I vantaggi del
tradimento è una nuova pellicola brasiliana disponibile su
Netflix,
classificata come thriller, ma maggiormente assimilabile come
erotico o sentimentale. Il film, diretto da Diego
Freitas, è tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice
Sue Hecker. Il cast è formato principalmente da figure esordienti
ed emergenti del panorama cinematografico: tra gli attori più
conosciuti presenti ne I vantaggi del tradimento
ricordiamo Leandro Lima (City of God), il
quale interpreta il giudice Marco, mentre Giovanna
Lacellotti è nel ruolo della protagonista Barbara. Altre
figure importanti sono Thiago, interpretato da Bruno
Montaleone, e Caio, interpretato da Micael
Borges.
I vantaggi del tradimento: dalla
rottura alla rinascita
Barbara “Babi” è sul punto di
sposarsi con Caio, giovane imprenditore con un importante giro di
affari e cliente dell’ufficio di commercialisti di Babi. La
relazione dei due sembra essere perfetta, fin quando, durante
l’addio al nubilato, un ammiratore segreto regala a Babi delle foto
che attestano i tradimenti del suo promesso sposo. A questo punto
la ragazza, ferita ed arrabbiata, prende dall’ufficio di Caio il
computer, per cercare delle ulteriori prove della sua infedeltà.
Nel frattempo, Babi rientra in contatto con un giudice, Marco, che
aveva conosciuto durante un’udienza in cui era coinvolto il l’ex
fidanzato; tra i due scatta un legame fin dal primo sguardo. I due
iniziano a frequentarsi, pur non volendosi legare in maniera
seria.
Ciononostante, qualcosa, o qualcuno,
sembra opporsi alla loro relazione. Una volta sbloccato il computer
di Caio, però, Babi scoprirà la verità su tutto, mettendosi in
grave pericolo.
Un thriller totalmente mancato
Come è già stato accennato sopra,
I vantaggi del tradimento, viene classificato
erroneamente come un thriller. Una pellicola appartenente a questo
particolare genere dovrebbe avere il potere di suscitare un certo
senso di suspense nel pubblico e, allo stesso tempo, di coinvolgere
lo spettatore in una serie di vicende legate a degli assassini o
comunque d’azione. Tutti questi elementi tendono a mancare in gran
parte della pellicola, non definibile, dunque, come thriller.
I vantaggi del
tradimento può essere più facilmente riconosciuto come un
film sentimentale o più propriamente erotico. Nello svolgersi delle
vicende risulta chiara la preponderanza di scene di sesso piuttosto
che d’azione: tutta la prima parte del film si incentra
semplicemente sulla vita sessuale della protagonista.
Una delle tematiche trattate dal
film riguarda proprio la libertà sessuale: questa viene
impersonificata da Patty, amica di Babi, ma anche da Babi stessa.
Se all’inizio della pellicola la ragazza risulta essere
insoddisfatta della propria vita sessuale, una volta interrotta la
relazione con Caio, Babi libera la sua parte più spontanea, vivendo
anche meglio i propri desideri, in maniera più sicura. Si potrebbe
affermare che la protagonista viva dei cambiamenti anche riguardo
altri aspetti: Babi rivalorizza la sua passione per le moto, si
tinge i capelli e sembra essere più forte e determinata.
La presenza di tante scene “a luci
rosse”, riporta alla memoria alcune pellicole più o meno conosciute
e molto discusse negli ultimi anni, probabilmente proprio per
l’evidenza con cui il sesso è mostrato allo spettatore: si pensi
alla trilogia di
50 sfumature o
365 giorni. Si tratta di film molto visti soprattutto dai
giovani, e particolarmente espliciti. Talvolta la presenza di tali
scene potrebbe essere usata anche come una forma di denuncia
sociale contro il taboo della nudità: i vantaggi del tradimento non
sembrano essere un esempio di ciò. Qui le scene di sesso non
sembrano avere uno scopo ben preciso, arrivano semplicemente a far
sentire a disagio lo spettatore. Si tratta di momenti, talvolta
presentati in slow motion, con un sottofondo musicale sensuale che
risultano essere troppo esagerati.
Binomio attori/ personaggi
I personaggi di I vantaggi
del tradimento, non sono granché sviluppati: l’unico di
cui viene scavata la personalità più nel profondo è il giudice
Marco. Ad ogni modo, i vari personaggi del film mancano anche di
un’interpretazione adeguata che li valorizzi. Per quanto si tratti
di una delle prime esperienze nel mondo della recitazione per molti
membri del cast, si richiederebbe comunque una professionalità e
veridicità di performance degna del grande schermo e di Netflix. L’unico attore che dà prova della
propria bravura è Bruno Montaleone, nella sua interpretazione di
Thiago: il personaggio, infatti, vive un certo cambiamento durante
il film e questo viene rappresentato abbastanza bene
dall’attore.
Stando ad un rapporto diffuso da
Variety, presso i Marvel Studios si starebbe prendendo in
considerazione un nuovo film sugli Avengers incentrato però sui
sei membri originali del team.
Attualmente, come noto, ci sono due film sugli Avengers in
uscita nella Fase 6, Avengers: The Kang
Dynasty e Avengers: Secret
Wars. Quei film dovrebbero presentare una nuova
versione della famosa squadra, poiché dopo quattro film sugli
Avengers, metà dei membri della squadra originale hanno ufficialmente lasciato l’MCU.
Secondo il rapporto, tuttavia, si parla di un nuovo film con il
cast originale dei Vendicatori, come possibile risposta ai recenti
problemi del MCU, sorti a partire dalla Fase 4.
Il nuovo film dei Vendicatori
riunirebbe dunque Capitan America, Iron
Man, Vedova nera (ovvero i tre non più
facenti parte dell’MCU) con Thor,
Hulk, e Occhio di Falco (i tre
ancora in circolazione). Ciò comporterebbe però che i personaggi di
Robert Downey Jr. e Scarlett Johansson, deceduti nel
corso diAvengers:
Endgame, verrebbero resuscitati per questo
ipotetico nuovo film. Ad ora però si tratterebbe di una possibilità
non ancora seriamente esplorata, che presenta già solo come idea
non poche criticità. La prima di queste è il modo in cui si
potrebbe giustificare un simile ritorno. Un altro dei fattori che
impedirebbero al film di diventare realtà è quanto ci vorrebbe per
riavere il cast originale dei Vendicatori.
Come vuole la regola per i film del
MCU, gli stipendi degli attori
tendono ad aumentare con ogni film, il che potrebbe far sì che il
costo del solo cast originale superi la soglia dei 200 milioni di
dollari per il possibile nuovo film degli Avengers. Questo è un
prezzo elevato da pagare, poiché i costi aggiuntivi di marketing,
VFX, nuove riprese e altro renderebbero il possibile ritorno dei
Vendicatori originali uno dei film più costosi di sempre. Con la
Fase 4 che è stata pesantemente criticata, è comprensibile che la
Marvel voglia guardare indietro a
ciò che ha funzionato per l’MCU, decidendo di proporre il
ritorno dei Vendicatori originali, ma si tratta di un’operazione
tutt’altro che priva di rischi.
Il regista Joe Carnahan si è
distinto negli anni grazie ad alcuni film d’azione di buon successo
come Smokin’ Acces, A-Team e The Grey. Un progetto
che cercava però di realizzare da anni era Boss Level –
Quello che non ti uccide, originariamente intitolato
Continue, che ha infine visto la luce nel 2021. Si tratta
di un nuovo thriller d’azione che presenta però dinamiche proprie
dei videogiochi, a cui si ispira in modo esplicito. Il racconto è
infatti fortemente basato sulle regole dei videogame, tra
ripetizione delle azioni, presenza di livelli e ricompense che
conferiscono valore ad una narrazione altrimenti canonica.
Negli ultimi anni, infatti, se non
ha attinto esplicitamente dall’ampio bacino di storie offerte dal
settore dei videogame, il cinema ha ad ogni modo acquisito molte
delle canoniche logiche di gameplay, riadattandole e coniugandole
con i propri canoni. Boss Level – Quello che non ti
uccide è dunque entrato a far parte di un gruppo di film di
cui fanno parte anche Edge of Tomorrow – Senza
domani (2014), Source Code (2011) e
Auguri per la tua morte
(2017), che oltre che ai videogiochi devono però la premessa anche
al cult Ricomincio da capo (1993).
Per gli appassionati del genere,
Boss Level – Quello che non ti uccide è dunque un film da
non perdere, che pur se passato in sordina gode di ottime
recensioni di critica e di pubblico. Un titolo dunque ideale per
godersi un po’ di sano intrattenimento confrontandosi con dinamiche
e colpi di scena non scontati. Prima di intraprendere una visione
del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama di Boss Level – Quello che non ti uccide
Protagonista del film è Roy
Pulver, un veterano delle forze speciali che, al suo
ritorno in patria, viene ucciso da alcuni sicari. Dato che l’evento
si ripete anche nei giorni successivi, Roy inizia però a rendersi
conto di essere finito in un vero e proprio anello temporale, e che
gli eventi a lui capitati sono dovuti a un oscuro esperimento
governativo, dietro al quale si cela la mano del colonnello
Clive Ventor. Roy, che desidera solo poter tornare
insieme alla moglie Jemma, si troverà allora a
dover cercare di eliminare a uno a uno i propri nemici, per poter
giungere – proprio come in un videogioco – al Boss Level, ossia
allo scontro finale con Ventor, sconfiggendo il quale potrà
riportare la sua intera esistenza alla normalità.
Alcune curiosità sul cast di attori
di Boss Level – Quello che non ti uccide
Ad interpretare Roy Pulver vi è
l’attore Frank Grillo.
Joe Carnahan ha raccontato di aver riscritto la sceneggiatura
appositamente per lui, con il quale aveva già lavorato
per The Grey, volendolo a tutti i costi come
protagonista. Ad interpretare sua moglie Jemma vi è la candidata
all’Oscar Naomi Watts,
mentre il vero figlio di Frank Grillo, Rio Grillo,
interpreta il figlio Joe nel film. Recitano in Boss Level –
Quello che non ti uccide anche Annabelle
Wallisnei panni di Alice, Ken
Jeong – attore noto per la trilogia di Una notte
da leoni, nel ruolo di Jake, e Will
Sasso in quello di Brett. Vi è poi Selina
Lo nel ruolo di Guan Yin e Meadow
Williams in quello di Pam.
Di particolare importanza è invece
la presenza di Michelle Yeoh,
recentemente premiata agli Oscar come Miglior attrice
per Everything Everywhere All at Once, qui presente
nel ruolo di Dai Feng. Ad interpretare il villain, Clive Ventor, vi
è invece il premio Oscar Mel Gibson.
Come riportato, durante una scena d’azione, Gibson colpì
accidentalmente Frank Grillo in faccia, lussandogli la mascella.
Grillo non ha però lasciato che gli altri notassero tale
infortunio, perché non voleva rallentare il processo di
realizzazione del film. Solo 8 ore dopo, a riprese terminate, un
medico è intervenuto per risistemargli la mascella.
Il trailer di Boss Level –
Quello che non ti uccide e dove vedere il film in streaming e
in TV
È possibile fruire di
Boss Level – Quello che non ti uccide
grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei
cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple TV e
Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 1 novembre alle ore
21:00 sul canale 20 Mediaset.
Adattameto dell’omonimo
romanzo di successo di Anthony Doerr, vincitore
del Premio Pulitzer, la
miniserieTutta la luce che non vediamo è diretta da
Shawn Levy e scritta da Steven
Knight, per Netflix
e ci trasporta nella Francia occupata durante la Seconda Guerra
Mondiale, offrendoci una storia che dimostra quanto il rimanere
essere umani, anche nei momenti più oscuri, sia l’unica salvezza
per l’uomo.
Tutta la luce che non
vediamo, la trama
La storia è ambientata
nel cuore della guerra, nell’occupata Saint-Malo, ma il suo fulcro
è la storia di Marie-Laure, una giovane francese cieca, e suo padre
Daniel LeBlanc, che fuggono da Parigi con un diamante leggendario
per impedire che finisca nelle mani dei nazisti. Questo è solo
l’inizio di una vicenda che si sviluppa nello stesso luogo ma a
cavallo di epoche e ricordi, seguendo punti di vista differenti,
che dovrebbero essere di nemici. La fuga di Marie e di suo padre è
segnata dall’inseguimento costante di un crudele ufficiale della
Gestapo, Von Rumpel, che vuole impossessarsi della pietra preziosa
per scopi personali. Questo conflitto è il motore principale
dell’azione che però vede in altri aspetti la sua luce
migliore.
Il cuore pulsante della
storia è diviso a metà, tra la giovane Marie, che nonostante la
cecità ha una volontà di ferro e un cuore puro, e Werner Pfennig,
un giovane tedesco arruolato per rintracciare trasmissioni
illegali, un vero e proprio genio della radio, che però cerca in
tutti i modi di rimanere umano, se stesso, in un contesto che come
unico scopo aveva quello di svuotare l’animo dei propri adepti. La
loro connessione inaspettata è l’elemento chiave dell’intreccio, e
porta alla luce il tema centrale della narrazione: la forza dei
legami umani, la potenza della condivisione e la ricerca costante
del bello nel mondo. Le interpretazioni delle giovani attrici
Aria Mia Loberti e Nell Sutton sono effettivamente
molto intense e pure, e danno spessore a un personaggio che,
nonostante sulla carta debba essere l’eroina della storia, non
sembra poi tanto ben strutturata in fase di scrittura.
La recensione della
miniserie diretta da Shawn Levy
Il cast di attori
stellari aggiunge ricchezza alla serie. Mark Ruffalo interpreta Daniel LeBlanc,
catturando perfettamente l’amore e la determinazione di un padre
disposto a tutto per proteggere la figlia. Hugh Laurie, nel ruolo di zio Etienne, porta
un tocco di mistero e saggezza alla narrazione, mentre Louis
Hofmann nel ruolo di Werner Pfennig offre una performance
eccezionale, nonostante, anche qui, la debolezza della
scrittura.
La
miniserie è stata girata in tre spettacolari location, da
Budapest a Saint-Malo a Villefranche-de-Rouergue. Le riprese dal
vero effettivamente contribuiscono a una messa ius cena molto ricca
e curata e aggiungono verosimiglianza a una storia che, così come è
stata adattata, appare piuttosto esile e pretestuosa.
Un aspetto notevole della
serie è quella capacità di catturare il pubblico promettendo
continuamente lo svelamento di un segreto, una tensione sottesa che
però non arriva mai alla risoluzione finale e che è sapientemente
costruita anche nella divisione in episodi, che finiscono tutti con
un cliffhanger, spingendo a proseguire e guardare le circa quattro
ore in un solo sorso.
Tutta la luce che
non vediamo è un adattamento televisivo che sembra
timoroso di affondare dentro la storia, limitandosi a raccontare
degli avvenimenti che, si intuisce, dovrebbero avere una grande
profondità, ma che non riescono a raggiungere il cuore della
narrazione. La ricerca della bellezza nel cuore della guerra, la
speranza nella luce e nella salvezza nel momento più buio per
l’umanità, i sentimenti più nobili che i due giovani protagonisti
dovrebbero professare e rappresentare rimangono soltanto buone
intenzioni in una messa in scena curata ma dal cuore freddo e
superficiale.
Pain Hustlers – Il business del
dolore è
basato su una storia vera, anche se il nuovo film di Emily Blunt e Chris Evans ha apportato diverse modifiche
importanti alla storia della crisi degli oppioidi. Diretto da
David Yates, il film – disponibile su Netflix – segue Liza, una madre single e sfortunata
che viene coinvolta in una squallida cospirazione di racket che
minaccia di stravolgere la sua intera vita. Il film è stato
ispirato da un articolo del New York Times del 2018 di Evan Hughes
intitolato “The Pain Hustlers”, poi trasformato in un libro
intitolato “The Hard Sell: Crime and Punishment at an Opioid
Start-Up”. Nonostante il fatto che Pain Hustlers di Netflix condivida il nome dell’articolo a cui
si ispira, il film contiene molte differenze critiche rispetto alla
storia vera.
