Il Festival Internazionale
del DocumentarioVisioni dal Mondo, Immagini
dalla Realtà, organizzato dalla società di produzione
FRANKIESHOWBIZ, in calendario a Milano da
giovedì 12 a domenica 15 settembre, presenta
l’immagine ufficiale della quinta edizione.
Lo skyline dei grattacieli di Milano
è il protagonista del Festival 2019. Il gabbiano, che nelle
precedenti edizioni sorvolava il mondo per osservare
scrupolosamente il nostro pianeta, punta il suo sguardo sulla città
di Milano.
La nuova immagine, curata dal team
creativo interno, esprime il concept del Festival: una
vocazione internazionale, uno sguardo sulle storie contemporanee,
sulle trasformazioni e sulle evoluzioni della società moderna,
dalla città meneghina, una città cosmopolita, la città del Festival
Visioni dal Mondo, Immagini dalla Realtà.
Il Festival Internazionale del
Documentario promuove, infatti, il documentario come strumento
conoscitivo di cambiamento e innovazione, forma d’espressione per
la narrazione dell’oggi.
Scegliendo di rappresentare
l’edizione 2019 con l’immagine del gabbiano su Milano, il Festival
sottolinea il legame con la città e avvalora la sua view:
favorire la conoscenza, la cultura e la popolarità del genere
documentario che partendo da Milano, oltre a rappresentare un
modello di informazione, diviene uno sguardo sul mondo, il
cinema della
realtà.
Anche per le sedi della quinta
edizione, il Festival sceglie due luoghi simbolo della cultura del
capoluogo lombardo: il Teatro Litta, una delle più significative
opere dell’architettura lombarda, e il Museo Nazionale Scienza e
Tecnologia Leonardo da Vinci, il più importante museo della scienza
e della tecnologia in Italia e uno dei più importanti in Europa e
nel mondo, già sede di una delle sezioni della scorsa edizione del
Festival.
Il cinecomic sta definendo
un’epoca, la nostra, in cui questa tipologia di prodotto sembra
aver polarizzato l’attenzione del pubblico più di altri, e il ruolo
dei Marvel Studios e della DC Films è stato
fondamentale nel processo di cambiamento rispetto a dieci anni fa
(quando Hollywood aveva molto da offrire in termini di
blockbuster). Zack Snyder, in tal senso, è una
figura chiave, che da Watchmen a Justice
League ha dato la sua impronta personale al
genere sulla scia di cineasti come Christopher
Nolan e Tim Burton.
Eppure esiste un mondo al di là del
cinefumetto da scoprire, e l’incoraggiamento arriva direttamente da
Snyder, che durante un Q&A in occasione
dell’evento-maratona delle sue director’s cut a Pasadena ha
spiegato la sua opinione in merito (mettendo a tacere ogni presunta
“rivalità” tra DC e Marvel):
“Sapete, la cosa con i cinecomics è che…sono un fan. Vado a vederli e li
amo. Vado a vedere tutti i film degli Avengers, mi diverto, amo
quell’esperienza, ma deve esserci dell’altro. Come essere aperti ad
altre cose, oltre al divertimento“.
Un suggerimento che il pubblico
americano sembra aver preso alla lettera: al momento, la cima del
box office è contesa tra Captain
Marvel (vicino a quota 1 miliardo di incasso
globalmente) e Us di Jordan
Peele, un horror originale che prosegue con successo gli
ottimi risultati dello scorso anno di A Quiet
Place di John Krasinski.
Di certo i numeri saranno sempre
favorevoli ai titoli targati Marvel Studios (e aspettiamo di
vedere quanto riusciranno a incassare l’imminente Avengers:
Endgame, il vero evento cinematografico della stagione
2019) e Spider-Man: Far
From Home in estate…Avranno concorrenza oppure
voleranno in solitario verso le vette del botteghino?
Vi ricordiamo che il prossimo
progetto di Snyder sarà Army Of The
Dead, produzione originale Netflix che lo vede tornare alla regia dopo il
“travagliato” e deludente Justice
League. Il film sarà uno zombie-horror-thriller
prodotto insieme alla moglie, Deborah Snyder, e alla neonata
compagnia The Stone Quarry.
Di seguito la prima sinossi:
“L’avventura è ambientata
durante un’epidemia di morti viventi a Las Vegas, quando un uomo
decide di radunare un gruppo di mercenari per compiere un ultimo
grande colpo nella zona di quarantena e mettere a segno la più
grande rapina mai tentata.“
“Non avrò le mani legate in
questo progetto“, aveva dichiarato Snyder
all’Hollywood Reporter, probabilmente strizzando l’occhio al
trattamento subito dalla Warner Bros. nell’universo DC.
“Ho pensato che questo fosse un
buon modo per ricominciare e per realizzare qualcosa di divertente,
epico, folle e gratificante […] Vorrei onorare questo genere
di cinema e questa mi sembra l’occasione perfetta per raccontare
una storia puramente gioiosa ed esprimermi attraverso un genere. E
nessuno mi ha mai lasciato completamente libero come
stavolta“.
Due mesi fa, in concomitanza con la
stagione dei premi, Rami
Malek aveva finalmente rotto il silenzio circa la
vicenda Bryan Singer (licenziato dalla regia di
Bohemian
Rhapsody prima della fine delle riprese) definendo
l’esperienza sul set “per niente piacevole” e dicendo che
“Nessuno sapeva che sarebbe successo, ma credo che doveva
succedere e così è stato”. Ora, proprio come il collega, anche
Sophie
Turner si unisce al coro degli “scontenti” parlando
del regista a Rolling Stone.
Nell’intervista la star di
Game of Thrones, che ha esordito nel franchise
degli X-Men nel 2016 con Apocalisse, fa un breve
cenno alla sua collaborazione con Singer usando lo stesso termine
di Malek, “poco piacevole“, riferendosi al tempo trascorso
insieme durante la lavorazione del cinecomic.
Vi ricordiamo che nelle scorse
settimane erano emerse nuove e pesanti accuse di molestie sessuali
rivolte a Singer, dopo che ad Ottobre scorso
il regista era stato pubblicamente denunciato dalla
rivista Esquire. Questa volta
le vittime sono quattro attori, di cui uno soltanto ha rivelato la
sua identità (Victor Valdovinos), che nel report pubblicato da
Atlantis parlava di violenze e rapporti sessuali contro la volontà
dei ragazzi.
Come saprete, non è la prima volta
che il filmaker viene accusato di un tale crimine: nel 2014, da
Michael Egan e nel 2017, da Cesar
Sanchez-Guzman, che lo accusò di averlo costretto ad avere
un rapporto sessuale nel 2003. Sanchez-Guzman, all’epoca dei fatti
un attore, aveva riportato che Singer si era offerto di aiutarlo
con la sua carriera. Il regista ha tentato di far cadere le accuse
e indicando la bancarotta di Sanchez-Guzman nel 2014 come causa
principale dell’accusa.
Rivedremo la Turner sul grande
schermo in Dark Phoenix, debutto alla regia
di Simon Kinberg e nuovo capitolo della
serie cinematografica sui Mutanti che uscirà il 6 giugno 2019. Nel
cast anche
Jennifer Lawrence, James McAvoy, Michael
Fassbender, Evan
Peters, Nicholas Hoult.
In Dark Phoenix, gli
X-Men devono fronteggiare uno dei loro peggiori nemici: uno di
loro, Jean Grey. Durante una missione di soccorso nello spazio,
Jean resta quasi uccisa quando viene investita da una oscura forza
cosmica. Una volta tornata a casa, scopre che questa forza non solo
l’ha resa infinitamente più potente, ma anche molto più instabile.
Combattendo con queste entità dentro di lei, Jean libera i suoi
poteri in modi violentissimi, che nemmeno lei riesce capire o
contenere. Con Jean completamente fuori controllo, ferendo le
persone che più ama, si inizia a sfaldare il tessuto che tiene
insieme gli stessi X-Men. Ora, con la famiglia che cade a pezzi,
devono trovare un modo per rimanere uniti, non solo per salvare
l’anima di Jean, ma per salvare il pianeta da alieni che vorrebbero
utilizzare questa forza per governare sulla galassia.
Ad aprire le danze è ovviamente
Robert Downey Jr., ma è a Chris
Evans che è affidato il messaggio che sembra più
importante. Captain America dice: “Ci hanno davvero fatto
abbassare la testa, non solo letteralmente ma moralmente ed
emotivamente… la cosa buona è che è sempre più facile ricostruire
le persone dopo che sono state abbattute. Questo è ciò che la
Marvel è brava a fare. È quel
briciolo di speranza che tutti cercano.”
La featurette mostra alcune scene di
Avengers: Endgame (in sala dal 24 aprile) e scene
di Avengers: Infinity War, il
capitolo più cupo del MCU, da cui gli eroi sono usciti
per la prima volta sconfitti, ma anche il più remunerativo del
franchise ($ 2.05 miliardi in tutto il mondo).
Anche Feige è presente nel video, in
cui dichiara: “La reazione dei fan alla fine di Infinity War,
quando metà dei loro personaggi preferiti si è trasformata in
polvere, è stata indicativa di quanto il mondo sia emotivamente
connesso a questi personaggi”.
In realtà, sappiamo che il film
semplicemente segue la grande tradizione dell’industria dei fumetti
americana, che ha “ucciso” ciascuno dei suoi personaggi principali
almeno una volta e, in alcuni casi sfortunati, più volte. L’idea
che Spider-Man non possa tornare dalla morte non regge troppo bene
se si considera che è già stato rilasciato un trailer per il suo
prossimo film, Spider-Man: Far From Home,
e il filmato non contiene né zombi né angeli.
Proprio tenendo a mente questo,
sappiamo che qualche eroe tornerà in Endgame, e qualche altro dirà
addio per sempre al MCU, ma è solo questione di tempo.
Come nei fumetti, la morte di un personaggio può essere solo
provvisoria e sappiamo che a tempo debito un nuovo titolare di quel
personaggio arriverà a dare vita in sala la tantissime pagine di
fumetti che ancora ci sono da raccontare. Magari avrà un volto
diverso, ma parteciperà comunque all’universo condiviso immaginario
dei fan Marvel.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli
sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti
in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora
una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Ad un mese esatto dall’uscita nelle
sale i Marvel Studios hanno rilasciato tutti i
nuovi character
poster di Avengers:
Endgame, e sappiamo quanto ogni dettaglio del
marketing sia studiato per suggerire ipotesi sul film e sui
personaggi. O quasi…
Ma cosa ci dicono queste locandine? Ecco qualche teoria:
Valchiria è viva (ma sarà nel film?)
