Ecco il primo poster ufficiale di
Ride,
il nuovo film diretto da Jacopo Rondinelli, che è
scritto, co-prodotto e supervisionato artisticamente da
Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, già registi del
fortunato Mine,che
nel 2016 è stato accolto con favore da pubblico e critica come un
caso esemplare di rinnovamento e rinascita del cinema italiano.
Il film è una produzione Lucky Red,
Mercurious con Tim Vision e con il contributo di Trentino Film
Commission. Un cast italiano e internazionale quello di RIDE,
che vede protagonisti Lorenzo Richelmy e Ludovic Hughes al fianco
di Simone Labarga e Matt Rippy.
Alla vigilia dell’assegnazione della
Palma d’Oro per l’edizione numero 71 del Festival francese,
Cannes 2018 comincia ad annunciare i premi
collaterali e tra questi, il più prestigioso è senza dubbio quello
di Un Certain Regard, l’altra selezione ufficiale,
accanto al concorso e al fuori concorso.
La giuria presieduta da
Benicio Del Toro ha premiato
Border (Grans) la fiaba nera di
Ali Abbassi con il premio principale, un film originale e
spiazzante che è piaciuto moltissimo alla redazione di
Cinefilos.it.
Del Toro è stato affiancato
da Annemarie Jacir, Kantemir Balagov, Virginie
Ledoyen e Julie Huntsinger. Su 18 film,
ecco i 5 premiati:
Un Certain Regard Prize: “Border,” diretto da Ali
Abbasi
Prize for Best Screenplay: “Sofia,”
scritto da Meryem Benm’barek
Prize for Best Performance: Victor
Polster per “Girl,” diretto da Lukas
Dhont
Prize for Best Director: Sergei
Loznitsa per “Donbass”
Jury Special Prize: “The Dead and
the Others,” diretto da Joao Salaviza e Renee Nader Messora
“Sentiamo che trai 2000 film
considerati dal Festival, i 18 selezionati in Un Certain Regard
sono tutti vincitori.” Ha dichiarato la giuria. Nessun premio,
purtroppo, per Valeria Golino, che concorreva
nella sezione con Euforia.
Avengers: Infinity War è
arrivato nelle sale lo scorso 25 aprile, battendo già qualsiasi
record: cinecomic più visto nella storia, vede per la prima volta
riuniti sul grande schermo quasi tutti i personaggi finora
introdotti nel MCU, riuscendo ad
amalgamarli fra loro al servizio di una storia assai complessa, e
non per questo mal gestita da sceneggiatori e registi.
Trovare quindi dei difetti nel film
che festeggia il decennale della nascita dei Marvel Studios risulta davvero
difficile, tuttavia ci sono delle decisioni e dei punti di forza
innegabili senza i quali il risultato finale non darebbe stato lo
stesso.
Ecco allora di seguito le 15 cose
che, secondo CBR, hanno letteralmente “salvato”
Avengers: Infinity War:
Doctor Strange
Per il suo
ruolo all’interno del film, è difficile non ammettere che
Doctor Strange sia stata una
benedizione per Infinity War. Dopo averlo visto in
azione nel suo standalone, qui offre ai fan una gamma ampliata di
poteri e capacità, lottando senza tregua con Ebony
Maw e Thanos e sviluppando uno
strano ma interessante rapporto di forza con Tony
Stark.
Ebony Maw
Esattamente come
Thanos, anche gli altri villain del film sono
stati assolutamente all’altezza delle aspettative, ma quello che
ruba la scena è senza dubbio Ebony Maw.
Prima arriva sulla Terra e mette in
mostra i suoi poteri durante la battaglia di New York contro
Iron Man e Doctor Strange, poi
tortura Strange per ottenere la gemma del tempo (una delle sequenze
migliori), ma la sua eccessiva sicurezza si rivela essere la sua
rovina, soprattutto quando viene colto di sorpresa da Iron Man e
Spider-Man.
Mantis
Introdotta in
Guardiani della Galassia Vol.
2, Mantis ha subito conquistato
l’affetto dei fan, grazie al suo carattere ingenuo e i suoi poteri
unici nel MCU.
In Infinity War è
tornata più affascinante che mai, protagonista di uno dei momenti
più divertenti proprio per alleggerire il tono drammatico del film.
inoltre le sue capacità di manipolare la mente riescono a bloccare
Thanos quasi completamente.
Okoye
Capo
carismatico della Dora Milaje, Okoye è apparsa per
la prima volta in Black Panther per poi tornare a
difendere Wakanda anche in Avengers: Infinity
War.
Durante la battaglia
del terzo atto combatte come una leonessa e affronta senza timore
un membro minaccioso dell’Ordine nero, Proxima Midnight, al fianco
di Vedova Nera e Scarlet Witch.
Ovviamente speriamo di rivederla in azione in Avengers 4.
Thanos
All’ennesimo tentativo i Marvel Studios ci hanno consegnato
forse il miglior villain della loro storia cinematografica:
Thanos non è soltanto un antagonista eccellente,
ma il protagonista effettivo di Infinity War, per
il carisma e le motivazioni che lo spingono ad agire.
Apparso per la prima
volta nella scena post credits di Avengers, Thanos
era atteso dai fan per l’incredibile minaccia che incarna, e visto
l’esito del suo “schiocco delle dita”, le preoccupazioni diventano
assai serie. Cosa combinerà in Avengers 4?
Riusciranno gli eroi a contrastare il potere del guanto
dell’infinito?
Thor
Se Thanos
sembra aver rubato la scena ai Vendicatori, c’è da ammettere che
Thor non è stato da meno in Infinity
War. Dopo aver perso il martello, un occhio e la sua casa,
vede il Titano Pazzo massacrare metà della sua gente che aveva
giurato di proteggere, ma soprattutto vede morire Loki senza poter
intervenire.
E nonostante ciò, Thor resiste, si
rialza e combatte più forte di prima. Per la sua ostinata
determinazione e riluttanza a piegarsi di fronte alla tragedia e
alle avversità diventa uno dei personaggi più eroici del
film, affrontando un arco narrativo sfaccettato dal quale esce
trionfante nel terzo atto (quando arriva nel Wakanda impugnando la
sua nuova arma).
Il gesto eroico di Loki
Loki è uno
dei personaggi del MCU più amati dai fan, tuttavia
Infinity War potrebbe aver segnato la sua ultima
apparizione (ma non è ancora detto, c’è sempre Avengers
4…).
E sebbene la storia ci abbia
raccontato come il Dio dell’Inganno non si sia mai interessato al
bene comune ma solo a se stesso, tradendo più volte la sua
famiglia, in Infinity War lo vediamo compiere un gesto davvero
eroico sacrificandosi per salvare Thor.
Mentre promette fedeltà a
Thanos, ma in realtà finge, Loki finisce per
essere pugnalato dal Titano Pazzo.
Teschio Rosso
Erano molte
le teorie dei fan sui possibili “ritorni” di vecchi villain in
Infinity War, e una si è effettivamente
realizzata: Teschio Rosso è infatti apparso come
custode della gemma dell’anima, ed è stata una grande sorpresa
rivederlo dopo il primo film su Captain
America.
Il mantello di Doctor Strange
Sebbene sia
uno degli eroi più potenti del MCU, Doctor
Strange non sarebbe così efficace senza il suo fidato
Mantello della Levitazione.
Anche in
Infinity War il mantello continua a servire
lealmente il suo padrone, interagendo spesso con Tony
Stark e impedendo a Thanos di chiudere il suo guanto sul
pianeta Titan. A New York invece, nello scontro con Ebony Maw e
Black Dwarf, dà il suo meglio.
La “debolezza” di Star Lord
Al culmine
della battaglia su Titan, Thanos è stretto nel
pugno degli eroi e sta per cedere: il guanto dell’infinito è stato
quasi estratto dalla sua mano e l’universo potrebbe essere salvato,
se non fosse che la debolezza di Star-Lord
compromette l’intero piano dei Vendicatori e lascia scappare il
Titano Pazzo.
Quando infatti
Thanos confessa di aver ucciso Gamora, Star Lord
apre il fuoco su Thanos e respingendo la forza di
Mantis, tuttavia questa reazione apparentemente
stupida è coerente al percorso del personaggio, e l’umanità
espressa in questa scena dona al film il calore di cui aveva
bisogno.
I combattimenti
Le sequenze
d’azione sono uno dei tanti fiori all’occhiello del MCU, dal momento anche i film
giudicati meno brillanti come Thor: The Dark World sono
riusciti a mettere insieme combattimenti entusiasmanti e
splendidamente filmato.
Infinity
War però, non soltanto è sembrato all’altezza delle
aspettative, ma ha decisamente superato tutti i precedenti
capitoli. Fondendo i poteri dei diversi personaggi in ambientazioni
inedite, il film offre allo spettatore uno spettacolo mai visto
prima culminando nello scontro finale contro Thanos nel
Wakanda.
Il rapporto fra Iron Man e Spider-Man
Leggermente
diverso rispetto ai fumetti, il rapporto fra Tony
Stark e Peter Parker che abbiamo visto
nel MCU si è sviluppato in maniera
interessante, partendo da Civil War e arrivando ad
Infinity War.
Peter vede Tony come
un mentore e una figura paterna, Stark invece, da parte sua, prende
l’ammirazione e il rispetto di Spider-Man come motivazione per
diventare un eroe e un uomo migliore. Per questo la loro relazione
è una parte fondamentale non soltanto del film, ma del percorso di
Peter nel MCU; inoltre, quando alla fine il
ragazzo scompare fra le braccia di Tony, assistiamo al momento più
drammatico e toccante dell’intera pellicola.
L’equilibrio tra leggerezza e tragedia
Niente rende più
riconoscibile un film dei Marvel Studios come
l’ironia. Tuttavia, come già visto in
Captain America: Civil
War e lo stesso Infinity War, gli
sceneggiatori non hanno avuto paura di mescolare la tragedia con la
commedia, riuscendo a creare un perfetto equilibrio di
tono.
A otto anni da Poetry, migliore
sceneggiatura a Cannes 63, Lee Chang-dong torna
nel concorso del Festival
di Cannes con Burning, adattamento di
Murakami, in cui il regista riesce a restituire
l’essenzialità dello scrittore, dilatando il racconto in un film
dalla durata importante, un minutaggio che sembra però al servizio
del racconto.
Il film, a metà tra thriller e
storia d’amore, racconta di Jong-soo, un ragazzo che sogna di fare
lo scrittore, me è spiantato e senza troppa voglia di fare. Il
ritorno forzato nel villaggio dove è cresciuto, dove è costretto a
prendersi cura della fattoria del padre, lo ricongiunge a Haemi,
amica d’infanzia, poco prima che questa parta per il Kenya. Dal
viaggio, la ragazza torna con Ben, un affascinante e ricco rampollo
che introduce un elemento nuovo in questo rapporto appena
cominciato.
Il film non si trasforma mai
davvero in un triangolo amoroso ma si tinge di giallo quando Haemi
scompare, senza lasciare traccia. O meglio, quando sembra che sia
sparita, perché il film di Chang-dong si fonda proprio sul
sospetto, anzi meglio, sul dubbio dell’esistenza. Unica cosa che
sembra concreta, invece, è la differenza di classe, la separazione
tra Ben e Jong-soo, dal loro stile di vita alla maniera opposta in
cui trattano la ragazza che, indirettamente, li unisce.
La svolta thriller, la
sparizione della ragazza, è un momento fondamentale del film, che
ne modifica il corso ma che non ne monopolizza il senso,
costituendo narrativamente un nodo essenziale ma lasciando
proseguire il film nel flusso in cui il regista l’ha immerso: un
profondo senso di mistero per il mondo, in ogni suo aspetto.
E questo mistero, in
Burning, teneramente rappresentato dal gatto di
Haemi, che esiste (o forse no?) ma che non vediamo mai, è la
rappresentazione, in definitiva, del mistero del mondo, almeno
stando a quanto dichiara Lee Chang-dong, secondo
il quale la vita e il mondo stesso ne sono intrisi.