Pain Hustlers – Il business del
dolore si ispira allo scandalo Insys
Il film si ispira allo scandalo
Insys e alla scrittura di Evan Hughes, ma non è un adattamento
diretto o un racconto della storia. Sebbene il film segua le azioni
di un’azienda farmaceutica irresponsabile che convince i medici a
prescrivere un farmaco potenzialmente pericoloso, i dettagli del
film sono molto diversi dagli eventi reali. Inoltre, Pain Hustlers
ha una trama principale molto diversa da quella di cui Hughes ha
scritto per il New York Times nel 2018.
I personaggi del film non sono
basati su persone reali
Il primo indizio del fatto che Pain
Hustlers non è una rigorosa ricostruzione della storia di Insys è
il cast che non è esattamente basato su persone reali. Ad esempio,
il personaggio principale del film, Liza Drake, è un personaggio
composito, formato da diverse prospettive all’interno dello
scandalo Insys. Liza, in particolare, è stata probabilmente
ispirata da una frase del rapporto Hughes, che affermava che i
lavoratori della Insys avevano assunto “un’ex ballerina esotica”.
Altri personaggi, come il Jack Neel di Andy Garcia, presentano
somiglianze con persone reali, in particolare con John Kapoor della
Insys, ma per la maggior parte i personaggi sono completamente
inventati.
Il film è ambientato in
Florida
Lo scandalo reale avvolge tutti gli
Stati Uniti, lo schema della truffa si è svolto in realtà in tutto
il paese e quindi è stato molto più grande di quello che viene
presentato nel film. Questo è solo uno dei modi in cui David Yates
riduce la storia dei Pain Hustlers a un racconto più personale e
intimo.
La società dei Pain Hustlers si
chiama Zanna
Entrando nello specifico, Pain
Hustlers ha cambiato molti dettagli della storia vera, compreso il
nome dell’azienda farmaceutica in gioco. Mentre lo scandalo reale
riguardava un’azienda chiamata Insys, nel film l’azienda si chiama
Zanna. Più precisamente, si tratta dell’azienda per cui lavora Pete
Brenner (Chris Evans) e di quella da cui viene assunta Liza Drake
all’inizio del film.
Il Lonafin
Allo stesso modo, Pain Hustlers
cambia il nome del farmaco creato da Insys. Nella vita reale, Insys
ha creato un farmaco chiamato Subsys, che l’azienda ha poi corrotto
i medici affinché lo prescrivessero. Nel frattempo, sullo schermo,
Zanna produce un farmaco chiamato Lonafin. Sebbene i farmaci
abbiano nomi diversi, l’effetto è lo stesso sia nella vita reale
che nel film. Subsys e Lonafin sono farmaci spray che utilizzano il
fentanil per alleviare il dolore. Sebbene il farmaco sia stato
approvato solo per aiutare i malati di cancro e le persone in fin
di vita, Insys/Zanna ha spinto perché il farmaco fosse usato anche
dalle persone normali, portando a un aumento della dipendenza da
oppioidi.
Pain Hustlers utilizza uno stile da
finto documentario
Una scelta interessante che David
Yates fa in Pain Hustlers – Il business del dolore è quella di
instillare uno stile da finto documentario. Ad esempio, il film
inizia con una serie di personaggi intervistati come se si stesse
girando un documentario. Ciò implica che gli eventi sono già
accaduti e che questo film può essere un contenitore per raccontare
la storia. In questi momenti viene persino utilizzato uno stile in
bianco e nero.
Pain Hustlers aggiunge una trama
sulla figlia di Liza
Sebbene gran parte della trama di
Pain Hustlers sia ispirata a eventi reali, c’è una trama che è
completamente estranea al reportage di Evan Hughes. Si tratta del
fatto che Liza Drake ha una figlia che soffre di epilessia e di un
tumore al cervello. Non solo la storia reale era priva di questo
tipo di trama, ma si tratta anche di un’interpretazione drammatica
da parte del film. Il fatto che la figlia di Liza abbia un tumore
al cervello aggiunge una giustapposizione tra i crimini che la
donna sta commettendo e la realtà della sua vita. In particolare,
le condizioni della figlia fanno sì che il pubblico provi
compassione per il personaggio.
Pain Hustlers mostra una
prospettiva minima di un problema più ampio
Un altro aspetto della storia di
Pain Hustlers che si discosta dagli eventi reali è la trama
principale della storia. Mentre l’articolo di Evan Hughes sul New
York Times seguiva la storia di Insys da una prospettiva molto più
ampia, Pain Hustlers segue un personaggio in particolare, Liza
Drake.
Il film si concentra sui giovani in
cerca di successo
Un’ammissione interessante che
David
Yates fa su Pain Hustlers è che voleva che il film, e
Liza in particolare, rappresentasse un certo gruppo di persone
coinvolte nel caso. Yates ha dichiarato al Time: “Si trattava di
giovani che spesso non avevano la testa a posto e che erano
affamati di successo e molto di questo è incarnato da lei”. Sebbene
i giovani siano certamente un fattore all’interno della storia di
Insys, non sono certo i personaggi principali che Yates li fa
apparire in Pain Hustlers. In questo modo, Yates ha dato una svolta
alla storia concentrandosi su un gruppo specifico.
Pain Hustlers aggiunge un tono
comico alla storia
Un ultimo cambiamento apportato da
David Yates in Pain Hustlers è stato il tono comico. Per coloro che
hanno letto la storia di Evan Hughes su Insys, è probabile che si
tratti di una storia completamente tragica e ingiusta, tuttavia
Yates ha voluto aggiungere un senso di caos e ilarità alla storia.
Mentre le azioni di Insys erano innegabilmente cattive, Yates ha
dato un’occhiata ai sentimenti dei venditori, come Drake e Brenner,
che vedevano i soldi piuttosto che le vite che stavano
danneggiando. Questo nuovo tono comico aggiunge a Pain Hustlers
strati che la storia del New York Times probabilmente non
aveva.
Ogni mese escono tantissimi film e
anche questo novembre in sala è pronto a regalarci
sul grande schermo tutte le emozioni che cerchiamo. Al cinema in
Italia, già dal 31 ottobre, è già possibile vedere
Comandante, il film di
Edoardo De Angelis con protagonista
Pierfrancesco Favino. La pellicola che ha inaugurato la
80esima Mostra d’arte cinematografica di Venezia racconta la
storia del Comandante Salvatore Todaro alla guida
del sommergibile Cappellini della Regia Marina che salvo la vita a
ben 26 naufraghi di un mercantile di nazionalità belga, altrimenti
condannati ad affogare e morire.
Vediamo insieme le novità di novembre in sala di questa
prima settimana del mese
Dirty Difficult Dangerous
Dirty
Difficult Dangerous è il primo film di novembre in sala ed è
stato presentato al Festival del Cinema di Venezia 2022 dove ha
aperto le Giornate degli Autori e ha vinto il
Premio Label Europa Cinemas come Miglior Film
Europeo. Questa emozionante opera diretta da Wissam
Charaf è ambientata a Beirut al confine tra Libano e
Siria. La pellicola segue l’intensa relazione tra una ragazza
etiope e un profugo siriano: una storia d’amore raccontata con un
tocco leggero e dai toni fiabeschi. Sullo sfondo invece c’è la
realtà fatta di guerra, poveri rifugiati, traffico di esseri umani,
tematiche difficili che il regista usa come denuncia sociale.
Il Libro delle Soluzioni
Il geniale regista
Michel Gondry finalmente torna dietro alla macchina da presa,
dopo ben otto anni di pausa. La trama di questa commedia francese
segue Marc, estroso e impulsivo regista in crisi che per terminare
il suo nuovo film si rifugia a casa di sua zia, in uno sperduto
villaggio nelle Cevennes. Qui, la sua creatività esplode in mille
direzioni diverse, gettando la lavorazione nel caos e per
fronteggiare la situazione il regista inizia a comporre Il libro
delle soluzioni, un manuale che unisce anche le soluzioni a tutti i
problemi del mondo. L’attore
Pierre Niney e l’attrice Blanche
Gardin sono i protagonisti di questa riflessione ironica,
intelligente e parzialmente autobiografica dell’autore del cult
Se mi lasci ti cancello.
The New Toy
Presentato in anteprima ad
Alice nella città nell’ambito della Festa del cinema di Roma
esce nelle sale italiane uno dei lungometraggi campione d’incassi
nel 2022 in Francia.
The New Toy è il remake di un classico della commedia
francese, Professione… giocattolo’ di Francis
Veber del 1976 che affronta il divario economico tra un
bambino e un uomo qualunque. Una favola senza
tempo per tutta la famiglia che parla di paternità, del
lutto, di solitudine, dell’infelicità e delle differenze tra classi
sociali differenti. Il giocattolo umano è interpretato dall’attore
Jamel Debbouze.
À la Recherche
À
la Recherche si
svolge in Italia nel 1974, dove Ariane, una bella donna
dell’aristocrazia francese e Pietro, sceneggiatore italiano di B
movie, provengono da delle realtà molto differenti ma sono
accomunati dal ritrovarsi a un punto di stallo della loro vita.
Insieme trovano quindi l’occasione per riscattarsi: scrivere una
sceneggiatura tratta dal romanzo À
la Recherche du Temps Perdu
di
Marcel Proust
da sottoporre ad uno dei massimi espositori del cinema di quel
tempo cioè Luchino Visconti. I protagonisti di questo film
presentato alla Festa del cinema di Roma sono il regista
stesso
Giulio Base
e l’attrice francese
Anne Parillaud.
Five Nights at Freddy’s
Five
Nights at Freddy’s di Emma Tammi è l’adattamento
cinematografico del videogiocosurvival horror del 2014. Alcentro della trama c’e Mike Schmidt,
interpretato da
Josh Hutcherson, una guardia di sicurezza con
un sacco di problemi che si ritrova appunto a dover fare da custode
al Freddy Fazbear’s Pizza, un tempo un locale per
famiglie molto di successo e ora attività spaventosa e inquietante.
Quello che non sa, però, è che le mascotte del locale,
Freddy Fazbear ma anche gli altri come
Bonnie the Bunny, Chica the Chicken e Foxy
the Pirate Fox sono misteriosamente programmati per
uccidere chiunque incontrino nel ristorante dopo mezzanotte. Dopo
la bambola robot da compagnia assassina Megan
ora al cinema è la volta di un orso e altre figure animatroni
pronti per spargere sangue.
Joika – A un passo dal sogno
La protagonista di
Joika – A un passo dal sognoè Joy Womack, una
ballerina quindicenne, che lascia la casa della sua famiglia in
Texas e vola a Mosca, diventando la prima statunitense ad essere
stata accettata all’Accademia russa di balletto del Bolshoi. Il
sogno della ragazza è di diplomarsi lì e diventare la prima
ballerina del tempio del balletto classico mondiale. Ovviamente non
è la sola candidata e soprattutto dovrà fare i conti con la
leggendaria e severa insegnante, Tatiyana Volkova, interpretata
dall’attrice
Diane Kruger. Questo film del regista neozelandese
James Napier Robertson è tratto da una storia vera
e si ispira al documentario del 2021 Joy Womack: The White
Swan ma è impossibile non pensare alla pellicola
Il cigno nero di
Darren Aronofsky.
La guerra del Tiburtino III
La
guerra del Tiburtino III presentato in concorso nella
sezione Panorama Italia ad Alice
nella Città è anche l’ultimo film di questo novembre in
sala. Questa pellicola diretta da Luna Gualano unisce diversi
generi come la commedia con il
sci-fi che mescola poi azione e fantascienze. La
storia è ambientata Al Tiburtino III, nell’estrema
periferia romana, dove un piccolo meteorite cade dal cielo e viene
raccolto da Leonardo De Sanctis, uno spacciatore del posto. Nei
giorni successivi, quasi tutti gli abitanti del quartiere iniziano
a comportarsi in modo strano, alzando delle barricate attorno al
loro territorio anche per difendersi dagli alieni che vogliono
conquistare il mondo. Il cast è composto da Antonio
Bannò, Sveva Mariani, Paolo
Calabresi,
Paola Minaccioni,Pier Giorgio
Bellocchio, con Veronika Logan, la
partecipazione amichevole di Francesco
Pannofino e la partecipazione straordinaria
di Carolina
Crescentini.
Una delle più brillanti e apprezzate
commedie italiane degli ultimi anni è Marilyn ha gli
occhi neri, dove si affronta con leggerezza, ironia
ma mai superficialità un tema spinoso come i disturbi mentali.
Diretto da Simone Godano – regista anche di
Moglie e marito e
Croce e delizia, e
scritto dalla sua frequente collaboratrice Giulia Louise
Steigerwalt, il film parte dunque da questo tema per
porre a confronto una serie di personaggi problematici che imparano
tuttavia a fare squadra e così facendo superando tutti gli ostacoli
che la vita pone sul loro percorso.
Dopo aver fatto scambiare di ruolo
ad una coppia di sposi in Moglie e marito e aver messo a
confronto due famiglie profondamente diverse in Croce e delizia, Godano
e Steigerwalt si concentrano dunque stavolta sullo scontro tra il
mondo giudicato “normale” e quanti invece per via di disturbi della
mente vengono lasciati indietro, soli a combattere con le proprie
problematiche ma realmente comprese. Come Marilyn ha gli occhi
neri c’è dunque modo di indignarsi, ma anche divertirsi e
commuoversi, perché l’amore in tutte le sue forme non manca mai di
trionfare.
Per chi dunque è in cerca di un
titolo italiano recente, appartenente a questo genere, che valga la
pena vedere, Marilyn ha gli occhi neri è senz’altro il
film giusto. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori,
riportando anche i premi ottenuti e la
storia vera dietro al racconto proposto. Infine,
si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di Marilyn ha gli occhi neri
Protagonista del film è
Clara, talmente brava a mentire che è la prima a
credere alle sue bugie. Vitale e caotica, ha più di qualche
problema a tenere a freno le sue pulsioni. Diego,
invece, è il suo esatto contrario: un ex chef provato dagli eventi,
con varie psicosi e continui attacchi d’ira, nonché totalmente
incapace di mentire. I due si ritrovano in un Centro Diurno per il
rehab di persone con problemi di salute mentale. Quando lo
psichiatra responsabile del centro decide di coinvolgere i pazienti
in un laboratorio di cucina, Clara e Diego si ritrovano a dover
cucinare per gli anziani del quartiere.
Clara, esaltata dal progetto, crea
un sito per il ristorante e inizia a postare false recensioni
estremamente positive. Chiama il posto
Monroe, come Marylin, attrice da cui
Clara è ossessionata ed a cui è convinta di assomigliare. Il
Monroe diventa ben presto uno dei ristoranti più esclusivi
in Italia. Tutti vogliono andarci, ma nessuno sa dove si trovi,
semplicemente perché non esiste. Quando la bugia si fa troppo
grande, però, Clara chiede a Diego di reggerle in gioco e mettere
in piedi il vero Monroe. I guai, naturalmente, non
tarderanno ad arrivare.
Il cast di attori di Marilyn ha gli occhi neri e i
premi vinti dal film
Ad interpretare Clara si ritrova
l’attrice Miriam Leone,
negli ultimi anni sempre più impegnata tra cinema e televisione con
film come Diabolik e i suoi sequel e
la serie I leoni di Sicilia. Nei
panni di Diego vi è invece l’attore Stefano
Accorsi, il quale per la sua interpretazione del
problematico chef ha ricevuto numerose lodi e premi. Thomas
Trabacchi è lo psichiatra Paris, mentre Mariano
Pirrello è Sosia, convinto che tutti intorno a lui non
siano che dei sosia, e Orietta Notari è
Susanna, che soffre invece della sindrome di Tourette. Completano
il cast Andrea di Casa nei panni di
Chip, che crede di esser spiato, e Valentina
Oteri in quelli di Gina, una ragazza con disturbi
relazionali.
Oltre a vantare un simile cast di
attori, Marilyn ha gli occhi neri può fregiarsi anche di
diversi premi vinti o di nomination ricevute a prestigiosi premi
italiani. Ai Ciak d’oro, il film ha ottenuto il
premio per il Miglior attore a Stefano Accorsi, nonché le
nomination come Miglior film, Miglior attrice a Miriam Leone e
Migliore canzone originale a Francesca Michielin.
Proprio il brano cantato da Michielin, dal titolo Nei
tuoiocchi, è poi stato candidato come
miglior canzone anche ai Nastri d’Argento e ai David di
Donatello. Il film ha invece poi vinto il premio come Miglior
Commedia al Globo d’oro.
