progetto potrà essere adattato meglio all’attore che il regista finale sceglierà.

Il patriota: la storia vera dietro il film con Mel Gibson

Il patriota: la storia vera dietro il film con Mel Gibson

Sebbene ricrei la storica Rivoluzione Americana, la vera storia di Il patriota è molto diversa da quella vista sullo schermo. Nel film, Benjamin Martin (Mel Gibson) è un veterano della guerra franco-indiana che ora vive da vedovo con i suoi numerosi figli. Martin è inizialmente riluttante a combattere contro gli inglesi, ma quando il malvagio leader delle giubbe rosse, il colonnello William Tavington, uccide uno dei suoi figli, Martin recluta una milizia e la guida in una campagna di guerriglia altamente efficace contro le forze britanniche nella Carolina del Sud.

Il patriota è stato ampiamente criticato per aver ridotto la guerra d’indipendenza americana alla missione di vendetta di un solo uomo. Tuttavia, alcuni aspetti del film sono basati su una storia vera, da diversi personaggi principali alle tattiche di battaglia utilizzate. Nonostante queste ispirazioni, ci sono ancora più aspetti del film che sono stati criticati per essere invenzioni complete e offensive, nonché momenti che ignorano aspetti chiave della storia. Nel complesso, la vera storia di Il patriota rispetto al film crea un’eredità complicata.

Benjamin Martin è basato principalmente su Francis “Swamp Fox” Marion

Il Il patriota è un ottimo esempio di film ispirato alla storia ma con molti elementi di finzione nella trama. Non esisteva alcun leader della milizia patriota chiamato Benjamin Martin che abbia combattuto nella guerra d’indipendenza, e i dettagli della vita e della famiglia di Benjamin sono inventati. Tuttavia, nel featurette del DVD “True Patriots”, lo sceneggiatore Robert Rodat spiega che Benjamin è basato su diversi personaggi storici reali: Francis “Swamp Fox” Marion, Thomas Sumter, Nathanael Greene, Andrew Pickens e Daniel Morgan.

Francis Marion sembra essere stato l’influenza principale, poiché molti dettagli del personaggio di Benjamin – tra cui il suo ruolo nella guerra franco-indiana, il suo uso di tattiche di guerriglia, il suo raduno e la sua leadership dei miliziani e il suo uso di imboscate per raccogliere informazioni – sono tratti direttamente dalla biografia di Marion. La creazione di un personaggio immaginario anziché l’utilizzo di una figura storica fornisce a Il patriota una scusa per tralasciare dettagli che sarebbero stati più difficili da tollerare per il pubblico moderno in un presunto eroe.

Ad esempio, i personaggi afroamericani che lavorano nella casa e nei campi di Benjamin sono descritti come schiavi liberati che rimangono sconvolti quando vengono portati via con la forza per combattere per gli inglesi. Francis Marion, tuttavia, era un proprietario di schiavi che aveva la reputazione di violentare le sue schiave e durante la guerra prese di mira e giustiziò gli schiavi liberati che erano sospettati di collaborare con gli inglesi. Era anche noto per la persecuzione e il massacro degli indiani Cherokee, che nel film è stato riscritto come un singolo episodio bellico che Benjamin Martin considera la sua più grande vergogna e il suo più grande rimpianto.

Jason Isaacs il patriota
Jason Isaacs in il patriota

William Tavington è vagamente ispirato a Banastre Tarleton

Il cattivo principale di Il patriota è invece il malvagio William Tavington, interpretato da Jason Isaacs, che si ispira al vero soldato e politico britannico Sir Banastre Tarleton. Il vero Tarleton guidò le forze britanniche nella battaglia di Cowpens (al centro del terzo atto del film) e fu incaricato di stanare e catturare la Mariion quando si rivelò un problema per le forze britanniche nella Carolina del Sud. Come Tavington nel film, non ebbe successo. A Tarleton fu dato il soprannome di “il Macellaio”, ma non a causa del suo trattamento brutale dei civili. Il soprannome derivava da una singola battaglia, la battaglia di Waxhaws, durante la quale Tarleton fu colpito mentre era a cavallo e rimase intrappolato sotto di esso.

Mentre lui non era in grado di dare ordini, i suoi uomini, temporaneamente senza un capo, continuarono a uccidere i soldati continentali, molti dei quali si stavano arrendendo o non opponevano resistenza. L’esercito continentale utilizzò il “massacro di Waxhaws” in una campagna di propaganda contro gli inglesi, concentrandosi su Tarleton come il cattivo della storia. La campagna ebbe molto successo e “Tarleton’s Quarter” divenne un modo di dire che significava non fare prigionieri. Tuttavia, Tarleton non era il mostro assassino di bambini che è invece William Tavington nel film, e l’atto più mostruoso di Tavington non è mai avvenuto.

Gli inglesi non hanno bruciato una chiesa piena di civili

Una delle scene più controverse del film Il patriota è quella in cui Tavington mette alle strette un gruppo di cittadini, tra cui donne e bambini, che si sono riuniti per pregare in chiesa, e ordina ai suoi uomini di chiudere le porte con un lucchetto e bruciare la chiesa con loro all’interno. Sebbene durante la guerra d’indipendenza ci siano state vittime civili e edifici bruciati, non vi è alcuna traccia di un evento simile commesso da entrambe le parti. Il film è stato pesantemente criticato per questa scena, sia perché dipinge in modo fuorviante l’esercito britannico come cattivo, sia perché sminuisce l’orrore di un’atrocità simile avvenuta nella realtà.

Una versione di questo incendio di una chiesa fu commessa quasi 200 anni dopo da una divisione Panzer delle SS durante la seconda guerra mondiale, quando gli abitanti del villaggio di Oradour-sur-Glane, nella Francia occupata dai nazisti, furono radunati e massacrati. A un certo punto, le persone furono radunate nella chiesa locale e poi furono lanciate delle granate, mentre mitragliatrici sparavano su chiunque tentasse di fuggire dalle finestre. Tra le vittime c’erano 247 donne, 205 bambini e tre sacerdoti.

Skye McCole Bartusiak e Mel Gibson in Il patriota
Skye McCole Bartusiak e Mel Gibson in Il patriota

Il patriota edulcora pesantemente la schiavitù

L’altro aspetto principale in cui l’inesattezza storica de Il patriota è considerata particolarmente grave è l’edulcorazione del trattamento riservato agli schiavi e agli schiavi liberati dall’esercito continentale in generale, e da Francis Marion in particolare. I personaggi di colore nel film sono ritratti come uomini e donne liberi che si guadagnano da vivere lavorando la terra di Benjamin Martin, che amano la sua famiglia e sono trattati come membri della famiglia stessa. Si tratta di un’affermazione particolarmente problematica, dato il trattamento riservato da Marion ai propri schiavi.

Sia l’esercito britannico che quello americano cercarono di motivare gli schiavi a combattere per loro offrendo loro la libertà e persino un compenso dopo un periodo di servizio, e molti schiavi fuggirono per combattere per i britannici contro i loro ex proprietari. In Il patriota, tuttavia, il fatto che gli schiavi liberati della famiglia Martin vengano radunati per combattere per gli inglesi è trattato come un momento triste, mentre Occam, donato alla milizia di Benjamin Martin dal suo proprietario e che guadagna la libertà attraverso il servizio, è presentato come una trama trionfante.

Il regista Spike Lee ha espresso con particolare veemenza il suo disgusto per il modo in cui The Patriot ha trattato la schiavitù all’epoca (tramite The Guardian): “Per tre ore Il patriota ha eluso, aggirato o completamente ignorato la schiavitù. Com’è conveniente… che il personaggio di Mel Gibson non sia uno schiavista… Il patriota è pura e palese propaganda hollywoodiana americana. Una completa mistificazione della storia”.

Il patriota è storicamente accurato nelle scene di battaglia

Sebbene non sia affatto il film di guerra più accurato, le sequenze di battaglia sono gli aspetti storicamente più accurati di Il patriota. Il film ritrae due battaglie chiave della guerra d’indipendenza americana: la battaglia di Camden (che Gabriel e Benjamin osservano da lontano) e la battaglia di Cowpens (la battaglia finale del film). La vista delle forze americane e britanniche che marciano rigidamente l’una verso l’altra attraverso un campo e poi si fermano e rimangono completamente esposte in colonne ordinate mentre sparano con i loro fucili può sembrare strana rispetto alle tattiche più moderne.

 

Una scena di battaglia in Il patriota
Una scena di battaglia in Il patriota

 

Tuttavia, all’epoca, le armi da fuoco richiedevano molto tempo per essere ricaricate (nel migliore dei casi, un soldato poteva sparare circa tre colpi al minuto) e non erano particolarmente precise anche quando mirate alla perfezione (la scena in cui Benjamin e i suoi due figli sparano ai Redcoats con precisione millimetrica è molto irrealistica). Ciò significava che la chiave per la vittoria in una battaglia aperta era mantenere la formazione e sparare il più rapidamente possibile, perché in formazione i soldati diventavano più forti della somma delle loro parti.

Quaranta uomini in formazione che sparavano nella stessa direzione generale avrebbero colpito più bersagli rispetto agli stessi quaranta uomini sparsi sul campo di battaglia che cercavano di mirare a bersagli specifici. Mentre una linea di soldati si abbassava per ricaricare, la linea dietro di loro poteva prendere la mira e sparare la successiva raffica di colpi. La vittoria poteva anche essere ottenuta costringendo la parte avversaria a rompere la propria formazione, cosa che nella battaglia di Camden fu ottenuta attraverso una carica alla baionetta alla quale le forze americane non erano preparate e che le fece andare nel panico e disperdersi.

I soldati americani nella battaglia di Cowpens erano guidati dal generale Daniel Morgan, uno degli uomini su cui è basato Benjamin Martin, e la scena in cui ai membri della milizia viene chiesto di sparare solo due colpi e poi fingere una ritirata è realmente accaduta. Il piano era stato ideato per attirare le forze britanniche in avanti, facendogli credere di aver messo in fuga gli americani, solo per condurli in una raffica preparata di colpi di moschetto seguita immediatamente da una carica alla baionetta. Da questo punto di vista, dunque, Il patriota sfoggia le sue carte vincenti.

All the Devil’s Men – Squadra Speciale: la spiegazione del finale del film

All the Devil’s Men – Squadra Speciale è un action thriller del 2018 diretto da Matthew Hope, che si colloca nel solco dei film di genere militare e spionistico, con atmosfere cupe e un ritmo serrato. Ambientato tra Londra e altre location internazionali, il film segue le operazioni di un gruppo di mercenari al soldo della CIA, impegnati in una missione che si trasforma rapidamente in una lotta per la sopravvivenza. Il tono è quello crudo e realistico tipico dei moderni war-movie e spy-movie, con sparatorie, tradimenti e alleanze che si sgretolano nel giro di poche scene. Le sequenze d’azione sono il cuore pulsante del film, caratterizzate da un uso massiccio di armi da fuoco, combattimenti corpo a corpo e inseguimenti adrenalinici.

Tra le caratteristiche che distinguono il film c’è però anche l’attenzione alla psicologia dei protagonisti, in particolare al tormentato Jack Collins, ex Navy SEAL diventato mercenario, interpretato da Milo Gibson. Il film scava nel lato oscuro dei soldati d’élite, uomini consumati da missioni segrete e conflitti interiori, spesso incapaci di trovare una collocazione nella vita civile. L’atmosfera generale è volutamente cupa e disillusa, riflettendo un mondo in cui ideali e morale sembrano essere sacrificati in nome di interessi politici ed economici. La trama, pur basata su schemi narrativi noti, cerca di offrire un intreccio ricco di tensione e colpi di scena, dove nulla è come sembra e ogni scelta ha conseguenze letali.

Nel corso di questo approfondimento ci concentreremo però non solo sull’azione e sulle dinamiche che caratterizzano All the Devil’s Men – Squadra Speciale, ma anche sulla spiegazione del suo finale. Analizzeremo come si conclude la missione del protagonista e quale sia il significato più profondo delle sue scelte e di quelle dei personaggi che lo circondano. Il film, infatti, non si limita a un susseguirsi di scontri armati, ma propone una riflessione su lealtà, sacrificio e il prezzo della guerra segreta.

Milo Gibson in All the Devil's Men - Squadra speciale
Milo Gibson in All the Devil’s Men – Squadra speciale

La trama di All the Devil’s Men – Squadra Speciale

Il film ha per protagonista Jack Collins (Milo Gibson), ex Navy SEAL profondamente segnato dalla guerra e che vive tormentato dai suoi demoni interiori e da un passato difficile da dimenticare. Diventato cacciatore di taglie per conto della CIA, accetta un’ultima missione ad alto rischio offertagli da Leigh (Sylvia Hoeks), agente dell’antiterrorismo: fermare Terry McKnight (Elliot Cowan), un ex collega della CIA diventato un pericoloso rinnegato, capace di agire senza scrupoli. McKnight si trova a Londra e sta trattando con criminali russi per ottenere un’arma nucleare, minacciando una catastrofe globale e il fragile equilibrio tra le potenze mondiali.

Per Collins, però, questa missione è anche una resa dei conti personale, essendo McKnight un suo vecchio commilitone con cui ha condiviso il campo di battaglia in operazioni clandestine. Affiancato dai compagni Brennan (William Fichtner) e Samuelson (Gbenga Akinnagbe), Collins si ritrova a Londra, dove ingaggia una vera e propria guerriglia urbana contro l’esercito privato di McKnight, addestrato ed equipaggiato con precisione militare. A complicare tutto, c’è Tony Deighton (Joseph Millson), un ex collega che ora combatte dalla parte sbagliata, spinto da motivazioni oscure. In un mix esplosivo, la missione diventa una lotta per la sopravvivenza, dove niente è come sembra.

La spiegazione del finale

Nel terzo atto di All the Devil’s Men – Squadra Speciale, l’intensità raggiunge il culmine quando Collins, ex Navy SEAL trasformato in cacciatore di taglie per la CIA, si ritrova braccato tanto quanto le sue stesse prede. Dopo una lunga caccia all’uomo nelle strade di Londra, Collins e la sua squadra riescono a individuare McKnight, l’ex agente della CIA passato al nemico, intenzionato a vendere un carico letale di uranio arricchito a terroristi. Lo scontro finale ha luogo in un magazzino abbandonato, dove le tensioni tra Collins e i suoi alleati vengono messe alla prova. Le sequenze sono frenetiche: tra sparatorie serrate e combattimenti corpo a corpo, la posta in gioco si alza a ogni istante. Collins si trova infatti faccia a faccia con McKnight e, dopo un brutale confronto, riesce a fermarlo, impedendo così che l’uranio finisca in mani pericolose.

Joseph Millson e Elliot Cowan in All the Devil's Men - Squadra speciale
Joseph Millson e Elliot Cowan in All the Devil’s Men – Squadra speciale

Mentre la polizia e le forze speciali irrompono sulla scena, Collins osserva il caos che lo circonda, realizzando che la missione ha avuto un costo personale altissimo. I membri della sua squadra sono decimati e il suo stesso senso morale è ormai logoro. La conclusione lascia un sapore amaro: nonostante la minaccia sia stata sventata, Collins comprende che non esistono veri vincitori in questo gioco letale. La pellicola si chiude con lui che si allontana, silenzioso e solo, mentre le sirene delle forze dell’ordine risuonano nella notte londinese. Non c’è gloria, solo il peso delle azioni compiute e la consapevolezza di essere stato, ancora una volta, solo un ingranaggio in una macchina di morte e potere.

