“Così il tempo e lo spazio non ci separano.” –
Nuovo Olimpo.
È un cinema che sa di casa, di
famiglia, quello di Ferzan Ozpetek.
È un cinema di sguardi, di intese, sentimenti catartici, conflitti
relazionali, passioni. Di carezze e di lacrime. Soprattutto è un
cinema in cui la collettività, l’appartenenza a una comunità, la
bellezza della convivalità e la condivisione hanno sempre avuto il
posto in prima fila nella platea delle tematiche principali del suo
autore. Ne costituiscono la cifra stilistica e contenutistica,
un’impronta netta che in ogni suo lavoro mai si sbiadisce, e che
pone al centro l’amore. L’amore declinato in tutte le sue forme,
sfaccettature e contraddizioni.
Una forza potente, a volte
devastratrice, altre salvifica, di cui Ozpetek ne maneggia il senso
più puro e profondo decantandola sullo schermo quasi come una
poesia. Non è da meno la sua ultima opera, Nuovo
Olimpo, che pur rinunciando ad alcune
cifre dominanti presenti in gran parte della sua filmografia, torna
– dopo La Dea
Fortuna – per parlarci di un amore che resiste al tempo e
allo spazio, alla vita che scorre e alle sue incrinature. Il
regista tesse le fila di un racconto un po’ diverso dai suoi
predecessori, e lo fa ispirandosi a una storia vera che proprio a
lui accadde nella Roma del 1979. Nuovo Olimpo, presentato alla 18
esima edizione della Festa del
Cinema di Roma nella sezione Grand
Public, debutterà suNetflix
il 1 novembre.
Nuovo Olimpo, la
trama
È un colpo di fulmine quello che
hanno Pietro (Andrea Di
Luigi) ed Enea (Damiano Gavino)
quando nel 1979 si incontrano sul set di un film a Roma. Si
scambiano un intenso sguardo, poi il secondo, preso dal suo lavoro,
lo distoglie, rompendo la magia. Ma il destino ha in serbo per loro
qualcosa di speciale, e li fa presto rivedere al cinema Nuovo
Olimpo, dove Pietro entra per la prima volta per guardare vecchi
film in bianco e nero, ritrovandosi dopo poco in un bagno con Enea
a scambiarsi appassionanti effusioni. Pietro però all’inizio è
incerto sul da farsi, e a condurlo nel gioco della seduzione è
proprio Enea, che avvia una storia d’amore destinata a infiammarsi.
Giri in vespa, balli in terrazza, baci e risate: i due giovani
ragazzi si innamorano nell’arco di pochi giorni, fino a quando
Pietro non chiede a Enea un appuntamento ufficiale.
Loro due in una trattoria romana, a
bere e mangiare, per poter fare una cosa semplice, che però vale
più di mille parole: guardarsi. L’appuntamento è preso, ma Pietro
non si presenterà mai poiché coinvolto in una manifestazione nella
quale si romperà un braccio. Passano gli anni, loro crescono e
vanno avanti, pur comunque continuando a pensarsi. Enea diventa un
regista, Pietro un medico. Uno convive, l’altro è sposato. Sono
distanti anni luce l’uno dall’altro, ma non con il cuore. Eppure
sembra che la vita non voglia proprio farli rivedere. Ma come canta
Antonello Venditti… “certi amori non
finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano.”

Enea e Pietro: cosa ci resta di
loro?
Vuole saggiare nuove modalità di
narrare e dare forma al racconto, Ozpetek, con Nuovo
Olimpo. E decide di farlo addentrandosi nei territori
del tempo, che qui è inesorabile. Lo divide, lo frammenta, tenta di
analizzarne le conseguenze derivanti dagli anni che passano. A
scandirlo è un ritmo lento, che fa quasi da contraltare all’amore
fulmineo di Enea e Pietro, innamoratisi già dal primo sguardo
scambiatosi su un set dove il primo fa il volontario. Ozpetek sa di
essere uscito dalla sua comfort zone scegliendo questa specifica
operazione strutturale. Non c’è più, infatti, la compattezza
temporale dei suoi precedenti film, e questo si percepisce da una
poca solidità narrativa degli archi temporali che racconta, ben
quattro anni diversi che si distanziano di parecchio l’uno
dall’altro, piccole parentesi di una storia che nel doversi fare
più intensa nel suo progredire, come ci si aspettava, risulta
rimanere sempre in superficie, sia nei sentimenti che nelle azioni,
un po’ tremolante nell’andare fino in fondo.
