Presentato come film di apertura
alla settantesima edizione del San Sebastiàn International Film
Festival il 16 settembre, ed uscito in tutte le sale
cinematografiche spagnole dal 23 settembre, Prigione
77 (titolo originale Modelo 77) è un film
storico-drammatico spagnolo. Diretto da Alberto Rodrìguez, la
pellicola ritrova nel cast figure affermate del cinema spagnolo ed
internazionale, come
Miguel Herràn, noto per il ruolo di Rio nella serie
La casa di carta, e Javier
Gutiérrez. La pellicola, tratta da una storia vera,
presenta le vicende del Centro Penitenziario de Hombres de
Barcelona, meglio noto come Carcere Modelo.
Prigione 77: una storia di lotta
per la giustizia
Manuel, arrestato per appropriazione
indebita ed in attesa di un processo, inizia da subito a provare
sulla propria pelle le violenze e le ingiustizie perpetrate dalle
guardie carcerarie nei confronti dei detenuti. L’anno è il 1976, ma
anche dopo la morte del dittatore Francisco Franco, niente sembra
essere cambiato nelle carceri spagnole. Costretti a dover scontare
delle pene sproporzionate, in molti casi per crimini non provati in
un equo processo, i prigionieri iniziano ad unirsi per portare il
cambiamento. “Amnistia y libertard”: queste sono le richieste dei
detenuti. Grazie alla Copel, un movimento creato dai detenuti con
l’appoggio di alcuni avvocati ed ispirato al Groupe d’information
sur les prisons francese, la realtà delle prigioni diventa nota a
tutta la Spagna. Con la visibilità della stampa, i detenuti,
guidati dallo stesso Manuel, manifestano e combattono per ottenere
l’amnistia.
Manuel insieme ad altro membri del COPEL nel cortile della
prigione.
Tra realtà e finzione
Tre mesi dopo la morte del dittatore
Francisco Franco, il Copel (comitato coordinatore dei prigionieri
in lotta) denuncia le terribili condizioni delle carceri. La
tematica fulcro di Prigione 77 è pienamente vera:
tutto dall’uso della violenza e l’umiliazione praticamente dei
detenuti, fino ai tentativi di evasione di massa, sono veri. Questo
è probabilmente ciò che rende il film così tanto d’impatto per il
pubblico: racconta un capitolo di storia poco noto, presenta le
vicende di figure deboli nella società, emarginati.
Nella rappresentazione dei fatti non
si risparmia niente al pubblico: questa pellicola è particolarmente
esplicita e caratterizzata da una certa crudezza anche nelle scene
di violenza. Allo stesso tempo, però, il film trasmette molto la
speranza della lotta, e permette di riflettere su quanto ogni uomo
sia effettivamente disposto a perdere ed a patire per un’idea, per
la giustizia. Questo punto si nota in Prigione 77
nel discorso che Pino, uno dei detenuti più anziani, fa a Manuel:
la speranza in una prigione migliore, in una Spagna migliore, gli
restituisce la voglia di vivere e di combattere.
Altri fattori che divengono centrali
nel film sono i gesti e le forme di manifestazione dei detenuti
ribelli, da un lato, e delle forze di polizia dall’altro. I membri
del COPEL arrivano a ferirsi anche gravemente per farsi ascoltare
dal direttore del carcere, Manuel e Pino resistono a trattamenti
sempre più violenti e inumani. La polizia penitenziaria invece li
tratta come fossero animali: non rispettano gli accordi, li
attaccano anche in tenuta anti sommossa, colpendoli ripetutamente
ed in diverse occasioni con calci, pugni, manganellate. Un esempio
di totale mancanza di rispetto delle guardie nei confronti dei
detenuti è il rogo dei romanzi di Pino: dopo aver perquisito, o
meglio dire messo totalmente a soqquadro la sua cella, i poliziotti
penitenziari confiscano deliberatamente tutti i libri del carcerato
e li bruciano nel cortile.
L’abuso della violenza da parte
delle forze dell’ordine
Prigione 77
affronta una tematica che sfortunatamente si mantiene ancora
attuale: si tratta dell’uso spesso eccessivo della forza da parte
della polizia. Questo problema non riguarda solo paesi del terzo
mondo o ordinamenti antidemocratici, ma molto spesso questo genere
di comportamento è ben presente anche nei paesi democratici
dell’occidente. Che si tratti delle carceri o delle piazze, la
repressione delle forze armate risulta essere spesso eccessiva. Un
esempio di violenza nelle prigioni è stato reso maggiormente noto
di recente, all’Italia e al mondo, proprio tramite un altro film:
ci si riferisce a
Sulla mia pelle, film Netflix con
Alessandro Borghi che racconta il caso Stefano Cucchi.
Abbandonando il mondo del cinema e tornando alla realtà, quando si
tratta di grandi manifestazioni, spesso le forze dell’ordine
tendono a disperdere la folla anche in maniera violenta: le ultime
notizie in Italia a riguardo risalgono a solo poche settimane fa,
durante un comizio della politica Giorgia Meloni a Palermo, mentre
a livello internazionale sono ormai giornaliere i video e le
immagini della brutale repressione della polizia iraniana verso i
manifestanti.
Priest é un
guerriero, l’arma definitiva con cui l’umanità, grazie alla Chiesa,
ha sconfitto i Vampiri. In un futuro remoto, in cui sopra alle
città non si vede più il sole e i vampiri sono rinchiusi in
riserve, i sacerdoti non hanno però più lavoro.
Fino a quando un avamposto nelle
Wasteland viene attaccato proprio da un gruppo di vampiri, e a
farne le spese, neanche a farlo apposta, sono il fratello, la ex
moglie e la nipote di Priest che quindi dovrà ribellarsi alla
Chiesa e partirà alla ricerca della ragazza e di una personale
vendetta.
Priest, il film
Questo film è la trasposizione di
un fumetto non Marvel, e già questo è un evento,
inoltre si tratta di un manga, il che presuppone che ci sia una
nicchia di appassionati che conosce perfettamente la storia del
sacerdote ammazza-vampiri.
La sua provenienza esotica ci offre
inoltre una storia che si discosta dalle più conosciute avventure
di supereroi vendicatori. Priest è essenzialmente
un western (con l’aggiunta dei vampiri), in cui il buono, che
subisce un torto, parte cercando la rivalsa sul cattivo; sulla
strada, incontra alcuni alleati che lo aiuteranno a portare a
termine la missione. Segue duello finale su treno. L’ammiccamento
al genere western non è l’unico riferimento che il film propone:
l’estetica delle città ricorda Blade Runner, c’è una sovrabbondanza (ancora,
verrebbe da dire) di bullet time á la Matrix,
alcune scene “maestro-allievo” che ricordano un po’ Guerre
Stellari, insomma molti riferimenti a cinema
soprattutto di fantascienza.
I vampiri, invece, sono ben lontani
dall’immaginario che ci ha creato Coppola o il più recente Twilight, sono assolutamente privi di fascino,
essendo anche privi di occhi con una bocca troppo grande e un
colorito assai pallido. Sono piuttosto animali la cui unica
missione è nutrirsi, necessità che li porta a diventare assassini,
ma allo stesso tempo, essere più puri degli uomini, in quanto
probabilmente privi di anima corruttibile, come afferma ad un certo
punto uno dei personaggi.
Priest si districa
tra frasi ad effetto e combattimenti che non lasciano senza fiato.
Sicuramente la storia ha una presa notevole, gli ambienti, la
profondità e gli spazi aperti sono stranamente valorizzati
dal 3D, che ha il suo momento di gloria soprattutto nei carrelli
abissali negli alveari dei vampiri, mentre il momento più bello
della pellicola è l’introduzione realizzata in animazione 2D, a
rivendicare l’origine della storia.
Interessante è anche il punto di
vista sulla Chiesa, una dittatura militare che usa i sacerdoti come
dei novelli crociati, e l’atmosfera post atomica e grigia della
vita della città in cui il tempo è scandito, come in 1984, dalla
voce del capo supremo (in questo caso della Chiesa) che invita a
pregare e a rispettare ciecamente i dettami ecclesiastici.
Dopo due anni di lavorazione e
un passaggio di testimone da Andre Douglas a Scott Stewart,
Priest sta finalmente per arrivare anche nelle sale italiane. Il
film, prodotto dalla Screen Gems, si prospetta come un
fantasy- action- thriller- horror, tanto per non sbagliare,
destinato ad un pubblico teen amante della cultura pop asiatica. E’
infatti da un fumetto coreano, Manwha disegnato da Min-Woo Hyung e
pubblicato in Italia prima da Star Comics e poi da Flashbook
Edizioni, che la pellicola trae la sua idea e le sue atmosfere
horror.
Matthew Warchus,
regista teatrale molto affermato su entrambe le sponde dell’oceano,
firma il suo secondo lungometraggio dirigendo questo
Pride, esilarante e a tratti toccante
commedia basata su una storia realmente accaduta.
In Pride seguendo
al telegiornale le manifestazioni e gli scioperi con i quali i
minatori si oppongono alla politica restrittiva di Margharet
Thatcher, Mark (Ben Schnetzer), attivista nel
neo-nato movimento per i diritti degli omosessuali, ha
un’illuminazione: perchè non unire la sua lotta con quella dei
minatori? Non sono tutti vittime del sistema iper-liberista e
conservatore? Vinta un’iniziale diffidenza dei compagni e amici del
mondo gay, Mark riesce nel suo intento e, contattata una piccola
comunità di minatori gallesi, inizierà questa stravagante
collaborazione.
Pride, il film
Pride è
un film che racconta come il movimento per i diritti degli
omosessuali sia riuscito a sensibilizzare parte dell’opinione
pubblica ma soprattutto il mondo della politica. Più che il
risultato, stupisce e sorprende il come si sia arrivato ad esso,
attraverso un’improbabile quanto incredibile collaborazione con il
movimento di protesta dei minatori britannici. Il film affronta,
con ironia e delicatezza, temi diversi ma alla cui base si esalta
la forza del dialogo, della comprensione, della solidarietà e della
tolleranza, in un susseguirsi di sequenze ora esilaranti e ora
commoventi ma mai retoriche o ipocrite. Un film sul rispetto
dell’uomo in quanto individuo, che egli sia un omosessuale o una
lesbica oppure un minatore cui, tolto il lavoro, si nega la dignità
di essere umano.
Pride è
soprattutto uno straordinario quadro che illustra il mondo, quello
dei primi anni ’80, nel quale si muovevano, spesso nascosti e
dileggiati, coloro che per primi ebbero il coraggio di esprimere e
mostrare la propria vera natura sessuale. Un film che parla dei
primi casi di Aids, popolato da personaggi che rappresentano tutte
le sfaccettature del complesso mondo degli omosessuali: da coloro
che non hanno mai avuto il coraggio di dichiararsi come Cliff,
interpretato da uno straordinario Bill Nighy, al giovane di famiglia borghese
come Joe (George Mackay) che invece trova il
coraggio di sfidare le rigide convenzioni familiari, sino alla
coppia di gay ormai navigata come Johnathan (Dominic
West) e Gethin (Andrew
Scott). Pride è un film
bellissimo che eccelle in tutto: sceneggiatura, un cast validissimo
di attori giovani e meno giovani, oltre a Nighy ci teniamo a
sottolineare l’interpretazione pazzesca di una grandissima
Imelda Staunton ed una colonna sonora incredibile
che ci delizia con grandissimi pezzi dell’epoca, immortali, dei
vari Cure, Clash.
Pride
uscirà nelle sale a partire dal prossimo 11 dicembre, e noi ci
permettiamo di consigliare vivamente la sua visione perché in
questa commedia c’è un racconto che è storia, una storia che, a
distanza di trent’anni, ha ancora molto da insegnarci.
Nel mese tradizionalmente dedicato
al Pride, Miocinema propone ai suoi spettatori una
rassegna cinematografica che veste i colori della comunità
arcobaleno. 22 film che raccontano un mondo che ha dovuto lottare e
che ancora lotta per vedere riconosciuti i propri
diritti. Storie che permettono di avvicinarsi e conoscere
da vicino la comunità LGBTQ+, racconti di grandi battaglie che
hanno fatto la storia del movimento, ma anche di vicende di
affermazione quotidiana, di coming out e di scoperta: in una
parola, di orgoglio.
Che si tratti di commedia o di
dramma, i 22 titoli sono accomunati dalla volontà di mostrare
con forza il diritto di amare a prescindere dal sesso e
l’uguaglianza di individui che una parte della società fatica
ancora a comprendere e riconoscere, insistendo nella
discriminazione.
Il cinema, come strumento culturale
e sociale, di integrazione e dialogo, ha nel tempo dedicato grande
spazio alla tematica omosessuale, mostrandone sfaccettature e
profondità, con grandi risultati di critica e di pubblico.
Appuntamento domenica 21
giugno, alle ore 20.30. A presentare la
rassegna Vladimir Luxuria, attivista dei diritti Lgbt e direttrice
artistica del Lovers Film Festival.A dialogare con leiAndrea Occhipinti,
fondatore, produttore e distributore Lucky
Red, Claudio De
Pasqualis (Efisio Mulas), autore e conduttore
radiofonico.
Composta da produzioni piccole e
grandi, presentate e premiate in festival di livello internazionale
o apparse purtroppo rapidamente nelle sale cinematografiche, la
rassegna sarà su Miocinema da domani, 21 giugno 2020.
Nel primo weekend di
programmazione Pride ottiene una media
copia di 4.634,00 euro, seconda solo a Il ricco, il
povero e il maggiordomo di Aldo, Giovanni e
Giacomo, più alta di pochi euro.
Secondo i dati Cinetel il film
risulta anche il primo incasso assoluto in città capozona come
Firenze, Bologna e Torino, dove ha sbaragliato la concorrenza,
blockbuster compresi.
Già grande successo in patria, il
film di Matthew Warchus, ispirato a una storia
vera, sorprende anche il botteghino italiano e la Teodora annuncia
che dal prossimo weekend triplicheranno le copie in
distribuzione.
Pride è
nominato ai Golden Globes nella categoria Miglior film Commedia o
Musical.
Istituito nel 1970 per commemorare
i moti di Stonewall, il mese del Pride celebra la comunità
LGBTQ+ e la sua lotta per la parità
dei diritti. In occasione di questa ricorrenza, vi proponiamo
un viaggio cinematografico attraverso alcuni film a tema LGBTQ+
disponibili su Amazon Prime Video e firmati da grandi
registi contemporanei e del passato, da Xavier
Dolan a James Ivory, da Ingmar
Bergman a Abdellatif Kechiche, Gus Van Sant,
Andy Wahrol e molti altri. Ecco tutti i titoli.
Pride
Pride porta
sullo schermo la storia vera di un gruppo di attivisti
del movimento gay che, spinti dalla solidarietà per chi lotta
contro il sistema, hanno l’idea di raccogliere fondi per
sostenere il lungo sciopero dei minatori gallesi, vessati dalle
scelte politiche di Margaret Thatcher. Mark, il protagonista, nota
come i gay e le lesbiche siano vittime dello stesso sistema e
punta a costruire un legame di solidarietà con i lavoratori in
lotta. Il film, presentato a Cannes nel 2014, vede nel
cast rinomati attori britannici come Imelda Staunton,
Andrew Scott,
George MacKay,
Dominic West, Ben Schnetzer.
Milk
L’avvincente biografia di
Harvey Milk, primo gay dichiarato a ricoprire una carica politica
negli Stati Uniti. Un uomo che con il suo coraggio ha cambiato la
storia e la vita di milioni di persone spinto dal suo sogno di
emancipazione, di uguaglianza e di affermazione della propria
identità. Diretto da Gus Van Sant, il film ha
ricevuto otto nomination agli Oscar, vicendone due: uno per il
miglior attore protagonista a
Sean Penn, l’altro per la migliore sceneggiatura
originale a Dustin Lance Black.
La Vita di Adèle
Adattamento
cinematografico della graphic novel Blu è un Colore
Caldodiretto daAbdellatif
Kechiche, La Vita di
Adèlesi è aggiudicato la Palma d’Oro a
Cannes nel 2013. Adèle ha quindici anni, un
appetito insaziabile di cibo e di vita e il
sogno di incontrare l’amore della sua
vita, che crede
di trovare in Thomas. Ma a farla innamorare
veramente è una ragazza dai capelli blu conosciuta per
caso. Nasce una storia d’amore appassionata e travolgente che
fa maturare Adèle che diventa donna imparando ben presto
che la vita non è sempre un (bel) romanzo.
