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Kristian Ghedina: Storie di Sci – il trailer in esclusiva

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Kristian Ghedina: Storie di Sci – il trailer in esclusiva

Ecco il trailer di Kristian Ghedina: Storie di Sci. Dopo essere stato presentato durante l’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il docufilm arriva finalmente al cinema a novembre con RS Productions, in concomitanza con i primi eventi pre-Olimpici 2025-2026.

Kristian Ghedina: Storie di Sci è un’opera che si preannuncia essere un’impresa cinematografica adrenalinica, coinvolgente ed emozionante, perfetta per il percorso culturale e artistico di avvicinamento ai Giochi Invernali di Milano Cortina 2026: il trailer offre uno sguardo dietro le quinte della carriera del campione attraverso aneddoti e testimonianze su una vera e propria leggenda dello sci, rievocando i suoi momenti più emblematici sulle piste.

Scritto e diretto da Paolo Galassi (I ragazzi del Columbus, Wasteland, Del Monte Memories), il docufilm vede protagonista il leggendario sciatore Kristian Ghedina, con il prezioso contributo narrativo dell’ex sportivo della neve e commentatore TV Paolo De Chiesa. Prodotto e distribuito da RS Productions, il progetto rientra nell’ambito dell’Olimpiade Culturale, programma che accompagna il percorso verso i Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali, con l’obiettivo di celebrare e promuovere i valori Olimpici e Paralimpici attraverso la cultura, l’arte e il patrimonio italiano.

Il racconto ripercorre sia la vita del personaggio (facendo emergere anche un Kristian inedito e sconosciuto ai più) che la storia dello sci italiano, intrecciandosi con i momenti più iconici delle Olimpiadi e Paralimpiadi, dalla storica edizione di Cortina 1956 fino allo sguardo proiettato sul futuro, con un focus sulle nuove sedi di gara di Milano Cortina 2026 che vengono qui mostrate da una prospettiva unica e inedita. Spazio anche all’evoluzione dell’equipaggiamento di questo sport così entusiasmante e alla metodologia di preparazione atletica, senza dimenticare il fondamentale aspetto della sicurezza sui campi da sci.

Girato tra Cortina, Val Gardena, Bormio, Livigno e Milano, Kristian Ghedina: Storie di Sci valorizza i territori che hanno fatto da teatro alle grandi imprese azzurre sulla neve, con uno sguardo particolare a quelle che saranno protagoniste dei Giochi 2026 (Cortina, Bormio, Livigno, Milano). Ampio spazio anche alle interviste a esponenti istituzionali, politici, campioni dello sci e rappresentanti di Milano Cortina 2026. Tra gli intervistati: Alberto Tomba, Isolde Kostner, Lara Magoni, Peter Runggaldier, Michael Mair, Patrick Lang e il Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini.

Kristian Ghedina: Storie di Sci vuole essere un tributo all’Italia, al suo sport, alla sua montagna e anche alla sua arte, con una colonna sonora del film affidata a grandi nomi della musica: il violinista elettrico Andrea Casta, il rapper Bardo Skeet feat. Clara Moroni e Francesco Baccini, che firma il toccante brano “Matilde Lorenzi” – pubblicato da Edizioni Azzurra Music – dedicato alla giovane sciatrice tragicamente scomparsa durante un allenamento sul ghiacciaio della Val Senales.

Kristian Ghedina: Storie di Sci è uno dei progetti selezionati all’interno dell’iniziativa «Olimpiade Culturale» e arriverà al cinema dal 4 novembre con RS Productions in concomitanza dei primi eventi pre-olimpici 2025-2026.

If I Had Legs I’d Kick You: recensione del film con Rose Byrne – #RoFF20

Delle tante ombre della paternità il cinema è pieno, mentre è solo di recente che si inizia ad esplorare in modo più convinto e convincente i lati sgradevoli della maternità. Soprattutto, a parlarne iniziano ad essere sempre di più le donne stesse, aggiungendo quella consapevolezza in più che gli è propria sul tema. È quello che fa anche Mary Bronstein con il film If I Had Legs I’d Kick You, presentato prima in concorso al Festival del Cinema di Berlino e poi in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma, dove lo abbiamo visto in anteprima in attesa dell’uscita nelle sale italiane.

L’idea per il film, generatasi a partire da esperienze personali e passato attraverso una lunga gestazione, offre infatti un posto privilegiato per assistere alla crisi e alle difficoltà di una madre costretta a fare i conti con difficoltà che si potrebbero definire sovrumane. Interpretata da Rose Byrne, premiata a Berlino per la sua performance, la protagonista è infatti chiamata a dimostrare un istinto materno spinto ai limiti del tollerabile per via dela malattia della figlia e la difficoltà nel gestirla. Ma c’è un momento in cui si può venire meno a tutto questo?

La trama di If I Had Legs I’d Kick You

Linda (Rose Byrne), una donna di mezza età, non sta attraversando un buon momento. Con il marito sempre in viaggio per lavoro e una figlia malata fin dalla nascita, Linda non trova conforto nel lavoro e non riceve alcun sostegno dal suo terapeuta. A causa di un danno alla sua casa, è poi costretta a trasferirsi con la figlia in un motel con breve preavviso, dove rischia di perdere definitivamente il contatto con la realtà.

Conan O'Brien e Rose Byrne in If I Had Legs I'd Kick You
Conan O’Brien e Rose Byrne in If I Had Legs I’d Kick You

Il lato oscuro della maternità

Si apre con una chiara dichiarazione d’intenti il film: un primo piano di Rose Byrne che esclude ogni cosa e ogni persona accanto a lei. Ma poi l’inquadratura si stringe, si stringe e si stringe ancora fino ad includere il solo dettagli degli occhi di lei. Un senso di chiusura, alienazione e anche claustrofobia che proseguire pressoché nel corso di tutto il film. Già da qui, dalla primissima inquadratura, la regista setta il tono, stabilisce l’emotività e il punto di vista della protagonista quali motori primari del racconto.

Da lì in avanti, infatti, se anche il film si aprirà ad includere gli altri personaggi che gravitano attorno a Linda – il suo terapista, la dottoressa della figlia, l’amichevole James – si avverte ugualmente una certa distanza tra lei e questi ultimi. Distanza che si può ritenere effetto del suo tentativo di chiedere aiuto, del suo cercare vie di fuga da una condizione che è diventata asfissiante. Tentativi che vengono però messi continuamente a tacere, minimizzati se non addirittura ignorati.

Ecco allora che If I Had Legs I’d Kick You affronta un altro aspetto raramente trattato al cinema, ovvero quello del “burnout del caregiver”. Quasi un tabù, che si sceglie di ignorare perché fare così risulta più semplice che accorgersi dei segnali di aiuto. Nell’isolamento che progressivamente avvolge Linda, si ritrova dunque il grido disperato di un’intera categoria, rappresentata in questo caso da una madre sfinita, che si chiede se può esserci una pausa da questo ruolo che la natura le ha donato.

Rose Byrne in If I Had Legs I'd Kick You
Rose Byrne in If I Had Legs I’d Kick You

Rose Byrne impreziosisce un film altrimenti didascalico

If I Had Legs I’d Kick You si articola dunque interamente attorno a questi concetti, con Bronstein che attua una serie di scelte di regie volte ad amplificarne la portata, dalla pressoché totale esclusione della figlia e del marito – confinati oltre l’inquadratura – fino al cambio di registro – dallo humor all’horror. Si ha però la sensazione a più riprese di un eccessivo didascalismo in alcuni espedienti narrativi, a partire dal buco nel soffitto che si apre nella casa della protagonista e che la costringe a soggiornare in un motel.

Un buco che fin troppo evidentemente esteriorizza quello che lei sente dentro di sé, che pensava la maternità avrebbe tappato e che invece ha solo accentuato. Una vera e propria ferita nella casa che ricorda quella proposta da Darren Aronofsky in Madre!, ma che qui risulta appunto poco più di un calcare la mano sul tema. Fortunatamente, l’intensa e sofferente interpretazione di Rose Byrne distoglie l’attenzione da questi intoppi, rapendo l’attenzione (grazie anche ai primissimi piani che le vengono riservati) e impreziosendo l’intero racconto.

Un racconto che indubbiamente lascia più di qualche ferita nello spettatore, specialmente se può avere modo di ritrovarsi in dinamiche anche solo lontanamente simili a quelle della protagonista. Il monito è però in fin dei conti quello di essere più ricettivi nei confronti dei segnali d’aiuto di chi ci sta intorno, spingendoci però anche a riflettere su quanto sia difficile salvarsi se non lo si fa da sé. Un messaggio probabilmente non immediatamente rincuorante, ma che mira ad esaltare la forza individuale e nel finale apre ad uno spiraglio di speranza.

Jeremy Allen White canta davvero in Springsteen – Liberami dal nulla?

Springsteen – Liberami dal nulla (Deliver Me from Nowhere) mostra un’ottima interpretazione di Jeremy Allen White nel ruolo principale. Il film è una biografia di Bruce Springsteen che copre il periodo in cui lavorava al suo famoso album Nebraska, concepito mentre registrava “Born to Run” con la E Street Band. È anche basato sull’omonimo libro di Warren Zanes. Il film è scritto e diretto da Scott Cooper e, oltre a White, vede la partecipazione di un cast di supporto che include Stephen Graham, Marc Maron, Jeremy Strong e Gaby Hoffman.

Sebbene i film biografici sulla musica siano di tendenza, interpretare un’icona della musica è un compito particolarmente difficile. Alcuni attori scelgono di cantare con la propria voce, come Timothée Chalamet nel film biografico su Bob Dylan A Complete Unknown. Altri recitano nei ruoli senza cantare, come Rami Malek in Bohemian Rhapsody, che non ha interpretato la potente voce di Freddie Mercury. Springsteen è un cantante potente e distintivo, difficile da imitare, e una domanda chiave che molti spettatori si porranno è se White canterà con la propria voce.

Sì, Jeremy Allen White canta e suona la chitarra in Springsteen – Liberami dal nulla

Questo dettaglio è stato confermato nelle interviste

White ha deciso di cantare con la propria voce in Springsteen – Liberami dal nulla (la nostra recensione). Questo è stato pubblicizzato nella campagna promozionale del film biografico e si sa che ha ottenuto l’approvazione dello stesso Boss. Secondo Variety, Springsteen ha dichiarato all’inizio di quest’anno che White “canta molto bene”. In una recente intervista con ScreenRant, il co-protagonista Hoffman ha osservato che Springsteen “non riusciva a credere che quella che stava ascoltando non fosse la sua voce” quando ha sentito White interpretare il ruolo. Questi erano tutti indicatori molto chiari del fatto che White cantasse con la propria voce.

Ancor prima che Springsteen reagisse alla performance di White, era stato confermato che l’attore avrebbe anche suonato la chitarra nel film. Ciò è stato confermato da Variety nel giugno 2024. Mostrare entrambe le abilità musicali è una sfida notevole per l’attore, che non ha mai avuto un ruolo importante nel canto in un film prima d’ora. Ciononostante, White e il suo team erano determinati a far sì che l’attore suonasse e cantasse in modo autentico per il film. Ciò non dovrebbe sorprendere più di tanto, dato che l’attore si era già allenato in precedenza per The Bear, che prevedeva di lavorare in un ristorante Michelin.

Come suggerisce il trailer in alcuni dialoghi, Nebraska rappresentava un notevole allontanamento dallo stile tipico di Springsteen fino a quel momento.

In Springsteen – Liberami dal nulla si possono vedere alcuni frammenti di White che suona e canta. Lo si vede prima suonare la chitarra e canticchiare la demo della canzone “Starkweather”, che in seguito sarebbe diventata la canzone principale di Nebraska. Più avanti nel trailer, lo si sente cantare una versione più completa di “Nebraska”, che diventa la colonna sonora di gran parte del trailer. Più avanti nel trailer lo si vede anche suonare la chitarra elettrica e alla fine cantare una parte di “Born to Run”.

Come si confronta la voce di Jeremy Allen White con quella di Bruce Springsteen

Springsteen - Liberami dal nulla 2025

Fa un lavoro fantastico

Come accennato in alcuni dialoghi del trailer, Nebraska rappresentò un notevole allontanamento dallo stile tipico di Springsteen fino a quel momento. Allontanandosi dalle note trascinanti di “Born in the U.S.A.” o “Born to Run”, per questo album del 1982 ha optato per un sound acustico più sobrio. Pertanto, White ha la sfida non solo di imitare Springsteen, ma anche di impersonarlo in uno stile che è di per sé molto lontano dal sound abituale del cantante. Dovrà padroneggiare questo stile e, come mostra il trailer, cantare anche alcuni successi di Springsteen.

White è assolutamente impeccabile nel cantare “Nebraska”. Nonostante l’attore suonasse la chitarra e iniziasse a canticchiare la melodia, per un attimo è sembrato che Springsteen – Liberami dal nulla fosse passato a riprodurre un clip audio dello stesso Springsteen che cantava la canzone. White ha proprio una voce simile. Padroneggia le inflessioni, il fraseggio e persino l’accento finto che Springsteen ha nella canzone originale. Questo tipo di tono vocale è abbastanza costante per tutta la durata dell’album Nebraska, quindi la provocazione di White è eccitante.

La sua versione di “Born to Run” suona leggermente meno autentica. Include la voce roca che caratterizza il lavoro di Springsteen, ma forse la esagera un po’. Questo è un elemento distintivo di gran parte del lavoro vocale di Springsteen, e ci sono versioni live più roche come quella rappresentata nel trailer di Springsteen – Liberami dal nulla, quindi ha senso che White si sia concentrato su questa caratteristica. Speriamo che il suo lavoro su “Born to Run” nel suo complesso riesca a eguagliare la qualità dinamica che ha già dimostrato in “Nebraska”.

Springsteen – Liberami dal nulla: la storia vera dietro il biopic con Jeremy Allen White

Arriva nelle sale il 24 ottobre 2025 Springsteen – Liberami dal nulla (Deliver Me from Nowhere), il biopic scritto e diretto da Scott Cooper che ripercorre uno dei momenti più fragili e rivelatori nella vita di Bruce Springsteen. Il film, interpretato da Jeremy Allen White (The Bear), porta sul grande schermo il periodo che portò alla nascita di Nebraska, l’album più intimo e oscuro del “Boss”, e racconta come la musica divenne per lui una via di guarigione da traumi familiari e crisi personali.

Prodotto da 20th Century Studios, il film si ispira al libro omonimo del giornalista Warren Zanes ma si basa anche sui racconti personali che Springsteen ha condiviso con Cooper, offrendo così un ritratto umano e vulnerabile del leggendario rocker del New Jersey.

L’infanzia difficile e il rapporto complesso con il padre

Tra i momenti più intensi del film c’è il rapporto tra il giovane Bruce e il padre Douglas (interpretato da Stephen Graham), figura autoritaria e instabile che influenzò profondamente la sensibilità del futuro musicista. Nei flashback in bianco e nero, il film mostra gli episodi di violenza domestica che segnarono la famiglia Springsteen. In una delle scene più drammatiche, Bruce interviene per difendere la madre Adele (Gaby Hoffmann) e, in un impeto di rabbia e paura, colpisce il padre con una mazza da baseball.

La scena è ispirata a un fatto realmente accaduto: “Bruce mi disse che non sapeva cosa sarebbe successo dopo, ma doveva farlo per proteggere sua madre”, ha spiegato Cooper. Più avanti nel film, la riconciliazione tra padre e figlio – con Douglas che chiede al figlio di sedersi sulle sue ginocchia dopo un concerto – rappresenta uno dei momenti più toccanti, tratto anch’esso da un episodio vero.

