Apple TV+
ha svelato il teaser trailer e le prime immagini della terza
stagione di Invasion, la serie di fantascienza ideata dal
produttore Simon Kinberg, candidato all’Oscar® e
due volte nominato agli Emmy (“X-Men“,
“Deadpool”, “Sopravvissuto
– The Martian“) e da David Weil (“Hunters”).
La terza stagione farà il suo debutto il 22 agosto su Apple
TV+ con il primo episodio dei 10 totali, seguito da un nuovo
episodio ogni venerdì fino al 24 ottobre.
Invasion segue
un’invasione aliena attraverso diverse prospettive da più parti del
mondo. Nella terza stagione queste prospettive si scontrano per la
prima volta, quando i personaggi principali vengono riuniti in una
pericolosa missione per infiltrarsi nella nave madre aliena. Gli
alieni più potenti sono finalmente emersi, diffondendo rapidamente
i loro tentacoli letali in tutto il pianeta. Ci vorrà la
collaborazione di tutti i nostri eroi, che dovranno usare tutta la
propria esperienza e competenza per salvare la specie umana. Si
formano nuove relazioni, quelle vecchie vengono messe alla prova e
persino distrutte, mentre i nostri coraggiosi protagonisti dovranno
diventare una squadra unita prima che sia troppo tardi.
La terza stagione di Invasion vede il ritorno dei membri principali
del cast Golshifteh Farahani, Shioli Kutsuna, Shamier Anderson,
India Brown, Shane Zaza, Enver Gjokaj e l’introduzione di una nuova
protagonista fissa, Erika Alexander.
“Invasion” è stata creata da
Kinberg e Weil, che sono anche produttori esecutivi insieme ad
Audrey Chon, David Witz, Alik Sakharov, Dan Dietz, Katie O’Connell
Marsh e Nick Nantell.
Dopo il debutto della seconda
stagione, “Invasion” è stata lodata per aver “alzato la posta in
gioco” in ogni stagione, offrendo un “mélange di intrighi, sviluppo
dei personaggi e un ritmo che brucia a fuoco lento”, oltre a una
fotografia esperta che “cattura la bellezza e l’inquietudine” di
un’invasione aliena. La prima e la seconda stagione di “Invasion”
sono disponibili su Apple TV+.
Disney+ ha diffuso il trailer ufficiale e la key art della
serie originale Washington Black,
basata sull’omonimo romanzo bestseller e interpretata da
Sterling K. Brown, che ne è anche executive
producer. La serie debutterà con tutti gli otto episodi mercoledì 23 luglio su Disney+ a livello internazionale e su
Hulu negli Stati Uniti.
Washington Black segue
l’odissea ottocentesca di George Washington “Wash” Black, un
ragazzino di undici anni nato in una piantagione di canna da
zucchero delle Barbados, che grazie alla sua prodigiosa mente
scientifica si incammina verso un inaspettato destino. Quando uno
straziante incidente lo costringe alla fuga, Wash si ritrova
coinvolto in un’avventura in giro per il mondo che mette in
discussione e trasforma la sua idea di famiglia, libertà e amore.
Affrontando terre inesplorate e ostacoli insormontabili, Wash trova
il coraggio di immaginare un futuro oltre i confini della società
in cui è nato.
La serie è interpretata da Ernest
Kingsley Jr., Rupert Graves, Iola Evans, Edward Bluemel, Sharon
Duncan-Brewster, Eddie Karanja, Tom Ellis e Sterling K. Brown.
Washington Black è prodotta
da 20th Television Production in associazione con Indian Meadows
Productions e The Gotham Group e vede come executive producer
Selwyn Seyfu Hinds, Kimberly Ann Harrison, Sterling K. Brown, Ellen
Goldsmith-Vein, Wanuri Kahiu, Mo Marable, Rob Seidenglanz, Jeremy
Bell, Lindsay Williams, D.J. Goldberg, Jennifer Johnson e Anthony
Hemingway. Hinds e Harrison sono anche showrunner. Esi Edugyan è
co-produttore.
Un efficace sistema di parental
control assicura che Disney+ rimanga un’esperienza di
visione adatta a tutti i membri della famiglia. Oltre alla
“Modalità Junior” già presente sulla piattaforma, gli abbonati
possono impostare dei limiti di accesso ai contenuti per un
pubblico più adulto e creare profili con accesso tramite PIN, per
garantire massima tranquillità ai genitori.
Chad Stahelski
dirigerà il film per Amazon MGM Studios e United Artists (UA), la
cui direzione è affidata all’ex direttore cinematografico di
Netflix Scott Stuber. Il film uscirà nelle
sale. Michael Finch sta scrivendo la
sceneggiatura, basata sull’omonimo classico cult degli anni
’80.
Scott Stuber e Nick Nesbitt di UA
produrranno il film insieme a Neal H. Moritz, 87Eleven
Entertainment, la casa di produzione di Stahelski, Josh Davis di
Davis Panzer Productions e Louise Rosner. UA si è assicurata tutti
i diritti dell’originale del 1986, con la possibilità di sviluppare
anche una nuova serie. Il film è stato sviluppato da Lionsgate.
Marisa Abela ha
recentemente vinto un BAFTA TV Award 2025 per la sua
interpretazione nella terza stagione dell’acclamata serie
drammatica sul mondo bancario “Industry”. Questo film segue la sua
interpretazione al fianco di Michael Fassbender e
Cate Blanchett nel thriller di
spionaggio di Steven Soderbergh, “Black
Bag“. Abela ha precedentemente interpretato Amy Winehouse
nel film biografico “Back to Black“, che le è
valso una nomination al BAFTA EE Rising Star Award.
L’originale “Highlander“,
con Christopher Lambert e Sean
Connery, racconta il culmine di un’antica battaglia tra
guerrieri immortali, che si dipana attraverso intrecci narrativi
tra passato e presente. Dopo aver guadagnato una popolarità sempre
maggiore sin dalla sua uscita, il film ha generato diversi sequel,
una serie TV e una fanbase duratura. Diretto da Russell Mulcahy, il
film è stato prodotto da Peter S. Davis e William N. Panzer.
A dieci anni dal suo
ultimo film, il pluripremiato regista JoshuaOppenheimer torna a farci specchiare negli
abissi dell’umanità, mettendo da parte la forma del documentario a
cui ci aveva abituati (e che lo aveva portato alla candidatura agli
Oscar per The Act of Killing e The Look of Silence) e esordendo nel cinema di finzione
con un potente, disturbante, visivamente straordinario, omaggio
all’epoca d’oro di Hollywood, The End.
Presentato, dopo tre anni
di gestazione, al 51° Telluride Film Festival e distribuito negli
Stati Uniti il 6 dicembre 2024, arriverà finalmente il prossimo 3
luglio anche nelle sale italiane, un musical post-apocalittico,
prodotto dallo stesso Oppenheimer (che lo ha diretto e
co-sceneggiato insieme a Rasmus Heisterberg) Signe
Byrge Sørensen e dalla star Tilda Swinton. Oltre a quella dell’attrice
britannica, la pellicola vede anche la partecipazione di George
MacKay, Moses Ingram, Bronagh Gallagher, Tim McInnerny, Lennie
James e Michael Shannon.
Nella distopia
sotterranea di The End
Il mondo è finito. Ma l’umanità,
forse, no. In un bunker sotterraneo riarredato come una casa di
lusso, vivono e sopravvivono Madre (il premio Oscar Tilda
Swinton), Padre (il candidato all’Oscar
Michael
Shannon) e Figlio (George MacKay) e cercano di
mantenere la speranza e un senso di normalità aggrappandosi a
piccoli rituali quotidiani. Ma l’arrivo di una ragazza dall’esterno
(Moses Ingram) incrinerà il delicato equilibrio di
questo apparente idillio familiare.
Pochi contro tutti
Figli di un cambio di millennio, ci
accodiamo alle ataviche paure di cambiamento, facendo il nostro
gioco nel ciclo di morte e rinascita che trova nell’apocalisse il
suo apice supremo. E ogni giorno spegniamo i notiziari ripetendoci,
come Hubert, “Fin qui tutto bene, fin qui tutto bene.” contenti di
aver rimandato la fine chissà ancora per quanto. Ma cosa faremo
quando arriverà il momento? Fuggiremo? Ci arrenderemo
all’inevitabile? Reagiremo collettivamente o proveremo solo a
metterci in salvo insieme ai nostri cari? L’Apocalisse sarà una
livella? Ci donerà le stesse possibilità delle persone che guidano
il mondo, o oligarchi, presidenti, proprietari di social e magnati
dell’industria aerospaziale, avranno accesso a possibilità
illimitate? Queste sono le domande che suscita The End nello
spettatore.
Con Act of Killing e The
Look of Silence, Oppenheimer ci aveva già mostrato come in
Indonesia, gli
autori di genocidi governavano, impuniti. A questi sarebbe dovuto
seguire un terzo film sui miliardari che sono saliti al potere
grazie alla distruzione di milioni di vite, ma dopo il successo dei
suoi precedenti lavori, il regista non è più riuscito a tornare in
sicurezza in Indonesia.
Ha comunque continuato a immaginare
un progetto su uno specifico gruppo di oligarchi che aveva
incontrato, magnati del petrolio, politicamente potenti e
responsabili di gravi violenze politiche, che gli avevano mostrato
un bunker di lusso che stavano costruendo con l’obiettivo di
rifugiarcisi in
caso di un cataclisma causato dall’uomo. All’interno c’erano un
caveau d’arte e una cantina di vini, una piscina e persino
dei giardini.
L’Apocalisse è un musical
intimo e universale
La visione scosse il regista che per
riprendersi, racconta che una volta tornato a casa dovette
riguardare uno dei suoi film preferiti, il musical Les
Parapluies de Cherbourg di Jacques Demy.
L’accostamento tra l’ottimismo
sfrenato del musical e il nichilismo spietato degli oligarchi fece
scattare la scintilla di un racconto che, partendo da un’apocalisse
climatica, anzi, vent’anni dopo l’apocalisse climatica, gli avrebbe
permesso di parlare di dubbi, sensi di colpa e menzogne. Di
negazione e illusione, di fantasie e di tutte le false speranze che
ci permettono di alleviare i nostri rimpianti, in un inno accorato
sull’accettazione di sé, sull’amore, sulla capacità di cambiare e
su tutto ciò che ci rende umani.
È il musical che rende questa storia
universale perché quando i personaggi iniziano a cantare,
l’orchestra – condotta mirabilmente dal compositore Joshua
Schmidt per i testi dello stesso Oppenheimer – li accompagna e
in questo modo le loro emozioni private diventano l’espressione di
un sentimento collettivo. E grazie al coro, quello che inizialmente
è magari solo un momento intimo tra due innamorati, si trasforma
magicamente in una occasione di riflessione condivisa.
Il demone dell’autoinganno
Con i suoi 148 minuti, The
End pone lo spettatore di fronte a quella che è forse la
domanda più difficile a cui rispondere: cosa rimane di noi quando
mentiamo a noi stessi riguardo ai nostri sogni e ai nostri desideri
più inconsci? È questo il demone che logora Madre, Padre e i pochi
sopravvissuti. Lo stesso demone da cui vogliono salvare, senza
riuscirci, Figlio. Perché, come dice lo stesso Oppenheimer:
“Quello che volevo era esplorare la logica conclusione di questo
autoinganno: una famiglia rintanata in un bunker anni dopo che
tutti gli altri sono morti, godendo di ogni confort, un ultimo
barlume di coscienza umana circondata dagli artefatti di una specie
scomparsa, ripetendosi disperatamente di essere felici e di star
bene, e che quindi sia tutto a posto. È un ottimismo che nasce
dalla paura. Spaventati dall’affrontare le proprie colpe, i
personaggi temono il cambiamento, perché per cambiare dovrebbero
riconoscere i propri errori e accettare il proprio passato. Finché
non riusciranno a farlo, saranno condannati a mentire a loro
stessi, persino nei loro pensieri più privati.”
Il cielo in una miniera di
sale
Il film si svolge interamente in
un’unica unità di luogo, le spettacolari miniere di sale di
Petralia Soprana, in Sicilia. In quel sito risalente a milioni di
anni fa (in cui è stato allestito il MACSS – Museo di
Arte Contemporanea Sotto Sale, unico museo di arte contemporanea al
mondo ospitato in una miniera di salgemma attiva), Joshua
Oppenheimer e la scenografa Jette Lehmann (Melancholia)
hanno lavorato spinti da un unico obiettivo: supplire alla mancanza
di cielo e della luminosità delle finestre per far dimenticare al
pubblico di trovarsi sempre all’interno di un bunker. Per questo
l’ambiente in cui vivono Padre, Madre, Figlio e i loro pochi amici
è una casa spaziosa in cui un simulacro di luce naturale entra
attraverso i soffitti e si diffonde da una stanza all’altra. Al
posto delle finestre, gli splendidi dipinti impressionisti e
post-espressionisti portati lì da Madre, come la Ballerina di Renoir o il Diluvio di Francis Danby,
per rappresentare una sorta di “finestre”, per
l’appunto, sul mondo di un tempo, su quello che si è perso:
come una bellissima bugia, che ricorda una realtà ormai
inesistente, la cui presenza si trasforma talvolta in un monito per
i sopravvissuti.
L’ammonimento come atto
di speranza
A differenza di film come Don’t
look up!, apparentemente simili nelle intenzioni, quella di
Oppenheimer, non è una satira in cui si punta il dito contro la
famiglia certamente ricca che ha certamente una responsabilità
riguardo la catastrofe climatica avvenuta, bensì un’opera che mette
lo spettatore di fronte a uno specchio perfettamente tirato a
lucido.
Persino l’introduzione di un
estraneo, un sopravvissuto, all’interno di quell’equilibrio
perfetto che è la vita nel bunker, riesce quasi a non avere
conseguenze, tanto che seppur cambiando gli equilibri e scardinando
l’apparente perfezione di quella vita sottoterra, alla fine non
cambia niente e la speranza, in fondo a quel tunnel oscuro, rimane
definitivamente morta.
Quest’ultima famiglia umana
sopravvissuta potrebbe essere ogni famiglia. Potrebbe essere la
nostra famiglia perché The End parla di tutti noi.
“Ho sempre pensato che creare un racconto
di ammonimento fosse un atto di speranza, costruito sulla
convinzione che non sia troppo tardi per cambiare” dice
Oppenheimer. Sta a noi scegliere se essere Madre, Padre, Figlio o
Sconosciuta. Se mentire su quello che vogliamo, scegliere cosa
vogliamo lasciarci alle spalle e cosa potremmo essere. Se vivere o
sopravvivere. Se arrenderci o fare la differenza.
E speriamo di
capirlo prima di ritrovarci in un bunker sotterraneo senza più un
cielo sopra le nostre teste, ma solo l’infinito sale di una miniera
millenaria. Per quanto bellissima, sia chiaro.
C’è un grande cambiamento creativo
in atto nella serie The
Last of Us della HBO, con l’inizio della produzione
della terza stagione. Neil Druckmann, co-creatore
e regista dei videogiochi Naughty Dog per
Sony Playstation e molto coinvolto nelle prime due
stagioni dell’adattamento televisivo, farà un passo indietro dal
punto di vista creativo nella terza stagione, secondo quanto
confermato da fonti a Deadline. Sempre secondo le
fonti, Druckmann non scriverà né dirigerà alcun episodio della
terza stagione. Continuerà però va ricoprire il ruolo di
co-creatore e produttore esecutivo.
“Ho preso la difficile decisione
di allontanarmi dal mio coinvolgimento creativo in The Last of Us su HBO. Con il lavoro sulla
seconda stagione completato e prima che inizi qualsiasi lavoro
significativo sulla terza stagione, ora è il momento giusto per me
per concentrarmi completamente su Naughty Dog e sui suoi progetti
futuri, tra cui la scrittura e la regia del nostro prossimo
entusiasmante gioco, Intergalactic: The Heretic Prophet, insieme
alle mie responsabilità di capo dello studio e responsabile
creativo“, ha dichiarato Druckmann in un comunicato.
”La co-creazione dello show è
stata un momento saliente della mia carriera. È stato un onore
lavorare al fianco di Craig Mazin come produttore esecutivo,
regista e sceneggiatore nelle ultime due stagioni. Sono
profondamente grato per l’approccio attento e la dedizione che il
talentuoso cast e la troupe hanno dimostrato nell’adattare The Last
of Us Part I e nel continuare ad adattare The Last of Us Part
II“. Ha concluso la sua dichiarazione dicendo che non vede
l’ora che “HBO e PlayStation Productions continuino la storia
di Ellie e Abby nella prossima stagione”.
