È stato confermato, a oltre cinque
mesi dalla notizia della scomparsa, che il corpo ritrovato sabato
scorso da escursionisti nelle montagne vicino a Los Angeles è di
Julian Sands, famoso attore britannico. Ad
annunciarlo la polizia della California, spiegando che le cause
della morte devono ancora essere individuate.
Julian Sands è
diventato famoso a metà degli anni ’80, quando ha recitato in
Camera con Vista. Ha poi partecipato a tanti altri film e show
televisivi, tra cui citiamo Uomini che odiano le donne,
24 e Smalville. Le sue tracce si
erano perse lo scorso 13 gennaio, nel corso di un’escursione col
cattivo tempo sul Monte San Antonio, conosciuto localmente come
Mount Baldy, a 3.000 metri di altitudine. A gennaio le ricerche
aeree e terrestri erano state ostacolate perché la California è
stata colpita da tempeste terribili, gelate e minacce di
valanghe.
Gael García Bernal interpreta Saúl Armendáriz,
un wrestler amatoriale gay di El Paso, diventa famoso a livello
internazionale dopo aver creato il personaggio di Cassandro,
il “Liberace della Lucha Libre”. Basato su una storia vera. Diretto
dal regista Premio Oscar Roger Ross Williams
Nel cast anche Joaquín
Cosío e Raúl Castillo, con la
partecipazione speciale di El Hijo del Santo e
Benito Antonio Martínez Ocasio (Bad Bunny). Cassandro
sarà disponibile in tutti i Paesi in cui è attivo il servizio
Prime Video dal 22 settembre.
Diretto da: Roger
Ross Williams Scritto da: David Teague & Roger Ross Williams Con: Gael García Bernal, Roberta Colindrez, Perla
de la Rosa, Joaquín Cosío e Raúl Castillo, con la partecipazione
speciale di El Hijo del Santo e Benito Antonio Martínez Ocasio Consulente: Saúl Armendáriz Prodotto da: Gerardo Gatica, Todd Black, David
Bloomfield, Ted Hope, Julie Goldman Executive Producer: Gael García Bernal, Paula
Amor, Mariana Rodríguez Cabarga, A. Müffelmann, Matías Penachino,
David Teague, Jason Blumenthal, Steve Tisch Durata: 107 minutes
Attualmente al 100% su Rotten
Tomatoes
Saúl Armendáriz, un wrestler
amatoriale gay di El Paso, diventa famoso a livello internazionale
dopo aver creato il personaggio di Cassandro, il “Liberace della
Lucha Libre”. In questo suo percorso, non mette sottosopra solo il
mondo machista del wrestling, ma anche la sua vita.
Che Jack
Ryan fosse uno show senza i requisiti necessari per una
lunga durata lo si era già intuito. La differenza di tono e presa
emotiva tra la notevole prima stagione e le pur accettabili
successive era fin troppo evidente.
I sei episodi che arrivano a chiudere definitivamentele avventure dell’agente della
CIA inventato da Tom Clancy confermano che davvero lo show non
aveva più nulla da dire.
Jack Ryan di Tom Clancy, la trama
Questa volta l’eroe senza
macchia interpretato da John
Krasinski deve sventare un traffico di
stupefacenti che coinvolge Messico, Myanmar e molto probabilmente
anche alcuni dei suoi predecessori e colleghi all’interno
dell’organizzazione a stelle e strisce. Ad aiutarlo il solito James
Greer interpretato da Wendell Pierce, Mike Novembre nella persona
di Michael Kelly e Betty Gabriel nel ruolo di Elizabeth Wright.
Nuova entrata invece Michael Peña in un ruolo di cui preferiamo nno
rivelare troppo.
Il confronto tra le prime
otto puntate dello show realizzato per Prime
Video e queste ultime sei si rivela piuttosto
impietoso, e dispiace veramente scriverlo poiché eravamo rimasti
sinceramente sorpresi dall’efficacia e dalla tensione che Tom
Clancy’s Jack Ryan Season 1 ci aveva regalato. Nel caso della
quarta stagione quasi tutti gli stilemi narrativi e il gioco del
cambio di ambientazioni vengono riproposti con una stanchezza e
un’ovvietà di fondo evidenti. Continuare a riproporre lo stesso
meccanismo per quattro stagioni, senza veramente ai tentare
soluzioni estetiche o contenutistiche differenti, alla lunga ha
logorato il giocattolo in maniera inesorabile.
Siamo lontani della qualità della prima stagione
E il problema maggiore è
che tuttii
partecipanti sembrano comprenderlo pienamente, primo tra tutti un
Krasinski svogliato e retorico, lontano anni luce dal personaggio
febbrile e logorato dal senso del dovere che avevamo amato
all’inizio di questo percorso. Se hai un attore protagonista il
quale non crede più nel ruolo che interpreta, diventa praticamente
impossibile mantenere in piedi la credibilità di un thriller
d’azione. Sotto questo punto di vista il Tom Cruise della saga di Mission: Impossible, a cui Jack Ryan
chiaramente si ispira mantenendo le dovute distanze, risulta un
esempio lampante e da imitare. mancando quella dedizione, quella
voglia di spingersi oltre i propri limiti per offrire al pubblico
spettacolo e tensione, ecco che il castello di carte è destinato a
crollare. Come avviene appunto con lo show di Amazon Prime Video.
Tutto da buttare dunque
in questa quarta stagione di Tom Clancy’s
Jack Ryan? Verrebbe da rispondere di sì. Basta vedere
anche la pochezza con cui vengono sviluppati i personaggi di
contorno come la ritornante Cathy Mueller interpretata da Abbie Cornish o il villain impersonato dal
sempre solido Michael McElhatton. Ovviamente ci
sono momenti riusciti e qualche buona sequenza di genere nel corso
delle sei puntate finali. Nulla però che possa bastare a
risollevare le sorti di uno show che avrebbe meritato una sorte
diversa, visto quanto bene era partito.
Se avete amato il
Jack Ryan della prima stagione e gli siete
comunque rimasti fedeli nelle due successive -le quali, meglio
ribadirlo, non erano affatto male – rimarrete piuttosto delusi da
questo commiato in sei episodi. Si ha la sensazione che tutti, ma
proprio tutti, volessero chiudere la produzione il più in fretta
possibile, accontentandosi di portare a casa un “compitino” tanto
inappuntabile quanto, a conti fatti, davvero inerme. Peccato
davvero.
In vista dell’atteso ritorno
dell’amata serie animata fantascientifica per adulti
Futurama,
Disney+ ha diffuso il trailer e la key art
dell’undicesima stagione che debutterà lunedì 24 luglio in
Italia in esclusiva sulla piattaforma streaming.
Dopo una breve pausa di dieci anni,
Futurama è uscito trionfalmente dalla
capsula criogenica, con il cast originale al completo e lo spirito
satirico intatto. I 10 episodi inediti dell’undicesima stagione
sono adatti a tutti: i nuovi spettatori, infatti, potranno iniziare
la serie da qui, mentre i fan di lunga data avranno le risposte che
aspettavano da un decennio, tra cui gli sviluppi dell’epica storia
d’amore tra Fry e Leela, il misterioso contenuto della lettiera di
Nibbler, la storia segreta del malvagio Babbo Natale Robot e la
sorte dei girini di Kif e Amy. Nel frattempo, c’è una nuova
pandemia in città, mentre la troupe esplora il futuro dei vaccini,
dei bitcoin, della cancel culture e della TV in streaming.
Futurama ha debuttato nel
1999 e si è rapidamente guadagnato un seguito di fedelissimi e il
plauso della critica, tra cui due Emmy come Outstanding Animated
Program. Nonostante l’ambientazione in un futuro lontano, la serie
è famosa per il suo commento satirico sulla vita presente.
Futurama segue Phillip J. Fry (Billy West nella versione
originale), un ragazzo che consegna pizze a New York, che si
congela accidentalmente nel 1999 e viene scongelato nell’anno 3000.
In questa sorprendente “nuova” New York, fa amicizia con il robot
bevitore Bender (John DiMaggio nella versione originale) e si
innamora della ciclope Leela (Katey Sagal nella versione
originale). Il trio trova lavoro presso la Planet Express Delivery
Company, fondata dallo schivo discendente di Fry, il professor
Hubert Farnsworth. Insieme al contabile Hermes Conrad,
all’assistente Amy Wong e all’aragosta aliena Dottor John Zoidberg,
intraprendono emozionanti avventure che li portano in ogni angolo
dell’universo. Dopo la prima messa in onda su Fox Broadcasting
Network negli Stati Uniti, si è assistito a una serie di
cancellazioni e resurrezioni. Quattro uscite in DVD di successo nel
2007-2009 hanno portato alla rinascita dello show su Comedy Central
negli Stati Uniti dal 2010 al 2013. Poi, dopo un breve congelamento
di dieci anni nella camera criogenica, Futurama è riemerso
trionfalmente con un totale di 20 episodi commissionati che
debutteranno nel 2023.
Per la nuova stagione ritorna
l’intero cast originale, tra cui John DiMaggio, Billy West,
Katey Sagal, Tress MacNeille, Maurice LaMarche, Lauren Tom, Phil
LaMarr e David Herman.
Futurama è
prodotta da 20th Television Animation, parte dei Disney Television
Studios, con l’animazione realizzata dai Rough Draft Studios.
Futurama è creata da Matt Groening e sviluppata da
Groening e David X. Cohen. Tra i produttori esecutivi figurano
Groening, Cohen, Ken Keller e Claudia Katz.
Il Lucca Film
Festival si tinge di green.Sofidel,
azienda toscana tra i leader mondiali nella produzione di carta per
uso igienico e domestico, nota in particolare in Italia e in Europa
per il marchio Regina, è sponsor del Festival 2023 e in
particolare della prima edizione diLucca Film
Festival for Future, il concorso riservato ai
cortometraggi che trattano tematiche green legate alla salvaguardia
dell’ambiente, nell’ambito del Lucca Film Festival (LFF) in
programma a Lucca dal 23 settembre al 1° ottobre.
Registi e filmmaker
italiani e internazionali possono candidare la propria
operaentro venerdì 28 luglio 2023,
inviandola come link video all’indirizzo
[email protected] oppure iscrivendosi sulle piattaforme
Filmfreeway e Festhome. I corti dovranno avere una durata max di 29
minuti, essere in anteprima per l’Italia e realizzati non prima del
2021. Tra tutti quelli pervenuti, ne verranno selezionati
15 da tutto il mondo, che saranno proiettati durante le
giornate del festival e concorreranno all’assegnazione dei premi.
La selezione si propone di mettere in scena le più innovative e
interessanti modalità di racconto narrativo, documentario e
interattivo.
Sofidel ha fatto
della sostenibilità una leva strategica di crescita, riuscendo a
integrarla concretamente nelle sue politiche di sviluppo
industriale. Da questo impegno nasce la volontà di diffondere la
cultura della sostenibilità attraverso progetti di educazione
rivolti in particolare alle nuove generazioni, e, da quest’anno,
anche grazie al linguaggio della Settima Arte. La prima
edizione del concorso Lucca Film Festival for
Future punta, infatti, a sensibilizzare il pubblico
sulla necessità di una nuova cultura di tutela e valorizzazione
dell’ambiente e della natura.
Elena
Faccio, Group Creative & Communication Director di Sofidel
commenta: “Lucca Film Festival è un appuntamento prestigioso,
atteso a livello nazionale e internazionale dagli appassionati di
cinema e non solo: siamo molto orgogliosi di essere presenti con
questa iniziativa dedicata al cinema green. Siamo impegnati a
diffondere la cultura della sostenibilità da oltre 15 anni,
convinti che sia un tema che può essere espresso con molteplici
linguaggi. Raccontarlo attraverso l’arte cinematografica permette
di raggiungere e sensibilizzare nuovi pubblici su tematiche urgenti
che coinvolgono tutti”.
Nicola
Borelli di Presidente Lucca Film Festival aggiunge:
“Sofidel entra a far parte della famiglia dei sostenitori del
festival per un obiettivo ambizioso, ma non impossibile, che
rientra nel grande tema della sostenibilità. Il cinema è prima di
tutto una forma di comunicazione e il nostro comune interesse è
promuovere la tutela dell’ambiente, coinvolgendo concretamente i
giovani e contrastando l’effetto ‘goccia nell’oceano’, ovvero di
percepire il proprio contributo come minuscolo rispetto al sostegno
totale necessario. Ma noi siamo convinti che l’oceano sia fatto di
gocce e che ognuna di queste possa fare la differenza”.
Il concorso
riservato ai corti incentrati sulle tematiche green nasce anche
dalla collaborazione con i festival della rete internazionale “Film
For Our Future” e con la rete EURASF (European Network of
Science Communicators, Filmmakers, Film Producers and Festival
Organizers).
A valutare le opere
sarà una giuria composta dai rappresentanti dei 10 Festival della
rete “Film For Our Future” che comunicheranno i risultati entro il
15 settembre 2023. Nel corso della serata conclusiva del
festival di sabato 30 settembre, presso il cinema Astra di
Lucca, verranno proclamati i vincitori e assegnato il primo premio
del valore di 1.000 euro.
Durante la
settimana del festival, l’intera selezione finale del concorso sarà
proiettata sia in orario mattutino per le scuole sia in orario
pomeridiano e serale per il pubblico. Sarà possibile vedere
gratuitamente i corti anche on demand sulla pagina dedicata del
portale Festival Scope.
Tutte le
informazioni per candidare il proprio cortometraggio sono
disponibili a questa
pagina.
