La Sony Pictures sta lavorando alla
realizzazione di un sequel della commedia romantica con Julia Roberts dal titolo Il matrimonio del mio
migliore amico. Come riportato da Collider, lo studio ha
ingaggiato la sceneggiatrice e regista di Material
Love e Past
LivesCeline Song per scrivere la
sceneggiatura del progetto, anche se al momento non è ancora stata
confermata la sua partecipazione come regista del film.
La notizia arriva poco dopo che
Dermot Mulroney, che ha recitato al fianco della
Roberts nell’originale del 1997 diretto da P.J.
Hogan, ha rivelato al New York Post che “si parla di
un sequel”. L’attore stava promuovendo la sua nuova serie
Netflix “The Hunting Wives” quando gli è
stato chiesto del possibile seguito, rispondendo: “Non ne so
nulla. L’ultima cosa che ho sentito è che gli avvocati ne stavano
discutendo“.
Song ha appena presentato il suo
secondo lavoro da regista, Material
Love, in Italia al cinema dal 4 settembre. La commedia
romantica sul triangolo amoroso, con Dakota Johnson, Chris Evans e Pedro Pascal, ha incassato 50 milioni di
dollari al botteghino mondiale. Il suo film d’esordio, Past
Lives, ha invece incassato 42 milioni di dollari in tutto
il mondo e ha ottenuto nomination agli Oscar per la sceneggiatura
originale e il miglior film.
Cosa sapere di Il matrimonio del migliore
amico
L’originale Il matrimonio del mio
migliore amico vedeva Julia Roberts nei panni di una critica
gastronomica che scopre che il suo amico di lunga data,
interpretato da Dermot Mulroney, sta per sposarsi.
I due avevano giurato di sposarsi l’uno con l’altra se fossero
rimasti single fino alla “veneranda” età di 28 anni. Rendendosi
conto di essere innamorata, il personaggio di Roberts decide così
di sabotare l’evento. Il film vedeva anche la partecipazione di
Cameron Diaz e Rupert
Everett.
Il film è stato un successo al
botteghino al momento dell’uscita nell’estate del 1997, incassando
127 milioni di dollari in Nord America e classificandosi al nono
posto tra i film di maggior incasso dell’anno. Ha poi ottenuto tre
nomination ai Golden Globe – come miglior musical e commedia e per
la recitazione di Roberts ed Everett – ed è rimasto uno dei titoli
più amati della serie di
commedie romantiche interpretate da Roberts negli anni ’90. Nel
2022, Variety lo ha classificato come uno dei 100 migliori film di
tutti i tempi.
A
sorpresa, Brad Pitt è dunque tornato a vestire i panni
di Cliff Booth, lo stuntman taciturno e spavaldo che aveva
conquistato il pubblico in C’era una volta a… Hollywood. Le prime immagini dal set
del sequel, trapelate nelle ultime ore, mostrano l’attore premio
Oscar impegnato in nuove acrobazie e scene d’azione ambientate
negli anni Settanta, segno che Leavventure di Cliff Booth sono tutt’altro che
finite.
Cosa sappiamo sul film Le
avventure di Cliff Booth?
Il
progetto, ancora avvolto nel mistero, sembra essere una sorta di
spin-off/sequel dedicato al personaggio interpretato da Pitt, che
nel film originale di Quentin Tarantino era al fianco di Rick
Dalton (Leonardo DiCaprio). La pellicola
esplorava il mondo del cinema e della controcultura americana alla
fine degli anni Sessanta, culminando in una reinterpretazione pulp
degli omicidi Manson. Ora, secondo fonti vicine alla produzione,
questa nuova avventura si concentrerà interamente su Cliff e sul
suo passato da eroe di guerra e uomo d’azione.
Le riprese sono in corso in California, tra Los Angeles e il
deserto del Mojave, e dalle prime indiscrezioni sembrerebbe che il
film adotterà uno stile da buddy-movie solitario, tra western urbano e noir
crepuscolare. Non è ancora chiaro se Quentin Tarantino sia
direttamente coinvolto nel progetto, ma il tono e la fotografia
sembrano perfettamente coerenti con l’universo narrativo da lui
creato.
Le avventure di Cliff Booth è attualmente il titolo
provvisorio del film, che potrebbe arrivare nelle sale nel corso
del 2026. Nel frattempo, i fan di C’era una volta a… Hollywood possono già esultare:
Brad
Pitt è tornato, e Cliff Booth ha ancora molto da
raccontare.