Le relazioni sentimentali e il personaggio di Faye

Springsteen - Liberami dal nulla
Springsteen – Liberami dal nulla – Odessa Young e Jeremy Allen White – Cortesia The Walt Disney Company Italia

Accanto al percorso familiare, Springsteen – Liberami dal nulla (la nostra recensione) esplora anche la difficoltà del cantautore nel vivere relazioni affettive. Nella finzione, Bruce si lega a Faye (interpretata da Odessa Young), una giovane madre e cameriera di Asbury Park. Sebbene Faye sia un personaggio inventato, è ispirata a diverse donne realmente presenti nella vita del musicista in quegli anni.

Attraverso di lei, Cooper indaga la solitudine e la distanza emotiva di Springsteen, incapace di mantenere un rapporto stabile mentre era completamente assorbito dal proprio processo creativo. “La verità su di sé non è mai bella”, racconta il regista citando le parole del musicista. “Bruce non riusciva a connettersi con gli altri perché non riusciva a connettersi con se stesso.”

La depressione, la corsa notturna e il ruolo salvifico della musica

Il film non teme di affrontare i momenti più oscuri della vita del rocker. In una sequenza di forte impatto visivo, Springsteen guida a tutta velocità lungo una strada deserta, sul punto di schiantarsi: una scena che, secondo Cooper, nasce da un episodio reale in cui Bruce ammise di aver pensato di togliersi la vita. “Era arrivato al limite – racconta il regista – ma all’ultimo istante ha premuto il freno.”

Decisivo in quella fase fu l’intervento del suo manager Jon Landau (interpretato da Jeremy Strong), che lo spinse a intraprendere un percorso di terapia. Da quel momento Springsteen cominciò un lento processo di rinascita personale e artistica, che avrebbe segnato tutta la sua produzione successiva.

Un ritratto autentico tra musica, dolore e redenzione

Springsteen – Liberami dal nulla – Stephen Graham – Cortesia The Walt Disney Company Italia

Con una regia sobria e una fotografia dai toni malinconici, Springsteen – Liberami dal nulla si distingue come uno dei biopic musicali più personali degli ultimi anni. Lontano dai cliché del genere, il film di Scott Cooper restituisce la dimensione intima di un artista che ha trasformato il dolore in arte, offrendo un racconto di caduta e redenzione che parla a chiunque abbia conosciuto la fragilità.

Grazie all’interpretazione intensa di Jeremy Allen White e a una colonna sonora che alterna brani originali di Nebraska a nuove orchestrazioni, il film si candida a essere tra i titoli più acclamati della stagione dei premi.

Rose Byrne sul tappeto rosso della Festa del Cinema di Roma 2025

Rose Byrne sul tappeto rosso della Festa del Cinema di Roma 2025

L’attrice Rose Byrne ha sfilato sul tappeto rosso della Festa del Cinema di Roma 2025 dove ha presentato If I had Legs I’d Kick You (qui la nostra recensione), il film diretto da Mary Bronstein, insieme a lei all’evento romano. Con loro, sul red carpet, Andrea Romeo di I Wonder, distributore italiano del film che arriverà nelle nostre sale prossimamente.

Il film vede protagonista una straordinaria Rose Byrne, miglior attrice allo scorso festival di Berlino: l’interprete ci regala la performance più convincente della sua carriera nei panni di Linda, madre lavoratrice sull’orlo di un esaurimento nervoso. Stretta tra la misteriosa malattia della figlia, un marito lontano, pazienti ingestibili e una voragine che si apre nel soffitto di casa, la sua vita si sgretola in modo caotico e spesso grottescamente comico. Una tragicommedia audace e senza filtri che racconta con lucidità il peso soffocante della genitorialità solitaria.

Michael B. Jordan in trattative per interpretare Ricardo Tubbs in Miami Vice di Joseph Kosinski

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Michael B. Jordan è in trattative iniziali per interpretare Ricardo “Rico” Tubbs nel reboot cinematografico di Miami Vice di Joseph Kosinski.

Michael B. Jordan, uno degli attori più amati di Hollywood, è la scelta ideale per un autore di blockbuster come Kosinski, la cui filmografia include pellicole come “Top Gun: Maverick” e “F1: Il Film“. Come Kosinski, Jordan ha un talento naturale nell’infondere storie umane autentiche in film di successo, come nel franchise di “Creed“, di cui è anche regista.

Michael B. Jordan è un punto fermo di Hollywood da oltre un decennio, emergendo con film come “Fruitvale Station“, “Just Mercy“, i film di “Black Panther” e, più recentemente, con il blockbuster “I Peccatori (Sinners)“. Jordan ha recitato una doppia parte nell’epico horror di Ryan Coogler, interpretando i gemelli Smoke e Stack. Uscito il 18 aprile con grande successo di critica, “I Peccatori (Sinners)” è diventato il film horror originale con il maggior incasso di tutti i tempi, incassando 366 milioni di dollari in tutto il mondo. Jordan è attualmente impegnato nella regia, nella produzione (con la sua Outlier Society) e nell’interpretazione di “The Thomas Crown Affair” per Amazon MGM Studios.

Miami Vice di Kosinski e Universal Pictures è stato annunciato per la prima volta ad aprile, con una data di uscita fissata per il 6 agosto 2027. Il film è basato sulla serie TV degli anni ’80, con Don Johnson e Philip Michael Thomas, nei panni di detective sotto copertura nel sud della Florida. Secondo la sinossi ufficiale, il reboot “esplora il glamour e la corruzione della Miami di metà anni ’80” ed è “ispirato all’episodio pilota e alla prima stagione della storica serie televisiva che ha influenzato la cultura e ha dettato lo stile di tutto, dalla moda al cinema”.

It – Welcome to Derry: tutto quello che sappiamo sulla serie prequel di It

It – Welcome to Derry è il prequel dei film di grande successo di Andy Muscietti tratti dai romanzi di Stephen King It e It Chapter Two, e dato che i lavori per la serie TV It sono già a buon punto su HBO Max, c’è già molto di cui discutere. I film e la storia di It sono ambientati nella città di Derry, nel Maine, che ogni 27 anni è tormentata da una presenza malvagia conosciuta come Pennywise. Pennywise è un clown demoniaco di origine extradimensionale, in grado di assumere una varietà di forme macabre.

Pennywise si nutre della paura e il suo spuntino preferito sono i bambini, il che lo rende un avversario più che terrificante in It e It Chapter Two. Sebbene le origini di Pennywise, compreso il motivo per cui assume la forma di un clown, siano accennate nel romanzo originale di Stephen King e nei film It di Muscietti, gran parte del suo passato rimane misterioso. La prossima serie prequel di It, It – Welcome to Derry, approfondirà la storia del clown assassino di Derry e offrirà uno sguardo molto più approfondito su come il suo regno di terrore influenzi la città immaginaria nel Maine.

Ultime notizie su IT – Welcome To Derry

IT - Welcome to Derry Pennywise
IT: Welcome to Derry – courtesy of HBO

Confermato il piano di uscita di Welcome To Derry dopo le voci di un ritardo

La rete non ha fornito ulteriori dettagli, né ha ristretto l’ampia finestra di uscita a un determinato mese o trimestre dell’anno.

Diversi mesi dopo che la serie prequel di Stephen King è stata presentata nel trailer della HBO per il 2025, le ultime notizie confermano il piano di uscita di Welcome to Derry. La tanto attesa serie It è stata oggetto di una miriade di voci su Internet che suggerivano che lo show non sarebbe arrivato prima del 2026. Ora, HBO ha fatto chiarezza confermando che Welcome to Derry arriverà nel corso del 2025. Tuttavia, la rete non ha fornito ulteriori dettagli, né ha ristretto l’ampia finestra di uscita a un determinato mese o trimestre dell’anno.

Welcome To Derry è confermato

IT Welcome to Derry serie

La serie prequel di It sta per arrivare

Welcome to Derry è confermato, con l’annuncio fatto nel marzo 2022 (tramite Variety) insieme alla rivelazione che Andy e Barbara Muschietti e Jason Fuchs avrebbero prodotto la serie prequel di It per HBO Max. Le riprese sono iniziate nel 2023, ma sono state subito ritardate a causa dello sciopero SAG-AFTRA, che è stato infine risolto nel novembre 2023. Il produttore Jason Fuchs ha rivelato che le riprese sono terminate dopo oltre 200 giorni nell’agosto 2024.

Il cast di IT – Welcome To Derry

IT - Welcome to Derry Pennywise
IT: Welcome to Derry – courtesy of HBO

Chi interpreterà Pennywise nella serie prequel di It della HBO?

Il cast di Welcome to Derry è stato in gran parte rivelato, anche se non ci sono state anticipazioni su chi interpreteranno gli attori protagonisti della serie prequel di It della HBO. La maggior parte degli attori annunciati finora compongono il cast più giovane dello show, seguendo la tendenza stabilita da It, che vedeva un gruppo di giovani disadattati affrontare la creatura interdimensionale. Anche se probabilmente ci saranno alcuni collegamenti con il cast degli ultimi film di It, i personaggi saranno probabilmente tutti nuovi, dato che la serie è ambientata negli anni ’60.

È stato ora confermato che Bill Skarsgård riprenderà il ruolo di Pennywise il clown danzante. Notizie precedenti suggerivano che non sarebbe apparso nel prequel, ma ora il veterano attore caratterista indosserà nuovamente il costume da clown e ricoprirà anche il doppio ruolo di produttore esecutivo. Sono stati annunciati molti membri del cast, tra cui Alixandra Fuchs, Kimberly Guerrero, Dorian Grey, Thomas Mitchell, BJ Harrison, Peter Outerbridge, Shane Marriott, Chad Rook, Joshua Odjick e Morningstar Angeline.

La storia di IT – Welcome To Derry

IT - Welcome to Derry Pennywise
IT: Welcome to Derry – courtesy of HBO

La serie esplora Derry negli anni ’60

Ci sono molti aspetti della storia di Pennywise che non sono stati esplorati, e il libro ha solo accennato alla lunga storia tra la città di Derry e il mostro interdimensionale.

Molto poco è stato rivelato sulla trama di Welcome to Derry. Stephen King non ha mai scritto un prequel di It, quindi la storia della serie HBO sarà completamente originale. Gli unici dettagli confermati sono che conterrà la storia delle origini di Pennywise e che sarà ambientata negli anni ’60 (via Variety). Ci sono molti aspetti della leggenda di Pennywise che non sono stati esplorati, e il libro si limita a accennare alla lunga storia tra la città di Derry e il mostro interdimensionale.

Un indizio importante è la storia del Black Spot, un club che accoglieva la comunità nera di Derry e che fu bruciato dai suprematisti bianchi. La storia viene raccontata a Mike da suo padre Will nel libro, e le immagini della serie rivelano che Welcome to Derry potrebbe esplorare quel terribile evento nella storia della città.

IT – Welcome To Derry – Trailer

Guarda il trailer

Il primo filmato di Welcome to Derry è stato rivelato come parte dell’ultima promozione della HBO per le serie nuove e quelle di ritorno. Il filmato è una piccola parte del video, che inizia al minuto 1:35, nella sezione “In arrivo nel 2025”.

Mostra un gruppo di bambini in bicicletta, il palloncino rosso di Pennywise e una voce fuori campo che dice: “Questa non è l’America, questa è Derry.” Anche se il nuovo filmato non rivela molto, dà una buona idea di come la serie prequel di IT affronterà il materiale originale.

Un altro trailer è stato pubblicato dalla HBO nell’agosto 2024 e mostrava un breve frammento della prossima stagione di Welcome to Derry. Anche se il teaser non svela quasi nulla, mette in evidenza la narrazione cruenta e il terrore generale che pervaderà la serie di Stephen King.

The Toxic Avenger: recensione del remake del cult della Troma con Peter Dinklage – #RoFF20

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Con Peter Dinklage nel ruolo del protagonista, The Toxic Avenger esce finalmente nelle nostre sale il 30 ottobre distribuito da Eagle Pictures, dopo essere stato presentato nel circuito dei festival e in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma 2025. Alla regia c’è Macon Blair, già Gran Premio della Giuria al Sundance del 2017 col suo I Don’t Feel at Home in This World Anymore che affronta il mito Troma abbracciandone le caratteristiche, ma forse ripulendolo un po’ troppo.

Ma facciamo un passo indietro…

C’era una volta la Troma

È il 1974 quando nasce la Troma Entertainment, casa di produzione statunitense fondata da Lloyd Kaufman e Michael Herz, specializzata in film a bassissimo costo e altissimo tasso di splatter, nudità, irriverenza, e tutto ciò che di più sgradevolmente divertente riuscite a immaginare.

Con Troma esordiscono autori del calibro di Trey Parker e Matt Stone, futuri creatori di South Park e soprattutto quel James Gunn che negli ultimi anni è diventato il re Mida dei cinecomics, indifferentemente che fossero targati Marvel o DC.

E, a proposito di cinecomics, nel 1984, un’epoca dorata in cui quel termine era ben lontano dall’identificare il più remunerativo genere cinematografico del ventunesimo secolo, Troma passa dall’essere una micro-casa di produzione exploitation, a assoluta mitologia facendo uscire nelle sale The Toxic Avenger. È un instant cult.

The Toxic Avenger
The Toxic Avenger Cortesia di Eagle Pictures

Nel film, diretto dagli stessi Herz e Kaufman conosciamo Melvin, timido addetto alle pulizie di una palestra che, buttato da alcuni bulli in un barile di rifiuti tossici, si trasforma in un mostro buono: il vendicatore tossico!Armato di mocio e senso della giustizia, Toxie (così, lo chiamano gli amici) ripulisce la corrotta Tromaville a colpi di vendetta iper-violenta dal taglio volontariamente cartoonesco. Utilizzando un’estetica da Z-Movie per mettere in berlina le contraddizioni dell’America reaganiana, il film dimostra  per la prima volta che anche dalla scena indie più low budget poteva nascere una vera e propria icona pop. Il suo successo è stato tale da generare tre sequel (di cui, il quarto capitolo: Citizen Toxie, è forse la vetta assoluta del Troma Way of Life), il cartoon Toxic Crusaders e, infine… l’omonimo remake contemporaneo.

Di cosa parla The Toxic Avenger?

Anche in questo caso, la storia resta volutamente essenziale: un addetto alle pulizie cade nei rifiuti tossici, rinasce giustiziere e, con un mocio in mano, dichiara guerra a una città marcia. A mettergli i bastoni tra le ruote un Kevin Bacon perfettamente a suo agio nei panni del villain “larger than life”, tutto sorrisi lucidi e cinismo da cartone animato e Elijah Wood mascherato e deforme, che in alcune occasioni riesce anche a rubargli la scena. A Taylour Paige e Jacob Tremblay tocca il non facile compito di fare da contrappesi emotivi in un film in cui il rischio di scivolare nel trash è sempre dietro l’angolo. La sorpresa è Peter Dinklage che non scivola nell’insidioso tranello di impersonare una gag vivente e riesce nell’intento di regalarci un eroe tragico e tenero. Interpreta Winston/Toxie come un uomo ferito prima ancora che un mostro: fragile, ironico, capace di un’empatia in grado di contrastare la follia che lo circonda. Il suo lavoro sulla voce e sul corpo nascosto sotto chili di lattice danno uno spessore che Toxie finora ha visto solo da lontano e riescono a tenere insieme il film quando l’eccesso di slapstick rischia di prendere il sopravvento.