Arriva nelle sale italiane
La folle vita – titolo originale La
vie démente – primo lungometraggio dei registi belgi
Ann Sirot e Raphaël Balboni, che
ne firmano anche la sceneggiatura. Il lavoro risale al 2020. Il duo
belga si è fatto notare quest’anno al Festival
di Cannes, dove ha presentato alla Settimana della
Critica il suo secondo film, del 2023,
La sindrome degli amori passati, che ha ricevuto
una buona accoglienza. La folle vita è un
dramma, ma ha anche caratteri di commedia. Si affronta il tema
della malattia e i registi si chiedono se e come eventualmente sia
possibile conciliarla con lo scorrere della vita dei familiari
della persona malata, che, nonostante il dolore e le difficoltà,
continua.
La trama de La folle vita
Alex, Jean Le
Peltier, e Noémi, Lucie Debay, sono una
coppia di trentenni con un legame stabile. Stanno pensando di avere
un bambino. Proprio in questo delicato momento della loro vita di
coppia, la madre di Alex, la gallerista Suzanne, Jo
Deseure, comincia ad avere strani comportamenti. Ha delle
amnesie e fa spese sconsiderate. In seguito a una visita medica, le
viene diagnosticata una forma di demenza. Da quel momento, le
energie di Alex si concentrano sul problema di salute della madre.
Così, mentre Suzanne con il procedere della malattia, diventa
sempre più difficile da gestire, il rapporto tra Alex e Noémi
rischia di andare il crisi e con esso il loro progetto di
famiglia.
Una prospettiva insolita per un
film sulla malattia
E’ giusto sacrificare sé stessi e la
propria vita per qualcun altro, fosse anche la persona a cui
teniamo di più al mondo? Sembra essere questa la domanda che si
pongono Balboni e Sirot. La folle vita si muove infatti su un
doppio binario. Da una parte, affronta il tema della malattia, in
particolare delle malattie degenerative del sistema nervoso,
mostrandone la progressione e le difficoltà cui vanno incontro sia
l’ammalato che i familiari. Lo fa però senza pietismo, non c’è il
ricatto del dolore verso lo spettatore e, cosa rara nelle pellicole
che trattano questi temi, la malattia non fagocita tutto il film,
non è l’unico argomento. Il punto di vista del malato non è
esclusivo. Il film, infatti, non ha falsi moralismi e accende i
riflettori sulle vite di coloro che sono vicino al malato, che
cercano di aiutarlo e supportarlo per quanto possibile, ma si
trovano anche a gestire e possibilmente far procedere ed evolvere,
la loro stessa vita. Si tratta qui di due giovani, che hanno tutta
la vita davanti e tutto il diritto di viverla a pieno. Una
prospettiva dunque originale, insolita.
Il tono de La folle vita tra
leggerezza e ironia
Altro elemento più che apprezzabile
ne La folle vita, è il suo tono leggero e
ironico, reso anche grazie a una solida sceneggiatura, opera degli
stessi registi. Questo tipo di approccio riguarda innanzitutto la
malattia stessa e il personaggio di Suzanne, eccentrico per natura.
La protagonista, Jo Deseure, la interpreta in modo
superbo, rendendo la malattia una specie di opera d’arte in
progress. L’attrice belga, attiva prevalentemente in teatro, ha
ricevuto il Premio Magritte 2022 per questa interpretazione.
Tuttavia, questo approccio ironico e disincantato investe anche il
rapporto di coppia di Alex e Noémie, in tutti i suoi aspetti. Ciò
rende il film molto godibile e accattivante, nonostante un tema non
facile e solitamente percepito come molto impegnativo dal pubblico.
Qui, si riesce ad affrontarlo senza pesantezza.
L’estetica del film
La folle
vita è ambientata nel mondo dell’arte e l’occhio
avvezzo alla bellezza artistica dei due registi è evidente. Il loro
gusto estetico è raffinato e brillante. Molto calzante è la
similitudine che il film contiene. Come l’opera d’arte che
affascina tanto Suzanne, lei stessa si disfa piano piano, si
disunisce, ma senza che questo pesi sullo spettatore come una
tragedia. Divertente anche l’idea dei tessuti, che nella stanza di
Alex e Noémie hanno tutti la stessa fantasia, dai parati
all’abbigliamento dei protagonisti, come si vede anche nella
locandina del film. A questo proposito, ricordiamo che i costumi
sono di Frédéric Denis e la fotografia è curata da
Jorge Piquer Rodríguez.
Un ottimo cast ne La folle
vita
Le interpretazioni ne La
folle vita, al di là di quella della protagonista, di
cui si è parlato, sono tutte molto efficaci. Jean Le
Peltier, attore e regista che aveva già lavorato con Sirot
e Balboni nel corto Avec Thelma nel 2017, apparso poi in
Mon légionnaire di di Rachel
Lang, veste i panni di Alex in modo convincente,
destreggiandosi tra le preoccupazioni e le premure di figlio e il
ruolo di compagno. Mentre a
Lucie Debay –
Le nostre battaglie, Mon Légionnaire –
spetta il compito di interpretare il personaggio più “scomodo”. Una
donna, Noémie, accogliente e vicina alla madre del suo compagno, ma
che al tempo stesso non è disposta a rinunciare al suo desiderio di
essere madre. Una figura forte e dolce al tempo stesso, oltre che
pragmatica, che l’attrice fa sua in modo originale. Infine, va
menzionato Gilles Remiche, nel ruolo di Kevin, che
viene assunto per assistere Suzanne nella quotidianità. Premio
Magritte 2022 come miglior attore non protagonista, Remiche era un
attore di talento, purtroppo scomparso nello stesso anno.
Accettazione e libertà
La folle
vita è un film ironico e brioso, anche se drammatico,
sull’accettazione della malattia. E’, però, anche fieramente
contrario all’annullamento di sé in favore del malato. Lo si può
interpretare poi, come un inno alla libertà, se si considera questa
nuova fase della vita di Suzanne come la prosecuzione naturale
della sua eccentrica esistenza. Una fase in cui, paradossalmente,
proprio grazie alla malattia, è libera di esprimersi senza più
filtri o freni. Infine, i registi invitano lo spettatore a
considerare la malattia come qualcosa di naturale, da accettare.
Non per questo, semplificando la situazione. Anzi, si apprezza il
pragmatico realismo con cui affrontano il tema, senza vittimismo.
Uno sguardo interessante quello dei registi belgi Ann
Sirot e Raphael Balboni, che mostrano
così il loro talento. Si spera sia possibile apprezzare presto loro
nuove pellicole, come la più recente, La sindrome degli amori
passati. Intanto, La folle vita è
dal 29 giugno al cinema, distribuito da
Wanted.
La DreamWorks Animation sforna un
nuovo film d’animazione dal titolo Ruby Gillman, la
ragazza con i tentacoli, in cui la protagonista è
un’adolescente che scopre di essere un mostro marino dalla
potentissima genealogia familiare.
Per la regia di
Kirk DeMicco, che aveva già collaborato con lo
studio di animazione per I Croods, e
co-diretto da Faryn Pearl, Ruby Gillman è
stato scritto dallo stesso DeMicco, Elliott
DiGuiseppi e Pam Brady, nota per aver
lavorato alla stesura di South Park alla fine degli anni
’90, e prodotto da Kelly Conney che aveva
partecipato al secondo e terzo capitolo della splendida saga di
Shrek e a I pinguini di
Madagascar: Il film.
Come ben noto rispetto
alla DreamWorks, non c’è uno stile di animazione proprio della
casa, e agli ideatori è dunque possibile dare libero sfogo a
ispirazione e libertà per la creazione dell’estetica dei
personaggi, peculiarità condensate nella giovane e pimpante kraken
Ruby Gillman, per la quale i disegnatori hanno tratto ispirazione
dai polpi, per rendere l’idea dell’aspetto vischioso, ma senza che
sembrasse in alcun modo spiacevole o – per meglio dire –
minacciosa. Infatti, l’elemento più inconsueto e, senza dubbio,
inaspettato de La ragazza con i tentacoli, è la scelta
di una protagonista che attingesse dal mondo dei mostri più
inquietanti e spaventosi della letteratura del secolo scorso. E il
ribaltamento della tradizione non finisce qui.
Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli, la
trama
Ruby vive con la sua
famiglia a Oceanside, una località posta sulla costa del mare. La
sua mamma è molto ansiosa e premurosa (in lingua originale doppiata
da Toni Collette), il papà è sorridente e pacioso
e poi ci sono il suo fratellino Sam e il piccolo e geniale
animaletto domestico Nessie. La loro pelle è di colore blu, ragion
per cui, se mai qualcuno lo dovesse chiedere, direbbero di venire
dal Canada, risposta che a Oceanside è evidentemente più che
esaustiva.
L’ambiente in cui si
svolge gran parte della vita di Ruby, e che viene subito
presentato, è la tipica high school statunitense, e lei ha il suo
stretto gruppetto di amici composto da elementi – cosiddetti –
impopolari e che sventolano fieri la bandiera della ribellione al
sistema che vuole tutti gli studenti in fibrillazione per il famoso
ballo di fine anno. La base della struttura della storia guarda,
per l’appunto, alle commedie adolescenziali in cui ad essere le
antagoniste sono le ragazze più famose della scuola: come
Mean Girls di Mark Waters
del 2004, Lady Bird del 2017 di Greta
Gerwig o anche Booksmart del
2019 diretto da Olivia Wilde. Già, perché nella routinaria ma
tesa vita di Ruby succedono due cose improvvise e pazzesche, e non
potrebbe certo essere altrimenti nella vita di una sedicenne:
scopre di potersi trasformare in un kraken gigantesco, mentre a
scuola arriva una ragazza nuova e bellissima che scatena la
curiosità di tutti.
Ed è questo il punto di
maggior forza del nuovo film d’animazione della DreamWorks: la trasformazione
di un’adolescente in un mostro, sì, come ognuno si sente a
quell’età, che trova però nelle origini di quella sua mutazione
fisica la sua bellezza e identità, che fino a quel momento erano
rimaste soffocate.
DreamWorks gioca sul sicuro
C’è da ammettere che non
si tratta di nulla che sia sconvolgente o innovativo, ma questo non
è mai un problema in nessun momento dello svolgimento del film.
L’animazione è sempre all’altezza del racconto che porta avanti,
non risultando mai ovvia, anche quando confortevole nei suoi
passaggi. Anche i disegni esilaranti con la loro fluidità, nella
ricchezza delle immagini regalano colori e un ritmo sempre
coinvolgenti.
Ruby Gillman,
la ragazza con i tentacoli è insomma un rito di
passaggio dall’adolescenza alla maturità, dove viene raccontato che
la prima integrazione è sempre verso se stessi, completamente, e
solo dopo può avvenire nei confronti di un altro. Con una
caratteristica ormai consolidata nei film d’animazione, dunque,
l’intrattenimento per i bimbi è solo un primo strato: sotto al
quale ogni adulto può ricordare dove risiedono le basi della
propria unicità.
Subito dopo la
presentazione al Teatro Antico, dal
Taormina Film Fest 2023 arriva nei cinema A Thousand And
One,
opera prima della statunitense A. V. Rockwell,
già vincitrice del Gran Premio della Giuria al Sundance
Film Festival 2023 e che Lucky Red e
Universal Pictures International Italy distribuiscono nei nostri
cinema a partire dal 29 giugno. Ad accompagnare una vicenda che
attraversa la storia di New York, mostrando una faccia diversa
della cosiddetta Grande Mela, complementare a quella più
folcloristica o turistica che molti si accontentano di vedere.
Inez
e Terry, americani di serie B
la storia di Inez, una
donna determinata e impetuosa interpretata dalla cantante Teyana
Taylor, uno spirito libero costretto a vivere ai margini della
società e insieme una madre ferocemente decisa a garantire un
futuro al figlio Terry, di 6 anni (sullo schermo Aaron Kingsley
Adetola, con Aven Courtney e Josiah Cross a prenderne il posto
nelle successive fasi della crescita), a ogni costo. Anche a costo
di rapirlo, sottraendolo al sistema di affidamento dello Stato e
nascondendosi dietro una nuova identità. Qualcosa che sembra essere
precluso a quelli come lei – come la possibilità di una casa e di
una stabilità – soprattutto in una città in così grande
cambiamento, ma nella quale non è facile poter avere tutti gli
stessi diritti. Tanto più se hai la pelle nera.
A
Thousand And One, le tante Americhe nascoste
Una delle peggiori
abitudini dei tempi e dei luoghi che viviamo è quella di
identificare con il termine ‘Americano‘ tutto ciò che
riguarda gli Stati Uniti e i suoi abitanti, ignorando tanto i
canadesi quanto intere nazioni del centro e del Sud del continente,
che generalmente tengono a volersi distinguere dagli
statunitensi, appunto. Termine che già in sé nasconde non
poche complessità e conflitti al suo interno, come si vede anche
nella storia raccontata dalla Rockwell.
Dove Harlem è diversa da
quella del Gospel e della 125th st che normalmente attirano i
viaggiatori, dalla retorica dell’Apollo e dell’orgoglio di una
comunità che ancora oggi fatica a veder riconosciuti i propri
diritti o a non essere discriminata (purtroppo, come altre). E dove
la rappresentazione segue la trasformazione del quartiere senza
risparmiare nulla allo spettatore nel suo attraversare diverse
epoche, dagli anni ’90 di Rudy Giuliani al nuovo millennio di
Michael Bloomberg.
Teyana Taylor stars as “Inez de la Paz” in writer/director A.V.
Rockwell’s A THOUSAND AND ONE, released by Focus Features. Credit:
Courtesy of Aaron Ricketts/Focus Features
Harlem come la Sicilia letteraria: un luogo di
‘vinti’
Ma soprattutto
restituendo – anche visivamente, grazie a scelte intelligenti di
luci e fotografia – con grande onestà la verità di una vita
difficile, costantemente fuori dai radar delle istituzioni (spesso
dimentiche del loro ruolo, al servizio del cittadino) e
ostinatamente contro. Non a caso quella di Inez, non è più solo
lotta per la sopravvivenza, ma un bisogno di riconoscimento che va
al di là dei documenti e di risarcimento, dopo una vita di
sopraffazione.