Al momento non è chiaro quale
impatto avrà sulla serie il mancato coinvolgimento di Druckmann
nella terza stagione. Durante le prime due stagioni, egli ha
lavorato al fianco dello showrunner Craig Mazin
per garantire che la serie HBO conservasse il DNA dei videogiochi.
È inoltre accreditato come sceneggiatore o co-sceneggiatore di
cinque episodi e ne ha diretti due, tra cui il penultimo episodio
della seconda stagione.
In una sua dichiarazione, Mazin ha
detto: “È stato un sogno creativo lavorare con Neil e dare vita
a un adattamento del suo brillante lavoro su HBO. Non avrei potuto
chiedere un partner creativo più generoso. Da vero fan di Naughty
Dog e del lavoro di Neil nei videogiochi, sono oltremodo entusiasta
di giocare al suo prossimo gioco. Mentre lui si concentra su
quello, io continuerò a lavorare con il nostro brillante cast e la
nostra troupe per realizzare lo show che il nostro pubblico si
aspetta“.
“Siamo molto grati a Neil e
Halley Gross per averci affidato l’incredibile storia di The Last
of Us Part II, e siamo altrettanto grati ai milioni di persone in
tutto il mondo che ci seguono“, ha poi concluso. La terza
stagione, come noto, dovrebbe continuare la storia dal sequel del
gioco The Last of Us Parte II. La seconda stagione si è
conclusa con un finale sospeso, lasciando intendere che Abby,
interpretata da Kaitlyn Dever,
sarà al centro della prossima puntata. Finora, HBO non ha detto
se la terza stagione sarà l’ultima.
Basato sul pluripremiato videogioco
di Naughty Dog, The Last of Us è ambientato 20
anni dopo la distruzione della civiltà moderna. Joel, interpretato
da Pedro Pascal, un sopravvissuto incallito,
viene assunto per far uscire clandestinamente Ellie (Bella
Ramsey), una ragazza di 14 anni, da una zona di
quarantena oppressiva. Quello che inizia come un piccolo lavoro si
trasforma presto in un viaggio brutale e straziante, poiché
entrambi devono attraversare gli Stati Uniti e dipendere l’uno
dall’altra per sopravvivere.
La seconda stagione riprende cinque
anni dopo gli eventi della prima stagione, Joel ed Ellie sono
coinvolti in un conflitto tra loro e in un mondo ancora più
pericoloso e imprevedibile di quello che si sono lasciati alle
spalle. A loro, come protagonista della serie si aggiunge la Abby
di Kaitlyn Dever, la quale ha un conto in sospeso
con Joel. Proprio quest’ultima è stata indicata come personaggio
principale della prossima stagione, sulla quale vige però ancora
molta segretezza.
Cash Out – I maghi del
furto è un heist movie che si inserisce nel solco
dei film d’azione a tema rapina, mescolando elementi di thriller,
azione e commedia. Il film segue le regole classiche del genere: un
colpo apparentemente perfetto, una squadra eterogenea di
specialisti e una serie di colpi di scena che mettono a dura prova
la riuscita dell’impresa. In questo senso, si avvicina a titoli
come Now You See Me, Ocean’s Eleven o The Italian Job, ma si distingue per un tono più
leggero e per un’attenzione marcata alla dinamica tra i personaggi,
più che alla sola elaborazione del colpo.
Protagonista della pellicola è
John Travolta, che interpreta Mason
Goddard, un ladro di banche esperto e carismatico,
coinvolto in un’ultima, rischiosa missione. Il film rappresenta un
nuovo tassello nella filmografia recente dell’attore, che negli
ultimi anni ha alternato thriller d’azione (Io
sono vendetta, La rosa velenosa) a ruoli più
eccentrici (The Fanatic). Travolta ha già esplorato il
mondo del crimine organizzato e delle rapine in altri film, come
Codice Swordfish (2001), dove interpretava un sofisticato
hacker-criminale. Cash Out – I maghi del furto gli
offre dunque l’opportunità di tornare a un ruolo dinamico,
mescolando fascino e ambiguità morale, tratto distintivo di molte
sue performance.
Il film, pur non innovando il
genere, riesce a intrattenere grazie al ritmo serrato e al cast
corale che arricchisce la narrazione con tensione, ironia e
tradimenti incrociati. La trama si infittisce poi nel terzo atto,
culminando in un finale sorprendente che mette in discussione le
alleanze viste fino a quel momento. Proprio questo epilogo apre la
strada a
Cash Out 2: High Rollers, sequel già realizzato e
distribuito negli Stati Uniti nel 2025. Nei prossimi paragrafi
analizzeremo allora nel dettaglio il significato del finale del
primo film e in che modo getta le basi per l’espansione del
racconto.
Cash Out – I maghi del
furto segue le vicende di Mason Goddard
(John
Travolta), un carismatico e astuto ladro di banche,
ormai prossimo al ritiro, che viene trascinato in un’ultima rapina
ad alto rischio. Nonostante i dubbi iniziali, Mason accetta di
tornare in azione per aiutare suo fratello Shawn
(Lukas Haas), coinvolto in un colpo che si
complica fin dai primi istanti. Il piano prevede di rapinare una
banca ad alta sicurezza, ma presto emergono tensioni interne al
gruppo e segnali che qualcosa – o qualcuno – potrebbe sabotare
l’intera operazione.
La squadra è composta da figure
eccentriche e specializzate, tra cui spiccano la determinata
Amelia Decker (Kristin
Davis), un’agente dell’FBI sulle tracce di Mason,
l’hacker Link (Natali
Yura) e Anton
(Quavo), un membro del team con motivazioni
ambigue. Mentre il piano si sviluppa, si alternano momenti di
azione, suspense e doppi giochi, mantenendo lo spettatore in
costante incertezza su chi sia davvero dalla parte di chi. Tra
tecnologia, ingegno e una crescente tensione emotiva, il vero colpo
potrebbe dunque non essere quello che si vede in superficie.
La spiegazione del finale e il
sequel del film
Nel terzo atto, il piano ben orchestrato da Mason Goddard e suo fratello
Shawn per rapinare
una banca a Chicago precipita quando Mason scopre che
Amelia Decker, sua
ex e negoziatrice dell’FBI, lo tradisce. Mentre la tensione sale,
appare un elicottero non registrato che li segue, rivelando che
l’FBI – e forse gli organi militari – li hanno incastrati per
ottenere una chiavetta preziosa contenente informazioni su
Abel Salazar, un
potente boss criminale.
In una svolta drammatica, Mason decide d’impulso di ignorare Decker
e attiva il piano B: con l’aiuto del team – tra cui
Anton – cerca una
via di fuga verso il fiume, fuggendo fino a seminare le
autorità.
Nel caos finale, Mason proclama a voce alta che il vero bottino non
è il denaro, ma la chiavetta che incrimina Salazar. Nonostante
siano circondati dal FBI, Mason negozia la sicurezza dei suoi
alleati, sfruttando il timore verso il boss e guadagnando tempo per
la fuga. Quando le forze speciali irrumpono, il gruppo sembra
sacrificarsi: Mason e Link restano al loro posto, fingendo la morte
nell’esplosione finale, mentre il resto della squadra evade e
scompare sotto copertura della polizia.
L’ultimo scena mostra però Mason insieme a suo fratello, ancora
vivi e nascosti in una località isolata, pronti a vivere una nuova
vita, con Amelia dimessasi dal suo ruolo che li
raggiunge.
Il finale sviluppa dunque forti temi morali: Mason, da ladro
incallito, diventa un leader che protegge la sua famiglia e il suo
team, dimostrando una lealtà che va oltre l’illegalità. Il colpo si
trasforma così da rapina a missione di salvataggio – nei confronti
del fratello e dell’ex compagna – mentre Mason utilizza la
chiavetta come strumento di potere più che come merce di scambio.
Il finto suicidio è una messa in scena strategica che annienta le
credenziali legali degli inseguitori, alzando l’asticella sul
compromesso morale tra inganno e sopravvivenza.
Inoltre, la presenza di Decker nei momenti finali suggerisce una
riconsiderazione della fiducia e del sacrificio. Il tradimento si
trasforma in spinta propulsiva, e Mason la integra nel suo nuovo
microcosmo, suggerendo che vendetta e sentimento possono convivere
in modo ambiguo. Questo finale prepara così il terreno per
Cash Out 2:High Rollers (uscito
nel 2025), il sequel diretto sempre da Randall Emmett e
che vede la squadra di Mason coinvolta in un altro colpo – questa
volta ai danni di un casinò – e sottoposta a nuove tensioni
personali e criminali.
Nato il quattro
luglio è un dramma biografico e di guerra del 1989 diretto
da Oliver Stone,
che prosegue idealmente il discorso critico sulla guerra del
Vietnam già avviato con Platoon (1986). Il film appartiene
al genere del
film di guerra ma si distingue per il suo forte taglio
autobiografico e politico, incentrandosi più sulle conseguenze del
conflitto che sulla guerra stessa. È una storia di disillusione,
patriottismo ferito e rinascita morale, che affronta temi come la
disabilità, il senso di colpa e l’emarginazione sociale dei
veterani. Con questo film, Stone firma uno dei suoi lavori più
maturi, profondamente legato alla sua visione ideologica e
personale della storia americana.
Protagonista assoluto è Tom Cruise, qui in una delle sue
interpretazioni più intense e trasformative. L’attore si allontana
dai ruoli glamour degli anni ’80 per incarnare Ron
Kovic, un giovane patriota che parte volontario per il
Vietnam e ne torna paralizzato, devastato non solo nel corpo ma
soprattutto nell’anima. Cruise riesce a restituire tutte le
sfumature del personaggio: l’entusiasmo ingenuo dell’adolescente,
il trauma del reduce, la rabbia dell’attivista. La sua performance
gli è valsa la nomination all’Oscar e ha segnato una svolta
decisiva nella sua carriera, dimostrando il suo impegno in ruoli
più drammatici e complessi.
Il film, come accennato, è tratto
dall’omonima autobiografia scritta dallo stesso Ron
Kovic, pubblicata nel 1976. La storia vera dell’ex marine
statunitense è al centro del racconto, ed è proprio questo legame
con la realtà storica e personale a dare al film una potenza
emotiva particolare. Nel prosieguo dell’articolo, approfondiremo la
biografia reale di Kovic, analizzando in che misura il film resta
fedele agli eventi della sua vita e come Oliver Stone ha
trasformato questa testimonianza in una potente denuncia
cinematografica.
Il film racconta la storia di
Ron Kovic, un ragazzo nato proprio nel giorno in
cui si festeggia l’Indipendenza degli Stati Uniti d’America.
Credendo fortemente negli ideali americani egli, raggiunta la
maggiore età, decide di arruolarsi nei Marines. Una volta diventato
sergente, si ritrova però inviato in Vietnam e lì vede con i suoi
occhi l’orrore del massacro di civili, compresi donne e bambini. La
sua esperienza si conclude però quando rimane paralizzato alle
gambe ed è costretto a tornare in patria. Qui intraprende una vita
dissoluta, salvo poi diventare uno dei più convinti e accaniti
sostenitori della pace, criticando quella guerra in cui tanto
credeva.
Il libro di Ron Kovic e la storia
vera dietro il film
La storia vera alla base di
Nato il quattro luglio è quella di Ron
Kovic, ex marine statunitense nato proprio il 4 luglio
1946, simbolicamente nel giorno dell’Indipendenza americana.
Cresciuto in una famiglia patriottica e cattolica, Kovic aderì
pienamente agli ideali nazionali e, influenzato dal mito
dell’eroismo militare, decise di arruolarsi volontario nei Marines
all’età di 18 anni. Venne inviato in Vietnam nel 1967, dove servì
con convinzione e determinazione. Tuttavia, durante la sua seconda
missione, nel gennaio 1968, fu gravemente ferito alla colonna
vertebrale durante un’operazione militare, rimanendo paralizzato
dalla vita in giù.
Dopo essere stato rimpatriato, Kovic
affrontò un lungo e doloroso percorso di riabilitazione fisica e
psicologica. I mesi trascorsi negli ospedali militari furono
caratterizzati da condizioni sanitarie precarie, negligenza e
profonda frustrazione. Al ritorno nella sua cittadina, trovò un
Paese cambiato, dove i veterani venivano spesso ignorati o
disprezzati. Questo senso di abbandono e di ingiustizia alimentò in
lui una rabbia crescente, che lo portò gradualmente a rifiutare la
retorica patriottica che lo aveva spinto a partire. Il trauma
personale si trasformò così in una coscienza politica sempre più
attiva.
Tom Cruise in Nato il quattro luglio
Nel corso degli anni ’70, Kovic
divenne una figura centrale del movimento pacifista americano.
Partecipò a numerose manifestazioni contro la guerra, talvolta
subendo arresti per disobbedienza civile. Fu anche tra i veterani
che protestarono pubblicamente alla Convention Nazionale
Repubblicana del 1972. Il suo attivismo culminò nella scrittura del
libro Born on the Fourth of July, pubblicato nel 1976, in
cui raccontò senza filtri la sua esperienza di soldato, reduce e
militante. L’opera ebbe un forte impatto negli Stati Uniti,
contribuendo a cambiare la percezione pubblica della guerra del
Vietnam e dei veterani.
Nel presente, Ron Kovic continua ad
essere una voce attiva contro la guerra e in difesa dei diritti dei
disabili e dei veterani. Sebbene oggi viva in condizioni di salute
fragili, non ha mai abbandonato l’impegno politico e civile. Ha
collaborato a numerosi progetti documentari e ha continuato a
scrivere e parlare in pubblico, raccontando la sua esperienza come
strumento di consapevolezza. La sua figura resta simbolica per una
generazione che ha dovuto affrontare la disillusione post-bellica e
il bisogno di riscatto morale.
Il film di Oliver
Stone segue con notevole fedeltà il libro autobiografico,
soprattutto nei suoi passaggi più intimi e drammatici. Tuttavia,
come ogni adattamento cinematografico, si prende alcune libertà
narrative per rafforzare l’impatto emotivo e strutturare un arco
narrativo coerente. Alcuni episodi vengono condensati o
simbolicamente reinterpretati, ma il cuore della vicenda – la
trasformazione di Kovic da patriota idealista a pacifista disilluso
– resta intatto. La regia di Stone e l’interpretazione intensa di
Cruise riescono a restituire la forza di una testimonianza vera,
offrendo al pubblico un’opera che non solo rispetta il vissuto
dell’uomo, ma lo amplifica attraverso il potere del cinema.
L’amore a domicilio è
una commedia romantica italiana del 2020 diretta da
Emiliano Corapi, che unisce il tono leggero della
commedia sentimentale a spunti di riflessione più profondi legati
alla libertà, alla fiducia e ai vincoli imposti dalla società. Il
film si inserisce nel filone delle rom-com contemporanee italiane,
ma lo fa con un’impostazione originale: racconta infatti una
relazione sentimentale che nasce e si sviluppa in circostanze del
tutto fuori dal comune, con una protagonista femminile costretta
agli arresti domiciliari e un protagonista maschile che si lascia
travolgere dall’attrazione e dalla curiosità.
Tra i temi affrontati troviamo
l’imprevedibilità dell’amore, la difficoltà di lasciarsi andare
quando si ha paura del futuro e la tensione costante tra desiderio
e responsabilità. Il film riesce a toccare queste corde mantenendo
però un tono brillante e vivace, grazie anche alla scrittura dei
dialoghi e alla chimica tra i due attori principali. Così facendo
si collega a diversi film italiani che esplorano le relazioni
sentimentali in contesti quotidiani, come La finestra di
fronte di Ferzan Özpetek e Scialla! di Francesco Bruni. Come
questi titoli, affronta temi di solitudine, difficoltà di
comunicazione e il desiderio di intimità in una società moderna e
frenetica.
La storia mette infatti in luce le
sfumature delle relazioni amorose, tra speranze, fragilità e
imprevisti. Questa attenzione alla dimensione emotiva e sociale
rende L’amore a domicilio parte di una tradizione
italiana che racconta con delicatezza e profondità l’amore
contemporaneo. Nel corso dell’articolo approfondiremo tutti gli
aspetti principali del film: dalla trama al cast, passando per
altre curiosità. Il film è infatti molto più di una semplice
commedia romantica: è un racconto sull’amore come esperienza
liberatoria anche quando si è, fisicamente o emotivamente,
costretti in uno spazio ristretto.