VIOLA DI MARE
Diretto da Donatella
Maiorca e ambientato nella Sicilia dell’Ottocento, racconta la
storia di due donne follemente innamorate l’una dell’altra, ma
costrette a nascondere e negare la loro relazione per via delle
convenzioni sociali, fino a spingere Angela, costretta dalla
famiglia, con la complicità del parroco del paese, a diventare un
uomo. La storia è ispirata a fatti realmente accaduti e divenuti
leggendari. Con
Valeria Solarino,
Isabella Ragonese, Ennio Fantastichini, Giselda Volodi, Maria
Grazia Cucinotta, Marco Foschi, Alessio Vassallo, Lucrezia Lante
Della Rovere, Corrado Fortuna, Aurora Quattrocchi, Ester
Cucinotti.
MAURICE
Con protagonista un
giovane Hugh Grant, Maurice è basato
sull’omonimo romanzo postumo E.M. Foster e diretto da
James Ivory. Ambientato agli inizi del ‘900 a
Cambridge, ha per protagonisti Clive e Maurice, due
studenti che scoprono di essere attratti l’uno dall’altro, ma il
senso del decoro li allontana. Anni dopo, Clive, sposato,
negherà la propria omosessualità, timoroso della morale vittoriana,
mentre Maurice, dopo essersi tormentato a lungo, finirà per
accettare la propria identità sessuale. Presentato alla Mostra del
Cinema di Venezia nel 1987, vinse il Leone d’Argento e valse la
Coppa Volpi ad entrambi i giovani protagonisti.
DALLAS BUYERS CLUB
Diretto da Jean-Marc
Vallée, ha vinto tre Oscar, due dei quali agli straordinari
interpreti Matthew McConaughey e Jared Leto (miglior attore protagonista e
miglior attore non protagonista). Ispirato ad una storia
vera, Dallas Buyers Club si svolge fra il 1985 e
il 1988: dopo aver scoperto di aver contratto l’AIDS e di avere
poco tempo da vivere, Ron Woodroof, rude elettricista texano
appassionato di rodeo, comincia ad importare illegalmente i
medicinali necessari per combattere la malattia, aggirando il
sistema e finendo per aiutare anche altri malati.
J’AI TUÉ MA MÈRE
Lungometraggio di debutto
dell’enfant prodige del cinema canadese
Xavier Dolan, da lui scritto, diretto,
interpretato e prodotto, è la storia dell’adolescente Hubert che
nasconde la propria omosessualità alla madre e la accusa di non
amarlo abbastanza. Brillante, divertente e
audace, J’ai Tué ma Mère tratta di
un’omosessualità sofferta ma convinta e di un rapporto conflittuale
d’amore e odio con la madre.
IL BAGNO TURCO
Opera prima di Ferzan Ozpetek,
Il bagno turco è la storia di Francesco, un giovane
architetto sposato e con un sicuro avvenire professionale, che
viene informato di un’eredità lasciatagli da una zia ad Istanbul:
un hamam (bagno turco). Giunto nella città turca, Francesco
scopre un mondo completamente nuovo, affascinante per la sua
diversità culturale ed anche sessuale. Tra gli attori:
Alessandro Gassmann, Francesca D’Aloja, Mehmet
Günsür.
FANNY E ALEXANDER
Diretto da Ingmar Bergman e
vincitore di quattro premi Oscar, racconta di due bambini figli di
liberi teatranti nella Svezia di inizio Novecento. La potenza
narrativa di Bergman è espressa attraverso lo sguardo innocente e
visionario dei due bambini. In Fanny ed
Alexander si individua anche la tematica del confine
labile tra finzione-teatro e realtà-vita. «Tutto può accadere,
tutto è possibile e verosimile. Il tempo e lo spazio non esistono,
l’immaginazione fila e tesse nuovi disegni».
MALA NOCHE
Primo capolavoro di Gus Van Sant,
girato in bianco e nero, anticipatore del Cinema queer degli
anni ‘90, il film narra la storia di Johnny e Roberto, giovani
immigrati clandestini che arrivano a Portland dal
Messico. Entrati in un negozio, incontrano Walt, il giovane
gestore bianco, che subito si innamora di Johnny. Il ragazzo però
non contraccambia la passione, ma cerca insieme al suo amico di
sfruttare la situazione a proprio favore.
ANDY WARHOL’S LONSOME COWBOYS
Il film, firmato da Andy
Warhol, rappresenta una vera e propria satira del genere
western hollywoodiano. Miglior film all’International
Film Festival di San Francisco, racconta le vicende di una banda di
cowboy omosessuali che si reca in una piccola città a
ovest. Qui vengono accolti dallo sceriffo e da altri
personaggi, tra cui due donne con cui avranno avventure
sessuali.
120 BATTITI AL MINUTO
Acclamato dalla critica al
Festival
di Cannes 2017, dove ha conquistato il Grand Prix, e amato
dal pubblico, il film è ambientato nella Parigi dei
primi anni Novanta e racconta del giovane Nathan che decide di
unirsi agli attivisti di Act Up per rompere il silenzio
sull’epidemia di Aids che sta mietendo innumerevoli vittime.
Nathan è colpito dalla vitalità di Sean che sta
impegnando le sue ultime energie per le battaglie
dell’associazione. Tra i due si instaurerà una relazione
sempre più appassionata, nonostante i caratteri e le esperienze
diverse.
TRANSPARENT
Serie Amazon Original, vincitrice
di numerosi premi, apprezzata da pubblico e
critica, Transparent affronta l’argomento molto
delicato della transessualità e più in generale parla del
cambiamento e del desiderio di trasparenza. La serie si sviluppa
intorno al cambiamento del protagonista, dei suoi familiari e di
chi lo circonda e al desiderio di mostrarsi per ciò che si è
realmente, senza veli, sottolineando l’importanza della famiglia.
Creata da Jill Soloway, in quattro stagioni, si chiude con uno
stupefacente musical, in cui sono racchiuse tutte le
caratteristiche che hanno reso questa serie unica nel suo
genere.
MODERN LOVE
Tratta da una celebre rubrica del
New York Times, Modern Love è una serie Amazon Original
diretta da John Carney, che racconta le sfumature dell’amore. Il
settimo episodio è Hers Was a World of One, la storia di
una tranquilla coppia gay che si confronta con il desiderio di
paternità. Nell’incontro con una giovane donna incinta e vagabonda
per scelta, si commisurano due modi di essere diversi e la vita
nelle sue molteplici sfaccettature, il rapporto tra uomo e donna,
l’amicizia, la genitorialità, il bisogno di libertà e le famiglie
allargate. Su tutto vincono la sensibilità e l’amore.
Per la maggior parte della storia
dell’industria cinematografica, le storie LGBTQ
sono state per lo più raccontate in maniera leggera. Se i
personaggi LGBTQ erano presenti nei film, spesso
servivano solo a sostenere la crescita del personaggio principale,
senza che il pubblico potesse apprezzare una crescita interiore del
personaggio. Celebrando il Pride Month celebriamo anche gli attori
e le attrici della comunità.
Per questo motivo, la storia d’amoreLGBTQ è un
fenomeno abbastanza nuovo nel cinema ma che, fortunatamente, sta
fiorendo. I film recenti realizzati da e per la comunità hanno
rubato il cuore del pubblico e della critica, ma ci sono molti
altri film d’amore, molti dei quali realizzati prima del tempo, che
meritano di essere visti di più. In questo Pride Month, festeggiate
con alcune storie d’amore divertenti, belle e sexy!
Cuori nel deserto(1985)
Solo negli ultimi anni questo film
ha ottenuto poca dell’attenzione e del plauso che merita. Cuori nel
deserto inizia nel 1959, quando una professoressa di inglese della
Columbia, Vivian Bell (Helen Shaver), arriva a
Reno, in Nevada, per ottenere un divorzio lampo e improvvisamente
inizia una relazione con la scatenata figliastra della sua padrona
di casa, Cay (Patricia Charbonneau).
Sembra un classico intimo della
vecchia Hollywood, soprattutto se lo si confronta con il classico
di Marilyn Monroe e Clark Gable, The Misfits, che segue
anch’esso una donna che ha bisogno di un divorzio veloce a Reno. La
combinazione di splendidi paesaggi cinematografici, di una
recitazione sobria e di una colonna sonora brillante si insinua
lentamente fino a farvi innamorare di queste due bellissime
donne.
Carol (2015)
Todd Haynes è uno dei più prolifici registi in attività
oggi e ha dimostrato di essere un maestro del dramma psicologico,
del melodramma e dei biopic non convenzionali. Tuttavia, solo nel
2015 ha dimostrato di essere in grado di realizzare una storia
d’amore così tenera da riguardare durante il Pride Month.
Basato su un romanzo di Patricia
Highsmith, The Price of Salt, Carol racconta la storia di Therese
(Rooney
Mara), una giovane aspirante fotografa nella New York degli
anni Cinquanta che si innamora di una donna anziana e sposata,
Carol (Cate
Blanchett). Questo film ipnotico fa battere il cuore anche
nelle scene più tranquille e dà un senso di ottimismo in un amore
impossibile senza essere ingenuo.
Ritratto della giovane in
fiamme (2019)
Ritratto di signora in fiamme non è
solo una grande storia d’amore, ma una storia rivoluzionaria che
pone al suo pubblico importanti domande. Il capolavoro di Celine
Sciamma inizia alla fine del XVIII secolo, quando la pittrice
Marianne (Noemie
Merlant) arriva sulla costa della Bretagna per dipingere un
ritratto nuziale di Heloise (Adele Haenel).
L’unico inconveniente è che Heloise
rifiuta di essere dipinta, quindi deve dipingere in segreto. Quello
che segue è una storia d’amore misteriosa e seducente che non solo
cattura il nostro cuore ma anche la nostra immaginazione. Sciamma
ci costringe a interrogarci sull’idea di musa e su come rendere
sexy l’uguaglianza.
Call Me By Your Name (2017)
Questa storia di formazione porta
con sé tutti i dolori e i brividi della giovinezza con un tocco
italiano. Chiamami col tuo nome (Call Me By Your Name) di
Luca Guadagnino segue Elio (Timothee
Chalamet), un adolescente ebreo italo-francese che, mentre
vive con i genitori nel Nord Italia, si innamora di un laureando di
nome Oliver (Armie Hammer) che viene a trovarlo.
Scritto dal leggendario James Ivory,
il film contiene sfumature dei suoi film classici come Una camera
con vista o Maurice, con il suo apprezzamento giovanile della
sessualità e della natura, ma porta con sé un senso di mortalità e
sensualità incombenti.
Happy Together (1997)
Se ci fosse un regista in grado di
definire il cinema del dolore e del desiderio, sarebbe Wong Kar
Wai. I suoi film, come In the Mood for Love e Chungking Express, portano con sé
un profondo desiderio di amore perduto o non realizzato, ma è il
suo film Happy Together a rivelare la fame di intimità che si prova
anche quando si sta con la persona che si ama.
Il film segue due uomini gay di Hong
Kong a Buenos Aires e la loro relazione tossica di tira e molla.
Wong Kar Wai propone una storia d’amore disastrosa che
sappiamo può finire in tragedia o in banalità, ma i suoi attori
sono così belli e la sua fotografia così ammaliante che non
possiamo fare a meno di guardare.
Weekend (2011)
Nel suo secondo film,
Weekend, Andrew Haigh dipinge un ritratto coinvolgente e
intimo delle possibilità e delle impossibilità contraddittorie di
una breve avventura di una notte. Il film segue due uomini
omosessuali che fanno sesso una notte da ubriachi, aspettandosi di
non rivedersi mai più, ma che invece cambiano la vita l’uno
dell’altro in un solo weekend.
Più di molti altri film di questa
lista, questo film contiene molte conversazioni filosofiche non
solo sull’amore, ma anche sull’identità sessuale. Grazie
alla presenza di un uomo ancora per metà nascosto e di un altro
dichiarato e orgoglioso, riusciamo ad avere un’idea più profonda
delle ansie e delle gioie dell’essere omosessuali in questo mondo
moderno.
Brokeback Mountain (2005)
Nessun altro film è stato o sarà
importante come Brokeback Mountain nella storia della rappresentazione
dell’identità sessuale a Hollywood e molto gettonato durante il
Pride Month. Il film, diretto da Ang Lee, racconta la storia di due
cowboy che si incontrano nell’estate del ’63 per un lavoro e presto
sviluppano un desiderio indomabile l’uno per l’altro che li
accompagnerà per il resto della loro vita.
All’epoca della sua uscita, il film
fu acclamato per il coraggio dei suoi attori, Jake Gyllenhaal e Heath Ledger, di “diventare gay” e la maggior parte
delle discussioni verteva sulle scene di sesso. Sebbene lo shock di
queste scene si sia esaurito, la loro tenerezza e bellezza non si
sono esaurite.
La vita di Adele(2013)
Unico film nella storia del
Festival di Cannes a vincere la Palma d’Oro non solo
per il regista ma anche per le due attrici protagoniste, Blue is
the Warmest Color ha entusiasmato gli spettatori di tutto il mondo.
Il film segue un’adolescente francese, Adele (Adele
Exarchopoulos), che scopre la sua sessualità e l’amore con
la pittrice più anziana, Emma (Lea
Seydoux).
Queste attrici ci guidano da un
mondo di desiderio inquieto al lato più oscuro di un amore
costruito su un terreno ineguale in modo così naturale che si
potrebbe pensare di stare guardando un documentario. Anche se la
lunghezza delle scene di sesso viene spesso notata, sono la
vulnerabilità e l’onestà delle attrici lo rendono uno dei capisaldi
durante il Pride Month.
My Beautiful Laundrette –
Lavanderia a gettone(1985)
In uno dei primi ruoli di rilievo di
Daniel Day Lewis, esplode sullo schermo nei
panni di un teppista con un lato segreto dal cuore tenero in My
Beautiful Laundrette. Ambientata a Londra durante gli anni della
Thatcher, la storia è incentrata su Omar (Gordon Warnecke), un
giovane pakistano che si riunisce al suo vecchio amico e attuale
membro di una gang, Johnny (Day-Lewis).
I due diventano custodi e gestori
della lavanderia dello zio di Omar e iniziano una relazione
sentimentale. Ci vuole un grande regista per approfondire le
motivazioni estremamente personali di due amanti e allo stesso
tempo criticare la società in generale e Stephen Frears è proprio
quel regista. Considerato uno dei migliori film britannici di tutti
i tempi, My Beautiful Laundrette è un film di classe a sé
stante.
120 battiti al minuto(2017)
BPM non solo ci offre un ritratto
realistico di una relazione dall’inizio alla fine, ma ci rivela
anche cosa significava essere omosessuali in mezzo a una pandemia
che nessuno voleva risolvere. Questo film pluripremiato segue un
gruppo di attivisti di ACT UP Paris negli anni ’90 che lottano per
ottenere la consapevolezza e i farmaci di cui hanno bisogno. In
mezzo a tutto questo, due uomini gay, uno sieropositivo e l’altro
negativo, si innamorano l’uno dell’altro.
Il loro amore rispecchia gli alti e
bassi dell’essere attivista. A volte la loro passione è contagiosa
ed energizzante, ma la depressione può renderli fatalisti e
lasciarli senza soluzioni. Per una storia d’amore che affronta di
petto il più grande problema sociale della comunità LGBTQ, questa è
l’unica scelta possibile.
Una donna fantastica(2017)
In questo film premiato con l’Oscar,
il regista Sebastian Lelio dipinge un ritratto del dolore che
nessun altro avrebbe potuto fare. Una donna fantastica segue
Marina, una giovane donna transgender che vive a Santiago del Cile
e lavora come cantante e cameriera. Quando il suo fidanzato più
anziano muore improvvisamente, si ritrova sola e sottoposta a un
intenso scrutinio da parte della famiglia di lui e della società in
generale.
Anche se non sembra un film
romantico, dato che il fidanzato è morto per la maggior parte della
sua durata, Lelio ci mostra come il lutto sia un processo
altrettanto importante in una relazione. Con una grafica di grande
impatto e un’interpretazione da star di Daniela Vega, questo
film vi farà desiderare un uomo che non conoscevate e vi farà
arrabbiare perché nessuno può accettare questo amore.
Il colore viola(1985)
Il film di Steven Spielberg è stato criticato per le scene di
sesso. Tuttavia, anche senza scene o dichiarazioni esplicite,
questa è una delle storie d’amore più compassionevoli portate sullo
schermo. Il colore viola è un racconto epico che abbraccia
quarant’anni di vita di Celie (Whoopi Goldberg), una donna
afroamericana che vive nel Sud agli inizi del 1900.
Affronta i maltrattamenti del padre
e del marito e viene poi separata dalla sorella. L’unico conforto
che trova è Shug, una showgirl e amante del marito. Dopo anni in
cui Celie ha vissuto in un costante stato di tensione e angoscia,
il fatto di vederla entrare in contatto con qualcuno fa arrossire,
anche se si tratta solo di un bacio sulla guancia!