A sette anni da una delle
controversie più chiacchierate del Festival
di Cannes, Lars Von Trier torna a salire la
montée des marches e a presentare sulla croisette un suo
film, fuori concorso. Sette anni fa era Melancholia, nella
competizione ufficiale, quest’anno è il turno di The House
That Jack Built, un thriller in cui Matt
Dillon accompagna lo spettatore nella sua discesa
all’Inferno, un luogo popolato di cadaveri e di propositi scabrosi,
per la gente comune e per lo spettatore stesso, ma considerati
artistici e altissimi nella visione di questo oscuro
personaggio.
Jack, interpretato da Dillon, è
infatti un ingegnere che sarebbe voluto diventare un architetto, e
che nella vita ha due scopi: il primo è quello di riuscire a
costruire per sé una casa su un suo terreno, l’abitazione perfetta;
il secondo è quello di raggiungere il massimo grado di creatività
nel corso della sua carriera da serial killer. È lo stesso Jack che
ci racconta l’evoluzione del suo “vizio”, cominciato quasi per caso
con l’omicidio impulsivo della prima vittima, una fastidiosissima
donna interpretata da Uma Thurman. Il film procede per capitoli, che
Jack, con voce fuori campo, definisce “incidenti”, cinque vittime
che hanno particolarmente stimolato l’istinto omicida/creativo del
protagonista.
Il primo elemento degno di
riflessione, in The House That Jack Built, è
l’aspirazione di Jack. L’uomo ha una preparazione da ingegnere,
esecutore, quindi, ma ha anche dentro di sé un forte istinto
creativo e artistico che, nel suo ambito professionale, è
attribuito maggiormente ad un architetto, una professione per cui
non ha la preparazione, ma che prova ad esercitare su se stesso,
progettando la sua casa, un esercizio lungo e difficile, che non
riesce a portare avanti. Vuole comporre la musica, non eseguirla,
per usare una metafora che lui stesso adotta nel film. Questo suo
voler creare invece di eseguire sembra un perfetto parallelo con le
intenzioni del regista, che riempie di sé e della sua visione il
film intero.
Lunghi dal ripetere se
stesso, con The House That Jack Built,
Lars Von Trier racconta il valore dell’opera e
dell’aspirazione umana, che in Jack si tramuta in istinto omicida,
mai impulsivo o fuori controllo, se non per il primo episodio. Dal
momento che il lavoro con la casa è fermo, Jack sfoga la sua
creatività nell’omicidio, escogitando sempre nuovi modi per
realizzare i suoi scopi. Lo sforzo creativo di Jack si sovrappone a
quello di Lars, e senza paura di risultare sgradevole, il regista
si cala nel suo personaggio, tanto che lo fa scendere all’inferno,
una catabasi accompagnata da un Virgilio d’eccezione, Bruno
Ganz nei panni del misterioso Verge.
La tensione verso la perfezione
dell’opera d’arte può essere rintracciata anche nel nome che Jack
sceglie per il suo alter ego da serial killer: Mr.
Sophistication. La raffinatezza è quella che lui stesso
insegue, e dal grezzo colpo di crick che sblocca il suo istinto
omicida, lo vedremo percorrere un cammino lungo e sanguinoso per
aspirare allo stato d’arte.
Molte polemiche hanno anticipato
l’arrivo del film a Cannes 2018, tra queste anche
l’accusa di estrema violenza. In realtà Von Trier è crudo e
sanguinario, ma senza compiacimento visivo, lascia quasi ogni scena
scabrosa fuori dal quadro e permette allo spettatore di intuire il
fuori campo. Si tratta di un gioco molto raffinato che consente al
regista di suggerire i momenti più efferati, senza risparmiare una
buona dose di sangue.
Il risultato di questo sforzo e
questa tensione verso l’arte è un compendio dell’opera stessa di
Lars Von Trier, un film cardine di una filmografia
mai paga di stupire e interrogare il suo fruitore. Oltretutto il
regista danese condisce anche la più cruenta delle scene con un
tono ironico che rende divertente la visione del pur lungo film,
con la sua tipica acuta intelligenza, con la sua voglia di giocare
con chi lo guarda, provocandolo e spingendolo oltre le sue stesse
barriere della mente.
Tre facce del cinema, raccontate in
un’unica storia; una riflessione nata da un pretesto e soprattutto
da un’urgenza: continuare a raccontare storie sul grande schermo.
Dopo Taxi Teheran e
l’Orso d’Oro a Berlino 2015, Jafar Pahani torna
sulla ribalta internazionale a Cannes 2018, dove
presenta in concorso 3 Faces, nuovo film che
scrive, dirige e interpreta, sempre a bordo di un veicolo che lui
stesso guida, sempre mosso dalla necessità di esserci.
A seguito di un video che mostra il
suicidio di una ragazza che desidera diventare attrice ma il cui
sogno è impedito dalla famiglia, la diva iraniana Behnaz
Jafari e il regista Jafar Panahi si
recano nel villaggio della ragazza, Marziyeh
Rezaei, per capire cosa sia accaduto. Il messaggio era
infatti un‘accorata richiesta di soccorso rivolta ala Jafari, la
diva che agli occhi della giovane aspirante attrice era riuscita a
realizzare il sogno del cinema.
Pahani racconta attraverso questo
pretesto tre volti del cinema in Iran: da una parte il futuro,
Marziyeh Rezaei, che desidera trovare la sua
visibilità e che ci viene mostrata all’inizio attraverso un video
di un cellulare, un collegamento alla “novità”. In secondo luogo
abbiamo invece il viso intenso di Behnaz Jafari,
la diva, colei che riesce a mostrarsi nonostante la politica remi
contro alla settima arte, nonostante la difficoltà oggettiva, molto
più che nel resto del mondo, che una donna ha nel fare cinema.
Infine, il terzo volto del titolo è quello di Shahrzad
(Kobra Saeedi) un’attrice del passato, costretta a
ritirarsi dalle scene per ragioni politiche, un personaggio
misterioso e rancoroso, che allo stesso Pahani non è dato
incontrare, ma che costruisce un ponte tra la ragazzina e la diva,
un punto di passaggio e di fuga irrinunciabile.
A questo discorso tangente a quello
personale, in 3 Faces, Pahani ripropone la sua
esigenza di far cinema, il suo bisogno di essere presente,
testimoniare e raccontare, soprattutto in una condizione di
proibizionismo. Il cinema e l’esserci si confermano un atto
politico, un’attestazione di esistenza che il regista porta
avanti.
In Grey’s Anatomy
14×24 che si intitolerò “All of Me” i dottori
partecipano al matrimonio di Alex e Jo, e le cose non vanno come
previsto. Nel frattempo, lo stress dello scorso anno ha pesato
su Bailey, e rivaluterà alcune delle sue decisioni, nel finale di
stagione di Grey’s Anatomy che andrà in onda venerdì 17 MAGGIO (8:
00-21: 00 EDT ), su ABC Television Network, streaming e su
richiesta.
Le guest star
di Grey’s Anatomy 14×24 sono Debbie Allen
come Catherine Avery, Justin Bruening nei panni di Matthew Taylor,
Stefania Spampinato nella parte di Carina Deluca, Jake Borelli nei
panni di Levi Schmitt, Alex Blue Davis nel ruolo di Casey Parker,
Rushi Kota nel ruolo di Vik Roy, Sophia Ali Taylor nel ruolo di
Dahlia Qadri e Jaicy Elliot nel ruolo di Taryn Timone. “All
of Me” è stato scritto da Krista Vernoff e diretto da Debbie
Allen.
In Grey’s Anatomy
14×24 protagonisti sonoEllen Pompeo nei panni di Meredith
Gray, Justin Chambers nei panni di Alex Karev, Chandra Wilson nei
panni di Miranda Bailey, James Pickens Jr. nei panni di Richard
Webber, Kevin McKidd nei panni di Owen Hunt, Jessica Capshaw nei
panni dell’Arizona Robbins, Jesse Williams nei panni di Jackson
Avery, Sarah Drew come April Kepner, Caterina Scorsone come Amelia
Shepherd, Camilla Luddington come Jo Wilson, Kelly McCreary come
Maggie Pierce e Giacomo Gianniotti come Andrew DeLuca.
Grey’s Anatomy
14×24
Grey’s
Anatomy 14 è la quattordicesima stagione
della serie televisiva statunitense Grey’s
Anatomy trasmessa dal 2005. È un medical drama incentrato sulla vita della
dottoressa Meredith Grey, una tirocinante di chirurgia
nell’immaginario Seattle Grace Hospital di Seattle. Il
titolo di Grey’s
Anatomy gioca sull’omofonia fra il cognome della
protagonista, Meredith Grey, e Henry Gray, autore del celebre
manuale medico di anatomia Grey’s
Anatomy (Anatomia del Gray). Seattle Grace
(poi Seattle Grace Mercy West e, ulteriormente, Grey Sloan Memorial
Hospital) è invece il nome dell’ospedale nel quale si svolge la
serie. I titoli dei singoli episodi sono spesso i titoli di una o
più canzoni.
Inizialmente partita come una serie
tv in midseason, Grey’s
Anatomy ha ben presto attratto pubblico, ricevendo
anche numerosi premi e riconoscimenti nel corso degli anni. Insieme
a Desperate Housewives e Lost, è
considerata una delle serie TV che hanno
riportato al successo il network televisivo
statunitense ABC. Nel 2007 ha
generato uno spin-off.
Nel cast d ritornano Meredith
Grey (stagioni 1-in corso), interpretata da Ellen
Pompeo, Miranda Bailey (stagioni 1-in corso),
interpretata da Chandra Wilson, Richard
Webber (stagioni 1-in corso), interpretato
da James Pickens, Jr., Owen
Hunt (stagioni 5-in corso), interpretato da Kevin
McKidd, Arizona Robbins (stagioni 6-in corso,
ricorrente 5), interpretata da Jessica
Capshaw, April Kepner (stagione 7-in corso,
ricorrente 6), interpretata da Sarah
Drew.
Jackson Avery (stagione 7-in
corso, ricorrente 6), interpretato da Jesse
Williams,Josephine “Jo” Alice
Wilson (stagione 10-in corso, ricorrente 9),
interpretata da Camilla
Luddington, Amelia Shepherd (stagione 11-in
corso, guest 7-8, ricorrente 10), interpretata
da Caterina Scorsone, Margaret
“Maggie” Pierce (stagione 11-in corso, guest 10), interpretata
da Kelly McCreary, Benjamin
Warren (stagione 12-in corso, ricorrente 6-11, guest 7),
interpretato da Jason George, Andrew
DeLuca (stagione 12-in corso, guest 11), interpretato
da Giacomo Gianniotti, Nathan Riggs (stagioni
12-14), interpretato da Martin Henderson.
Troppa Grazia di
Gianni Zanasi è cinema nell’accezione più
essenziale del termine, il che ne fa una piacevole sorpresa nel
panorama italiano. La bravura del regista, anche sceneggiatore, e
punto di forza del film è quello di riuscire a costruire un’ironia
intelligente sulla religione e sul metafisico, conferendo a questi
elementi una concezione antropologica in grado di renderli meno
estranei.
La protagonista si trova infatti a
confrontarsi con la Madonna in carne ed ossa, combattendo con lei
ad armi pari per ciò che è giusto o meno fare. In questo scontro
sarà possibile raggiungere una pacificazione dei conflitti
personali e interpersonali della protagonista.
Altro elemento fondamentale è
l’ambientazione desertica ma di forte impatto simbolico. Nella sua
aridità, l’ambiente segnala qualcosa di sbagliato, che non va come
dovrebbe, facendo allo stesso tempo riferimento a numerosi rimandi
poetici e concezioni archetipiche del paesaggio. Il senso di
profondità dato dai campi lunghi che la macchina da presa si
concede sulla grande vallata sono un modo di accompagnare la storia
raccontata attraverso le immagini.
Zanasi non giudica i suoi
personaggi, ma si concentra con delicatezza sul gioco di far
apparire ironico qualcosa di molto sacro. La libertà di giudizio
viene lasciata allo spettatore, che ho così modo di trarre le sue
personali conclusioni dalla storia. Grazie alla sua leggerezza, il
film risulta godibile e sorprendente. La grazia del titolo la si
ritrova nell’equilibrio su cui si regge l’opera, nella volontà di
non gettare lo spettatore nello sconforto ma concedendo ad esso la
possibilità di una riconciliazione con ciò che spesso appare come
altro da noi.