Simone Liberati e Miriam Leone in L’amore a domicilio
La trama di L’amore a
domicilio
La storia di L’amore a
domicilio ruota attorno a Renato
(Simone Liberati), un giovane assicuratore dalla
vita ordinata e prudente, che si ritrova coinvolto in una
situazione imprevista quando incontra Anna
(Miriam
Leone), una donna affascinante e misteriosa agli
arresti domiciliari. Incuriosito dalla sua personalità forte e
fuori dagli schemi, Renato inizia a frequentarla, attratto da un
tipo di relazione che sembra offrire emozioni nuove ma al tempo
stesso sicure, grazie ai limiti imposti dalla condizione di lei.
Tuttavia, la complicità tra i due cresce e il legame si fa sempre
più intenso, mettendo in discussione le certezze di Renato.
Il film segue l’evolversi di questa
relazione nata in circostanze insolite, alternando momenti di
leggerezza e romanticismo a riflessioni più profonde sull’amore, la
libertà e la paura del cambiamento. Attorno ai protagonisti si
muovono personaggi secondari che arricchiscono la narrazione, come
Gabriele (Fabrizio Rongione),
collega e amico di Renato, e Franco (Anna
Ferruzzo), agente della polizia penitenziaria che
sorveglia Anna. Il tono del film resta ironico e vivace, ma non
rinuncia a scavare nella psicologia dei personaggi e nella natura
paradossale dei loro desideri, rendendo L’amore a
domicilio una commedia romantica originale e dal tocco
delicatamente malinconico.
Il cast del film
I due protagonisti principali di
L’amore a domicilio sono interpretati da Miriam Leone e Simone
Liberati, due volti ormai noti del cinema e della
televisione italiana. Miriam Leone veste i panni di
Anna, una donna carismatica, imprevedibile e
sensuale, costretta agli arresti domiciliari dopo una rapina.
L’attrice, ex Miss Italia, è diventata negli anni un punto di
riferimento del cinema italiano contemporaneo, affermandosi grazie
a ruoli significativi in serie come 1992, 1993 e
1994, e in film come Il
testimone invisibile e Diabolik, dove interpreta la celebre Eva Kant.
Miriam Leone in L’amore a domicilio
Simone Liberati
interpreta invece Renato, un giovane impiegato
assicurativo dalla vita apparentemente stabile ma priva di stimoli,
che si ritrova completamente travolto dall’incontro con Anna.
Liberati è emerso come uno degli attori più promettenti della sua
generazione grazie a ruoli in film come Cuori puri di
Roberto De Paolis e La profezia dell’armadillo, tratto dai fumetti di
Zerocalcare. Ha inoltre recitato in serie
televisive come
A casa tutti bene – La serie, consolidando la sua presenza
anche sul piccolo schermo. In questo film, interpreta con
sensibilità e misura il percorso emotivo di un uomo che, per amore,
è costretto a rimettere in discussione ogni certezza.
Le location di L’amore a domicilio
L’amore a domicilio è stato
girato prevalentemente a Roma, città che fa da
sfondo alla vicenda con discrezione ma grande riconoscibilità. Le
riprese si concentrano soprattutto in ambienti interni, come
l’appartamento di Anna, dove si sviluppa gran parte della storia e
che diventa un microcosmo emotivo e narrativo. Tuttavia, alcune
scene in esterni mostrano quartieri residenziali e scorci urbani
meno turistici, contribuendo a restituire una Roma quotidiana e
autentica. La città non è mai protagonista, ma agisce come un
contenitore silenzioso che riflette la condizione dei personaggi,
tra desiderio di evasione e senso di costrizione.
Il trailer di L’amore
a domicilio e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile fruire di
L’amore a domicilio grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Apple iTunes, Prime Video e Rai Play.
Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento,
basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento
generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad
un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo di mercoledì 2 luglio alle ore
21:30 sul canale Rai 1.
Universal
Pictures ha diffuso il primo poster ufficiale del
prossimo film di ChristopherNolan, atteso al cinema il 16 luglio
2026. Una versione di questo poster era circolata in rete
già negli scorsi giorni in via non ufficiale, ma ora è stato
confermato come è stato anche confermato che il titolo italiano
sarà Odissea.
Qui di seguito, ecco il post con il poster in versione
italiana:
Quello che sappiamo sul
film Odissea di Christopher
Nolan
Il film vanta un ricco cast composto
da Matt Damon, Tom Holland, Anne Hathaway, Zendaya, Lupita Nyong’o, Robert Pattinson, Charlize Theron, Jon Bernthal, Benny Safdie,
John Leguizamo, Elliot Page, Himesh Patel,
Mia Goth e Corey Hawkins. Per
quanto riguarda la trama, questa segue Odisseo, il leggendario re
greco di Itaca, nel suo pericoloso viaggio di ritorno a casa dopo
la guerra di Troia. La narrazione descrive i suoi incontri con
esseri mitici come il ciclope Polifemo, le sirene e la maga Circe,
culminando nel suo tanto atteso ricongiungimento con la moglie
Penelope.
Ad oggi sappiamo unicamente che
Matt Damon interpreta Odisseo, mentre Tom Holland è suo figlio Telemaco e Charlize Theron è la Maga Circe. L’identità
dei personaggi degli altri interpreti è ad oggi segreta. Sappiamo
inoltre che Nolan ha girato il film interamente in formato IMAX,
avvalendosi di nuove tecnologie realizzate appositamente
per Odissea. Il regista ha inoltre limitato
quanto più possibile l’uso di CGI, con l’obiettivo di ricreare
quanto più possibile in modo pratico l’epico mondo descritto da
Omero con il suo poema epico.
Il film sarà distribuito al cinema da Universal
Pictures dal 16 luglio
2026.
Midnight Factory,
etichetta di Plaion Pictures, e Blue Swan Entertainment sono liete
di annunciare l’uscita nei cinema italiani dal 20
agosto di Dangerous
Animals, il nuovo disturbante incubo
firmato Sean Byrne (The Loved Ones,
The Devil’s Candy).
Dopo il successo di
Longlegs, gli stessi produttori tornano a
esplorare l’oscurità della mente umana con un film che affonda le
sue radici nel thriller psicologico più perverso, unendo l’horror
degli shark movies a quello del sadismo umano, dove l’oceano
australiano è sfondo perfetto per una macabra messa in scena.
Nel trailer
ufficiale, Zephyr (Hassie Harrison, volto di
Laramie nella serie Yellowstone) è una giovane surfista in
fuga da se stessa e dalle relazioni, che trova un’apparente
evasione tra le onde australiane e in un’avventura notturna con un
ragazzo del luogo, Moses (Josh Heuston, visto in
Dune: Prophecy e Thor: Love and Thunder). Ma ciò
che l’attende è un incubo oltre ogni immaginazione. Mentre si
prepara a ripartire, Zephyr viene rapita da Tucker (il Jai
Courtney di Terminator: Genisys, Die Hard – Un buon
giorno per morire, The Suicide Squad), un serial killer metodico,
fanatico e con un’ossessione per il cinema dell’orrore, che
accompagna turisti ignari in elettrizzanti tour fra gli squali. Una
volta al largo, la maschera cade e la sua barca si trasforma in
prigione galleggiante e set di morte, lasciando dietro di sé una
scia di sangue (come ben mostra il poster italiano). Il suo scopo?
Filmare donne mentre vengono sbranate vive dagli squali,
realizzando così personalissimi snuff movies da vedere e rivedere
per soddisfare il suo folle piacere voyeuristico. Riuscirà Zephyr
ad avere la meglio sul suo carnefice o sarà l’ennesima preda
sacrificata agli abissi?
Dangerous
Animals è un horror acuto e destabilizzante
attraverso un viaggio nel terrore e nell’ossessione che può
generare la mente umana, dove è l’uomo – spinto al limite dei suoi
istinti più perversi – a trasformarsi nel predatore più temibile e
crudele. Il concept disturbante quanto originale offre una nuova
rivisitazione degli shark movies, scardinando lo stereotipo del
ruolo dello squalo, qui arma e strumento di morte nelle mani di un
assassino ancor più feroce dello spaventoso cacciatore marino.
Dangerous Animals è nei cinema dal
20 agosto con Midnight Factory e Blue Swan
Entertainment per un’estate di puro brivido.
La trama di Dangerous Animals
Zephyr, giovane
surfista ribelle, viene rapita da un misterioso serial killer che
la trascina a bordo della sua barca, al largo nell’oceano. Ferita e
senza via di fuga, scopre presto che il suo aguzzino non è un
semplice assassino: sta preparando un macabro rituale per gli
squali affamati che nuotano sotto di loro. Con il tempo che scorre
inesorabile, Zephyr dovrà tramutare la sua paura in forza per
affrontare il predatore più pericoloso al mondo: l’uomo.
Movie Inspired ha diffuso il trailer
di Casa in Fiamme, il nuovo film di Dani
de la Orden che arriva nelle nostre sale il 17 luglio.
Cosa sappiamo di Casa in Fiamme
Titolo originale: Casa en llamas
Regia: Dani de la Orden
Con: Emma Vilarasau, Enric Auquer, Maria
Rodriguez Soto
Nazione: Spagna
Durata:
105 min
Data d’uscita:
17 luglio 2025
La trama di Casa in Fiamme
Montse è molto emozionata perché sta per trascorrere un fine
settimana con tutta la famiglia nella sua casa di Cadaqués, sulla
Costa Brava. È divorziata da diverso tempo, il suo ex ha una nuova
compagna, i suoi figli sono cresciuti e vivono la loro vita senza
prestarle alcuna attenzione.
Ma niente e nessuno potrà rovinare l’umore di Montse: ha
aspettato questo momento troppo a lungo, lo ha sognato troppo a
lungo. Questo fine settimana sarà un fine settimana ideale… anche
se dovrà bruciare tutto per fare in modo che lo sia.
L’estate festivaliera in Sardegna
tra musica e cinema si accende con Creuza
de Mà – Musica per Cinema, il festival ideato e
diretto dal regista Gianfranco Cabiddu e organizzato
dall’associazione culturale Backstage. La diciannovesima edizione
si terrà dal 23 al 27 luglio a Carloforte,
incantevole borgo dal fascino unico, situato nel sud della Sardegna
sull’isola di San Pietro.
Anche quest’anno Creuza de
Mà conferma la sua vocazione a intrecciare profondamente
musica e cinema, in un dialogo costante tra suoni e immagini che si
traduce in un’unione armoniosa e necessaria che il Festival declina
nei suoi vari aspetti e formati: cinema di finzione, documentari,
film d’archivio sonorizzati dal vivo, cortometraggi… Tra i momenti
più attesi, spiccano il doppio omaggio a Berlinguer con il cinema
di Andrea Segre e le note
di Massimo Zamboni, le suggestive sonorità
di Round Midnight con la
pianista Rita Marcotulli, e l’emozionante
concerto per arpa di Marcella Carboni: solo
alcune delle esperienze imperdibili che animeranno l’isola di San
Pietro.
Come ogni anno, accanto al ricco
programma di proiezioni, concerti e incontri con gli ospiti,
Creuza de Mà si conferma anche come spazio di
crescita e confronto sulla musica e suono applicato al cinema, per
le nuove generazioni di artisti. Come di consueto il festival sarà
anche l’occasione per Campus – musica e suono per il
cinema e per l’audiovisivo, parte integrante del festival sin
dal 2017 con la SummerSchool per registi e giovani
compositori, che da allora è diventata la colonna portante di
Creuza de Mà. Un percorso di alta formazione che riconnette tutti
gli elementi della filiera del suono per il cinema e gli
audiovisivi. A Carloforte si studia, si impara, si crea:
un’opportunità concreta e unica per le ragazze e i ragazzi di
tutta Italia. Oltre alle masterclass e agli incontri con i maestri,
il Campus offre l’opportunità di assistere alla proiezione dei
cortometraggi realizzati dagli studenti del CSC nell’ambito del
progetto, testimoniando il valore formativo e creativo di questo
percorso.
“L’incontro tra il progetto
CAMPUS – Musica e suono per il cinema e il festival Creuza de Mà
rappresenta un momento fondamentale per la crescita culturale e
professionale del nostro territorio. Un’unione che celebra la
musica per il cinema non solo come linguaggio artistico, ma come
strumento formativo e visione strategica. Come Sardegna Film
Commission crediamo fortemente in questa visione. Un sogno e una
rotta che parlano la lingua della qualità, del talento, della
Sardegna come luogo di produzione culturale d’eccellenza. È lungo
questa “Creuza de Mà” che immaginiamo il futuro del nostro
cinema” dichiara Matteo Frate, Direttore Fondazione Sardegna Film Commission.
Sempre nell’ottica del rapporto tra
musica e cinema tra i titoli più amati dalla critica e dal pubblico
nella recente stagione cinematografica, sarà presentato a
Carloforte Berlinguer – La grande
ambizione, ultimo film di Andrea Segre con la
straordinaria colonna sonora di Iosonouncane, al secolo Jacopo
Incani talentuoso compositore originario di Buggerru ma da anni
operante a livello nazionale e internazionale. Pluricandidato ai
David di Donatello, con 2 vittorie, e ai Nastri
d’Argento, Berlinguer – La grande ambizione è un
racconto di Enrico Berlinguer tra pubblico e privato che ripercorre
il periodo dal 1973 al 1978, fino al celebre discorso alla Festa
Nazionale dell’Unità a Genova. A presentare il film
sarà Andrea Segre, che incontrerà il pubblico
del festival per raccontare il suo cinema e il suo rapporto con la
musica.
Iosonouncane firma anche la colonna
sonora di un altro titolo in programma: Lirica
Ucraina, documentario di Francesca Mannocchi
recentemente premiato ai David di Donatello. Francesca Mannocchi,
tra le migliori corrispondenti di guerra in Europa, porta lo
spettatore nelle zone del conflitto attraverso le storie dei
sopravvissuti.
Tra i film in programma anche
Musicanti con la Pianola, documentario di
Matteo Malatesta dedicato a due pietre miliari della musica per
cinema nel nostro paese
come Pivio e Aldo De
Scalzi. I due compositori, presenze consolidate del
festival, tornano anche quest’anno a Creuza de Mà in questa nuova
veste, protagonisti di un film dedicato alla loro vita e carriera,
raccontati attraverso le testimonianze dei tanti registi con cui
hanno lavorato tra cui Ferzan Ozpetek, Enzo Monteleone,
Alessandro Gassmann e i Manetti bros. Ad arricchire il programma,
la proiezione di Vangelo secondo
Maria per la regia di Paolo
Zucca, che presenterà il film insieme all’autore delle
musiche Fabio Massimo Capogrosso e alla
produttrice Francesca Cima.
Evento speciale di questa edizione,
dedicato alla memoria di Enrico Berlinguer, sarà il cine-concerto
di Massimo Zamboni, chitarrista dei CCCP – Fedeli
alla Linea, con la proiezione di Arrivederci,
Berlinguer!. Il film di Michele Mellara e Alessandro
Rossi, realizzato con materiali d’archivio provenienti dal
documentario L’addio a Enrico Berlinguer girato
durante i funerali del segretario del PCI da numerosi registi
italiani tra cui Scola, Pontecorvo, Rosi, Maselli, prende vita
grazie alla colonna sonora eseguita dal vivo da Massimo Zamboni,
trasformandosi in un coinvolgente cine-concerto.
Tra i momenti clou del festival
tornano gli attesissimi live, tra cui l’imperdibile concerto al
tramonto, che quest’anno si terrà in una nuova location
del festival: l’Ex Stabilimento Tonnare di Porto Paglia, luogo di
grande valore storico per l’isola e simbolo della sua storia e
profonda connessione con il mare. Per l’occasione, questo spazio
straordinario aprirà le sue porte alla comunità e al pubblico del
festival, ospitando il suggestivo concerto per arpa di
Marcella Carboni.
E poi ancora Rita
Marcotulli che porterà la sua musica al Giardino di
Note in un suggestivo live che unisce composizioni originali e
improvvisazione, con omaggi al cinema e a grandi autori della
musica italiana come Domenico Modugno e Pino Daniele, il vj set
di Max Viale e il Concerto
Musiche da Film, apertura del festival nella piazza
centrale, con inedite partiture arrangiate per banda
da Pivio e Pasquale
Catalano eseguite dalla Banda Musicale di Carloforte.