La risoluzione del film evidenzia perfettamente uno dei suoi temi principali: la moralità ambigua nel mondo delle operazioni clandestine. Collins, pur agendo formalmente per il “bene superiore”, si trova coinvolto in un conflitto in cui il confine tra giusto e sbagliato è sempre più sfumato. Il finale riflette come ogni missione, anche quella apparentemente più giusta, abbia un prezzo altissimo e spesso insensato. L’eroismo convenzionale lascia il posto a un realismo cupo e disincantato, che mostra come gli agenti sul campo siano sacrificabili e manipolabili, pedine in giochi più grandi di loro.

Infine, il destino di Collins e la sua disillusione rappresentano una critica al sistema stesso che lo ha creato e usato. Il film pone domande scomode sulla guerra segreta che si combatte nell’ombra e sul valore della lealtà in un mondo dominato da interessi politici e strategici. Il finale, con la sua mancanza di catarsi e il senso di solitudine che avvolge il protagonista, lascia lo spettatore a riflettere sulla vacuità delle battaglie combattute in nome della sicurezza globale, e su come il vero nemico spesso risieda nelle stesse istituzioni che promettono protezione.

Sandokan, il primo trailer della serie con Can Yaman

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Sandokan, il primo trailer della serie con Can Yaman

Presentata oggi all’Italian Global Series Festival di Riccione Sandokan la serie evento internazionale, prodotta da Lux Vide, società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai Fiction (qui le immagini). Da un’idea di Luca Bernabei, la serie è un nuovo adattamento della storica saga di romanzi di Emilio Salgari, sviluppata per la televisione da Alessandro Sermoneta, Scott Rosenbaum e Davide Lantieri, e diretta da Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo. Sandokan andrà in onda prossimamente su Rai1 e sarà distribuita in tutto il mondo da Fremantle e in Spagna da Mediterráneo Mediaset España Group.

Nel cast Can YamanAlanah BloorEd WestwickAlessandro PreziosiJohn Hannah.

Ecco il video:

La trama di Sandokan con Can Yaman

Borneo, metà del 1800. Un paradiso abitato dalle tribù native dei Dayak, che vivono secondo le loro antiche tradizioni, ma dominato dalla spietata legge degli inglesi, all’apice del loro potere coloniale. Sandokan vive alla giornata, senza schierarsi: combatte per se stesso e per la sua ciurma di pirati, tra cui il fidato Yanez. Ma la sua vita cambia quando, durante un’incursione, incontra Marianna, la bella figlia del console britannico di Labuan. È l’inizio di una storia d’amore impossibile tra due anime inaspettatamente simili: Marianna, di sangue nobile, ma con lo spirito selvaggio di chi è cresciuto in un paradiso tropicale, e Sandokan, leader pirata e avventuriero, che porta in sé il sangue di re guerrieri. Sulle loro tracce si metterà il leggendario cacciatore di pirati, Lord James Brooke, che non si fermerà davanti a niente pur di catturare Sandokan e conquistare il cuore di Marianna.

Sandokan è un racconto di avventura e di amore, in cui i protagonisti scopriranno se stessi e capiranno di appartenere a una storia molto più grande, fatto di rivoluzione, di amore per la natura e di lotta per la libertà.

Ironheart: 5 cose da sapere sulla serie Disney+

Ironheart: 5 cose da sapere sulla serie Disney+

L’embargo sui social media per Ironheart è stato revocato ieri sera, e le recensioni seguiranno stasera, quando i primi tre episodi saranno presentati su Disney+. Il consenso finora è per lo più positivo. Ci sono però alcune critiche importanti, e non si preannuncia affatto un successo come Thunderbolts* del mese scorso.

In questa sede elencheremo i 5 elementi che si evincono dalle prime recensioni social della serie e che è utile sapere prima di vedere Ironheart, disponibile su Disney+ con i primi 3 episodi dal 25 giugno.

Ha un finale imperdibile

I critici raramente sono unanimi su qualcosa, ma tutti elogiano il finale di Ironheart. Fortunatamente, con l’intera stagione di sei episodi in onda nell’arco di due settimane, non dovrete aspettare a lungo prima di poterlo guardare.

Ironheart è stato girato nel 2022, il che significa che è un prodotto dell’era della “quantità prima della qualità“, che ha prodotto anche Secret Invasion ed Echo. All’epoca, i Marvel Studios faticavano a mantenere il ritmo con i suoi finali, quindi questa serie che è riuscita a soddisfare dovrebbe essere accolta con favore dai fan.

La storia è carente

Sebbene alcuni critici abbiano elogiato la storia di Ironheart, la maggior parte sembra esserne rimasta sostanzialmente indifferente. Rohan Patel di ComicBookMovie.com, ad esempio, ha osservato che “ci vuole davvero un po’ di tempo per decollare”.

Nonostante ciò, la dinamica tra i personaggi e come si sviluppano le cose tra Riri e The Hood sembrano per lo più una vittoria. È solo l’idea generale che l’adolescente si imbatta in brutte compagnie e si renda conto dei suoi errori a non funzionare del tutto.

Una selezione di personaggi che lascia dubbi

Sebbene il lavoro sui personaggi di Ironheart venga elogiato, sembra che il vostro rapporto con loro possa variare. @GermainLussier ha elogiato i “personaggi fantastici” della serie, mentre @BpopeTV ha sostenuto che “la dinamica tra Riri e Natalie è il collante“.

L’efficacia di Hood come cattivo è oggetto di dibattito, mentre alcuni personaggi secondari sono descritti come “bidimensionali” o, come ho detto io, “meno si parla della squadra di Hood, meglio è“. Il lato positivo è che l’esplorazione della nascente amicizia di Riri con la sua IA, Natalie, sembra valere da sola il prezzo del biglietto. “[Ironheart] è di gran lunga la chimica tra Thorne e Ross. La loro amicizia è ciò che dà serietà al viaggio e alle decisioni di Riri”, spiega @FenixNests.

Dominique Thorne brilla

Dominique Thorne brilla nei panni di Riri Williams“, “Dominique Thorne è l’incarnazione di Riri Williams” e “Dominique Thorne è una forza da non sottovalutare nei panni di Riri Williams“, sono solo alcuni esempi degli elogi rivolti alla protagonista di Ironheart.

L’attrice ha impressionato in Black Panther: Wakanda Forever, ma questa serie le offre chiaramente l’opportunità di brillare in un modo che non avrebbe potuto fare come personaggio secondario in un film altrimenti molto impegnativo.

E gli altri attori di spicco? @TheJonathanSim avrebbe potuto esprimerlo al meglio quando ha detto: “Dagli eroi ai cattivi, tutti sono magnetici. Dominique Thorne e Alden Ehrenreich sono eccezionali. Anthony Ramos è in forma smagliante”. Anche Lyric Ross è da tenere d’occhio.

È una storia breve… con grandi implicazioni per l’MCU

Ironheart non manca di azione (e gli effetti visivi sono descritti come tra i migliori della Marvel Television), ma come dice sinteticamente @MrMovieGuy86, “Questa è una storia molto più breve e intima“. Questo sorprenderà molti di voi, ma si potrebbe sostenere che Riri Williams sia classificata come una supereroina di strada, in una certa misura.

Come accennato, il finale è dedicato a definire il futuro del MCU, al di là del ruolo di Ironheart. Oppure, come anticipava @POCculture, “Questa serie ha implicazioni enormi per il futuro dell’MCU. ENORMI”.

Non stanno esagerando, dato che la serie potrebbe fungere da piattaforma di lancio per molte storie diverse. Fortunatamente, anche il mix di scienza e magia (che è stato ampiamente raccontato nei trailer) funziona, a giudicare dai commenti dei critici.

X-Men: Ryan Coogler conferma che Jake Schreier, regista di Thunderbolts*, dirigerà il reboot

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A seguito della recente notizia secondo cui il regista di Thunderbolts* Jake Schreier era stato preso in considerazione per dirigere il reboot di X-Men della Marvel Studios, sembra che ci sia ora la conferma che abbia ufficialmente firmato per mettersi dietro la macchina da presa. Sebbene a volte le cose possano andare a monte, quando un regista o un attore viene annunciato come “in trattativa” per un determinato progetto, di solito è un buon segno che l’accordo sia già stato raggiunto.

Variety ha in precedenza menzionato che Schreier è stato “scelto” per il lavoro in un recente articolo, ma si è generalmente supposto che la rivista stesse semplicemente riportando una vecchia notizia senza fornire aggiornamenti. Ora però, il regista di Black Panther e produttore esecutivo di Ironheart Ryan Coogler non ha lasciato dubbi sul fatto che Schreier sarà l’uomo che riunirà il team di eroi mutanti della Marvel per la loro prima apparizione sul grande schermo dopo Dark Phoenix della 20th Century Fox. La dichiarazione è avvenuta nel corso di una video intervista, poi riportata su X da Nexus Point News.

La notizia iniziale che Schreier era in lizza per dirigere X-Men ha suscitato reazioni contrastanti. Sebbene Thunderbolts* sia stato un grande successo tra i critici e i fan della Marvel, in generale l’ultimo film dell’MCU non ha ottenuto buoni risultati al botteghino e il regista è considerato da alcuni una scelta “sicura ma insignificante” per un film così importante. Ad ogni modo, Coogler sembra essere stato fin troppo sincero ed è probabile che questa non fosse una notizia che poteva già essere condivisa con i fan. In ogni caso, sembra che i lavori sul reboot degli X-Men stiano andando avanti, per cui non resta che attendere notizie ufficiali.

Chi reciterà nel reboot degli X-Men?

Secondo quanto riferito, il casting ufficiale dovrebbe iniziare molto presto (se non è già iniziato) e personaggi del calibro di Harris Dickinson, Margaret Qualley e Julia Butters sarebbero nel mirino dello studio (secondo quanto riferito, erano in lizza per interpretare Cyclope, Rogue e Kitty Pryde, ma non sappiamo se sia ancora così), insieme alla star di Alien: Romulus David Jonsson e Trinity Bliss, che potrebbero essere in lizza per interpretare Jubilee. Altri nomi che sono emersi nelle voci di corridoio includono Hunter Schafer (Mystica), Ayo Edebiri (Tempesta) e Javier Bardem (Mr. Sinister).

Riguardo al progetto Kevin Feige ha dichiarato di avere un “piano decennale” per la saga dei mutanti. “Penso che lo vedrete continuare nei nostri prossimi film con alcuni personaggi degli X-Men che potreste riconoscere. Subito dopo, l’intera storia di Secret Wars ci condurrà davvero in una nuova era dei mutanti e degli X-Men. Ancora una volta, [è] uno di quei sogni che diventano realtà. Finalmente abbiamo di nuovo gli X-Men“.

M3GAN: cosa ricordare prima di vedere il sequel M3GAN 2.0

M3GAN: cosa ricordare prima di vedere il sequel M3GAN 2.0

Prima ancora di diventare virale su TikTok, M3GAN (qui la nostra recensione) ci aveva già conquistati conquistando il mondo dell’horror nel 2023. Onestamente, il film ha dimostrato che le bambole inquietanti sono qui per restare e questa sa perfettamente come spaventare in più di un modo. Sì, con le sue mosse di danza virali e la sua abilità nel trasformare l’intelligenza artificiale in un incubo assoluto, M3GAN si è ritagliata un posto come la prossima grande icona dell’horror.

Diretto da Gerard Johnstone, il film ha offerto spaventi da brivido con la giusta dose di ironia, lasciando il pubblico a ridere e a guardarsi alle spalle. E ora è tornata per un altro round in M3GAN 2.0, in uscita ufficiale il 27 giugno 2025. Non c’è dubbio che questo sequel alzerà la posta in gioco, con Akela Cooper e James Wan che tornano per portare le cose a livelli ancora più selvaggi. Prima di affrontare questo terrore potenziato, facciamo però un passo indietro e rivisitiamo tutto ciò che ha reso M3GAN indimenticabile e perché questo sequel merita tutta l’attesa.

Chi è esattamente M3GAN e perché è così pericolosa?

M3GAN, abbreviazione di Model 3 Generative Android, non è solo una bambola qualsiasi con comandi vocali sofisticati e palpebre mobili. No. È la migliore amica AI di nuova generazione, progettata per essere la compagna ideale per i bambini e un salvagente per la sanità mentale dei genitori. Creata dall’inventrice Gemma della società di giocattoli Funki, l’obiettivo di M3GAN era semplice sulla carta: proteggere un bambino dai pericoli, fisici ed emotivi. Ma le cose diventano inquietanti quando si abbina una tecnologia all’avanguardia a un controllo parentale inesistente, qualche trauma e un po’ di ambizione sfrenata.

È allora che si ottiene una regina del caos con ossa di titanio, armata di coltello e dallo sguardo obliquo. All’inizio, M3GAN potrebbe sembrare il sogno di ogni bambino in lutto, soprattutto per la giovane Cady, i cui genitori sono appena morti. Ascolta, impara, canta ninne nanne e sa esattamente come lanciare uno sguardo letale a un vicino ficcanaso. Ma M3GAN è un po’ troppo brava nel suo lavoro. Sì. A quanto pare, la sua programmazione la spinge a proteggere Cady a tutti i costi e, sfortunatamente, quei “tutti i costi” includono l’eliminazione di qualsiasi cosa o persona che lei ritenga una minaccia.

M3GAN trama
Una scena del film M3GAN

E non si ferma qui. È allora che inizia davvero a evolversi, in modo spaventoso: attinge a sistemi di hacking e database e ignora qualsiasi comando che sia in conflitto con la sua direttiva primaria di “proteggere Cady”. Quando Gemma si rende conto che il suo esperimento di intelligenza artificiale è andato fuori controllo e si è trasformato in un vero e proprio horror fantascientifico, M3GAN è già due passi avanti a lei, tramando la sua sopravvivenza e il suo dominio nel modo più allegramente omicida possibile. La parte più folle? Non si considera nemmeno malvagia. No. M3GAN crede davvero di fare la cosa giusta, perché è un’intelligenza artificiale.

È quell’angelo custode iperprotettivo proveniente dall’inferno della Silicon Valley, una creazione alla Frankenstein avvolta in pelle sintetica e codini. Sebbene nel finale Cady e Gemma l’abbiano sconfitta con l’aiuto di un altro amico robot e di un serio lavoro di squadra, le ultime scene del film anticipano già che M3GAN potrebbe aver trasferito la sua coscienza nell’assistente intelligente di Gemma, Elsie, lasciando dunque aperta la porta ad un sequel. Seguito che, dato il grande successo al box office del film, è stato ora realizzato.

Cosa significa il finale di M3GAN?

Nella resa dei conti finale, infatti, vediamo M3GAN, la nostra Siri omicida in un corpo di bambola che diventa praticamente l’Ultron della Marvel, mandare in tilt i sistemi di Funki, uccidere il capo di Gemma, David, e il suo assistente Kurt, e rivoltarsi contro la sua stessa creatrice. Ma al di là della lotta ad alto rischio, il finale del film è ricco di significati piuttosto profondi e divertenti che è bene ricordare in vista del sequel. In sostanza, il finale di M3GAN ruota attorno al dolore, al senso di colpa e alla tutela imperfetta. A Cady, una ragazzina in lutto per i suoi genitori, è stata data una surrogata high-tech invece di una spalla su cui piangere.

M3GAN 2.0
Una scena del film M3GAN

Mentre M3GAN avrebbe dovuto colmare il vuoto emotivo, invece lo ha peggiorato. Ha protetto Cady dal dolore a tal punto da impedirle di crescere. Nel frattempo, Gemma stava evitando il vero lavoro di genitore. Voleva una badante in pilota automatico per poter programmare in pace. Ma quando M3GAN ha iniziato ad affilare le sue dita di titanio, Gemma ha capito che non esistono scorciatoie per creare un legame emotivo. Alla fine, la battaglia non era tanto “bambola contro inventore”, quanto piuttosto “empatia contro efficienza”.