Troppa
Grazia, la commedia diretta da Gianni
Zanasi, con protagonista Alba Rohrwacher,
ha vinto il Label di Europa Cinémas, il premio assegnato dagli
esercenti europei che promuove l’uscita del film all’estero, nella
sezione Quinzaine des Réalisateurs nell’ambito del
Festival
di Cannes 2018.
“Sono felice di aver portato un
gruppo di attori straordinari nella sezione dove è cominciata la
mia carriera e dove si vede il cinema di domani” ha dichiarato
a Repubblica il
regista. Zanasi ha infatti esordito alla Quinzaine con la
sua opera prima, Nella Mischia, nel 1995.
Il regista italiano ha poi
aggiunto: “Sono felice di aver portato un gruppo di attori
straordinari, nella sezione di Cannes dove è cominciata la mia
carriera e dove si vede il cinema di domani”. Lo scorso anno,
lo stesso premio venne attribuito a Jonas
Carpignano per A Ciambra, candidato
italiano agli Oscar 2018 e vincitori ai
David di Donatello.
Sabato 26 maggio 2018 a
Roma un viaggio nel cinema di un grande
maestro: David Lynch. Si
terrà al Cine Detour di Roma (via Urbana,
107), a pochi passi dal Colosseo e dalla Stazione Termini,
un workshop per conoscere più da vicino il cinema di un autore di
culto assoluto. Dopo tanti eventi di successo a Milano e dopo
il primo appuntamento capitolino su Xavier Dolan, i workshop
del sito di cinema LongTake tornano a Roma per un
nuovo e affascinante confronto dedicato a tutti gli appassionati
della Settima Arte.
Ilworkshop
Durante gli incontri verrà
analizzata la filmografia di David Lynch, da capolavori
quali Eraserhead – La mente che
cancella, Velluto blu,Mullholland
Drive e Inland Empire fino alla
recente terza serie di Twin Peaks, individuandone i
temi principali e le scelte stilistiche più ricorrenti, provando a
decifrare l’alone misterioso che lo circonda e che contribuisce a
rendere lui, e il suo cinema, ancor più affascinanti.
Tenuto dal direttore di LongTake e
critico de IlSole24OreAndrea
Chimento e dal critico di
LongTake Davide Stanzione, il workshop è
pensato per i fan di David Lynch e, più in generale, per gli
amanti del grande cinema. Al termine dell’incontro ogni
partecipante potrà analizzare un elemento emblematico dell’arte di
Lynch (una sequenza, un brano musicale, una scelta, un dialogo, un
fotogramma), elaborando un’analisi scritta che verrà pubblicata
sul blog di LongTake.
Dove e quando
Al Cine Detour, via Urbana 107, Roma
(rione Monti), nei pressi della stazione Cavour della Metro
B.
LongTake è un dizionario di cinema
online composto da oltre 22.000 schede, realizzate da un team di
redattori specializzati. Ogni recensione è frutto di una
riflessione collettiva e per questo nessuna scheda viene firmata.
La funzionalità social di LongTake unisce la passione per il grande
schermo alla voglia di condividere informazioni, opinioni e
preferenze. Gli utenti possono votare i film, tenere un diario
delle proprie visioni, scrivere recensioni da proporre alla
redazione, decidere chi seguire e commentare con i propri amici i
titoli più caldi del momento. Un innovativo algoritmo fornisce
inoltre consigli di visione agli utenti registrati in base ai gusti
personali e all’umore del momento.
LongTake
Plus permette agli utenti di vivere un’esperienza
unica. Gli abbonati potranno: assistere alle proiezioni in sale
cinematografiche diffuse sul territorio italiano usufruendo di
sconti e agevolazioni; accedere a portali web italiani dedicati
allo streaming di film e serie tv attraverso canali preferenziali;
partecipare a importanti Festival e rassegne cinematografiche con
accrediti personali.
Sono disponibili altre nuove
immagini ufficiali tratte da Avengers: Infinity War, il
cinecomic targato Marvel Studios e sbarcato nelle nostre sale lo
scorso 25 aprile.
Nelle foto possiamo dare uno sguardo
ad alcuni momenti chiave del film, come l’entrata in azione di
Spider-Man che si lancia dallo school bus, un
flashback sul passato di Thanos con la
piccola Gamora, l’incontro fra Iron
Man e i Guardiani della Galassia e
una scena con Ebony Maw.
Vi ricordiamo
che Avengers: Infinity War, diretto
da Anthony e Joe Russo e prodotto
da Kevin Feige. Louis D’Esposito, Victoria Alonso,
Michael Grillo e Stan Lee, è arrivato nelle nostre sale
lo scorso 25 aprile.
La sinossi: Un viaggio
cinematografico senza precedenti, lungo dieci anni, per sviluppare
l’intero Marvel Cinematic Universe,
Avengers: Infinity War di Marvel Studios porta sullo schermo
il definitivo, letale scontro di tutti i tempi. Gli Avengers e i
loro alleati supereroi devono essere disposti a sacrificare tutto
nel tentativo di sconfiggere il potente Thanos prima che il suo
attacco improvviso di devastazione e rovina metta fine
all’universo.
ATTENZIONE, l’articolo contiene SPOILER su
Deadpool 2
Deadpool 2 è
sbarcato nelle nostre sale il 15 maggio, e vede Ryan
Reynolds di nuovo nei panni del mercenario chiacchierone
Wade Wilson in compagnia di Josh Brolin (Cable),
Zazie Beetz (Domino), Morena
Baccarin (Vanessa) e T.J.Miller
(Weasel).
Non mancano i colpi di scena e i
cameo di personaggi noti dell’industria hollywoodiana (veri e
fittizi), alcuni davvero inaspettati e altri che sconvolgeranno del
tutto la trama del film. ma se non avete ancora andati al cinema e
non volete rovinarvi l’esperienza della sala, non proseguite con la
lettura di questo articolo.
Ecco allora tutti i maggiori
spoiler di Deadpool 2:
Russell è il vero villain
Si è
speculato molto, nei mesi precedenti all’uscita del film, su chi
fosse il vero villain di Deadpool 2, e
sebbene il materiale promozionale lasciasse intendere che
l’indiziato principale fosse Cable, beh, non
è andata esattamente così.
È infatti
Russell Collins (interpretato da Julian
Dennison) l’antagonista di Wade Wilson, o almeno, è il
personaggio che si manifesta come principale minaccia: quando
Deadpool lo incontra, scopre che i custodi dell’orfanotrofio dove
vive l’hanno maltrattato e decide di salvarlo. Successivamente
arriva Cable dal futuro per uccidere Russell prima
che possa diventare il cattivo che ucciderà la sua
famiglia.
Vanessa muore
Nel primo
film avevamo vissuto le fasi dell’innamoramento e la storia
romantica fra Wade e Vanessa
anche attraverso l’incidente dell’eroe, tuttavia risulta abbastanza
scioccante che all’inizio di Deadpool 2
(mentre si appresta a festeggiare il suo anniversario) Vanessa
muoia per mano di alcuni sicari.
Incapace di
salvarla, Wade vive con le sue colpe lungo tutto il film, è
depresso e tenta il suicidio (ma non può, ovviamente!) e cerca di
riscattarsi salvando un’altra vita (quella di Russell).
Il cameo di Brad Pitt
Lo scorso
anno la voce sul presunto coinvolgimento di Brad
Pitt era circolata in rete, tuttavia il ruolo di
Cable andò alla fine a Josh
Brolin. Ma effettivamente Pitt figura fra i crediti del
film, e appare in un piccolo ed esilarante cameo.
Nella sequenza in
cui vediamo i membri dell’X-Force morire uno dopo l’altro, Vanisher
colpisce alcune linee elettriche e rimane fulminato: il personaggio
di Pitt è visibile mentre uno dei mutanti del team.
Quasi tutti i membri della X-Force muoiono in modo
esilarante
Il
materiale promozionale di Deadpool 2 aveva
presentato la X-Force come parte integrante del
film e fondamentale per la trama, cosa che poi non si verifica dal
momento che (tranne Domino), gli altri membri
muoiono in maniera esilarante durante la loro prima e unica
missione.
Bedlam si schianta contro il parabrezza di un
autobus, Shatterstar cade nelle pale di un
elicottero, Zeitgeist rimane bloccato in una
macchina che taglia il legno e Peter dopo di lui,
mentre cerca di aiutarlo. Infine Vanisher si
schianta sui cavi di alimentazione e viene
fulminato.
Deadpool diventa un X-Man (o meglio, un tirocinante X-Men)
Ricorderete
che nel primo film Colosso cercava di convincere
Wade Wilson a diventare un supereroe diligente,
fallendo nell’impresa, ma in Deadpool 2 le
cose sembrano cambiare quando il mercenario chiacchierone,
sconvolto dalla morte di Vanessa, trova aiuto nella residenza degli
X-Men diventando un loro apprendista.
Deadpool muore (?)
Sebbene i
suoi poteri da mutante gli impediscano di morire,
Deadpool muore diverse volte nel corso del secondo
capitolo, come quando prende il proiettile destinato a Russell
indossato un collare che debilita la sua capacità di
rigenerarsi.
Cable salva Deadpool
Proprio
in riferimento al punto precedente, quando
Deadpool viene colpito da un proiettile vediamo
Cable usare il suo dispositivo per viaggiare nel
tempo e salvare quindi Wade.
Tutto torna come nel
combattimento finale, con Cable che posiziona nel punto esatto in
cui Deadpool viene colpito un dispositivo, risparmiando così la
vita al suo nuovo “amico”.
Fenomeno
Parte del
film vede protagonisti Wade e
Russell imprigionati nell’Icebox. Una volta lì, i
due individuano una sezione di massima sicurezza, ma non hanno la
possibilità di scoprire quale mutante è bloccato al suo
interno.
Più tardi però
Russell riesce a stringere un’alleanza con il misterioso mutante
per vendicarsi dell’uomo che lo ha torturato mentre viveva
nell’Essex House. Ebbene il “mostro” si rivela essere nientemeno
che Fenomeno.
Già apparso in
X-Men: Conflitto Finale, Fenomeno è un formidabile
combattente e darà del filo da torcere ai nostri eroi.
Il cameo degli X-Men
Uno dei
momenti più divertenti di Deadpool 2 vede Wade
sconsolato dal fatto che nell’accademia dei Mutanti non si siano
ancora visti i membri originali degli X-Men.
Tuttavia, mentre
Wade si trova nell’ X-Mansion e si lamenta della mancanza di altri
X-Men, vediamo brevemente in una stanza dietro la schiena di
Deadpool Charles Xavier/Professor X (James
McAvoy), Quicksilver (Evan Peters),
Bestia (Nicholas Hoult), Ciclope
(Tye Sheridan), Nightcrawler (Kodi Smit-McPhee) e
Tempesta (Alexandra Shipp). Sorpresa!
Deadpool torna indietro nel tempo e “cancella” X-Men: Le
origini e Lanterna Verde
Le scene
post credits di Deadpool 2 sono semplicemente
epiche: tornando indietro nel tempo, Wade Wilson tenta di
correggere alcuni “errori” del passato, tra cui la sua grossolana
apparizione X-Men: Le origini Wolverine (uccide
infatti il se stesso del film), e la lettura del copione di
Lanterna Verde che nel 2011 ha visto protagonista
Ryan Reynolds.
La Sony Pictures
Italia ha diffuso il trailer ufficiale
di Searching, il film diretto da
Aneesh Chaganty e con protagonisti
con John Cho, Debra Messing, Joseph Lee e Michelle
La.
Searching arriverà al cinema a
settembre.