La vera storia dietro Marilyn ha gli occhi neri
Il film non è direttamente tratto da
una storia vera, ma c’è stato un episodio realmente accaduto che ha
parzialmente ispirato gli autori di Marilyn ha gli occhi
neri. Si tratta di quello del giornalista inglese
Oobah Butler, penna di Vice Magazine, che nel 2017
decise di dar vita ad una bufala ideando un ristorante in realtà
inesistente, il The Shed at
Dulwich. Questo divenne in breve il
ristorante più votato di Londra su TripAdvisor, grazie a recensioni
scritte dallo stesso Butler con vari pseudonimi o da suoi amici e
colleghi.
Il tema del menu falso era
“stati d’animo” e Butler fotografava continuamente piatti
di cibo finto creati utilizzando prodotti per la casa, tra cui
schiuma da barba e pastiglie per lavastoviglie. Dopo essere
diventato il ristorante più votato su TripAdvisor ed essere stato
bombardato da richieste di prenotazione, Butler ha deciso di
organizzare una vera e propria serata di apertura per il
ristorante, servendo piatti pronti da 1 sterlina a dieci clienti
selezionati, accogliendoli in un capannone vicino la propria
abitazione. La bufala è stata favorita dalla moda
sviluppatasi in quegli anni per i microristoranti.
Il trailer di Marilyn ha gli
occhi neri e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Marilyn ha gli occhi neri grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Rakuten TV, Google Play, Apple TV e
Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 1 novembre alle ore
21:25 sul canale Rai 1.
Dopo il dramma di uno
scrittore in I’m Not Harry Jenson, l’excursus nel mondo
degli scacchi di The Dark Horse e il Whina dedicato
ai diritti dei Maori, James Napier Robertson torna
alla regia e sceneggiatura di un
lungometraggio con il Joika – A un passo dal
sogno presentato all’ultimo Deauville Film Festival. Un
film che finalmente arriva nei cinema italiani – dal 2 novembre,
distribuito da Eagle Pictures – per raccontare la storia vera di
Joy Womack, l’unica statunitense capace di accedere all’esclusivo e
impenetrabile Teatro Bolshoi di Mosca, vero Olimpo del balletto
classico. A interpretarla, sullo schermo, la Talia Ryder di Mai
raramente a volte sempre e The Sweet East, che vediamo
scontrarsi duramente con una arcigna Diane Kruger, vera spina dorsale del film.
La trama di Joika – A un passo
dal sogno
Ammessa nell’Accademia di
Balletto del Bolshoi, la quindicenne Joy Womack, promettente e
talentosa ballerina di danza classica, si trasferisce dal Texas a
Mosca con l’ambizioso obiettivo di essere la prima étoile
statunitense della prestigiosa Compagnia del Bolshoi. Gli
allenamenti della leggendaria insegnante Tatiyana Volkova sono
durissimi e le rivelano un ambiente dove la competizione è estrema
e feroce e la stessa Volkova esige un impegno immenso dai suoi
studenti. Pronti davvero a tutto per superare le concorrenza degli
altri, e in particolare di una straniera, e statunitense.
Consapevole di ciò, Joy compie sacrifici sempre più estremi senza
arrendersi: perdendo peso, dedicandosi a routine di allenamento
ossessive e mettendo l’amore al servizio della strategia. Dopo
essere stata ripudiata dalla propria famiglia, Joy riesce a
diplomarsi all’Accademia del Bolshoi, Ma per raggiungere il suo
sogno e diventare prima ballerina, dovrà sacrificare molto di più
di quanto possa immaginare.
La recensione di Joika – A un
passo dal sogno
Una storia di passione,
frustrazione e superamento dei propri limiti, ma soprattutto un
dramma sulla definizione degli stessi e sulla messa in discussione
dei principi, in questo caso della giovane protagonista, la
quindicenne Joy, una ragazza pronta a tutto per vivere un sogno,
che – come spesso accade – si rivela essere più simile a un incubo.
Un dramma dalle molte ombre e dalle poche luci ispirato alla storia
vera alla base anche del documentario Joy Womack: The White
Swan di Dina Burlis e Sergey Gavrilov.
Girato principalmente a
Varsavia, prima che scoppiasse la guerra tra Russia e Ucraina, e
presentato al Deauville Film Festival di settembre, Joika
conta molto sulla premessa offerta – e messa in evidenza – allo
spettatore e sul carattere ‘storico’ dei fatti reali messi in
scena. Un invito implicito alla partecipazione, a empatizzare con
la giovane protagonista, sola in un mondo ostile, e costretta a
crescere. A ogni costo. Anche adeguandosi a un contesto di slealtà
e politica.
Ma l’eccezionalità della
sua vicenda, della sua volontà, della sua sfida alla “casa reale
russa” – come
viene definito il Bolshoi – non sembra supportata adeguatamente da
un impianto narrativo solido, nel quale la ricostruzione risulta
spesso confuso, diseguale, affidato al personaggio e alla sua forza
di indurre una riflessione su quanto si possa sacrificare per
ottenere ciò che si vuole.
Un messaggio che arriva
chiaro, e che colpisce nel suo perpetrare una tendenza a portare
sotto i riflettori l’ennesima storia di disfunzionalità incentrata
su una donna. A suo modo di successo, come spesso capita, eppure
dominata dal disagio, dall’ossessione, come se queste fossero
elementi capaci di trasmettere forza, ispirare una qualche etica,
un esempio. Che qui è sostanzialmente negativo, almeno per il
taglio scelto, teso a evidenziare gli aspetti più deteriori di
questa dipendenza: il dolore, la sofferenza, la rinuncia, anche a
sé e le proprie radici e affetti.
Difficile empatizzare con
Joy, ed emozionarsi con e per lei, a parte l’inevitabile
coinvolgimento per un racconto tanto unico e le tappe attraversate
in quella che forse non potremmo definire nemmeno una “discesa agli
inferi” effettivamente compiuta. Nel suo svilirsi, svendersi,
almeno nella rappresentazione offerta, la protagonista non tocca
mai il fatidico fondo. Forse in nome della possibilità di un lieto
fine, dell’illusione di una speranza, che paradossalmente fiacca
ulteriormente un film che promette di portarci dalle stelle alle
stalle, ma che non sembra mai arrivare né alle une né alle
altre.
E che, come accennato, ha
in Diane Kruger il suo punto di forza, il
personaggio più interessante e più ricco, al quale il film ha il
pregio di dare il giusto spazio, vero fulcro di una azione dominata
da Talia Ryder, che ha il merito di tenere
costante la tensione del ruolo più che offrire particolari picchi
in un contesto nel quale molte delle figure – e alcuni twist –
restano nell’alveo della macchietta, della retoriche, del
cliché.
Il regista Shawn
Levy ha confermato che Deadpool 3 non sarà il
titolo ufficiale del prossimo trequel del MCU. Inoltre chiarisce che gli
eventi di Logan di James Mangold sono
canonici.
Quando è stato annunciato che
Hugh
Jackman avrebbe ripreso il ruolo di Wolverine per
il terzo film di Deadpool, i fan
dell’interpretazione dell’attore australiano dell’iconico eroe
degli X-Men erano comprensibilmente eccitati, ma c’era anche una
certa preoccupazione che gli eventi del film di James
Mangold,Logan,
sarebbero stati ignorati.
Si trattava certamente una
possibilità, soprattutto se i Marvel Studios avessero pianificato di avere
Jackman nei panni di Wolvie per più di un film (non sappiamo ancora
cosa c’è in cantiere dopo Deadpool 3), ma il regista
Shawn Levy ha ora chiarito che il suo il film non
scarterà o ricollegherà tutto ciò che accade a Logan, inclusa la morte del protagonista.
“Ho sempre detto che non vedo
l’ora che esca Deadpool 3 perché tutto ciò che voglio fare è
rilasciare interviste insieme a Ryan in cui
parliamo della nostra venerazione per il film Logan”, ha
spiegato Levy al Post Credit Podcast di BroBible.
“Logan è canonico. Adoriamo Logan. Voglio che il mondo sappia
che, in qualità di produttore e regista, tutti noi condividiamo un
profondo amore e rispetto per Logan, per ogni aspetto di come è
stato realizzato e per tutti gli eventi che hanno luogo in quel
film.”
In un’intervista separata con The
Wrap, Levy ha confermato che Deadpool 3 non sarà
il titolo finale del film. “No, non c’è ancora il titolo. A
volte lo chiamo Deadpool vs Wolverine o Deadpool e Wolverine o
Deadpool 3 con Wolvie: abbiamo alcuni titoli di cui abbiamo
parlato, ma ragazzi, è difficile.”
Deadpool 3 sarebbe dovuto
uscire nei cinema il 3 maggio 2024, ma lo sciopero SAG-AFTRA in
corso probabilmente causerà un ritardo. Anche se nulla è stato reso
ufficiale, gli operatori ritengono che il film verrà posticipato a
luglio.
Deadpool 3: quello che sappiamo sul film
Sebbene i dettagli ufficiali della
storia di Deadpool 3, con
protagonista Ryan Reynolds,
non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama
riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la
serie di film di Deadpool – l’unica parte del
franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione
della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di
Reynolds si siano svolti in un universo diverso. Ciò preserva i
film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al
contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo interpretato
da Hugh Jackman,
viaggiare nell’universo principale dell’MCU.
Nel film saranno poi presenti anche
personaggi presenti nei primi due film di Deadpool, come
Colossus e Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera
che anche altri X-Men possano fare la loro
comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della
Marvel comparsi sul
grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben
Affleck. L’attrice Jennifer Garner
sarà presente nel film con il ruolo di Elektra, che riprende dunque
a quasi vent’anni di distanza dal film a lei dedicato.
In attesa di ulteriori conferme,
sappiamo che Shawn
Levy dirigerà Deadpool 3,
mentre Rhett Reese e Paul
Wernick, che hanno già firmato i primi due film sul
Mercenario Chiacchierone, scriveranno la sceneggiatura basandosi
sui fumetti creati da Rob Liefeld,
confermandosi nella squadra creativa del progetto. Il presidente
dei Marvel Studios, Kevin
Feige, aveva precedentemente assicurato ai fan che rimarrà
un film con rating R, proprio come i primi due film, il che lo
renderebbe il primo film dello studio con tale classificazione
matura.
Una combinazione di immagini
promozionali trapelate e del
trailer di metà stagione ha dato adito ad alcune speculazioni
in merito a quello che sarà il nuovo ruolo del Dio dell’Inganno
alla fine della Stagione 2 di Loki.
Con solo due episodi da scoprire,
teorie e speculazioni su come finirà la serie sono presenti su
tutti i social media. Durante il fine settimana, sono emerse alcune
illustrazioni promozionali che mostravano il nuovo costume del
Dio dell’Inganno e, dopo il trailer di metà
stagione di ieri, alcuni fan stanno iniziando a mettere insieme i
pezzi di questo puzzle.
Come si può vedere nel post qui
sotto, quei viticci verdi di energia che fluiscono in tutto il
Multiverso sembrano emanare da Loki e dal suo nuovo costume.
L’Asgardiano sembra essere nella
Cittadella di Colui che Rimane alla Fine dei Tempi
(guardate le crepe luminose sui gradini), suggerendo che il
fratello adottivo di Thor alla fine prenderà il posto di Kang come
sovrano non di una singola linea temporale sacra, ma dell’intera
linea temporale e del Multiverso. Sarebbe una mossa azzardata ma a
suo modo sensata per i Marvel Studios dare a un personaggio così
amato un ruolo così importante.
Se questo dovesse confermarsi vero,
sarà anche una forte indicazione che Loki sarà una parte cruciale
di
Avengers: The Kang Dynasty e Avengers:
Secret Wars. Non dimentichiamoci che Colui che
Rimane voleva che Loki prendesse il suo posto dopo essersi
stancato di tenere d’occhio la Sacra Linea Temporale. Quel
desiderio ora sembra destinato a diventare realtà, anche se Loki
non sarebbe Loki se non facesse le cose a modo suo.
Sembra che i fan Marvel non abbiano ancora
dimenticato i commenti di Martin Scorsese sui film dei
Marvel Studios. E se non lo hanno
fatto i fan, possono mai averlo fatto le persone che quei film li
hanno materialmente fatti? Ecco che ora è Joe
Russo a prendere in giro il regista di
Killers of the Flower Moon, prendendolo di mira perché
i film a cui lui ha lavorato sono stati dei veri successi al
botteghino, mentre l’ultimo di Scorsese non è stato altrettanto
visto in sala.
In un nuovo video sul profilo Tik
Tok della figlia Francesca, Martin Scorsese ha presentato la sua
nuova Musa, il cagnolino Oscar. In risposta, Joe
Russo ha pubblicato a sua volta un video con il suo cane,
che si chiama… Box Office.
Ma Scorsese non ha dovuto replicare
al collega Russo, perché il mondo sembra essersi schierato dalla
sua parte, attaccando, qualche volta anche in maniera violenta, il
regista di Endgame. Joe DaMarco di Toonami e di
Warner Bros. Discovery, ha replicato a Joe Russo rispondendo al
video: «Ha preso milioni da Netflix per fare tutto quello che voleva
e se ne è uscito con The Grey Man. Marty ne ha presi milioni
da Netflix e Apple per fare The
Irishman e Killers of the Flower Moon. So di
quali film la gente parlerà tra 20 anni». E a lui ha fatto
seguito anche lo sceneggiatore Louis Petizman:
«Tra 50 anni nessuno saprà chi è Joe Russo».
La replica più pesante arriva però
dall’account ufficiale del BeyondFest di Los Angeles:
«Siamo onesti: Joe Russo è un ricco stron*o che ha vinto
la lotteria quando Kevin Feige lo ha tirato fuori dall’ombra e
lo ha preso con sé».
Il celebre regista Paco
Plaza – seguendo l’enorme successo delle saghe di The
Conjuring e The Nun – realizza Sorella
Morte (titolo originale:
Hermana Muerte), il nuovo inquietante catholic
horror disponibile dal 27 ottobre su Netflix.
Prequel del suo Veronica del 2017, il
film approfondisce l’ambigua e angosciante storia che si cela
dietro lo strano personaggio di Sorella Narcisa, o
meglio conosciuta come Sorella Morte.
Sorella Morte è
scritto da Jorge Guerricaechevarria (Il giorno della
bestia, Hasta el cielo) e interpretato dalla
talentuosa giovane attrice e modella spagnola Aria
Bedmar (In
Silenzio).
Trama Sorella Morte
Nella Spagna
postbellica degli anni Quaranta, una speciale bambina –
dotata di poteri extrasensoriali – diviene famosa in tutto il Paese
come la “niña santa” dopo aver visto la
Vergine Madre. Dieci anni dopo, la bambina diventata una giovane
novizia dal nome Sorella Narcisa, raggiunge un ex
convento, trasformato dopo la guerra in un collegio femminile, in
cui si accinge a prendere i voti perpetui mentre insegna lingue e
scienze al posto della scomparsa Sorella Inès. Ma
orribili e oscuri segreti circondano la scuola e
si manifestano alla giovane come fenomeni inquietanti: sedie che
cadono, strani disegni sui muri e incubi indicibili. Giorno dopo
giorno, gli speciali poteri di Narcisa riemergono mostrandole
l’orribile e atroce verità nascosta tra quelle
mura.
L’inquietudine di una religione oscura
Poche cose al mondo fanno terrore
tanto quanto la storia e l’iconografia della religione
cattolica declinata in
chiave horror e demoniaca. E questo Plaza – co-regista
di uno dei più grandi franchising horror soprannaturali sugli
zombi, la saga REC – lo sa bene e sceglie
questa volta di sperimentarlo. Senza troppa fatica, Sorella
Morte trascina sullo schermo gran parte delle
contraddizioni e delle ipocrisie religiose, dando vita a
circa 90 minuti di ansia, angoscia, disagio e
paranoia.
Sorella Morte | In foto l’attrice Aria Bedmar nei panni della
protagonista, Sorella Narcisa
Per rendere più semplice e lineare
la narrazione, Plaza si avvale di una struttura
episodica e suddivide il film in tre
capitoli intitolati “La bambina santa”, “Se
scrive il tuo nome, sei maledetta” e “La Sorella
Soccorro”. Nonostante i continui jumpscare e la
profonda tensione psicologica, la storia procede per gran parte del
film con un ritmo lento e teso che incalza con
violenza solo nell’ultima parte.