A chiudere la diciannovesima
edizione sarà il consolidato appuntamento realizzato in
collaborazione con Carloforte Music Festival, con il concerto di
Anna Tifu e Romeo
Scaccia. Accompagnati dalla Carloforte Festival
Orchestra, diretta da Alevtina Ioffe, la celebre violinista insieme
al pianista e compositore daranno vita a un suggestivo viaggio
musicale tra la romantica Serenata di Čajkovskij e l’intensità
cinematografica del tango. Un incontro tra Europa e Sudamerica che
celebra la forza evocativa della musica come linguaggio
universale.
Nell’ambito del progetto Campus
saranno proiettati i cortometraggi degli allievi diplomati Centro
Sperimentale di Cinematografia, musicati nell’ambito del progetto
Campus 2023/24. Sarà inoltre assegnato il Premio Giovani
Compositori musica per cinema ad honorem intitolato ad Alessandro
Speranza, giovane compositore prematuramente scomparso.
Molti fan hanno il desiderio che
Batman possa comparire sullo schermo con addosso
il suo costume blu e grigio. Potremmo finalmente vedere il
Cavaliere Oscuro indossare questo costume nel DCU?
Abbiamo visto diversi costumi di
Batman sul grande schermo nel corso degli anni, e
mentre alcuni si sono ispirati al look classico di Batman (il
Cavaliere Oscuro del DCEU di Ben
Affleck è stato probabilmente quello che si è
avvicinato di più al design, se non alla combinazione di colori)
dei fumetti, non vedevamo il costume blu e grigio in un film dal
vivo dai tempi della serie TV di Adam West degli
anni ’60.
Mentre molti fan ritengono che
questo costume sembrerebbe un po’ troppo cartoonesco, altri credono
che potrebbe funzionare, soprattutto nel DCU meno realistico e più
vicino ai fumetti che presto vedremo in Superman.
Al regista e co-CEO dei DC Studios, James
Gunn, è stato chiesto del costume durante
un’intervista con CBR e, sebbene sembri aperto all’idea, non sembra
che abbia ancora preso in considerazione il nuovo Bat-costume, il
che non sorprende visto che non hanno ancora scelto il cast per il
ruolo.
Diremmo che Gunn è abbastanza fan da
poter almeno pensare al costume blu e grigio, e ci sono buone
probabilità che si allontani quantomeno dall’aspetto corazzato e
militarizzato di alcuni costumi precedenti.
Probabilmente ci vorrà un po’ di
tempo prima di scoprirlo con certezza, ma fateci sapere cosa
pensate all’idea che Batman del DCU indossi il costume blu e grigio
nei commenti.
Intanto preparatevi ad accoglie
invece Superman sul
grande schermo, a partire dal 9 luglio con Warner Bros.
Popolare grazie ad alcune celebri
serie TV, l’attore Jonathan Bailey è di recente
tornato sulla cresta dell’onda grazie alla serie
Bridgerton, tra le più popolari su Netflix. Bailey si è però negli anni distinto grazie
ad innumerevoli ruoli, grazie ai quali ha potuto dar prova delle
varie sfumature del suo talento. Le sorprese che questo attore può
riservare sembrano dunque ancora molte.
Ecco 10 cose che forse non
sai di Jonathan Bailey.
I film e i programmi TV di Jonathan
Bailey
1. È celebre per alcune
serie TV. L’attore si è fatto conoscere grazie alla sua
partecipazione ad alcune serie di particolare successo. Negli anni
ha infatti preso parte a titoli come Baddiel’s Syndrome
(2001), The Golden Hour (2005), Doctors (2007),
Metropolitan Police (2008), Lewis (2010) e
Leonardo (2011-2012), con cui ottiene una prima
popolarità. In seguito ha recitato in titoli di particolare
successo come Groove High (2012-2013),
Broadchurch (2013), Doctor Who (2014),
W1A (2014-2017), Crashing (2016) e Le
avventure di Hooten & the Lady (2016). Nel 2018 ha invece
preso parte ad alcuni episodi della serie Jack Ryan
(2018), mentre dal 2020 al 2024 è tra i protagonisti di Bridgerton. Nel 2023 ha poi
recitato nella serie Compagni di viaggio.
2. Ha recitato in alcuni
film. Oltre ad aver preso parte a produzioni televisive,
l’attore ha negli anni avuto modo di recitare anche in alcuni film
per il cinema. Il primo di questi risale al 2004 ed è 5 bambini
& It. Successivamente ha recitato in Elizabeth: The Golden
Age (2007), St. Trinian’s (2007) e Permanent
Vacation (2007). Tra i suoi ultimi film si annoverano invece
Testament of Youth (2014), Il mistero di Donald
C. (2018) e Best Birthday Ever (2021). Nel 2024
recita in Wicked,
mentre nel 2025 è in Jurassic
World – La rinascitaeWicked
– Parte 2.
3. Ha svolto anche il ruolo
di doppiatore. Di recente Bailey ha avuto modo di
cimentarsi anche nel doppiaggio, specialmente in quello di alcuni
popolari videogiochi. Ha infatti dato voce a Gunther in
Anthem (2018) e a Crystal Exarch in Final Fantasy XIV:
Shadowbringers (2019). Ha poi doppiato invece G’raha Tia in
Final Fantasy XIV: Endwalker (2021), mentre prossimamente
darà voce a Aaron Seetow in Squadron 42.
Jonathan Bailey è su Instagram
4. Ha un account sul celebre
social. L’attore ha deciso di aprire un proprio account
ufficiale su questo social che è oggi seguito da qualcosa come 1,5
milioni di persone. La sua bacheca, con quasi 200 post, lo vede
protagonista di momenti lavorativi, con retroscena e curiosità dai
set su cui è stato. Di tanto in tanto è solito pubblicare anche
qualche post relativo a momenti di svago, in compagnia di amici o
di luoghi visitati. Seguendolo si può dunque rimanere aggiornati
sulle sue attività.
Jonathan Bailey in
Bridgerton
5. Si era presentato per un
altro personaggio. Se nella prima stagione era l’attore
Regé-Jean Page
il protagonista della serie, a partire dalla seconda questo ruolo
spetta ora a Bailey, che assume i panni del personaggio Anthony
Bridgerton. Inizialmente Bailey aveva sostenuto un provino per il
ruolo di Simon Basset, il Duca di Hastings, nella prima stagione.
Tuttavia, dopo una discussione con i produttori, è emerso che il
personaggio di Anthony Bridgerton sarebbe stato più adatto a lui.
Questa scelta si è rivelata vincente, poiché Bailey ha saputo dare
al Visconte una profondità emotiva che ha conquistato il
pubblico.
Jonathan Bailey in
Broadchurch
6. Ha avuto un ruolo
ricorrente nella serie. Nella popolare serie
Broadchurch, andata in onda dal 2013 al 2017, l’attore ha
interpretato il personaggio di Oliver Stevens nella prima e nella
seconda stagione. Oliver è un giovane reporter del giornale locale,
il Broadchurch Echo, nonché il nipote di Ellie Miller, la
protagonista femminile interpretata da Olivia Colman. Dopo essere stato una
figura ricorrente nella serie, Bailey non ha però ripreso il ruolo
a partire dalla terza stagione.
7. Si è esercitato nella
danza. Per la sua interpretazione in Wicked
del ruolo di Fiyero, l’attore si è preparato con lezioni di danza
intensiva per padroneggiare le coreografie complesse del musical.
Bailey ha raccontato in alcune interviste che, pur avendo
esperienza teatrale, affrontare le sfide fisiche di Wicked
è stato impegnativo, ma fondamentale per incarnare al meglio il
carisma e la leggerezza del personaggio. Questo sforzo ha
contribuito a rendere la sua performance autentica e dinamica,
catturando lo spirito del musical originale e conquistando il
pubblico sia sul grande schermo sia in eventuali spettacoli dal
vivo.
Jonathan Bailey ha interpretato
Leonardo Da Vinci
8. Ha interpretato il
celebre inventore e artista. Nel 2011 la BBC ha trasmesso
in televisione la serie Leonardo, un racconto non
propriamente fedele dell’attività del giovane Leonardo Da Vinci,
mentre cerca di affermarsi come pittore e inventore. Bailey ha
ricoperto il ruolo per ben 26 episodi, raccontando di essersi
preparato approfondendo quanto più possibile la vita di Leonardo,
specialmente nei suoi aspetti meno noti ai più. Fu proprio questo
ruolo a conferirgli una prima notorietà.
Jonathan Bailey è fidanzato?
9. Ha fatto coming
out. Jonathan Bailey è dichiaratamente gay e mantiene una
vita privata molto riservata. Nel dicembre 2023 ha confermato di
essere in una relazione con un “uomo delizioso”, senza però
rivelarne l’identità. Ha sottolineato l’importanza di mantenere la
propria vita personale lontano dai riflettori, affermando che “non
è un segreto, ma è privato”. In un’intervista con British
Vogue nel dicembre 2024, ha espresso il desiderio di diventare
padre in futuro, considerando la co-genitorialità come una
possibilità, sia con un uomo che con una donna. Attualmente, però,
non ha figli e non ha più rivelato dettagli sulla sua situazione
sentimentale attuale.
L’età e l’altezza di Jonathan
Bailey
10. Jonathan Bailey è nato
il 25 aprile del 1988 a Wallingford, Inghilterra. L’attore
è alto complessivamente 1.80 metri.
ATTENZIONE! SPOILER SUL FINALE DI
STAGIONE DI IRONHEART
Nel
finale di stagione di Ironheart, viene rivelato che Parker
Robbins ha acquisito “The Hood” da Mefisto (Sacha
Baron Cohen), il diavolo del MCU. I Marvel Studios hanno già toccato il
tema del soprannaturale in passato, ma questa serie potrebbe
inaugurare una nuova era di narrazione horror nella prossima fase
del franchise.
Per quanto riguarda Riri
Williams (Dominique
Thorne), anche lei stringe un patto con il diavolo
(per
saperne di più), ma avete colto quell’inquadratura sfuggente
che mostra la vera forma di Mefisto? Guardate attentamente
a partire dal minuti 27.45 del finale di stagione di
Ironheart!
Sacha Baron Cohen interpreta il cattivo come
un “umano”, ma c’è un breve riflesso del suo volto demoniaco, con
un make up fedele ai fumetti, in un cucchiaio. Ha la pelle rossa,
gli occhi bianchi e quelli che sembrano essere dei denti piuttosto
affilati. A giudicare da questa anticipazione, è un vero peccato
non aver potuto vedere Mefisto in tutto il suo splendore.
È un efficace assaggio di ciò che
potrebbe aspettarci in futuro, e scommettiamo che un futuro
progetto MCU come i tanto chiacchierati Midnight
Sons e Ghost Rider rivelerà appieno cosa
si cela dietro quel volto umano.
Cohen fa un lavoro fantastico nei
panni di Mefisto e si vociferava che avrebbe interpretato il
personaggio per la prima volta quando Ironheart
era in produzione. Ciò significa che sono passati almeno tre anni
da quando ha girato queste scene, e ora resta da vedere quando e
dove tornerà.
Mahershala Ali è
uno di quegli attori che si è fatto una bella gavetta per trovarsi
dove è ora. Dopo aver partecipato a qualche serie televisiva di
successo, in ruoli prevalentemente minori, ha debuttato al cinema
nel 2008 grazie a Il curioso caso di Benjamin
Button. Da quel film in poi la sua carriera non si è più
fermata, vincendo anche un Oscar al Miglior attore non protagonista
per Moonlight e diventando uno degli interpreti più
richiesti del momento.
2. Mahershala Ali e il
legame con le serie tv. Mahershala Ali ha iniziato la sua
carriera grazie alla televisione: infatti, la sua prima apparizione
avviene nella serie Crossing Jordan (2001-2002), per poi
continuare nel mondo delle serie con Codice
Matrix (2003-2004), 4400 (2004-2007) e
Lie To Me (2009). Parallelamente alla sua carriera
cinematografica, Ali ha poi continuato a recitare in diverse serie
tv, come Treme (2011-2012), Alcatraz
(2012), Alphas (2011-2012), House of Cards – Gli intrighi del potere (2013-2016) e
Marvel’s Luke Cage (2016). Nel
2019 interpreta il protagonista della terza stagione di True
Detective, Wayne Hays. Nel 2020 è invece Sheikh Malik in
Ramy.
Mahershala Ali in Hunger Games
3. Ha recitato nella celebre
saga. Tra i primi ruoli cinematografici importanti di Ali
si annovera anche quello da lui avuto negli ultimi due capitoli
della
saga di Hunger Games. In questi egli ha interpretato
Boggs, secondo in comando del presidente Coin, il quale diviene poi
il protettore di Katniss nel momento in cui questa assume il ruolo
di Ghiandaia Imitatrice, simbolo della rivoluzione. È stato proprio
grazie a questo ruolo che Ali ha potuto dimostrare la sua bravura
come interprete, ottenendo poi sempre più attenzioni.
Mahershala Ali in Moonlight
Mahersla Ali in Moonlight
4. È stato scelto per una
precisa capacità.In questo film, scritto e diretto da
Barry Jenkins, Ali ha interpretato il personaggio
di Juan, uno spacciatore che prende a cuore Chiron, bambino
tormentato che vive con una madre tossicodipendente. Il regista
conosceva Ali solo per la sua interpretazione in House of
Cards prima di scritturarlo per questo ruolo. “Fin dal
nostro primo incontro ha capito la dualità del personaggio che
avrebbe interpretato, qualcuno capace di grazia, premurosità e
gentilezza, ma anche di scendere in luoghi molto oscuri”, ha
dichiarato Jenkins.
Mahershala Ali non suona il piano
in Green Book
5. Mahershala Ali ha dovuto
imparare a comportarsi come un pianista. Per il film
Green Book, in cui Ali interpreta Don
Shirley, un pianista afromericano che sarà seguito nel suo
tour per gli Stati Uniti dall’italoamericano Tony
Lip (interpretato da Viggo Mortensen), Ali ha lavorato per alcuni
mesi con Kris Bowers, che è anche l’autore della
colonna sonora del film. Pur non essendo lui davvero a suonare la
musica del film, Ali ha voluto imparare l’atteggiamento giusto per
un pianista, il modo corretto di stare seduto al piano, e come
comportarsi con lo strumento. In 3 mesi, Ali ha imparato la postura
e la coreografia delle melodie da suonare.
Mahershala Ali in True Detective
6. Il personaggio è stato
riscritto appositamente per lui. Il ruolo del
detective Wayne Hays era inizialmente scritto per un attore bianco.
Ali, dopo aver letto i primi episodi, ha deciso di proporsi come
protagonista, convinto che la storia ne avrebbe guadagnato. Per
convincere l’ideatore Nic Pizzolatto, gli ha
inviato delle foto di suo nonno, che negli anni ’60 e ’70 era stato
un agente di polizia in California, dimostrando che figure nere
esistevano anche in quel contesto. Pizzolatto ha accettato la
proposta, riscrivendo il personaggio per adattarlo alla nuova
visione.
Mahershala Ali sarà Blade per il MCU
7. Interpreterà il vampiro
della Marvel. Tra la fine degli anni Novanta e i primi del
Duemila è stata realizzata una trilogia cinematografica dedicata al
vampiro Blade, appartenente all’universo della Marvel. Il
personaggio, interpretato da Wesley Snipes,
è stato uno dei primi supereroi ad ottenere un buon successo sul
grande schermo. A circa vent’anni di distanza, Blade è ora pronto a
tornare al cinema con un nuovo film che lo farà ufficialmente
entrare a far parte del Marvel Cinematic Universe. Ad interpretarlo
ci sarà proprio Ali, giudicato dai fan come la scelta perfetta per
il ruolo.
Mahershala Ali in Green Book
Mahershala Ali è un due volte
premio Oscar
8. Mahershala Ali ha vinto
due Oscar. Nel 2016, Ali è stato lodato per la sua
interpretazione in Moonlight. Per questa sua performance,
l’attore è stato candidato a numerosi premi, tra cui gli Oscar. A
questi ultimi ha poi vinto come Miglior Attore non Protagonista,
risultando anche il primo musulmano a vincere l’ambita statuetta.
Nel 2018 Ali ha poi ottenuto un secondo Oscar, nella medesima
categoria, per Green Book. Questo secondo
riconoscimento lo ha portato ad entrare nel più ristretto gruppo di
interpreti che hanno vinto per due volte la statuetta.
La moglie di Mahershala Ali
9. Mahershala Ali è sposato
ed è padre di una figlia. Maheshala Ali ha una relazione
con Amatus Sami-Karim, un’artista e compositrice.