Dopo che la figlia sedicenne di
David Kim (John Cho) scompare, viene aperta
un’indagine locale e assegnato un detective al caso. Ma 37 ore dopo
David decide di guardare in un luogo dove ancora nessuno aveva
pensato di cercare, dove tutti i segreti vengono conservati: il
laptop della figlia. In un thriller iper-moderno raccontato
attraverso i dispositivi tecnologici che usiamo ogni giorno per
comunicare, David deve rintracciare tutti i movimenti di sua figlia
prima che scompaia per sempre.
La Warner Bros
Italia ha diffuso il trailer ufficiale
di 2001: Odissea Nello Spazio, la versione
restaurata in 70 mm che ritornerà in sala il 4 e il 5
giugno.
2001: Odissea Nello
Spazio è un conto alla rovescia per il domani, una carta
stradale del destino dell’ uomo, una ricerca dell’infinito. È un
abbagliante monumento visivo che ha meritato l’Oscar,
un’irresistibile interpretazione della lotta dell’uomo contro la
macchina, una stupefacente miscela di musica e movimento, un
caposaldo così fondamentale, che Steven Spielberg lo considera il
Big Bang dal quale ha tratto origine la sua generazione di
cineasti.
Forse è il capolavoro di Kubrick
regista, che ne ha anche steso la sceneggiatura in collaborazione
con Arthur C. Clarke; probabilmente continuerà ad entusiasmare,
ispirare, incantare intere generazioni. Per cominciare il suo
viaggio nel futuro, Kubrick visita il nostro passato di
pitecantropi ancestrali; poi, con uno degli stacchi più
fantasmagorici mai concepiti, balza in avanti di millenni fino alla
colonizzazione dello spazio; infine proietta l’astronauta Bowman
(Keir Dullea) in zone siderali inesplorate, forse fino al regno
dell’immortalità. Apri i portelli, HAL. Lasciate che l’
inquietante mistero di un viaggio diverso da tutti gli altri abbia
inizio.
Proseguono a Los Angeles le riprese
di Captain Marvel, primo cinecomic dei
Marvel Studios con protagonista una
supereroina. Brie Larson, impegnata sul set nei
panni di Carol Danvers, condividerà la scena con Clark Gregg, tornato a interpretare l’agente
Coulson dopo le sue apparizioni in Iron Man,
Thor e Avengers, e nella serie
Agents of S.H.I.E.L.D.
L’attore ha di recente lodato il
lavoro della Larson, conosciuta più di dieci anni fa sul set di
Hoot, in un’intervista con People TV:
“Mi sto divertendo moltissimo e
Brie, accidenti, è fantastica. Sono così fiero di lei, è una delle
attrici migliori che abbiamo.”
Vi ricordiamo che alla regia del
cinecomic con protagonista Brie Larson,
ci saranno Anna
Boden e Ryan Fleck. Il film
invecearriverà al cinema l’8 marzo
2019.
Il cast
ufficiale: Brie Larson, Samuel
L. Jackson, Ben
Mendelsohn, Djimon
Hounsou, Lee
Pace, Lashana
Lynch, Gemma
Chan, Algenis Perez
Soto, Rune
Temte, McKenna
Grace, Clark
Gregg, Jude
Law, Annette Bening.
La sinossi: Basato sul personaggio dei fumetti Marvel apparso per la prima volta
nel 1968, il film segue Carol Danvers mentre diventa uno degli eroi
più potenti dell’universo. Quando la Terra viene coinvolta in una
guerra galattica tra due razze aliene, è lì che Captain Marvel interverrà. Ambientato negli
anni ’90, il cinecomic è un’avventura tutta nuova che racconterà un
periodo inedito nella storia dell’universo cinematografico Marvel.
Sono circolati in rete alcuni
dettagli sulla trama dello spin-off di Star
Wars dedicato al personaggio di Obi-Wan Kenobi, ovviamente da
prendere come un rumor e non ancora confermati dalla Lucasfilm. Di
seguito vi riportiamo la traduzione:
“Obi-Wan si trova su Tatooine e
vive da eremita ma segretamente sorveglia un bambino di nome Luke
Skywalker, che anni prima ha affidato a suo zio Owen. Nel frattempo
le tensioni tra gli agricoltori locali e una tribù di Tusken –
capeggiati da uno spietato capo – costringono Obi-Wan a
nascondersi…”
Il film dovrebbe dunque uscire entro
il 2020, visto che per il 2019 è atteso invece l’Episodio
IX della terza trilogia, diretto da J.J.
Abrams.
Dopo Rogue
One e Solo: A Star Wars Story, il
film su Obi-Wan Kenobi sarebbe il terzo
spin off della nuova ondata di film del franchise, che si
proietterà in maniera sempre più capillare nel futuro. In cantiere
alla Lucasfilm c’è infatti una nuova trilogia tutta ideata
da Rian Johnson, regista e sceneggiatore
di Star Wars: Gli Ultimi
Jedi, ma anche una nuova serie di film, di cui non
sappiamo ancora nulla, che sono stati affidati, per sviluppo e
sceneggiatura, a David
Benioff e D.B. Weiss,
showrunner di Game of Thrones.
Ewan McGregor è ancora
interessato a interpretare Obi-Wan Kenobi
Obi-Wan
Kenobi è l’unico personaggio della saga a comparire
in tutti e sei i film “tradizionali” in diverse vesti.
In Guerre Stellari è chiaramente il
vecchio Ben Kenobi, mentre ne L’Impero e
ne Il Ritorno appare in forma di
spirito, di Forza, a Luke, nei suoi momenti di difficoltà. In
questo caso ha le sembianze di Alec Guinness.
Nei tre prequel è interpretato, come detto, da Ewan
McGregor, fino al finale della Vendetta dei
Sith in cui mette in salvo i gemelli Skywalker.
Infine, non tutti sanno che la voce
di Obi-Wan si può ascoltare anche ne Il Risveglio della Forza, nel
momento in cui Rey tocca per la prima volta la spada di Luke: tra
le immagini confuse e le visione della giovane, si possono
ascoltare le voci fuse si Guinness e McGregor in persona.
Hot Toys ha reso disponibili le
anteprime delle action figures dedicate a Deadpool
2, concentrandosi sul personaggio di Wade
Wilson con la sua uniforme classica e un assortimento di
accessori che vedrete nel film.
Diretto da David
Leitch, Deadpool
2 è nelle nostre sale dal 15
maggio. Nel cast Ryan Reynolds nei
pani del Mercenario Chiacchierone della Marvel. Zazie
Beetz in quelli di Domino e Josh
Brolin in quelli di Cable.
Dopo essere sopravvissuto a un
quasi fatale attacco di mucche, uno chef sfigurato che lavora in
una cafetteria (Wade Wilson) lotta con il suo sogno di diventare il
barista più sexy di Mayberry mentre impara a scendere a patti con
il fatto che ha perso il senso del gusto.
Cercando di riconquistare la sua
spezia per la vita, così come un condensatore di flusso, Wade deve
combattere i ninja, la yakuza e un branco di cani sessualmente
aggressivi, mentre viaggia in giro per il mondo per scoprire
l’importanza della famiglia, dell’amicizia e del sapore. Un nuovo
gusto per l’avventura e per ottenere l’ambito titolo di tazza di
caffè del World’s Best Lover.
Timothée Chalamet torna a caccia di Oscar con
Beautiful Boy, pellicola biografica tratta dai
romanzi “Beautiful Boy: A Father’s Journey Through His Son’s
Addiction” scritto da David Sheff e da “Tweak: Growing Up
on Methamphetamine” scritto invece da suo figlio Nic
Sheff.
Nel film l’attore, già nominato lo
scorso anno per la sua performance in Chiamami col tuo
nome di Luca Guadagnino, interpreta Nic,
tossicodipendente che attraversa un viaggio di recupero insieme
alla sua famiglia, percorso non privo di difficoltà e
contraddizioni.
Amazon Studios,
che produce insieme alla Plan B Entertainment di Brad
Pitt, ha appena rilasciato il primo teaser (che trovate
qui sotto:
Scritto
da Luke Davies (Lion) e diretto dal
belga Felix Van Groeningen (sua la regia di
Alabama Monroe), Beautiful Boy vede nel
cast anche Steve Carell, Amy
Ryan, Maura
Tierney, Timothy
Hutton, Amy
Forsyth, Ricky Low,
e Kaitlyn Dever.
L’uscita nelle sale è
fissata al 12 ottobre 2018, in tempo per entrare
nella corsa della Award Season del prossimo anno.
Beautiful Boy, la recensione del film con Steve
Carell
In concorso al Festival di
Canens 2018, Spike Lee torna sul grande
schermo con energia e grinta, con un film che coniuga un pensiero,
una posizione sul mondo al grande cinema e all’intrattenimento:
BlacKkKlansman.
BlacKkKlansman
racconta di Ron
Stallworth, primo poliziotto nero nella storia di
Colorado Springs, infiltratosi nel Ku Klux Klan. Un film
biografico, ma non solo. Con BlacKkKlansman,
Spike Lee prova che i discorsi razzisti, che già
avevano un sapore fuori dal tempo negli anni Settanta, sono validi
tutt’ora e suonano ancora più primitivi. Sono tuttavia,
spaventosamente attuali, rapportati alla realtà.
BlacKkKlansman: il film
Il regista si avvale di
John David Washington (figlio di Denzel) e di
Adam Driver per portare sullo schermo la
coppia di agenti che misero in pratica il piano di Stallworth
stesso (Washington). L’alchimia trai due sembra funzionare, dove il
sempre bravo Driver regala solidità alla coppia, mentre l’aspetto
brioso e action è affidato al personaggio di Washington, vero
protagonista.
BlacKkKlansman
vuole essere anche una commedia, o meglio, una satira sociale, come
manifestato dalla scena iniziale del film: Alec Baldwin che recita un monologo
disturbante, pesantemente razzista. Il riferimento è chiaro:
Baldwin nell’ultimo anno è stato sotto gli occhi della Casa Bianca
e di Trump per l’imitazione del Presidente a
SNL.
BlacKkKlansman
Gli elementi del racconto di Lee
sono semplici, tutti presenti all’inizio in quel monologo:
schiettezza, razzismo e storia, tutto raccontato con un linguaggio
leggero, molto divertente. Una scelta che coinvolge lo spettatore,
disposto a ridere della follia storica, dell’odio, delle ottuse
credenze.
Proprio questo umorismo, così
insolito per Spike Lee, salta all’occhio in
maniera palese, una comicità di linguaggio e di tempi che si
scontra, con violenza (desiderata, ricercata e raggiunte), contro
le scene finali del film: un montaggio delle vicende di Charlottesville,
nell’agosto del 2017, ieri, storicamente parlando, e della reazione
di Trump.
Essendo un ottimo prodotto
cinematografico, BlacKkKlansman può offrirsi anche
solo come grande intrattenimento per la sala, dato il tono leggero,
da commedia, come dicevamo, ma è chiaro che nasconde, neanche
troppo velatamente, le intenzioni di un uomo contrariato da ciò che
accade nel proprio Paese, adesso come negli anni Settanta.
Con un approccio lucido, innovativo
per il suo solito stile, Spike Lee manifesta la
sua rabbia verso una situazione sociopolitica rovinosa, quella
della sua America. Ma non basta: il film, in chiusura, confermando
il suo rivolgersi a tutto il mondo, e non solo alla comunità nera
contro quella bianca, afferma con convinzione: “Power to all
the people” (potere a tutte le persone). Un invito all’unione
radicale, un appello a tutti gli uomini di ragione.
Il Festival
CinemAmbiente, che si terrà a Torino dal 31 Maggio al 5
Giugno 2018, nasce con l’obiettivo di presentare i migliori film
sull’ambiente a livello internazionale e contribuire alla
promozione del cinema e della cultura ambientale.
KLM è protagonista
dell’evento e ne sostiene le finalità in qualità di Vettore
Ufficiale: i membri della giuria e le guest stars della
manifestazione avranno, infatti, il privilegio di volare su Torino
a bordo dei moderni aeromobili della compagnia di bandiera
olandese.
KLM, da sempre sensibile al tema
ambientale, persegue da anni il proprio progetto CO2ZERO, il
programma che prevede una serie di azioni con l’obiettivo di
ridurre le emissioni nocive nell’aria.
Il piano d’azione di KLM prevede attivazioni sia a breve sia a
lungo termine.
