Apple Original Films ha annunciato
che Fingernails – Una diagnosi d’amore, l’atteso
film interpretato da
Jessie Buckley,
Riz Ahmed,
Jeremy Allen White e Luke Wilson e
già selezionato al Toronto International Film Festival, uscirà il 3
novembre su Apple
TV+.
Anna e Ryan hanno trovato il vero
amore. È stato dimostrato da una nuova e controversa tecnologia.
C’è solo un problema: Anna non è ancora sicura. Poi accetta un
posto in un istituto di sperimentazione amorosa e incontra
Amir.
Fingernails – Una diagnosi
d’amore è il secondo lungometraggio e il primo film in
lingua inglese del visionario regista/scrittore/produttore Christos
Nikou, il cui debutto alla regia è stato l’acclamato “Apples”.
Il film è scritto da
Christos Nikou con Stavros Raptis
e Sam Steiner ed è prodott, oltre allo stesso
Nikou, da Cate Blanchett, Andrew
Upton e Coco Francini per Dirty Films e
Lucas Wiesendanger per FilmNation Entertainment. Il film è prodotto
esecutivamente da Glen Basner, Milan
Popelka, Alison Cohen e Ashley
Fox della FilmNation Entertainment insieme a Kevin
Lafferty e Jerome Duboz.
Dal 2019 a oggi molte
cose sono cambiate, e anche il Passages con cui
Ira Sachs (I toni dell’amore – Love is Strange,
Little Men) torna nelle nostre sale è molto diverso dal
Frankie con Isabelle Huppert che tanta impressione aveva fatto al
Festival
di Cannes di quell’anno. Presentato al Sundance Film Festival e
poi alla Berlinale – dopo le apprezzate anteprime speciali di
inizio mese –
dal 17 agosto Mubi e Lucky Red ci offrono uno sguardo moderno
non privo di ironia sulla battaglia dei sessi.
Prodotto da Saïd Ben Saïd
(Elle, Bacurau) e Michel Merkt (Vi presento Toni
Erdmann), in Passages si intrecciano desideri e nevrosi
di Ben Whishaw, ma soprattutto della coppia composta da
Franz Rogowski (visto di recente in Freaks Out di Gabriele Mainetti e il
Disco Boy di Giacomo Abbruzzese) e la splendida e
indimenticabile protagonista del La vita di Adele premiato con la Palma d’oro
nel 2013, Adèle Exarchopoulos. Loro la chiave di quello che
lo stesso regista definisce “un film di attori”, ai quali si è
affidato per ottenere qualcosa che non avrebbe mai potuto essere
nella sceneggiatura.
Anche per quel che
riguarda sensualità e istinto, due elementi che – insieme alle
scene di sesso che arricchiscono il film e i rapporti tra i
personaggi – non sono molto piaciuti alla censura. Intanto a
quella statunitense, che ha vietato il film ai minori di 17 anni.
Una decisione che il regista – fondatore dell’organizzazione
Queer|Art – ha definito “pericolosa” per il suo combattere
“la possibilità che esista un immaginario LGBTQ+” e alla
quale Mubi –
considerandola “inaspettata” e “deludente” – ha risposto
distribuendo il film negli Stati Uniti senza rating.
Un film tanto attuale
da esser stato visto come un manifesto della tanto decantata
fluidità?
Secondo la mia
esperienza, l’importante è l’impatto che il film ha sul pubblico.
Poi, quanto a quel che ci veda il pubblico, c’è una frase famosa
che dice che se vuoi mandare un messaggio, devi usare la Western
Union. Io non volevo mandare messaggi, ma sicuramente un film, una
sceneggiatura, possono essere costruiti, strutturati, interpretati
e letti in diversi modi. Ed è altrettanto certo è che questo
aspetto ci sia, anche se la mia intenzione non era di fare un film
a tema. In generale parlerei di un cambiamento generazionale. C’è
stato questo passaggio che forse oggi ci permette di vedere le
relazioni e i rapporti umani, sentimentali e sessuali, in un nuovo
modo, diverso, nel quale le differenze sono consentite.
Tre attori ben
orchestrati grazie anche a tre personaggi ben costruiti, come sono
nati?
Ho costruito il film su
Rogowski, dopo averlo visto nell’Happy End di Haneke, e l’ho
iniziato a scrivere durante il primo lockdown. Un periodo nel quale
ho provato un grande senso di insicurezza. Non ero sicuro che il
cinema potesse sopravvivere e ho sentita la necessità di lavorare a
un film che avrei voluto vedere, e del genere che avrei voluto
vedere se il cinema fosse sopravvissuto. Un film di attori, che
anche si prendesse dei rischi. Proprio in quel periodo avevo visto
l’ultimo film di Visconti, L’innocente, e mi aveva ispirato, non
solo per la struttura del racconto. Da regista, da uomo di potere,
ho sofferto della mancanza di controllo sul mio mondo, il mio
ambiente, e in qualche modo mi sentito connesso con Giancarlo
Giannini, ma tutti noi abbiamo continuato a sentirci ispirati dal
film, anche durante l’intero processo creativo.
Ma non solo per
Giannini, giusto?
Il sentimento che mi ha
provocato Franz Rogowski è lo stesso che avevo provato per Laura
Antonelli. Pur essendomi sempre identificato come omosessuale, e
avendo una storia sentimentale in questo senso, sentire queste
sensazioni nei confronti del personaggio da lei interpretato è
stato molto interessante. Anche come regista, visto che
quell’eccitazione mi portava in una diversa direzione. Ho pensato a
cosa succederebbe se la mia ispirazione, la mia musa erotica
cambiasse. Durante la lavorazione io avevo 55 anni, ma i
protagonisti sono molto più giovani, non c’è il tema dell’identità
omosessuale, oggi forse c’è un approccio diverso, una differenza
generazionale che in qualche modo rende il film – ambientato al
giorno d’oggi – molto attuale.
La fascinazione per
Rogowski ha condizionato anche la natura del personaggio?
Sin dalla sequenza
iniziale del film c’è sicuramente qualcosa di me stesso nella sua
posizione, nel suo potere, c’è la mascolinità, il mio essere
bianco, ma nei personaggi c’è sempre anche molto di quel che
mettono loro. Anche perché io evito di fare prove per non
bloccarli, per dar loro un ambiente creativo, perché loro stessi si
scoprano, anche se questo significa correre dei rischi. Il suo
Tomas è un uomo di potere, che finisce a terra, ma il modo in cui
lo fa ha una sua coreografia. Ed è curioso perché Frank aveva
pensato di fare il ballerino all’inizio della sua carriera, e anche
se oggi dice di non saper ballare il suo corpo è come un’opera
d’arte, una scultura, con cui lui sa di poter trasmettere
qualcosa.
Un uomo di potere che
vediamo tanto attento ai dettagli, quanto talmente egoista da
ignorarli…
C’è una coerenza nel
personaggio, che è quella di esser costantemente mosso dal
desiderio. C’è un gap tra quello che ha e quello che vorrebbe
avere, dall’inizio alla fine. Una costante, in un soggetto guidato
sempre dal piacere. La mia stessa intenzione, come regista, era di
dare qualcosa al pubblico, in qualche modo di dargli piacere,
attraverso i diversi elementi del film, dai colori alla fisicità
degli attori, in ogni scena. Qualcosa che mostra la ricerca fatta e
la concentrazione sui dettagli.
Piacere e fisicità che
tornano anche nelle scene di sesso, anche quelle molto curate nei
dettagli, quasi delle coreografie, nonostante l’amore omosessuale
sembri ancora un tabù…
Per esperienza so che non
si può scrivere completamente una scena di sesso per gli attori,
sono loro che devono interpretarla, è nelle loro mani. Puoi creare
una situazione, nella quale loro si muoveranno, è il mio lavoro è
metterli a loro agio, che sentano fiducia e rispetto, e poi
lasciare alla loro improvvisazione, al movimento dei loro corpi che
esprima quello che avrei dovuto descrivere sulla pagina in maniera
dettagliata. Loro possono fare col corpo tutti i paragrafi di una
scena. Qualcosa che non avrei potuto fare, tanto che mentre li
dirigo sono anche un osservatore, divento pubblico e provo quel che
prova lo spettatore.
Quanto al tabù, noi
viviamo con la convinzione che tutto vada avanti, che il progresso
si muova in una precisa direzione, che con il tempo le cose
migliorino, anche grazie a una cultura che ci rende sempre più
aperti, ma in realtà, per fare il film, io sono dovuto tornare
indietro agli anni ’70 e ’80, a Chantal Akerman, ad Accattone, a
Visconti, indietro a un periodo nel quale eravamo meno repressi
anche per ricordarmi cosa era possibile raccontare con le immagini.
Tornare a quel periodo mi ha consentito di creare delle scene nelle
quali non ci fosse la vergogna.
Michael Cera si
riunisce con Sex Bob-Omb – questa volta in forma animata – per
l’imminente anime di NetflixScott Pilgrim Takes Off. La serie di otto episodi
è diretta dallo studio di animazione Science Saru
e segue la storia del personaggio del titolo che suona il basso
durante la sua battaglia tra le band e contro gli ex di Ramona.
La nuova serie Netflix segue la
commedia d’azione romantica di Edgar Wright del
2010
Scott Pilgrim Vs The World, basata sulla serie di
graphic novel di Bryan Lee O’Malley.
I personaggi animati di
Scott Pilgrim Takes Off sono doppiati quasi
interamente dagli attori del film del 2010. Questo include Mary Elizabeth
Winstead come Ramona, Kieran Culkin
come Wallace Wells, Chris Evans
come Lucas Lee, Jason Schwartzmen come Gideon
Graves, Satya Bhabha come Matthew Patel, Brie Larson
come Natalie V. “Envy” Adams, Aubrey Plaza come
Julie Powers, Ellen Wong nei panni di Knives Chau
e Anna Kendrick
nei panni di Stacey Pilgrim.
Il regista originale di Oldboy, Park Chan-wook,
rivela come si è sentito guardando il
remake di Spike Lee del 2013. Basato
liberamente su un manga giapponese, Oldboy di Park racconta la storia di un uomo
misteriosamente imprigionato per 15 anni, che dopo aver ottenuto la
libertà, parte per una sanguinosa ricerca di vendetta contro i suoi
sconosciuti carcerieri. Acclamato dalla critica al momento della
sua uscita nel 2003 (come si evince dal suo punteggio dell’82% su
Rotten Tomatoes), Oldboy è stato sostenuto da artisti del
calibro di Quentin Tarantino e in un primo tempo
il suo remake è stato affidato a Steven Spielberg che avrebbe
diretto Will Smith nel ruolo principale. Alla fine
il remake di Oldboy è stato diretto da Spike
Lee con Josh Brolin nei panni del
protagonista.
Ora, 20 anni dopo l’uscita
dell’originale Oldboy, il regista Park
Chan-wook ha rivelato come si è sentito guardando il
remake del suo film a
opera di Lee (tramite Inverse). Pur lodando Lee e
definendolo un regista di grande influenza, Park ammette anche che
è stato strano guardare una nuova versione del film a cui ha dato
vita.
“Prima di tutto sono stato molto
onorato che sia stato realizzato da un regista che rispetto e da
cui sono stato personalmente influenzato. Guardando il film, mi è
sembrato molto inquietante perché è la storia che ho creato io, ma
è diversa. È quasi come un volto familiare, ma anche molto nuovo
allo stesso tempo… Hai presente quando vai nei parchi di
divertimento e c’è la sala degli specchi e vedi i tuoi riflessi
contorti in questi strani specchi? È stata un’esperienza divertente
simile a qualcosa del genere.”
C’è da aggiungere che il commento di
Park è anche molto diplomatico, dal momento che se il suo Oldboy è considerato un capolavoro della
cinematografia mondiale, il remake di Spike Lee è
uno dei punti più bassi della prestigiosa e ricca filmografia del
regista americano.
Tuttavia, tramite X, @DiscussingFilm ha diffuso le prime quattro foto
ufficiali dal film, dopo un leak di altre immagini dei giorni
passati.
Le quattro immagini mostrano il protagonista del film, uno stormo
di uccelli, un misterioso oggetto fluttuante e un airone
decisamente bizzarro, in pieno stile Miyazaki,
fornendo un allettante primo assaggio di quello che il film
sarà.
Il
ragazzo e l’airone (The Boy and the Heron) ha
debuttato in Giappone il 14 luglio 2023, dove è stato distribuito
con una minuscola campagna di marketing, lasciando i fan
completamente all’oscuro di cosa sarebbe stato il film che stavano
per vedere. Da allora il film ha raccolto enormi elogi e debutterà
al Toronto International Film Festival a settembre.
