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Prigione 77, recensione del film con Miguel Herràn

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Prigione 77, recensione del film con Miguel Herràn

Presentato come film di apertura alla settantesima edizione del San Sebastiàn International Film Festival il 16 settembre, ed uscito in tutte le sale cinematografiche spagnole dal 23 settembre, Prigione 77 (titolo originale Modelo 77) è un film storico-drammatico spagnolo. Diretto da Alberto Rodrìguez, la pellicola ritrova nel cast figure affermate del cinema spagnolo ed internazionale, come Miguel Herràn, noto per il ruolo di Rio nella serie La casa di carta, e Javier Gutiérrez. La pellicola, tratta da una storia vera, presenta le vicende del Centro Penitenziario de Hombres de Barcelona, meglio noto come Carcere Modelo.

Prigione 77: una storia di lotta per la giustizia

Manuel, arrestato per appropriazione indebita ed in attesa di un processo, inizia da subito a provare sulla propria pelle le violenze e le ingiustizie perpetrate dalle guardie carcerarie nei confronti dei detenuti. L’anno è il 1976, ma anche dopo la morte del dittatore Francisco Franco, niente sembra essere cambiato nelle carceri spagnole. Costretti a dover scontare delle pene sproporzionate, in molti casi per crimini non provati in un equo processo, i prigionieri iniziano ad unirsi per portare il cambiamento. “Amnistia y libertard”: queste sono le richieste dei detenuti. Grazie alla Copel, un movimento creato dai detenuti con l’appoggio di alcuni avvocati ed ispirato al Groupe d’information sur les prisons francese, la realtà delle prigioni diventa nota a tutta la Spagna. Con la visibilità della stampa, i detenuti, guidati dallo stesso Manuel, manifestano e combattono per ottenere l’amnistia.

Prigione 77
Manuel insieme ad altro membri del COPEL nel cortile della prigione.

Tra realtà e finzione

Tre mesi dopo la morte del dittatore Francisco Franco, il Copel (comitato coordinatore dei prigionieri in lotta) denuncia le terribili condizioni delle carceri. La tematica fulcro di Prigione 77 è pienamente vera: tutto dall’uso della violenza e l’umiliazione praticamente dei detenuti, fino ai tentativi di evasione di massa, sono veri. Questo è probabilmente ciò che rende il film così tanto d’impatto per il pubblico: racconta un capitolo di storia poco noto, presenta le vicende di figure deboli nella società, emarginati.

Nella rappresentazione dei fatti non si risparmia niente al pubblico: questa pellicola è particolarmente esplicita e caratterizzata da una certa crudezza anche nelle scene di violenza. Allo stesso tempo, però, il film trasmette molto la speranza della lotta, e permette di riflettere su quanto ogni uomo sia effettivamente disposto a perdere ed a patire per un’idea, per la giustizia. Questo punto si nota in Prigione 77 nel discorso che Pino, uno dei detenuti più anziani, fa a Manuel: la speranza in una prigione migliore, in una Spagna migliore, gli restituisce la voglia di vivere e di combattere.

Altri fattori che divengono centrali nel film sono i gesti e le forme di manifestazione dei detenuti ribelli, da un lato, e delle forze di polizia dall’altro. I membri del COPEL arrivano a ferirsi anche gravemente per farsi ascoltare dal direttore del carcere, Manuel e Pino resistono a trattamenti sempre più violenti e inumani. La polizia penitenziaria invece li tratta come fossero animali: non rispettano gli accordi, li attaccano anche in tenuta anti sommossa, colpendoli ripetutamente ed in diverse occasioni con calci, pugni, manganellate. Un esempio di totale mancanza di rispetto delle guardie nei confronti dei detenuti è il rogo dei romanzi di Pino: dopo aver perquisito, o meglio dire messo totalmente a soqquadro la sua cella, i poliziotti penitenziari confiscano deliberatamente tutti i libri del carcerato e li bruciano nel cortile.

L’abuso della violenza da parte delle forze dell’ordine

Prigione 77 affronta una tematica che sfortunatamente si mantiene ancora attuale: si tratta dell’uso spesso eccessivo della forza da parte della polizia. Questo problema non riguarda solo paesi del terzo mondo o ordinamenti antidemocratici, ma molto spesso questo genere di comportamento è ben presente anche nei paesi democratici dell’occidente. Che si tratti delle carceri o delle piazze, la repressione delle forze armate risulta essere spesso eccessiva. Un esempio di violenza nelle prigioni è stato reso maggiormente noto di recente, all’Italia e al mondo, proprio tramite un altro film: ci si riferisce a Sulla mia pelle, film Netflix con Alessandro Borghi che racconta il caso Stefano Cucchi. Abbandonando il mondo del cinema e tornando alla realtà, quando si tratta di grandi manifestazioni, spesso le forze dell’ordine tendono a disperdere la folla anche in maniera violenta: le ultime notizie in Italia a riguardo risalgono a solo poche settimane fa, durante un comizio della politica Giorgia Meloni a Palermo, mentre a livello internazionale sono ormai giornaliere i video e le immagini della brutale repressione della polizia iraniana verso i manifestanti.

Priest: recensione del film con Paul Bettany

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Priest: recensione del film con Paul Bettany

Priest é un guerriero, l’arma definitiva con cui l’umanità, grazie alla Chiesa, ha sconfitto i Vampiri. In un futuro remoto, in cui sopra alle città non si vede più il sole e i vampiri sono rinchiusi in riserve, i sacerdoti non hanno però più lavoro.

Fino a quando un avamposto nelle Wasteland viene attaccato proprio da un gruppo di vampiri, e a farne le spese, neanche a farlo apposta, sono il fratello, la ex moglie e la nipote di Priest che quindi dovrà ribellarsi alla Chiesa e partirà alla ricerca della ragazza e di una personale vendetta.

Priest, il film

Questo film è la trasposizione di un fumetto non Marvel, e già questo è un evento, inoltre si tratta di un manga, il che presuppone che ci sia una nicchia di appassionati che conosce perfettamente la storia del sacerdote ammazza-vampiri.

La sua provenienza esotica ci offre inoltre una storia che si discosta dalle più conosciute avventure di supereroi vendicatori. Priest è essenzialmente un western (con l’aggiunta dei vampiri), in cui il buono, che subisce un torto, parte cercando la rivalsa sul cattivo; sulla strada, incontra alcuni alleati che lo aiuteranno a portare a termine la missione. Segue duello finale su treno. L’ammiccamento al genere western non è l’unico riferimento che il film propone: l’estetica delle città ricorda Blade Runner, c’è una sovrabbondanza (ancora, verrebbe da dire) di bullet time á la Matrix, alcune scene “maestro-allievo” che ricordano un po’ Guerre Stellari, insomma molti riferimenti a cinema soprattutto di fantascienza.

I vampiri, invece, sono ben lontani dall’immaginario che ci ha creato Coppola o il più recente Twilight, sono assolutamente privi di fascino, essendo anche privi di occhi con una bocca troppo grande e un colorito assai pallido. Sono piuttosto animali la cui unica missione è nutrirsi, necessità che li porta a diventare assassini, ma allo stesso tempo, essere più puri degli uomini, in quanto probabilmente privi di anima corruttibile, come afferma ad un certo punto uno dei personaggi.

Priest si districa tra frasi ad effetto e combattimenti che non lasciano senza fiato. Sicuramente la storia ha una presa notevole, gli ambienti, la profondità  e gli spazi aperti sono stranamente valorizzati dal 3D, che ha il suo momento di gloria soprattutto nei carrelli abissali negli alveari dei vampiri, mentre il momento più bello della pellicola è l’introduzione realizzata in animazione 2D, a rivendicare l’origine della storia.

Interessante è anche il punto di vista sulla Chiesa, una dittatura militare che usa i sacerdoti come dei novelli crociati, e l’atmosfera post atomica e grigia della vita della città in cui il tempo è scandito, come in 1984, dalla voce del capo supremo (in questo caso della Chiesa) che invita a pregare e a rispettare ciecamente i dettami ecclesiastici.

Priest: Il prete soldato!

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Priest: Il prete soldato!

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Dopo due anni di lavorazione e un passaggio di testimone da Andre Douglas a  Scott Stewart, Priest sta finalmente per arrivare anche nelle sale italiane. Il film, prodotto dalla Screen Gems,  si prospetta come un fantasy- action- thriller- horror, tanto per non sbagliare, destinato ad un pubblico teen amante della cultura pop asiatica. E’ infatti da un fumetto coreano, Manwha disegnato da Min-Woo Hyung e pubblicato in Italia prima da Star Comics e poi da Flashbook Edizioni, che la pellicola trae la sua idea e le sue atmosfere horror.

Pride: recensione del film con Bill Nighy

Matthew Warchus, regista teatrale molto affermato su entrambe le sponde dell’oceano, firma il suo secondo lungometraggio dirigendo questo Pride, esilarante e a tratti toccante commedia basata su una storia realmente accaduta.

In Pride seguendo al telegiornale le manifestazioni e gli scioperi con i quali i minatori si oppongono alla politica restrittiva di Margharet Thatcher, Mark (Ben Schnetzer), attivista nel neo-nato movimento per i diritti degli omosessuali, ha un’illuminazione: perchè non unire la sua lotta con quella dei minatori? Non sono tutti vittime del sistema iper-liberista e conservatore? Vinta un’iniziale diffidenza dei compagni e amici del mondo gay, Mark riesce nel suo intento e, contattata una piccola comunità di minatori gallesi, inizierà questa stravagante collaborazione.

Pride, il film

Pride è un film che racconta come il movimento per i diritti degli omosessuali sia riuscito a sensibilizzare parte dell’opinione pubblica ma soprattutto il mondo della politica. Più che il risultato, stupisce e sorprende il come si sia arrivato ad esso, attraverso un’improbabile quanto incredibile collaborazione con il movimento di protesta dei minatori britannici. Il film affronta, con ironia e delicatezza, temi diversi ma alla cui base si esalta la forza del dialogo, della comprensione, della solidarietà e della tolleranza, in un susseguirsi di sequenze ora esilaranti e ora commoventi ma mai retoriche o ipocrite. Un film sul rispetto dell’uomo in quanto individuo, che egli sia un omosessuale o una lesbica oppure un minatore cui, tolto il lavoro, si nega la dignità di essere umano.

Pride è soprattutto uno straordinario quadro che illustra il mondo, quello dei primi anni ’80, nel quale si muovevano, spesso nascosti e dileggiati, coloro che per primi ebbero il coraggio di esprimere e mostrare la propria vera natura sessuale. Un film che parla dei primi casi di Aids, popolato da personaggi che rappresentano tutte le sfaccettature del complesso mondo degli omosessuali: da coloro che non hanno mai avuto il coraggio di dichiararsi come Cliff, interpretato da uno straordinario Bill Nighy, al giovane di famiglia borghese come Joe (George Mackay) che invece trova il coraggio di sfidare le rigide convenzioni familiari, sino alla coppia di gay ormai navigata come Johnathan (Dominic West) e Gethin (Andrew Scott). Pride è un film bellissimo che eccelle in tutto: sceneggiatura, un cast validissimo di attori giovani e meno giovani, oltre a Nighy ci teniamo a sottolineare l’interpretazione pazzesca di una grandissima Imelda Staunton ed una colonna sonora incredibile che ci delizia con grandissimi pezzi dell’epoca, immortali, dei vari Cure, Clash.

Pride uscirà nelle sale a partire dal prossimo 11 dicembre, e noi ci permettiamo di consigliare vivamente la sua visione perché in questa commedia c’è un racconto che è storia, una storia che, a distanza di trent’anni, ha ancora molto da insegnarci.

Pride: domenica 21 giugno la rassegna cinematografica su Mio Cinema

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Nel mese tradizionalmente dedicato al Pride, Miocinema propone ai suoi spettatori una rassegna cinematografica che veste i colori della comunità arcobaleno. 22 film che raccontano un mondo che ha dovuto lottare e che ancora lotta per vedere riconosciuti i propri diritti. Storie che permettono di avvicinarsi e conoscere da vicino la comunità LGBTQ+, racconti di grandi battaglie che hanno fatto la storia del movimento, ma anche di vicende di affermazione quotidiana, di coming out e di scoperta: in una parola, di orgoglio.

Che si tratti di commedia o di dramma, i 22 titoli sono accomunati dalla volontà di mostrare con forza il diritto di amare a prescindere dal sesso e l’uguaglianza di individui che una parte della società fatica ancora a comprendere e riconoscere, insistendo nella discriminazione.

Il cinema, come strumento culturale e sociale, di integrazione e dialogo, ha nel tempo dedicato grande spazio alla tematica omosessuale, mostrandone sfaccettature e profondità, con grandi risultati di critica e di pubblico.

Appuntamento domenica 21 giugno, alle ore 20.30. A presentare la rassegna Vladimir Luxuria, attivista dei diritti Lgbt e direttrice artistica del Lovers Film Festival. A dialogare con lei Andrea Occhipinti, fondatore, produttore e distributore Lucky Red,  Claudio De Pasqualis (Efisio Mulas), autore e conduttore radiofonico.

Composta da produzioni piccole e grandi, presentate e premiate in festival di livello internazionale o apparse purtroppo rapidamente nelle sale cinematografiche, la rassegna sarà su Miocinema da domani, 21 giugno 2020.

Pride – i titoli della rassegna su Mio Cinema

Pride

Girl di Lukas Dhont (2018)

Le Ereditiere di Marcelo Martinessi (2017)

120 Battiti al minuto di Robin Campillo (2017)

La terra di Dio di Francis Lee (2017)

Moonlight – Tre storie di una vita di Barry Jenkins (2016)

Mademoiselle di Chan-wook Park (2016)

Carol di Todd Haynes (2015)

Io&Lei di Maria Sole Tognazzi (2015)

Stonewall di Roland Emmerich (2015)

Eisenstein in Messico di Peter Greenaway (2015)

Pride di Matthew Warchus (2014)

Lo sconosciuto del lago di Alain Guiraudie (2013)

La vita di Adele di Abdellatif Kechiche (2013)

Tomboy di Céline Sciamma (2011)

Weekend di Andrew Haigh (2011)

I ragazzi stanno bene di Lisa Cholodenko (2010)

A Single Man di Tom Ford (2009)

Milk di Gus Van Sant (2008)

Ai confini del paradiso di Fatih Akin (2007)

Shortbus – Dove tutto è permesso di John Cameron Mitchell (2006)

Reinas – Il matrimonio che mancava di Manuel Gómez Pereira (2005)

I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee (2005)

Pride sbanca il botteghino

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PrideNel primo weekend di programmazione Pride ottiene una media copia di 4.634,00 euro, seconda solo a Il ricco, il povero e il maggiordomo di Aldo, Giovanni e Giacomo, più alta di pochi euro.

Secondo i dati Cinetel il film risulta anche il primo incasso assoluto in città capozona come Firenze, Bologna e Torino, dove ha sbaragliato la concorrenza, blockbuster compresi.

Già grande successo in patria, il film di Matthew Warchus, ispirato a una storia vera, sorprende anche il botteghino italiano e la Teodora annuncia che dal prossimo weekend triplicheranno le copie in distribuzione.

Pride è nominato ai Golden Globes nella categoria Miglior film Commedia o Musical.

LEGGI LA RECENSIONE

Pride Month: tutti i film di Prime Video per celebrare il cinema LGBTQ+

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Istituito nel 1970 per commemorare i moti di Stonewall, il mese del Pride celebra la comunità LGBTQ+ e la sua lotta per la parità dei diritti. In occasione di questa ricorrenza, vi proponiamo un viaggio cinematografico attraverso alcuni film a tema LGBTQ+ disponibili su Amazon Prime Video e firmati da grandi registi contemporanei e del passato, da Xavier Dolan a James Ivory, da Ingmar BergmanAbdellatif Kechiche, Gus Van Sant, Andy Wahrol e molti altri. Ecco tutti i titoli.

Pride

PridePride porta sullo schermo la storia vera di un gruppo di attivisti del movimento gay che, spinti dalla solidarietà per chi lotta contro il sistema, hanno l’idea di raccogliere fondi per sostenere il lungo sciopero dei minatori gallesi, vessati dalle scelte politiche di Margaret Thatcher. Mark, il protagonista, nota come i gay e le lesbiche siano vittime dello stesso sistema e punta a costruire un legame di solidarietà con i lavoratori in lotta. Il film, presentato a Cannes nel 2014, vede nel cast rinomati attori britannici come Imelda Staunton, Andrew Scott, George MacKay, Dominic West, Ben Schnetzer. 