Regia e fotografia cooperano nel
costruire una tetra e inquietante atmosfera retta
da un intenso simbolismo, religioso e non: riti,
preghiere e agiografie miscelate, come se non bastasse, anche a un
agghiacciante e suggestivo gioco di mani e sguardi. Gli
occhi, in particolar modo, sono elevati da Plaza a
elementochiave per la
comprensione della misteriosa Sorella Morte in
Veronica: quegli stessi occhi che all’inizio del film sono
in grado di ammirare l’impossibile finiscono poi per diventar
ciechi, forse peccatori di aver visto fin troppo. Inoltre, tanti
sono i punti di riflessione che Plaza e
Guerricaechevarria seminano in questa pellicola, come per esempio:
il complesso e doloroso momento storico della guerra civile
spagnola, la dolorosa omertà di cui spesso sono intrise le mura dei
luoghi di culto, le tremende antinomie che affliggono la
religione.
Una favola orrorifica di vendetta e (probabile)
redenzione
Paco Plaza è, senz’altro
per molti, un grande maestro dell’horror spagnolo.
E ciò lo riconferma Sorella Morte, un
prequel esaustivo, incisivo e solido che non mira
tanto a spaventare, quanto piuttosto ad agitare e turbare
fortemente. Rappresentando una favola orrorifica di
sanguinosa e “sacra” vendetta, il cineasta valenziano
gioca con i sentimenti più bui del pubblico che, in alcuni momenti,
finisce anche per immedesimarsi nella protagonista. Il pubblico
cade vorticosamente, così, nel riflesso di
Narcisa, sprofondando in un drammatico mare di
dolore, dubbi e collera.
Al di là dell’eccessiva lentezza
iniziale e di qualche stonatura narrativa, la pellicola di Plaza
colpisce nel segno, catturando lo sguardo attento dello spettatore
e regalandogli un’ora e mezza di tormentata
irrequietezza.
Quella che è cominciata oggi nel
capoluogo di provincia toscano si preannuncia un’edizione del
Lucca Comics & Games
davvero insolita. Nei giorni passati ha tenuto banco la polemica
legata alle dichiarazioni di Zerocalcare in
cui il fumettista dichiarava la sua impossibilità, per conflitti
etici e morali, di partecipare alla fiera.
Dopo il forfait di molti altri
artisti e fumettisti che sarebbero dovuti essere alla fiera, arriva
l’annuncio, da parte dell’organizzazione del Lucca Comics &
Gamesche neanche Asaf e Tomer Hanuka, i due
artisti autori del poster dell’edizione 2023, saranno presenti.
Lucca Comics & Games, pur
rammaricandosi della decisione di Asaf e Tomer Hanuka di non essere
presenti a Lucca, desidera esprimere la più profonda e sentita
vicinanza a loro e a tutti gli artisti che non potranno essere
presenti.
Lucca Comics & Games è un luogo di
inclusione e libertà espressiva e compirà ogni sforzo perché
l’incontro in programma dal 1° al 5 novembre rappresenti un
arricchimento per tutta la comunità che vorrà partecipare agli
eventi, ai progetti e alle iniziative educative
in programma.
Le parole di Asaf e Tomer
Hanuka: “Abbiamo iniziato a lavorare col team di Lucca Comics & Games circa un anno
fa. È stata una splendida esperienza con tutti i membri del team
che abbiamo incontrato in questa efficiente e calorosa
organizzazione. Di gran lunga la migliore che abbiamo avuto in
venticinque anni di lavoro in questo settore. Abbiamo accettato
questo incarico con grande entusiasmo per dare il nostro miglior
contributo alla nostra comunità allargata di artisti e
appassionati. Ci siamo sentiti considerati e supportati in ogni
passo di questo percorso. Tuttavia, dobbiamo con tristezza
condividere la nostra decisione: non presenzieremo a Lucca Comics & Games.
La nostra presenza a Lucca e le
nostre attività rischierebbero di essere oggetto di eccessiva
attenzione afferente alla questione internazionale, oscurando la
dimensione artistica, che invece è stata ed è il centro del nostro
percorso con questa manifestazione e il suo gruppo di lavoro. Non
ci sentiamo di spostarci da una zona di guerra vera verso una zona
di conflitto mediatico. Questo interferirebbe con la felicità di
incontrare tanti amici, fan e colleghi.
Abbiamo deciso di fare un passo
indietro e lasciare che l’arte parli per se stessa.
In attesa di tornare quanto
prima a riabbracciare Lucca Comics & Games, dobbiamo
continuare a credere nella speranza. Viviamo tutto questo insieme.
E, in questa parte del mondo, non ci possiamo permettere molto
altro”.
Tutte le donne e gli uomini di
Lucca Comics & Games si uniscono ad
Asaf e Tomer Hanuka, che ci hanno regalato una meravigliosa
rappresentazione del nostro festival, la bandiera dei nostri
valori. L’invito è di andare a vedere la loro bellissima mostra
insieme a tutte le straordinarie esposizioni degli artisti del
festival.
Il cane è il migliore amico
dell’uomo, ed è stato più volte protagonista anche al cinema di
celebri film a lui dedicati. Da
titoli per famiglie come Belle & Sebastien ai
classici Disney come Lilli & vagabondo, dai film d’autore
come L’isola dei cani a
pellicole più drammatiche come Hachiko – Il tuo migliore
amico, sono numerosi i film che hanno dedicato agli amici a
quattro zampe storie commoventi e ricche di emozioni, che non
mancano mai di affascinare il grande pubblico. Uno degli ultimi
titoli di questo filone è Attraverso i miei
occhi, diretto nel 2019 da Simon
Curtis (meglio noto per Marilyn e Woman inGold).
Scritto da Mark
Bomback (sceneggiatori di film come Godsend – Il male è rinato,
Die Hard – Vivere o morire
e The War – Il pianeta delle
scimmie), che si è qui cimentato con un genere per lui
inedito, il film è l’adattamento cinematografico di L’arte di
correre sotto lapioggia, romanzo scritto da
Garth Stein e pubblicato nel 2009. Questo si è in
breve affermato come uno dei maggiori best seller del suo anno,
rimanendo in classifica per 40 settimane. Inevitabile dunque che
Hollywood si interessasse al libro, facendone un nuovo caso capace
di emozionare, proponendo nuove dinamiche tra umano e cane, uno dei
rapporti più solidi che ci possano essere.
Affermatosi come un discreto
successo di critica e pubblico, Attraverso i miei occhi è
dunque un racconto che diverte, coinvolge e commuove, facendo
riscoprire quei piccoli valori spesso trascurati ma fondamentali
per la vita. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di Attraverso i miei occhi
Il film racconta la storia del
pilota da corsa Danny, vista però attraverso gli
occhi del suo cane, il Golden Retriever Enzo. Tra
i due è stato subito feeling e sin da cucciolo Enzo ha imparato le
lezioni di vita del suo proprietario, vivendo passo dopo passo
accanto a lui: lo ha visto correre in pista, insegnare a nuovi
piloti e innamorarsi di Eva. Enzo è il migliore
amico, il compagno ideale nonché il testimone di nozze di Danny. I
due insieme hanno affrontato le gioie e i dolori, cercando di
sorridere sempre senza mai abbattersi. Pur se il loro rapporto non
fa che consolidarsi, i due devono però fare i conti anche con le
novità non sempre liete che la vita presenta loro.
Al di là delle sconfitte da un punto
di vista professionale, Danny dovrà infatti sperimentare la
malattia, la morte e il dolore che questa lascia, affrontando
momenti molto difficili. Mentre Danny cerca di superare i tristi
eventi e i conseguenti ostacoli, il suo fedele amico sarà sempre
pronto, a suo modo, a ricordargli che non deve smettere di
combattere. Rimanendo al suo fianco, Enzo lo porterà a credere di
nuovo in se stesso. Anche se la loro forte amicizia non può durare
per sempre, il sentimento nato da questa sarà invece
indistruttibile, continuando ad ispirare del bene ancora e
ancora.
Attraverso i miei occhi: il libro e il cast del
film
I diritti del libro sono stati
acquistati dalla Disney, che ha poi deciso di produrre il film
tramite la recentemente acquisita 20th Century Fox. Il romanzo di
Stein, tuttavia, presentava una serie di elementi un po’ forti per
il tipo di pubblico che i produttori avevano in mente. Nel libro,
infatti, Denny è falsamente accusato di stupro da una ragazza
minorenne innamorata di lui. Nel film questo personaggio e la
relativa vicenda vengono completamente omessi e i problemi legali
di Denny vengono sostituiti da suo suocero che lo accusa di
aggressione dopo una caduta. Allo stesso modo viene taciuto
l’orientamento sessuale di Mike e Tony, che nel libro sono invece
dichiaratamente una coppia.
Per quanto riguarda il cast del
film, invece, nei panni di Danny vi è l’attore Milo
Ventimiglia, celebre per la serie This Is Us.
Ad interpretare Eve, la sua compagna e poi moglie, si ritrova
Amanda
Seyfried, attrice celebre per Mamma mia e
Letters to Juliet. La piccola Zoe, figlia di Danny e Eve,
è interpretata da Ryan Keira Armstrong, mentre per
la sua versione adolescente vi è Lily
Dodsworth-Evans. Gli attori Kathy Baker e
Martin Donovan interpretano invece Trish e
Maxwell, i genitori di Eve. Infine, a dare voce al cane Enzo vi è
in lingua originale il premio Oscar Kevin Costner,
qui al suo primo ruolo come doppiatore. Per la lingua italiana,
invece, si può ascoltare Gigi Proietti,
qui al suo ultimo ruolo come doppiatore.
Attraverso i miei occhi:
il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Attraverso i miei occhi grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Rakuten TV, Google Play, Apple iTunes, Disney+ e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 31 ottobre alle ore 21:20
su Canale 5.
Sono numerosi i film dedicati alle
battaglie per i diritti della popolazione afroamericana che si sono
svolte negli Stati Uniti tra gli anni Sessanta e Settanta. Molti di
questi lungometraggi ripercorrono le gesta dei leader di quei
movimenti di ribellione, come Malcolm X, dedicato
all’omonimo attivista, o Selma – La strada per la
libertà, incentrato sulla marcia guidata da Martin
Luther King per richiedere il diritto di voto agli
afroamericani. Un altro film, più recente, che racconta
brillantemente di quel periodo è Judas and the Black
Messiah (qui la recensione), diretto nel
2021 dal regista Shaka King, qui al suo secondo
lungometraggio.
King, anche sceggiatore insieme a
Will Berson, ha descritto l’idea iniziale del film
come The Departed – Il bene e il
male (il film diMartin
Scorsese premiato agli Oscar) nel contesto del
COINTELPRO (Counter Intelligence Program). La volontà era infatti
quella di raccontare una vicenda realmente accaduta ma dal punto di
vista dell’infiltrato che portò all’abbattimento di un carismatico
leader della comunità afroamericana. Si tratta di un episodio forse
meno noto di quel periodo di scontri, ma che racconta altrettanto
efficacemente la tensione vigente in quegli anni.
Accolto in modo molto positivo,
Judas and the Black Messiah è divenuto uno dei film più
importanti del suo anno, guadagnando anche sei nomination al premio
Oscar (tra cui quella per il Miglior film) e vincendone poi due:
Miglior attore non protagonista e Miglior canzone. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e alla storia
vera. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Daniel Kaluuya LaKeith Stanfield in Judas and the Black
Messiah
La trama e il cast di Judas and the Black Messiah
Il film è ambientato nel 1968, anno
che vide accese diverse proteste, tra cui quella degli
afroamericani per i diritti civili. In questo periodo così
delicato, durante il quale le manifestazioni spesso sfociano in
atti di violenza, diventa capo delle Pantere Nere dell’Illinois il
giovane attivista Fred Hampton. Il gruppo si
schiera contro la polizia, accusata di usare ingiustificatamente la
violenza verso gli afroamericani. Hampton viene dunque presto
avvertito dal governo americano come una minaccia e l’FBI
decide così di intervenire, facendo infiltrare tra le file delle
Pantere Nere, uno dei suoi uomini, William
O’Neal.
Quest’ultimo non è un vero e proprio
agente, ma un semplice cittadino nero che aveva avuto diversi
problemi con la legge, soprattutto a causa dei suoi furti, e al
quale l’FBI propone di far cadere ogni accusa, purché diventi un
agente di controspionaggio e fornisca informazioni su Hampton. Dopo
essersi unito alle Pantere Nere, O’Neal fa rapidamente carriera
all’interno del gruppo, nonostante viva nella costante ansia di
essere scoperto. Ben presto però lo stesso infiltrato si ritroverà
affascinato dalle parole del carismatico leader, una sorta di
Messia nero, nei confronti del quale lui sarà ha però il ruolo di
Giuda.
Ad interpretare Fred Hampton vi è
l’attore Daniel Kaluuya,
il quale per la sua interpretazione ha poi vinto il premio Oscar
come miglior attore non protagonista. LaKeith
Stanfield, interpreta invece William O’Neal e ha
dichiarato in un’intervista di aver avuto bisogno di intraprendere
un percorso di terapia dopo tale ruolo. Anche lui è stato poi
nominato all’Oscar nella medesima categoria di Kaluuya, facendo
così di Judas and the Black Messiah il primo film con
due attori neri candidati al premio. Completano poi il cast
Jesse Plemons nel ruolo di Roy Mitchell,
Dominique Fishback in quelli di Deborah Johnson e
Martin Sheen come J. Edgar Hoover, capo
dell’FBI.
Judas and the Black
Messiah: la vera storia dietro il film
Come anticipato, Judas and the
Black Messiah è basato sugli eventi realmente accaduti che
portarono all’assassinio di Fred Hampton nel 1969.
Hampton era un carismatico organizzatore e attivista, divenuto poi
presidente dell’Illinois Black Panther Party. Fondata nel 1966, era
questa un’organizzazione politica che si opponeva al razzismo e
alla brutalità della polizia e che gestiva anche iniziative
comunitarie come un programma di colazione gratuita per gli
scolari. In seguito alla sua nomina e alle sue prime battaglie
politiche, Hampton divenne il bersaglio della sorveglianza dell’FBI
come parte di un programma chiamato Cointelpro.
Gli obiettivi di questo includevano
“prevenire la coalizione di gruppi militanti nazionalisti
neri” e “prevenire l’ascesa di un ‘messia’ che potesse
unificare ed rafforzare il movimento militante nazionalista
nero”. J. Edgar Hoover, il primo direttore
dell’FBI, considerava lo stesso Black Panther Party “la più
grande minaccia alla sicurezza interna del paese”. Per cercare
di tenere d’occhio le azioni di Hampton e trovare il modo di
neutralizzarlo, l’FBI reclutò William O’Neal, il
quale era stato arrestato per essersi spacciato per furto. L’FBI
gli promise che se fosse diventato un informatore e si fosse
infiltrato nel Black Panther Party a Chicago, le sue accuse di
crimine sarebbero state ritirate.
O’Neal si unì dunque alle Pantere
Nere nel novembre 1968 e divenne il capo della sicurezza locale. Si
è poi guadagnato la fiducia di Hampton a tal punto da poter agire
come sua guardia del corpo. In seguito, ha fornito all’FBI
informazioni sull’appartamento di Fred Hampton, informazioni che
hanno poi permesso un raid delle forze dell’ordine. Il 4 dicembre
1969, infatti, prima dell’alba, 14 agenti di polizia fecero
irruzione nella residenza di Hampton al 2337 di West Monroe Street.
Sono stati sparati più di 80 colpi. Hampton e Mark Clark, anche lui
membro del Black Panther Party, sono entrambi deceduti.
L’FBI ha fatto irruzione
nell’appartamento di Hampton nel tentativo di prenderlo di mira con
il pretesto di sequestrare armi che credevano le Pantere Nere
stessero conservando lì. Ciò si basava appunto sulle informazioni
ricevute dall’informatore dell’FBI William O’Neal e dall’agente
speciale dell’FBI Roy Mitchell. La morte di Fred Hampton durante il
raid ha però portato molti a credere che si trattasse di un
assassinio coordinato da parte dell’FBI e del dipartimento di
polizia di Chicago e che la possibile presenza di armi fosse solo
un pretesto per potersi introdurre nell’abitazione. O’Neall
sviluppò poi sensi di colpa per l’accaduto e il 16 gennaio del 1990
decise di suicidarsi facendosi investire da un auto.