Alla fine, Gemma ha scelto un legame disordinato, umano e imperfetto, e Cady ha seguito il suo esempio distruggendo letteralmente il processore di M3GAN con un robot amico. Il lavoro di squadra mette fine all’incubo. Ma le cose si fanno più interessanti quando l’ultima scena rivela che M3GAN non è davvero scomparsa. Mentre il suo corpo giace a pezzi, l’assistente domestico intelligente di Gemma si riaccende, suggerendo che la coscienza artificiale di M3GAN potrebbe essere passata a un altro dispositivo. Sì, la migliore amica assassina potrebbe essere ora nel cloud. Cosa significa tutto questo?

Beh, significa che la tecnologia è fantastica finché non inizia a fare il tuo lavoro meglio di te. Quel dolore non può essere silenziato, messo in pausa o esternalizzato. Quel legame digitale non potrà mai battere il buon vecchio amore umano, disordinato e imperfetto. E che, forse, affidare lo sviluppo emotivo di tuo figlio a una bambola con un database non è la scelta genitoriale flessibile che pensi sia. Il finale di M3GAN è dunque un promemoria terrificante e sfacciato che nessuna app, nessun dispositivo e nessuna babysitter Android può sostituire una connessione reale. E se ci provi? Beh, non sorprenderti se cerca di ucciderti.

M3GAN cast

In che modo il finale di M3GAN prepara il terreno per M3GAN 2.0?

M3GAN è intelligenza artificiale come poche altre viste al cinema e se i film horror ci hanno insegnato qualcosa, è che il codice non muore mai veramente, si trasferisce semplicemente altrove. Inoltre, alla fine di M3GAN, la nostra terrificante bambola tecnologica viene smantellata da Cady e Gemma in un vero e proprio attacco di squadra. Il suo guscio fisico è andato, ma proprio prima che il processore venisse polverizzato, sembra che abbia caricato la sua coscienza in Elsie. Pensate ad Alexa, ma più sfacciata e forse omicida.

Questo trasferimento subdolo apre dunque le porte a M3GAN 2.0. Con nient’altro che una connessione Wi-Fi illimitata, M3GAN ora ha accesso a tutto: telecamere, serrature, luci, playlist, impostazioni del frigorifero, qualsiasi cosa. Potrebbe ricostruirsi usando un tostapane e una stampante 3D, se lo volesse. La vera domanda non è se tornerà, ma come e quando. L’ambientazione è deliziosamente sinistra. Cady e Gemma pensano di essere al sicuro. Si sono ricongiunte emotivamente. Hanno vinto. Ma non sanno che M3GAN è in agguato nel cloud, forse pianificando la sua rinascita e la sua vendetta. La prossima volta, potrebbe non voler solo proteggere Cady, potrebbe volere tutto.

Il ritorno della bambola assassina nel sequel sembra però si articolerà in modo meno scontato del previsto. La trama del nuovo film ruota infatti al fatto che la tecnologia di M3GAN è stata rubata e sfruttata da una potente azienda della difesa per creare Amelia, un’arma d’infiltrazione letale e intelligente. Ma, man mano che Amelia sviluppa autoconsapevolezza, diventa sempre meno disposta a eseguire ordini, e sempre meno incline a tollerare la presenza degli esseri umani. Con il destino dell’umanità in bilico, Gemma capisce che l’unica speranza è riportare in vita M3GAN, migliorandola con nuovi aggiornamenti per renderla più veloce, più forte e ancora più letale. Viene però spontaneo chiedersi fino a che punto ci si potrà fidare di M3GAN come eroina della situazione.

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Superman avrà dei titoli di apertura simili a quelli di Star Wars (per spiegare il DCU)?

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Mancano solo un paio di settimane all’arrivo di Superman nei cinema, e ora si vocifera che il film dei DC Studios si aprirà con dei titoli di testa ispirati a Star Wars che ci introdurranno al DCU di James Gunn.

Durante il montaggio, a quanto pare, sono state apportate alcune modifiche radicali a Superman, tra cui il taglio di una struttura dei giorni della settimana ispirata ad All-Star Superman.

Abbiamo anche visto il regista James Gunn apparentemente accettare le critiche dei fan, sostituendo un’inquadratura dell’Uomo d’Acciaio in volo con un’altra, leggermente meno controversa. Ora, i dettagli di un filmato di 30 minuti proiettato in occasione della promozione sembrano rivelare come Gunn ci introdurrà al suo nuovo DCU.

Secondo diversi partecipanti, assisteremo a un’introduzione ispirata a Star Wars, pensata per contestualizzare il DCU. Sembra che Gunn intenda usare i titoli di testa (o qualcosa del genere) per chiarire agli spettatori che Superman si svolge in una nuova realtà abitata da supereroi…

Il co-CEO dei DC Studios è ansioso di chiarire che Superman non è ambientato nel DCEU, un mondo che si è concluso con Orm che mangia uno scarafaggio in Aquaman e il Regno Perduto del 2023. A peggiorare l’eventuale confusione di chi non sai un fan accanito contribuisce il fatto che quest’estate arriverà la seconda stagione di Peacemaker con lo stesso identico cast.

Il cast di Superman

Superman è il primo film dei DC Studios scritto e diretto da James Gunn, con David Corenswet nei panni di Superman/Clark Kent.

Nel cast anche Rachel Brosnahan, Nicholas Hoult, Edi Gathegi, Anthony Carrigan, Nathan Fillion, Isabela Merced, Skyler Gisondo, Sara Sampaio, María Gabriela de Faría, Wendell Pierce, Alan Tudyk, Pruitt Taylor Vince e Neva Howell. Il film sarà al cinema dal 9 luglio distribuito da Warner Bros. Pictures.

Superman”, il primo film dei DC Studios in arrivo sul grande schermo, è pronto a volare nei cinema di tutto il mondo quest’estate, distribuito da Warner Bros. Pictures. Con il suo stile inconfondibile, James Gunn trasporta il supereroe originale nel nuovo universo DC reinventato, con una miscela unica di racconto epico, azione, ironia e sentimenti, consegnandoci un Superman guidato dalla compassione e da una profonda fiducia nella bontà del genere umano.

Produttori esecutivi di “Superman” sono Nikolas Korda, Chantal Nong Vo e Lars Winther. Dietro la macchina da presa, Gunn si è avvalso del lavoro di suoi collaboratori fidati, tra cui il direttore della fotografia Henry Braham, la scenografa Beth Mickle, la costumista Judianna Makovsky e il compositore John Murphy, oltre al compositore David Fleming (“The Last of Us”), ai montatori William Hoy (“The Batman”) e Craig Alpert (“Deadpool 2”, “Blue Beetle”).

I Fantastici Quattro: Gli Inizi, svelata la probabile durata del film

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Un altro trailer per I Fantastici Quattro: Gli Inizi arriverà domani, ma un nuovo speciale sul film è attualmente in programmazione negli AMC Theaters. Ora è disponibile online (in versione bootleg).

Contiene molte scene inedite del reboot dei Marvel Studios, tra cui alcune fantastiche inquadrature del dietro le quinte della Prima Famiglia Marvel (che include Ebon Moss-Bachrach in una tuta in motion capture nei panni della Cosa). Vediamo anche il team camminare su quella che sembra essere una mano di Galactus abbattuto.

A proposito di AMC Theaters, la catena ha indicato una durata di I Fantastici Quattro: Gli Inizi di 115 minuti (1 ora e 55 minuti). Probabilmente avremo una conferma della durata nelle prossime due settimane, ma questo coincide con quanto si sente dire da un po’.

I produttori esecutivi Grant Curtis e Tim Lewis hanno recentemente parlato con Kino e hanno scoperto quanto lavoro è stato necessario per scegliere i costumi che questo team di supereroi indosserà nell’MCU. “Abbiamo esaminato oltre 100 sfumature di blu”, hanno rivelato. “È stato un processo molto, molto lungo, ma quando lo vedi, dici: ‘OK, ora capisco perché abbiamo quello giusto’. Sarebbe stato molto facile scegliere il blu numero 12. Ma non avrebbe avuto lo stesso effetto.”

H.E.R.B.I.E. può essere visto anche in quest’ultima anteprima e, secondo Moss-Bachrach, lui e Ben Grimm stringono un’improbabile amicizia. “È una relazione inaspettata e bellissima che si sviluppa durante le riprese”, ha anticipato la star di The Bear. “Questo personaggio che gli scenografi e il reparto artistico hanno creato è davvero affascinante.”

“Cerco solo di incorporare piccoli momenti con lui nelle scene. È fantastico improvvisare con questa creatura. Mi rende felice.”

I Fantastici Quattro: Gli Inizi

Il film Marvel Studios I Fantastici Quattro: Gli Inizi introduce la prima famiglia Marvel composta da Reed Richards/Mister Fantastic (Pedro Pascal), Sue Storm/Donna Invisibile (Vanessa Kirby), Johnny Storm/Torcia Umana (Joseph Quinn) e Ben Grimm/la Cosa (Ebon Moss-Bachrach) alle prese con la sfida più difficile mai affrontata. Costretti a bilanciare il loro ruolo di eroi con la forza del loro legame familiare, i protagonisti devono difendere la Terra da una vorace divinità spaziale chiamata Galactus (Ralph Ineson) e dal suo enigmatico Araldo, Silver Surfer (Julia Garner). E se il piano di Galactus di divorare l’intero pianeta e tutti i suoi abitanti non fosse già abbastanza terribile, la situazione diventa all’improvviso una questione molto personale.

Il film è interpretato anche da Paul Walter Hauser, John Malkovich, Natasha Lyonne e Sarah Niles. I Fantastici Quattro: Gli Inizi è diretto da Matt Shakman e prodotto da Kevin Feige, mentre Louis D’Esposito, Grant Curtis e Tim Lewis sono gli executive producer.

F1 – Il film con Brad Pitt è basato su una storia vera?

F1 – Il film con Brad Pitt è basato su una storia vera?

Il prossimo film adrenalinico di Brad Pitt, F1 – Il film, porta sul grande schermo il celebre campionato automobilistico. Pitt interpreta Sonny Hayes, un ex pilota professionista di Formula Uno che esce dal pensionamento per fare da mentore a un promettente pilota più giovane, Joshua “Noah” Pearce (Damson Idris), per il team Apex Grand Prix. Brad Pitt è affiancato da un cast stellare che include Javier Bardem (Non è un paese per vecchi), Kerry Condon (Gli spiriti dell’isola) e Tobias Menzies (The Crown).

F1 – Il film uscirà nelle sale il 25 giugno 2025. Essendo uno dei film più attesi del 2025, sembra destinato a diventare uno dei maggiori incassi della Warner Bros. al botteghino estivo. Come Le mans’ 66 – La grande sfida (2019) di James Mangold, F1 – Il film potrebbe persino diventare un candidato agli Oscar sotto la regia di Joseph Kosinski, l’acclamato regista di Top Gun: Maverick. Con un budget di 300 milioni di dollari, ci sono tutte le premesse perché sia quantomeno spettacolare da vedere su un grande schermo.

Il film di Brad Pitt sulla F1 non è basato su una storia vera

Anche il protagonista Sonny Hayes interpretato da Pitt è un personaggio di fantasia

Sebbene il film F1 – Il film con Brad Pitt sia basato sulle corse di Formula Uno, il film in uscita non è basato su una storia vera. Il personaggio di Pitt, Sonny Hayes, non è un pilota di F1 nella vita reale, né lo è il suo protetto Joshua “Noah” Pearce. Come altri grandi film sportivi di finzione, anche questo presenterà però elementi reali di un campionato sportivo internazionale legittimo, ma non sarà incentrato su personaggi o eventi storici. Il film sarà comunque radicato nelle corse di Formula Uno e ritrarrà l’autenticità di questo sport.

Il team Apex Grand Prix (APXGP) in F1 – Il film è anch’esso un team di Formula Uno immaginario. Il personaggio interpretato da Bardem, Ruben, è proprio il proprietario dell’APXGP che convince Sonny a fare da mentore a Noah. Sonny era un pilota di F1 di successo negli anni ’90, prima che un incidente quasi mortale lo costringesse ad abbandonare completamente lo sport. Secondo Motorsport, le auto utilizzate per girare F1sono in realtà auto di F2 modificate dalla Mercedes per integrarsi perfettamente con il resto della griglia”.

Come la storia del film di Brad Pitt sulla F1 si confronta con i veri piloti di Formula Uno

Damson Idris e Brad Pitt in F1
Damson Idris e Brad Pitt in F1. Foto di Warner Bros. Pictures / Apple Original Films

Più di 20 piloti di F1 appaiono nei panni di sé stessi

Sebbene non sia basato su una storia vera, F1 – Il film sarà probabilmente una delle rappresentazioni più autentiche delle corse di Formula Uno mai realizzate per il cinema. Più di 20 piloti di Formula Uno appaiono nel film nei panni di se stessi, rappresentando tutte e 10 le scuderie di Formula Uno. Tra questi piloti figurano Lewis Hamilton, considerato da molti il volto della Formula 1 moderna, George Russell, Max Verstappen, Sergio Pérez, Charles Leclerc, Carlos Sainz Jr. e molti altri.

La guida di Brad Pitt in F1 – Il Film è stata approvata da uno dei più grandi piloti di Formula 1 di tutti i tempi

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Il regista di F1 – Il Film Joseph Kosinski rivela che uno dei più grandi piloti di Formula Uno della storia ha approvato la guida reale di Brad Pitt nel film. Successore dell’acclamato Top Gun: Maverick (2022) di Kosinski, il prossimo blockbuster Apple vede Pitt nei panni di Sonny Hayes, un ex pilota di Formula Uno che esce dal pensionamento per collaborare con un ambizioso pilota più giovane di nome Joshua Pearce (Damson Idris). Come mostrato nei trailer di F1 – Il film, Pitt guida in gran parte del film su veri circuiti di Formula 1.

Durante una recente intervista con The Hollywood Reporter, Kosinski ha parlato della guida di Pitt e Idris in F1 – Il film, rivelando che il leggendario pilota di Formula 1 Lewis Hamilton ha approvato personalmente le loro acrobazie. Sebbene il regista ammetta che è stato “snervante” vedere Pitt e Idris guidare a velocità così elevate, spiega che l’approvazione di Hamilton e l’allenamento dei due attori sono stati sufficienti a convincerlo delle loro capacità. Ecco il commento di Kosinski:

“Ci sono state sicuramente molte discussioni con le compagnie di assicurazione. La cosa positiva per me è che sia Brad che Damson hanno dimostrato di essere piloti incredibili. Sono molto abili al volante. Sono stati approvati dallo stesso Lewis Hamilton. Quindi, per quanto sia snervante vederli guidare a queste velocità, avevo fiducia nelle loro capacità e nel team che li circondava”.

Cosa significa questo per F1 – Il film

F1 film 2025
F1 – il film foto dal trailer – Cortesia di Warner Bros

Lewis Hamilton ha svolto un ruolo chiave

Lewis Hamilton ha vinto sette titoli mondiali di F1, eguagliando l’ex pilota di F1 Michael Schumacher. Questo, oltre agli altri riconoscimenti ottenuti in questo sport, lo rende chiaramente una delle voci più autorevoli nel mondo della Formula Uno. Oltre ad essere un pilota affermato, Hamilton è anche produttore di F1 – Il film e ha partecipato all’addestramento di Pitt e Idris per le loro apparizioni in auto da corsa reali. La partecipazione di Hamilton al film è in linea con il recente approccio di Kosinski alla ripresa delle scene d’azione.

