Wanted è lieta di
svelare le prime clip di La famiglia
Leroy, diretto da Florent Bernard
con Charlotte Gainsbourg, José Garcia, Lily Aubry
e Hadrien Heaulmé, in arrivo nei cinema italiani
dal 25 settembre.
Un ritratto di
famiglia, realistico, divertente, intimo e in parte autobiografico
in cui Bernard – al suo esordio nel lungometraggio – rappresenta la
disgregazione e la ricerca disperata di riunione di una famiglia
composta da madre, padre e due figli adolescenti. Sandrine,
magistralmente interpretata da Charlotte Gainsbourg, dopo vent’anni
di matrimonio comunica a figli e marito di volersi separare, una
decisione non improvvisa ma frutto di anni di stanchezza e
disinnamoramento. Christophe, inguaribile nostalgico, cerca di
ricucire il rapporto d’amore con un viaggio nei luoghi simbolici
della storia della loro famiglia, che si rivelerà però
rocambolesco, difficile, profondo e lontano dal raggiungere gli
obbiettivi immaginati.
“Avevo visto
diverse opere che trattavano la separazione dei genitori e il più
delle volte mi mancava il punto di vista dei figli (…)” dichiara il
regista. “Io ho voluto affrontare questo tema con sincerità,
collocandomi a metà strada tra le due cose, e ho realizzato una
commedia agrodolce, con un pizzico di nostalgia ma con battute e
situazioni comiche”.
La famiglia, i
sentimenti, e le difficoltà di comunicare sono i principali temi de
La famiglia Leroy che sarà nelle sale
italiane dal 25 settembre con Wanted.
Un film corale e al
contempo illuminato dal ruolo di Charlotte Gainsbourg, sempre
in bilico tra dolcezza e malinconia. La star francese di
L’accusa (Les choses humaines) e tanti altri
successi è particolarmente amata da Wanted Cinema, che ha
distribuito altri film da lei interpretati, come Passeggeri della notte, Gli amori di Suzanna
Andler e Jane by Charlotte la sua prima regia.
La trama di La famiglia
Leroy
Sandrine Leroy
comunica al marito Christophe di voler divorziare. I loro figli
saranno presto abbastanza grandi da lasciare la casa. In un ultimo
tentativo tanto audace quanto inverosimile, Christophe organizza un
fine settimana per salvare il suo matrimonio: un viaggio attraverso
i luoghi chiave della storia della loro famiglia. Un viaggio
spensierato, ma che alla fine non sarà facile…
E ora, in qualunque modo
finiscano le nostre storie, so che tu hai riscritto la mia
essendomi amica…
Il fenomeno culturale
cinematografico globale dello scorso anno, diventato l’adattamento
cinematografico di Broadway di maggior successo di tutti i tempi,
giunge ora alla sua epica, elettrizzante ed emozionante conclusione
in Wicked
– Parte Due.
Diretto ancora una volta dal
pluripremiato regista Jon M. Chu e con il ritorno
dello spettacolare cast guidato dalle superstar candidate
all’Oscar® Cynthia Erivo e Ariana Grande, il
capitolo finale della storia mai raccontata delle streghe di Oz
inizia con Elphaba e Glinda che si allontanano vivendo le
conseguenze delle loro scelte.
Elphaba (Cynthia Erivo),
ormai demonizzata come la Strega Malvagia dell’Ovest, vive in
esilio nella foresta di Oz, continuando la sua lotta per la libertà
degli animali di Oz e cercando disperatamente di rivelare la verità
sul Mago (Jeff
Goldblum).
Glinda, nel frattempo, è diventata
l’emblema della bontà per tutta Oz, vive nel palazzo della Città di
Smeraldo e gode dei vantaggi della fama e della popolarità. Sotto
le direttive di Madame Morrible (il premio Oscar®
Michelle Yeoh), Glinda viene scelta come brillante
punto di riferimento per il popolo di Oz, rassicurando le masse che
tutto va bene sotto il governo del Mago.
Mentre la celebrità di Glinda cresce
e si prepara a sposare il Principe Fiyero (il vincitore del premio
Olivier e candidato agli Emmy e ai SAG
Jonathan Bailey) in uno spettacolare matrimonio
oziano, è tormentata dalla separazione da Elphaba. Tenta una
riconciliazione tra Elphaba e il Mago, ma i suoi sforzi falliranno,
allontanando ulteriormente Elphaba e Glinda. Le conseguenze
trasformeranno Boq (il candidato al Premio Tony Ethan
Slater) e Fiyero per sempre, e metteranno in pericolo la
sicurezza della sorella di Elphaba, Nessarose (Marissa
Bode), quando una ragazza del Kansas si intrometterà nelle
loro vite.
Mentre una folla inferocita si
solleva contro la Strega Malvagia, Glinda ed Elphaba dovranno
riunirsi un’ultima volta. Con la loro singolare amicizia al centro
del loro futuro, dovranno confrontarsi con sincerità ed empatia, se
vorranno cambiare se stesse, e tutta Oz, per sempre.
Il cast di Wicked
– Parte Due comprende anche i candidati all’Emmy
Bowen Yang e Bronwyn James nei panni degli assistenti di Glinda,
Pfannee e ShenShen, e la candidata ai BAFTA e ai Grammy Sharon D.
Clarke (Caroline, or Change) come voce della tata di Elphaba,
Dulcibear.
Il film è prodotto da Marc Platt,
già vincitore di Tony ed Emmy, e da David Stone, più volte
vincitore di Tony. I produttori esecutivi sono Stephen Schwartz,
David Nicksay, Jared LeBoff, Winnie Holzman e Dana Fox. Il primo
film, Wicked, uscito nel novembre 2024, ha ottenuto 10 nomination
agli Oscar®, tra cui quella per il miglior film, vincendo gli
Oscar® per Migliori Costumi e per la Migliore Scenografia. Ad oggi,
il film ha incassato 750 milioni di dollari in tutto il mondo.
Wicked
– Parte Due è basato sul musical che ha
segnato una generazione, con le musiche e i testi del leggendario
compositore e paroliere Stephen Schwartz, vincitore di Grammy e
Oscar®, e sul libro di Winnie Holzman, tratto dal romanzo
bestseller di Gregory Maguire. La sceneggiatura è di Winnie Holzman
e Winnie Holzman & Dana Fox. La colonna sonora del film è di John
Powell & Stephen Schwartz, con musiche e testi di Stephen
Schwartz.
Sono iniziate le riprese di
Maschi Veri Stagione 2, la serie comedy che ha
conquistato il pubblico raccontando con ironia e leggerezza le
fragilità e le contraddizioni della mascolinità contemporanea. Per
celebrare l’avvio dei lavori è stata realizzata una speciale clip di annuncio.
Pur sentendosi “decostruiti dalla
mascolinità tossica”, Massimo, Riccardo, Luigi e Mattia sono ancora
alla ricerca di quell’equilibrio tra i sessi, duramente colpito dai
cambiamenti di status e di vita, sia nelle dinamiche sentimentali
sia nelle nuove relazioni in corso. In questa nuova stagione
ritroveremo le quattro coppie esattamente all’opposto di come le
avevamo lasciate. I nostri quattro Maschi restano ancora fuori
posto, ma sempre molto amici.
La nuova stagione vede il ritorno di
Maurizio Lastrico (Mattia), Matteo
Martari (Massimo), Francesco Montanari
(Riccardo) e Pietro Sermonti (Luigi), affiancati da un cast
corale che comprende Thony (Tiziana),
Sarah Felberbaum (Ilenia), Laura
Adriani (Daniela), Alice Lupparelli
(Emma), Nicole Grimaudo (Federica) e
Davide Iacopini (Eugenio).
Accanto a loro, si uniscono al
progetto nomi di primo piano del cinema e della tv italiana:
Carolina Crescentini, Silvia D’Amico, Alessio Boni,
Giancarlo Commare e Ilenia Pastorelli. Il
team creativo della seconda stagione vede alla regia Matteo Oleotto
e Milena Cocozza, con la produzione di Matteo Rovere per
Groenlandia. La sceneggiatura è firmata da Furio
Andreotti, Giulia Calenda e Ugo Ripamonti.
Maschi Veri Stagione 2 – i crediti
Cast: Maurizio Lastrico, Matteo Martari, Francesco Montanari,
Pietro Sermonti, Thony, Sarah Felberbaum, Laura Adriani, Alice
Lupparelli, Nicole Grimaudo, Davide Iacopini, Carolina Crescentini,
Silvia D’Amico, Alessio Boni, Giancarlo Commare, Ilenia
Pastorelli
Slow
Horses – Stagione 5, quinta stagione delle avventure
della spia Jackson Lamb (Gary
Oldman) e del suo gruppo di squinternati agenti
segreti, mostra con chiarezza quanto la serie realizzata per
Apple
TV+ stia faticando a trovare nuovi sbocchi.
Tratta come sempre dal
romanzo di Nick Herron della serie di Slough House – in questo
caso si tratta di London Rules – lo show continua però ad
adoperarne l’idea iniziale e alcune parti dell’ossatura narrativa
per poi però distanziarsene in maniera consistente, alla ricerca di
momenti che garantiscono maggior tensione e magari spettacolarità,
anche a scapito dell’aspetto che caratterizza la comicità aspra
dello scrittore e dei suoi personaggi. E questo a conti fatti è
un errore indifendibile, in questa ultima stagione
ancor più che nella comunque accettabile precedente.
L’errore indifendibile di
Slow Horses – Stagione 5
Le differenze dal testo
originale sono sostanziali, a partire dalla minaccia che incombe su
Londra, divenuta nella serie sicuramente più realistica ma al tempo
stesso anche meno accattivante. Poi nel primo episodio di questa
nuova stagione succede qualcosa che molto raramente si vede, ovvero
uno dei personaggi che saluta e se ne va, uscendo inaspettatamente
e definitivamente di scena – ovviamente non vi sveliamo
quale: una scelta che a livello narrativo e di tensione non ha
davvero alcun senso, lasciando lo spettatore piuttosto
sconcertato.
Ruth Bradley and Christopher Chung in “Slow Horses,” premiering
September 24, 2025 on Apple TV+.
Ed è un peccato perché
proprio il primo dei sei capitoli è senza dubbio il migliore, un
episodio ammantato da un’aura di malinconia ed amarezza che poi
inopinatamente spariscono nei successivi. C’è poi un momento
fondamentale nella vicenda che nel libro viene sviluppato con una
ferocia precisa e un senso del grottesco encomiabili, un evento che
davvero aspettavamo di vedere sul piccolo schermo. E quando
avviene, nel quarto episodio, viene risolto in maniera
incredibilmente annacquata, perdendo in questo modo tutto il senso
dell’assurdo, addirittura brutale, che Herron aveva costruito
intorno agli agenti incapaci della Slough House.
Questo gioioso e
nerissimo momento di incapacità umana diventa quasi un mero
espediente per portare avanti la trama tenendola vicina a quella
sviluppata nel libro dallo scrittore. Il creator e sceneggiatore
Will
Smith perde così un’occasione enorme per restituire al
suo prodotto seriale quel senso di umanità rancorosa e scalcinata
che gli agenti al servizio di Lamb rappresentano. Quello che nel
libro è un vero e proprio momento “alla Fantozzi”, con tutta la sua
porta addirittura grottesca, nell’episodio è un momento senza una
suo tono veramente specifico, che resta sospeso a metà nonostante
l’importanza comico/drammatica dell’evento stesso.
I personaggi cominciano a
soffrire
Kristin Scott Thomas and James Callis in
“Slow Horses,” premiering September 24, 2025 on Apple
TV+.
Trovandosi ancora una
volta a dover interpretare personaggi che non posseggono stavolta
un vero arco narrativo, Gary
Oldman, Jack Lowden, Kristin Scott-Thomas e tutti gli
altri membri del cast fanno quello che possono, senza però riuscire
a incidere veramente. Se le prime stagioni di Slow
Horse si avevano fatto davvero affezionare a questo branco
di esseri umani frustrati, psicotici e confusionari, adesso
purtroppo iniziano a risultare ripetitivi, avvicinandosi
pericolosamente alla dimensione di “macchiette” senza una
personalità consistente. In particolare la figura di River
Cartwright è ridotta a una serie di battute e atteggiamente
convenzionali, esattamente ciò che ci si aspetta dal personaggio
per continuare ad attirare la simpatia degli spettatori. Certo, poi
vi sono alcuni buoni momenti anche in questa quinta stagione, anche
negli episodi successivi al primo, ma in generale la qualità della
scrittura e la capacità di continuare a rendere i personaggi
principali densi di significato è evidentemente calata. E di
molto.
Slow
Horses è già stata rinnovata per una sesta e settima
stagione, e procederà adattando ancora i testi di Mick Herron. La
speranza è che lo show ritrovi la sostanza ma soprattutto lo
spirito che lo scrittore sa ancora inserire nei suoi romanzi.
Slow Horses – Stagione 5 dimostra fin troppo
amaramente che allontanarsi troppo dal materiale originale è una
scelta che non paga.
La serie TV Harry
Potter della HBO è attualmente in fase di riprese fuori
Londra, a Hoddesdon, nell’Hertfordshire, e ora Daniel
Rigby è stato avvistato sul set nei panni di
VernonDursley. La scena che lo
coinvolge non era inclusa nei film e si svolge il giorno dopo la
presunta morte di Voldemort. Mentre Vernon cerca di andare avanti
con la sua giornata, si imbatte in un piccolo mago che festeggia la
scomparsa di Colui Che Non Deve Essere Nominato. Il mago senza nome
viene spesso confuso con Dedalus Diggle, un personaggio che appare
solo in La pietra filosofale.
Qui e qui si possono vedere le nuove
immagini. Per ulteriori informazioni su ciò che sta accadendo nella
scena, ecco un estratto dal primo romanzo di Harry Potter di J.K.