Lo sospettavamo da tempo e questo
poster sembra avercelo confermato: Valchiria è viva, e
probabilmente avrà anche un ruolo nel corso di Avengers:
Endgame.
Il personaggio interpretato da
Tessa Thompson in Thor:
Ragnarok non era presente in Avengers:
Infinity War, e dopo la distruzione della nave degli
asgardiani dove si trovata insieme a Thor e Loki on abbiamo più
avuto sue notizie.
Resta da capire in che modo verrà
utilizzata, se in una semplice scena di flashback o nella battaglia
finale contro Thanos…
Shuri non è sopravvissuta alla Decimazione
L’ultima volta che abbiamo visto
Shuri, la principessa
del Wakanda era stata portata via da Corvus Glaive mentre cercava
invano di salvare la gemma della mente togliendola da Visione,
senza però capire se fosse sopravvissuta o meno allo schiocco. Ora
il character poster sembra suggerire che è stata polverizzata come
il fratello T’Challa.
Cosa significa? M’Baku prenderà le
redini del regno, visto che entrambi gli eredi sono morti?
Pepper Potts e Happy Hogan torneranno
È evidente che il ritorno sulla
Terra di Iron Man verrà accolto dai suoi due più fidati
collaboratori, ovvero Pepper
Potts e Happy Hogan, dal momento che
i poster sembrano confermare la loro presenza e il fatto che sono
vivi e vegeti.
Non esattamente una sorpresa, perché
sappiamo che Pepper indosserà l’armatura di Rescue
(come suggerito da un’immagine trapelata
online diversi mesi fa…), mentre su Hogan abbiamo qualche
dubbio.
Wong sarà il nuovo stregone supremo?
Una delle vittime dello schiocco
alla fine di Avengers:
Infinity War è Doctor Strange, e Thanos si è impossessato
della gemma del tempo custodita dallo stregone supremo. Tuttavia
rimane ancora il Sanctum Sanctorum da proteggere, e chi meglio di
Wong può portare a termine questo compito?
Alla fine del film, Wong non viene
mostrato, così come molti altri personaggi del MCU. Non sappiamo quindi se e come
sono sopravvissuti allo schiocco, né cosa hanno fatto fino a questo
momento, ma è stato Benedict
Wong a confermare che ha lavorato come guardia
ufficiale del tempio.
Loki è definitivamente morto (?)
Che Loki
sia definitivamente morto dopo Infinity
War sembra confermarlo il suo character poster in
bianco e nero come le altre vittime (e Thanos aveva detto “niente
più resurrezioni stavolta” dopo averlo strangolato), ma niente è
mai sicuro quando si tratta del Dio dell’Inganno.
Inoltre le foto scattate sul set di
Endgame hanno mostrato dil ritorno agli eventi di
The Avengers con Loki arrestato dallo S.H.I.E.L.D., cosa che ha
fatto subito pensare alla possibilità dei viaggi nel tempo…questo
significa che rivedremo Tom
Hiddleston?
Tutti i caduti torneranno?
I Marvel Studios hanno pubblicato
sedici poster a colori e sedici in bianco e nero, e la differenza
principale è che il primo gruppo riunisce i vivi, l’altro i caduti
della Decimazione.
Certo ci sono alcune mancanze degne
di nota (come Hank Pym, Maria Hill, Hope Van Dyne etc), ma vogliamo
prendere gli esempi di Gamora o
Loki come un’indicazione sul film e sul loro
ritorno in azione.
D’altronde l’eroina e il Dio
dell’Inganno non sono morti per lo schiocco, ma uccisi da
Thanos…
Nessun segno di Thanos
Considerando che Avengers: Infinity War si è
concluso con l’immagine di Thanos che guarda il sole sorgere su un
universo “riconoscente”, ci sorprende non vederlo tra i character
poster di Avengers:
Endgame, né nei trailer.
Che la Marvel abbia deciso di mantenere i
riflettori accesi soltanto sugli eroi? Ad Empire lo sceneggiatore
McFeely aveva spiegato che se Infinity War era il racconto
degli eventi dal punto di vista di Thanos, il cambiamento più
grande di Endgame è la prospettiva concentrata sui Vendicatori e
non sul villain: “Il precedente film aveva 23 personaggi sul
poster, e questa abbondanza ha dettato un certo tipo di ritmo. Qui
ci sono solo nove eroi sul poster…forse dovremmo aspettarci un
diverso tipo di narrazione.“
Dov’è Hulk?
Abbiamo visto Hulk
in forma di action figure e sul
materiale promozionale, eppure non c’è traccia del gigante di giada
in questi nuovi poster, ma solo di Bruce Banner, la sua controparte
“umana”.
È probabile che i Marvel Studios si stiano riservando
il meglio per il film, con un effetto a sorpresa che annuncerà il
ritorno di Hulk come lo avevamo conosciuto in passato. Magari
realizzando il sogno di vedere nel MCUProfessor Hulk…
TimBurton, regista di film
come Edward mani di
forbice o Sweeney Todd, arriva
a Roma per presentare il suo nuovo film Dumbo,
versione live action di uno dei più celebri film d’animazione
Disney, con protagonisti
attori del calibro di Colin Farrell, Eva Green, Danny De Vito e Michael Keaton. Il film
sarà in sala dal 28 marzo, mentre il 27, in occasione dei premi
cinematografici David di Donatello,
il regista riceverà il premio alla carriera.
La conferenza stampa di
presentazione del film diventa ben presto l’occasione per
ripercorrere la carriera del celebre autore, trattando tutti quelli
che sono i temi chiave della sua poetica.
“Gli occhi sono fondamentali
per me.” – esordisce Burton – “Sono il primo mezzo
attraverso cui si recita. Poiché in questo film il protagonista è
un personaggio muto, abbiamo ricercato un modo puro e semplice per
permettergli di esprimere le sue emozioni, e gli occhi sono sempre
la soluzione migliore. Abbiamo lavorato molto sulla natura dei suoi
grandi occhi azzurri.”
“Dumbo è sempre stato il film
animato Disney che maggiormente mi colpisce.” – continua il
regista – “Lavorarci su mi ha permesso di rimettere mano a
tutti i temi a me più cari. Non era possibile per me fare solo un
remake, l’impegno era quello di trasformarlo per farne qualcosa di
nuovo e allo stesso tempo fedele.”
Nel film ritornano infatti tutti i
temi cari al regista, dal protagonista emarginato e diverso, al
fare proprio di quella diversità qualcosa di prezioso. A questi si
aggiunge inoltre una riflessione molto attuale sul mondo dello
spettacolo, tra artisti indipendenti e grandi produttori, e un
appello ad un circo senza animali. “Pur avendo fatto un film
sul circo, non ne sono mai stato un grande appassionato.” –
esclama Burton – “In particolare non amo i circhi che
utilizzano animali. Gli animali non dovrebbero mai fare cose
strane che vanno al di là della loro natura.”
Molto forte in Dumbo è
anche la componente umana. “Nella sceneggiatura, e nel film,
troviamo parallelismi tra personaggi umani e animali.” –
dichiara il regista – “Volevo che ci fosse un equilibrio tra le
due parti. Per tutti c’è un senso di perdita generale. Ognuno dei
protagonisti ha perso qualcosa, e questo lo definisce.”
“Per un film sulla famiglia
avevo bisogno di attori che fossero come una famiglia per me.”
– continua Burton – “Se ci pensiamo bene, il circo è come un
film: un gruppo di persone che si uniscono per cercare di
realizzare un grande spettacolo. Tornare a lavorare con Danny De
Vito, Eva Green e Michael Keaton è stata un’esperienza
bellissima.”
Nel corso degli anni il cinema di
Burton è diventato sempre più digitale, sia da un punto di vista di
supporti che di elementi scenografici. “Certo che mi manca il
modo tradizionale di fare cinema, – dichiara a riguardo il
regista – ma allo stesso tempo oggi abbiamo a disposizione
nuovi strumenti e nuove tecnologie che penso sia bellissimo poter
esplorare. Ma nonostante ciò sono e sempre sarò un amante
della natura tattile del cinema, e quella è una cosa che non verrà
mai a mancare nei miei film. In Dumbo, ad esempio, è quasi tutto
ricostruito. Penso che gli attori abbiamo bisogno di vivere
all’interno di un set reale. La CGI si limita ad alcuni green
screen o alla realizzazione del piccolo elefantino. Ma in realtà
anche lui era presente concretamente sul set. Abbiamo ricostruito
un fantoccio con cui gli attori potessero relazionarsi, e che poi è
stato animato in post-produzione.”
Per chiudere la conferenza stampa,
viene chiesto a Burton come si sente all’idea di ricevere il premio
alla carriera ai David di Donatello. “Dal momento che non
ricevo molti premi, è bello riceverne uno alla carriera. È un
riconoscimento a cui tengo particolarmente, perché avverto un
profondo debito nei confronti della cinematografia italiana. Tra i
miei maestri ci sono Fellini, Bava, Argento. È un onore ricevere
questo premio proprio qui.”
A quasi dieci anni da
Alice in Wonderland, Tim
Burton torna a collaborare con la Disney, per la quale
dirige un nuovo adattamento in live action. Il regista di
Edward Mani di Forbice si dedica stavolta alla
favola di Dumbo,
quarto classico d’animazione Disney, avvalendosi di attori quali
Danny De Vito, Michael Keaton, Eva Green e Colin Farrell. Per la realizzazione del film
Burton sposa perfettamente la natura dell’originale, riadattandone
le tematiche al proprio, celebre, stile, e realizzando così uno dei
suoi migliori film degli ultimi anni.
La storia ha inizio nel 1919,
quando Holt Farrier (Colin Farrell), ex star
del circo, ritrova la sua vita messa a soqquadro quando torna dalla
guerra, privo di un arto. Non potendo più eseguire i suoi numeri a
cavallo, il proprietario del circo, Max Medici (Danny De Vito), lo
ingaggia per prendersi cura di un elefante appena nato, le cui
orecchie giganti lo rendono oggetto di scherno di un circo in
difficoltà economiche. Tutto cambia quando i due figli di Holt,
Milly e Joe, scoprono che il piccolo elefante, chiamato Dumbo, è in
grado di volare.