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Le immagini condivise non danno
grandi suggerimenti su quello che sarà la storia del film, ma per
adesso sappiamo che The Boy and the Heron racconterà la storia
di Mahito Maki, un ragazzino che scopre una misteriosa torre
abbandonata che lo mette in contatto con un fantastico nuovo mondo
insieme a un airone parlante. Maki è chiaramente presente nella
prima immagine, mentre abbraccia un personaggio femminile il cui
volto è oscurato, mentre l’airone è presumibilmente lo stesso
raffigurato nell’immagine finale.
Il film è ispirato al libro
How Do You Live?, titolo originale del film, ma
piuttosto che essere un adattamento del libro stesso, è il libro
che appare effettivamente nel film in possesso di Maki. Il film
sembra condividere molti temi importanti cari a Miyazaki, come il
sentimento contro la guerra, l’idea di un mondo fantastico che
esiste accanto al nostro e le difficoltà di essere un bambino,
rendendolo una degna conclusione (?) della sua carriera
cinematografica.
Il protagonista di
Kraven – Il
Cacciatore, Aaron Taylor-Johnson, rivela l’intenso
allenamento e l’aumento di peso a cui si è sottoposto per incarnare
il cattivo di Spider-Man. Taylor-Johnson non è estraneo ai film di
supereroi, visto che nel corso della sua carriera è stato
protagonista di Kick Ass, e ha avuto un breve ruolo nel MCU nei panni di Quicksilver, al
fianco di Elizabeth Olsen. Tuttavia, affinché
Aaron Taylor-Johnson tornasse nel circolo
dei supereroi Kraven – Il
Cacciatore di Sony, l’attore ha dovuto
seguire un regime di allenamento come mai prima d’ora.
Parlando con Esquire, Aaron
Taylor-Johnson ha rivelato l’intenso addestramento che ha
seguito per Kraven il Cacciatore. Secondo la
rivista, l’attore conosceva l’importanza della forma del suo torace
per il personaggio, il che lo ha fatto allenare pesantemente per
mesi. Taylor-Johnson ha anche imparato a correre come un quadrupede
per essere credibile nei panni di Kraven, che ha poteri animali nel
film. La sua formazione includeva anche altri elementi, come
inseguire cervi con un cacciatore, studiare la vita e il lavoro del
defunto fotografo naturalista Peter Beard e
trascorrere del tempo con l’ambientalista Damian
Aspinall, descritto da Taylor-Johnson come “un
punk-anarchico”.
Il primo trailer di Kraven
il Cacciatore ha anticipato che il film dipinge il
personaggio in una luce più positiva del previsto. Mentre il
filmato ha rivelato che la versione di Kraven di Taylor-Johnson
sarà letale come il personaggio del fumetti, grazie al rating R del
film, non sarà lui il cattivo del film.
Kraven – Il Cacciatore: tutto quello che sappiamo sul
film!
Kraven – Il
Cacciatore sarà interpretato da Aaron Taylor-Johnson (Avengers: Age of Ultron)
mentre assume il mantello del cattivo di
Spider-Man, che è un immigrato russo di nome
Sergei Kravinoff. Nel film, che viene annunciato come il
prossimo capitolo dello Spider-Man Universe (SSU) di Sony,
va in missione per dimostrare di essere il più grande cacciatore
del mondo. Ad affiancare Taylor-Johnson nel film Marvel di Sony con classificazione
R c’è Fred Hechinger (Fear Street Trilogy, The White Lotus) nei panni di Chameleon,
il fratellastro di Kraven; la candidata all’Oscar
Ariana DeBose (West Side Story) nel
ruolo di Calypso, la compagna dell’occasione e amante di
Kraven; Russell Crowe e Levi Miller in ruoli
sconosciuti. Anche Christopher Abbott e Alessandro
Nivola sono stati scelti come cattivi principali.
Kraven – Il
Cacciatore
è diretto dal candidato all’Oscar J. C. Chandor
(A
Most Violent Year)
da una sceneggiatura co-scritta da Richard Wenk (The
Equalizer),
Matt Holloway e Art Marcum. Avi Arad e Matt Tolmach stanno
producendo il progetto.
Kraven – Il
Cacciatore racconta la violenta storia della
nascita e del destino di uno dei villain più iconici della Marvel. Ambientato prima della sua
famigerata vendetta contro Spider-Man, Aaron Taylor-Johnson
interpreta il protagonista di questo film vietato ai minori di 14
anni.
Come parte delle modifiche alla data
di uscita del film Marvel di Sony, è stato rivelato
che
Spider-Man: Beyond the Spider-Verse non sarebbe stato
distribuito nella sua data originale del 29 marzo 2024. Il terzo
film della trilogia animata di Spider-Man è stato rimosso dal
pianificazione di Sony, senza alcun accenno a quando potrebbe
essere fatto uscire.
Durante un’intervista con Digital Spy, gli
sceneggiatori/produttori del franchise di
Spider-VersePhil Lord e Chris
Miller hanno condiviso un nuovo aggiornamento riguardante
la data di uscita di
Spider-Man: Beyond the Spider-Verse. Secondo il duo,
il film uscirà “quando sarà pronto“. Lord ha giustificato
la mancanza di una data di uscita concreta per il film nella sua
risposta, dicendo: “Quelle decisioni sono per fortuna al di
sopra del nostro stipendio, ma posso dirti che ci stiamo già
lavorando sodo e ci prenderemo il tempo necessario per renderlo
grande”.
Hollywood sta attualmente
attraversando due grandi scioperi che hanno influenzato
profondamente una vasta gamma di film e programmi TV, e
Beyond the Spider-Verse è un’altra vittima della
situazione. Gli scioperi della Writers Guild of America e
SAG-AFTRA hanno interrotto il lavoro di sceneggiatori e
attori, il che ha causato il ritardo o la sospensione della
produzione di diversi progetti a tempo indeterminato.
È stata diffusa da Bloody
Disgusting la prima immagine del remake di The Toxic Avenger, che mostra Peter Dinklage pronto all’azione nei panni di
Winston Gooze. Diretto da Macon
Blair, il film rivisita l’omonimo classico cult del 1984.
Il film originale segue un custode che viene trasformato in un
supereroe sfigurato che combatte il crimine dopo essere caduto in
una vasca di rifiuti tossici, e il riavvio firmato da Blair sembra
seguire la stessa vena.
Nella prima immagine svelata da
Bloody
Disgusting possiamo dare un’occhiata all’aspetto di
Dinklage come l’eroe titolare. Sebbene la nuova immagine non riveli
il volto di Dinkage, fornisce uno sguardo al suo costume da
supereroe e all’arma verde dall’aspetto tossico.
Realizzato con soli $ 500.000, il
primo film di The Toxic Avenger, distribuito da
Troma Entertainment, è diventato un cult. Il film presenta un
personaggio principale stravagante e un mondo ancora più
stravagante in cui lui stesso abita. Nella classica moda di Troma,
il tono del film è molto esagerato, e il film è a tutti gli effetti
una parodia dei film di supereroi con abbondanti dosi di sangue e
violenza.
Mentre il rating R
del reebot di The Toxic Avenger per violenza
esplicita, sangue, nudità e linguaggio suggerisce che il film
tenterà di catturare questa stessa energia, Blair ha
precedentemente spiegato che il film sarà la sua interpretazione
del materiale originale. Il regista ha espresso il desiderio di
realizzare un film che attiri i fan di lunga data oltre al pubblico
che non ha alcuna familiarità con i prodotti originali o in
generale con i film di Troma.
Mentre molti aspetti della storia
del film rimangono nascosti, il cast di The Toxic
Avenger presenta una serie di attori straordinari guidati
da Peter Dinklage, tra cui Elijah
Wood, Julia Davis,
Jacob Tremblay, Taylour Paige e Kevin
Bacon. Secondo quanto riferito, Bacon interpreta un
cattivo nel film, ma i dettagli sul suo personaggio non sono ancora
stati diffusi. Con The Toxic Avenger che sarà
presentato in anteprima al Fantastic Fest il mese prossimo, è molto
probabile che presto verrà annunciata una data di uscita ufficiale
negli USA.
‘The Toxic Avenger’ Remake – First Image
Previews the Next Evolution of Troma’s Hero https://t.co/jyPdp2nZXi
È ormai diventata una leggenda
metropolitana la reazione di Cillian Murphy
quando Christopher Nolan gli ha chiesto di essere
il protagonista nel suo film, Oppenheimer. L’attore
irlandese collabora da anni con Nolan, anche se non ha mai
ricevuto, prima di adesso, un ruolo da protagonista. E adesso, la
star di Oppenheimer rivela che gli sarebbe piaciuto
recitare in Interstellar.
Murphy sta ricevendo elogi per la
sua interpretazione nei panni del fisico J. Robert
Oppenheimer nel nuovo film di Nolan. Conosciuto
principalmente per il ruolo di Tommy Shelby in Peaky
Blinders, Murphy è noto per la sua grande intensità e
Oppenheimer gli è valso alcune delle migliori
recensioni della sua carriera.
In una recente conversazione con
The Independent, Murphy ha detto
che gli sarebbe piaciuto recitare in Interstellar. Mentre
l’attore afferma che alla fine per il film siano state scelte le
“persone giuste”, Murphy ha detto che “adora” Interstellar.
“Adoro Interstellar perché lo
trovo così emozionante. Ricordo di averlo visto al cinema quando
avevo dei bambini piccoli. Ha avuto un grande impatto su di me. Mi
ha spezzato il cuore. Adoro guardare i suoi film quando non ci sono
perché non devo spaventarmi per le dimensioni delle mie orecchie o
altro.”
Tutto quello che sappiamo sul
film Oppenheimer
Scritto e diretto
daChristopher Nolan,
Oppenheimer è un
thriller storico girato in IMAX che porta il pubblico
nell’avvincente storia paradossale di un uomo enigmatico che deve
rischiare di distruggere il mondo per poterlo salvare. Il film è
interpretato da Cillian
Murphy nel ruolo di J. Robert Oppenheimer e
da Emily
Blunt nel ruolo della moglie, la biologa e
botanica Katherine “Kitty” Oppenheimer. Il premio
Oscar Matt
Damon interpreta il generale Leslie Groves Jr.,
direttore del Progetto Manhattan, e Robert Downey Jr.
interpreta Lewis Strauss, commissario fondatore della Commissione
statunitense per l’energia atomica.
La candidata all’Oscar Florence
Pugh interpreta la psichiatra Jean Tatlock,
Benny Safdie interpreta il fisico teorico Edward
Teller, Michael Angarano interpreta Robert Serber
e Josh Hartnett
interpreta il pionieristico scienziato nucleare americano Ernest
Lawrence. Il film è anche interpretato dal vincitore
dell’Oscar Rami
Malek e questo film vede Nolan riunirsi con
l’attore, scrittore e regista otto volte candidato
all’Oscar Kenneth
Branagh. Il cast comprende anche Dane DeHaan
(Valerian e la città dei mille pianeti), Dylan
Arnold (serie Halloween), David Krumholtz
(La ballata di Buster Scruggs), Alden Ehrenreich
(Solo: A Star Wars Story) e
Matthew Modine (Il Cavaliere Oscuro – Il
ritorno). Il film è tratto dal libro vincitore del premio
Pulitzer American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert
Oppenheimer di Kai Bird e del compianto
Martin J. Sherwin. Il film è prodotto da
Emma Thomas, Charles Roven di
Atlas Entertainment e Christopher Nolan.
Oppenheimer è girato sia
in IMAX 65mm che in pellicola di grande formato 65mm che include,
per la prima volta in assoluto, sezioni in fotografia analogica
IMAX in bianco e nero. I film di Nolan, tra cui Tenet, Dunkirk, Interstellar, Inception e la
trilogia del Cavaliere Oscuro, hanno incassato più di 5 miliardi di
dollari al botteghino mondiale e sono stati premiati con 11 Oscar e
36 nomination, tra cui due nomination come miglior film.
Netflix
ha annunciato la data di uscita e un primo teaser per il suo nuovo
film, Maestro,
che segna la seconda regia cinematografica di
Bradley Cooper, dopo A Star Is Born.
Il film, che ha co-scritto, diretto e interpretato nei panni del
compositore Leonard Bernstein, uscirà nelle sale selezionate il 22
novembre, dopo l’anteprima mondiale nella
Selezione Ufficiale del Concorso della 80° Mostra
d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, per poi
arrivare sulla piattaforma il 20 dicembre.