Domenica, maledetta
domenica(1971)
In uno dei primi film a
rappresentare un bacio tra due uomini, Sunday Bloody Sunday ha
cambiato ciò che il pubblico poteva vedere. Questo classico diretto
da John Schlesinger (Midnight Cowboy) è incentrato su un
giovane artista bisessuale dallo spirito libero (Murray Head) e
sulle sue relazioni simultanee con una consulente di reclutamento
divorziata (Glenda Jackson) e un medico ebreo gay (Peter
Finch).
Girato solo quattro anni dopo
l’abolizione della legge britannica contro l’omosessualità,
Schlesinger rivoluzionò il cinema mostrando un triangolo amoroso
doloroso con compassione e autenticità.
Gonne al bivio(1999)
Sebbene alla sua uscita non abbia
ricevuto il plauso della critica, il film si è guadagnato lo status
di cult. Questa affascinante commedia segue Megan (Natasha
Lyonne), una popolare cheerleader di periferia che viene
colta alla sprovvista quando i suoi amici e la sua famiglia
organizzano un intervento per la sua omosessualità e
successivamente la mandano in un campo di conversione.
Quello che segue è una dolce
rivisitazione in chiave camp su un problema molto reale che anche
il Pride Month mette in evidenza, condita da una deliziosa storia
d’amore tra Megan e la compagna di campo Graham (Clea Duvall). È
una delle prime commedie sentimentali adolescenziali che ha fatto
capire ai giovani gay che non erano soli e che non dovevano
soffrire per il loro amore, e non dovrebbe essere dimenticata!
Ecco la nuova collezione
d’abbigliamento per donna Hot Topic, ispirato a
PPZ – Pride and Prejudice and Zombies, il
film in uscita in Italia il prossimo 4 febbraio con protagonista
Lily James. La collezione è acquistabile a
questo link. Di seguito i modelli:
Il film
è diretto da Burr Steers e interpretato da
Lily James (Cenerentola), Sam
Riley (Maleficent), Jack Huston (American
Hustle – L’Apparenza Inganna), Bella Heathcote
(Dark Shadows), Douglas Booth (Jupiter – Il
Destino dell’Universo), Matt Smith (Doctor Who), Charles Dance
(Il Trono di
Spade) e Lena Headey (Il Trono di
Spade).
Tratto
dal libro cultscritto da Seth
Grahame-Smith, edito in Italia da Nord con il titolo
Orgoglio e pregiudizio e zombie, il romanzo ha suscitato
subito l’entusiasmo sia dei neofiti sia dei più fanatici ammiratori
della Austen, scalando in breve tempo tutte le classifiche di
vendita e imponendosi come fenomeno editoriale in oltre venti
Paesi.
Il film
arriverà nelle sale italiane in anteprima mondiale il 4 Febbraio
2016.
Una
misteriosa epidemia si è abbattuta sull’Inghilterra del XIX secolo
e il Paese è invaso dai non morti. Elizabeth Bennet e le sue
sorelle sono maestre nelle arti marziali e nell’uso delle armi e
sono pronte a tutto per difendere la loro famiglia dalla temibile
minaccia. Forte e risoluta, Elizabeth dovrà scegliere se continuare
a combattere proteggendo le persone che ama o cedere all’attrazione
per l’unico uomo capace di tenerle testa, il tenebroso colonnello
Darcy.
Uscirà
in Italia con il titolo inglese di PPZ Pride and Prejudice and
Zombies la versione fantasy di una delle storie d’amore
più conosciute al mondo, capace di unire al grande classico scritto
da Jane Austen le sfumature tipiche delle migliori storie
gotiche.
Il film
è diretto da Burr Steers e interpretato da
Lily James (Cenerentola), Sam
Riley (Maleficent), Jack Huston (American
Hustle – L’Apparenza Inganna), Bella Heathcote
(Dark Shadows), Douglas Booth (Jupiter – Il
Destino dell’Universo), Matt Smith (Doctor Who), Charles Dance
(Il Trono di
Spade) e Lena Headey (Il Trono di
Spade).
Tratto
dal libro cultscritto da Seth
Grahame-Smith, edito in Italia da Nord con il titolo Orgoglio e
pregiudizio e zombie, il romanzo ha suscitato subito
l’entusiasmo sia dei neofiti sia dei più fanatici ammiratori della
Austen, scalando in breve tempo tutte le classifiche di vendita e
imponendosi come fenomeno editoriale in oltre venti
Paesi.
Il film arriverà nelle
sale italiane in anteprima mondiale il 4 Febbraio 2016.
Il
motivo di un successo tanto clamoroso risiede nell’unicità della
vicenda narrata, in cui al fascino di una storia d’amore senza
tempo, si aggiunge il divertimento di una lotta senza esclusione di
colpi contro l’orribile flagello zombie che si è abbattuto
sull’Inghilterra del XIX secolo.
Senza
tralasciare tematiche care all’universo femminile, di cui la Austen
è stata una delle prime e più convinte paladine, questa versione
moderna e sensuale di Elizabeth Bennet e delle sue sorelle
trasforma le cinque amabili ragazze nelle donne forti e combattive
che in fondo sono sempre state.
PPZ
– PRIDE AND PREJUDICE AND ZOMBIESè
ricco di avventura, di cuori infranti, di argute schermaglie e
duelli all’arma bianca, rappresentati con ironia in una versione
alternativa, tanto spiazzante quanto affascinante, di una delle
pietre miliari della letteratura mondiale.
PPZ –
Pride and Prejudice and Zombies è la nuova rivisitazione
dell’acclamato capolavoro di Jane Austen.
Una
misteriosa epidemia si è abbattuta sull’Inghilterra del XIX secolo
e il Paese è invaso dai non morti. Elizabeth Bennet e le sue
sorelle sono maestre nelle arti marziali e nell’uso delle armi e
sono pronte a tutto per difendere la loro famiglia dalla temibile
minaccia. Forte e risoluta, Elizabeth dovrà scegliere se continuare
a combattere proteggendo le persone che ama o cedere all’attrazione
per l’unico uomo capace di tenerle testa, il tenebroso colonnello
Darcy.
Il franchise di
Predator è continuato con almeno un nuovo film
ogni dieci anni o giù di lì, ma la maggior parte dei fan sarebbe
probabilmente d’accordo sul fatto che il film originale del 1987
con l’austriaco preferito da tutti,
Arnold Schwarzenegger, è di gran lunga il capitolo più
forte. Predator 2 e Predators
erano abbastanza decenti, ma i due film di Alien vs.
Predator erano più simili a un fan service a buon mercato
che a un vero e proprio film. Senza contare che The
Predator del 2018 è stato considerato un po’ un fiasco
sia dai fan che dalla critica, con una trama disordinata che ha
fatto sembrare il film come se volesse essere un film di supereroi
invece che un
film d’azione e
horror come l’originale. A prescindere dalla loro
diversa qualità, sembra giusto dire che nessun film successivo è
stato in grado di catturare la suspense e il valore di
intrattenimento dell’originale.
“Originale” potrebbe essere la
parola chiave che la serie ha bisogno di sentire, e sembra che una
boccata d’aria fresca stia finalmente per arrivare nel franchise
sotto forma di Prey (la
nostra recensione), dal titolo intelligente. Il film
in arrivo è un prequel che si svolge molto prima degli eventi del
primo film e racconta la storia del primo membro della specie
Predator a visitare la Terra. Sebbene il progetto sia stato avvolto
dalla segretezza per volontà del regista Dan Trachtenberg,
lentamente e inesorabilmente le informazioni sul film si sono fatte
strada tra le notizie, quindi ecco tutto quello che c’è da sapere
su Prey.
Il primo sguardo al mondo unico di
Prey è stato dato nel maggio 2022. Essenzialmente,
tutto ciò che il breve teaser di 40 secondi mostra è una giovane
donna nativa americana che fugge da una foresta, prima di
incontrare un compagno Comanche che le chiede di mettersi al
riparo. I due guardano nel bosco vuoto prima che l’iconico reticolo
a tre punti appaia su una delle loro teste. In seguito, il trailer
mostra un teso confronto tra la protagonista Naru e uno Yautja
invisibile. E questo è tutto. Il trailer completo del film è stato
rilasciato nel giugno 2022 e contiene molti più dettagli, tra cui
uno sguardo al Predator.
Come sono state le prime reazioni
a Prey?
Prima dell’uscita del film,
Collider ha ospitato una proiezione speciale di
Prey al San Diego Comic-Con 2022. E come è stato
accolto, vi chiederete? Incredibilmente bene! Il film si è
guadagnato una standing ovation durante la proiezione. In seguito,
le reazioni online hanno definito il film come uno dei migliori
film di Predator.
Prey riprende l’IP
di Predator e la trasporta in un periodo
temporale completamente nuovo, di fatto trecento anni nel passato,
molto prima degli eventi del film originale. Più precisamente, il
film si svolge nell’America pre-coloniale e segue una giovane
cacciatrice Comanche di nome Naru mentre rintraccia una misteriosa
minaccia che mette in pericolo il suo popolo.
Naru non sa che quella minaccia è
un essere extraterrestre estremamente intelligente e
tecnologicamente avanzato chiamato Yautja, meglio noto alle masse
come Predator, che caccia le creature più pericolose della galassia
per sport. Il produttore John Davis ha confermato che è la prima
volta che questa iconica specie ha fatto del pianeta Terra il suo
terreno di caccia personale, circa tre secoli prima che uno di
questi Predator si scontrasse con uno sparuto gruppo di soldati in
America Centrale.
Chi ha prodotto Prey?
Nonostante una recente disputa tra
gli sceneggiatori del film originale di Predator e la nuova casa
madre della 20th Century, la Walt Disney, lo studio precedentemente
noto come Fox è ancora il gigante della produzione dietro a
Prey (e sì, l’idea che Topolino ora possieda
Predator non smetterà mai di essere strana).
Come già detto, alla regia siede
Dan Trachtenberg, noto soprattutto per il suo lavoro sul thriller
10 Cloverfield Lane, acclamato dalla critica.
Il sequel a sorpresa è stato un debutto alla regia che ha fatto
conoscere il nome di Trachtenberg come regista da tenere d’occhio.
Anche se da allora ha lavorato a importanti progetti televisivi,
tra cui
Black Mirror e The Boys,
Prey sarà il suo primo lungometraggio dopo sei
anni. Trachtenberg ha anche dichiarato di essere
“molto triste per il fatto che ciò che avevamo in serbo per il modo
in cui avreste potuto scoprire questo film non avverrà più” dopo
che la trama del film è trapelata. Probabilmente questo allude a
una campagna di marketing unica, simile a quella di 10 Cloverfield
Lane, e anche se è un peccato che la sorpresa sia stata rovinata,
il coinvolgimento del regista è comunque sufficiente per
entusiasmarsi.
Oltre alla regia, la squadra del
film comprende Patrick Aison come sceneggiatore,
già autore di Wayward Pines e Jack Ryan. Il consiglio dei
produttori è composto da John Davis (The Predator), Marty P. Ewing
(It), John Fox (Game Night), Lawrence Gordon (Predator), Jhane
Myers (Monsters of God) e Marc Toberoff (Fantasy Island).
L’imponente troupe è completata dal direttore della fotografia Jeff
Cutter (10 Cloverfield Lane), dalla montatrice Claudia Costello
(Creed) e dalla scenografa Kara Lindstrom (Den of Thieves).
Chi fa parte del cast di
Prey?
A guidare il cast nel ruolo
principale di Naru è Amber Midthunder, nota
soprattutto per il suo lavoro come Kerry Loudermilk in Legion. A
lei si aggiungono, in un cast apparentemente ridotto, Dane
DiLiegro, Stefany Mathias, Stormee Kipp e Dakota Beavers.
I fan possono notare che la maggior
parte del cast è di origine nativa americana, una decisione presa
molto probabilmente per rendere il più possibile autentica
l’ambientazione e ritrarre accuratamente i personaggi Comanche. La
descrizione del trailer attribuisce alla produttrice Jhane Myers la
ragione principale dei ruoli appropriati, in quanto lei stessa è un
membro della Nazione Comanche. Ovviamente, la rappresentazione
della cultura reale non potrà essere verificata fino all’uscita del
film, ma per ora tutti i segnali vanno nella giusta direzione e si
spera che il film introduca personaggi amati di una comunità che
merita di essere maggiormente rappresentata nel mondo del cinema.
Tra l’altro, Prey sarà il primo lungometraggio ad
essere trasmesso in streaming con i sottotitoli in lingua
comanche.
Dove e come vedere i precedenti
film di Predator
Anche se Prey è un
prequel e probabilmente non richiederà una conoscenza preliminare
degli altri film, alcuni potrebbero comunque voler rivedere i
precedenti episodi del franchise o scoprirli per la prima volta. Se
siete tra queste persone, ecco i modi migliori per vedere i sei
film precedenti (sono inclusi i film non canonici di Alien vs.
Predator perché, a prescindere da quanto possano essere sciocchi,
l’unione delle due icone della fantascienza è troppo grande per
essere persa).
Predator (1987) – Disponibile in
streaming su Disney+
Predator 2 (1990) – Disponibile in
streaming su Disney+
Alien vs. Predator (2004) –
Disponibile in streaming su Disney+
Alien vs. Predator: Requiem (2007)
– Disponibile in streaming su Disney+
Predators (2010) – Disponibile in
streaming su Disney+
The Predator (2018) – Disponibile
in streaming su Disney+
La
piattaforma Hulu e 20th Century Studios hanno rilasciato il trailer
ufficiale di Prey
di Dan Trachtenberg, l’annunciato
prequel in arrivo ambientato 300 anni prima degli eventi del film
cult Predator con Arnold Schwarzenegger. Amber
Midthunder (Legion; The Ice Road) è
il protagonista del cast, composto quasi interamente da talenti
Native First Nation. Il cast di supporto vede il debutto
dell’esordiente Dakota Beavers, Stormee Kipp (
Sooyii ), Michelle Thrush (The
Journey Home) e Julian Black Antelope
(Tribal), con Dane DiLiegro
( American Horror Stories ) che interpreta
Predator.
Prey, l’action-thriller targato 20th Century
Studios e diretto da Dan Trachtenberg (The
Boys, 10 Cloverfield Lane). Il nuovo capitolo del
franchise di Predator debutterà il 5 agosto 2022 in
esclusiva sulle piattaforme direct-to-consumer di Disney: come Hulu
Original negli Stati Uniti, come Star+ Original in America Latina e
come Disney+ Original sotto il brand Star in
tutti gli altri territori.
Prey è diretto da Dan Trachtenberg, scritto da Patrick
Aison (Jack Ryan, Treadstone) e prodotto da John
Davis (Jungle Cruise, The Predator), Jhane Myers
(Monsters of God) e Marty Ewing (It – Capitolo
due), con Lawrence Gordon (Watchmen), Ben Rosenblatt
(Snowpiercer), James E. Thomas, John C. Thomas e Marc
Toberoff (Fantasy Island) come produttori esecutivi.
I filmmaker si sono impegnati a creare un film che fornisse un
ritratto accurato dei Comanche e garantisse un livello di
autenticità che fosse fedele alle popolazioni indigene. Per questo,
il film si avvale di una produttrice (Myers) nativa Comanche e di
un cast composto quasi interamente da attori nativi e della Prima
Nazione, tra cui Amber Midthunder (The Ice Road,
Roswell, New Mexico), l’esordiente Dakota Beavers, Stormee
Kipp (Sooyii), Michelle Thrush (The Journey Home)
e Julian Black Antelope (Tribal). Il film è interpretato
anche da Dane DiLiegro (American Horror Stories) nei panni
di Predator.
Prey, la trama ufficiale
Ambientato 300 anni fa nella
Nazione Comanche, Prey è la storia di una giovane donna di
nome Naru, guerriera feroce ed estremamente abile. Cresciuta
all’ombra di alcuni dei più leggendari cacciatori che si aggirano
per le Grandi Pianure, Naru intende proteggere la sua gente quando
un pericolo minaccia il suo accampamento. La preda che insegue, e
che infine affronta, si rivela essere un predatore alieno altamente
evoluto con un arsenale tecnologicamente avanzato: ne nasce una
feroce e terrificante resa dei conti tra i due avversari.
È passato un po’ di tempo
da quando è uscito il suo primo film, 10 Cloverfield Lane, e ora Dan
Trachtenberg è pronto a tornare con un
progetto davvero insolito ed interessante, che si colloca in
uno dei
franchise più amati al mondo, che abbiamo ereditato dai
prolifici anni ’80: Prey è infatti il presule di
Predator, e vede il temibile cacciatore diventare la preda di una
dotata guerriera Comanche, 300 anni fa.