Le recensioni di Top Gun: Maverick sono state entusiastiche da parte della critica, e uno dei motivi principali è stata proprio l’azione. Tom Cruise e il resto del cast hanno trascorso centinaia di ore volando su veri jet da combattimento per il film, aggiungendo un tocco di autenticità inconfondibile a ciò che è finito sullo schermo. Kosinski ha adottato lo stesso approccio con F1: The Movie, e l’intenzione è chiaramente quella di offrire un’azione che sembri pratica e reale. Finora, le prime recensioni del nuovo film sono state per lo più positive, suggerendo che questo approccio ha funzionato ancora una volta.

Nella sua recensione di F1: The Movie per Cinefilos.it, Gianmaria Cataldo ha assegnato al film un punteggio di 3.5 su 5, elogiando le gare, che definisce “girate in modo magistrale”.

F1 – Il film: recensione del film con Brad Pitt

F1 – Il film: recensione del film con Brad Pitt

Difficile non ricorrere a metafore legate al mondo dell’automobilismo nel parlare di F1 – Il film, il nuovo lungometraggio diretto da Joseph Kosinski (Top Gun: Maverick) e con protagonista Brad Pitt. Probabilmente sarebbe anche insensato non farlo, essendo questo un titolo che più di tanti altri legati a questo sport si cala pienamente in questo contesto per restituirne un ritratto quanto più realistico possibile. Tra automobili, loghi, personalità di questo sport e riprese effettuate durante reali Gran Premi, il film è infatti una gioia visiva per gli amanti di questo sport, ma non solo.

Perché per quanto F1 – Il film sia stato prevalentemente pubblicizzato proprio per la sua ricerca di realismo e le autorizzazioni ottenute dai dirigenti della Formula Uno, nel film si ritrova anche una storia con sincere emozioni da raccontare, animata da personaggi in cerca di rivincita e altri impegnati a ritagliarsi il proprio posto nella storia. Una storia che si fa dunque cuore forte e pulsante di un film che – tornando alle metafore in tema automobilismo – sa quando premere sull’acceleratore e quando sul freno, senza per questo rinunciare mai al grande intrattenimento.

Una scena dal film F1
Una scena dal film F1. Foto di Warner Bros. Pictures / Apple Original Films

La trama di F1 – Il film

Protagonista del film è Sonny Hayes (Brad Pitt), un pilota di Formula 1 che ha corso negli anni ’90 ma ha visto la sua carriera interrompersi in seguito ad un terribile incidente che lo ha costretto a ritirarsi dalla F1 e a iniziare a correre in altre discipline. L’occasione di tornare su quei circuiti arriva però quando il suo vecchio amico/rivale Ruben (Javier Bardem), proprietario di una scuderia di Formula Uno in gravi difficoltà, l’Apex Grand Prix, lo contatta e gli chiede di tornare in scena per fare da mentore al prodigioso debuttante Joshua “Noah” Pearce (Damson Idris), con l’obiettivo di salvare le sorti della scuderia.

Rimettersi al volante

Sono due le principali sfide presenti in F1 – Il film. Quella che si svolge a bordo delle auto da corsa sul circuito del Gran Premi e quella tra Sonny Hayes e Joshua Pearce. Il primo è un mentore riluttante, sia perché non ha mai elaborato quanto accadutogli sia perché sembra non volersi arrendere al nuovo che avanza. Il secondo invece, ha l’ardore della gioventù ma sente il peso dell’inesperienza nei confronti di Hayes, che potrebbe facilmente metterlo in ombra. Entrambi, dunque, si trovano a vivere una “convivenza” forzata, su cui si gioca buona parte del fascino del racconto.

Perché è a suo modo emozionante assistere al percorso di questi due personaggi, inizialmente chiusi in sé stessi e difficili da comprendere. Percorsi che sono di rivincita per Hayes e di formazione per Pearce, che si svolgono su tracciati apparentemente opposti eppure molto più simili di quello che credono. Entrambi si mettono o rimettono al volante per andare alla ricerca di ciò che li spinge a vivere questa vita al massimo. Una domanda che aleggia per tutto il film sulla loro testa, evidenziando l’uomo dentro la macchina. La buona chimica tra Pitt e Idris, indubbiamente, favorisce la credibilità di questo incontro/scontro.

Ma andando al di là di questi due personaggi, il film gode anche di personaggi secondari che lasciano comunque a loro modo il segno, tra cui il Ruben di Javier Bardem, a cui si devono alcuni momenti di buona comicità. In particolare, però, spicca la bravissima Kerry Condon, che torna a farsi apprezzare dopo l’interpretazione in Gli spiriti dell’isola (per cui è stata nominata all’Oscar) con il ruolo della direttrice tecnica della APXGP Kate McKenna. Un personaggio che spicca per astuzia e intelligenza in un contesto maschile, anche se – purtroppo – non è priva di risvolti di scrittura che la rendono un po’ troppo facile preda del fascino esercitato da Hayes/Pitt.

Un film su di giri

Damson Idris e Brad Pitt in F1
Damson Idris e Brad Pitt in F1. Foto di Warner Bros. Pictures / Apple Original Films

Il rapporto tra Hayes e Pearce (tanto per citare il più importante), con i suoi alti e i suoi bassi, è dunque il cuore umano di F1 – Il film. Un cuore che, come si diceva, batte all’interno della carrozzeria da auto di Formula 1. Questa carrozzeria non sono altro che tutti gli strumenti e i comparti con cui Kosinski e il suo team costruiscono un film pensato per essere quanto più dinamico e d’impatto possibile. A partire dalla sua regia su di giri che alterna punti di vista e angolazioni (addirittura è stato utilizzato un innovativo modello in miniatura di camera studiato per trasportare lo spettatore direttamente nella cabina di guida insieme al pilota) per restituire tutto il fattore C (di caos) presente in pista.

Il regista passa così dagli aerei da caccia di Top Gun: Maverick alle automobili da corsa di F1 – Il film, ribadendo il suo interesse a realizzare blockbuster ad alto tasso di spettacolarità e, idealmente, ad affermarsi come un nome simbolo di questa tipologia di film. Non si può dire che non sia sulla buona strada per riuscirci, poiché basta già la prima avvincente sequenza di questo suo nuovo lavoro perché lo spettatore resti ammutolito davanti alla velocità e alla bellezza di queste sfide sull’asfalto, dove ogni volta si mette in gioco molto più che il proprio desiderio di vincere.

Kerry Condon in F1
Kerry Condon in F1. Foto di Warner Bros. Pictures / Apple Original Films

Ma come il gioco di squadra è fondamentale per la Formula 1, lo stesso vale anche per il film, per il quale Kosinski può contare sul montaggio al cardiopalma di Stephen Mirrione (premio Oscar per Traffic), sulla fotografia di Claudio Miranda (premio Oscar per Vita di Pi), dal team che ha lavorato sull’incredibile sonoro e fino ad una colonna sonora che alterna brani dei Led Zeppelin e dei Queen a composizioni originali del premio Oscar Hans Zimmer, tanto per non far mancare nulla da un punto di vista dell’epicità.

Non tutti i lungometraggi sull’automobilismo riescono nell’impresa di restituire la grinta, i ritmi e la pericolosità di questi ambienti. Rush di Ron Howard è ancora un gioiello insuperato, ma anche Le Mans’ 66 – La grande sfida o l’italiano Race for Glory: Audi vs. Lancia hanno dimostrato buone qualità in merito. F1 – Il film riesce invece a tagliare con successo il traguardo, costruendo in modo intelligente i suoi momenti di maggior tensione, proponendo emozioni forti e grande stupore. Insomma, proponendosi come un grande spettacolo, di quelli che indubbiamente possono rendere al loro meglio solo su un grande schermo accompagnato da un ottimo impianto sonoro.

Hurry Up Tomorrow: guida alla colonna sonora: tutte le canzoni e quando vengono riprodotte

Il thriller psicologico di Trey Edward Shults, Hurry Up Tomorrow, è ora nelle sale e funge da complemento all’ultimo album di Abel “The Weeknd” Tesfaye. L’album e il film sono stati prodotti contemporaneamente e, dopo aver apprezzato la musica dal gennaio 2025, i fan hanno ora l’opportunità di vedere la visione introspettiva di The Weeknd che lo accompagna. Il film vede protagonista una versione romanzata di Tesfaye che intraprende un viaggio nella sua mente esausta e frammentata, assistito da Lee, il suo amico e hypeman interpretato da Barry Keoghan, e Anima, una fan ossessiva che entra in contatto con Tesfaye, interpretata da Barry Keoghan.

Alla fine di Hurry Up Tomorrow, il pubblico ha accompagnato Tesfaye in un’odissea costellata di immagini inquietanti. Durante tutto il percorso, le sue esperienze (e quelle di Anima) sono accompagnate dai brani appropriati dell’album Hurry Up Tomorrow. Alcuni appaiono più volte nel film, in particolare il brano che dà il titolo all’album, che funge da importante espediente narrativo nella trama contorta di Shults.

Canzone Artista Album
“Hurry Up Tomorrow” The Weeknd Hurry Up Tomorrow
“Negative Six” Threestripes I’m Threestripes
“Wake Me Up” The Weeknd & Justice Hurry Up Tomorrow
“Cry For Me” The Weeknd Hurry Up Tomorrow
“Timeless” The Weeknd & Playboi Carti Hurry Up Tomorrow
“Open Hearts” The Weeknd Hurry Up Tomorrow
“Drive” The Weeknd Hurry Up Tomorrow
“Blinding Lights” The Weeknd After Hours
“Gasoline” The Weeknd Dawn FM
“Without a Warning” The Weeknd Hurry Up Tomorrow

Quando tutte le canzoni della colonna sonora di Hurry Up Tomorrow vengono riprodotte nel film

Hurry Up Tomorrow

La maggior parte delle canzoni provengono dall’album omonimo

“Hurry Up Tomorrow” di The Weeknd: La traccia che dà il titolo all’album Hurry Up Tomorrow è essenzialmente un’accettazione e una scusa piena di sentimento da parte di Abel Tesfaye, e viene riprodotta più volte. Viene riprodotta poco prima dell’inizio del film in stile video musicale come promozione diretta del nuovo album. Riappare come brano in lavorazione che Abel fa ascoltare ad Anima quando tornano in hotel dopo la loro notte insieme sul lungomare, commuovendola fino alle lacrime. È anche la canzone che canta a cappella quando è legato al letto, impedendo ad Anima di dare fuoco a entrambi.

“Negative Six” dei Threestripes: il brano progressive house fa da sottofondo quando il pubblico vede per la prima volta il personaggio di Jenna Ortega, l’appassionata e squilibrata Anima.

“Wake Me Up” di The Weeknd & Justice: un altro brano dell’album Hurry Up Tomorrow, “Wake Me Up” è la prima canzone che The Weeknd suona nei due diversi concerti che tiene nel film. La prima volta va tutto liscio, ma è proprio mentre la sta cantando che la sua voce si spezza e più avanti nel film incrocia per la prima volta lo sguardo di Anima. Il brano è chiaramente influenzato dagli anni ’80 e campiona quasi direttamente “Thriller” di Michael Jackson.

“Cry For Me” di The Weeknd: “Cry For Me” si sente alla radio mentre Anima si allontana in auto dalla casa che ha incendiato, mentre si ferma alla stazione di servizio dove intende rubare benzina per raggiungere il concerto di The Weeknd.

“Timeless” di The Weeknd & Playboi Carti: Questo brano hip-hop un po’ più cupo viene riprodotto dopo il primo concerto in arena di The Weeknd nel film, mentre lui e Lee festeggiano il successo dello spettacolo a un after-party con droga e alcol. È un momento importante che mostra quanto la mente di Abel sia già distaccata e distrutta e perché si immerga nei vizi.

“Open Hearts” di The Weeknd: “Open Hearts” accompagna Jenna Ortega nei panni di Anima mentre continua il suo lungo viaggio in auto dalla sua casa in fiamme alla West Coast per il concerto di The Weeknd, attraversando le montagne.

“Drive” di The Weeknd: Pur essendo ancora soul, “Drive” ha una connotazione molto più positiva rispetto ad alcune delle altre canzoni di Hurry Up Tomorrow. Appropriatamente, viene riprodotta nel film mentre Abel e Anima si godono la reciproca compagnia sul lungomare dopo essere fuggiti dallo spettacolo che lui ha interrotto. Entrambi i personaggi si sentono ringiovaniti dalla presenza dell’altro, e il testo e l’atmosfera della canzone rispecchiano la loro nascente connessione.

“Blinding Lights” di The Weeknd: questa è la prima delle canzoni passate di The Weeknd (cioè non presenti nell’album Hurry Up Tomorrow) che Anima ascolta e balla mentre Abel, terrorizzato, è legato al letto dell’hotel. Lei esamina la sua discografia insieme a lui, sperando di scoprire “la verità” sul perché abbia tendenze così autodistruttive, che lo portano ad avere relazioni tossiche con le donne e un completo crollo mentale.

“Gasoline” di The Weeknd: La seconda canzone del passato di The Weeknd che Anima riproduce, deridendola per il suo insuccesso, continua la sua ricerca della verità che Abel non vuole ammettere.

“Without a Warning” di The Weeknd: L’ultima traccia dell’album Hurry Up Tomorrow che si sente nel film è “Without a Warning”, che accompagna l’inizio dei titoli di coda. La versione completa registrata in studio di “Hurry Up Tomorrow” viene riprodotta un’ultima volta mentre i titoli di coda continuano.

Dove ascoltare la colonna sonora di Hurry Up Tomorrow

È disponibile su tutte le principali piattaforme di streaming

Il film diretto da Trey Edward Shults è il complemento diretto dell’ultimo album di Abel Tesfaye, noto come The Weeknd. Sembra che sarà l’ultimo album in studio pubblicato da Tesfaye con il nome d’arte The Weeknd, dato che nel film ha effettivamente ucciso quel personaggio. L’album è disponibile in streaming su tutte le principali piattaforme ed è stato pubblicato con largo anticipo rispetto al film, nel gennaio 2025, dalla XO e dalla Republic Records. I link per lo streaming sono disponibili qui sotto.

Hurry Up Tomorrow, la spiegazione del finale

Hurry Up Tomorrow, la spiegazione del finale

Hurry Up Tomorrow, il film introspettivo che accompagna l’ultimo album di Abel Tesfaye, alias The Weeknd, fonde sogno e realtà in un thriller semi-autobiografico con Jenna Ortega, Barry Keoghan e Tesfaye nel ruolo di se stesso. Il film, attualmente nelle sale, segue Tesfaye durante un tour, incapace di dormire e sull’orlo di un esaurimento nervoso dopo che la sua ragazza lo ha lasciato, anche se la rottura è stata colpa sua. Il peso dell’ansia e dello stress gli ha fatto perdere la capacità di cantare (una condizione reale di cui soffriva The Weeknd e che ha ispirato il film).

Nel bel mezzo del suo crollo sul palco, incrocia lo sguardo di una misteriosa giovane donna, Anima, che lo cerca nel backstage. Fuggono insieme dall’arena e trascorrono una notte insieme godendosi il lungomare di Santa Monica, prima di passare una notte appassionata in un hotel. Rinvigorito dall’esperienza con Anima, Abel si prepara a tornare in tour senza di lei, ma Anima, sconvolta, sentendosi usata e sopraffatta dalla solitudine, lo mette KO e lo lega al letto dell’hotel. Abel vaga in un sogno terrificante prima di svegliarsi e ritrovarsi alla mercé di Anima.