Maestro
racconta la complessa storia d’amore di Leonard Bernstein e Felicia
Montealegre Cohn Bernstein (Carey
Mulligan), una storia che dura da oltre 30 anni. Forse
meglio conosciuto per la colonna sonora di West Side
Story di Broadway e del classico film di Marlon
BrandoFronte del Porto, Bernstein ha
sposato l’attrice nel 1951 e ha avuto tre figli con lei, con la
coppia che si è divisa tra New York e il Connecticut. A complicare
la dinamica tra i due sono state le relazioni che ha avuto nel
corso degli anni, sia con uomini che con donne, anche se condotte
con la consenziente consapevolezza di Felicia. I due sono stati
separati a un certo punto per un periodo di un anno, anche se alla
fine sono rimasti insieme fino alla morte di Felicia nel 1978.
Bradley Cooper ha scritto la sceneggiatura di Maestro
con il premio Oscar per Il caso SpotlightJosh Singer, ed è anche affiancato nell’ensemble
da Matt Bomer, Maya Hawke, Sarah Silverman, Josh Hamilton,
Scott Ellis, Gideon Glick, Sam Nivola, Alexa Swinton e
Miriam Shor. Di seguito, il poster del film:
Mentre Maestro
è stato annunciato come parte del programma di Venezia
80 alla fine del mese scorso, Cooper ha annunciato che non
prenderà parte alla promozione del film, a meno che lo sciopero
SAG-AFTRA non si concluda in qualche modo entro la fine di questo
mese.
Barbie
è stato bandito in Algeria nella sua terza settimana di
programmazione nel paese, stando a quanto leggiamo su Reuters. In una
dichiarazione al sito, una fonte ufficiale anonima ha affermato che
il film “promuove l’omosessualità e altre devianze
occidentali” e “non è conforme alle credenze religiose e
culturali dell’Algeria”.
La notizia è stata riportata per la
prima volta lunedì dal sito locale 24H Algerie, che ha scritto che
il Ministero della Cultura e delle Arti del paese nordafricano
aveva chiesto alle sale che proiettano il film di rimuoverlo
immediatamente dai loro programmi. Secondo 24H Algerie, Barbie
è stato bandito per “danno morale“.
Anche il Libano e il Kuwait si sono
recentemente mossi per vietare la distribuzione della commedia con
Margot Robbie e
Ryan Gosling. La scorsa settimana, il ministro della
cultura libanese Mohammad Mortada ha affermato che
il film della Warner Bros. è stato ritenuto “promotore
dell’omosessualità e della trasformazione sessuale” e
“contraddice i valori della fede e della moralità”. “Il film va
contro i valori morali e religiosi in Libano, in quanto incoraggia
la perversità e la trasformazione di genere mentre chiede il
rifiuto del patriarcato e ridicolizza il ruolo delle madri”,
ha detto Mortada. Ha quindi chiesto al comitato di censura del
paese di rivedere il film e fornire una raccomandazione. A partire
dal 9 agosto, il Kuwait aveva già bandito il film.
Nel frattempo, anche se in
precedenza era stato riferito che sia l’Arabia Saudita che gli
Emirati Arabi Uniti stavano prendendo in considerazione il divieto
di Barbie,
il film è uscito giovedì in entrambi i paesi e ha incassato 1,9
milioni di dollari in ciascun paese nel suo primo fine settimana di
uscita.
Barbie
ha superato la soglia del
miliardo di dollari in tutto il mondo, rendendo la regista
Greta Gerwig la prima regista donna solista a
raggiungere il traguardo al botteghino.
A più di tre settimane dalla sua
prima uscita nelle sale
Barbie, scritto e diretto da Greta
Gerwig con
Margot Robbie e
Ryan Gosling nei panni dei due protagonisti continua a
mantenere il primo posto per incassi. Nel solo fine settimana
Barbie ha incassato €320.976 a fronte di un totale che
supera ampiamente i 27 milioni di euro. La commedia sulla nota
bambola di Mattel continua ad attirare un pubblico di tutte le età
al cinema anche con il caldo estivo!
Al secondo posto si stabilisce
Shark 2:
l’abisso che incassa €205.463 nel week end appena
concluso e supera i 3 milioni di euro di incassi dalla sua prima
uscita nelle sale il 3 agosto. Mantiene ancora salda la terza
posizione
Mission impossible: dead reckoning parte uno; a più di
un mese dalla sua prima uscita nei cinema il settimo capitolo della
saga action con
Tom Cruise incassa €57.263 a fronte di un totale che
sfiora i 5 milioni di euro.
Box office: il resto della
classifica
Al quarto e quinto posto ritroviamo
nuovamente
Elemental, film di animazione targato Disney Pixar, e
Indiana Jones e il quadrante del destino, quinto ed
ultimo capitolo della serie cinematografica di avventura con
Harrison Ford. Elemental incassa €43.845 su un totale
di più di 6 milioni di euro, mentre Indiana Jones raggiunge un
incasso di €34.930.
Il sesto ed il settimo posto sono
occupati da
Demeter- il risveglio di Dracula, che al suo primo
fine settimana al cinema incassa €32.181, e da
Il mio vicino Totoro, cartone animato prodotto dallo
studio Ghibli, che guadagna €28.061 nel week end. All’ottavo posto
ritroviamo
Ruby Gillman la ragazza con i tentacoli che a più di
un mese dalla sua prima uscita incassa €9.044, su un totale di poco
più di un milione di euro.
Ultimi due in classifica per
incassi sono Scordato, commedia italiana nei
cinema dal 13 aprile, la quale incassa €7.318, e
Rapito, pellicola di
Marco Bellocchio nelle sale dal 25 maggio, che incassa
€6.732.
Uno squalo che si aggira nelle acque
indisturbato, pronto ad attaccare chiunque arrivi nel suo
territorio. Un coccodrillo famelico che dà insistentemente la
caccia alle sue prede per poi nasconderle nella sua tana. Sono
questi i principali protagonisti del B-movie horror, un filone
tanto spaventoso quanto avvincente, che da sempre appassiona e
terrorizza milioni di spettatori. Se Lo squalo di
Steven Spilberg è diventato un cult ci sarà un motivo, in
fondo. Rogue, film del 2007 scritto e
diretto da Greg McLean, rientra in quella cerchia
di film di genere degni di una visione, in quanto riesce a
conciliare spirito d’avventura, horror spietato e personaggi
sfruttati a dovere. La sua trama prende ispirazione dalla
vera storia diSweetheart, un
coccodrillo enorme maschio di acqua salata che negli anni ’70
dicono fosse stato responsabile di ricorrenti attacchi alle barche.
Rogue è disponibile su Netflix
e fa parte della Top 10 dei film più visti sulla piattaforma.
Rogue, la trama
Pete (Michael
Vartan) è un giornalista di viaggio inviato in Australia
per un reportage sul Kakadu National Park. Arrivato sul luogo,
incontra la guida turistca Kate (Radha Mitchell),
che sta radunando tutto il gruppo sulla sua barca per poter
cominciare il percorso lungo il fiume, alla ricerca dei
coccodrilli. Gli altri componenti del gruppo sono Simon
(Stephen Curry), Russell (John
Jarratt), Everett (Robert Taylor), Sherry
(Mia Wasikowska) ed Elizabeth (Heather
Mitchell), e per un po’ anche lo spavaldo Neil (Sam
Worthington). Mentre stanno navigando il fiume, uno di
loro si accorge di un bagliore in cielo, una richiesta di soccorso
da parte di qualcuno che si trova in pericolo. A quel punto Kate
decide di risalire il fiume e raggiungere il punto dove è stato
lanciato il segnale, ma nel tragitto qualcosa colpisce la barca,
facendola arenare vicino un piccolo isolotto in mezzo all’acqua. I
problemi insorgono quando un gigantesco coccodrillo d’acqua salata,
che nuota in quella palude, sta dando loro la caccia e non vuole
fermarsi per nessuna ragione, poiché oramai per lui sono prede da
braccare. Compito del gruppo è fare in modo che l’animale si
distragga per poter raggiungere la terraferma, prima che la marea
inghiottisca l’isolotto e li faccia disperdere nel fiume, dandoli
in pasto al coccodrillo.
Un B-horror movie da non
sottovalutare
Come dicevamo in apertura,
Rogue è un B-horror movie degno del suo
nome. Uno di quelli che non si rovesciano nel dimenticatoio, ma che
anzi meriterebbero d’essere guardati ogni qual volta si ha bisogno
di una scossa potente di adrenalina, accompagnata da
un’ansia crescente, che è proprio una delle
chiavi dominanti di tutto l’impianto narrativo di
Rogue. Se di solito sono gli squali a occupare il
piccolo o grande schermo per incutere timore, oltre che alle sue
vittime, anche agli spettatori (i quali il più delle volte in acqua
si fanno poi suggestionare), in questo caso a creare scompiglio e
un magone alla bocca dello stomaco è un gigantesco coccodrillo, che
rispetto al re degli oceani può spostarsi sia in acqua che sulla
terraferma, rendendo la sua minaccia molto più forte e sentita.
Impedendo di conseguenza alle sue vittime di stare tranquille
ovunque, aumentando la pressione su di loro.
Ed è proprio qui che McLean si
diverte con il suo film, potendo spostare le sue pedine a
piacimento in un’Australia paludosa ma in ogni caso incantevole e
magnetica, dando modo alla sua fantasia di volare e soddisfarsi
nelle dinamiche più terribili con l’animale. I suoi personaggi non
sono mai al sicuro, pur incorniciati da paesaggi naturalistici
mozzafiato, perché sono costante preda del coccodrillo e ogni mossa
può decretare la loro morte. Il film prepara lentamente il
suo pubblico a questa serie di eventi, ed è il
giocare sull’attesa – spostando l’incidente
scatenante verso la ventina di minuti – ad accendere subito il
motore della tensione, pur non essendo accaduto ancora niente di
cruciale. Mantenendo come punto fisso lo stato tensivo generale, il
regista riesce così anche a costruire una storia fra i personaggi,
ponendo l’accento sui diversi modi di reagire delle persone davanti
alle difficoltà, e di come sia spesso difficile trovare una
sintonia anche di fronte ad un imminente pericolo.
Un cast corale
E in realtà sono proprio i
personaggi ad essere pilastro importante e strumento vincente di
Rogue, che oltre a mostrarci
sequenze d’attacco ben riuscite, con una messa in
scena curata per rendere l’atmosfera cupa, tetra e angosciante al
punto giusto, propone dei characters tutto sommato sviluppati bene
per il ruolo, riuscendo a gestire una narrazione corale ed
equilibrata almeno nei primi due atti. Merito del cast scelto, che
in linea generale è in grado di restituire tutto il panico, la
preoccupazione e la paura dei momenti cruciali con il coccodrillo,
non lasciandosi andare ad un’interpretazione posticcia e stonata.
Una performance degna di nota è quella Radha Mitchell, capace di
gestire le emozioni della propria Kate e dosare le espressioni,
puntando molto sullo sguardo vitreo e scioccato, sottolineando il
suo timore ma anche i sensi di colpa che ha verso il suo gruppo di
turisti.
Non male anche il protagonista
principale, Pete, interpretato da Michael Vartan, che se nella
prima parte è lasciato un po’ “all’ombra”, mescolato agli altri e
quindi meno visibile, nella scena action finale dà il meglio di sé
e mostra le proprie discrete doti recitative.
Rogue perciò si conferma un film di
genere ben costruito, che cerca di lavorare più sull’ansia dello
spettatore che sullo sbigottimento usuale delle scene tipiche di
lotta con l’animale, dando a volte l’impressione di essere più un
thriller che un vero e proprio horror. Greg McLean non si può dire
non abbia fatto un buon lavoro, forse avrebbe dovuto allungare di
più alcune vicende adrenaliniche per rendere il film più armonioso,
ma guardando ad altri prodotti ben peggiori, di questo non ci si
può lamentare.
I peggiori
giorni arriva in sala il 14 agosto. Suddiviso in
quattro episodi, come il suo predecessore I
migliori giorni uscito il primo gennaio di
quest’anno, è di nuovo scritto e diretto da
Edoardo Leo e Massimiliano Bruno con
il supporto, alla sceneggiatura, di Beatrice Campagna,
Salvatore Fazio, Andrea Bassi, Marco Bonini, Gianni Corsi
e Herbert Simone Pagani.
I peggiori
giorni, la trama
Questa volta a scandire
il dramma della magra esistenza umana, è ancora un quartetto di
festività cruciali e durante le quali si sfodera inevitabilmente il
meglio di sé. Il Natale è l’unica a dare seguito al precedente
capitolo, riprendendo il cast con i tre fratelli interpretati
proprio dai due registi e
Anna Foglietta, con Renato
Carpentieri nel ruolo del papà. Gli altri tre Peggiori
giorni del titolo sono invece il Primo Maggio, Ferragosto e
Halloween, mentre ne I migliori si trattava di Capodanno,
San Valentino e l’8 marzo. Ma poco importa, in effetti, perché il
risultato scoppiettante e (all’occorrenza) delirante non
cambia.
