Da quando è stato ufficializzato
l’accordo tra la Disney e la Fox in molti si sono chiesti quale
sarebbe stato il destino di X Men: Dark Phoenix,
spin-off dedicato interamente alla Fenice Nera interpretata da
Sophie Turner. Sulla carta questo film dovrebbe
essere il più oscuro dell’intera saga degli X-Men, con venature
horror e thriller che lo allontanerebbero decisamente dalle
atmosfere della casa di Topolino. Si pensava ad un’imminente
annuncio della cancellazione del progetto, ma il prolifico account
Instagram di Jessica Chastain ha acquietato gli
animi.
L’attrice, che nel film
interpreterà una misteriosa antagonista, ha pubblicato un video con
il regista Simon Kinberg in cui dice di star per
iniziare le riprese. Il set è stato allestito a Montreal dove la
Chastain è arrivata dopo aver concluso le riprese di IT:
Capitolo 2. Nulla da temere dunque per la realizzazione
del film, la cui uscita è stata spostata da questo autunno al 14
Febbraio 2019, a causa, pare, dei troppi impegni della protagonista
Sophie Turner sul set di Il Trono di Spade.
Alla riuscita di questo progetto ha
contribuito anche il fatto che l’ufficializzazione dell’accordo
miliardario della Disney non avverrà prima della meta del 2019,
quando verranno finalizzati gli accordi e la nuova società avrà il
controllo sui progetti in atto.
Continuano ad arrivare aggiornamenti
sul cast di Star
Wars: Episodio IX. Questa volta è il portale online
ThatHashtagShow a far notare che la produzione del film ha
aperto i casting per un nuovo, misterioso ruolo femminile. Si legge
che i provini sono aperti alle attrici tra i 27 e i 35 anni di
qualsiasi etnia per ricoprire la parte di un personaggio secondario
dal nome Karina. “Una giovane Charlize Theron con
mentalità da strada e spirito acuto” così si apre la
descrizione e vengono aggiunte le caratteristiche richieste alle
aspiranti giovani: buon senso dell’umorismo e ottimo tempismo
comico.
Ovviamente non è ancora dato sapere
quale personaggio Karina potrebbe affiancare, ma intanto si può
notare come questo episodio spicchi già per quote rosa. Qualche
tempo fa, infatti, sempre l’agenzia casting aveva diffuso un
annuncio rivolto alle attrici tra i 40 e i 50 anni per il ruolo di
un personaggio di nome Mara e successivamente un altro per
richiedere una donna afroamericana, tra i 18 e i 26 anni, che
vestisse i panni di Caro. Attualmente non si esclude un
coinvolgimento anche di Lupita Nyong’o che
potrebbe tornare nel ruolo di Maz Kanata ed assumere finalmente un
ruolo di rilievo nella storyline della protagonista. Staremo a
vedere se l’apertura del set potrà dare ulteriori
aggiornamenti.
In occasione della premiere a
Venezia
75 abbiamo avuto il piacere di intervistare la
Claire Foy, protagonista del film d’apertura
First Man di Damien Chazelle. Ecco cosa ci ha rivelati
in merito al suo personaggio:
[brid video=”383716″ player=”15690″ title=”Claire Foy intervista
alla protagonista di First Man”]
First
Mannarra l’avvincente storia della missione
della NASA per portare un uomo sulla Luna. Il film si concentra
sulla figura di Neil Armstrong e gli anni tra il 1961 e il 1969.
Resoconto viscerale e in prima persona, basato sul libro di James
R. Hansen, il film esplora i sacrifici e il costo, per Armstrong e
per l’intera nazione, di una delle missioni più pericolose della
storia.
Il regista ha così commentato il film First
Man
Prima di iniziare a lavorare
a First Man, conoscevo la storia della missione sulla
Luna, la storia di successo di una conquista leggendaria… ma nulla
di più. Dopo avere iniziato a esplorare il tema in profondità, sono
rimasto sbalordito di fronte alla follia e al pericolo
dell’impresa: il numero di volte in cui è stata sull’orlo del
fallimento così come il pesante tributo costato a tutte le persone
coinvolte. Volevo capire cosa potesse avere spinto quegli uomini a
intraprendere un viaggio nella vastità infinita dello spazio, e
quale sia stata l’esperienza vissuta, momento dopo momento, passo
dopo passo. E per poter capire dovevo necessariamente addentrarmi
nella vita privata di Neil. Questa è una storia che doveva essere
articolata tra la Luna e il lavello della cucina, tra l’immensità
dello spazio e il tessuto della vita quotidiana. Ho deciso di
girare il film come un reportage, e di catturare sia la missione
nello spazio che i momenti più intimi e privati della famiglia
Armstrong come un testimone invisibile. Speravo che questo
approccio potesse mettere in luce il tormento, la gioia, i momenti
di vita vissuta e perduta in nome di uno dei traguardi più celebri
della storia: lo sbarco sulla Luna.
Dopo l’acclamato film d’apertura,
FirstMan di Daniel
Chazelle, Venezia 75 presenta il suo secondo
candidato per la selezione ufficiale. Si tratta di The
Mountain, diretto da Rick Alverson, di
sicuro uno dei titoli più curiosi e chiacchierati del festival.
Ambientato nell’America degli anni
cinquanta, il filmracconta la storia di Andy (Tye
Sheridan), un ragazzo timido e introverso e con una storia
familiare assai travagliata. Dopo l’internamento della madre e
l’improvvisa morte del padre, ormai rimasto solo al mondo, Andy si
affida al dottor Wallace Fiennes (Jeff
Goldblum), un vecchio amico di famiglia, il quale gli
offrirà un lavoro come ritrattista in una casa di cura per malattie
mentali. A contatto però con la follia altrui, Andy subirà un lento
ma permanente cambiamento.
Amore e odio, bianco e nero, bene e
male, medico e paziente, normalità e follia. Il mondo in cui
viviamo si basa su tutta una serie di opposti che regolano le
nostre interazioni sociali. Ma l’universo presentato da
Rick Alverson in The Mountain è
molto diverso. Tutto gira nel verso sbagliato; le persone reprimono
qualunque tipo di emozione e persino i medici sembrano essere meno
lucidi dei pazienti che hanno in cura. Usando il suo stile
originale, bizzarro e ormai inconfondibile, il regista porta sul
grande schermo un dramma claustrofobico ed estenuante che mira a
distruggere il mito dell’idilliaca America degli anni del boom
economico. Il film, ambientato negli anni cinquanta, analizza il
lavoro del dottor Wallace Fiennes, medico che fece di lobotomie ed
elettroshock i suoi cavalli di battaglia. Queste procedure, che
nella maggior parte dei casi trasformavano i pazienti in vegetali,
venivano praticate da Fiennes per ‘curare’ non solo malattie
mentali ma anche comportamenti considerati anormali come ad esempio
l’omosessualità.
Attraverso i suoi inquietanti
protagonisti, il regista esplora il concetto di follia umana nel
senso più completo e complesso del termine. Abbiamo infatti un
medico ubriacone affetto dal ‘complesso di Dio’ che usa la
lobotomia come cura universale per le malattie mentali –
interpretato da un geniale Jeff Goldblum -, un ragazzo sessualmente
confuso che si auto convince di essere pazzo e un santone
franco-americano che spaccia i suoi deliri come perle di saggezza.
Questi personaggi completamente fuori dalla realtà e dai
comportamenti così respingenti sono parte di un film definito da
Alverson stesso come anti-utopico, specchio di un’America che molti
vorrebbero dimenticare.
A rendere il tutto ancor più
sgradevole e disturbante c’è l’impianto estetico del film stesso.
Le tinte calde e scure e gli ambienti stretti creano quasi una
sensazione di soffocamento nello spettatore che in certi momenti si
ritrova come a osservare dei quadri in movimento. Il vero problema
però di The Mountain è la sua sceneggiatura,
troppo scarna e confusionaria, decisamente non all’altezza della
potenziale complessità del film. Un esperimento quello di
Rick Alverson non completamente riuscito, quindi,
ma pieno di spunti di riflessione, che ne fanno il perfetto
combustibile del dibattito cinematografico da festival.
Approda a Venezia un affresco
barocco intrigante, che occhieggia alla pittura del tardo seicento
con uno sguardo totalmente personale, moderno e dissacrante. Si
tratta del nuovo film di Yorgos Lanthimos:
La Favorita.