In occasione della
conferenza stampa del film, Dan Trachtenberg ha
spiegato come mai proprio adesso è tornato alla regia e come mai
proprio con Prey. Come spesso accade a Hollywood, quando
alcuni progetti hanno un tempo di gestazione estremamente lungo,
Prey rientra proprio in quel gruppo di progetti. L’idea era
arrivata poco dopo l’uscita di 10 Cloverfield Lane
nel 2016 e dopo un anno aveva cominciato a sviluppare il film.
Tuttavia tutto si è concretizzato all’inizio del 2020, e in quel
momento tutto il mondo si è fermato.
“Un sacco di elementi
hanno contribuito al ritardo del film – ha spiegato il regista
– ma l’idea alla base è stata quella di realizzare un film che
fosse guidato dall’azione. Volevamo che il film fosse emozionante e
che avesse un grande cuore, e questo è stato possibile perché
abbiamo reso una ragazza che non viene presa in considerazione, non
considerata una minaccia, un’emarginata e abbiamo inserito questo
personaggio all’interno di uno scenario puramente action. È
diventato un film in cui l’eroe è proprio quello che non ti
aspetti.”
Ma la scelta di
immergersi nel mondo di Predator con questo prequel è nata, per
Trachtenberg, da un’esperienza personale. A quanto pare, da piccolo
i suoi genitori gli proibivano di guardare film violenti e lui non
era riuscito a vedere il primo Predator, a differenza dei suoi
compagni di classe, che gli raccontarono per filo e per segno la
storia. Al piccolo Dan rimase impressa una scena particolare di
quel racconto: uno scout nativo americano che combatteva contro il
Predator sotto la pioggia. “Quando poi ho visto il film –
ha spiegato Trachtenberg – quella scena non c’era! E così ho
sentito il desiderio di girarla io. Il film è il risultato di un
sacco di elementi e di influenze.”
Il film si concentra
intorno al personaggio di Naru, una giovane Comanche che sogna di
diventare cacciatrice, ma essendo donna viene destinata ad altre
mansioni. Questo non le impedisce di allenarsi con ascia e arco e
frecce, capacità che le torneranno molto utili nella sua avventura.
A interpretarla Amber Midthunder, che dopo molti
ruoli secondari al cinema e in tv, qui è la protagonista assoluta.
“La mia prima audizione per il film l’ho fatta prima della
pandemia, poi il progetto è come sparito. Quando mi hanno
richiamata, non avevo capito subito cosa fosse. Mi hanno detto che
avrei dovuto rifare l’audizione e mi è venuto da piangere, ero
nervosissima perché sapevo che era un film ambientato in un
franchise così importante.” Nonostante la tensione, Midthunder
ha gestito benissimo il suo personaggio e soprattutto le scene
d’azione, di cui il film è pieno e che ha comportato un allenamento
intensivo in un campo dedicato.
Al suo fianco, nei panni
del fratello Taabe, c’è l’esordiente Dakota
Beavers, che non immaginava di finire a fare l’attore, ma
che si è rivelato la scelta giusta per questo guerriero e
cacciatore che deve riconoscere la superiorità della sorella,
almeno dal punto di vista della tattica. “Era la mia prima
volta ma tutti sono stati molto gentili con me, e molto pazienti.
Ho imparato un mucchio di cose per questo film e credo che tra
tutte, la stil che userò di più sarà andare a cavallo. Prima di
ottenere questo ruolo, avevo visto solo il primo film della saga, e
poi ho visto tutti gli altri. Ho capito subito che non si scherzava
e che avevo molte cose da fare.”
Dal punto di vista della
produzione, l’apporto di Jhane Myers è stato
fondamentale. La produttrice Comanche è famosa a Hollywood per la
sua dedizione e ila sua cura nei dettagli della rappresentazione
della sua cultura, e in Prey non poteva esserci persona migliore
per fare sì che i Comanche di 300 anni fa, protagonisti della
storia, fossero rappresentati con il giusto grado di verità, sia
dal punto di vista estetico, degli usi e dei costumi, che dal punto
di vista linguistico. “Il film è ambientato in un periodo di
cui non abbiamo molte foto e quindi pochissimi riferimenti, ma ci
siamo affidati all’arte figurativa dell’epoca e soprattutto siamo
riusciti ad avere un margine creativo.” E il risultato è
rimarchevole.
Prey arriva il 5 agosto su Disney+ nel catalogo Star.
Il regista di Prey, Dan Trachtenberg,
spiega come il nuovo film si collega ai precedenti film del
franchise. Sulla carta questo progetto è il prequel del film del
1987.
Forse i fan rimarranno colpiti
quando The Predator (o un altro membro della
specie del personaggio) affronterà un nuovo avversario umano (che
non è Arnold Schwarzenegger) nel prossimo film di
Hulu Prey,
che vede un cacciatore di alieni atterrare nell’America
precoloniale per incontrare un gruppo di Comanche guerrieri tra cui
la combattente donna Naru (Amber Midthunder).
Prey dà davvero una
nuova svolta alla serie tornando indietro nel tempo per immaginare
un membro della specie di The Predator che
incontra gli umani in un ambiente relativamente primitivo. Questa
sembra una premessa abbastanza semplice, ma in realtà ci sono
alcune idee sbagliate agli occhi del pubblico su ciò che
Prey sta effettivamente cercando di realizzare,
almeno secondo l’opinione del regista del film Dan
Trachtenberg. Parlando con SFX Magazine, Trachtenberg ha
parlato di questi malintesi e ha chiarito come il film si collega
effettivamente al resto della serie Predator:
“Voglio dirlo in modo specifico,
perché penso che ci sia stata una certa confusione su quello che le
persone hanno capito di Prey: nella mia mente, questo non è un film
prequel, non è ‘Raccontiamo l’origine del Predator’. Questo è
semplicemente qualcosa di ambientato prima del film originale di
Predator. Questo film racconta la prima volta che un essere della
razza dei Predator arriva sulla Terra.”
Prey, la trama ufficiale
Ambientato 300 anni fa nella Nazione
Comanche, Prey è la storia di una giovane donna di nome
Naru, guerriera feroce ed estremamente abile. Cresciuta all’ombra
di alcuni dei più leggendari cacciatori che si aggirano per le
Grandi Pianure, Naru intende proteggere la sua gente quando un
pericolo minaccia il suo accampamento. La preda che insegue, e che
infine affronta, si rivela essere un predatore alieno altamente
evoluto con un arsenale tecnologicamente avanzato: ne nasce una
feroce e terrificante resa dei conti tra i due avversari.
Prey è diretto da Dan Trachtenberg, scritto da Patrick
Aison (Jack Ryan, Treadstone) e prodotto da John
Davis (Jungle Cruise, The Predator), Jhane Myers
(Monsters of God) e Marty Ewing (It – Capitolo
due), con Lawrence Gordon (Watchmen), Ben Rosenblatt
(Snowpiercer), James E. Thomas, John C. Thomas e Marc
Toberoff (Fantasy Island) come produttori esecutivi.
Il
franchise di Predator è finalmente ritornato al successo con
Prey. Dopo due sequel deludenti e la deludente
performance di Alien VS Predator – Requiem, erano
quasi 20 anni che il Predator non compariva in un
film che piacesse davvero (e questo se consideriamo il primo AVP
come un successo… altrimenti, sono più di 30 anni che non si vede
un film di Predator che funzioni).
Ma la critica e il pubblico sono
d’accordo nell’elogiare Prey. I precedenti film non sapevano neppure
cosa fossero: sapevano soltanto di non essere horror, nonostante
l’originale Predator avesse tonnellate di elementi
horror. Da lì, sono rimasti bloccati in uno strano loop di
tentativi di essere un sequel sospeso tra fantascienza, azione e
blockbuster estivo. C’erano tante idee sulla carta, ma nessuna
funzionava davvero: quello di cui avevano bisogno era un richiamo
all’originale e Prey ha intercettato subito la
sfida.
Ha creato la sua storia
Prey
funziona dove i sequel hanno fallito: rappresenta una storia e un
film a sé stanti. Anche se tecnicamente è un “prequel”, gli eventi
si svolgono letteralmente centinaia di anni prima dell’originale,
quindi non si ricollega in alcun modo alla storia… e questo
elemento è perfetto.
I sequel si sono impantanati nel
tentativo di “spiegare” il franchise, aggiungere lore e “espandere
l’universo cinematografico”. Quello che non hanno fatto, però, è
stato raccontare una buona storia. Prey è invece incentrato su una ragazza
solitaria determinata a proteggere la sua tribù e a dimostrare di
poter essere una cacciatrice: una storia tutta sua, che ha dato
vita a un film convincente.
Mescola horror e suspense con
l’action
Uno degli aspetti che hanno
reso il Predator originale così unico è che
nessuno è riuscito a descriverne il genere. I fan dell’azione lo
rivendicano come proprio… ma anche i fan dell’horror. Il film
fondeva perfettamente i due generi, creando un’esperienza unica,
coinvolgente, spaventosa e adeguatamente ricca di azione.
Gli altri film più recenti di
Predator si appoggiavano pesantemente al genere
action/sci-fi e in qualche modo riuscivano a non far sembrare il
Predator affatto spaventoso (anche la pessima CGI
non aiutava). Prey reintroduce gli elementi stealth del
primo film, creando un thriller avvincente.
Bloccati nella natura
selvaggia
Prey
ha contribuito a ripristinare la suspense tipica del primo film
ambientando la sua narrazione nella natura selvaggia. In origine,
il Predator stava inseguendo un’operazione
militare nelle giungle dell’America Centrale, mentre in
Prey è a caccia nelle pianure del Nord nel 1700,
prima della colonizzazione europea.
Pur essendo diverse, entrambe le
ambientazioni sono simili: grandi spazi selvaggi e incontaminati
enfatizzano la sensazione di essere soli senza nessuno che possa
aiutare e un’ampia quantità di nascondigli in cui il
Predator potrebbe nascondersi.
La creazione dell’eroina
Un’altra modifica apportata
dai nuovi film alla formula originale è stata l’aggiunta di un
vasto nucleo di guerrieri che tenta di uccidere il
Predator. Nel film del 2018, ad esempio, si
trattava dell’intero esercito e di un team di scienziati.
L’aggiunta di un cast così numeroso, di armi tecnologiche, di
veicoli corazzati, di creature ibride… ha solo smorzato l’essenza
di Predator e ha reso difficile per il pubblico
entrare in contatto con qualsiasi personaggio, perché ce n’erano
semplicemente troppi.
In Prey, Amber Midthunder si cala in modo massiccio
nella parte di ArnoldSchwarzenegger, dando
finalmente al franchise un altro eroe – in questo caso, per la
prima volta, un’eroina – per cui tifare.
Un’eroina a cui ci
affezioniamo
Oltre a essere l’eroe
principale, Naru (Amber
Midthunder) è un personaggio a tutto tondo a cui il
pubblico tiene davvero. Nell’originale, il viaggio per la
sopravvivenza ha fatto sì che il pubblico facesse il tifo per
Schwarzenegger e volesse davvero vederlo
vincere.
In
Prey, proviamo lo stesso coinvolgimento emotivo nei
confronti di Naru, che parte per dare la caccia
alla misteriosa creatura che nessuno crede esista. Si trova in una
situazione che nessun essere umano potrebbe mai pianificare ed è
costretta a lottare per la sopravvivenza. Per la prima volta dopo
decenni, la serie di Predator ha finalmente avuto
un’attrice protagonista con cui il pubblico ha legato e per cui ha
fatto il tifo.
“Se sanguina…possiamo
ucciderlo”
Uno dei richiami più
diretti al film originale è la famosa battuta “Se sanguina…
possiamo ucciderlo“. I fan ricorderanno probabilmente che
queste sono le stesse parole pronunciate da Schwarzenegger nel film originale del
1987.
Questo non solo è un grandissimo
Easter Egg per i fan, ma è anche un chiaro messaggio:
Naru è la vostra nuova eroina action. Questa frase
crea l’atmosfera giusta per il film, quasi come se i registi
volessero far capire agli spettatori che Prey è il vero successore spirituale del primo
film.
Un solo Predator
Una delle mosse più
intelligenti di Prey è stata quella di tornare a un solo
Predator. Nei sequel, sembravano spuntare sempre
più Predator ovunque, così come creature ibride.
Tutto è diventato molto contorto e sono successe troppe cose
raccontate da prospettive differenti, senza che riuscissero
effettivamente ad avere rilevanza nella trama.
Prey si è accorto del fallimento dei sequel ed
è tornato alla formula originale, rendendosi conto che un solo
Predator crea molto più terrore, trasformandolo in
una minaccia terrificante quasi simile a Michael
Myers o Jason Voorhees. Questa semplice
decisione ha contribuito a dare un tono all’intero film.
La trappola
Come sappiamo, Schwarzenegger organizza delle trappole
elaborate per il Predator. In Prey, il finale è molto simile:
Naru capisce che può ingannare il
Predator facendolo impantanare nelle sabbie
mobili.
Questo è stato un altro momento in
Prey in cui i registi hanno chiaramente fatto
un cenno al primo film, dando allo stesso tempo ancora più
carattere a Naru. Il momento culminante mostra
allo spettatore che Naru è diventata davvero la cacciatrice che
voleva essere e che il predatore è ora diventato la preda.
Il visore termico
Nel primo film, Schwarzenegger si rende conto che il
Predator non può vederlo quando è coperto di
fango. In Prey, Naru scopre la stessa
cosa grazie a una pianta medicinale che la sua tribù usa per
rallentare il flusso sanguigno. Sebbene questo espediente sia stato
accennato nei sequel, fino a Prey non è mai stato un punto fermo della
trama.
È anche uno strumento importante,
poiché il Predator è praticamente inarrestabile e il suo visore
termico è una delle debolezze che gli umani possono usare a loro
vantaggio.
Il film del 2022 Prey
porta la saga di Predator indietro nel tempo, contrapponendo
uno dei più grandi cacciatori della galassia ai guerrieri Comanche
del 1700. Nuovo periodo, ma stesso letale Predator, dunque, per un
film che si configura come una vera e propria origin story della saga. Diretto da Dan
Trachtenberg, Prey
(qui
la nostra recensione) racconta infatti la
storia della prima caccia della specie Predator sulla
Terra.
Durante un’intervista, Trachtenberg ha
spiegato che il suo obiettivo per il film era quello di tornare
alle radici del franchise: “l’ingegnosità di un essere umano
che non si arrende, che è in grado di osservare e interpretare, in
fondo è in grado di battere una forza più forte, più potente, ben
armata“. Storicamente accurato e ricco di momenti di grande
intrattenimento, il film è poi stato un vero e proprio successo ed
è da molti definito il capitolo più avvincente della saga.
Per i fan dei precedenti capitoli,
si tratta dunque di un ritorno alle origini che, date le sue
particolarità, non mancherà di entusiasmare. In questo articolo,
approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a
Prey.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori, alla spiegazione del
finale e a ciò che sappiamo riguardo un
sequel. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Ambientato nel 1719 nelle Grandi
Pianure, il film ha per protagonista la giovane
Naru, guerriera feroce ed estremamente abile della
tribù dei Comanche. Cresciuta all’ombra di alcuni dei più
leggendari cacciatori del suo popo, Naru intende dimostrare di
poter proteggere la sua gente quando un pericolo minaccia il suo
accampamento. La preda che insegue, e che infine affronta, si
rivela però essere un predatore alieno altamente evoluto con un
arsenale tecnologicamente avanzato Ne seguirà una feroce e
terrificante resa dei conti tra i due avversari.
Ad interpretare Naru, la giovane
guerriera Comanche, vi è l’attrice Amber
Midthunder. Dakota Beavers ricopre
invece il ruolo di Taabe, fratello di Naru. Michelle
Thrush è invece Aruka, la loro madre, mentre
Julian Black Antelope ricopre il ruolo di Capo
Kehetu. Bennett Taylor, invece, è Raphael Adolini,
un traduttore italiano assunto dai francesi. Infine, l’ex giocatore
di pallacanestro Dane DiLiegro interpreta il
selvaggio Predator, che brandisce versioni primitive delle armi
avanzate usate dai Predator nei precedenti film.
La spiegazione del finale
Il combattimento finale di Prey
inizia con Naru e suo fratello Taabe che affrontano entrambi il
Predator. Taabe, tuttavia, viene poi ucciso
dall’alieno mentre Naru fugge e riesce poi ad ingerire il
particolare fiore che permette di nascondere il calore corporeo,
che è ciò a cui il Predator fa riferimento per individuare le sue
prede. A quel punto, Naru usa la pistola avancarica a pietra focaia
per tendere un’imboscata al Predator, riuscendo a fargli cadere la
sua maschera di puntamento laser che lei ruba prima di fuggire nel
bosco.