Le prime due storie sono
curate da Leo e le altre da Bruno. Di nuovo il gruppo di attori
coinvolto è stellare e nutritissimo da performance eseguite in
maniera completa e a tutto tondo (Fabrizio Bentivoglio,
Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi, Neri Marcorè, Ricky Memphis,
Anna Ferzetti, Rocco Papaleo, Giovanni Storti), a partire
dalle giovani leve che si vedono a Ferragosto e Halloween
(Sara Baccarini in particolar modo).
Il tempo che scorre
scandito dai giorni “peggiori”
Il concetto alla base di
queste tanto temute ricorrenze è sempre lo stesso: ci sono delle
specifiche date nell’arco dell’anno che ritmano lo scandire del
tempo, conducono a delle inevitabili riflessioni e arrestano la
frenetica corsa della routine quotidiana lasciando che l’ondata di
tutti gli irrisolti piombi alle spalle come una valanga. E quello
che accade è tendenzialmente spinto dalla paura di perdere
qualcosa: certezze, comodità, reputazione, dignità. Così viene a
galla l’egoismo in ogni sua forma più bieca oppure, in qualche
occasione, l’amore.
L’intenzione dei registi
e sceneggiatori è molto chiara, e l’idea di strutturare il film in
quattro distinte situazioni agevola la parte estetica prendendo
l’eco di una certa magnifica filmografia italiana degli anni ’60 e,
alla fine, l’effetto è interessante. Anche perché è indubbio il
gusto per la messa in scena accompagnato dalla bravura della
recitazione di tutti.
Il problema, forse,
riguarda proprio la scelta dello sviluppo degli eventi e il modo in
cui la tensione cresce progressivamente, che in ciascuno episodio
tende ovviamente all’amaro in modo diverso. Ma le parti dirette da
Leo, pur nella loro chiarezza d’intenti, scadono lentamente nella
banalità palesando quasi da subito la direzione che prenderà
l’intreccio, rischiando di annoiare tremendamente lo spettatore e
offuscare la bella resa dei protagonisti e con essa anche lo stesso
messaggio che vuole trasmettere.
Le ultime due storie
hanno un maggiore piglio dal punto di vista del ritmo narrativo,
Massimiliano Bruno alterna lo stile di racconto
sfruttando le musiche e usando il grottesco non solo nel contenuto
ma anche giocando con le angolazioni di ripresa e il montaggio.
Una sola intenzione per due
film
Lo scopo del progetto
delle due pellicole non è superficiale, anzi. Parte dal bisogno di
riflettere profondamente sull’insensatezza di abitudini, gesti,
ritualità, convenzioni svuotate dai significati relazionali che
avevano in origine e che subiscono oggi tutta la stanchezza di
doverismi accumulati senza sosta. Ma la difficoltà sta nel dover
prestare molta attenzione alle sfumature scelte per portare in
scena un argomento. Qui i due registi restano intrappolati nella
sbrigatività di descrivere delle storie, allegandone battute e dei
tentativi di sarcasmo, ma senza utilizzare ciò che più di ogni
altro mezzo il cinema possiede: la potenza delle immagini, anche e
soprattutto quando silenziose. Ne avrebbe guadagnato tutto,
specialmente i temi trattati.
In occasione del Lucania Film Festival, Rocco
Papaleo, tra gli ospiti della 24° edizione, ha raccontato
del suo ultimo film da regista, Scordato, in cui
recita al fianco di Giorgia.
Ci sono diversi problemi che
Avengers: La dinastia Kang dovrà
superare quando uscirà nell’ambito della Fase 6 del
MCU. Il capo dei Marvel StudiosKevin Feige ha confermato lo sviluppo di
Avengers: La dinastia Kang al SDCC 2022 insieme ad Avengers: Secret Wars, con i due epici
film crossover destinati a concludere la Saga del Multiverso del
MCU. Si tratta del primo progetto
che coinvolge gli eroi di New York dopo Avengers: Endgame. La dinastia Kang
dovrebbe unire le trame separate che si sono svolte nelle Fasi 4 e
5, riunendo una nuova squadra di Eroi più potenti della Terra per
combattere Kang il Conquistatore.
La trama collegata a Secret
Invasion
Sulla scia di Avengers: Endgame, i Marvel Studios hanno deciso di
spostare l’attenzione dalla prima squadra di supereroi del
MCU, lasciando invece
sconosciuto lo status dei nuovi Avengers. Nella
nuova serie Marvel, Secret Invasion, si è parlato più
volte degli Avengers soprattutto riguardo alla collezione di DNA di
vari personaggi del MCU, tra cui alcuni membri
di alto profilo della squadra. Dopo aver appreso dell’esistenza di
questo database di DNA, è probabile che diversi Vendicatori perdano
la fiducia e lascino la squadra, creando potenzialmente un enorme
problema di eroi per Avengers:
La dinastia Kang.
Infinity War e
Endgame alzano l’asticella
La Saga dell’Infinito del MCU si è conclusa con Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, segnando uno dei
momenti più importanti non solo della storia del MCU, ma della storia del cinema nel
suo complesso. Questa doppietta ha fissato un’asticella molto alta
per i futuri film e, dal momento che La dinastia
Kang è il prossimo a uscire, questo mette molta
pressione sul progetto in arrivo. Quando il film uscirà, saranno
passati sette anni tra il film e Endgame,
il che potrebbe lasciare abbastanza tempo per evitare paragoni
troppo evidenti. Tuttavia, i film dei Vendicatori della Fase 6
devono essere all’altezza del successo dei loro predecessori, il
che è un compito arduo.
Il ruolo di Kang il Conquistatore
nel MCU
Presentato come il nuovo Thanos, Kang il Conquistatore ha debuttato come il
principale cattivo della Saga del Multiverso del MCU. Kang rappresenta una
minaccia così grande grazie alle sue infinite e malvagie varianti.
Le varianti di Kang potrebbero apparire in diversi progetti del
MCU prima di Avengers: La dinastia Kang, visto che sono già
apparse nella prima stagione di Loki e in Ant-Man and the Wasp: Quantumania, e
una nuova variante, Victor Timely, sarà introdotta nella seconda
stagione di Loki. Se diverse versioni di Kang
continueranno ad apparire prima de La dinastia Kang, rischierà di
sembrare un villain abusato, sminuendo il mistero e la magia del
personaggio nella Fase 6.
Il MCU ha introdotto troppi nuovi
eroi
Avengers: Infinity War e Endgame hanno visto diversi eroi di
alto profilo perdere la vita o ritirarsi dal MCU, lasciando enormi
vuoti che sono stati poi colmati da un’ondata di nuovi eroi nella
Fase 4. Sebbene sia stato bello vedere nuovi personaggi introdotti
nel live-action, Avengers: La dinastia Kang rischia di
essere troppo pieno di eroi e di perdere parte dell’azione e della
personalità che hanno reso così divertenti i precedenti film sui
Vendicatori. Forse ci sono troppi eroi nel MCU, ma è possibile che si
formino diverse squadre più piccole invece di un’unica grande
squadra, il che potrebbe risolvere il problema.
I nuovi eroi sono molto scollegati
tra loro
L’introduzione di nuovi eroi nella
Saga del Multiverso comporta una serie di problemi, poiché molti di
questi sono stati autoconclusivi e non hanno connessioni chiare con
il MCU più ampio e tra loro.
Moon Knight, gli Eterni e Shang-Chi sono solo alcuni esempi,
mentre le Fasi 5 e 6 dovrebbero introdurre altri personaggi che
potrebbero non avere un percorso prestabilito per unirsi agli
Avengers nella Dinastia Kang. Non è chiaro come
questi progetti si incastreranno tra loro, anche se, grazie alle
anticipazioni su altre squadre satelliti.
Non c’è un leader chiaro per i
nuovi Avengers del MCU
Lo sviluppo di La dinastia Kang e Secret Wars conferma che nel futuro
del MCU si formerà una nuova
squadra di Vendicatori, e anche se è possibile immaginare chi ne
farà parte, è meno certo chi la guiderà. Il Capitan America di Steve
Rogers guidava la squadra originale, mentre Tony Stark ne finanziava le
operazioni, ma entrambi questi eroi hanno lasciato il
MCU. Molti si aspettavano
che il nuovo Capitan America di Sam Wilson
seguisse le orme del suo predecessore, ma senza poteri sovrumani,
questo sembra improbabile. La mancanza di un leader chiaro potrebbe
essere un punto importante della trama de La dinastia Kang, ma qualcuno dovrà farsi
avanti.
Avengers 5 non includerà
alcuni degli eroi più interessanti del MCU
Lo sceneggiatore di Ant-Man and the Wasp: QuantumaniaJeff Loveness è stato assunto per scrivere la
sceneggiatura di Avengers: The Kang Dynasty, e si è
lasciato sfuggire che diversi eroi non appariranno nel prossimo
progetto. Se da un lato si tratta di eroi che non hanno ancora
debuttato nel MCU, tra cui i Fantastici Quattro, gli X-Men e Blade, dall’altro la perdita di
questi eroi in La dinastia Kang potrebbe creare un
po’ di confusione, soprattutto perché Blade e Fantastic Four
usciranno entrambi prima di La dinastia Kang. D’altra parte,
l’esclusione di questi eroi da La dinastia Kang permetterà al film
di concentrarsi esclusivamente sulla nuova squadra dei Vendicatori,
evitando di appesantire la storia.
Il piano di Kang il Conquistatore
deve essere ancora spiegato
Jonathan Majors ha attualmente fatto
due apparizioni principali nel MCU: Colui che rimane
nella prima stagione di Loki e Kang il Conquistatore in Ant-Man and the Wasp: Quantumania.
Majors è apparso anche come membro del Consiglio di Kang e apparirà
come Victor Timely in Loki 2, ma nonostante le sue numerose
apparizioni, il vero piano di Kang non è ancora stato spiegato. Il
piano di Thanos nella Saga dell’Infinito non è stato
completamente rivelato fino ad Avengers: Infinity War, quindi questo
potrebbe non sembrare un problema, ma il piano di Kang è
sicuramente molto più complicato, il che significa che avrà bisogno
di più tempo per essere spiegato, tempo che la dinastia Kang
potrebbe non concedere.
Avengers 5 rischia di
perdere l’umanità dei personaggi
Al centro di tutti i precedenti film
dei Vendicatori nel MCU, gli eroi non solo
hanno combattuto minacce ultraterrene, ma hanno anche affrontato
intense poste in gioco personali che hanno mantenuto l’azione
ancorata alla realtà. L’enorme quantità di nuovi eroi che si
prevede di includere ne La dinastia Kang e la quantità di tempo
che dovrà essere impiegata per spiegare il piano di Kang il
Conquistatore rischiano di far perdere a La dinastia Kang questi
aspetti personali. Sarebbe un vero peccato, perché l’umanità dei
supereroi è il fulcro di ogni precedente avventura dei Marvel Studios, quindi La dinastia Kang non
deve essere relegata semplicemente a una battaglia ricca di azione
tra gli Avengers e Kang.
I Marvel Studios potrebbero dover
sostituire Jonathan Majors in Avengers 5
Forse il problema più grande che
affligge la Dinastia Kang è qualcosa su cui i Marvel Studios hanno ancora rifiutato di
commentare. Nel marzo 2023, Jonathan Majors è stato arrestato con l’accusa
di aggressione e da allora l’attore è stato licenziato da alcuni
progetti, abbandonato dal suo team di gestione e coinvolto in un
caso penale di alto profilo. I Marvel Studios non hanno rilasciato alcun
commento sul futuro di Majors nel MCU, forse in attesa del
verdetto del processo. Se Majors verrà condannato, però, i Marvel Studios saranno costretti a cambiare i
loro piani per il futuro del MCU – forse cancellando Avengers:
La dinastia Kang – o a ridimensionare il ruolo di cui Majors è già
diventato sinonimo.
I docufilm permettono al pubblico di
conoscere realtà nuove, di scoprire cose affascinanti sul mondo in
cui viviamo; i veri documentari riescono a catturare l’attenzione
dello spettatore, ed è ciò che riesce a fare al meglio Il
re delle indie, disponibile su Prime Video. Il film, diretto dal giovane regista
emergente Gaetano Maria Mastrocinque, presenta una
delle più antiche tradizioni di Arezzo: la Giostra del Saracino.
Protagonisti del documentario sono i grandi cavalieri delle passate
edizioni, come Gianni Martino, e del presente, come Gabriele
Innocenti.
Il re delle indie: la tradizione di
un popolo
La
Giostra del Saracino è un torneo cavalleresco molto antico, che
affonda le sue radici nel lontano medioevo. La prima testimonianza
riguardante la Giostra risalgono al 1260, mentre nei secoli a
venire si ritrovano tante tracce riguardo al torneo in tante epoche
differenti, fino al 7 agosto del 1931, prima ufficiale edizione
della Giostra in età moderna.