La storia di La
Favorita è ambientata nell’Inghilterra del XVIII secolo,
dove la triste Regina Anna decide le sorti del suo popolo protetta
dalla sua reggia isolata nel cuore della campagna inglese. La sua
corte, popolata di nobili, servi e consiglieri, sembra giocare
freddamente con la vita e la morte della povera gente, in maniera
distaccata e annoiata, dando più importanza ai banchetti, alle
corse di anatre, alle tresche e al tiro a volo, piuttosto che alle
inevitabili conseguenze belliche di quel conflitto sanguinoso
con la Francia, che si protrae ormai da lungo tempo.
La Favorita, il film
La sovrana è appesantita dalla
gotta, da altri malanni dell’epoca e da una profonda
depressione, che la rende insicura e decisamente succube della
subdola Sarah. La donna, approfittando del suo favore, governa in
realtà al suo posto. La favorita si prende apparentemente
cura della regina, dimostrandosi disponibile e servile anche come
amante, ma la sua in realtà è un’abile manfrina per ordire
complessi e pericolosi giochi di potere. Un giorno però giunge dal
nulla la giovane e intraprendente Abigail, che relegata a sguattera
di cucina, intraprenderà un ardito quanto sfrontato gioco di
intrighi e strategie, per arrivare a strappare i favori della
Regina alla spietata Sarah.
Nel panorama asfittico della
cinematografia odierna, le opere di Yorgos
Lanthimos portano certamente una ventata di aria fresca.
Certo, un aria malsana e priva di qualsiasi pulviscolo di speranza,
ma certamente una brezza assai originale e stilisticamente
intrigante. Dopo Dogtooth (2009) storia di un
terribile esperimento che genera mostri, The Lobster (2015) ambientato in un futuro
distopico dove è vietato essere single e
Il Sacrificio del Cervo Sacro (2017) dove la vendetta
si fa crudele, corrodendo dal cuore un’intera famiglia, La
Favoritaaggiunge un nuovo tassello a
quell’umanità istintiva e carnivora che lotta per la sopravvivenza,
nella cognizione ineluttabile che è uno sforzo vitale, ma
totalmente effimero.
Le tre donne protagoniste del film,
pur con posizioni sociali squilibrate tra loro, una regina, una
nobile, e una dama caduta in rovina, costretta a farsi assumere
come serva, non esitano di fronte a nulla, al fine di ottenere ciò
che bramano. Non esitano a sacrificare la vita di altre persone,
quella di poveri animali indifesi e anche se stesse, usando il
proprio corpo come un oggetto o come mero strumento di caccia.
Le tre protagoniste,
Emma Stone,
Rachel Weisze Olivia Colman offrono una prova assai
convincente e magnificamente dipinta, giocando con le emozioni,
pennellata dopo pennellata. Offrono cambi repentini, quanto
esili, di una miriade di stati d’animo, assecondando i complessi
punti di vista e gli snodi narrativi. Sono personaggi primordiali,
ma dotati di una carica istintiva che li rende imprevedibili, con
un’intelligenza sottile e spietata, da animale selvatico. Il
regista si comporta con loro come uno zoologo attento, che annota
freddamente ogni sfaccettatura della loro etologia, con sguardo
minuziosamente patologico, distendendo sullo schermo, a guisa di
tavolo settorio, il loro corpo e la loro mente, smontandoli pezzo
per pezzo.
Lanthimos gioca in
maniera sfrontatamente claustrofobica con le ottiche corte,
distorcendo e ampliando la percezione visiva. Arriva a fare uso
insolente del fish-eye, realizzando inquadrature che mutano col
movimento. Questo appare straniante, ma poi ci si rende subito
conto che invece tutto ha una funzione e quello che appare
anacronistico è in realtà frutto di un nostro freno inibitorio
estetico, perché in fondo le sue immagini rimandano a giochi di
specchi, illusioni ottiche, o antiche anamorfosi seicentesche.
Visti i riferimenti a
Stanley Kubrick, a volte smaccati, ma sempre ben
riusciti, inseriti nei suoi film precedenti, ci si poteva
certamente aspettare una vicinanza promiscua a Barry
Lyndon (1975), ma fortunatamente
Lanthimos non cade nel tranello, lasciando
piuttosto intravedere altre suggestioni, come I Misteri del
Giardino di Compton House (1982) di Peter
Greenaway, confermate da bizzarri tableau vivant, popolati
di corpi nudi, animali impagliati, oggetti allegorici ed elementi
di vanitas e wunderkammer, inseriti a spezzare sapientemente la
narrazione, oppure la suddivisione in capitoli, che forma una vera
e propria sottostruttura, al fine di organizzare parallelamente
alla trama il materiale del racconto.
La favorita è un dipinto
elegante, sfarzoso, meraviglioso, perturbante, che fa da
specchio crudele, mostrando allo spettatore un passato lontano, ma
che diviene sinistramente il riflesso spietato del mondo
contemporaneo. Può apparire spiazzante, può divertire per il suo
sarcasmo grottesco, può intenerire, commuovere o intrigare, ma
certamente non può lasciare indifferenti, sottolineando quanto la
speranza è molte volte un illusione, un effimera bugia che l’essere
umano si racconta per andare avanti e rimanere in vita.
Alla conferenza stampa di La
Favorita, oltre al regista Yorgos
Lanthimos, erano presenti le tre protagoniste,
Emma Stone, Olivia Colman e
Rachel Weisz, insieme a due degli interpreti
maschili, rimasti silenziosamente di contorno, come avviene anche
nel film.
Il regista racconta che la
sceneggiatura non parte da una sua idea originale, ma che ha deciso
di portare avanti il progetto perché intrigato dalla complessità
dei tre personaggi femminili, che gli hanno permesso di giocare
sottilmente con tre diverse personalità intrecciate tra loro.
Inoltre, l’idea di fare un film in costume, gli ha consentito di
avere la giusta distanza per vedere le cose con più chiarezza e
lucidità.
Non è stata assolutamente un’impresa
facile, perché ci sono voluti ben nove anni di sviluppo prima di
approdare alla realizzazione. L’idea di questo film è partita
quindi subito dopo la realizzazione di Dogtooth,
il suo lavoro d’esordio.
Emma Stone confessa di aver compreso
il suo personaggio a poco a poco e di essere arrivata a capire che
il silenzio poteva essere un’arma preziosa a favore della sua
interpretazione.
Ha lavorato sul
sopravvivere, sull’istinto naturale che spinge la sua giovane
protagonista ad andare avanti a qualsiasi costo, senza scrupoli o
timori. Per lei è stata una sfida difficile, perché era l’unica
americana in un cast completamente inglese, con tutte le relative
difficoltà dovute al suo accento.
Inoltre i magnifici costumi di
Sandy Powell per lei sono stati una terribile
tortura, perché le limitavano i movimenti e le davano grandi
difficoltà di respirazione.
Olivia Colman, che
ha interpretato due regine nello stesso anno e in progetti diversi
(oltre a La Favorita sarà anche Elisabetta nella
terza stagione di The Crown), ha spiegato come il
carattere della regina da lei interpretata in questo film fosse
assai vicino a quello di una povera bambina viziata, senza la
minima fiducia in se stessa e piena di paure e angosce. Per lei la
storia è senza tempo e racconta cose che succederanno sempre,
ripetendosi all’infinito. Sostiene però che non è possibile fare un
paragone tra i due ruoli, perché completamente differenti e non
sovrapponibili per nessun aspetto.
Il regista ha infine risposto alla
domanda: “Tornerebbe a fare dei film in Grecia, la sua patria
di origine?” Lui sostiene che se ci fosse la storia giusta,
con i personaggi e l’ambiente giusto non esiterebbe a farlo. E
afferma, che più lavora all’estero e più si sente greco.
A cinque anni da Gravity, Alfonso
Cuaron sceglie ancora Venezia e il suo Festival per
presentare al mondo il suo nuovo film. Si tratta di Roma,
pellicola in bianco a nero ambientata a Città del Messico, nel
quartiere che dà il titolo al film e che ha visto crescere il
piccolo Alfonso. Un film che si preannunciava una storia
autobiografica, ma in una maniera molto diversa rispetto a quanto
ci si poteva aspettare.