Milk

MilkL’avvincente biografia di Harvey Milk, primo gay dichiarato a ricoprire una carica politica negli Stati Uniti. Un uomo che con il suo coraggio ha cambiato la storia e la vita di milioni di persone spinto dal suo sogno di emancipazione, di uguaglianza e di affermazione della propria identità. Diretto da Gus Van Sant, il film ha ricevuto otto nomination agli Oscar, vicendone due: uno per il miglior attore protagonista a Sean Penn, l’altro per la migliore sceneggiatura originale a Dustin Lance Black.

La Vita di Adèle

La Vita di AdèleAdattamento cinematografico della graphic novel Blu è un Colore Caldo diretto da Abdellatif KechicheLa Vita di Adèle si è aggiudicato la Palma d’Oro a Cannes nel 2013. Adèle ha quindici anni, un appetito insaziabile di cibo e di vita e il sogno di incontrare l’amore della sua vita, che crede di trovare in Thomas. Ma a farla innamorare veramente è una ragazza dai capelli blu conosciuta per caso. Nasce una storia d’amore appassionata e travolgente che fa maturare Adèle che diventa donna imparando ben presto che la vita non è sempre un (bel) romanzo.

VIOLA DI MARE

VIOLA DI MAREDiretto da Donatella Maiorca e ambientato nella Sicilia dell’Ottocento, racconta la storia di due donne follemente innamorate l’una dell’altra, ma costrette a nascondere e negare la loro relazione per via delle convenzioni sociali, fino a spingere Angela, costretta dalla famiglia, con la complicità del parroco del paese, a diventare un uomo. La storia è ispirata a fatti realmente accaduti e divenuti leggendari. Con Valeria Solarino, Isabella Ragonese, Ennio Fantastichini, Giselda Volodi, Maria Grazia Cucinotta, Marco Foschi, Alessio Vassallo, Lucrezia Lante Della Rovere, Corrado Fortuna, Aurora Quattrocchi, Ester Cucinotti.

MAURICE

MauriceCon protagonista un giovane Hugh Grant, Maurice è basato sull’omonimo romanzo postumo E.M. Foster e diretto da James Ivory. Ambientato agli inizi del ‘900 a Cambridge, ha per protagonisti Clive e Maurice, due studenti che scoprono di essere attratti l’uno dall’altro, ma il senso del decoro li allontana. Anni dopo, Clive, sposato, negherà la propria omosessualità, timoroso della morale vittoriana, mentre Maurice, dopo essersi tormentato a lungo, finirà per accettare la propria identità sessuale. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1987, vinse il Leone d’Argento e valse la Coppa Volpi ad entrambi i giovani protagonisti.

DALLAS BUYERS CLUB

Dallas Buyers Club Jared LetoDiretto da Jean-Marc Vallée, ha vinto tre Oscar, due dei quali agli straordinari interpreti Matthew McConaughey e Jared Leto (miglior attore protagonista e miglior attore non protagonista). Ispirato ad una storia vera, Dallas Buyers Club si svolge fra il 1985 e il 1988: dopo aver scoperto di aver contratto l’AIDS e di avere poco tempo da vivere, Ron Woodroof, rude elettricista texano appassionato di rodeo, comincia ad importare illegalmente i medicinali necessari per combattere la malattia, aggirando il sistema e finendo per aiutare anche altri malati.

J’AI TUÉ MA MÈRE

Lungometraggio di debutto dell’enfant prodige del cinema canadese Xavier Dolan, da lui scritto, diretto, interpretato e prodotto, è la storia dell’adolescente Hubert che nasconde la propria omosessualità alla madre e la accusa di non amarlo abbastanza. Brillante, divertente e audace, J’ai Tué ma Mère tratta di un’omosessualità sofferta ma convinta e di un rapporto conflittuale d’amore e odio con la madre.

IL BAGNO TURCO

Opera prima di Ferzan Ozpetek, Il bagno turco è la storia di Francesco, un giovane architetto sposato e con un sicuro avvenire professionale, che viene informato di un’eredità lasciatagli da una zia ad Istanbul: un hamam (bagno turco). Giunto nella città turca, Francesco scopre un mondo completamente nuovo, affascinante per la sua diversità culturale ed anche sessuale. Tra gli attori: Alessandro Gassmann, Francesca D’Aloja, Mehmet Günsür.

FANNY E ALEXANDER

Diretto da Ingmar Bergman e vincitore di quattro premi Oscar, racconta di due bambini figli di liberi teatranti nella Svezia di inizio Novecento. La potenza narrativa di Bergman è espressa attraverso lo sguardo innocente e visionario dei due bambini. In Fanny ed Alexander si individua anche la tematica del confine labile tra finzione-teatro e realtà-vita. «Tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile. Il tempo e lo spazio non esistono, l’immaginazione fila e tesse nuovi disegni».

MALA NOCHE

Primo capolavoro di Gus Van Sant, girato in bianco e nero, anticipatore del Cinema queer degli anni ‘90, il film narra la storia di Johnny e Roberto, giovani immigrati clandestini che arrivano a Portland dal Messico. Entrati in un negozio, incontrano Walt, il giovane gestore bianco, che subito si innamora di Johnny. Il ragazzo però non contraccambia la passione, ma cerca insieme al suo amico di sfruttare la situazione a proprio favore.

ANDY WARHOL’S LONSOME COWBOYS

Il film, firmato da Andy Warhol, rappresenta una vera e propria satira del genere western hollywoodiano. Miglior film all’International Film Festival di San Francisco, racconta le vicende di una banda di cowboy omosessuali che si reca in una piccola città a ovest. Qui vengono accolti dallo sceriffo e da altri personaggi, tra cui due donne con cui avranno avventure sessuali.

120 BATTITI AL MINUTO

Acclamato dalla critica al Festival di Cannes 2017, dove ha conquistato il Grand Prix, e amato dal pubblico, il film è ambientato nella Parigi dei primi anni Novanta e racconta del giovane Nathan che decide di unirsi agli attivisti di Act Up per rompere il silenzio sull’epidemia di Aids che sta mietendo innumerevoli vittime. Nathan è colpito dalla vitalità di Sean che sta impegnando le sue ultime energie per le battaglie dell’associazione. Tra i due si instaurerà una relazione sempre più appassionata, nonostante i caratteri e le esperienze diverse.

TRANSPARENT

Serie Amazon Original, vincitrice di numerosi premi, apprezzata da pubblico e critica, Transparent affronta l’argomento molto delicato della transessualità e più in generale parla del cambiamento e del desiderio di trasparenza. La serie si sviluppa intorno al cambiamento del protagonista, dei suoi familiari e di chi lo circonda e al desiderio di mostrarsi per ciò che si è realmente, senza veli, sottolineando l’importanza della famiglia. Creata da Jill Soloway, in quattro stagioni, si chiude con uno stupefacente musical, in cui sono racchiuse tutte le caratteristiche che hanno reso questa serie unica nel suo genere.

MODERN LOVE

Tratta da una celebre rubrica del New York Times, Modern Love è una serie Amazon Original diretta da John Carney, che racconta le sfumature dell’amore. Il settimo episodio è Hers Was a World of One, la storia di una tranquilla coppia gay che si confronta con il desiderio di paternità. Nell’incontro con una giovane donna incinta e vagabonda per scelta, si commisurano due modi di essere diversi e la vita nelle sue molteplici sfaccettature, il rapporto tra uomo e donna, l’amicizia, la genitorialità, il bisogno di libertà e le famiglie allargate. Su tutto vincono la sensibilità e l’amore.

Pride Month: I migliori film romantici da guardare

Pride Month: I migliori film romantici da guardare

Per la maggior parte della storia dell’industria cinematografica, le storie LGBTQ sono state per lo più raccontate in maniera leggera. Se i personaggi LGBTQ erano presenti nei film, spesso servivano solo a sostenere la crescita del personaggio principale, senza che il pubblico potesse apprezzare una crescita interiore del personaggio. Celebrando il Pride Month celebriamo anche gli attori e le attrici della comunità.

Per questo motivo, la storia d’amore LGBTQ è un fenomeno abbastanza nuovo nel cinema ma che, fortunatamente, sta fiorendo. I film recenti realizzati da e per la comunità hanno rubato il cuore del pubblico e della critica, ma ci sono molti altri film d’amore, molti dei quali realizzati prima del tempo, che meritano di essere visti di più. In questo Pride Month, festeggiate con alcune storie d’amore divertenti, belle e sexy!

Cuori nel deserto (1985)

Pride Month Cuori nel deserto (1985)

Solo negli ultimi anni questo film ha ottenuto poca dell’attenzione e del plauso che merita. Cuori nel deserto inizia nel 1959, quando una professoressa di inglese della Columbia, Vivian Bell (Helen Shaver), arriva a Reno, in Nevada, per ottenere un divorzio lampo e improvvisamente inizia una relazione con la scatenata figliastra della sua padrona di casa, Cay (Patricia Charbonneau).

Sembra un classico intimo della vecchia Hollywood, soprattutto se lo si confronta con il classico di Marilyn Monroe e Clark Gable, The Misfits, che segue anch’esso una donna che ha bisogno di un divorzio veloce a Reno. La combinazione di splendidi paesaggi cinematografici, di una recitazione sobria e di una colonna sonora brillante si insinua lentamente fino a farvi innamorare di queste due bellissime donne.

Carol (2015)

Carol (2015)

Todd Haynes è uno dei più prolifici registi in attività oggi e ha dimostrato di essere un maestro del dramma psicologico, del melodramma e dei biopic non convenzionali. Tuttavia, solo nel 2015 ha dimostrato di essere in grado di realizzare una storia d’amore così tenera da riguardare durante il Pride Month.

Basato su un romanzo di Patricia Highsmith, The Price of Salt, Carol racconta la storia di Therese (Rooney Mara), una giovane aspirante fotografa nella New York degli anni Cinquanta che si innamora di una donna anziana e sposata, Carol (Cate Blanchett). Questo film ipnotico fa battere il cuore anche nelle scene più tranquille e dà un senso di ottimismo in un amore impossibile senza essere ingenuo.

Ritratto della giovane in fiamme (2019)

Pride Month Ritratto della giovane in fiamme (2019)

Ritratto di signora in fiamme non è solo una grande storia d’amore, ma una storia rivoluzionaria che pone al suo pubblico importanti domande. Il capolavoro di Celine Sciamma inizia alla fine del XVIII secolo, quando la pittrice Marianne (Noemie Merlant) arriva sulla costa della Bretagna per dipingere un ritratto nuziale di Heloise (Adele Haenel).

L’unico inconveniente è che Heloise rifiuta di essere dipinta, quindi deve dipingere in segreto. Quello che segue è una storia d’amore misteriosa e seducente che non solo cattura il nostro cuore ma anche la nostra immaginazione. Sciamma ci costringe a interrogarci sull’idea di musa e su come rendere sexy l’uguaglianza.

Call Me By Your Name (2017)

Call Me By Your Name (2017)

Questa storia di formazione porta con sé tutti i dolori e i brividi della giovinezza con un tocco italiano. Chiamami col tuo nome (Call Me By Your Name) di Luca Guadagnino segue Elio (Timothee Chalamet), un adolescente ebreo italo-francese che, mentre vive con i genitori nel Nord Italia, si innamora di un laureando di nome Oliver (Armie Hammer) che viene a trovarlo.

Scritto dal leggendario James Ivory, il film contiene sfumature dei suoi film classici come Una camera con vista o Maurice, con il suo apprezzamento giovanile della sessualità e della natura, ma porta con sé un senso di mortalità e sensualità incombenti.

Happy Together (1997)

Pride Month Happy Together (1997)

Se ci fosse un regista in grado di definire il cinema del dolore e del desiderio, sarebbe Wong Kar Wai. I suoi film, come In the Mood for Love e Chungking Express, portano con sé un profondo desiderio di amore perduto o non realizzato, ma è il suo film Happy Together a rivelare la fame di intimità che si prova anche quando si sta con la persona che si ama.

Il film segue due uomini gay di Hong Kong a Buenos Aires e la loro relazione tossica di tira e molla. Wong Kar Wai propone una storia d’amore disastrosa che sappiamo può finire in tragedia o in banalità, ma i suoi attori sono così belli e la sua fotografia così ammaliante che non possiamo fare a meno di guardare.

Weekend (2011)

Weekend (2011)

Nel suo secondo film, Weekend, Andrew Haigh dipinge un ritratto coinvolgente e intimo delle possibilità e delle impossibilità contraddittorie di una breve avventura di una notte. Il film segue due uomini omosessuali che fanno sesso una notte da ubriachi, aspettandosi di non rivedersi mai più, ma che invece cambiano la vita l’uno dell’altro in un solo weekend.

Più di molti altri film di questa lista, questo film contiene molte conversazioni filosofiche non solo sull’amore, ma anche sull’identità sessuale. Grazie alla presenza di un uomo ancora per metà nascosto e di un altro dichiarato e orgoglioso, riusciamo ad avere un’idea più profonda delle ansie e delle gioie dell’essere omosessuali in questo mondo moderno.

Brokeback Mountain (2005)

Pride Month Brokeback Mountain (2005)

Nessun altro film è stato o sarà importante come Brokeback Mountain nella storia della rappresentazione dell’identità sessuale a Hollywood e molto gettonato durante il Pride Month. Il film, diretto da Ang Lee, racconta la storia di due cowboy che si incontrano nell’estate del ’63 per un lavoro e presto sviluppano un desiderio indomabile l’uno per l’altro che li accompagnerà per il resto della loro vita.

All’epoca della sua uscita, il film fu acclamato per il coraggio dei suoi attori, Jake Gyllenhaal e Heath Ledger, di “diventare gay” e la maggior parte delle discussioni verteva sulle scene di sesso. Sebbene lo shock di queste scene si sia esaurito, la loro tenerezza e bellezza non si sono esaurite.

La vita di Adele (2013)

La vita di Adele (2013)

Unico film nella storia del Festival di Cannes a vincere la Palma d’Oro non solo per il regista ma anche per le due attrici protagoniste, Blue is the Warmest Color ha entusiasmato gli spettatori di tutto il mondo. Il film segue un’adolescente francese, Adele (Adele Exarchopoulos), che scopre la sua sessualità e l’amore con la pittrice più anziana, Emma (Lea Seydoux).

Queste attrici ci guidano da un mondo di desiderio inquieto al lato più oscuro di un amore costruito su un terreno ineguale in modo così naturale che si potrebbe pensare di stare guardando un documentario. Anche se la lunghezza delle scene di sesso viene spesso notata, sono la vulnerabilità e l’onestà delle attrici lo rendono uno dei capisaldi durante il Pride Month.

My Beautiful Laundrette – Lavanderia a gettone (1985)

Pride Month My Beautiful Laundrette - Lavanderia a gettone (1985)

In uno dei primi ruoli di rilievo di Daniel Day Lewis, esplode sullo schermo nei panni di un teppista con un lato segreto dal cuore tenero in My Beautiful Laundrette. Ambientata a Londra durante gli anni della Thatcher, la storia è incentrata su Omar (Gordon Warnecke), un giovane pakistano che si riunisce al suo vecchio amico e attuale membro di una gang, Johnny (Day-Lewis).

I due diventano custodi e gestori della lavanderia dello zio di Omar e iniziano una relazione sentimentale. Ci vuole un grande regista per approfondire le motivazioni estremamente personali di due amanti e allo stesso tempo criticare la società in generale e Stephen Frears è proprio quel regista. Considerato uno dei migliori film britannici di tutti i tempi, My Beautiful Laundrette è un film di classe a sé stante.

120 battiti al minuto (2017)

120 battiti al minuto (2017)

BPM non solo ci offre un ritratto realistico di una relazione dall’inizio alla fine, ma ci rivela anche cosa significava essere omosessuali in mezzo a una pandemia che nessuno voleva risolvere. Questo film pluripremiato segue un gruppo di attivisti di ACT UP Paris negli anni ’90 che lottano per ottenere la consapevolezza e i farmaci di cui hanno bisogno. In mezzo a tutto questo, due uomini gay, uno sieropositivo e l’altro negativo, si innamorano l’uno dell’altro.

Il loro amore rispecchia gli alti e bassi dell’essere attivista. A volte la loro passione è contagiosa ed energizzante, ma la depressione può renderli fatalisti e lasciarli senza soluzioni. Per una storia d’amore che affronta di petto il più grande problema sociale della comunità LGBTQ, questa è l’unica scelta possibile.

Una donna fantastica (2017)

Pride Month Una donna fantastica (2017)

In questo film premiato con l’Oscar, il regista Sebastian Lelio dipinge un ritratto del dolore che nessun altro avrebbe potuto fare. Una donna fantastica segue Marina, una giovane donna transgender che vive a Santiago del Cile e lavora come cantante e cameriera. Quando il suo fidanzato più anziano muore improvvisamente, si ritrova sola e sottoposta a un intenso scrutinio da parte della famiglia di lui e della società in generale.