Un perfetto popcorn movie di mezzanotte

The Toxic Avenger
The Toxic Avenger Cortesia di Eagle Pictures

Blair non tenta in “nobilitare” il cult dell’84 ma lo rilancia, proponendolo come il più orgoglioso e sfrontato dei midnight movie, a base di effetti prostetici, litri di sangue e battute scorrette, ma con un centro emotivo ben calibrato.  È qui che il film trova il punto d’incontro tra l’energia “amatoriale” del Do It Yourself del marchio Troma e la grandeur inattesa di un cast da primo piano.

A mancare – e forse questo è il difetto più grande del film – è la forza corrosiva della Troma originale. La cattiveria satirica, la rabbia politica dell’originale, in questo caso, è spesso sostituita da simpatiche scenette innocue che di aggressivo e controverso hanno ben poco, e se si entra in sala con l’intento di ritrovare lo spirito tagliente delle pellicole precedenti si potrebbe restare delusi.

Qualcuno leggerà questa “normalizzazione” come un tradimento dei tempi, qualcun altro come la maturazione necessaria per farlo arrivare a un pubblico più ampio.

Nel complesso, The Toxic Avenger riesce a mantenere un certo stile da giocattolo punk: sporco, rumoroso, a tratti diseguale, ma animato da un sincero affetto per il mito e da un protagonista capace di far filtrare, tra le fettucce del mocio, un po’ di vero sentimento. Se vi aspettate coerenza e satira antiamericana da A24, troverete un patchwork sbilenco che potrebbe lasciarvi insoddisfatti; se invece amate i popcorn movie di mezzanotte per ridere, sgranare gli occhi e divertirvi insieme agli amici, il viaggio a Tromaville potrebbe valere il biglietto.

Gen V – Stagione 2: la spiegazione del finale e come prepara il terreno per la quinta stagione di The Boys

Il finale della seconda stagione di Gen V presenta alcune delle scene di combattimento più incredibili della serie e conclude perfettamente molti dei filoni narrativi sottostanti. Allo stesso tempo, prepara il terreno per la quinta stagione di The Boys in più di un modo.

Ambientata dopo gli eventi del finale della quarta stagione di The Boys, la seconda stagione di Gen V continua la storia di Marie, Emma, Jordan, Sam e Cate, mentre i quattro giovani supereroi affrontano il caos crescente nel loro mondo. La serie introduce anche un nuovo supercattivo, Cipher, che alla fine si rivela essere nient’altro che un burattino di Thomas Godolkin.

Prima dell’arco finale della seconda stagione di Gen V, Marie finisce per guarire Thomas Godolkin, che decide di uccidere tutti i super deboli per creare un mondo in cui pochi super potenti regnano sovrani. Sfortunatamente per lui, anche se dimostra di essere un super forte, non tutto va secondo i suoi piani.

Spiegazione del cameo di Starlight e A-Train nel finale della seconda stagione di Gen V

Grazie alle sue incredibili capacità di controllo mentale, Thomas Godolkin finisce per rendere Marie il suo “burattino di carne”. Tuttavia, Polarity arriva presto in soccorso e Marie alla fine uccide il cattivo. Di conseguenza, tutto finisce bene per i giovani supereroi nei momenti finali della seconda stagione di Gen V.

Con loro grande sorpresa, Starlight e A-Train compaiono all’improvviso e ammettono di essere impressionati da ciò che sono riusciti a ottenere. I due ex membri dei Sette li invitano a unirsi alla “Resistenza”. Rendendosi conto che A-Train e Starlight sono dalla “parte dei buoni” e combattono contro i suprematisti dei supereroi, come Homelander, i giovani supereroi accettano di unirsi a loro.

Cos’è la “Resistenza” di Starlight in The Boys

gen v - stagione 2

Gen V stagione 2 non approfondisce troppo il significato di “resistenza”, ma è evidente che si tratta di un movimento contro il regno di Patriota. I “Boys” del titolo della serie si sono sciolti verso la fine della stagione 4 di The Boys, quando Billy Butcher ha intrapreso la sua oscura missione di sradicare tutti i supereroi dal mondo.

Starlight, A-Train, Hughie, Frenchie, Kimiko e Mother’s Milk sembrano ora far parte di una squadra determinata a impedire a Patriota di creare un mondo governato dai supereroi. Poiché resistono ai suoi ideali e lottano per creare un mondo in cui sia i supereroi che le persone normali siano trattati allo stesso modo, insieme formano la “Resistenza”.

Anche i giovani supereroi moralmente buoni di Gen V sembrano ora pronti a combattere la grande battaglia contro Patriota dopo aver accettato di far parte della “resistenza”. Allo stesso tempo, dovranno anche tenere d’occhio Billy Butcher, che sta perseguendo un altro ideale estremo: spazzare via tutti i supereroi.

Perché la visione di Annabeth sul destino di Marie non si è avverata

Gen V - Stagione 2

Annabeth viene presentata come una precog nella seconda stagione di Gen V. Tuttavia, i suoi poteri sembrano essere meno sotto il suo controllo e le sue visioni del futuro si manifestano quasi sempre nei modi più inaspettati. In una delle sue visioni negli episodi finali della seconda stagione di Gen V, vede la morte di Marie e inizia a temere di perdere sua sorella.

Sorprendentemente, però, la visione del futuro di Annabeth non si avvera, poiché Marie alla fine sopravvive. Ci potrebbero essere due ragioni dietro questo:

  • Le sue visioni del futuro sono mere proiezioni di eventi presenti, ma non sono scolpite nella pietra. In parole povere, il futuro che vede può sempre essere cambiato.
  • Ha previsto un evento completamente diverso che si svolgerà nella stagione 5 di The Boys.

Se la prima ipotesi è vera, Marie è riuscita a sfidare il suo destino. Tuttavia, se la seconda ipotesi fosse vera, Marie potrebbe morire nell’ultima stagione di The Boys. La serie la ritrae da tempo come una delle supereroine più forti, il che potrebbe significare che potrebbe affrontare Patriota nella quinta stagione di The Boys. È allora che la visione di Annabeth si avvererà?

Cosa significano la morte di Thomas Godolkin e il potenziamento di Marie per la quinta stagione di The Boys

Thomas Godolkin avrebbe potuto essere un altro “grande cattivo” nella quinta stagione di The Boys. Tuttavia, la capacità di Polarity di resistere al suo potere di controllo mentale diventa la sua più grande debolezza. La sua morte avrà comunque un impatto sugli eventi della quinta stagione di The Boys in più di un modo. Per cominciare, la sfida di Godolkin nei confronti di Sister Sage ha dimostrato che, nonostante fosse l’essere umano più intelligente al mondo, anche lei poteva inciampare.

Il piano di Sister Sage è andato anche contro Patriota, perché lei non gli ha detto nulla di Godolkin o del suo ritorno. Patriota probabilmente ha saputo di lui dopo aver visto il video di annuncio che ha realizzato per tutti gli studenti della God U. Per questo motivo, Homelander avrà senza dubbio un problema con Sister Sage nella stagione 5 e si fiderà di lei un po’ meno di quanto facesse in precedenza.

Patriota chiama persino Sister Sage nel finale della seconda stagione di Gen V, suggerendo che ha scoperto di Thomas Godolkin ed era arrabbiato perché Sage non gli aveva detto nulla su di lui.

Il potenziamento di Marie nell’arco finale della seconda stagione di Gen V la rende una delle supereroine più forti dell’universo di The Boys. Tuttavia, dato che per ora sembra essere alla pari con Victoria Neuman, è difficile non chiedersi se sia in grado di battere qualcuno come Butcher. Per poter avere una possibilità di battere Patriota, sembra che abbia ancora bisogno di salire di livello.

Perché Marie cambia idea sulla guarigione di Cate

Gen V Stagione 2
Gen V Stagione 2 – Cortesia Prime Video

Cate ha tradito la fiducia di tutti nella stagione 1 di Gen V. Per questo motivo, tutti i giovani supereroi principali avevano un buon motivo per non fidarsi di lei nella stagione 2. Il fatto che abbia collaborato con Patriota ha peggiorato ulteriormente le cose. Cate paga il prezzo del suo comportamento moralmente scorretto nella stagione 2, quando una ferita alla testa la lascia quasi senza poteri.

È ancora in grado di usare i suoi poteri, ma questi non funzionano mai come vorrebbe. Tuttavia, è in questo momento che sembra ritrovare se stessa e intraprendere il percorso della redenzione. Si sente in colpa per aver controllato i suoi amici e aver abusato dei suoi poteri su di loro. Inoltre, promette di non usare mai più il suo potere di controllo mentale sui suoi amici e mantiene la parola data.

In questo modo, riconquista la fiducia di Marie, che la perdona aiutandola a guarire. È interessante notare che, quando Cate è stata ricoverata in ospedale dopo l’incidente, ha inconsapevolmente controllato la mente di un’infermiera senza nemmeno toccarla. Questo sembrava suggerire che alla fine avrebbe potuto diventare forte come Thomas Godolkin e usare i suoi poteri senza “toccare”.

Perché Jordan rompe con Marie nel finale della seconda stagione di Gen V

La relazione tra Jordan e Marie attraversa molti alti e bassi, momenti positivi e negativi, durante tutta la seconda stagione di Gen V. Marie sembra un po’ più sicura dei propri sentimenti nei confronti di Jordan, ma Jordan evita di esprimere i propri veri sentimenti. Anche Jordan alla fine cambia idea e dice a Marie che la ama.

Sfortunatamente, Jordan si rende anche conto che la loro relazione potrebbe non funzionare. Uno dei motivi sembra essere il fatto che Marie, come Patriota, è stata creata dal Progetto Odessa ed è stata progettata per essere migliore di quasi tutti gli altri supereroi.

Il fatto che Marie sia più forte degli altri sembra infastidire Jordan. Sembra che Jordan capisca che essere migliore degli altri supereroi potrebbe corrompere Marie. Marie potrebbe non rendersene conto, ma Jordan sembra vedere in lei un lato oscuro che lo infastidisce molto.

Tuttavia, c’è ancora la possibilità che Marie e Jordan alla fine facciano pace e finiscano insieme nell’ultima puntata di The Boys.

Come il finale della seconda stagione di Gen V prepara la quinta stagione di The Boys

Patriota stava diventando sempre più instabile e impulsivo prima che Sister Sage arrivasse e gli mostrasse la strada nella quarta stagione di The Boys. Sage gli ha dimostrato che, se avesse seguito il suo esempio, avrebbe ottenuto molto più di quanto avesse previsto. Tuttavia, dopo il fiasco di Thomas Godolkin, Patriota farà fatica a fidarsi di lei.

Questo potrebbe significare che, invece di accontentarsi di un piano strategico a lungo termine, tornerà alle sue vecchie abitudini e scatenerà il caos nel mondo. Il restringimento della visione di Homelander porterebbe a conseguenze disastrose nella stagione 5 di The Boys. Per questo motivo, è difficile non immaginare che la stagione 5 di The Boys precipiterà in un conflitto enorme, in cui Patriota non si fermerà davanti a nulla per imporre la sua visione distorta.

Fortunatamente, la “Resistenza” ora ha alcuni supereroi incredibilmente potenti nella sua squadra. Come si è visto nei momenti finali della stagione 2 di Gen V, hanno anche dalla loro parte l’“altra” creazione del Progetto Odessa, Marie, che sembra essere pronta ad affrontare Patriota nella stagione 5 di The Boys.

A letto con il nemico: la spiegazione del finale del film

A letto con il nemico: la spiegazione del finale del film

A letto con il nemico (Sleeping with the Enemy), uscito nel 1991 e diretto da Joseph Ruben, è un thriller psicologico che mescola elementi del dramma domestico con la tensione del cinema di suspense. Al centro del film c’è Julia Roberts, che all’epoca era reduce dal successo mondiale di Pretty Woman e qui si cimenta in un ruolo completamente diverso, dimostrando una sorprendente versatilità. Il film si colloca infatti come una tappa importante nella sua carriera, segnando il passaggio da icona romantica a interprete capace di affrontare ruoli più intensi e oscuri. La pellicola combina il ritmo del thriller con una riflessione profonda sulla paura, il controllo e la ricerca di libertà.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Nancy Price, pubblicato nel 1987, che esplora i meccanismi psicologici della violenza domestica e la difficile rinascita di una donna costretta a fuggire dal proprio marito violento. L’adattamento cinematografico di Ruben conserva la struttura essenziale del romanzo, ma accentua gli elementi di tensione e di mistero, costruendo un’atmosfera costante di minaccia latente. La protagonista, Laura, è una donna che simula la propria morte per sfuggire a un matrimonio fatto di terrore, per poi scoprire che il passato non è così facile da lasciarsi alle spalle. Attraverso una regia tesa e un’interpretazione magnetica, il film si impone come uno dei più celebri ritratti hollywoodiani della violenza psicologica nella coppia.

A letto con il nemico affronta temi ancora oggi di forte attualità: il controllo, la paura e la necessità di riconquistare la propria identità dopo anni di sottomissione. Julia Roberts dà volto a un personaggio fragile ma determinato, simbolo di emancipazione e sopravvivenza. Il film non si limita a mostrare la fuga da una relazione tossica, ma indaga il trauma che ne deriva e la difficoltà di fidarsi di nuovo. Nel resto dell’articolo analizzeremo nel dettaglio il finale del film, spiegandone il significato simbolico e come esso racchiuda la piena affermazione della libertà interiore della protagonista.

Julia Roberts e Patrick Bergin in A letto con il nemico
Julia Roberts e Patrick Bergin in A letto con il nemico

La trama di A letto con il nemico

Il film segue la storia di Laura (Julia Roberts) e Martin Burney (Patrick Bergin), una coppia apparentemente felice che abita in una grande casa al mare sull’East Coast. La realtà, tuttavia, è un’altra: l’uomo è violento e possessivo, soprattutto nei confronti della moglie. Dopo l’ennesimo litigio, stanca di sopportare i soprusi del marito, Laura cerca però di pianificare la fuga. L’occasione arriva una sera, quando la coppia viene invitata da amici a fare un giro in barca a vela: con l’arrivo di un improvviso temporale, Laura si getta in mare facendo finta di affogare. Tutti la credono morta, anche se il corpo in realtà non verrà mai ritrovato.

Dopo la cerimonia funebre, Martin riceve una chiamata di condoglianze da parte dell’istruttrice di nuoto della moglie, che lo insospettisce particolarmente perché ha sempre creduto che la donna non sapesse nuotare. Intanto Laura ha completamente cambiato vita e trasformato la sua identità: ora si chiama Sara Waters e abita a Cedar Falls, in Iowa. Qui ha conosciuto Ben (Kevin Anderson), il suo nuovo vicino di casa, del quale finisce per innamorarsi. Tuttavia, quell’idillio verrà spezzato quando Martin riuscirà a ritrovarla, con l’obiettivo di gettarla nuovamente nell’inferno da cui è scappata.

La spiegazione del finale del film

Nel finale di A letto con il nemico, piccoli dettagli domestici rivelano a Laura che Martin è tornato. Gli asciugamani allineati perfettamente, gli oggetti della cucina ordinati come un tempo: segni che solo lui avrebbe potuto lasciare. È l’inizio di un incubo che riaffiora. Martin, ossessionato dal controllo, irrompe nella nuova casa di Laura, deciso a riportarla nel suo dominio. Il confronto tra i due è violento e carico di simbolismo, mentre l’intrusione di Ben, il nuovo compagno, introduce però una possibilità di difesa e solidarietà che prima non esisteva nella vita della protagonista. La scena finale è un confronto diretto tra carnefice e vittima, ma anche una ribellione definitiva contro anni di paura.