Non c’è pace per questi
personaggi, dei ‘Vinti’ – pur dalla parte opposta dell’Oceano e
lontani dal Mediterraneo – in cerca di rivalsa, schiavi del proprio
rancore e vittime pressoché impotenti di ogni sopruso. Una realtà
che la protagonista combatte fino alla fine, nel tentativo di
realizzare una catarsi forse illusoria, a differenza del più solido
Lucky, personaggio maschile ben reso da William Catlett
(The Devil You Know,
Gli ultimi giorni di Tolomeo Grey, Black Lightning, Lovecraft
Country) e protagonista di una evoluzione più evidente
seppur con meno ombre.
Sono molti i non detti
lasciati alla sensibilità del pubblico, quelli nei quali si
nasconde la vera forza di questo A Thousand And
One, che sin dal titolo suggerisce simboli da
decifrare. Nello specifico, di una location nella quale all’unità
di luogo si sovrappone una solo apparente staticità temporale e
insieme la conferma di un destino ineluttabile che condanna alla
sconfitta di ogni aspirazione, persino quelle più elementari, di un
letto, un tetto, un padre, una madre.
Bertand Bonello,
regista francese di culto, spesso presente sulla croisette di
Cannes, torna a dirigere con Coma,
viaggio nella mente di un’adolescente, a chiusura di quella che lui
stesso ha definito come una trilogia politica sui giovani, iniziata
con
Nocturama nel 2016 e proseguita poi con
Zombie Child nel 2019. Protagoniste,
Julia Faure e Louise Labeque.
Bertrand Bonello, cineasta tra
nouvelle vague e contemporaneità
Regista, sceneggiatore e compositore
francese, nato a Nizza nel 1968, con il suo secondo film
Le Pornographe, Bonello vince il premio
FIPRESCI al Festival
di Cannes. Il protagonista del film,
Jean-Pierre Léaud, è l’attore simbolo della
nouvelle vague. Con L’Apollonide – Souvenirs de la
maison close, del 2011, ottiene otto candidature ai
premi César e vince quello per i migliori costumi.
Saint Laurent del 2014, è la sua visione del
genio della moda, interpretato da
Gaspard Ulliel. Poi, Bonello dà il via alla trilogia
che ora arriva a compimento con Coma. In Nocturama, il cui
titolo è ispirato a un brano di Nick Cave, parla di terrorismo a
Parigi, protagonisti un gruppo di adolescenti. Mentre, con
Zombie Child affronta in modo originale il colonialismo.
Protagonista la giovane Louise Labeque, che
ritroviamo in Coma. Il suo nuovo lavoro
si è già aggiudicato il premio FIPRESCI (Encounters) al
Festival di Berlino 2022.
La trama di Coma
Coma è uno
di quei lavori che non seguono un filo narrativo, non hanno una
vera e propria trama. Si può dire però, che la protagonista,
Louise Labeque, è un’adolescente che trascorre il
tempo in casa, per la maggior parte nella sua stanza, durante il
periodo di confinamento dovuto al Covid. È sempre sola. È così che
inizia ad immaginare, ad esempio, i dialoghi tra le sue bambole
all’interno della loro casa giocattolo. Le voci dei vari Barbie e Ken sono di
Laetitia Casta,
Gaspard Ulliel – questo è stato l’ultimo film
dell’attore prematuramente scomparso – Vincent
Lacoste,
Louis Garrel,
Anais Demoustier. A rompere l’isolamento della ragazza
sono solo qualche videochiamata con le amiche e il canale della
youtuber Patricia Coma, Julia Faure, che lei segue
sempre. Patricia Coma fa presa sui suoi ascoltatori con teorie
bislacche quanto affascinanti sulla possibilità di evadere dal
mondo circostante ed approdare a una dimensione di sospensione, che
chiama limbo. La mente della giovane protagonista comincia così a
vagare tra sogno e realtà, tra immaginazione e incubo, con esiti
imprevisti.
Coma, mescolanza di stili
visivi e linguistici
Coma è un
mix di stili diversi, innanzitutto visivi: live action, animazione
– curata da Josselin Facon – 3D digitale, stop
motion. Un linguaggio dinamico, che si avvicina ai giovani e cerca
un dialogo con loro. Bonello cerca di fare un gesto che li tocchi,
che li desti. Le immagini in continuo cambiamento, l’avvicendamento
veloce di stili visivi possono essere disorientanti, quanto sono
però accattivanti ed efficaci. Le immagini di apertura, ad esempio,
sono sgranate, la camera inquadra frammenti di una donna in
movimento veloce, dettagli di oggetti. Il regista si rivolge ad
Anna, sua figlia diciottenne, in un cortometraggio che poi è
divenuto parte di Coma, un film nel film. Bonello dedica a
sua figlia questo lavoro, come il precedente
Nocturama. Il suo invito a lei, come a
tutti i giovani, è a non soccombere alla corrente e resistere nei
momenti difficili, perché nella disperazione vi è il seme della
rinascita. Il film si concentra poi sulla protagonista,
Louise Labeque, evidenziandone isolamento e
alienazione, certo acuiti dal confinamento causato dalla pandemia,
ma in ogni caso metafora di una condizione di solitudine
esistenziale in cui si trovano oggi molti ragazzi. Qui il
linguaggio diventa quello degli schermi dei pc o dei cellulari, che
mediano le conversazioni con le amiche della protagonista.
Attraverso lo schermo di un pc passa anche la youtuber Patricia
Coma, col suo linguaggio accattivante. Efficace l’interpretazione
di Julia Faure, capace di rendere le molteplici
sfaccettature del personaggio. Ad introdurre alla dimensione
onirica o inconscia della protagonista, vi sono inserti in bianco e
nero in cui si parla del potere oscuro dei sogni. Il mondo onirico
della ragazza, poi, è buio, inquietante, ma anche un rifugio per
lei. Un luogo che la spaventa, ma la attrae allo stesso tempo. Lì
si sente libera dal giudizio proprio e altrui. Si tratta però di un
rischio, perché può portarla ad allontanarsi progressivamente dalla
realtà. Ed ecco che, più prosegue questo percorso, più l’immagine
si trasfigura, la protagonista si trasforma.
Un puzzle anarchico, ma
coerente
Coma è
dunque una sorta di patchwork, un puzzle con tanti pezzi.
Bertrand Bonello – anche sceneggiatore, creatore
delle scenografie, compositore della colonna sonora originale e
produttore del film – più che spiegare, dà degli input e poi lascia
che sia lo spettatore ad elaborarli. Il lavoro può apparire
confusionario e in diversi momenti non è forse facile seguirlo, ma
lo si fa più agevolmente se si abbandona l’idea classica di
narrazione e ci si lascia catturare da uno stile multiforme, che
segue i meccanismi della mente. Si vede così che Coma ha
una sua coerenza interna. Si tratta di suggestioni, visioni,
spunti. Il montaggio di Gabrielle Stemmer segue le
associazioni di idee della protagonista. Il reale è oscurato e il
personaggio, chiuso in uno spazio senza finestre sull’esterno,
sprofonda in una sorta di delirio onirico. Bonello non mira a dare
una linearità, piuttosto incolla, come in un’opera di Rotella,
produce una stratificazione. È lo spettatore che, guardando il film
nel suo insieme, trova un senso.
Le atmosfere di Coma
Il film è pervaso da un senso di
angoscia, di suspense, anche grazie alle musiche originali dalle
sonorità elettroniche, composte da Bonello, e alla scelta di non
mostrare ciò che si immagina cruento. Il regista lo lascia fuori
scena, facendone arrivare allo spettatore solo i suoni. Si sentono
pianti e urla fuori campo. Sta allo spettatore mettere in moto la
propria immaginazione. Ciò rende il racconto inquietante. I pochi
momenti di leggerezza sono musicalmente affidati ai brani
interpretati da Andrea Laszlo De Simone, già autore di diverse
musiche per film.
La dimensione politica
Infine, c’è una dimensione politica
in Coma, come in altri lavori del regista. Il film è
punteggiato di ironia e sarcasmo, non manca una critica sulla
gestione della pandemia. Non è questo però il cuore del lavoro,
quanto il concetto di libertà, basti pensare alla riflessione che
si fa sul libero arbitrio. È questa libertà che i giovani – e non
solo loro – sono invitati a recuperare. Libertà di sognare, di
vivere a pieno e non solo in mondi virtuali o immaginari. Libertà
di esprimersi senza lasciarsi fiaccare dalle proprie paure,
nonostante questi tempi difficili, di disastri naturali e minacce
incombenti. Anche nei momenti peggiori, sembra dire il regista, si
può rinascere e ripartire, magari dal margine, dal confine del
buio. Coma di Bertrand Bonello si fa
apprezzare come prodotto di una mente anarchica, libera e
originale, un’evasione dal mainstream che recupera il valore
dirompente delle immagini. Prodotto dal regista con Justin
Taurand, il film arriva nelle sale dal 10 luglio, solo per
tre giorni, distribuito da Wanted Cinema.
Abbiamo incontrato il regista
francese
Bertrand Bonello per parlare del suo nuovo
lavoro, Coma, nelle sale italiane solo
dal 10 al 12 luglio. Bonello scrive, dirige, produce, oltre ad
essere autore delle musiche originali e della scenografia, un
viaggio immaginifico tra le paure e i dubbi di un’adolescente,
confinata in casa durante la pandemia di Covid 19. Terzo capitolo
di una trilogia sui giovani iniziata nel 2016 con
Nocturama.
Come nasce Coma
Bertrand Bonello
racconta così la genesi di Coma, che
contiene anche una dedica personale alla figlia Anna, diciottenne
all’epoca delle riprese. “Questo film è nato con due momenti.
La parte iniziale è una lettera rivolta a mia figlia, da cui è nato
il primo cortometraggio. Questo primo cortometraggio mi ha dato poi
la voglia di esplorare ancora più a fondo questa dedica. Grazie ai
mezzi del cinema, ciò mi ha permesso di entrare nella mente di una
giovane diciottenne, che si trova ad affrontare un mondo sempre più
arduo per i nostri giovani. Questa possibilità che mi sono dato, di
entrare nella mente di un giovane, mi ha permesso di esplorare
tantissimi mondi diversi, attraverso associazioni di idee. Mondi
diversi che a un certo punto comunicavano tra loro. Mi ha permesso
anche di provare a capire come funziona il cervello, di esplorare
linguaggi diversi, di passare dai sogni fino agli incubi”.
I giovani, il confinamento durante
la pandemia e il ruolo degli adulti
Coma
riporta lo spettatore al periodo della pandemia e all’idea del
confinamento, sofferto allora soprattutto dai giovani. Mentre
colpisce nel lavoro l’assenza degli adulti. Chiediamo dunque a
Bonello se, a suo modo di vedere, gli adulti
avrebbero potuto fare di più per aiutare i ragazzi a superare quel
momento così critico e cosa possano eventualmente fare ora per
rimediare. “La pandemia, il Covid è stato essenzialmente un
pretesto per me per parlare della libertà e del rapporto degli
umani con la libertà. Col senno di poi, avremmo potuto anche non
partire dal contesto della pandemia per arrivare a trattare questo
tema. Per gli adulti, la pandemia è stato un momento strano, ma per
alcuni può essere stato anche meraviglioso, […] un momento
in cui ritrovare il tempo per noi stessi, un tempo che non c’è mai.
Per i giovani invece, in una fase della loro vita in cui si aprono
al mondo, sono pronti a lanciarsi nel mondo, la pandemia può
essersi rivelata in molti casi, di una violenza estrema,
un’imposizione totale, che li privava di ciò di cui avevano
bisogno, ciò che sognavano e desideravano. Dal punto di vista
politico, non so […] se si poteva fare di più. Penso che,
nel modo che abbiamo di rivolgerci ai nostri giovani, nel modo in
cui li accompagniamo, come genitori, dobbiamo cercare di parlare
loro dei desideri, di quello di cui hanno bisogno e probabilmente
insegnare loro a riaccendere il desiderio e il sogno che gli è
stato tolto”.
Il linguaggio visivo e verbale di
Coma, vario e accattivante
Tante le scelte visive e
linguistiche diverse contenute in Coma. Tra le prime,
animazione, live action, 3D. Bonello ne parla
così: “È vero, ci sono mondi diversi in questo film, declinati
in tantissimi linguaggi diversi. C’è il linguaggio degli
adolescenti, quello che vediamo nelle conversazioni FaceTime tra il
personaggio principale e la sua amica. In quelle conversazioni era
tutto scritto, previsto, senza improvvisazione, ed è un primo tipo
di linguaggio. Poi, c’è il linguaggio molto particolare e studiato
di Patricia Coma, il cui personaggio passa proprio attraverso la
forza della parola, una parola che cambia anche nel corso del film,
pregna di un linguaggio televisivo, del mondo dei mass media, che
poi diventa più filosofico. Infine, quando vengono tolte tutte le
maschere, è un linguaggio più umano, nel momento in cui lei mostra
la sua fragilità. C’è anche un altro tipo di linguaggio, quello
delle barbie, molto diretto, pregno delle caratteristiche
della comunicazione di oggi, dei social network. Lì si parla di
argomenti basici, di vita quotidiana, come l’amore, i
tradimenti”. Dunque, un universo composito, reso efficacemente
sia dal punto di vista visivo, delle immagini, che delle
parole.
Julia Faure e il suo lavoro sul
personaggio di Patricia Coma
Accanto alla protagonista, la
giovane Louise Labeque colpisce la figura
della youtuber Patricia Coma, che dà il titolo al film.