Anche se non sembra un film romantico, dato che il fidanzato è morto per la maggior parte della sua durata, Lelio ci mostra come il lutto sia un processo altrettanto importante in una relazione. Con una grafica di grande impatto e un’interpretazione da star di Daniela Vega, questo film vi farà desiderare un uomo che non conoscevate e vi farà arrabbiare perché nessuno può accettare questo amore.

Il colore viola (1985)

Il colore viola (1985)

Il film di Steven Spielberg è stato criticato per le scene di sesso. Tuttavia, anche senza scene o dichiarazioni esplicite, questa è una delle storie d’amore più compassionevoli portate sullo schermo. Il colore viola è un racconto epico che abbraccia quarant’anni di vita di Celie (Whoopi Goldberg), una donna afroamericana che vive nel Sud agli inizi del 1900.

Affronta i maltrattamenti del padre e del marito e viene poi separata dalla sorella. L’unico conforto che trova è Shug, una showgirl e amante del marito. Dopo anni in cui Celie ha vissuto in un costante stato di tensione e angoscia, il fatto di vederla entrare in contatto con qualcuno fa arrossire, anche se si tratta solo di un bacio sulla guancia!

Domenica, maledetta domenica (1971)

Pride Month Domenica, maledetta domenica (1971)

In uno dei primi film a rappresentare un bacio tra due uomini, Sunday Bloody Sunday ha cambiato ciò che il pubblico poteva vedere. Questo classico diretto da John Schlesinger (Midnight Cowboy) è incentrato su un giovane artista bisessuale dallo spirito libero (Murray Head) e sulle sue relazioni simultanee con una consulente di reclutamento divorziata (Glenda Jackson) e un medico ebreo gay (Peter Finch).

Girato solo quattro anni dopo l’abolizione della legge britannica contro l’omosessualità, Schlesinger rivoluzionò il cinema mostrando un triangolo amoroso doloroso con compassione e autenticità.

Gonne al bivio (1999)

Gonne al bivio (1999)

Sebbene alla sua uscita non abbia ricevuto il plauso della critica, il film si è guadagnato lo status di cult. Questa affascinante commedia segue Megan (Natasha Lyonne), una popolare cheerleader di periferia che viene colta alla sprovvista quando i suoi amici e la sua famiglia organizzano un intervento per la sua omosessualità e successivamente la mandano in un campo di conversione.

Quello che segue è una dolce rivisitazione in chiave camp su un problema molto reale che anche il Pride Month mette in evidenza, condita da una deliziosa storia d’amore tra Megan e la compagna di campo Graham (Clea Duvall). È una delle prime commedie sentimentali adolescenziali che ha fatto capire ai giovani gay che non erano soli e che non dovevano soffrire per il loro amore, e non dovrebbe essere dimenticata!

Pride and Prejudice and Zombies: la collezione Hot Topic ispirata al film

Ecco la nuova collezione d’abbigliamento per donna Hot Topic, ispirato a PPZ – Pride and Prejudice and Zombies, il film in uscita in Italia il prossimo 4 febbraio con protagonista Lily James. La collezione è acquistabile a questo link. Di seguito i modelli:

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GUARDA IL TRAILER DEL FILM

Il film è diretto da Burr Steers e interpretato da Lily James (Cenerentola), Sam Riley (Maleficent), Jack Huston (American Hustle – L’Apparenza Inganna), Bella Heathcote (Dark Shadows), Douglas Booth (Jupiter – Il Destino dell’Universo), Matt Smith (Doctor Who), Charles Dance (Il Trono di Spade) e Lena Headey (Il Trono di Spade).

Tratto dal libro cult scritto da Seth Grahame-Smith, edito in Italia da Nord con il titolo Orgoglio e pregiudizio e zombie, il romanzo ha suscitato subito l’entusiasmo sia dei neofiti sia dei più fanatici ammiratori della Austen, scalando in breve tempo tutte le classifiche di vendita e imponendosi come fenomeno editoriale in oltre venti Paesi.

Il film arriverà nelle sale italiane in anteprima mondiale il 4 Febbraio 2016.  

Una misteriosa epidemia si è abbattuta sull’Inghilterra del XIX secolo e il Paese è invaso dai non morti. Elizabeth Bennet e le sue sorelle sono maestre nelle arti marziali e nell’uso delle armi e sono pronte a tutto per difendere la loro famiglia dalla temibile minaccia. Forte e risoluta, Elizabeth dovrà scegliere se continuare a combattere proteggendo le persone che ama o cedere all’attrazione per l’unico uomo capace di tenerle testa, il tenebroso colonnello Darcy.

Pride and Prejudice and Zombies: data di uscita e poster italiano del film con Lily James

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Uscirà in Italia con il titolo inglese di PPZ Pride and Prejudice and Zombies la versione fantasy di una delle storie d’amore più conosciute al mondo, capace di unire al grande classico scritto da Jane Austen le sfumature tipiche delle migliori storie gotiche.

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Il film è diretto da Burr Steers e interpretato da Lily James (Cenerentola), Sam Riley (Maleficent), Jack Huston (American Hustle – L’Apparenza Inganna), Bella Heathcote (Dark Shadows), Douglas Booth (Jupiter – Il Destino dell’Universo), Matt Smith (Doctor Who), Charles Dance (Il Trono di Spade) e Lena Headey (Il Trono di Spade).

Tratto dal libro cult scritto da Seth Grahame-Smith, edito in Italia da Nord con il titolo Orgoglio e pregiudizio e zombie, il romanzo ha suscitato subito l’entusiasmo sia dei neofiti sia dei più fanatici ammiratori della Austen, scalando in breve tempo tutte le classifiche di vendita e imponendosi come fenomeno editoriale in oltre venti Paesi.

 Il film arriverà nelle sale italiane in anteprima mondiale il 4 Febbraio 2016.  

Il motivo di un successo tanto clamoroso risiede nell’unicità della vicenda narrata, in cui al fascino di una storia d’amore senza tempo, si aggiunge il divertimento di una lotta senza esclusione di colpi contro l’orribile flagello zombie che si è abbattuto sull’Inghilterra del XIX secolo.

Senza tralasciare tematiche care all’universo femminile, di cui la Austen è stata una delle prime e più convinte paladine, questa versione moderna e sensuale di Elizabeth Bennet e delle sue sorelle trasforma le cinque amabili ragazze nelle donne forti e combattive che in fondo sono sempre state.

PPZ – PRIDE AND PREJUDICE AND ZOMBIES è ricco di avventura, di cuori infranti, di argute schermaglie e duelli all’arma bianca, rappresentati con ironia in una versione alternativa, tanto spiazzante quanto affascinante, di una delle pietre miliari della letteratura mondiale.

PPZ – Pride and Prejudice and Zombies è la nuova rivisitazione dell’acclamato capolavoro di Jane Austen.

Una misteriosa epidemia si è abbattuta sull’Inghilterra del XIX secolo e il Paese è invaso dai non morti. Elizabeth Bennet e le sue sorelle sono maestre nelle arti marziali e nell’uso delle armi e sono pronte a tutto per difendere la loro famiglia dalla temibile minaccia. Forte e risoluta, Elizabeth dovrà scegliere se continuare a combattere proteggendo le persone che ama o cedere all’attrazione per l’unico uomo capace di tenerle testa, il tenebroso colonnello Darcy.

 

Prey: trama, cast, ambientazione e tutto quello c’è da sapere sul prequel di Predator

Il franchise di Predator è continuato con almeno un nuovo film ogni dieci anni o giù di lì, ma la maggior parte dei fan sarebbe probabilmente d’accordo sul fatto che il film originale del 1987 con l’austriaco preferito da tutti, Arnold Schwarzenegger, è di gran lunga il capitolo più forte. Predator 2 e Predators erano abbastanza decenti, ma i due film di Alien vs. Predator erano più simili a un fan service a buon mercato che a un vero e proprio film. Senza contare che The Predator del 2018 è stato considerato un po’ un fiasco sia dai fan che dalla critica, con una trama disordinata che ha fatto sembrare il film come se volesse essere un film di supereroi invece che un film d’azione e horror come l’originale. A prescindere dalla loro diversa qualità, sembra giusto dire che nessun film successivo è stato in grado di catturare la suspense e il valore di intrattenimento dell’originale.

“Originale” potrebbe essere la parola chiave che la serie ha bisogno di sentire, e sembra che una boccata d’aria fresca stia finalmente per arrivare nel franchise sotto forma di Prey (la nostra recensione), dal titolo intelligente. Il film in arrivo è un prequel che si svolge molto prima degli eventi del primo film e racconta la storia del primo membro della specie Predator a visitare la Terra. Sebbene il progetto sia stato avvolto dalla segretezza per volontà del regista Dan Trachtenberg, lentamente e inesorabilmente le informazioni sul film si sono fatte strada tra le notizie, quindi ecco tutto quello che c’è da sapere su Prey.

Il primo sguardo al mondo unico di Prey è stato dato nel maggio 2022. Essenzialmente, tutto ciò che il breve teaser di 40 secondi mostra è una giovane donna nativa americana che fugge da una foresta, prima di incontrare un compagno Comanche che le chiede di mettersi al riparo. I due guardano nel bosco vuoto prima che l’iconico reticolo a tre punti appaia su una delle loro teste. In seguito, il trailer mostra un teso confronto tra la protagonista Naru e uno Yautja invisibile. E questo è tutto. Il trailer completo del film è stato rilasciato nel giugno 2022 e contiene molti più dettagli, tra cui uno sguardo al Predator.

Come sono state le prime reazioni a Prey?

Prima dell’uscita del film, Collider ha ospitato una proiezione speciale di Prey al San Diego Comic-Con 2022. E come è stato accolto, vi chiederete? Incredibilmente bene! Il film si è guadagnato una standing ovation durante la proiezione. In seguito, le reazioni online hanno definito il film come uno dei migliori film di Predator.

Di cosa parla Prey e quando è ambientato?

Prey Predator
Foto di David Bukach/ HULU – © 2022 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Prey riprende l’IP di Predator e la trasporta in un periodo temporale completamente nuovo, di fatto trecento anni nel passato, molto prima degli eventi del film originale. Più precisamente, il film si svolge nell’America pre-coloniale e segue una giovane cacciatrice Comanche di nome Naru mentre rintraccia una misteriosa minaccia che mette in pericolo il suo popolo.

Naru non sa che quella minaccia è un essere extraterrestre estremamente intelligente e tecnologicamente avanzato chiamato Yautja, meglio noto alle masse come Predator, che caccia le creature più pericolose della galassia per sport. Il produttore John Davis ha confermato che è la prima volta che questa iconica specie ha fatto del pianeta Terra il suo terreno di caccia personale, circa tre secoli prima che uno di questi Predator si scontrasse con uno sparuto gruppo di soldati in America Centrale.

Chi ha prodotto Prey?

Nonostante una recente disputa tra gli sceneggiatori del film originale di Predator e la nuova casa madre della 20th Century, la Walt Disney, lo studio precedentemente noto come Fox è ancora il gigante della produzione dietro a Prey (e sì, l’idea che Topolino ora possieda Predator non smetterà mai di essere strana).

Come già detto, alla regia siede Dan Trachtenberg, noto soprattutto per il suo lavoro sul thriller 10 Cloverfield Lane, acclamato dalla critica. Il sequel a sorpresa è stato un debutto alla regia che ha fatto conoscere il nome di Trachtenberg come regista da tenere d’occhio. Anche se da allora ha lavorato a importanti progetti televisivi, tra cui Black Mirror e The Boys, Prey sarà il suo primo lungometraggio dopo sei anni. Trachtenberg ha anche dichiarato di essere “molto triste per il fatto che ciò che avevamo in serbo per il modo in cui avreste potuto scoprire questo film non avverrà più” dopo che la trama del film è trapelata. Probabilmente questo allude a una campagna di marketing unica, simile a quella di 10 Cloverfield Lane, e anche se è un peccato che la sorpresa sia stata rovinata, il coinvolgimento del regista è comunque sufficiente per entusiasmarsi.

Oltre alla regia, la squadra del film comprende Patrick Aison come sceneggiatore, già autore di Wayward Pines e Jack Ryan. Il consiglio dei produttori è composto da John Davis (The Predator), Marty P. Ewing (It), John Fox (Game Night), Lawrence Gordon (Predator), Jhane Myers (Monsters of God) e Marc Toberoff (Fantasy Island). L’imponente troupe è completata dal direttore della fotografia Jeff Cutter (10 Cloverfield Lane), dalla montatrice Claudia Costello (Creed) e dalla scenografa Kara Lindstrom (Den of Thieves).

Chi fa parte del cast di Prey?

A guidare il cast nel ruolo principale di Naru è Amber Midthunder, nota soprattutto per il suo lavoro come Kerry Loudermilk in Legion. A lei si aggiungono, in un cast apparentemente ridotto, Dane DiLiegro, Stefany Mathias, Stormee Kipp e Dakota Beavers.

I fan possono notare che la maggior parte del cast è di origine nativa americana, una decisione presa molto probabilmente per rendere il più possibile autentica l’ambientazione e ritrarre accuratamente i personaggi Comanche. La descrizione del trailer attribuisce alla produttrice Jhane Myers la ragione principale dei ruoli appropriati, in quanto lei stessa è un membro della Nazione Comanche. Ovviamente, la rappresentazione della cultura reale non potrà essere verificata fino all’uscita del film, ma per ora tutti i segnali vanno nella giusta direzione e si spera che il film introduca personaggi amati di una comunità che merita di essere maggiormente rappresentata nel mondo del cinema. Tra l’altro, Prey sarà il primo lungometraggio ad essere trasmesso in streaming con i sottotitoli in lingua comanche.

Dove e come vedere i precedenti film di Predator

Anche se Prey è un prequel e probabilmente non richiederà una conoscenza preliminare degli altri film, alcuni potrebbero comunque voler rivedere i precedenti episodi del franchise o scoprirli per la prima volta. Se siete tra queste persone, ecco i modi migliori per vedere i sei film precedenti (sono inclusi i film non canonici di Alien vs. Predator perché, a prescindere da quanto possano essere sciocchi, l’unione delle due icone della fantascienza è troppo grande per essere persa).

  • Predator (1987) – Disponibile in streaming su Disney+
  • Predator 2 (1990) – Disponibile in streaming su Disney+
  • Alien vs. Predator (2004) – Disponibile in streaming su Disney+
  • Alien vs. Predator: Requiem (2007) – Disponibile in streaming su Disney+
  • Predators (2010) – Disponibile in streaming su Disney+
  • The Predator (2018) – Disponibile in streaming su Disney+

Prey: primo trailer dell’annunciato prequel di Predator!

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Prey: primo trailer dell’annunciato prequel di Predator!

La piattaforma Hulu e 20th Century Studios hanno rilasciato il trailer ufficiale di Prey di Dan Trachtenberg, l’annunciato prequel in arrivo ambientato 300 anni prima degli eventi del film cult Predator con Arnold Schwarzenegger. Amber Midthunder (LegionThe Ice Road) è il protagonista del cast, composto quasi interamente da talenti Native First Nation. Il cast di supporto vede il debutto dell’esordiente Dakota Beavers, Stormee Kipp ( Sooyii ), Michelle Thrush (The Journey Home) e Julian Black Antelope (Tribal), con Dane DiLiegroAmerican Horror Stories ) che interpreta Predator.

Prey, l’action-thriller targato 20th Century Studios e diretto da Dan Trachtenberg (The Boys, 10 Cloverfield Lane). Il nuovo capitolo del franchise di Predator debutterà il 5 agosto 2022 in esclusiva sulle piattaforme direct-to-consumer di Disney: come Hulu Original negli Stati Uniti, come Star+ Original in America Latina e come Disney+ Original sotto il brand Star in tutti gli altri territori.

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Prey è diretto da Dan Trachtenberg, scritto da Patrick Aison (Jack Ryan, Treadstone) e prodotto da John Davis (Jungle Cruise, The Predator), Jhane Myers (Monsters of God) e Marty Ewing (It – Capitolo due), con Lawrence Gordon (Watchmen), Ben Rosenblatt (Snowpiercer), James E. Thomas, John C. Thomas e Marc Toberoff (Fantasy Island) come produttori esecutivi.

I filmmaker si sono impegnati a creare un film che fornisse un ritratto accurato dei Comanche e garantisse un livello di autenticità che fosse fedele alle popolazioni indigene. Per questo, il film si avvale di una produttrice (Myers) nativa Comanche e di un cast composto quasi interamente da attori nativi e della Prima Nazione, tra cui Amber Midthunder (The Ice Road, Roswell, New Mexico), l’esordiente Dakota Beavers, Stormee Kipp (Sooyii), Michelle Thrush (The Journey Home) e Julian Black Antelope (Tribal). Il film è interpretato anche da Dane DiLiegro (American Horror Stories) nei panni di Predator.