Dumbo, il film
Quando Tim
Burton fu nominato regista dell’adattamento del
film Disney, si temeva che lo stile e la poetica dell’autore
sarebbero nuovamente state sacrificate in nome di un prodotto più
affine alla grande major. Ciò che avviene invece in
Dumbo è un ottimo compromesso tra il
canone Disney e quello dell’autore di film come Beetlejuice. La
mano di Burton c’è, si avverte e si vede per l’intero film,
manifestandosi poi ancor più apertamente in quelle che sono, non a
caso, le sequenze più belle del film.
Burton prende la materia del film e
ne riadatta alla sua esperienza le tematiche già di loro a lui così
confacenti. Il diverso torna ad essere protagonista di un suo film.
Quel diverso che nonostante gli scherni altrui arriverà a fare dei
propri difetti qualcosa di prezioso. Il piccolo Dumbo diventa così
l’ennesima rappresentazione che l’autore fa di sé, e all’interno
del quale infonde tutta la bontà di cui i suoi reietti sono ricchi.
A colpire sono proprio gli occhi di Dumbo, quegli occhi attraverso
cui Burton ha sempre saputo far esprimere i suoi personaggi. I
grandi occhi azzurri, così come l’intero elefantino in sé,
raggiungono un realismo nuovamente sbalorditivo, capace non solo di
comunicare ma di emozionare.
Ed è proprio sotto questo punto di
vista che Burton vince un’altra sfida. L’autore riesce a
coinvolgere ed emozionare lo spettatore, senza il bisogno per far
ciò di ricorrere a mezzi facili. La drammaticità degli eventi non
viene mai calcata, ma mostrata quel tanto che basta per generare un
emozione, e il film in sé ne regala di molteplici. Merito anche
della struggente e vivace colonna sonora realizzata da Danny Elfman, da sempre
alter ego musicale del regista, che conferma ancora una volta di
saper sempre dotare le immagini di Burton dell’accompagnamento più
adatto.
Dumbo non è, e
probabilmente non voleva essere, il ritorno del Tim
Burton di un paio di decenni fa. Ma è la prova di
un autore capace ancora, con il giusto materiale tra le mani, di
regalare grande intrattenimento e grandi emozioni. È un Burton che
cura nel dettaglio tutto ciò che c’è sul set, per restituire quella
sensazione di materialità che lo ha sempre contraddistinto. Un
Burton che, tornando a parlarci di diversità, si dimostra
particolarmente attuale, e che come sempre riesce a rendere i suoi
film delle favole in grado di raccontare molto più di quel che
sembra.
È stata diffusa una prima clip in
italiano per il nuovo horror Noi(US), scritto
e diretto da Jordan Peele, premio Oscar per la
migliore sceneggiatura di Scappa – Get Out, e con
protagonista il premio Oscar Lupita Nyong’O.
Dopo aver scosso la cultura
contemporanea definendo un nuovo standard di film horror
provocatorio e socialmente consapevole, con il suo debutto alla
regia “Scappa – Get Out”, il visionario regista premio Oscar®
Jordan Peele torna con un altro incubo originale che ha scritto,
diretto e prodotto.
Ambientato ai giorni nostri lungo
l’iconica costa della California del Nord, Noi, di Monkeypaw
Productions, ha come protagonista l’attrice premio Oscar® Lupita
Nyong’o nel ruolo di Adelaide Wilson, una donna che torna alla sua
casa d’infanzia sul mare con il marito Gabe (il Winston Duke di
Black Panther) e i due figli (Shahadi Wright Joseph e Evan Alex)
per un’idilliaca vacanza estiva.
In Noi
Tormentata da un trauma irrisolto del suo passato e sconvolta da
una serie di inquietanti coincidenze, Adelaide sente crescere e
materializzarsi la sua ossessione e capisce che qualcosa di brutto
sta per accadere alla sua famiglia.
Dopo un’intensa giornata trascorsa
in spiaggia con i loro amici, i Tyler (l’attrice vincitrice
dell’Emmy
Elisabeth Moss, Tim Heidecker, Cali Sheldon e Noelle
Sheldon), Adelaide e la sua famiglia tornano a casa. Quando cala
l’oscurità, i Wilson vedono sul vialetto di casa la sagoma di
quattro figure che si tengono per mano.
Noi traccia la contrapposizione fra un’affettuosa famiglia
americana e un terrificante e misterioso avversario: i sosia di
ciascuno di loro.
Lo sceneggiatore e regista Jordan
Peele produce il film per Monkeypaw Productions al fianco di Sean
McKittrick, Jason Blum e Ian Cooper di Monkeypaw. Noi sarà
distribuito a marzo 2019 da Universal Pictures.
Candidato all’Oscar
per il Miglior Trucco, vincitore agli EFA per i Migliori effetti
visivi, Miglior Film al Festival
di Cannes, sezione Un Certain Regard, e
in Italia Miglior Film all’ultimo Noir in Festival,
BORDER– CREATURE DI CONFINE
(guarda il trailer)
sarà in sala dal 28 marzo, distribuito
da Wanted, PFA e Valmyn.
Secondo
lungometraggio del regista svedese di origini iraniane Ali Abbasi
BORDER, è tratto
dal racconto Gräns dello
scrittore John Ajvide Lindqvist, definito lo
“Stephen King scandinavo”, già autore del fortunato best
seller horror vampiresco tradotto in 12
lingue Lasciami entrare (Marsilio).
Tina (Eva
Melander), impiegata alla dogana, è nota per il suo
olfatto eccezionale. È come se riuscisse a fiutare il senso di
colpa, la paura, la vergogna. Tina si dimostra infallibile fino al
giorno in cui Vore (Eero Milonoff), un uomo
all’apparenza sospetto, le passa davanti e le sue abilità per la
prima volta sono messe alla prova. Tina sente che Vore nasconde
qualcosa che, però, non riesce a decifrare. Peggio ancora, ne è
irresistibilmente attratta e la storia d’amore con lui le
farà scoprire la sua vera identità. Con Vore, infatti, Tina
condivide una natura segreta. Tutta la sua esistenza non è stata
che una menzogna e ora dovrà scegliere se continuare a vivere una
bugia o accettare la sconvolgente verità che le ha offerto
Vore.
«Per me il film
non parla della contrapposizione “Noi / Loro” ma di una persona che
può ed è in grado di scegliere la propria identità. Voglio credere
che tutti siamo in grado di scegliere chi essere. […] Vedo gli
esseri umani come degli animali particolarmente evoluti e mi
interessano tutte quelle situazioni in cui i nostri istinti
bestiali cozzano contro la struttura della società».
Sono stati diffusi i nuovi character
poster di Avengers: Endgame, in cui possiamo
vedere non solo gli eroi destinati a Vendicare i compagni morti in
Infinity War, ma anche i caduti a seguito dello
schiocco di Thanos.
Tra i protagonisti confermati,
possiamo vedere anche Tessa Thompson/Valchiria e
Jon Favreau/Happy Hogan, abbiamo quindi la
conferma che i due personaggi sono sopravvissuti, visto che i loro
ritratti sono a colori, a differenza di quelli dedicati agli eroi
caduti, che invece sono in bianco e nero.
Ecco di seguito gli intensi
character poster di Avengers: Endgame. Scritto in
evidenza sui volti di ogni eroe, potete leggere la scritta:
Avenger the fallen, ovvero: Vendica i caduti!
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018),
l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo,
Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco,
i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le
azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta
per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero
esserci.
Da giovedì 28 marzo
sarà in sala Una giusta
causa di Mimi
Leder con Felicity
Jones e Armie Hammer. Un
tributo a una delle figure più influenti del nostro tempo, Ruth
Bader Ginsburg, seconda donna a essere nominata Giudice alla
Corte Suprema; un omaggio a tutte le donne, un invito a non farsi
sopraffare.
La candidata
all’Oscar Felicity
Jones è Ruth Bader Ginsburg,
una delle nove donne a entrare, nel 1956, al corso di Legge
dell’Università di Harvard e che, nonostante il suo talento, fu
rifiutata da tutti gli studi legali in quanto donna. Sostenuta
dall’amore del marito Martin Ginsburg (Armie
Hammer) e dall’avvocato progressista Dorothy Kenyon (il
premio Oscar Kathy
Bates), Ruth accettò un controverso caso di
discriminazione di genere. Contro il parere di tutti, vinse il
processo, determinando un epocale precedente nella storia degli
Stati Uniti sul fronte della parità dei diritti.
Diretto da Mimi
Leder, sceneggiato da Daniel Stiepleman e interpretato anche da
Justin Theroux, Jack Reynor, Cailee Spaeny, Stephen Root, Sam
Waterston, UNA GIUSTA CAUSA sarà al cinema da giovedì
28 marzo distribuito
da Videa.
Idris Elba sarà
trai protagonisti di
Fast & Furious – Hobbs & Shaw, il primo spin off del
franchise su quattro ruote, film che si preannuncia decisamente
adrenalinico. L’attore inglese di Luther sarà il
villain contro cui dovranno scontrarsi Hobbs e Shaw, appunto,
ovvero Dwayne Johnson e Jason
Statham, che uniranno le forze per far fronte comune a
questa nuova minaccia. Al loro fianco, l’affascinante
Vanessa Kirby.
Ecco l’immagine di Elba condivisa
su Twitter da Hiram Garcia, produttore del film:
A dirigere lo spin
off Fast &
Furious – Hobbs & Shawè stato
chiamato David Leitch, che gira il film
basandosi sulla sceneggiatura di Chris
Morgan. Nel cast del film ci sono Dwayne Johnson,
Jason Statham, Vanessa Kirby, Idris Elba, Eiza González e
Eddie Marsan.
In una recente
intervista, Dwayne Johnson aveva
consolidato il suo affetto per la saga, mostrandosi però piuttosto
incerto su un suo eventuale ritorno in Fast & Furious
9: “Non c’è altro franchise che mi
stia più a cuore di questo. Per l’incredibile team ci lavora, per
la Universal che è stata un ottimo partner, e per le mie
fantastiche colleghe che amo alla follia. Il discorso cambia per i
miei colleghi uomini […] Alcuni si comportano da uomini e da veri
professionisti, mentre altri no.“
Ecco il trailer italiano di
Attenti a quelle due, la nuova commedia al femminile
con Anne Hathaway e
Rebel Wilson diretta da Chris Addison
e distribuita in Italia, dal 16 maggio, da Eagle Pictures. Si tratta
del remake al femminile di Dirty Rotten Scoundrels
(la pellicola uscita nel 1988 con Steve Martin e
Michael Caine era a sua volta il rifacimento di
I due seduttori del 1964).
Una è affascinante e sofisticata,
l’altra imbranata e pasticciona. Un’abilità in comune: ingannare
gli uomini raggirandoli con una scaltrezza tutta al femminile.