Martin, armato, tenta di riprendere il controllo, ma Laura reagisce con una forza che non aveva mai mostrato prima. Dopo averlo ferito, lo tiene sotto tiro e chiama la polizia, ma invece di chiedere protezione – come aveva fatto in passato – dichiara con calma di aver ucciso un intruso. È il momento in cui la dinamica di potere si inverte: Laura non è più la donna perseguitata, ma colei che decide del proprio destino. Lo scontro si conclude con la morte di Martin, il simbolo del controllo e della violenza, mentre Laura e Ben attendono insieme l’arrivo della polizia, segnando la fine di un incubo e l’inizio di una nuova consapevolezza.

Julia Roberts in A letto con il nemico
Julia Roberts in A letto con il nemico

Il finale di A letto con il nemico rappresenta una liberazione tanto fisica quanto psicologica. La scelta di Laura di uccidere Martin non è dettata dalla vendetta, ma dalla necessità di affermare la propria libertà dopo anni di sottomissione. Il gesto con cui dichiara di aver “ucciso un intruso” è emblematico: per lei, Martin non è più il marito, ma un estraneo, una presenza da cui separarsi completamente per poter esistere come individuo. La tensione si scioglie in una calma amara ma necessaria, in cui la violenza diventa lo strumento di rottura da un ciclo di abusi senza fine.

Tematicamente, il film chiude coerentemente il percorso di rinascita della protagonista, completando la sua trasformazione da vittima a donna autodeterminata. La regia di Joseph Ruben sottolinea questa evoluzione con un uso mirato del linguaggio visivo: la casa, che era stata simbolo di prigionia, diventa il luogo della liberazione; la voce di Laura, spesso spezzata o tremante, acquista fermezza nel momento decisivo. Anche l’intervento di Ben, pur marginale, suggella l’idea che la fiducia e l’amore possono esistere solo quando si è riconquistata la libertà interiore.

Il messaggio che A letto con il nemico lascia è quello della resilienza e del coraggio di ricominciare. Laura rappresenta la forza silenziosa di chi riesce a spezzare le catene della paura e a riscrivere la propria identità. Il film denuncia la violenza domestica non solo come dramma privato, ma come forma di prigionia invisibile che annienta l’autonomia e la dignità. Nella sua conclusione, offre un messaggio di speranza: anche dopo il trauma più profondo, è possibile riprendere il controllo della propria vita, ricostruire se stessi e trovare, finalmente, la pace.

Red Sparrow: la spiegazione del finale del film

Red Sparrow: la spiegazione del finale del film

Red Sparrow (qui la recensione), il film del 2018 diretto da Francis Lawrence, regista di Hunger Games, e interpretato da Jennifer Lawrence, è un thriller di spionaggio intricato con molti colpi di scena e un finale particolarmente scioccante. Racconto claustrofobico di agenti doppiogiochisti, tradimenti, identità segrete e secondi fini, Red Sparrow è un viaggio scomodo e straziante nel mondo delle spie clandestine nel clima politico teso delle relazioni tra Russia e Stati Uniti.

Quando iniziano i titoli di coda, i dettagli specifici del finale di Red Sparrow possono essere un po’ difficili da discernere. Il film ha molti livelli e parti in movimento, anche per essere un thriller di spionaggio, e può lasciare lo spettatore un po’ confuso dopo la prima visione. Tuttavia, sebbene il finale di Red Sparrow abbia molteplici livelli, non è così complicato come sembra a prima vista. Una volta spiegati i momenti salienti del finale, questo film sottovalutato con Jennifer Lawrence può essere apprezzato per la trama intricata che è in realtà.

L’identità della talpa in Red Sparrow

Ci sono due personaggi principali in Red Sparrow: Dominika (Jennifer Lawrence) e Nash (Joel Edgerton). Dominika è una Sparrow, una sabotatrice/provocatrice/agente d’élite russa. Nash è un agente operativo della CIA incaricato di proteggere il suo contatto, una talpa all’interno del governo russo. Il film inizia con Nash che rischia di scatenare un incidente internazionale mentre cerca di proteggere l’identità della talpa e, di conseguenza, viene espulso dalla Russia. L’identità di questo doppio agente è un segreto gelosamente custodito per gran parte del film, fino a quando non viene rivelata verso la fine.

Per tutto il tempo, il generale Vladimir Andreievich Korchnoi, interpretato da Jeremy Irons, ha spiato per conto degli americani. Rivela la sua vera fedeltà a Dominika e si rammarica che il suo tempo sia quasi scaduto. La sua lealtà alla Russia è stata messa alla prova dalla fine della Guerra Fredda ed è rimasto affascinato dal richiamo dell’individualismo offerto dall’Occidente. La Russia era diventata una sorta di prigione per un uomo come Korchnoi, che era stanco di essere nient’altro che un ingranaggio anonimo in una macchina apparentemente troppo grande. Così ha deciso di collaborare con la CIA per promuovere l’agenda occidentale, piuttosto che quella della Russia neo-sovietica.

Verrà scoperto, ma ha un piano: fare in modo che Dominika, attualmente sospettata di essere lei stessa una doppia agente, lo denunci e diventi un’eroina nazionale. Da questa posizione di impunità, lei potrà continuare il suo lavoro, minando i piani della Russia e fornendo informazioni all’Occidente. Lui è disposto a sacrificarsi se la sua eredità continuerà a vivere attraverso Dominika. L’unico problema per Dominika è che lei non ha necessariamente fedeltà né agli Stati Uniti né alla Russia. Ha accettato di diventare una spia solo perché l’alternativa era la morte. Per quanto ne sa il pubblico, l’unica persona della sua vita a cui tiene davvero è sua madre.

Red Sparrow film sequel

Il doppio gioco di Dominika

In tutto Red Sparrow, Dominika è combattuta tra la sua fedeltà forzata alla Russia e il suo apparente desiderio di disertare negli Stati Uniti. Tuttavia, nonostante tutto, ha in mente un obiettivo più specifico: la vendetta. Lo zio di Dominika, Ivan, è un catalizzatore fondamentale per la sua ricerca di giustizia. Recluta sua nipote per una missione che si conclude con il suo stupro e un omicidio violento, per poi spedirla in una scuola di spionaggio clandestina dove le viene insegnato a diventare un’agente spietata dello Stato.

Dominika viene disumanizzata attraverso lo stupro, l’omicidio e la sistematica rimozione della sua identità, e questo prima ancora che lui manifesti sentimenti incestuosi per sua nipote e la baci. Tutto ciò che accade è colpa sua, e Dominika lo sa fin dall’inizio, o almeno molto presto. Durante le sue missioni, sia per la Russia che per gli Stati Uniti, raccoglie e piazza prove contro suo zio, e tutto culmina nel finale, uno scambio di ostaggi.

I russi restituiscono la talpa alla custodia degli americani, mentre gli americani restituiscono Dominika ai russi. Quando la borsa opaca viene rimossa dalla testa della talpa, il film torna indietro ai momenti cruciali tra Dominika e suo zio Ivan, tra cui il furto di un bicchiere (con le sue impronte digitali) dal suo ufficio e la creazione di copie false dei dati acquisiti dal senatore Boucher (Mary-Louise Parker). Quando la maschera viene rimossa, il volto rivelato non è quello di Korchnoi, ma di Ivan, che è stato incastrato con successo da Dominika.

Ha usato il bicchiere per collocarlo dove non era mai stato e il floppy disk per suggerire che stesse fornendo dati falsi ai russi. Il tutto si conclude in modo sanguinoso. In precedenza, gli americani temevano che i russi non avrebbero mai permesso a una talpa smascherata di vivere e condividere segreti con l’Occidente, e il loro sospetto si rivela fondato quando un cecchino pone fine alla vita di Ivan con un colpo ben mirato alla testa.

Red Sparrow cast

Ci sono due talpe alla fine di Red Sparrow

Alla fine di Red Sparrow, il governo russo è minato da due talpe: Korchnoi mantiene il suo ruolo nell’esercito mentre passa informazioni alla CIA, e ora Dominika è infiltrata nei servizi segreti russi. Al di sopra di ogni sospetto per aver smascherato suo zio come traditore dello Stato, Dominika è in una posizione ideale per aiutare la CIA e minare gli interessi della Russia, anche se la sua vera fedeltà è sconosciuta. È preoccupata per gli intrighi politici e le dispute clandestine tra Russia e America? Ora che la sua missione personale è compiuta, come userà le sue capacità per influenzare il più ampio panorama geopolitico delle relazioni tra Est e Ovest?

Il futuro è tutto da scrivere per Dominika, e la nuova Guerra Fredda del XXI secolo è il luogo in cui lascerà il segno. L’ultima scena del finale di Red Sparrow mostra Dominika che risponde a una telefonata. Presumibilmente, è la CIA, forse lo stesso Nash, che solleva domande sottintese. Dominika prova davvero sentimenti romantici per l’agente Nash? O il suo affetto era solo uno stratagemma per usare lui e le sue risorse per vendicarsi del malvagio zio Ivan? Ma se non fosse la CIA a chiamare?

Mentre il film sfuma nei momenti finali del finale di Red Sparrow, si sente della musica dall’altra parte della linea. Musica di balletto russo. È il suo contatto o rappresenta qualcosa di più personale? Qualunque sia il caso, Dominika non è ancora fuori pericolo. I suoi segreti sono solo suoi, ma ora deve vivere nella costante paura di essere scoperta da persone che non ci penseranno due volte prima di giustiziarla come spia.

Cosa dice Red Sparrow sulla politica tra Stati Uniti e Russia?

Il romanzo originale Red Sparrow, pubblicato nel 2013, era attuale nella sua rappresentazione della Russia come un paese che lavora instancabilmente per minare gli interessi occidentali, come se la Guerra Fredda non fosse mai finita. Nel 2018, quando Red Sparrow è uscito sullo sfondo delle crescenti prove dell’interferenza russa nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016, quella avvincente storia di spionaggio sembra ancora più attuale.

Un elemento centrale è il gioco di scacchi che consiste nell’installare agenti doppiogiochisti in posizioni chiave di potere per minare il nemico. Korchnoi e Dominika sono agenti americani infiltrati in Russia. Un eventuale sequel del film ribalterebbe la situazione e guarderebbe alle spie russe negli Stati Uniti? È importante notare che il presidente della Russia non viene mai nominato esplicitamente nel film, anche se il libro originale fa ripetutamente riferimento a Vladimir Putin; nonostante la sua natura politica, Red Sparrow non cerca di essere politico.

red sparrow

Il vero significato del finale di Red Sparrow

Sebbene il finale di Red Sparrow sia piuttosto complesso per quanto riguarda i vari tradimenti e le talpe nelle agenzie di intelligence sia russe che statunitensi, i temi centrali dei momenti finali sono molto più semplici. Red Sparrow è, in sostanza, una storia che ruota attorno a due temi: la vendetta e la difficoltà di sfuggire al circolo vizioso della violenza. Per Dominika, gli eventi del film sono stati guidati dal bisogno di vendicarsi di suo zio Ivan e, in senso più ampio, della spietata comunità dei servizi segreti che ha facilitato il tormento da incubo che ha dovuto sopportare.

Dominika non sembra avere alcuna fedeltà alla Russia o agli Stati Uniti, anche se il finale suggerisce che forse stava chiamando la CIA e che avrebbe potuto servire gli interessi degli Stati Uniti. Tutto ciò che le importava davvero era assicurarsi che Ivan morisse. Se fosse riuscita a creare più caos lungo il percorso senza destare sospetti, tanto meglio. Tuttavia, c’è ancora la netta sensazione che, se il suo piano fosse fallito, avrebbe ricorso a mezzi più semplici per vendicarsi di Ivan, tanta era la profondità del suo odio incredibilmente giustificato nei suoi confronti.

A un livello secondario, il significato dietro il finale di Red Sparrow era un commento sulla natura ciclica della violenza e su quanto sia difficile per persone come Dominika sfuggire veramente alle vite pericolose e distruttive che conducono. L’ultima telefonata ha lasciato molte domande, ma sembra chiaro che le cose sono ben lungi dall’essere finite per Dominika. Le possibilità che lei possa semplicemente svanire nel nulla e vivere una vita normale sono più o meno inesistenti. Potrà anche aver finalmente ottenuto vendetta su Ivan, ma questo non ha posto fine alla vita che le hanno procurato le sue decisioni crudeli e i tormenti che ha subito per mano dell’apparato di intelligence dello Stato.

The Things You Kill, recensione del film di Alireza Khatami – #RoFF20

Proposto dal Canada ai 98esimi Oscar come Miglior Film Internazionale, The Things You Kill segna il ritorno alla regia di Alireza Khatami, regista e sceneggiatore di nazionalità iraniana e canadese, già apprezzato per Oblivion Verses (2017). Un film ipnotico, complesso, che conferma la maturità artistica del regista e la sua dichiarata ammirazione per David Lynch. Come in Mulholland Drive, lo spettatore è immerso in una realtà sdoppiata, sospesa tra sogno e incubo, dove il confine tra l’azione e la proiezione mentale del protagonista resta volutamente indefinito.

Il ritorno di Ali e l’enigma del doppio in The Things You Kill

Il protagonista, Ali, interpretato da Ekin Koç, è un professore turco di Letteratura Comparata e Traduzione tornato nel suo Paese natale dopo 14 anni trascorsi negli Stati Uniti. Vive con la moglie (Hazar Ergüçlü) e si prende cura della madre, paralizzata alle gambe, oltre a lavorare all’università e coltivare con dedizione un orto ai margini della città. La sua vita è scandita da un equilibrio precario: la diagnosi di infertilità che non riesce a confessare alla moglie e un rapporto irrisolto con il padre Hamit, uomo ruvido e distante, interpretato da Ercan Kesal.

Hazar Ergüçlü in The Things You Kill 2025 Recensione
Cortesia della Festa del Cinema di Roma

Dopo la morte della madre Sakine, Ali incontra Reza (Erkan Kolçak Köstendil), uno sconosciuto apparso nella valle dove si trova il suo orto, stremato e in cerca d’acqua. Reza si propone di aiutarlo con il giardino, in cambio di un modesto salario e ospitalità. L’uomo si integra con naturalezza nella vita di Ali, conquistando perfino la fiducia del cane da guardia, e diventa gradualmente la sua ombra, il suo specchio, il suo doppio.

Reza come alter ego

Da quel momento, The Things You Kill entra nel suo territorio più ambiguo. Le azioni, violente e non, che si susseguono – e che Khatami costruisce con una tensione costante, quasi claustrofobica – mettono in dubbio la percezione stessa della realtà. È Reza a compierle, o è Ali, che attraverso di lui dà voce e corpo a tutto ciò che ha represso?

La dinamica tra i due uomini diventa il cuore del film: Reza dice ciò che Ali non osa dire, fa ciò che Ali non può fare. L’identità si sfalda, e la narrazione, costruita come un puzzle visivo e sonoro, lascia lo spettatore privo di certezze, spingendolo a interrogarsi su quanto di reale e quanto di proiettato ci sia in ogni gesto.

Erkan Kolçak Köstendil in The Things You Kill 2025 Recensione
Cortesia della Festa del Cinema di Roma

The Things You Kill: simboli e visioni

Khatami dissemina il racconto di segni e allusioni. Il sogno della moglie di Ali, in cui il padre Hamit torna a casa sfinito e dice “kill the light” (“spegni/uccidi la luce”), funge da chiave simbolica ed esplica il titolo stesso, The Things You Kill, dedicato alle sorelle del regista. La luce, che nel film diventa elemento visivo dominante, è anche metafora del desiderio di cancellare, o “spegnere”, ciò che fa male.