I due si sono conosciuti mentre frequentavano la New York
University e si sono sposati nel 2013. La coppia ha poi avuto la
loro prima figlia il 22 febbraio del 2017, giusto qualche giorno
prima che l’attore conquistasse il suo primo Oscar. Mahershala e
sua moglie non sono poi soliti condividere dettagli sulla loro vita
privata, preferendo tenere questa lontana dai riflettori.
L’età e l’altezza di Mahershala Ali
10. Mahershala Ali è nato il
16 febbraio del 1974 a Oakland, in California, Stati
Uniti. L’attore è alto complessivamente 1.88 metri.
I primi sei episodi di
The Sandman
Stagione 2 arrivano domani e Netflix ha pubblicato due nuove clip, una delle
quali presenta il ritorno di Gwendoline Christie nei panni di Lucifero. La
prima introduce l’inevitabile confronto tra Sogno e Lucifero,
mentre Caino consegna un messaggio al sovrano dell’Inferno: Morfeo
sta tornando negli inferi per liberare Nada, con o senza
permesso.
Abbiamo anche una breve anteprima di
una scena di “Brief Lives“, in cui
Delirio fa visita al fratello maggiore nella speranza di
convincerlo ad aiutarla a cercare un altro membro della famiglia
degli Eterni che ha abbandonato la sua posizione molti anni fa,
Distruzione.
Una sinossi aggiornata recita:
“Dopo un fatidico ricongiungimento con la sua famiglia, Sogno
degli Eterni (Tom Sturridge) deve affrontare una
decisione impossibile dopo l’altra mentre cerca di salvare se
stesso, il suo regno e il mondo della veglia dalle epiche
conseguenze delle sue malefatte passate. Per fare ammenda, Sogno
deve confrontarsi con amici e nemici di lunga data, divinità,
mostri e mortali. Ma il cammino verso il perdono è pieno di colpi
di scena inaspettati, e la vera assoluzione potrebbe costargli
tutto. Basata sull’amata e pluripremiata serie di fumetti DC, la
seconda stagione di “The Sandman” racconterà l’arco narrativo di
Sogno per intero fino alla sua emozionante conclusione”.
La seconda stagione vede
protagonisti Tom Sturridge, Kirby Howell-Baptiste, Mason
Alexander Park, Donna Preston, Esmé Creed-Miles, Adrian Lester,
Barry Sloane, Patton Oswalt, Vivienne Acheampong, Gwendoline
Christie, Jenna Coleman, Ferdinand Kingsley, Stephen Fry, Asim
Chaudhry, Sanjeev Bhaskar, Razane Jammal, Ruairi O’Connor, Freddie
Fox, Clive Russell, Laurence O’Fuarain, Ann Skelly, Douglas Booth,
Jack Gleeson, Indya Moore e Steve
Coogan.
In quella che dev’essere l’aggiunta
più sorprendente al film live-action di Street
Fighter, la star di The
Suicide Squad, David Dastmalchian, si è unito al cast nel
ruolo del cattivo principale, il formidabile M. Bison!
L’attore è diventato un pilastro del
cinema e della televisione grazie a memorabili ruoli secondari, ma
questo segnerà il suo ruolo più importante fino ad oggi.
Dastmalchian è apparso di recente in The Life of
Chuck e ha ricevuto ampi elogi per il suo lavoro in
Late Night with the Devil. Gli appassionati di
fumetti lo conosceranno soprattutto per aver interpretato Kurt
nella serie Ant-Man e l’Uomo a Pois in The
Suicide Squad. Ha anche doppiato
diversi personaggi DC, tra cui Calendar Man e il Pinguino, e ha
interpretato Abra Kadabra in The
Flash.
I prossimi impegni di Dastmalchian
sono Dexter: Resurrection e la seconda stagione
della serie di successo NetflixOne Piece, dove interpreterà
il malvagio Mr. 3.
Tornando a M. Bison, è il principale
antagonista della serie di videogiochi Street
Fighter. Il tirannico leader dell’organizzazione criminale
Shadaloo, desideroso di dominare il mondo, Bison esercita il suo
potere psicotico, un’energia oscura che aumenta la sua forza e gli
permette di controllare la mente.
Deadline (tramite
GameFragger.com) ha rivelato che
David Dastmalchian si è unito al cast del
film live-action di Street Fighter della Legendary
Entertainment nel ruolo del cattivo principale, M.
Bison. Segue a ruota anche un altro annuncio di casting,
Nexus Point News che riporta che Cody Rhodes, il
wrestler statunitense sotto contratto con la WWE, è ora in
trattative per interpretare Guile.
È stato poi recentemente confermato
che la superstar della WWE Roman Reigns
interpreterà il malvagio Akuma nel prossimo film
di Street Fighter della Legendary Entertainment.
A completare il cast ci sono
Andrew Koji nei panni di Ryu, Noah
Centineo nei panni di Ken, Callina Liang
nei panni di Chun-Li, 50 Cent nei panni di Balrog,
Jason Momoa nei panni di Blanka e
Orville Peck nei panni di Vega. Kitao
Sakurai (Bad Trip) dirige il film da una sceneggiatura di
Dalan Musson (Captain America: Brave New
World).
Dal lancio di Street
Fighter nel 1987, la serie ha venduto oltre 49 milioni di
copie in tutto il mondo, diventando uno dei franchise di
videogiochi più noti e di maggior incasso di tutti i tempi.
Oltre ai film basati su IP
originali, Legendary vanta una comprovata esperienza di successo
negli adattamenti, inclusi franchise di videogiochi di spicco. Tra
i titoli recenti figurano Dune, vincitore di sei premi Oscar, per non
parlare dei numerosi capitoli del suo Monsterverse cinematografico,
e film come Detective Pikachu ed Enola
Holmes.
Hollywood ha tentato di adattare
Street Fighter in passato, incluso un film del
1994 che si è rivelato un fiasco. Il film vedeva tra i suoi
interpreti Jean-Claude Van Damme, Kylie Minogue, Ming-Na
Wen e il compianto Raul Julia, tra gli
altri, mentre un film del 2009, Street Fighter: The Legend
Of Chun-Li, con l’ex star di
SmallvilleKristin
Kreuk, è stato anch’esso un flop.
Quando abbiamo parlato con
Dastmalchian per Batman: Il lungo Halloween, gli
abbiamo chiesto quale dei suoi numerosi ruoli nei fumetti fosse il
suo preferito.
“[Ride] Oh, è impossibile
scegliere. Se guardi nel mio ufficio o se avessi guardato nella mia
stanza molti anni fa, e ora sono un ‘adulto’, tra virgolette, è un
ufficio, ma ora ho sistemato le migliaia di fumetti che ho
collezionato”, ha esordito l’attore. “Posso passare dalla
Justice League a Detective Comics, fino al mio
amore per la Marvel, la Dark Horse, l’Image e la
Boom, e chi più ne ha più ne metta!”
“Per me, c’è così tanto lavoro
magnifico e così tanti personaggi che persone brillanti hanno
immaginato nel tempo, per me è difficile quantificare esattamente
quale personaggio mi piaccia di più. Ognuno di loro è unico e sono
come i tuoi figli o qualcosa del genere quando riesci a dargli
vita”, ha continuato Dastmalchian. “Dirò anche che è stata
una sfida pensare a Tim Sheridan nell’adattare uno dei più grandi
successi del fumetto di tutti i tempi. Pensa a quello che hanno
fatto Jeph Loeb e Tim Sale e scopri che ha ispirato così tanti
fumetti. È diventato canonico e i dialoghi e la sceneggiatura sono
fatti così bene. È così bello e la sceneggiatura è davvero
splendida, quindi è stato molto divertente affondarci i
denti.”
Street Fighter non
ha una data di uscita confermata. Restate sintonizzati per gli
aggiornamenti non appena li avremo.
The Old
Guard (qui la recensione) di Netflix
si è concluso con scene d’azione davvero emozionanti e un colpo di
scena che prepara perfettamente il terreno per il sequel: ecco
quindi una sintesi di tutto ciò che è accaduto nel finale. Ideata
da Greg Rucka e Leandro
Fernández, la storia è nata come serie a fumetti.
Pubblicato nel 2017, The Old Guard Vol 1: Opening Fire è
stato edito da Image Comics e ha avuto cinque
numeri. Accolta con favore sia dalla critica che dagli appassionati
di fumetti, Rucka e Fernández hanno poi prodotto un seguito,
The Old Guard Vol 2: Force Multiplied. Estremamente
fedele al materiale originale, il film The Old
Guard realizzato per Netflix ruota attorno a un gruppo di immortali.
Guidato da Andromaca di
Scizia, alias Andy (Charlize
Theron), il gruppo ha trascorso secoli a combattere
per l’umanità. Dopo innumerevoli guerre, il film riprende ai giorni
nostri con il gruppo eterogeneo che lavora generalmente come
mercenari. Contro il parere di Andy, accettano una missione di
salvataggio dall’ex agente della CIA James Copley
(Chiwetel
Ejiofor). Sfortunatamente, la missione si rivela una
trappola che espone le loro abilità a Steven
Merrick (Harry Melling), un uomo d’affari
spietato che cerca di sfruttarli per guadagno finanziario. La
missione del gruppo di evitare la cattura è ulteriormente
complicata dall’emergere di un nuovo immortale: Nile
Freeman (KiKi Layne).
Inoltre, nel terzo atto del film si
scopre che Andy ha perso i suoi poteri. Nonostante ciò, rimane
determinata a sconfiggere Merrick e a salvare i suoi amici
catturati. Allo stesso modo, Nile supera la sua esitazione a
lasciarsi alle spalle il mondo che conosce e consolida la sua
posizione nella squadra combattendo al fianco di Andy. A loro si
uniscono Copley e Booker (Matthias
Schoenaerts), entrambi desiderosi di espiare i loro
tradimenti passati. Uscita vittoriosa e nuovamente libera dalla
persecuzione, la squadra passa a un nuovo status quo con un
rinnovato senso di scopo. Tuttavia, con un colpo di scena finale
che rivela il ritorno di una figura perduta da tempo del passato di
Andy, rimangono diverse domande aperte per un potenziale
sequel.
A metà di The Old
Guard, Andy si rende conto che una ferita da taglio che ha
subito non sta guarendo. Il fatto che abbia perso la sua
immortalità le viene ribadito quando viene colpita da Booker.
Sebbene stia tradendo la squadra, lui crede ancora che lei guarirà.
Quando ciò non accade, Copley le chiede come abbia perso i suoi
poteri. Il film non offre una risposta a questa domanda; si afferma
solo che gli immortali perdono il loro potere in modo casuale, così
come lo ottengono. Ciò non è determinato dall’età, dal numero di
immortali nel mondo, dal numero di ferite accumulate o da qualsiasi
altra cosa. I personaggi credono di avere un tempo prestabilito e
che sia solo questione di arrivare a quel momento.
Rucka ha creato il fumetto originale
senza alcun desiderio di approfondire come funziona tutto questo,
ma piuttosto per affrontare le conseguenze emotive e il tumulto che
l’immortalità provoca. Pertanto, il modo in cui Andy ha perso i
suoi poteri probabilmente non verrà esplorato, a meno che un nemico
incombente non abbia trovato un modo per disattivare l’abilità nel
mondo dell’adattamento cinematografico. Il perché di tutto ciò,
tuttavia, può essere facilmente scoperto nei temi del film.
All’inizio del film, Andy esprime la sua stanchezza della vita e la
convinzione che il mondo sia ormai irrecuperabile. In breve, Andy
aveva perso la fede, sia nell’umanità che nella sua missione.
Tuttavia, diventando mortale, ha
nuovamente capito quanto sia preziosa la vita. Come afferma un
personaggio, “la vita non ha senso se non vale la pena di essere
vissuta”. Perdendo il suo potere di vivere per sempre, Andy
riscopre la sua voglia di vivere. Inoltre, decide di vivere al
massimo, sapendo che ora la sua vita è finita. Questo cambiamento
di atteggiamento è ulteriormente rafforzato dalla nuova
consapevolezza di come le sue azioni abbiano aiutato. Essendo stata
immersa nelle battaglie e poi essendo andata avanti, Andy non era
mai stata a conoscenza del quadro generale. Alla fine viene
introdotta a questo da Copley, che le rivela come ogni persona che
ha salvato abbia portato a sua volta un beneficio monumentale
all’umanità.
Anche se la vera fonte
dell’immortalità della squadra non verrà rivelata completamente,
rimane chiaro che c’è un potere superiore all’opera e un elemento
di destino in gioco. In quanto tale, la perdita dell’immortalità da
parte di Andy è probabilmente parte di questo destino, uno sviluppo
necessario per portarla dove deve andare. Questo fatto è reso
ancora più evidente nella scena con il chimico, durante la quale
Andy viene trattata con gentilezza e compassione. Il suo nuovo
stato di vulnerabilità la porta direttamente a un momento che le
ricorda ulteriormente il bene di cui l’umanità è capace. A sua
volta, lei giura ancora una volta di combattere per loro.
La nuova squadra di The Old Guard e
l’esilio di Booker
Dopo la morte di Merrick e la
sconfitta delle sue forze, il gruppo ottenne finalmente la libertà
di rivalutare la situazione. Sebbene Booker fosse stato coinvolto
nell’operazione per salvare i loro amici, il suo tradimento nei
confronti della squadra non era stato dimenticato. Allo stesso
modo, ad eccezione della disponibilità di Nile a lasciar perdere
con delle scuse, non era stato perdonato. Normalmente, Andy lo
avrebbe giustiziato. Tuttavia, dato che Booker era immortale, la
squadra ha invece votato per esiliarlo per 100 anni. Anche se gli
immortali non sanno mai quando torneranno mortali, si prevede che
Booker vivrà facilmente fino a quel momento, avendo solo pochi
secoli di vita rispetto agli altri.
Dato che Andy non è più immortale,
lei e Booker si sono separati credendo che fosse l’ultima volta che
si sarebbero visti. Nile stessa ha scelto di rimanere con la
squadra e di prendere effettivamente il suo posto. Anche se per
tutto il film ha desiderato tornare dalla sua famiglia e alla sua
vecchia vita, tutto è cambiato nel terzo atto di The Old
Guard. Vedendo con i propri occhi i segni di un potere
superiore che agisce attraverso le azioni degli immortali, ha
deciso di unirsi a loro. A tal fine, si unirà a loro anche
Copley.
Egli fungerà da responsabile del
gruppo man mano che questo diventerà una squadra di operazioni
segrete attiva e indipendente. Pertanto, in un possibile sequel, la
squadra sarà composta da Andy, Joe, Nicky, Nile e Copley. Tuttavia,
data la scena dei titoli di coda, è probabile che Booker torni nel
gruppo molto prima di quanto previsto dall’esilio, oppure finisca
per lavorare di nuovo contro di loro, se il tempo trascorso
sott’acqua ha reso Quyhn malvagia. C’è anche la possibilità che nei
film futuri emergano altri immortali.
Perché Copley ha davvero cambiato
schieramento
Il retroscena di Copley è stato
approfondito maggiormente sullo schermo. Mentre il tradimento del
suo omologo nei fumetti era motivato semplicemente dal denaro, la
versione di Ejiofor è infinitamente più tragica. Dopo aver perso la
moglie a causa della SLA, il suo dolore lo ha spinto a cercare di
liberare l’umanità dalla malattia e di evitare alle persone di
dover passare ciò che ha passato lui. Nel perseguire questo
obiettivo, ha aiutato a consegnare gli immortali a Merrick.
Tuttavia, Copley si rese conto che gli obiettivi di Merrick non
erano affatto altruistici come i suoi, ma semplicemente motivati
dal potenziale profitto.
Inoltre, assistette in prima persona
alla natura immorale dei medici che conducevano gli esperimenti su
Joe (Marwan Kenzari) e
Nicky (Luca
Marinelli) e al sadismo smisurato di Merrick quando li
pugnalò per puro divertimento personale. A questo punto, Copely
aveva già accumulato una grande quantità di prove riguardo al bene
che Andy e il suo team avevano compiuto. Affermò che il bene nato
dalle azioni del gruppo era cresciuto in modo esponenziale nel
corso dei secoli. Sebbene avesse tentato di accelerare le cose
costringendo gli immortali ad aiutare l’umanità, ribadì che c’era
uno scopo più alto nei loro viaggi.
Inoltre, era colpito dal fatto che
Andy avesse perso i suoi poteri ma continuasse comunque a lottare
per fare la cosa giusta ed eroica. Era commosso dal fatto che Andy
continuasse a combattere e a mettersi in gioco per l’umanità, anche
da mortale. Di conseguenza, senza dubbio era diventata una scelta
su come onorare al meglio la memoria di sua moglie e aiutare il
mondo allo stesso modo. In base a questi presupposti, aiutare Andy
e il suo gruppo era la decisione più in linea con la morale di
Copley. Allo stesso modo, era il modo più sincero per redimersi dal
suo iniziale tradimento.