L’attrice premio Oscar® Anne Hathaway e la “strabordante” Rebel
Wilson (Pitch Perfect, Le amiche della sposa, Single ma non troppo)
sono l’inedita ed esplosiva coppia di truffatrici nella commedia
più divertente dell’anno, Attenti a quelle due. Remake al femminile
di Due figli di… con Michael Caine e Steve Martin, il film è
diretto da Chris Addison, sulla sceneggiatura di Jac Schaeffer
(Captain Marvel), e sarà distribuito in Italia
dal 16 maggio da Eagle Pictures.
Ha “esordito” nell’universo
cinematografico Marvel con il volto di
Edward Norton, ma è grazie a Mark
Ruffalo che Bruce Banner, aka Hulk,
ha finalmente trovato la sua ragion d’essere nel racconto
contemporaneo del personaggio. Fragile, tormentato, ironico, questo
eroe potrebbe trovare la conclusione del suo arco narrativo in
Avengers:
Endgame o continuare il suo viaggio verso luoghi
inesplorati.
Ecco di seguito tutto quello che non
sapevate sull’Hulk interpretato da Ruffalo nel MCU:
Ruffalo vede Bruce come il perfetto opposto di Tony Stark
Per come lo vede Mark Ruffalo, Bruce
Banner è l’esatto opposto e l’alternativa a Tony
Stark dell’universo Marvel:
“Credo sia la versione di un
angelo caduto di Tony. Professore rinnegato, ribelle, arrogante,
che faceva cose che non erano proprio ortodosse. Tra di loro c’è
vera ammirazione, und dinamica interessante che spinge Stark a
godere davvero quando vede questo ragazzo trasformarsi in
Hulk.”
Thor: Ragnarok è stato importante per il suo arco
narrativo
Archiviata la parentesi di Avengers: Age of
Ultron, Hulk lascia temporaneamente i Vendicatori e
ritorna protagonista in Thor:
Ragnarok e di Bruce Banner non c’è quasi traccia.
Svolta narrativa che ha permesso all’attore di lavorare in modo
differente con il personaggio.
Per Ruffalo il film ha rappresentato
un passo importante per lo sviluppo di Hulk, perché l’ha reso
“molto più di un individuo rabbioso e macchina da guerra, e mi
ha dato l’opportunità di scavare nella sua emotività“.
Probabilmente non avrà mai il suo standalone
I diritti del personaggio sono
ancora nelle mani della Universal, cosa che rende alquanto
improbabile – al momento – la realizzazione di uno standalone su
Hulk nel MCU.
Ma sappiamo quanto i Marvel Studios siano capaci di scendere a
compromessi, come accaduto con la Sony e la condivisione
di Spider-Man, quindi la stessa situazione potrebbe verificarsi
con il gigante di giada…mai dire mai.
Ruffalo era già in lizza per L’Incredibile Hulk
Non tutti sanno che insieme a
Edward Norton, scelto per interpretare Bruce
Banner nel film del 2008, anche Mark Ruffalo era in lizza per il
ruolo, arrivato fino alla shortlist finale. Questo sostanzialmente
è il motivo per cui l’attore è stato scelto subito dopo l’addio di
Norton al franchise e in previsione di The
Avengers.
Insomma, i Marvel Studios sapevano già chi
volevano per il nuovo volto di Hulk, e sembra che non abbiano
faticato per ottenerlo.
Il design di Hulk combina il volto di Ruffalo con il fisico di
uno spogliarellista
Nell’universo cinematografico
Marvel il corpo di Hulk viene
interamente animato al computer, ma gli artisti degli effetti
visivi hanno comunque bisogno di un punto di riferimento con cui
iniziare.
La parte inferiore si basa sulla
ricostruzione del fisico di un bodybuilder e spogliarellista di
Long Island di nome Steve Romm mentre il volto è
modellato su quello di Mark Ruffalo.
Piccola curiosità: Romm era così
felice di prestare il suo corpo a Hulk che ha chiamato il suo gatto
Lou Ferrigno, una delle sue più grandi ispirazioni
e interprete di Bruce Banner nella celebre serie tv.
La voce di Hulk è un misto di Ruffalo e Lou Ferrigno
A proposito di Lou
Ferrigno, sapevate che la voce di Hulk è il risultato
della combinazione della sua voce con quella di Mark Ruffalo? Un
ottimo modo per omaggiare l’attore e culturista americano e volto
originale dell’eroe in tv.
Prima della CGI, Ferrigno interpretò
Hulk dipingendosi di verde senza effetti speciali e con i vestiti
strappati.
Infinity War ha messo in scena il conflitto tra Hulk e
Bruce
Avengers:
Infinity War ha sicuramente rappresentato un
punto di “stallo” per Bruce Banner, dal
momento che nel film l’eroe non riesce mai a trasformarsi nel
Gigante di Giada (fatta eccezione del prologo, quando affronta
Thanos). Tuttavia dietro questo passo indietro del personaggio
esistono delle ragioni dipendenti dal percorso iniziato
in Thor:
Ragnarok che – con molte probabilità – si
concluderà in Avengers:
Endgame.
A spiegarlo sono stati i registi del film Anthony e Joe
Russo:
“Diverse persone hanno
interpretato questa incapacità di Bruce come la reazione alla
paura. Si, è vero, è spaventato e traumatizzato, eppure ha
già avuto momenti simili in passato, è già stato battuto da
qualcuno e preso a pugni. Questo però è il risultato del viaggio di
Ragnarok. Bruce e Hulk sono due personaggi costantemente in
conflitto fra loro, sempre in bilico sul filo del
controllo.“
L’arco narrativo di Thor: Ragnarok si basa su Planet Hulk
Come è noto, Thor:
Ragnarok ha incluso nella sua storyline anche alcuni
eventi che ripercorrono le avventure di Hulk nella celebre serie
Planet Hulk. E in mancanza della possibilità di
realizzare un film MCU tutto sul Gigante di
Giada, lo Studio ha pensato bene di accorpare le due linee
narrative.
“C’è anche Hela e Balder e Beta
Ray Bill – ha spiegato Kevin Feige – e ci sono
tante altre cose che non abbiamo ancora inserito. Ma in termini di
personaggi che conoscevamo già, abbiamo pensato che sarebbe stato
divertente inserire un personaggio avrebbe aumentato la portata
eroica del film, un duo che era stato già apprezzato tantissimo,
Hulk e Thor. La coppia ha dimostrato grande potenziale comico,
soprattutto negli scambi da pesci fuor d’acqua tra Banner e Thor. E
così abbiamo pensato che quell’aereo, alla fine di Age Of Ultron,
sarebbe potuto andare nello spazio e così avremmo avuto la
possibilità di vedere il Pianeta dei Gladiatori.”
L’autoironia di Bruce ha una ragione specifica
Mark Ruffalo interpreta Bruce Banner
con grande autoironia, e non si tratta di una coincidenza, ma della
naturale progressione del personaggio da dove l’aveva lasciato
Edward Norton alla fine de L’incredibile
Hulk.
“Stiamo solo riprendendo la
strada conclusa da Ed. Adesso c’è un vecchio Banner, in fuga da
lungo tempo, ed è arrivato al punto in cui è stanco di correre, e
ha un certo senso dell’umorismo nei confronti di se stesso che lo
aiuta ad affrontare il mostro dentro di lui“.
Joss Whedon ha scritto le battute di Hulk durante le riprese di
Age of Ultron
Mark Ruffalo ha dovuto aspettare più
dei suoi colleghi la sceneggiatura con le sue battute di Avengers: Age of
Ultron, e la colpa è da addossare nientemeno che a
Joss Whedon. A quanto pare infatti il regista ha
scritto le sue scene durante la lavorazione del film.
Whedon ha poi spiegato che “Ciò
che rende Hulk così difficile da portare sulla pagina è il fatto
che finga di essere una specie di lupo mannaro quando è un
supereroe. Quindi, la domanda è: come progredisce? Come possiamo
apportare cambiamenti a ciò che fa Hulk?“
Dopo aver emozionato i cuori dei
partecipanti all’ultimo Festival
di Cannes con il suo Cafarnao, candidato
all’Oscar e al Golden Globe, che ha vinto il Premio della giuria a
Cannes 2018, la regista libanese Nadine Labaki
subentrerà all’attore Benicio Del Toro come
presidente di Giuria di Un Certain Regard per la
72esima edizione del Festival.
I tre lungometraggi di
Nadine Labaki l’hanno consegnata alla fama
internazionale, dalla cerimonia del tappeto rosso del Festival di
Cannes alla cerimonia degli Oscar pochi mesi fa. La carriera di
regista, attrice e sceneggiatrice è stata lanciata per la prima
volta sulla Croisette, ed è qui che sono stati presentati tutti i
suoi film.
“Ricordo quando andavo a Cannes
come studente di cinema, ero così eccitata di partecipare al
festival più prestigioso del mondo – ha affermato –
Allora, mi sembrava così fuori dalla mia portata: mi ricordo che mi
alzavo presto, la mattina, e le code infinite per ottenere un
biglietto, sembra ieri, ma quindici anni fa ho riempito il Modulo
di registrazione per la cinéfondation del Festival, con il mio
cuore pieno di speranza e la mia mano tremante. Oggi sono il
presidente della giuria di Un Certain Regard, che dimostra che a
volte la vita può essere persino migliore dei tuoi sogni. Non vedo
l’ora di discutere, di essere scossa, di trovare ispirazione nel
lavoro di altri artisti”.
Dopo essersi diplomata in studi
audiovisivi presso l’Università di Beirut, ha diretto pubblicità e
video musicali, anche premiati. Nel 2004, ha ottenuto un
Festival de Cannes Cinéfondation Residency per
scrivere e sviluppare Caramel, il suo primo
lungometraggio, girato due anni dopo e presentato alla Quinzaine
des Réalisateurs del 2007. Questa gioiosa, ribelle ode al
cameratismo femminile è stata distribuita in tutto il mondo e
divenne l’esportazione cinematografica libanese di maggior successo
di tutti i tempi. Nadine Labaki ha continuato a
esplorare la condizione femminile e le tensioni religiose in
Where Do We Go Now ?, una favola universale e
audace sulla tolleranza, presentata per la prima volta a Un Certain
Regard nel 2011.