Naru attira poi il Predator in una
palude piena di fango prima di usare la maschera del cacciatore
alieno contro la creatura stessa. A quel punto, il Predator muore
per le ferite riportate e la ragazza può tagliargli la testa
e dipingersi il viso con il suo sangue verde brillante. Ha
finalmente completato quella che riteneva la prova con cui
dimostrare il suo valore di guerriera. Può così tornare dalla sua
tribù, sfoggiando come premio la testa del Predator.
Durante l’inizio dei titoli di coda,
gli eventi del film vengono riassunti in una serie di pitture
rupestri che si concludono con la rappresentazione di tre vascelli
Predator che scendono verso la tribù. Non è chiaro se si tratta di
un qualcosa che deve ancora avvenire o che è già avvenuto e di cui
è stata riportata testimonianza tramite la pittura. Di certo, tale
dettaglio apre ad un sequel e nell’ottobre 2023, Trachtenberg ha
confermato l’interesse dello studio a continuare il franchise e che
un sequel è attualmente in fase di sviluppo.
Ci sono easter eggs sulla saga di
Predator?
Pur essendo ambientato in un tempo
diverso e sembrando del tutto scollegato rispetto agli altri
capitoli della saga (salvo la presenza degli alieni del titolo), in
Prey
sono presenti due grandi riferimenti ai precedenti film di
Predator. Il primo è un riferimento a una delle famose battute di
Arnold Schwarzenegger del
primo film, quando la stessa battuta viene pronunciata da
Taabe: “Se sanguina, possiamo ucciderlo“.
L’altro grande riferimento è invece
a Predator 2. Si tratta della pistola avancarica a
pietra focaia del 1715 in possesso di Naru che riporta la stessa
iscrizione presente sull’arma che Danny Glover
riceve dai Predator come segno di rispetto per la sua vittoria in
quel film. Questo significa che a un certo punto i Predator devono
essere tornati sulla Terra e hanno preso quella pistola, quindi… un
divertente easter egg? Certo. Brutte notizie per Naru e la sua
tribù? Decisamente.
Il trailer di Prey e dove vederlo in streaming
e in TV
È possibile fruire di Prey
grazie alla sua presenza su una delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei
cataloghi di Disney+.
Per vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà
così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 12 giugno alle ore
21:20 sul canale Rai 4.
Prey è
l’ennesimo
episodio nato dal franchise di Predator, film culto del 1987
in cui Arnold Schwarzenegger si scontrava con il
temibile cacciatore alieno divenuto icona del cinema di genere. Il
suo verso, il suo laser di puntamento rosso, il suo “sorriso”
ruggente hanno contribuito a scrivere la storia del cinema e
adesso, grazie a Dan Trachtenberg (10
Cloverfield Lane), trovano un nuovo spazio e un nuovo
modo di raccontarsi, riuscendo, a sorpresa, ad approfondire il
franchise.
Prey, la trama
È il 1719 in terra
Comanche, una giovane donna (Amber
Midthunder) della tribù desidera essere messa alla
prova come cacciatrice, rifuggendo a tutti i costi da quello che
dovrebbe essere il suo ruolo di donna all’interno della tribù.
L’arrivo, nelle terre del suo popolo, di una bestia sconosciuta, la
mette inavvertitamente in condizione di assumere finalmente quel
ruolo di cacciatrice a cui tanto ambisce, ma non ha idea di qual è
la bestia che sarà la sua preda…
Il capovolgimento della prospettiva
La passione di
Dan Trachtenberg per il personaggio e per il
franchise trasuda da ogni scelta messa in campo per
Prey. Innanzitutto, dopo 35 anni, un semplice
cambio di prospettiva e di titolo riesce a dare un quadro
completamente nuovo delle dinamiche tra protagonisti in carne e
ossa e creatura aliena: siamo di fronte a una giovane cacciatrice
Comanche che si fronteggia con una preda, l’iconico alieno che è
sempre stato considerato IL predatore per eccellenza. Un
cambio di prospettiva, il predatore che diventa preda e che in
nessun momento, nella percezione della protagonista, viene
considerato imbattibile. “Se può sanguinare, può essere
ucciso”.
Il riposizionamento storico di Prey
Al capovolgimento della
dinamica tra preda e predatore, Trachtenberg aggiunge un
riposizionamento storico del mito di Predator, ambientando il film
in un contesto, storico e geografico, tribale, che consente anche
di affacciarsi nella cultura dei nativi americani, grazie
principalmente al contributo alla produzione di Jhane Myers, da sempre impegnata nella
diffusione e nella rappresentazione storica accurata della cultura
e della lingua Comanche. Certo, Prey è girato in
inglese per ragioni commerciali, ma presenta un cast interamente
composto da attori di origini nativo americane e si ritaglia
sporadicamente lo spazio per alcuni dialoghi in lingua Comanche.
Uno spaccato all’interno di una cultura quasi perduta che
conferisce al film un valore ulteriore.
Il linguaggio e l’azione,
prima di tutto
Certo, non sono molte le
occasioni in cui i nostri personaggi hanno la possibilità di
parlare, soprattutto perché Prey è principalmente
un film
d’azione, che mette in scena una battuta di caccia
particolarmente dura e cruda e che fa leva su un elemento nuovo,
rispetto al franchise, ovvero l’intelligenza della cacciatrice che
riuscirà a sopravvivere proprio grazie ad essa, più che alla forza
bruta che invece sembra caratterizzare il modus operandi degli
altri personaggi umani della storia. L’azione è l’unico drive della
storia che sa dosare momenti di sosta a momenti concitati, emozioni
forti e momenti di calma, il tutto in uno scenario naturale
selvaggio e primordiale, spesso ostile e sempre realistico.
Lo svelamento della creatura
Impeccabile è anche tutto
ciò che riguarda la scelta di messa in scena della creatura aliena,
del predatore che diventa preda. Il linguaggio è molto simile a
quello che Spielberg ha canonizzato ne Lo Squalo.
Il terrore, la minaccia si fa sentire prima di fasti vedere, e
Trachtenberg riesce a dosare con grande sapienza lo svelamento vero
e proprio dell’alieno, sfruttando benissimo la nota tecnica di
invisibilità/mimetizzazione di cui sono dotati i
Predator.
Prey si
basa su un assunto esilissimo e lo sfrutta a pieno, rivelandosi
forse il migliori film del franchise dopo l’originale e espandendo
la narrativa di Predator più che raccontarne le origini, che
rimangono affascinanti e misteriose.
Un filone di film particolarmente
apprezzato è quello noto come “men vs. nature”, di cui uno
dei massimi capolavori è proprio Lo squalo di Steven Spielberg. Da questo titolo ad oggi
sono stati realizzati innumerevoli film di questa tipologia, ogni
volta con animali diversi pronti a mettere a dura prova l’esistenza
umana. Titoli come Crawl – Intrappolati (2019), Rogue – Missione ad alto rischio (2020), Endangered Species – Caccia mortale (2021) o il
recente Beast (2022)
sono solo alcuni esempi a riguardo. A questi si può aggiungere
anche il film del 2024 Prey – La grande
caccia.
Inizialmente intitolato
Kalahari ma noto a livello internazionale come
Prey, questo non va confuso con Prey – La
caccia è aperta (2007) e Prey – La preda (2016),
anch’essi basati sullo scontro tra umani e leoni, né con
Prey (2022), il prequel della saga di Predators.
Rispetto a questi titoli, Prey – La grande caccia
affronta – seppur solo marginalmente – il tema del bracconaggio.
Perfettamente calato nelle dinamiche del cinema di genere, il film
pone infatti i riflettori su questa piaga che affligge la fauna
africana.
Configurandosi come un tesissimo
thriller che unisce l’azione avventurosa con i classici principi
del beast movie di sopravvivenza, anche questo film ha dunque
diversi elementi d’interesse da offrire. In questo articolo,
approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a
Prey – La grande caccia. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del
finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di Prey – La
grande caccia
Una giovane coppia,
Andrew e Sue, è costretta a
lasciare la propria stazione missionaria cristiana nel deserto del
Kalahari dopo essere stata minacciata di morte da una banda di
militanti estremisti. I due salgono dunque su piccolo aereo,
pilotato da un tale di nome Grun, per recarsi
fuori dalla regione. Durante il volo, però, si verificano forti
turbolenze, che portano il mezzo a schiantarsi. Insieme ai
sopravvissuti, Grun deduce che l’aereo si è schiantato nella
riserva di Ngala, dove vivono e cacciano grandi animali come leoni
e ghepardi. Proprio questi feroci felini si riveleranno essere il
peggior pericolo per il gruppo.
Il cast del film e le location dove
si sono svolte le riprese
Ad interpretare Andrew vi è l’attore
Ryan Philippe, noto per aver recitato nei film
So cosa hai fatto, Crash – Contatto fisico e Flags of
Our Fathers. Nel ruolo di Sue, invece, vi è l’attrice
Mena Suvari, ricordata in particolare per il suo
ruolo nei film American Beauty e American Pie. Ad
interpretare il pilota Grun, invece, vi è l’attore Emile
Hirsch, celebre per i film Rush e Bastardi
senza gloria. Completano poi il cast Dylan
Flashner nel ruolo di Tyler, Tristan
Thompson in quello di Max e Jeremy Tardy
in quello di Thabo.
Le riprese di Prey – La
grande caccia si sono svolte nel parco naturale
Vasquez Rocks, situato nella Sierra
Pelona, nel nord della Contea di Los
Angeles, in California. È noto per le sue
formazioni rocciose, risultato della stratificazione sedimentaria e
del successivo sollevamento sismico. Si trova vicino alla città di
Agua Dulce, tra le città di Santa
Clarita e Palmdale. Si tratta di un’area
frequentemente utilizzata come set per film e serie, in quanto
presenta ambienti naturali di vario genere.
Il finale del film: ecco come si
conclude Prey – La grande caccia
Nel finale del film, dopo che alcuni
degli altri sopravvissuti sono morti per varie cause – tra cui Sue
– Andrew e Thabo si imbattono in un veicolo che si avvicina alla
loro direzione. Questo trasporta però un piccolo gruppo di Zulu
armati che interrogano i sopravvissuti riguardo i corni di
rinoceronte di contrabbando posseduti da Grun e li accusano di
averli “rubati”. Thabo tenta di far ragionare gli Zulu, ma viene
ucciso da loro. Il capo del gruppo va poi a prendere un camion,
lasciando Andrew e Grun con due dei suoi uomini.
Gli Zulu si addormentano mentre
sorvegliano i due prigionieri e Grun decide a quel punto di provare
a disarmarli. Si svegliano e si azzuffano con le armi, che sparano
e uccidono inavvertitamente entrambi gli Zulu. I due fuggono a quel
punto verso una formazione rocciosa che offre un riparo temporaneo
dai leoni in avvicinamento. Tuttavia, il vento avverte comunque i
leoni della loro presenza, dando vita all’attacco. Grun, a quel
punto, si sacrifica per salvare Andrew, troppo debole per
muoversi.
Rimasto solo, egli vaga finché non
crolla per la stanchezza. Sente le iene in lontananza che si
avvicinano e afferra un grosso ramo nel tentativo di difendersi,
sapendo però di essere spacciato. Proprio mentre le iene attaccano,
un fulmine le spaventa e inizia a piovere. A quel punto, Andrew
crolla di nuovo quando immagina che sua moglie stia venendo a
prenderlo. Viene poi raccolto da una coppia di abitanti del
villaggio e portato finalmente in salvo.
Il trailer di Prey – La
grande caccia e dove vedere il film in streaming e in
TV
Sfortunatamente il film non è
presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive
in Italia. È però presente nel palinsesto televisivo di
venerdì 12 luglio alle ore 21:20
sul canale Italia 1. Di conseguenza, per un
limitato periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma
Mediaset Play, dove quindi lo si potrà vedere
anche oltre il momento della sua messa in onda. Basterà accedere
alla piattaforma, completamente gratuita, per trovare il film e far
partire la visione.
Il
prequel Predatordi Dan Trachtenberg, nominato agli Emmy,Prey, è arrivato
su Hulu (in Italia su Disney+) lo scorso anno e non
ha impiegato molto tempo a diventare il titolo più visto sul
servizio di streaming HULU fino ad oggi, compresi tutti i debutti
di film e serie TV.Il film è stato anche un grande
successo di critica, con un impressionante 94% su Rotten
Tomatoes.La decisione di Disney/20th Century Studios
di far debuttare il film in streaming invece che nelle sale è stata
ampiamente criticata, ma è giusto dire che la mossa ha dato i suoi
frutti, e ora abbiamo appreso che Prey 2, un
sequel è in sviluppo per Hulu.
Non c’è stato alcun annuncio
ufficiale, ma World of
Reel ha attirato l’attenzione su un
elenco di Production Weekly che afferma
che Prey 2è
effettivamente in lavorazione. Il primo film si
concludeva con la protagonista Naru (Amber
Midthunder) che sconfiggeva il quasi inarrestabile
cacciatore di alieni (con l’aiuto del suo amico) e tornava alla sua
tribù.Tuttavia, l’artwork dei titoli di coda sembrava
suggerire che altri Predator sarebbero presto arrivati per
vendicare il loro compagno caduto.Ci sono state molte
speculazioni sul fatto che un altro film di Prey potrebbe
spostare l’azione su una sequenza temporale diversa, ma abbandonare
Midthunder come protagonista sarebbe davvero una buona idea dopo
che la star di Legion ha dato al franchise uno dei suoi migliori
protagonisti? Che dire non resta che aspettare ulteriori sviluppi e
magari un annuncio ufficiale su un sequel di Prey. Nell’attesa date
un’occhiata a una clip da una delle featurette che saranno incluse
nel Blu-ray.
Domenica sera, nella notte tra
domenica e lunedì da noi in Italia, verranno assegnati gli
Academy Awards. Sarà l’edizione numero 91 e arriva
preceduta da critiche e polemiche. Tuttavia il succo non cambia, la
serata vedrà vincere dei film e dei lavoratori del settore che
rappresentano l’eccellenza del cinema di quest’anno e che in
qualche modo sono anche lo specchio della società americana (e
mondiale) contemporanea.
Di seguito, ecco le nostre
previsioni sui vincitori degli Oscar 2019.
MIGLIOR FILM
Quella di quest’anno è sicuramente
una gara molto aperta. Green Book ha
vinto il Golden Globe (commedia o musical) e il premio per la gilda
dei produttori (PGA), mentre Roma ha vinto i
premi della gilda dei registi (DGA) e della British Academy
(BAFTA), quindi sembra una battaglia tra i due. Potrebbe arrivare
al voto preferenziale, usato solo in questa categoria, e qualunque
sia il fattore X che rappresenta l’appartenenza in continua
evoluzione dell’Academy. La pedina impazzita potrebbe essere però
Bohemian
Rhapsody, forte del successo di pubblico e della
performance di Rami Malek che sicuramente verrà
premiata. Tuttavia sembra che Green Book resti il
favorito.
REGIA
Le candidature di quest’anno sono
davvero notevoli, anche se, con buona pace del maestro
Spike Lee, che ha ricevuto la sua prima nomination
in carriera per BlackkKlansman, il
favorito sembra destinato ad essere Alfonso
Cuaron. Già vincitore di categoria con Gravity, il regista
messicano si appresta a conquistare la doppietta, dopo aver già
vinto Golden Globe, Critics ‘Choice, DGA e BAFTA.
MIGLIORE ATTORE PROTAGONISTA
Questa categoria è stata assegnata a
un attore protagonista in un film biografico 11 volte negli ultimi
16 anni. Rami Malek, Christian Bale o
Viggo Mortensen sarebbero il numero 12 su 17 anni,
ma Malek, come Cuarón nella sua categoria, sembra essere il
favorito. Il pubblico ha premiato il film, e non dimentichiamo che
i membri dell’Academy sono prima di tutto spettatori che guardano i
film e vanno al cinema.
MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA
Questo è uno dei premi più incerti:
Glenn Close ha reclamato il Golden Globe (dramma),
Critics ‘Choice (dramma, anche se in un pareggio con Lady Gaga) e
SAG. Anche Olivia Colman ha vinto un Golden Globe
(commedia) e un premio Critics ‘Choice (commedia), oltre a un
BAFTA. ady Gaga è scivolata indietro nei pronostici. Sarà forse
l’anno della Close alla sua settima nomination?
MIGLIORE ATTORE NON
PROTAGONISTA
Come Cuarón e Malek,
Mahershala Ali ha dominato il circuito dei premi
di settore in questa categoria. Certo, anche Richard E.