Rowling: “…era ancora così preoccupato che sbatté contro
qualcuno appena fuori dalla porta. ‘Mi scusi’, borbottò, mentre il
piccolo vecchio inciampava e quasi cadeva. Ci vollero alcuni
secondi prima che il signor Dursley si rendesse conto che l’uomo
indossava un mantello viola. Non sembrava affatto turbato per
essere stato quasi buttato a terra”.
“Al contrario, il suo volto si
aprì in un ampio sorriso e disse con una voce stridula che fece
voltare i passanti: ‘Non si scusi, mio caro signore, perché oggi
niente potrebbe turbarmi! Rallegri, perché
Lui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato se n’è andato finalmente! Anche i
Babbani come lei dovrebbero festeggiare questo giorno felice,
felicissimo!’ E il vecchio abbracciò il signor Dursley e se ne
andò”.
Il vantaggio di una serie TV di 8
episodi è che offre agli sceneggiatori lo spazio per esplorare
momenti che semplicemente non c’era tempo di inserire in un film di
2 ore. Un momento come questo è essenziale? Era abbastanza
importante da essere incluso nel libro, ovviamente, e fornisce un
contesto divertente su come il mondo magico ha reagito alla
sconfitta di Voldemort. Si tratta solo dell’ultima messa online di
foto e video dal set, che già nelle scorse settimane avevano
permesso di avere
maggiori dettagli sull’aspetto di personaggi e luoghi.
Cosa sappiamo della serie HBO
su Harry Potter
La prima stagione sarà tratta dal
romanzo La pietra filosofale e abbiamo già visto alcuni
altri momenti chiave del romanzo d’esordio di J.K. Rowling essere
trasposti sullo schermo. La prima stagione di Harry
Potter dovrebbe essere girata fino alla primavera del
2026, mentre la seconda stagione entrerà in produzione pochi mesi
dopo. Ogni libro dovrebbe costituire una singola stagione, il che
significa che avremo sette stagioni nell’arco di quasi un
decennio.
HBO descrive la serie come un
“adattamento fedele” della serie di libri della Rowling.
“Esplorando ogni angolo del mondo magico, ogni stagione porterà
‘Harry Potter’ e le sue incredibili avventure a un pubblico nuovo
ed esistente”, secondo la descrizione ufficiale. Le riprese
dovrebbero avere inizio nel corso dell’estate 2025, per una messa
in onda prevista per il 2026.
La serie è scritta e prodotta da
Francesca Gardiner, che ricopre anche il ruolo di
showrunner. Mark Mylod sarà il produttore
esecutivo e dirigerà diversi episodi della serie per HBO in
collaborazione con Brontë Film and TV e Warner Bros. Television. La
serie è prodotta da Rowling, Neil Blair e
Ruth Kenley-Letts di Brontë Film and TV, e
David Heyman di Heyday Films.
Come già annunciato, Dominic
McLaughlin interpreterà Harry, Arabella
Stanton sarà Hermione e Alastair Stout
sarà Ron. Il cast principale include John Lithgow
nel ruolo di Albus Silente, Janet McTeer nel ruolo
di Minerva McGranitt, Paapa Essiedu nel ruolo di
Severus Piton, Nick Frost nel ruolo di Rubeus
Hagrid, Katherine Parkinson nel ruolo di Molly
Weasley, Lox Pratt nel ruolo di Draco Malfoy,
Johnny Flynn nel ruolo di Lucius Malfoy,
Leo Earley nel ruolo di Seamus Finnigan,
Alessia Leoni nel ruolo di Parvati Patil,
Sienna Moosah nel ruolo di Lavender Brown,
Bertie Carvel nel ruolo di Cornelius Fudge,
Bel Powley nel ruolo di Petunia Dursley e
Daniel Rigby nel ruolo di Vernon Dursley.
Si avranno poi Rory
Wilmot nel ruolo di Neville Paciock, Amos
Kitson nel ruolo di Dudley Dursley, Louise
Brealey nel ruolo di Madama Rolanda Hooch e Anton
Lesser nel ruolo di Garrick Ollivander. Ci sono poi i
fratelli di Ron: Tristan Harland interpreterà Fred
Weasley, Gabriel Harland George Weasley,
Ruari Spooner Percy Weasley e Gracie
Cochrane Ginny Weasley.
La serie debutterà nel 2027 su HBO e
HBO Max (ove disponibile) ed è guidata dalla showrunner e
sceneggiatrice Francesca Gardiner (“Queste oscure materie”,
“Killing Eve”) e dal regista Mark Mylod (“Succession”). Gardiner e
Mylod sono produttori esecutivi insieme all’autrice della serie
J.K. Rowling, Neil Blair e Ruth Kenley-Letts di Brontë Film and TV,
e David Heyman di Heyday Films. La serie di “Harry Potter” è
prodotta da HBO in collaborazione con Brontë Film and TV e Warner
Bros. Television.
Mentre proseguono i lavori sul
prossimo prequel di Hunger Games, L’alba sulla
mietitura, le ultime foto dal set offrono un primo
sguardo a Joseph Zada nei panni del giovane
Haymitch Abernathy.
Il giovane attore sostituisce
Woody Harrelson, che ha interpretato
Haymitch nei quattro film con Jennifer Lawrence. Questo film
esplorerà la sua esperienza nella 50a edizione dei giochi, gettando
nuova luce su come sia diventato il secondo e unico vincitore
vivente degli Hunger Games del Distretto 12 per 23 anni. La prima
vincitrice è stata ovviamente Lucy Gray Baird,
protagonista di Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del
serpente e interpretata da Rachel
Zegler.
La versione di Haymitch che molti
conosceranno meglio è quella con cui Katniss Everdeen e Peeta
Mellark hanno avuto a che fare durante i 74esimi Hunger Games, e
che ha lavorato segretamente in tandem con il Distretto 13 e altri
vincitori per fomentare la Seconda Ribellione.
Sui poster, condivisi per la prima
volta su SFFGazette.com, che ritraggono
lo Haymitch Abernathy di Zada, si leggono le parole “Il nostro
vincitore” e “Il tuo eroe”, suggerendo che queste
scene si svolgono più avanti nella storia, dopo la vittoria dei
Giochi.
Hunger Games: L’alba sulla
mietitura sta suscitando molto entusiasmo tra i fan della
fortunata serie di romanzi di Suzanne Collins, e
si prevede che il franchise continuerà ad espandersi nei prossimi
anni.
“Non credo che abbia cambiato la
mia comprensione di lui – Haymitch è ancora Haymitch – ma mi ha
dato la possibilità di esplorare il suo percorso precedente”,
ha detto l’autore in precedenza a proposito del suo arco narrativo
nel libro. “Come il suo rapporto con Katniss tramite Burdock.
Cosa ha significato prendersi cura della figlia del suo migliore
amico, accompagnarla durante la guerra e diventare il suo padre
adottivo. È stato bello dedicare un po’ di tempo a questo
aspetto.”
Cosa sappiamo di Hunger
Games – L’Alba sulla Mietitura
L’Alba sulla Mietitura rivisiterà il mondo di
Panem ventiquattro anni prima degli eventi di Hunger
Games, a partire dalla mattina della mietitura dei
Cinquantesimi Hunger Games, noti anche come Seconda Edizione della
Memoria.
Con l’alba sul cinquantesimo
Hunger Games annuale, la paura attanaglia i distretti di Panem.
Quest’anno, in onore dell’edizione della Memoria, il doppio dei
tributi verrà portato via dalle loro case. Tornato nel Distretto
12, Haymitch Abernathy cerca di non pensare troppo alle sue
possibilità. Tutto ciò che gli importa è arrivare alla fine della
giornata e stare con la ragazza che ama. Quando viene chiamato il
nome di Haymitch, sente tutti i suoi sogni infrangersi.
Viene strappato alla sua
famiglia e al suo amore, trasportato a Capitol City con gli altri
tre tributi del Distretto 12: una giovane amica che è quasi una
sorella per lui, un allibratore compulsivo e la ragazza più
arrogante della città. All’inizio dei Giochi, Haymitch capisce che
è stato scelto per fallire. Ma c’è qualcosa in lui che vuole
combattere e che quella lotta si ripercuota ben oltre l’arena
mortale.
Apple TV+ ha rinviato l’uscita del
suo prossimo thriller politico Profilo privato (il
cui titolo originale è The Savant). La serie è stata
ideata da Melissa James Gibson e si basa su un
articolo del 2019 intitolato “È possibile fermare una
sparatoria di massa prima che avvenga?” pubblicato su
Cosmopolitan. Nella serie la premio Oscar Jessica Chastain interpreta il ruolo
principale di Jodi Goodwin.
Secondo Variety, la decisione di
rinviarne l’uscita è dovuta al recente assassinio negli Stati Uniti
dell’attivista Charlie Kirk. La serie è infatti incentrata su
un’investigatrice che lavora per infiltrarsi in gruppi di odio
online nel tentativo di prevenire l’estremismo interno, e
l’argomento è dunque ora politicamente delicato, sulla scia
dell’omicidio dell’oratore politico.
Cosa significa questo per il futuro
di Profilo privato su Apple TV
Programmi come Profilo
privato sono volutamente controversi, poiché cercano di
commentare la società e suscitare reazioni da parte degli
spettatori. Tuttavia, in questo caso, sembra che Apple abbia preso
una decisione difficile ma sensata. La miniserie potrebbe diventare
uno dei migliori programmi di Apple
TV+, ma potrebbe volerci un po’ di tempo prima che sia
accettabile pubblicarla.
Esplorare l’argomento trattato da
Profilo privato rischia solo di alimentare le
fiamme della discordia e della divisione che attualmente
imperversano in tutto il mondo, e questo potrebbe finire per fare
più male che bene alla serie. Sembra quindi la scelta giusta quella
di posticipare l’uscita dello show e aspettare che le cose si
calmino nei prossimi mesi.
La nuova serie Marvel Zombies,
uscita su Disney+, si presenta come una delle
produzioni più cupe e sanguinose del Marvel Cinematic Universe.
Derivata da un episodio di
What If…?,
questa versione televisiva approfondisce l’universo alternativo
infestato da zombie, introducendo un tono molto più crudo e
violento rispetto ad altre opere del franchise. Il finale della
prima stagione si chiude con numerosi eroi caduti, un mondo ormai
sull’orlo del collasso e la possibilità concreta di un seguito
ancora più radicale.
Il mondo illusorio della Scarlet
Witch e il ruolo di Ms. Marvel
La protagonista della serie
è
Kamala Khan/Ms. Marvel,
che si trova al centro di una missione disperata: fermare la
versione zombie di Wanda Maximoff. Fin dall’inizio, Kamala è
tormentata da visioni che la collegano alla Scarlet Witch, la quale
sembra aver bisogno di lei per realizzare i propri
piani.
Nel finale, Kamala comprende di non
avere i mezzi per sconfiggere Wanda e il suo esercito di non-morti,
neppure con l’aiuto dei compagni rimasti. Così decide di arrendersi
e di aiutarla, permettendole di attingere al proprio potere o
fungendo da tramite per l’energia dell’Infinity
Hulk. In questo modo, Wanda riesce a plasmare un’illusione
perfetta: un mondo dove tutto sembra tornato normale e dove persino
eroi creduti morti, come Kate Bishop e Riri Williams, appaiono
vivi.
Tuttavia, Kamala presto capisce la
verità: non si tratta di un ritorno alla normalità, ma di una
realtà fittizia costruita dalla Scarlet Witch. I morti sono ancora
morti e il pianeta resta dominato dagli zombie.
Un punto chiave del finale riguarda
Riri Williams/Ironheart. Inizialmente, la serie
mostrava la sua morte nel primo episodio, quando veniva morsa dagli
zombie. Ma l’ultimo episodio svela che Riri è sopravvissuta grazie
a FRIDAY, l’intelligenza artificiale dell’armatura
di Iron Man. Dopo aver salvato Kamala, FRIDAY dichiara che non
avrebbe mai abbandonato un ospite, suggerendo di aver protetto Riri
e di averla condotta in salvo.
La rivelazione non solo restituisce
una delle giovani menti più brillanti del MCU, ma sottolinea anche
la continuità con quanto visto nella serie Ironheart, dove
Riri è già mostrata come una figura geniale e intraprendente.
Proprio questa intelligenza le avrebbe permesso di resistere e di
evitare la trasformazione in zombie, analogamente a quanto visto
con Shang-Chi e i Dieci Anelli.
Nonostante il ritorno di Riri, il
bilancio delle vittime è pesantissimo. Tra gli zombie caduti
figurano Hank Pym e Janet van Dyne, uccisi
definitivamente, oltre a Thor, eliminato in
battaglia dall’Hulk potenziato. Ma non sono solo i non-morti a
soccombere: diversi eroi umani trovano la morte contro l’armata
della Scarlet Witch.
Blade viene
spazzato via da un’esplosione di energia rossa senza lasciare
traccia, Rintrah viene trafitto e
Shang-Chi viene infettato. La strategia dei
protagonisti si rivela insufficiente, perché Wanda non solo ha un
esercito imbattibile, ma riesce persino a riportare in vita come
zombie personaggi morti in precedenza, rendendo lo scontro ancora
più disperato.
L’Infinity Hulk e il suo ruolo
nella nuova realtà
Il vero obiettivo della
Scarlet Witch è ottenere i poteri dell’Hulk
dell’Infinito. Dopo il sacrificio di Black Panther per
fermare Thanos, l’esplosione delle Gemme dell’Infinito libera
un’enorme quantità di energia. Solo Hulk, nella sua forma più
potente, riesce a contenerla, restando per anni come un baluardo
vivente che ancora l’energia delle Gemme.