Prey, la trama ufficiale

Ambientato 300 anni fa nella Nazione Comanche, Prey è la storia di una giovane donna di nome Naru, guerriera feroce ed estremamente abile. Cresciuta all’ombra di alcuni dei più leggendari cacciatori che si aggirano per le Grandi Pianure, Naru intende proteggere la sua gente quando un pericolo minaccia il suo accampamento. La preda che insegue, e che infine affronta, si rivela essere un predatore alieno altamente evoluto con un arsenale tecnologicamente avanzato: ne nasce una feroce e terrificante resa dei conti tra i due avversari.

Prey: l’incontro con Dan Trachtenberg, regista del prequel di Predator

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È passato un po’ di tempo da quando è uscito il suo primo film, 10 Cloverfield Lane, e ora Dan Trachtenberg è pronto a tornare con un progetto davvero insolito ed interessante, che si colloca in uno dei franchise più amati al mondo, che abbiamo ereditato dai prolifici anni ’80: Prey è infatti il presule di Predator, e vede il temibile cacciatore diventare la preda di una dotata guerriera Comanche, 300 anni fa.

In occasione della conferenza stampa del film, Dan Trachtenberg ha spiegato come mai proprio adesso è tornato alla regia e come mai proprio con Prey. Come spesso accade a Hollywood, quando alcuni progetti hanno un tempo di gestazione estremamente lungo, Prey rientra proprio in quel gruppo di progetti. L’idea era arrivata poco dopo l’uscita di 10 Cloverfield Lane nel 2016 e dopo un anno aveva cominciato a sviluppare il film. Tuttavia tutto si è concretizzato all’inizio del 2020, e in quel momento tutto il mondo si è fermato.

Un sacco di elementi hanno contribuito al ritardo del film – ha spiegato il regista – ma l’idea alla base è stata quella di realizzare un film che fosse guidato dall’azione. Volevamo che il film fosse emozionante e che avesse un grande cuore, e questo è stato possibile perché abbiamo reso una ragazza che non viene presa in considerazione, non considerata una minaccia, un’emarginata e abbiamo inserito questo personaggio all’interno di uno scenario puramente action. È diventato un film in cui l’eroe è proprio quello che non ti aspetti.”

Ma la scelta di immergersi nel mondo di Predator con questo prequel è nata, per Trachtenberg, da un’esperienza personale. A quanto pare, da piccolo i suoi genitori gli proibivano di guardare film violenti e lui non era riuscito a vedere il primo Predator, a differenza dei suoi compagni di classe, che gli raccontarono per filo e per segno la storia. Al piccolo Dan rimase impressa una scena particolare di quel racconto: uno scout nativo americano che combatteva contro il Predator sotto la pioggia. “Quando poi ho visto il film – ha spiegato Trachtenberg – quella scena non c’era! E così ho sentito il desiderio di girarla io. Il film è il risultato di un sacco di elementi e di influenze.”

Il film si concentra intorno al personaggio di Naru, una giovane Comanche che sogna di diventare cacciatrice, ma essendo donna viene destinata ad altre mansioni. Questo non le impedisce di allenarsi con ascia e arco e frecce, capacità che le torneranno molto utili nella sua avventura. A interpretarla Amber Midthunder, che dopo molti ruoli secondari al cinema e in tv, qui è la protagonista assoluta. “La mia prima audizione per il film l’ho fatta prima della pandemia, poi il progetto è come sparito. Quando mi hanno richiamata, non avevo capito subito cosa fosse. Mi hanno detto che avrei dovuto rifare l’audizione e mi è venuto da piangere, ero nervosissima perché sapevo che era un film ambientato in un franchise così importante.” Nonostante la tensione, Midthunder ha gestito benissimo il suo personaggio e soprattutto le scene d’azione, di cui il film è pieno e che ha comportato un allenamento intensivo in un campo dedicato.

Al suo fianco, nei panni del fratello Taabe, c’è l’esordiente Dakota Beavers, che non immaginava di finire a fare l’attore, ma che si è rivelato la scelta giusta per questo guerriero e cacciatore che deve riconoscere la superiorità della sorella, almeno dal punto di vista della tattica. “Era la mia prima volta ma tutti sono stati molto gentili con me, e molto pazienti. Ho imparato un mucchio di cose per questo film e credo che tra tutte, la stil che userò di più sarà andare a cavallo. Prima di ottenere questo ruolo, avevo visto solo il primo film della saga, e poi ho visto tutti gli altri. Ho capito subito che non si scherzava e che avevo molte cose da fare.”

Dal punto di vista della produzione, l’apporto di Jhane Myers è stato fondamentale. La produttrice Comanche è famosa a Hollywood per la sua dedizione e ila sua cura nei dettagli della rappresentazione della sua cultura, e in Prey non poteva esserci persona migliore per fare sì che i Comanche di 300 anni fa, protagonisti della storia, fossero rappresentati con il giusto grado di verità, sia dal punto di vista estetico, degli usi e dei costumi, che dal punto di vista linguistico. “Il film è ambientato in un periodo di cui non abbiamo molte foto e quindi pochissimi riferimenti, ma ci siamo affidati all’arte figurativa dell’epoca e soprattutto siamo riusciti ad avere un margine creativo.” E il risultato è rimarchevole.

Prey arriva il 5 agosto su Disney+ nel catalogo Star.

Prey: ecco come il film si connette con Predator

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Prey: ecco come il film si connette con Predator

Il regista di Prey, Dan Trachtenberg, spiega come il nuovo film si collega ai precedenti film del franchise. Sulla carta questo progetto è il prequel del film del 1987.

Forse i fan rimarranno colpiti quando The Predator (o un altro membro della specie del personaggio) affronterà un nuovo avversario umano (che non è Arnold Schwarzenegger) nel prossimo film di Hulu Prey, che vede un cacciatore di alieni atterrare nell’America precoloniale per incontrare un gruppo di Comanche guerrieri tra cui la combattente donna Naru (Amber Midthunder).

Prey dà davvero una nuova svolta alla serie tornando indietro nel tempo per immaginare un membro della specie di The Predator che incontra gli umani in un ambiente relativamente primitivo. Questa sembra una premessa abbastanza semplice, ma in realtà ci sono alcune idee sbagliate agli occhi del pubblico su ciò che Prey sta effettivamente cercando di realizzare, almeno secondo l’opinione del regista del film Dan Trachtenberg. Parlando con SFX Magazine, Trachtenberg ha parlato di questi malintesi e ha chiarito come il film si collega effettivamente al resto della serie Predator:

“Voglio dirlo in modo specifico, perché penso che ci sia stata una certa confusione su quello che le persone hanno capito di Prey: nella mia mente, questo non è un film prequel, non è ‘Raccontiamo l’origine del Predator’. Questo è semplicemente qualcosa di ambientato prima del film originale di Predator. Questo film racconta la prima volta che un essere della razza dei Predator arriva sulla Terra.”

Prey, la trama ufficiale

Ambientato 300 anni fa nella Nazione Comanche, Prey è la storia di una giovane donna di nome Naru, guerriera feroce ed estremamente abile. Cresciuta all’ombra di alcuni dei più leggendari cacciatori che si aggirano per le Grandi Pianure, Naru intende proteggere la sua gente quando un pericolo minaccia il suo accampamento. La preda che insegue, e che infine affronta, si rivela essere un predatore alieno altamente evoluto con un arsenale tecnologicamente avanzato: ne nasce una feroce e terrificante resa dei conti tra i due avversari.

Prey è diretto da Dan Trachtenberg, scritto da Patrick Aison (Jack Ryan, Treadstone) e prodotto da John Davis (Jungle Cruise, The Predator), Jhane Myers (Monsters of God) e Marty Ewing (It – Capitolo due), con Lawrence Gordon (Watchmen), Ben Rosenblatt (Snowpiercer), James E. Thomas, John C. Thomas e Marc Toberoff (Fantasy Island) come produttori esecutivi.

Prey: 9 modi in cui riprende i film Predator della vecchia scuola

Il franchise di Predator è finalmente ritornato al successo con Prey. Dopo due sequel deludenti e la deludente performance di Alien VS Predator – Requiem, erano quasi 20 anni che il Predator non compariva in un film che piacesse davvero (e questo se consideriamo il primo AVP come un successo… altrimenti, sono più di 30 anni che non si vede un film di Predator che funzioni).

Ma la critica e il pubblico sono d’accordo nell’elogiare Prey. I precedenti film non sapevano neppure cosa fossero: sapevano soltanto di non essere horror, nonostante l’originale Predator avesse tonnellate di elementi horror. Da lì, sono rimasti bloccati in uno strano loop di tentativi di essere un sequel sospeso tra fantascienza, azione e blockbuster estivo. C’erano tante idee sulla carta, ma nessuna funzionava davvero: quello di cui avevano bisogno era un richiamo all’originale e Prey ha intercettato subito la sfida.

Ha creato la sua storia

Prey funziona dove i sequel hanno fallito: rappresenta una storia e un film a sé stanti. Anche se tecnicamente è un “prequel”, gli eventi si svolgono letteralmente centinaia di anni prima dell’originale, quindi non si ricollega in alcun modo alla storia… e questo elemento è perfetto.

I sequel si sono impantanati nel tentativo di “spiegare” il franchise, aggiungere lore e “espandere l’universo cinematografico”. Quello che non hanno fatto, però, è stato raccontare una buona storia. Prey è invece incentrato su una ragazza solitaria determinata a proteggere la sua tribù e a dimostrare di poter essere una cacciatrice: una storia tutta sua, che ha dato vita a un film convincente.

Mescola horror e suspense con l’action

Uno degli aspetti che hanno reso il Predator originale così unico è che nessuno è riuscito a descriverne il genere. I fan dell’azione lo rivendicano come proprio… ma anche i fan dell’horror. Il film fondeva perfettamente i due generi, creando un’esperienza unica, coinvolgente, spaventosa e adeguatamente ricca di azione.

Gli altri film più recenti di Predator si appoggiavano pesantemente al genere action/sci-fi e in qualche modo riuscivano a non far sembrare il Predator affatto spaventoso (anche la pessima CGI non aiutava). Prey reintroduce gli elementi stealth del primo film, creando un thriller avvincente.

Bloccati nella natura selvaggia

Prey recensionePrey ha contribuito a ripristinare la suspense tipica del primo film ambientando la sua narrazione nella natura selvaggia. In origine, il Predator stava inseguendo un’operazione militare nelle giungle dell’America Centrale, mentre in Prey è a caccia nelle pianure del Nord nel 1700, prima della colonizzazione europea.

Pur essendo diverse, entrambe le ambientazioni sono simili: grandi spazi selvaggi e incontaminati enfatizzano la sensazione di essere soli senza nessuno che possa aiutare e un’ampia quantità di nascondigli in cui il Predator potrebbe nascondersi.

La creazione dell’eroina

Un’altra modifica apportata dai nuovi film alla formula originale è stata l’aggiunta di un vasto nucleo di guerrieri che tenta di uccidere il Predator. Nel film del 2018, ad esempio, si trattava dell’intero esercito e di un team di scienziati. L’aggiunta di un cast così numeroso, di armi tecnologiche, di veicoli corazzati, di creature ibride… ha solo smorzato l’essenza di Predator e ha reso difficile per il pubblico entrare in contatto con qualsiasi personaggio, perché ce n’erano semplicemente troppi.

In Prey, Amber Midthunder si cala in modo massiccio nella parte di Arnold Schwarzenegger, dando finalmente al franchise un altro eroe – in questo caso, per la prima volta, un’eroina – per cui tifare.

Un’eroina a cui ci affezioniamo

Oltre a essere l’eroe principale, Naru (Amber Midthunder) è un personaggio a tutto tondo a cui il pubblico tiene davvero. Nell’originale, il viaggio per la sopravvivenza ha fatto sì che il pubblico facesse il tifo per Schwarzenegger e volesse davvero vederlo vincere.

In Prey, proviamo lo stesso coinvolgimento emotivo nei confronti di Naru, che parte per dare la caccia alla misteriosa creatura che nessuno crede esista. Si trova in una situazione che nessun essere umano potrebbe mai pianificare ed è costretta a lottare per la sopravvivenza. Per la prima volta dopo decenni, la serie di Predator ha finalmente avuto un’attrice protagonista con cui il pubblico ha legato e per cui ha fatto il tifo.

“Se sanguina…possiamo ucciderlo”

Uno dei richiami più diretti al film originale è la famosa battuta “Se sanguina… possiamo ucciderlo“. I fan ricorderanno probabilmente che queste sono le stesse parole pronunciate da Schwarzenegger nel film originale del 1987.

Questo non solo è un grandissimo Easter Egg per i fan, ma è anche un chiaro messaggio: Naru è la vostra nuova eroina action. Questa frase crea l’atmosfera giusta per il film, quasi come se i registi volessero far capire agli spettatori che Prey è il vero successore spirituale del primo film.

Un solo Predator

Una delle mosse più intelligenti di Prey è stata quella di tornare a un solo Predator. Nei sequel, sembravano spuntare sempre più Predator ovunque, così come creature ibride. Tutto è diventato molto contorto e sono successe troppe cose raccontate da prospettive differenti, senza che riuscissero effettivamente ad avere rilevanza nella trama.

Prey si è accorto del fallimento dei sequel ed è tornato alla formula originale, rendendosi conto che un solo Predator crea molto più terrore, trasformandolo in una minaccia terrificante quasi simile a Michael Myers o Jason Voorhees. Questa semplice decisione ha contribuito a dare un tono all’intero film.

La trappola

Come sappiamo, Schwarzenegger organizza delle trappole elaborate per il Predator. In Prey, il finale è molto simile: Naru capisce che può ingannare il Predator facendolo impantanare nelle sabbie mobili.

Questo è stato un altro momento in Prey in cui i registi hanno chiaramente fatto un cenno al primo film, dando allo stesso tempo ancora più carattere a Naru. Il momento culminante mostra allo spettatore che Naru è diventata davvero la cacciatrice che voleva essere e che il predatore è ora diventato la preda.

Il visore termico

Nel primo film, Schwarzenegger si rende conto che il Predator non può vederlo quando è coperto di fango. In Prey, Naru scopre la stessa cosa grazie a una pianta medicinale che la sua tribù usa per rallentare il flusso sanguigno. Sebbene questo espediente sia stato accennato nei sequel, fino a Prey non è mai stato un punto fermo della trama.

È anche uno strumento importante, poiché il Predator è praticamente inarrestabile e il suo visore termico è una delle debolezze che gli umani possono usare a loro vantaggio.

Prey, la spiegazione del finale: Naru riesce a sconfiggere il Predator?

Il film del 2022 Prey porta la saga di Predator indietro nel tempo, contrapponendo uno dei più grandi cacciatori della galassia ai guerrieri Comanche del 1700. Nuovo periodo, ma stesso letale Predator, dunque, per un film che si configura come una vera e propria origin story della saga. Diretto da Dan Trachtenberg, Prey (qui la nostra recensione) racconta infatti la storia della prima caccia della specie Predator sulla Terra.

Durante un’intervista, Trachtenberg ha spiegato che il suo obiettivo per il film era quello di tornare alle radici del franchise: “l’ingegnosità di un essere umano che non si arrende, che è in grado di osservare e interpretare, in fondo è in grado di battere una forza più forte, più potente, ben armata“. Storicamente accurato e ricco di momenti di grande intrattenimento, il film è poi stato un vero e proprio successo ed è da molti definito il capitolo più avvincente della saga.

Per i fan dei precedenti capitoli, si tratta dunque di un ritorno alle origini che, date le sue particolarità, non mancherà di entusiasmare. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a Prey. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori, alla spiegazione del finale e a ciò che sappiamo riguardo un sequel. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Prey film Amber Midthunder
Foto di David Bukach/ HULU – © 2022 20th Century Studios. All Rights Reserved.

La trama e il cast di Prey

Ambientato nel 1719 nelle Grandi Pianure, il film ha per protagonista la giovane Naru, guerriera feroce ed estremamente abile della tribù dei Comanche. Cresciuta all’ombra di alcuni dei più leggendari cacciatori del suo popo, Naru intende dimostrare di poter proteggere la sua gente quando un pericolo minaccia il suo accampamento. La preda che insegue, e che infine affronta, si rivela però essere un predatore alieno altamente evoluto con un arsenale tecnologicamente avanzato Ne seguirà una feroce e terrificante resa dei conti tra i due avversari.