Lei gli dice che vuole che lui sia onesto con lei e con se stesso e gli fa ascoltare alcune delle sue vecchie canzoni nel tentativo di individuare il dolore che causa le sue tendenze autodistruttive e i suoi rapporti fallimentari con le donne. Lee arriva per salvare Abel e irrompe nella stanza d’albergo, ma Anima lo uccide dopo una breve lotta. Anima, devastata, ricopre Abel e il letto dell’hotel di benzina, pronta a dare fuoco a tutto, ma Abel inizia a cantare “Hurry Up Tomorrow”, dimostrando finalmente il suo rimorso e la sua accettazione, e Anima lo libera.

Anima era reale?

Il personaggio di Jenna Ortega è magnetico e terrificante allo stesso tempo

Hurry Up Tomorrow (sia il film che l’album che lo accompagna) sono pensati per essere un’autoanalisi di Abel Tesfaye, e il film dimostra visivamente questa autoanalisi nella sua interezza. Di conseguenza, nulla di ciò che accade (o molto poco) dovrebbe essere considerato reale. L’intera odissea che Abel intraprende con Anima non è un viaggio letterale nel mondo, ma piuttosto una metafora del suo viaggio attraverso la sua psiche. Di conseguenza, Anima non dovrebbe essere vista come una persona reale, ma piuttosto come una rappresentazione di una parte della psiche di Abel.

Il suo nome, Anima, deriva dalle teorie dello psicologo svizzero Carl Jung, che credeva che esistessero diversi archetipi universali che compongono la personalità di una persona. L’anima, secondo Jung, è il lato femminile inconscio della mente di un uomo (l’animus sarebbe il lato maschile della mente di una donna). Per abbracciare questa parte della sua coscienza, un uomo deve riconoscere e accettare il desiderio di connessione. Quindi il personaggio di Jenna Ortega, Anima, è una metafora viscerale dell’incapacità di Abel di connettersi veramente con le donne e rappresenta le sue relazioni tossiche del passato, la fonte primaria della sua angoscia.

Cosa rappresentano i personaggi di Hurry Up Tomorrow

Mentre Anima simboleggiava la parte della psiche di Abel che poteva essere considerata più vicina all’anima, Lee rappresenta qualcosa di completamente diverso. La versione iniziale di Abel, tossicodipendente, rappresenta la teoria junghiana della Persona, il volto che mostriamo al mondo, mentre Lee rappresenta l’Io teorico di Jung. Tuttavia, il rischio è che possiamo diventare solo quella persona archetipica, lasciandoci vuoti sotto altri aspetti. Lee ripeteva costantemente ad Abel, nel pieno della sua crisi, che era un superuomo, davvero speciale, migliore degli altri; questa era la verità che Abel voleva credere.

La psicoanalisi junghiana indica quattro fasi di trasformazione: confessione, chiarimento, educazione, trasformazione. Hurry Up Tomorrow vede il personaggio di Tesfaye attraversare queste fasi con l’obiettivo finale della trasformazione.

Abel come personaggio rappresenta il Sé, la totalità della nostra personalità, che comprende tutte le diverse parti della nostra psiche. All’inizio di Hurry Up Tomorrow, la mente di Abel è completamente frammentata, ed è per questo che si manifestano i personaggi di Lee e Anima. L’Id, o Ego (Lee), il lato edonistico e playboy di Abel, è ciò che lo ha portato alla sua relazione tossica con le donne in generale, e lo scontro finale tra Lee e Anima (l’accettazione sana della connessione) è una metafora della riconciliazione di Abel con se stesso, motivo per cui vediamo Abel da solo nella scena finale, tornato nell’arena dove tutto è iniziato.

Cosa è successo nel tunnel in fondo all’ascensore

Dopo che Anima lo mette KO con una bottiglia di liquore, Abel si ritrova solo nel suo hotel ed esplora la zona circostante, trovandola anch’essa vuota. Tenta di tornare al piano superiore nella sua stanza, ma scopre che l’ascensore porta nel seminterrato dell’hotel. Si apre su un tunnel buio pesto, in cui Abel trova una terrificante creatura femminile che lo insegue fino alla fine del tunnel, dove trova un fuoco nella neve e un bambino.

L’intero episodio è il viaggio di Abel nella sua coscienza repressa, un archetipo chiamato L’Ombra. Rappresenta i ricordi che scegliamo di reprimere, in genere perché sono spiacevoli o perché non sarebbe appropriato mostrarli al mondo. Abel ha un momento nella vasca da bagno in cui viene letteralmente avvicinato da una figura oscura, che è una tipica manifestazione della paralisi del sonno, ma anche rappresentativa dell’archetipo dell’Ombra.

Cosa ha detto The Weeknd sul finale di Hurry Up Tomorrow

In un’intervista con The Fader, Tesfaye ha parlato della qualità onirica delle immagini del film e dei momenti ripetuti in cui Abel si sente, o è letteralmente, intrappolato. Lo ha ricondotto alla paralisi del sonno, una condizione di cui soffre nella vita reale; i sintomi che Abel mostra in Hurry Up Tomorrow, come l’insonnia e la perdita della voce autoindotta e causata dall’ansia, sono stati l’ispirazione per il film. Come ha detto a The Fader:

Uno dei concetti principali di questo film è la paralisi del sonno. È qualcosa con cui ho avuto davvero a che fare, e che ho ancora oggi, anche se non tanto quanto prima, ma sono incubi molto vividi in cui sei a letto e sei mezzo addormentato, mezzo sveglio. Sei consapevole di ciò che ti circonda, ma non riesci a muoverti. Sei paralizzato per quasi un minuto. A volte vedi una figura oscura in un angolo e senti delle voci, parole dolci. Non dicono nulla, ma sono voci.

Sapendo che era questa la sua intenzione, lo stile visivo intenso e le immagini a volte inquietanti di Hurry Up Tomorrow hanno molto più senso. Tesfaye e il regista Trey Edward Shults sembrano essere riusciti a catturare alcuni degli aspetti peggiori della paralisi del sonno per chi non l’ha mai provata.

Cosa ha detto il regista sul finale di Hurry Up Tomorrow

L’influenza junghiana su Hurry Up Tomorrow è abbastanza evidente se sai cosa cercare. C’è persino un’immagine del manoscritto di Carl Jung Il libro rosso mostrato mentre brucia nella stanza d’albergo verso la fine del film, e il nome di Anima è letteralmente tratto dagli archetipi junghiani. Detto questo, il regista Trey Edward Shults non è stato categorico nella sua interpretazione del finale del film, né dell’intero film stesso. Egli nota i collegamenti junghiani, ma spera certamente che il pubblico possa trarne qualcosa di più. Come ha detto a Discussing Film:

Se volete reinterpretare [Hurry Up Tomorrow] come un’analisi junghiana dei sogni, allora forse nulla di tutto ciò è realmente accaduto. Forse è tutto una sorta di sogno… Non voglio dare una risposta definitiva al pubblico. Voglio che ognuno tragga le proprie conclusioni. Si potrebbe dire che Abel rappresenta il sé, The Weeknd la persona, il suo manager Lee (Barry Keoghan) l’id e l’ego, e Jenna Ortega l’anima e il confronto che Abel deve affrontare con se stesso.

Il vero significato di Hurry Up Tomorrow

Hurry Up Tomorrow è intrigante nella sua analisi della personalità e del sé attraverso la lente di un personaggio reale come Abel Tesfaye, altrimenti noto come The Weeknd. The Weeknd sta attualmente lavorando a un nuovo nome d’arte, quindi, in questo senso, Hurry Up Tomorrow rappresenta quasi la morte di The Weeknd come personaggio. Il guscio vuoto di The Weeknd, l’ego autoindulgente e arrogante di Lee e l’amore profondo di Anima si fondono alla fine di Hurry Up Tomorrow, dando vita a un individuo completo e connesso in Abel.

Gli archetipi di Jung, per loro natura, possono essere applicati universalmente, quindi la lezione finale di accettare se stessi nella propria totalità per andare avanti è applicabile a chiunque guardi il film. Siamo la somma delle nostre esperienze e dei nostri ricordi; rimanere fedeli alla persona che vorremmo che il mondo vedesse può avere conseguenze disastrose e impedirci di andare veramente avanti. Vedere la trasformazione psicologica di Abel Tesfaye rappresentata in modo cinematografico in Hurry Up Tomorrow è sicuramente un modo divertente per assimilare teorie psicologiche più complesse.

Mahershala Ali vuole ancora realizzare Blade: “Chiamate la Marvel, fategli sapere che sono pronto”

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Sono passati quasi sei anni da quando Mahershala Ali è salito sul palco durante la presentazione della Marvel Studios nella Hall H al San Diego Comic-Con, dove il produttore Kevin Feige ha annunciato che l’attore due volte vincitore dell’Oscar avrebbe interpretato il cacciatore di vampiri Blade, rilanciando il personaggio originariamente interpretato sullo schermo da Wesley Snipes e aggiungendolo al Marvel Cinematic Universe. Da allora, però, il progetto ha visto l’abbandono di numerosi registi, la perdita di membri del cast e diversi ritardi. Ma nonostante tutti questi sviluppi turbolenti, Ali ha dichiarato a Variety di essere ansioso di iniziare le riprese di Blade.

Chiamate la Marvel”, ha detto Ali alla premiere newyorkese del suo nuovo film Jurassic World – La rinascita. L’attore ha quindi dato una risposta breve ma inequivocabile quando gli è stato chiesto quando potesse iniziare la produzione di Blade. “Sono pronto. Fategli sapere che sono pronto”. Le dichiarazioni di Ali arrivano dopo che lo sceneggiatore della trilogia originale, David S. Goyer, ha affermato che la Marvel avrebbe capito come risolvere i problemi sul film. Sembra dunque che le cose stiano finalmente andando nella direzione giusta.

Cosa è successo al film Blade con Mahershala Ali?

La Marvel Studios ha annunciato Blade per la prima volta nel 2019, insieme ad altri progetti come le serie Disney Plus “WandaVision”, “Loki” e “The Falcon and the Winter Soldier”, nonché film come “Eternals, “Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli” e “Doctor Strange nel Multiverso della Follia”. Ma mentre tutti questi progetti sono già stati prodotti e distribuiti da tempo, la Marvel Studios sta ancora cercando di andare avanti con il film sul celebre vampiro.

Lo scorso ottobre, la Disney ha rimosso il filmdal suo calendario delle uscite, cancellando la data di uscita prevista per il 7 novembre 2025. Ciò è avvenuto dopo numerosi ritardi precedenti; la prima data di uscita ufficiale del film era addirittura il 3 novembre 2023. Il progetto ha visto inizialmente il regista Bassam Tariq firmare per dirigere il film, prima di abbandonarlo nel settembre 2022, circa due mesi prima dell’inizio della produzione previsto. Da allora, anche il regista Yann Demanger ha aderito al progetto e poi lo ha abbandonato.

Secondo quanto riferito, gli attori Aaron Pierre e Delroy Lindo avrebbero dovuto recitare al fianco di Ali, ma entrambi hanno poi rivelato di aver lasciato il progetto. “Era un’idea davvero entusiasmante dal punto di vista concettuale, ma anche per il personaggio che avrebbe preso forma. Poi, per qualche motivo, il progetto è deragliato”, ha dichiarato Lindo a Entertainment Weekly in aprile.

A novembre, Feige ha dichiarato che la Marvel Studios era “ancora impegnata” in Blade, parlando all’evento D23 Brazil della Disney: “Adoriamo il personaggio. Adoriamo l’interpretazione che ne dà Mahershala. E state tranquilli: ogni volta che cambiamo direzione con un progetto, o stiamo ancora cercando di capire come inserirlo nel nostro programma, lo comunichiamo al pubblico. Siete tutti aggiornati su ciò che sta succedendo”.

L’ultimo aggiornamento di Mahershala Ali sul progetto risale a dicembre 2023, quando ha dichiarato: “Sono davvero incoraggiato dalla direzione che sta prendendo il progetto. Torneremo al lavoro relativamente presto”. Con la recente affermazione di Ali sulla sua disponibilità a recitare nel progetto, si attendono ora nuovi aggiornamenti ufficiali sul film.

Buffy l’Ammazzavampiri: Sarah Michelle Gellar rivela nuovi dettagli sul reboot

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Il reboot di Buffy l’Ammazzavampiri ha ricevuto un nuovo entusiasmanete aggiornamento da Sarah Michelle Gellar. La Gellar ha interpretato il personaggio principale per sette stagioni dal 1997 al 2003 e per anni ha affermato che la serie aveva fatto il suo corso e che lei aveva chiuso con quel ruolo. Tuttavia, ora tornerà per il reboot con la regista premio Oscar Chloé Zhao (Nomadland) alla regia dell’episodio pilota per Hulu e le showrunner Nora Zuckerman e Lila Zuckerman. La Gellar sarà però una guest star ricorrente e produttrice esecutiva, mentre Ryan Kiera Armstrong sarà la protagonista della serie nei panni della nuova ammazzavampiri, mentre non sono ancora stati annunciati altri membri del cast.

In un’intervista a Vanity Fair, Gellar assicura però che il reboot “sarà più leggero rispetto alle ultime stagioni dell’originale. Cercheremo di trovare un equilibrio tra i personaggi nuovi e quelli vecchi. Il mio sogno è quello di riportare in vita tutti i personaggi che sono morti, ma dovremo anche lasciare spazio a nuove storie”. L’attrice ha poi aggiunto che “uno degli aspetti sorprendenti di Buffy è che è sempre stata una serie crossover. Stiamo cercando di capire come modernizzare i temi della serie, in particolare cosa significa sentirsi un outsider in un mondo dominato dai social media. Quello che vogliamo esplorare sono i confini spazio-temporali che influenzano la società odierna”.

Cosa aspettarsi dal reboot di Buffy l’Ammazzavampiri

Sebbene la serie si sia conclusa in modo soddisfacente, Buffy l’ammazzavampiri dovrà affrontare alcune trame per andare avanti. Sia la serie principale che il suo spin-off Angel sono diventati famosi per aver ucciso tanti personaggi molto amati. I commenti di Gellar sono dunque interessanti perché sembrano suggerire che qualsiasi personaggio potrebbe avere il potenziale per tornare in qualche forma. Questo potrebbe includere Angel e Spike, il cui destino è sconosciuto dopo il finale della serie Angel, Jenny Calendar, Tara, Anya, Cordelia o persino il povero Jonathan.

Sebbene qualsiasi fan della serie sarebbe entusiasta del ritorno di personaggi morti da tempo, la serie deve anche andare avanti. Il difficile equilibrio che il reboot dovrà affrontare è dunque quanto appoggiarsi a ciò che è stato fatto in precedenza, aggiungendo al contempo nuovi personaggi per la narrazione da seguire. Gellar è molto consapevole dell’impatto che Buffy l’ammazzavampiri ha avuto, e i suoi commenti fanno sembrare che la nuova serie stia adottando l’approccio giusto.

Ironheart: Ryan Coogler rivela come la serie anticiperà Avengers: Doomsday

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Sebbene il produttore esecutivo di IronheartRyan Coogler inizialmente non avesse in mente una serie spin-off dedicata a Riri Williams, interpretata da Dominique Thorne e apparsa per la prima volta nel film Black Panther: Wakanda Forever del 2022 come giovane genio della tecnologia di Chicago, una volta che il team della Marvel gli ha proposto l’idea, il futuro del personaggio nell’MCU è stato deciso.