Questo lo trasforma nell’Infinity
Hulk, un’entità di potenza illimitata. Wanda sfrutta sia lui sia i
poteri di Kamala per plasmare l’illusione di un mondo “guarito”.
Ma, dietro la facciata, la verità è che la devastazione continua e
gli zombie non sono mai stati sconfitti.
Perché i Nova Corps non
intervengono
Uno dei piani degli eroi
era raggiungere i Nova Corps, credendo che
potessero disporre di una tecnologia capace di guarire la Terra.
Tuttavia, la verità emerge in modo brutale: i Nova Corps erano già
a conoscenza della situazione e avevano deciso di isolare il
pianeta, impedendo a chiunque di fuggire.
Quando gli eroi tentano di
avvicinarsi, i Nova Corps provano a distruggere la loro nave. La
decisione appare drastica, ma trova giustificazione nella potenza
della Scarlet Witch: se lei è stata in grado di sconfiggere Hulk,
pur potenziato dalle Gemme, allora rappresenta una minaccia cosmica
che nessuno vuole rischiare di far uscire dal pianeta infetto.
Un futuro oscuro per Marvel
Zombies
Il finale di Marvel Zombies
lascia un mondo distrutto e senza speranza. La Scarlet Witch riesce
a ottenere ciò che voleva, e gli eroi superstiti non hanno alcuna
reale vittoria da rivendicare. Kamala, pur essendo il cuore della
serie, non riesce a fermare la rovina; Riri è viva, ma la maggior
parte degli altri sono caduti.
Il tono complessivo è volutamente
cupo: non c’è un vero lieto fine, ma solo la promessa implicita che
la lotta continuerà. L’introduzione dell’Infinity Hulk e la scelta
dei Nova Corps di abbandonare la Terra aprono scenari narrativi
ancora più ampi, che potrebbero essere esplorati in una seconda
stagione.
In definitiva, Marvel
Zombies si afferma come una delle serie più crude e
sperimentali del MCU, capace di unire azione, horror e tragedia in
un racconto che non concede tregua e che lascia lo spettatore con
la certezza che il peggio, forse, deve ancora arrivare.
Il creatore di Alien: Pianeta
Terra (qui
la nostra recensione), Noah Hawley, ha fornito
alcuni aggiornamenti sulla seconda stagione dopo il finale della
prima, accennando al potenziale futuro della serie TV. La storia
della prima stagione di Alien: Pianeta Terra è giunta al
termine, offrendo sia una conclusione che alcuni fili conduttori
per la trama unica del prequel. Ha anche esplorato le sue varie
creature, collegandole a temi riguardanti l’umanità.
Nelle interviste con Grant
Hermanns e Graeme Guttmann di
ScreenRant per il finale della prima stagione, Hawley ha
discusso della possibilità che Alien: Pianeta Terra –
Stagione 2 venga realizzata. Il creatore della serie ha
spiegato come i dati di ascolto vengano presi in considerazione per
il potenziale rinnovo dello show e come questi determineranno la
possibilità di continuare la storia.
“Stiamo parlando del futuro
della serie e FX sta facendo il suo dovere. Si assicurano di capire
bene quali siano i dati di ascolto. E in un certo senso, è più il
punto in cui si finisce che quello in cui si è partiti a
determinare l’interesse per una seconda stagione. Quindi, la
prossima settimana andrà in onda l’ultimo episodio e io ho fatto la
mia parte dal punto di vista creativo, pensando davvero a dove
vorrei portare la serie in futuro“.
“Certamente, non voglio che la
serie rimanga fuori onda più a lungo del necessario. Quindi c’è una
certa urgenza di andare avanti il più rapidamente possibile. Ma
alla fine la decisione spetta alla Disney, quindi sono curioso di
vedere cosa faranno. Ci sono ancora tante grandi canzoni hard rock
da suonare”, ha concluso il regista.
Cosa significano i piani per la
seconda stagione di Alien: Pianeta Terra
Sembra che ci siano già dei piani su
dove porterà la storia la seconda stagione di Alien:
Pianeta Terra, anche se al momento della stesura di questo
articolo la serie non è stata ancora ufficialmente rinnovata. Prima
dell’uscita della serie, Hawley aveva confermato che la serie
sarebbe durata più stagioni. La storia del primo contatto della
Terra con gli Xenomorfi è solo l’inizio.
Sebbene ci siano molti personaggi
che non saranno presenti nel futuro della storia, questi
primi otto episodi hanno offerto una solida base su cui costruire
una narrazione più ampia. Grazie ai numerosi concetti intriganti
introdotti, dall’abilità di Wendy di controllare uno Xenomorfo alle
origini dell’Ocellus, ci sono molte idee interessanti per
continuare.
Dato che le recensioni di
Alien: Pianeta Terra sono state positive, è un
buon segno che la serie tornerà come previsto. La serie ha molte
idee che non sono state ancora esplorate appieno, con gli Xenomorfi
che sono solo la punta dell’iceberg. Considerando l’introduzione di
nuovi concetti da parte di Hawley, una visione più ampia del mondo
della serie TV è pronta per una narrazione unica.
Quando nel 2021 debuttò
la prima stagione di What If…
?, tra gli episodi più discussi spiccava senza
dubbio “What If… Zombies?!”. L’idea di trasformare
alcuni degli eroi più amati del Marvel Cinematic Universe in mostri
non-morti aveva acceso l’immaginazione dei fan, al punto da
spingere i Marvel Studios a sviluppare un progetto autonomo. Quel
seme si è ora trasformato in Marvel Zombies,
miniserie animata in quattro episodi che espande il concetto e
prova a coniugare azione, orrore e dramma in un contesto
distopico.
Il risultato è un
prodotto che intrattiene, grazie a una cura visiva sopra la media e
a un cast vocale ricco di nomi celebri, ma che non riesce del tutto
a sfruttare le potenzialità del suo stesso universo narrativo.
Kamala Khan, cuore
pulsante del racconto
La scelta di affidare la
leadership narrativa a Kamala Khan, alias Ms. Marvel, potrebbe
sembrare sorprendente, soprattutto per un progetto dal rating
TV-MA, il primo in ambito animazione targato Marvel. Eppure
funziona. Kamala, doppiata da Iman Vellani, non solo mantiene quell’entusiasmo
contagioso che ha conquistato gli spettatori nella sua serie live
action, ma riesce a incarnare il lato umano e speranzoso di una
storia per il resto segnata da disperazione e brutalità.
Al suo fianco troviamo
Riri Williams/Ironheart (Dominique
Thorne) e Kate Bishop (Hailee
Steinfeld): il trio funziona come un “beta test” di ciò che
i fan sognano da tempo, ovvero un film sui Young Avengers.
Il loro cameratismo appare naturale, le battute sono brillanti e
l’alchimia è immediata, nonostante non avessero mai condiviso lo
schermo prima. Bryan Andrews e Zeb Wells, creatori
dello show, hanno avuto l’intuizione giusta nel fare di Kamala il
perno emotivo: anche nei momenti più cupi, la giovane eroina
impedisce alla serie di cadere nel puro nichilismo.
Accanto a loro emergono
altri personaggi già noti del MCU: Yelena Belova (Florence
Pugh), Red Guardian (David
Harbour), Shang-Chi (Simu Liu), ma anche outsider
come Blade Knight, reinterpretazione inedita del celebre cacciatore
di vampiri. Questo Blade alternativo, avatar di Khonshu dopo che
Marc Spector è stato travolto dall’epidemia, spicca per design e
presenza scenica, ha le fattezze di Mahershala Ali, la voce di Todd
Williams, coniuga in sé un eroe Marvel sfruttato
male e uno che non riesce a trovare la strada per lo schermo, un
ibrido che ha contemporaneamente il sapore di futuro e di occasione
mancata.
Azione, animazione e
il fascino del non-morto
Se What If…?
spesso faticava a bilanciare toni leggeri e momenti drammatici,
Marvel Zombies punta senza mezzi termini
sull’estremo. Le sequenze d’azione sono tra le più brutali mai
viste in un prodotto Marvel, merito di un’animazione che “alza il
volume” soprattutto quando in campo ci sono personaggi dotati di
poteri smisurati.
Il design dei non-morti
colpisce per inventiva: una Wanda Maximoff regina degli zombie,
ribattezzata Red Queen, domina l’armata dei Vendicatori infetti con
un’aura quasi mitologica. Namor zombificato appare come una
minaccia terrificante e inarrestabile, mentre il ritorno di Ikaris
degli Eternals regala una delle sorprese più gradite.
In più, la serie trova spunti creativi nell’alternanza di
ambientazioni, dalla San Francisco apocalittica del secondo
episodio a scenari desertici che ricordano Mad
Max.
Eppure, proprio mentre lo
spettacolo visivo cresce di intensità, emergono alcune criticità.
Molti personaggi di contorno risultano sottoutilizzati: Riri
Williams e Valkyrie, per esempio, hanno ruoli marginali; John
Walker e Scott Lang (utilizzato in maniera decisamente bizzarra)
offrono poco più che momenti di alleggerimento. Persino alcuni
zombie celebri, come Okoye, finiscono relegati a semplici comparse.
È come se la serie, pur ricca di idee, non avesse abbastanza spazio
per svilupparle pienamente e la formula in quattro episodi fosse un
po’ stretta.
Un finale che corre
troppo veloce
E infatti il vero limite
di Marvel Zombies è la sua durata: quattro episodi da meno
di mezz’ora l’uno sono insufficienti a dare respiro a un concept
così ambizioso. La narrazione corre costantemente verso il
traguardo, lasciando poco margine per approfondimenti o per
l’evoluzione di archi narrativi secondari. Momenti intensi, come i
dilemmi morali affrontati da Kamala e Yelena, avrebbero meritato
più spazio per sedimentare.
Il confronto tra magia e
scienza, accennato già in Ironheart e esplicitato
anche nelle dinamiche cosmiche legate a Blade Knight e Khonshu,
resta appena abbozzato, quando avrebbe potuto diventare un tema
centrale, dato che è un argomento che informa anche il MCU più
ampio. Allo stesso modo, le scelte di worldbuilding — come il salto
temporale di cinque anni verso un mondo ormai devastato — aprono
scenari intriganti, ma vengono liquidati troppo in fretta.
Un aperitivo più che un pranzo completo
Marvel Zombies
riesce a intrattenere con combattimenti spettacolari, un cast
vocale di alto livello e l’inaspettata freschezza di Kamala Khan
come protagonista. La serie, però, non valorizza appieno i
personaggi secondari, spreca alcune delle sue idee migliori e,
soprattutto, non sfrutta fino in fondo la libertà narrativa
concessa dal multiverso.
Per i fan Marvel e per
gli appassionati di animazione resta un prodotto godibile, a tratti
esaltante, e certamente più coeso rispetto alle ultime stagioni di
What If…
?. Tuttavia, resta la sensazione di un’occasione
mancata: con due o tre episodi in più Marvel Zombies
avrebbe potuto scavalcare la sufficienza e volare verso voti molto
alti. Così com’è, rimane un’avventura intensa e sanguinosa,
destinata più a stuzzicare l’appetito che a saziare davvero.
Esaltare sempre di più
il lavoro che contribuisce alla promozione di un film: questo è lo
scopo del Trailers FilmFest. E su questa stessa linea
opera M74, la casa di post-produzione che da
sempre rivolge un’attenzione particolare ai nuovi talenti e alle
idee innovative.
Per questo sarà proprio
M74 lo sponsor dell’edizione 2025 del concorso
“Pitch Trailer, Idee di film da realizzare”, il premio che
offre la possibilità ad aspiranti registi, ma anche a
professionisti già nel settore, di raccontare il loro progetto
attraverso un trailer.
Realtà che si occupa di VFX e
post-produzione, M74 è stata fondata nel 2020 da
Monica Galantucci, CEO di questa factory in
continua evoluzione diventata in pochi anni una delle società
leader nel settore per visione, innovazione e ambizione
internazionale.
M74 metterà a
disposizione del vincitore del Pitch Trailer 1.500
euro in servizi utilizzabili per la post-produzione del progetto
una volta realizzato.
La scadenza per concorrere al premio
Pitch Trailer è fissata per il 15 ottobre
2025. Dopo quella data la direzione artistica, formata da
Francesca Sofia Allegra e Alessandro De
Simone, renderà noti i dieci finalisti, che saranno
presentati in una sessione unica nel corso del festival. Il
vincitore verrà votato da una giuria composta da tre figure di alto
profilo dell’industria del cinema italiano.
Le nuove immagini della seconda
stagione di One
Piece rivelano la versione live-action di
Loguetown, confermando una rappresentazione fedele
all’anime di questo importante luogo. La seconda stagione inizierà
con la conclusione della saga East Blue tratta dal manga creato da
Eiichiro Oda. Ciò significa che l’arco narrativo
di Loguetown aprirà la serie mentre Cappello di Paglia si prepara
ad entrare nella Grand Line.
Ora, IGN ha pubblicato nuove
immagini (si possono vedere qui) della
seconda stagione di One Piece, che mostrano dunque
luoghi importanti di Loguetown. Queste includono Rufy, Zoro, Nami,
Usop e Sanji in piedi nella piazza della città, così come il gruppo
alle prese con il carnevale di Buggy. Si può anche vedere Rufy che
guarda la piattaforma di legno dove Gol D. Roger è stato
giustiziato.
Cosa significano le nuove immagini
della seconda stagione di One Piece per il ritorno
della serie
La prima stagione di One
Piece si è conclusa confermando Loguetown come la prossima
grande location della serie. Ciò includeva una scena che confermava
il debutto di Smoker, un potente leader della Marina che governa
l’isola per scoraggiare i pirati dall’entrare nella Grand Line.
Rufy e la sua ciurma arriveranno lì per raccogliere provviste prima
del loro viaggio.