1. A breve termine: riduzione di
emissioni di CO2 attraverso:
il costante rinnovo della flotta con l`introduzione dei nuovi
Boeing 787 Dreamliner e Airbus 330, velivoli che riducono del 16%
il consumo di carburante
la costante e meticolosa pulizia dei motori per mantenere bassi
i consumi
l’utilizzo di biocarburanti
l’ottimizzazione dei processi di volo e un più efficiente
utilizzo degli aeromobili (più o meno capienti a seconda delle
stagioni e della domanda).
2. A lungo termine:
KLM guarda anche al futuro partecipando attivamente alla
ricerca condotta dalla DELFT University of Technology per lo
sviluppo di aeromobili il 40% più efficienti e più silenziosi che
saranno pronti, secondo le stime, a partire dal 2025.
EMISSIONI CO2: KLM è attiva affinché venga regolamentato
l’aumento di emissioni di CO2 secondo il principio del “chi inquina
paga” al fine di renderlo un incentivo per un approccio sempre più
etico e responsabile da parte di tutte le compagnie aeree. Inoltre,
partendo dall’assunto che il cielo è unico e di tutti, si adopera
al fine di far tracciare rotte in maniera più razionale ed
efficiente, ovvero senza deviazioni non necessarie che significano
maggiori consumi.
COMPENSAZIONE DI CO2, il programma dedicato ai passeggeri che
permette loro di volare a zero emissioni in modo semplice, efficace
e dai costi contenuti che viene attivato al momento della
prenotazione o direttamente sul sito KLM prima della partenza. Il
ricavato del programma compensazione CO2 viene interamente
investito nei progetti Gold Standard per la produzione di energia
sostenibile nei paesi in via di sviluppo e altri iniziative
dedicate alla tutela dell’ambiente. Grazie al programma di
compensazione inoltre si contribuisce al progetto CO2OL Tropical
Mix che trasforma gli ex terreni da pascolo di Panama in nuove
foreste miste generando condizioni di lavoro ottimali per 150
persone.
CHARITY ACTIVITIES. Wings of Support, la ONG fondata nel 1998
dai dipendenti KLM e gestita da 90 volontari, è attiva con lo scopo
di aiutare i bambini dei paesi in cui KLM è presente per favorire e
agevolare la loro istruzione e fornire assistenza medica e ad oggi
sostiene più di 25.000 bambini. WWF,
UNICEF e CROCE ROSSA, sono invece solo alcuni nomi di
importanti ONG partner KLM che hanno potuto beneficiare delle
donazioni di miglia da parte dei soci Flying Blue in modo da poter
volare con più di 1600 voli nei paesi in cui necessitano di portare
a termine le loro missioni.
CARBURANTI E CAFFE’ BIO. Numeri interessanti riguardano anche
le attività relative all’utilizzo di biocarburanti: 561 voli solo
nel 2017 alimentati con biocarburante sulla tratta Los Angeles –
Amsterdam.
Ma non solo, grazie all’esperienza
unica e unconventional che la compagnia offre ai propri
viaggiatori, sarà possibile gustare dell’ottimo caffè certificato
UTZ 100 % bio in tutte le classi di viaggio.
“La tematica ambientale è al centro
di questo importante Environmental Film Festival.” – afferma Lucia
Impiccini, Direttore Marketing Air France-KLM in Italia – “Siamo
orgogliosi di supportare questo evento di rilevanza internazionale
del tutto coerente con le nostre politiche e iniziative per il
rispetto dell’ambiente e che aiuta a contribuire alla diffusione di
una sempre più ampia cultura ambientale”.
KLM accoglie con favore anche la
nascita di una nuova sezione competitiva riservata alle scuole,
tassello fondamentale dell’ampio progetto CinemAmbiente Junior in
cui il Festival riunisce le molteplici iniziative dedicate ai più
giovani, target a cui KLM è sensibile in qualità di portavoce di
valori di rispetto dell’ambiente, innovazione e caring.
Si è svolta ieri, mercoledì
16 maggio 2018, presso il Salon Marta
dell’Italian Pavilion, all’interno dell’Hotel Le
Majestic, la conferenza stampa della X edizione di
Italian Movie Award – Festival Internazionale del
Cinema, che si svolgerà a Pompei dal 29 luglio al 6
agosto.
Alla presenza del presidente e
direttore artistico del festival Carlo Fumo e del
conduttore del festival Luca Abete, sono state
annunciate le nomination 2018 delle categorie
CORTOMETRAGGIO e DOCUMENTARIO, il miglior
FILM D’ANIMAZIONE e la miglior OPERA
PRIMA.
Sono state presentate le principali
novità dell’edizione 2018 che ha deciso di introdurre un nuovo e
originale criterio di premiazione per la categoria LUNGOMETRAGGI:
sarà la Jury Roots, composta dalle più importanti
comunità di cittadini di origini italiane all’estero, a sancire le
migliori opere italiane all’estero preselezionate e nominate dalla
Giuria Accademica.
Italian Movie Award 2018 dedica una
retrospettiva al premio Oscar ®Denzel
Washington e ha come tema il FUTURO:
“Uno sguardo alle generazioni, a coloro che credono nella
bellezza dei propri sogni, perché gli insegnamenti di oggi
rappresentano le scelte e le azioni del domani”.
Avere la possibilità di poter
visitare il bunker costruito sotto il Government Office Building e
camminare dentro i luoghi dove è stata scritta la storia, non solo
dell’Inghilterra, ma del mondo intero, è un’emozione unica. Ci
troviamo a Londra, precisamente dietro Westminster, dove Universal
Picture Home Entertainment Italia, per l’uscita italiana de L’ora
più buia, ci ha permesso di fare un tour nei luoghi che sono stati
testimoni cruciali degli avvenimenti della seconda guerra mondiale,
nelle stanze segrete dove il Primo Ministro Winston
Churchill ha deciso di non arrendersi e continuare a
lottare la tirannia di Hitler anche quando tutto sembrava
perduto.
Il film racconta le cruciali ore in
cui Churchill, appena eletto Primo Ministro, si ritrova a decidere
se negoziare la pace o combattere la Germania nazista contro ogni
probabilità di vittoria, fino alla fine per l’orgoglio del suo
paese, arriva finalmente in DVD e Blu-Ray e 4K Ultra
HD disponibile dal 9 maggio con Universal Picture
Home Entertainment Italia.
La pellicola è stata diretta da Joe
Wright, regista eccezionale conosciuto per
Espiazione, Orgoglio e
Pregiudizio, e Anna Karenina, vanta una
crew di primo livello con la sceneggiatura di Anthony
McCarten ed è interpretato da Gary
Oldman, vincitore del Premio Oscar al Miglior Attore
Protagonista e del Golden Globe nella stessa categoria (sezione
drammatica) per la sua interpretazione. Il film è un meraviglioso
racconto delle giornate critiche durante le quali Winston Churchill
doveva prendere la decisione più difficile della sua vita,
evidenziandone anche le sfumature caratteriali e l’uomo che si
celava dietro il politico. Mentre Hitler si avvicina al Regno
Unito, il Primo Ministro si trova a combattere per la sua
leadership e a trovare la soluzione migliore per il suo paese.
L’ora più buia, la recensione del film con
Gary Oldman
Il film è principalmente ambientato
in quello che oggi è il Churchill Museum e Cabinet War Rooms (Clive
Steps, King Charles St, Westminster, London SW1A 2AQ), interamente
ricostruito dagli scenografi, dove si riuniva il gabinetto di
guerra, al riparo da eventuali attacchi e al sicuro da fughe di
notizie.
Il nostro tour è iniziato varcando
la porta della stanza in cui si riunivano i potenti, dove abbiamo
potuto ammirare la sedia del potere presieduta dal Primo Ministro,
dove la nostra guida privata ci ha raccontato che è ufficialmente
il posto dove si è fatta la guerra, facendoci notare le scavature
create dall’anello di Churchill al lato del bracciolo della sedia,
che di consueto batteva nei momenti di nervosismo. Tutta la stanza
è piena di posaceneri (i gentlemen presenti a quanto pare fumavano
copiosamente, per non parlare del protagonista che viaggiava ad
un’andatura di 8/10 sigari per dì), e ogni singolo pezzo
all’interno è originale, compresa la valigia rossa del Primo
Ministro con l’adesivo delle Barbados, attaccato dal figlio.
Si procede nel lungo corridoio, che
nel film pullula di segretarie indaffarate a lavorare, la guida ci
mostra l’armadietto privato di Winston contenente sigari, Scotch e
banane (rare da reperire in tempi di guerra), prima di entrare
nella Map Room, dove sono state girate alcune fra le più toccanti
scene della pellicola, Ci viene raccontato che Churchill aveva una
certa ossessione per le mappe, che capeggiano ovunque all’interno
del bunker, ma in questa stanza in particolar modo ci sono quelle
più importanti. Quella grande sul muro che si vede anche nel film,
rappresenta tutte le battaglie dell’atlantico ed è piena zeppa di
fori, come potrete immaginare, qui si ricevevano informazione da
tutto il mondo distinte dal colore dei telefoni, verde, bianco,
rosso e nero, è dove Churchill scopre che a Dunkerque si trovano i
suoi ragazzi completamente circondati dai tedeschi e si fa venire
in mente un modo per salvarli, anche a costo di sacrificarne altri.
Vi hanno lavorato circa cinquanta persone a turno all’interno,
tutte autorizzate (era una delle stanze più segrete) e tutte
dovevano registrarsi non appena entravano. Vi è una cartina-grafico
che rappresenta una notevole diminuzione di perdite dal 1942 al
1945 delle flotte inglesi, questo perché nel 1944 grazie a Turing
sono stati decodificati i codici creati mediante la macchina Enigma
dei Tedeschi (vi esorto a vedere La Teoria del Tutto sceneggiato
dallo stesso McCarten che racconta delle prodezze di Turing), e che
ha dato un grosso slancio verso la vittoria nella guerra.
Tutti i calendari e gli orologi
presenti segnano il 16 agosto 1945 (giorno della vittoria) alle
16.59, e tutto è stato lasciato esattamente come l’ultimo momento
in cui sono stati a lavoro li sotto. È un’emozione indescrivibile
da percepire e dopo aver visto il film lo si avverte ancora di più,
il senso di responsabilità e la gravità che deve aver pervaso gli
animi umani che hanno abitato questi uffici.
Il bunker non è solo ufficio, come
vediamo nella pellicola di Wright, oltre alle brandine per le
segretarie che perdevano il treno, vi erano anche diversi alloggi
per i colonelli, quello di Churchill è arredato con moquette e ha
un letto incredibilmente piccolo (misura standard, ma ricordiamo
che era alto 1,67), nella sua stanza sono presenti diversi
posaceneri, ovviamente, e una enorme cartina difronte al letto
raffigurante la situazione di possibili attacchi delle coste
inglesi. Era solito passare in questa stanza tre o quattro notti a
settimana, da abitudine il Primo Ministro si alzava tardi facendo
colazione con Whisky e acqua e restava a leggere e telefonare nel
letto fino all’ora di pranzo ma poi lavorava fino a tarda ora. In
questa stanza, dalla sua scrivania teneva i discorsi alla nazione,
come quello presente nella pellicola in diretta nazionale. L’ultimo
posto da visitare è in realtà una porta, vi era un unico bagno con
acqua corrente li sotto, riservato ovviamente solamente a
Churchill, ma si scoprì dopo la guerra che in realtà al suo interno
si nascondeva un telefono transatlantico che lo metteva in linea
diretta con l’allora presidente degli Stati Uniti d’America,
Franklin Delano Roosevelt, come si vede in una scena del film. Il
telefono era collegato ad uno degli impianti più all’avanguardia,
considerata l’epoca, situato sotto i magazzini Selfridges di Oxford
Street.
Innumerevoli cose ci sarebbero da
raccontare su questo straordinario personaggio, così controverso e
così stoico che ha guidato una nazione verso la vittoria solo e
determinato al non accettare la sconfitta, vizioso, burbero e
terribilmente elitario, per usare una delle sue frasi: “Il successo
non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio
di continuare che conta.”