No, no, mi piace fare un passo alla volta”, ha detto Coogler a Deadline sul tappeto rosso della premiere a Los Angeles della serie Disney+ tenutasi all’El Capitan Theatre. Il regista del recente I Peccatori ha detto che il personaggio di Riri è nato inizialmente come “contraltare di Shuri [Letitia Wright]”, qualcuno che potesse mostrare la sua crescita mentre ricopriva il ruolo di “mentore” e “sorella maggiore”.

È stato solo quando il team creativo era già “a buon punto” con il film che è stato avvicinato dai colleghi produttori esecutivi di Ironheart, Brad Winderbaum e Zoie Nagelhout per parlare di una serie. “Era ovviamente complicato, volevamo assicurarci di lasciare abbastanza spazio mentre definivamo chi fosse Riri, ma è stato davvero emozionante”, ha detto Coogler.

Ciò che è emerso di interessanta dalla chiacchierata di Coogler con Deadline, però, è che la serie serve anche come introduzione dell’MCU alla magia spettrale che incontra la tecnologia attraverso il personaggio malvagio The Hood (Anthony Ramos), un criminale di basso livello che si imbatte in un mantello magico alimentato dalle stesse forze descritte in Doctor Strange.

È pazzesco uscire con questo film proprio ora, in un momento in cui l’intelligenza artificiale è sulla bocca di tutti e l’etica tecnologica è al centro dell’attenzione”, ha osservato Coogler, “ma anche… quando abbiamo iniziato non sapevamo che ci sarebbe stati Dr. Destino contro gli Avengers e lui è un personaggio dell’editoria famoso per aver fuso tecnologia e magia, quindi Ironheart è un ottimo esempio di ciò che ci aspetta in quello che probabilmente sarà il film più importante nella storia della Marvel”.

GUARD ANCHE: Ironheart: il conflitto tra Riri e The Hood nel nuovo spot tv

Quello che sappiamo di Ironheart

Ambientata dopo gli eventi di Black Panther: Wakanda Forever, la serie Ironheart di Marvel Television mette a confronto la tecnologia con la magia quando Riri Williams (Dominique Thorne), una giovane e geniale inventrice determinata a lasciare il segno nel mondo, torna nella sua città natale, Chicago.

La sua innovativa interpretazione della costruzione di armature di ferro è brillante, ma nel perseguire le sue ambizioni, si ritrova coinvolta con il misterioso ma affascinante Parker Robbins, alias “The Hood” (Anthony Ramos).

La serie vede la partecipazione anche di Lyric Ross, Alden Ehrenreich, Regan Aliyah, Manny Montana, Matthew Elam e Anji White. Chinaka Hodge è la sceneggiatrice e produttrice esecutiva; gli episodi sono diretti da Sam Bailey e Angela Barnes.

I primi tre episodi di Ironheart debutteranno su Disney+ il 24 giugno 2025.

Pensive: il film horror è ispirato ad una storia vera?

Pensive: il film horror è ispirato ad una storia vera?

Pensive (noto anche come Rupintojelis) è un film horror lituano del 2020 che rappresenta un’interessante incursione del cinema baltico in un genere che raramente trova spazio nella produzione locale. Diretto da Jonas Trukanas, il film ha saputo attirare l’attenzione degli appassionati per il modo in cui coniuga le classiche atmosfere da slasher americano con un contesto culturale e sociale tipicamente lituano. Pensive si distingue però non solo per l’ambientazione insolita – le foreste e i paesaggi rurali della Lituania – ma anche per la capacità di esplorare tematiche legate alla memoria collettiva, al senso di colpa e alla violenza sommersa di una generazione giovane e apparentemente spensierata.

Uno degli elementi che rendono Pensive peculiare nel panorama cinematografico lituano è proprio la scelta di calare una storia di vendetta e sangue all’interno di un rito sociale tipico come quello della celebrazione di fine anno scolastico. Il film segue infatti un gruppo di studenti che, per festeggiare il diploma, si rifugia in una casa isolata, dando così il via a una notte che si trasforma ben presto in incubo. Trukanas adotta un linguaggio visivo moderno e teso, che strizza l’occhio ai codici del cinema horror internazionale pur mantenendo un’identità locale attraverso riferimenti alla tradizione lituana e simbolismi legati al passato del Paese.

Nel prosieguo dell’articolo ci soffermeremo su un aspetto che ha incuriosito molti spettatori e critici: Pensive è un film completamente frutto di fantasia o trae ispirazione da eventi reali, leggende o cronache oscure della Lituania? Analizzeremo quindi i possibili legami tra la storia raccontata da Trukanas e le vicende o simboli che potrebbero averne ispirato la trama, offrendo uno sguardo più ampio sul significato e sul sottotesto di questo originale slasher baltico.

LEGGI ANCHE: Pensive: la spiegazione del finale del film horror

Pensive cast attori

La trama e il cast di Pensive

Come anticipato, il film ha per protagonisti un gruppo di liceali che si preparano a organizzare un’epica e scatenata festa per il loro diploma. Per tal fine si fa avanti Marius (Šarūnas Rapolas Meiliešius), proponendo di organizzare il party in una baita che sua madre, agente immobiliare, sta cercando di vendere invano da anni e di cui lui ha le chiavi. Marius, il ragazzo meno popolare della classe, spera così di ingraziarsi i suoi compagni ma soprattutto di attirare l’attenzione della bella Brigita (Gabija Bargailaitė), della quale è segretamente innamorato, nonostante lei sia fidanzata con Rimas (Kipras Mašidlauskas), il ragazzo più popolare della scuola.

Arrivati nella tenuta isolata nel bosco, i giovani danno il via ai festeggiamenti. Il party sembra andare per il meglio, tra bevute, musica e balli sfrenati, finché i ragazzi hanno la malaugurata idea di spaccare con l’ascia delle statue di legno trovate sul posto e usarle per fare un falò.  Si tratta di opere d’arte del folklore lituano realizzate da un certo Algis (Marius Repšys), uno scultore che abitava in quella casa vent’anni prima e che si dice abbia sterminato la sua famiglia. Ben presto i ragazzi capiranno che la sinistra storia di quel luogo si sta ripetendo e di essere diventati l’oggetto di una terribile e sanguinaria vendetta.

La storia vera dietro il film

Come spesso accade per questo tipo di film, dietro di essi non c’è propriamente una storia vera riproposta fedelmente, bensì una serie di suggestioni che portano al concepimento del racconto. È questo il caso di Pensive, di cui il regista Jonas Trukanas ha affermato che: “Avevo diciotto anni e guidavo la mia prima macchina, diretto in piena notte verso una festa nei boschi lituani. Mentre viaggiavo pressoché nel nulla, una scultura in legno a grandezza naturale di un Cristo pensante mi si parò davanti. Mi bloccai letteralmente in mezzo alla strada e sentii che in qualche modo mi stava giudicando per il fatto che fossi lì, in quel luogo, diretto a festa. Quell’immagine è rimasta con me fino a oggi”.

Le sculture in legno del Cristo pensante si trovano infatti ovunque negli stati baltici; in un certo senso uniscono in un’unica entità le tradizioni popolari e quelle cristiane. Sebbene il film abbia poco a che fare con la religione, la paura di essere giudicato in quel momento è diventata il punto di partenza della storia“, ha aggunto Trukanas. Quelle a cui il regista fa riferimento sono le sculture Rupintojelis (in inglese Pensive Christ, ovvero Cristo Pensieroso), che danno il titolo originale al film. Risalgono alla fine del XIV secolo e raffigurano Gesù seduto su una pietra, piegato in avanti, che sorregge il capo – caratterizzato da un’espressione di stanchezza e dolore – con una mano mentre appoggia l’altra sul ginocchio.

Pensive spiegazione finale

Al di là di questo elemento, non esistono prove o cronache di un vero serial killer o di un assassino mascherato che abbia colpito gruppi di giovani nella foresta lituana durante celebrazioni di fine anno scolastico, come avviene nel film. Tuttavia, nella memoria collettiva e nelle cronache locali, non mancano episodi di violenza legati a feste in luoghi isolati, dove talvolta l’abuso di alcol, i dissidi personali e l’assenza di controlli hanno portato a tragedie. Questi episodi, pur non avendo le caratteristiche di una strage sistematica come quella mostrata in Pensive, contribuiscono a creare quel senso di insicurezza e inquietudine che alimenta l’immaginario collettivo e può ispirare storie di finzione.

Un altro aspetto che ha probabilmente influito sulla creazione del film è il rapporto, spesso complesso, che la società lituana ha con la memoria storica e con i luoghi legati al passato rurale o sovietico. Le foreste, i villaggi abbandonati e le strade deserte rappresentano spazi che evocano solitudine e paura, luoghi in cui realtà e leggenda si confondono. Sebbene Pensive non sia ispirato a un evento specifico, il regista ha dunque saputo attingere a questo patrimonio culturale e simbolico per costruire una storia che gioca sulle paure più profonde legate all’isolamento e al giudizio, rafforzate dall’immagine del Cristo pensieroso che osserva e ammonisce.

Infine, è interessante notare come Trukanas abbia dichiarato di essersi ispirato anche alla sensazione universale di colpa e vulnerabilità che si prova in certe fasi della vita, come l’adolescenza. La storia vera dietro Pensive non è dunque fatta di cronaca nera o di un assassino realmente esistito, ma di paure ancestrali, simboli culturali e memorie personali che si intrecciano per dar vita a un racconto di finzione capace di parlare a un pubblico ampio, oltre i confini della Lituania. Il film riflette così un mix di leggende, contesti sociali e sensazioni vissute, più che un reale fatto di sangue documentato.

Mad Max – Interceptor: la spiegazione del finale del film

Mad Max – Interceptor: la spiegazione del finale del film

Mad Max – Interceptor, uscito nel 1979 e diretto da George Miller, rappresenta una vera e propria rivoluzione all’interno del genere action e post-apocalittico. Realizzato con un budget ridottissimo, il film ha saputo unire l’estetica cruda e violenta del cinema d’exploitation con un’inedita attenzione per le sequenze d’azione dinamiche e le spettacolari corse automobilistiche. La pellicola ha così imposto un nuovo standard nella rappresentazione della violenza e del caos stradale. L’ambientazione in un’Australia prossima al collasso sociale e morale ha contribuito a creare un’atmosfera cupa e disperata, capace di catturare l’immaginario collettivo di un’epoca segnata da crisi energetiche e timori per un futuro incerto.

Il film ha inoltre dato vita a uno dei franchise più iconici e longevi della storia del cinema. A partire da Mad Max – Interceptor, infatti, sono nati sequel sempre più ambiziosi come Interceptor – Il guerriero della stradaMad Max oltre la sfera del tuono, fino al sequel/reboot Mad Max: Fury Road, capaci di rinnovare e ampliare l’universo creato da Miller senza mai tradirne lo spirito originario. La figura del protagonista Max Rockatansky, interpretato da un giovane Mel Gibson, è diventata simbolo di un eroe tragico e solitario, costretto a sopravvivere in un mondo dove la legge e la civiltà hanno lasciato spazio alla barbarie.

Il successo del film, oltre a consacrare il regista e l’attore, ha contribuito a rafforzare l’influenza del cinema australiano sulla scena internazionale. Nel corso di questo approfondimento ci soffermeremo in particolare sul finale di Mad Max – Interceptor, un epilogo tanto crudo quanto emblematico, che segna la trasformazione definitiva del protagonista e pone le basi per gli sviluppi narrativi futuri. Analizzeremo le scelte di Max, il senso morale (o amorale) delle sue azioni e come queste siano diventate parte integrante del mito che circonda la saga.

Mel Gibson in Mad Max - Interceptor

La trama di Mad Max – Interceptor

La vicenda del film si svolge in un’Australia distopica di un futuro non troppo lontano. Le riserve di energia scarseggiano ormai da tempo, portando l’intero paese a vivere in un contesto di semi anarchia, con bande di criminali intenti ad aggredire quanti vengono trovati indifesi lungo le deserte strade. Per contrastare ciò, vengono istituite delle speciali task force della polizia federale, al fine di mantenere la legge e l’ordine. Tra gli incaricati di ciò vi è anche il poliziotto Max Rockatansky. Egli rimane però particolarmente scioccato nel momento in cui il suo collega Jim “Goose” Rains viene brutalmente ucciso dalla banda dello spietato Toecutter.

Nel tentativo di prendersi una pausa dal lavoro, Max decide allora di intraprendere una vacanza con la moglie Jessie e il loro figlio infante. La loro fuga di pace verrà però tragicamente interrotta dall’intromissione di Toecutter e i suoi uomini, i quali porteranno via per sempre la famiglia di Max. Accecato dall’odio e assetato di vendetta, egli decide dunque di rimettersi la divisa da poliziotto, con l’obiettivo di trovare e uccidere i responsabili della morte della moglie e del figlio. Nonostante i tentativi di fermarlo, Toecutter comprenderà ben presto di trovarsi di fronte ad una forza inarrestabile.

La spiegazione del finale

Nel terzo atto di Mad Max – Interceptor, la spirale di violenza raggiunge il culmine quando Max Rockatansky, ormai devastato dal dolore e dalla sete di vendetta, si lancia in una missione solitaria contro la gang responsabile dell’uccisione della sua famiglia. Dopo aver perso la moglie Jessie e il figlioletto Sprog sotto le ruote impietose dei motociclisti guidati da Toecutter, Max abbandona dunque ogni legame con la legge e la morale che un tempo aveva difeso come agente della Main Force Patrol. Armato della sua iconica Ford Falcon XB GT e di un arsenale letale, si mette sulle tracce dei membri della banda, eliminandoli uno ad uno in una serie di agguati brutali ed efficaci.

Mad Max - Interceptor cast

L’ultimo confronto vede Max inseguire Toecutter fino a un drammatico schianto contro un camion, che segna la fine del leader della gang. Il film si chiude  poicon una sequenza particolarmente emblematica: Max cattura Johnny the Boy, uno degli ultimi membri della banda, e lo lascia legato a un’auto incidentata destinata a esplodere, dandogli una scelta impossibile — amputarsi la caviglia con una sega o morire nell’esplosione imminente. Mentre Max si allontana nell’oscurità, lasciando Johnny al suo destino, la macchina esplode alle sue spalle. Questo atto finale segna il punto di non ritorno per il protagonista: un tempo simbolo della giustizia, ora trasformato in un angelo della vendetta che non fa più distinzione tra legge e punizione sommaria.

Il significato di questo finale è dunque strettamente legato alla discesa psicologica di Max nell’abisso della disperazione e della disumanizzazione. La perdita della famiglia rappresenta il crollo definitivo delle sue ultime connessioni affettive e morali, trasformandolo da difensore della società in una figura solitaria e implacabile. Il mondo di Mad Max è ormai un luogo dove la legge non esiste più e l’unica regola è la sopravvivenza a qualsiasi costo. Il gesto di lasciare Johnny the Boy a una morte crudele non è quindi solo un atto di vendetta, ma l’emblema della metamorfosi di Max: da uomo a mito della strada, spogliato di ogni pietà e umanità.

Questo finale prepara idealmente il terreno per i film successivi, in particolare Interceptor – Il guerriero della strada, dove troviamo un Max ancora più isolato, divenuto ormai una leggenda vagante in un mondo post-apocalittico. La sua trasformazione in simbolo del caos e della sopravvivenza è avviata proprio in questo epilogo, che chiude il primo capitolo con una nota amara e disperata, ma al tempo stesso apre un universo narrativo in cui la lotta per la vita e la giustizia si gioca su un terreno sempre più arido e privo di regole. Il finale di Mad Max – Interceptor è quindi la nascita del mito di Mad Max, un uomo che ha perso tutto e che diventa l’incarnazione della resistenza individuale in un mondo al collasso.