Con il film del 2022 Dead
for a Dollar (qui
la recensione), Walter Hill torna
dietro la macchina da presa con un western asciutto e crepuscolare
che rinnova i temi tipici del genere. Ambientato nel 1897, il film
segue il cacciatore di taglie Max Borlund
(interpretato da Christoph Waltz) nel suo incarico
apparentemente semplice: riportare a casa la moglie di un uomo
facoltoso. Ma come spesso accade nei western firmati Hill, niente è
davvero come sembra. In questo approfondimento analizziamo la
trama, i nodi centrali della storia e soprattutto il significato
del suo finale, riflettendo su come il film si inserisce nel
percorso autoriale del regista di I guerrieri della notte
e Johnny il Bello.
Un passato irrisolto: chi è davvero
Joe Cribbens?
La storia prende il via con
Max Borlund, esperto cacciatore di taglie e
funzionario al servizio del governo degli Stati Uniti, che visita
la prigione di Albuquerque per incontrare un vecchio nemico:
Joe Cribbens (Willem
Dafoe). I due condividono un passato turbolento.
Borlund aveva arrestato Joe anni prima per rapina in banca e furto
di cavalli, ma ora Cribbens sta per uscire. Secondo alcune voci,
l’uomo avrebbe intenzione di vendicarsi. Sebbene Joe affermi di
volersi solo ritirare in Messico a giocare a carte e divertirsi, lo
sguardo sfuggente e i modi ambigui non convincono Borlund, che lo
mette in guardia: qualunque tentativo di seguirlo o fargli del male
sarà ricambiato con la stessa moneta.
Poco dopo, Borlund riceve una nuova
missione: Martin Kidd, un ricco imprenditore,
sostiene che sua moglie Rachel (Rachel
Brosnahan) sia stata rapita da un disertore
dell’esercito, Elijah Jones (Brandon
Scott), e chiede che venga riportata indietro. In realtà,
il riscatto è già stato chiesto, ma Martin preferisce pagare
Borlund — 500 dollari in anticipo — per salvare la reputazione sua
e della moglie. Ad accompagnare il cacciatore c’è il sergente
Poe (Warren Burke),
apparentemente loquace e cordiale, ma non privo di sorprese. La
missione li porta così verso la regione desertica di Roca Rosa, nel
Chihuahua, dove le certezze iniziano a sgretolarsi.
Christoph Waltz, Rachel Brosnahan e Warren Burke in Dead for a
Dollar. Foto di Lewis Jacobs.
Una fuga d’amore sotto accusa
Il viaggio si complica quando Poe
rivela di conoscere Elijah e sostiene che questi non avrebbe mai
potuto rapire una donna. Anzi, afferma che Rachel è fuggita
volontariamente con lui. I due si sarebbero rifugiati presso una
baita di proprietà di un uomo di nome Hannon,
legato a vari traffici illeciti e sospettato di avere legami con
Joe Cribbens. Elijah aveva lasciato a Poe una mappa per
raggiungerli, sperando proprio che l’amico lo raggiungesse. La
verità inizia così a delinearsi: quello con cui Max ha a che fare
non è un rapimento, ma una fuga consensuale.
Nel frattempo, Rachel e Elijah
vengono raggiunti da Romero, emissario del potente
gangster Tiberio (Benjamin
Bratt). Hannon, per saldare un debito di gioco con il
criminale, aveva pattuito con lui la consegna dei due fuggiaschi in
cambio di parte del riscatto. Elijah e Rachel accettano a
malincuore il piano di essere condotti a Veracruz per poi
imbarcarsi per Cuba, nonostante i dubbi sulla lealtà del gangster.
Poco dopo, Tiberio e i suoi uomini incontrano Borlund e Poe,
pretendendo un pagamento per il “diritto” di passaggio su quel
territorio. La tensione è palpabile, ma Borlund non si lascia
intimidire.
Borlund e Poe raggiungono infine la
baita di Hannon. Il criminale punta un’arma contro Rachel, ma viene
prontamente ucciso da Borlund. Mentre Elijah seppellisce il
corpo, Rachel — ancora diffidente verso Borlund — lo minaccia con
una pistola, salvo poi abbassare l’arma dopo che lui le dichiara le
sue reali intenzioni: rispettare la legge, sì, ma non a scapito
della verità. È il primo segnale che Max sta iniziando a mettere in
discussione le apparenze del caso.