“Il film è il più
autobiografico che potessi fare, per il novanta per cento di tutte
le scene vengono dalla mia memoria. L’obbiettivo per me era proprio
questo dialogo della memoria e visitare quegli anni con la
prospettiva di oggi. È autobiografico nel senso che è una
ricostruzione di quello che ho vissuto, di quello che
ricordo.” L’autobiografismo quindi è da rintracciare nei
luoghi, nei fatti storici, nelle dinamiche familiari messe in
scena, così come nelle vicende che il piccolo Alfonso ricorda della
sua infanzia a Città del Messico.
Ma da dove nasce
quest’esigenza? “La vecchiaia (ride)”
“Per me l’importante era
parlare di questo, perché per me significa parlare di una cicatrice
emozionale. Quel periodo, raccontato nel film, è una cicatrice per
tutta la famiglia, ma lo stesso periodo rappresenta anche una
cicatrice sociale nella coscienza del Messico.”
La Grande Storia, dunque, irrompe
nella storia privata, come fosse un romanzo di
Tolstoj, o un film di Ettore
Scola, ma per il regista messicano premio Oscar nessun
riferimento è stato consapevole. “Questo è il primo film in cui
ho fatto uno sforzo razionale per non fare riferimenti a nulla
– continua Cuaron – è uno sforzo per me, perché in tutti i
miei film ci sono riferimenti ad altro. È capitato che se stavo
lavorando a una scena, e questa scena mi ricordava un altro film o
un romanzo, cambiavo immediatamente le mie scelte per fare una cosa
diversa. La verità però è che nel mio DNA ci sono tutti questi
riferimenti, c’è Scola, ma ci sono i Taviani, Pasolini, Rossellini
evidentemente, ma non razionalmente.”
Un posto particolare spetta a
Fellini: “In sala di montaggio, in una scena in particolare, ho
chiesto al mio sund designer di inserire ‘il vento di Fellini’ in
quella scena.”
Il film è girato in bianco
e nero. Come mai?“Quando ho pensato al film, mi è
apparso in bianco e nero. Non è stata una scelta, l’ho immaginato
da subito così. Erano tre gli elementi che mi sono apparsi subito
chiari. Il bianco e nero, il riferimento nella vita reale su cui ho
costruito il personaggio di Cleo, tutta la struttura del film, che
doveva essere basato sulla mia memoria.”
Il film ha anche un fondo
di malinconia. Cosa rimpiangi di quegli
anni?“Che cosa rimpiango degli anni ’70? La
musica!”
Sono ormai mesi che non si hanno
più notizie di Black
Adam, il tanto atteso cinecomic che doveva vedere
l’entrata di Dwayne Johnson nell’universo DC e di
cui si sono perse le tracce. Inizialmente il personaggio doveva
apparire come cattivo in Shazam!, film in uscita
il prossimo Aprile con protagonista Zachary Levi.
La produzione ha però pensato che, vista la portata dell’attore e
del ruolo che doveva andare a ricoprire, Black Adam meritasse un
film tutto suo prima di farlo sfidare con gli altri personaggi
dello stesso universo. Ma quando si inizierà a pensare alla
produzione?
In questi giorni ci ha pensato il
produttore Hiram Garcia a tranquillizzare gli
animi dicendo che nessuno ha mai pensato di cancellare il progetto,
anche se non ci sono stati mai aggiornamenti, e che attualmente gli
sceneggiatori sono a buon punto con lo script. Sulle pagine di
Collider ha inoltre spiegato il perché del coinvolgimento
di Dwayne Johnson: “Questo è un fantastico
antieroe, tosto, che vuole fare giustizia e con una straordinaria
backstory. Il suo passato da schiavo è interessante ed anche il
fatto che abbia acquisito i poteri per liberare la propria gente.
L’ho mostrato a Dwayne e l’idea gli è molto piaciuta. Anni fa
abbiamo avuto una conversazione con Warner Bros. e abbiamo deciso
che questo fosse il nostro personaggio.”.
Sono tante le domande che sono
sorte ai fan dopo l’inaspettato licenziamento di James
Gunn dalla regia di Guardiani della Galassia
3 qualche settimana fa. Superato lo shock di questo cambio
di rotta del franchise della Disney, è tempo però di pensare agli
eventuali cambiamenti di stile che dovranno essere apportati al
terzo capitolo.
Come quello che riguarda la musica.
Chi ha visto i primi due film della saga saprà quanto l’impronta
musicale sia fondamentale per la stessa storia dei personaggi.
James Gunn sceglieva personalmente la colonna
sonora e, come rivelato ad un fan in un tweet del 2017, obbligava
gli attori a recitare con le stesse canzoni sul set.
Ovviamente il regista aveva già
scelto quali brani avrebbero dovuto far parte della playlist del
Vol. 3 e ora ci si chiede se anche questi siano destinati ad essere
cestinati insieme a tutto il resto. La questione sembra
superficiale ma non lo è affatto. Gunn infatti aveva inserito la
colonna sonora nello script consegnato alla Disney
che, probabilmente, sarà lo stesso che verrà portato sul grande
schermo prossimamente. In qualche modo, quindi, la direzione del
regista sopravvivrà in questa fondamentale scelta.
C’è però da aggiungere che la
pre-produzione di Guardiani della Galassia 3 è al
momento ad un punto morto. Sebbene la Disney non abbia cancellato
il film, alcune fonti rivelano che gli impiegati assunti per la
preparazione delle riprese siano stati invitati a “cercare un nuovo
lavoro”. Gli stessi attori del cast, dopo il licenziamento, a loro
avviso, ingiusto di Gunn si sono detti pronti ad abbandonare il
progetto, lasciando così la trilogia incompiuta.
Presentato in apertura della
sezione Orizzonti durante Venezia
75, Sulla mia pelle di Alessio
Cremonini è il racconto dell’ultima settimana di vita di
Stefano Cucchi, dall’arresto al decesso in custodia
cautelare, il 22 ottobre.
Il film di Cremonini è un racconto
da vicinissimo degli ultimi giorni della vita di Stefano, visto
attraverso gli occhi del giovane, sulla sua pelle,
appunto, sui suoi lividi e la sua atroce sofferenza. Proprio come
una via crucis durante la Quaresima, il film conta le sue
stazioni, i giorni, scanditi da scritte bianche, giorni
passati a soffrire e a tacere, nei momenti decisivi, l’identità dei
suoi aggressori.
Il regista sceglie di stare il più
vicino possibile al suo protagonista, trascurando quello che poteva
essere invece una chiave di lettura alternativa, ovvero i tentativi
della famiglia di riuscire a vedere e ad avere notizie di Stefano,
durante il suo calvario. Lontano dalla sofferenza dei genitori e
della sorella, ma dentro, in profondità, a quella del protagonista
facendoci sentire la solitudine, la paura. Tanto dolore raccontato
con delicatezza, tanto che in un momento specifico arriva alla
mente addirittura la carezza della macchina da presa di Pasolini
sul suo Ettore morente di Mamma Roma.
Il racconto di quello che è
accaduto a Cucchi, il suo rimbalzare, malconcio e sofferente, da
una cella all’altra da un interrogatorio a una visita, si alterna a
poche scene dedicate ai genitori e a Ilaria. Sono questi i punti
deboli del film, che Cremonini mette in scena in maniera
svogliata.
Volto di Stefano è Alessandro Borghi, che regala la sua prova
d’attore migliore, fino a questo punto della sua carriera. Il
lavoro di mimesi è perfetto, lo sguardo, la voce persino, identica
a quella del disgraziato. Un ruolo insidioso, che poteva facilmente
trasformarsi in uno scimiottare la persona, eppure l’attore romano
rimane in sella, aiutando la storia a progredire verso
l’ineluttabile conclusione già scritta.
Grazie anche alla sceneggiatura di
Lisa Nur Sultan, Cremonini fa rivivere Stefano,
senza cancellarne le macchie, senza santificarlo, dando un volto di
carne e lividi a quell’indistinto Cucchi che da tanto tempo, per
molti, è stato solo un nome, “solo” quella foto di un giovane
morto, con gli occhi tumefatti, un’immagine terribilmente abituale
che rischia, da sola, di rendere assuefatti all’indignazione e al
dolore. Sulla mia pelle mostra, con piglio
asciutto e spietato, la sofferenza, il dolore di un uomo che ha
incontrato la sua fine in una maniera assurda e
ingiustificabile.