Nel 2018, Nadine
Labaki è stata selezionata per la competizione con il suo
potente Cafarnao, un commovente manifesto
sull’infanzia danneggiata, i rifugiati e le ferite in una società
che gira le spalle all’umanità, che ha catturato la Croisette,
vincendo il Premio della giuria, quell’anno presieduta da
Cate Blanchett, e ha tenuto un discorso
indimenticabile accompagnato dal giovane attore e rifugiato siriano
Zain Al Rafeea. Nominato per il Golden Globe e
l’Oscar come miglior film straniero, Cafarnao ha
fatto della sua regista libanese la prima donna del mondo di lingua
araba ad essere nominata in questa categoria.
Le proiezioni Un Certain Regard
prenderanno il via il 15 maggio con un’introduzione della giuria in
serata, un giorno dopo l’apertura della 72esima edizione del
Festival de Cannes, martedì 14 maggio. I vincitori di Un Certain
Regard saranno annunciati venerdì 24 maggio.
Uno degli ultimi cameo ufficiali
di Stan
Lee figura in Spider-Man: Un Nuovo Universo, inserito
proprio durante le battute iniziali del film quando Miles Morales
si reca in un negozio per acquistare la maschera di Spider-Man da
indossare al funerale di Peter Parker. È lì che incontra il celebre
fumettista Marvel, scomparso di recente, nelle
vesti del proprietario dello shop, che rassicura il ragazzo
dicendogli “Alla fine si adatta sempre”.
Ma come rivelato da uno dei
registi, Rodney Rothman, su Twitter, la battuta da
far pronunciare a The Man è stata scelta fra varie alternative,
tutte con il loro peso emotivo e un profondo significato nascosto
tra le pieghe che i veri fan avrebbero potuto cogliere senza
problemi.
Ecco allora le altre frasi doppiate da Stan Lee che non sono
state incluse nel film:
“Non riesco a crederci. Non pensavo che Spider-Man potesse
morire“
“Perché questa roba riesca a vendere, non lo saprò
mai“
“Ho sempre pensato che avrebbe vissuto oltre me
stesso“
La prima, quasi profetica, potrebbe
essere interpretata come un pensiero che ogni appassionato di
fumetti avrà avuto riguardo la morte di Lee; la seconda parla
indubbiamente del successo tra fumetti e pubblico che perdura nel
tempo anche grazie a lui; infine la terza, la più commovente, ci
riporta alla mente l’idea che Spider-Man è davvero sopravvissuto a
Stan Lee e che la sua eredità non morirà mai.
Other lines we recorded with Stan Lee: 1) I
can't believe it. I didn’t think Spider-Man could die. 2) Why this
stuff sells, I’ll never know. 3) Always thought he'd outlive me.
But he loved the line we used
#VuduViewingParty@VuduFans
Vi ricordiamo che in Spider-Man: Un
Nuovo Universo è presente un ulteriore cameo, come confermato
dall’animatore Nick Kondo, visibile solamente mandando al
rallentatore una scena in particolare (quella della corsa del treno
con Miles in volo).
Sul cameo della maschera, i
produttori avevano spiegato che “Il calore di quel momento è
impagabile e vedendo la reazione del pubblico sempre entusiasta ci
ha confermato che era la scelta giusta. C’è ancora la gioia di
vedere Stan sullo schermo, anche se ci manca tantissimo, e le
persone sono con noi. Perché vogliono rivedere ancora un vecchio
amico“.
Spider-Man: Un Nuovo
Universo racconta le vicende del teenager Miles
Morales e delle infinite possibilità dello Ragno-Verso, dove più di
una persona può indossare la maschera. Una visione fresca di un
nuovo Universo Spider-Man con uno stile visivo innovativo e unico
nel suo genere.
Il film è diretto da Bob
Persichetti, Peter Ramsey, Rodney Rothman, con Shameik Moore e Jake
Johnson. Uscita al cinema il 25 dicembre 2018. Durata 117 minuti.
Distribuito da Warner Bros. Italia.
Il cast di doppiatori americano
comprendere gli attori Shameik Moore, Jake Johnson,
Mahershala Ali, Brian Tyree Henry, Lily Tomlin, Liev Schreiber,
Luna Lauren Velez, Zoë Kravitz, Nicolas Cage.
Michael B. Jordan
ha firmato per interpretare un uomo senza età in
Methuselah, un nuovo film in produzione della
Warner Bros. Jordan è uscito da un anno
impegnativo in cui ha recitato in grandi successi commerciali come
Creed
II e Black Panther, film
vincitore di tre premi Oscar, e nel film della HBO Tv,
Fahrenheit 451.
Methuselah è in
sviluppo presso la WB da anni e all’inizio aveva come protagonista
Tom Cruise, mentre nel 2016 è stato assunto Joachim
Rønning (Pirati dei Caraibi: Dead Men Tell No
Tales) per la regia, da una sceneggiatura di Zach
Dean (Deadfall). Tuttavia, Rønning si è
allontanato dal progetto qualche tempo dopo e si è dedicato alla
regia del film Disney Maleficent:
Mistress of Evil. Anche Cruise ha abbandonato il film
a un certo punto, creando così uno spazio per un attore di serie A,
il posto perfetto per Jordan.
Deadline riporta
che Jordan ha ora firmato per partecipare e produrre
Methuselah per la WB. Il film di Methuselah
prende il nome dalla figura biblica, che si dice abbia vissuto fino
all’età di 969. Secondo Deadline, la sceneggiatura del film ruota
attorno a un uomo che è già vivo da oltre 400 anni, ma non mostra
segni dell’età. Non sembra nemmeno un semplice racconto biblico,
poiché lo studio paragona questa mitologia alla serie di
Highlander.
Jordan ha generalmente fatto buone
scelte ogni volta che ha lavorato con uno studio importante (con
l’ovvia eccezione dei Fantastici Quattro del
2015), per cui, il suo coinvolgimento nel progetto potrebbe
rappresentare un’attestazione di merito a un film che sulla carta
potrebbe invece avere più di un aspetto rischioso.
Si torna a parlare di Bohemian
Rhapsody, dopo la contraddittoria stagione
dei premi e le dichiarazioni di Brian
May circa il presunto boicottaggio della stampa, e stavolta in
merito ad un’analisi riportata dalla CNN che ha rilevato
l’esclusione di due minuti di scene dal film da parte della censura
cinese. Il footage in questione riguarderebbe momenti legati alla
sessualità di Freddie Mercury, tra cui i baci con
un altro uomo e il taglio della parola “gay”.
Questa politica che definire
medioevale è alquanto approssimativo viene adottata dal governo del
paese dal 2016, da quando è stata legalmente vietata la
rappresentazione di “comportamenti sessuali anormali” (comprese le
relazioni gay e lesbiche) in televisione e spettacoli online. Come
diretta conseguenza, diversi membri della comunità LGBT cinese
hanno definito l’uscita di Bohemian
Rhapsody nelle sale una “vittoria” per la loro
comunità, considerando il cospicuo numero di titoli occidentali che
ogni anno raggiunge i cinema locali.
“Se tutti si accontentano di
questo tipo di ‘vittoria’, allora il mondo intero si sottometterà
sempre all’autorità, gli artisti non saranno rispettati e non ci
sarà protezione per gli interessi del pubblico”, ha detto Fan
Popo, documentarista e attivista.
Queste, nel dettaglio, le scene tagliate dal montaggio finale di
Bohemian Rhapsody:
Un primo piano del bacino di Mercury ripreso in tv
Il bacio tra Mercury e Paul Prenter, il suo manager
Il confronto tra Freddie e Maria sulla sua sessualità
Il dialogo tra Mercury e il suo futuro partner Jim
Tutta la sequenza del video di “I want to break free”
Bohemian Rhapsody – in sala dal 29
novembre – ha incassato in Italia ad oggi oltre 25 milioni di Euro,
divenendo un successo globale, con un box office internazionale di
oltre 750 milioni di dollari.
Per quanto riguarda il futuro del
film, nelle scorse settimane è tornato a parlarne lo
stesso May, membro originale
dei Queen e produttore della pellicola,
aprendo le porte ad un possibile seguito:
“Credo che il film finisca con
un climax naturale, ed era qualcosa che avevano deciso fin
dall’inizio nella sceneggiatura. Tutti pensavamo che fosse quello
l’apice, il concerto del Live Aid, e non la morte di Freddie come
molti avrebbero voluto, lasciando che il resto raccontasse la vita
della band senza di lui. Beh, non è così. Il film è dedicato a
Freddie, e ricordare il Live Aid era il modo giusto per lasciarlo
andare. Ma chissà, potrebbe esserci un seguito…“.
Portare diversità e maggiore
rappresentazione al cinema è un obiettivo che i Marvel Studios stanno raggiungendo passo
dopo passo, compiendo piccole ma significative rivoluzioni
all’interno dei propri racconti di uomini, donne, eroi e eroine, in
un unico grande immaginario dove Carol Danvers aka Captain
Marvel è solo l’ultima di una serie di grandi
personaggi (non perfetti, ma sicuramente ammirevoli).
Nel cinecomic con Brie
Larson, ad esempio, manca una componente che nella
tradizione del cinefumetto era diventata quasi d’obbligo: la love
story. Qui invece, quella stessa dinamica viene sviluppata in
maniera alternativa, attraverso l’amicizia che lega Carol a
Maria Rambeau, e l’interesse sentimentale non è
contemplato come elemento formativo per la supereroina.
A motivare le ragioni di questa
scelta è stato il presidente dei Marvel StudiosKevin Feige in
una recente intervista con ScreenRant:
“Fin dall’inizio, quando stavamo
lavorando alla sceneggiatura mettendo insieme le storie dei fumetti
come sempre, non abbiamo mai pensato di inserire un interesse
amoroso per Carol. Non era questo il film. Captain Marvel era la storia di una donna in
cerca di se stessa, che cresceva, commetteva errori e che veniva
sostenuta da un mentore, Wendy Lawson, e dalla sua amica Maria.
Queste relazioni erano molto più importanti“.
Dunque è chiaro che Captain Marvel non è mai stato concepito
come una storia d’amore, o almeno non come un cinecomic con
all’interno uno snodo narrativo del genere, tenendo fede alle
promesse di Feige sul “nuovo tipo di origin story” effettivamente
realizzata. Il cuore sembra essere la memoria come sfondo del suo
viaggio di ritorno sulla Terra (e in se stessa), dove ritrova i
veri “amori” della sua vita: Maria e Monica Rambeau.
Captain Marvel è nelle nostre sale
dal 6 marzo 2019.
Il cast ufficiale: Brie
Larson, Samuel L.
Jackson, Ben
Mendelsohn, Djimon
Hounsou, Lee
Pace, Lashana
Lynch, Gemma
Chan, Algenis Perez
Soto, Rune
Temte, McKenna
Grace, Clark Gregg, Jude
Law, Annette Bening.