Willem Dafoe in Dead for a Dollar. Foto di Lewis
Jacobs
La verità su Martin Kidd e il
motivo della fuga
Nel frattempo, Joe Cribbens è ormai
libero e si stabilisce a Pueblo de Guadalupe. Si presenta come
semplice giocatore d’azzardo, ma i guai lo trovano subito. Dopo una
partita con Palmer, socio inglese di Tiberio, la
tensione esplode: Palmer lo minaccia con un’arma e Joe lo uccide.
Romero a quel punto lo raggiunge per informarlo che Tiberio vuole
incontrarlo. In un incontro successivo, Tiberio propone a Joe un
nuovo “lavoro”: eliminare Borlund. Joe accetta, ma il tentativo
fallisce grazie a Poe e Rachel, che lo disarmano. Dopo
l’umiliazione, Cribbens viene scaricato anche da Tiberio.
Borlund, nel frattempo, comincia a
capire che le versioni ufficiali non reggono. Rachel gli racconta
la sua storia: da giovane donna ribelle, si era sposata con Martin
dopo poche settimane di corteggiamento. L’uomo si era poi rivelato
un truffatore e un donnaiolo, che la trattava come una proprietà.
Elijah, studente della scuola in cui lei lavorava, era stato quindi
per lei un’ancora di salvezza. La loro fuga era un tentativo di
sottrarsi al controllo e alla violenza di Martin. Con questa nuova
consapevolezza, Borlund accetta la situazione e le restituisce la
pistola per difendersi.
Quando infine Martin Kidd arriva
finalmente a Ciudad de Trinidad Maria, non cerca nemmeno di vedere
sua moglie: si reca direttamente alla prigione e uccide Elijah.
Corrompe poi le guardie per coprire l’assassinio. Rachel,
distrutta, si vendica a quel punto uccidendo a sua volta il marito.
In seguito, tenta il suicidio, ma cambia idea. Comprende che ora ha
il potere di scegliere come vivere. Tiberio, però, non ha ancora
detto l’ultima parola.
Rachel Brosnahan in Dead for a Dollar
Il significato del finale di Dead for a
Dollar
Tiberio lancia a quel punto un
attacco contro l’hotel in cui si trova Rachel. I suoi uomini
vengono fermati anche grazie al coraggio della receptionist, ma
Rachel rimane ferita al volto. In quel momento arriva Joe Cribbens,
che uccide Tiberio, convinto che il gangster gli abbia rovinato la
vendetta contro Borlund. Infine, lo stesso Cribbens affronta
Borlund in un duello, ma ha ancora una volta la peggio e viene
ucciso. Poe invece, seppur ferito, sopravvive e fa ritorno
all’esercito.
Nel finale, Rachel – senza più nulla
che la leghi a quei luoghi – lascia il Messico e si unisce al
movimento suffragista a Filadelfia. La cicatrice sul volto diventa
il simbolo della sua rinascita e del suo diritto
all’autodeterminazione. Max Borlund, invece, torna alla sua
attività di cacciatore di taglie, ma qualcosa in lui è cambiato. Se
all’inizio era una figura fredda, quasi burocratica, nel corso
della storia matura una coscienza morale. Invece di seguire alla
lettera ordini sbagliati, impara a distinguere tra giustizia e
legge. Quando restituisce la pistola a Rachel, fa molto più che
proteggerla: le riconosce finalmente la libertà di decidere per
sé.
Diretto dal montatore e regista
francese Camille Delamarre al suo debutto
cinematografico, con una sceneggiatura scritta da Luc
Besson, Robert Mark Kamen, Ryan
Amon e Bibi Naceri, Brick
Mansions (qui
la recensione) è un thriller d’azione ambientato nei quartieri
poveri con una buona dose di inseguimenti, sparatorie e acrobazie
mozzafiato. Il film del 2014 prende inoltre spunto dal precedente
successo francese District B13. Per quanto riguarda la
trama, è piuttosto standard: un eroe rispettoso della legge fa
squadra con un altro (a cui non importa nulla) per salvare un
ghetto dalla sua imminente rovina.