Sulla mia pelle è
la via crucis di un “povero cristo”, un peccatore, morto
inascoltato, senza le lacrime della famiglia, senza le carezze
della madre, in solitudine.
A Quiet Place è stato sicuramente uno dei casi
cinematografici più clamorosi della scorsa stagione. Costato solo
17 milioni di dollari ne ha incassati complessivamente 332, facendo
diventare la Paramount una delle case cinematografiche più
competitive del 2018. Visto tale successo il film scritto e diretto
da John Krasinski non poteva non avere un sequel.
Ed ecco allora che, mentre si pubblicizza l’uscita home video
dell’opera, è proprio la Paramount a dare inizio al conto alla
rovescia: A Quiet Place
2 uscirà nei cinema il 15 Maggio 2020.
Non ci si aspettava certo così a
ridosso dell’uscita del primo capitolo un annuncio così preciso del
sequel, ma evidentemente la casa di produzione ha voluto giocare
d’anticipo. Anche se, stando alle dichiarazioni del produttore
Andrew Form, nessuno sta mettendo fretta agli
autori per avere una storia al più presto. “Ci prenderemo tutto
il tempo necessario a elaborare la storia giusta, non importa
quanto tempo occorrerà” ha dichiarato in una pubblica uscita,
sottolineando la straordinarietà dell’evento appena accaduto al box
office di tutto il mondo. Nella stessa occasione ci ha tenuto a
chiarire l’assoluta partecipazione di John
Krasinski alla realizzazione di questo secondo atto, non è
chiaro invece se parte del cast originale sarà riconfermato oppure
no. Si attendono aggiornamenti.
Spawn, il celebre
fumetto, arriverà presto al cinema con la regia del suo stesso
autore Todd McFarlane. Ora gli appassionati
potranno stare più tranquilli sulla buona riuscita del film in
quanto Greg Nicotero si è aggregato al cast tecnico. Il suo nome è
celebre nello star system per essere per essere uno dei massimi
esperti di makeup e effetti fisici, oltre che vincitore di un Emmy
per il suo lavoro in The Walking Dead. Nel suo
curriculum vanta collaborazioni con Tarantino, Romero e Sam Raimi.
In questa impresa il cast tecnico ha anche a disposizione attori di
qualità quali Jamie Foxx nel ruolo del
protagonista Al Simmons e Jeremy Renner in quello
del detective Twitch Williams.
Il fumetto vede proprio come protagonista il personaggio di
fantasia Al Simmons, ex agente speciale della CIA che muore tradito
dalla sua stessa organizzazione. All’inferno farà quindi un patto
con il demone Malebolgia che gli promette di tornare in vita come
guerriero demoniaco con l’unico scopo di distruggere le forze del
Paradiso. L’unico obbiettivo di Simmons è però quello di
riabbracciare la moglie, lasciata troppo presto.
Gli appassionati di fumetti
aspettano da tempo questa trasposizione vista la deludente prova
del 1997 quando il personaggio arrivò sul grande schermo scatenando
l’ira dei fans che si videro distruggere il proprio eroe. All’epoca
Greg Nicotero compariva tra i collaboratori, si
spera che con il cambio di regia non si incappi nello stesso
errore.
Netflix ha diffuso il trailer
di The Other side of the Wind, l’inedito di
Orson Wellsche sarà presentato in
anteprima al Festival di Venezia Venerdì 31 agosto.
The Other side of the
Wind sarà distribuito su Netflix da Venerdì 2
novembre.
Nel 1970, il leggendario regista Orson Welles (QUARTO POTERE)
iniziò le riprese di quella che sarebbe stata la sua ultima opera
cinematografica con un cast di grandi personalità Hollywoodiane tra
cui John Huston, Peter Bogdanovich, Susan
Strasberg e la compagna di Welles nei suoi ultimi anni di
vita, Oja Kodar. Accompagnata da difficoltà finanziarie, la
produzione finì per trascinarsi per diversi anni acquistando fama
ma senza essere mai completata e il film non fu mai distribuito.
Oltre un migliaio di bobine di negativi rimasero a languire in un
caveau a Parigi fino al marzo del 2017, quando i produttori Frank
Marshall (che era stato production manager di Welles nelle fasi
iniziali delle riprese) e Filip Jan Rymsza diedero impulso
all’iniziativa di completare il film dopo quarant’anni.
Con una nuova colonna sonora del
Maestro Premio Oscar Michel Legrand e ricostruito da una squadra
tecnica di cui ha fatto parte il montatore Premio Oscar Bob
Murawski, THE OTHER SIDE OF THE WIND è la realizzazione della
visione di Orson Welles. Narra del regista brizzolato J.J. “Jake”
Hannaford (Huston), che rientra a Los Angeles dopo diversi anni di
esilio auto-imposto in Europa con l’intenzione di lavorare sul un
film suo innovativo con la speranza di un ritorno in auge. Una
satira del tradizionale sistema degli studi cinematografici e della
New Hollywood che lo stava scuotendo, l’ultimo testamento artistico
di Welles è una capsula del tempo di un’epoca ormai lontana nel
mondo della produzione cinematografica e una “nuova” lungamente
attesa opera di un maestro incontrastato.
Il regista Robert
Zemeckis è già al lavoro sul suo prossimo film. Si
intitolerà The King ed avrà come protagonista
l’ormai lanciassimo Dwayne Johnson. L’attore
interpreterà il re hawaiano Kamehameha, all’interno di
uno script scritto da Randall Wallace, famoso per
aver dato vita al cult Braveheart. La figura del
re Kamehameha è già epica: fu il primo a riunire tutte le isole
hawaiane, seguendo una profezia che lo indicava come unico sovrano.
Storicamente fece avanzare la cultura del commercio tra i suoi
sudditi per competere con le navi straniere dell’Europa che
cominciarono a comparire sulle sue coste, terrorizzando la
popolazione.
Da anni si cercava di portare sul
grande schermo questa storia e le case di produzione hanno fatto
letteralmente a gara per contendersi lo script. Ad averla vinta
sono stati i dirigenti della New Line e della Warner Bros, con un
piccolo contributo della Seven Bucks Productionsv dello stesso
Johnson. Secondo i primi dati il film non potrà entrare in
lavorazione prima del 2020 a causa degli impegni del regista ma
soprattutto quelli dell’attore attualmente impegnato sul set di
Jungle Cruise per la Disney e già scritturato per
lo spin-off di Fast and Furious. Per lui sono anni d’oro che si
coronano con l’ingaggio per questo ruolo che gli permetterà di
valorizzare la sua origine samoana che orgogliosamente professa in
ogni uscita pubblica.
Era solo di pochi giorni fa la
notizia che l’attore Alec Baldwin avrebbe avuto un
ruolo nel film di prossima uscita sul Joker. Secondo le principali fonti, gli erano
stati affidati i panni di Thomas Wayne, il padre di Batman, ma pare
proprio che in realtà non sia così. Un suo tweet nella giornata di
ieri aveva già fatto intuire che non era felice di essere stato
accostato a quel ruolo: “Lasciatemi dire, per la
cronaca, che NON sono stato ingaggiato per interpretare un ruolo
nel Joker di Todd Phillips come una specie di Donal Trump mancato.
Non accadrà. Non. Accadrà.” ha scritto l’attore per
poi dichiarare, secondo un report di USA Today: “Non sono più
nel progetto, non farò più quel film. Sono certo che ci sono almeno
25 persone che possono tranquillamente interpretare quel
ruolo.”.
Cosa sia successo tra la produzione
e Baldwin è ancora un mistero ed a questo punto si hanno dubbi
anche sul fatto che il ruolo di Thomas Wayne venga mantenuto come
era stato inizialmente scritto. L’agenzia che aveva dato la notizia
dell’ingaggio dell’attore aveva infatti descritto questo
personaggio come “un rozzo e abbronzato uomo d’affari simile al
Donald Trump degli anni ottanta”, da qui il tweet velenoso di
Baldwin. Si aspettano dunque aggiornamenti su un’eventuale
sostituzione e qualche informazione maggiore sul ruolo del signor
Wayne.
