Torna nelle sale italiane Bong Joon-ho, il regista sudcoreano che con il suo “Parasite” in pochi mesi ha saputo vincere la Palma d’Oro al festival di Cannes e i più importanti Oscar 2020: Miglior Film (prima volta nella storia che l’Academy a un’opera straniera), Miglior Regista, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Film Straniero. Parasite è un film straordinario, ma è soltanto l’ultimo di sette lungometraggi con i quali il regista asiatico si è affermato come uno dei nuovi maestri del Cinema internazionale.
Tra questi “Madre” (2009), un thriller hitchcockiano che da giovedì 1 luglio sarà distribuito in Italia da Pier Francesco Aiello per PFA Films ed Emme Cinematografia.
Il progetto alla base di “Madre” è iniziato con l’attrice Kim Hye-ja, veterana dell’industria cinematografica e televisiva coreana: “Era il 2004 quando un giovane regista venne a cercarmi, dicendo di voler fare un film con me. Fu così che conobbi Bong Joon-ho”, ha dichiarato.
Il film parte con un incipit memorabile e spiazzante: un campo di grano dorato si dispiega attorno alla figura esile di una donna di mezza età, che cammina guardando verso l’orizzonte. Dopo essersi guardata intorno con fare circospetto, prende coraggio e, sulle note di una musica malinconica ma frizzante, la donna inizia a eseguire con precisione i passi di una danza bizzarra, che la vede alternare stati d’animo abbandonati a scatti di seria contrizione o di ferma risoluzione, in bilico tra comico e tragico.
Do-joon (interpretato da Won Bin) ha 27 anni ed è l’unica ragione di vita di sua madre, che, per mantenersi, gestisce un piccolo dispensario di piante medicinali e pratica l’agopuntura. Il giovane è ben lungi dall’essere indipendente e la sua ingenuità lo porta a comportarsi a volte in modo stupido e pericoloso, il che rende sua madre ansiosa. Una notte, mentre torna a casa ubriaco, incontra una studentessa che segue per un po’ prima che scompaia in un vicolo buio. La mattina dopo, viene trovata morta e Do-joon è accusato del suo omicidio. Tra poliziotti pigri che pensano solo a portare a termine le loro indagini e un avvocato incompetente e venale che rinuncia di occuparsi di un caso così poco redditizio, la madre si rifiuta di credere che il suo amato figlio sia colpevole e intraprende immediatamente le proprie indagini per trovare l’assassino della ragazza. Armata di straordinario coraggio e di uno smodato istinto materno, si mette in viaggio, da sola, alla ricerca dell’assassino della giovane donna, ascoltando l’amore incondizionato che solo una madre può provare: fino a che punto sarà disposta a spingersi per salvare suo figlio?
Queste le riflessioni del regista Bong Joon-Ho sul film:
“Tutti hanno una madre e tutti hanno un’idea precisa di cosa sia una madre: è la persona che ciascuno di noi ama di più, la più gentile, e al contempo la più irritante. Sono molti i sentimenti che si contrappongono quando si ha a che fare con questa figura e questo perché la relazione tra un figlio e sua madre è alla base di tutte le relazioni umane. Innumerevoli romanzi, film e programmi televisivi si sono avvicinati alla figura materna, ma io volevo esplorarla in un modo che fosse mio, peculiare, funzionale a scoprire dove potevo portarla a livello cinematografico, per poi spingerla fino all’estremo”. E cosi prosegue: “Volevo fare un film che scavasse in profondità, in ciò che è caldo e potente, come il cuore di una palla di fuoco. In questo senso, la mamma è una sfida cinematografica per me, perché nei miei film precedenti erano tutte storie che tendevano a estendersi: se un caso di omicidio (Memorie di un assassino – Memories of Murder) mi ha portato a parlare degli anni ’80 e della Corea, e l’apparizione di un mostro (The Host), mi ha spinto a parlare di una famiglia, della società coreana e degli Stati Uniti, “Madre” è, al contrario, un film dove tutte le forze convergono verso il cuore delle cose. Avere a che fare con la figura materna è un déjà vu, ma vedo questo film come un nuovo approccio e spero che venga percepito anche dagli spettatori come qualcosa di familiare, ma estraneo”.
Bong Joon-ho in questo periodo è impegnato contemporaneamente con due sceneggiature, una in inglese e una in coreano: “Il film coreano è ambientato a Seoul e ha elementi unici di horror e azione. Quello in inglese è un progetto drammatico, basato su eventi realmente accaduti nel 2016. Dovrebbe essere ambientato metà negli Stati Uniti e metà in Inghilterra. Il primo potrebbe essere paragonato a Parasite, come atmosfere. Il secondo a Madre”.
Il regista sarà presidente di giuria alla prossima Mostra del Cinema di Venezia 2021.




Alla fine di 




8. Lo stato del fisico di Matt Bomer è spesso determinato dal personaggio che interpreta. È conosciuto per il proprio corpo muscoloso e scolpito, ma è stato capace di arrivare all’estremo: per il film The Last Tycoon, nel quale interpreta un produttore che si priva del cibo durante i giorni settimanali, ha perso circa 11 chili, e per




Il dibattito si rivela interessante innanzitutto perché è sempre molto attuale, essendo l’Italia un paese largo produttore di comici e commedie di tutti i tipi, con esempi anche recenti che portano alla ribalta il tema e le domande che qui i protagonisti si pongono. In secondo luogo, la dicotomia tra Celli e Barni è anche la diatriba fra chi vuole apparire a tutti i costi e chi invece si accontenta di fare il proprio lavoro nell’ombra. Il che non significa essere meno capaci. Anche questo un grande tema, oggi che chiunque cerca la ribalta – i quindici minuti di celebrità di cui parlava Warhol – su un social, o su un vero e proprio palco, poco importa. C’è voglia di apparire, ma si dovrebbe forse riscoprire, come suggerisce il personaggio di Barni, l’orgoglio di quello che si fa, anche se non si ha un pubblico a cui mostrarlo. Il lavoro dell’insegnante svolto da Barni è un po’ l’emblema di questa filosofia. L’insegnate è colui che non lavora per la gloria e raramente viene ringraziato per quello che fa, ma semina qualcosa tra i suoi allievi, contento semplicemente di veder germogliare, ogni tanto, una piantina.


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