Ad interpretare Naru, la giovane guerriera Comanche, vi è l’attrice Amber Midthunder. Dakota Beavers ricopre invece il ruolo di Taabe, fratello di Naru. Michelle Thrush è invece Aruka, la loro madre, mentre Julian Black Antelope ricopre il ruolo di Capo Kehetu. Bennett Taylor, invece, è Raphael Adolini, un traduttore italiano assunto dai francesi. Infine, l’ex giocatore di pallacanestro Dane DiLiegro interpreta il selvaggio Predator, che brandisce versioni primitive delle armi avanzate usate dai Predator nei precedenti film.

La spiegazione del finale

Il combattimento finale di Prey inizia con Naru e suo fratello Taabe che affrontano entrambi il Predator. Taabe, tuttavia, viene poi ucciso dall’alieno mentre Naru fugge e riesce poi ad ingerire il particolare fiore che permette di nascondere il calore corporeo, che è ciò a cui il Predator fa riferimento per individuare le sue prede. A quel punto, Naru usa la pistola avancarica a pietra focaia per tendere un’imboscata al Predator, riuscendo a fargli cadere la sua maschera di puntamento laser che lei ruba prima di fuggire nel bosco.

Naru attira poi il Predator in una palude piena di fango prima di usare la maschera del cacciatore alieno contro la creatura stessa. A quel punto, il Predator muore per le ferite riportate e la ragazza  può tagliargli la testa e dipingersi il viso con il suo sangue verde brillante. Ha finalmente completato quella che riteneva la prova con cui dimostrare il suo valore di guerriera. Può così tornare dalla sua tribù, sfoggiando come premio la testa del Predator.

Prey film finale scene post credits
Foto di David Bukach/ HULU – © 2022 20th Century Studios. All Rights Reserved.

La scena post-credits anticipa un sequel di Prey?

Durante l’inizio dei titoli di coda, gli eventi del film vengono riassunti in una serie di pitture rupestri che si concludono con la rappresentazione di tre vascelli Predator che scendono verso la tribù. Non è chiaro se si tratta di un qualcosa che deve ancora avvenire o che è già avvenuto e di cui è stata riportata testimonianza tramite la pittura. Di certo, tale dettaglio apre ad un sequel e nell’ottobre 2023, Trachtenberg ha confermato l’interesse dello studio a continuare il franchise e che un sequel è attualmente in fase di sviluppo.

Ci sono easter eggs sulla saga di Predator?

Pur essendo ambientato in un tempo diverso e sembrando del tutto scollegato rispetto agli altri capitoli della saga (salvo la presenza degli alieni del titolo), in Prey sono presenti due grandi riferimenti ai precedenti film di Predator. Il primo è un riferimento a una delle famose battute di Arnold Schwarzenegger del primo film, quando la stessa battuta viene pronunciata da Taabe: “Se sanguina, possiamo ucciderlo“.

L’altro grande riferimento è invece a Predator 2. Si tratta della pistola avancarica a pietra focaia del 1715 in possesso di Naru che riporta la stessa iscrizione presente sull’arma che Danny Glover riceve dai Predator come segno di rispetto per la sua vittoria in quel film. Questo significa che a un certo punto i Predator devono essere tornati sulla Terra e hanno preso quella pistola, quindi… un divertente easter egg? Certo. Brutte notizie per Naru e la sua tribù? Decisamente.

Il trailer di Prey e dove vederlo in streaming e in TV

È possibile fruire di Prey grazie alla sua presenza su una delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Disney+. Per vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 12 giugno alle ore 21:20 sul canale Rai 4.

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Prey, la recensione del “prequel” di Predator

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Prey, la recensione del “prequel” di Predator

Prey è l’ennesimo episodio nato dal franchise di Predator, film culto del 1987 in cui Arnold Schwarzenegger si scontrava con il temibile cacciatore alieno divenuto icona del cinema di genere. Il suo verso, il suo laser di puntamento rosso, il suo “sorriso” ruggente hanno contribuito a scrivere la storia del cinema e adesso, grazie a Dan Trachtenberg (10 Cloverfield Lane), trovano un nuovo spazio e un nuovo modo di raccontarsi, riuscendo, a sorpresa, ad approfondire il franchise. 

Prey, la trama

È il 1719 in terra Comanche, una giovane donna (Amber Midthunder) della tribù desidera essere messa alla prova come cacciatrice, rifuggendo a tutti i costi da quello che dovrebbe essere il suo ruolo di donna all’interno della tribù. L’arrivo, nelle terre del suo popolo, di una bestia sconosciuta, la mette inavvertitamente in condizione di assumere finalmente quel ruolo di cacciatrice a cui tanto ambisce, ma non ha idea di qual è la bestia che sarà la sua preda…

Il capovolgimento della prospettiva

La passione di Dan Trachtenberg per il personaggio e per il franchise trasuda da ogni scelta messa in campo per Prey. Innanzitutto, dopo 35 anni, un semplice cambio di prospettiva e di titolo riesce a dare un quadro completamente nuovo delle dinamiche tra protagonisti in carne e ossa e creatura aliena: siamo di fronte a una giovane cacciatrice Comanche che si fronteggia con una preda, l’iconico alieno che è sempre stato considerato IL predatore per eccellenza. Un cambio di prospettiva, il predatore che diventa preda e che in nessun momento, nella percezione della protagonista, viene considerato imbattibile. “Se può sanguinare, può essere ucciso”. 

Il riposizionamento storico di Prey

Al capovolgimento della dinamica tra preda e predatore, Trachtenberg aggiunge un riposizionamento storico del mito di Predator, ambientando il film in un contesto, storico e geografico, tribale, che consente anche di affacciarsi nella cultura dei nativi americani, grazie principalmente al contributo alla produzione di Jhane Myers, da sempre impegnata nella diffusione e nella rappresentazione storica accurata della cultura e della lingua Comanche. Certo, Prey è girato in inglese per ragioni commerciali, ma presenta un cast interamente composto da attori di origini nativo americane e si ritaglia sporadicamente lo spazio per alcuni dialoghi in lingua Comanche. Uno spaccato all’interno di una cultura quasi perduta che conferisce al film un valore ulteriore.

Il linguaggio e l’azione, prima di tutto

Certo, non sono molte le occasioni in cui i nostri personaggi hanno la possibilità di parlare, soprattutto perché Prey è principalmente un film d’azione, che mette in scena una battuta di caccia particolarmente dura e cruda e che fa leva su un elemento nuovo, rispetto al franchise, ovvero l’intelligenza della cacciatrice che riuscirà a sopravvivere proprio grazie ad essa, più che alla forza bruta che invece sembra caratterizzare il modus operandi degli altri personaggi umani della storia. L’azione è l’unico drive della storia che sa dosare momenti di sosta a momenti concitati, emozioni forti e momenti di calma, il tutto in uno scenario naturale selvaggio e primordiale, spesso ostile e sempre realistico.

Lo svelamento della creatura

Impeccabile è anche tutto ciò che riguarda la scelta di messa in scena della creatura aliena, del predatore che diventa preda. Il linguaggio è molto simile a quello che Spielberg ha canonizzato ne Lo Squalo. Il terrore, la minaccia si fa sentire prima di fasti vedere, e Trachtenberg riesce a dosare con grande sapienza lo svelamento vero e proprio dell’alieno, sfruttando benissimo la nota tecnica di invisibilità/mimetizzazione di cui sono dotati i Predator. 

Prey si basa su un assunto esilissimo e lo sfrutta a pieno, rivelandosi forse il migliori film del franchise dopo l’originale e espandendo la narrativa di Predator più che raccontarne le origini, che rimangono affascinanti e misteriose.

Prey – La grande caccia: dalle location al finale, tutte le curiosità sul film

Un filone di film particolarmente apprezzato è quello noto come “men vs. nature”, di cui uno dei massimi capolavori è proprio Lo squalo di Steven Spielberg. Da questo titolo ad oggi sono stati realizzati innumerevoli film di questa tipologia, ogni volta con animali diversi pronti a mettere a dura prova l’esistenza umana. Titoli come Crawl – Intrappolati (2019), Rogue – Missione ad alto rischio (2020), Endangered Species – Caccia mortale (2021) o il recente Beast (2022) sono solo alcuni esempi a riguardo. A questi si può aggiungere anche il film del 2024 Prey – La grande caccia.

Inizialmente intitolato Kalahari ma noto a livello internazionale come Prey, questo non va confuso con Prey – La caccia è aperta (2007) e Prey – La preda (2016), anch’essi basati sullo scontro tra umani e leoni, né con Prey (2022), il prequel della saga di Predators. Rispetto a questi titoli, Prey – La grande caccia affronta – seppur solo marginalmente – il tema del bracconaggio. Perfettamente calato nelle dinamiche del cinema di genere, il film pone infatti i riflettori su questa piaga che affligge la fauna africana.

Configurandosi come un tesissimo thriller che unisce l’azione avventurosa con i classici principi del beast movie di sopravvivenza, anche questo film ha dunque diversi elementi d’interesse da offrire. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a Prey – La grande caccia. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Prey - La grande caccia location

La trama di Prey – La grande caccia

Una giovane coppia, Andrew e Sue, è costretta a lasciare la propria stazione missionaria cristiana nel deserto del Kalahari dopo essere stata minacciata di morte da una banda di militanti estremisti. I due salgono dunque su piccolo aereo, pilotato da un tale di nome Grun, per recarsi fuori dalla regione. Durante il volo, però, si verificano forti turbolenze, che portano il mezzo a schiantarsi. Insieme ai sopravvissuti, Grun deduce che l’aereo si è schiantato nella riserva di Ngala, dove vivono e cacciano grandi animali come leoni e ghepardi. Proprio questi feroci felini si riveleranno essere il peggior pericolo per il gruppo.

Il cast del film e le location dove si sono svolte le riprese

Ad interpretare Andrew vi è l’attore Ryan Philippe, noto per aver recitato nei film So cosa hai fatto, Crash – Contatto fisico e Flags of Our Fathers. Nel ruolo di Sue, invece, vi è l’attrice Mena Suvari, ricordata in particolare per il suo ruolo nei film American Beauty e American Pie. Ad interpretare il pilota Grun, invece, vi è l’attore Emile Hirsch, celebre per i film Rush e Bastardi senza gloria. Completano poi il cast Dylan Flashner nel ruolo di Tyler, Tristan Thompson in quello di Max e Jeremy Tardy in quello di Thabo.

Le riprese di Prey – La grande caccia si sono svolte nel parco naturale Vasquez Rocks, situato nella Sierra Pelona, nel nord della Contea di Los Angeles, in California. È noto per le sue formazioni rocciose, risultato della stratificazione sedimentaria e del successivo sollevamento sismico. Si trova vicino alla città di Agua Dulce, tra le città di Santa Clarita e Palmdale. Si tratta di un’area frequentemente utilizzata come set per film e serie, in quanto presenta ambienti naturali di vario genere.

Prey - La grande caccia Emile Hirsch Ryan Philippe

Il finale del film: ecco come si conclude Prey – La grande caccia

Nel finale del film, dopo che alcuni degli altri sopravvissuti sono morti per varie cause – tra cui Sue – Andrew e Thabo si imbattono in un veicolo che si avvicina alla loro direzione. Questo trasporta però un piccolo gruppo di Zulu armati che interrogano i sopravvissuti riguardo i corni di rinoceronte di contrabbando posseduti da Grun e li accusano di averli “rubati”. Thabo tenta di far ragionare gli Zulu, ma viene ucciso da loro. Il capo del gruppo va poi a prendere un camion, lasciando Andrew e Grun con due dei suoi uomini.

Gli Zulu si addormentano mentre sorvegliano i due prigionieri e Grun decide a quel punto di provare a disarmarli. Si svegliano e si azzuffano con le armi, che sparano e uccidono inavvertitamente entrambi gli Zulu. I due fuggono a quel punto verso una formazione rocciosa che offre un riparo temporaneo dai leoni in avvicinamento. Tuttavia, il vento avverte comunque i leoni della loro presenza, dando vita all’attacco. Grun, a quel punto, si sacrifica per salvare Andrew, troppo debole per muoversi.

Rimasto solo, egli vaga finché non crolla per la stanchezza. Sente le iene in lontananza che si avvicinano e afferra un grosso ramo nel tentativo di difendersi, sapendo però di essere spacciato. Proprio mentre le iene attaccano, un fulmine le spaventa e inizia a piovere. A quel punto, Andrew crolla di nuovo quando immagina che sua moglie stia venendo a prenderlo. Viene poi raccolto da una coppia di abitanti del villaggio e portato finalmente in salvo.

Il trailer di Prey – La grande caccia e dove vedere il film in streaming e in TV

Sfortunatamente il film non è presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive in Italia. È però presente nel palinsesto televisivo di venerdì 12 luglio alle ore 21:20 sul canale Italia 1. Di conseguenza, per un limitato periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Mediaset Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma, completamente gratuita, per trovare il film e far partire la visione.

Prey 2: un sequel del prequel di Predator è in sviluppo?

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Prey 2: un sequel del prequel di Predator è in sviluppo?

Il prequel Predator di Dan Trachtenberg, nominato agli Emmy, Prey, è arrivato su Hulu (in Italia su Disney+) lo scorso anno e non ha impiegato molto tempo a diventare il titolo più visto sul servizio di streaming HULU fino ad oggi, compresi tutti i debutti di film e serie TV. Il film è stato anche un grande successo di critica, con un impressionante 94% su Rotten Tomatoes. La decisione di Disney/20th Century Studios di far debuttare il film in streaming invece che nelle sale è stata ampiamente criticata, ma è giusto dire che la mossa ha dato i suoi frutti, e ora abbiamo appreso che Prey 2, un sequel è in sviluppo per Hulu.

Non c’è stato alcun annuncio ufficiale, ma World of Reel ha attirato l’attenzione su un elenco di Production Weekly che afferma che Prey 2 è effettivamente in lavorazione. Il primo film si concludeva con la protagonista Naru (Amber Midthunder) che sconfiggeva il quasi inarrestabile cacciatore di alieni (con l’aiuto del suo amico) e tornava alla sua tribù.Tuttavia, l’artwork dei titoli di coda sembrava suggerire che altri Predator sarebbero presto arrivati ​​per vendicare il loro compagno caduto. Ci sono state molte speculazioni sul fatto che un altro film di Prey potrebbe spostare l’azione su una sequenza temporale diversa, ma abbandonare Midthunder come protagonista sarebbe davvero una buona idea dopo che la star di Legion ha dato al franchise uno dei suoi migliori protagonisti? Che dire non resta che aspettare ulteriori sviluppi e magari un annuncio ufficiale su un sequel di Prey. Nell’attesa date un’occhiata a una clip da una delle featurette che saranno incluse nel Blu-ray.

Previsioni sui vincitori della 91° edizione degli Academy Awards

Previsioni sui vincitori della 91° edizione degli Academy Awards

Domenica sera, nella notte tra domenica e lunedì da noi in Italia, verranno assegnati gli Academy Awards. Sarà l’edizione numero 91 e arriva preceduta da critiche e polemiche. Tuttavia il succo non cambia, la serata vedrà vincere dei film e dei lavoratori del settore che rappresentano l’eccellenza del cinema di quest’anno e che in qualche modo sono anche lo specchio della società americana (e mondiale) contemporanea.

Di seguito, ecco le nostre previsioni sui vincitori degli Oscar 2019.

MIGLIOR FILM

Quella di quest’anno è sicuramente una gara molto aperta. Green Book ha vinto il Golden Globe (commedia o musical) e il premio per la gilda dei produttori (PGA), mentre Roma ha vinto i premi della gilda dei registi (DGA) e della British Academy (BAFTA), quindi sembra una battaglia tra i due. Potrebbe arrivare al voto preferenziale, usato solo in questa categoria, e qualunque sia il fattore X che rappresenta l’appartenenza in continua evoluzione dell’Academy. La pedina impazzita potrebbe essere però Bohemian Rhapsody, forte del successo di pubblico e della performance di Rami Malek che sicuramente verrà premiata. Tuttavia sembra che Green Book resti il favorito.

REGIA

Le candidature di quest’anno sono davvero notevoli, anche se, con buona pace del maestro Spike Lee, che ha ricevuto la sua prima nomination in carriera per BlackkKlansman, il favorito sembra destinato ad essere Alfonso Cuaron. Già vincitore di categoria con Gravity, il regista messicano si appresta a conquistare la doppietta, dopo aver già vinto Golden Globe, Critics ‘Choice, DGA e BAFTA.

MIGLIORE ATTORE PROTAGONISTA

Questa categoria è stata assegnata a un attore protagonista in un film biografico 11 volte negli ultimi 16 anni. Rami Malek, Christian Bale o Viggo Mortensen sarebbero il numero 12 su 17 anni, ma Malek, come Cuarón nella sua categoria, sembra essere il favorito. Il pubblico ha premiato il film, e non dimentichiamo che i membri dell’Academy sono prima di tutto spettatori che guardano i film e vanno al cinema.

MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA

Questo è uno dei premi più incerti: Glenn Close ha reclamato il Golden Globe (dramma), Critics ‘Choice (dramma, anche se in un pareggio con Lady Gaga) e SAG. Anche Olivia Colman ha vinto un Golden Globe (commedia) e un premio Critics ‘Choice (commedia), oltre a un BAFTA. ady Gaga è scivolata indietro nei pronostici. Sarà forse l’anno della Close alla sua settima nomination?

MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA

Come Cuarón e Malek, Mahershala Ali ha dominato il circuito dei premi di settore in questa categoria. Certo, anche Richard E. Grant potrebbe essere una bella scelta, visto il ruolo e soprattutto il fatto che Ali ha già vinto, ma la striscia positiva dell’attore di Green Book fa pensare che l’Academy, come da tradizione, non farà sorprese.

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA

Regina King ha avuto un grande successo su quel circuito, rivendicando più di 25 premi. Ma non è stata nominata dalla SAG o ai BAFTA, dove hanno regnato rispettivamente Emily Blunt (A Quiet Place, qui assente) e Rachel Weisz. Lo scontro potrebbe essere quindi tra King e Weisz, anche se dietro l’angolo ci sarebbe anche Amy Adams, che l’Academy continua a nominare ma mai a premiare.

SCENEGGIATURA NON ORIGINALE

Questo è il luogo in cui gli elettori possono facilmente onorare Lee (insieme ai suoi tre co-sceneggiatori). Ma mentre BlacKkKlansman ha trionfato in categoria per tutta la stagione, i WGA hanno premiato l’ottima sceneggiatura di Copia Originale. Quindi l’Oscar di Lee potrebbe non essere così sicuro come alcuni suppongono.

SCENEGGIATURA ORIGINALE

Questa categoria è un po’ più aperta. Se Green Book è pronto per vincere il miglior film, la sceneggiatura è invece in forse. La Favorita ha vinto il premio BAFTA “in casa” e non ha ottenuto il premio per la gilda degli scrittori, mentre Green Book ha vinto il Golden Globe. Da non dimenticare, Paul Schrader – forse una scelta sentimentale – ha vinto il premio Critics ‘Choice, e con un vero colpo di scena, i WGA ha optato per Eighth Grade, che non è stato nominato all’Oscar.

FOTOGRAFIA

Alfonso Cuarón ha conquistato i BAFTA di categoria, ma Cold War ha vinto per la gilda dei Direttori della Fotografia. Cuaron è stato il primo regista mai nominato all’ASC (o, peraltro, candidato all’Oscar) a “fotografare” il suo film, quindi forse una vittoria sarebbe semplicemente un riconoscimento per lo sforzo, nonostante la fotografia di Roma sia molto valida.

Pretzel e i suoi cuccioli: trailer della seconda stagione

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Pretzel e i suoi cuccioli: trailer della seconda stagione

Apple TV+ ha rilasciato oggi il trailer della seconda stagione di Pretzel e i suoi cuccioli, che tornerà in anteprima mondiale il 24 febbraio. La serie è doppiata da Mark Duplass (“The Morning Show”), vincitore di un Emmy, Nasim Pedrad (“Chad”, “Aladdin”) e dalle new entry Milo Stein, Alex Jayne Go, Max Mitchell, Amari McCoy e Gracen Newton. Pretzel è il bassotto più lungo del mondo, papà giocoso e solidale di cinque vivaci cuccioli. Insieme a sua moglie Greta, incoraggia i loro cuccioli ad alzare le zampe per risolvere i problemi e “far abbaiare” gli amici e i vicini della loro città natale, Muttgomery.

Il dottor Tony Wagner, ricercatore senior presso il Learning Policy Institute e autore del libro “Creating Innovators: The Making of Young People Who Will Change the World”, è l’esperto di gioco, passione e obiettivi nell’ambito dell’iniziativa Changemaker di Apple TV+. La serie Apple Original Pretzel e i suoi cuccioli proviene da HarperCollins Productions (“Carmen Sandiego”, “The Oregon Trail”), parte di HarperCollins Publishers. “Pretzel e i suoi cuccioli” è prodotta dallo showrunner Steve Altiere (“Dinotrux”, “Dragons: Rescue Riders”), Caroline Fraser, Head of HarperCollins Productions, Ricardo Curtis e Wes Lui di House of Cool. Jennifer Contrucci di HarperCollins Productions è co-produttrice esecutiva.

https://youtu.be/nlfCh4oxcwA

Il lungo elenco di film e serie originali per bambini e famiglie su Apple TV+ include anche il film acclamato dalla critica “Supersorda”; “La nostra piccola fattoria”; “Anatra e Oca”; “Pigna e Pony”; “Fraggle Rock: ritorno alla grotta”; “Professione spia” di The Jim Henson Company; la serie vincitrice del premio Peabody “Acquasilente”; “Helpster” di Sesame Workshop; “Wolfboy e la fabbrica del tutto” di Joseph Gordon-Levitt, HITRECORD e Bento Box Entertainment; “I tuoi amici Sago Mini”; “Ciao, Jack! Che spettacolo la gentilezza” di Jack McBrayer e Angela C. Santomero; “Snoopy nello spazio”; “Le avventure di Snoopy”; “Mettiamoci in moto, Otis!”. Tra le offerte live-action ci sono “Ambra Chiaro” di Bonnie Hunt, “Un passo alla volta”, “Le ragazze del surf”, “La vita secondo Ella”.

In questa rosa sono inclusi anche gli speciali dei Peanuts e di WildBrain, tra cui “Le piccole cose contano, Charlie Brown”, “Snoopy presenta: la scuola di Lucy”, “A mamma (e papà) con amore”, “Snoopy presenta: Anno nuovo vita nuova, Lucy” e “Noi siamo qui: dritte per vivere sul pianeta Terra”, l’evento televisivo vincitore del Daytime Emmy Award basato sul libro best-seller del New York Times e TIME Best Book of the Year di Oliver Jeffers.

Nell’offerta di film per bambini e famiglie sono compresi il film d’animazione “Luck” di Apple Original Films e Skydance Animation e il film d’animazione “Wolfwalkers – Il popolo dei lupi”, nominato agli Oscar e il cortometraggio d’animazione candidato all’Oscar® “Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo”.

Pretty Woman: sorprendenti retroscena sul film con Richard Gere e Julia Roberts

Pretty Woman è un innegabile classico moderno. Ha lanciato l’allora sconosciuta Julia Roberts verso la superstar ed è diventato un vero e proprio fenomeno, incassando quasi mezzo miliardo di dollari in tutto il mondo. Ma il film ha affrontato una strada difficile, costellata da problemi di casting, cambiamenti di studio e riscritture totali prima di essere finalmente realizzato. Nonostante il suo status di icona, siamo pronti a scommettere che ci sono molte cose che non sapete di “Pretty Woman”.

Il finale originale di Pretty Woman era super oscuro

Pretty Woman è la quintessenza della commedia romantica, ma il finale originale del film era piuttosto intenso.

Nella sceneggiatura originale, l’amico di Vivian, Kit, muore di overdose e Edward e Vivian non finiscono insieme. Edward butta Vivian fuori dalla sua auto, insieme ai soldi che le aveva dato per il weekend. Wow. È piuttosto triste.

Probabilmente il film non avrebbe avuto il successo che ha avuto se fosse stato così. Ma quando la Disney è intervenuta come produttore, sono stati apportati cambiamenti drastici alla sceneggiatura per trasformarla in una favola moderna e piacevole per il pubblico.

Julia Roberts ha fatto due provini

Diverse attrici fecero il provino per il ruolo di Vivian prima che Julia Robert venisse scelta. Tuttavia, quando il film passò di mano e finì alla Disney, i dirigenti erano piuttosto contrari alla presenza della Roberts nel film. Si trattava di un volto abbastanza nuovo, con pochi crediti a suo nome.

pretty woman richard gere finale

All’improvviso la Roberts non ebbe più la parte e fu costretta a fare una seconda audizione. Il ruolo fu offerto a diverse altre attrici, ognuna delle quali non era disponibile per le riprese del film o rifiutava categoricamente la parte. Alla fine, la Roberts è stata scritturata (di nuovo).

Il film era originariamente intitolato “3.000 dollari”.

Quando è entrato in produzione, Pretty Woman era un film molto diverso. Si intitolava “3.000 dollari” e Vivian era una tossicodipendente. La sua relazione con Edward è puramente transazionale e il titolo si riferisce alla somma di denaro che Edward le paga.

Quando il progetto è stato accettato dalla Disney, la Roberts ha dovuto fare un’audizione per il nuovo regista, Garry Marshall, che all’inizio non era interessato al suo ruolo. Quando il film è passato da un dramma cupo a una commedia romantica più leggera, la Roberts è diventata la scelta più ovvia.

Era difficile far ridere la Roberts davanti alla telecamera

L’America si è innamorata della risata della Roberts in Pretty Woman, ma non molti sanno quanto sia stato difficile far ridere davvero l’attrice. Certo, Richard Gere l’ha fatta abbaiare di sorpresa durante la scena del portagioie, ma un incidente precedente si è rivelato ancora più faticoso.

Durante la scena in cui Vivian guarda le repliche di I Love Lucy, la Roberts aveva difficoltà a ridere in modo convincente. Così, Garry Marshall si posizionò appena fuori dallo schermo e solleticò i piedi della Roberts per ottenere i risultati desiderati. È una scena memorabile, ma tanto sconcertante quanto affascinante: Vivian è così deliziata che si potrebbe pensare che non le sia mai stato permesso di avvicinarsi a un televisore, tanto meno a uno che mostra immagini in movimento di una donna che mangia cioccolato da un nastro trasportatore.

Richard Gere ha rifiutato il film più volte

La decisione di ingaggiare Richard Gere non è stata facile. Ma anche quando Marshall capì che Richard Gere era la persona giusta per interpretare Edward, l’attore non la pensava allo stesso modo. Richard Gere rifiutò l’offerta di recitare in Pretty Woman non una ma più volte.

Come ultima risorsa, Marshall portò Julia Roberts a New York per parlare personalmente con Richard Gere e cercare di convincerlo. Julia Roberts scrisse “per favore, dì di sì” su un post-it e lo mostrò a Gere mentre era al telefono con Marshall, e Gere alla fine accettò.

Pretty Woman film Julia Roberts e Richard Gere

Un costume importante è stato comprato per strada

Una delle parti più memorabili di Pretty Woman sono i costumi indossati dai vari personaggi, in particolare da Vivian. Si tratta di un buon mix di stile cool di fine anni ’80 e di smoking e abiti da favola. Uno degli abiti più iconici del film è stato comprato per strada.

La giacca rossa indossata da Vivian quando Edward la vede per la prima volta sull’Hollywood Boulevard è stata notata in modo analogo dai costumisti che stavano guidando in cerca di ispirazione. La giacca era indossata da una persona a caso e loro l’hanno comprata proprio lì per una manciata di soldi.

La Roberts non sapeva guidare

All’epoca delle riprese Julia Roberts aveva 21 anni e non aveva ancora preso la patente. Questo non ha impedito al suo personaggio, Vivian, di salire al volante della Lotus Esprit di Edward e di scorrazzare per Los Angeles. L’eccitazione del suo personaggio era assolutamente genuina.

In effetti, l’entusiasmo della Roberts era così genuino durante queste scene che spesso guidava così veloce che le troupe avevano difficoltà a starle dietro. Non sorprende che la Roberts abbia dichiarato che queste sono state alcune delle sue scene preferite da girare.

La gag del fazzoletto non era programmata

In Pretty Woman c’è una buona dose di improvvisazione e di ad-libbing, compresa la scena in cui Vivian si soffia rumorosamente il naso in un fazzoletto. Nella scena, l’irascibile direttore dell’hotel all’inizio la perseguita per sapere cosa ci fa nel suo albergo, ma quando lei inizia ad agitarsi, lui cede e le porge il suo fazzoletto, che lei sporca prontamente in modo comico.

Questa gag non era prevista dal copione, ma è stata una cosa che la Roberts ha fatto sul momento. Era preoccupata che la gag venisse inserita nel film finito, perché non la riteneva particolarmente divertente, ma alla fine ha portato un po’ di necessaria leggerezza in una scena tesa.

Il bagnoschiuma ha tolto tutto il colore ai capelli della Roberts

Nel film, Vivian ha i capelli biondi tagliati corti quando Edward la incontra inizialmente, ma in seguito si scopre che indossava una parrucca e che i suoi capelli reali sono lunghi e vivacemente rossi. In realtà, i capelli della Roberts sono scuri e sono stati tinti di rosso per il film. Questo è diventato un problema durante la famosa scena del bagno con le bolle.

Per far sì che la vasca da bagno trabocchi di bolle, è stato necessario riempirla con un’enorme quantità di detersivo. Il detersivo è risultato così forte da togliere il colore ai capelli della Roberts. La troupe ha dovuto fare una sessione di tintura d’emergenza a tarda notte per riportare i capelli al colore rosso che ha il suo personaggio nel film.

L’intera troupe ha fatto uno scherzo alla Roberts durante la scena della  vasca da bagno

Pretty Woman scena vasca da bagno

Durante le riprese della memorabile scena in cui Vivian è immersa in un bagno di schiuma e canta a squarciagola con il suo walkman, la troupe decise di fare un elaborato scherzo a Julia Roberts. Nel film, Vivian si immerge completamente sott’acqua e risale per accettare l’offerta di Edward di rimanere con lui per una settimana.

Durante una ripresa della scena, dopo che la Roberts si è completamente immersa, Richard Gere e l’intera troupe sono usciti dalla stanza mentre lei era sott’acqua. Quando lei tornò a galla, il set era completamente vuoto. Il filmato dello scherzo e la reazione della Roberts sono disponibili su YouTube.

Il cast e la troupe giurarono di non fare mai un sequel di Pretty Woman

Pretty Woman è stato un successo di botteghino e un vero e proprio fenomeno culturale, quindi si presume che un sequel sarebbe stato autorizzato quasi immediatamente. Ovviamente non è stato così, perché 30 anni dopo non c’è nessun Pretty Woman 2 in vista.

Ebbene, a quanto pare, Richard Gere, Julia Roberts e il regista Garry Marshall avevano giurato di non realizzare un sequel a meno che non fossero coinvolti tutti e tre. Considerando che Marshall è recentemente scomparso, sembra piuttosto improbabile che un sequel venga realizzato. Tuttavia, la squadra si è riunita per il film Runaway Bride del 1999.

Uno dei momenti iconici del film è stato improvvisato

Il classico momento in cui Edward regala a Vivian una splendida collana, per poi chiudere scherzosamente il portagioie mentre lei la prende, è uno dei momenti più memorabili di Pretty Woman. Il momento è stato molto presente nel marketing del film ed è stato parodiato all’infinito in programmi come Family Guy.

Tuttavia, Edward che chiude di scatto il portagioie non era previsto dal copione. Avevano fatto alcune riprese in cui Gere presentava semplicemente la collana alla Roberts, ma Marshall pensava che fosse noioso. Così ha preso da parte Gere e gli ha detto di far scattare la scatola quando la Roberts prendeva la collana. La reazione della Roberts nel film è genuina al 100%.

Il film è musicato da Richard Gere

Il film contiene una serie di canzoni memorabili, tra cui la hit di Elvis Costello “O, Pretty Woman” che ha ispirato il titolo del film. Ma anche la star Richard Gere ha contribuito alla colonna sonora, con un brano musicale composto da lui stesso.

La scena in cui vediamo Edward suonare il pianoforte è stata interpretata da Gere. La canzone che sta suonando è un brano che aveva scritto personalmente. È possibile che non ci abbia nemmeno pensato e che abbia iniziato a suonare la canzone a memoria muscolare quando si è seduto dietro al pianoforte.

La famosa collana era accompagnata da una guardia armata

L’incredibile collana che Edward regala a Vivian perché la indossi all’opera è in realtà estremamente preziosa nella vita reale. Vale un quarto di milione di dollari e i produttori hanno dovuto accettare alcune richieste molto rigide e specifiche per poterla utilizzare nel film.

Il budget per l’intero film era di soli 14 milioni di dollari, quindi non avevano intenzione di acquistare un pezzo così costoso. Fortunatamente, una gioielleria era disposta a prestare la collana per le riprese, a condizione che fosse sempre presente una guardia armata. Proprio così: in ogni scena in cui si vede Vivian indossare la collana, c’è una guardia armata in piedi appena fuori dalla macchina da presa.