Il trailer di Judas and the
Black Messiah e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Judas and the Black Messiah grazie alla
sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Rakuten TV, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 31 ottobre alle ore 21:20
sul canale Rai 4.
A un mese dall’uscita nelle sale
italiane, Plaion Pictures svela il trailer italiano di
Silent Night – Il silenzio della vendetta, atteso
action movie dai produttori di John Wick e diretto dal leggendario maestro John
Woo.
Con il suo stile inconfondibile,
John Woo torna a Hollywood dopo cult come Face/Off,
Nome in codice: Broken Arrow e Mission: Impossible
II, realizzando un revenge movie adrenalinico in cui l’azione
conta letteralmente più delle parole. Il trailer si apre sulle
iconiche note natalizie di Carol of the Bells, che presto
esplodono in una travolgente variazione dell’Inno alla
gioia. Un’esplosione musicale che va di pari passo con le scene
mozzafiato, in cui a farla da padrone sono effetti speciali,
sparatorie e inseguimenti da urlo che si susseguono in un racconto
dal ritmo sincopato, anticipando un’esperienza cinematografica
unica e imperdibile, da godersi appieno sul grande schermo.
Ispirato dai capolavori e dai
successi recenti del genere,
Silent Night – Il silenzio della vendetta porta
l’action a nuovi livelli, grazie alla geniale messa in scena del
suo regista, che torna nuovamente a sfidare se stesso e il pubblico
dopo aver rivoluzionato il cinema action grazie ai suoi
indimenticabili lavori hongkonghesi quali A Better Tomorrow
e The Killer, che hanno influenzato generazioni di cineasti,
fra cui Quentin Tarantino. Intenso protagonista di questa pellicola
100% action è Joel Kinnaman. Già apprezato in
noti action movie come Robocop (2014) e nel ruolo di Rick Flag in
Suicide
Squad e The Suicide Squad – Missione suicida, Kinnaman è
il volto senza voce protagonista di questa spietata storia di
vendetta ambientata durante la notte di Natale, tutt’altro che
calma e che si tingerà di rosso per portare a compimento la
terribile missione punitiva di un padre tormentato a cui è stato
tolto il dono più prezioso – il proprio figlio – cambiando per
sempre la sua vita e quella della sua famiglia. Nel cast anche
Scott Mescudi, in arte Kid Cudi (X – A Sexy Horror
Story), e Catalina Sandino Moreno (Maria Full of
Grace).
Dopo aver visto il trailer italiano
del film, l’attesa del Natale acquisterà un senso tutto nuovo.
Diretto da John Woo,
Silent Night – Il silenzio della vendetta, sarà
nei cinema dal 30 novembre in anteprima mondiale
distribuito da Plaion Pictures.
La trama
Ancora in lutto per la morte del
giovane figlio, rimasto ucciso nel fuoco incrociato di uno scontro
fra bande, proprio il giorno di Natale, il padre decide di uccidere
i colpevoli la notte di Natale dell’anno successivo. Ferito a sua
volta durante l’inseguimento degli assassini e ormai muto, l’uomo
si addentra nei bassifondi criminali per compiere con ogni mezzo la
sua silenziosa vendetta verso chi gli ha strappato suo
figlio.
Da domani, mercoledì 1° novembre,
saranno disponibili su Disney+ gli ultimi 4 episodi
de I Leoni di Sicilia. Per
l’occasione, debutterà sulla piattaforma streaming anche
I Leoni di Sicilia – Il Making Of, il
dietro le quinte della nuova serie originale italiana
Disney+.
Questo contenuto esclusivo mostrerà
al pubblico alcuni momenti della realizzazione della saga familiare
diretta da Paolo Genovese e tratta dall’omonimo bestseller di
Stefania Auci, con interviste inedite al cast
artistico e tecnico della serie.
Dal regista Paolo
Genovese, che ne è anche produttore creativo, la serie in
otto episodi è prodotta da Francesco e
Federico Scardamaglia per Compagnia Leone
Cinematografica e da Raffaella Leone e
Marco Belardi per Lotus Production, una società
Leone Film Group. ILeoni di Sicilia è una serie
scritta da Ludovica Rampoldi e Stefano
Sardo.
I Leoni di Sicilia è
l’avvincente storia della famiglia Florio. I fratelli Paolo e
Ignazio sono due piccoli commercianti di spezie fuggiti da una
Calabria ancorata al passato e in cerca di riscatto sociale. In
Sicilia s’inventano un futuro, dove a partire da una bottega
malmessa danno vita a un’attività florida che il giovane figlio di
Paolo, Vincenzo, con le sue idee rivoluzionarie, trasformerà poi in
un impero. Tuttavia, a travolgere la vita di Vincenzo, e quella di
tutta la famiglia, è l’arrivo dirompente di Giulia, una donna forte
e intelligente, in contrasto con le rigide regole della società del
tempo. I Leoni di Sicilia è un’epopea fatta di amore,
famiglia, successi, guerre e rivoluzioni, che si svolge nella
Sicilia dell’Ottocento fino all’Unità d’Italia del 1861.
La serie è interpretata da Michele Riondino nel ruolo di Vincenzo Florio,
Miriam Leone in quello di Giulia Portalupi,
Donatella Finocchiaro in quello di Giuseppina,
Vinicio Marchioni nei panni di Paolo Florio,
Eduardo Scarpetta nel ruolo di Ignazio Florio
(figlio di Vincenzo), Paolo Briguglia in quello di
Ignazio Florio, Ester Pantano nel ruolo di
Giuseppina giovane e Adele Cammarata in quello di
Giovanna D’Ondes.
I Leoni di Sicilia è stata
presentata in anteprima alla diciottesima edizione della
Festa del Cinema di Roma alla presenza del cast e
del regista Paolo Genovese. La serie ha debuttato lo scorso 25
ottobre su Disney+ in Italia con i primi quattro
episodi, mentre i restanti quattro saranno disponibili da domani,
mercoledì 1° novembre. I Leoni di Sicilia è disponibile su
Hulu negli Stati Uniti, su Star+ in America Latina e su Disney+ in tutti gli altri
territori.
La end credit song
di tutti gli otto episodi della serie è
“Durare”, il singolo di
Laura Pausini, l’artista italiana più premiata del
mondo: una potente ballad dedicata all’amore che scorre insieme
alle varie tappe di due vite che si fondono in una sola. Il
brano è inoltre disponibile anche nella sua versione spagnola,
intitolata “Durar”, selezionando l’audio degli episodi in
spagnolo.
Genvid Entertainment e Konami
Digital Entertainment trasmetteranno in streaming la premiere di
SILENT HILL: Ascension, serie interattiva
di Genvid, questa notte alle 2:00 CET. Prima della premiere, Genvid
sarà online per un evento pre-show, condotto da Greg Miller e Kinda
Funny, durante il quale i fan di SILENT HILL potranno riunirsi,
prepararsi alla serie in arrivo e chiacchierare con i creatori
della serie. Il pre-show della premiere inizierà alle 1:30 CET ed è
disponibile nell’app SILENT HILL: Ascension, su
Ascension.com e sui canali YouTube e Twitch di Kinda Funny.
I fan possono installare
SILENT HILL: Ascension e registrare un
account gratuito sul proprio dispositivo mobile o su Ascension.com.
Mentre la serie vera e propria non inizierà prima delle 2:00 CET,
la prima decisione può già essere presa e avrà un impatto
sull’esito delle scene iniziali della live, condizionando il
destino di uno dei personaggi, Rachel Hernandez.
Inoltre, prima dell’inizio della
live, i fan potranno guardare SILENT HILL: Ascension –
The Essentials per capire come funziona la serie. Il
video spiega come il pubblico prenderà le decisioni quotidiane e
come queste scelte influenzeranno la storia attraverso enigmi e
altri elementi. Inoltre, sottolinea che le scelte saranno
disponibili per un minimo di 24 ore, in modo che i fan di tutto il
mondo possano partecipare senza bisogno di essere presenti in
live.
“Il pubblico sperimenterà
SILENT HILL: Ascension per la prima volta questa notte e non
abbiamo idea di quali scelte farà o di come tutto si
evolverà”, ha dichiarato Jacob Navok, CEO di Genvid. “È un
momento perfetto per Halloween, in cui, nel corso dei prossimi
mesi, il pubblico darà forma a questa serie horror unica nel suo
genere. Ciò che accadrà questa notte segnerà il futuro di questi
nuovi personaggi di SILENT HILL”.
La prima decisione: SILENT
HILL: Ascension segue le complesse vite di due famiglie in
pericolo, in cui troviamo la già citata Rachel Hernandez –
un’accolita mistica, madre e leader della comunità che eseguirà un
rituale su un nuovo membro del culto, Joy Cirelli, in cerca di
guarigione spirituale. Quando le cose volgeranno inevitabilmente al
peggio, cosa dovrebbe dire Rachel a Joy? Di: a) finire il
giuramento b) scappare! o c) chiedere pietà? Sarete voi a
decidere! Tornate ogni giorno per prendere decisioni sempre più
difficili, che determineranno quale di questi personaggi
sopravviverà fino alla fine della storia.
“Ci siamo impegnati molto per
creare la storia delle famiglie Johansen e Hernandez, collaborando
con Konami Digital Entertainment per espandere la lore di SILENT
HILL in modi sempre più intriganti”, ha dichiarato Stephan
Bugaj, Chief Creative Officer di Genvid Entertainment. “Creare
una storia in cui le scelte collettive del pubblico determineranno
il finale canonico non è mai stato fatto prima”.
Dopo la premiere, i fan potranno
tornare in qualsiasi momento sull’applicazione mobile o su
Ascension.com per guardare le ultime scene on-demand, risolvere
enigmi e partecipare alle decisioni sulla storia (quasi tutte le
decisioni saranno aperte per 24 ore o più). Oppure, ogni giorno
alle 3:00 CET, potrete assistere in diretta allo svolgersi degli
eventi e partecipare a sequenze interattive con il resto del
pubblico, determinando il destino a lungo termine dei personaggi
principali.
“La giornata di oggi è speciale
perché SILENT HILL: Ascension è il primo progetto della
resurrezione del franchise SILENT HILL”, ha dichiarato Motoi
Okamoto, produttore della serie SILENT HILL presso Konami Digital
Entertainment. “Sono molto orgoglioso di questo progetto come
produttore della serie SILENT HILL e sono sicuro che vi
piacerà”.
Sebbene SILENT HILL:
Ascension sia un’esperienza gratuita, i fan potranno
personalizzare il modo in cui appaiono nella chat, nelle
classifiche e nei camei speciali all’interno della serie. Ogni
giorno, all’interno dell’applicazione, si terrà un concorso di
camei in cui i vincitori potranno far apparire i personaggi da loro
creati all’interno di sequenze cinematografiche o scene d’azione
interattive.
Come offerta speciale a tempo
limitato, Genvid ha realizzato il Founder’s Pack di SILENT
HILL: Ascension. Il Founder’s Pack sarà disponibile fino al 14
novembre e includerà personalizzazioni esclusive per il profilo,
come l’icona del Fondatore, la cornice del Fondatore e una cornice,
un’emoji e un adesivo a tema. Il Founder’s Pack include anche un
Season Pass che consente ai fan di sbloccare oltre 100 livelli di
ricompense e Punti Influenza e ulteriori cosmetici esclusivi. Il
Founder’s Pack e il Season Pass saranno disponibile al prezzo di
€22,99. Il Season Pass sarà valido per il resto della stagione di
SILENT HILL: Ascension o per circa 6 mesi di contenuti
dall’acquisto.
Federico Moccia,
autore di iconici film rivolti ai giovani come Tre metri sopra
il cielo e Scusa ma ti chiamo amore, è il regista di
Bro, un cortometraggio realizzato in
collaborazione con Motorola e prodotto da Orange
Pictures e Adler Entertainment che sarà proiettato a
Lucca Comics & Games, la manifestazione casa della
cultura pop, venerdì 3 novembre alle ore 16.00 presso
il Cinema Centrale della città, in compagnia degli attori e
di Federico Moccia.
Bro coinvolge 4
ragazzi e 4 ragazze nel pieno dell’adolescenza, un
gruppo di giovani 16/17enni che vive la continua evoluzione di
amori, delusioni, entusiasmi, tradimenti lasciando tracce della
propria quotidianità nelle chat, nei social e nei video e cerca di
trovare un senso a quel magma di emozioni e avvenimenti veloci
tipici dell’adolescenza. Tutte le esperienze dei protagonisti
passano infatti dallo smartphone – rigorosamente Motorola –
che viene vissuto in modo simbiotico e quotidiano, un’appendice
fondamentale del proprio corpo.
Abbiamo incontrato
Federico Moccia a Milano, in occasione della prima
presentazione del cortometraggio.
-Qual era la
mission di questo cortometraggio e come ha preso forma la
storia?
Volevo far vedere
come si potessero raccontare le storie di questi giovanissimi che
sono legati totalmente, a volte rimanendone asserviti altre volte
cavalcandolo, al telefonino. Mi piaceva il poter pensare di
raccontare dal loro punto di vista, rendendoli non solo
protagonisti ma anche operatori e registi. Quindi oltre a recitare
dovevano anche curare l’inquadratura. Quando ne ho parlato con il
produttore della Orange, Andrea Maffini, gli ho dato alcuni appunti
per esporgli la mia idea e insieme abbiamo deciso di realizzare
Bro, con l’aiuto di Adler Entertainment e Motorola.
-In pochi minuti
si mettono in scena diverse situazioni, dalle futili a quelle molto
serie e tragiche, che possono toccare gli adolescenti. Ci sono
stati dei ragazzi che hanno svolto il ruolo di consulenza per il
linguaggio e la messa in scena delle situazioni?
Bro è come se fosse
un trailer al contrario di un film che poi dovresti avere voglia di
vedere. Ho cercato di mettere in scena le situazioni più diverse
che si possono trovare all’interno di questa serie di giovanissimi,
o all’interno di questo film. Quando ho preparato queste scene, ho
realizzato dei provini e lui ho rivisti insieme agli attori che poi
sono stati scelti per interpretare i rispettivi personaggi.
Confrontandomi con loro, ho modificato e cambiato le battute,
perché mi piace molto che gli attori parlino come se non fossero
condizionati dalla finzione, ma non c’è stata una vera e propria
consulenza. Sono loro stessi a essere involontariamente consulenti
con il loro racconto costante che fanno di sé sui social.
-Il corto mette
in evidenza, quasi sempre, l’utilizzo virtuoso dei cellulari come
strumenti di comunicazione tra gli adolescenti. Lei pensa che la
tecnologia venga ancora vista come strumento o come status da
raggiungere?
La tecnologia si è
spostata e mi piacerebbe che fosse asservita all’utilità, e non che
ci sia una dipendenza dai social. Non mi piace questo. Immagino la
tecnologia come uno strumento, un’emanazione del giovane di oggi,
perché il telefonino è anche il veicolo dei ricordi, delle foto,
dei momenti passati, il video. È qualcosa che ti aiuta a
condividere quello che vivi.
Ci sarà sempre un posto per le
storie di viaggio nel tempo ben fatte all’interno del genere
fantascientifico. Il nuovo thriller di NetflixBodies (qui la
recensione) è basato sulla graphic novel della DC Vertigo
di Si Spencer e copre un arco di tempo che parte dai giorni nostri
e arriva fino al 1890, per poi proseguire fino al 2053. La serie è
ambientata a Londra e nel cast ritroviamo attori quali Amaka Okafor, Shira Haas,
Stephen Graham (Rocketman),
Jacob-Fortune Lloyd (la
regina degli scacchi) e Kyle Soller (Anna
Karenina).
Si tratta di una premessa
affascinante che inizia con il sergente Shahara Hasan, che si
imbatte nel corpo nudo e morto di un uomo misterioso che giace in
una stradina, Longarvest Lane. Il corpo sembra essere apparso dal
nulla e presenta una ferita da proiettile all’occhio sinistro e uno
strano segno simile a un tatuaggio sul polso. Altri tre detective
si imbattono nello stesso corpo, tutti in periodi temporali
diversi. È una di quelle serie che inizia con un’idea così
sconcertante che non si può fare a meno di guardarla tutta d’un
fiato. Prima di parlare del meraviglioso colpo di scena finale,
analizziamo un po’ la serie in sé.