Basato sul
personaggio dei fumetti Marvel apparso per la prima volta
nel 1968, il film segue Carol Danvers mentre diventa uno degli eroi
più potenti dell’universo. Quando la Terra viene coinvolta in una
guerra galattica tra due razze aliene, è lì che l’eroina
interverrà. Ambientato negli anni ’90, il cinecomic è un’avventura
tutta nuova che racconterà un periodo inedito nella storia
dell’universo cinematografico Marvel.
Betty Gilpin è
entrata nel cast del thriller politico The Hunt.
Secondo Deadline, la star di
Glow si unirà ai già annunciati Ike
Barinholtz, Emma Roberts, Justin Hartley e Glenn
Howerton.
Non è stato rivelato ancora nessun
dettaglio del ruolo dell’attrice. The HUnt sarà distribuito il
prossimo 18 ottobre da Universal. Non c’è ancora nessun dettaglio
ufficiale sulla trama del film, ma si dice che esplori
l’aggressività crescente tra destra e sinistra politica
nell’America moderna. La sceneggiatura è firmata da Damon
Lindelof (Watchmen, The Leftovers),
Nick Cuse, con Craig Zobel
(Compliance), che aveva precedentemente lavorato
con Lindelof quando ha diretto alcuni episodi di The
Leftovers.
I dirigenti universali Erik
Baiers, Jay Polidoro e Mika Pryce
supervisioneranno il progetto per conto dello studio. Il film è
prodotto da Jason Blum e Lindelof, attraverso la
sua etichetta White Rabbit.
Betty Gilpin è
attualmente protagonista della serie NetflixGlow, nei panni di
Debbie/Liberty Bell, e sarà co-protagonista nella commedia
Stuber, con protagonista l’inedita coppia
Kumail Nanjiani / Dave Bautista, che uscirà
quest’estate.
L’abbiamo vista di recente in
Non è romantico? il film Netflix con protagonista
Rebel Wilson, una rilettura in chiave ironica di
tutti i luoghi comuni delle commedie romantiche.
Centinaia di anni dopo la disfatta
della nostra civilizzazione, un nuovo mondo è emerso in Macchine
Mortali. Una misteriosa giovane donna di nome Hester
Shaw (Hera Hilmar, Anna Karenina) dirige una banda di emarginati
nella lotta per impedire a Londra – ora una gigantesca città su
ruote – dal divorare qualunque cosa sul suo percorso.
Macchine
Mortali offre un’esperienza visiva ad altissima
definizione degli incredibili effetti speciali del film. Sono
presenti oltre sessanta minuti di contenuti speciali del dietro le
quinte, tra cui uno sguardo in profondità a come la troupe ha dato
vita alla visione del futuro di Macchine
Mortali e un commento del regista Christian
Rivers.
Basato sulla premiata saga di
libri di Philip Reeve, Macchine
Mortali è un’epica avventura diretta dal premio Oscar
per gli effetti speciali Christian Rivers (King Kong). Insieme a
Rivers, i film-maker protagonisti delle trilogie di Lo Hobbit e Il
signore degli anelli, vincitori degli Academy Award per tre volte,
Peter Jackson, Fran Walsh e Philippa Boyens, che hanno scritto la
sceneggiatura.
Macchine
Mortali nel formato 4K Ultra HD enfatizza gli effetti
speciali da rimanere a bocca aperta, creati dal team Weta Digital
guidato da Ken McGaugh, Kevin Smith, Luke Millar e Dennis Yoo. A
bordo in qualità di produttori ci sono Zane Weiner (la trilogia de
Lo Hobbit), Amanda Walker (la trilogia de Lo Hobbit) e Deborah
Forte (Piccoli brividi), insieme a Walsh e Jackson. Ken Kamins (la
trilogia de Lo Hobbit) si unisce a Boyens come produttore
esecutivo. Macchine
Mortali include nel cast Hera Hilmar
(Anna
Karenina), Robert Sheehan (Geostorm, Three Summers), Jihae
(“Mars”), Hugo Weaving (Il Signore degli anelli, V per Vendetta), e
Stephen Lang (Avatar,
Man in the dark).
CONTENUTI BONUS ESCLUSIVI
NEI FORMATI 4K ULTRA HD, BLU-RAY 3D, BLU-RAY E DVD:
Benvenuti a Londra – In questo dietro le
quinte suddiviso in 5 parti, i produttori rivelano i segreti dietro
l’ambizioso progetto di mettere un’intera città in movimento su
ruote.
La creazione della Bestia
I livelli di Londra
I più piccoli dettagli
Il museo di Londra
Medusa e St. Paul’s
Commento al film con il regista Christian
Rivers
La fine degli antichi – Scoprite i segreti
della Guerra dei Sessanta Minuti mentre viaggiate attraverso il
Museo di Londra. Guidati dal Corpo degli Storici, scoprite cosa ha
segnato la fine degli Antichi migliaia di anni prima degli eventi
di Macchine mortali.
La serie di personaggi – Uno sguardo in
profondità ai personaggi del film.
Hester Shaw
Tom Natsworthy
Anna Fang
Thaddeus Valentine
Shrike
Nell’aria – Unisciti alla Lega
Anti-Trazionista e scopri cosa è successo nella creazione
dell’Airhaven.
E molto altro!
Il film sarà disponibile in
4K Ultra HD in una confezione doppia che include il 4K Ultra HD
Blu-rayTM e il Blu-rayTM. Il disco 4K Ultra HD disc comprende gli
stessi contenuti extra della versione Blu-rayTM, tutti nella
straordinaria risoluzione 4K.
4K Ultra HD è la
migliore esperienza visiva per la visione di un film. Il 4K Ultra
HD presenta la combinazione della risoluzione 4K di quattro volte
superiore al classico HD, la brillantezza dei colori dell’High
Dynamic Range (HDR) con una resa audio totalmente immersiva per
un’esperienza sonora multidimensionale.
Blu-rayTM
sfodera il potere della tua TV HD e si dimostra il modo migliore
per vedere i film a casa, con la risoluzione di 6 volte superiore
rispetto al DVD, extra esclusivi e un sonoro in modalità surroud,
come al cinema.
È James Wan in
persona a condividere sul suo account Instagram ufficiale la
prima foto di Annabelle Comes Home, il nuovo
capito della saga horror che ha per protagonista la demoniaca
bambola. Le riprese sono al momento in corso.
Lo sceneggiatore Gary Dauberman
(“The Nun – La Vocazione del Male“, “IT“,
“Annabelle”) dirige il suo primo lungometraggio
nel franchise da 1,5 miliardi di dollari di The
Conjuring. Il nuovo film horror è nuovamente prodotto dal
creatore dell’universo di The Conjuring, James Wan
attraverso la sua società di produzione Atomic
Monster, e da Peter Safran, che ha
prodotto tutti i film con The Safran Company.
Determinati a impedire ad Annabelle
di continuare a seminare il caos, i demonologi Ed e Lorraine Warren
portano la bambola posseduta nella stanza dei manufatti chiusa a
chiave della loro casa, mettendola “al sicuro” dietro un vetro
consacrato e ottenendo la santa benedizione di un sacerdote. Ma li
attende una spietata notte di orrore, quando Annabelle risveglia
gli spiriti maligni nella stanza, pronti a mettere gli occhi su un
nuovo bersaglio: Judy, la figlia di dieci anni dei Warren, e le sue
amiche.
Nel film recitano McKenna
Grace (“The Haunting of Hill House” in TV, “Gifted – Il
Dono del Talento”, e l’imminente “Captain
Marvel“) nel ruolo di Judy; Madison
Iseman (“Jumanji:
Benvenuti nella Giungla“, “Piccoli Brividi 2: I Fantasmi di
Halloween”) è la sua babysitter, Mary Ellen; e Katie
Sarife (“Youth and Consequences” e “Supernatural” in TV)
nei panni dell’amica tormentata Daniela, mentre Patrick
Wilson (i film di “The Conjuring” e “Insidious”, e
l’imminente “Aquaman”) e Vera Farmiga (i film di
“The Conjuring”, l’imminente “Godzilla: King of the Monsters”, “Bates Motel” in
TV) riprendono rispettivamente i loro ruoli di Ed e Lorraine
Warren.
Dauberman ne ha
anche scritto la sceneggiatura da una storia di Wan e
Dauberman. I produttori esecutivi sono Michael
Clear e Michelle Morrissey. La squadra creativa di
Dauberman che ha lavorato dietro le quinte include il direttore
della fotografia Michael Burgess (l’imminente “La Llorona – Le
Lacrime del Male”), la scenografa Jennifer Spence (“Annabelle:
Creation”, “The Nun – La Vocazione del Male”) e la costumista Leah
Butler (“Annabelle: Creation”).
Il film targato New Line Cinema
uscirà nel 2019 e sarà distribuito da Warner Bros. Pictures.
Carlo Conti
condurrà la cerimonia di premiazione della 64ª edizione dei
Premi David di Donatello, in diretta mercoledì 27
marzo su Rai 1 dalle ore 21.25 con la regia di Maurizio
Pagnussat e la scenografia di Riccardo
Bocchini. A partire dalle ore 20, in diretta su Rai Movie,
andrà in onda il red carpet con Livio Beshir. Dalle ore 21 Rai
Radio2, radio ufficiale dei David di Donatello, trasmetterà in
diretta nel programma “Gli Sbandati di Radio2”, in contemporanea
con Rai 1, la 64ª edizione del Premio.
La serata più importante del nostro
cinema vedrà sul palco alcune grandi star italiane e
internazionali. A Tim Burton, uno dei più celebri e amati autori
della storia della settima arte, andrà il David alla Carriera –
David for Cinematic Excellence 2019: il riconoscimento sarà
consegnato da Roberto Benigni. Il regista e sceneggiatore Dario
Argento, maestro indiscusso nell’arte della paura e del thriller,
riceverà un David Speciale. Lo stesso riconoscimento sarà conferito
a Francesca Lo Schiavo, premio Oscar® ed eccellenza del cinema
italiano nel mondo.
Il tenore Andrea Bocelli, uno dei
cantanti italiani più celebri a livello globale, eseguirà “Nelle
Tue Mani” (Now We Are Free) dal film “Il Gladiatore” e duetterà con
il figlio Matteo nel brano “Fall On Me”. Il premio Oscar® Alfonso
Cuarón ritirerà il David al Miglior film straniero
per Roma. Nel corso della cerimonia, tanti
protagonisti del cinema italiano e internazionale consegneranno i
venticinque David di Donatello e i David Speciali: da Stefania
Sandrelli a Stefano Accorsi, da Raoul Bova a Isabella Ferrari, da
Serena Rossi a Enrico Brignano.