Il
film rientra nel genere del cinema d’azione urbano e distopico, con
evidenti richiami a titoli come
1997: Fuga da New York di John Carpenter
o The Raid di
Gareth Evans, per l’ambientazione chiusa e
l’impianto narrativo che ruota attorno a una scalata letterale e
metaforica verso un nemico comune. Ma Brick
Mansions si distingue per l’impiego esteso del parkour,
coreografato e interpretato dallo stesso David Belle, fondatore
della disciplina. Questa componente dinamica conferisce al film
un’identità visiva energica e contemporanea, anche se la narrazione
riprende archetipi classici: la città come gabbia, la redenzione
personale, la lotta contro la corruzione istituzionale.
Oltre all’azione,
Brick Mansions affronta però anche temi legati
all’emarginazione sociale, al degrado urbano e alla manipolazione
del potere. Il film assume anche un valore simbolico, poiché
rappresenta uno degli ultimi ruoli interpretati da Paul Walker, famoso per Fast & Furious, prima della sua morte. Nel resto
dell’articolo ci concentreremo però in particolare sul fornire una
spiegazione dettagliata del finale, chiarendo gli eventi conclusivi
e il loro significato rispetto ai temi centrali della
pellicola.
Il film è ambientato in una Detroit
del futuro, corrotta, violenta e in mano alla malavita. Un intero
quartiere popolare e semi-apocalittico funge da dimora per i
criminali più violenti della città. La polizia per circoscrivere il
pericolo e proteggere il resto degli abitanti, decide di costruire
un muro di cinta controllando tutti i movimenti di entrata e di
uscita. Nella zona chiusa ribattezzata come “Brick
Mansions” sopravvivono solo i più forti e il crimine si
rafforza di giorno in giorno. L’intero quartiere è controllato da
Tremaine (RZA), padrone
indisturbato e re della droga. Lungo la sua strada Tremaine
incontreràl’agente Damien
Collier (Paul
Walker) e l’ex galeotto Lino
(David Belle).
Damien è un poliziotto sotto
copertura, che dopo la morte del padre, dedica la sua vita alla
lotta contro il crimine e la corruzione. Lino invece abita
all’interno del quartiere e ogni giorno si batte per vivere una
vita onesta cercando di combattere per il bene di tutta la
comunità. Damien e Lino provengono da mondi totalmente differenti,
hanno due vite diverse ma un nemico in comune: Tremaine. Il
rapimento della ragazza di Lino da parte di Tremaine, provocherà
una serie di adrenalinici avvenimenti che porteranno i due ad
allearsi. Insieme cercheranno di mandare a monte un pericoloso
piano che potrebbe abbattere l’intera città.
La minaccia della bomba
La tensione raggiunge dunque il
culmine quando Tremaine si dichiara in possesso di una testata
nucleare e minaccia di lanciarla su Detroit se non riceverà un
riscatto. Damien e Lino devono dunque collaborare per la
disattivazione dell’ordigno. Quando Damien e Lino si recano alla
base di Tremaine in una missione suicida, Tremaine fa un’offerta a
Damien. Il boss mafioso mostra loro da lontano la bomba, che è
collegata a un missile russo puntato sul centro della città. Da
vero uomo d’affari, Tremaine vuole vendere la bomba per una somma
forfettaria di 30 milioni, a 10 dollari a persona. Si tratta forse
di una cifra ragionevole, e Damien chiama i suoi superiori per
chiedere loro di effettuare il trasferimento.
La città non dispone però di una
somma del genere e l’affare non va in porto. Damien, tuttavia,
continua comunque a stare al gioco, fingendo che i superiori stiano
effettuando il trasferimento come richiesto. La banca segreta non
aprirà prima di altri 25 minuti e Damien e Lino vengono portati in
una cella ad aspettare che il denaro venga trasferito. Tuttavia,
Damien rivela a Lino la verità: sono soli. Lino finge di stare
male, mettono fuori combattimento la guardia e gli eroi scappano
per salvarsi la vita. Dopo alcune altre sontuose sequenze di
parkour, Lino e Damien eliminano i teppisti. Ma un cecchino
continua a sparare loro dal tetto, finché i due raggiungono il
tetto per eliminarlo.