Altro momento emblematico è la scena della lezione universitaria, in cui Ali spiega agli studenti che “l’interprete deve leggere un testo come se fosse una scena del crimine”. Una riflessione che sembra parlare tanto dell’analisi letteraria quanto del cinema stesso di Khatami – un cinema che indaga, smonta, interpreta, senza mai chiudere il cerchio.

The Things You Kill: un film memorabile

Più che un thriller, The Things You Kill è un’esperienza sensoriale e psicologica che agisce per suggestioni. La regia controllata di Khatami, le interpretazioni misurate e un uso inquietante del paesaggio naturale, delle bellissime valli e montagne turche, contribuiscono a creare un costante senso di sospensione.

The Things You Kill è una pellicola che parla di come la violenza generi altra violenza, e di come il cerchio possa essere chiuso solo con la trasformazione radicale dei valori trasmessi dalle generazioni precedenti. È un film che non chiede di essere “capito”, ma sentito – e che rimane nella mente come un sogno oscuro, di quelli che si continuano a interrogare anche dopo il risveglio.

Io sono Rosa Ricci, recensione del prequel di Mare Fuori con Maria Esposito – #RoFF20

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Presentato alla 20ª Edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public, Io Sono Rosa Ricci di Lyda Patitucci tenta un’operazione ambiziosa: raccontare la genesi di uno dei personaggi più amati e controversi di Mare fuori. Prodotto da Picomedia con Rai Cinema in collaborazione con Netflix, e distribuito da 01 Distribution a partire dal 30 ottobre, il film si presenta come una storia d’origine che si inserisce nel filone ormai consolidato dei crime drama italiani.

Sulla carta, l’intento è chiaro: mostrare come la giovane Rosa Ricci — interpretata ancora una volta da una magnetica Maria Esposito — diventi la donna forte e spietata che il pubblico ha imparato a conoscere. Ma dietro la promessa di un racconto di formazione criminale, il film fatica a trovare un’identità autonoma, oscillando tra il desiderio di restituire un realismo popolare e la tentazione di inseguire i modelli seriali che lo hanno ispirato.

Una regia ambiziosa ma prigioniera dei cliché

La regista Lyda Patitucci, dopo l’esordio con Come pecore in mezzo ai lupi, conferma una certa sicurezza visiva e una sensibilità per la costruzione dell’atmosfera. Grazie alla fotografia di Valerio Azzali, Io sono Rosa Ricci alterna luci fredde e taglienti a tonalità calde e decisamente polverose, nel tentativo di restituire il contrasto tra l’innocenza perduta e la brutalità del mondo criminale.

Tuttavia il film rimane in sospeso tra la voglia di raccontare un dramma umano e la necessità di costruire un’icona. Solo in alcuni passaggi — quelli più intimi tra Rosa e il personaggio interpretato da Andrea Arcangeli — la regia si concede un respiro sincero, lasciando spazio a silenzi, e a una naturale alchimia trai due interpreti.

Maria Esposito è Rosa Ricci, la forza magnetica di un personaggio

Il cuore pulsante del film è senza dubbio Maria Esposito, che conferma la potenza del suo talento naturale. L’attrice riesce a tenere insieme fragilità e rabbia, trasformando Rosa in una figura quasi mitologica: una ragazza costretta a diventare adulta troppo in fretta, gettata in una situazione della quale non ha nessun controllo, in balia del mondo criminale c he le ha costruito intorno il padre. Il suo sguardo — smarrito, poi via via più duro — è la vera bussola emotiva del racconto.

Accanto a lei, Andrea Arcangeli offre una prova di sorprendente equilibrio: il suo personaggio diventa il contrappunto perfetto a Rosa, un riflesso della sua evoluzione. Tra i due si crea una chimica intensa e autentica, che rappresenta forse l’unico vero motore emotivo del film. Anche Raiz, con la sua presenza ruvida e carismatica, porta un tocco di autenticità e di radicamento culturale che arricchisce il quadro complessivo.

Maria Esposito e Andrea Arcangeli in Io sono Rosa Ricci – Foto Credits Sabrina Cirillo

Ma al di là delle interpretazioni, Io sono Rosa Ricci sembra vivere e morire insieme alla sua protagonista. Quando Maria Esposito è in scena, tutto funziona: la narrazione si accende, la tensione cresce, e la promessa di un racconto di rinascita sembra a portata di mano. Appena si sposta il fuoco, però, il film perde compattezza e torna a galleggiare in un mare di prevedibilità.

Tra mito e realtà: un racconto che non osa abbastanza

Il soggetto firmato da Maurizio Careddu e Luca Infascelli cerca di costruire un ponte tra la serie e il grande schermo, proiettando lo spettatore in un passato che precede l’arco narrativo di Mare Fuori. L’inizio del film ci propone infatti Rosa e il padre che escono dall’IPM dopo una visita a Ciro, ancora in stato di fermo nell’istituto (non è ancora morto a seguito dell’incidente con Carmine e Filippo). Il paragone con Gomorra — nello specifico con il percorso di Gennaro Savastano — è inevitabile, ma il film non riesce a reggere il confronto. Manca il senso di minaccia reale, la tensione morale, il respiro epico che avevano reso quel racconto universale. Io sono Rosa Ricci si accontenta di replicare un immaginario, senza decostruirlo o rinnovarlo. Persino la colonna sonora — pur impreziosita dal brano originale “Vàttelo!” di Raiz e Silvia Uras, con le musiche di Paolo Baldini DubFiles — finisce per sottolineare l’enfasi più che accompagnare l’emozione.

Eppure, nel suo essere un film imperfetto e talvolta goffo, Io sono Rosa Ricci conserva una sua malinconica onestà. È un’opera che prova a dare corpo a un mito televisivo, ma si smarrisce nel tentativo di renderlo universale. Quello che resta, al termine della visione, è il volto di Maria Esposito: un volto che contiene dolore, rabbia e desiderio di riscatto. Forse non basta per fare un grande film, ma è abbastanza per ricordarci perché Rosa Ricci — nel bene e nel male — è già diventata un’icona.

James Gunn fornisce aggiornamenti sul trailer della serie più attesa del 2026 della DCU

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Il franchise DC Universe ha concluso la sua corsa nel 2025, dopo l’uscita del film Superman di James Gunn e il completamento della seconda stagione di Peacemaker su HBO Max. Il Capitolo 1 della DCU: “Gods and Monsters” è ben lungi dall’aver finito di introdurre alcuni dei suoi più grandi eroi e cattivi nel reboot, poiché il Green Lantern Corps è uno di questi.

La serie TV Lanterns della HBO ha terminato la produzione e quando Gunn è stato chiesto da BobaTalks quando il mondo potrà vedere per la prima volta il dramma DCU, ha confermato di aver “visto l’anteprima” della serie. Tuttavia, il co-CEO della DC Studios ha aggiunto: “Penso almeno per quanto riguarda la situazione attuale. Ma non ho idea… di quando sia prevista la messa in onda. Con HBO, il marketing è molto diverso rispetto al cinema”.

La serie sarà incentrata su John Stewart e Hal Jordan, due dei membri più famosi del Green Lantern Corps della DC, interpretati rispettivamente da Aaron Pierre e Kyle Chandler. Mentre Hal ha fatto il suo debutto live-action nel 2011 in Green Lantern con Ryan Reynolds, la serie HBO sarà la prima volta che John verrà utilizzato al di fuori dei fumetti e dell’animazione.

Inizialmente prevista come originale HBO Max, la serie è stata rielaborata per essere trasmessa su HBO quando è stata acquistata per otto episodi il 25 giugno 2024. Questo sarà il primo programma televisivo DCU a ricevere il trattamento HBO, dopo The Penguin dell’universo The Batman di Matt Reeves, che esiste come Elseworlds.

Incentrata su Hal, un veterano Lanterna Verde, e John, che inizia il suo viaggio nella serie, HBO descrive Lanterns come “due poliziotti intergalattici coinvolti in un oscuro mistero terrestre mentre indagano su un omicidio nel cuore dell’America”. Chris Mundy è co-creatore della serie e ne è lo showrunner, con Damon Lindelof e Tom King come produttori esecutivi.

La serie TV Lanterns introdurrà anche uno dei cattivi più famosi della tradizione degli Emerald Knights, dato che è stata confermata la partecipazione di Sinestro, interpretato da Ulrich Thomsen. Nathan Fillion, che ha debuttato come Guy Gardner in Superman, è stato confermato per il ritorno nella prossima serie.

Sebbene la prima sia prevista per il 2026, Lanterns non ha ancora una data di uscita da parte della HBO.

Nobody Wants This – Stagione 2, spiegazione del finale: Noah e Joanne resteranno insieme?

Noah e Joanne attraversano un periodo difficile nella seconda stagione di Nobody Wants This, passando dalla fase della luna di miele a una relazione più seria, che porta a un finale che prepara la terza stagione. La commedia romantica con Adam Brody e Kristen Bell riprende poco dopo la fine della prima stagione, con Noah e Joanne di nuovo insieme che cercano di unire i loro mondi.

Tuttavia, Noah e Joanne affrontano nuovi problemi nella loro relazione. Noah mente a tutti, dicendo che Joanne ha ancora intenzione di convertirsi, ma non immediatamente. Quando Joanne lo scopre, si arrabbia e gli dice che non riesce a decidere se convertirsi per se stessa con la pressione che lui le sta mettendo addosso.

Invece di dirle che non starebbe con qualcuno che non è ebreo, mette da parte la questione per alleggerire la pressione. Tuttavia, il problema continua a presentarsi fino a quando non raggiunge il culmine quando Joanne viene sfrattata e vuole trasferirsi da Noah. Questo porta a un finale sorprendente che prepara il terreno per la terza stagione di Nobody Wants This.

Joanne si converte all’ebraismo nella seconda stagione di Nobody Wants This?

La domanda più importante che attraversa tutta la seconda stagione di Nobody Wants This è se Joanne si convertirà all’ebraismo. Anche se Noah ha detto di averla scelta al posto del lavoro di rabbino capo alla fine della prima stagione di Nobody Wants This, nella seconda stagione le mette una pressione enorme affinché si converta, minacciando essenzialmente di rompere con lei se non lo farà.

Alla fine, Joanne inizia ad abbracciare gli aspetti culturali e rituali dell’ebraismo. Ama lo Shabbat e allontana il malocchio con “pooh pooh pooh”. Si intromette come la migliore di loro, ed Esther la considera una yenta. Ama la challah e il kugel.

Joanne si impegna inoltre nei valori condivisi dell’ebraismo. È molto incentrata sulla famiglia. Partecipa alle mitzvah e si integra nella comunità ebraica di Noah. Si confronta con il concetto di Dio, che in realtà è molto centrale nell’ebraismo.

Ci vuole un colloquio con Esther alla fine della seconda stagione di Nobody Wants This per farle capire che tutte quelle piccole cose contribuiscono a renderla ebrea. Questo dà a Joanne il momento di illuminazione che stava aspettando.

In definitiva, non spetta a me dire se Esther ha ragione sul fatto che Joanne sia ebrea sulla base di questi fattori, poiché non faccio parte di quella comunità o religione. Tuttavia, almeno nell’ambito della serie, Joanne sembra pronta a iniziare ufficialmente il processo di conversione, che molto probabilmente avrà luogo nella terza stagione di Nobody Wants This.

Perché Noah rompe e torna insieme a Joanne

Adam Brody in Adam Brody in Nobody Wants This - Stagione 2
ERIN SIMKIN/Netflix

Noah e Joanne trascorrono l’intero episodio finale discutendo della sua riluttanza a fare passi avanti nella loro relazione così com’è, il che porta alla loro rottura.

Joanne è pronta a trasferirsi insieme a lui e iniziare una vita insieme, soprattutto considerando l’età di Noah e Joanne. Sembrava che Noah fosse sulla stessa lunghezza d’onda, parlando del loro futuro, finché non ha rivelato che non avrebbe vissuto con lei a meno che non si fosse convertita all’ebraismo. Anche se ha il diritto di avere delle preferenze, non lo ha chiarito fin dall’inizio, il che sembra ingiusto nei confronti di Joanne.

Alla fine, lui le dà l’ultimatum di convertirsi o non andare avanti, e lei gli dà l’ultimatum di andare avanti o rompere. Lei si rifiuta di cedere sulla questione della conversione, affrettando una decisione. Alla fine, Noah decide che sono destinati a fallire e rinuncia alla relazione, rompendo con Joanne.

Tuttavia, quando arriva al piano terra del locale, si rende conto dell’enorme errore che ha commesso. Va ancora una volta da lei per professarle il suo amore. Alla fine, decide che non gli importa se lei è ebrea o meno, perché è la sua anima gemella.

Perché Sasha ed Esther si lasciano in Nobody Wants This

Kristen Bell in Nobody Wants this - Stagione 2
ERIN SIMKIN/Netflix

La prima stagione di Nobody Wants This stabilisce la dinamica della relazione tra Sasha ed Esther. Lei si occupa di tutto il lavoro emotivo e domestico, mentre Sasha la tratta come se fosse sua madre. Lui non cucina né fa le faccende domestiche. Viene lodato quando interviene per aiutare Miriam con un problema, come se non fosse anche lui un genitore. Il bar è assolutamente un inferno.

La seconda stagione aggiunge complessità alla loro relazione mostrando che lei vorrebbe essere vista come una persona divertente e simpatica, ma non ci riesce perché deve sempre essere responsabile. Era una giovane madre e moglie, sposatasi solo dopo la gravidanza. Tutti questi fattori contribuiscono alla scioccante rottura tra Sasha ed Esther.

Inoltre, Sasha ha trascorso la seconda stagione facendo pressione su di lei affinché avesse un altro figlio. Sembra non capire che lei sta facendo tutto il lavoro all’interno della famiglia, che continuerebbe più a lungo se avessero un altro figlio. Inoltre, questo metterebbe a dura prova il suo corpo dal punto di vista fisico. Poi, lui si arrabbia quando lei non vuole un altro figlio.

Alla fine, alla fine della seconda stagione di Nobody Wants This, la rottura tra Sasha ed Esther sembrava allo stesso tempo scioccante e inevitabile. Esther è finalmente arrivata al punto di rottura in cui non riusciva più a sopportarlo, e non posso biasimarla. Merita la possibilità di capire chi è come donna adulta, al di là del suo ruolo di madre e moglie.

Il motivo per cui Noah odia il suo nuovo lavoro al Tempio Ahava

Nobody Wants This 2
ERIN SIMKIN/Netflix

All’inizio della seconda stagione di Nobody Wants This, Noah viene scavalcato per il posto di rabbino capo al Tempio Chai. A causa della sua relazione interconfessionale, le persone iniziano ad andare dal nuovo rabbino invece che da lui. Alla fine, si dimette. Fortunatamente, ottiene un’altra possibilità come rabbino capo al Tempio Ahava.

C’è però un problema. Il Tempio Ahava è una setta ebraica diversa dal Tempio Chai. Il tempio precedente di Noah era conservatore, mentre quello nuovo è riformista. Le regole sono molto più permissive, il che mette Noah a disagio.

Nella prima stagione, Noah ha affermato che proprio quelle regole lo hanno aiutato a sentirsi meno spaventato dal mondo quando era bambino. Voleva diventare rabbino per trasmettere questo insegnamento ad altri bambini. Tuttavia, al Tempio Ahava non può farlo nel modo in cui vorrebbe.