Nel torneo si sfidano i quattro
principali quartieri di Arezzo: Porta Crucifera, Porta Sant’Andrea,
Porta del Foro e Porta Santo Spirito. Ogni quartiere è
rappresentato da due cavalieri; il duellante per vincere deve
riuscire a centrare un tabellone attaccato allo scudo del Buratto
(o re delle indie), un automa girevole.
In Il re delle
indie vengono presentate nella prima parte dei video e
testimonianze delle edizioni passate, mentre la seconda parte si
focalizza sul torneo del 2019. Partendo da dieci giorni prima delle
carriere, si presenta al pubblico il percorso di preparazione della
città a tale evento e di ansia e trepidazione dei cavalieri in
vista del torneo.
Il fascino della cultura
popolare
Il re delle indie
si presenta da subito come un documentario interessante, che
mantiene l’attenzione del pubblico, grazie alle tecniche utilizzate
ed alla particolare dedizione con cui è stato realizzato.
Si notano da subito l’utilizzo di
varie tecniche che attirano l’occhio dello spettatore, tra queste
lo split screen, di cui a tratti ne è stato quasi abusato. Nella
prima parte del documentario vengono mostrati filmati delle passate
edizioni, insieme alla testimonianza di Gianni Martino, cavaliere
che detiene il record di lance d’oro.
A questi si aggiunge anche una certa
attenzione ai particolari, primo fra tutti la scelta di un
sottofondo musicale spesso teso, incalzante, il quale crea un
sentimento di suspense nel pubblico. Inoltre, non mancano le
riprese della stessa città di Arezzo, delle preparazioni della
piazza al torneo, come anche dello stesso trepidante pubblico. Dei
focus sono stati fatti anche su piccoli elementi che caratterizzano
la Giostra del Saracino, come i vari costumi e la creazione, da un
artigiano locale, della Lancia d’oro.
Una manifestazione tradizionale e
sociale
Lo spettatore può legittimamente
restare affascinato da come una tale tradizione sia giunta fino ai
giorni nostri dal lontano Medioevo, e soprattutto perché viene data
ad essa una tale importanza. La risposta è molto chiara: un torneo
come la Giostra del Saracino, che affonda le proprie radici in un
passato lontano, è parte stessa della cultura locale. Questo
elemento viene reso chiaro in Il re delle Indie da
come tutti i cittadini si riuniscano in occasione del torneo,
tifando per il proprio quartiere, sentendosi realmente parte della
propria città e della realtà sociale.
Ciò porta il pubblico ad una
riflessione sull’importanza di manifestazioni del genere per
sentirsi realmente parte del contesto cittadino. La Giostra del
Saracino non è più un semplice torneo di origine medievale, bensì è
un qualcosa di unico che caratterizza la città di Arezzo e che
porta tutti gli aretini ad avere un senso di appartenenza verso le
proprie origini e tradizioni.
Ciononostante, non sempre la Giostra
è stata solamente un momento di convivialità cittadina. Come tutte
le gare molto partecipate dal pubblico, anche qui si possono creare
delle situazioni di conflitto, che possono sfociare in degli
scontri di massa. Sia nei video delle passate edizioni, sia nel
torneo del 2019, si sono creati dei momenti di caos; nel caso della
Giostra del 2019 il motivo della tensione dipende dall’invasione
della carreggiata da parte di un tifoso, che distrae il cavallo,
rendendo la carriera inevitabilmente nulla e da ripetere.
Il re delle indie
presenta la Giostra del Saracino per quello che è, un’antica
tradizione del popolo di Arezzo, che però ha le sue luci e le
sue ombre.
Secondo quanto riferito, il
regista Terrence
Malickè molto soddisfatto dello
stato del suo nuovo film The Way of the
Wind. Questo epico dramma biblico del regista di
La sottile linea rossa,
The New World e
The Tree of Life “racconta diversi episodi della
storia della vita di Gesù Cristo“. Le riprese del film sono
terminate nel 2019 e da allora è in post-produzione.
Il produttore Alex Boden ha
condiviso un aggiornamento sul film con Variety . “Al
momento è nel pieno della fase di montaggio e le riprese sono
terminate”, dice Boden. “Abbiamo un cast
straordinario. È un altro progetto di Terrence Malick, che
questa volta è stato girato in diversi paesi. Dal punto di
vista della produzione, è un risultato davvero
fantastico. Terry è molto contento di ciò su cui sta lavorando
finora, si dice, ma non ci sono ancora annunci“.
Chi c’è nel cast de The Way of the
Wind?
Il film è interpretato da
Géza Röhrig nei panni di Gesù Cristo, Mark
Rylance nei panni di Satana, Matthias
Schoenaerts nei panni di San Pietro, Philip Arditti nei
panni di Osea, Nabil Elouahabi nei panni di Santo
Stefano, Aidan Turner nei panni di Sant’Andrea,
Con O’Neill nei panni di Enoch, Joseph Mawle nei
panni di Saul, Karel Roden come Mamon,
Martin McCann come Marcellus, Sarah-Sofie
Boussnina come Claudia, Laëtitia Eïdo come Anna, Ali
Suliman come Cleopas e Shadi Mar’i come Asher.
Il cast include anche Selim
Bayraktar come Jonathan, Ori Pfeffer come Ahaziah, Selva Rasalingam
come Jeroboam, Tawfeek Barhom come John, Sebastiano Filocamo come
Prodigal Elder Brother, Makram Khoury come Jonas,
Ben Kingsley, Joseph Fiennes, Douglas Booth, Sarah Greene,
Mathieu Kassovitz, Numan Acar, Björn Thors, Franz Rogowski
e Leila Hatami nel ruolo di Maria Maddalena.
E’ stata diffusa la prima foto
ufficiale del crime thriller Finestkind che vedrà
protagonista tra gli altri Jenna Ortega. Oltre all’interprete di
Mercoledì, questo film presenterà anche Tommy
Lee Jones e Ben Foster. “Due
fratelli separati stringono un accordo con un sindacato criminale
di Boston, che mette in pericolo i fratelli e il loro padre, nonché
una misteriosa giovane donna“, recita la sinossi. Guarda la
prima foto di seguito, che presenta il cast del film con
espressioni solenni:
Il cast include
Tommy Lee Jones, Ben Foster, Toby Wallace,
Jenna Ortega, Tim Daly, Clayne Crawford, Aaron Stanford, Scotty
Tovar, Lolita Davidovich, Meghan Leather, Ismael Cruz Córdova,
Fernanda Andrade, Charlie Thurston, Jackie Sandler, Rebecca Gibel,
e Kevin Craig West.Finestkind è scritto
e diretto da Brian Helgeland, che in precedenza ha scritto le
sceneggiature di LA Confidential e
Mystic River e ha diretto film come 42 e
Legend. È prodotto da Gary Foster, Russ
Krasnoff, Taylor Sheridan e David C. Glasser. Inizialmente
il film doveva essere interpretato da
Jake Gyllenhaal,
Ansel Elgort e
Zendaya, ma tutti hanno abbandonato il progetto.
Il nuovo film su Ferraridi Michael Mann ha ricevuto l’ok da
SAG-AFTRA con un accordo provvisorio che permetterà al cast del
film di promuovere la pellicola durante lo sciopero.Questo film drammatico biografico di prossima uscita è
prodotto da Neon. Poiché Neon è uno studio
indipendente non affiliato all’AMPTP, non ha avuto
problemi a ricevere deroghe da
SAG-AFTRA.
La produzione haricevutoun accordo ad interim per la
promozione del film, che consentirebbe al cast di promuovere il
film durante la sua prima al
Festival del cinema di Venezia, al New York
Film Festival e in qualsiasi altro evento in cui il film
verrà proiettato.“Ambientato durante l’estate del
1957, il film vede l’ex pilota di Formula 1 Enzo Ferrari in
crisi“, si legge nella sinossi ufficiale. “Il
fallimento insegue l’azienda che lui e sua moglie, Laura, hanno
costruito dal nulla 10 anni prima. Il loro matrimonio è messo a
dura prova dal lutto per il loro unico figlio, mentre la stessa
Ferrari lotta per ottenere il riconoscimento che merita. La brama
di vincere dei suoi piloti e di Enzo Ferrari li spinge al limite e
a puntare tutto sull’infida corsa di 1.000 miglia attraverso
l’Italia, l’iconica Mille Miglia.
Chi c’è nel cast di
Ferrari?
Il cast di Ferrariprotagonisti sono
Adam Driver nei panni di Enzo Ferrari con
Penélope Cruz nei panni di Laura Ferrari. Nel
cast anche
Shailene Woodley, Gabriel Leone, Sarah Gadon, Jack O’Connell,
Patrick Dempsey, Michelle Savoia, Erik Haugen, Andrea
Dolente e Giuseppe Bonifati.
Dopo il successo di critica
di Drive
My Cardel
2021, Sideshow e Janus
Films si sono uniti ancora una volta per
acquisire i diritti di distribuzione in Nord America del nuovo
film drammatico dell’acclamato regista
giapponese Ryusuke Hamaguchiintitolato Evil Does Not
Exist.
“Hamaguchi è un vero
artista in ogni senso della parola, e siamo così entusiasti di
riunirci con lui per Evil Does Not Exist“, hanno detto
Sideshow e Janus Films in una dichiarazione congiunta (tramite
Variety) . “Il
rilascio di
Drive My Car è stato l’onore di una vita e sappiamo che il
pubblico apprezzerà la sua nuova potente esperienza cinematografica
come ha fatto con il suo lavoro precedente“.L’acquisizione anticipa la sua prossima anteprima mondiale
alla Mostra
del cinema di Venezia del 2023 e proiezioni
speciali al Toronto International Film Festival e
al New York Film Festival.
Di cosa parla il male non
esiste?
“Il film segue Takumi e
sua figlia Hana, che vivono nel villaggio di Mizubiki, vicino a
Tokyo. Come generazioni prima di loro, vivono una vita modesta
secondo i cicli e l’ordine della natura”, si legge nella
sinossi. “Un giorno, gli abitanti del villaggio vengono a
conoscenza di un piano per costruire un glamping vicino alla casa
di Takumi, offrendo ai residenti della città una comoda fuga nella
natura. Quando due rappresentanti dell’azienda di glamping
arrivano nel villaggio per tenere un incontro, diventa chiaro che
il progetto avrà un impatto negativo sull’approvvigionamento idrico
locale, provocando disordini. I piani dell’azienda mettono in
pericolo sia l’equilibrio ecologico dell’area, sia lo stile di vita
della popolazione locale, e le sue conseguenze incidono
profondamente sulla vita di Takumi”.
Evil Does Not
Exist è scritto e diretto da Hamaguchi, con la produzione
di Satoshi Takata. Il film è il seguito
spirituale dell’acclamato film del 2021
Drive My Car, che ha vinto un Oscar per il miglior
lungometraggio internazionale.Il dramma in uscita è
interpretato da Hitoshi Omika, Ryo Nishikawa, Ryuji Kosaka
e Ayaka Shibutani. Il film riunisce
anche Hamaguchi con il compositore Ishibashi Eiko,
che aveva precedentemente lavorato a Drive My Car.
Contrariamente a quanto
riportato di recente, sembra che DC
Studios non abbia piani per
un Wonder Woman 3, il terzo film da
solista con la bellissima Gal Gadot nei panni
dell’iconico supereroe DC Comics. A darne notizia è stato il noto
sito americanoVarietyche. ha rivelato cheJames
Gunn ePeter
Safran dei DC Studios al momento non hanno in
programma progetti per Wonder Woman oltre alla
serie prequel Paradise
Lost che è stata concepita per il debutto su
MAX. Secondo le fonti del noto sito americano, un
terzo film di Wonder Woman non è in fase di sviluppo in questo
momento, il cheva contro quanto affermato da Gal Gadot in un’intervista prima dello
sciopero SAG-AFTRA .
“Sono stato invitato a un
incontro con James
Gunn e Peter Safran“, ha detto in precedenza
Gadota
Flaunt . “E quello che mi hanno
detto, e cito: ‘Sei nelle migliori mani. Svilupperemo Wonder
Woman 3 con te. [Noi] ti amiamo
come Wonder Woman– non hai
nulla di cui preoccuparti.’ Questo ovviamente non è una
conferma ufficiale ma è anche vero che molto probabilmente James
Gunn ePeter
Safran dei DC Studios stanno solo prendendo le misure con
la produzione che avrà comunque una strategia a lungo
termine. Tuttavia le fonti del sito notano che
“nulla è mai stato promesso a Gadot riguardo a Wonder Woman
3” e che non c’è stata alcuna “discussione
definitiva” sulla versione del personaggio di Gal Gadot trasferita nel nuovo universoDC.