Il film, dal titolo provvisorio
The Joker, dovrebbe essere totalmente
incentrato sulla figura del Principe del Crimine, interpretato da
Joaquin Phoenix, di cui si indagherà l’oscuro
passato. Scritto e diretto da Todd Phillips,
questo progetto si porrà in aperta antitesi con l’universo DC: il
budget stimato per l’intero film, infatti, dovrebbe essere di soli
55 milioni di dollari, facendo ipotizzare che mancheranno del tutto
grandi effetti speciali.
Ritorno al lido il regista premio
Oscar Alfonso Cuarón, dopo il successo di
Gravity ritorna con Roma, il suo nuovo film in
concorso con protagonisti Yalitza Aparicio, Marina de
Tavira, Nancy Garcia, Jorge Antonio, Veronica Garcia, Marco Graf,
Daniela Demesa, Carlos Peralta, Diego Cortina Autrey.
Roma,
il film più personale mai realizzato finora dal regista e
sceneggiatore Alfonso Cuarón, narra un anno turbolento nella vita
di una famiglia borghese, nella Città del Messico degli anni
Settanta. Cuarón, ispirato dalle donne della sua infanzia, offre
una raffinata ode al matriarcato che ha plasmato il suo mondo.
Vivido ritratto dei conflitti interni e della gerarchia sociale al
tempo dei disordini politici, ROMA segue le vicende
di una giovane domestica, Cleo, e della sua collaboratrice Adela,
entrambe di origine mixteca, che lavorano per una piccola famiglia
nel quartiere borghese di Roma. Sofia, la madre, deve fare i conti
con le prolungate assenze del marito, mentre Cleo affronta
sconvolgenti notizie che minacciano di distrarla dalla cura dei
quattro figli della donna, che lei ama come fossero suoi.
Mentre cercano di costruire un
nuovo senso di amore e di solidarietà, in un contesto di gerarchia
sociale dove classe ed etnia si intrecciano in modo perverso, Cleo
e Sofia lottano in silenzio contro i cambiamenti che penetrano fin
dentro la casa di famiglia, in un paese che vede la milizia
sostenuta dal governo opporsi agli studenti che manifestano. Girato
in un luminoso bianco e nero, Roma è
un ritratto intimo, straziante e pieno di vita dei modi, piccoli e
grandi, con cui una famiglia cerca di mantenere il proprio
equilibrio in un periodo di conflitto personale, sociale e
politico.
Alfonso Cuarón
commenta: Ci sono periodi nella storia che lasciano cicatrici nelle
società, e momenti nella vita che ci trasformano come individui.
Tempo e spazio ci limitano, ma allo stesso tempo definiscono chi
siamo, creando inspiegabili legami con altre persone, che passano
con noi per gli stessi luoghi nello stesso
momento. ROMA è il tentativo di catturare il
ricordo di avvenimenti che ho vissuto quasi cinquant’anni
fa. È un’esplorazione della gerarchia sociale del Messico,
paese in cui classe ed etnia sono stati finora intrecciati in modo
perverso. Soprattutto, è un ritratto intimo delle donne che mi
hanno cresciuto, in riconoscimento al fatto che l’amore è un
mistero che trascende spazio, memoria e tempo.
Secondo giorno intenso per
Venezia 75, arrivano in selezione
ufficiale The Favourite
di Yorgos Lanthimos con protagonisti
Olivia Colman, Emma Stone, Rachel Weisz, Nicholas Hoult,
Joe Alwyn.
Inizio del XVIII secolo.
L’Inghilterra è in guerra con la Francia. Ciononostante, le corse
delle anatre e gli ananas ai banchetti spopolano. Una gracile
regina Anna occupa il trono, mentre la sua amica intima Lady Sarah
governa il paese al posto suo, prendendosi cura della sua salute
cagionevole e del suo carattere volubile. Quando arriva Abigail,
una nuova cameriera, il suo fascino la fa entrare nelle grazie di
Sarah, che la prende sotto la sua ala protettrice, facendole
intravedere l’occasione di tornare alle sue radici aristocratiche.
Poiché la politica bellica assorbe Sarah quasi completamente,
Abigail prende il suo posto come compagna della regina. La loro
fiorente amicizia consente ad Abigail di realizzare le sue
ambizioni: non permetterà che donna, uomo, questione politica o un
coniglio si mettano sulla sua strada.
E’ iniziata oggi la 75 esima
edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di
Venezia, ecco tutte le foto della giornata di oggi che ha
visto protagonisti tra gli altri sul red Michele Riondino,
Guillermo del Toro, Naomi Watss, Ryan Gosling, Claire Foy, Jason
Clarke e Damien Chazelle.
Il film d’apertura è stato
First Man diretto dall’acclamato regista
di La
La Land, Damien Chazelle. Il film narra l’avvincente
storia della missione della NASA per portare un uomo sulla Luna. Il
film si concentra sulla figura di Neil Armstrong e gli anni tra il
1961 e il 1969. Resoconto viscerale e in prima persona, basato sul
libro di James R. Hansen, il film esplora i sacrifici e il costo,
per Armstrong e per l’intera nazione, di una delle missioni più
pericolose della storia
La 75° Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si apre
nuovamente con un film di Damien Chazelle, che,
dopo il musical La La Land, con First Man cambia
completamente registro per raccontare una storia altamente
spettacolare, entrata nella storia del ventesimo secolo.
La trama di First Man
First Man racconta
dettagliatamente tutta la storia della corsa della NASA per portare
l’esplorazione dello spazio a confini mai visti prima e soprattutto
facendolo prima dei russi, fino a quel momento arrivati sempre per
primi ai vari traguardi esplorativi. Per far questo la NASA investe
risorse, conoscenze e vite umane per riuscire a mandare un uomo
sulla luna.
Tutta la storia ruota naturalmente
attorno a Neil Armstrong, il primo
essere umano ad aver poggiato i piedi sul suolo lunare,
pronunciando la storica frase “Questo è un piccolo passo per un
uomo, ma un passo enorme per l’umanità.”
Tutta la vicenda di questa corsa
spaziale raccontata nel film copre gli anni tra il 1961 e il 1969,
mostrando una dopo l’altra le varie missioni, tra successi e
fallimenti, passando anche per grandi tragedie. Il film di
Chazelle è un riuscito racconto viscerale, vissuto
in prima persona e basato sul libro di James R.
Hansen.
Oltre all’accurata ricostruzione
storica e scientifica di una delle esplorazioni più pericolose
della storia e anche una delle più costose per gli USA, il regista
indaga sugli esseri umani che vi erano dietro, troppe volte
dimenticati in un naturale processo di idealizzazione, che spesso
porta a confondere gli eroi reali con i supereroi.
Chazelle, che per la prima
volta si è trovato a lavorare su qualcosa di non suo e che non
conosceva bene, dice: “ Prima di iniziare il lavoro su
First Man, non sapevo quasi nulla della storia della missione sulla
Luna. Sapevo che era stata una conquista leggendaria e un grande
successo, ma niente di più. Solo dopo aver cominciato a
raccogliere documenti e testimonianze mi sono reso conto della
follia e del pericolo di tale impresa. Scoprii tutti i fallimenti,
il pesante tributo pagato in vite umane e quante volte aveva
rischiato di fallire e di essere cancellata. A quel punto volevo
comprendere cosa potesse avere spinto quegli uomini a intraprendere
un viaggio nella vastità infinita dello spazio e quale potesse
essere stata l’esperienza da loro vissuta, momento dopo momento,
passo dopo passo.”
Per fare questo Damien
Chazelle ritiene necessario lavorare sulla figura di
Neil Armstrong e di addentrarsi profondamente nella sua
vita privata, nelle sue emozioni, nei dolori e nelle paure,
addentrandosi in un territorio estremamente intimo, ma necessario
per far sentire vicino quell’uomo arrivato così lontano.
Armstrong è
interpretato da un ottimo
Ryan Gosling, misurato e introspettivo, in grado di
trasmettere tutte le sue emozioni dietro un’apparente scorza
d’impassibilità. Sono struggenti i momenti in cui la solitudine gli
permette una lacrima o una smorfia di dolore represso, carpiti
dall’occhio di Chazelle, che lo segue sapientemente
nell’ombra della sua intimità. Stesso discorso vale per Claire Foy, nel ruolo difficilissimo della
moglie, impegnata quotidianamente a tenere in piedi la forza di una
famiglia tormentata dal peso di un incarico così gravoso.
