E’ impossibile sopravvalutare
l’importanza dei Beatles nella musica e cultura
pop; il quartetto di Liverpool è stato insieme per meno di un
decennio ma ha lasciato un segno indelebile nella storia della
musica.
Il documentario di Peter
Jackson
The Beatles: Get Back, disponibile su
Disney+, offre ai
fan della band uno sguardo inedito sulla carriera dei Fab Four, con
più di 60 ore di filmati rielaborati e mai visti prima, condensati
in un documentario suddiviso in tre parti. Ecco 10 cose che
quest’opera titanica ci ha insegnato!
Cambiare scopo
Quando i
Beatles iniziarono l’impresa che alla fine avrebbe
portato a
The Beatles: Get Back, originariamente
intendevano registrare un nuovo album e girare uno speciale
televisivo. Tuttavia, mentre le prove procedevano ai
Twickenham Studios, divenne ovvio che la band non
riusciva a mettersi d’accordo su come procedere.
Alla fine, optarono per la
produzione di un solo album e a regalare ai fan un’unica
performance dal vivo che sarebbe stata registrata. Tutti i filmati
del dietro le quinte che erano stati girati fino a quel momento
furono inizialmente rielaborati nel lungometraggio Let It
Be – Un giorno con i Beatles.
Billy Preston, musicista della
band
Il
leggendario tastierista
Billy Preston
era già affermato quando incontrò i Beatles. Preston aveva
supportato altri grandi artisti come
Ray Charles
e aveva attirato l’attenzione dei rocker britannici; essendo un
amico della band, Preston si fermò all’Apple
Studio
di Londra mentre era in città per un’apparizione
televisiva.
Per un capriccio, gli fu chiesto di unirsi alla band durante le
sessioni, per suonare la tastiera ed aggiungere un po’ di verve
alle nuove canzoni. Alla fine, la band fu talmente soddisfatta del
suo contributo che gli fu chiesto di rimanere per tutta la sessione
e lo stesso accadde per l’album
Let It Be.
Registrazioni segrete
I fan dei
Beatles sono sempre stati alla ricerca di
materiale d’archivio esclusivo della loro band del cuore. Anche se
sono stati separati per oltre 50 anni, la band ha comunque
accumulato un’enorme quantità di registrazioni audio e video che
continuano a fare impazzire i fan, compresi molti documentari.
Nonostante tutta questa esposizione, ci sono stati aspetti
privati della band che i fan hanno sempre sognato di poter
conoscere.
Nel documentario viene rivelato che
la troupe che registrava le prove riusciva anche a filmare
segretamente le conversazioni private tra i membri della band.
Anche se l’etica è discutibile, non c’è dubbio che si tratta di una
rivelazione assolutamente inedita, dato che ai fan non era mai
stato concesso di accedere a conversazioni così intime tra i membri
della band.
George Harrison se ne va
Lo scioglimento dei
Beatles è stato chiaramente un avvenimento dalla
portata monumentale nella storia della musica e, sebbene ci fossero
indizi nell’aria da anni, la notizia è stata comunque scioccante
per i fan.
Quello che il documentario rivela è
che George Harrison, stufo delle personalità
dominanti di Lennon e
McCartney, se ne andò dalle prove e dovette
essere convinto a tornare qualche giorno dopo. Anche se
McCartney e Lennon scrissero la
maggior parte delle canzoni più celebri, il contributo di
George Harrison alla band fu innegabile.
Il regista Michael
Lindsay-Hogg
Anche se Peter
Jackson collaborò per assemblare tutto il materiale video
frammentario che ha poi dato vita a Get Back, fu
in realtà Michael Lindsay-Hogg ad effettuare le
riprese originali che compongono il documentario.
Lindsay-Hogg si
era già fatto un nome come regista per i Rolling
Stones e sarebbe diventato anche un famoso regista di
video musicali. Anche se il film Let It Be di
Lindsay-Hogg del 1970 è in qualche modo messo in
ombra dal nuovo documentario
Get Back, il suo contributo al progetto è
innegabile.