Tremaine scopre a questo punto che
Damien ha mentito riguardo all’autorità che avrebbe inviato il
denaro. Inoltre, stanno liquidando il denaro che si trova sul conto
di Tremaine. Tremaine, infuriato, sta per attivare la bomba, ma
Damien spara al ricevitore del segnale e il missile non lascia il
supporto. Sul tetto, Tremaine cambia idea riguardo all’idea di far
saltare in aria la città, ma Rayzah cerca di prendere il controllo
del dispositivo, solo che Lola lo spinge giù dal tetto. Damien
ottiene a quel punto il codice per disattivare la bomba, ma
questo è casualmente identico al codice postale della zona. Mentre
la bomba non esplode, Damien, Lino, Tremaine e tutti i suoi
scagnozzi mafiosi si recano nell’ufficio del sindaco per un
confronto.
La spiegazione del finale del film
Si comprende così che Tremaine non
aveva mai avuto intenzione di lanciarla: la vera minaccia era un
piano orchestrato dal sindaco per distruggere Brick Mansions e
liberare l’area dalla criminalità e favorire le speculazioni
edilizie. Brick Mansions presenta così una visione
cupa del problema della gentrificazione. In un mondo distopico, un
sindaco al di sopra della legge pensa che eliminare le persone
sfortunate fermerebbe i crimini in un quartiere povero. Quello che
il sindaco non sa è che questa sua confessione è stata riprese a
diffusa ai media, smascherandolo prima che potesse essere troppo
tardi.
Damien, a questo punto, decide di
lasciare il suo lavoro. Mentre Tremaine e Lino cercano di farlo
ragionare, l’agente getta via il distintivo in un gesto impulsivo.
Egli era stato coinvolto dopo che gli era stato fatto credere che
suo padre era stato ucciso da Tremaine, ma la verità è che sono
state le forze dell’ordine corrotte ad eliminarlo. Damien non vuole
dunque più lavorare per questo ambiente marcio. Alla fine, la pace
nel quartiere viene ripristinata e Tremaine si candida alle
elezioni per la carica di sindaco. Le scuole e gli ospedali
riaprono e, dato che alla fine del film Damien fa delle commissioni
nel ghetto, crediamo che sia ancora lo sceriffo non ufficiale del
quartiere.
Il finale di Brick
Mansions ribalta così le aspettative: non è il criminale
di quartiere il vero nemico, ma il potere corrotto delle
istituzioni. Il film decostruisce la classica dicotomia buoni
contro cattivi, mostrando che la vera violenza è quella del potere
che marginalizza e sfrutta. La testata nucleare diventa metafora
dell’abbandono sistematico delle periferie, e Brick Mansions
rappresenta tutti quei luoghi dimenticati, ridotti a ghetti per
interessi politici ed economici. Il gesto di Damien, che tradisce i
suoi superiori per la verità, evidenzia un cambiamento profondo: la
giustizia non può esistere senza coscienza.
Infine, la rielezione di Tremaine a
sindaco è una chiusura provocatoria ma coerente: l’ex criminale,
ora simbolo di riscatto e rappresentante degli emarginati, si
propone come voce autentica della città. Brick
Mansions non si limita a intrattenere, ma propone un
messaggio sociale: la violenza, spesso rappresentata da esplosioni
e inseguimenti, ha radici profonde nelle disuguaglianze e nella
corruzione. La nuova amicizia tra Damien e Lino incarna una
possibile riconciliazione tra forze opposte, unite dalla verità e
dalla volontà di cambiare davvero le cose.
Assaporando Parigi
(il cui titolo originale è Savoring Paris) è il film del
2024 diretto da Clare Niederpruem, una
commedia romantica dal tono leggero e malinconico che celebra
l’amore, la cucina francese e la scoperta di sé. Il film racconta
il viaggio personale ed emotivo di una donna americana che, giunta
nella capitale francese per sfuggire a una vita insoddisfacente, si
ritrova a ricostruirsi tra baguette croccanti, bistrot pittoreschi
e incontri inaspettati. La pellicola si inserisce così nel filone
dei feel-good movie ambientati in location iconiche, capaci di
fondere romanticismo, umorismo e introspezione.
Il genere a cui appartiene
Assaporando Parigi ha negli ultimi anni ha trovato
numerosi esempi di successo, da
Julie & Julia a Mangia, prega, ama, passando per
Midnight in Paris e Sognando Parigi. In
tutti questi film la cucina e le atmosfere di luoghi suggestivi
diventano strumenti narrativi per raccontare una trasformazione
personale. Così anche in Assaporando Parigi, il
cibo non è solo contesto, ma motore di emozioni e relazioni, capace
di far emergere desideri repressi, nuove identità e, naturalmente,
l’amore. Il tutto avviene attraverso una narrazione che alterna
leggerezza e riflessione, con un’estetica calda e accogliente.