L’Ora Più Buia
racconta le sfumature che hanno caratterizzato il personaggio prima
dell’uomo, l’astuto leader di potere e il fragile coniuge e padre
di famiglia. Nei contenuti speciali del DVD e Blu-Ray troviamo
un’intervista in cui lo straordinario Gary Oldman racconta come
diventare Churchill e il commento al film da parte del regista Joe
Wright. Vi ricordiamo che è disponile dall’9 maggio distribuito da
Universal Picture Home Entertainment Italia.
Steven Yeun, il Glenn di The Walking
Dead, ha presentato al Festival
di Cannes 2018Burning, film in
concorso diretto da Chang-dong Lee. Con lui
nel cast del film anche Jong-seo Jeon e
Ah-in Yoo.
Ecco le immagini dal red carpet e
dal photocall della mattina.
StarWars è uno dei franchise
che sono riusciti a dominare la cultura popolare per
decenni. Ha costruito un universo vasto e intricato, del
quale ora ci si accinge a riempire i vuoti e a raccontarne le
origini. Si era cominciato conRogue
One, ma ora si va più a fondo: con Solo
si comincia a raccontare le basi vere e proprie, le origini di uno
dei personaggi più amati. Per quello che sappiamo dai trailer, nel
film non ci sono Jedi, Sith, non c’è la Forza: costruisce il
contesto, le fondamenta vere e proprie dell’universo di Star
Wars.
Un universo fatto di
personaggi e forze incredibili. Se pensiamo che qualunque
Jedi o Sith è già più potente di qualunque altro umano o alieno, è
particolarmente difficile capire chi sia più potente di chi.
Inoltre, dato che la Forza è già di per sé un concetto non
esattamente misurabile e piuttosto indefinito, inoltre, non ci
aiuta a valutare. Ma, per rendervi le cose più facili, ecco una
classifica del 20 personaggi più potenti
di Star
Wars.
Nota bene: la Disney ha dichiarato
che la maggior parte dell’universo espanso non è canone, indicando
come corpo canonico quello composto dai film, cartoni animati e
fumetti, e questa lista si rifà proprio a questi.
Bendu
Bendu è un
personaggio dalla forza dell’altro mondo, tanto che per rendere
l’idea di questa alterità nel doppiaggio originale si è scelto
Tom Baker, l’iconico interprete del Quarto
Dottore. Un mastodonte alieno, Bendu è abbastanza imponente da
torreggiare sulla maggior parte degli umanoidi, ma reso talmente
potente dalla Forza che non ha mai dovuto ricorrere alla forza
fisica. È una creatura di per sé pacifica, che si rifiuta di
prendere posizione sia per quanto riguarda la guerra che per quanto
riguarda la Forza, restandosene un po’ a metà tra i Jedi e i Sith,
una posizione che difende con integrità. Ma il fatto che abbia
deciso di stare su un territorio neutrale, non significa che non
sappia usare la Forza come si deve.
Infatti, può darsi che sia appunto
la sua neutralità ad essere la fonte delle sue abilità. Bendu è
particolarmente empatico e ha precognizioni dall’accuratezza
abbastanza allarmante, e ha controllo diretto sulla natura che gli
sta attorno. Ad un certo punto, trasforma addirittura il proprio
corpo fisico in una gigante tempesta che cade sia sugli Imperiali
che sui Ribelli. È anche una delle figure più sagge del canone
di Star
Wars, spesso assumendo il ruolo di mentore e confidente di
chiunque cerchi il suo consiglio. Attraverso la Forza, fu
addirittura capace di distruggere una buona parte di una nave
imperiale d’invasione e addirittura di volare. Anche quando Bentu
viene ferito, riesce ad evitare di venire ucciso semplicemente
svanendo. Il potere della neutralità.
Generale Grievous
Uno dei cattivi più
sottorappresentati del canone di Star Wars, il
Generale Grievous ha anche la reputazione di essere uno
dei più mortali. Appare per la prima volta durante le Guerre dei
Cloni in quanto generale Separatista, ed è ossessionato dalla
guerra e dal combattimento, al punto che si fa volontariamente
mettere degli impianti cibernetici per potenziarsi, che gli
permettono di brandire quattro spade laser insieme
(tutte e quattro rubate da Jedi uccisi da lui). Durante le Guerre
dei Cloni, fa una lunga serie di vittime, spesso uccidendo per il
puro gusto dell’uccidere piuttosto che per contribuire allo sforzo
bellico. Oltre alla forza fisica, ha inoltre comandato l’armata di
droidi e ha avuto decine di milioni di soldati robotici al suo
comando, pronti ad intervenire su sua richiesta. Anche quando non è
armato, quindi, ha una legione di macchine mortali al proprio
servizio.
Era un combattente formidabile, al
quale l’arte del combattimento con la spada laser fu insegnata da
Dooku stesso, e fu ucciso per puro caso, per un colpo di fortuna.
Era disarmato, ferito e in ritirata, ma riuscì comunque a
portare il suo avversario, Obi-Wan Kenobi, sull’orlo della
disperazione. Ma questi riuscì ad avere la meglio usando
la Forza per attirare verso di sé proprio il blaster di Grievous,
uccidendolo. Non ha lasciato molto dietro di sé, non avrà cambiato
le carte in tavola, ma si merita una menzione per uno dei killer di
Jedi più prolifici della storia.
Grande Ammiraglio Thrawn
L’abilità di usare la Forza per
sconfiggere i propri nemici e manipolare la mente è una delle cose
più eccitanti mai viste sul grande schermo. Cosa c’è di meglio? La
capacità di farlo senza la forza. Thrawn era
originariamente un guerriero Chiss, addestrato per
disfarsi degli avversari grazie ad una perfetta strategia e ad ogni
costo. Sta di fatto che porta le cose al livello successivo, e
diventa talmente abile nella manipolazione e
nell’assassinio che diventa capace di avere la meglio su
un intero plotone di stormtrooper senza nemmeno essere visto,
lasciandosi poi catturare, ma solo per poi convincere l’Imperatore
stesso che non solo non meritava di essere condannato per i propri
crimini, ma che addirittura si meritava una posizione nella Marina
Imperiale.
Con la sua innata abilità
di capire di come pensano i suoi avversari, Thrawn scala
velocemente i ranghi e diventare Grand’Ammiraglio, in prima linea
durante la Guerra Civile Galattica. Ha avuto molti combattimenti
corpo a corpo con i Jedi, ma non ha mai considerato nemmeno queste
una sfida, a meno che non combattesse con più di un avversario alla
volta. Ha vinto quasi ogni battaglia che ha combattuto, grazie al
proprio talento per essere sempre qualche mossa avanti rispetto al
proprio avversario. E si scopre poi essere un agente sotto
copertura per i Chiss, mandato per valutare il valore
dell’Impero.
Asajj Ventress
Sith, Jedi, schiava,
cacciatrice di taglie, assassina, spia: Asajj Ventress ha fatto
tutto e anche di più, il che l’ha resa uno dei personaggio
più dinamici dell’universo di Star Wars. Nata sul
pianeta Rattatak, ha un breve apprendistato Jedi, con un Maestro
che la prese sotto la propria tutela che era stato mandato in
missione per portare pace sul pianeta. Le insegnò i segreti della
Forza, sperando che diventasse una Jedi. Ma quando il Maestro viene
ucciso dai pirati, Ventress si lascia vincere dal dolore e dalla
rabbia, volgendosi al Lato Oscuro. Il che la porta dal
Conte Dooku, diventando un’apprendista Sith e
inarrestabile assassina.
Capace di impugnare due spade
laser, diventa famosa durante le Guerra dei Cloni per il proprio
stile di combattimento imprevedibile. Si scontra
regolarmente con Anakin Skywalker eObi-Wan
Kenobi: il che è sufficiente per farla entrare nella
classifica dei più potenti di sempre. Ma quando viene tradita,
decide di separarsi dai Sith e di lavorare per conto proprio. Ad un
certo punto, salverà (da sola) i Jedi con i quali era stata in
lotta.
Darth Plagueis il Saggio
Non sappiamo molto su Darth
Plagueis, a parte il fatto che fu il maestro di Palpatine
e che fu infine ucciso da questi, e che fu capace di utilizzare la
Forza per indurre i Midi-Chlorian a creare la vita. Aveva
una conoscenza tale del Lato Oscuro da riuscire ad impedire a
coloro che amava di morire. Il che è abbastanza per farlo
entrare nella classifica dei personaggi più potenti
di Star Wars. Inoltre, Darth Plagueis fu considerato
talmente potete da avere un solo vero nemico: la Forza stessa.
Darth Plagueis diventò ossessionato dall’idea di essere diventato
troppo potente, al punto da temere che la Forza lo avrebbe un
giorno tradito, punendolo per avere abusato del proprio controlo
sulla vita e sulla morte. Palpatine, preoccupato dal fatto che il
proprio maestro sarebbe diventato troppo potente per essere ucciso,
tradì Darth Plagueis e uccide il Sith, prendendo il suo posto nella
gerarchia Sith. Non compare mai fisicamente nell’intera
serie, ed è solo menzionato, ma è chiaro dal modo in cui se ne
parla che i suoi poteri fossero incredibili.
Kanan Jarrus
Una cosa è essere addestrato per
usare la Forza e diventare incredibilmente potente dopo anni di
addestramento, un’altra è diventare un esperto con pochissimo
allentamento. Prima di diventare Kanan Jarrus,
Jedi Ribelle, era Caleb Dume, il prodigioso Padawan del Maestro
Depa Billaba. Nonostante aver ricevuto un addestramento ridotto,
quando fu il momento delle Guerre dei Cloni Caleb fu mandato in
guerra e dovette imparare sul campo. Quado l’Ordine 66 cambiò il
corso della guerra, Billaba si sacrificò per dare tempo a Dume di
scappare dai Clone trooper. Dopo aver incontrato e imparato
qualcosa da un noto contrabbandiere, cambiò il proprio nome in
Kanan Jarrus e decise di nascondere il proprio addestramento Jedi
per la buona parte di un ventennio. È quando si unisce alla
ribellione e incontra Ezra Bridger che decide di ritornare sul
sentiero del Jedi. E, nonostante siano passati vent’anni,
Kanan si dimostra ancora capace di avere la meglio su interi
squadroni. Non solo: addestra Ezra per farlo diventare un Jedi più
raffinato e si impegna per diventare ufficialmente un Cavaliere
Jedi. Ma la sua impresa più notevole non avviene in combattimento:
quando viene accecato da Darth Maul, impara a vedere
attraverso la propria connessione con la Forza, nonostante
questa sia logorata, e diventa capace di affinare i propri sensi,
diventando un combattente migliore di quanto non fosse mai
stato.
Dooku
È stato addestrato sia come
Jedi che come Sith. Inizialmente formato da Yoda, che lo
istruì secondo le vie della Forza, dopo aver scalato i ranghi Jedi
e aver istruito degli allievi propri, Dooku si disilluse riguardo
alla corruzione che vedeva attorno a sé e decise di lasciare
l’ordine. Reclamò il proprio titolo perduto e la propria fortuna, e
diventò il nuovo allievo di Darth Sidious, che gli diede il titolo
di Darth Tyrannus. Ma Dooku, già dai tempi Jedi, era conosciuto per
essere un brillante stratega e per l’abilità con la spada laser,
che venivano considerate tra le migliori in circolazione. Come
Sith, sviluppò ulteriormente le proprie capacità, oltre ad assumere
nuovi poteri. In particolare, imparò a combinare la
telecinesi con l’uso dei fulmini di Forza. Aveva inoltre
una notevole capacità di effettuare più operazioni
contemporaneamente. Al cinema ha avuto il volto del leggendario
Christopher Lee.