Gal Gadot ha
interpretato per la prima volta Wonder Woman in Batman v Superman: Dawn of Justice del 2016
prima di dirigere due film solisti di Wonder Woman
e apparire in entrambe le versioni del film della Justice League, Shazam! Fury of the Gods e, più
recentemente, The
Flash.
Nonostante un risultato non
all’altezza delle aspettative oggi arriva un nuovo aggiorno su
Uncharted 2, il potenziale sequel del film
d’azione e avventura del 2022
Uncharted che ha visto protagonista Tom
Holland nei panni di Nathan Drake e Mark
Wahlberg nei panni di Sully. Il film era basato sul
famoso e omonimo franchise di videogiochi con lo stesso nome.
Sebbene il film non abbia avuto molto successo con la critica, è
stato un successo al botteghino, guadagnando oltre $ 400 milioni in
tutto il mondo e diventando il sesto film di videogiochi con il
maggior incasso di tutti i tempi.
Il produttore Charles
Roven, che ha prodotto il film del 2022 e film come
Oppenheimer,
Il cavaliere oscuro e
American Hustle, ha recentemente condiviso un
aggiornamento su un sequel del film. “Ci siamo davvero
divertiti con [il primo film di Uncharted]“, ha detto
a The
Hollywood Reporter . “Ai fan è piaciuto molto il
film e alle persone che non sapevano nulla del gioco è piaciuto
molto il film. Quindi stiamo sicuramente cercando di farne un altro
di quelli”.
Ci sarà Uncharted 2?
Sebbene non siano stati confermati
piani ufficiali, Uncharted 2 sembra essere
probabile. Dopo il successo del primo film, il presidente della
Sony Pictures Tom Rothman ha
dichiarato che si era difronte ad un nuovo franchise
cinematografico di successo.
Uncharted,
uscito il 17 febbraio 2022 è stato diretto da Ruben Fleischer con
Tom Holland, Mark Wahlberg, Sophia
Ali, Tati Gabrielle e Antonio Banderas.
Prodotto da Sony Pictures e distribuito da Warner Bros.
Entertainment Italia.
La trama del primo film
L’astuto ladro Nathan Drake (Tom
Holland) viene reclutato dall’esperto cacciatore di tesori Victor
“Sully” Sullivan (Mark Wahlberg) per recuperare una fortuna persa
da Ferdinando Magellano 500 anni fa. Quello che inizia come un
furto diventa una corsa mozzafiato in giro per il mondo per
raggiungere il tesoro prima dello spietato Moncada (Antonio
Banderas), di cui ritiene di essere il legittimo erede. Se Nate e
Sully riusciranno a decifrare gli indizi e risolvere uno dei
misteri più antichi della storia, troveranno un tesoro di 5
miliardi di dollari e forse anche il fratello, scomparso da tempo,
di Nate… solo se impareranno a lavorare insieme.
La registadi The
Marvels Nia DaCostaha
condiviso i suoi pensieri in merito alla tesi che vuole il pubblico
di tutto il monto stancodei supereroi dell’MCU.DaCosta ha già diretto film come Candyman e
Little Woods. Sta per dirigere l’imminente sequel del
film sui supereroi del 2019 Captain Marvel. Questo film è
interpretato da Brie
Larson nei panni di Carol Danvers/Captain
Marvel, Teyonah
Parris nei panni di Monica Rambeau e Iman
Vellani nei panni di Kamala
Khan/Ms. Meraviglia.
In un numero
della rivista
Total Film , DaCosta ha dichiarato:
“Penso che la stanchezza da supereroe esista
assolutamente“. Ha spiegato come spera che il suo
prossimo film si distingua dagli altri film di
supereroi. “La più grande differenza rispetto agli altri
film del MCU fino ad oggi è che è davvero
stravagante e sciocco“, anticipa DaCosta. “I mondi in
cui andiamo in questo film sono mondi diversi da altri che hai
visto nel MCU. Mondi luminosi che non
hai mai visto prima.”
The Marvels, la
trama
Nel film Marvel StudiosThe
Marvels, Carol Danvers alias Captain
Marvel deve farsi
carico del peso di un universo destabilizzato. Quando i suoi
compiti la portano in un wormhole anomalo collegato a un
rivoluzionario Kree, i suoi poteri si intrecciano con quelli della
sua super fan di Jersey City Kamala Khan, alias Ms. Marvel, e con quelli
della nipote di Carol, il capitano Monica Rambeau, diventata ora
un’astronauta S.A.B.E.R.. Insieme, questo improbabile trio deve
fare squadra e imparare a lavorare in sinergia per salvare
l’universo come “The
Marvels”.
Tutto ciò che sappiamo su The
Marvels
The
Marvels, il sequel del cinecomic Captain Marvel con protagonista il
premio Oscar Brie
Larson che ha incassato 1 miliardo di dollari al
box office mondiale, sarà sceneggiato da Megan McDonnell,
sceneggiatrice dell’acclamata serie WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: il sequel,
infatti, sarà diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman.
Nel cast ci saranno
anche Iman Vellani(Ms.
Marvel, che vedremo
anche nell’omonima serie tv in arrivo su Disney+)
e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già
apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreterà il villain principale, del
quale però non è ancora stata rivelata l’identità. Il film, salvo
modifiche, arriverà in sala il 10 novembre 2023.
L’attrice Gal Gadotè stata lusingata dai commenti di Margot
Robbie sul fatto che la voleva nel
filmdi Barbie.Questa commedia fantasy della regista Greta
Gerwig è stata un enorme successo al botteghino. Il
film con Margot Robbie nei
panni di Barbie
e Ryan Gosling nei panni di Ken poteva essere
molto diverso. Margot Robbie che è
anche trai produttori del film ha
rivelatoche non si è scelta immediatamente per il
ruolo principale perché avrebbe voluto invece scegliere
Gal Gadot. Tuttavia, Gal Gadot non è stato in grado di interpretare
il personaggio a causa di conflitti di programmazione.
Gal Gadot doveva essere Barbie
“Adoro Margot“, ha
detto Gadot alla rivista
Flaunt . “Margot è una di quelle
donne con cui vorresti solo essere amica. È così divertente,
calorosa, divertente e intelligente e ovviamente così
talentuosa. Porta così tanto in tavola. Mi piacerebbe
fare qualsiasi cosa con Margot e sono stato molto toccato [dai suoi
commenti]. Mi ha riscaldato il cuore con tutto quello che ha
detto su di me. Sono super eccitato per loro e sono così
eccitato per Barbie.
“Gal Gadot è l’energia di
Barbie“, ha detto Margot Robbie aVogue . “Perché Gal Gadot è
così incredibilmente bella, ma non la odi per essere così bella
perché è così genuinamente sincera, ed è così entusiasta e gentile,
che è quasi stupida. È come subito prima di essere un
idiota”.
Barbie, tutto quello che c’è da sapere sul
film
Dalla sceneggiatrice/regista
candidata all’Oscar Greta
Gerwig (Piccole donne, Lady Bird) arriva
Barbie
con protagonisti i candidati all’Oscar Margot Robbie
(Bombshell – La voce dello scandalo, Tonya) e
Ryan Gosling (La La
Land, Drive) nei panni di Barbie
e Ken. Insieme a loro nel cast anche America Ferrera
(End of Watch – Tolleranza zero, i film Dragon
Trainer), Kate McKinnon
(Bombshell – La voce dello scandalo, Yesterday),
Michael Cera (Scott Pilgrim vs. the World,
Juno), Ariana Greenblatt (Avengers: Infinity War, 65 – Fuga
dalla Terra), Issa Rae (The Photograph –
Gli scatti di mia madre, Insecure), Rhea
Perlman (Nei miei sogni, Matilda 6 Mitica) e
Will Ferrell
(Anchorman, Ricky Bobby – La storia di un uomo che sapeva
contare fino a uno).
Fanno parte del cast del film anche
Ana Cruz Kayne (Piccole donne),
Emma Mackey (Emily,
Sex Education), Hari Nef (Assassination
Nation, Transparent), Alexandra Shipp (i film X-Men),
Kingsley Ben-Adir (Quella notte a Miami, Peaky
Blinders), Simu Liu (Shang-Chi e la leggenda
dei dieci anelli), Ncuti Gatwa (Sex
Education), Scott Evans (la serie TV
Grace e Frankie), Jamie Demetriou
(Crudelia), Connor Swindells (Sex
Education, Emma.), Sharon Rooney
(Dumbo, Jerk), Nicola Coughlan
(Bridgerton, Derry Girls), Ritu
Arya (The Umbrella Academy) e il premio
Oscar Helen Mirren
(The Queen – La Regina). Il film è al cinema dal
20 luglio.
In prima tv su
Sky,M3GANè un
thriller sull’intelligenza artificiale di Universal
Pictures e Blumhouse Productions, prodotto da
Jason Blum e James Wan, il
regista dietro ai franchiseSaw,Insidiouse
The Conjuring. La pellicola sarà in prima
tv da lunedì 14 agostoalle
21.15 su Sky Cinema Uno (e alle 21.45 anche su Sky Cinema
Suspense), in streaming su NOW e disponibile on demand.
Su Sky il film sarà disponibile on demand, anche in
4K.
Nel cast Allison Williams, che interpreta Gemma,
sviluppatrice della bambola realistica M3GAN, Violet
McGraw nel ruolo di Cady, sua nipote, Ronny
Chieng, nei panni di David, il CEO della società di
giocattoli per cui lavora Gemma, Brian Jordan
Alvarez che interpreta Cole e Jen Van
Epps nelle vesti di Tess, i colleghi di Gemma che la
aiuteranno allo sviluppo di M3GAN, Stephane
Garneau-Monten è Kurt, l’asservito assistente di David, e
Lori Dungey interpreta il personaggio della vicina
di Gemma, Celia. M3GAN è una produzione Atomic Monster, in
associazione con Divide/Conquer, diretto da Gerard
Johnstone, da una sceneggiatura di Akela
Cooper basata su una storia di Akela Cooper e James
Wan.
La trama di
M3GAN
M3GAN è un prodigio di intelligenza
artificiale, una bambola molto realistica, programmata per essere
un’affidabile compagnia per i bambini e una sicurezza per i
genitori. Progettata da Gemma, brillante sviluppatrice di una
compagnia di giocattoli, M3GAN può ascoltare, guardare e imparare
oltre che trasformarsi da amica a insegnante, da compagna di gioco
a protettrice, per i bambini a cui si lega.
Quando Gemma improvvisamente deve
prendersi cura della nipote di otto anni divenuta orfana, Cady,
capisce di essere insicura e impreparata nel ruolo di genitrice.
Ritrovatasi sotto un’intensa pressione a lavoro, Gemma stabilisce
di affidare Cady al prototipo di M3GAN a sua disposizione, nella
speranza di risolvere il problema: la sua scelta avrà conseguenze
inimmaginabili.
Con il passare del tempo M3GAN e
Cady sviluppano un legame indissolubile e Gemma matura il terrore
che la sua invenzione stia apprendendo con una velocità
impressionante, al punto tale da arrivare a percepire minacce per
Cady che non esistono.
Tra i film italiani, a
Procida, realizzato dai partecipanti del
Film Atelier Procida con la supervisione di
Leonardo di Costanzo, va una Menzione
Speciale della Giuria del Pardo Verde
Ricola con la seguente motivazione: La memoria di
un’isola attraverso gli occhi di una comunità di giovani registi,
che conservano i miti e i riti della terra e del mare. Attraverso
un approccio onesto e un montaggio notevole, il film restituisce un
senso di comunità, con il sapore della solidarietà, dei rapporti
transgenerazionali, della coscienza ambientale e di una
possibilità/potenziale utopia.
Nei Premi Collaterali assegnati da
Giurie indipendenti, il film PATAGONIA di
Simone Bozzelli si aggiudica il Premio ecumenico messo a
disposizione dalla Chiesa evangelica riformata e dalla
Chiesa cattolico romana svizzera. Questa la motivazione: Dov’è
il confine tra dipendenza e libertà? Tra amore e sottomissione? Tra
empatia e responsabilità? Quando innocente Yuri lascia la sua vita
protetta per seguire l’energia seducente di Agostino sulla strada
aperta, entrambi devono confrontarsi con le ferite aperte e le
cicatrici che li hanno resi ciò che sono e tentare un pericoloso
viaggio verso un nuovo orizzonte. verso un nuovo orizzonte.