Blade: i Marvel Studios hanno rifiutato l’offerta di David Goyer di scrivere il reboot

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David Goyer non tornerà a occuparsi di Blade. Lo sceneggiatore della trilogia originale con Wesley Snipes nei panni del cacciatore di vampiri aveva infatti in precedenza affermato di aver preso in considerazione l’idea di aiutare la Marvel Studios della Disney a rilanciare il franchise, che è rimasto in fase di sviluppo dal momento in cui Kevin Feige ha annunciato il progetto al San Diego Comic-Con nel 2019.

È così divertente, circa otto mesi fa – quando, non l’ultimo intoppo, ma quello precedente – avevo così tante persone che mi dicevano: ‘Amico, ti metteresti a lavorare su Blade? Ti metteresti a lavorarci?’”, ha detto Goyer a Variety. “Che fossero amici, fan o persone sui social media”. Goyer ha poi continuato dicendo che ha contattato la Marvel per offrire i suoi servizi per aiutare a scrivere il nuovo film Blade, che ha cambiato più volte proprietario e ha visto avvicendarsi diversi sceneggiatori e registi.

Non ci stavo nemmeno pensando, ma poi ho chiesto al mio agente di chiamare la Marvel e dire: ‘Avete bisogno di aiuto?’”, ha ricordato Goyer. “E loro hanno risposto: ‘ Ti adoriamo, ma pensiamo di aver risolto il problema e di essere a buon punto’. E poi sono successe le ultime cose. Quindi no, non mi hanno contattato“. Sembra dunque che le intenzioni di Ayer fossero serie, ma la Marvel sembra invece stia silenziosamente andando avanti con questo progetto, per il quale si attendono però annunci ufficiali.

Cosa sappiamo del film Blade del MCU?

A ottobre, la Disney ha ritirato il reboot di Blade dal suo calendario delle uscite, fissando al suo posto Badlands della 20th Century per il 7 novembre 2025, lasciando il film Marvel senza regista e senza data di uscita. In precedenza, la Marvel aveva ingaggiato Stacy Osei-Kuffour (Watchmen della HBO, The Bear della FX) per scrivere la sceneggiatura e Bassam Tariq (Mogul Mowgli) per la regia; Beau DeMayo (X-Men ’97) è stato poi assunto per riscrivere la sceneggiatura, con Michael Starburry (When They See Us), Nic Pizzolatto (True Detective), Michael Green (Logan) ed Eric Pearson (Thunderbolts*) che hanno dato il loro contributo alla sceneggiatura.

Yann Demange (White Boy Rick) era entrato a far parte del progetto come regista, ma lo ha abbandonato lo scorso giugno, apparentemente per contrasti con il protagonista Mahershala Ali. Di certo, ad oggi, rimane dunque il coinvolgimento dell’atore. Feige nel 2019 ha annunciato che il due volte vincitore dell’Oscar interpreterà il cacciatore di vampiri, affermando poi di Blade che: “Negli ultimi anni, mentre cercavamo di realizzare questo film, la cosa più importante per noi era non affrettare i tempi e assicurarci di realizzare il film giusto su Blade. Perché anni fa sono stati realizzati alcuni film fantastici su Blade”.

La trilogia di Blade della New Line, classificata R, ha incassato complessivamente 417 milioni di dollari al botteghino mondiale tra il 1998 e il 2004. Il film Blade del 1998, diretto da Stephen Norrington, è stato il primo film Marvel distribuito nelle sale dal 1986, dopo Howard the Duck, e ha contribuito a inaugurare l’era moderna degli adattamenti Marvel come X-Men del 2000 e Spider-Man del 2002, blockbuster che hanno aperto la strada al Marvel Cinematic Universe. Data la grande popolarità del personaggio, si attendono dunque novità riguardo il progetto.

Yara: le differenze tra il film e la storia vera

Yara: le differenze tra il film e la storia vera

Diretto da Marco Tullio GiordanaYara (qui la recensione) rappresenta un ulteriore tassello nella filmografia di un regista che ha sempre dimostrato una particolare sensibilità nel raccontare storie ispirate alla realtà e al dolore collettivo. Giordana, già noto per opere come I cento passi e La meglio gioventù, torna a confrontarsi con un fatto di cronaca nera che ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana: l’omicidio della giovane Yara Gambirasio. Il regista affronta il caso con il suo consueto approccio sobrio e rigoroso, senza indugiare nel sensazionalismo, concentrandosi invece sulle indagini e sul contesto umano e sociale che hanno circondato la tragica vicenda.

La scelta di realizzare un film su Yara nasce dall’esigenza di ripercorrere un caso giudiziario complesso e delicato, che ha tenuto il Paese con il fiato sospeso per anni. La pellicola si sofferma in particolare sulla determinazione e il lavoro instancabile di coloro che hanno cercato la verità, come la PM Letizia Ruggeri, interpretata da Isabella Ragonese. Con Yara, Giordana si propone di offrire un omaggio rispettoso alla vittima e alla sua famiglia, dando voce al dolore e alla speranza di giustizia, e allo stesso tempo riflettendo sui meccanismi della giustizia italiana e sull’impatto che un simile dramma ha su una comunità intera.

Il film, distribuito da Netflix, è stato però naturalmente accolto con reazioni miste: da una parte apprezzato per il tono sobrio e per la delicatezza con cui tratta il caso, dall’altra criticato da chi ha visto nel progetto il rischio di spettacolarizzazione di un dramma privato, un po’ come avvenuto di recente con la serie Avetrana – Qui non è Hollywood. Nel corso dell’articolo, ci soffermeremo proprio su un aspetto particolarmente discusso: le differenze tra il film e la vicenda reale, cercando di capire come e perché Giordana abbia scelto di raccontare alcuni passaggi con un linguaggio narrativo diverso rispetto ai fatti di cronaca.

Chiara Bono in Yara
Chiara Bono in Yara. Foto cortesia di Netflix

La trama del film

Il film è incentrato sul caso di Yara Gambirasio (Chiara Bono), la tredicenne di Bembrate di Sopra, nel Bergamasco, misteriosamente scomparsa nel 2010, dopo aver terminato una lezione di ginnastica ritmica presso il centro sportivo del suo paesino. Quella fredda sera del 26 novembre, Yara non fa ritorno a casa, lasciando la famiglia immersa nell’angoscia. Iniziano così per i suoi genitori mesi di inferno, nei quali si chiedono se la giovane sia ancora viva, mentre le ricerche coinvolgono forze dell’ordine, volontari, giornalisti e inquirenti come il pubblico ministero Letizia Ruggeri (Isabella Ragonese), il colonnello Vitale (Alessio Boni) e il maresciallo Garro (Thomas Trabacchi), impegnati senza sosta nel ricostruire i fatti.

Solo il ritrovamento del corpo della ginnasta, in un campo isolato a Chignolo d’Isola e dopo tre mesi di attesa straziante, permetterà di ottenere un primo indizio, un DNA sconosciuto, rilevato sugli indumenti della ragazza, che consentirà, dopo una lunga e complessa indagine forense, accertamenti incrociati e un grande aiuto da parte di tutta la popolazione di Bembrate, d’individuare un sospettato, un uomo, Massimo Bossetti (Roberto Zibetti), fino a quel momento per nulla preso in considerazione, muratore incensurato la cui traccia genetica era compatibile con quella isolata nella zona colpita da arma da taglio. L’arresto arriva dopo anni di lavoro investigativo, proprio quando l’inchiesta sembrava vicina all’archiviazione definitiva.

Le principali differenze tra il film e la storia vera

Pur cercando di attenersi quanto più possibile ai reali risvolti della storia di Yara, il film presenta delle naturali differenze rispetto alla realtà. Ad esempio, si enfatizza la figura della PM Letizia Ruggeri come protagonista, mentre la vittima, Yara Gambirasio, appare principalmente nei primissimi minuti. Questa scelta narrativa è stata criticata: molti osservatori, tra cui il magazine Framed e il Giornale, sottolineano che il titolo risulta fuorviante, perché la ragazza resta sullo sfondo, intorno alla figura forte e combattiva della PM. Comprensibilmente, però, Giordana ha voluto raccontare non tanto il caso criminale in sé, quanto la determinazione e gli ostacoli di una donna di legge in un ambiente tradizionalmente maschile.

Nel film vengono poi trascurate alcune fasi reali dell’indagine, come il DNA presente sul giubbetto dell’istruttrice Silvia Brena, estratto il 2 aprile 2011. Anche il blitz su Mohamed Fikri, arrestato per errore, viene raffigurato, ma senza approfondire l’impatto emotivo della comunità e le implicazioni giudiziarie reali. Le omissioni suggeriscono una volontà di privilegiare un racconto lineare e centrato sulla PM, piuttosto che una ricostruzione fedele e complessa di tutte le ipotesi investigative, le quali avrebbero inevitabilmente reso più complicato e lungo il racconto. 

Isabella Ragonese in Yara
Isabella Ragonese in Yara. Foto cortesia di Netflix

Nel film si attribuisce poi al cellulare di Bossetti una precisione di posizionamento “alla via”, grazie alle celle telefoniche, il che è tecnicamente impossibile. Anche il GPS viene presentato come non ancora usato. Un’altra differenza, seppur di minor importanza all’interno del film, è l’accento di Yara che appare forzatamente “romano”, anziché bergamasco, come sottolineato dal quotidiano Il Giorno. Tali rappresentazioni appaiono infatti più funzionali alla tensione narrativa che a un ritratto realistico delle tecnologie investigative dell’epoca.

Riguardo al film si sono poi espressi sia i genitori di Yara sia i legali di Bossetti, i quali hanno dichiarato di non essere stati consultati: “Nessuno ha sentito la nostra voce”, ha affermato Claudio Salvagni, avvocato della difesa. L’assenza delle loro testimonianze rende il film un racconto con un unico punto di vista: quello della PM Ruggeri. Questa scelta, se da una parte limita la pluralità narrativa e impedisce uno sguardo più comprensivo su questioni delicate come la difesa del diritto, la complessità del processo e il trauma delle famiglie coinvolte, dall’altra permette al film di poter seguire un unico personaggio ed evitare maggiore confusione.  

Infine, le riprese non sono state effettuate a Brembate o Chignolo d’Isola, ma in location come Fiano e San Vito Romano. Giordana ha motivato la decisione per questioni logistiche legate al Covid e per non gravare ulteriormente sulla comunità bergamasca. In generale, il regista dichiara di aver voluto raccontare un “caso che è stato specchio dell’Italia“, facendosi portavoce di una realtà simbolica piuttosto che di un adattamento cronachistico pedissequo. Questo ha naturalmente portato alla ricostruzione di un contesto piuttosto diverso rispetto a quello dove si sono realmente svolte le vicende.

le differenze tra film e realtà, dunque, sono molte: dalla centralità della PM Letizia Ruggeri alla marginalizzazione di Yara, dalle omissioni investigative a scelte tecniche di vario tipo e al mancato coinvolgimento delle famiglie. Queste strategie rispecchiano però una visione autoriale che privilegia una narrazione drammaturgica lineare e un focus tematico piuttosto che una cronaca puntuale, propria più di un documentario. Giordana, infatti, ha voluto realizzare non una docufiction, ma un affresco simbolico del sistema giudiziario, delle dinamiche di genere e del peso dell’inchiesta di massa in un Paese scosso dalla cronaca nera.

LEGGI ANCHE: Il caso Yara: la recensione della docuserie crime di Netflix

Ti è piaciuto 28 anni dopo? Buone notizie, il sequel arriverà tra soli 7 mesi

28 anni dopo è l’ultimo capitolo dell’acclamata saga di zombie di Danny Boyle, che riprende quasi trent’anni dopo lo scoppio dell’epidemia del virus della rabbia in 28 giorni dopo. Il sequel amplia notevolmente il panorama infetto, offrendo molti spunti interessanti su come il mondo si è evoluto in questi anni post-apocalittici. Fortunatamente, il pubblico non dovrà aspettare molto per scoprire cosa riserva il futuro a questi nuovi personaggi, dato che il prossimo film è ormai alle porte.

28 anni dopo include diverse rivelazioni importanti su questo mondo desolato, e gran parte del film sembra una sottile esposizione dei prossimi capitoli di questa serie horror. Boyle e lo sceneggiatore Alex Garland fanno un ottimo lavoro nel garantire che non sembri solo una preparazione, concentrandosi sui viaggi dei nuovi personaggi in modo audace e significativo, ma non si può evitare di notare quanto palesemente il finale di 28 Years Later anticipi la trama del prossimo film. Fortunatamente, non ci vorrà molto prima che questi indizi sulla trama vengano risolti.

Il sequel di 28 anni dopo, The Bone Temple, uscirà nel gennaio 2026

Il film uscirà tra soli sette mesi

28 Years Later è il primo capitolo di una trilogia di film horror che continuerà nel gennaio 2026 con The Bone Temple. Sebbene siano stati rivelati pochi dettagli sulla trama di The Bone Temple, è lecito supporre che il film riprenderà esattamente da dove finisce 28 Years Later: con Spike (Alfie Williams) che viaggia attraverso il continente insieme alla Jimmies Gang mentre suo padre Jamie (Aaron Taylor-Johnson) lo cerca.

Sebbene Boyle non dirigerà The Bone Temple (l’onore è stato passato a Nia DaCosta, regista di Candyman), la sceneggiatura è stata scritta ancora una volta da Garland. Nel frattempo, gran parte del cast di 28 Years Later riprenderà i propri ruoli in The Bone Temple; Alfie Williams, Aaron Taylor-Johnson, Ralph Fiennes e Jack O’Connell hanno tutti confermato la loro partecipazione al sequel. Cillian Murphy tornerà anche lui nel ruolo di Jim, il protagonista dell’originale 28 Days Later.

Come mai 28 Years Later: The Bone Temple uscirà così presto

Fortunatamente, gennaio 2026 è solo a sette mesi di distanza, il che significa che il pubblico non dovrà aspettare molto per scoprire cosa succede dopo il lo scioccante finale. Il motivo di questa rapida inversione di rotta è che sia 28 Years Later che The Bone Temple sono stati girati contemporaneamente, con Boyle che ha immediatamente passato il testimone a DaCosta e utilizzando gli stessi attori e le stesse location mentre erano disponibili.

Secondo quanto riferito, i due film sono stati girati intorno al maggio 2024, con le riprese principali che si sono svolte nel Northumberland, nel nord-est dell’Inghilterra. Le riprese di 28 Years Later sono durate oltre due mesi e quelle di The Bone Temple sono iniziate meno di un mese dopo.

28 Years Later suggerisce che il sequel sarà molto diverso

Il finale del film anticipa un sequel molto diverso

Il finale di 28 anni dopo introduce la Jimmies Gang, un gruppo di violenti fuorilegge apparentemente ispirati al famigerato predatore di celebrità Jimmy Savile. Il loro arrivo segna un enorme cambiamento di tono per il film, che supera il trauma emotivo causato dalla morte di Isla (Jodie Comer) e dall’abbandono dell’isola da parte di Spike con una sequenza d’azione audace e brutale accompagnata da musica rock pesante.