Dal teatro di Sabratha al concerto
sul tetto

Per tutta la durata di
The Beatles: Get Back una domanda fondamentale
aleggia sullo spirito delle prove: dove si esibirà la band? Era ben
noto che i Beatles avevano smesso di esibirsi dal
vivo nel 1966 per concentrarsi sulla registrazione dell’album
Let it be, quindi il loro ritorno in scena venne
accolto con enorme entusiasmo.
Il piano è sempre stato quello di
scrivere nuove canzoni ed eseguirle dal vivo nella speranza che la
registrazione di quella performance venisse trasformata in un
album. I pareri sulla location da scegliere, però, erano discordi:
alcuni volevano addirittura che la band andasse in Libia e si
esibisse nell’antico teatro di Sabratha. Alla fine
la band si esibì semplicemente sul tetto degli Apple
Studios di Londra.
“Keeping it simple”
Dopo che i
Beatles rinunciarono ad esibirsi in tour nel 1966,
si concentrarono esclusivamente sul processo di registrazione degli
album grazie ai quali avrebbero rivoluzionato la storia della
musica. Infatti, senza l’onere e l’impegno di esibirsi dal vivo, la
band poté focalizzarsi unicamente sull’aspetto tecnico delle tracce
musicali, sperimentando accuratamente.
Tuttavia, quando tornarono a
produrre gli album che sarebbero stati al centro di
Get Back, erano ormai esausti dal procedimento
troppo complesso di incisione dei brani e speravano di riuscire a
ridimensionare queste dinamiche. Cominciarono ad incidere
registrando il suono dal vivo, senza l’uso di sovra incisioni di
brani. Speravano che il ritrovarsi a suonare assieme, in gruppo, li
avrebbe riportati a sonorità più semplice e non artefatte.
L’ingegnere del suono Alan
Parsons
C’erano molte leggende
dell’industria musicale nella sfera d’influenza dei
Beatles e una di queste future icone era
Alan Parsons, che lavorò per i Fab Four come
ingegnere del suono. Anche se non ebbe niente a che fare con la
produzione effettiva degli album, Parsons avrebbe
continuato a lavorare con artisti come i Pink
Floyd.
Oltre a produrre alcune delle
aggiunte musicalmente più rilevanti dell’epoca, Parsons fu il
leader della sua band, che divenne molto conosciuta tra gli amanti
del genere rock progressivo.
The Beatles: Get Back offre agli spettatori
uno sguardo sorprendente all’interno dell’industria musicale,
introducendo molte delle figure importanti dietro le quinte.
Dal tetto
Il concerto sul tetto dei
Beatles del 1969 è diventato leggenda; anche se la
performance andò incontro a svariate complicazioni, la band
dimostrò di non essere minimamente arrugginita in termini di
performance dal vivo.
Sorprendentemente, però, molte
delle canzoni che sarebbero finite su Let It Be,
il loro album finale, furono registrate dal concerto sul tetto.
Brani ormai celeberrimi come Get Back e
I’ve Got a Feeling derivano infatti dalla
performance sul tetto e sono state rimasterizzate per l’album.
Assurdità o politica?
Get Back è
probabilmente la canzone più importante che fu proposta dai
Beatles durante le sessanta ore di filmati. Non
solo è il titolo del documentario di Peter
Jackson, ma divenne l’intero punto focale delle sessioni
di registrazione. Anche se Let It Be sarebbe poi
diventata la title track del loro album finale, la traccia
Get Back si trasformò da una canzone
apparentemente banale a una dichiarazione significativa.
Il film mostra la band lavorare sui
testi che inizialmente appaiono assurdi o incomprensibili ma poi si
evolvono in vere e proprie dichiarazioni, ad esempio contro le
politiche anti-immigrazione della Gran Bretagna in quel
momento.