Proprio come nel manga e nell’anime,
sembra che i personaggi avranno tutti le loro trame individuali
mentre esplorano Loguetown. Questo include Rufy che cerca di
arrampicarsi in cima alla piattaforma dove Gol D. Roger ha tenuto
il suo discorso sul tesoro nascosto del titolo. È probabile che
anche le trame di tutti rimarranno le stesse.
Loguetown vedrà anche il ritorno di
Buggy, il pirata clown che Rufy ha combattuto e sconfitto nella
prima stagione. Se il suo arrivo rispecchierà il manga, allora si
rivelerà più minaccioso dell’ultima volta che è stato visto grazie
a un nuovo alleato. Per quanto riguarda il resto dell’avventura,
sembra che si svolgerà come nel materiale originale.
Il film Watch Dogs
ha ricevuto un aggiornamento interessante da una delle sue star,
che ha anticipato che il film sarà diverso dal gioco. Come noto, la
serie di Ubisoft sta facendo il salto dalla console al cinema,
guidata dal regista Mathieu Turi, con una storia
originale di Christie LeBlanc e Victoria
Bata, ambientata nello stesso universo del gioco.
Ora, in un’intervista esclusiva con Liam
Crowley di ScreenRant, mentre promuoveva il suo film
Plainclothes, Blyth ha offerto un breve ma intrigante
aggiornamento sul film Watch Dogs. L’attore ha
infatti fatto luce su quanto il film sarà fedele ai giochi, sulle
recenti riprese aggiuntive e su com’è Sophie Wilde
come co-protagonista.
“Sarà fantastico. Siamo appena
tornati e abbiamo rifatto alcune riprese di recente, rendendolo
ancora migliore. È fantastico. Sophie Wilde è incredibile. Non è il
gioco. È molto diverso. Hanno fatto un lavoro fantastico nel
realizzare… Non voglio spoilerare troppo. Sto cercando di scegliere
con cura le parole, ma hanno fatto un lavoro fantastico nel
trasformare il gioco in un film”.
“Sembra davvero un film. Non
sembra che abbiano cercato di copiare e incollare il gioco sullo
schermo. Sembra una cosa a sé stante, e sembra l’inizio di un
esercizio di costruzione di un mondo”. I commenti di Tom Blyth
confermano due importanti sviluppi. Innanzitutto, che il film
Watch Dogs è stato recentemente sottoposto a
riprese aggiuntive, spesso segno di ritocchi da parte dello studio
o di modifiche alla trama, il che ha senso considerando che le
riprese sarebbero state completate alla fine del 2024.
In secondo luogo, e forse ancora più
importante, Blyth ha sottolineato che il film non sarà un
adattamento diretto del videogioco, uscito nel 2014. Piuttosto che
tentare una ricostruzione fedele del gioco originale, il film sarà
probabilmente ambientato nell’universo del videogioco, ma si
concentrerà su nuovi personaggi, ambientazioni e minacce. Inoltre,
il commento di Blyth sulla “costruzione del mondo” suggerisce un
universo cinematografico più ampio.
Quanti giochi sono il franchise di
Watch Dogs?
Il nucleo del gameplay di ogni gioco
di
Watch Dogs consiste nell’hackerare questo sistema per
ottenere un vantaggio sui nemici. I giocatori possono accedere al
ctOS e utilizzare vari dispositivi che li assistono nei
combattimenti, nella furtività o negli enigmi. Il primo
gioco è uscito nel 2014 ed è ambientato in una versione
romanzata dell’area di Chicago.
La storia segue la ricerca di
vendetta dell’hacker/vigilante Aiden Pearce dopo l’uccisione di sua
nipote. Watch Dogs 2 è uscito nel 2016 e ci ha portato
in una versione romanzata della baia di San Francisco. Il gioco
seguiva un hacker di nome Marcus Holloway che lavorava con il
gruppo di hacker clandestini DedSec per distruggere l’avanzato
sistema di sorveglianza della città. Il gioco più recente della
serie di videogiochi è
Watch Dogs: Legion, uscito nel 2020.
Questo gioco ci porta oltreoceano, in una Londra futuristica e
distopica.
La storia segue il sindacato di
hacker DedSec nel tentativo di ripulire il proprio nome dopo essere
stato incastrato per una serie di attentati terroristici. Ciò che
rende questo gioco particolarmente unico è che si può giocare nei
panni di chiunque si trovi in città. Ogni personaggio che
incontrate può unirsi alla vostra squadra, portando con sé una
storia, una personalità e delle abilità uniche.
Il regista di Predator:
Badlands, Dan Trachtenberg, risponde
alla domanda se il film riservi qualche sorpresa legata agli
Xenomorfi. Ultimo capitolo della saga di Predator dopo
Prey
(2022) dello stesso Trachtenberg, il film racconta la storia di un
giovane Yautja di nome Dek (Dimitrius
Schuster-Koloamatangi) alla ricerca del nemico definitivo
dopo essere stato rifiutato dal suo clan.
Una delle principali rivelazioni del
trailer di Predator: Badlands è che il film avrà
un importante crossover con la saga di Alien sotto forma di Thia (Elle
Fanning), un androide della Weyland-Yutani. Questo ha
immediatamente sollevato domande sulla possibile apparizione di uno
Xenomorfo. In una recente intervista con Empire, Trachtenberg ha però
messo fine a questa domanda, confermando che Predator:
Badlands non conterrà alcun Xenomorfo.
Secondo il regista, però,
l’inclusione di Weyland-Yutani avrà molto senso nella
trama. “Non ci sono Xenomorfi in questo film. Ma per me
questo lo rende più emozionante. Non stiamo coinvolgendo il
franchise di Alien solo per mettere insieme i personaggi. Ci sono
ottime ragioni organiche nella trama per la presenza di
Weyland-Yutani in questo film”.
Per quanto riguarda il ruolo di Thia
nella storia, Fanning anticipa che questo androide sarà diverso da
quelli che il pubblico conosce: “Thia è su Genna da un po’ di
tempo e vede cose che normalmente non vedrebbe. Sta assorbendo
tutte queste nuove informazioni ed è anche distrutta, quindi è
diventata molto diversa dagli altri synth”.
Cosa significa questo per Predator:
Badlands
L’apparizione di un androide
Weyland-Yutani è stato un elemento particolarmente interessante del
trailer di Predator: Badlands. Se il trailer
mostra un androide della serie Alien, si è pensato, allora
nel film finale potrebbero esserci altre sorprese crossover, tra
cui uno Xenomorfo.
Dalle dichiarazioni di Trachtenberg,
però, sembra che l’androide sarà l’unico crossover tra
Alien e Predator, almeno per ora. Entrambe le
saghe stanno vivendo un momento positivo, con Prey che ha
ottenuto recensioni entusiastiche e Alien:
Romulus (2024) che è stato un successo al botteghino.
Predator: Badlands potrebbe aprire la strada a un
crossover più grande in futuro.
In un futuro lontano, su un pianeta
remoto, un giovane Predator, espulso dal suo clan, trova un’alleata
inaspettata in Thia e intraprende un viaggio pericoloso alla
ricerca del suo nemico più acerrimo. Prossimo film d’azione
fantascientifico americano della serie Predator. È il settimo film
della serie principale e il nono dell’intera saga. Il film è
diretto da Dan Trachtenberg, che nel 2022 ha ravvivato il franchise
con il suo Prey.
I fan e i media lo hanno amato così tanto che si sono chiesti
perché non sia mai uscito nelle sale (ahimè, era l’era dello
streaming dell’ex CEO della Disney Bob Chapek).
Predator:
Badlands, co-sceneggiato da Trachtenberg e
Patrick Aison, e interpretato da Elle Fanning e Dimitrius
Schuster-Koloamatangi, uscirà ora esclusivamente nelle
sale il 7 novembre 2025, distribuito dalla 20th
Century Studios.
L’ultimo esempio è arrivato al
Florida Supercon 2025, dove Boyega ha condiviso come avrebbe
gestito le cose se fosse stato un produttore che supervisionava i
film. In particolare, tre cose: non avrebbe ucciso Han Solo o Luke
Skywalker; i nuovi personaggi avrebbero affrontato più sfide; e
avrebbe cercato storie come quelle di The Old Republic e
Force Unleashed per espandere l’universo.
Ecco le sue precise
parole: “Prima di tutto, non elimineremmo Han Solo, Luke
Skywalker e tutti questi personaggi. Non lo faremmo. La prima cosa
che faremmo sarebbe portare a termine la loro storia, portare a
termine la loro eredità. Creeremmo un bel momento per passare il
testimone”. John Boyega ha poi aggiunto: “Luke Skywalker
non scomparirebbe su una roccia. Assolutamente no. Stare lì in
piedi come se fosse un proiettore? Vorrei dare a quegli attori
molto, molto di più”.
Per quanto riguarda gli altri punti,
Boyega ha detto che i nuovi personaggi, tra cui il suo Finn, erano
“OP”, ovvero troppo potenti, in grado di afferrare oggetti e usarli
rapidamente, come lui e Rey, interpretata da Daisy Ridley, che sono stati in grado di
brandire una spada laser contro Kylo Ren. Per quanto riguarda l’uso
dei videogiochi The Old Republic e The Force
Unleashed, Boyega ha detto che vorrebbe “espandere il più
possibile l’universo di Star Wars, rispettando la
tradizione”.
John Boyega ribadisce il desiderio
di rifare il sequel di Star Wars
Boyega non è certo il primo a
esprimere il desiderio che i sequel di Star Wars avessero
preso una strada diversa. Anche l’attore Mark Hamill, interprete di Luke Skywalker, ha
espresso apertamente il
suo disaccordo con l’arco narrativo di Luke e con la storia che
ha dovuto inventare per giustificarlo. Poi ci sono i fan, che hanno
creato più di una petizione su Change.org per rimuovere i sequel
dal canone di Star Wars o per rifarli.
Prime Video ha diffuso oggi una clip di Hotel Costiera, la nuova serie Original italiana con
protagonista Jesse Williams (Your Place Or
Mine, Only Murders In The Building, Broadway’s
Take Me Out), qui anche nel ruolo di executive producer. Nel
ricco ensemble cast internazionale Maria Chiara Giannetta, Jordan
Alexandra, Antonio Gerardi, Sam Haygarth, Tommaso Ragno, Amanda
Campana, Pierpaolo Spollon, Alejandra Onieva e Jean-Hugues Anglade.
Tutti i sei episodi di Hotel Costiera debutteranno dal 24
settembre in esclusiva su Prime Video in Italia, Francia, Spagna,
Portogallo, Germania, Turchia, Danimarca e Norvegia, e nei Paesi di
lingua inglese – Gran Bretagna, Irlanda, Stati Uniti, Canada,
Australia e Nuova Zelanda.
Hotel Costiera è una
serie internazionale action drama, piena di ironia, leggera e
coinvolgente, girata in inglese in Italia e diretta dal
premio Emmy Adam Bernstein e da Giacomo Martelli. La
serie, da un’idea di Luca Bernabei, è scritta da Elena
Bucaccio, Matthew Parkhill e Francesco
Arlanch e co-prodotta da Amazon MGM Studios e Luca Bernabei
per Lux Vide, una società del gruppo
Fremantle. e Francesco Arlanch e co-prodotta
da Amazon MGM Studios e Luca Bernabei per Lux Vide, una società del
gruppo Fremantle.
Una clip da Hotel Costiera
Con una trama avvincente dal ritmo
incalzante tra azione e commedia, Hotel Costiera racconta
la storia di Daniel De Luca, un ex marine americano di origini
italiane che torna in Italia, la terra della sua infanzia, per
lavorare come fixer in uno dei più lussuosi hotel del
mondo, situato sulla spettacolare costa di Positano. Oltre a
risolvere i problemi dei facoltosi ospiti dell’albergo, Daniel è
anche sulle tracce di Alice, una delle figlie del proprietario,
scomparsa un mese prima. Daniel deve fare tutto il possibile per
riportarla a casa, ma affrontare coloro che hanno rapito la ragazza
sarà una sfida più grande di qualsiasi problema Daniel abbia mai
affrontato.
Mark Ronson
dovrebbe riunirsi a Greta
Gerwig per comporre la colonna sonora del suo
adattamento de Le Cronache di Narnia su Netflix. La conferma arriva da Variety.
Ronson sta lavorando alle musiche
per l’attesissimo seguito di Barbie della regista.
Greta
Gerwig sta scrivendo e dirigendo il film fantasy
d’avventura, che a quanto pare segue la trama di Il nipote
del mago, il sesto romanzo della serie di C.S.
Lewis. Il cast dovrebbe includere Meryl Streep (che, guarda caso, è la
suocera di Ronson; il musicista è sposata con la figlia della
Streep, Grace Gummer), Daniel Craig, Emma Mackey e Carey Mulligan.
Ronson è stato in precedenza
produttore musicale esecutivo per Barbie di
Gerwig, per il quale ha co-scritto e co-prodotto cinque canzoni, ha
co-scritto la colonna sonora con Andrew Wyatt ed è
stato produttore esecutivo. La sua musica ha ottenuto nomination ai
Grammy, ai Golden Globe e agli Academy
Awards, tra gli altri riconoscimenti. Sta lavorando al progetto
Le Cronache di Narnia mentre sta lanciando il suo
libro di memorie “Night People: How to Be a DJ in ’90s New York
City”, uscito il 16 settembre negli USA. Il libro racconta le sue
giornate nei club di New York, raccontando la sua ascesa da
audiofilo a uno dei DJ più in voga della città.