Anche tutto il resto del cast è
magnificamente orchestrato, organizzato in un sapiente mosaico di
colleghi, amici, superiori e politici che contribuiscono a
infondere credibilità alla vicenda, allontanandosi dal pericolo
della mera ricostruzione da biopic. First Man è un
film che sicuramente accontenterà gli appassionati in materia,
regalandogli ricostruzioni e dettagli anche inediti, ma che sarà
apprezzato anche da chi vuole sapere chi era realmente quel piccolo
uomo che nell’estate del 1969 passeggio sulla luna.
Alla conferenza stampa di First Man,
il film di apertura della 75° Mostra internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia, erano presenti lo sceneggiatore, alcuni
attori principali, Ryan Gosling e il regista Damien
Chazelle.
Per i tempi stretti sono partite
subito le domande, senza che il film venisse introdotto e
presentato.
A Chazelle viene chiesto il
perché si sia interessato a questa storia, apparentemente così
lontana da lui, visto che oltretutto all’epoca non era neanche
nato. Lui risponde che è vero, di essere cresciuto conoscendo
la storia del primo uomo sulla luna leggendola nei libri e
vedendola in televisione. Ma proprio per questo, sentiva il
desiderio di saperne di più e di capire cosa c’era oltre quello che
noi tutti conosciamo, spesso in maniera assolutamente
superficiale.
Ryan Gosling racconta
invece di come si è preparato ad affrontare il ruolo di Neil
Armstrong. Dice di avere avuto la grande fortuna di farsi aiutare
dalla moglie e dai figli dell’astronauta, ricevendo da loro
dettagli e racconti che gli hanno permesso di avvicinarsi molto al
vero Armstrong. Ha potuto confrontarsi anche con veri amici e
colleghi, oltre alla NASA e alle continue visite al museo che gli è
stato dedicato. Dai racconti di chi lo conosceva è apparso umile e
reticente, cosa che gli è servita molto per costruire la base del
personaggio, ma prendendosi alcune finestre di apertura per
caratterizzarlo in maniera personale.
A chi gli chiede se Gary
Cooper fosse tra le sue ispirazioni per improntare la
recitazione, lui risponde ridendo “ Gary Cooper mi mancava”.
Afferma poi che tutti vogliono fare
gli astronauti. Chi da bambino non ha mai pensato di farlo? Il
cinema è il modo migliore per farlo senza andare nello spazio,
anche se rappresenta una sfida altrettanto rischiosa.
Gosling ha provato claustrofobia
nelle capsule realistiche, riprodotte dagli scenografi e ha vissuto
le situazioni come se si trovasse in un vero addestramento
per astronauti. Ha voluto capire e imparare a volare, apprendere
faticosamente l’abc del volo. E attraverso questo ha compreso come
Neil Armstrong sia diventato un esponente di una razza diversa, una
di quelle persone che devono arrivare alla rottura per capire e
andare oltre.
Chazelle conferma di aver visto alla
NASA e nei musei le vere capsule, rimanendo sbalordito per le loro
ridottissime dimensioni. Ha voluto ricostruirle esattamente così
per trasmettere la giusta sensazione di disagio e di piccolezza di
fronte allo spazio sconfinato, al vuoto nero enorme.
Si è poi parlato della
famiglia di Armstrong, della difficile vita a margine di missione
così rischiose e in particolare alle reazioni dei figli, così
diverse ma emblematiche. Il più piccolo che si perde in un
abbraccio senza capire il vero pericolo e la stretta di mano del
più grande, che intuisce perfettamente la follia dell’impresa, ma
che si ritrae e accetta il dovere, intuendo la fondamentale
importanza del sacrificio.
Josh Singer, lo
sceneggiatore, spiega di come i tanti personaggi siano stati
necessari per fornire dettagli e umanità. Lo script è stato fatto
leggere ai veri protagonisti della storia, coinvolgendoli e
invitandoli ad aggiungere particolari intimi, magari apparentemente
superflui, ma fondamentali per l’onestà e la veridicità del
racconto.
Claire Foy, ha evidenziato
la difficoltà nel costruire il ruolo della moglie, apparentemente
marginale, ma cardine fondamentale della vita di Armstrong
uomo.
Il regista conclude sottolineando
che First Man è un film diverso per lui dopo il grande successo di
La La Land e che non è stato affatto facile realizzarlo. E
confessa la grande emozione ad aver avuto Steven Spielberg tra i
produttori.
Appena arrivò l’ufficialità di una
trasposizione cinematografica del capolavoro letterario di
Stephen King
IT, iniziò il toto regista che ha visto per parecchi mesi in
testa Cary Fukunaga che all’epoca, nel 2012, era
ancora fresco del clamoroso successo della prima stagione di
True Detective. Le trattative, ovviamente, non
andarono in porto e, come tutti sappiamo, il regista prescelto per
il film fu Andres Muschietti. In molti si sono
chiesti cosa avesse portato la produzione a scartare un profilo
d’eccellenza come quello di Fukunaga ed ora, grazie ad
un’intervista rilasciata su GQ in
occasione della prossima uscita Netflix Maniac, è
possibile saperlo.
Il regista ha dichiarato che la
scelta è stata presa unicamente dalla produzione che aveva paura di
un suo eventuale comportamento libertino. “Io sarei stato un
ottimo collaboratore” ha affermato Fukunaga “La parte
ridicola di tutta la storia è che si trattava solo di una loro
percezione. Non è mai successo che io rispondessi con ‘Fan**lo
gente, questa cosa non la faccio’. C’è sempre stato uno scambio di
idee tra me e lo studio”.
Cary Fukunaga, che
aveva già scritto la sceneggiatura del suo IT quando due settimane prima dall’inizio
delle riprese gli fu detto di abbandonare il progetto, pare molto
risentito dal tipo di pregiudizi che ha dovuto subire. “Non
penso di aver mai fatto qualcosa senza compressi” ha aggiunto
”Mi chiedevano a proposito di Beats of No Nation come ci si
sentisse a girare un film senza compressi. Come senza compromessi?
Ho dovuto riscrivere tutto il mio terzo atto perché non avevamo i
soldi per finire il film.”.
Sembra proprio che quello di non
aver potuto girare
IT rimarrà un grande rimpianto per il regista e rimane la
curiosità di sapere come sarebbe potuto essere con qualcun altro
dietro la macchina da presa.
Sono passati ormai tre anni
dall’uscita nelle sale di Jurassic World, quarto episodio della celebre
saga resa famosa da Steven Spielberg, ma solo oggi
il regista Colin Trevorrow rivela quanto il film
sarebbe dovuto essere inizialmente diverso da quello arrivato poi
al cinema. Sono stati soprattutto i ruoli dei personaggi principali
a mutare dopo l’arrivo di Trevorrow che ha deciso di modificare la
sceneggiatura iniziale scritta da Rick Jaffa e
Amanda Silver.
“Ho letto solo una volta la
sceneggiatura originale, quindi non ricordo tutti i dettagli”
ha dichiarato Trevorrow “Il protagonista era un personaggio di
nome Vance, che alla fine è diventato Owen nella nostra storia. Il
film si apriva con Vance che salta da un elicottero con un branco
di rapaci durante un’incursione militare. C’era anche un
personaggio che aveva solo una o due scene, il manager del parco il
cui nome mi pare che fosse Whitney. Era un’antagonista vera e
propria che metteva in atto solo la burocrazia. Ricordo di
aver letto queste scene e di aver pensato che Whitney avrebbe
potuto avere un margine di crescita maggiore di qualsiasi altro
personaggio in quel momento. Lei non era affascinata dai
dinosauri, ma li vedeva solo come unpotenziale business.
Prendere un personaggio del genere e riportarla alla meraviglia e
al rispetto per queste creature sembrava un vero e proprio viaggio.
Doveva ritrovare di nuovo l’amore per i dinosauri.”.