“Patagonia” è in bilico tra
violenza e tenerezza, ossessività e tenerezza, ossessività e
scoperta di sé, invitando gli spettatori a entrare in uno spazio di
ambiguità, un luogo dove la trasgressione potrebbe portare alla
trasformazione. Mentre il Premio della Giuria Giovani,
designata tra i partecipanti all’iniziativa Cinema e Gioventù
promosso dal Festival Castellinaria, al Miglior
cortometraggio del Concorso internazionale Pardi di Domani, va
a Z.O. di Loris G. Nese. Questa la motivazione: Il
corto mostra una notevole originalità nella costruzione del
racconto attraverso l’impiego di diverse tecniche di animazione che
convergono in una messa in scena innovativa e diretta. Quest’opera
mette in luce la tematica della violenza generazionale offrendoci
la prospettiva di chi ha vissuto la criminalità organizzata sulla
propria pelle.
Con il suo programma di attese
prime e scoperte provenienti da tutto il mondo, Locarno76 ha
offerto al pubblico un viaggio senza frontiera fra le strade più
entusiasmanti del cinema contemporaneo. I numerosi sold-out nelle
sale, così come l’alta presenza di giovani e giovanissimi davanti
al grande schermo hanno caratterizzato un’edizione all’insegna
dell’inclusività e dell’accessibilità, che con il suo programma ha
rilanciato la centralità del cinema indipendente e d’autore.
Il palmarès dell’edizione ha
incoronato Mantagheye bohrani (Critical
Zone) di Ali Ahmadzadeh, film
realizzato clandestinamente tra le strade di Teheran, aggirando i
divieti delle autorità iraniane. I premi gender-neutral introdotti
quest’anno per la migliore interpretazione sono stati attribuiti a
quattro attrici e un attore che con le loro performance hanno
illuminato il Concorso internazionale e il Concorso Cineasti del
presente.
Giona A. Nazzaro, direttore
artistico del Locarno Film Festival: “Un’edizione
entusiasmante che ha ribadito la centralità del Locarno Film
Festival. La sua capacità di esplorare il cinema contemporaneo in
tutte le sue forme riuscendo a coinvolgere un pubblico generoso,
curioso e appassionato che ha gremito Piazza Grande e le sale
all’inverosimile. Un’edizione eccellente, con un + 10% di pubblico,
caratterizzato da una selezione salutata con entusiasmo da stampa
specializzata, cinefili e pubblico!”
L’edizione
Piazza Grande ha fatto da cornice
all’evento con la sua proposta aperta e popolare, segnata dalle
risate del titolo di apertura, L’Étoile Filante,
dall’emozionante ritorno di Ken Loach con The Old
Oak, dall’immersione nella natura di Luc Jacquet, dalle
premiazioni di figure chiave del cinema mondiale come Pietro
Scalia, Tsai Ming-liang e Marianne Slot. A chiudere, questa
edizione, sarà il film Shayda, che sarà presentato
dalla regista Noora Niasari e dall’attrice Zar Amir Ebrahimi: un
racconto al femminile in cui tornano le lotte per i diritti civili
che caratterizzano l’Iran e che ha conquistato la scorsa edizione
del Sundance.
Con 214 film in programma e 466
proiezioni, anche le sale del Festival si sono riempite, grazie a
un Concorso internazionale che ha dato spazio a ogni genere
cinematografico e permesso di comprendere meglio il nostro
presente, ma anche grazie all’audacia del Concorso Cineasti del
presente e dei Pardi di domani, alla ricchezza degli scambi
avvenuti durante le Conversazioni aperte al pubblico e, infine,
alla Retrospettiva, che ha fatto scoprire e assaporare le mille
tinte cromatiche del cinema popolare messicano.
Palmarès
Concorso
internazionale
Pardo d’oro, Gran Premio
del Festival della Città di Locarno per il miglior film MANTAGHEYE BOHRANI (CRITICAL ZONE) di Ali
Ahmadzadeh, Iran/Germania
Premio speciale della
giuria dei Comuni di Ascona e Losone NU AȘTEPTA PREA MULT DE LA SFÂRȘITUL LUMII (DO NOT EXPECT TOO
MUCH FROM THE END OF THE WORLD) di Radu Jude,
Romania/Lussemburgo/Francia/Croazia
Pardo per la migliore
regia della Città e della Regione di Locarno Maryna
Vroda per STEPNE,
Ucraina/Germania/Polonia/Slovacchia
Pardo per la migliore
interpretazione
Dimitra
Vlagopoulou per ANIMAL di
Sofia Exarchou, Grecia/Austria/Romania/Cipro/Bulgaria
Pardo per la migliore
interpretazione
Renée Soutendijk per SWEET
DREAMS di Ena Sendijarević, Paesi
Bassi/Svezia/Indonesia/La Riunione
Menzione speciale NUIT OBSCURE – AU REVOIR ICI, N’IMPORTE
OÙ di Sylvain George, Francia/Svizzera
Concorso
Cineasti del presente
Pardo d’oro
Concorso Cineasti del presente per il miglior film HAO JIU BU JIAN (DREAMING & DYING) di
Nelson Yeo, Singapore/Indonesia
Premio per la o il miglior
regista emergente della Città e Regione di
Locarno Katharina Huber per EIN
SCHÖNER ORT, Germania
Premio speciale della
giuria CINÉ+ CAMPING DU LAC di Éléonore Saintagnan,
Belgio/Francia
Pardo per la migliore
interpretazione Clara Schwinning per EIN
SCHÖNER ORT di Katharina Huber, Germania
Pardo per la migliore
interpretazione Isold Halldórudóttir e Stavros
Zafeiris per TOUCHED di
Claudia Rorarius, Germania
Menzioni Speciali EKSKURZIJA (EXCURSION) di Una Gunjak,
Bosnia-Herzegovina/Croazia/Serbia/Francia/Norvegia/Qatar NEGU HURBILAK di Colectivo Negu,
Spagna
First
Feature
Swatch First Feature Award HAO JIU BU JIAN (DREAMING & DYING) di
Nelson Yeo, Singapore/Indonesia
Pardi di
domani
Concorso Corti
d’autore
Pardino d’oro Swiss Life
per il miglior cortometraggio d’autore THE PASSING di Ivete Lucas, Patrick Bresnan,
Stati Uniti
Menzione speciale e
Cortometraggio candidato del Locarno Film Festival agli European
Film Awards
BEEN
THERE di Corina Schwingruber Ilić, Svizzera
Concorso
internazionale
Pardino d’oro SRG SSR per
il miglior cortometraggio internazionale EN UNDERSØGELSE AF EMPATI (A STUDY OF
EMPATHY) di Hilke Rönnfeldt,
Danimarca/Germania
Pardino d’argento SRG SSR
per il Concorso internazionale DU BIST SO WUNDERBAR di Leandro Goddinho,
Paulo Menezes, Germania/Brasile
Premio per la migliore
regia Pardi di domani – BONALUMI Engineering
Eric K. Boulianne per FAIRE UN
ENFANT, Canada
Premio Medien Patent
Verwaltung AG
NEGAHBAN (THE GUARD) di Amirhossein Shojaei, Iran
Concorso
nazionale
Pardino d’oro Swiss Life
per il miglior cortometraggio svizzero LETZTE NACHT di Lea Bloch, Svizzera
Pardino d’argento Swiss
Life per il Concorso nazionale NIGHT SHIFT di Kayije Kagame, Hugo Radi,
Svizzera
Premio per la migliore
speranza svizzera LETZTE NACHT di Lea Bloch, Svizzera
Pardo Verde
Ricola
Pardo Verde Ricola ČUVARI FORMULE (GUARDIANS OF THE FORMULA) di
Dragan Bjelogrlić, Serbia/Slovenia/Montenegro/ Macedonia del
Nord
Menzioni Speciali PROCIDA, film realizzato dai partecipanti del
Film Atelier Procida, Italia VALLEY PRIDE di Lukas Marxt,
Austria/Germania
L’heist movie è un genere
molto ricco e gustoso per tutti coloro che, fra registi, cinefili o
spettatori semplici, vogliono farsi una gran scorpacciata di
adrenalina e, perché no, a volte anche divertimento. Sono i film
che hanno aiutato
Quentin Tarantino a imparare meglio il linguaggio
cinematografico, venendo perfino omaggiati nel suo saggio
Cinema Speculation, uscito nelle librerie la scorsa
primavera. Sono pellicole che, nel bene o nel male, rimangono
fedeli all’intrattenimento “puro e duro” e ci tengono ad adempiere
a questo primo – e più importante – compito. Se poi sono costruite
seguendo una traccia biografica ancora meglio. Ed è così che
arriviamo a Bandit, nuovo prodotto
comparso nell’offerta di Prime Video sotto
la regia di Allan Ungar, che sistema i suoi
mattoncini narrativi attorno al famigerato rapinatore di banche
americano Gilbert Galavan Jr., anche conosciuto
come Robert Whiteman o The Flying Bandit, così
etichettato dalla stampa. Per la stesura dello script di
Bandit, lo sceneggiatore Kraig
Wenman si è basato su alcune interviste e resoconti
presenti nel libro The Flying Bandit dell’autore Robert
Knuckle. Gilbert Galvan, ad oggi, non è più detenuto ma detiene il
record per il maggior numero di rapine consecutive (59) eseguite in
Canada, Paese in cui scappò e assunse il nome di Whiteman negli
anni Ottanta dopo essere fuggito dal carcere del Michigan.
Bandit, la trama
Gilbert Galvan Jr (Josh
Duhamel) è un criminale di professione. Dopo essere
stato arrestato e incarcerato, evade dalla prigione del Michigan in
cui è detenuto e riesce ad arrivare al confine con il Canada. Senza
soldi e senza una vita, Galvan comincia a trovare un lavoro, e alla
fine diventa un gelataio. In quell’occasione, evento accaduto
realmente come dice lo stesso film, l’uomo assume l’identità di
Robert Whiteman, acquistata da un senzatetto a soli venti dollari.
Deciso a ricominciare da zero e lasciarsi alle spalle il passato,
inizia a frequentarsi con una donna, Andrea (Elisha
Cuthbert), ma la realtà gli piomba subito sulle spalle:
licenziato per dei tagli, non riesce a trovare altro che sia in
grado di mantenere né lui né la compagna e poterci costruire una
famiglia. Ricomincia così a rapinare banche, capendo di avere un
talento innato, soprattutto perché è capace di farlo nel giro di
soli tre minuti, un vero e proprio record. Questo schema, alla
fine, diventerà il suo modus operandi. Ad ogni rapina, poi,
Robert/Gilbert si traveste, riuscendo ad evitare che la polizia
risalga alla sua vera identità. Così facendo, il criminale inizia a
viaggiare per il Paese, rapinando decine e decine di banche, mentre
i media lo soprannominano The Flying Bandit, ossia bandito volante,
per la sua estrema velocità nelle operazioni. Tutto sembra volgere
per il meglio per Galvan, fino a quando un detective furioso si
impunterà per catturarlo, in una incredibile corsa contro il
tempo.
Empatizzare con il nemico
Al suo terzo lungometraggio, Ungar
propone un biopic d’effetto, che nel suo calderone
adrenalinico miscela commedia, thriller e un pizzico di dramma. I
film a stampo biografico, sin da quando hanno fatto la loro
comparsa, sono stati capaci di fidelizzare sempre più il loro
pubblico, tendenzialmente spinto dalla curiosità di vedere
trasposta su schermo la ricostruzione di un fatto di cronaca (o
l’interpretazione altrui di una storia) che ha assimilato nel tempo
filtrata da stampa, televisione o enti governativi. Poter avere
invece una visione dall’interno, un behind the scenes,
costituisce così elemento d’interesse e fascinazione, soprattutto
se il motore della narrazione è un criminale, che sia un serial
killer come
Ted Bundy o
Jeffrey Dahmer, un intelligente ma furbo broker come
Jordan Belford o un rapinatore provetto come, per all’appunto,
Gilbert Galavan Jr.
Se poi a dar sostegno ad un racconto
di per sé accattivante vi è una regia equilibrata ma, al tempo
stesso, pronta ad osare, il risultato è un film come
Bandit, che si fa guardare con
entusiasmo. Possiamo subito dire che la chiave del suo successo è
stata il saper giocare fra i generi di Ungar che, pur mantenendo
come punto di riferimento l’heist movie, spezza il tono del film di
frequente. Una scelta audace, in cui si può incorrere nel rischio
di incrinare tutto l’operato, ma che il regista riesce a calibrare
edificando il primo atto sulle basi della commedia divertente, in
cui entriamo nel mondo rocambolesco del protagonista; il secondo
atto su quello del thriller, in cui Galvan viene inseguito dai
federali; e il terzo atto, nel quale si ha il climax finale
drammatico e la presa di coscienza del grande ladro.