Julia Faure, che le ha dato corpo, descrive così
questo personaggio dalle molteplici sfaccettature: “Con
Bertrand abbiamo lavorato insieme al personaggio in modo abbastanza
semplice. Abbiamo lavorato molto sulla voce, sul tono, a livello
vocale nella costruzione di questo personaggio, perché volevamo
raccontare una figura evocatrice, che ricordasse un po’ il passato,
anche il passato mitico del cinema delle femmes fatales. Volevamo,
però, che fosse allo stesso tempo una figura premonitrice, in grado
di dare messaggi sul futuro, molto inquietanti, una sorta di
oracolo distopico che preannuncia l’apocalisse. Al livello
personale, quello che mi ha interessato particolarmente è il
degrado psichico di un personaggio come questo, che ha vocazione ad
influenzare le menti, le tendenze, le voglie dei giovani, ma che
non ha idea di dove sta andando, non sa rispondere alle proprie
domande ed è ancora più sola della gioventù a cui si
rivolge”.
Coma
arriva nelle sale italiane dal 10 al 12 luglio, prodotto da
Bertrand Bonello e Justin Taurand
e distribuito da Wanted Cinema.
Ecco una clip in anteprima da
Silent Land, il nuovo film di Aga
Woszczyńska, al cinema dal 29 giugno, distribuito da
I
Wonder Pictures in collaborazione con Sardegna Film
Commission.
Gli assolati paesaggi della Sardegna
fanno da sfondo a un inatteso dramma interiore scatenato da un
incidente che sconvolge le vacanze estive di una benestante e
giovane coppia polacca che ha deciso di soggiornare in un’isolata
villetta in Sardegna con vista mare e completa di piscina.
L’apparente idillio quotidiano di Anna (Agnieszka
Żulewska) e Adam (Dobromir Dymecki) viene
improvvisamente interrotto da una serie di eventi: i ventilatori
non funzionano e la piscina, a causa della siccità, si trova
senz’acqua. Non bastano la limpidezza dei fondali marini, la
bellezza della macchia mediterranea e la quiete del paesaggio per
ricomporre la tensione tra i due protagonisti, al contrario, le
loro coscienze saranno profondamente scosse dagli inattesi eventi e
dalle loro conseguenze. Silent Land mette al centro un difficile
rapporto di coppia, in un racconto che esplode presto nel dramma e
fa emergere il lato più oscuro delle relazioni interpersonali.
https://www.youtube.com/watch?v=3VIxeythcbU
Silent Land è una coproduzione
polacco-italo-ceca di Agnieszka Wasiak per la polacca Lava Films,
Giovanni Pompili per l’italiana Kino Produzioni e Jordi Niubó per
la società ceca i/o post, in Italia sarà distribuito da I Wonder
Pictures in collaborazione con Sardegna Film Commission.
In occasione dell’uscita al cinema
di Rodeo, il nuovo film di
Lola Quivoron con Julie Ledru,
Yannis Lafki, Antonia
Buresi, Cinefilos.it offre la
possibilità ai suoi lettori di assistere gratuitamente al film.
La proieziona del film è previste il
5 luglio in diverse sale italiane. Ecco l’elenco completo delle
sale che aderiscono all’iniziativa:
Per prenotare il tuo invito
gratuito valido per 2 ingressi clicca qui (link) riceverai una e-mail di conferma invito fino
ad esaurimento posti.
Rodeo, la trama
(Francia – 105’) – Il vento tra i
capelli, il rombo del motore, l’asfalto caldo che scorre sotto le
ruote. E l’adrenalina che percorre tutto il tuo corpo, come una
scarica elettrica. Julia non riesce a immaginare la sua vita senza
una moto. Fiera e indipendente, frequenta il giro dei “rodei”
urbani, corse clandestine di motociclisti. Ma quando un incontro
casuale la porta a unirsi a una banda di centauri, la posta in
gioco si alza: in una successione di furti e colpi sempre più
pericolosi, per riuscire a dimostrare il suo valore la ragazza
dovrà essere disposta a rischiare tutto. Tra Titane e Fast &
Furious, Rodeo di Lola Quivoron è una corsa forsennata in moto, un
mix altamente infiammabile con una protagonista travolgente e
impossibile da dimenticare.
Ecco il trailer ufficiale di
La Maledizione della Queen Mary, il nuovo horror
diretto da Gary Shore scritto da Shore insieme a
Tom Vaughan e con Alice Eve,
Nell Hudson e Joel Fry. Il film
arriverà nei cinema italiani il 19 luglio, distribuito da Eagle
Pictures.
La Maledizione della Queen Mary, la
trama
Nel 1938 una famiglia di artisti
salpa a bordo del maestoso transatlantico di lusso Queen Mary, ma
La traversata dell’oceano si trasforma ben presto in un incubo
quando il padre, David, viene assalito da una furia omicida, e
uccide brutalmente tutta la sua famiglia, condannando la nave a un
destino maledetto.
Molti anni dopo la famiglia Calder
si imbarca sulla Queen Mary per un viaggio di lavoro insieme al
figlio Lukas. Esplorando la nave, il bimbo si imbatte negli
agghiaccianti spettri di quel passato di sangue, fino ad esserne
completamente posseduto. Per salvare l’anima di Lukas, la famiglia
Calder sprofonderà così in un incubo senza fine. Quali misteri si
celano ancora negli spettrali corridoi della Queen Mary? Cosa
dovranno sacrificare i passeggeri per arrivare alla fine del loro
viaggio ancora in vita?
Le voci hanno turbinato quando
Miley Cyrus ha pubblicato il video musicale
per il suo successo del 2023 “Flowers“, che la ritrae in
un vestito dorato che molti paragonano a quello indossato da
Jennifer Lawrence per una premiere di
The
Hunger Games. La Lawrence commenta rivelando che non
c’era alcuna verità nella notizia. Anche se ha riconosciuto che la
coppia si era già baciata una volta per ragioni artistiche nei
film, è stato molto tempo dopo che Liam Hemsworth e Miley Cyrus si erano lasciati.
“Non vero, voce
totale“, ha detto Lawrence. “Voglio dire, conosciamo
tutti me e Liam, tipo, ci siamo baciati una volta. Erano
passati anni dalla loro rottura, quindi ho pensato che fosse, tipo,
una coincidenza”.Jennifer Lawrence attualmente recita nella
commedia R-rated No Hard Feelings che da noi uscirà con il titolo
Fidanzata in affitto; nel frattempo Liam Hemsworth reciterà nella quarta stagione
di The
Witcher di Netflix.
Prenderà il posto di Henry Cavill nei panni di Geralt.
Dopo le
prime foto FX
Networks ha rilasciato il primo teaser
trailer di A Murder At The End of the
World, la miniserie giallo in arrivo, con la
vincitrice del Golden GlobeEmma Corrinnei panni di una detective dilettante. Il
video offre uno sguardo al cast principale, tra cui Corrin,
Harris Dickinson,
Clive Owen e altri. Il thriller drammatico
inizierà in streaming il 29 agosto su Hulu negli USA. In Italia
arriverà su Star, canale per adulti di Disney+.
Dai un’occhiata al teaser
trailer di A Murder At The End of the World qui sotto:
Di cosa parla A Murder At The End of
the World “Un omicidio alla fine del mondo”?
“Una serie misteriosa con
un nuovo tipo di detective al timone: un investigatore dilettante
della Gen Z e un hacker esperto di tecnologia di nome Darby
Hart“, si legge nel logline. “Darby e altri otto
ospiti sono invitati da un solitario miliardario a partecipare a un
ritiro in un luogo remoto e abbagliante. Quando uno degli
altri ospiti viene trovato morto, Darby deve usare tutte le sue
abilità per dimostrare che si è trattato di un omicidio contro una
marea di interessi contrastanti prima che l’assassino si tolga
un’altra vita”.
A Murder At The End of The
World (precedentemente intitolato Retreat) è stato creato e diretto
da Brit Marling e
Zal Batmanglij, con Marling anche co-protagonista della
serie. Insieme a Corin ci sono Harris Dickinson,
Clive Owen,
Alice Braga, Joan Chen, Raúl Esparza, Jermaine Fowler, Ryan J.
Haddad, Pegah Ferydoni, Javed Khan, Louis Cancelmi, Edoardo
Ballerini, Britian Seibert, Christopher Gurr, Kellan Tetlow, Daniel
Olson, e Neal Huff.La serie di 7 episodi è
prodotta da Marling, Batmanglj, Andrea Sperling, Melanie Marnich e
Nicki Paluga. Proviene da FX Productions.
L’attore Tom Cruise ha commentato il successo dei suoi
film Mission:
Impossible.Tom
Cruise ha interpretato il personaggio dell’agente IMF
Ethan Hunt sin dal primo film di Mission: Impossible nel 1996. Con il settimo
capitolo dietro l’angolo del franchise di grande successo, Cruise
ha parlato del processo di realizzazione di Mission:
Impossible – Dead Reckoning Part One, e come è
cresciuta la serie.
“È in continua
evoluzione“, ha detto Cruisea Empire . “Devi essere
piuttosto inesorabile e onesto con te stesso su storie e struttura
e cosa funziona e cosa no. Non voglio fermarmi finché non sarà
giusto”.Questo suona vero per un franchise con
le sue prime cinque puntate tutte con registi diversi dietro la
macchina da presa. Ciò ha portato ogni film ad avere la sua
atmosfera unica fino a quando Christopher
McQuarrie ha diretto il quinto film, Mission: Impossible – Rogue Nation,
ed è rimasto a dirigere la serie fino al prossimo ottavo
film.
Christopher
McQuarrie una volta ha parlato di come durante la
produzione di Mission:
Impossible – Dead Reckoning Part One, ha scoperto che
Berlino non avrebbe più permesso loro di filmare un inseguimento a
piedi in un aeroporto in costruzione. “Stavamo per girare
questa sequenza all’aeroporto e un inseguimento a piedi lì“,
dice. “E poi Berlino ha detto: ‘No, siamo troppo vicini
all’apertura dell’aeroporto.‘” Improvvisamente, l’inseguimento
a piedi è finito. La sequenza dell’aeroporto era
finita. Un altro pugno nello stmoaco con cui rotolare su una
produzione piena di problemi.
“Poi Abu Dhabi ha detto:
‘Bene, abbiamo un aeroporto‘”, ricorda McQuarrie. “E
abbiamo detto, ‘Fantastico – invece di un inseguimento a piedi,
facciamo qualcosa nel deserto.'” Questo ha portato il cast
e la troupe di Dead Reckoning ad Abu Dhabi, dove hanno realizzato
quella che McQuarrie definisce “la sequenza più dura, più difficile
che io abbia mai fatto e doveva far funzionare. Ora, è una sequenza
di cui siamo immensamente, immensamente orgogliosi. Ma è come
tutto il resto in Mission: se avessi saputo entrare, non l’avrei
mai fatto.
Tutto quello che c’è da sapere su Mission: Impossible – Dead
Reckoning Part One
In Mission:
Impossible – Dead Reckoning Parte UnoEthan
Hunt (Tom
Cruise) e la sua squadra dell’IMF si trovano di fronte
alla sfida più pericolosa che abbiano mai affrontato: trovare e
disinnescare una nuova terrificante arma che minaccia l’ intera
umanità. Con il destino del mondo e il controllo del futuro appesi
a un filo, la squadra inizierà una frenetica missione in tutto il
mondo, per impedire che l’arma cada nelle mani sbagliate. Messo di
fronte a un nemico misterioso e onnipotente, tormentato da forze
oscure del passato, Ethan sarà costretto a decidere se sacrificare
tutto per questa missione, comprese le vite di coloro che gli
stanno più a cuore.
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Prima ancora di essere nominata
all’Oscar per
Un Gelido Inverno e ancor prima di diventare
Katniss in
Hunger Games, a quanto pare Jennifer Lawrence aveva sostenuto un provino
per diventare la protagonista di un’altra famigerata serie di
successo, Twilight.
L’attrice impegnata in questi
giorni per promuovere il suo ultimi film
Fidanzata in affitto, in uscita nelle sale, ha rivelato di aver
fatto un provino per Twilight. L’attrice
32enne si è aperta in modo più dettagliato sulla sua audizione
fallita per il franchise di vampiri. Mentre era ospite
del podcast
di The Rewatchables, Jennifer Lawrence ha affermato di essere
stata “rifiutata immediatamente” per i film.
“Ho fatto il provino
per Twilight,
[e] mi hanno rifiutato immediatamente”, ha rivelato. Jennifer Lawrence ha continuato, dicendo che
“non ha nemmeno ricevuto una richiamata. Ma la mia vita sarebbe
stata totalmente diversa. Ho avuto Hunger
Games , credo, tipo, un anno dopo. Probabilmente è stato
dopo
Un Gelido Inverno. Aggiunge che tra le riprese
dei film di Hunger Games, stava cercando di
realizzare altri film che non facessero parte del franchise per
“contrastare” l’essere conosciuta proprio per questo.
“[Quindi ero] non solo
conosciuto per questo franchise… Ero ancora in un franchise, quindi
stavo ancora cercando di contrastare il franchise. Lo farei
ancora se fossi in Twilight . Ma quasi non
ho fatto Hunger Games perché era
uscito Twilight ed era successo quel fandom“.
Jennifer Lawrence ha continuato, spiegando che
mentre “stava cercando di parlare con la gente di questa
decisione dopo che [Hunger Games ] mi è
stato offerto, è stato difficile spiegare alla gente… questo
livello di fama“. “Pensavo che sarebbe stato il livello di
fama di Twilight e non è mai stato
qualcosa che avevo in mente”, ha condiviso. “Non ho mai voluto
essere la persona più famosa del pianeta. È una vita molto
diversa da quella che immaginavo per me”.
Jennifer Lawrence in precedenza aveva parlato
del suo provino per Twilight in un’altra intervista,
dicendo che non sapeva davvero quale fosse il suo provino.