Grant potrebbe essere una bella scelta, visto il ruolo e
soprattutto il fatto che Ali ha già vinto, ma la striscia positiva
dell’attore di Green Book fa pensare che
l’Academy, come da tradizione, non farà sorprese.
MIGLIORE ATTRICE NON
PROTAGONISTA
Regina King ha
avuto un grande successo su quel circuito, rivendicando più di 25
premi. Ma non è stata nominata dalla SAG o ai BAFTA, dove hanno
regnato rispettivamente Emily Blunt (A Quiet Place,
qui assente) e Rachel Weisz. Lo scontro potrebbe essere quindi tra
King e Weisz, anche se dietro l’angolo ci sarebbe anche Amy
Adams, che l’Academy continua a nominare ma mai a
premiare.
SCENEGGIATURA NON
ORIGINALE
Questo è il luogo in cui gli
elettori possono facilmente onorare Lee (insieme ai suoi tre
co-sceneggiatori). Ma mentre BlacKkKlansman ha
trionfato in categoria per tutta la stagione, i WGA hanno premiato
l’ottima sceneggiatura di Copia
Originale. Quindi l’Oscar di Lee potrebbe non essere
così sicuro come alcuni suppongono.
SCENEGGIATURA ORIGINALE
Questa categoria è un po’ più
aperta. Se Green Book è pronto per vincere il
miglior film, la sceneggiatura è invece in forse. La Favorita ha
vinto il premio BAFTA “in casa” e non ha ottenuto il premio per la
gilda degli scrittori, mentre Green Book ha vinto il Golden Globe.
Da non dimenticare, Paul Schrader – forse una
scelta sentimentale – ha vinto il premio Critics ‘Choice, e con un
vero colpo di scena, i WGA ha optato per Eighth
Grade, che non è stato nominato all’Oscar.
FOTOGRAFIA
Alfonso Cuarón ha
conquistato i BAFTA di categoria, ma Cold War ha
vinto per la gilda dei Direttori della Fotografia. Cuaron è stato
il primo regista mai nominato all’ASC (o, peraltro, candidato
all’Oscar) a “fotografare” il suo film, quindi forse una vittoria
sarebbe semplicemente un riconoscimento per lo sforzo, nonostante
la fotografia di Roma sia molto valida.
Apple
TV+ ha rilasciato oggi il trailer della seconda
stagione di Pretzel e i suoi cuccioli, che tornerà
in anteprima mondiale il 24 febbraio. La serie è doppiata da Mark
Duplass (“The Morning Show”), vincitore di un Emmy, Nasim Pedrad
(“Chad”, “Aladdin”) e dalle new entry Milo Stein, Alex Jayne Go,
Max Mitchell, Amari McCoy e Gracen Newton. Pretzel è il bassotto
più lungo del mondo, papà giocoso e solidale di cinque vivaci
cuccioli. Insieme a sua moglie Greta, incoraggia i loro cuccioli ad
alzare le zampe per risolvere i problemi e “far abbaiare” gli amici
e i vicini della loro città natale, Muttgomery.
Il dottor Tony Wagner, ricercatore senior presso il Learning
Policy Institute e autore del libro “Creating Innovators: The
Making of Young People Who Will Change the World”, è l’esperto di
gioco, passione e obiettivi nell’ambito dell’iniziativa Changemaker
di Apple
TV+. La serie Apple Original Pretzel e i suoi
cuccioli proviene da HarperCollins Productions (“Carmen
Sandiego”, “The Oregon Trail”), parte di HarperCollins
Publishers. “Pretzel e i suoi cuccioli” è prodotta dallo
showrunner Steve Altiere (“Dinotrux”, “Dragons: Rescue Riders”),
Caroline Fraser, Head of HarperCollins Productions, Ricardo Curtis
e Wes Lui di House of Cool. Jennifer Contrucci di
HarperCollins Productions è co-produttrice esecutiva.
https://youtu.be/nlfCh4oxcwA
Il lungo elenco di film e serie originali per bambini e famiglie
su Apple
TV+ include anche il film acclamato dalla critica
“Supersorda”; “La nostra piccola fattoria”; “Anatra e Oca”; “Pigna
e Pony”; “Fraggle Rock: ritorno alla grotta”; “Professione spia” di
The Jim Henson Company; la serie vincitrice del premio Peabody
“Acquasilente”; “Helpster” di Sesame Workshop; “Wolfboy e la
fabbrica del tutto” di Joseph Gordon-Levitt, HITRECORD e Bento Box
Entertainment; “I tuoi amici Sago Mini”; “Ciao, Jack! Che
spettacolo la gentilezza” di Jack McBrayer e Angela C. Santomero;
“Snoopy nello spazio”; “Le avventure di Snoopy”; “Mettiamoci in
moto, Otis!”. Tra le offerte live-action ci sono “Ambra Chiaro” di
Bonnie Hunt, “Un passo alla volta”, “Le ragazze del surf”, “La vita
secondo Ella”.
In questa rosa sono inclusi anche
gli speciali dei Peanuts e di WildBrain, tra cui “Le piccole cose
contano, Charlie Brown”, “Snoopy presenta: la scuola di Lucy”, “A
mamma (e papà) con amore”, “Snoopy presenta: Anno nuovo vita
nuova, Lucy” e “Noi siamo qui: dritte per vivere sul pianeta
Terra”, l’evento televisivo vincitore del Daytime Emmy Award basato
sul libro best-seller del New York Times e TIME Best Book of the
Year di Oliver Jeffers.
Nell’offerta di film per bambini e
famiglie sono compresi il film d’animazione “Luck” di Apple
Original Films e Skydance Animation e il film d’animazione
“Wolfwalkers – Il popolo dei lupi”, nominato agli Oscar e il
cortometraggio d’animazione candidato all’Oscar® “Il bambino, la
talpa, la volpe e il cavallo”.
Pretty Woman è un
innegabile classico moderno. Ha lanciato l’allora sconosciuta
Julia Roberts verso la superstar ed è
diventato un vero e proprio fenomeno, incassando quasi mezzo
miliardo di dollari in tutto il mondo. Ma il film ha affrontato una
strada difficile, costellata da problemi di casting, cambiamenti di
studio e riscritture totali prima di essere finalmente realizzato.
Nonostante il suo status di icona, siamo pronti a scommettere che
ci sono molte cose che non sapete di “Pretty
Woman”.
Il finale originale di
Pretty Woman era super oscuro
Pretty Woman è la quintessenza
della commedia romantica, ma il finale originale del film era
piuttosto intenso.
Nella sceneggiatura originale,
l’amico di Vivian, Kit, muore di overdose e Edward e Vivian non
finiscono insieme. Edward butta Vivian fuori dalla sua auto,
insieme ai soldi che le aveva dato per il weekend. Wow. È piuttosto
triste.
Probabilmente il film non avrebbe
avuto il successo che ha avuto se fosse stato così. Ma quando la
Disney è intervenuta come produttore, sono stati apportati
cambiamenti drastici alla sceneggiatura per trasformarla in una
favola moderna e piacevole per il pubblico.
Julia Roberts ha fatto due
provini
Diverse attrici fecero il provino
per il ruolo di Vivian prima che
Julia Robert venisse scelta. Tuttavia, quando il
film passò di mano e finì alla Disney, i dirigenti erano piuttosto
contrari alla presenza della Roberts nel film. Si trattava di un volto
abbastanza nuovo, con pochi crediti a suo nome.
All’improvviso la Roberts non ebbe più la parte e fu costretta a
fare una seconda audizione. Il ruolo fu offerto a diverse altre
attrici, ognuna delle quali non era disponibile per le riprese del
film o rifiutava categoricamente la parte. Alla fine, la Roberts è stata scritturata (di
nuovo).
Il film era originariamente
intitolato “3.000 dollari”.
Quando è entrato in produzione,
Pretty Woman era un film molto diverso. Si
intitolava “3.000 dollari” e Vivian era una tossicodipendente. La
sua relazione con Edward è puramente transazionale e il titolo si
riferisce alla somma di denaro che Edward le paga.
Quando il progetto è stato
accettato dalla Disney, la Roberts ha dovuto fare un’audizione per il
nuovo regista, Garry Marshall, che all’inizio non
era interessato al suo ruolo. Quando il film è passato da un dramma
cupo a una commedia romantica più leggera, la Roberts è diventata la scelta più ovvia.
Era difficile far ridere la
Roberts davanti alla telecamera
L’America si è innamorata della
risata della Roberts in Pretty Woman, ma non molti sanno
quanto sia stato difficile far ridere davvero l’attrice. Certo,
Richard Gere l’ha fatta abbaiare di sorpresa durante
la scena del portagioie, ma un incidente precedente si è rivelato
ancora più faticoso.
Durante la scena in cui Vivian
guarda le repliche di I Love Lucy, la Roberts aveva
difficoltà a ridere in modo convincente. Così, Garry
Marshall si posizionò appena fuori dallo schermo e
solleticò i piedi della Roberts per ottenere i risultati
desiderati. È una scena memorabile, ma tanto sconcertante quanto
affascinante: Vivian è così deliziata che si potrebbe pensare che
non le sia mai stato permesso di avvicinarsi a un televisore, tanto
meno a uno che mostra immagini in movimento di una donna che mangia
cioccolato da un nastro trasportatore.
Richard Gere ha rifiutato il film
più volte
La decisione di ingaggiare
Richard Gere non è stata facile. Ma anche quando
Marshall capì che
Richard Gere era la persona giusta per interpretare
Edward, l’attore non la pensava allo stesso modo.
Richard Gere rifiutò l’offerta di recitare in Pretty
Woman non una ma più volte.
Come ultima risorsa, Marshall portò
Julia Roberts a New York per parlare personalmente con
Richard Gere e cercare di convincerlo.
Julia Roberts scrisse “per favore, dì di sì”
su un post-it e lo mostrò a Gere mentre era al telefono con
Marshall, e Gere alla fine accettò.
Un costume importante è stato
comprato per strada
Una delle parti più memorabili di
Pretty Woman sono i costumi indossati dai vari personaggi, in
particolare da Vivian. Si tratta di un buon mix di stile cool di
fine anni ’80 e di smoking e abiti da favola. Uno degli abiti più
iconici del film è stato comprato per strada.
La giacca rossa indossata da Vivian
quando Edward la vede per la prima volta sull’Hollywood Boulevard è
stata notata in modo analogo dai costumisti che stavano guidando in
cerca di ispirazione. La giacca era indossata da una persona a caso
e loro l’hanno comprata proprio lì per una manciata di soldi.
La Roberts non sapeva guidare
All’epoca delle riprese
Julia Roberts aveva 21 anni e non aveva ancora
preso la patente. Questo non ha impedito al suo personaggio,
Vivian, di salire al volante della Lotus Esprit di Edward e di
scorrazzare per Los Angeles. L’eccitazione del suo personaggio era
assolutamente genuina.
In effetti, l’entusiasmo della
Roberts era così genuino durante queste scene che spesso guidava
così veloce che le troupe avevano difficoltà a starle dietro. Non
sorprende che la Roberts abbia dichiarato che queste sono state
alcune delle sue scene preferite da girare.
La gag del fazzoletto non era
programmata
In Pretty Woman c’è una buona dose
di improvvisazione e di ad-libbing, compresa la scena in cui Vivian
si soffia rumorosamente il naso in un fazzoletto. Nella scena,
l’irascibile direttore dell’hotel all’inizio la perseguita per
sapere cosa ci fa nel suo albergo, ma quando lei inizia ad
agitarsi, lui cede e le porge il suo fazzoletto, che lei sporca
prontamente in modo comico.
Questa gag non era prevista dal
copione, ma è stata una cosa che la Roberts ha fatto sul momento.
Era preoccupata che la gag venisse inserita nel film finito, perché
non la riteneva particolarmente divertente, ma alla fine ha portato
un po’ di necessaria leggerezza in una scena tesa.
Il bagnoschiuma ha tolto tutto il
colore ai capelli della Roberts
Nel film, Vivian ha i capelli
biondi tagliati corti quando Edward la incontra inizialmente, ma in
seguito si scopre che indossava una parrucca e che i suoi capelli
reali sono lunghi e vivacemente rossi. In realtà, i capelli della
Roberts sono scuri e sono stati tinti di rosso per il film. Questo
è diventato un problema durante la famosa scena del bagno con le
bolle.
Per far sì che la vasca da bagno
trabocchi di bolle, è stato necessario riempirla con un’enorme
quantità di detersivo. Il detersivo è risultato così forte da
togliere il colore ai capelli della Roberts. La troupe ha dovuto
fare una sessione di tintura d’emergenza a tarda notte per
riportare i capelli al colore rosso che ha il suo personaggio nel
film.
L’intera troupe ha fatto uno
scherzo alla Roberts durante la scena della vasca da
bagno
Durante le riprese della memorabile
scena in cui Vivian è immersa in un bagno di schiuma e canta a
squarciagola con il suo walkman, la troupe decise di fare un
elaborato scherzo a
Julia Roberts. Nel film, Vivian si immerge
completamente sott’acqua e risale per accettare l’offerta di Edward
di rimanere con lui per una settimana.
Durante una ripresa della scena,
dopo che la Roberts si è completamente immersa, Richard Gere e
l’intera troupe sono usciti dalla stanza mentre lei era sott’acqua.
Quando lei tornò a galla, il set era completamente vuoto. Il
filmato dello scherzo e la reazione della Roberts sono disponibili
su YouTube.
Il cast e la troupe giurarono di
non fare mai un sequel di Pretty Woman
Pretty Woman è
stato un successo di botteghino e un vero e proprio fenomeno
culturale, quindi si presume che un sequel sarebbe stato
autorizzato quasi immediatamente. Ovviamente non è stato così,
perché 30 anni dopo non c’è nessun Pretty Woman 2
in vista.
Ebbene, a quanto pare, Richard
Gere, Julia Roberts e il regista Garry Marshall avevano giurato di
non realizzare un sequel a meno che non fossero coinvolti tutti e
tre. Considerando che Marshall è recentemente scomparso, sembra
piuttosto improbabile che un sequel venga realizzato. Tuttavia, la
squadra si è riunita per il film Runaway Bride del 1999.
Uno dei momenti iconici del film è
stato improvvisato
Il classico momento in cui Edward
regala a Vivian una splendida collana, per poi chiudere
scherzosamente il portagioie mentre lei la prende, è uno dei
momenti più memorabili di Pretty Woman. Il momento
è stato molto presente nel marketing del film ed è stato parodiato
all’infinito in programmi come Family Guy.
Tuttavia, Edward che chiude di
scatto il portagioie non era previsto dal copione. Avevano fatto
alcune riprese in cui Gere presentava semplicemente la collana alla
Roberts, ma Marshall pensava che fosse noioso. Così ha preso da
parte Gere e gli ha detto di far scattare la scatola quando la
Roberts prendeva la collana. La reazione della Roberts nel film è
genuina al 100%.
Il film è musicato da Richard
Gere
Il film contiene una serie di
canzoni memorabili, tra cui la hit di Elvis Costello “O, Pretty
Woman” che ha ispirato il titolo del film. Ma anche la star Richard
Gere ha contribuito alla colonna sonora, con un brano musicale
composto da lui stesso.
La scena in cui vediamo Edward
suonare il pianoforte è stata interpretata da Gere. La canzone che
sta suonando è un brano che aveva scritto personalmente. È
possibile che non ci abbia nemmeno pensato e che abbia iniziato a
suonare la canzone a memoria muscolare quando si è seduto dietro al
pianoforte.
La famosa collana era accompagnata
da una guardia armata
L’incredibile collana che Edward
regala a Vivian perché la indossi all’opera è in realtà
estremamente preziosa nella vita reale. Vale un quarto di milione
di dollari e i produttori hanno dovuto accettare alcune richieste
molto rigide e specifiche per poterla utilizzare nel film.
Il budget per l’intero film era di
soli 14 milioni di dollari, quindi non avevano intenzione di
acquistare un pezzo così costoso. Fortunatamente, una gioielleria
era disposta a prestare la collana per le riprese, a condizione che
fosse sempre presente una guardia armata. Proprio così: in ogni
scena in cui si vede Vivian indossare la collana, c’è una guardia
armata in piedi appena fuori dalla macchina da presa.
La Roberts era molto ansiosa di
girare una scena d’amore
Pretty Woman è una commedia
romantica vietata ai minori con protagoniste due attraenti star del
cinema, quindi è ovvio che ci sarà una scena d’amore. Tuttavia,
quando è arrivato il momento di girare la sequenza intima tra
Vivian ed Edward, Julia Roberts era
incredibilmente nervosa.