La Whitney a cui fa riferimento il
regista è diventata poi la Claire interpretata da Bryce
Dallas Howard a cui effettivamente è stato poi affidato il
ruolo chiave per l’intero svolgimento del film. Dalle parole di
Trevorrow pare proprio che Jurassic World era
stato pensato come un progetto che ruotasse interamente attorno al
personaggio interpretato da Chris Pratt, unico
protagonista di un film action. Per fortuna non è andata così.
L’attrice indiana Soundarya
Sharma si è appena aggiunta al cast di Wonder Woman 1984, nuovo film sull’eroina
diretto da Patty Jenkins ed interpretato da
Gal Gadot. A rivelarlo è stato il sito
TheHindu.com che ha riportato anche le parole entusiaste della
new entry: “Questa è una di quelle situazioni di ‘sogno che si
avvera’. È esaltante prendere parte ad un film su un personaggio
così grande dove puoi interpretare il ruolo dei tuoi sogni. Ho
sempre sognato di interpretare un personaggio del genere e l’ho
idolatrato.”.
A quale personaggio
Soundarya Sharma faccia riferimento ancora non è
chiaro. Il suo ruolo infatti è momentaneamente top secret, ma
qualche rivelazione si avrà sicuramente in Ottobre, mese in cui
l’attrice è attesa sul set.
Le informazioni che attualmente si
hanno su Wonder Woman 1984 non sono molte: il film sarà
ambientato negli anni ’80 quando Wonder Woman si troverà immersa
nella Guerra Fredda e dovrà vedersela con un nuovo nemico, The
Cheetah. A dare il volto a questa nuova antagonista sarà
Kristen Wiig, mentre Chris Pine
farà il suo ritorno nei panni di Steve Trevor. Nel cast multietnico
del film anche Pedro Pascal, Ravi Patel, Natasha Rothwell
e Soundarya Sharma. Questa sarà anche un’occasione
per Soundarya Sharma di fare il grande
passo nell’industria hollywoodiana, dal momento che il pubblico
statunitense la conosce solo come protagonista della serie
televisiva prodotta in India Ranchi
Diaries.
L’uscita italiana del film
è al momento fissata per il 31 Ottobre 2019.
Da quanto è uscita la notizia
dell’avvio della lavorazione di Once Upon a Time in
Hollywood, il prossimo attesissimo film di Quentin
Tarantino, in molti si sono chiesti chi sarà ad
interpretare il celebre criminale Charles Manson.
La risposta sembra arrivare oggi da
TheWrap che annuncia l’attore australiano Damon
Herriman come volto del mandante del massacro di Cielo
Drive. Visto il resto del cast, forse ci si aspettava un nome un
po’ più di spicco per un personaggio così importante, anche se
Herriman negli USA è piuttosto celebre per il ruolo che ha
ricoperto nella serie TV Justified.
La stessa fonte ha annunciato anche
altre new entry nel già affollato cast. Rumer
Willis, figlia di Bruce Willis e Demi Moore, interpreterà
l’attrice Joanna Pettet, mentre Dreama Walker sarà
l’attrice e cantante Connie Stevens. Costa
Ronin, Margaret Qualley, Madisen
Beaty e Victoria Pedretti andranno
invece a ricoprire ruoli minori.
Il brutale delitto dove perse la
vita Sharon Tate (interpretata da Margot Robbie)
farà solo da sfondo alla vicenda che invece vedrà protagonisti
l’attore televisivo Rick Dalton (Leonardo
DiCaprio) e la controfigura e stunt-man Cliff Booth
(Brad Pitt). Tra gli interpreti anche: Al
Pacino, Damian Lewis (nei panni
dell’attore Steve McQueen), Dakota Fanning,
Nicholas Hammond, Emile Hirsch,
Luke Perry, Clifton Collins Jr.,
Keith Jefferson, Burt Reynolds,
Timothy Olyphant, Tim Roth,
Kurt Russell e Michael
Madsen.
Once Upon a Time in Hollywood arriverà nelle sale il 26 Luglio
2019, mentre attualmente non ci sono ancora informazioni
sulla release italiana. In molti sperano in un’uscita in
contemporanea e che il Bel Paese non si faccia spaventare dalla
data estiva.
Oggi inizia la 75.esima edizione
della Mostra d’Arte cinematografica di Venezia,
film d’apertura è l’atteso First Man
di Damien Chazelle, regista dell’acclamato
La La Land. Nel cast protagonisti Ryan Gosling, Jason
Clarke, Claire Foy, Kyle Chandler, Corey Stoll, Ciaran Hinds,
Christopher Abbott, Patrick Fugit e Lukas Haas.
First
Mannarra l’avvincente storia della missione
della NASA per portare un uomo sulla Luna. Il film si concentra
sulla figura di Neil Armstrong e gli anni tra il 1961 e il 1969.
Resoconto viscerale e in prima persona, basato sul libro di James
R. Hansen, il film esplora i sacrifici e il costo, per Armstrong e
per l’intera nazione, di una delle missioni più pericolose della
storia.
Il regista ha così commentato il film First
Man
Prima di iniziare a lavorare
a First Man, conoscevo la storia della missione sulla
Luna, la storia di successo di una conquista leggendaria… ma nulla
di più. Dopo avere iniziato a esplorare il tema in profondità, sono
rimasto sbalordito di fronte alla follia e al pericolo
dell’impresa: il numero di volte in cui è stata sull’orlo del
fallimento così come il pesante tributo costato a tutte le persone
coinvolte. Volevo capire cosa potesse avere spinto quegli uomini a
intraprendere un viaggio nella vastità infinita dello spazio, e
quale sia stata l’esperienza vissuta, momento dopo momento, passo
dopo passo. E per poter capire dovevo necessariamente addentrarmi
nella vita privata di Neil. Questa è una storia che doveva essere
articolata tra la Luna e il lavello della cucina, tra l’immensità
dello spazio e il tessuto della vita quotidiana. Ho deciso di
girare il film come un reportage, e di catturare sia la missione
nello spazio che i momenti più intimi e privati della famiglia
Armstrong come un testimone invisibile. Speravo che questo
approccio potesse mettere in luce il tormento, la gioia, i momenti
di vita vissuta e perduta in nome di uno dei traguardi più celebri
della storia: lo sbarco sulla Luna.
Dalla serata di ieri sera sta
circolando un clamoroso rumors per chiunque aspetti l’arrivo di
Star
Wars: Episodio IX al cinema. Secondo infatti
Variety, l’attore Matt Smith si sarebbe
aggiunto in queste ore al cast del film di JJ
Abrams. La testata statunitense non ha rivelato nulla di
più sul ruolo che l’attore andrebbe a ricoprire, definito però come
un “ruolo chiave”. Attualmente non ci sono conferme né da parte
della produzione, né dall’interprete stesso. Si attendono dunque
avvistamenti della star di The Crown sul set che
in questo momento è allestito proprio nel Regno Unito, patria di
Smith.
Se la notizia venisse accertata, il
cast di quest’ultimo episodio della celebre saga diventerebbe
ancora più stellare. Solo al momento sono stati infatti già
confermati Daisy Ridley, Adam
Driver, John Boyega, Oscar
Isaac, Domhnall Gleeson, Kelly
Marie Tran, Joonas Suotamo,
Billie Lourd (che ha preso in mano l’eredità dalla
madre Carrie Fisher), Lupita Nyong’o, ed
ovviamente le vecchie glorie Mark Hamill,
Anthony Daniels, Billy Dee
Williams, Carrie Fisher (con l’ausilio di
materiali d’archivio). New entry invece già confermate:
Naomi Ackie, Keri Russell e Richard E.
Grant.
Star Wars: Episodio IX
arriverà al cinema nel Dicembre 2019.
Il prossimo appuntamento con la
saga è a dicembre con l’Episodio VIII. Il
filmsarà diretto da Rian
Johnson e arriverà al cinema il 15 dicembre 2017. Il film
racconterà le vicende immediatamente successive a Il
Risveglio della Forza.