In uno dei momenti più strazianti di
The Old Guard, è stato rivelato che la storia di
Quynh (Veronica Ngo) era
culminata in un destino peggiore della morte. Dopo aver trascorso
secoli insieme, Quynh e Andromache furono catturate e processate
come streghe. Furono uccise insieme in diversi modi, ma
continuavano a tornare in vita. Sebbene inizialmente le due
credessero che sarebbero state bruciate sul rogo, un destino molto
più crudele attendeva Quynh quando la porta della loro cella fu
aperta. Accolta dalla vista del dispositivo di tortura medievale
noto come vergine di ferro, l’eterna guerriera fu rinchiusa al suo
interno e gettata in mare. Lì, era condannata ad annegare più e più
volte.
Non è chiaro perché Andy non abbia
subito lo stesso destino, ma lei ha rivelato di essere fuggita poco
dopo. Nonostante gli sforzi di Andy, non è mai riuscita a ritrovare
la sua compagna perduta. La fine del film ha rivelato, tuttavia,
che Quynh era in realtà libera dalla sua prigione infernale e stava
ora perseguendo un proprio obiettivo. La cronologia della libertà
di Quynh è volutamente confusa. Quando Nile è emersa per la prima
volta come immortale, ha fatto dei sogni sugli altri. Dato che
anche loro avevano sogni simili su di lei, Andy afferma che i sogni
segnalano la presenza di un nuovo immortale e che devono trovarsi
l’un l’altro.
Niles menziona che Quynh faceva
parte del suo sogno: poteva vederla ancora rinchiusa nella sua bara
e sentire la follia che aveva devastato la guerriera caduta.
Pertanto, a meno che la visione non fosse più metaforica delle
altre, Quynh era ancora intrappolata per la maggior parte degli
eventi del film. Tuttavia, il fatto che beva acqua con disinvoltura
implica che abbia superato da tempo qualsiasi residuo di trauma che
il liquido potrebbe comprensibilmente provocare. Altrettanto poco
chiaro è come Quynh sia sfuggita al suo destino. Sebbene i fumetti
potessero fornire un indizio al riguardo, il film ha apportato
diverse modifiche al personaggio. In primo luogo, il personaggio
era inizialmente giapponese e si chiamava Noriko.
Quando Ngo è stata scelta per il
ruolo, tuttavia, il personaggio è stato reso vietnamita e il nome è
stato cambiato di conseguenza. In secondo luogo, il fumetto
stabiliva che era stata semplicemente spazzata via durante una
tempesta, piuttosto che intrappolata consapevolmente sott’acqua. Di
conseguenza, i dettagli della fuga di Quynh saranno interamente
frutto della versione cinematografica e probabilmente saranno
rivelati nel sequel. Nile ha anche menzionato, tuttavia, di aver
visto Quynh colpire la sua prigionia con pugni e ginocchia.
Pertanto, è possibile che il deterioramento del metallo e la sua
incessante determinazione nel corso di 500 anni abbiano alla fine
dato i loro frutti.
Date le modifiche rispetto al
materiale originale, anche la natura esatta del piano di Quynh
potrebbe subire molteplici cambiamenti. Tuttavia, le ragioni alla
base di esso saranno probabilmente le stesse. Nel materiale
originale, lei arriva a credere che lo scopo degli immortali sia
quello di punire e tormentare gli esseri umani piuttosto che
proteggerli e guidarli. Questa ideologia si adatta bene al
dettaglio aggiuntivo del film secondo cui Quynh ha sofferto per
mano dell’umanità. Tra uno scontro e l’altro, cerca persino di
convincere Andy ad aderire al suo modo di pensare. Rivolgendosi a
Booker, è chiaro che Quynh sta cercando un modo per arrivare ad
Andy, sia per vendicarsi direttamente per non essere mai stata
salvata, sia per creare una squadra di immortali più in linea con i
suoi obiettivi per l’umanità.
Charlize Theron, Matthias Schoenaerts e Luca Marinelli in The Old
Guard. Foto di AIMEE SPINKS/NETFLIX.
Come The Old Guard
prepara il terreno per un sequel
Il potenziale per futuri sequel è
apparentemente infinito come la vita degli immortali. Per molti
versi, The Old Guard potrebbe essere interpretato
come una sorta di storia delle origini. Ora che i personaggi e le
dinamiche sono stati stabiliti, un sequel potrebbe offrire
un’avventura davvero personale fin dall’inizio. Il ritorno di Quynh
si presterà sicuramente alla natura personale della storia. Allo
stesso modo, il fatto di essere riuscita a rintracciare Booker
implica che lei abbia delle risorse considerevoli alle spalle.
Pertanto, qualunque sia la versione cinematografica del suo piano,
sarà altrettanto esplosiva. L’inclusione di Quynh offre anche
l’opportunità di avere un cattivo più sfumato rispetto a
Merrick.
Come ha detto la stessa regista
Gina
Prince-Bythewood a Collider: “La sequenza di
Quynh, per me, è stata davvero emozionante e mi sono affezionata a
questa donna intrappolata in questa orribile esistenza di
annegamento per 500 anni. La psicologia di questo fatto da sola…
volevo sapere cosa fosse successo”. La maggior parte dei fan
sarà probabilmente d’accordo e quindi sarà combattuta dalle
opinioni in qualche modo comprensibili di Quynh, anche se lei si
oppone agli eroi. Il finale del primo film prepara anche una vera e
propria redenzione per Booker. Basandosi sui fumetti, avrà un
momento difficile per mano di Quynh mentre lei cerca di
rintracciare Andy.
Con Copley ora a bordo, ci sono
anche ampie opportunità per nuove missioni che possono nascere
grazie a lui e ai suoi contatti, consentendo l’emergere di ancora
più azione ed elementi esplosivi. Prince-Bythewood ha anche
affermato che “c’è sicuramente altro da raccontare” e che
“Greg [Rucka] ha sempre immaginato questa storia come una
trilogia”. Considerando tutto ciò, è chiaro che ci sono già
molti elementi in atto per i futuri capitoli di The Old
Guard, oltre a molti intrighi che circondano sia i secoli
di storia non raccontata sia il tipo di mondo che la squadra di
Andy finirà per creare. Il primo dei sequel, The Old Guard
2è ora su Netflix dal 2 luglio.
Attenzione! Questo articolo
contiene SPOILER sulla prima stagione di Ironheart, episodi
4-6.
Ironheart (qui
la nostra recensione completa) si è concluso con grandi
sorprese, e una di queste fa finalmente avverare i desideri dei fan
del Marvel Cinematic Universe dopo una
lunga attesa. L’ultima serie TV del MCU ha avuto un programma di
uscita diverso da quello che ci si aspetta. Mentre
Echo ha distribuito in una volta sola,
Ironheart li ha pubblicati in due momenti.
La prima serie di tre episodi ha
introdotto il mondo della serie. Il cast di personaggi di Ironheart,
come Hood e la sua squadra, Zeke Stane (figlio
di Obadiah Stake, alias il primo cattivo del MCU), Natalie e
altri personaggi chiave hanno avuto un ruolo quando Riri Williams
(Dominique
Thorne) è stata espulsa dal MIT ed è entrata nel mondo
criminale per denaro.
Gli ultimi tre episodi di Ironheart
sono tutti incentrati su Riri che affronta le conseguenze delle sue
azioni. I nuovi episodi portano anche la trama di Natalie lungo due
percorsi diversi ma ugualmente sconvolgenti, e pongono fine alla
minaccia di Hood con il debutto di un villain più grande. La vita
di Riri cambia per sempre mentre Ironheart
si addentra ulteriormente nella magia e nel soprannaturale del
MCU.
Mefisto entra finalmente nel MCU
con un colpo di scena sorprendente
Le voci sul debutto del villain
erano vere, dopotutto
Il finale della prima
stagione di Ironheart,
forse anche il finale della serie, ha visto Mefisto entrare nel
MCU. Sebbene il personaggio abbia debuttato solo ora, si ipotizzava
che il diavolo si unisse al MCU fin da WandaVision
del 2021, quando le teorie sul debutto di Mefisto si susseguivano.
Si vociferava anche di un suo possibile arrivo in Agatha
All Along e Spider-Man: No Way Home.
Dopo un’attesa di quattro anni,
Mefisto è finalmente arrivato, e
le indiscrezioni secondo cui sarebbe stato interpretato da
Sacha Baron Cohen (Borat) si sono rivelate
accurate. Il personaggio è apparso per la prima volta per spiegare
la storia passata di Hood. L’episodio 6 di Ironheart
rivela come Mefisto abbia stretto un patto con Parker Robbins
(Anthony Ramos). Il cattivo lo ha salvato da una
rapina.
Poi, Mefisto si è offerto di dare a
Parker gli strumenti per diventare un “re”, chiedendo in cambio
qualcosa che non avrebbe perso. Nel presente, Mefisto si mostra a
Riri Williams, confermando di non essere Dormammu come lei aveva
pensato. Mefisto riesce quindi a stringere un patto con Riri,
riportando in vita la vera Natalie e sfregiandola come accaduto a
Hood.
Hood cerca aiuto con la “magia
pesante”
Ironheart continua la
tradizione Marvel delle scene post-credit
Dopo che la prima metà
della stagione lo ha preparato a esplodere contro Riri, gli episodi
finali di Ironheart hanno visto Hood
affrontare direttamente l’eroe. Prima, ha mandato la sua squadra a
ucciderla. Tuttavia, la lotta non si è conclusa con la sua morte.
L’episodio finale di Ironheart ha visto
uno scontro tra i due soli personaggi. La tuta di Riri era stata
potenziata con la magia.
Questo le ha permesso di essere alla
pari con Hood. Ora che aveva la magia dalla sua parte, Riri ha
usato il suo intelletto geniale per superare in astuzia il cattivo,
sconfiggendolo con relativa facilità, fingendo che la sua tuta
fosse stata distrutta prima di sconfiggerlo. Quando Riri toglie il
cappuccio a Parker, lui dice che gli fa male. Il cattivo rimane
segnato.
La scena post-credit di Ironheart
fa riapparire Hood per una sorpresa. Incontra Zelma Stanton nel suo
negozio per farsi aiutare con la “magia pesante”. A giudicare
dall’anticipazione, sembra che Parker voglia liberarsi delle
cicatrici o affrontare Mefisto. La sua moralità è stata messa in
discussione per tutta la stagione, quindi potrebbe verificarsi una
svolta.
Cosa significa questo colpo di
scena per il futuro di Natalie nel MCU
La migliore amica di Riri Williams
torna nella Terra dei Vivi
Sebbene il debutto di
Mefisto nel MCU sia certamente il punto di discussione più
importante negli episodi finali di Ironheart,
una delle sue azioni è quasi altrettanto importante. Alla fine
dell’episodio 6, viene rivelato che Mefisto ha riportato in vita
Natalie. Inizialmente, si pensa che possa trattarsi dell’IA di
NATALIE, eliminata nell’episodio 5 dopo che la tuta di Riri si è
fusa con la magia.
Tuttavia, Riri aveva detto a
Mefisto, quando le aveva offerto un accordo, che ciò che voleva
“non si poteva fare“. Ebbene, il cattivo ha poi mostrato
all’eroe che il diavolo può fare ciò che vuole nel MCU. Mentre si
abbracciano, cosa che non poteva fare con l’IA di NATALIE, Riri e
il pubblico si rendono conto che Mefisto ha apparentemente
resuscitato Natalie.
È così che finisce la serie, con
Riri che porta le stesse cicatrici di The Hood e la vera Natalie
tornata in vita. Se la seconda stagione di Ironheart
dovesse realizzarsi, la serie MCU esplorerebbe senza dubbio
ulteriormente il patto di Riri con Mefisto e come sia possibile che
Natalie sia viva. Per quanto riguarda l’IA di NATALIE, la
resurrezione dell’originale riduce le sue possibilità di
ritorno.
Ironheart dà al MCU il
successore del primo cattivo del franchise
Riri Williams crea un suo
cattivo
Infine, Joe, interpretato
da Alden Ehrenreich, era stato piuttosto chiaro
con Riri sul fatto che l’avrebbe aiutata con la sua bio-mesh se non
fosse stato possibile risalire a lui. Ciò si è ritorto contro di
lui, con l’episodio 4 di Ironheart che mostra come
il segreto del personaggio è stato rivelato al mondo. Mandato in
prigione, Zeke Stane si è unito al Hood per abbattere Riri e ciò lo
porta a scontrarsi contro Riri nell’episodio 5, che si conclude con
lui che la lascia in andare invece di ucciderla.
Zeke in definitiva vorrebbe essere
se stesso, ma Hood lo costringe a fare da guardia nel caso in cui
Riri bussi alla sua porta. Dopo averlo sconfitto nel finale, Riri
resetta completamente Zeke, liberandolo da Parker.
Alla fine, Riri e Zeke non sono
ancora in buoni rapporti nonostante lei lo abbia aiutato e Stane le
abbia risparmiato la vita. Con il suo segreto ora svelato, il suo
corpo potenziato con la bionica per diventare un’arma vivente e
Riri che ha stretto un patto col diavolo, i personaggi dovrebbero
combattere di nuovo in futuro. Questo se Ironheart
verrà rinnovato.
Entra nel vivo il programma di
Ciné, che anche per la giornata di
mercoledì 2 luglio promette un palinsesto
ricchissimo di convention, eventi, proiezioni e ospiti a
Riccione.
La giornata di mercoledì 2 si
aprirà in sala Concordia alle ore 9.30 dove, prima dell’avvio delle
convention della giornata, il pubblico di accreditati e addetti ai
lavori sarà accolto da uno speciale contenuto a sorpresa. Si entra
poi nel vivo delle convention con 01 Distribution
(ore 9.45) seguita da Eagle Pictures (ore 11.30) e
dalle presentazioni dei listini di Notorious
Pictures alla presenza di Monica
Guerritore per Anna e Diego
Abatantuono, Max Angioni e
Volfango De Biasi per Esprimi un
desiderio (ore 12.45) e FilmClub
Distribuzione (ore 13.15). Le convention proseguono nel
pomeriggio con Lucky Red (ore 15.30), BiM
Distribuzione (ore 17.00), per concludersi con i listini
di Plaion Pictures (ore 17.45) e Wanted
Cinema(ore 18.15).
Convegni e panel
ACEC – SdC propone il convegno
Proiezioni future: tre idee – tra AI e creatività umana
– per guardare con ottimismo allo sviluppo dell’esercizio
cinematografico (ore 14.30, Sala Polissena),
realizzato con il media partner The Hot Corn. Condotto da Don
Gianluca Bernardini (Presidente ACEC-SdC), il convegno vedrà gli
interventi di Giulio Base (Regista e Direttore del Torino Film
Festival), Lucia Cereda (Responsabile Sviluppo Medusa Film), Carlo
Rodomonti (Head of Marketing & Innovation Rai Cinema e Presidente
Unione Editori e Creators Digitali ANICA).
Tanti anche gli eventi speciali per
la giornata con la presentazione della terza edizione di
LED – Leader Esercenti Donne, il programma di
mentoring dedicato alle professioniste dell’esercizio
cinematografico promosso da ANEC – Associazione Nazionale Esercenti
Cinema (ore 18.30, Terrazza Cinecittà News) seguito dalla
presentazione di ANICA Empower Lab, progetto di
mentorship dell’Unione Editori e Distributori Cinematografici
dell’ANICA dedicata alle professioniste del settore (ore 19.00) e
dall’aperitivo a cura di Cinetel per brindare a 30
anni di innovazione nella raccolta e nell’analisi dei dati del
mercato theatrical in Italia (ore 19.30).
Le anteprime
In programma l’anteprima, riservata
agli esercenti, di Tutto quello che resta di te (All
that’s left of you)di Cherien Dabis
(ore 21.15, Cinepalace), un dramma familiare che attraversa tre
generazioni sotto l’occupazione israeliana in Palestina, in sala da
settembre con Officine UBU.
Le cucine del “The
Bear” non hanno ancora finito di cucinare. FX ha
rinnovato la serie per la quinta stagione.