Infatti, era così ansiosa per la
scena d’amore tra lei e la sua star Richard Gere che le è scoppiata
l’orticaria. Garry Marshall è salito sul letto con le due star per
cercare di aiutarla a sentirsi più a suo agio e le è stata data una
lozione alla calamina per alleviare la sua pelle irritata.
Una mega star degli anni ’80
doveva originariamente interpretare Vivian
Julia Roberts fu l’ultima scelta di
Garry Marshall per il ruolo principale di Vivian. Inizialmente, la
parte era stata offerta a Molly Ringwald. La Ringwald aveva
ottenuto una serie di successi negli anni ’80, come Pretty in Pink
e Sixteen Candles, ed era considerata una star di successo per il
ruolo di Pretty Woman.
Tuttavia, la Ringwald rifiutò il
ruolo. Non le piaceva il contenuto del film e non si sentiva a suo
agio nel ruolo di una prostituta. In seguito si è pentita più
volte. A sua discolpa, è probabile che abbia rifiutato il ruolo
molto più cupo del film originale 3.000 dollari, perché il film è
stato cambiato in Pretty Woman solo dopo che la Roberts è stata
scritturata.
Julia Roberts non appare nella
locandina del film
La locandina di Pretty Woman è
iconica quasi quanto il film stesso. Ma la storia che c’è dietro è
sorprendentemente bizzarra, a cominciare dal fatto che la star del
film, Julia Roberts, in realtà non vi compare affatto. Pazzesco,
vero? Continua a leggere.
In quello che potrebbe essere
considerato un fallimento di Photoshop se non fosse stato creato
anni prima che il programma Photoshop esistesse, la donna in posa
nel poster è in realtà la controfigura della Roberts, con la testa
della Roberts sovrapposta al suo corpo. Inoltre, i capelli di
Richard Gere sono quasi neri, nonostante la sua chioma sia quasi
interamente grigio-argento nel film.
La Roberts è stata sottoposta a un
provino con 10 attori diversi
La ricerca dell’attore giusto per
interpretare il ricco playboy Edward è stata una sfida altrettanto
ardua che trovare la giusta Vivian. La Roberts ha infatti fatto un
provino con 10 attori diversi per vedere quale condividesse la
giusta chimica con l’attrice protagonista.
È chiaro che i produttori e il
regista Garry Marshall non avevano un’idea molto chiara di ciò che
volevano in Edward: l’elenco degli attori invitati ai provini
comprendeva Charles Grodin, noto per la sua interpretazione di
intellettuali sarcastici, e il famoso e intenso Al Pacino. Alla
fine il ruolo andò al gentile ma sofisticato Richard Gere.
Due grandi case automobilistiche
si sono rifiutate di inserire le loro auto nel film
Nel film, Edward è un playboy che
vive una vita costosa ma emotivamente insoddisfacente, quindi
ovviamente doveva avere un’auto sportiva appariscente. In origine,
i registi avevano previsto che Edward girasse per Los Angeles a
bordo di una Porsche o di una Ferrari, ma si sono imbattuti in
problemi inaspettati.
Sia la Porsche che la Ferrari hanno
rifiutato di far apparire le loro auto in Pretty Woman, perché non
volevano che fossero associate alla prostituzione, il che fa
pensare che non sappiano come vengono usate le loro auto nella vita
reale. Tuttavia, Lotus è stata più che felice di far apparire la
sua Esprit nel film come carrozza preferita di Edward, e le vendite
di questo modello sono triplicate dopo il successo del film.
Sono state girate anche alcune
scene molto più cupe
Ci sono alcune scene eliminate che
riflettono il tono più cupo della sceneggiatura originale, tra cui
una scena in cui Vivian viene affrontata da spacciatori di droga e
deve essere salvata da Edward. Vivian aveva anche un vocabolario
molto più colorito nella versione originale.
Ad esempio, Vivian inizialmente
ringrazia Edward per averla salvata con la seguente citazione: “Ho
picchiato a sangue un pappone che ha cercato di costringermi a
entrare nella sua scuderia. Potrei spaccare il culo anche a te! Mi
sono quasi messa a urlare al ristorante, tanto ero arrabbiata”. È
difficile immaginare che la fidanzata d’America faccia queste
battute.
L’Ambassador Hotel offre
un’esperienza da “Pretty Woman”.
L’hotel del film dovrebbe essere il
Beverly Wilshire, ma in realtà è stato girato all’Ambassador Hotel
di Los Angeles. Mentre l’Ambassador è stato demolito, il Beverly
Wilshire offre un’esperienza “Pretty Woman”, se avete 1.000 dollari
da spendere. Cosa comporta questa esperienza?
Secondo il sito web dell’hotel,
sarete sottoposti a una terapia di vendita al dettaglio con un
personal stylist e un consulente di guardaroba, e sarete
accompagnati in giro per Rodeo a bordo di una Mercedes-Benz. La
suite VIP vi aspetta, ma non dimenticate il massaggio di coppia, i
piatti fuori menu preparati dallo chef esecutivo e un bagno
disegnato a mano con bolle di aromaterapia. In pratica, 1.000
dollari per fingere di essere una prostituta fortunata per un
giorno, senza nemmeno il piacere di vestire i dipendenti della
boutique che lavorano su commissione. Come direbbe Vivian: “Grande
errore! Enorme!”
A diversi attori è stato offerto
il ruolo di Edward
C’era una lunga fila di attori
davanti a Richard Gere per Pretty Woman. Ad
Albert Brooks e
Sylvester Stallone fu offerto il ruolo di Edward, ma
entrambe le star rifiutarono. Marshall prese in considerazione
anche
Daniel Day-Lewis, Kevin Kline e
Denzel Washington. Anche John Travolta fece un’audizione e Christopher Reeve si spinse fino alla lettura
di un tavolo.
A quanto pare, la Roberts non era
disponibile a fare la lettura con Reeve e un direttore del casting
ha letto la sua parte al suo posto. A quanto pare, il regista ha
fatto così male che Reeve si è arrabbiato, ha strappato il copione
e se n’è andato infuriato. Un gioco divertente da fare qualche
volta: provate a immaginare quale scena Reeve abbia fatto il
provino e quanto possa essere stato cattivo il direttore del
casting per farlo arrabbiare così tanto.
Gere si è rotto un dente durante
le riprese
Nella scena in cui Edward sorprende
Stuckey mentre cerca di aggredire Vivian, lo licenzia e lo butta
fuori, Gere si è effettivamente rotto la corona di un molare
durante la scena. Se guardate, potete vederlo muovere la lingua in
bocca per ispezionare il danno.
Non sarebbe stata l’ultima volta
che Gere si sarebbe rifiutato di lasciare che un infortunio
fermasse la produzione. Nel 2006, mentre interpretava un reporter
nel film The Hunting Party, Gere si ruppe una costola sul set e
dovette essere trasportato d’urgenza in un ospedale croato.
Nonostante il dolore, si è subito riunito al cast per girare il
resto del film, un vero peccato perché alla fine il film è stato un
fiasco.
I produttori erano preoccupati per
l’accento della Roberts
Julia Roberts è cresciuta in
Georgia e, quando ha iniziato a recitare, il suo accento del sud
era leggermente più evidente. Quando sono iniziate le riprese di
Pretty Woman, i produttori erano preoccupati che l’accento della
Roberts potesse sfuggire mentre pronunciava le battute.
I registi hanno trovato un modo
creativo per coprirsi le spalle nel caso in cui fosse emerso un po’
del twang della Roberts. È stata aggiunta rapidamente una linea di
dialogo in cui Vivian spiega di essere cresciuta in Georgia, come
la stessa Roberts. In questo modo, qualsiasi strascico di sudismo
che si fosse intrufolato sarebbe stato considerato conforme al
personaggio.
Per la parte di Vivian sono state
prese in considerazione diverse attrici di grande nome.
Julia Roberts
affrontò un’enorme battaglia nel tentativo di ottenere la parte di
Vivian in 3.000 dollari. Quando finalmente ottenne il ruolo, il
progetto passò di mano e finì alla Disney, che fece rielaborare la
sceneggiatura in Pretty Woman e offrì il ruolo
principale a Meg Ryan. All’epoca la Ryan era una stella
nascente, ma rifiutò.
Ryan e Roberts non erano le uniche
attrici presto famose in lizza. Sia Jennifer Connelly che
Winona Ryder fecero il provino per Vivian, ma Garry
Marshall le rifiutò entrambe perché le riteneva troppo giovani.
All’epoca, la Ryder aveva 18 anni, mentre la Connelly ne aveva 19.
Quando la Roberts ottenne la parte, aveva solo 21 anni.
Pretty Woman è stato il primo
ruolo di una grande star dei “Simpson”.
Hank Azaria appare brevemente nel
ruolo di un detective che indaga sul corpo di una prostituta morta
trovata nel cassonetto. (Si tratta del suo primo ruolo da attore in
un film, ed è un ruolo infausto: il suo nome nella sceneggiatura è
letteralmente Detective, e la sua unica motivazione è “impedire ai
turisti di fotografare un cadavere nella spazzatura”.
Ironia della sorte, Azaria sarebbe
diventato uno dei doppiatori più famosi dei nostri tempi per il suo
lavoro nei Simpson, dove interpreta, tra i tanti personaggi,
l’imbranato capo della polizia Wiggum, che ha fatto la sua prima
apparizione nell’episodio “L’Odissea di Homer” nel 1990… lo stesso
anno di Pretty Woman.
Pretty Woman è stato adattato in
un musical teatrale
Un adattamento teatrale del musical
Pretty Woman ha aperto a Broadway nel 2018 con le musiche di Bryan
Adams e Jim Vallance, che ha scritto i testi di molte delle canzoni
di successo di Adams, tra cui “Summer of ’69”. All’inizio sembrava
un successo teatrale, battendo i record di incassi del Nederlander
Theater prima della sua apertura ufficiale. Poi sono arrivate le
recensioni.
Alcuni critici hanno lodato le
interpretazioni dei protagonisti Samantha Barks e Andy Karl e del
cast di supporto, ma molti hanno trovato le canzoni smielate e il
messaggio retrogrado. “È chiaro che il team creativo, composto da
soli uomini, non ha analizzato la storia”, ha scritto Michael
Schulman sul New Yorker, “al di là della vendita di magliette che
abbinano il titolo a frasi come ‘Funny Woman’ e ‘Strong
Woman'”.
Richard Gere è stato difficile da
conquistare
Richard Gere non era molto colpito
dal ruolo di Edward e non immaginava che il film avrebbe avuto un
tale successo mondiale. In un’intervista ha dichiarato: “Come si fa
a saperlo? Era un copione sciocco e quando mi è stato proposto, la
parte era un vestito. Era come mettere qualcuno nel costume, in
pratica”. Sono contento che nessuno gli abbia mai chiesto di fare
Batman.
Bisogna ricordare che il ruolo di
spicco di
Gere è stato American Gigolo, in cui ha
vestito i panni dell’affascinante prostituta di Los Angeles e che
lo ha trasformato in un sex symbol. Poi è arrivato Ufficiale e
gentiluomo, che ha ottenuto sei nomination agli Oscar. Gere
potrebbe essersi sentito troppo qualificato per interpretare il
ruolo di un uomo onesto rispetto all’effervescente Vivian di Robert
in una commedia romantica, anche se dubitiamo che oggi abbia dei
rimpianti.
La Disney chiese di cambiare il
film
L’allora presidente della Disney,
Jeffrey Katzenberg, chiese che il film fosse
riscritto come una favola moderna piuttosto che come il racconto
cupo e ammonitore che lo sceneggiatore J.F. Lawton
aveva originariamente previsto. Il film fu riscritto e distribuito
sotto la Touchstone Pictures, l’etichetta Disney dedicata agli
adulti. Il titolo fu cambiato da 3.000 dollari, perché la Disney
pensava che sembrasse un film di fantascienza.
Per quanto riguarda Lawton, Pretty
Woman ha segnato la sua prima e ultima incursione nel mondo delle
commedie romantiche. Il suo primo lungometraggio, Cannibal Women in
the Avocado Jungle of Death, era più emblematico dei film che
avrebbe scritto in seguito: Under Siege, Le avventure di
Fartman di Howard Stern e Blankman, un supereroe di Damon
Wayans, tra gli altri.
A Werner Herzog fu offerta la
possibilità di dirigere
Quando il film era ancora un dramma
a tinte fosche, Richard Gere era stato scritturato
e Diane Lane era vicina al ruolo di Vivian,
arrivando fino alla prova dei costumi. Pare che in quel periodo
Werner Herzog, leggendario regista di film che non
sono commedie romantiche, sia stato contattato e gli sia stato
chiesto di dirigere il film. Werner Herzog
rifiutò, secondo un’intervista rilasciata nel 2009.
Pare che non siano stati i
produttori, ma Gere stesso a chiedere personalmente al regista di
Fitzcarraldo di partecipare al film. Ancora oggi, Gere considera
Herzog un amico e un’ispirazione, il che spiega molto bene i temi
di fondo di Runaway Bride, ovvero l’oscurità, la perdita e la
futilità della ricerca di un significato in un mondo di caos.
La Roberts ha trascorso una
settimana in una clinica gratuita per studiare il suo ruolo
La Roberts ha trascorso diversi
giorni di volontariato in una clinica gratuita di Los Angeles per
prepararsi al suo ruolo. La moglie del regista Gary Marshall
lavorava lì come infermiera; ironia della sorte, il marito non ha
mai messo piede lì dentro. Barbara Marshall disse in seguito:
“Garry non veniva mai a trovarmi in clinica, perché era
ipocondriaco e aveva paura di ammalarsi. Ma mi chiese se Julia
poteva venire a parlare con alcuni pazienti”.
Inizialmente preoccupato di come
l’attrice si sarebbe inserita tra i pazienti, Marshall ha pagato
due clienti abituali della clinica 35 dollari per passare del tempo
con la Roberts. Ma non doveva preoccuparsi: Venti minuti dopo
averli incontrati, la Roberts ha lasciato la clinica per portarli a
fare un giro in macchina.
Julia Roberts ha
partecipato con Patricia Arquette alla nuova
stagione di Actors on
Actors, l’interessante format di Variety che
vede confrontarsi di volta in volta una coppia di attori famosi. La
Roberts ha rivelato che l’originale finale di Pretty
Woman, il suo primo grande successo, era molto drammatico,
con Vivian da sola in un vicolo.
Il film ha fatto la fortuna di Julia
Roberts e ha consacrato la sua alchimia con Richard
Gere sul grande schermo, tanto che nel 1999 i due hanno
recitato insieme in un’altra commedia romantica di Garry
Marshall, Se scappi ti sposo, nel
1999.
Il lieto fine del film è diventato
il paradigma di molte storie d’amore cinematografiche e non, ma
pare che in sceneggiatura non fosse così romantico. La Roberts ha
ricordato un finale diverso nella sceneggiatura originale.
Durante l’episodio di Actors on
Actors, Patricia Arquette ha spiegato di aver
ricevuto la sceneggiatura originale, rivelando che Pretty
Woman era originariamente intitolata 3.000 e che “il
finale era davvero pesante”. Sebbene Arquette non abbia specificato
il ruolo per cui è stata considerata, il film sarebbe stato
completamente diverso se fosse stata scelta. Anche Roberts ha detto
di ricordare la sceneggiatura dal titolo 3.000, spiegando la fine
originale: “Butta [Vivian] fuori dalla macchina, le butta i
soldi addosso, e se ne va, lasciandola in qualche vicolo
sporco”. Non specifica chi doveva buttare Vivian fuori
dall’auto, ma se il soggetto è Edward, allora quel finale avrebbe
reso il film qualcosa di completamente diverso rispetto a ciò che è
stato.
La Roberts ha poi aggiunto che non
avrebbe avuto problemi a recitare in un film che con un finale così
crudo, solo che la compagnia che produceva all’inizio fallì subito
dopo che lei era stata ingaggiata, così la sceneggiatura venne
comprata da Disney e affidata a Garry Marshall,
che la volle incontrare comunque e al timone del quale il film
cambiò completamente rotta.
Tra i più celebri film romantici
degli anni ’90, Pretty Woman (qui la recensione) è da molti
considerato come uno dei più grandi successi del proprio genere.
Fiaba contemporanea che ha fatto sognare intere generazioni, il
film è a suo modo un inno all’amore e alle seconde possibilità
della vita. I personaggi, i cui volti sono quelli di Richard Gere e Julia
Roberts sono divenuti iconici, modello per i tanti
imitatori che sarebbero venuti negli anni a venire.