Cosa sappiamo de Le
Cronache di Narnia di Greta
Gerwig per Netflix
La piattaforma di streaming aveva
annunciato per la prima volta l’intenzione di adattare i famosi
libri di C.S. Lewis nel 2018, con la regista di
Barbie che è stata coinvolta nel progetto nel 2020. Il
film di Greta
Gerwig su Narnia sembra adattare il sesto libro della
serie, “Il nipote del mago”, il quale si colloca però
prima di tutti gli altri per ordine cronologico. Il film dovrebbe
essere distribuito nell’autunno del 2026, potendo apparetemente
contare su una massiccia distribuzione in sala prima di approdare
sulla piattaforma Netflix.
Il cast è stato finora avvolto nel
mistero. Gli unici dettagli riportati includono Emma Mackey nel ruolo della Strega Bianca,
Daniel Craig in quello dello zio Andrew,
Carey Mulligan in trattative per interpretare
la madre di Digory e Meryl Streep che dovrebbe doppiare il leone
parlante Aslan.
Sebbene sia assente dalla timeline
del Marvel Cinematic Universe dal 2021,
Tom Holland si sta preparando a riprendere
finalmente il ruolo di Peter Parker nella Fase 6 con
Spider-Man: Brand New Day, mentre la Saga del Multiverso volge al termine.
Nonostante Holland
abbia recentemente subito un infortunio, secondo quanto
riportato domenica 21 settembre, la star britannica dovrebbe
riprendere le riprese tra un paio di giorni. Poiché le riprese
principali sono in corso già da un po’, stanno intanto finalmente
emergendo nuovi dettagli sul tanto atteso film sui supereroi.
Deadline riporta infatti che
Marvin Jones III è stato scritturato per
Spider-Man: Brand New Day
della Marvel Studios e Sony Pictures nel ruolo di Lonnie
Lincoln, alias Tombstone. Anche se Sony e
Marvel non hanno ancora commentato il casting, l’attore ha già
doppiato il cattivo in
Spider-Man: Un nuovo universo, e il film MCU segnerà così
il suo debutto dal vivo. Jones non è nuovo all’interpretazione di
cattivi dei fumetti, avendo già interpretato Tobias Whale della DC
Comics nella serie TV Black Lightning della CW, che è
entrata a far parte dell’Arrowverse nella terza stagione.
La star si unisce così a diversi
nuovi membri del cast MCU di questo episodio, tra cui Sadie Sink, Liza Colón-Zayas
e Tramell Tillman. Con la sua aggiunta al cast di
Spider-Man: Brand New Day, è evidente che il film
sta cercando di espandere la mitologia di Spider-Man con cattivi
che non sono così importanti come Green Goblin o Doctor Octopus.
Non è stato ancora determinato se Tombstone sarà l’antagonista
principale, dato che anche Michael Mando tornerà nei panni di Mac
Gargan, meglio conosciuto come Scorpion.
È tuttavia degno di nota il fatto
che abbiano riportato lo stesso attore che ha doppiato Lincoln
nella serie animata Spider-Verse per la sua incarnazione
live-action. Ciò non significa che si tratti di un crossover tra
l’MCU e lo Spider-Verse, ma piuttosto che Jones sta semplicemente
interpretando una sua variante. In ogni caso, sarà interessante
scoprire come verrà adattato questo particolare antagonista
dall’aspetto piuttosto iconico.
Ad oggi, una sinossi generica di
Spider-Man: Brand New Day è emersa all’inizio di
quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.
Dopo gli eventi di Doomsday,
Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a
concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità
di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge
una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e
costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in
gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità
di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile
alleato per proteggere coloro che ama.
L’improbabile alleato potrebbe
dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal –
recentemente annunciato come parte del film – in una situazione
già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono
inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi
contro la vera minaccia di turno.
Di certo c’è che il film condivide
il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la
Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo
inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e
rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha
dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da
un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry
Osborn.
Il film è stato recentemente
posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026.
Destin Daniel Cretton, regista di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, dirigerà il
film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik Sommers.
Tom Holland guida un cast che include
anche Zendaya, Jacob Batalon,Mark Ruffalo, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas
e Jon Bernthal. Michael Mando è
stato confermato mentre per ora è solo un rumors il coinvolgimento
di
Charlie Cox.
Spider-Man: Brand New
Day uscirà nelle sale il 31 luglio 2026.
Pure Imagination
Studios e Prime Universe Films hanno
acquisito i diritti esclusivi del marchio di monster truck
Bigfoot, con l’obiettivo di costruire un universo
cinematografico e televisivo attorno ad esso. Il lancio
multipiattaforma includerà un film live-action,
contenuti animati, videogiochi e prodotti di consumo pensati per
presentare Bigfoot a una nuova generazione.
Progettato dal pioniere dei monster
truck Bob Chandler e dalla sua Bigfoot
4X4, Inc., Bigfoot è ampiamente riconosciuto come il primo
monster truck al mondo. Chandler lo creò oltre 50 anni fa e nei
decenni successivi lo ha visto diventare un simbolo di potenza,
innovazione e ingegnosità americana, conquistando oltre 50
campionati mondiali, stabilendo decine di record mondiali e
catturando l’attenzione di milioni di persone attraverso eventi dal
vivo, merchandising e media.
Il film live-action su Bigfoot
esplorerà la vera storia di Chandler e le origini del fenomeno dei
monster truck, mescolando l’atmosfera americana degli anni ’80,
l’eroismo dei perdenti e l’azione adrenalinica per raccontare una
grande, divertente storia familiare, audace come il Bigfoot stesso.
Tra le produzioni animate, ci sarà una serie animata in 3D, rivolta
ai bambini dai 5 ai 9 anni. La serie è ambientata al Chandler
Ranch, dove Bigfoot e i suoi amici affrontano avventure di corse e
lezioni di vita. Oltre a nuovi videogiochi e contenuti digitali,
Pure Imagination e Prime Universe presenteranno anche nuovi
prodotti di consumo dedicati a Bigfoot, tra cui giocattoli,
abbigliamento, oggetti da collezione e prodotti lifestyle.
In una dichiarazione a Deadline, il
fondatore di Pure Imagination, Joshua Wexler, ha
dichiarato: “BIGFOOT è più di un monster truck: è un simbolo di
determinazione, inventiva e divertimento. Siamo orgogliosi di
collaborare con i Chandler per lanciare una nuova era che ruggisce
su schermi, console e scaffali dei negozi”.
Adrian Askarieh,
fondatore di Prime Universe Films, ha dichiarato: “Questo è un
progetto da sogno che dura da una vita. Il nostro obiettivo è
onorare l’eredità rivoluzionaria di Bob Chandler e portare BIGFOOT
a un pubblico globale completamente nuovo”.
“Quando ho costruito il primo
camion BIGFOOT nel mio garage 50 anni fa, non avevo idea che si
sarebbe trasformato in qualcosa di così grande, letteralmente e
figurativamente”, ha detto Chandler. “Vedere cosa ha in
mente Pure Imagination è allo stesso tempo commovente ed
emozionante. È incredibile pensare che BIGFOOT continuerà a
ispirare bambini, famiglie e fan di tutto il mondo con lo stesso
senso di divertimento e meraviglia che ha dato inizio a
tutto”.
The
Mandalorian & Grogu è stato annunciato per
la prima volta a gennaio 2024 come il prossimo film di “Star Wars”
in fase di sviluppo, e la sua uscita nelle sale è prevista
per il 20 maggio 2026. Oltre al personaggio mascherato di
Pascal, il Mandaloriano, e al suo adorabile aiutante Grogu (meglio
conosciuto come Baby Yoda), il cast include anche
Sigourney Weaver nel ruolo di una pilota da
caccia,
Jeremy Allen White in quello del figlio di Jabba the
Hutt e Jonny Coyne in quello di un signore della
guerra imperiale.
La prima breve sinossi del film
recita: “Erede della Forza nella galassia e compagno adorabile
del Mandaloriano, Grogu ha conquistato il mondo con il suo fascino
malizioso e accattivante fin dal suo debutto”, si legge.
“Presto saranno disponibili prodotti a tema Grogu per tutti i
canali, categorie e fasce d’età: la tempesta Grogu sta per
scatenarsi!”
Claudia Cardinale, leggenda del cinema
italiano e una delle figure più carismatiche e amate del grande
schermo, è scomparsa all’età di 87 anni.
Nata nel 1938 a Tunisi da genitori siciliani, Cardinale entrò nel
mondo del cinema dopo aver vinto, nel 1957, un concorso di bellezza
che le valse un viaggio alla Mostra
del Cinema di Venezia. Educata in francese e cresciuta in una
famiglia che parlava dialetto siciliano, all’inizio dovette farsi
doppiare nei suoi ruoli italiani. In quegli anni affrontò anche una
gravidanza segreta, da cui nacque il figlio Patrick, presentato per
alcuni anni come suo fratello minore.
Dopo i primi ruoli, il successo internazionale arrivò nel 1963 con
8½ di Federico Fellini e
Il Gattopardo di
Luchino Visconti. Nello stesso periodo partecipò a produzioni
hollywoodiane come La Pantera
Rosa di Blake Edwards e C’era una volta il
West di Sergio Leone (1968), diventando uno dei volti più
iconici del cinema mondiale.
Negli anni Settanta la sua carriera subì una battuta d’arresto dopo
la rottura con il produttore Franco Cristaldi e l’inizio della
relazione con il regista Pasquale Squitieri, da cui ebbe una
figlia. Nonostante le difficoltà, tornò in auge grazie a Franco
Zeffirelli, che la scelse per Gesù di Nazareth (1977), e continuò a lavorare con
registi europei come Werner Herzog e Marco Bellocchio. Indipendente
e anticonformista, Cardinale divenne famosa anche per il suo
carattere libero e la voce roca, tanto da ispirare nel 2022 il
libro Claudia Cardinale. The
Indomitable.
Negli ultimi decenni si era dedicata al teatro e aveva continuato a
recitare in varie lingue, apparendo in film e serie TV fino al
2020. Con la sua scomparsa, il cinema perde una delle sue
interpreti più eleganti e carismatiche, capace di attraversare
epoche e generi lasciando un’impronta indelebile.
Mamma Mia! Ci
risiamo è un film del 2018 scritto e diretto
da Ol Parker e, ovviamente, sequel
dell’incredibile successo di Mamma Mia! del 2008.
Come il suo predecessore il film ripropone le musiche del
gruppo svedese ABBA, sulle quali si basa parte della
trama. Tra volti vecchi e nuovi, il film vede nel cast
Amanda Seyfried,
Lily James, Christine Baranski,
Jessica Keenan Wynn,
Julie Walters,
Alexa Davies,
Pierce Brosnan, Jeremy Irvine, Colin Firth,
Hugh Skinner,Stellan Skarsgård, Josh Dylan, Dominic
Cooper, Andy García, Cher e Meryl Streep.
La trama di Mamma Mia! Ci
risiamo
A Kalokairi, Sophie prepara
l’inaugurazione del Bella Donna, nuovo hotel dedicato alla memoria
di sua madre Donna, morta un anno prima. Sam è l’unico dei suoi tre
padri presenti, mentre Harry e Bill sono trattenuti da impegni.
Sky, rientrato dagli Stati Uniti, propone a Sophie di trasferirsi
con lui, ma lei rifiuta per restare legata all’isola. Un uragano
distrugge l’allestimento, ma con l’incoraggiamento di Sam e l’aiuto
delle amiche Rosie e Tanya, Sophie non si arrende.
Parallelamente, i ricordi riportano
al 1979: la giovane Donna, dopo la laurea, viaggia in Europa e
conosce Harry, Bill e Sam, con cui vive momenti intensi che
preludono alla sua maternità. Nel presente, anche Harry e Bill
raggiungono Kalokairi, così come Sky, che rinuncia al lavoro per
amore. Durante la festa, Sophie scopre di essere incinta. A
sorpresa arriva la nonna Ruby, che ritrova l’amore perduto. Nove
mesi dopo, Sophie e Sky battezzano il figlio Donny, con Donna che
appare in visione.
Le curiosità su
Mamma Mia! Ci risiamo
L’album della colonna sonora
conteneva una cover di “The Day Before You Came” cantata da
Meryl Streep. Il brano fu registrato solo perché
era una delle canzoni degli ABBA preferite da Benny Andersson e
Richard Curtis e la Streep voleva cantarla, ma in realtà non è mai
stato inserito nel film poiché il testo è troppo specifico per
essere in linea con la storia.
A Dame Julie Walters è stato
concesso un giorno libero dalle riprese agli Shepperton Studios nel
novembre 2017 (durante la registrazione del numero di “Angel Eyes”)
per poter partecipare a una cerimonia di investitura a Buckingham
Palace, dove è stata nominata Dama Comandante dell’Ordine
dell’Impero Britannico dalla Regina Elisabetta II. Il cast e la
troupe si sono riuniti per sorprendere e dare il benvenuto a
Walters cantando “There Is Nothing Like a Dame” dal musical South
Pacific.
I produttori hanno discusso l’idea
di realizzare un terzo film. Amanda Seyfried ha dichiarato che
sarebbe a bordo per un altro film, ma si è chiesta se ci siano
abbastanza canzoni degli ABBA inutilizzate per una terza colonna
sonora. Julie Walters, che si è ritirata dalla recitazione, ha
affermato che un terzo film di Mamma Mia sarebbe la sua unica
ragione per uscire dal pensionamento.
Cher ha scelto personalmente Andy
Garcia per interpretare il personaggio di Fernando tra una serie di
attori selezionati.
Ha avuto il miglior weekend di
apertura al botteghino nella carriera di Meryl Streep, Amanda
Seyfried e Cher.
La rivelazione del gemello di Bill
Anderson, Kurt, è un riferimento alla battuta del primo film,
quando scopre di poter essere il padre di Sophie: “Non mi dirai
mica che hai una sorella gemella, vero?”