Venom
3 ha ufficialmente iniziato la produzione e,
grazie ad alcuni video sul set di Venom 3, oggi
arriva una prima occhiata al protagonista del film, Tom
Hardy che ritorna ad interpretare Eddie Brock.
Il video proviene dai fan che
filmano Hardy, vestito con quello che sembra essere lo stesso
vestito che indossava nella scena post-crediti
di Spider-Man:
No Way Home. In quel film, Tom Hardy guarda gli eventi del film svolgersi
in TV in un bar, prima di essere catapultato con forza nel suo
universo. Tuttavia, lascia dietro di sé un pezzo di simbionte,
sicuramente destinato a devastare l’MCU. Hardy può essere visto allontanarsi da
alcuni edifici, con fumo e fuoco accanto a lui. Guarda i video sul
set di Venom 3 qui
sotto:
A maggio, il titolo provvisorio di
Venom 3 è stato rivelato come
essere Orwell, che alcuni fan
hanno preso come riferimento a Orwell Taylor della
Marvel Comics, un ex generale dell’esercito
degli Stati Uniti che formò la squadra di supercriminali cacciatori
di Venom nota come “Jury”. Il personaggio di Orwell ha
svolto un ruolo di primo piano nella miniserie Venom: Lethal
Protector dello scrittore David Michelinie e dell’artista Mark
Bagley, che ha segnato il primo titolo da solista di Venom
quando è stato lanciato nei primi anni ’90. In attesa di una
conferma sul titolo ufficiale, restano sconosciuti i dettagli della
trama, mentre sappiamo che l’uscita in sala è attualmente fissata
all’ottobre 2024.
Oltre al ritorno di Hardy nel ruolo
di Venom/Eddie Brock, Venom 3 introdurrà la star
di Ted Lasso, Juno Temple, in
un ruolo significativo anche se sconosciuto. Anche la star di
Doctor StrangeChiwetel
Ejiofor, che interpreta lo stregone Karl Mordo nel
Marvel Cinematic Universe, è stata
confermata per il cast di Venom 3 in un ruolo a sua volta
sconosciuto. Al momento della stesura, Hardy, Temple ed Ejiofor
sono gli unici tre attori ufficialmente coinvolti nel progetto,
lasciando i fan a ipotizzare se Michelle Williams
e/o Stephen Graham torneranno per riprendere i
rispettivi ruoli di Anne Weying e il detective Mulligan dal
precedente Venom ( 2018) e Venom: La furia di
Carnage (2021).
Dopo mesi di audizioni e provini, la
Warner Bros e i DC Studios hanno finalmente i loro nuovi
Clark Kent/Superman e
Lois Lane. Stando a quanto riportato da Deadline, David
Corenswet dovrebbe infatti interpretare Superman mentre
Rachel
Brosnahan interpreterà Lois Lane in Superman: Legacy, il
film scritto e diretto da James Gunn che
rappresenterà l’inizio del nuovo DC
Universe. La decisione arriva dopo che i due sono stati
tra i pochi selezionati per provare
davanti ai co-presidenti della DCPeter Safran
e Gunn stesso in costume e trucco completo per le parti.
Le prove si sono svolte nell’arco di
due giorni con gli uomini; uno dei giorni ha visto i tre attori
selezionati in completo abbigliamento da Superman. Fonti vicine
hanno affermato che ogni attore aveva concluso accordi di prova che
sarebbero scaduti dopo due settimane lavorative, quindi chiaramente
tutte le parti volevano che la questione venisse risolta prima di
un potenziale sciopero SAG-AFTRA, che potrebbe entrare in vigore a
mezzanotte del 30 giugno.
Per Corenswet, il film segnerà il
suo primo ruolo da protagonista importante in un film di uno studio
importante, essendo già apparso in progetti come Pearl e le serie
The Politician e Hollywood. L’attore sigla
dunque ora l’affare più importante della sua carriera fino ad ora.
La Brosnahan è invece reduce dall’ultima stagione del suo ruolo da
protagonista in La fantastica signora
Maisel, che ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra cui
una vittoria agli Emmy.
La Warner Bros deve ancora ancora
comunicare se parteciperà al Comic-Con del mese prossimo a San
Diego, quindi c’è ancora una possibilità che i due attori vengano
ufficialmente essere presentati al panel della Hall H dello studio.
Se però ci fosse uno sciopero SAG-AFTRA, Corenswet e Brosnahan non
potrebbero partecipare poiché le linee guida dello sciopero
affermano che nessun attore può promuovere alcun progetto durante
uno sciopero.
Superman: Legacy, tutto quello che sappiamo sul
film
Superman:
Legacy non sarà un’altra storia sulle origini, ma
il Clark Kent che incontriamo per la prima volta qui sarà un
“giovane reporter” a Metropolis. Si prevede che abbia già
incontrato Lois Lane e, potenzialmente, i suoi compagni
eroi (Gunn ha detto che esistono già in questo mondo e che
l’Uomo di domani non è il primo metaumano del DCU). Il casting è
attualmente in corso, con la speranza che venga fatto un annuncio
ufficiale al Comic-Con di San Diego di quest’anno.
Superman:
Legacy uscirà nelle sale l’11 luglio 2025
Secondo quanto riferito, Gunn ha
consegnato la prima bozza della sua sceneggiatura prima dello
sciopero degli sceneggiatori, ma ciò non significa che la
produzione non subirà alcun impatto in futuro. “Superman:
Legacy è il vero fondamento della nostra visione creativa per
l’Universo DC. Non solo Superman è una parte iconica della
tradizione DC, ma è anche uno dei personaggi preferiti dai lettori
di fumetti, dagli spettatori dei film precedenti e dai fan di tutto
il mondo”, ha detto Gunn durante l’annuncio della lista
DCU. “Non vedo
l’ora di presentarti la nostra versione di Superman che
il pubblico potrà seguire e conoscere attraverso film, film
d’animazione e giochi”.
Batman è da sempre
uno dei supereroi dei fumetti più amati e celebrati, nonché uno dei
primi ad essere stato portato in televisione e al cinema. Ad aver
dato vita al primo lungometraggio dedicato al personaggio è stato
Tim Burton,
reduce dai successi di Pee-wee’s Big Adventure e Beetlejuice – Spiritello
porcello. Burton, come noto, non è un appassionato di
supereroi, ma verso Batman nutriva un certo interesse, dato dal suo
essere al confine tra bene e male e dal fatto che dietro la
maschera del supereroe c’è un uomo solitario in cerca di vendetta.
Nel 1989 arrivò così sul grande schermo
Batman.
Burton era però interessato non
tanto a dar vita ad un adrenalinico film d’azione, quanto più a
studiare la psicologia del protagonista. Una scelta che ha portato
a non badare alla storia in sé e per sé, che all’epoca fu infatti
giudicata da molti come piatta e banale. Tutto invece contribuisce
a descrivere lo stato d’animo del cavaliere oscuro di Gotham, dalla
colonna sonora di Danny Elfman alle scenografie di
Anton Furst, Leslie Tomkins e
Peter Young premiate poi con l’Oscar. Il risultato
è un film con sì dei richiami fumettistici, ma anche profondamente
incentrato sull’esplorazione di una personalità cupa, che detta
dunque il tono all’intero lungometraggio.
Batman fu poi un successo
straordinario, con un guadagno di oltre 400 milioni di dollari.
Ancora oggi è considerato come uno dei film capostipite per le
trasposizioni dei fumetti al cinema, un’opera imprescindibile da
scoprire e riscoprire. Prima di intraprendere una visione del film,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori. Infine,
si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama del film Batman
In occasione del duecentesimo
anniversario della fondazione di Gotham City, il sindaco chiede al
procuratore Harvey Dent e al commissario
James Gordon di ripulire la città dalla
criminalità e dalla profonda corruzione, amministrata dal
malavaitoso Carl Grissom. Quando le forze
dell’ordine realizzano di essere in netto svantaggio, un misterioso
giustiziere mascherato corre in loro soccorso. L’uomo pipistrello,
soprannominato Batman, infatti, consegna i
criminali alla giustizia e tenta piano piano di fermare gli
illeciti del boss mafioso. Vedendo il proprio impero crollare,
Grissom decide di punire il proprio braccio destro,
Jack Napier, per la propria infedeltà.
L’esecuzione di Napier, tuttavia, è
impedita proprio dall’arrivo di Batman, che ingaggia una
colluttazione con i criminali presenti. Napier, però, cadendo
accidentalmente in una vasca di rifiuti chimici viene ritenuto
morto. L’uomo, in realtà, è riuscito a sopravvivere agli agenti
chimici ma il suo aspetto è stato irrimediabilmente deturpato.
Folle di rabbia, Napier cambia il suo nome in
Joker e medita di vendicarsi di tutti gli abitanti
di Gotham City, uccidendoli con il potente gas ‘Smilex’. Un
pericoloso e imprevedibile nemico di Batman sta dunque prendendo
sempre più poter in città e lo scontro tra i due sarà ben presto
inevitabile.
Per il ruolo di Batman, la Warner
Bros. avrebbe voluto un noto attore di film d’azione, ma Burton
aveva idee opposte a riguardo. Egli ricercò piuttosto un attore
sconosciuto, optando infine per Michael Keaton, con il quale aveva già
lavorato in Beetlejuice. I fan del personaggi furono però
profondamente scontenti dalla scelta, temendo che con Keaton si
sarebbe dato vita ad una versione comica di Batman. L’attore riuscì
però a far cambiare opinione a tutti, dando vita ad un Batman
estremamente convincente. A Keaton si deve anche l’intuizione di
far parlare Batman con una voce diversa, elemento che verrà poi
ripreso anche nelle successive versioni cinematografiche.
Per quanto riguarda il look del
personaggio, Burton specificò di volere un costume totalmente nero,
che rendesse dunque difficile distinguere il personaggio
nell’oscurità. Indossare questo fu per Keaton una sfida non da
poco, poiché il lattice della maschera lo rendeva praticamente
privo di udito. L’attore sfrutto allora tale condizione di
isolamento per costruire al meglio il carattere solitario del
personaggio. Inizialmente, anche riguardo al costume i fan
espressero pareri negativi, affermando che questo risultava poco
minaccioso. Una volta visto nel contesto del film, però, il costume
ideato da Bob Ringwood risultò estremamente
convincente.
Particolarmente importante fu poi
il casting per Joker. Il ruolo stava per essere affidato a
Robin Williams, il quale fu però poi scaricato in
favore di Jack Nicholson,
cosa che provocò una frattura tra Williams e la Warner Bros. Per il
ruolo, Nicholson dovette naturalmente sottoporsi a diverse ore di
trucco, ma ciò non sembrò per lui essere un problema, tanto che in
seguito definirà il Joker come uno dei suoi personaggi preferiti
tra quelli interpretati in carriera. Il ruolo di Vicky Vale è
invece affidato a Kim Basinger,
mentre Billy Dee
Williams è Harvey Dent. Degni di nota sono poi anche
Pat Hingle nei panni del commissario Gordon e
Michael Gough in quelli del maggiordomo Alfred,
ruolo che interpreterà anche nei successivi tre film su Batman.
Il trailer di Batman e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Batman grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV,
Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes e
Now. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma
di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere
un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre
presente nel palinsesto televisivo di martedì 27
giugno alle ore 21:10 sul canale
TwentySeven.
Riuscirete a sopravvivere per cinque
notti? Il terrificante fenomeno dei videogiochi horror diventa un
evento cinematografico da brivido: Blumhouse – la casa produttrice
di M3GAN,
The Black
Phone e The Invisible
Man – porta Five Nights at Freddy’s sul grande schermo. Il
film segue una guardia giurata tormentata che inizia a lavorare al
Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre trascorre la sua prima notte di
lavoro, si rende conto che il turno di notte da Freddy’s non sarà
così facile da superare.
Il film è interpretato da Josh Hutcherson (Ultraman, The Hunger Games
franchise), Elizabeth Lail (You, Mack & Rita),
Piper Rubio (Holly & Ivy, Unstable), Kat
Conner Sterling (Un fantasma in casa, 9-1-1), con Mary Stuart Masterson
(Blindspot, Pomodori Verdi Fritti) e Matthew
Lillard (Good Girls, Scream). Five Nights at Freddy’s è
diretto da Emma Tammi (The Wind, Blood Moon) ed è
scritto da Scott Cawthon, Emma Tammi e Seth Cuddeback. Gli iconici
personaggi animatronici del film saranno creati dal Creature Shop
di Jim Henson. Five Nights at Freddy’s è prodotto da Jason Blum e
Scott Cawthon. I produttori esecutivi del film sono Bea Sequeira,
Russell Binder e Christopher H. Warner. Universal Pictures presenta
una produzione Blumhouse, in associazione con Striker
Entertainment.
La casa di
produzione di Nicola e Marco De Angelis, Fabula
Pictures, annuncia di aver chiuso un accordo con la
casa editrice Mondadori per l’opzione dei diritti per l’adattamento
cinematografico di Scheletro Femmina di
Francesco Cicconetti.
Il libro,
autobiografia romanzata dell’autore, racconta la storia della sua
transizione di genere, mescolando vita reale ed elementi di
finzione. Una storia d’amore, di crescita e cambiamento, unica e
allo stesso tempo universale come metafora della lotta che chiunque
affronta per scoprire chi è veramente.
Dal punto di vista
produttivo, il progetto percorrerà vie innovative per ridurre
l’esclusività sia nei ruoli creativi sia artistici, ancora tutti da
definire.
“Siamo felici
di aver l’opportunità di lavorare a un progetto come questo che ci
permetterà di tradurre in immagini una storia potente e di grande
ispirazione che porta con sé l’opportunità di scardinare una serie
di sovrastrutture che hanno impedito l’accesso all’industria
cinematografica delle persone trans”, ha dichiarato
Nicola De Angelis, CEO e responsabile sviluppo e
co-produzioni internazionali di Fabula
Pictures.