La Roberts era molto ansiosa di girare una scena d’amore

Pretty Woman è una commedia romantica vietata ai minori con protagoniste due attraenti star del cinema, quindi è ovvio che ci sarà una scena d’amore. Tuttavia, quando è arrivato il momento di girare la sequenza intima tra Vivian ed Edward, Julia Roberts era incredibilmente nervosa.

Infatti, era così ansiosa per la scena d’amore tra lei e la sua star Richard Gere che le è scoppiata l’orticaria. Garry Marshall è salito sul letto con le due star per cercare di aiutarla a sentirsi più a suo agio e le è stata data una lozione alla calamina per alleviare la sua pelle irritata.

Una mega star degli anni ’80 doveva originariamente interpretare Vivian

Julia Roberts fu l’ultima scelta di Garry Marshall per il ruolo principale di Vivian. Inizialmente, la parte era stata offerta a Molly Ringwald. La Ringwald aveva ottenuto una serie di successi negli anni ’80, come Pretty in Pink e Sixteen Candles, ed era considerata una star di successo per il ruolo di Pretty Woman.

Tuttavia, la Ringwald rifiutò il ruolo. Non le piaceva il contenuto del film e non si sentiva a suo agio nel ruolo di una prostituta. In seguito si è pentita più volte. A sua discolpa, è probabile che abbia rifiutato il ruolo molto più cupo del film originale 3.000 dollari, perché il film è stato cambiato in Pretty Woman solo dopo che la Roberts è stata scritturata.

Pretty Woman cast

Julia Roberts non appare nella locandina del film

La locandina di Pretty Woman è iconica quasi quanto il film stesso. Ma la storia che c’è dietro è sorprendentemente bizzarra, a cominciare dal fatto che la star del film, Julia Roberts, in realtà non vi compare affatto. Pazzesco, vero? Continua a leggere.

In quello che potrebbe essere considerato un fallimento di Photoshop se non fosse stato creato anni prima che il programma Photoshop esistesse, la donna in posa nel poster è in realtà la controfigura della Roberts, con la testa della Roberts sovrapposta al suo corpo. Inoltre, i capelli di Richard Gere sono quasi neri, nonostante la sua chioma sia quasi interamente grigio-argento nel film.

La Roberts è stata sottoposta a un provino con 10 attori diversi

La ricerca dell’attore giusto per interpretare il ricco playboy Edward è stata una sfida altrettanto ardua che trovare la giusta Vivian. La Roberts ha infatti fatto un provino con 10 attori diversi per vedere quale condividesse la giusta chimica con l’attrice protagonista.

È chiaro che i produttori e il regista Garry Marshall non avevano un’idea molto chiara di ciò che volevano in Edward: l’elenco degli attori invitati ai provini comprendeva Charles Grodin, noto per la sua interpretazione di intellettuali sarcastici, e il famoso e intenso Al Pacino. Alla fine il ruolo andò al gentile ma sofisticato Richard Gere.

Due grandi case automobilistiche si sono rifiutate di inserire le loro auto nel film

Nel film, Edward è un playboy che vive una vita costosa ma emotivamente insoddisfacente, quindi ovviamente doveva avere un’auto sportiva appariscente. In origine, i registi avevano previsto che Edward girasse per Los Angeles a bordo di una Porsche o di una Ferrari, ma si sono imbattuti in problemi inaspettati.

Sia la Porsche che la Ferrari hanno rifiutato di far apparire le loro auto in Pretty Woman, perché non volevano che fossero associate alla prostituzione, il che fa pensare che non sappiano come vengono usate le loro auto nella vita reale. Tuttavia, Lotus è stata più che felice di far apparire la sua Esprit nel film come carrozza preferita di Edward, e le vendite di questo modello sono triplicate dopo il successo del film.

Sono state girate anche alcune scene molto più cupe

Ci sono alcune scene eliminate che riflettono il tono più cupo della sceneggiatura originale, tra cui una scena in cui Vivian viene affrontata da spacciatori di droga e deve essere salvata da Edward. Vivian aveva anche un vocabolario molto più colorito nella versione originale.

Ad esempio, Vivian inizialmente ringrazia Edward per averla salvata con la seguente citazione: “Ho picchiato a sangue un pappone che ha cercato di costringermi a entrare nella sua scuderia. Potrei spaccare il culo anche a te! Mi sono quasi messa a urlare al ristorante, tanto ero arrabbiata”. È difficile immaginare che la fidanzata d’America faccia queste battute.

L’Ambassador Hotel offre un’esperienza da “Pretty Woman”.

L’hotel del film dovrebbe essere il Beverly Wilshire, ma in realtà è stato girato all’Ambassador Hotel di Los Angeles. Mentre l’Ambassador è stato demolito, il Beverly Wilshire offre un’esperienza “Pretty Woman”, se avete 1.000 dollari da spendere. Cosa comporta questa esperienza?

Secondo il sito web dell’hotel, sarete sottoposti a una terapia di vendita al dettaglio con un personal stylist e un consulente di guardaroba, e sarete accompagnati in giro per Rodeo a bordo di una Mercedes-Benz. La suite VIP vi aspetta, ma non dimenticate il massaggio di coppia, i piatti fuori menu preparati dallo chef esecutivo e un bagno disegnato a mano con bolle di aromaterapia. In pratica, 1.000 dollari per fingere di essere una prostituta fortunata per un giorno, senza nemmeno il piacere di vestire i dipendenti della boutique che lavorano su commissione. Come direbbe Vivian: “Grande errore! Enorme!”

A diversi attori è stato offerto il ruolo di Edward

C’era una lunga fila di attori davanti a Richard Gere per Pretty Woman. Ad Albert Brooks e Sylvester Stallone fu offerto il ruolo di Edward, ma entrambe le star rifiutarono. Marshall prese in considerazione anche Daniel Day-Lewis, Kevin Kline e Denzel Washington. Anche John Travolta fece un’audizione e Christopher Reeve si spinse fino alla lettura di un tavolo.

A quanto pare, la Roberts non era disponibile a fare la lettura con Reeve e un direttore del casting ha letto la sua parte al suo posto. A quanto pare, il regista ha fatto così male che Reeve si è arrabbiato, ha strappato il copione e se n’è andato infuriato. Un gioco divertente da fare qualche volta: provate a immaginare quale scena Reeve abbia fatto il provino e quanto possa essere stato cattivo il direttore del casting per farlo arrabbiare così tanto.

Gere si è rotto un dente durante le riprese

Nella scena in cui Edward sorprende Stuckey mentre cerca di aggredire Vivian, lo licenzia e lo butta fuori, Gere si è effettivamente rotto la corona di un molare durante la scena. Se guardate, potete vederlo muovere la lingua in bocca per ispezionare il danno.

Non sarebbe stata l’ultima volta che Gere si sarebbe rifiutato di lasciare che un infortunio fermasse la produzione. Nel 2006, mentre interpretava un reporter nel film The Hunting Party, Gere si ruppe una costola sul set e dovette essere trasportato d’urgenza in un ospedale croato. Nonostante il dolore, si è subito riunito al cast per girare il resto del film, un vero peccato perché alla fine il film è stato un fiasco.

I produttori erano preoccupati per l’accento della Roberts

Julia Roberts è cresciuta in Georgia e, quando ha iniziato a recitare, il suo accento del sud era leggermente più evidente. Quando sono iniziate le riprese di Pretty Woman, i produttori erano preoccupati che l’accento della Roberts potesse sfuggire mentre pronunciava le battute.

I registi hanno trovato un modo creativo per coprirsi le spalle nel caso in cui fosse emerso un po’ del twang della Roberts. È stata aggiunta rapidamente una linea di dialogo in cui Vivian spiega di essere cresciuta in Georgia, come la stessa Roberts. In questo modo, qualsiasi strascico di sudismo che si fosse intrufolato sarebbe stato considerato conforme al personaggio.

Per la parte di Vivian sono state prese in considerazione diverse attrici di grande nome.

Julia Roberts affrontò un’enorme battaglia nel tentativo di ottenere la parte di Vivian in 3.000 dollari. Quando finalmente ottenne il ruolo, il progetto passò di mano e finì alla Disney, che fece rielaborare la sceneggiatura in Pretty Woman e offrì il ruolo principale a Meg Ryan. All’epoca la Ryan era una stella nascente, ma rifiutò.

Ryan e Roberts non erano le uniche attrici presto famose in lizza. Sia Jennifer Connelly che Winona Ryder fecero il provino per Vivian, ma Garry Marshall le rifiutò entrambe perché le riteneva troppo giovani. All’epoca, la Ryder aveva 18 anni, mentre la Connelly ne aveva 19. Quando la Roberts ottenne la parte, aveva solo 21 anni.

Pretty Woman è stato il primo ruolo di una grande star dei “Simpson”.

Hank Azaria appare brevemente nel ruolo di un detective che indaga sul corpo di una prostituta morta trovata nel cassonetto. (Si tratta del suo primo ruolo da attore in un film, ed è un ruolo infausto: il suo nome nella sceneggiatura è letteralmente Detective, e la sua unica motivazione è “impedire ai turisti di fotografare un cadavere nella spazzatura”.

Ironia della sorte, Azaria sarebbe diventato uno dei doppiatori più famosi dei nostri tempi per il suo lavoro nei Simpson, dove interpreta, tra i tanti personaggi, l’imbranato capo della polizia Wiggum, che ha fatto la sua prima apparizione nell’episodio “L’Odissea di Homer” nel 1990… lo stesso anno di Pretty Woman.

Pretty Woman è stato adattato in un musical teatrale

Un adattamento teatrale del musical Pretty Woman ha aperto a Broadway nel 2018 con le musiche di Bryan Adams e Jim Vallance, che ha scritto i testi di molte delle canzoni di successo di Adams, tra cui “Summer of ’69”. All’inizio sembrava un successo teatrale, battendo i record di incassi del Nederlander Theater prima della sua apertura ufficiale. Poi sono arrivate le recensioni.

Alcuni critici hanno lodato le interpretazioni dei protagonisti Samantha Barks e Andy Karl e del cast di supporto, ma molti hanno trovato le canzoni smielate e il messaggio retrogrado. “È chiaro che il team creativo, composto da soli uomini, non ha analizzato la storia”, ha scritto Michael Schulman sul New Yorker, “al di là della vendita di magliette che abbinano il titolo a frasi come ‘Funny Woman’ e ‘Strong Woman'”.

Richard Gere è stato difficile da conquistare

Richard Gere non era molto colpito dal ruolo di Edward e non immaginava che il film avrebbe avuto un tale successo mondiale. In un’intervista ha dichiarato: “Come si fa a saperlo? Era un copione sciocco e quando mi è stato proposto, la parte era un vestito. Era come mettere qualcuno nel costume, in pratica”. Sono contento che nessuno gli abbia mai chiesto di fare Batman.

Bisogna ricordare che il ruolo di spicco di Gere è stato American Gigolo, in cui ha vestito i panni dell’affascinante prostituta di Los Angeles e che lo ha trasformato in un sex symbol. Poi è arrivato Ufficiale e gentiluomo, che ha ottenuto sei nomination agli Oscar. Gere potrebbe essersi sentito troppo qualificato per interpretare il ruolo di un uomo onesto rispetto all’effervescente Vivian di Robert in una commedia romantica, anche se dubitiamo che oggi abbia dei rimpianti.

La Disney chiese di cambiare il film

L’allora presidente della Disney, Jeffrey Katzenberg, chiese che il film fosse riscritto come una favola moderna piuttosto che come il racconto cupo e ammonitore che lo sceneggiatore J.F. Lawton aveva originariamente previsto. Il film fu riscritto e distribuito sotto la Touchstone Pictures, l’etichetta Disney dedicata agli adulti. Il titolo fu cambiato da 3.000 dollari, perché la Disney pensava che sembrasse un film di fantascienza.

Per quanto riguarda Lawton, Pretty Woman ha segnato la sua prima e ultima incursione nel mondo delle commedie romantiche. Il suo primo lungometraggio, Cannibal Women in the Avocado Jungle of Death, era più emblematico dei film che avrebbe scritto in seguito: Under Siege, Le avventure di Fartman di Howard Stern e Blankman, un supereroe di Damon Wayans, tra gli altri.

A Werner Herzog fu offerta la possibilità di dirigere

Quando il film era ancora un dramma a tinte fosche, Richard Gere era stato scritturato e Diane Lane era vicina al ruolo di Vivian, arrivando fino alla prova dei costumi. Pare che in quel periodo Werner Herzog, leggendario regista di film che non sono commedie romantiche, sia stato contattato e gli sia stato chiesto di dirigere il film. Werner Herzog rifiutò, secondo un’intervista rilasciata nel 2009.

Pare che non siano stati i produttori, ma Gere stesso a chiedere personalmente al regista di Fitzcarraldo di partecipare al film. Ancora oggi, Gere considera Herzog un amico e un’ispirazione, il che spiega molto bene i temi di fondo di Runaway Bride, ovvero l’oscurità, la perdita e la futilità della ricerca di un significato in un mondo di caos.

La Roberts ha trascorso una settimana in una clinica gratuita per studiare il suo ruolo

La Roberts ha trascorso diversi giorni di volontariato in una clinica gratuita di Los Angeles per prepararsi al suo ruolo. La moglie del regista Gary Marshall lavorava lì come infermiera; ironia della sorte, il marito non ha mai messo piede lì dentro. Barbara Marshall disse in seguito: “Garry non veniva mai a trovarmi in clinica, perché era ipocondriaco e aveva paura di ammalarsi. Ma mi chiese se Julia poteva venire a parlare con alcuni pazienti”.

Inizialmente preoccupato di come l’attrice si sarebbe inserita tra i pazienti, Marshall ha pagato due clienti abituali della clinica 35 dollari per passare del tempo con la Roberts. Ma non doveva preoccuparsi: Venti minuti dopo averli incontrati, la Roberts ha lasciato la clinica per portarli a fare un giro in macchina.

Pretty Woman: il finale originale era davvero drammatico!

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Pretty Woman: il finale originale era davvero drammatico!

Julia Roberts ha partecipato con Patricia Arquette alla nuova stagione di Actors on Actors, l’interessante format di Variety che vede confrontarsi di volta in volta una coppia di attori famosi. La Roberts ha rivelato che l’originale finale di Pretty Woman, il suo primo grande successo, era molto drammatico, con Vivian da sola in un vicolo.

Il film ha fatto la fortuna di Julia Roberts e ha consacrato la sua alchimia con Richard Gere sul grande schermo, tanto che nel 1999 i due hanno recitato insieme in un’altra commedia romantica di Garry Marshall, Se scappi ti sposo, nel 1999.

Il lieto fine del film è diventato il paradigma di molte storie d’amore cinematografiche e non, ma pare che in sceneggiatura non fosse così romantico. La Roberts ha ricordato un finale diverso nella sceneggiatura originale.

Durante l’episodio di Actors on Actors, Patricia Arquette ha spiegato di aver ricevuto la sceneggiatura originale, rivelando che Pretty Woman era originariamente intitolata 3.000 e che “il finale era davvero pesante”. Sebbene Arquette non abbia specificato il ruolo per cui è stata considerata, il film sarebbe stato completamente diverso se fosse stata scelta. Anche Roberts ha detto di ricordare la sceneggiatura dal titolo 3.000, spiegando la fine originale: “Butta [Vivian] fuori dalla macchina, le butta i soldi addosso, e se ne va, lasciandola in qualche vicolo sporco”. Non specifica chi doveva buttare Vivian fuori dall’auto, ma se il soggetto è Edward, allora quel finale avrebbe reso il film qualcosa di completamente diverso rispetto a ciò che è stato.

La Roberts ha poi aggiunto che non avrebbe avuto problemi a recitare in un film che con un finale così crudo, solo che la compagnia che produceva all’inizio fallì subito dopo che lei era stata ingaggiata, così la sceneggiatura venne comprata da Disney e affidata a Garry Marshall, che la volle incontrare comunque e al timone del quale il film cambiò completamente rotta.

Pretty Woman: 10 cose che forse non sai sul film

Pretty Woman: 10 cose che forse non sai sul film

Tra i più celebri film romantici degli anni ’90, Pretty Woman (qui la recensione) è da molti considerato come uno dei più grandi successi del proprio genere. Fiaba contemporanea che ha fatto sognare intere generazioni, il film è a suo modo un inno all’amore e alle seconde possibilità della vita. I personaggi, i cui volti sono quelli di Richard Gere e Julia Roberts sono divenuti iconici, modello per i tanti imitatori che sarebbero venuti negli anni a venire.

La trama di Pretty Woman

Prima di andare a scoprire qualche curiosità sul film, meglio dare una ripassata alla storia che racconta. Protagonista è Edward Lewis, un affarista senza scrupoli e di grande successo, specialista nell’acquistare grosse società in dissesto che poi rivende dopo averle smembrate. In trasferta a Hollywood per chiudere un affare, Edward si trova a chiedere a Vivian, prostituta bella quanto simpatica, se è disposta ad essere ingaggiata per tutta la settimana come sua accompagnatrice. La ragazza, senza troppe esitazioni, accetta. I due però non sanno che quella finta relazione si trasformerà ben presto in qualcosa di più profondo, cambiando per sempre le loro vite.