Sebbene non venga mai detto
esplicitamente, la storia lascia intendere che Cienfuegos non sia
solo l’amore perduto da tempo di Ruby, ma potrebbe anche essere il
padre di Donnas e, a sua volta, il nonno di Sofie.
Prima che Sophie entri in chiesa
per il battesimo della sua bambina, si sente una fisarmonica
suonare in sottofondo la canzone degli ABBA “Slipping Through My
Fingers”.
The
Northman (qui
la recensione) è il terzo film da regista di Robert
Eggers, ma è una storia vera e in che modo la storia
antica dei vichinghi e la mitologia norrena influenzano le
fondamenta del film? The Northman racconta la
storia di Amleth, un giovane principe vichingo.
Quando il padre di Amleth viene ucciso da Fjolnir,
lo zio di Amleth, questi giura vendetta contro l’usurpatore e
intraprende un viaggio che durerà tutta la vita per ottenere la sua
vendetta.
The Northman segue
il consueto stile di Eggers, combinando un’ambientazione d’epoca
con brividi psicologici. A differenza dei precedenti lavori del
regista,
The Witch e The
Lighthouse, è senza dubbio più accessibile e “mainstream”.
Detto questo, Eggers ha già inserito elementi di storie vere nei
suoi film, anche quando si è concentrato sui momenti più bizzarri
delle sue pellicole, e quindi The Northman è in
molti modi impostato per seguire questa fusione di eventi onirici
con la realtà.
Questi elementi sono così in linea
con lo stile caratteristico di Eggers da far sorgere la domanda se
The Northman sia una storia vera. Considerando che
molti degli elementi più strani del film sono legati alla storia
dei vichinghi e alla mitologia norrena, non è da escludere che sia
basato su eventi reali. Quindi, quanto sono legati alla storia
reale tutti questi elementi nell’ultima avventura vichinga di
Robert Eggers? Scopriamolo in questo approfondimento.
The Northman non è
direttamente basato su una storia vera
The Northman non è
direttamente basato su una storia vera, ma è stato scritto da
Robert Eggers e dal suo partner di sceneggiatura
per questo film, Sjon, ispirandosi a un mito e a
una fiaba dell’antico norvegese, piuttosto che essere tratto
direttamente dalla realtà. Questa fiaba era Vita Amlethi.
Vita Amlethi era una storia tramandata di generazione in
generazione oralmente, che non fu registrata ufficialmente fino al
1200 circa, come parte della vasta storia dei sovrani danesi e
della loro storia scritta da Saxo Grammaticus. Gli
elementi fondamentali della storia hanno fornito l’ispirazione per
il film, oltre che la base per altre famose storie nel corso della
storia, come l’Amleto di Shakespeare.
Amleth era una persona reale? La
spiegazione della leggenda scandinava
Vita Amlethi, la fiaba
norrena, si traduce in La vita di Amleth. Anche se Amleth
non è necessariamente basato su un personaggio storico reale, la
fiaba tramanda la leggenda del personaggio. Mentre la storia di
The Northman prende spunto da questa leggenda per
ispirare la sua trama, il personaggio principale di Amleth è quasi
direttamente tratto dalla fiaba norrena. In Vita Amlethi,
Amleth è un giovane principe vichingo che vive felicemente con suo
padre, Horwendil, e sua madre, Gerutha.
Il fratello di Horwendil, Fengo,
tuttavia, è spinto da un odio geloso nei confronti del re Horwendil
e lo uccide, prendendo Gerutha come sua moglie. Questo spinge
Amleth a una rabbia che durerà tutta la vita, giurando vendetta
contro suo zio per i crimini commessi contro la sua famiglia. Non è
chiaro se il personaggio di Amleth sia basato su eventi o persone
reali dell’epoca, ma in ogni caso è il modello del protagonista di
The Northman, interpretato da Alexander Skarsgard.
Chi era il re Aurvandill? Il mito e
il legame con Thor
Anche il re Horwendil di Vita
Amlethi è immerso nella mitologia, proprio come Amleth.
Horwendil è fortemente legato al re Aurvandill della Prose Edda, un
testo norreno scritto nel XIII secolo. Nella Prose Edda, Aurvandill
era un uomo che fu rapito dai Jotnar. Dopo il suo rapimento, Thor,
il dio nordico del tuono, li affronta e libera Aurvandill,
lasciando la scena con un’arma dei Jotnar conficcata nella testa.
Quando Thor stava riportando Aurvandill a casa sua trasportandolo
attraverso i fiumi Elivagar, il dito del piede di Aurvandill si
congelò.
Thor allora gli tolse il dito
congelato e lo lanciò nei cieli, formando la costellazione del Dito
di Aurvandill. La versione latinizzata di Aurvandill, nota come
Horwendillus o Horwendil, è quella che compare nella leggenda
nordica di Vita Amleth. Ciò significa che il padre di Amleth era
profondamente radicato sia nella leggenda che nella mitologia,
avendo legami non solo con Amleth e gli altri personaggi che
costituiscono la base di The Northman, ma anche
con antichi dei nordici come Thor.
Valchirie e Valhalla: l’aldilà
vichingo in The Northman
Uno degli elementi distintivi di
The Northman che collega il film alla realtà
attraverso la mitologia norrena è l’inclusione delle Valchirie e
del Valhalla. Nella mitologia norrena, le Valchirie erano un gruppo
di figure femminili responsabili di guidare gli spiriti dei soldati
nordici defunti nell’aldilà. Uno dei luoghi più importanti
dell’aldilà nella mitologia norrena è il Valhalla, una maestosa
sala situata ad Asgard e governata da Odino. Il Valhalla era
considerato un grande onore per un guerriero, che poteva
trascorrere i suoi giorni nell’aldilà nella sala di Odino, a
significare una morte onorevole in battaglia.
In The Northman,
Amleth ha diverse visioni delle Valchirie e del Valhalla. Alla fine
del film, mentre Amleth giace morente dopo aver vendicato suo zio
Fjolnir, ascende al Valhalla sul dorso di un cavallo alato,
cavalcato da una delle Valchirie. Questo antico mito norreno prende
vita nel film, con Amleth che muore gloriosamente nella lotta con
suo zio e ascende alla sala degli uccisi ad Asgard, trasportato lì
dalla stessa valchiria.
Come la veggente di Bjork si
inserisce nella mitologia norrena
In The Northman,
Eggers ha convinto la cantante e attrice islandese
Bjork a tornare a recitare per la prima volta dopo
quasi 20 anni. In questo modo, il film ha potuto includere nel film
un altro aspetto dell’antica mitologia norrena: una veggente. Nel
film, Amleth incontra una veggente, interpretata da Bjork, che
traccia il percorso del principe vichingo e gli dice come può
ottenere la vendetta su Fjolnir che tanto desidera. Il concetto di
veggente era noto in molte saghe islandesi, non dissimili da
Vita Amlethi, e l’esistenza di tali persone è stata
confermata da reperti archeologici.
Nell’antica mitologia e leggenda
norrena, le veggenti praticavano il Seid, una tecnica di estasi che
permetteva alle loro anime di viaggiare in mondi oltre il nostro
per ottenere informazioni. Utilizzando questa tecnica, le veggenti
erano in grado di predire il futuro e il destino di determinati
luoghi o persone. Per questo motivo, le veggenti godevano di uno
status elevato nelle società vichinghe ed erano trattate con grande
rispetto grazie alla loro capacità di prevedere il futuro. Il
concetto di veggente è uno dei miti nordici più importanti a cui si
allude in The Northman, con la sequenza che vede
Bjork tracciare la trama fin dall’inizio del film.
I berserker vichinghi nella vita
reale
Prima di una delle scene d’azione
principali di The Northman, una delle tante
battaglie del film, c’è una sequenza in cui Amleth partecipa a una
sorta di rituale insieme ad altri uomini della sua banda di
predoni. Questo rituale prevede che gli uomini indossino varie
pelli di animali, tra cui orsi e lupi, e imitino i movimenti e i
versi degli animali per tutta la notte fino all’alba, quando
attaccano un insediamento. Questo rituale dimostra che Amleth è un
berserker vichingo, una figura tratta dalla storia nordica. Nella
storia norrena, e anche germanica, i berserker erano orde di
guerrieri indisciplinati che adoravano Odino e che si diceva
combattessero in uno stato di furia simile alla trance, uccidendo a
volontà quando attaccavano gli insediamenti.
Si diceva che i berserker potessero
essere uditi arrivare grazie alla cacofonia di rumori che
producevano prima e durante la battaglia. La parola berserker
deriva dalle parole dell’antico norvegese che significano orso e
camicia, il che significa che molti berserker indossavano pelli
d’orso – così come pelli di lupo e di cinghiale – in battaglia. Le
leggende del mito nordico narrano che i berserker si trasformavano
in questi animali per vincere le battaglie al loro posto, con
rituali prima della battaglia che permettevano loro di farlo,
poiché “diventavano” i loro animali.
The Northman
presenta quindi i berserker vichinghi in modo abbastanza accurato
rispetto a quanto si conosce della storia reale. Come accennato,
nel film Amleth viene mostrato mentre “diventa” un orso emettendo
versi animali e comportandosi come una bestia, fino ad attaccare
spietatamente un insediamento e uccidere chiunque gli capiti a
tiro, continuando a emettere gli stessi versi. Sebbene il film non
arrivi al punto di mostrare Amleth trasformarsi fisicamente in un
animale, come probabilmente avveniva nelle tattiche intimidatorie
tramandate sui berserker nei tempi antichi, presenta Amleth e la
sua banda di predoni in modo accurato, così come la storia descrive
il comportamento dei berserker vichinghi.
La cronologia di The
Northman: quando è ambientato e quanto è accurato
All’inizio del film viene rivelato
che The Northman è ambientato nell’895 d.C. Il
film fa poi un salto temporale di durata imprecisata, mostrando
Amleth cresciuto da bambino a giovane adulto. Il salto temporale
non può essere stato superiore a 10-15 anni, il che significa che,
in base a ciò che si sa degli antichi vichinghi di quel periodo, il
film è abbastanza accurato nella sua rappresentazione. Ad esempio,
riprendendo l’ultimo punto sui berserker vichinghi, una delle
poesie norrene che narrano l’esistenza dei berserker risale al
periodo 872-930 d.C., durante il regno del re norvegese Harald I
Fairhair.
Sulla base di questo, si può
tranquillamente affermare che l’inclusione dei berserker vichinghi
in The Northman è storicamente accurata, poiché
rientra in questo arco temporale. Un altro elemento menzionato nel
film che fornisce una prova della sua accuratezza storica è il
regno dello stesso re Harald. Mentre il regno di Harald fornisce la
prova dell’esistenza dei berserker, il film menziona apertamente
che Fjolnir perse il regno che aveva rubato al padre di Amleth a
favore di Harald di Norvegia. Dato che il film è ambientato
all’inizio del 900, la cronologia coincide, poiché il regno storico
di Harald durò dall’872 al 930 d.C.
I vichinghi in Islanda: quanto è
accurata l’ambientazione di The Northman
La maggior parte di The
Northman è ambientata sull’isola d’Islanda, dove Fjolnir
decise di stabilirsi con la sua famiglia dopo aver perso il regno
di suo fratello a favore di Harald di Norvegia. Questo è un altro
aspetto del film in cui Eggers ha cercato di essere il più accurato
possibile nei confronti degli antichi vichinghi islandesi di
quell’epoca. Molti vichinghi nell’antichità si recarono in Islanda
per sfuggire alle numerose regole e normative di molti paesi
scandinavi dell’epoca. Si dice che uno dei primi vichinghi a
visitare l’Islanda, Hrafna-Floki, sia stato responsabile di aver
dato il nome all’isola.
Una volta stabilitisi in Islanda,
molti vichinghi costruivano case di torba, come mostrato in
The Northman. Le case di torba venivano costruite
sul terreno dell’isola, data la scarsità di alberi in Islanda
dovuta alla mancanza di lungimiranza dei primi coloni vichinghi.
Non solo le case di torba garantivano un isolamento molto maggiore
rispetto a quelle in pietra o legno, ma erano anche molto più
sostenibili grazie all’uso di materiali naturali. Il
film mostra che l’Islanda abitata dai vichinghi era costituita
in gran parte da questo tipo di edifici, aggiungendo autenticità
all’ambientazione storica.
Sebbene The
Northman, come
The Witch e The
Lighthouse, contenga molti elementi fantastici, una delle
cose che si possono dire di Eggers è la sua devozione
all’accuratezza storica. Come per le ambientazioni d’epoca dei
precedenti film di Eggers, l’autenticità storica di The
Northman era chiaramente qualcosa che Robert Eggers e la
sua troupe hanno cercato di ottenere. Sebbene il film non sia
basato direttamente su una storia vera, molti elementi del folklore
nordico, dell’antica mitologia norrena, del periodo storico e dei
luoghi, consentono al film di essere ricco di legittimità
storica.
La giuria, uscito nel 2003 e diretto da
Gary Fleder, porta sullo schermo l’omonimo romanzo
di John Grisham, adattandolo con alcune differenze
significative rispetto al testo originale. Se nel libro l’oggetto
della causa è un processo contro un’industria produttrice di
sigarette, nel film la vicenda viene traslata all’interno di
un’aula di tribunale in cui si discute la responsabilità delle armi
da fuoco. Questa scelta aggiorna e rende più attuale il conflitto,
mantenendo però intatta la tensione narrativa tipica dei legal
thriller tratti dalle opere di Grisham.
Il
film appartiene dunque al genere del courtroom drama, arricchito da elementi di
thriller e da un ritmo che alterna le manovre legali alle
strategie di manipolazione della giuria. Attraverso la regia
serrata e le interpretazioni intense di attori come John Cusack, Rachel Weisz, Gene Hackman e Dustin Hoffman, la storia mette in scena non
solo lo scontro tra avvocati, ma anche un vero e proprio gioco di
potere che si gioca nell’ombra, lontano dalla trasparenza della
legge. Ne risulta un racconto in cui la giustizia diventa un
terreno ambiguo, condizionato da denaro, influenze politiche e
interessi personali.