Rey
L’aspetto più interessante del
potere di Rey è il fatto che non sia chiaramente ancora giunto al
proprio massimo, ma che lei debba ancora realizzare
pienamente il proprio potenziale.Ha passato la propria
infanzia su Jakku, sopravvivendo da sola fino ad arrivare
all’età adulta, il che è già impressionante. Inoltre, sembra che
non le serva poco tempo per arrivare ad essere in grado di
affrontare
Kylo Ren in un corpo a corpo e vincere. Il che è talmente
eccezionale da permettere di recuperare Luke dall’esilio e
diventare suo apprendista. E dopo qualche giorno di esercitazioni,
diventa capace di combatterlo, aiuta ad uccidere il
Leader Supremo Snoke, e combatte con Kylo contro alcuni dei
soldati migliori e la guardia personale di Snoke. Ma non finisce
qui: riesce a salvare da sola la Resistenza utilizzando la propria
connessione con la Forza per sollevare le pietre che
bloccano l’uscita dalla caverna, facilitando la fuga dei
compagni, riesce ad impedire a Kylo Ren di lettere la sua
mente, e impara ad usare la Telecinesi e i trucchi mentali Jedi
praticamente senza addestramento. Per ora.
Il Grande Inquisitore
Non conosciamo il suo vero
nome. Originariamente un’umile guardia al Tempio Jedi, il
Grande Inquisitore era in realtà un agente Sith sotto
copertura nell’Ordine Jedi. Era talmente abile nel
mascherare la propria aura oscura che nessuno, nemmeno tra i più
potenti Jedi, si rese conto del fatto che ci fosse qualcosa che non
andava. Dopo l’ascesa dell’Impero, si è rivelato essere un agente
Sith ed è diventato Grande Inquisitore, con il compito di cercare i
resti dell’Ordine Jedi dopo l’Ordine 66. Armato di uno squadrone di
Inquisitori, ha ucciso molti dei Jedi sopravvissuti, inclusa la
rispettata Maestra Luminara Unduli. Mostrando la propria
propensione per il freddo calcolo strategico, ha usato i resti
della Maestra per attirare in una trappola altri Jedi, i quali
accorsero per aiutarla. Il Grande Inquisitore, inoltre, era un
combattente formidabile, addestrato nel
combattimento con la spada laser, che aveva due lame
rosse e che utilizzava in diversi modi, tra cui far
roteare entrambe le lame, che gli permetteva di intimorire gli
avversari e colpirli con il minimo sforzo.
Darth Maul
L’abbiamo capito subito che
Darth Maul era uno da non sottovalutare, sin dalla sua
prima apparizione con la prima spada laser non convenzionale della
storia di Star Wars, quando mostrò le
proprie abilità e la propria sbada a due lame nel combattimento
contro Qui-Gon Jinn e Obi-Wan Kenobi. Ha avuto la meglio su Qui-Gon
grazie alla propria energia e alla propria strategia superiore, ma
è stato fermato da Obi-Wan quando si è fatto troppo arrogante. Era
stato ritenuto morto per più di un decennio, prima di ritornare
surante le Guerre dei Cloni: con il fratello Savage Opress e un
nuovo paio di gambe bioniche, si è dimostrato più forte del Jedi
medio, uccidendone molti durante la propria missione volta ad
uccidere il proprio maestro traditore. Ma, nonostante le proprie
incredibili abilità di combattente, ma non è riuscito a tenere
testa a Darth Sidious, che uccide sia la madre che il fratello.
Questa volta, Maul sparisce ancora più a lungo, prima di
ricomparire in un tempio Sith. Anche dopo anni di esilio, è
comunque capace di affrontare gli Inquisitori e, per molto
tempo, è sembrato che Maul fosse invincibile, ma la sua
fine è arrivata grazie a Obi-Wan.
Leader Supremo Snoke
Snoke è un personaggio
difficile. Il
Risveglio della Forza aveva creato grandi aspettative,
e doveva essere il nuovo grande cattivo, mentre è stato infine
ucciso abbastanza facilmente da Kylo Ren, che lo taglia a metà
durante un monologo sulla vittora non ancora confermata. Ma la sua
fine, forse, può distrarre da quello che Snoke ha ottenuto fino ad
allora. Tanto per cominciare, ha ricostruito l’Impero quasi dal
nulla, nel frattempo affermando la propria immagine. Inoltre,
non è tecnicamente un Sith, ma ha accesso ad alcuni dei
loro incredibili poteri, e si dimostra addirittura più
abile nell’uso dei fulmini di Forza più di chiunque altro nella
serie, mostrandosi capace addirittura di reindirizzarli secondo la
propria volontà e controllandone le esplosioni. Inoltre, fu capace
di manipolare gli altri in modo incredibile, usando la Forza stessa
per unire Kylo e Rey senza che questi si chiedessero come ciò fosse
possibile. Inoltre, anche il suo uso della forza nei modi più
diretti sono sorprendenti: è capace di utilizzare la telecinesi
anche da grandi distanze e riesce addirittura ad entrare nella
mente di Rey, cosa che è impossibile anche a Kylo.
Ahsoka Tano
Ahsoka Tano è diventata apprendista di Anakin
Skywalker a metà delle Guerre dei Cloni, il quale riesce
presto ad apprezzare il suo carattere impetuoso, e la addestra sul
serio. Nel corso del resto della guerra, Ahsoa si guadagna una
reputazione non solo come apprendista di Anakin, ma anche in quanto
combattente valorosa che protegge i propri soldatti ed è più che
pronta al sacrificio. Ha scampato la morte più di una volta, spesso
mettendosi in pericolo per proteggere gli altri, ed è spesso
riuscita a sopravvivere grazie alla propria intelligenza, abilità
e, qualche volta, fortuna.
È particolarmente abile
nell’integrare l’uso della Forza nel combattimento. È
abile nel brandire due spade laser, utilizzando allo stesso tempo
la propria e quella del maestro. Addirittura, combatte il Generale
Grievous e sopravvive nonostante sia ancora una ragazzina. Da
adulta, diventa capace di combattere contro più di un inquisitore
alla volta con facilità, e diventa abbastanza in sincrono con la
Forza da avere premonizioni e visioni.
Qui-Gon Jinn
Non sappiamo molto di cosa succeda
nell’aldilà Jedi, a parte il fatto che ognuno diventa, alla fine,
tutt’uno con la Forza Vivente. Ma Qui-Gon Jinn ci ha spiegato cosa
ciò veramente significhi. Un Jedi indipendente e dallo
spirito libero, Qui-Gon (Liam
Neeson) ha scoperto l’abilità di vivere oltre la Forza Vivente
sotto forma di Fantasma di Forza, un segreto che condivide
con Yoda attraverso delle visione, che poi Yoda stesso insegnerà a
Obi-Wan. Anche dopo la morte, comunque, Qui-Gon rimane uno dei Jedi
più potenti: più di una volta, infatti, Obi-Wan afferma che se il
maestro sarebbe stato un rispettato membro dell’Alto Consiglio
Jedi, se solo avesse seguito il codice. Ma Qui-Gon non era fatto
per le regole. Era talmente in sincrono con la Forza da trascendere
le regole, più o meno arbitrarie, che i Jedi hanno creato per loro
stessi. Inoltre, era un combattente niente male.
Mace Windu
Samuel L. Jackson è uno degli dei della
fantascienza, e trovò il personaggio di Mace Windu talmente
interessante da insistere con gli scrittori affinché dessero più
informazioni su di esso. Windu è conosciuto come uno dei
migliori combattenti con la spada laser dell’Ordine Jedi ed esperto
di combattimento del Tempio Jedi. Da solo è responsabile
di alcune delle vittorie Repubblicane più importanti durante le
Guerre dei Cloni, ed era un brillante stratega. Gli antefatti
ufficiali della sua vita sono la prova del suo merito. a quanto
pare, la lama violetta della sua spada laser (che è stata
proposta da Jackson stesso) significa che il personaggio si trova
sulla linea sottile che divide il Lato Chiaro e il Lato Oscuro
della Forza. Infatti, l’abilità e l’amore per il
combattimento di Windu costituiscono per lui un rischio del cadere
nella trappola del Lato Oscuro. Per compensare, ha creato un
proprio personale stile di combattimento, che compensa per i suoi
occasionali scatti d’ira. Inoltre, arriva ad un pelo dall’avere la
emglio contro Darth Sidious, fallendo solamente per l’interferenza
di Anakin.
Obi-Wan Kenobi
Obi-Wan (Ewan
Mcgregor) ha cominciato il proprio percorso verso la grandezza
dopo aver assistito alla morte del proprio maestro Qui-Gon
Jinn, ed è diventato il primo Jedi dopo secoli a
sconfiggere un Signore del Sith, Darth Maul, e la vittoria gli
assicurò una rapida ascesa nei ranghi Jedi. Nel corso di dieci
anni, si è guadagnato la reputazione di Jedi affidabile e devoto ed
è diventato mentore di Anakin. Durante le Guerre dei Cloni, è
diventato Generale dell’esercito della Repubblica, utilizzando la
propria lucidità per aggiudicarsi parecchie vittorie decisive.
Queste includono il salvataggio di Palpatine e la sconfitta del
Generale Grievous. Alla fine della guerra, è addirittura riuscito a
sconfiggere il proprio allievo che nel frattempo era diventato il
potentissimo Darth Vader (o Darth Fener che dir si voglia). Durante
il suo consequente esilio, è riuscito a raggiungere uno stato di
illuminazione e uccidere Darth Maul prima di dare un addestramento
a
Luke Skywalker che l’avrebbe poi portato sulla via della
grandezza.
Kylo Ren
Kylo Ren, o Ben Solo
(Adam
Driver), è un enigma. È chiaramente molto
potente, come ha dimostrato con l’uccisione del proprio
maestro senza che Snoke stesso si rendesse conto del tradimento,
ma il suo potere è in qualche modo minato dalla sua
immaturità. Per esempio, non si è reso conto del fatto che
Snoke fosse coinvolto nel legame tra lui e Rey attraverso la Forza.
Probabilmente, ne sarebbe stato in grado, ma si è lasciato
distrarre dai battibecchi con Rey e non si è accorto di nulla. Ma è
comunque chiaro che sia particolarmente abile con la spada laser,
più di chiunque altro nella propria generazione, battendo Finn e
una stanza piena di soldati d’eccellenza, e perdendo contro Rey
semplicemente perché ferito in precedenza. In termini di potere
della Forza, è più o meno al livello di Rey, dato che è incapace di
penetrare la sua mente, ad esempio. Ma per ora, la sua
esplorazione della forza in Star Wars non si è ancora
avventurata in territori inesplorati. Ma abbiamo visto
delle cose abbastanza interessanti, come la sua prima apparizione e
l’interrogatorio con Poe, che ci fanno sospettare che abbia poteri
notevoli.
Luke Skywalker
È innegabile che Luke sia il
pilastro del franchise di Star Wars,
ed è sicuramente il più potente Jedi di sempre. Dopo solo poche ore
di addestramento, e con poche indicazioni sulla natura e sui limiti
della Forza, infatti, è stato in grado di utilizzarla per guidare
un siluro protonico ad altissima velocità contro un bersaglio molto
piccolo, distruggendo la
Morte Nera e salvando la galassia. E tutto ciò quando era
solamente un ragazzino. Fu qualche anno dopo che si confrontò con
Darth Vader in una delle battaglie più intense e difficili e dopo
non poco tempo i suoi poteri riuscirono a trascendere i limiti dei
poteri della Forza sia Sith che Jedi. Inoltre, è un pilota
particolarmente dotato, capace di pilotare navi da combattimento
senza alcun addestramento. Ma la caratteristica più
notevole di Luke, la sua forza più grande, forse risiede nella sua
capacità di essere un’icona, un leader: nel momento in cui
la Resistenza ha più bisogno di aiuto, manda una proiezione astrale
di se stesso attraverso la galassia, per trattenere e intimidire
Kylo Ren.
Yoda
In termini di uso della
Froza, nessuno nell’universo di Star Wars si avvicina
nemmeno lontanamente al Maestro Yoda. Ha vissuto
abbastanza a lungo per insegnare a generazioni di Jedi, e Yoda era
conosciuto come un mentore e come esperto in materia di visioni.