Un’evoluzione degli eventi
coerente a cui segue un crescendo di tensione, eccitazione
e adrenalina, che poi sfumano fino alle battute ultime per dare
spazio alla linea drammatica, momento in cui lo spettatore si trova
ad empatizzare con il protagonista. Sentendosi quasi in dovere di
comprendere la sua inclinazione. Ungar perciò, pur sposando una
regia classica, si lascia andare a qualche guizzo registico
e narrativo degno di nota – come la scelta di rompere la
quarta parete e optare per dei fermoimmagine con le scritte in
sovrimpressione, entrambe soluzioni che seguono molto il pattern de
La
grande scommessa – per creare un ponte molto più diretto
ed emotivo fra Galvan e il suo pubblico, conferendo anche una buona
dose di dinamicità che dà alla pellicola il ritmo di cui ha bisogno
per funzionare bene.
E se fosse la società ad
incattivirci?
Eppure dietro rapine, valige piene
di soldi, banche canadesi, costumi e corse contro il tempo,
Bandit distende anche una
riflessione cruciale sulla nostra società, sul
nostro sistema sballato, diventando questo il
cuore pulsante (ma forse anche sanguinante) dell’intero racconto.
Lo fa attraverso un uomo, il Galvan del bravo
Josh Duhamel mai così aderente al ruolo, che dal sistema è
stato inghiottito, masticato, trasformato e sputato senza pietà.
Portandoci l’esempio di come sia la civiltà in cui viviamo a
renderci diversi, a volte aggressivi, a volte cattivi, a volte
depressi. Perché per quanto uno si sforzi, come il protagonista che
in fondo era un uomo buono, alcuni obiettivi non riusciamo a
raggiungerli lo stesso. Ma nel frattempo abbiamo buttato sangue,
anima e corpo.
Ed è proprio sullo sfondo della
politica di Reagan, con una crisi finanziaria alle porte (c’è un
motivo se Galvan rapina solo banche, perché questo diventa
atteggiamento di ribellione al sistema) e un America che illude (e
continua a farlo) sull’american dream, che
Bandit ci scuote per dirci che è colpa
“del nostro sistema iniquo”, come dirà lo stesso
protagonista all’inizio, se i popoli smettono di funzionare
correttamente. Quello stesso che ci vuole bravi cittadini e
impeccabili lavoratori senza darci però gli strumenti adatti per
esserlo davvero. Lasciandoci allo sbando ad alimentare il gap fra
le classi sociali. E allora eccola la falla, è lì davanti ai nostri
occhi, ci circonda quotidianamente: si chiama incoerenza.
L’incoerenza di un mondo che pretende, ogni giorno, tutti i giorni,
ma non dà mai niente. E non aiuta quasi mai.
Quest’estate Prime Video ci ha
proprio preso gusto con le trasposizioni da famosi libri ed ora è
la volta di Rosso, bianco e sangue blu. Questo
film è tratto dall’omonimo romanzo della giovane scrittrice Casey
McQuiston, che con questo debutto letterario ha conquistato lettori
ma soprattutto lettrici di tutto il mondo. Diventato nel 2019, fin
dalla sua pubblicazione ma edito da noi in Italia solo dal 2021, un
bestseller del New York Times e ragione per cui ha convinto Amazon
Studios ha comprarne i diritti per farne una queer romcom.
La trama di Rosso, bianco e sangue
blu
Alex e Henry non sono due persone
qualunque ma, uno è il figlio della prima Presidente donna degli
USA e l’altro è un principe inglese della Royal Family. I due
protagonisti di Rosso, bianco e sangue blu si sono
conosciuti da ragazzi in Australia, durante la Conferenza sul clima
di Melbourne e si sono “odiati” sin dal primo incontro. Quando le
loro vite si incrociano di nuovo al ricevimento del matrimonio
reale del principe ereditario Phillip, fratello maggiore di Henry,
nessuno dei due avrebbe mai pensato che, per il bene della loro
immagine pubblica avrebbero dovuto fingersi amici. Tutta questa
messa in scena gli viene richiesta, da entrambe le parti, per la
salvaguardia dei rapporti internazionali e in visione dei possibili
commenti sui rotocalchi dopo aver fatto cadere e distrutto la
costosa torta nunziale e creato un incidente diplomatico.
Ben presto trascorrendo del tempo
insieme, tra Londra e la Casa Bianca, e scrivendosi messaggi Alex e
il giovane della casa reale scoprono di aver più in comune di
quanto pensassero e anche la passione per la cultura in generale.
Quella che è inizialmente una tattica pubblicitaria, col tempo si
trasforma in un’amicizia profonda e infine in una vera e propria
storia d’amore. Mentre Henry ha sempre saputo di essere gay, per
Alex i sentimenti che prova nei confronti del bel inglese sono una
vera e propria svolta, riconoscendosi così come bisessuale.
Consapevoli dei rischi che i loro ruoli pubblici implicano e allo
stesso tempo spinti dai sentimenti che li legano fortemente, i due
rischieranno molto per vivere il loro amore, anche sfidando anni di
tradizioni e l’opinione pubblica.
Il cast di Rosso, bianco e sangue
blu
I personaggi principali sono
Alex Claremont-Diaz
e il
principe Henry Fox
e sono interpretati dall’attore americano
Taylor Zakhar Perez
e dal britannicoNicholas
Galitzine.
Alex è un personaggio che buca subito lo schermo, molto divertente,
intelligente, ambizioso e questo lo rende irresistibile. Nella sua
vita la politica gioca un ruolo fondamentale non solo perché vive
alla Casa Bianca ma anche perché lui vuole intraprendere una
carriera politica e dare aiuto nella campagna elettorale per il
partito democratico di cui la madre Presidente ne è il massimo
esponente.
Henry invece è un’anima dolce, la
rappresentazione perfetta del Principe Azzurro, tutto sorrisi,
cavalleria cortese e comparsate di beneficenza. I due formano una
coppia inattesa ma perfetta, l’ingenua malizia Alex si scontra con
la calma apparente di Henry e insieme i due condividono un legame
fisico e mentale davvero invidiabile. Tutto questo è anche merito
dei due attori che fanno scintille nelle scene più erotiche, girate
in modo delicato e per niente volgare, molto romantiche le scene
con la loro prima notte d’amore a Parigi e la visita notturna al
Victoria and Albert Museum.
Nel film vengono analizzati anche il
rapporto di Alex e Henry con le famiglie e il loro orientamento
sessuale. I due nuclei familiari affrontano l’argomento,
ovviamente, in modo molto diverso l’uno dall’altro e a tratti
persino opposto. Alla fine dei conti, le famiglie di entrambi
rappresentano una forte base di appoggio, la madre di Alex, la
Presidente Ellen Claremont interpretata da
Uma Thurman, accoglie subito la bisessualità del figlio invece
Henry può solo confidarsi con la sorella principessa Bea, l’attrice
britannica
Ellie Bamber. Nel cast appare
Stephen Fry, nel ruolo del Re che alla fine accetterà la
relazione anche grazie alla popolazione americana e inglese che
prima di tutti tifa per la coppia protagonista di questa fiaba
contemporanea e queer.
Rosso, bianco e sangue blu un
successo per Prime Video
Dopo il successo il film in
streaming
È colpa mia? con questo adattamento Amazon Studios alza
l’asticella e osa un po’ di più puntando su un amore tra due
giovani uomini. Rosso, bianco e sangue blu del regista Matthew
Lopez è il giusto mix di romanticismo delle romcom che riesce ad
affrontare le tematiche importanti come i diritti LGBTQ+ e
l’accettarsi per quello che si è senza pregiudizi.
Non è la prima volta che Netflix ci pone davanti a prodotti distopici,
interessanti o meno, e ci mostra un mondo dominato dalla tecnologia
avanzata. Anche Paradise così come i suoi predecessori
– Black Mirror per citare il
capostipite di questa famiglia – viaggia in un futuro
fantascientifico dove tutto le potenze mondiali hanno puntato sulla
ricerca e sulle risorse bio perdendo per sempre la loro umanità.
Sì, perché l’umanità ha un costo che si paga con il tempo: ogni
individuo che ha raggiunto la maggiore età può dare i suoi anni a
qualcun altro (solo se compatibile con il DNA). Ci sono le ragioni
più varie per farlo ma la principale sono i soldi.
È così che incontriamo
Max (interpretato da Kostja Ullmann) mentre dà del filo da torcere
a un giovane, forse alla fine dell’adolescenza: rinunciare a 15
anni della sua vita in cambio di 700.000 euro. Un altro affare,
un’altra tacca da aggiungere alla carriera perfetta alla Aeon per
il quale ha mediato per 276 anni, facendogli guadagnare un premio
come venditore dell’anno dall’amministratore delegato
Sophie Thiessen (interpretato da Iris
Berben). Per festeggiare torna a casa dalla moglie Elena
(interpreta da Marlene Tanczik), una vita perfetta
si direbbe ma qualcosa sta per rompere l’equilibrio di Paradise.
Tre linee temporali destinate a intrecciarsi come i destini dei tre
protagonisti che dovranno anche combattere contro l’unità
terroristica che prende di mira il CEO di Aeon:
chiunque venderà o riceverà anni in più sarà sterminato.
Paradise, la trama
Il titolo apparentemente allusivo (e
ironico) a una condizione di pace e benessere se non fosse che
Paradise ci mostra i punti di debolezza dell’essere umano. Il
tempo, l’unico fattore che va contro l’uomo e la natura. L’unico
fattore che l’uomo non controlla eppure nel film di quasi due ore
di Netflix (originale tedesco) si arriva anche a
questo. In contrapposizione al titolo la figura dell’oscura
Lilith (Lisa Loven Kongsli) che
guida la banda di ribelli che cerca di punire coloro che sostengono
questa ingiustizia, il che porta alle limitate scene d’azione di
questo thriller fantascientifico a basso budget. Anche se la
premessa del film sembra interessante si perde nelle scene di
azione che seppur presenti in poche quantità appaiono forzate e
caricaturate.
Il regista tedesco Boris
Kunz insieme agli sceneggiatori, Simon
Amberger e Peter Cocyla, descrivono
questo nuovo mondo con ironia. Parlano dei successi della ricerca,
degli investimenti più sostenibili e si soffermano su quanto in
realtà il valore dell’umanità si sia ridotta a una moneta di
scambio. È quello che in prima persona vivono Max ed Elena che in
seguito a un incendio nella loro casa sono costretti a rispettare
una clausola del mutuo: estinguere il debito con quarant’anni di
vita. Una volta estinto il debito, una vecchia Elena (ora
interpretata da Corinna Kirchhoff) e Max devono
affrontare questa tragedia di coppia, che avrebbe voluto creare una
famiglia.
Cosa succede quando i valori morali
vengono meno
Se nella prima metà di
Paradise i toni sono neutri e accesi
(soprattutto quando ci viene mostrato il dipartimento generale di
Aeon), nella seconda parte il tono cambia e i
colori diventano più scuri. Questo perché in parallelo all’umore
del protagonista qualcosa sta cambiando e ci viene mostrato il
primo sconvolgimento di trama. Infatti, una società così evoluta
come quella raccontata in Paradise nasconde in
realtà gli stessi problemi moderni: l’avidità dell’uomo e il suo
egoismo. Max vuole invertire il processo di
invecchiamento della moglie ma per farlo deve ritrovare il donatore
che ha ricevuto i suoi anni.
Una volta scoperto di chi si tratta,
Max mette in moto il suo piano di vendetta che
consiste nell’uscire di nascosto dalla Germania per un’operazione
illegale, e così forse Elena potrà riavere i suoi anni. Durante il
viaggio per il paese ancora una volta
Paradise ci avverte di quanto le cose
possano diventare rivoltanti quando gli uomini di scienza vendono
avidamente le loro anime per un guadagno capitalistico. Non manca
neanche la denuncia allo sfruttamento delle classi sociali meno
abbienti per soddisfare i capricci di ricchi imprenditori e uomini
di potere.
Tutto cambia
La peculiarità di
Paradise però è sconvolgere totalmente
l’equilibrio iniziale del film. All’inizio Max è
l’impiegato del mese, non sbaglia una mossa, è quasi asservito al
sistema. Elena, sua moglie, è comprensiva con sé
stessa e con gli anni che gli sono stati sottratti, raggiunge anche
una maturità da donna vissuta. Alla fine, questo equilibrio non
solo si rompe ma viene totalmente capovolto. Avviene una rottura
dello schema canonico con cui vengono raccontate le storie e per le
quali dovrebbe essere previsto un ritorno alla situazione iniziale,
invece con Paradise questo non avviene.
Ancora una volta per i prodotti sci-fi di Netflix, l’elemento distopico e
fantascientifico serve per raccontare una grande metafora sulla
vita moderna: drammi familiari, morale e progressi tecnologici.