La trama di Pretty Woman
Prima di
andare a scoprire qualche curiosità sul film, meglio dare una
ripassata alla storia che racconta. Protagonista è Edward
Lewis, un affarista senza scrupoli e di grande successo,
specialista nell’acquistare grosse società in dissesto che poi
rivende dopo averle smembrate. In trasferta a Hollywood per
chiudere un affare, Edward si trova a chiedere a
Vivian, prostituta bella quanto simpatica, se è
disposta ad essere ingaggiata per tutta la settimana come sua
accompagnatrice. La ragazza, senza troppe esitazioni, accetta. I
due però non sanno che quella finta relazione si trasformerà ben
presto in qualcosa di più profondo, cambiando per sempre le loro
vite.
Ecco 10 cose che forse non
sai di Pretty Woman.
Pretty Woman: il cast del
film
10. Gli attori protagonisti
dovevano essere altri. I ruoli di Vivian e di Edward sono
divenuti iconici anche grazie alle interpretazioni della Roberts e
di Gere. Originariamente però, la produzione aveva contattato le
attrici Meg Ryan, Michelle Pfeiffer,
Sarah Jessica
Parker e Sandra
Bullock per il ruolo di Vivian, e Al
Pacino e Sylvester
Stallone per quelli di Edward. Tutti questi, tuttavia,
rifiutarono, portando così a far ricadere la scelta sui due
fortunati interpreti.
9. Richard Gere suona
realmente il pianoforte. Di solito quando in un film si
vede un attore dedicarsi ad attività manuali il più delle volte è
una controfigura a svolgere quelle azioni. Non in Pretty
Woman però, dove Gere suono realmente il pianoforte,
essendo un appassionato musicista. Infatti, è suo anche il brano
che suona nella scena.
8. Julia Roberts era
particolarmente nervosa per una scena. Per girare la scena
di sesso, la Roberts divenne così nervosa per l’agitazione che le
si formò una vena sulla fronte. Il regista e Gere le stettero
accanto affinché si calmasse, e solo in seguito poterono girare la
scena.
7. Una nota scena è stata
improvvisata. Divenuta iconica per la sua spontaneità, la
scena in cui Edward mostra a Vivian la collana di diamanti fu
totalmente improvvisata da Gere. Questi infatti finse di chiudere
improvvisamente il cofanetto come per schiacciare le dita di
Vivian, provocando così la risata della Roberts, sorpresa da quanto
compiuto dal collega.
Pretty Woman e la celebre
canzone
6. Originariamente il film
aveva un altrotitolo. Prima di ottenere
i diritti della canzone Pretty Woman, il film
era stato intitolato “3000″ dalla produzione, cifra che
corrisponde ai dollari promessi da Edward a Vivian per stare una
settimana con lui. Fortunatamente, i diritti sulla celebre canzone
vennero ottenuti, permettendo così di cambiare il titolo in quello
che poi è divenuto uno dei più noti dei suoi anni.
Pretty Woman: la scena finale del
film
5. Il finale non era stato
ancora scritto. Durante il film vi è una scena in
particolare dove il personaggio di Vivian dice ad Edward che
desidererebbe tanto essere una principessa salvata dalla torre in
cui è rinchiusa. Tale dialogo avviene quando il finale del film non
era ancora stato scritto, e in questo si vede realmente Edward
salvare l’amata da una brutta situazione.
Pretty Woman: il trailer del
film
4. Ha attratto numerosi
spettatori. Il trailer del film è stato uno degli elementi
dell’iniziale successo del film. Questo prometteva infatti una
classica storia d’amore, lasciando tuttavia intendere che nel film
si sarebbero potute ritrovare diverse altre tematiche. La
produzione desiderava infatti attrarre il pubblico appassionato di
questo genere, ma tentando di catturare anche quegli spettatori che
ricercavano qualcosa fuori dai soliti schemi.
Pretty Woman: ecco alcuni film
simili
3. Ha dato nuova vita al
genere. Grazie al successo del film, la commedia romantica
ha trovato negli anni ’90 nuova linfa, portando al cinema film che
si ispiravano agli elementi di successo di Pretty
Woman. Tra questi è possibile ritrovare le pellicole
Se scappi, ti
sposo (1999), Notting Hill
(1999), Il matrimonio del mio migliore amico (1997),
Blonde Ambition (2007), I perfetti innamorati
(2001), Pretty Princess (2001) e Love
Actually (2003).
Pretty Woman: dove vederlo in streaming e in TV
2. È possibile trovare il
film in streaming. Nonostante le tante piattaforme
presenti oggi dove poter vedere i propri film
preferiti, Pretty Woman è attualmente nel
catalogo di Netflix e Disney+, per cui sarà dunque
necessario avere attivo un abbonamento a tali piattaforme per poter
vedere il titolo. Il film, inoltre, è attualmente presente nel
palinsesto di martedì 28 maggio alle
21:30 su Rai 1. Ciò significa
che, per un determinato periodo di tempo, sarà disponbile anche
sulla piattaforma Rai Play.
Pretty Woman: le frasi più belle
del film
1. Ci sono frasi divenute
iconiche. L’enorme favore di pubblico ha fatto sì che
molte delle frasi contenute del film diventassero di uso comune,
entrando a far parte dell’immaginario collettivo. Ecco alcune delle
frasi più belle del film:
– “E che succede dopo che lui
ha scalato la torre e salvato lei?” – “Che lei salva lui!”
(Edward e Vivian)
– “Tu ed io siamo talmente
simili, Vivian: fottiamo il prossimo per il denaro”
(Edward)
– “Sei in ritardo” – “Sei
bellissima” – “Non sei in ritardo”. (Edward e Vivian)
– “Odio puntualizzare l’ovvio,
ma tu sei una prostituta Vivian” (Edward)
Cast: Julia Roberts, Richard
Gere, Ralph Bellamy, Jason Alexande
Trama: Vivian è una
prostituita di Hollywood. Bella ed insicura, la sua vita cambierà
radicalmente quando conoscerà il bello e ricco Edward Lewis
che da “brutto anatoccolo” la trasforma in una bellissima
principessa.
Analisi: Il veterano
Garry Marshall conosce a fondo la
materia. A tutti piace Cenerentola, fiaba che contiene
tutti gli elementi fondamentali del sogno romantico per
eccellenza, ed il regista non fa altro che reclutare due fascinosi
protagonisti che sfoggiano una notevole alchimia e sex-appeal ed
applica le regole di quel classico. A questa miscela va aggiunto
poi il repertorio da favola riveduto e aggiornato in maniera
furba ed oltremodo ammiccante, tra lusso, vestiti sfarzosi e
limousine, poi il piccolo trauma pre-finale che spinge lo
spettatore a fare comunque il tifo per l’impossibile
accoppiata, la dichiarazione finale da manuale, il sorriso
della Roberts e l’indiscutibile charme di Gere. Che altro si può
volere? Pretty Woman è un
ottimo romance d’intrattenimento, in perfetto equilibrio tra
romanticismo, glamour e fiaba, insomma potrebbe far storcere il
naso per la confezione troppo convenzionale, patinata e con i
contenuti prevedibili e stravisti, ma l’appeal di questa pellicola
rimane inalterata nel tempo.Prende il titolo dal
classico di Roy Robinson e la trama dalle più scontate (ma non per
questo romantiche) storie d’amore e diventa una classico. Complice
il fascino di Richard Gere, già famoso all’epoca, e il sorriso di
Julia Roberts, Pretty Woman si colloca a pieno nel novero dei film
romantici che continuano a stregare e ad incantare il pubblico. Non
importa infatti quante volte il film venga trasmesso in tv, trova
sempre un foltissimo gruppo di persona pronte a dedicargli la
propria serata.
Tuttavia, dietro la favola e il
romanticismo, il film si rivela alquanto semplice, per confezione e
morale (assente), una fiaba sotto la quale conviene non scavare
troppo.
Nonostante tutto rimane un
film confezionato a doc per lacrimare moderatamente mangiucchiando
frutta secca o pop-corn, seduti comodamente sul fedele divano
sgualcito sapendo già come andrà a finire, ma diciamoci la
verità, chi fra di noi non lo ha visto almeno 10 volte?
Compiuto il suo quarto di secolo,
Pretty Woman dice addio al suo creatore.
Il compianto regista Garry
Marshall è spirato questa notte al
Burbank Hospital (Los Angeles) a causa di complicanze dovute
ad un ictus.
Tra le sue creature, oltre a pietre
miliari per la tv, come Happy Days, il
cineasta ha impresso il suo nome nella storia del cinema con una
delle favole più “diversamente romantiche” degli ultimi
trent’anni.
L’incredibile storia d’amore tra la
prostituta Julia Roberts e il miliardario RichardGere ha
fatto girare la testa a milioni di donne e ragazzine, permettendo
loro di cullarsi nella dolce fantasia del “e vissero per sempre
felici e contenti”.
Storia ormai nota, il film si
compone di tutti quegli elementi indispensabili ad ogni fiaba
romantica che si rispetti: c’è una giovane fanciulla in difficoltà
(economiche), un aitante giovane principe (leggi “miliardario”), un
cattivo che tenta di ostacolare il loro amore, e l’happy ending
scontato e ma tanto sospirato dallo spettatore.
Entrata nella leggenda anche grazie
alla canzone del 1964, Oh Pretty Woman di
RoyOrbison, il film può
risultare – ad un occhio un po’ critico se non anche cinico – una
miscela di luoghi comuni sull’amore, sugli uomini e sulle
donne.
Il concept iniziale, in effetti, avrebbe
voluto andare più in profondità, ad indagare la vita dissoluta
delle strade della Los Angeles di fine anni ’80 e inizio ’90.
Facendone di fatto un dark drama, la trama del film
avrebbe dovuto concentrarsi maggiormente sulla figura di Vivien, in
quanto prostituta e tossicodipendente. Il titolo originale,
3000, avrebbe per questo alluso alla
somma di denaro che Edward offre alla donna per stare alla larga
dalla strada e dalla cocaina almeno per il tempo di una
settimana.
Successivamente si decise di
alleggerire i toni, emendando la storia dalle controversie
socio-culturali e dai toni cupi, la cui eco tragica riecheggia solo
nelle note della Traviata che i due guardano con la
consapevolezza di rivedere sé stessi nella storia tra una
prostituta e un ricco uomo d’affari.
Assumendo invece tutti i toni della
commedia romantica di altri tempi – a partire da quel
Sabrina di Billy Wilder
che mette in luce la capacità insita in ogni donna di trasformarsi
da bruco in farfalla – Pretty Woman fece
e fa tuttora breccia nei cuori del pubblico, prevalentemente
femminile lo si ammetta, che almeno una volta nella vita ha ammesso
di invidiare «quella gran c**o di Cenerentola».
Tra i maggiori successi del regista
Garry Marshall, Pretty
Princess spicca soprattutto per aver lanciato nel
mondo del cinema una delle migliori e maggiormente apprezzate
attrici di tutti i tempi: Anne Hathaway.
L’allora diciannovenne Anne, venne
scelta – si dice – proprio perché durante il provino scivolò dalla
sedia, interpretando di fatto la goffaggine di Mia, la protagonista
del film.
Dai numerosi buonismi di dineyana
memoria, la pellicola ha il suo fiore all’occhiello nella
compartecipazione della grande Julie Andrews, indimenticata Mary
Poppins, che qui fa le veci della buona regina di
Genovia.
Tratto dalla serie di libri per
ragazzi di Meg Cabot, Princess
Diaries (questo il titolo originale) narra le vicende
di una comune ragazza di San Francisco che scopre di essere ricca
erede al trono di un paese lontano.
Godibile divertissement per piccini
e adulti, la pellicola trovava il suo punto di forza nella
trasformazione di Mia da brutto anatroccolo a splendido cigno,
sorta di processo esteriore ma anche interiore, forse un po’
qualunquista ma che incontra da sempre il favore del pubblico.
Pretty Princess: il film di Garry
Marshall
Fin dai tempi in cui
Billy Wilder faceva sbocciare Audrey
Hepburn in Sabrina, la ricerca della propria
identità, è sempre stato uno dei leitmotiv più trattati in
ambito letterario come cinematografico. Quel percorso di
introspezione interiore che porta alla riscoperta del vero sé e
soprattutto all’accettazione di sé stessi…pur con certe migliorie.
In questo risiede tuttavia la grande ambiguità nel trattare tali
argomenti: se ci si deve amare per come si è…come mai bisogna
rendersi esteticamente accattivanti?
Mistero. Che pare trovare una
controparte solo in film come Shrek dove,
a dispetto proprio dello stereotipo Disney, il brutto rimane
brutto, e la bella… diventa orco.
Negli ultimi giorni non si fa che
parlare di Pretty Princess 3, terzo capitolo della
serie inaugurata nel 2001 e tratta dai romanzi di Meg Cabot che
vedeva protagoniste Julie Andrews e Anne
Hathaway; proprio quest’ultima ha alimentato i rumor sulla
produzione del film, da anni nella lista dei desiderabili, durante
la promozione di Serenity (il
thriller dove recita al fianco di Matthew
McConaughey).
Queste le parole dell’attrice:
“C’è una sceneggiatura per il
terzo film. Voglio farlo, Julie [Andrews] vuole farlo, Debra Martin
Chase, il nostro produttore, vuole farlo. Tutti vogliamo davvero
che accada. Ad una condizione però: deve essere perfetto, perché lo
amiamo tanto quanto i fan. Ed è tanto importante per noi quanto lo
è per loro e non vogliamo consegnare nulla finché non sarà pronto.
Ma ci stiamo lavorando.“
Pretty Princess 3: esiste uno
script, parola di Anne Hathaway
Vi ricordiamo che Pretty Princess ha
già avuto un sequel, uscito nelle sale nel 2004,
intitolato Principe azzurro cercasi (The
Princess Diaries 2: Royal Engagement) .
Di seguito la sinossi del primo
film:
Mia Thermopolis è una
quindicenne come tante altre, che cerca di destreggiarsi tra la
scuola, le compagne che la prendono in giro perché sono più
popolari di lei, una migliore amica di nome Lilly dai modi
piuttosto frivoli e ottusi che non la capisce fino in fondo, e il
ragazzo che le piace che non la considera minimamente. Ma tutto
questo non basta, perché da un giorno all’altro l’imbranata Mia
scopre di essere una principessa. Erede al trono del principato di
Genovia, Mia scopre le sue origini regali grazie alla nonna
Clarisse Renaldi che le rivela la notizia a causa della morte del
padre. È quindi dovere di Mia diventare una buona principessa e
seguire le lezioni di etichetta da sua nonna, tutto questo in gran
segreto per paura della stampa.
Dopo tante notizie incerte arriva
finalmente da Disney la conferma che Pretty Princess
3 si farà. Il film sarà un sequel delle storie di
Mia Thermopolis, interpretata da Anne Hathaway. Dopo quasi due decenni di
trattative, il film è in fase di sviluppo alla Disney. Il franchise
ruota attorno a Mia Thermopolis, un’adolescente americana un po’
imbranata che ha scoperto di essere l’erede al trono di Genovia, un
regno europeo.
I film di Pretty
Princess sono acclamati come uno dei punti di lancio della
carriera di Hathaway, con la giovane star che ha ottenuto ampi
consensi per la sua interpretazione nel primo film, mentre ha
ottenuto recensioni positive nel sequel, Principe azzurro
cercasi, che però è stato male accolto dalla critica.
The Hollywood Reporter ha annunciato
che la Disney sta ufficialmente sviluppando Pretty Princess 3. Il
progetto, descritto come una continuazione della storia di
Hathaway, sarà scritto da Aadrita Mukerji. Al
momento, Anne Hathaway non ha firmato un accordo
per tornare per il sequel, sebbene la produttrice originale
Debra Martin stia tornando nella squadra e mentre
Melissa Stack di The Other Woman
è la produttrice esecutiva. Chissà se all’indomani dei suoi primi
40 anni, Hathaway non si senta pronta a tornare nei panni, ormai da
adulta di Mia Thermopolis.
Sappiamo però che Julie
Andrews non tornerà nel film, dato che lei stessa aveva
declinato l’offerta di fronte a un eventuale e non ancora certo
ritorno nei panni dela Regina di Genovia.
Di seguito la sinossi del primo
film:
Mia Thermopolis è una
quindicenne come tante altre, che cerca di destreggiarsi tra la
scuola, le compagne che la prendono in giro perché sono più
popolari di lei, una migliore amica di nome Lilly dai modi
piuttosto frivoli e ottusi che non la capisce fino in fondo, e il
ragazzo che le piace che non la considera minimamente. Ma tutto
questo non basta, perché da un giorno all’altro l’imbranata Mia
scopre di essere una principessa. Erede al trono del principato di
Genovia, Mia scopre le sue origini regali grazie alla nonna
Clarisse Renaldi che le rivela la notizia a causa della morte del
padre. È quindi dovere di Mia diventare una buona principessa e
seguire le lezioni di etichetta da sua nonna, tutto questo in gran
segreto per paura della stampa.