Di che cosa parla
Bodies?
Bodies si
svolge in quattro epoche diverse e distinte a Londra prima e dopo
la Seconda Guerra Mondiale. Il sergente Hasan
lavora inizialmente al misterioso caso di omicidio nell’attuale
anno 2023. Ma la serie si spinge fino al periodo successivo a Jack
lo Squartatore, nella stessa zona della città che egli rese
tristemente famosa, Whitechapel, nel 1890. Lì, l’ispettore
Alfred Hillingshead ha la sfortuna di imbattersi
nello stesso corpo, circa 130 anni prima di quello in cui si è
imbattuto il sergente Hasan.
Poi toccherà al sergente
Charles Whiteman che scopre di nuovo lo stesso
corpo, questa volta nel 1941, proprio mentre gli inglesi vengono
bombardati dalla Luftwaffe tedesca nella Seconda Guerra Mondiale.
Infine, ci spostiamo nel futuro e incontriamo la detective
Iris Maplewood che sta lavorando allo stesso
identico caso nell’anno 2053. Il passaggio da un’epoca all’altra è
costante, ma avviene senza soluzione di continuità e non fa altro
che aumentare la suspense nel cercare di capire chi sia quest’uomo
morto e perché continui a comparire nella stessa posizione nello
stesso vicolo così tante volte.
Chi è Elias Mannix/Sir Julian
Harker?
Prima di andare avanti, dobbiamo
parlare di chi sia veramente il comandante del 2053 Elias
Mannix e del perché sia così determinante nel finale di
Bodies. Mannix affida a Maplewood il
compito di scoprire il maggior numero di informazioni su quello che
ritiene essere un gruppo terroristico sovversivo che vuole far
esplodere una grande bomba nucleare nel cuore di Londra. Maplewood
è portata a credere che un gruppo noto come Chapel Perilous si stia
organizzando da qualche parte in città e voglia distruggere tutto
ciò che Mannix ha fatto per portare un “ordine” distopico nella
Londra del 2053.
Si scopre che Mannix è anche
l’opportunista manipolatore del 1890 e del 1941, conosciuto come
Sir Julian Harker, il quale trae profitto dalla
compravendita di azioni che conosce già dal futuro. Nel 2053 ha
trovato una porta per viaggiare nel tempo chiamata “La Gola” e ha
iniziato a creare un mondo in cui la versione quindicenne di sé
stesso nel 2023 sa finalmente cosa significa essere amati. Nel
2023, Harker/Mannix è un adolescente orfano che ha intrapreso una
vita di crimini perché è stato abbandonato da entrambi i genitori.
Il futuro Mannix sta cercando di tornare indietro nel tempo e di
crearsi una vita alternativa a quella miserabile che ha ai giorni
nostri. Quindi, Harker è una versione più vecchia dell’Elias Mannix
adolescente con cui vediamo il detective Hasan lavorare duramente
per stabilire un legame nel corso della serie.
Tutti i quattro detective ed un
fisico contribuiscono a rompere il loop di Mannix
Una volta che Hasan ha capito che
l’adolescente problematico di nome Elias Mannix è la copia chiave
del Mannix/Harker che viaggia nel tempo, tutti e quattro i
detective e un fisico, Dr. Gabriel Dafoe, giocano un ruolo cruciale
per assicurarsi che il suo piano di uccidere mezzo milione di
londinesi innocenti non si realizzi. Iris Maplewood insegue Mannix
nel portale della Gola; finisce in una cella del 1890 accanto al
sergente Hillingshead e lo convince di venire dal futuro.
Gli spiega che Harker è un mortale
viaggiatore nel tempo che deve essere fermato. Alla fine, dopo aver
scoperto che il misterioso corpo che continuava a comparire morto
nel tempo è quello del dottor Dafoe, il finale si riduce a tre sole
persone: il sergente Hasan, il sergente Whiteman e l’adolescente
Mannix che viaggia nel tempo.
Qual è il messaggio registrato che
Whiteman trasmette ad Hasan?
Più volte nel corso della stagione,
Harker/Mannix si lascia dietro dei dischi in vinile come una sorta
di diario per tenere il pubblico al corrente di tutto ciò che sta
accadendo. La registrazione più importante che Mannix detta è
quella di sé stesso nel 1941 al Mannix più giovane nel 2023. Dopo
essersi reso conto di non essere riuscito a cambiare nulla della
sua vita difficile e svantaggiata, invia un ultimo messaggio che
Whiteman consegna ad Hasan dopo che questi ha sparato e ucciso
Mannix. In esso, la versione più anziana di Mannix cerca di
convincere la versione più giovane di sé stesso a non far esplodere
la bomba. Mentre giace morente, spiega di essere amato, e che ha
cercato di definire cosa sia l’amore in un modo terribilmente
sbagliato e malvagio.
Il più anziano Elias Mannix convince
il più giovane che dovrebbe amare sé stesso e rendersi conto di
essere degno anche degli altri. In un clima di grande emozione, nel
2023 Mannix strappa il foglietto con il numero di detonazione del
cellulare e viene abbracciato da Hasan e dalla madre
biologica. Il loop temporale è stato finalmente interrotto, ma
l’adolescente Mannix scompare perché non fa più parte dell’attuale
continuum spazio-temporale. Hasan viene mostrata stordita e
disorientata nel suo appartamento mentre chiede al marito che
giorno sia. Non ha memoria degli eventi perché il loop interrotto
ha alterato la realtà attuale. Vediamo però che Whiteman è ancora
vivo nel 1941 anche nella nuova realtà.
La scena finale: varco per una
seconda stagione di Bodies
Nella sequenza finale di
Bodies, il pubblico vede Shahara
Hasan salire su un Uber. Affannata, dice subito
all’autista di portarla a Spencer Street. “What a Difference a
Day Makes” suona dolcemente alla radio e Hasan chiede
all’autista di alzare un po’ il volume. Lei guarda fuori dal
finestrino e dice: “A volte mi sento come se l’intera città
stesse per ribollire. Che esploda. Mi fa preoccupare per il futuro.
Capisce cosa intendo?”. L’autista risponde: “So
esattamente cosa vuoi dire”.
Segue un’inquadratura ravvicinata
dello specchietto retrovisore che mostra quella che sembra essere
Iris Maplewood, l’agente di polizia del 2053 che
ha inseguito Mannix nel 1890 per interrompere il loop; fa una pausa
e la chiama per nome. Shahara ha uno sguardo di stupore e di
consapevole familiarità. È un grande colpo di scena che presuppone
che Iris sia riuscita in qualche modo ad arrivare nell’anno 2023,
mentre avrebbe dovuto scomparire quando il loop è stato interrotto,
essendo originaria dell’anno 2053. È una bella conclusione tra i
due personaggi principali e lascia la porta aperta per altre
stagioni di Bodies.
Beffarda, divertente, pungente,
elementare e prevedibile. Approdata lo scorso 20 ottobre su
Netflix,
Old Dads segna l’esordio alla regia del celebre
comico e attore statunitense Bill Burr, conosciuto
al pubblicotudum soprattutto per i suoi
stand-up comedy. Burr – che ha lavorato alla sceneggiatura per
circa due anni insieme all’amico Ben Tishler – ha
raccontato di essersi ispirato ad un momento cruciale della sua
vita: quando nel 2017, all’età di cinquant’anni circa, è diventato
padre per la prima volta.
Trama Old Dads
Jack Kelly
(Bill Burr), Connor Brody
(Bobby
Cannavale) e Mike Richards
(Bokeem Woodbine) sono tre migliori amici che
hanno in comune gli affari e il fatto di essere dei “neopapà” alla
soglia dei cinquant’anni. Jack ha problemi a gestire la sua
profonda collera; Connor è succube e spaventato dalla sua
fredda e severa moglie; e Mike – che non aspettava altro che
godersi i frutti del suo duro lavoro – si sente perso quando scopre
che la giovane compagna è incinta. Ma le loro vite iniziano ancor
più a complicarsi quando, dopo aver venduto a malincuore l’azienda
di abbigliamento vintage che hanno fondato, si ritrovano a dover
affrontare un’improvvisa crisi lavorativa e
familiare. Una serie di sfortunati eventi li porterà una
sera in un casinò di Palm Desert in cui – tra glitter, strippers e
alcol – recupereranno il coraggio e la determinazione per
rimettere le cose a posto.
Tra politically incorrect e realtà da
capogiro
Burr traduce tanto di sé in questa
commedia che, con una gran bella dose di sarcasmo e
cliché, cerca di raccontare le profonde difficoltà
e contraddizioni di una società che cambia troppo
velocemente. Old Dads dà, dunque, voce alla generazione X
e ai suoi maldestri tentativi di sopravvivere in
un mondo che non riescono più a comprendere e accettare. Un
mondo ipersensibile e contraddittorio dove il confine tra
ciò che è giusto e sbagliato diviene sempre più labile e
incoerente. È così che la scomoda e brutale comicità di
Burr diviene espressione di un “politically
incorrect” che – senza alcuna reale intenzione di ferire –
tenta di testarne i limiti e sollecitare alla riflessione.
«Jack Kelly è fondamentalmente
una versione potenziata di tutto il buono, il brutto e il
cattivo che c’è in me. Guardando il film ci sarà una parte
di pubblico a cui piacerà il mio personaggio, mentre un’altra
penserà che Jack sia un idiota che ha bisogno di aiuto. Ma
nonostante tutto, Jack è semplicemente un essere
umano. Rappresenta quella parte di me che ogni giorno, in
modo testardo e stupido, cerca di essere la miglior persona
possibile» – ha spiegato Burr della sua
interpretazione.
In questa lotta generazionale e al
politicamente corretto predomina il tema della genitorialità,
declinato in particolar modo nell’esperienza della
paternità. Old Dads racconta con ironia e
comicità le sfide di crescere ed educare un figlio al
giorno d’oggi. Genitori cresciuti negli anni ’60-’70, in un’epoca
più semplice, temperata e lenta, si ritrovano ora a dover preparare
i figli per un mondo in continua e delirante evoluzione che persino
loro stessi non hanno ancora compreso del tutto. Jack, Connor e
Mike incarnano, in modo tenero e bizzarro, quel
“principio della paternità” per cui ogni
padre fa del suo meglio per preparare i propri figli al mondo.
Tanto odiata dalla critica quanto amata dal
pubblico
Pur essendo arrivata in testa alla
classifica della Top10 Netflix,
conquistando anche il pubblico oltreoceano, l’opera prima di Bill
Burr non ha riscosso lo stesso successo tra la critica
americana, raggiungendo ad oggi su Rotten
Tomatoes un infelice 26% di voto positivo.
Senza troppe pretese né aspettative,
Old Dads intrattiene e diverte il pubblico a tal punto da
far scivolare in secondo luogo le evidenti pecche,
come: la poca caratterizzazione dei personaggi secondari, una trama
priva di acme e grande emozione, una sceneggiatura confusa che osa
troppo poco per essere memorabile.
Sì, Old Dads è
l’ennesima commedia irriverente sulla genitorialità che
poteva essere molto più emblematica e incisiva. Ma, se la si valuta
come il “primo esperimento cinematografico” di Bill Burr, risulta
semplice accettarla e apprezzarla, pregi e difetti annessi.
Sono stati rivelati alcuni nuovi
dettagli molto interessanti sul modo in cui il Wolverine di
Hugh Jackman
entra in scena in Deadpool 3, incluso il modo in
cui l’iconico mutante artigliato si inserirà all’interno della Saga
del Multiverso.
Sappiamo che la produzione è al
momento in stato di fermo a causa dello sciopero degli attori a
Hollywood, ma le foto dal set hanno suggerito che lui e Wade Wilson
si ritrovano nel Vuoto ad un certo punto, mentre è da un po’ che
sentiamo voci su Deadpool 3 che segnerà la prima
apparizione della TVA al di fuori di Loki.
Si dice che “Deadpool 3 parla
della TVA che raccoglie le versioni PRIME di ciascun eroe per
creare un esercito multiversale per combattere i Kang. E hanno
scelto di reclutare Wolverine di Hugh Jackman, ma lui non è
completamente d’accordo”.
Questo non solo offre uno spaccato
del futuro di Logan nel MCU, ma ci dà un’idea più chiara di
dove si sta dirigendo la Saga del Multiverso. Dopotutto abbiamo già
sentito parlare di piani per un nuovo Guardiani del Multiverso da
mettere insieme, con Spider-Man di Tom Holland, ad
esempio, che si dice sia il “primo” Peter Parker.
È una premessa avvincente e che fa
davvero capire quanto sarà importante il debutto nel MCU del Mercenario Chiacchierone
per il futuro di questo mondo condiviso. Inoltre, vedremo Wolverine
e Deadpool intraprendere un viaggio nel Multiverso, un viaggio che
siamo sicuri sarà pieno di sorprese.
Deadpool 3: quello che sappiamo sul film
Sebbene i dettagli ufficiali della
storia di Deadpool 3, con
protagonista Ryan Reynolds,
non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama
riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la
serie di film di Deadpool – l’unica parte del
franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione
della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di
Reynolds si siano svolti in un universo diverso. Ciò preserva i
film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al
contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo interpretato
da Hugh Jackman,
viaggiare nell’universo principale dell’MCU.
Nel film saranno poi presenti anche
personaggi presenti nei primi due film di Deadpool, come
Colossus e Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera
che anche altri X-Men possano fare la loro
comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della
Marvel comparsi sul
grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben
Affleck. L’attrice Jennifer Garner
sarà presente nel film con il ruolo di Elektra, che riprende dunque
a quasi vent’anni di distanza dal film a lei dedicato.
In attesa di ulteriori conferme,
sappiamo che Shawn
Levy dirigerà Deadpool 3,
mentre Rhett Reese e Paul
Wernick, che hanno già firmato i primi due film sul
Mercenario Chiacchierone, scriveranno la sceneggiatura basandosi
sui fumetti creati da Rob Liefeld,
confermandosi nella squadra creativa del progetto. Il presidente
dei Marvel Studios, Kevin
Feige, aveva precedentemente assicurato ai fan che rimarrà
un film con rating R, proprio come i primi due film, il che lo
renderebbe il primo film dello studio con tale classificazione
matura.
Sorella
Morte è il film horror spagnolo distribuito
da Netflix che racconta
di Sorella Narcisa, una suora che, dopo aver
scoperto di possedere dei poteri spirituali, diventa insegnante in
una scuola femminile cattolica. Qui scoprirà però ben presto che
tale luogo è infestato dallo spirito di una giovane suora defunta,
Sorella Socorro. Mentre Sorella Narcisa entra
dunque a conoscenza della storia della scuola, scoprirà oscuri
segreti tenuti nascosti dalla Madre Superiora e da
Sorella Julia che hanno a che fare con quanto
accaduto a Socorro, la quale ora è dunque in cerca di vendetta.
Scritto e diretto da Paco Plaza, il
film è un prequel del film di Plaza del 2017, Verónica, e
racconta il retroscena della suora cieca vista in quel titolo,
ovvero Sorella Narcisa aka “Sorella Morte”.
La guerra civile spagnola e il
retroscena di Sorella Socorro
L’inizio di Sorella Morte
presenta filmati sgranati in bianco e nero del 1939, ma il
retroscena completo inizia alcuni anni prima, durante la
Guerra Civile Spagnola. La prima cosa che suor
Narcisa vede quando arriva al convento è infatti il muro con i fori
di proiettile rimasti dalla guerra, ma in seguito apprende che le
cicatrici di quell’evento sulla scuola sono ancora più profonde.
Quando guarda l’eclissi, Narcisa vede infatti il convento venire
saccheggiato e scopre che uno degli aggressori ha violentato suor
Socorro, che è rimasta incinta e ha dato alla luce una bambina. Le
altre suore hanno poi giurato che tale nascita sarebbe rimasta un
segreto tra le mura del convento.