“Scheletro
Femmina nasce con l’intento di voler rappresentare un ragazzo trans
reale, non raccontato in maniera distorta attraverso il filtro
dello sguardo cisgender, e, pur avendo un punto di vista
soggettivo, è una storia per molti tratti universale, nella quale
sia persone transgender che cisgender possono riconoscersi. Il
progetto audiovisivo ha la stessa ambizione: avvicinare, stimolare
l’empatia e normalizzare il percorso di affermazione di
genere”. Questa la dichiarazione dell’autore Francesco
Cicconetti.
Nick Fury è stato uno dei personaggi centrali
del MCU fin
dal suo inizio con
Iron Man del 2008, ma la sua storia è stata raccontata
in modo completamente frammentario. Samuel L. Jackson ha debuttato nei panni di
Nick Fury nella scena post-credits di
Iron Man e da allora è apparso in altri dieci film del
MCU, ha
prestato la sua voce a diverse varianti di Nick
Fury in What If…?, ed è diventato protagonista della
sua prima avventura da solista con Secret Invasion su Disney+.
Sebbene siano state rivelate molte
cose sulla storia di Nick Fury nel MCU, egli è ancora
uno dei personaggi più enigmatici del franchise, poiché gran parte
della sua vita personale è ancora un mistero.
La prima vita di Nick Fury e il suo
ingresso nell’esercito degli Stati Uniti (1950-1968)
Durante uno scambio di
battute in Captain Marvel, in cui Fury dimostra alla Carol
Danvers di Brie Larson di non essere uno Skrull
mutaforma, Fury rivela alcuni dettagli sulla sua infanzia. Nato
Nicholas Joseph Fury a Huntsville, in Alabama, nel
1950, Fury è cresciuto insistendo che tutti si riferissero a lui
solo con il suo cognome, compresa la sua stessa famiglia.
Ha anche rivelato che il suo primo
animale domestico è stato un gatto di nome Mr.
Snoofers. Dopo aver terminato le scuole superiori nel
1968, Fury si è arruolato nell’esercito degli Stati Uniti. Prima di
lasciare l’esercito e intraprendere una carriera di spionaggio con
la CIA, Fury ha scalato i ranghi fino a diventare colonnello e ha
assistito a un gran numero di operazioni durante la Guerra
Fredda.
Nick Fury entra nello SHIELD (anni
’80)
In un certo periodo degli
anni ’80, Fury lasciò la CIA per unirsi allo
SHIELD e nel 1988 lavorava sotto il comando
dell’alto membro dello SHIELD R. Keller, interpretato da
Ben Mendelsohn in Captain Marvel. Sebbene Captain Marvel abbia visto Fury in missione
sul campo, il suo lavoro principale all’interno dello SHIELD era
dietro a una scrivania, alla ricerca di minacce future per gli
Stati Uniti, anche se si è fatto strada fino a ottenere
un’autorizzazione di livello 3.
Durante questo periodo, Fury
supervisionò anche l’addestramento del Phil
Coulson di Clark Gregg e iniziò a sviluppare un rapporto
di lavoro con l’Alexander Pierce di Robert Redford, l’allora Sottosegretario del
Consiglio di Sicurezza Mondiale.
Carol Danvers presenta Nick Fury
agli Skrull (1995)
Nel 1995, Fury e una squadra di agenti dello
SHIELD furono inviati a indagare su una donna
misteriosa che si era schiantata in un videonoleggio Blockbuster di
Los Angeles. L’eroe spaziale, che si rivelò essere Carol
Danvers, accompagnò Fury in un’avventura in cui esplorò la
sua storia sulla Terra, la sua amicizia con Maria
Rambeau e sua figlia Monica e introdusse
Fury alla razza aliena mutaforma, gli Skrull.
Dopo aver appreso che gli Skrull
erano in realtà alleati dell’umanità, Fury iniziò a collaborare con
Talos, il leader degli Skrull che si era spacciato
per R. Keller, l’allora direttore dello SHIELD, e
aiutò gli Skrull ad affrontare i guerrieri Kree.
Nick Fury perde l’uso dell’occhio
sinistro (1995)
Durante la sua avventura
con Capitan Marvel, Fury si imbatté in una creatura nota come
Flerken, un alieno che aveva assunto la forma di
un gatto addomesticato. Goose apparteneva in
precedenza alla Mar-Vell di Annette Bening, ma aiutò Fury e gli Skrull a sconfiggere gli ex alleati
Kree della Danvers, utilizzando i tentacoli
sporgenti espulsi dalla sua bocca per incapacitare alcuni soldati
Kree.
Goose ha anche conservato il
Tesseract al sicuro all’interno della dimensione tascabile nel suo
stomaco. Tuttavia, mentre giocava con Fury dopo la battaglia, Goose
ha graffiato Fury sull’occhio sinistro, lasciandogli pesanti
cicatrici e causando la sua cecità finale, che lo ha portato a
sfoggiare la sua caratteristica benda sull’occhio.
Nick Fury diventa direttore dello
SHIELD (fine anni ’90)
Lavorando con
Alexander Pierce in una missione a Bogotà negli
anni ’90, Fury ricevette l’ordine di negoziare con l’Esercito di
Liberazione Nazionale, che aveva preso in ostaggio diversi
ufficiali politici, tra cui la figlia di Pierce. Fury disobbedì a questi ordini e riuscì a
recuperare in sicurezza gli ostaggi, venendo promosso a Direttore
dello SHIELD per le sue azioni eroiche.
La missione personale di Fury come
Direttore dello SHIELD era quella di indagare su artefatti
misteriosi, pericolosi e talvolta ultraterreni, tra cui il Tesseract e la Darkhold. Ha
anche usato la sua posizione di Direttore per mettere in atto il
suo piano per l’Iniziativa Vendicatori, un’idea che aveva concepito
dopo aver appreso delle minacce aliene in Captain Marvel.
Nick Fury inizia a reclutare i
Vendicatori (2000-2008)
Nonostante il Consiglio di
Sicurezza Mondiale volesse che Nick Fury si concentrasse sulla ricerca del
Tesseract, egli usò invece la sua posizione di
Direttore dello SHIELD per iniziare a reclutare i
Vendicatori. Mentre i suoi tentativi iniziali di trovare Capitan
America, un supereroe della Seconda Guerra Mondiale, fallirono,
Fury reclutò il Clint Barton di Jeremy Renner e successivamente la
Natasha Romanoff di Scarlett Johansson nello SHIELD come due dei
suoi agenti più fidati.
Marvel Comics The Incredible Hulk: The Fury
Files descriveva i tentativi di Fury di portare Bruce
Banner, alias Hulk, all’interno dello SHIELD, anche se
questi piani vennero accantonati dopo aver visto la portata del
potere di Hulk. Al contrario, Fury ha rivolto la sua attenzione a
uno dei nuovi eroi del MCU.
Tony Stark viene reclutato come
consulente (e Fury gli salva la vita) (2008)
Iron
Man del 2008 ha dato il via al MCU raccontando la
storia delle origini di Tony Stark nei panni del
supereroe titolare. Dopo aver dichiarato al mondo la sua identità
di supereroe, la scena post-credits di
Iron Man vedeva Stark incontrarsi con Nick Fury nell’oscurità della sua casa di
Malibu, con Fury che suggeriva che Stark era diventato parte di un
universo di eroi più grande.
Il rapporto tra Fury e Stark è stato
ulteriormente sviluppato in Iron Man 2, dove lo SHIELD ha
concesso a Stark più tempo per trovare un nuovo elemento per il suo
reattore ad arco, e Stark è stato reclutato come consulente per i
Vendicatori, pur non essendo ancora un membro ufficiale della
squadra.
Lo SHIELD inizia la ricerca sul
Tesseract (2011)
Mentre Nick Fury reclutava potenziali membri degli
Avengers del MCU, si mise anche
al lavoro per reclutare menti preziose nei ranghi dello SHIELD, tra
cui l’Erik Selvig di Stellan Skarsgård in Thor
del 2011. Selvig fu portato nella struttura dello SHIELD per la
missione congiunta sull’energia oscura, dove posò per la prima
volta gli occhi sul Tesseract e Fury chiese a Selvig di fare
ricerche sul cubo.
All’insaputa di entrambi, questa
azione avrebbe portato direttamente agli eventi di The Avengers, e la Pietra Spaziale nascosta
nel Tesseract sarebbe stata fondamentale per il futuro del
MCU. Da
quando Fury ha iniziato le ricerche sul Tesseract, il Consiglio di Sicurezza Mondiale ha
concesso allo SHIELD maggiori finanziamenti, permettendo così la
nascita dei Vendicatori.
Nick Fury si presenta a Capitan
America (2011)
Nel 2011, in Captain America: Il primo vendicatore, il
sogno di Nick Fury di reclutare Capitan America per
l’Iniziativa Vendicatori si è avverato quando lo Steve
Rogers di Chris Evans è stato trovato ibernato ma ancora
vivo. Dopo che Rogers è uscito dalla sua stanza di riabilitazione
in una struttura SHIELD di Times Square, Fury lo ha incontrato
personalmente e gli ha spiegato la sua situazione.
Dal momento che il programma dei
Vendicatori stava perdendo trazione tra Iron Man 2 e Il primo vendicatore, il risveglio di Capitan
America fu una grande vittoria per i sogni di Fury sui Vendicatori,
segnando il pezzo finale del puzzle per riunire i Vendicatori solo
un anno dopo.
Avengers Assemble (2012)
Quando le ricerche dello
SHIELD sul Tesseract aprirono un varco nello spazio,
Loki arrivò sulla Terra e mosse guerra
all’umanità. I Vendicatori sono stati riuniti per combattere il Dio
asgardiano dell’inganno, recuperare il Tesseract, spezzare
l’incantesimo di Loki su Clint Barton ed
Erik Selvig e salvare New York dall’esercito
Chitauri di Loki.
Come loro benefattore, Nick Fury ha avuto un ruolo fondamentale nel
riunire la squadra e nel forgiarla in un’unità collettiva composta
da Iron Man, Capitan America,
Thor, Hulk, Vedova
Nera e Occhio di Falco. Il successo dei
Vendicatori durante la Battaglia di New York ha ripristinato la
fiducia di Fury e del Consiglio di Sicurezza Mondiale nel
progetto.
Nick Fury viene apparentemente
ucciso dall’HYDRA (2014)
Dopo The Avengers del 2012, i membri della squadra
sono tornati a intraprendere missioni in solitaria, con
Steve Rogers che è passato alle dipendenze di
Nick Fury e dello SHIELD come loro agente di
punta. Durante Captain America: The Winter Soldier, tuttavia,
è stato rivelato che l’HYDRA è cresciuta all’interno dello SHIELD
fin dall’inizio, con Alexander Pierce, vecchio
alleato di Fury, a capo dell’organizzazione corrotta.
Fury fu inseguito dall’HYDRA e dal
Soldato d’Inverno e apparentemente ucciso, anche se in seguito si
rivelò un espediente. Tuttavia, questo ha dato a Fury l’opportunità
di entrare in clandestinità, abbandonando la sua vecchia vita
mentre il mondo lo dava per morto.
Nick Fury aiuta i Vendicatori nella
battaglia contro Ultron (2015)
Nonostante non sia più il
direttore dello SHIELD e lavori in incognito, Nick Fury è riuscito a mettersi in contatto
con i Vendicatori durante Avengers: Age of Ultron del 2015. Incontrando
la squadra nella casa di famiglia di Clint Barton,
Fury ha consigliato ai Vendicatori come gestire la minaccia
rappresentata dall’Ultron di James
Spader.
In seguito, Fury è apparso insieme
alla Maria Hill di Cobie Smulders, suo ex braccio destro allo
SHIELD, su un elivelivolo recuperato per aiutare l’evacuazione di
Sokovia. Riuscendo a portare in salvo la maggior parte della
popolazione della città, Fury ha dimostrato che lo SHIELD è ancora
una forza necessaria sulla Terra e ha dimostrato ancora una volta
la sua capacità di leadership nonostante non abbia nessuno da
guidare.
Nick Fury e Maria Hill vengono
uccisi da Thanos (2018)
Dopo Avengers: Age of Ultron, Nick Fury e Maria Hill si sono nuovamente
nascosti, e nessuno dei due è stato più visto fino ad Avengers: Infinity War del 2018. Ad Atlanta,
Fury e Hill hanno iniziato a essere avvisati della battaglia dei
Vendicatori contro il Titano Pazzo Thanos in
Wakanda, ma solo pochi istanti dopo è stato rivelato che Thanos
aveva completato la sua missione, mentre le persone iniziavano a
disintegrarsi intorno a loro.
Frettolosamente, Fury riuscì a
contattare Capitan Marvel con il cercapersone
che lei gli aveva regalato per le emergenze, prima che lui e Hill
cadessero vittime dello scatto di Thanos nella Guerra
dell’Infinito. Fury e Hill sarebbero tornati dopo lo Snap di Hulk
in Avengers: Endgame ed entrambi erano presenti
al funerale di Tony Stark.
Nick Fury lascia la Terra per
lavorare al SABER (prima del 2024)
La scena post-credits di
Spider-Man: Far From Home ha rivelato che
Fury e Hill, nonostante
sembrassero direttamente coinvolti nella battaglia dello
Spider-Man di Tom Holland contro il
Mysterio di Jake Gyllenhaal, erano in realtà gli Skrull Talos e Soren sotto mentite
spoglie.
Lo stesso Fury è stato scoperto
essere fuori dal mondo in quel periodo, con Secret Invasion della Fase 5 su Disney+ che ha rivelato che stava
lavorando alla stazione spaziale SABER. Non è
chiaro quando Fury abbia lasciato esattamente la Terra, ma Secret
Invasion ha anche rivelato che il Blip di Avengers: Endgame ha avuto un forte
impatto su Fury, suggerendo che abbia lasciato il pianeta durante
gli otto mesi di intervallo tra Endgame e Far From Home, con Talos che ha assunto la sua
identità al suo posto.