La quarta stagione di “The
Bear” (qui
la nostra recensione), i cui 10 episodi sono stati pubblicati
su Disney+ il 25 giugno, segue
Carmy (Jeremy
Allen White), Sydney (Ayo
Edebiri) e Richie (Ebon
Moss-Bachrach) mentre continuano ad affrontare le
sfide della gestione del loro raffinato ristorante. Il cast include
anche Lionel Boyce, Liza Colón-Zayas, Oliver Platt, Abby
Elliott e Matty Matheson.
La serie è stata creata da
Christopher Storer, che è produttore esecutivo
insieme a Josh Senior, Joanna Calo, Cooper Wehde, Tyson Bidner,
Matheson, Hiro Murai e Rene Gube. Courtney Storer è co-produttrice
esecutiva e produttrice culinaria. La serie è prodotta da FX
Productions.
“‘The Bear’ continua a essere
uno dei programmi preferiti dai fan di tutto il mondo e la risposta
a questa stagione, come dimostrato dall’incredibile numero di
ascolti, è stata spettacolare come quella di tutte le stagioni
precedenti”, ha dichiarato John Landgraf, presidente di FX.
“Anno dopo anno, Chris Storer, i produttori, il cast e la
troupe rendono ‘The Bear’ uno dei migliori show televisivi e siamo
entusiasti che continueranno a raccontare questa magnifica
storia”.
Si erano fatte speculazioni sulla
possibilità che la serie continuasse nonostante l’ascesa fulminea
del suo cast e i suoi impegni contrastanti. White, Edebiri e
Moss-Bachrach stanno tutti gestendo un calendario fitto di
impegni.
Jeremy Allen White interpreterà
Bruce Springsteen nel film biografico Springsteen
– Liberami dal Nulla, Ebon Moss-Bachrach
è ora un membro ufficiale della prima famiglia Marvel e Ayo
Edebiri reciterà nel prossimo film dell’acclamato regista
Luca Guadagnino, al fianco della star di Hollywood
Julia Roberts. È comprensibile che questi
attori vogliano passare ad altri progetti, e non sarebbero i primi
a farlo.
Il primo teaser di Odissea
di Christopher Nolan e Universal, che
sta iniziando a essere proiettato esclusivamente nei cinema, è
trapelato online su X e TikTok. Come molti dei precedenti
blockbuster di Nolan, il più recente dei quali è stato
Oppenheimer nel 2023, il regista ha
pubblicato un breve teaser con più di un anno di anticipo. Il
teaser di Odissea dovrebbe essere proiettato in
testa alle proiezioni di Jurassic World – La Rinascitae della
Universal.
L’esclusività del filmato per le
sale cinematografiche è in linea con la priorità data da Nolan alla
proiezione nelle sale. Il regista è passato dalla Warner Bros., suo
partner di lunga data, alla Universal per
“Oppenheimer“, dopo aver espresso sgomento per il
fatto che il suo vecchio studio avrebbe distribuito l’intero
programma cinematografico del 2021 contemporaneamente su HBO
Max.
Ma ancor prima che il teaser di
Odissea potesse essere trasmesso negli Stati
Uniti, martedì pomeriggio sono iniziate a spuntare fughe di
notizie, molte delle quali sono state rapidamente rimosse per
violazione del copyright.
Il teaser, della durata di 70
secondi, mostra brevemente il personaggio principale di Matt Damon, Odisseo, suo figlio Telemaco
(interpretato da Tom Holland) e un personaggio misterioso
interpretato da Jon Bernthal. Inizia con una narrazione di
quello che sembra essere Robert Pattinson, che interpreta anche lui un
personaggio sconosciuto.
“Oscurità. Le leggi di Zeus
infrante. Un regno senza re dalla morte del mio signore”, dice
su inquadrature di un oceano blu scuro e onde che si infrangono
sulla riva sabbiosa. “Sapeva che era una guerra impossibile da
vincere, e poi in qualche modo… in qualche modo l’ha
vinta.”
Ci sono due inquadrature di quello
che sembra essere il famoso Cavallo di Troia: il piano geniale di
Odisseo di infiltrare i soldati greci a Troia, massacrare e
saccheggiare la città per vincere la guerra. L’ombra del cavallo di
legno si estende sulla spiaggia, poi il cavallo stesso è visto in
lontananza, semisommerso dall’acqua, mentre le onde si infrangono.
Nel poema epico di Omero, il viaggio di ritorno di Odisseo dura
dieci anni dopo che la sua nave è stata deviata dalla rotta e lui
incontra mostri come i Ciclopi, è tenuto prigioniero dalla ninfa
Calipso e ha scontri con diverse divinità greche.
Il teaser passa poi a una
conversazione tesa tra Telemaco e il personaggio di Bernthal, dove
quest’ultimo spiega di non sapere dove si trovi Odisseo. “Non
so nulla di Odisseo, da quando è morto Troia”, dice Bernthal
mentre una tempesta oscura si abbatte sul mare.
“Devo scoprire cos’è successo a
mio padre. Quando l’hai visto l’ultima volta?” risponde
Holland. Lui e Bernthal sono uno accanto all’altro, con altri
personaggi seduti sullo sfondo, illuminati da fioche fiamme
arancioni. “Interessati alle voci, eh? Ai pettegolezzi. Chi ha
una storia su Odisseo, eh?” inizia a gridare Bernthal agli
altri vicini. “Tu? Hai una storia?”. Si vede
un’inquadratura di soldati greci in armatura e con torce in mano
che marciano per una strada cittadina di notte.
La scritta bianca “Tra un anno”
appare sullo schermo nero, anticipando la lontana data di uscita
del film. “Alcuni dicono che sia ricco, altri che sia
povero“, continua, mentre un’inquadratura in lontananza mostra
un soldato greco che varca un ingresso cavernoso e sguaina la
spada. Sullo schermo appare “Un Viaggio Comincia”.
“Alcuni dicono che sia morto.
Altri dicono che sia imprigionato. E voi cosa ne dite?” chiede
Bernthal su un’inquadratura di uomini che camminano verso una città
di notte, mentre una bandiera lacera sventola.
“Imprigionato?” chiede Telemaco.
“Che tipo di prigione? Un buon
vecchio così“, dice Bernthal. Ci sono un altro paio di
inquadrature di onde scure, e poi si scopre che Odisseo è bloccato
in mezzo all’oceano su alcuni pezzi di legno.
Odissea e “17. 07. 26” lampeggiano sullo schermo,
concludendo il teaser.
Il film è attualmente in produzione
e sarà la prima produzione su larga scala ad essere girata
interamente con telecamere IMAX. Come per i precedenti film di
Nolan, il teaser dovrebbe essere pubblicato online entro la fine
dell’anno.
Smokin’ Aces è un
action-thriller del 2006 diretto da Joe Carnahan, che si
inserisce nel filone del cinema pulp post-Pulp
Fiction, mischiando violenza stilizzata, humour nero e una
narrazione corale ad alta tensione. Il film si distingue per un
ritmo frenetico, una colonna sonora martellante e una costruzione
narrativa che alterna punti di vista differenti, seguendo
molteplici personaggi coinvolti in una caccia spietata. Ambientato
in gran parte in un hotel-casinò di Lake Tahoe, Smokin’
Aces fa del caos controllato e delle improvvise esplosioni
di violenza la sua cifra stilistica, ponendosi come un esempio
brillante di cinema di genere intelligente e sopra le righe.
La trama ruota attorno a Buddy
“Aces” Israel, un illusionista e informatore del crimine
organizzato che diventa l’obiettivo di numerosi sicari
professionisti, ognuno con le proprie motivazioni e stili di
uccisione, dopo che l’FBI lo mette sotto protezione. Il cast è
ricchissimo e variegato: Jeremy Piven interpreta
il protagonista, affiancato da attori del calibro di Ryan Reynolds, Ray Liotta, Ben Affleck, Common, Taraji P. Henson, Chris Pine, Alicia Keys e
Andy Garcia. Ognuno dei personaggi principali
ha una propria backstory e dinamica, contribuendo a creare un
mosaico narrativo tanto dinamico quanto esplosivo.
Il film ha avuto una ricezione
critica divisa, ma ha guadagnato negli anni lo status di cult
grazie al suo stile visivo marcato, al montaggio serrato e alla
commistione tra azione brutale e ironia grottesca. Il finale,
sorprendente e ambiguo, ha lasciato molti spettatori spiazzati e ha
gettato le basi per un prequel, Smokin’ Aces 2: Assassins’
Ball, uscito nel 2010. Nei prossimi paragrafi analizzeremo
nel dettaglio proprio il significato del finale del film originale
e vedremo in che modo apre la strada alla continuazione della
storia, tra tradimenti, rivelazioni e vendette incrociate.
Common e Jeremy Piven in Smokin’ Aces
La trama di Smokin’
Aces
Smokin’ Aces segue
una corsa contro il tempo ambientata a Lake Tahoe, dove il mago e
showman Buddy “Aces” Israel (Jeremy
Piven), divenuto informatore dell’FBI, si nasconde in una
suite d’hotel sotto protezione in attesa di testimoniare contro la
mafia. La sua decisione scatena un effetto domino micidiale: una
taglia viene messa sulla sua testa e una lunga serie di assassini
professionisti – dai più metodici ai più folli – si mettono in
marcia per ucciderlo e incassare la taglia. Parallelamente, due
agenti dell’FBI, Messner (Ryan
Reynolds) e Carruthers (Ray
Liotta), cercano di proteggere Israel e di anticipare
le mosse dei criminali che lo vogliono morto.
La narrazione si sviluppa attraverso
numerosi punti di vista, tra cui quelli di una letale cecchina di
professione, Georgia Sykes (Alicia
Keys), e della sua partner, Sharice
Watters (Taraji
P. Henson), ma anche di tre fratelli neonazisti (tra
cui Darwin Tremor, interpretato da Chris Pine), noti per la loro imprevedibilità
e brutalità. Nel frattempo, Donald Carruthers
(Ben
Affleck) guida una squadra di cacciatori di taglie
incaricati di catturare Aces. Ogni personaggio ha un’agenda
propria, e il film costruisce la tensione facendo convergere tutti
verso lo stesso obiettivo: una notte fatale all’interno del
casinò.
La spiegazione del finale e il
prequel del film
Nel terzo atto di Smokin’
Aces, tutte le linee narrative convergono all’interno del
casinò di Lake Tahoe dove Buddy “Aces” Israel si nasconde sotto
protezione. L’atmosfera diventa sempre più tesa e caotica mentre i
vari sicari – ognuno con il proprio metodo e motivazione – entrano
in azione. Georgia Sykes e Sharice Watters riescono a infiltrarsi
nella struttura per compiere il loro incarico, mentre i fratelli
Tremor, guidati da Darwin, seminano distruzione brutale con il loro
stile anarchico. Contemporaneamente, gli agenti dell’FBI Messner e
Carruthers tentano di mantenere il controllo, ma quest’ultimo viene
gravemente ferito durante la confusione.
Mentre il caos esplode e le forze
convergono su Aces, la situazione sfugge rapidamente di mano,
culminando in una sparatoria multipla e sanguinosa. La svolta
finale arriva quando l’agente Messner riesce a penetrare nell’area
protetta dove Buddy è tenuto sotto custodia, scoprendo un segreto
scioccante: Israel è legato biologicamente a un misterioso boss
mafioso, Primo Sparazza (Joseph
Ruskin), e il suo valore per l’FBI va ben oltre la
semplice testimonianza. Con un colpo di scena, viene dunque
rivelato che l’intera operazione di protezione e i vari omicidi
incrociati erano il risultato di una manipolazione interna da parte
dell’FBI stessa.
Ryan Reynolds e Ray Liotta in Smokin’ Aces
Dopo aver assistito a una serie di
decisioni moralmente discutibili da parte dei suoi superiori e
profondamente colpito dalla brutalità e dal tradimento, Messner
prende una decisione radicale e carica di simbolismo: disattiva le
apparecchiature mediche che tengono in vita sia Israel che
Sparazza, ponendo fine a tutto con un atto di giustizia sommaria e
personale. Il significato del finale di Smokin’
Aces risiede dunque nella totale dissoluzione della
distinzione tra legge e crimine. I personaggi, seppur collocati su
fronti apparentemente opposti, agiscono spesso con la stessa
brutalità e opacità morale.
L’FBI, che dovrebbe garantire
giustizia, appare manipolatore e privo di scrupoli, mentre i
criminali – per quanto violenti – agiscono mossi da motivazioni
comprensibili. L’azione di Messner diventa dunque una rottura netta
con questo sistema corrotto: la sua scelta di staccare la spina
rappresenta una forma estrema di rifiuto dell’ambiguità etica che
ha permeato tutta la vicenda. Questo epilogo cupo e privo di
redenzione apre idealmente la strada a Smokin’ Aces 2:
Assassins’ Ball (2010).
Il film è in realtà un prequel che
esplora le origini della violenza organizzata e del programma
segreto del governo che coinvolge i sicari. Sebbene il sequel
adotti una narrazione diversa e personaggi nuovi, si fonda sullo
stesso universo narrativo corrotto, dove i confini tra vendetta,
potere e giustizia si fanno sempre più sfumati. Il finale del primo
film, con la sua carica nichilista e critica verso le istituzioni,
diventa così il punto d’origine ideale per un’espansione del
racconto, mantenendo intatti stile, tono e tematiche.
I Marvel Studios sono stati spesso
criticati per quello che è sembrato un approccio poco attento al
marketing delle loro offerte streaming. Il primo trailer di
Ironheart,
ad esempio, è stato pubblicato solo il 14 maggio, poco più di un
mese prima della première della serie su Disney+.
Potrebbe essere stata una lezione
imparata, visto che è appena stata pubblicata un’anteprima
ufficiale di 30 secondi di Eyes of Wakanda. Rivela
finalmente scene tratte dallo spin-off di Black
Panther della Marvel Animation, e tutto ciò che vediamo
sembra a dir poco incredibile. Non scopriamo molto sulla storia o
sui suoi protagonisti, ma diamo un’occhiata a quello che promette
di essere un approfondimento sul ruolo del Wakanda nella storia
dell’MCU.
All’inizio di quest’anno, lo
storyboard artist di Black Panther, Todd
Harris, showrunner e regista di Eyes of
Wakanda, ha anticipato un’avventura che si snoda
attraverso la storia e che segue gli Hatut Zaraze, i “Mastini della
Guerra” del Wakanda, un gruppo di difesa simile alla CIA incaricato
di recuperare manufatti in Vibranio dai nemici del Wakanda.
“Mi è piaciuta molto l’idea di
dare a ognuno la propria visione della storia”, ha detto
Harris. “La storia inizia alla fine dell’Età del Bronzo
Occidentale, e da quella scintilla nasce questa gigantesca storia
di spionaggio che riecheggia nel tempo. Si ottiene un James
Bond degno del Wakanda, e a volte una Jane Bond, sullo sfondo
di tutta la magnificenza del Wakanda.”
“Quando un incidente scatenante
rilascia alcune di queste cose in natura, devono, in modo molto
riservato, assicurarsi che queste cose non si trasformino in un
problema più grande”, ha continuato. “Abbiamo visto cosa è
successo quando un disco è finito nelle mani di un Super Soldato:
ha cambiato il corso del mondo”.
Harris ha descritto Eyes of Wakanda
come “adiacente all’antologia“, con una narrazione
continua che avrà un impatto sull’intero MCU. È stato confermato in
alcune occasioni che apparirà Iron Fist, ma non sarà Danny
Rand.
Nel corso della storia del
Wakanda, coraggiosi guerrieri sono stati
incaricati di viaggiare per il mondo alla ricerca di pericolosi
manufatti di Vibranio. Eyes of Wakanda è la loro
storia e debutterà su Disney+ il 6 agosto. Guarda il
teaser trailer di seguito:
The Hurt Locker è
uno dei titoli più significativi nella filmografia di Kathryn
Bigelow, nonché il film che ne ha definitivamente consacrato il
talento a livello internazionale. Uscito nel 2008 e scritto dal
giornalista e sceneggiatore Mark Boal, il film
segna una svolta nella carriera della regista, già nota per aver
diretto opere cult come Point Break e Strange Days. Con The
Hurt Locker, Bigelow si confronta infatti per la prima
volta in modo diretto con il
genere bellico, adottando uno stile realistico e asciutto,
lontano dalle convenzioni spettacolari tipiche di molti war movie
hollywoodiani. La regista si concentra invece sul microcosmo umano
e psicologico dei soldati impegnati nella guerra in Iraq,
rinunciando a un’impostazione ideologica per immergere lo
spettatore nella tensione quotidiana e nei gesti minimi della
sopravvivenza.