Era talmente potente che, nonostante la propria età avanzatissima,
come piccolo e fragile eremita, era capace di sollevare un’intera
nave spaziale con un piccolo movimento delle dita: uno degli usi
della Telecinesi più incredibili visti fino ad allora. Anche
dopo la sua morte e resurrezione come Fantasma di
Forza, la sua connessione con la Forza Vivente era
abbastanza forte da fargli evocare un fulmine su un oggetto
preciso. Era parecchio abile anche con la spada laser, avendo un
proprio stile di combattimento che utilizzava agili salti e
acrobazie per compensare la statura ridotta. Un altro talento da
non sottovalutare era inoltre quello della
diplomazia: durante le Guerre dei Cloni, infatti,
fu fundamentale nello stringere parecchie alleanze importanti.
Darth Sidious/Palpatine
Nonstante sia uno dei personaggi
fisicamente più potenti dell’universo di Star
Wars, la vera forza di Palpatine risiede nella sua
capacità di pianificare e manipolare. Comincia con
il tradimento e l’uccisione del proprio maestro, e prepara un
grande piano per gettare la galassia nel caos, ristorare il potere
del Sith, ed eventualmente conquistarsi il trono di imperatore. Non
finisce troppo bene, ma raggiunge dei traguardi importanti. Dal
dare inizio alle Guerre dei Cloni all’infettare Anakin con odio e
paura, e se la gioca molto bene. E, quando le cose cominciano a
scivolargli di mano, Palpatine è più che pronto a farsi avanti e
usare la forza fisica: ha la meglio facilmente su tre maestri Jedi
e, anche se perde contro Mace Windu, reiesce ad approfittare di una
distrazione per ucciderlo. È capace di usare i Fulmini di Forza, e
gode delle consequenze distruttive. Inoltre, è forse uno dei pochi
veri cattivi di Star Wars.
Anakin Skywalker/Darth Vader
Diciamocelo: nessuno regge
il confronto con Darth Vader in termini di puro potere.
Mettendo da parte il fatto che sia l’oggetto di una profezia, è uno
dei personaggi più completi e più riusciti di tutta la saga. Ha
ucciso più di chiunque altro, sia Sith che Jedi. Ha avuto dei
momenti di difficoltà nel corso degli anni, soccombendo poi
definitivamente a Obi-Wan, ma ha anche compiuto atti grazie alla
Forza che prima di allora non erano nemmeno considerati possibili.
Ha sconfitto più di un Jedi allo stesso tempo, e ha massacrato da
solo mezzo pianeta. Prima di diventare Vader, però, è stato un
potente e rispettato generale della Repubblica durante le Guerre
dei Cloni, diventando uno dei pochi Jedi ad essere rispettati ed
amati durante tutto il corso della guerra, e con doti di
combattimento eccezionali. Addirittura quando era solo un piccolo
schiavo su Tatooine riuscì a cambiare il proprio destino
impressionando un maestro Jedi.
I luoghi de
L’Imbalsamatore, (l’assenza d)i colori di
Primo Amore; con Dogman,
Matteo Garrone torna alle origini del suo cinema e
ripropone la sua indagine sull’essere umano nella maniera più
brutale possibile. Il film, in concorso dal Festival
di Cannes 2018, doveva essere il successivo di
Garrone, dopo Primo Amore (2004), ma
l’”esplosione” di Gomorra ha cambiato i suoi piani, e così è
rimasto nel cassetto, fino a che il regista non ha incontrato
Marcello Fonte, il protagonista del film: un volto dolce e dolente,
il perno intorno a cui far girare tutto il racconto. Lui e
Edoardo Pesce (Simoncino) sono i polmoni del film,
il suo respiro, la sua vita.
La storia è liberamente ispirata a
quella del Canaro della Magliana; non si tratta però, e questo il
film lo mostra chiaramente, di una ricostruzione precisa di quello
che è accaduto tra Pietro De Negri e
l’ex pugile Giancarlo Ricci. Garrone parte dalla
storia vera e sviluppa il suo racconto in direzioni inaspettate,
che sfuggono alla crudeltà della cronaca e che approdano
all’indagine delle psicologie fragili dei protagonisti,
intrappolati in un luogo semidesertico, in una piccola comunità, in
balia della paura di Simoncino, l’ex pugile che terrorizza il
quartiere e che ha un rapporto malato con Marcello: supremazia e
sudditanza.
In questo contesto il protagonista
sembra completamente estraneo: Marcello è l’unico portatore di
dolcezza in questo luogo di frontiere (il set è quello di Castel
Volturno, utilizzato anche per L’Imbalsamatore e
per Gomorra). Ama soltanto due cose, la figlia e i
cani di cui si prende cura. Ha un solo desiderio, quello di
appartenere alla comunità e questo desiderio lo spinge a
partecipare, a interagire. Marcello vuole essere incluso nel
branco. Ancora una volta il cinema di Garrone si fa racconto di
pulsioni viscerali, con risvolti drammatici.
Quello che il pubblico si
aspetta essere il momento culminante della storia, l’omicidio,
diventa per Garrone una conseguenza di atti ben più violenti,
perpetrati nella quotidianità, nella sottomissione e
nell’accettazione della piccola comunità che fa da sfondo alla
parabola di Marcello. In Simoncino risiede il tentativo di riscatto
del protagonista: nell’esigere il suo rispetto, il “canaro” pensa
di legittimare la sua presenza nel gruppo/branco, nell’eliminare la
sua minaccia crede di aver conquistato il posto tanto agognato
nella comunità. Ma, mentre sorge il sole, Marcello rimane solo, con
(come) un cane e un cadavere, senza che nessuno possa testimoniare
la sua impresa eroica.
Matteo Garrone
racconta Dogman per sottrazione, eliminando tutto
ciò che è superfluo, i colori fotografati da Nicolaj
Brüel, la musica composta da Michele
Braga, la collocazione geografica, raccontando di una
terra di frontiera, la periferia di qualsiasi città (nonostante
l’accento faccia pensare a Roma), rievocando i territori del
western. È tutto brutto in Dogman, dai palazzi,
alle persone, ai cani, al posto. Tutto fa pensare a una periferia
abbandonata che si sforza di sopravvivere a se stessa e alla
minaccia di Simoncino, anche lui però prigioniero di quel
non-luogo.
L’attenzione di Matteo
Garrone, e con essa quella dello spettatore, si focalizza
sullo sguardo di Marcello, attento, dolce, malinconico. Su quello
sguardo, su un sorriso appena accennato, si chiude, in nero, una
storia di desiderio e di violenza, psicologica più che fisica. Su
quello sguardo Matteo Garrone conclude un altro
straordinario capitolo della sua avventura cinematografica, in cui
fa vibrare le viscere, spaventa e scuote, senza spettacolo o
compiacimento nella violenza che pure mette in scena, “soltanto”
con gli strumenti del grande cinema.
Abbiamo intervistato Matteo
Garrone, il regista italiano che ha presentato il suo
ultimo film, Dogman,
al Festival
di Cannes 2018, nella selezione ufficiale in
concorso.
Dopo Gomorra e
Reality (entrambi vincitori del Grand Prix) e Il
Racconto dei Racconti, Matteo Garrone torna
in Concorso al 71° Festival Di Cannes con il suo
nuovo film, Dogman,
in uscita nelle sale italiane il 17 maggio,
distribuito da 01 Distribution.
In una periferia sospesa tra
metropoli e natura selvaggia, dove l’unica legge sembra essere
quella del più forte, Marcello è un uomo piccolo e mite che divide
le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di
toelettatura per cani, l’amore per la figlia Sofia, e un ambiguo
rapporto di sudditanza con Simoncino, un ex pugile che terrorizza
l’intero quartiere. Dopo l’ennesima sopraffazione, deciso a
riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta
dall’esito inaspettato.
“Dogman è un film che si ispira
liberamente ad un fatto di cronaca nera accaduto trent’anni fa, ma
che non vuole in alcun modo ricostruire i fatti come si dice che
siano avvenuti.
Ho iniziato a lavorare alla
sceneggiatura dodici anni fa: nel corso del tempo l’ho ripresa in
mano tante volte, cercando di adattarla ai miei cambiamenti.
Finalmente, un anno fa, l’incontro con il protagonista del film,
Marcello Fonte, con la sua umanità, ha chiarito dentro di me come
affrontare una materia così cupa e violenta, e il personaggio che
volevo raccontare: un uomo che, nel tentativo di riscattarsi dopo
una vita di umiliazioni, si illude di aver liberato non solo se
stesso, ma anche il proprio quartiere e forse persino il mondo. Che
invece rimane sempre uguale, e quasi indifferente“. –
Matteo Garrone
Il successo dell’epica battuta di
Drax su Gamora, presente in una
scena di Avengers: Infinity War, non è
sfuggito all’attenzione dei Marvel Studios che hanno da poco rilasciato su
Twitter un nuovo spot in cui possiamo rivedere il personaggio
mentre pronuncia la frase “Perché è Gamora?“.
Come rivelato da uno dei due
sceneggiatori del film, Christopher Markus,
il momento è stato improvvisato da Dave Baustista
proprio in corso d’opera.
Vi ricordiamo che il film, diretto
da Anthony e Joe Russo e prodotto
da Kevin Feige. Louis D’Esposito, Victoria Alonso,
Michael Grillo e Stan Lee, è arrivato nelle nostre sale
lo scorso 25 aprile.
La sinossi: Un viaggio
cinematografico senza precedenti, lungo dieci anni, per sviluppare
l’intero Marvel Cinematic Universe,
Avengers: Infinity War di Marvel Studios porta sullo schermo
il definitivo, letale scontro di tutti i tempi. Gli Avengers e i
loro alleati supereroi devono essere disposti a sacrificare tutto
nel tentativo di sconfiggere il potente Thanos prima che il suo
attacco improvviso di devastazione e rovina metta fine
all’universo.
Prosegue il processo di casting per
IT: Capitolo Due, seconda parte dell’adattamento
cinematografico del romanzo di Stephen King
firmato da Andy Muschietti, ed è Variety a confermare
che Andy Bean interpreterà la versione adulta di
Stanley, mentre James Ransone vestirà i panni
di Eddie.
Vi ricordiamo che nel cast sono
stati già selezionati Jessica Chastain,
Bill Hader e James McAvoy.
L’uscita nelle sale
di IT: Capitolo 2 è fissata
al 6 settembre 2019.
Le riprese, sempre in mano
a Andy Muschietti, cominceranno a Giugno
a Toronto presso i Pinewood Studios per
quanto riguarda i teatri di posa, mentre si suppone che Port Hope
tornerà a essere Derry. La data di inizio è 18 Giugno, mentre le
riprese dovrebbero concludersi tra Ottobre e Novembre.
Il Capitolo
Secondo ci riporterà a Derry, dopo 27 anni dalle
vicende raccontate nel film uscito a Ottobre, e vedrà i Perdenti,
ormai adulti, affrontare di nuovo le loro più profonde paure e la
creatura sotto le sembianze di Pennywise. A breve,
immaginiamo, verrà annunciato il cast che porterà sullo
schermo Bill, Ben, Bev, Ritchie, Eddie,
Mike e Standa adulti.
Di seguito potete dare un’occhiata
al trailer che spiega perché, nonostante il plauso della critica,
il film di Ryan Coogler non si possa certo
definire perfetto.
Di seguito la sinossi del
film: Black Panther segue T’Challa che, dopo gli eventi di
Captain America Civil War, torna a casa, nell’isolata e
tecnologicamente ultra avanzata nazione africana, Wakanda, per
prendere il suo posto in qualità di nuovo re. Tuttavia, un vecchio
nemico ricompare sui radar e il doppio ruolo di T’Challa di sovrano
e di Black Panther è messo alla prova, quando viene trascinato in
un conflitto che mette l’intero fato di Wakanda e del mondo in
pericolo.
Chadwick
Bosemaninterpreta il protagonista, T’Challa, già
visto in Captain America Civil War. Nei ruoli
principali del film ci saranno, oltre a Boseman,
Michael B. Jordan, Lupita Nyong’O, Danai Gurira, Martin Freeman,
Daniel Kaluuya, Angela Basset, Forest
Whitaker e Andy Serkis. Nei
ruoli di comprimari compariranno invece Letitia
Wright, Winston Duke, Florence Kasumba, Sterling K.
Brown e John Kani.