In poche parole, le convinzioni e la struttura di Noah sono incompatibili con quelle del Tempio Ahava. Forse col tempo riuscirà ad abituarsi, ma non c’è alcuna garanzia che riuscirà a risolvere la dissonanza cognitiva derivante dall’essere più conservatore in un ambiente progressista.

La relazione inaspettata, il fidanzamento e la rottura di Morgan spiegati

Una delle domande più importanti a cui Nobody Wants This stagione 2 doveva rispondere era se Morgan e Sasha avrebbero avuto una relazione. Fortunatamente, la risposta era no. Tuttavia, la trama romantica di Morgan era ancora un completo e totale disastro in Nobody Wants This stagione 2.

Invece di tradire il marito, Morgan inizia a frequentare il suo terapeuta, il che è contro tutte le regole etiche, tra l’altro. Poi si arrabbia perché la sua famiglia e i suoi amici non accettano la sua relazione incasinata, causando una frattura tra Joanne e Morgan. Nel giro di poche settimane, Morgan va a vivere con il dottor Andy e si fidanza.

La loro relazione è caratterizzata da un enorme squilibrio di potere, aggravato da un uomo manipolatore che usa i traumi e le ferite infantili di Morgan come arma di controllo. È disgustoso che lei cerchi di rompere con lui e lui le rifili delle sciocchezze sul fatto che la sua bambina interiore è spaventata. È l’incarnazione del linguaggio terapeutico usato come arma.

Fortunatamente, lei finalmente si rende conto della realtà della loro relazione dopo aver scoperto di non essere la prima paziente con cui il dottor Andy è uscito. Pensava di essere abbastanza speciale da fargli infrangere le regole, ma invece lui era solo una persona terribile che abusava del suo potere. Dopo alcuni tentativi, Morgan riesce finalmente a rompere con lui alla loro festa di fidanzamento.

Come Bina e Morgan stringono un’amicizia inaspettata

La parte più divertente e fantastica della seconda stagione di Nobody Wants This è il fatto che Bina, la madre prepotente di Noah, diventa amica intima di Morgan, la sorella disordinata e caotica di Joanne. Le due sembrano non potersi sopportare a vicenda, figuriamoci diventare amiche. Sono praticamente l’esatto opposto in termini di personalità.

Tuttavia, le due sviluppano una stretta amicizia quando si incontrano, proprio in un bagno. Entrambe stavano piangendo e avevano avuto una giornata davvero brutta. Quando Morgan racconta a Bina la cosa orribile che Lenny ha detto su di lei, Bina le fa capire che Morgan non è sconvolta perché crede alle parole di Lenny. Al contrario, è sconvolta perché è d’accordo con lui.

Questo momento di legame ha costituito la base della loro amicizia. Morgan ha parlato con entusiasmo di Bina a Esther e, sorprendentemente, Esther ha rivelato che Bina ama sinceramente Morgan. Bina è stata persino cattiva con Lenny in seguito, per conto di Morgan. In definitiva, vivo per la loro amicizia e desidero disperatamente vedere altri momenti tra Morgan e Bina se Netflix deciderà di produrre la terza stagione di Nobody Wants This.

Come il finale della seconda stagione di Nobody Wants This prepara la terza stagione

Il finale della seconda stagione di Nobody Wants This prepara chiaramente il terreno per la relazione tra Noah e Joanne nella terza stagione. I due andranno quasi sicuramente a vivere insieme, considerando che Noah ha deciso che la questione della conversione non ha più importanza per lui.

Joanne ha avuto un momento di illuminazione riguardo al fatto di essere ebrea, quindi probabilmente inizierà il processo di conversione, che includerà dei corsi. Dato che anche sua madre si sta convertendo, questo potrebbe portare a più scene insieme tra Lynn e Joanne nella terza stagione di Nobody Wants This.

Oltre a queste trame, che hanno una direzione più chiara, Noah dovrà capire se potrà rimanere al Tempio Ahava. Considerando il suo odio per il tempio, potrebbe cercare un tempio diverso che sia più in linea con i suoi spettatori. In definitiva, Nobody Wants This ha così tante direzioni entusiasmanti per la terza stagione.

Landman – Stagione 2: il trailer mostra Demi Moore mentre svela i segreti dell’azienda durante una scalata ostile

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È stato pubblicato il trailer finale della seconda stagione di Landman, che svela i grandi segreti dell’ostile acquisizione di Demi Moore nella serie di Taylor Sheridan. La seconda stagione di Landman seguirà Tommy Norris, interpretato da Billy Bob Thornton, e il suo ruolo nella M-Tex dopo la morte di Monty nella prima stagione. Ciò include un ruolo più importante nella storia per Cami Miller, interpretata da Moore, moglie di Monty.

Ora, Paramount+ ha pubblicato il trailer finale della seconda stagione di Landman. Il trailer mostra come la leadership di Cami venga messa in discussione dopo la morte di Monty, con Tommy che la sostiene affermando di essere lui a gestire la M-Tex. Nel frattempo, dà anche alcuni consigli a suo figlio Cooper, che sta iniziando a costruire una piccola compagnia petrolifera tutta sua.

Tuttavia, la calamità colpisce quando Cami scopre che la M-Tex è stata coinvolta in una serie di attività illegali, tra cui frodi telematiche e appropriazione indebita. Il trailer suggerisce che personaggi potenti stanno circondando la compagnia nella speranza di approfittare dei suoi problemi. Le immagini mostrano Tommy e Cami in grave pericolo mentre cercano di mantenere la M-Tex senza Monty. Guardalo qui sotto:

Oltre alla trama principale che coinvolge la compagnia petrolifera, sembra che Tommy abbia altri problemi a casa, mentre cerca di destreggiarsi tra i suoi doveri di padre e marito. Fortunatamente, avrà un alleato nel personaggio di Sam Elliott, che si rivela essere suo padre. I due vengono visti mentre legano all’aperto, con Elliott divertito dalla preghiera poco convinta di Tommy prima di cena.

Mentre il cast di Landman si amplia, anche i personaggi già noti avranno più spazio sullo schermo. Non solo Cami, interpretata da Moore, diventerà una parte più centrale della storia, ma lo stesso vale anche per Gallino, interpretato da Andy Garcia. Il boss del cartello ha salvato la vita a Tommy alla fine della stagione 1 di Landman, stringendo un accordo per trasformare il suo business della droga in un business petrolifero.

Con il suo nuovo trailer, la serie creata da Taylor Sheridan promette un’altra storia complessa, con Tommy che si destreggia tra la famiglia, il business del petrolio e le minacce esterne a entrambi. Dato il coinvolgimento più profondo che avranno sia Cami che Gallino, le malefatte dell’azienda sotto Monty potrebbero essere un elemento centrale del conflitto, dato che entrambi cercano di ottenere ciò che vogliono dalla M-Tex.

Per quanto riguarda Tommy, la sua sfida più grande sarà quella di abituarsi al lato commerciale della compagnia petrolifera. Di solito lavora sul campo, quindi il suo nuovo ruolo tra gli altri dirigenti petroliferi richiederà un enorme adattamento. Ma, dato che la seconda stagione di Landman promette che sarà pragmatico come al solito, il suo approccio burbero sarà senza dubbio un altro fattore determinante per il futuro dell’azienda.

Landman – stagione 2 inizia domenica 16 novembre su Paramount+.

The Morning Show: confermata l’uscita anticipata di una star della quarta stagione  prima del finale

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Un membro del cast di The Morning Show ha confermato che lascerà la serie Apple TV e ha riflettuto sul percorso del suo personaggio. The Morning Show – stagione 4 è attualmente in streaming su Apple TV, con solo tre episodi rimasti prima del finale. La tecnologia ha giocato un ruolo importante nella trama attuale, con i deepfake e l’intelligenza artificiale che dominano la vita dei personaggi.

Durante la stagione 4 di The Morning Show, nell’episodio 6, “If Then”, Stella si è trovata di fronte a un muro metaforico quando i suoi segreti personali sono venuti a galla tramite il suo chatbot AI davanti a un intero gruppo di persone. Ha finito per lasciare il suo ruolo di capo delle notizie alla UBN e prendere un volo per sfuggire alla sua infelicità dopo il rifiuto di Miles.

Questo ha lasciato una domanda persistente sul fatto che Greta Lee, che interpreta Stella, stesse davvero lasciando lo show per sempre. L’attrice ha parlato con Variety e ha confermato che, per quanto ne sa, “questa è la fine per lei”.

Lee ha aggiunto che le piacerebbe vedere una situazione in cui Stella ritorni in futuro, quando la trama di The Morning Show raggiungerà ciò che sta accadendo nel mondo dell’intelligenza artificiale nel 2025 (la serie è attualmente ambientata nel 2024).

Questa è la fine per lei, per quanto ne so. Ma naturalmente, dato che la serie è così lungimirante e commenta direttamente ciò che sta accadendo, mi piacerebbe vedere che tipo di mondo esisterebbe se lei tornasse e cosa avrebbe da dire.

Tuttavia, un grande ritorno non potrà avvenire a breve perché “il mondo deve cambiare ancora un po’ per fare spazio a lei” in modo tale da rendere necessario il ritorno di Stella.

Quando penso a lei e a ciò che desidero per lei, non so se esista già un posto per lei. Penso che il mondo debba cambiare ancora un po’ per farle spazio nel modo in cui vorrei vederla. Altrimenti, la vedremo solo come una schiava di questa società. Una schiava di desideri insoddisfatti, e non voglio questo per lei.

Invece di essere una “schiava di questa società”, Lee vuole che Stella venga “messa alla prova” dal mondo reale e che torni quando avrà davvero qualcosa di “geniale” da offrire.

Voglio che sia completamente sorpresa da ciò che la aspetta là fuori. Se mai dovesse tornare, vorrei che fosse un po’ come Matthew McConaughey nel ruolo del vagabondo sulla spiaggia, con i bonghi e i capelli lunghi. Voglio che sia davvero un po’ temprata dalla vita reale. Solo per nutrire un po’ la sua anima e diventare una persona. Perché penso davvero che sia da lì che forse avrebbe qualcosa di ingegnoso da offrire.

Per ora, però, non ci sono piani per Lee di riprendere il suo ruolo in The Morning Show.

Lee crede che la caduta in disgrazia di Stella fosse inevitabile, soprattutto dopo che ha perso la sua superiorità morale quando ha accettato di partecipare a una trovata di cattivo gusto che coinvolgeva una cameriera che leccava una bevanda da un tavolo nella terza stagione.

Da allora, Stella non si è concessa il tempo né l’energia per cambiare il suo modo di agire o anche solo per rendersi conto che stava perdendo il controllo.

Ora che Stella non è più alla UBN, Lee spera che il suo personaggio faccia proprio questo, preferibilmente su una spiaggia.

Ma spero che ora ne abbia la possibilità. Penso che questo sia parte del problema per lei. È come se non le fosse stata data l’opportunità di riflettere o di perdonare o, per molti versi, di riconoscere in modo più ampio alcune delle cose che ha sopportato e fatto per arrivare dove è ora. Quindi spero che lo stia facendo su una spiaggia da qualche parte.

Oltre alla sua reputazione distrutta, Stella ha dovuto affrontare il rifiuto di Miles quando è salita sull’aereo, il che in realtà è un risultato molto migliore per la sua necessaria crescita, secondo Lee, che ha affermato che il suo personaggio ora è “libero”.

Sebbene quello sia stato un momento spaventoso per Stella, e lei possa aver pensato inizialmente di aver perso tutto, la realtà è che “ha tutto”.

Penso che sia una sensazione completamente nuova che lei non ha mai provato prima. È molto da elaborare in pochi istanti. Quando si rende conto che Miles non sta arrivando, fa il punto della situazione e si rende conto di non avere nulla. Ma la cosa sorprendente per lei e per qualcuno come lei è che in quel momento in cui si rende conto di non avere nulla, in un certo senso significa che ha tutto. Questo è il dono delle terribili circostanze che le sono capitate. È davvero libera. Penso che, probabilmente, quel passo verso l’aereo sia la cosa più spaventosa che abbia mai fatto in vita sua.

Stella avrà anche lasciato la serie Apple TV, ma The Morning Show è ancora guidato da Alex Levy di Jennifer Aniston e Bradley Jackson di Reese Witherspoon.

Con solo quattro episodi rimasti nella quarta stagione (e una quinta già ordinata dallo streamer), c’è ancora molto tempo per altri scandali che sconvolgeranno le loro vite oltre al recente incubo dell’intelligenza artificiale.

The Morning Show stagione 4 in streaming il mercoledì su Apple TV.

Johnny Depp in Ebenezer: A Christmas Carol di Ti West

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Johnny Depp in Ebenezer: A Christmas Carol di Ti West

Johnny Depp è in trattative finali per recitare in “Ebenezer: A Christmas Carol“, un adattamento del classico racconto natalizio di Charles Dickens, per la Paramount Pictures. L’autore horror Ti West (“Pearl“, “MaXXXine“) dirigerà il film da una sceneggiatura di Nathaniel Halpern (“Tales from the Loop”, “Legion”), e Andrea Riseborough (“Oblivion”, “To Leslie”) sarà la coprotagonista. Emma Watts è la produttrice.

Se l’accordo dovesse concludersi, lo studio prevede di distribuire il progetto il 13 novembre 2026.

Nobody Wants This – Stagione 2: il punteggio di Rotten Tomatoes rispetto alla stagione 1

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Nobody Wants This – stagione 2 sta conquistando i critici su Rotten Tomatoes. La serie romantica di Netflix segue la podcaster Joanne Williams (Kristen Bell) che si innamora del rabbino Noah Roklov (Adam Brody). La stagione 1, nominata agli Emmy, è stata un successo di critica e di pubblico nel 2024, portando Nobody Wants This – stagione 2 a seguire solo 13 mesi dopo, il 23 ottobre.

Rotten Tomatoes ha ora raccolto un numero sufficiente di recensioni della seconda stagione di Nobody Wants This da consentirle di ottenere un punteggio ufficiale sul Tomatometer. Anche se il punteggio potrebbe variare con l’aggiunta di nuove recensioni, al momento della stesura di questo articolo, otto critici hanno espresso il loro parere sulla nuova stagione, assegnandole un solido punteggio Fresh dell’88%.

Finora, la seconda stagione ha ricevuto solo una recensione negativa, che le ha assegnato un punteggio misto di 2,5 su 5 invece di un punteggio molto basso. Nel frattempo, le recensioni positive della stagione vanno da mediocri (3 su 5, B-) a perfette (4 su 4), indicando che le opinioni dei critici sulla seconda stagione di Nobody Wants This sono tendenzialmente positive.

Sebbene molti critici ritengano che la stagione sia ripetitiva e perda la sua vitalità seguendo la coppia che esce dalla fase della luna di miele, sono generalmente d’accordo sul fatto che la sceneggiatura e la sensibilità comica dello show rimangano forti, così come le interpretazioni del cast di Nobody Wants This, che include anche Timothy Simons, Jackie Tohn e Justine Lupe.

Tuttavia, sebbene il punteggio di Rotten Tomatoes della seconda stagione sia forte, non può ancora essere paragonato a quello della prima stagione. La stagione di debutto della serie, che ha ricevuto 56 recensioni, ha ottenuto un punteggio Certified Fresh quasi perfetto del 95%.

Ciononostante, nonostante il punteggio sia sceso rispetto alle recensioni iniziali della Nobody Wants This – stagione 1, si tratta comunque di un ottimo inizio per la nuova stagione. Se riuscirà a mantenere questo livello di entusiasmo da parte della critica con l’aggiunta di ulteriori recensioni, l’accoglienza complessiva della stagione potrà reggere il confronto.