Il film segue una squadra di
artificieri dell’esercito americano e, in particolare, il sergente
William James (interpretato da Jeremy Renner), il cui comportamento
spericolato e borderline mette in crisi l’equilibrio del gruppo. La
guerra viene raccontata come esperienza soggettiva, viscerale e
destabilizzante, un luogo di alienazione ma anche di dipendenza
emotiva. Questo approccio ha avvicinato The Hurt
Locker a film come Platoon, Full Metal Jacket, Jarhead o American
Sniper, pur distinguendosi per uno sguardo più ravvicinato
e intimo, quasi documentaristico. Bigelow sceglie una messa in
scena nervosa, fatta di camera a mano, ritmo frammentato e assenza
di musica invadente, che contribuiscono a costruire una tensione
costante, quasi soffocante.
Il successo del film è stato
straordinario: vincitore di sei premi Oscar, tra cui Miglior Film e
Miglior Regia – con Bigelow prima donna a ottenere questo
riconoscimento – The Hurt Locker è stato acclamato
per la sua capacità di rinnovare il genere bellico e di offrire una
riflessione potente sulla guerra moderna. Proprio in virtù della
sua autenticità e del suo stile realistico, molti spettatori si
sono chiesti se il film sia basato su una storia vera. Nei prossimi
paragrafi risponderemo a questa domanda, analizzando l’origine del
soggetto e il legame tra realtà e finzione nel film.
La vicenda del film si svolge in
Iraq, dove un gruppo di artificieri dell’esercito americano si
trova a svolgere vari compiti al fine di preservare la sicurezza
del luogo loro assegnato. Ognuno di loro è addestrato per
affrontare qualsiasi tipo di pericoloso, gestendo lo stress e la
paura che da questi possono generarsi. A capo dell’unità di soldati
protagonisti vi è il sergente Will James. Questi,
insieme ai compagni Sanborn ed
Eldrige si destreggiano in operazioni incentrate
sul disinnescare le numerose mine disseminate in tutto il
territorio. Tra le opposizioni dei civili e gli affetti rimasti
negli Stati Uniti, la loro esistenza risulta essere tutt’altro che
tranquilla.
I tre uomini sanno bene che ogni
loro missione potrebbe essere l’ultima e che un loro errore
potrebbe costare la vita a più uomini di quanti se ne potrebbe
immaginare. Le vite di questi soldati sono letteralmente appese ad
un filo, costrette a ripetersi attraverso ordini e compiti sempre
uguali. Sarà in questo contesto di malsana routine che inizieranno
a riflettere sul senso delle loro azioni e su ciò che stanno
lasciando alle loro spalle. L’assenza di un vero obiettivo è ciò
che sembra turbarli di più, ma missione dopo missione capiscono
anche di essere ormai assuefatti da quell’ambiente. Il verificarsi
di una serie di incidenti li costringerà ancor di più a
confrontarsi con questa realtà.
La storia vera dietro il film
Il film si apre con una citazione
del giornalista e corrispondente di guerra Chris
Hedges: “L‘adrenalina della battaglia è spesso una
dipendenza potente e letale, perché la guerra è una droga”.
Alla fine del film, sono proprio le situazioni di vita o di morte
l’unica cosa che può far sentire il protagonista ancora vivo, in
quanto la guerra è l’unica cosa che conosce. Si tratta dunqe di una
storia incredibilmente potente e straziante, con un finale
altrettanto tragico e futile. Dopo averlo visto, non si può dunque
fare a meno di chiedersi se la storia di James in The Hurt
Locker sia basata sulle esperienze di una persona reale.
E, in un certo senso, lo è.
Secondo un articolo del 2009 del New
Yorker, il giornalista/sceneggiatore/produttore cinematografico
Mark Boal ha modellato la sceneggiatura del film
su un articolo di Playboy che aveva scritto sulle sue esperienze di
osservazione di una vera unità EOD a Baghdad nel 2004. Ha
partecipato alle missioni quotidiane con la squadra e in seguito ha
dichiarato: “Mi sono reso conto che se ci fosse stato un modo
per riprodurre l’ambiente della guerra, anche a un livello molto
basilare, solo le immagini e i suoni, sarebbe stato rivelatore per
le persone”. Con The Hurt Locker, ha fatto
proprio questo.
Pur non essendo basato su una
persona reale o una specifica vicenda realmente accaduta, il film
con Jeremy Renner è un resoconto veritiero di
quello che vivono molti soldati, ispirato dalle esperienze di
guerra che Boal aveva percepito negli altri durante il suo
soggiorno in Iraq.Ma, nonostante ciò, la realizzazione del film ha
anche incontrato una serie di problemi. È stato ampiamente
documentato che il sergente Jeffrey Sarver, un
vero artificiere dell’esercito che Boal aveva intervistato mentre
era all’estero, ha tentato di citare in giudizio i produttori di
The Hurt Locker nel 2010 per aver presumibilmente
utilizzato la sua immagine nella creazione del personaggio di
James.
È stato anche riportato, da fonti
come ABC News, che Sarver ha inoltre affermato di aver coniato la
frase del titolo del film e di aver usato il nome in codice
“Blaster One” mentre prestava servizio in guerra, lo stesso nome in
codice che James usa nel film. Alla fine, i produttori del film
hanno avuto la meglio e la causa intentata da Sarver contro il film
di guerra basato su una storia parzialmente vera è stata respinta e
archiviata nel 2011. Indipendentemente dall’opinione che si possa
avere sulla questione della causa, The Hurt Locker
è un film innegabilmente efficace, allo stesso tempo inquietante e
commovente.
Come ogni film di guerra, nel corso
degli anni ha suscitato critiche da parte dei veterani per il modo
in cui alcuni dei suoi temi sono stati rappresentati. Tuttavia,
l’opera esamina gli effetti psicologici della guerra da una
prospettiva leggermente diversa da quella comunemente
rappresentata, affrontandola dal punto di vista della dipendenza
dall’adrenalina e dal caos. Che il film piaccia o meno agli
spettatori, la sua storia inquietante rimane impressa nella mente a
lungo dopo la fine dei titoli di coda.
Scopri Il Gatto col
Cappello come non l’hai mai visto prima! Dal meraviglioso
e stravagante mondo di Dr. Seuss, Il Gatto col
Cappello arriva per la prima volta sul grande schermo da
protagonista di un film d’animazione: un’avventura epica, inedita e
piena di brio, dove regnano magia, caos e tanta allegria. Facendo
ciò che gli riesce meglio, il Gatto – doppiato in originale da
Bill Hader – porta gioia ai bambini con il suo
umorismo esilarante, unico e irriverente, trasportandoli in un
viaggio fantastico verso un mondo mai visto prima.
Nel film, il nostro eroe affronta la
sua missione più difficile di sempre per conto dell’I.I.I.I.
(Istituto per l’Istituzione dell’Immaginazione e dell’Ispirazione
Srl): rallegrare Gabby e Sebastian, due fratelli alle prese con il
trasferimento in una nuova città. Famoso per esagerare sempre un
po’ troppo, questa potrebbe essere l’ultima occasione per il nostro
agente del caos di dimostrare il suo valore… o rischiare di perdere
il suo magico cappello!
Accanto a Bill
Hader, nel cast vocale originale troviamo Xochitl
Gomez, Matt Berry, Quinta Brunson e Paula
Pell, insieme a Tiago Martinez,
Giancarlo Esposito,
America Ferrera, Bowen Yang e Tituss
Burgess.
Diretto da Alessandro
Carloni ed Erica Rivinoja, Il
Gatto col Cappello è il primo lungometraggio animato di
Warner Bros. Pictures Animation e arriverà nelle sale italiane dal
26 febbraio 2026, distribuito da Warner Bros. Pictures.
Un amore regale (il
cui titolo originale è The Royal We) è una commedia
romantica dal tono fiabesco che rientra a pieno titolo nella
tradizione dei romance reali, quei film che mescolano sogno,
protocollo e passione proibita tra ceti sociali diversi. Diretto da
Clare Niederpruem, il
film segue le vicende di Rebecca “Bex” Porter, una ragazza
americana qualunque che si ritrova, quasi per caso, coinvolta in
una storia d’amore con Nicholas, il futuro re d’Inghilterra. Come
in molte moderne favole romantiche, il film gioca con l’idea del
“sogno di Cenerentola”, ma lo fa con uno sguardo più consapevole e
ironico rispetto alle convenzioni del genere.
Uno degli elementi distintivi di
Un amore regale è la capacità di coniugare
leggerezza narrativa e riflessione contemporanea. Oltre alla
componente romantica, il film affronta tematiche come il peso delle
aspettative sociali, l’invadenza dei media, le difficoltà di
conciliare amore e doveri pubblici, e la pressione costante
esercitata dalla monarchia sulle vite private. A emergere è anche
la trasformazione del personaggio di Bex, che da outsider americana
deve imparare a muoversi in un mondo rigidamente codificato,
trovando una propria voce senza rinunciare alla propria
identità.
Il tono del film resta comunque
scorrevole e brillante, ricco di momenti teneri, situazioni
imbarazzanti e dialoghi frizzanti che piaceranno ai fan di
pellicole come The Princess Diaries,
Detective a passo di danza o Natale a Londra. Con un’estetica elegante e un ritmo
narrativo coinvolgente, Un amore regale si
conferma un perfetto esempio di escapismo romantico contemporaneo.
Nel corso dell’articolo andremo a scoprire alcune curiosità legate
alla produzione, ai riferimenti reali che hanno ispirato la storia
e agli aspetti meno noti del film, che ne arricchiscono
ulteriormente il fascino.
Charlie Carrick e Mallory Jansen in Un amore regale
La trama di Un amore regale
Il film racconta la storia di
Beatrix (Mallory Jansen),
secondogenita della famiglia reale di Vostiary, che dopo anni
trascorsi a Boston sotto falso nome, è costretta a tornare a corte,
lasciando alle spalle una vita tranquilla e autonoma. Sua sorella
maggiore Coralina (Nicola
Posener) è scappata con un uomo comune mandando all’aria
il matrimonio combinato con il principe Desmond
(Charlie Carrick) di Androvia. L’unione era stata
progettata da generazioni per sanare un’antica disputa tra i due
Regni, ponendo fine a tensioni mai sopite. Ora, con l’equilibrio
diplomatico in bilico e le alleanze politiche minacciate, l’unica
soluzione sembra essere un nuovo matrimonio, quello tra Desmond e
Beatrix.
La giovane principessa, conduce però
ormai una vita indipendente e riservata dirigendo una fondazione per l’emancipazione femminile, fondata
con determinazione, e ha costruito la propria identità lontano dai
doveri della monarchia. L’idea di sposare uno sconosciuto freddo e
distante è dunque per lei fonte di grande nervosismo. Ma sotto la
pressione della famiglia e con il destino di due nazioni sulle
spalle, si vede costretta ad accettare, pur mantenendo dentro di sé
un senso di frustrazione crescente. Ciò che però inizia come un
accordo politico si trasforma lentamente in qualcosa di più
profondo. Ma la strada verso l’amore non è semplice e Bea si
troverò a fronteggiare situazioni molto delicate.
Il cast del film
Il cast di Un amore
regale è guidato da Mallory Jansen, che
interpreta Bea. L’attrice è conosciuta per i suoi
ruoli in serie come Galavant, Young & Hungry e
Agents of S.H.I.E.L.D..
Al suo fianco c’è poi Charlie Carrick nel ruolo di
Desmond, l’affascinante principe ereditario, già
visto in Reign e Departure. Nicola
Posener, apparsa in The Bold and the Beautiful,
veste i panni della sofisticata
principessa Coralina, mentre
Rae Lim interpreta Chloe
Hargrave, fidata amica di Bea. Completano il cast
Michael Howe e Carolyn Backhouse
nei ruoli di re Richmond e della
regina Leupinia.
Charlie Carrick in Un amore regale
Le location di Un amore regale
Per
quanto riguarda le location, Un amore regale è
stato interamente girato in Bulgaria, con la capitale Sofia protagonista degli ambienti urbani e
molti scorci storici. La città è stata scelta per la sua
architettura europea d’epoca e per l’equilibrio tra ambientazioni
medievali e contesto moderno.
Nella pellicola, Sofia sostituisce la capitale di un regno
immaginario: le eleganti piazze, i palazzi e le strade storiche
fungono da cornice perfetta per gli interni reali, i corridoi dei
palazzi e le passeggiate raffinate dei protagonisti. Molte scene
intime e scenografie da “corte reale” sono state girate all’interno
di edifici storici, sfruttando la luce calda e i dettagli
architettonici per conferire un’atmosfera fiabesca e
credibile.
L’utilizzo di set reali ha indubbiamente contribuito alla magia
visiva del film, rendendo immediatamente percepibile il contrasto
tra la vita ordinaria di Rebecca e il lusso nobiliare in cui viene
immersa. I paesaggi urbani di Sofia sono stati così valorizzati da
vetrate affrescate, cortili interni e sale nobiliari, utilizzati
come scenografie naturali per ricreare la vita di corte. Non è
dunque stato necessario costruire costosi set in studio: la
produzione ha colto la disponibilità di architetture autentiche,
rendendo il film visivamente coerente e, al tempo stesso,
economicamente vantaggioso.
La storia vera dietro il
film
Infine, notiamo come
Un amore regale prende
ispirazione da dinamiche e figure reali legate al mondo delle
monarchie europee contemporanee, pur mantenendo un tono da commedia
romantica e una narrazione dichiaratamente di finzione. Il
personaggio di Bea, una donna americana che si innamora di un
principe, richiama inevitabilmente la storia di Meghan
Markle e il Principe Harry, con il tema
del confronto tra un outsider e l’etichetta di corte. Anche la
pressione mediatica, i vincoli istituzionali e le tensioni tra
dovere e sentimento richiamano numerose vicende vissute realmente
da membri delle famiglie reali, pur rielaborate in chiave leggera e
romanzata.
Dove vedere Un amore
regale in streaming e in TV
Sfortunatamente il film non è
presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive
in Italia. È però presente nel palinsesto televisivo di
martedì 1 luglio alle ore 21:30
sul canale Rai 1. Di conseguenza, per un limitato
periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Rai
Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il
momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma,
completamente gratuita, per trovare il film e far partire la
visione.
Emanuela Fanelli guiderà la
cerimonia di inaugurazione dell’82. Mostra nella serata di mercoledì 27 agosto sul palco della Sala Grande
(Palazzo del Cinema al Lido), nonché la cerimonia di chiusura di
sabato 6 settembre, in occasione della quale saranno annunciati i
Leoni e gli altri premi ufficiali dell’82. Mostra.
Attrice versatile e profonda,
Emanuela Fanelli è capace di passare con
naturalezza dalla comicità al dramma senza mai perdere coerenza
espressiva. Il suo lavoro è apprezzato non solo per le doti
interpretative, ma anche per la capacità di raccontare, con sguardo
personale e profondo, le ironie e le contraddizioni del presente. È
autrice dei suoi stessi monologhi.
Ecco il primo trailer di The
Running Man è disponibile on-line. Il film di
Edgar Wright uscirà il 6 novembre distribuito da
Eagle Pictures e vede nel cast Glen Powell, William H. Macy,
Lee Pace, Emilia Jones, Michael Cera, Daniel Ezra, Jayme Lawson con
Colman Domingo e Josh Brolin.
L’originale adattamento di L’Uomo in
Fuga di Stephen King, del 1987 vedeva
Arnold Schwarzenegger nei panni di Ben
Richards, un poliziotto condannato ingiustamente in un’America
distopica.
La trama di The Running Man
The Running
Manè il programma televisivo più seguito al
mondo: un reality show estremo in cui i concorrenti, chiamati
“Runner”, devono rispettare una sola regola per restare vivi:
fuggire per 30 giorni, in diretta TV, braccati da
killer professionisti, detti “Cacciatori”, mentre il pubblico,
incollato agli schermi, esulta a ogni esecuzione.
Ben Richards (Glen
Powell) non è un eroe. È un uomo qualunque, costretto a una
scelta impossibile: entrare nel gioco per salvare la figlia malata.
A convincerlo è Dan Killian (Josh Brolin), il carismatico e
spietato produttore dello spettacolo, maestro nel trasformare la
sofferenza in spettacolo, la paura in share, la morte in
intrattenimento.
Ma Ben non segue il copione.
Corre, lotta, resiste. E contro ogni previsione diventa un idolo:
il pubblico lo acclama, gli ascolti volano.Più il
successo cresce, più il gioco si fa mortale. Ora Ben non deve
affrontare solo i suoi inseguitori… ma un’intera nazione che vuole
vederlo cadere.