Con l’avvio delle riprese di
Star
Wars: Episodio IX iniziate circa un mese fa, si
cominciano ad avere i primi aggiornamenti sul cast. L’ultimo ad
essersi aggiunto alla lunga schiera di nomi è stato l’attore
Greg Grunberg che i fan ricorderanno come
l’interprete di Snap Wexley in Star Wars: Il risveglio della forza. La sua
assenza nell’episodio successivo, Star Wars: Gli ultimi Jedi, aveva insospettito
gli appassionati e già cominciavano a circolare rumors sul totale
abbandono del suo personaggio da parte franchise. L’annuncio del
suo ritorno era però prevedibile da un’intervista rilasciata
dall’attore qualche settimana fa:
“Sarà meglio che mi facciano
tornare, altrimenti mia moglie mi ucciderà per avermi fatto
crescere la barba!” aveva scherzato sulle pagine di Yahoo!
News, aggiungendo poi di non poter rivelare altro sulla sua
partecipazione. Era comunque prevedibile un suo reinserimento nella
saga: il regista JJ Abrams è infatti solito
circondarsi di attori di fiducia sul set, e non si può certo dire
che negli ultimi anni siano mancate le collaborazioni con Grunberg.
Da LOST a Alias, a
Mission Impossible III, i due hanno sempre
rinnovato la collaborazione, anche se all’attore non è mai stato
affidato un ruolo in primo piano. Vedremo quanto minutaggio gli
avrà riservato il regista questa volta.
Star Wars: Episodio IX
arriverà nei cinema nel Dicembre 2019.
Prenderà il via domani, giovedì 30
agosto alle 14 in Sala Perla (Palazzo del Casinò) la 33.
Settimana Internazionale della Critica con il
lungometraggio d’apertura Tumbbad, evento
speciale fuori concorso, diretto dai registi indiani Rahi Anil
Barve e Adesh Prasad accompagnati dal protagonista e produttore
Sohum Shah, che dopo la proiezione saranno coinvolti in un incontro
con il pubblico e la stampa. Questo “fantasy visionario” come lo ha
definito il delegato generale della SIC, Giona A. Nazzaro, è “una
parabola sulla cupidigia, che viaggia alla velocità di un racconto
di Emilio Salgari filmato da Spielberg. Ricco di invenzioni visive,
effetti speciali e sangue, che gioca e dialoga con straordinaria
inventiva fra modernità e tradizione, offrendosi come
un’attendibile riflessione politica sui complessi rapporti fra il
continente indiano, il mondo occidentale e le contraddizioni
post-coloniali”. Ambientato in India nel XIX secolo,
Tumbbad racconta del giovane Vinayak, ossessionato dal
mitico tesoro dei suoi antenati protetto da una divinità
malvagia.
La proiezione Tumbbad sarà
preceduta dal cortometraggio Nessuno è
innocente, evento speciale di apertura della terza
edizione di SIC@SIC (Short Italian Cinema @ Settimana
Internazionale della Critica). Al fianco
dell’interprete Salvatore Esposito, il regista Toni D’Angelo
(L’innocenza di Clara, Filmstudio Mon Amour,
Falchi) presenterà la sua ultima opera in cui ha voluto
mostrare un volto sconosciuto di Scampia, allontanandosi dai luoghi
comuni e dalle notizie di cronaca nera che la descrivono come
inferno dantesco.
La Settimana Internazionale
della Critica (SIC) è una sezione autonoma e parallela
organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici
Italiani (SNCCI) nell’ambito della 75. Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di
Venezia (29 agosto – 8 settembre 2018) e composta da una selezione
di setteopere prime in
concorso e dueeventi
speciali, tutti presentati in anteprima
mondiale. SIC@SIC (Short Italian Cinema @ Settimana
Internazionale della Critica) propone una selezione competitiva di
sette cortometraggi di autori italiani non ancora approdati al
lungometraggio, e tre eventi speciali fuori concorso, tutti
presentati in prima mondiale; nasce dalla sinergia fra
il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici
Italiani (SNCCI) e Istituto
Luce-Cinecittà, ed è una delle iniziative per il supporto
allo sviluppo del nuovo cinema italiano e per la promozione dei
giovani autori. La selezione dei lungometraggi e dei cortometraggi
presentati alla Settimana Internazionale della Critica è curata
dal Delegato Generale della
SIC Giona A. Nazzaro con i membri della
commissione di selezione Luigi Abiusi, Alberto Anile,
Beatrice Fiorentino e Massimo Tria.
I sette lungometraggi in concorso
alla 33. Settimana Internazionale della Critica
concorrono al Premio del pubblico Sun Film Group
consistente in un riconoscimento di € 5.000. Inoltre, i film della
sezione concorrono all’assegnazione del Premio Circolo del
Cinema di Verona, assegnato da una giuria composta dai
soci del Circolo di Verona Emilia Cantieri, Francesco Corezzola,
Francesco Lughezzani, Luca Mantovani e Bianca Meneghini e destinato
al film più innovativo della sezione, e del Premio Mario
Serandrei – Hotel Saturnia per il Miglior Contributo
Tecnico, sponsorizzato dall’Hotel Saturnia di Venezia e assegnato
da una commissione di esperti composta da Adriano De Grandis,
Roberto Manassero e Daniela Persico. I film della SIC, come tutte
le opere prime di lungometraggio presentate nelle diverse sezioni
competitive della Mostra (Selezione Ufficiale e Sezioni Autonome e
Parallele), concorrono all’assegnazione del Leone del
Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De
Laurentiis”.
I sette cortometraggi in concorso
di SIC@SIC concorrono all’assegnazione del
Premio al Miglior Cortometraggio offerto da Frame
by Frame, Premio alla Migliore Regia offerto da
Stadion Video, e Premio al Miglior Contributo
Tecnico offerto da Fondazione Fare Cinema. I
riconoscimenti verranno assegnati da una giuria composta dai membri
della Woche der Kritik (Settimana della Critica di Berlino):
Frédéric Jaeger, Dennis Vetter e Jendrik Walendy, guidati da
Michael Hack.
01 Distribution ha
diffuso il trailer ufficiale di Capro
Revolution, il nuovo film di Mario Martone che sarà
presentato a Venezia 75.
https://youtu.be/bXtER5DSd7c
Capro Revolution, la trama
Siamo nel 1914, l’Italia sta per
entrare in guerra. Una comune di giovani nordeuropei ha trovato
sull’isola di Capri il luogo ideale per la propria ricerca nella
vita e nell’arte. Ma l’isola ha una sua propria e forte identità,
che si incarna in una ragazza, una capraia il cui nome è Lucia
(Marianna Fontana). Il film narra l’incontro tra Lucia, la comune
guidata da Seybu (Reinout Scholten van Aschat) e il giovane medico
del paese (Antonio Folletto).
E narra di un’isola unica al mondo,
la montagna dolomitica precipitata nelle acque del Mediterraneo che
all’inizio del Novecento ha attratto come un magnete chiunque
sentisse la spinta dell’utopia e coltivasse ideali di libertà, come
i russi che, esuli a Capri, si preparavano alla rivoluzione.
Il classico del cinema
muto Il Golem – Come venne al
mondo (Der Golem – Wie er in die Welt
kam, 1920, 76’), scritto e diretto da Paul
Wegener, è il film scelto per la serata
di Pre-apertura di martedì28
agosto della 75. Mostra Internazionale
d’Arte
Cinematografica dellaBiennale
di Venezia, che si terrà nella Sala
Darsena(Palazzo del Cinema) al Lido.
Il
Golem sarà proiettato in una nuova
copiadigitale tratta dal
negativo originaleritenuto perduto, con
unrestauro in 4K a cura
della Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung di
Wiesbaden (Germania) e della Cinémathèque Royale de
Belgique (Cinematek) di Bruxelles, presentato
in prima mondiale. Il restauro digitale è
stato eseguito dall’Immagine Ritrovata di
Bologna.
La proiezione
de Il Golem sarà sonorizzata
con la musica originale del
maestro Admir Shkurtaj commissionata dalla Biennale di
Venezia, eseguita dal vivo dal Mesimèr
Ensemble così composto: Hersjana
Matmuja (soprano), Giorgio
Distante (tromba in sib, tromba
midi), Pino Basile (cupafon – set di
tamburi a frizione, percussioni, ocarina), Vanessa
Sotgiù (sintetizzatore,
pianoforte), Iacopo
Conoci(violoncello), Admir
Shkurtaj (direzione, elettronica, fisarmonica,
pianoforte).
La 75. Mostra del
Cinema di Venezia si terrà al Lido dal 29 agosto
all’8 settembre 2018 diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla
Biennale presieduta da Paolo Baratta.