Resta da vedere se il pubblico avrà una reazione simile a quella dei critici. Per la prima stagione, il pubblico è stato più freddo dei critici, assegnandole un punteggio dell’85% sul Popcornmeter di Rotten Tomatoes. Se questa tendenza dovesse confermarsi, il punteggio Popcornmeter della nuova stagione potrebbe scendere al 78% nella stagione 2.

Tuttavia, tale punteggio è ancora superiore del 18% alla soglia oltre la quale una serie può essere considerata Fresh, e potrebbe essere sufficiente affinché Nobody Wants This continui il suo successo di passaparola e venga potenzialmente rinnovata per la stagione 3.

Il prossimo spin-off di The Boys ottiene nuovi dettagli da Eric Kripke dopo la fine della seconda stagione di Gen V

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Lo showrunner di The Boys Eric Kripke offre nuovi entusiasmanti dettagli sul prossimo spin-off della serie sui supereroi dopo la fine della seconda stagione di Gen V. Dopo aver sconfitto Thomas Godolkin e essere fuggiti dalla scuola per supereroi, la seconda stagione di Gen V si conclude con Marie e i suoi amici che vengono reclutati da Starlight e A-Train per un movimento di resistenza, che combatte contro Homelander e Vought.

Il finale getta le basi per The Boys – stagione 5, che porterà alla conclusione della trama principale del franchise. Tuttavia, sono già in fase di sviluppo altri due spin-off. Uno di questi è The Boys: Mexico, uno spin-off creato da Gareth Dunnet-Alcocer e prodotto da Diego Luna e Gael García Bernal. Al momento della stesura di questo articolo, la nuova serie è in fase di pre-produzione.

In un’intervista a Variety, Kripke ha fornito nuovi dettagli su The Boys: Mexico, confermando che Dunnet-Alococer sta attualmente scrivendo la serie. Ha anche rivelato che la serie sarà ambientata dopo gli eventi della quinta stagione di The Boys e che dovrebbe vedere la partecipazione di personaggi della serie originale in apparizioni speciali. Ecco cosa ha detto Kripke:

È ancora in fase di lavorazione. [Lo showrunner] Gareth [Dunnet-Alcocer], che è uno scrittore straordinario, sta scrivendo le bozze in questo momento. È in fase di sviluppo. Penso che sia esilarante. Ma vedremo, sta attraversando le rapide turbolente dello sviluppo. Si svolgerà in un momento successivo alla quinta stagione di “The Boys”.

Sì, la speranza è che alcuni personaggi possano apparire anche in “The Boys” Mexico [spin-off]. Ma vedremo.

Cosa sappiamo su The Boys: Mexico?

Sebbene Kripke non abbia fornito molte informazioni sulla trama di The Boys: Mexico, la sua conferma che sarà ambientato dopo la quinta stagione di The Boys lo rende il prossimo passo evolutivo per il franchise.

Finora, Gen V si è collegato direttamente alla storia di The Boys, con elementi crossover come il virus Supe, insieme a personaggi condivisi come Sam e Cate.

Questo significa anche che lo show principale non sarà la fine per alcuni dei suoi membri principali del cast. Anche se The Boys: Mexico seguirà una storia completamente nuova, sarà comunque sulla scia di come finirà The Boys. Questo spiega anche perché i dettagli sulla serie siano tenuti segreti per ora, mentre Dunnet-Alcocer continua a scrivere.

The Boys: Mexico è uno dei due nuovi spin-off attualmente in fase di sviluppo per il franchise. L’altro è il prossimo Vought Rising, un prequel ambientato negli anni ’50 con Jensen Ackles nel ruolo di Soldier Boy e Aya Cash in quello di Stormfront. Le riprese sono iniziate nell’agosto 2025. Anche la terza stagione di Gen V potrebbe essere in programma, a seconda degli ascolti della seconda stagione.

Dato che The Boys: Mexico è ambientato dopo la quinta stagione di The Boys, è possibile che ci saranno alcuni filoni narrativi che getteranno le basi per lo spin-off nella stagione finale della serie principale. Tuttavia, non è ancora chiaro come le due serie saranno collegate, al di là del loro universo condiviso. Probabilmente ne sapremo di più man mano che lo sviluppo dello spin-off proseguirà.

I Fratelli Segreto: intervista ai registi Federico Ferrone e Michele Manzolini

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Presentato nella sezione Special Screenings + Concorso per Miglior Doc della Festa del Cinema di Roma 2025, I Fratelli Segreto è il nuovo film di Federico Ferrone e Michele Manzolini, sospeso tra fiaba, documentario e ricostruzione storica. Ecco cosa ci hanno raccontato i registi.

La trama di I Fratelli Segreto

I fratelli Pasquale, Gaetano e Alfonso Segreto, abbandonano le miserie del Cilento di fine Ottocento per tentare la fortuna a Rio de Janeiro: tra notti sfrenate, piccoli crimini e ambizioni cinematografiche, finiranno col diventare i pionieri del cinema brasiliano. Dalla povertà all’ascesa nelle sale e nei teatri della città, la loro vicenda si muove mescolando leggenda e realtà, fiaba e mito, rivelando i sogni, le ambizioni e le contraddizioni di un’epoca in assoluto fermento.

It – Welcome to Derry: i creatori non riuscivano a credere che HBO non avesse censurato le scene più “disgustose”

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I creatori e i protagonisti di It – Welcome to Derry sono rimasti scioccati dal fatto che HBO abbia permesso che così tante scene “disgustose” rimanessero nella serie. Dopo aver lavorato ai precedenti film di IT, Andy Muschietti, Barbara Muschietti e Jason Fuchs si sono riuniti per creare una serie prequel su Derry e l’entità demoniaca comunemente nota come Pennywise.

Le prime recensioni di It – Welcome to Derry sono state in gran parte positive, con un punteggio critico di debutto del 78% su Rotten Tomatoes, e i critici hanno elogiato i numerosi spaventi sorprendenti e creativi.

Durante un’intervista con Variety, Barbara Muschietti ha rivelato di essere rimasta scioccata dal fatto che HBO non volesse che alcune di queste scene fossero tagliate. Si aspettava di ricevere una telefonata di dissenso, ma invece lo studio è stato di supporto durante l’intero processo. Ecco i suoi commenti:

Durante le riprese, continuavo a pensare: “Riceverò la telefonata”. Ma abbiamo continuato a presentare queste scene e questi episodi e loro hanno continuato a rispondere e ad apprezzarli. Siamo stati molto fortunati ad avere il sostegno dello studio.

Anche Chris Chalk, che interpreta il ruolo di Dick Hallorann nel cast di Welcome to Derry, è rimasto sorpreso dalla portata dell’orrore nella serie e racconta di non averne compreso appieno la portata fino a quando non ha visto lo show con i propri occhi:

Ci sono cose che vedrete che sono giustamente disgustose.

Fuchs spiega che lui e il team creativo dello show “volevano spingersi oltre i limiti in termini di orrore” e stimolare e sorprendere il pubblico in modi nuovi. Questo approccio ‘spietato’ va oltre il puro shock, però, poiché egli sottolinea che la serie parla “dell’oscurità dentro tutti noi”:

Penso che al pubblico piaccia essere sorpreso, stimolato in modi che prima non conosceva. L’abbiamo fatto in modo più intenso sotto ogni aspetto.

Penso che sia una serie sulla parte oscura che è dentro tutti noi. Tutti hanno una parte oscura. Tutti hanno una parte luminosa. Forse io ho più [oscurità] della maggior parte delle persone, ma nel caso di una serie come questa, è sicuramente molto utile. Volevamo davvero spingerci oltre i limiti in termini di horror, paura e sangue. È spietato. Non usa mezzi termini.

Con IT (2017) che è il film horror di maggior incasso di tutti i tempi e IT Capitolo Due (2019) anch’esso ai vertici della classifica, HBO sa che l’approccio adottato nei precedenti adattamenti funziona. Non c’era bisogno di interferire con questo, e come dimostrano molti altri programmi HBO, è una piattaforma di streaming che spesso accoglie con favore il superamento dei limiti.

Il livello di sangue “adeguatamente disgustoso” e altri elementi horror sono ancora più amplificati rispetto ai film vietati ai minori. La capacità di sorprendere il pubblico più che in passato è in parte dovuta al fatto che questa è la prima volta che la storia viene raccontata.

Mentre la storia del Losers Club è stata adattata direttamente nei film IT del 2017 e del 2019 e nella miniserie degli anni ’90 con Tim Curry, Welcome to Derry è basato sui capitoli interludio del libro originale di Stephen King. Ciò significa che il pubblico potrà vedere la storia terrificante di Pennywise e Derry in modi che non sono mai stati mostrati prima sullo schermo.

Con la sua prima prevista per il 26 ottobre, perfetta per la stagione di Halloween, IT: Welcome to Derry sarà ovviamente spaventosa, ma Muschietti, Chalk e Fuchs stanno chiarendo che la serie andrà ben oltre i brividi previsti.

Gli effetti di The Toxic Avenger sugli spettatori

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Gli effetti di The Toxic Avenger sugli spettatori

Presentato oggi alla 20° edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public The Toxic Avenger scritto e diretto da Macon Blair con Peter Dinklage, Jacob Tremblay, Taylour Paige, Julia Davis, Jonny Coyne, Elijah Wood e Kevin Bacon

Nel video, prodotto dall’agenzia creativa Brad&K Productions, pubblicato su Youtube, un’ambulanza di The Toxic Avenger soccorre simbolicamente le prime “vittime del film”. Stasera sul red carpet sfilata di influencer travestiti da aspiranti Toxic Avengers. 

Il film arriva nelle sale italiane da giovedì 30 ottobre distribuito da Eagle Pictures, prodotto da Legendary Pictures ed è il reboot del celebre film cult del 1984 “The Toxic Avenger” di Lloyd Kaufman.

La trama di The Toxic Avenger

Winston Gooze è un umile inserviente di fabbrica, un uomo qualunque schiacciato da turni massacranti e ignorato da una società che non lo vede. Ma una notte, un incidente lo condanna: il suo corpo viene inondato da sostanze tossiche che ne divorano la carne, lo deformano e lo trasformano in qualcosa di mostruoso… e indistruttibile. Dalle sue ceneri nasce Toxic Avenger, un antieroe dall’aspetto mostruoso e dalla forza sovrumana. Ma dietro i muscoli e le cicatrici ribolle una sete di vendetta radioattiva. Quando spietati magnati minacciano suo figlio, Toxie non ha scelta: deve scatenare la sua furia contaminata. In un mondo marcio, corrotto e divorato dall’avidità, la giustizia non ha più volto umano. Ora è un mostro. E la vendetta… ha l’odore della carne bruciata.

Il Fiuto di Sherlock Holmes di Hayao Miyazaki il 1° novembre in versione restaurata al Lucca Comics & Games

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Torna in una veste completamente restaurata al Lucca Comics & Games 2025, Il fiuto di Sherlock Holmes, lo storico anime televisivo nato da una co-produzione fra Rai e Tokyo Movie Shinsha: in una proiezione dedicata, saranno presentati in anteprima esclusiva, sabato 1 novembre al Cinema Centrale di Lucca, due dei sei episodi della serie diretti dal maestro Hayao Miyazaki. Sarà poi disponibile in esclusiva su RaiPlay l’intera serie composta da ventisei episodi, restaurati grazie allo sforzo congiunto del Centro di Produzione Rai di Roma e della Direzione Teche: dal 3 novembre saranno disponibili i primi cinque episodi e poi, ogni lunedì, tre episodi, nelle versioni italiana e inglese.

In questa amatissima trasposizione animata dei romanzi di Artur Conan Doyle, i personaggi assumono aspetto di cani antropomorfi, col segugio Sherlock Holmes impegnato a contrastare le malefatte del Professor Moriarty. I lavori per la realizzazione di questa serie, che assieme a “Conan, ragazzo del futuro” e a “Le avventure di Lupin III” rappresenta uno dei pochi lavori televisivi di Hayao Miyazaki, erano iniziati nel 1981, per subire poi una lunga interruzione a causa di problemi di diritti legati al personaggio di Sherlock Holmes. Dal marzo 1984, a seguito del successo ottenuto dalla proiezione in Giappone dei primi due episodi per accompagnare quella di “Nausicaa nella valle del vento”, la produzione riprende rapidamente e debutta in televisione nel novembre 1984, su Rai Uno e su TV Asahi in Giappone.

A 41 anni dalla sua prima messa in onda, dunque, grazie al lavoro in sinergia fra le sedi Rai di Roma e di Torino, la serie torna in una veste completamente rinnovata. Il Laboratorio di Restauro e Postproduzione del Centro di Produzione TV di Roma ha effettuato la digitalizzazione delle pellicole tramite film scanner ed effettuato un restauro video conservativo, volto a mantenere fedelmente l’aspetto originale del prodotto, pur esaltandone al massimo le caratteristiche. Il settore Digitalizzazione Supporti e Preservazione della Direzione Teche, di stanza a Torino, si è occupato del restauro audio digitale, migliorando chiarezza e intelligibilità sonora di tutti gli episodi, in italiano e in inglese. Sempre a Torino sono state effettuate migliorie video grazie alla color correction e ad una meticolosa pulizia dei frame dai difetti intrinseci alla pellicola.

Sull’operazione, queste le parole del Direttore di Rai Teche Andrea Sassano: “Il patrimonio audiovisivo Rai, ormai è cosa nota, è una fonte inesauribile di sorprese, un catalogo di incredibile ricchezza e varietà: in questo caso, è stato in grado di restituirci un capolavoro d’animazione firmato dal più conosciuto esponente dell’animazione internazionale, Hayao Miyazaki, confermando ancora una volta quanto la nostra azienda sia stata da sempre un polo attrattivo per artisti e creativi da tutto il mondo. Il restauro audio-video effettuato sulla serie è una dimostrazione della grande professionalità delle nostre risorse interne, in grado di cavalcare le tecnologie più avanzate mettendole al servizio dell’archivio Rai”.

RaiPlay continua a investire nella qualità dell’animazione dedicata a bambini e ragazzi, ampliando la propria library con titoli iconici amati da generazioni. “Siamo orgogliosi di offrire al nostro pubblico una serie di culto che ha fatto la storia dell’animazione e che rappresenta un ponte perfetto tra intrattenimento e qualità artistica”, dichiara Elena Capparelli, Direttore di RaiPlay e Digital . “L’arrivo de ‘Il fiuto di Sherlock Holmes’ conferma il nostro impegno nel proporre contenuti capaci di coinvolgere i più giovani ma anche di parlare a tutta la famiglia, valorizzando le opere dei grandi maestri internazionali”

I Love Lucca Comics & Games: intervista al regista Manlio Castagna

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Ecco la nostra intervista a Manlio Castagna, regista di I Love Lucca Comics and Games. Il film-evento – presentato nella sezione Freestyle Arts della Festa del Cinema di Roma 2025 – celebra e racconta, per la prima volta sul grande schermo, la community e il dietro le quinte di una delle manifestazioni dedicate alla cultura pop più grandi e amate al mondo. Il film documentario sarà poi distribuito in oltre 300 cinema il 10, 11 e 12 novembre da I Wonder Pictures, in collaborazione con Unipol Biografilm Collection.