Ecco 10 cose che forse non sai di Pretty Woman.

Pretty Woman: il cast del film

10. Gli attori protagonisti dovevano essere altri. I ruoli di Vivian e di Edward sono divenuti iconici anche grazie alle interpretazioni della Roberts e di Gere. Originariamente però, la produzione aveva contattato le attrici Meg Ryan, Michelle Pfeiffer, Sarah Jessica Parker e Sandra Bullock per il ruolo di Vivian, e Al Pacino e Sylvester Stallone per quelli di Edward. Tutti questi, tuttavia, rifiutarono, portando così a far ricadere la scelta sui due fortunati interpreti.

9. Richard Gere suona realmente il pianoforte. Di solito quando in un film si vede un attore dedicarsi ad attività manuali il più delle volte è una controfigura a svolgere quelle azioni. Non in Pretty Woman però, dove Gere suono realmente il pianoforte, essendo un appassionato musicista. Infatti, è suo anche il brano che suona nella scena.

Pretty Woman cast

8. Julia Roberts era particolarmente nervosa per una scena. Per girare la scena di sesso, la Roberts divenne così nervosa per l’agitazione che le si formò una vena sulla fronte. Il regista e Gere le stettero accanto affinché si calmasse, e solo in seguito poterono girare la scena.

7. Una nota scena è stata improvvisata. Divenuta iconica per la sua spontaneità, la scena in cui Edward mostra a Vivian la collana di diamanti fu totalmente improvvisata da Gere. Questi infatti finse di chiudere improvvisamente il cofanetto come per schiacciare le dita di Vivian, provocando così la risata della Roberts, sorpresa da quanto compiuto dal collega.

Pretty Woman e la celebre canzone

6. Originariamente il film aveva un altro titolo. Prima di ottenere i diritti della canzone Pretty Woman, il film era stato intitolato “3000″ dalla produzione, cifra che corrisponde ai dollari promessi da Edward a Vivian per stare una settimana con lui. Fortunatamente, i diritti sulla celebre canzone vennero ottenuti, permettendo così di cambiare il titolo in quello che poi è divenuto uno dei più noti dei suoi anni.

Pretty Woman: la scena finale del film

5. Il finale non era stato ancora scritto. Durante il film vi è una scena in particolare dove il personaggio di Vivian dice ad Edward che desidererebbe tanto essere una principessa salvata dalla torre in cui è rinchiusa. Tale dialogo avviene quando il finale del film non era ancora stato scritto, e in questo si vede realmente Edward salvare l’amata da una brutta situazione.

Pretty Woman: il trailer del film

4. Ha attratto numerosi spettatori. Il trailer del film è stato uno degli elementi dell’iniziale successo del film. Questo prometteva infatti una classica storia d’amore, lasciando tuttavia intendere che nel film si sarebbero potute ritrovare diverse altre tematiche. La produzione desiderava infatti attrarre il pubblico appassionato di questo genere, ma tentando di catturare anche quegli spettatori che ricercavano qualcosa fuori dai soliti schemi.

Pretty Woman finale

Pretty Woman: ecco alcuni film simili

3. Ha dato nuova vita al genere. Grazie al successo del film, la commedia romantica ha trovato negli anni ’90 nuova linfa, portando al cinema film che si ispiravano agli elementi di successo di Pretty Woman. Tra questi è possibile ritrovare le pellicole Se scappi, ti sposo (1999), Notting Hill (1999), Il matrimonio del mio migliore amico (1997), Blonde Ambition (2007), I perfetti innamorati (2001), Pretty Princess (2001) e Love Actually (2003).

Pretty Woman: dove vederlo in streaming e in TV

2. È possibile trovare il film in streaming. Nonostante le tante piattaforme presenti oggi dove poter vedere i propri film preferiti, Pretty Woman è attualmente nel catalogo di Netflix e Disney+, per cui sarà dunque necessario avere attivo un abbonamento a tali piattaforme per poter vedere il titolo. Il film, inoltre, è attualmente presente nel palinsesto di martedì 28 maggio alle 21:30 su Rai 1. Ciò significa che, per un determinato periodo di tempo, sarà disponbile anche sulla piattaforma Rai Play.

Pretty Woman: le frasi più belle del film

1. Ci sono frasi divenute iconiche. L’enorme favore di pubblico ha fatto sì che molte delle frasi contenute del film diventassero di uso comune, entrando a far parte dell’immaginario collettivo. Ecco alcune delle frasi più belle del film:

– “E che succede dopo che lui ha scalato la torre e salvato lei?” – “Che lei salva lui!” (Edward e Vivian)

“Tu ed io siamo talmente simili, Vivian: fottiamo il prossimo per il denaro” (Edward)

“Sei in ritardo” – “Sei bellissima” – “Non sei in ritardo”. (Edward e Vivian)

– “Odio puntualizzare l’ovvio, ma tu sei una prostituta Vivian” (Edward)

Fonte: IMDb

Pretty Woman recensione del film con Julia Roberts e Richard Gere

Anno: 1990

Regia: Garry Marshall

Cast: Julia Roberts, Richard Gere, Ralph Bellamy, Jason Alexande

Trama: Vivian è una prostituita di Hollywood. Bella ed insicura, la sua vita cambierà radicalmente quando conoscerà il bello e ricco  Edward Lewis che da “brutto anatoccolo” la trasforma in una bellissima principessa.

Analisi: Il veterano Garry Marshall conosce a fondo la materia.  A tutti piace Cenerentola, fiaba che contiene tutti gli elementi fondamentali del  sogno romantico per eccellenza, ed il regista non fa altro che reclutare due fascinosi protagonisti che sfoggiano una notevole alchimia e sex-appeal ed applica le regole di quel classico. A questa miscela va aggiunto poi il repertorio da favola riveduto e aggiornato in maniera furba ed oltremodo ammiccante, tra lusso, vestiti sfarzosi e limousine, poi il piccolo trauma pre-finale che spinge lo spettatore a fare comunque il tifo per l’impossibile accoppiata, la dichiarazione finale da manuale, il sorriso della Roberts e l’indiscutibile charme di Gere. Che altro si può volere?  Pretty Woman è un ottimo romance d’intrattenimento, in perfetto equilibrio tra romanticismo, glamour e fiaba, insomma potrebbe far storcere il naso per la confezione troppo convenzionale, patinata e con  i contenuti prevedibili e stravisti, ma l’appeal di questa pellicola rimane inalterata nel tempo.Pretty womanPrende il titolo dal classico di Roy Robinson e la trama dalle più scontate (ma non per questo romantiche) storie d’amore e diventa una classico. Complice il fascino di Richard Gere, già famoso all’epoca, e il sorriso di Julia Roberts, Pretty Woman si colloca a pieno nel novero dei film romantici che continuano a stregare e ad incantare il pubblico. Non importa infatti quante volte il film venga trasmesso in tv, trova sempre un foltissimo gruppo di persona pronte a dedicargli la propria serata.

Tuttavia, dietro la favola e il romanticismo, il film si rivela alquanto semplice, per confezione e morale (assente), una fiaba sotto la quale conviene non scavare troppo.

Nonostante tutto rimane un film confezionato a doc per lacrimare moderatamente mangiucchiando frutta secca o pop-corn, seduti comodamente sul fedele divano sgualcito sapendo già come andrà a finire, ma diciamoci la verità, chi fra di noi non lo ha visto almeno 10 volte? pretty woman bacio

Pretty Woman – addio a Garry Marshall

Pretty Woman – addio a Garry Marshall

Compiuto il suo quarto di secolo, Pretty Woman dice addio al suo creatore. Il compianto regista Garry Marshall è spirato questa notte al Burbank Hospital (Los Angeles) a causa di complicanze dovute ad un ictus.

Tra le sue creature, oltre a pietre miliari per la tv, come Happy Days, il cineasta ha impresso il suo nome nella storia del cinema con una delle favole più “diversamente romantiche” degli ultimi trent’anni.

L’incredibile storia d’amore tra la prostituta Julia Roberts e il miliardario Richard Gere ha fatto girare la testa a milioni di donne e ragazzine, permettendo loro di cullarsi nella dolce fantasia del “e vissero per sempre felici e contenti”.

Storia ormai nota, il film si compone di tutti quegli elementi indispensabili ad ogni fiaba romantica che si rispetti: c’è una giovane fanciulla in difficoltà (economiche), un aitante giovane principe (leggi “miliardario”), un cattivo che tenta di ostacolare il loro amore, e l’happy ending scontato e ma tanto sospirato dallo spettatore.

Entrata nella leggenda anche grazie alla canzone del 1964, Oh Pretty Woman di Roy Orbison, il film può risultare – ad un occhio un po’ critico se non anche cinico – una miscela di luoghi comuni sull’amore, sugli uomini e sulle donne.

Pretty WomanIl concept iniziale, in effetti, avrebbe voluto andare più in profondità, ad indagare la vita dissoluta delle strade della Los Angeles di fine anni ’80 e inizio ’90. Facendone di fatto un dark drama, la trama del film avrebbe dovuto concentrarsi maggiormente sulla figura di Vivien, in quanto prostituta e tossicodipendente. Il titolo originale, 3000, avrebbe per questo alluso alla somma di denaro che Edward offre alla donna per stare alla larga dalla strada e dalla cocaina almeno per il tempo di una settimana.

Successivamente si decise di alleggerire i toni, emendando la storia dalle controversie socio-culturali e dai toni cupi, la cui eco tragica riecheggia solo nelle note della Traviata che i due guardano con la consapevolezza di rivedere sé stessi nella storia tra una prostituta e un ricco uomo d’affari.

Assumendo invece tutti i toni della commedia romantica di altri tempi – a partire da quel Sabrina di Billy Wilder che mette in luce la capacità insita in ogni donna di trasformarsi da bruco in farfalla – Pretty Woman fece e fa tuttora breccia nei cuori del pubblico, prevalentemente femminile lo si ammetta, che almeno una volta nella vita ha ammesso di invidiare «quella gran c**o di Cenerentola».

Pretty Princess: il film di Garry Marshall

Pretty Princess: il film di Garry Marshall

Tra i maggiori successi del regista Garry Marshall, Pretty Princess spicca soprattutto per aver lanciato nel mondo del cinema una delle migliori e maggiormente apprezzate attrici di tutti i tempi: Anne Hathaway.

L’allora diciannovenne Anne, venne scelta – si dice – proprio perché durante il provino scivolò dalla sedia, interpretando di fatto la goffaggine di Mia, la protagonista del film.

Dai numerosi buonismi di dineyana memoria, la pellicola ha il suo fiore all’occhiello nella compartecipazione della grande Julie Andrews, indimenticata Mary Poppins, che qui fa le veci della buona regina di Genovia.

Tratto dalla serie di libri per ragazzi di Meg Cabot, Princess Diaries (questo il titolo originale) narra le vicende di una comune ragazza di San Francisco che scopre di essere ricca erede al trono di un paese lontano.

Godibile divertissement per piccini e adulti, la pellicola trovava il suo punto di forza nella trasformazione di Mia da brutto anatroccolo a splendido cigno, sorta di processo esteriore ma anche interiore, forse un po’ qualunquista ma che incontra da sempre il favore del pubblico.

Pretty Princess: il film di Garry Marshall

Pretty PrincessFin dai tempi in cui Billy Wilder faceva sbocciare Audrey Hepburn in Sabrina, la ricerca della propria identità, è sempre stato uno dei leitmotiv più trattati in ambito letterario come cinematografico. Quel percorso di introspezione interiore che porta alla riscoperta del vero sé e soprattutto all’accettazione di sé stessi…pur con certe migliorie. In questo risiede tuttavia la grande ambiguità nel trattare tali argomenti: se ci si deve amare per come si è…come mai bisogna rendersi esteticamente accattivanti?

Mistero. Che pare trovare una controparte solo in film come Shrek dove, a dispetto proprio dello stereotipo Disney, il brutto rimane brutto, e la bella… diventa orco.

Pretty Princess 3: nuovi aggiornamenti da Anne Hathaway

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Pretty Princess 3: nuovi aggiornamenti da Anne Hathaway

Negli ultimi giorni non si fa che parlare di Pretty Princess 3, terzo capitolo della serie inaugurata nel 2001 e tratta dai romanzi di Meg Cabot che vedeva protagoniste Julie Andrews e Anne Hathaway; proprio quest’ultima ha alimentato i rumor sulla produzione del film, da anni nella lista dei desiderabili, durante la promozione di Serenity (il thriller dove recita al fianco di Matthew McConaughey).

Queste le parole dell’attrice:

C’è una sceneggiatura per il terzo film. Voglio farlo, Julie [Andrews] vuole farlo, Debra Martin Chase, il nostro produttore, vuole farlo. Tutti vogliamo davvero che accada. Ad una condizione però: deve essere perfetto, perché lo amiamo tanto quanto i fan. Ed è tanto importante per noi quanto lo è per loro e non vogliamo consegnare nulla finché non sarà pronto. Ma ci stiamo lavorando.

Pretty Princess 3: esiste uno script, parola di Anne Hathaway

Vi ricordiamo che Pretty Princess ha già avuto un sequel, uscito nelle sale nel 2004, intitolato Principe azzurro cercasi (The Princess Diaries 2: Royal Engagement) .

Di seguito la sinossi del primo film:

Mia Thermopolis è una quindicenne come tante altre, che cerca di destreggiarsi tra la scuola, le compagne che la prendono in giro perché sono più popolari di lei, una migliore amica di nome Lilly dai modi piuttosto frivoli e ottusi che non la capisce fino in fondo, e il ragazzo che le piace che non la considera minimamente. Ma tutto questo non basta, perché da un giorno all’altro l’imbranata Mia scopre di essere una principessa. Erede al trono del principato di Genovia, Mia scopre le sue origini regali grazie alla nonna Clarisse Renaldi che le rivela la notizia a causa della morte del padre. È quindi dovere di Mia diventare una buona principessa e seguire le lezioni di etichetta da sua nonna, tutto questo in gran segreto per paura della stampa.

Fonte: Cinemablend

Pretty Princess 3: la Disney ufficializza il sequel dei film con Anne Hathaway

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Dopo tante notizie incerte arriva finalmente da Disney la conferma che Pretty Princess 3 si farà. Il film sarà un sequel delle storie di Mia Thermopolis, interpretata da Anne Hathaway. Dopo quasi due decenni di trattative, il film è in fase di sviluppo alla Disney. Il franchise ruota attorno a Mia Thermopolis, un’adolescente americana un po’ imbranata che ha scoperto di essere l’erede al trono di Genovia, un regno europeo.

I film di Pretty Princess sono acclamati come uno dei punti di lancio della carriera di Hathaway, con la giovane star che ha ottenuto ampi consensi per la sua interpretazione nel primo film, mentre ha ottenuto recensioni positive nel sequel, Principe azzurro cercasi, che però è stato male accolto dalla critica.

The Hollywood Reporter ha annunciato che la Disney sta ufficialmente sviluppando Pretty Princess 3. Il progetto, descritto come una continuazione della storia di Hathaway, sarà scritto da Aadrita Mukerji. Al momento, Anne Hathaway non ha firmato un accordo per tornare per il sequel, sebbene la produttrice originale Debra Martin stia tornando nella squadra e mentre Melissa Stack di The Other Woman è la produttrice esecutiva. Chissà se all’indomani dei suoi primi 40 anni, Hathaway non si senta pronta a tornare nei panni, ormai da adulta di Mia Thermopolis.

Sappiamo però che Julie Andrews non tornerà nel film, dato che lei stessa aveva declinato l’offerta di fronte a un eventuale e non ancora certo ritorno nei panni dela Regina di Genovia.

Di seguito la sinossi del primo film:

Mia Thermopolis è una quindicenne come tante altre, che cerca di destreggiarsi tra la scuola, le compagne che la prendono in giro perché sono più popolari di lei, una migliore amica di nome Lilly dai modi piuttosto frivoli e ottusi che non la capisce fino in fondo, e il ragazzo che le piace che non la considera minimamente. Ma tutto questo non basta, perché da un giorno all’altro l’imbranata Mia scopre di essere una principessa. Erede al trono del principato di Genovia, Mia scopre le sue origini regali grazie alla nonna Clarisse Renaldi che le rivela la notizia a causa della morte del padre. È quindi dovere di Mia diventare una buona principessa e seguire le lezioni di etichetta da sua nonna, tutto questo in gran segreto per paura della stampa.

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