I Premi David di Donatello sono
organizzati dalla Fondazione Accademia del Cinema Italiano – Premi
David di Donatello e dalla RAI: Piera Detassis è il Presidente e
Direttore Artistico della Fondazione, il Consiglio Direttivo è
composto da Francesco Rutelli, Carlo Fontana, Mario Turetta,
Francesca Cima, Luigi Lonigro, Mario Lorini, Domenico Dinoia,
Edoardo De Angelis, Francesco Ranieri Martinotti, Giancarlo Leone.
La 64a edizione della manifestazione si svolge sotto
l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con il contributo
del MiBAC Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione
Generale per il Cinema, d’intesa con AGIS e ANICA e con la
partecipazione, in qualità di partner istituzionali, di SIAE e
Nuovo IMAIE. L’Università Telematica Pegaso e Ferragamo Parfums
sono Partner ufficiali.
L’edizione del 2019 ha introdotto
una serie di importanti riforme del regolamento dei premi. Fra le
numerose novità, una nuova giuria e la modifica del sistema di
voto, entrambi adeguati ai modelli proposti dai grandi
riconoscimenti internazionali; nuove regole di ammissione dei film
che concorrono all’assegnazione dei premi; la nascita del David
dello Spettatore. Attraverso questa serie di rilevanti modifiche,
l’Accademia del Cinema Italiano punta a rinnovarsi proponendosi
come una realtà ancor più autorevole e incisiva nell’ambito del
panorama cinematografico italiano e internazionale, al passo con le
rapide trasformazioni in atto nell’intero sistema
dell’audiovisivo.
Ogni messaggio o dichiarazione di
Chris
Evans riguardo il personaggio di Steve Rogers, o più
in generale sul percorso di Captain
America nel MCU, suona oggi come un velato e
malinconico addio all’eroe che
l’ha reso popolare e figura insostituibile nell’immaginario dei
fan. Come saprete, il contratto dell’attore con i Marvel Studios è in scadenza, ed è più che
probabile che Steve lascerà i Vendicatori
al termine di Avengers:
Endgame svincolando definitivamente l’attore.
Del passato e dei migliori ricordi
dell’esperienza lavorativa con la Marvel, Evans ha parlato in una
recente intervista a cuore aperto con l’Hollywood Reporter,
rivelando – tra le tante cose – qual è la sua scena di
combattimento preferita:
“Sarò di parte, ma la mia
preferita è quella girata nell’ascensore, la prima del secondo film
di Captain America. Una serie di prime volte: la prima volta che
lavoravo con i fratelli Russo, la prima volta in cui ho sentito che
Steve era davvero da solo […] Nel primo film era come se tutti mi
tenessero la mano, poi è arrivato The Avengers, e ho fatto del mio
meglio per non intromettermi. Ma è grazie a The Winter Soldier che
ho sentito veramente la pressione tutta su di me, e quel
combattimento in ascensore rimane una scena eccezionale“.
La sequenza a cui si riferisce
l’attore è posizionata nelle fasi iniziali di Captain America:
The Winter Soldier: mentre lo S.H.I.E.L.D. sta
letteralmente crollando intorno a lui, Steve Rogers viene messo
alla prova, soprattutto quando si rende conto che non può più
fidarsi di nessuno (tranne che di se stesso).
Celebre la battuta di Cap, che dopo
riesce ad abbattere ben dieci agenti dell’HYDRA sotto copertura:
“Prima che iniziamo, qualcuno vuole uscire?“
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018),
l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo,
Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco,
i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le
azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta
per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero
esserci.
Sono partite in Inghilterra le
riprese di Morbius, secondo spin-off ufficiale
dell’universo
Sony dedicato ai villain di Spider-Man (il primo
era Venom, uscito nelle sale
lo scorso ottobre) che vede protagonista Jared
Leto nei panni di Michael Morbius, anche detto “il vampiro
vivente”, nei fumetti introdotto come un brillante scienziato
affetto da leucemia a cui viene iniettato il sangue di un
pipistrello per sopravvivere.
Nel frattempo dal set è trapelata
un’immagine (che potete vedere in calce all’articolo), poi
pubblicata su Reddit, che ci mostra un misterioso easter egg
relativo a Kraven il cacciatore, altro personaggio
dell’universo di Spidey che secondo gli ultimi aggiornamenti
arriverà al cinema con un suo standalone scritto da Richard
Wenk e basato sulle storie di Sergei Kravinoff
della Marvel Comics.
Creato da Stan Lee e Steve Ditko,
Kraven è apparso per la prima volta in Amazing Spider-Man vol.1
nell’agosto del 1964, e questo dettaglio inciso sul lato di un
camion potrebbe suggerire o un suo cameo nel film con Leto, oppure
un’anticipazione di ciò che la Sony sta preparando per il
franchise.
Tempo fa era stato lo stesso Wenk a
dichiarare che “Antoine Fuqua sarebbe il mio
candidato ideale a dirigere un film su Kraven. Non è solo un grande
filmaker, ma uno dei migliori nel settore, un amico e collaboratore
di lunga data. Gli parleremo del progetto e poi lui deciderà in
base alla sceneggiatura, anche se posso parlare a nome mio e della
Sony quando penso che sarebbe un gran colpo avere Antoine a
bordo“.
Lo spin-off vedrà Tyrese
Gibbs (star del franchise di Fast &
Furious) nei panni di un agente dell’FBI
e Matt Smith, già confermato nel cast, in
quelli di Loxias Crown, il principale antagonista.
Secondo i rumor questo personaggio
potrebbe essere una variante di un villain presente nei fumetti
degli X-Men e Spider-Man tramutatosi in Hunger. L’Hollywood
Reporter lo descrive come il migliore amico di Morbius, affetto
dalla stessa malattia del sangue e con uguali, se non migliori,
abilità e poteri da vampiro.
Per quanto
riguarda Adria Arjona, vista recentemente
in Pacific Rim: Uprising e nella
serie Good Omens, l’attrice darà il volto a
Martine Bancroft, l’interesse amoroso del protagonista Morbius.
Con Morbius continua il piano della
Sony per espandere un universo parallelo a quello dei Marvel Studios, inaugurato quest’anno
da Venom di Ruben
Fleischer, mentre la produzione
di Morbius è iniziata da poche settimane
con la regia di Daniel Espinosa.
La sceneggiatura del film è stata
firmata da Matt Sazama e Burk Sharpless, che vantano nel proprio
curriculum titoli comePower
Rangers, Dracula
Untold, The Last Witch
Hunter– L’Ultimo Cacciatore di
Streghe e Gods of
Egypt.
ATTENZIONE, L’ARTICOLO CONTIENE
SPOILER SU SHAZAM!
Al cinema dal prossimo 3 aprile,
Shazam! si
preannuncia un cambio di rotta ancora più deciso di quanto fatto
dalla Warner Bros con Aquaman, per quanto riguarda il trattamento
cinematografico degli eroi DC al cinema.
Come ogni film di supereroi che si
rispetti ormai, la tradizione vuole che presenti una o più scene
post credits, e nel caso di Shazam! sono due. La prima scena, a metà dei
titoli di coda, mostra il Dr. Thaddeus Sivana (Mark
Strong) nella sua cella di prigione, che è stata
scarabocchiata con vari simboli magici. Dopo la sua sconfitta
contro Shazam, Sivana è diventato pazzo, più di quanto non fosse
prima e, mentre è intento a riprodurre i simboli e gli scarabocchi
sulle pareti, una voce lo chiama.
La voce parla dell’ossessione di
Sivana proprio per questi simboli e di quanto primitivi siano come
strumento di comunicazione. Mentre la telecamera si sposta attorno
alla cella, scopriamo che la voce proviene da Mister Mind. Si
tratta di un super cattivo che appare in Shazam! nei panni di un…
bruco, ma in realtà proviene da una razza aliena altamente
intelligente chiamata Venusian.
La mente malvagia si mostra anche
all’inizio del film, quando Sivana viene evocato dal mago Shazam da
ragazzo. Dopo aver commentato l’uso dei simboli da parte di Sivana,
Mister Mind parla di come esistano altri modi per acquisire la
magia. Mister Mind parla anche dei Sette Regni, tema che sarà
probabilmente esplorato in modo più dettagliato una volta che
uscirà un sequel.
Potrebbe essere in uno di quei
regni che i fan incontreranno Black Adam, che
sappiamo sarà interpretato da Dwayne “The Rock” Johnson sul grande
schermo?
Il futuro del MCU e la pianificazione dei
Marvel Studios per i prossimi anni sono ancora
variabili misteriose, e se la decisione finale spetta – ovviamente
– a produttori e creativi, qualcun’ altro del team potrebbe avere
già in mente delle idee per lo sviluppo di qualche progetto. A
partire da Tessa Thompson, interprete di Valchiria
in Thor:
Ragnarok, che come la collega Brie
Larson sogna di recitare in un cinecomic tutto al
femminile.
Questo è ciò che ha raccontato a
Cinemablend in occasione dell’uscita di Little
Woods, il nuovo film che la vede protagonista insieme a
Lily James:
“Brie è un’amica, e mi piace
passare del tempo con lei. E sai cosa, sono entusiasta in questo
momento […] L’anno scorso, mentre facevamo attività stampa, si era
parlato di un’ idea con Kevin Feige riguardo un cinecomic tutto al
femminile, qualcosa del tipo A-Force, che avesse a che fare con
tutte queste donne incredibili e di talento già esistenti nel
MCU finalmente al lavoro da sole,
egoisticamente. Quindi mi sono detta, perché non farlo? Magari
combattendo i nemici perse nello spazio?“.