Maria Hill richiama Nick Fury sulla
Terra per affrontare la ribellione Skrull (2025)
Secret Invasion ha debuttato su Disney+ il 21 giugno 2023, iniziando
con il ritorno di Nick Fury sulla Terra dopo aver lavorato per
circa due anni sulla Stazione Spaziale SABER. Fury è stato
richiamato sulla Terra da Maria Hill e
Talos per affrontare una ribellione Skrull guidata dal Gravik di Kingsley
Ben-Adir, che intende sradicare l’umanità e rivendicare la
Terra come propria.
Questo come ritorsione alla promessa
non mantenuta di Fury e Capitan Marvel di trovare agli
Skrull una nuova casa tra le stelle. Fury appare molto più
vulnerabile in Secret Invasion, ma poiché la serie segna la
sua prima avventura da solista nel MCU, è possibile che
vengano rivelati ulteriori dettagli sul suo personaggio.
Nick Fury tornerà in The Marvels
(2025)
Il primo trailer di
The Marvels del 2023 è stato pubblicato l’11
aprile 2023, svelando che Nick Fury avrà un ruolo nel prossimo sequel di
Captain Marvel. Con la formazione di una nuova squadra
del MCU con
Carol Danvers, una Monica Rambeau
cresciuta, interpretata da Teyonah Parris, e la
Kamala Khan di Iman Vellani,
alias Ms. Marvel, non è chiaro quale ruolo avrà Fury
nell’avventura.
Tuttavia, sembra che una parte del
film si svolgerà sulla stazione spaziale SABER, che fa seguito alla
trama di Secret Invasion e rimette Nick Fury in
posizione di comando.
Quante volte dei momenti, anche
esaltanti, sono stati inseriti nel montaggio dei trailer e mai nei film stessi. Che si tratti
di una particolare linea di dialogo, di depistaggi o di semplici
personaggi, a volte i momenti epici dei trailer vengono
tagliati.
Ci sono anche inquadrature
intenzionali che hanno il solo scopo di commercializzare il film e
nulla più. Fin dall’inizio del MCU, ci sono state
sequenze viste nei trailer che non sono sopravvissute per essere
inserite nel film vero e proprio. Mentre alcune sono probabilmente
irrilevanti, ce ne sono altre che alcuni fan avrebbero voluto
fossero mantenute nei rispettivi film. Ecco 15 esempi di sequenze
dei trailer del MCU che non sono mai state
inserite nel montaggio finale.
L’incontro tra Bruce Banner e
Sampson
Risalendo al primo anno del
MCU, il primo teaser
trailer de L’incredibile Hulk del 2008 mostrava una
conversazione tra il Bruce Banner di Edward Norton e il dottor Leonard Samson di
Ty Burrell (un alleato di Hulk nei fumetti
originali).
Nel teaser, i due parlano della
personalità conflittuale di Bruce, con allusioni
alla metà più verde e più mostruosa di Banner.
Tuttavia, Sampson e Banner non si
incontrano nel montaggio finale del film, anche se Sampson è ancora
presente nel film come interesse amoroso di Betty Ross negli anni
in cui Bruce era latitante.
Vedova Nera che prova il guanto di
Iron Man
Uno dei trailer di Iron Man 2 del 2010 presenta una sequenza
aggiunta alla festa di compleanno di Tony Stark. Ubriacatosi a dismisura per far
fronte alla sua morte apparentemente imminente, Tony
Stark (Robert
Downey Jr.) indossa la sua armatura e inizia a sparare
in modo sconsiderato sopra le teste dei suoi ospiti.
Tuttavia, nei trailer è stato
mostrato un momento in cui Vedova Nera (Scarlett
Johansson) avrebbe dovuto indossare uno dei guanti di
Tony. Invece, Natasha Romanoff è
introvabile durante la festa vera e propria.
Guardiani della Galassia in
prigione nel MCU
Dopo il loro arresto in Guardiani della Galassia del 2014, a ogni
futuro Guardiano viene fornito un profilo e un background
espositivo mentre due ufficiali dei Nova Corps esaminano le loro
fedine penali individuali. Anche questa sequenza è stata una parte
importante dei trailer, poiché all’epoca i Guardiani della Galassia erano una proprietà
molto meno conosciuta rispetto ad altre squadre Marvel (anche nei
fumetti).
Tuttavia, l’inquadratura in cui sono
tutti allineati non è presente nella versione cinematografica del
primo film che ha veramente esplorato il lato cosmico del
MCU.
La mano di Ultron nel metallo
fuso
Una delle inquadrature più dinamiche
del primo teaser trailer di Avengers: Age of Ultron era quella di Ultron, l’avanzato robot assassino creato da
Tony Stark e Bruce Banner che
credeva che la pace potesse arrivare solo uccidendo gli Avengers e
ponendo fine all’umanità.
Il primo piano della sua mano
ricoperta di metallo fuso era piuttosto suggestivo e intimidatorio,
ma non si vedeva da nessuna parte nel film vero e proprio.
Tuttavia, è probabile che questa inquadratura facesse parte di una
sequenza tagliata in cui Ultron forgiava la sua
armatura di vibranio potenziata poco prima dell’attacco a
Sokovia.
La donna all’acqua della visione in
Age of Ultron
Dopo che il personaggio di Elizabeth Olsen ha mostrato agli
Avengers le loro più grandi paure in Age of Ultron, Thor (Chris
Hemsworth) ha avuto una visione oscura del futuro.
Dopo il primo incontro con Ultron e i gemelli
Maximoff, Thor ha lasciato per un
breve periodo la squadra e ha cercato l’aiuto del dottor Erik
Selvig per trovare l’Acqua della Vista, una pozza d’acqua della
mitologia norrena che ha permesso al Dio del Tuono di sperimentare
di nuovo la visione con maggiore chiarezza, portandolo a scoprire
che le Pietre dell’Infinito venivano raccolte.
Tuttavia, nei trailer di Age of Ultron si vedeva una donna alla piscina
che non era presente nella versione cinematografica, probabilmente
una delle Parche norrene note come Norn.
Il nome di Ant-Man nel MCU
Nei primi trailer di
Ant-Man del 2015, con Paul Rudd nei panni di Scott
Lang, l’Ant-Man
originale Hank Pym (Michael
Douglas) dice a Scott che ha bisogno del suo aiuto e
che vuole che diventi il prossimo Ant-Man nel MCU. Nei trailer, l’unica
domanda di Lang era se fosse troppo tardi per cambiare il nome,
anche se questo particolare umorismo autoironico è stato alla fine
eliminato dal montaggio finale, forse considerato un po’ troppo
autoironico.
Dopotutto, Ant-Man ha finito per
ricevere più che sufficienti critiche per il suo essere
letteralmente un ometto, nonostante la sua impressionante capacità
di diventare Giant-Man in Captain America: Civil War.
Yellowjacket sostituisce Falcon in
Ant-Man
I trailer aggiuntivi di Ant-Man del 2015 presentavano anche
inquadrature corrispondenti dell’Ant-Man
di Lang che sembra parlare con Yellowjacket per
sapere se ha sentito parlare di lui. Dopo aver visto il film
completo, il pubblico sa che questo è stato fatto per nascondere il
cameo a sorpresa di Anthony Mackie in Ant-Man.
Avvenendo nel nuovo quartier
generale dei Vendicatori a nord, Falcon era l’eroe con cui Scott
stava effettivamente parlando a metà del film, dato che il suo
incontro con Yellowjacket avviene solo nel terzo
atto del film.
Spider-Man e Iron Man nel MCU
Spider-Man: Homecoming è stato il primo film
da solista di Peter Parker nel MCU dopo la sua prima
apparizione in Civil War. Essendo stato reclutato da
Tony Stark, Iron Man ha continuato a essere il mentore
dell’Uomo Ragno anche nel futuro, con altre
apparizioni nei film dell’Uomo Ragno. Di
conseguenza, l’inquadratura del duo che vola e oscilla fianco a
fianco è stata molto utilizzata nel marketing del film, la perfetta
rappresentazione di quanto fosse eccitante avere insieme i due
supereroi.
Tuttavia, l’inquadratura specifica
era destinata solo a questo scopo infatti non è presente in nessuna
scena del film.
Hela distrugge il martello di Thor
in un vicolo
I primi trailer di Thor: Ragnarok del 2017 mostravano la
liberazione di Hela in un luogo completamente diverso da quello
visto nelle sale. Nel film vero e proprio, il debutto di
Hela avviene in Norvegia dopo la morte di
Odino, mentre affronta sia Thor
che suo fratello Loki.
La stessa scena era originariamente
ambientata in un vicolo di New York, dove Hela
distrugge il martello di Thor prima di usare il Bifrost per prendere il
trono di Asgard. Essendo stata cambiata in post-produzione, è stato
confermato che Taika Waititi desiderava
un’ambientazione più significativa per l’addio di Odino ai suoi
figli e l’introduzione della Dea della Morte.
L’arrivo ad Asgard di Loki con un
coltello
I trailer di Thor: Ragnarok presentavano anche due riprese
che non sono state realizzate nel film. La prima era Loki che lanciava coltelli nel santuario in
cui gli Asgardiani si rifugiavano da Hela, anche se non è mai stato
presente nel montaggio finale.
Allo stesso modo, c’era anche
un’inquadratura di squadra di Revengers che
ritraeva Thor, Loki, Valchiria e Hulk sul Bifrost, anch’essa
non presente nelle sale.
Hulk e gli Avengers
all’attacco
Uno dei più grandi depistaggi del
MCU di tutti i tempi, il
primo trailer di Avengers: Infinity War. Nell’inquadratura
finale del trailer, si vede l’esercito wakandiano con i Vendicatori
che guidano la carica attraverso gli alberi.
Tuttavia, la maggior parte
dell’esercito non ha raggiunto la foresta e i Vendicatori sono
entrati solo dopo l’arrivo di Thanos nel montaggio finale. Inoltre, Bruce Banner non è stato in grado di
trasformarsi in Hulk dopo la scena iniziale del film, quindi
la sua apparizione nel trailer è stata una massiccia deviazione
dalla vera trama del film, dato che lo si vede usare l’armatura
Hulkbuster.
Thor e Stormbreaker in Endgame
In modo simile, la maggior parte dei
trailer di Avengers: Endgame presentava pochissime nuove
immagini, scegliendo invece di concentrarsi sull’eredità del
MCU con riprese dei film
passati, mantenendo il più possibile segreti la trama e le
principali sorprese. Tuttavia, la maggior parte delle nuove riprese
non era presente nemmeno nel film vero e proprio.
Tra queste c’è un’inquadratura di
Thor che si carica con
Stormbreaker, un altro errore di regia
considerando il salto temporale di 5 anni che porta al successivo
crollo mentale del Dio del Tuono, con conseguenti capelli lunghi,
barba e un notevole aumento di peso.
Vedova Nera al poligono di tiro in
Endgame
Anche se avrebbe potuto essere
presente in Avengers: Endgame prima che gli Eroi più
potenti della Terra usassero il viaggio nel tempo per riportare
metà della vita nell’universo, l’inquadratura di Vedova
Nera in un poligono di allenamento è rimasta inutilizzata
anche nel film vero e proprio.
Nonostante sia uno dei pochi filmati
inediti presenti nei trailer di Endgame, si tratta di un’altra inquadratura
che non svela granché delle linee di trama del film, che sono
ricche di spoiler, rendendola perfetta per il marketing altamente
segreto del film.
La tuta di Spider-Man nel MCU
In Spider-Man: Far From Home, Peter Parker utilizza ancora la tuta di Iron
Spider regalatagli da Iron Man, che ha utilizzato sia in Avengers: Infinity War e Endgame.
Tuttavia, alla fine la lascia a casa per andare in gita scolastica
in Europa. Tuttavia, mentre nei trailer si vede Peter Parker
partecipare all’evento di beneficenza della zia May nei panni di
Spider-Man, lo si vede indossare la sua tuta classica da Spider-Man: Homecoming.
Al contrario, nelle sale
cinematografiche l’Uomo Ragno indossa nella stessa scena la tuta di
Iron Spider. Di conseguenza, si è ipotizzato che le immagini di
post-produzione potrebbero non essere state completate prima dei
trailer.
Loki come Re di Asgard
Nel trailer di metà stagione della
serie MarvelLoki, c’è un’inquadratura di Loki al trono di
Asgard che non è mai stata inserita nello show. La compositrice
Natalie Holt ha poi rivelato che la scena avrebbe fatto parte del
loop temporale di Loki nella prigione della TVA.
Nell’attuale serie del
MCU, Loki riviveva
ripetutamente un ricordo in cui veniva brutalmente picchiato da
Lady Sif dopo averle tagliato i capelli per dispetto. Tuttavia,
esisteva un loop temporale alternativo non utilizzato in cui Throg,
la versione rana di Thor, avrebbe ripetutamente picchiato Loki in
un altro ricordo.
AMC ha
rilasciato la prima clip di
The Walking Dead: Daryl Dixon,
l’imminente spin-off di The Walking Dead, che
vedrà protagonista assoluto il personaggio di Norman Reedus che naviga nella Francia
post-apocalittica. Il video inizia con Daryl che registra un
messaggio vocale prima di intraprendere un lungo viaggio in una
terra sconosciuta. La serie di sei episodi dovrebbe debuttare
questo autunno, dopo il finale di
The Walking Dead: Daryl Dixon.
Cosa aspettarsi dalla serie The Walking Dead: Daryl Dixon?