Il regista turco sembra aver
annaspato e faticato non poco mentre cercava di gestire le linee
narrative, evolutive ed emozionali dei suoi protagonisti nelle
varie fasi della loro vita, in particolare nel passaggio da giovani
ad adulti. E questo, a prodotto ultimato, è andato a scaricare la
tensione emotiva e amorosa della coppia dopo una prima parte molto
convincente, la quale fa parte dell’anno più costruito e sviluppato
rispetto agli altri (ossia il ’79). Un peccato, visto
l’interessante impiattamento della narrazione, che però essendo
così poco approfondita fa essere Enea e Pietro meno coinvolgenti e
convincenti rispetto ad altri personaggi portati sullo schermo da
Ozpetek, pur essendo nel loro complesso piacevoli.

Un’ode al cinema
I difetti, dunque, non mancano in
Nuovo Olimpo. Ma qualcosa da apprezzare
ce l’abbiamo comunque. Sì, perché Ozpetek ci regala una bella
lettera d’amore al cinema, che si lega a doppio
giro con il concetto di memoria. Pietro ed Enea si incontrano su un
set, poi al cinema – il Nuovo Olimpo del titolo – e quando si
separano, quest’ultimo, diventato regista, fa della loro storia
d’amore un film. Imprime i suoi ricordi sulla pellicola, li
traspone e imprigiona sulle immagini per non lasciarli morire.
Trasforma i suoi sentimenti in sequenze concrete, affinché né
questi né la sua relazione possano essere dimenticati. Ma anzi, fa
in modo che vivano in eterno, nel bagliore di una sala che scalderà
e al tempo stesso lenirà il suo cuore sofferente. E in fondo, vuole
dirci Ozpetek nel sottotesto, non è questa la funzione del cinema?
Essere un forziere di memorie e passioni, farle diventare
immortali, pronte a riaffiorare e ardere ogni qual volta se ne
sente il bisogno. Perché il cinema ha la capacità di continuare a
farti sentire una presenza anche là dove c’è assenza; di darti
calma e bellezza anche quando attorno c’è scompiglio; di
riavvolgere i momenti e farli ripartire come se stessero accadendo
di nuovo, anche se poi ai titoli di coda ci si volta e quello che
si ha visto sullo schermo non lo si trova più accanto.
Il cinema è un amico che ci tiene
compagnia e ci rassicura, ci spinge a credere nell’impossibile e ci
aiuta a superare le difficoltà. Ed è anche un luogo, inteso come
dimensione concreta, dove tutto è concesso e nessuno ti giudica.
Nel trasmetterci queste emozioni rivolte alla Settima Arte
Nuovo Olimpo funziona e arriva dritto al
cuore del pubblico, assumendo le vesti di una storia a tratti
metacinematografica, nella quale intercettiamo in Enea l’alter ego
del regista. Una nota, possiamo dire, molto positiva rispetto ai
problemi di sceneggiatura riscontrati nella pellicola. Ozpetek alla
fine saluta il suo pubblico con una sequenza che tocca le corde
dell’animo e solleva un po’ le sorti del film: la voce melodica di
Mina – presenza costante – abbraccia e accarezza i protagonisti in
un tempo indefinito prima che le luci si spengano. Il regalo che ci
fa il regista è lasciarci immaginare, con un “what if”,
quale potrebbe essere secondo noi il futuro dei protagonisti.
Facendoci capire quanto siamo, anche noi, parte di questo
meraviglioso e ipnotico mondo chiamato cinema.