Quando la figlia di Socorro ha pochi
anni, le viene però una brutta febbre e la madre vuole portarla in
ospedale. Le altre suore, tra cui la Madre Superiora e Suor Julia,
si rifiutano di lasciarla partire, desiderando come sempre
mantenere segreto l’accaduto. Chiudono pertanto Socorro nella sua
stanza e cercano di curare loro stesse la bambina, mettendola in un
bagno freddo per farle scendere la febbre. La giovane, reagendo
all’acqua fredda, sbatte la nuca contro la vasca e muore. Venuta a
sapere dell’accaduto, per il dolore suor Socorro si impicca poi
nell’angolo della sua cella.
Quando Suor Narcisa arriva nel
convento, nel 1949, le uniche suore rimaste a ricordare l’accaduto
sono la Madre Superiora e Suor Julia. I giovani studenti, tuttavia,
credono che il convento sia infestato dallo spirito di una giovane
ragazza. Di tanto in tanto appaiono infatti sui muri i disegni
dell’impiccato. Si dice inoltre che un’altra suora, suor
Inés, ha completato le gambe di tale disegno per
dimostrare che era innocuo, ma che poi il suo nome è
misteriosamente comparso sotto di esso, spaventandola così tanto da
farle abbandonare il convento, anche se è del tutto possibile che
sia stata uccisa e le altre suore abbiano mentito per insabbiare il
fatto.
Cosa è successo quando Suor Narcisa
era una bambina?
I flashback dell’infanzia di Suor
Narcisa rivelano una bambina che ha esperienze religiose e mostrano
persone che si recano da lei con croci e rosari. La bambina viene
anche mostrata inginocchiata a terra davanti al sole con le mani
tese nella stessa posa che assume alla fine del film durante
l’eclissi, anche se non sembra che ci sia anche un’eclissi solare
nel filmato in bianco e nero. Il significato di questo retroscena
non è immediatamente evidente, ma vari riferimenti nel resto del
film danno un’idea migliore di ciò che accadde dopo l’arrivo di
Sorella Narcisa al convento 10 anni dopo.
Narcisa viene chiamata “La Santa
Ragazza di Peroblasco” e la Madre Superiora si riferisce al
villaggio come “il villaggio perduto di Peroblasco”, anche se non è
chiaro se Peroblasco fosse “perduto” prima di ciò che accadde con
Narcisa, o come risultato di esso. Il ritaglio di giornale che le
mostrano le suore dice “La Santa Ragazza di Parablasco”, in alto
con la didascalia “La Vergine Maria è apparsa in Spagna” sotto
l’immagine, poi il titolo “Un messaggio al mondo”. I dettagli di
ciò che accadde esattamente non sono chiari, ma ciò che questo
significò per le suore è più interessante e rilevante per la trama
di Sorella Morte.
È importante notare che il 1939 è
tre anni dopo la morte di Suor Socorro e di sua figlia, quindi
quando le suore dicono che Narcisa e gli eventi di Parablasco
“ci hanno dato speranza e forza affinché potessimo superare le
avversità“, è probabilmente un riferimento alla gestione delle
manifestazioni di Socorro. La Madre Superiora dice a Narcisa che
hanno scritto al vescovo per chiedere qualcuno che potesse aiutarle
nel loro lavoro, e il fatto che abbia scelto Narcisa le ha rese
felici. È molto probabile che credessero che le esperienze
soprannaturali di Narcisa potessero aiutarle ad affrontare
adeguatamente i problemi causati dallo spirito di Socorro e di sua
figlia.
La spiegazione della sedia,
dell’impiccato, della biglia e della mano di Santa Marta
Quasi immediatamente dopo l’arrivo
di Narcisa, una piccola biglia rotola misteriosamente sul pavimento
per posarsi ai suoi piedi. Quella notte trova sullo scaffale una
scatola con la fotografia di Sorella Socorro e un paio di forbici.
Poi la sedia nell’angolo della stanza si ribalta misteriosamente,
bussano alla porta e Sorella Narcisa trova disegnato sul muro un
gioco dell’impiccato raffigurante solo una testa e un torso. Ognuno
di questi elementi è direttamente legato a Socorro e a sua figlia.
Il ribaltamento della sedia risale a quando Socorro ci è salita
sopra e l’ha rovesciata per impiccarsi.
Il gioco dell’impiccato rappresenta
ovviamente la stessa cosa, anche se l’altezza a cui è disegnata
suggerisce che sia lo spirito della figlia a disegnarla. Allo
stesso modo, la biglia è probabilmente un gioco che la ragazza
faceva quando viveva in convento prima di morire. La seconda
apparizione della biglia è un po’ più strana perché conduce Narcisa
nel seminterrato dove scopre la mano di Santa Marta, un artefatto
che la Madre Superiora dice essere andato perduto dalla guerra. La
mano di Santa Marta non è un vero e proprio manufatto storico, ma
se è andata perduta dopo la guerra, ciò farebbe risalire la sua
scomparsa al momento della morte di Socorro.
La Madre Superiora aggiunge che
“questo posto non è più stato lo stesso dopo quello che è
successo“, quindi ancora una volta i simboli guidano Narcisa
verso quello che è successo a Socorro. Anche se nessuno di questi
simboli è privo di significato, il loro vero scopo non è quello di
servire come forma di simbolismo o di significato testuale più
profondo, ma semplicemente di agire come briciole di pane per
Narcisa da seguire, conducendola verso la verità di ciò che è
accaduto a Socorro e a sua figlia nel 1936.
C’è un viaggio nel tempo alla fine di Sorella Morte?
La svolta più sorprendente alla fine
di Sorella Morte arriva dopo che Sorella Narcisa fissa
l’eclissi e scopre l’intero retroscena di Socorro in cui Sorella
Julia ha rinchiuso Socorro nella sua stanza mentre la Madre
Superiora ha accidentalmente ucciso sua figlia cercando di metterla
nella vasca. Quando Narcisa apre la porta della stanza di Socorro,
vediamo il passato e il presente convergere mentre Suor Julia viene
inseguita da Socorro, facendosi tagliare da una statua sulla
guancia, con il taglio che appare anche nel presente, poi una
statua le cade addosso, e anche la sua faccia si spacca nel
presente. Allo stesso modo, la Madre Superiora che annega
nell’acqua insanguinata nel passato, muore nel presente tossendo
acqua insanguinata.
Anche se il momento potrebbe essere
descritto semplicemente come un viaggio nel tempo, con Narcisa che
lascia Socorro uscire dalla sua stanza nel 1936 in modo che potesse
vendicarsi di Suor Julia e della Madre Superiora, con gli effetti
che echeggiano poi nel futuro, quella spiegazione creerebbe anche
un paradosso temporale. Se fossero morti in passato, Narcisa non
sarebbe mai stata a scuola per far uscire Socorro. Dato che il
viaggio nel tempo non è rilevante per il film prima o dopo quel
momento, è meglio non prendere la rappresentazione come un viaggio
nel tempo letterale, ma semplicemente come una punizione
soprannaturale per la Madre Superiora e Sorella Julia nel presente
per la morte di Sorella Socorro e di sua figlia nel 1936.
Il finale di Sorella Morte
e come l’eclissi anticipa Verónica
Il finale di Sorella Morte
fa poi un salto in avanti in un’aula moderna dove una Sorella
Narcisa molto più anziana viene presentata a una classe di sole
ragazze tra cui l’attrice spagnola Sandra
Escacena, che riprende il ruolo di Verónica dal film
Verónica del 2017, dove originariamente si presentava
Sorella Narcisa come “Sorella Morte.” È interessante
notare che in Verónica, Narcisa dice di essersi accecata
perché stava cercando di impedirsi di vedere “le ombre”. In
Sorella Morte, Narcisa perde la vista fissando l’eclissi
per troppo tempo, ma ciò accade prima che lei veda effettivamente
Socorro, e questa non sembra dunque essere la sua motivazione.
In Verónica, Narcisa è
molto più burbera e anche un po’ sarcastica rispetto a Sorella
Morte, quindi è anche possibile che stesse mentendo a Verónica
su cosa è successo ai suoi occhi e perché. Che la versione della
storia di Narcisa o gli eventi visti in Sorella Morte
siano presi come il suo vero passato non fa differenza per la trama
di Verónica, anche se è strano che Sorella Morte
affronti il singolo elemento del retroscena di Narcisa stabilito in
Verónica, deviando però da quanto originariamente
dichiarato, anche se forse Paco Plaza fornirà più chiarezza sui
retroscena di Narcisa se deciderà di continuare ad espandere questo
universo narrativo.
Aggirarsi per le strade di una
dormiente e ricca Parigi; saltare da un tetto all’altro come un
felino; trovare il giusto ingranaggio per irrompere in uno dei
musei più importanti d’Europa rimanendo invisibili. Una descrizione
che nella storia della criminalità riconduce a Vjeran Tomic, non un
ladro gentiluomo come Lupin, ma di certo uno di quelli astuti e
intelligenti, che verrà per sempre ricordato come colui che ha
messo a punto il “furto del secolo”. Qualcuno lo ha soprannominato
Spider-Man e il nuovo documentario targato Netflix
diretto da Jamie Roberts, Vjeran Tomic
– Lo Spider-Man di Parigi ci dimostra subito il
perché: un uomo che riesce a scalare gli alti palazzi della città
francese con agilità – e soprattutto facilità – senza accusare la
minima fatica non può che lasciare perplessi, increduli e pure
piacevolmente meravigliati.
Quasi come se fosse davvero un
ragno, una creatura bizzarra, quasi chimerica. Questo ladro è
riuscito nel 2010 a rubare ben cinque quadri di valore nel Museo
d’Arte Moderna di Parigi, fra cui un Picasso e un Modigliani, ad
oggi ancora dispersi. Come ha fatto lo spiega lui stesso nel
docufilm, una storia di strategia e ingegno, che lascia tanto
basiti quanto colpiti da un personaggio che, nel sentirlo parlare,
si ammanta di quel fascino malandrino ma al tempo stesso quasi
buono che diventa difficile non simpatizzare per lui. Pur,
attenzione, condannando tutte le sue azioni illecite. Dalla prima
all’ultima.
Vjeran Tomic – Lo Spider-Man di
Parigi: dentro la storia del ladro
È il 2010 quando al Museo d’Arte
Moderna di Parigi la Polizia scopre essere stati rubati cinque
quadri dal valore inestimabile. Un vero atto di violenza, una
violazione del patrimonio artistico di tutta l’Europa. Le
telecamere interne del Museo hanno rilevato la presenza di
qualcuno, incappucciato e mascherato, per cui è impossibile capire
chi sia. Addirittura è complicato distinguerne il sesso. Quell’uomo
non è altro che Vjeran Tomic, soprannonimanto Spider-Man per la sua
capacità di arrampicarsi sui palazzi di Parigi e saltare da un
tetto all’altro. Sono acrobazie, le sue. Abilità che non si
incontrano molto spesso. Da quel furto, considerato un vero e
proprio colpo grosso, si ripercorre tutta la vita dell’uomo: la sua
vita in Bosnia, il suo periodo con i nonni, la malattia della madre
e le prime rapine quando era piccolo. Un’esistenza passata a
rubare, in particolare ai ricchi, diventata come lui stesso ammette
un’ossessione. Una dipendenza. La storia di Tomic è fatta di
difficoltà ad adattarsi, di famiglia disfunzionale, passato
burrascoso, ma anche di compiacimento verso le sue azioni che lui
stesso spettacolarizza, e che nel profondo però nascondono solo il
bisogno di essere apprezzato e considerato.
Dal punto di vista di Tomic
Il racconto dell’accaduto in
Vjeran Tomic – Lo Spider-Man di Parigi è
dei più peculiari: a narrare, come fosse uno dei più grandi Maestri
dell’imbroglio, è lo stesso Tomic. Che davanti alla macchina da
presa, la quale cattura ogni sua percettibile sfumatura espressiva,
si sente a proprio agio, soddisfatto dello spettacolare furto
commesso mentre rivela i suoi “trucchi del mestiere”. Non è la
prima volta che in un documentario sia lo stesso protagonista a
dialogare con lo spettatore di sé, ma quando si tratta di un
criminale è inevitabile provare all’inizio un po’ di straniamento.
Eppure Tomic, pur riavvolgendo il nastro dei suoi reati ma anche
della sua stessa vita, appare come una persona dietro la cui forza
apparente giace una certa fragilità
esistenziale.
Inoltre, pur invadendo la loro
privacy e non pentendosene, si dimostra attento alla sue vittime.
Esordisce con un disprezzo nei confronti dei ricchi, gli stessi che
all’inizio della sua “carriera da ladro” colpisce, infiltrandosi
nelle dimore dei quartieri d’elité parigini. Ma comunque sottolinea
di non aver mai avuto intenzione di fare del male a qualcuno e mai
ne ha fatto. Tutto questo non lo rinfranca dalle violazioni
perpetrate sia nelle case che al Museo, ma ci fornisce un quadro
generale di una persona che, pur ossessionata dalle rapine, sa che
le sue azioni sono condannabili. È lucida e presente a se stessa.
Tanto da ammettere le sue colpe una volta che la Polizia –
anch’essa stupita dalla sua trasparenza e dignità – lo arresta per
i furti dei quadri.
Un abile Spider-Man
Vjeran Tomic – Lo
Spider-Man di Parigi, per farci entrare ancora di più
in quel che è stato il grande colpo al Museo, ripercorre con una
ricostruzione accurata e ricca di dettagli ogni momento che ha
scandito la dinamica. In un avvincente montaggio a incastro vengono
mostrate le scene recitate e ben ricostruite, la voce di Tomic che
le segue e avvolge per spiegare il suo piano d’irruzione e gli
inserti testimoniali della Polizia che ha svolto indagini e
inchiesta. Il docufilm non scade mai nel ripetitivo, ma lì dove è
necessario riempire, la scelta ricade – oltre che sul passato di
Tomic e la sua complessa situazione familiare – sul mostrarci come
l’uomo ha fatto nel tempo a entrare furtivamente nelle case delle
persone.
Con una action cam,
Vjeran Tomic – Lo Spider-Man di Parigi ci
porta sui tetti della città insieme al ladro, ci fa vivere le sue
spericolate acrobazie, mentre lui stesso ci racconta quanti anni ha
impiegato per affinarne la tecnica. Entrare nel folle mondo di
Tomic e conoscerlo dal suo punto di vista risulta perciò essere
interessante, in primis per comprendere meglio cosa si cela dentro
menti criminali simili. L’unica nota sprecata di tutto il
documentario è la testimonianza dei derubati, un contraltare
perfetto per restituirci una doppia visione della stessa realtà, i
quali però non hanno avuto il giusto spazio all’interno della
storia come in realtà avrebbero meritato.
Due giornate dedicate alla musica
per cinema e allo sviluppo del progetto CAMPUS –
Musica e suono per il cinema, il percorso di alta
formazione ideato e diretto da Gianfranco
Cabiddu e realizzato in collaborazione
con Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia
Scuola Nazionale di Cinema, e con il supporto
della Fondazione Sardegna
Film Commission.
Venerdì
17 e sabato 18 novembre si
chiude a Cagliari la
17^ edizione di Creuza de Mà, per un
approfondimento fatto dimusica, incontri e
dibattiti arricchito da uno spettacolo di Silent
Music (il cinema muto musicato dal vivo) e dalla
masterclass più concerto del premio
Oscar Nicola Piovani, in collaborazione con
CeDAC.
Progetto CAMPUS –
Musica e suono per il cinema – Il progetto è
diventato, negli anni, un elemento centrale per Creuza
de Mà, uno sguardo rivolto alle generazioni di cineasti e
compositori di domani. Gli allievi selezionati, che hanno la
possibilità di partecipare a progetto CAMPUS,
andranno a interagire con docenti qualificati, professionisti del
settore ed esperti di cinema attraverso workshop, seminari,
proiezioni e sessioni di lavoro pratiche nel corso delle quali
andranno ad operare sulle componenti di suono e musica per il
cinema.