Leggi la nostra recensione di I Love Lucca Comics and Games

Con più di 300mila visitatori ogni anno, oltre 900 ospiti e 600 espositori, Lucca Comics & Games è tra le manifestazioni dedicate alla cultura pop più grandi del mondo. Ma è anche molto di più: un’esperienza trasformativa, un punto di incontro capace di portare migliaia di persone a vivere un’esplosione di gioia e creatività. Un luogo che genera felicità.

Attraverso le voci di autori, editori e ospiti prestigiosi (tra cui il regista Gabriele Mainetti, gli scrittori di best-seller R.L. Stine e Licia Troisi, il rapper Frankie hi-nrg mc, i fumettisti Pera Toons, Sio, Fumettibrutti, Yoshitaka Amano…) e l’incontro con alcuni dei visitatori che ogni anno vivono Lucca come una seconda casa, il regista e scrittore Manlio Castagna mostra la community, i valori e l’esperienza di questo evento unico nel suo genere. Ogni storia, personale e intima, diventa tassello di un viaggio universale, la linea di un arabesco che descrive un mondo di accoglienza e gentilezza, una comunità unita dalle stesse passioni e dalla voglia di stare insieme.

Crime 101 – La Strada del Crimine: il trailer del nuovo film con Chris Hemsworth

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L’avvincente ed elegante thriller Crime 101 – La Strada del Crimine racconta la storia di Davis (Chris Hemsworth), un ladro sfuggente le cui rapine magistralmente pianificate hanno da tempo lasciato la polizia senza indizi.

Davis sta organizzando il colpo più ambizioso della sua carriera — quello che spera possa essere l’ultimo — quando il suo cammino si incrocia con quello di Sharon (Halle Berry), una disillusa assicuratrice con cui è costretto a collaborare, e di Orman (Barry Keoghan), un rivale dai metodi molto più pericolosi.

Con l’avvicinarsi del furto multimilionario, l’inarrestabile tenente Lubesnik (Mark Ruffalo) si avvicina alla verità, facendo crescere la tensione e rendendo sempre più sottile il confine tra cacciatore e preda. Ognuno dei protagonisti dovrà confrontarsi con il prezzo delle proprie scelte — e con la consapevolezza di essere ormai oltre il punto di non ritorno.

Crime 101 – La Strada del Crimine è scritto e diretto da Bart Layton (American Animals, L’impostore – The Imposter). Arriva al cinema il 12 febbraio distribuito da Universal Pictures.

Il poster di Crime 101 – La Strada del Crimine

Carolina Crescentini presenta Mrs. Playmen sul red carpet della Festa del Cinema di Roma

Carolina Crescentini protagonista del red carpet della Festa del Cinema di Roma 2025 per portare al festival Mrs. Playmen, la serie Netflix che è ispirata alla storia vera di Adelina Tattilo, editrice della più nota rivista erotica italiana, Playmen. I primi due episodi della serie, che sarà disponibile solo su Netflix dal 12 novembre

Leggi la nostra recensione dei primi episodi di Mrs. Playmen

A interpretare la protagonista è Carolina Crescentini, nei panni di Adelina Tattilo, una donna che negli anni ’70 seppe trasformare la provocazione in cultura e la sensualità in un atto politico. Accanto a lei un cast corale composto da Filippo Nigro (Chartroux), Giuseppe Maggio (Luigi Poggi), Francesca Colucci (Elsa), Domenico Diele (Andrea De Cesari), Francesco Colella (Saro Balsamo), Lidia Vitale (Lella) e Giampiero Judica (Don Rocco).

La serie è diretta da Riccardo Donna e scritta da Mario Ruggeri, head writer, insieme agli autori Eleonora Cimpanelli, Chiara Laudani, Sergio Leszczynski e Alessandro Sermoneta.

Mrs Playmen racconta la storia di una donna straordinaria, cattolica e anticonformista, capace di sfidare la morale e il maschilismo della Roma conservatrice degli anni ’70. Adelina Tattilo, direttrice della prima rivista erotica italiana, fu una forza rivoluzionaria in un Paese ancora ancorato ai tabù. Mentre l’Italia discuteva di divorzio, aborto e libertà sessuale, lei guidava un impero editoriale al femminile, trasformando Playmen in un laboratorio di modernità, stile e provocazione.

Quando il marito Saro Balsamo la abbandona, lasciandola sola e sommersa dai debiti, Adelina decide di non arrendersi. Reinventa la rivista, la rende sofisticata e internazionale, e costruisce attorno a sé un gruppo di intellettuali e creativi visionari. Numero dopo numero, Mrs Playmen racconta la nascita di un nuovo immaginario e di una rivoluzione culturale e di costume destinata a cambiare per sempre la società italiana.

Prodotta da Aurora TV per Netflix, la serie mescola dramma biografico, costume e ironia, restituendo il ritratto di una donna che seppe incarnare le contraddizioni del suo tempo: credente e ribelle, madre e imprenditrice, icona e bersaglio dello scandalo.

Con il suo sguardo elegante e provocatorio, Mrs Playmen non celebra solo la nascita di una rivista, ma il coraggio di una generazione di donne che, come Adelina Tattilo, hanno avuto la forza di dire: “siamo qui, e non abbiamo più intenzione di stare zitte.”

Paternal Leave approda su SKY e NOW

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Paternal Leave approda su SKY e NOW

Sky Cinema presenta in prima TV PATERNAL LEAVE, il film scritto e diretto da Alissa Jung con Luca Marinelli, in arrivo domani, venerdì 24 ottobre, alle 21:15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on demand.

Realizzato da The Match Factory e Wildside (società del gruppo Fremantle), in collaborazione con Vision Distribution, Rai Cinema e Sky, PATERNAL LEAVE segna il debutto nel lungometraggio della regista e sceneggiatrice tedesca Alissa Jung, capace di raccontare con delicatezza e profondità il tema della genitorialità e dei legami familiari.

Al centro del film, l’incontro tra un padre e una figlia che non si sono mai conosciuti: due vite lontane che si ritrovano per caso — o per destino — e che, nel tempo sospeso di una spiaggia invernale, imparano a riconoscersi e a fare spazio l’uno all’altra.

Nel ruolo di Paolo, Luca Marinelli offre un’interpretazione intensa e misurata, confermando la sua straordinaria sensibilità nel dare voce alle fragilità umane, accanto alla sorprendente Juli Grabenhenrich, nel suo primo ruolo da protagonista.

La trama del film

Leo ha 15 anni ed è cresciuta in Germania senza mai conoscere suo padre. Quando scopre la sua identità, decide di mettersi in viaggio per trovarlo e arriva su una spiaggia deserta della costa italiana, in un chiosco chiuso per l’inverno. Lì incontra Paolo, che resta spiazzato dal suo arrivo improvviso.

L’incontro lo destabilizza, riaprendo ferite sopite e mettendo in discussione il fragile equilibrio della sua nuova famiglia. In un primo momento, Leo cerca solo risposte, ma presto il desiderio di appartenenza prende il sopravvento. Nei giorni che seguono, tra padre e figlia si crea un legame fatto di esitazioni e piccoli passi, ma la loro connessione, ancora fragile, viene presto messa alla prova. Di fronte alle ombre del passato e alle incertezze del presente, entrambi saranno costretti a ridefinire ciò che significa davvero essere parte della vita dell’altro.

The Toxic Avenger: il cult Troma torna in versione moderna con Peter Dinklage e Kevin Bacon

Per la sezione Grand Public della 20ª Festa del Cinema di Roma sarà presentato questa sera alle 21:45 presso la Sala Petrassi The Toxic Avenger, il nuovo film di Macon Blair che riporta sul grande schermo uno dei personaggi più iconici e assurdi del cinema underground americano.

Negli anni ’80, il nome “Troma” era sinonimo di film esagerati, politicamente scorretti e orgogliosamente low budget. Fondata a New York nel 1974 da Lloyd Kaufman e Michael Herz, la compagnia indipendente rivoluzionò la cultura pop dell’epoca realizzando pellicole talmente folli e violente da diventare oggetto di culto. Il titolo che consacrò definitivamente la casa di produzione fu proprio The Toxic Avenger del 1985, una parodia sanguinolenta e irriverente dei film di supereroi che trasformava un timido bidello in un mostro radioattivo pronto a vendicarsi della corruzione e dell’inquinamento della sua città.

Oggi, a quasi quarant’anni di distanza, il Vendicatore Tossico è tornato in una nuova veste. Diretto da Macon Blair, attore e regista noto per I Don’t Feel at Home in This World Anymore e collaboratore di Jeremy Saulnier, il film conserva l’ironia corrosiva e il gusto per l’eccesso tipici della Troma, ma li combina con una produzione di più alto profilo. Nel cast spiccano Peter Dinklage, protagonista nei panni del mostruoso ma eroico Toxie, e due antagonisti d’eccezione: Kevin Bacon ed Elijah Wood, che interpretano con gusto grottesco i villain del film.

The Toxic Avenger si presenta come un omaggio al cinema exploitation e al tempo stesso una riflessione satirica sulla società contemporanea, aggiornata ai linguaggi del blockbuster moderno ma fedele allo spirito anarchico dell’originale. Sangue, umorismo nero e critica ambientale si fondono in un film che promette di divertire gli appassionati e incuriosire le nuove generazioni di spettatori, confermando che — anche nel 2025 — il cinema più “sporco” può ancora dire la sua.

I Love Lucca Comics & Games: recensione della lettera d’amore di Manlio Castagna alla comunità nerd – #RoFF20

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Con I Love Lucca Comics & Games, il regista e scrittore Manlio Castagna firma un documentario che è, prima di tutto, una dichiarazione d’amore. Un film che non si limita a raccontare una manifestazione, ma che si fa voce di una comunità viva, pulsante, innamorata del proprio mondo e del modo in cui, ogni anno, lo celebra nella città toscana. Presentato alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione FreeStyle Arts, dove abbiamo avuto modo di vederlo in anteprima, e destinato a un’uscita evento nelle sale italiane il 10, 11 e 12 novembre 2025, il documentario prodotto da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection non è un semplice dietro le quinte: è un viaggio nell’anima di uno dei più grandi eventi dedicati alla cultura pop al mondo.

Con oltre 300.000 visitatori, 900 ospiti e 600 espositori, Lucca Comics & Games è ormai da decenni un punto di riferimento per chi ama fumetti, videogiochi, cinema, cosplay e narrazione in tutte le sue forme. Ma il film di Castagna riesce nell’impresa più difficile: mostrare la magia dietro i numeri, raccontare cosa rende davvero speciale quell’esperienza condivisa che ogni autunno trasforma Lucca in un palcoscenico a cielo aperto. Non è la cronaca di un evento: è il racconto corale di un’appartenenza.

I Love Lucca Comics & Games è un viaggio nel cuore della fiera

Cortesia I Wonder Pictures

Castagna costruisce la narrazione come un mandala cinematografico (ma anche reale), un disegno composto da frammenti diversi che, una volta completato, viene distrutto per rivelare la sua natura effimera. Così è Lucca, e così è il suo film. Ogni intervista, ogni volto, ogni storia contribuisce a delineare un universo che vive nell’incontro e nella condivisione, ma che, come il mandala, si ricrea ogni anno da capo, sempre diverso, sempre uguale a se stesso.

Nel documentario si alternano le voci di autori, editori, musicisti e fumettisti che hanno segnato la storia della cultura pop: da Gabriele Mainetti a R.L. Stine, da Licia Troisi a Frankie hi-nrg mc, fino ai talenti del fumetto come Pera Toons, Sio, Fumettibrutti e Yoshitaka Amano. Ma la vera anima del film sono i fan, i visitatori che ogni anno percorrono chilometri per essere lì, travestiti, sorridenti, emozionati.

Attraverso di loro, I Love Lucca Comics & Games trova la propria verità più autentica. Le loro testimonianze, raccolte con uno sguardo empatico e mai invadente, diventano il cuore pulsante del racconto: la dimostrazione che, dietro ogni costume, ogni maschera, si nasconde un desiderio di appartenenza, di espressione, di libertà. Castagna li osserva con delicatezza, come se volesse proteggerli dal rumore del mondo, ricordandoci che dietro il fenomeno culturale c’è sempre l’essere umano, con la sua fragilità e la sua forza.

La costruzione di un mondo: estetica, ritmo e simboli

Dal punto di vista formale, Castagna firma un’opera che alterna energia e intimità, colore e introspezione. Le immagini di Lucca invasa dai cosplayer, dalle parate e dai padiglioni gremiti si mescolano a momenti più quieti, dove la macchina da presa indugia sui dettagli: una mano che sistema una maschera, uno sguardo che si incrocia, un sorriso che esplode improvviso. La fotografia, vivida e dinamica, restituisce il senso di meraviglia che accompagna chi varca le mura della città nei giorni della fiera.

L’uso della musica — calibrato ma coinvolgente — accompagna le testimonianze in modo quasi sinfonico, mentre il montaggio costruisce un ritmo emotivo che alterna l’entusiasmo collettivo alla riflessione personale. Tutto concorre a creare un’esperienza che non vuole spiegare Lucca, ma farla sentire.

La metafora del mandala, esplicitata nella parte finale del film, si rivela la chiave interpretativa più potente. Quando il disegno, pazientemente composto, viene infine distrutto, Castagna ci ricorda che la bellezza di Lucca Comics & Games risiede proprio nella sua impermanenza: nel fatto che ogni anno muore per rinascere, ogni volta diversa, ogni volta attesa e cercata. È un gesto poetico che trasforma il documentario in un atto di fede collettiva, un rito di passaggio che celebra la fine solo per annunciare un nuovo inizio.

Cortesia I Wonder Pictures

Tra nostalgia e cambiamento: un atto d’amore (forse) fuori tempo

Eppure, dietro l’entusiasmo e la meraviglia, I Love Lucca Comics & Games nasconde anche una riflessione più sottile e malinconica. Il film si interroga, forse senza volerlo, su come sia cambiata la percezione della cultura nerd nel tempo. C’è stato un periodo in cui chi amava fumetti, giochi di ruolo o manga era considerato un outsider, un emarginato. Oggi, invece, il nerd è diventato mainstream, cool, celebrato.

Castagna accenna a questa trasformazione, ma lo fa con pudore, quasi senza voler incrinare la purezza del suo racconto. Eppure il dubbio rimane: se la fiera di Lucca continua a essere fedele a se stessa, è cambiato l’occhio di chi la osserva? Forse sì. E in questo, il documentario potrebbe sembrare leggermente “in ritardo” sui tempi, una celebrazione che arriva quando ormai la battaglia per la legittimazione della cultura pop è stata vinta. Ma anche questo fa parte del suo fascino: la sincerità con cui guarda a un mondo che ha amato per decenni e che ora, inevitabilmente, deve fare i conti con la propria maturità.

Nel suo insieme, I Love Lucca Comics & Games è un film di luce e memoria, un racconto che emoziona e che invita lo spettatore a riscoprire l’importanza della gentilezza, dell’accoglienza, della creatività condivisa. È un inno all’immaginazione come collante sociale, ma anche un promemoria sul valore della comunità in un tempo in cui tutto sembra frammentato.

Emanuele Vietina, I Love Lucca Comics & Games – Cortesia di I Wonder Pictures

Quando, sullo schermo, l’ultimo granello del mandala viene spazzato via, resta una sensazione dolce e potente: quella di aver partecipato, anche solo per un’ora e mezza, a qualcosa di irripetibile. E come Lucca stessa, che ogni anno muore e rinasce tra le mura e i sorrisi dei suoi visitatori, anche il film di Castagna lascia dietro di sé un segno luminoso. Non solo un documentario, ma un atto di gratitudine verso chi, in un mondo che spesso non comprende, continua a credere nella magia delle storie.