Il logline ufficiale della serie,
attualmente intitolata “The
Walking Dead: Daryl Dixon“, afferma che “Daryl
(Reedus)
arriva sulle sponde della Francia e fatica tenta di ricostruire
come ci sia arrivato e perché. La serie segue il suo viaggio
attraverso una Francia spezzata ma resiliente mentre spera di
trovare un modo per tornare a casa. Mentre fa il viaggio,
però, le connessioni che crea lungo la strada complicano il suo
piano finale.” Insieme a Norman Reedus nel cast ci sono
Clémence Poésy, l’attore di Chernobyl Adam
Nagaitis, Anne Charrier, Eriq Ebouaney, Laika Blanc Francard,
Romain Levi e il nuovo arrivato Louis Puech
Scigliuzzi.
Basata sull’omonima serie a fumetti
di Robert Kirkman, Tony Moore e Charlie Adlard, la serie
The Walking Dead: Daryl Dixon è prodotta dallo
showrunner David Zabel. I produttori sono Reedus, Scott M. Gimple,
Greg Nicotero, Brian Bockrath, Angela Kang e Daniel Percival.
Attualmente è in fase di riprese in Francia e dovrebbe debuttare su
AMCe AMC+ più avanti nel
2023. David Zabel è produttore esecutivo e showrunner,
con Scott M. Gimple, Angela Kang, Reedus, Greg
Nicotero, Brian Bockrath e Daniel Percival sono anche
produttori esecutivi per conto di AMC Studios.
Come molti di voi sapranno è
in lavorazione un film
prequel di Rosemary’s
Baby dal titolo Apartment 7A, e oggi World of Reelriporta i dettagli sul film
dopo aver appreso che una recente proiezione di prova è stata fatta
a Los Angeles e che ha lasciato le persone ottimiste.
Cosa sappiamo dell’appartamento
7A?
Secondo il rapporto, una
recente proiezione di prova per un film intitolato Apartment 7A era
– in effetti – un prequel di Rosemary’s Baby. Il rapporto
menziona che il film segue la donna che è morta fuori
dall’appartamento prima che Rosemary si trasferisse al
Bramford.
Il rapporto di World of Reel
descrive le protagoniste Diane
Wiest e Julia Garner come
“intense e intelligenti”. Wiest è definito “diabolicamente
esilarante” e Garner “totalmente impegnato” nel progetto. La
regista del film è Natalie Erika James, che in
precedenza ha diretto il film horror psicologico
Relic nel 2020.Oltre a Wiest e
Garner, nel film ci sono anche Marli Siu e Rosy McEwen.
Apartment 7A è in fase di
sviluppo da tempo, anche se il fatto che il progetto sia un prequel
di Rosemary’s Baby è una novità. Il film è scritto
da Skylar James, Christian White e Natalie Erika
James e sarà prodotto da John
Krasinski, Allyson Seeger, Michael Bay,
Andrew Form e Brad Fuller.
L’originale
Rosemary’s Baby è stato rilasciato nel 1968 dal
regista Roman Polanski. Basato sull’omonimo
romanzo di Ira Levin del 1967, il film segue la storia della
incinta Rosemary Woodhouse (Mia Farrow) e
di suo marito che si trasferiscono in un appartamento di New York
City. Tuttavia, Woodhouse scopre presto che i loro vicini sono
in realtà in un culto satanico e la stanno preparando per usare il
suo bambino quando nascerà.
Netflix annuncia Sara
(titolo provvisorio), la nuova serie crime, tratta dall’omonima
saga letteraria di Maurizio de Giovanni, edita da Rizzoli, le cui
riprese, appena iniziate, si svolgeranno tra Roma e Napoli. La
serie, composta da 6 episodi, è prodotta da Palomar, scritta da
Donatella Diamanti, Mario Cristiani e Giovanni
Galassi e diretta da Carmine Elia.
Nel cast Teresa Saponangelo
(Sara),
Claudia Gerini (Teresa), Flavio Furno (Pardo), Chiara Celotto
(Viola), Carmine Recano (Massimiliano), Massimo Popolizio (Corrado
Lembo) e Antonio Gerardi (Tarallo).
Sara, la
trama
Per far luce sulla prematura morte
di suo figlio, Sara, ex agente dei servizi segreti interni, stanca
e ritirata in una prigione di solitudine, torna a chiedere un
favore all’amica e collega di un tempo, Teresa. Ma si sa, niente è
per niente. E in un attimo, si ritrova invischiata nella sua
vecchia vita. Che lo voglia o no, è ancora la migliore: la “donna
invisibile” la chiamavano, e la sua dote non ha mai smesso di
essere richiesta. Così, mentre scopre la vita del figlio, di cui
ignorava quasi tutto, Sara sprofonda in un’indagine che la riporta
davanti a tanti fantasmi del passato. Tenere insieme le due cose è
molto difficile, e sicuramente molto pericoloso. Paradossalmente
però, è così che la donna invisibile torna a vivere e a far quello
che meglio sa fare. Giustizia.
“Vedrò con mio diletto
L’alma dell’alma mia, dell’alma mia
Il core del mio cor
Pien di contento, pien di contento”
Sono musica e parole di
Antonio Vivaldi ad introdurre 99
Lune, il nuovo film di Jan Gassmann, con
Valentina Di Pace e Dominik
Fellmann, presentato nella sezione Acid di Cannes nel 2022
(dedicata al sostegno del cinema indipendente). Le immagini si
susseguono, per circa 90 secondi; descrivono catastrofi naturali in
atto. Presagiscono l’inarrestabile tumulto di un racconto pronto a
deflagrare.
99 Lune: la trama
Dove si incontrano due anime sole? sembra domandarsi il regista.
E quali sono gli spazi fisici o metaforici adibiti alla fioritura
di un sentimento sconosciuto e impetuoso?
La storia di Bigna e Frank, giovani socialmente agli antipodi,
muove i suoi primi passi guidata dal caso. Lei, scienziata di 28
anni, è in procinto di trasferirsi in Cile per la messa a punto di
un complesso meccanismo di prevenzione degli tsunami. Lui, 33 anni,
lavora invece in un club, fa uso di droghe e conduce una vita
dissoluta. Il loro primo incontro avviene in un parcheggio. Qui
Bigna suole soddisfare i propri desideri carnali tramite giochi di
ruolo erotici con anonimi; parentesi di “perversa” trasgressione
che le consentono di fuggire dall’abitudinarietà del proprio stile
di vita.
All’interno di questo grigio contenitore d’orgasmi le parabole
esistenziali dei due si intersecano così con vigore, mascherando il
quotidiano squallore di realtà insipide e tracciando le linee guida
di un rapporto imprevedibile. Un rapporto destinato a protrarsi,
interrompersi e riallacciarsi lungo il fluire degli
anni.
L’amore lunatico
Alcune settimane or sono,
analizzando l’esordio cinematografico di
Emilia Mazzacurati, raccontavamo di una storia
scandita dal lento succedersi delle fasi lunari. Come Billy
anche Jan Gassmann volge lo sguardo al cielo; ma
la luna, orologio celestiale di due narrazioni che null’altro hanno
da spartire, assume per il regista svizzero una connotazione
profondamente simbolica.
Non è un caso, dopotutto,
che le imperfezioni del suolo lunare siano la prima immagine a
schermo; o che l’influenza dell’astro sulle maree, come mostrato in
incipit, sia un elemento centrale nella caratterizzazione della
vita lavorativa della protagonista.
Il parallelismo costruito
da Gassmann, inizialmente fumoso, si disvela poco
a poco, con il passare dei minuti: così che la missione
professionale di Bigna aderisca agli affanni della sua vita privata
e l’imprevedibilità intrinseca delle calamità naturali divenga ben
presto metafora di un rapporto che sfugge ad ogni intenzione o
progetto. Emblema di un’esistenza lunatica in cui l’amore, scrive
il cineasta nelle note di regia, “rimane una sorta di potere
anarchico”; una forza dirompente che esula dai fiacchi tentativi
umani di controllarla.
Sentimento o
ossessione?
Se sia poi vero amore il
fil rouge che connette le vite di Bigna e Frank non è facile a
dirsi. Certo la storia del cinema è colma di relazioni appassionate
d’ogni genere e “misura”. Dallo sdolcinato allo struggente. Dal
melodramma, alla commedia. E il cadenzato “tira e molla” tra i
protagonisti di 99 Lune segue tipiche coordinate
di “genere”; le medesime, pur con le dovute differenze, secondo cui
si muovono
Noah ed Allie,
William e Anna,
Jack ed Ennis.
Il racconto tratteggiato
da Gassmann conserva però il fascino
dell’indefinito. Acquista e perde di intensità, si confonde,
cammina sul baratro dell’ossessione, arrivando fin quasi a
soffocare, per poi liberarsi nella fisicità selvaggia e liberatoria
dell’atto sessuale. “Goditi il momento” implora Frank.
Consapevole, forse, della fragilità dell’appartenersi. Consapevole
della delicatezza del legame tra due anime che, nonostante tutto,
danno solo l’illusione di toccarsi, come due mani divise dal vetro
sottile del finestrino di un auto.
Tra le pieghe dello spaesamento
relazionale del film si cela però l’intuizione visivo-espressiva
del suo autore. In un presente in cui nudità e sessualità stanno
finalmente superando le dogane della censura, il desiderio e atto
di trasgressione del regista non è infatti da ricercarsi nel fare
esplicito del film, quanto nella sua incertezza semantica. Nella
fallibilità del sentimento amore tradizionalmente inteso; qui
sporcato, rimodellato e messo in discussione. Devastante come una
scossa di terremoto.
“Vedrò con mio diletto
L’alma dell’alma mia, dell’alma
mia
Il cor di questo cor
Pien di contento, pien di contento
E se dal caro oggetto
Lungi convien che sia, convien che sia
Sospirerò penando
Ogni momento”
Tra film di altissimo profilo,
grandi blockbuster, un premio Oscar e numerosi altri
riconoscimenti, la carriera di Jennifer Lawrence è senza dubbio ricca e
di successo. E se un’intera generazione la conosce come la Katniss
Everdeen di Hunger Games, il suo volto poteva
essere associato anche a un altro franchise Young Adult… se non
fosse che all’audizione per quel ruolo, Jennifer Lawrence sia stata
“immediatamente” scartata.
In una recente apparizione al
podcast di The Rewatchables, Jennifer Lawrence ha rivelato di aver
fatto il provino per il primo film di Twilight, ma
“immediatamente” è stata respinta. Non è chiaro a questo punto per
quale ruolo Lawrence si sia presentata al provino. “Ho fatto il
provino per ‘Twilight'”, ha confermato Lawrence. “Mi hanno
rifiutato immediatamente. Non ho nemmeno ricevuto una chiamata. Ma
la mia vita sarebbe stata totalmente diversa. Ho avuto ‘Hunger
Games’, credo, un anno dopo. Probabilmente è stato dopo Un Gelido Inverno“.
Come ha rivelato Lawrence altrove
nell’intervista, ha anche quasi rifiutato The Hunger
Games solo a causa dell’enorme fandom che si era
sviluppato intorno a Twilight. L’attrice ha spiegato che il livello
di fama raggiunta dai protagonisti di Twilight e la loro
esposizione al fandom la spaventava, e questo l’ha spinta a esitare
quando si è trattato di accettare il ruolo di protagonista in
Hunger Games. “Non ho mai voluto essere la persona più famosa
del pianeta. È una vita molto diversa da quella che immaginavo per
me.”
Dopo diverso tempo lontana dai
riflettori, Jennifer Lawrenceè ora
al cinema con una commedia divertente, Fidanzata in affitto. Nel film, sull’orlo di
perdere la casa della sua infanzia, Maddie (Jennifer
Lawrence) scopre un intrigante annuncio di lavoro:
ricchi genitori cercano qualcuno che possa “frequentare” il loro
introverso figlio di 19 anni, Percy, prima che parta per il
college.
Il film è interpretato anche da
Matthew Broderick, Laura Benanti, Ebon
Moss-Bachrach, Natalie Morales, Scott MacArthur e
Andrew Barth Feldman. Alex Saks, Marc Provissiero, Naomi Odenkirk,
Jennifer Lawrence e Justine
Ciarrocchi producono e John Phillips è il
produttore esecutivo.
Red Notice rimane il film originale di maggior
successo nella storia di Netflix e i fan hanno passato l’ultimo anno
e mezzo a chiedersi quando finalmente arriverà il sequel. La
commedia d’azione con
Dwayne Johnson, Ryan Reynolds e Gal
Gadot ha battuto i record dopo essere stata
rilasciata nel 2021 e Netflix ha ordinato rapidamente non uno, ma
due sequel con tutti e tre i protagonisti pronti a tornare.
Netflix non ha condiviso nulla a
titolo ufficiale, ma Gal
Gadot ha recentemente confermato che le cose
stanno ancora andando avanti. Mentre parlava con Collider del suo
nuovo film Netflix, Heart of Stone, Gadot ha rivelato di aver
letto la sceneggiatura e tutte le persone coinvolte sono “molto
entusiaste” di ciò che accadrà. “Ne stiamo parlando
tutti”, ha detto Gadot. “Non so se posso dire qualcosa! Ho
già letto la seconda sceneggiatura ed è… whoo! Ne siamo tutti molto
entusiasti.”
La menzione di Gal Gadot della
sceneggiatura di Red Notice 2 è il primo aggiornamento che abbiamo
sul film da ottobre, quando i produttori Beau
Flynn e Hiram Garcia hanno parlato con
Collider del futuro del franchise. In realtà ci sono
due film di Red Notice in lavorazione, con
Netflix che va avanti su un paio di sequel, potenzialmente per
girare uno dopo l’altro. Come ha indicato Flynn, lo
sceneggiatore/regista Rawson Marshall Thurber sta
attualmente scrivendo entrambi i film.
Dwayne Johnson, Ryan Reynolds e Gal Gadot sono
tutti attesi per i sequel di Red Notice, ma non ci
sono notizie su quando quei film potrebbero entrare in
produzione.