“Al momento sono spaventata e
non so nemmeno cosa ci riserverà il futuro. Purtroppo non posso
ancora partecipare a questi incontri top secret, quindi vedremo
cosa accadrà. Amo tantissimo tutti i personaggi femminili del
MCU, quindi l’idea mi interessa
ovviamente. Dico si al 100% ad un film sugli Avengers al femminile
perché sarebbe bello vedere le supereroine interagire
insieme.“
Su questo sodalizio promosso dal
popolo dell’internet con varie illustrazioni e messaggi di
sostegno, la Thompson ha poi raccontato che “lavorare con Brie
è uno dei miei obiettivi. Guardavo quelle fan art di Carol e
Valchiria e pensavo, wow! Siamo noi insieme! Due volti nuovi nel
MCU, cosa sta succedendo? Stiamo
occupando uno spazio, e siamo donne. Inoltre l’idea di fare
qualcosa di cui le ragazzine sono entusiaste, e con cui potranno
identificarsi è davvero bello. Quindi chissà se riusciremo a fare
qualcosa insieme…“
La “mela” è pronta a fare il grande
salto nel mondo delle piattaforme streaming, sfidando la
concorrenza dei colossi Netflix e Amazon Prime Video: è stato annunciato ieri
durante un evento di lancio Apple TV +, il
servizio streaming della Apple che arriverà in autunno (insieme ad
un aggiornamento della già esistente applicazione TV), promosso da
Steven Spielberg e molte altre
personalità dello show business americano come Oprah
Winfrey, Reese Witherspoon. Sul palco
insieme al regista c’era Tim Cook, presidente
dell’azienda.
“Amiamo la TV, perché non è solo
semplice intrattenimento, ma anche cultura” ha dichiarato
Cook, spiegando al pubblico che la piattaforma sarà adatta a tutta
la famiglia e che la app verrà organizzata in maniera più intuitiva
possibile proprio per garantire agli utenti di dedicare meno tempo
alla “ricerca” del titolo e più per la visione.
Subito dopo è stato proiettato il
video di presentazione introdotto da Spielberg e ricco di
contributi da parte di J.J. Abrams, Reese
Witherspoon, Jennifer Aniston e
Sofia Coppola. “Tutti hanno il diritto di
raccontare la loro storia“, è il messaggio che risuona forte e
chiaro dalle immagini.
Tra i prodotti originali in sviluppo
ci sono la serie The Morning Show con
Steve Carell, See di
Steven Knight con Jason Momoa, e
due documentari con Oprah (uno è Toxic Labor,
riguardante il tema degli abusi sul posto di lavoro, mentre l’altro
tratterà in forma di docu-serie le malattie mentali).
Per quanto concerne
invece la versione aggiornata della Apple TV, si potranno
vedere contenuti da Amazon Prime, Hulu, Starz, HBO, Showtime, CBS
All Access, BBC America, Epix, oltre a eventi live sportivi, come
dichiarato dal vicepresidente Apple per i servizi Peter Stern.
Questo grazie a Apple TV Channels che sarà collegata a diversi
canali permettendo al pubblico di abbonarsi e pagare solo i canali
desiderati già a partire da maggio 2019. I contenuti potranno
essere scaricati e visti offline.
A questi contenuti si
aggiungono quelli che verranno resi disponibili tramite il nuovo
servizio Apple
TV+ annunciato proprio oggi. L’app sarà disponibile in più di
cento paesi, non conterrà annunci pubblicitari e distribuirà in
esclusiva i contenuti originali di Apple. Non sono state diffuse
informazioni sul prezzo.
Di seguito potete dare uno sguardo ai due video di
presentazione.
Dopo i primi rumors, arrivano le
conferme ufficiali secondo le quali Avengers: Endgame durerà oltre tre
ore. Il film diretto dai Fratelli Russo sarà il
più lungo non solo della storia dei Marvel Studios, ma anche il blockbuster più
lungo a uscire su larga scala, dai tempi di King
Kong di Peter Jackson, era il 2005 e il
film durava 3 ore e 7 minuti.
A confermarlo è anche IMDb.com, che riporta una
durata di tre ore e due minuti, 182 in tutto. Con una durata del
genere, gli spettacoli non potranno che essere due al giorno per
sala, con una limitazione per le proiezioni in IMAX.
Non sappiamo se e come questa
limitazioni inciderà sugli incassi, che comunque si prospettano
stratosferici per il film che chiuderà un importantissimo ciclo
narrativo per i Marvel Studios e un importante
capitolo della storia del cinema.
Nonostante la durata importante,
Avengers: Endgame sarà comunque più corto di 12
rispetto a Titanic, che è uno dei film che ha incassato di più
nella storia del cinema e che Endgame ha tutte le carte in regola
per superare al box office.
Inoltre, il film avrà una tale mole
di informazioni e storie da fornire e chiudere, che persino tre ore
sembreranno poche ai fan più accaniti!
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018),
l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo,
Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco,
i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le
azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta
per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero
esserci.
Il ruolo della donna nel mondo (del
cinema) non è mai stato così sotto i riflettori come nell’ultimo
periodo e, da bravi rappresentanti dei propri tempi, anche i
Marvel Studios si sono messi in pari:
l’8 marzo (il 6 in Italia) è uscito al cinema Captain Marvel, il
film con Brie Larson, considerato apripista di una
rivoluzione “femminista” per lo studio e per il cinema di
supereroi. Quanto c’è di vero?
Carol Danvers è la
prima vera eroina del Marvel Cinematic
Universe, la prima donna ad essere protagonista
assoluta di un cinecomic in casa Marvel, la più forte, la più
autentica, la più indipendente, la donna che non deve chiedere
l’approvazione di un uomo, di nessuno, per essere se stessa. A
pensarci bene, Carol è più o meno tutto quello che sono tutte le
donne della Marvel, da quando è nato l’universo
condiviso al cinema.
Ebbene sì, il film di Anna
Boden e Ryan Fleck è innovativo nella sua rappresentazione
della donna/eroe esclusivamente perché istituzionalizza, con tanto
di posto nel titolo, ciò che la donna è sempre stata nel MCU. A partire da Pepper
Potts. L’elegante segretaria di Tony Stark è una donna in
carriera, indipendente e spiritosa, tanto in gamba da essere il
nome ideale per guidare le Stark Industries. Alla fine diventa
persino l’eroe che salva la vita al suo amato, rifuggendo dallo
stereotipo della “donzella in difficoltà”.
Ma Pepper non è la sola. Prendiamo
ad esempio Vedova Nera, la donna con la carriera
più lunga nel MCU e quella con il ruolo più
sottovalutato dal pubblico nel corso delle avventure dei
Vendicatori. Mai seconda, mai inferiore, se a qualcuno venisse in
mente di dirle “cosa fare” o “come comportarsi” sarebbe sicuramente
qualcuno che non ha osservato attentamente. Donna fatta e finita,
seducente e bellissima, è determinante per ogni momento chiave del
MCU, dalla scoperta del piano di
Loki, al risveglio di Occhio di Falco, passando per la “gestione”
di Hulk fino alla decisione difficile ma giusta di Civil
War. L’unico luogo comune a cui sottosta
Natasha è quello relativo al fatto che un uomo (o
un gruppo di uomini) è perso senza l’aiuto di una donna.
Ma argomenti simili hanno tutte le
donne che Kevin Feige e soci hanno portato al
cinema, dal fumetto. Che dire di Nebula e Gamora,
ribelli all’autorità paterna, alla ricerca di autodeterminazione? E
della geniale Shuri che non ha rivali in fatto di ingegno e,
adolescente, è la responsabile dello sviluppo tecnologico di una
nazione? E ancora, l’Antico di Tilda Swinton,
senza il quale il MCU non avrebbe avuto il suo
Doctor Strange, l’indomita Valchiria,
alcolizzata, tutt’altro che una donnetta bisognosa di un cavaliere,
e persino la dottoressa Jane Foster, che forse è il personaggio
meno riuscito di questo elenco, ma che comunque è una scienziata
dagli indiscussi meriti.
Un altro pregio di Captain Marvel, secondo la critica e
secondo il pubblico fomentato da cotanta femminile potenza, è il
fatto che il suo costume è funzionale alla missione, non mostra né
ostenta forme. Ebbene, chi parla di novità deve essersi distratto
durante la visione di Ant-Man and the
Wasp, dove abbiamo visto l’energica ed atletica
Evangeline Lilly sudata e spettinata, dopo una
sequenza action, una volta rimosso l’elmetto del costume.
E a proposito di costumi e corpi nel
MCU, sembra proprio che la
rivendicazione di un’eroina che non ha bisogno di mostrarsi sia
completamente fuori luogo, visto che gli unici sessualizzati
attraverso l’esposizione del corpo, nel MCU, sono i signori uomini! A
partire da Captain America, divenuto celebre per
il piano americano con gli ondeggianti pettorali a vista, appena
uscito dalla macchina che lo ha trasformato nel Super Soldato,
oppure Tony Stark, che lavora il metallo a suon di martellate e con
strumenti vari rigorosamente in canotta, oppure ancora Thor, che
viene fatto spogliare in qualsiasi situazione, senza una vera
necessità (c’è un torso nudo e guizzante di Chris
Hemsworth, completamente gratuito, quasi in ogni film a
cui ha partecipato l’attore nel MCU).
Una menzione speciale merita
Peggy Carter, l’agente che ha contribuito alla
formazione dello SHIELD. Lungi dall’essere soltanto il delicato
interesse amoroso di Cap, Peggy è il personaggio che più di ogni
altro ha contribuito a fornire dei modelli realistici e moderni di
donna per la Marvel al cinema ma anche in tv,
con i due cicli di episodi della serie tv a lei dedicata. Una donna
adulta, che non ha bisogno di sentirsi etichettare con un gergo
(quello sì, maschilista) che la definirebbe “con le palle” o
“cazzuta”, Peggy è una persona di valore, di coraggio, all’altezza
di tutto, compassionevole e dolce, che usa con la stessa destrezza
il rossetto e la pistola. Nel confronto con Carol, poteri a parte,
Peggy rappresenta lo stadio successivo in quanto se la prima
capisce che “non deve chiedere il permesso di essere ciò che è”, la
seconda è già consapevole di sé. Carol è ancora una post
adolescente, mentre Peggy è già un’adulta.
C’è una bella illustrazione, che
circola in rete (e potete vedere in calce), un’immagine che mostra
tutte le donne del MCU, dalla Darcy di
Kat Denning alla Nakia di Lupita
Nyong’O, passando Mantis, Lady Sif, Maria Hill, Okoye,
Wanda e Sharon. Su tutte campeggia Peggy, bellissima e volitiva, e
in basso a destra, come il punto fermo di un lungo periodo, una
chiusura, per aprire un nuovo e più consapevole capitolo, c’è
Carol.
Perché Captain Marvel, e con esso Carol,
è una presa di coscienza di quello che è sempre esistito, in
sottofondo e in silenzio, nel Marvel Cinematic Universe.
Grazie al suo rumoroso esordio al cinema e nell’immaginario dei
fan, senza proporre niente di nuovo, Carol ha formalizzato il ruolo
della donna nel MCU, da sempre indipendente e
autodeterminata, poggiandosi sulle spalle di tutte coloro che
l’hanno preceduta.