Tra i temi principali
emergono dunque la corruzione del sistema giudiziario, la
manipolazione dell’opinione pubblica e la sottile linea che separa
etica e vendetta. La pellicola riflette sulle fragilità di un
sistema che dovrebbe garantire equità, ma che si rivela vulnerabile
alle pressioni esterne. Al tempo stesso, mette al centro la
capacità di ribaltare gli equilibri di potere attraverso
l’intelligenza, l’astuzia e la determinazione personale. Nel resto
dell’articolo si analizzerà il finale del film, spiegandone il
significato e mostrando come esso dia compimento a questi temi
complessi.
La trama di La
giuria
La vicenda ha inizio a New Orleans,
quando un impiegato appena licenziato entra nel suo vecchio ufficio
sparando ai presenti per poi suicidarsi. Due anni dopo questa
tragedia, la vedova di una delle vittime decide di intentare causa
contro la società produttrice dell’arma usata dall’assassino,
colpevole per aver venduto la pistola con troppa facilità. Il
processo che ne consegue vede in ballo milioni di dollari e a
sostenere la moglie della vittima c’è Wendell
Rohr, avvocato vecchio stampo, mentre Rankin
Fitch, noto consulente per la composizione delle giurie
nei processi e qui impegnato nella difesa della società, non si fa
scrupoli a corrompere o minacciare la giuria per vincere.
Tra i giurati viene scelto anche
Nicholas Easter, un commesso il quale esprime in
più occasioni la sua contrarietà a far parte di quella giuria, ma
costretto ugualmente dal giudice a parteciparvi. Ben presto, la sua
presenza si rivelerà per Fitch essere un notevole ostacolo e
l’avvocato si troverà a dover indagare su quel misterioso uomo che,
nonostante abbia fatto di tutto per farsi escludere dalla
commissione, sembra in realtà dirigere i giochi dall’interno. Più
il processo va avanti, più Easter, Fitch e Rohr si troveranno
strettamente legati in modi inaspettati, che svelerano i limiti del
sistema giudiziario.
La spiegazione del finale del
film
Nel
terzo atto de La giuria, la tensione raggiunge il
culmine quando Fitch, convinto di poter comprare il verdetto,
decide di pagare i 15 milioni richiesti da Marlee. Intanto, grazie
alle informazioni recuperate da Doyle, scopre troppo tardi che Nick
e Marlee hanno un legame diretto con Gardner, la cittadina che in
passato aveva perso una causa simile contro i produttori di armi.
La loro azione non è dunque una mera truffa, ma una vendetta
pianificata con cura e radicata in una ferita personale. Nonostante
il sospetto, Fitch procede con il pagamento, ignaro che i due
stanno per ribaltare la partita.
Durante le deliberazioni, Nick convince i giurati a rivedere le
prove con attenzione, ribaltando la retorica del giurato Herrera,
schierato con la difesa. L’atteggiamento aggressivo di quest’ultimo
finisce per isolare i sostenitori di Vicksburg Firearms, aprendo la
strada a un verdetto clamoroso: la compagnia viene ritenuta
colpevole e condannata a pagare 111 milioni di dollari a Celeste
Wood. Alla fine del processo, Nick e Marlee si presentano da Fitch
con la prova del pagamento, minacciando di renderla pubblica se non
si ritirerà. Fitch, ormai sconfitto, scopre di essere stato
manipolato non per profitto personale, ma per un senso di giustizia
che va oltre il denaro.
La
spiegazione di questo finale risiede nella rivelazione delle vere
motivazioni di Nick e Marlee. Lungi dall’essere due semplici
truffatori, i protagonisti incarnano la voce di chi non ha avuto
giustizia, trasformando la corruzione del sistema in un’arma contro
se stessa. Il loro piano non punta a sovvertire il processo per
fini economici, ma a ridare dignità a chi era stato tradito in
passato dalla complicità tra grandi aziende e consulenti senza
scrupoli come Fitch.
In
questo senso, il verdetto finale non rappresenta soltanto la
vittoria di Celeste Wood, ma anche il riscatto morale dei
protagonisti e della comunità di Gardner. La giuria, influenzata
dal lavoro di Nick, non vota in base al denaro o alle
manipolazioni, ma seguendo il cuore e il senso di responsabilità
verso le vittime. La conclusione porta così a compimento i temi
centrali del film: la fragilità del sistema giudiziario, la
corruzione del potere e la possibilità di ribaltare le ingiustizie
attraverso l’intelligenza e la determinazione.
In ultima analisi,
La giuria ci lascia un messaggio forte: anche in
un sistema profondamente corrotto, la giustizia può emergere se
qualcuno è disposto a rischiare tutto per ripristinarne il valore.
Il film invita a riflettere sulla manipolabilità della legge e
sull’importanza di non cedere al cinismo, mostrando che la speranza
di un verdetto giusto risiede nella coscienza e nell’onestà delle
persone comuni.
Altri approfondimenti su film tratti dalle opere di John
Grishan
Il
film Sei giorni sette notti (1998), diretto da
Ivan Reitman, si colloca in una fase della
carriera del regista in cui, dopo i grandi successi degli anni ’80
come Ghostbusters e
I gemelli, si dedica a
una
commedia romantica che unisce
avventura e
azione. Pur non raggiungendo la popolarità dei suoi lavori
precedenti, l’opera dimostra la versatilità di Reitman e la sua
capacità di muoversi tra generi diversi, cercando sempre di
intrecciare intrattenimento e leggerezza con un tocco di umorismo
riconoscibile.
Dal
punto di vista del genere, dunque, Sei giorni sette
notti è una commedia romantica che si fonde con il
film d’avventura: la sopravvivenza su un’isola sperduta e le
difficoltà logistiche si mescolano a dinamiche sentimentali e
scontri caratteriali tra i due protagonisti. Questa combinazione
richiama in parte il modello delle screwball comedy, dove l’attrito
iniziale tra i personaggi diventa il terreno fertile per la nascita
di un legame più profondo, in un contesto però reso più esotico e
spettacolare.
I temi centrali del film
spaziano dalla resilienza e capacità di adattamento fino
all’imprevedibilità dei sentimenti, che emergono anche nelle
situazioni più estreme. L’incontro-scontro tra i protagonisti
diventa metafora del confronto con sé stessi, della rottura delle
certezze e della possibilità di costruire un nuovo equilibrio. Nel
prosieguo dell’articolo, ci soffermeremo sul finale della storia,
analizzandone il significato e spiegando come chiuda il percorso
narrativo e tematico dei personaggi.
Harrison Ford e Anne Heche in Sei giorni sette
notti
La trama di Sei
giorni sette notti
La nevrotica Robin
Monroe (Anne Heche) lavora come
giornalista per la rivista di moda Dazzle. La donna è fidanzata
con Frank Martin (David
Schwimmer), il quale ha organizzato una vacanza speciale
sull’isola tropicale di Makatea per chiederla in sposa. I due sono
portati a destinazione dal pilota Quinn
Harris (Harrison
Ford), il quale vive serenamente assieme alla sua
ragazza, la
procace Angelica (Jacqueline
Obradors). Il giorno dopo l’arrivo nell’arcipelago, Robin
riceve una chiamata dal suo capo: deve recarsi a Tahiti per un
servizio su un evento di moda.
Mentre Frank preferisce restare
sull’isola e aspettare il ritorno della fidanzata, la reporter
chiede a Quinn di accompagnarla col suo sgangherato aereo. Per loro
sfortuna durante il volo incappano in una violenta tormenta, che li
fa precipitare su un’isola deserta. Sprovvisti di una radio per
contattare i soccorsi e senza cibo, i due iniziano a litigare e a
punzecchiarsi, rivelando un’antipatia reciproca. Mentre cercano di
escogitare dei modi per sopravvivere sull’isola e per essere
ritrovati, i due iniziano però a conoscersi meglio, dovendo anche
fare affidamento l’uno sull’altro di fronte ai pericoli che li
attendono.
La spiegazione del finale del film
Nel
terzo atto di Sei giorni
sette notti Quinn e Robin, dopo aver riparato alla
meglio l’aereo incidentato, cercano di lasciare l’isola. Il piano
di fuga, però, viene interrotto dal ritorno dei pirati, che li
attaccano e feriscono Quinn. Nonostante il pericolo e l’emergenza,
i due riescono a decollare, e Robin, guidata dalle istruzioni del
pilota ormai privo di forze, riesce a portare l’aereo fino a
Makatea. L’atterraggio è rovinoso, ma avviene proprio davanti alla
comunità che li credeva morti, trasformando il loro ritorno in un
inatteso trionfo.
Dopo il salvataggio, la trama si concentra sul nodo sentimentale.
Robin visita Quinn in ospedale e confessa di provare qualcosa per
lui, ma Quinn respinge l’idea, convinto che le loro vite siano
troppo diverse. Nel frattempo, Frank ammette a Robin di averla
tradita con Angelica, e i due comprendono di non essere realmente
innamorati. La rottura è inevitabile e Robin restituisce l’anello
di fidanzamento. Quinn, sopraffatto dal rimorso di averla lasciata
andare, corre all’aeroporto per fermarla, ma crede di essere
arrivato troppo tardi. In realtà Robin è scesa dall’aereo e lo
incontra proprio lì, dove i due finalmente si dichiarano e si
riuniscono.
Anne Heche e Harrison Ford in Sei giorni sette notti
Il
finale porta a compimento i temi principali del film, mostrando
come la sopravvivenza e le difficoltà vissute abbiano fatto
emergere la verità sui rapporti sentimentali. Il legame tra Robin e
Quinn, nato da uno scontro iniziale e maturato nelle avversità, si
rivela più autentico della relazione comoda e rassicurante che
Robin aveva con Frank. La decisione di rompere con il fidanzato e
scegliere Quinn diventa quindi una presa di coscienza, frutto
dell’esperienza estrema che li ha messi alla prova.
Il
rifiuto iniziale di Quinn, seguito dal suo ripensamento, riflette
un altro tema centrale: la paura di cambiare vita e di abbracciare
l’imprevedibilità dell’amore. Il suo ritorno all’aeroporto segna la
rottura definitiva con il cinismo e l’ironia che lo hanno sempre
protetto, aprendo alla possibilità di una relazione sincera e
coinvolgente. Il film chiude così il cerchio: due personaggi
apparentemente incompatibili trovano proprio nelle difficoltà la
chiave per riconoscersi e scegliere un futuro comune.
In ultima analisi,
Sei giorni sette notti ci lascia il messaggio che
l’amore autentico nasce spesso fuori dai confini della quotidianità
e delle certezze, e che solo mettendosi alla prova si può capire
chi si è davvero e cosa si desidera. Attraverso la commistione di
avventura e commedia romantica, il film suggerisce che il destino
non è scritto ma va affrontato con coraggio, accettando il rischio
che comporta l’aprirsi a nuove possibilità.
Quello di Conan è
stato il primo grande personaggio a conferire popolarità
internazionale all’attore Arnold
Schwarzenegger. Questo è il protagonista di Conan
il barbaro, film di genere fantastico a lungo atteso dai fan e
che si concretizzò a seguito del successo di Guerre
Stellari, opera che dimostro l’esistenza di un forte interesse
verso racconti di questo genere, con ambientazioni fantastiche e
personaggi eroici. Conan il barbaro offre proprio tutto
ciò e cogliendo in pieno lo spirito del suo tempo si affermò poi
come un grande successo di critica e pubblico.
Il film fu dunque diretto nel 1982
da JohnMilius (regista
anche di Un mercoledì da leoni) e da quest’ultimo scritto
insieme ad Oliver Stone, che nel 1979 era divenuto
celebre per aver sceneggiato il film Fuga di mezzanotte,
con cui vinse il suo primo Oscar. Realizzare Conan il
barbaro fu però tutt’altro che semplice, sia per via di
problemi legati all’acquisto delle licenze, sia per via di alcune
modifiche da apportare ai personaggi. Conan, infatti, è basato su
di un omonimo personaggio dei fumetti, il quale però presenta
alcune differenze rispetto al Conan poi portato sul grande
schermo.
Il risultato fu però particolarmente
apprezzato, con particolari lodi per le ambientazioni, gli effetti
speciali e le interpretazioni dei protagonisti. Ancora oggi
Conan il barbaro è un classico, nonché trai più celebri
film di genere fantastico degli anni Ottanta. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e al suo sequel.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di Conan il
barbaro: i fumetti e i libri da cui è tratto il film
Ambientato nella fantomatica Era
Hyboriana, la storia racconta di Conan, figlio di
un fabbro di una tribù del nord Europa, dove si tramanda l’arte
della lavorazione dell’acciaio per forgiare spade invincibili. La
vita di Conan viene stravolta quando un gruppo di predoni, con a
capo lo spietato Doom, distrugge il suo villaggio
e stermina tutti gli abitanti. Da loro rapito, Conan viene usato
come schiavo e costretto ai lavori forzati, sviluppando una forza
sovrumana. Crescendo, egli diventa dunque un guerriero formidabile,
chiamato a compiere gesta impossibili e covando un forte desiderio
di vendetta verso gli assassini dei suoi genitori e del suo
popolo.
Come anticipato, il personaggio di
Conan presente nel film è ispirato a quello omonimo ideato da
Robert Ervin Howard nel 1932 sulle pagine di
Weird Tales, come anche ai romanzi scritti da L.