«CAMPUS – spiega
il direttore artistico Gianfranco
Cabiddu – non è il corollario di scuola
estiva, ma un percorso articolato, biennale, che distende le sue
tappe didattiche e lavorative lungo tutti i mesi invernali e che in
questi anni ha dato i suoi pregevoli frutti: da 5 anni le musiche
dei corti CSC dei giovani registi sono state concepite, maturate e
lavorate, e infine realizzate all’interno di
questo percorso didattico, incentrato soprattutto
sull’incontro umano tra giovani talenti nelle diverse discipline e
affermati maestri. Un momento didattico molto prezioso
– aggiunge Cabiddu – che
ha completamente trasformato la natura di festival: un appuntamento
che da evento di spettacolo svela la sua natura
di visione didattica
innovativa. Non è un caso che stiamo sviluppando
questo percorso didattico tra Cagliari e l’isola di Carloforte,
perché la Sardegna è terra di musicisti, è terra di compositori, ma
soprattutto è un’isola. L’isola ha questa particolarità: bisogna
sceglierla, ci si deve arrivare, e quando si arriva le barriere si
infrangono».
Il programma –
La versione autunnale di Creuza de
Mà prende il via venerdì 17
novembre a partire
dalle 10 nell’aula magna
del Conservatorio, con la
masterclass La musica applicata al
cinema, un incontro condotto
da Gianfranco
Cabiddu e Pivio (Presidente
ACMF), con i compositori
DanieleFurlati e PasqualeScialò.
A seguire un dialogo a più voci con Angelina
Zhivova, autrice del libro La musica nel
cinema di animazione sovietico (Edizioni
Fondazione Levi, 2023). Un’affascinante immersione nella musica per
film d’animazione della Russia del secolo scorso, con un focus sul
genio di Dimitri Shostakovic. In programma gli interventi dei
professori Roberto Calabretto (Fondazione
Levi, Università Di Padova) e del maestro Daniele
Furlati della Cineteca di Bologna.
L’appuntamento è rivolto in esclusiva agli allievi del CAMPUS ed
agli auditori del Conservatorio Pierluigi da Palestrina.
A chiudere il programma della prima
giornata, alle 21 all’Auditorium del
Conservatorio, appuntamento con Silent Movie – il
cinema muto musicato dal vivo. Un concerto degli
allievi compositori di
progetto CAMPUS come esito finale del
percorso di composizione per immagini sui film muti, tenuto dai
maestri PasqualeScialò e DanieleFurlati,
nel corso del quale 10 compositori musicheranno dal vivo i filmati
forniti da Museo del Cinema di
Torino, Cineteca
Nazionale e Cineteca di
Bologna. Un appuntamento di importanza cruciale, che vede
coinvolti in prima persona i giovani studenti e studentesse del
CAMPUS e rappresenta una tappa fondamentale di
questo percorso formativo.
Creuza de
Mà prosegue poi sabato 18
novembre, con una giornata interamente dedicata
a Nicola Piovani. Il primo appuntamento è in
programma alle 17, nell’aula magna del
Conservatorio, per un incontro dal titolo La
musica applicata al cinema. A guidare la
conversazione con il premio Oscar sarà
il compositore e musicologo Riccardo Giagni.
Anche in questo caso i primi interlocutori saranno gli allievi del
CAMPUS, che avranno quindi la possibilità di ascoltare e dialogare
con il maestro Piovani. L’appuntamento è rivolto in esclusiva agli
allievi del CAMPUS ed agli auditori del Conservatorio Pierluigi da
Palestrina.
La due giorni autunnale del festival
si chiude infine alle 21, quando
all’Auditorium del Conservatorio andrà in scena Note a
margine, un concerto speciale
con NicolaPiovani al
pianoforte, accompagnato
da MarinaCesari al
sax, MarcoLoddo al
contrabbasso e
VittorinoNaso al
percussioni. Una produzione Fondazione Musica per
Roma, promossa da Creuza de
Mà in collaborazione
con CeDAC. Note a
margine è una sorta di racconto autobiografico
commissionato a Nicola Piovani dal Festival
di Cannes, uno spettacolo in cui Piovani condivide con
il pubblico esperienze, ricordi ed emozioni di
oltre quaranta anni di carriera. Sulla scia
di memorie e aneddoti, il Maestro ripercorre alcuni grandi incontri
che hanno segnato il suo percorso, da Federico
Fellini – ricordato con affetto per le piccole manie e per
la maestria di regista – ai fratelli Taviani; da
VincenzoCerami a
RobertoBenigni, per un racconto
fatto di leggerezza e sincerità. Esperienze di vita tra musica,
cinema e teatro che Piovani accompagna con le note del suo
pianoforte, insieme al sassofono, percussioni e al contrabbasso.
Raccontare in musica aiuta a capire il senso del racconto di
Piovani, il quale ha sottolineato: «Non ricordo un solo momento
della mia vita in cui non ci sia stata la musica».
A impreziosire l’esibizione anche
una serie di video di scena che integrano il racconto con
immagini di film, spettacoli e, soprattutto, il potere
evocativo dell’illustrazione di Milo
Manara – con cui Piovani ha collaborato in più
occasioni – la cui sensualità e poesia trasporta il
pubblico a ricostruire, con la fantasia, mondi
immaginari che nascono dall’incontro tra diversi linguaggi.
Il film horror Poltergeist si trasformerà in una serie tv.
Presso gli Amazon MGM Studios è infatti in via di sviluppo una
serie basata sul cult diretto da Tobe Hooper e
prodotto da Steven Spielberg. A darne notizia
per primo è stato Variety.
Nessuno sceneggiatore è attualmente
associato al progetto. Darryl Frank e
Justin Falvey saranno i produttori esecutivi per
conto di Amblin Television. Amblin ha prodotto il film originale
del 1982, con Steven Spielberg che ha ideato la
storia, co-scritto la sceneggiatura e prodotto. Non ci sono
dettagli sulla trama da condividere in questo momento, oltre al
fatto che la serie sarà ambientata nel mondo del film.
Poltergeist è incentrato sulla famiglia
Freeling, che si trasferisce in una nuova casa e scopre che è
infestata da un’orda di fantasmi. Dopo che i fantasmi hanno rapito
la loro giovane figlia, i Freeling lavorano con un parapsicologo e
un medium spirituale per liberare la figlia e sfuggire ai
fantasmi.
Il film originale si è rivelato un
grande successo al box office. Ha incassato circa 121 milioni di
dollari in tutto il mondo contro un budget dichiarato di 10,7
milioni di dollari. È stato anche nominato per tre Academy Awards:
migliori effetti visivi, miglior montaggio degli effetti sonori e
migliore colonna sonora originale.
Seguirono due sequel nel 1986 e nel
1988. Zelda Rubinstein, che interpretava la medium
Tangina Barrons, e Heather O’Rourke, che
interpretava Carol Anne Freeling, furono gli unici membri del cast
ad apparire in tutti e tre i film. Un reboot è stato distribuito
nel 2015 ma non ha avuto lo stesso successo.
Se il progetto di Amazon MGM
Studios andasse avanti, si tratterebbe della seconda serie tv
ambientata nel mondo di Poltergeist. La serie
Poltergeist: The Legacy è andata in onda su
Showtime per tre stagioni e poi ha visto la sua quarta e ultima
stagione uscire su Sci-Fi Channel nel 1999. La serie raccontava di
un gruppo di esperti del paranormale che proteggeva l’umanità dai
pericoli soprannaturali.
Questa notizia segna anche l’ultimo
tentativo da parte di Amazon di adattare la nota IP MGM da quando
ha acquisito lo storico studio. Il braccio streaming del colosso
della vendita al dettaglio online è già al lavoro su nuovi progetti
basati su proprietà come “Robocop”, “Legally Blonde”, “Barbershop”
e altro ancora.
Disney+ ha annunciato oggi che venerdì 3 novembre alle 14:45
presso il Cinema Astra, Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo sarà
protagonista di un panel virtuale alla 57ª edizione di
Lucca Comics & Games.
Durante l’evento verranno mostrate clip in anteprima e saranno
inoltre presenti in collegamento il co-creatore della serie,
produttore esecutivo e showrunner Jon Steinberg e
il produttore esecutivo Dan Shotz.
Percy Jackson è impegnato in una
pericolosa avventura. Fuggendo da mostri e ingannando gli dèi, deve
viaggiare attraverso l’America per restituire il fulmine del dio
Zeus e impedire una guerra. Dopo aver perso sua madre, Percy trova
rifugio al Campo Mezzosangue, un santuario per i figli dei semidei.
Una volta scoperto di essere anch’egli un semidio, deve dimostrare
il suo valore e affrontare le sue origini fronteggiando le insidie
alla ricerca degli avversari nell’oltretomba. Con l’aiuto dei suoi
compagni d’avventura, Annabeth e Grover, il viaggio di Percy lo
condurrà più vicino alle risposte che cerca: inserirsi in un mondo
in cui si sente fuori posto, se rivedrà sua madre e se potrà mai
scoprire chi è destinato a essere.
Basata sulla saga di libri
best-seller della Disney Hyperion del pluripremiato autore Rick
Riordan, edita in Italia da Mondadori, Percy Jackson e gli dei
dell’Olimpo è interpretata da Walker Scobell
(Percy Jackson), Leah Sava Jeffries (Annabeth
Chase) e Aryan Simhadri (Grover Underwood). Creata
da Rick Riordan e Jon Steinberg, Percy Jackson e gli dei
dell’Olimpo vede tra i produttori esecutivi Steinberg e Dan Shotz,
insieme a Rick Riordan, Rebecca Riordan, Ellen
Goldsmith-Vein di The Gotham Group, Bert Salke, Jeremy
Bell e D.J. Goldberg di The Gotham Group, James
Bobin, Jim Rowe, Monica Owusu-Breen, Anders Engström e
Jet Wilkinson.
L’epica serie debutterà mercoledì 20
dicembre 2023 su Disney+ con i primi due episodi,
seguiti da nuovi episodi ogni settimana.
Spider-Man: No Way Home del 2021 ha riunito tutte e
tre le versioni cinematografiche live-action di Spidey, così come
molti dei loro cattivi. I personaggi di Tobey
Maguire e di Andrew Garfield sono infatti
comparsi nell’universo dello Spider-man di
Tom Holland, tuttavia, sembra che quest’ultimo avrebbe
dovuto far visita ad alcuni momenti chiave della storia delle
versioni di Maguire e Garfield. Il concept artist Phil Saunders ha recentemente
condiviso la concept art creata per il film che mostra Spidey di
Holland e Doctor Strange (Benedict
Cumberbatch) in visita negli altri universi di
Spider-Men.
Nel post, Saunders ha scritto:
“Una delle prime idee per l’inseguimento di Spidey e del Dr.
Strange attraverso il multiverso era di farli combattere sulla
fonte dell’incantesimo (in questa prima versione, il Libro di
Vishanti) attraverso scene dei film precedenti. Ho avuto un paio di
giorni per giocare con quell’idea, prendendo le immagini dei film e
dipingendoci sopra Spidey e Doc.” Nel film, Spider-Man e
Doctor Strange combattevano tra loro. Tuttavia, nella scelta
finale, invece di rivisitare momenti dei film precedenti, la lotta
si è concentrata maggiormente sullo sfoggio dei poteri del Dottor
Strange.
Una delle immagini realizzate da
Saunders mostra Spider-Man e Doctor Strange
combattere in una gabbia da wrestling, con Bonesaw McGraw (siamo
ovviamente nel mondo di Tobey-Spiderman). Un altro concept art dal
mondo di Maguire mostra il signor Ditkovitch e sua figlia Ursula.
In Spider-Man 2 e Spider-Man 3 di
Sam Raimi, il signor Ditkovitch era il padrone di
casa di Peter, che chiedeva sempre del suo affitto. Altri due
concept, ambientati nell’universo di Garfield, mostrano Oscorp,
dove Doc Conners ha cercato di rilasciare un gas e trasformare
tutti in lucertole come lui. Un altro concept art mostra la torre
dell’orologio, dove Spider-Man di Garfield non è riuscito a salvare
Gwen Stacy.
Dopo il successo di
Spider-Man: No Way Home, i fan sono ansiosi di
vedere cosa succederà al personaggio di Holland. Sony e Marvel stanno sviluppando un quarto
film di Spider-Man del MCU. Questa volta, però, Peter si
troverà in un mondo in cui nessuno ricorda la sua esistenza, grazie
all’incantesimo del Dottor Strange. Per quanto riguarda invece il
Peter Parker animato, Jake Johnson tornerà sul
grande schermo nel terzo film di Spider-Verse, Spider-Man: Beyond the Spider-Verse.
Il cast di Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del
serpente ha raggiunto un accordo provvisorio con
SAG-AFTRA per promuovere il film, mentre lo sciopero organizzato
dalla gilda continua a resistere. Secondo Variety, il cast del prossimo
prequel sarà in grado di promuovere l’uscita del film con le
interviste e con il materiale appena registrato per i canali dei
social media dello studio. Recentemente si vociferava che lo
sciopero potesse finire nelle prossime settimane, ma non è stato
così, e l’accordo ad interim permetterà al cast di promuovere il film
prima della data di uscita prevista per il 15 novembre.
Anni prima di diventare il
tirannico presidente di Panem, il diciottenne Coriolanus Snow è
l’ultima speranza per il buon nome della sua casata in declino:
un’orgogliosa famiglia caduta in disgrazia nel dopoguerra di
Capitol City. Con l’avvicinarsi della decima edizione degli Hunger
Games, il giovane Snow teme per la sua reputazione poiché nominato
mentore di Lucy Grey Baird, la ragazza tributo del miserabile
Distretto 12. Ma quando Lucy Grey magnetizza l’intera nazione di
Panem cantando con aria di sfida alla cerimonia della mietitura,
Snow comprende che potrebbe ribaltare la situazione a suo favore.
Unendo i loro istinti per lo spettacolo e l’astuzia politica, Snow
e Lucy mireranno alla sopravvivenza dando vita a una corsa contro
il tempo che decreterà chi è l’usignolo e chi il serpente.
I
protagonisti sono l’attore emergente inglese
Tom Blyth,
Rachel Zegler di West Side Story e
Hunter Schafer della serie Euphoria. Nei ruoli comprimari l’attrice
Premio Oscar e vincitrice di un Golden Globe, di un Emmy Award e di
ben due Tony Award
Viola Davis, la star de Il trono di
spade e vincitore di un Golden Globe
Peter Dinklage e Jason
Schwartzman.
“Siamo tutti completamente
devastati dalla perdita di Matthew. Eravamo più che semplici
colleghi. Siamo una famiglia. C’è così tanto da dire, ma in questo
momento ci prenderemo un momento per piangere ed elaborare questa
perdita insondabile”, hanno scritto Jennifer Aniston,
Courteney Cox, Lisa Kudrow, Matt LeBlanc e David
Schwimmer in una dichiarazione a People. “Col tempo diremo di
più, come e quando potremo. Per ora, i nostri pensieri e il nostro
amore sono rivolti alla famiglia di Matty, ai suoi amici e a tutti
coloro che lo hanno amato in tutto il mondo”.
Anche alcuni dei partner di scena di
Matthew Perry nello show hanno reso omaggio. Maggie
Wheeler, che ha interpretato Janice, la fidanzata di
Chandler nelle prime quattro stagioni di Friends,
ha scritto su Instagram: “Che perdita. Mancherai al mondo,
Matthew Perry. La gioia che hai portato a così tante persone nella
tua vita troppo breve continuerà a vivere. Mi sento davvero
benedetta da ogni momento creativo che abbiamo condiviso”.
Paget Brewster, la
Kathy di Friends, che usciva con Chandler nella stagione 4, si è
rivolta a X per scrivere: “Sono molto triste di sentire parlare
di Matthew Perry. È stato adorabile con me in Friends e ogni volta
che l’ho visto nei decenni successivi. Per favore, leggete il suo
libro. Aiutare era la sua eredità. Ma non riposerà in pace… È già
troppo occupato a far ridere tutti lassù”.
Perry ha recitato in
Friends per 236 episodi in 10 stagioni, dal 1994
al 2004. La sua interpretazione di Chandler fonde un mix di
dolcezza e sarcasmo che lo hanno reso uno dei preferiti dai fan e
un’icona della cultura pop. Friends è stato
nominato per 62 Primetime Emmy Awards e ha vinto come miglior serie
comica nel 2002. Nel 2021, il cast è tornato insieme per lo
speciale di Max Friends: The Reunion.
Oltre alla sua famiglia Friends, altre star di
Hollywood come Mira Sorvino, Josh Charles e
Selma Blair hanno reso omaggio a Perry,
ricordandolo come “un’anima dolce e tormentata” e un “grande
attore”.