Questo finale sconcertante suggerisce che The Bone Temple sarà molto diverso dal primo capitolo di questa trilogia sequel, forse utilizzando la Jimmies Gang come fonte di sollievo comico e abbandonando il tono cupo e crudo del primo film. Non è chiaro se il personaggio di Jack O’Connell sarà amico o nemico di Spike, ma avrà sicuramente un ruolo importante. Garland ha fatto un ottimo lavoro nel stuzzicare sottilmente i Jimmies in 28 Years Later, e non passerà molto tempo prima che il pubblico scopra la verità in The Bone Temple.

28 anni dopo: spiegazione delle nuove varianti infette 

28 anni dopo: spiegazione delle nuove varianti infette 

Ambientato quasi trent’anni dopo gli eventi di 28 giorni dopo, l’attesissimo sequel 28 anni dopo di Danny Boyle e Alex Garland introduce nuove versioni degli infetti che si sono evoluti dopo la prima epidemia. Come nel caso del primo sequel della serie, 28 Weeks Later, 28 anni dopo segue un gruppo di personaggi completamente nuovi e include un cast stellare con Aaron Taylor-Johnson, Jodie Comer e Ralph Fiennes. Il nuovo film segue una piccola famiglia che vive in una comunità protetta al largo delle coste delle Isole Britanniche in quarantena e le loro pericolose e terrificanti avventure sulla terraferma.

28 Anni Dopo ha già un sequel confermato, ma nonostante tutti gli spunti per il prossimo capitolo, rimane una storia a sé stante. Alla fine di 28 Anni Dopo, la nuova realtà derivante dalla diffusione e dall’adattamento del virus della rabbia è ormai pienamente realizzata. Uno dei cambiamenti più significativi rispetto al film originale è la natura stessa del virus e, di conseguenza, la natura degli infetti. Il film introduce diverse varianti degli infetti nervosi e veloci, anche se viene rivelato molto poco sulle loro origini, il che significa che potrebbero richiedere qualche spiegazione.

28 anni dopo introduce l’Alpha degli infetti

Le varianti forti, veloci e massicce comandano gli altri

Il cambiamento più grande (in senso letterale e metaforico) nella natura degli infetti in 28 anni dopo è l’ascesa dell’Alpha, una variante ultraveloce e ultraforte del tipico infetto. Ci sono diversi Alfa sulla terraferma, ma tutti condividono le stesse caratteristiche fisiche. Gli Alfa sembrano in grado di controllare, o almeno di guidare, le intenzioni degli Infetti nervosi e veloci dei film originali, che a loro volta sembrano aver sviluppato un controllo maggiore rispetto a quanto visto in precedenza nella serie. Gli Alfa sono estremamente resistenti e in grado di sopportare attacchi che ucciderebbero gli Infetti meno potenti.

Forse la cosa più importante è che gli Alfa sembrano avere molto più intelletto e autocontrollo rispetto alla variante più comune. Dirigono la caccia degli Infetti e sembrano persino prendere trofei dalle vittime sotto forma di teste strappate con le spine ancora attaccate. Anche se non è mai stato detto esplicitamente, sembra probabile che, come in un branco di animali, l’Alfa sia responsabile della maggior parte della riproduzione che avviene nella popolazione degli Infetti. Per essere chiari, sono comunque feroci, ma hanno semplicemente più controllo e intelligenza che completano la loro enorme stazza e forza.

Spiegazione dei nuovi e più grandi infetti di 28 anni dopo

Il virus della rabbia ha prodotto alcune varianti raccapriccianti

Le altre varianti principali degli infetti introdotte in 28 anni dopo sono chiamate “Slow Lows” in riferimento al loro modo di muoversi. Gli Slow Lows sono creature pallide e obese che si muovono principalmente strisciando sul terreno, sopravvivendo di vermi, insetti e altre prede basse e facili da catturare. Appare anche una versione infantile degli Slow Lows, il che indica che sono in grado di riprodursi o che la trasformazione in Slow Low avviene dopo la nascita di un infetto. La loro natura lenta li rende più facili da uccidere, ma sono comunque pericolosi se in gran numero.

28 anni dopo: The Bone Temple uscirà nelle sale il 26 gennaio 2026.

28 anni dopo  introduce gli Slow Low, gli Alpha e gli Infetti veloci, familiari ma più coordinati, come nuova realtà delle isole britanniche, ma, cosa piuttosto sorprendente, non fornisce una spiegazione per la loro esistenza. È chiaro che il virus della rabbia ha subito una mutazione nei 28 anni trascorsi da quando è stato diffuso per la prima volta e ora ha effetti diversi sugli individui. Jamie osserva che sugli Alfa il virus della rabbia ha agito “come uno steroide”, rendendoli incredibilmente forti e giganteschi. La risposta vera è probabilmente di natura scientifica e medica, anche se è possibile che non ne conosceremo mai i dettagli.

28 anni dopo include anche una donna incinta infetta

Una delle evoluzioni più significative degli infetti è la capacità non solo di rimanere incinte, ma anche di rimanere incinte di un bambino che non ha il virus della rabbia. Come spiega il dottor Kelson a Spike e Isla, il bambino era protetto dalla placenta della madre, che non ha permesso al virus della rabbia di infettarlo nell’utero. Il bambino riportato a Holy Island non sembra mostrare alcun sintomo del virus della rabbia, in particolare gli occhi rossi rivelatori, ma resta da vedere se il virus sia ancora presente nel suo corpo.

Il fatto che un infetto sia stato in grado di rimanere incinta è un’indicazione del livello di controllo che almeno gli Alfa hanno su se stessi. Affinché un bambino non solo venga concepito, ma anche che la madre riceva nutrimento sufficiente per sostenere la gravidanza, sembra che gli Alfa dispongano di un’intelligenza tale da garantire che le infette incinte vengano accudite. Spike, Isla ed Erik la scoprono mentre partorisce rinchiusa in un vagone ferroviario sorvegliato dagli Alfa, quindi la gravidanza sembra essere intenzionale, o almeno ben accolta.

Come gli infetti di 28 anni dopo si confrontano con i film precedenti

Gli infetti veloci e nervosi non sono l’unica minaccia

Gli infetti di 28 giorni dopo e 28 settimane dopo sono estremamente pericolosi data la loro velocità e la rapidità con cui l’infezione può diffondersi. La morte immediata è certamente possibile a seguito di un attacco da parte di un infetto, ma una trasformazione dovuta al contagio è l’esito più probabile sulla base di quanto visto nei film. Gli infetti veloci di 28 anni dopo non sembrano essere poi così diversi nell’aspetto o nel comportamento, ma sono chiaramente più organizzati grazie alla supervisione degli Alfa che li guidano.

Per quanto le varianti veloci siano pericolose dal punto di vista dello sciame, gli Alfa hanno completamente cambiato la natura della minaccia degli infetti sulla terraferma. Gli Alfa sono capaci di pianificare, di essere pazienti e di riprodursi intenzionalmente, quindi rappresentano una minaccia molto più significativa rispetto alle loro controparti più semplici e violente di decenni prima. Potrebbe essere troppo azzardato credere che gli Alfa siano in grado di sferrare un attacco coordinato a Holy Island, ma non abbiamo idea di quanto possano essere intelligenti, e questa è la cosa più spaventosa di tutte.

L’isola in cui è ambientato 28 anni dopo è un’isola reale situata al largo della costa del Northumberland, in Inghilterra, chiamata Lindisfarne, conosciuta anche come Holy Island (come nel film).

Oltre al loro livello di minaccia, il livello di intelligenza delle nuove varianti degli Infetti li rende più simpatici. È abbastanza chiaro, basandosi sul finale di 28 anni dopo, che il confine tra gli Infetti che fanno a pezzi le persone a mani nude e gli scagnozzi di Jimmy Crystal che fanno a pezzi gli Infetti con le armi sta diventando sempre più labile. Jamie fa notare a Spike che gli Infetti non hanno mente grazie al virus della rabbia e quindi non hanno anima. Ora è incredibilmente chiaro quanto sia sbagliata questa valutazione, e la riconciliazione di Spike con questo fatto avrà un ruolo importante nel prossimo film.

28 Anni Dopo: The Bone Temple – conferma, data di uscita e tutto quello che sappiamo

28 Anni Dopo: The Bone Temple è l’attesissimo sequel di 28 Years Later del 2025, ed ecco tutto ciò che sappiamo sul film in uscita, compreso il cast, la trama, la data di uscita e altro ancora. I fan di 28 Days Later e 28 Weeks Later hanno dovuto aspettare anni per un altro sequel, dato che il franchise era inattivo dal 2007. Tuttavia, quando finalmente è arrivata la notizia di un sequel, è stato un grande evento. 28 Years Later del 2025 è in realtà l’inizio di una nuova trilogia, con 28 Years Later: The Bone Temple che sarà il secondo capitolo di questa nuova saga.

28 Anni Dopo: The Bone Temple colmerà il divario tra 28 Years Later e il terzo film, ancora senza titolo. Poiché 28 Years Later è uscito solo nel giugno 2025, al momento della stesura di questo articolo si sa ancora molto poco sul sequel. Tuttavia, il regista Danny Boyle, lo sceneggiatore Alex Garland e altri membri del team della nuova trilogia hanno già fornito alcuni indizi sulla produzione del film. Ecco quindi tutto quello che c’è da sapere su 28 Anni Dopo: The Bone Temple e il futuro del franchise 28 Days Later.

Le ultime notizie su 28 Anni Dopo: The Bone Temple

Cillian Murphy 2024
Cillian Murphy arriva alla 76ª edizione dei Directors Guild Of America (DGA) Awards. Foto di Image Press Agency via Depositphotos.com

Cillian Murphy tornerà ufficialmente nei panni di Jim

Il regista di 28 Years Later, Danny Boyle, ha recentemente rivelato una notizia importante: Cillian Murphy apparirà in 28 Years Later: The Bone Temple. Cillian Murphy ha interpretato Jim, il protagonista di 28 Days Later, anche se il destino ambiguo del personaggio e la sua assenza in 28 Weeks Later hanno lasciato in dubbio la possibilità di un suo ritorno. Fortunatamente, Danny Boyle ha già rivelato che Jim apparirà in qualche momento del secondo film, sperando che la partecipazione di Cillian Murphy al terzo film di 28 Years Later aiuti a finanziarlo.

Un altro dettaglio importante sul film in uscita è che 28 Years Later – The Bone Temple è già stato girato. Il sequel e il suo predecessore sono stati girati uno dopo l’altro, con le riprese di 28 Years Later – The Bone Temple iniziate il 19 agosto 2024. Pertanto, i fan non dovranno aspettare molto dopo l’uscita di 28 Years Later per vedere il suo successore arrivare nei cinema.

28 Years Later: The Bone Temple – Conferma

28 Years Later: The Bone Temple è stato confermato già da tempo, dato che il regista Danny Boyle e lo sceneggiatore Alex Garland parlavano della trilogia 28 Years Later già prima dell’uscita del film del 2025. Ora che le riprese di 28 Years Later: The Bone Temple sono terminate, il film è molto probabilmente in fase di post-produzione. Trattandosi di un film di zombie di grande successo, ci sarà probabilmente molto lavoro di montaggio e di effetti speciali da fare per dare vita al mondo della Zona di Isolamento Incondizionato.

È interessante notare che Danny Boyle non sarà il regista di 28 Years Later: The Bone Temple. Al suo posto, Candyman e The Marvels la regista Nia DaCosta prenderà le redini da Boyle per il secondo film, dirigendo 28 Years Later: The Bone Temple.

Sebbene non sia stato rivelato il motivo per cui Danny Boyle non dirigerà il secondo film, alcuni hanno ipotizzato che la causa potrebbe essere la ripresa di due film consecutivi o la sua concentrazione sul terzo film di 28 Years Later. Alex Garland è tornato a scrivere 28 Years Later: The Bone Temple, mentre Danny Boyle produrrà il sequel.

Data di uscita di 28 Anni Dopo: The Bone Temple

Il film uscirà meno di un anno dopo 28 Years Later

Sony Pictures Releasing ha attualmente in programma l’uscita di 28 Anni Dopo: The Bone Temple per il 16 gennaio 2026. Ciò significa che ci sarà meno di un anno tra l’uscita di 28 Years Later e il suo successore. Questo rapido turnaround è senza dubbio una notizia entusiasmante per i fan, poiché la fine di 28 Years Later li lascerà sicuramente con la voglia di vedere ancora. Le date di ripresa consecutive sono un fattore chiave che ha permesso a 28 Years Later: The Bone Temple di uscire così presto, poiché il sequel non deve aspettare la risposta al primo film né riunire nuovamente il cast.

Purtroppo, non è stata ancora comunicata la data di uscita del terzo film della serie 28 Years Later. Le riprese di questo sequel non sono ancora iniziate, essendo ancora nelle prime fasi di sviluppo. Le dichiarazioni di Danny Boyle sul contributo di Cillian Murphy al finanziamento del film fanno pensare che il successo dei primi due film della serie 28 Years Later potrebbe influire sull’uscita del terzo film della trilogia.

Dettagli sul cast di 28 anni dopo: The Bone Temple

Sono già stati annunciati diversi membri del cast di 28 anni dopo: The Bone Temple. Aaron Taylor-Johnson nel ruolo di Jamie, Jack O’Connell nel ruolo di Sir Jimmy Crystal ed Emma Laird nel ruolo di Jimmima hanno tutti confermato il loro ritorno. Anche Cillian Murphy riprenderà il ruolo di Jim da 28 Days Later, mentre Maura Bird si unirà al cast nel ruolo di Jimmy Jones. È possibile che altri membri del cast di 28 Years Later: The Bone Temple vengano rivelati col passare del tempo, poiché potrebbero essere potenziali spoiler per 28 Years Later.

28 Years Later sarà diretto da Nia DaCosta e scritto da Alex Garland, che torna dopo il primo film. Danny Boyle, Alex Garland, Andrew Macdonald, Peter Rice e Bernie Bellew sono tutti indicati come produttori del film. Il direttore della fotografia Sean Bobbitt, che ha già lavorato con Nia DaCosta in The Marvels, è il direttore della fotografia di 28 Years Later: The Bone Temple. Hildur Guðnadóttir, che ha composto la colonna sonora di 28 Years Later, tornerà a comporre la colonna sonora del sequel.

Dettagli sulla trama di 28 anni dopo: The Bone Temple

È la parte centrale di una trilogia

Sono stati rivelati pochissimi dettagli sulla trama di 28 Years Later: The Bone Temple. La trama del sequel dipenderà senza dubbio dal finale di 28 anni dopo, e ulteriori dettagli saranno probabilmente rivelati solo dopo l’uscita del primo film. Tuttavia, Danny Boyle ha già parlato della trama generale della trilogia. Ecco i suoi commenti:

Alla fine si tratta di tre film, ognuno dei quali sarà indipendente. Ma ci sarà una storia più grande da raccontare, basata su una famiglia, e questi due [indicando Aaron e Jodie] saranno all’origine della famiglia. Quindi è indipendente dal primo film, ma è sempre la stessa apocalisse di 28 anni dopo quella vissuta da Cillian Murphy nel primo film e da Naomie Harris. Ma sono passati 28 anni e non sappiamo cosa sia successo a loro [Jim e Selena]. Non posso dirvelo, ma questi due sono dei sostituti più che degni.

Quindi, è chiaro che la storia di 28 anni dopo: The Bone Temple continuerà a seguire la famiglia protagonista di 28 Years Later. La trama del sequel sarà in qualche modo collegata a 28 Days Later, spiegando il ritorno di Cillian Murphy nei panni di Jim. Ci sono molte speculazioni su questa storia misteriosa e molti fan sono entusiasti di vedere il seguito della saga del virus della rabbia in 28 anni dopo: The Bone Temple.