Sprague de Camp e Lin Carter. Proprio
questi ultimi hanno consolidato nell’immaginario colletivo
l’immagine di Conan come un barbaro virile, armato di ascia e
sempre pronto a spaccare le teste dei suoi nemici. La versione
cinematografica del personaggio si discosta però molto dal Conan
letterario, il quale appare più selvaggio e forte, mentre quello
del film risulta più umano e, per certi aspetti, vittima degli
eventi.
Conan il barbaro: il cast del film
La scelta di Arnold
Schwarzenegger come protagonista nel ruolo di Conan fu
frutto della visione del film del 1977 Uomo d’acciaio da
parte dei produttori. Colpiti dal muscoloso corpo del bodybuilder
austriaco, questi decisero di offrirgli la parte, che
Schwarzenegger accettò subito, capendo che sarebbe stata una grande
occasione per farsi un nome nell’industria dell’intrattenimento.
Per interpretare Conan, egli si sottopose ad un duro regime di
allenamenti, che lo portarono a perdere peso e a definire meglio la
propria massa muscolare. Schwarzenegger ebbe poi modo di imparare
ad andare a cavallo, a scalare con la fune e a maneggiare la spada,
oggetto che conserva ancora oggi con sé.
Accanto a lui, Sandahl
Bergman interpreta invece il ruolo di Valeria, principale
personaggio femminile, la quale si afferma come un’Amazzone feroce
ma civilizzata. Per tale ruolo, l’attrice fu poi premiata con il
Golden Globe per la migliore attrice debuttante. James Earl
Jones, noto per essere stato la voce di Dart Fener e
quella di Mufasa, interpreta invece il villain Thulsa Doom, mentre
il celebre attore svedese Max von Sydow ricopre il
ruolo di Re Osric. I due furono scelti per la loro esperienza in
ambito recitativo, conferendo dunque più prestigio al progetto.
Completano il cast gli attori Ben Davidson nel
ruolo di Rexor e Gerry Lopez in quelli di
Subotai.
Il sequel e il remake di Conan il barbaro
Dato il successo del film, nel 1983
è stato realizzato Conan ildistruttore, un sequel stand-alone, ovvero a
sé stante, indipendente dunque da quanto avviene a livello
narrativo nel precedente. Cambia infatti del tutto il cast, fatta
eccezione per Schwarzenegger, che riprende il ruolo di Conan. Dopo
questo secondo film, c’era l’intenzione di realizzare un terzo
capitolo intitolato Conan il conquistatore. La popolarità
di Schwarzenegger e i molti progetti in cui era ormai coinvolto
resero però impossibile realizzare il film, che venne dunque
accantonato. Nel 2011, tuttavia, è stato realizzato un remake dal
titolo Conan the Barbarian,
dove ad interpretare il protagonista è l’attore Jason
Momoa.
Dove vedere Conan il barbaro
È possibile fruire di
Conan il barbaro grazie alla sua presenza
su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di
Disney+ e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video.
Rilasciati oggi il trailer ufficiale
e la key art di IT:
Welcome to Derry, l’attesissima serie drammatica
targata HBO e Sky Exclusive, prodotta da Warner Bros. Television e
ispirata a IT, il celebre romanzo del 1986 di Stephen King, maestro indiscusso dell’horror
contemporaneo. La serie in otto episodi, uno a settimana, debutterà
il 27 ottobre, in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.
IT: Welcome to Derry è stata
sviluppata per la televisione dai registi Andy Muschietti e Barbara
Muschietti (“IT“,
“IT –
Capitolo Due“, “The
Flash”) e Jason Fuchs (“IT – Capitolo Due”, “Wonder Woman”,
“Argylle”). Andy Muschietti dirige diversi episodi della serie.
Ambientato nell’universo di “IT” di
Stephen King, IT: WELCOME TO DERRY è basato sul romanzo “IT” di
King ed espande la visione stabilita dal regista Andy Muschietti
nei lungometraggi “IT” e “IT – Capitolo Due”, due grandi
successi che hanno conquistato pubblico e critica con una storia
indimenticabile di paura, amicizia e coraggio.
Del cast della serie fanno parte
Taylour Paige, Jovan Adepo, Chris Chalk, James Remar,
Stephen Rider, Madeleine Stowe, Rudy Mancuso,
Bill Skarsgård.
La serie, prodotta da HBO e Warner
Bros. Television, è stata sviluppata per la televisione da Andy
Muschietti, Barbara Muschietti e Jason Fuchs. Andy Muschietti e
Barbara Muschietti (qui con la loro casa di produzione Double
Dream), Jason Fuchs, Brad Caleb Kane, David Coatsworth, Bill Skarsgård, Shelley Meals, Roy Lee e Dan
Lin sono i produttori esecutivi. Fuchs, che ha anche scritto la
sceneggiatura del primo episodio, e Kane sono gli showrunner del
progetto.
IT: Welcome to Derry dal 27 ottobre in
esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.
La sinossi ufficiale del film
recita: “Un solitario Frankenstein si reca nella Chicago degli
anni ’30 per chiedere aiuto al Dr. Euphronius per crearsi una
compagna. I due rinvigoriscono una giovane donna assassinata e
nasce la Sposa. Lei è al di là di ciò che entrambi avevano
previsto, innescando una storia d’amore infiammabile, attirando
l’attenzione della polizia e un movimento sociale selvaggio e
radicale”.
Ispirato a “La moglie di
Frankenstein” di James Whale e al romanzo
Frankenstein di Mary Shelley del 1818,
The Bride vede Buckley nel ruolo del protagonista,
mentre Bale interpreta il mostro di Frankenstein. Il cast include
anche Penélope Cruz nel ruolo di Myrna,
Annette Bening, Peter Sarsgaard,
Julianne Hough e
Jake Gyllenhaal.
Nell’aprile 2024, Maggie
Gyllenhaal ha pubblicato delle foto in anteprima, tra cui
uno screen test del make up di Bale. La troupe del film include il
direttore della fotografia di “Joker” Lawrence
Sher, la costumista di “Cenerentola” Sandy
Powell e la scenografa di “Elvis” Karen
Murphy. The Bride è il secondo lavoro da
regista di Gyllenhaal, dopo La figlia perduta del
2021, che ha ottenuto tre nomination agli Oscar e ha visto
protagonisti anche Buckley e Sarsgaard.
The Bride di
Gyllenhaal è uno dei numerosi film di Frankenstein
in arrivo, tra questi annoveriamo una versione Netflix diretta da Guillermo del
Toro con protagonista Jacob Elordi, nei panni del mostro
rianimato. Il film di Del Toro vede anche la partecipazione di
Oscar Isaac, Mia
Goth, Lars Mikkelsen, David Bradley, Christian Convery, Charles
Dance e Christoph Waltz.
La Warner Bros. distribuirà
La Sposa!
(The Bride) nei cinema e in Imax il
26 settembre, negli USA. In Italia il film arriverà il 5 marzo 2026
con il titolo La sposa.
Fox ha ufficialmente ordinato un
reboot di Baywatch, la leggendaria serie sui
bagnini, che andrà in onda durante la stagione televisiva
2026-2027.
Fox Entertainment e Fremantle
coprodurranno il reboot, che sarà composto da 12 episodi.
Matt Nix sarà showrunner e produttore esecutivo,
con Michael Berk, Greg Bonann, Dante Di Loreto e
Doug Schwartz come produttori esecutivi. Berk,
Bonnan e Schwartz sono stati i creatori della serie originale.
“Nella sua prima messa in onda,
‘Baywatch’ ha definito un’intera era della vita da spiaggia e ha
elevato i bagnini a uno status iconico. Ora, con i nostri partner
di Fremantle, questo colosso televisivo è pronto per un ritorno
moderno”, ha dichiarato Michael Thorn, Presidente di Fox
Television Network. “Insieme, Fox e Fremantle, insieme a Matt
Nix e al co-creatore originale Greg Bonann, porteranno il sogno
californiano a una nuova generazione di fan con storie inedite,
stelle nascenti e tutto lo spettacolo che rende il franchise di
“Baywatch” un successo globale.”
Fremantle ha iniziato a valutare
l’idea di un reboot della serie e dei suoi iconici costumi da bagno
rossi già nel 2018, con la Fox che si unirà al progetto nel 2024
con una sceneggiatura e un impegno per le penali. Al momento della
pubblicazione di questo articolo, non è stato ancora annunciato
alcun membro del cast per il reboot.
Baywatch ha
debuttato originariamente nel 1989 sulla NBC. È andato in onda per
una stagione su quella rete prima di passare alla syndication per
il resto delle sue 11 stagioni, durante le quali ha trasmesso quasi
250 episodi. È stato rinominato “Baywatch: Hawaii” per le sue
ultime due stagioni, poiché la produzione si è trasferita nello
stato insulare dalla California. Un film TV di reunion è andato in
onda su Fox nel 2003.
Al suo apice,
Baywatch è stata la serie più vista al mondo,
trasmessa in oltre 200 paesi. Il cast includeva David
Hasselhoff nel ruolo del capo bagnino Mitch Buchannon e ha
contribuito a lanciare la carriera di attori di star come
Pamela Anderson, Jason Momoa, Yasmine
Bleeth e Carmen Electra. La serie ha
anche dato vita allo spin-off di breve durata Baywatch
Nights, ed è stata riproposta come film con Dwayne
“The Rock” Johnson e Zac Efron nel
2017.
A prescindere dallo spettacolo vibrante, dalla tensione altissima,
dalla messa in scena precisa, quello che realmente rimane impresso
alla fine delle quindici puntate di questo medical procedural drama
è la sensazione che il mondo ti sia passato davanti in poche
ore.
The Pitt racconta
il mondo in poche ore
La forza primaria della serie creata e condotta da R. Scott
Gemmill sta nel riuscire a raccontare i maggiori problemi
del nostro presente inserendoli in questo microcosmo che si fa
puntata dopo puntata universo compiuto. Ma The Pitt non punta il dito dall’alto, non
adopera la retorica del pulito per dirci chi siamo e cosa non sta
funzionando nel nostro presente. Al contrario racconta i problemi e
le contraddizioni che oggi viviamo dal punto di vista dell’uomo
comune, facendole vivere sulla pelle del medico che lavora nel
pronto soccorso, dell’infermiera che deve accudire ogni tipo di
paziente, del paziente stesso che nel momento del bisogno espone i
suoi lati più fragili oppure oscuri. Insomma, quello di
The
Pitt è un universo circoscritto che riesce a farsi
metafora completa e verissima del nostro presente, mostrandolo in
tutta la sua umanità lacerata.
The Pitt – Cortesia Sky
Un normale giorno dentro
l’ER di un ospedale di Pittsburgh, dove ogni giorno non può mai
essere normale. Lo sa bene il responsabile del reparto Michael
“Robby” Robinavitch (Noah Wyle), il quale si reca
a lavoro nonostante sia l’anniversario della morte del suo amico e
mentore, il quale non è sopravvissuto alla pandemia ed è deceduto
proprio in una delle stanze del reparto. Un ricordo doloroso, che
ancora perseguita la mente di Robby. Ma altro non si può fare che
andare avanti, tentare di salvare altre vite, aiutando il nuovo
gruppo di interni al loro primo giorno nel reparto a gestire una
pressione fisica, emotiva e psicologica che lui stesso non sempre
riesce a sopportare…
Una visione da binge
Provate a vederlo in
binge-watching The Pitt. Non soltanto perché la
struttura narrativa lo vorrebbe, in quanto ogni episodio mette in
scena un’ora della vita (della morte) che scorre nel reparto.
Dovreste farlo soprattutto perché le ultime cinque, sei puntate
rappresentano un crescendo che raramente si è visto (esperito,
“vissuto”) con tale potenza da molto tempo a questa parte in uno
show televisivo.
Per quanto riguarda il
cast, tutto ovviamente gira intorno a Noah Wyle,
che offre una prestazione talmente sfaccettata e allo stesso tempo
carismatica da commuovere. Bisogna dire che l’attore è supportato
da un personaggio scritto magnificamente, il quale sa quando
parlare ma soprattutto quando tacere. Un uomo che tenta di
insegnare agli altri quello che lui stesso in fondo non riesce a
far proprio; vuole nascondere il suo trauma quando invita i giovani
colleghi ad aprirsi di fronte al dolore che il lavoro nonostante
tutto causa; non riesce a trattenere le lacrime ma non molla un
paziente, anche quando magari lo meriterebbero.
Un eroe del nostro tempo
Insomma Robinavitch è un
vero eroe proprio perché umanissimo, perfettibile e tutt’altro che
infallibile. E per questo rappresenta al meglio chi siamo oggi,
cosa possiamo essere al netto dei nostri limiti. Accanto a Wyle un
cast che nella sua quasi totale interezza si affaccia a un
produzione di rilievo, e che merita di essere accomunato in un
solenne applauso. Certo, qualche storia poteva essere chiusa in
maniera leggermente meno convenzionale, ma questo nulla toglie al
risultato finale.
The Pitt – Cortesia Sky
Scritto, diretto e
interpretato con una lucidità e una coerenza di intenti da fare
invidia alla stragrande maggioranza dei prodotti seriali
contemporanei, The Pitt è senza mezzi termini una delle serie da
non perdere nel 2025. Un tour de force psicologico e soprattutto
emotivo architettato per arrivare al cuore dello spettatore senza
adoperare alcuna scorciatoia. Lo show che vede creator R. Scott
Gemmill vuole intrattenere riflettendo con pienezza e verità sul
nostro presente, sui suoi dilemmi, i suoi dibattiti, le sue
battaglie ideologiche e purtroppo anche i suoi orrori. The Pitt lo
fa senza sotterfugi, senza addolcire la pillola ma senza neppure
renderla inutilmente sensazionalistica con momenti troppo crudi.
Insomma, una serie che possiede un equilibrio interno di fattura
elevatissima. Inutile consigliarla: va vista e basta.