Produzione Hallmark,
Assaporando Parigi propone però anche un
personaggio femminile che non cerca il principe azzurro. La
protagonista si ritrova infatti a reinventarsi completamente
lontano dal suo mondo d’origine, spinta più dal bisogno di capire
chi è davvero che dalla ricerca di una nuova relazione. Nel resto
dell’articolo scopriremo allora nel dettaglio la trama del film, il
cast di interpreti principali e le curiosità sulle affascinanti
location che fanno da sfondo alla storia. Una guida completa al
film per chi vuole assaporare Parigi… anche solo attraverso lo
schermo.
Bethany Joy Lenz e Stanley Weber in Assaporando Parigi
La trama di Assaporando Parigi
Ella Weber, insoddisfatta del suo
lavoro e della vita negli Stati Uniti, parte per Parigi per
ritrovare sé stessa attraverso l’amore per il formaggio. Nella
capitale francese incontra nuovi amici, tra cui Clotilde e il
critico gastronomico Gaston, con cui nasce una relazione. Trovando
anche un lavoro in una fromagerie, Ella intraprende un percorso di
scoperta personale, che potrebbe portarla a capire ciò che desidera
davvero dalla vita, se riuscirà a chiarire un malinteso con la
persona che ama.
Il cast del film
Protagonista del film, nel ruolo di
Ella Weber, è l’attrice Bethany Joy Lenz. Lenz è
nota soprattutto per il ruolo di Haley James Scott
nella serie tv cult One Tree Hill (2003–2012), ma ha
firmato anche numerose apparizioni in serie prestigiose come
Dexter, Grey’s Anatomy, Life
Unexpected e Agents of S.H.I.E.L.D. Accanto a lei,
nel ruolo di Serge Pelerin, vi è invece Stanley
Weber. L’attore è celebre principalmente per aver
interpretato Juan Borgia nella serie televisiva
Borgia (2011–2014). Ha recitato anche in film come Not
Another Happy Ending (2013), The First Day of the Rest of
Your Life (2008) e Thérèse Desqueyroux (2012).
Fanno poi parte del cast Ben
Wiggins nel ruolo diJ Gaston, un personaggio
secondario chiave legato alla cucina e al mondo gastronomico.
Wiggins è conosciuto per ruoli in Anna and the Apocalypse
(2017), Maria Regina di Scozia (2018) e nelle serie
The Witcher (2019) e
You, dove nella quarta stagione ha
interpretato Roald Walker‑Burton. Vi è poi Manon
Azem che interpreta Clotilde. Azem è ben nota sia per film
come Gangsterdam (2017) e Burn Out (2017) sia per
ruoli televisivi in serie come La Mante, Section de
recherches e Fifteen‑Love su Netflix. Infine, Lucy
Newman‑Williams interpreta Laury Weber, parente di Ella
nella storia.
Bethany Joy Lenz e Stanley Weber in Assaporando Parigi
Le location del film
Il film Assaporando
Parigi è stato girato – ovviamente – in gran parte a
Parigi, immergendo così lo spettatore nella
vibrante atmosfera della capitale francese. Diverse sequenze
utilizzano luoghi simbolo della città, come la Torre
Eiffel, passeggiate lungo la Senna e
scorci riconoscibili di vie celebri dove Ella si muove tra café e
negozi di formaggi. Secondo Hallmark e il cast, la presenza reale
della Città delle Luci rende l’esperienza visiva più autentica
rispetto ai classici set Hallmark, donando al film un senso di
viaggio e scoperta.
In aggiunta alle riprese parigine,
alcune scene sono state realizzate anche a Sofia,
in Bulgaria, dove il team ha allestito
ambientazioni che simulano location parigine o visivamente coerenti
per motivi di produzione. La protagonista Bethany Joy Lenz ha
descritto l’esperienza sul set come un “sogno diventato realtà”,
raccontando la sfida di girare in una città viva e imprevedibile
come Parigi, dove la troupe ha dovuto adattarsi alle condizioni
reali di strada e si è divertita improvisando al ritmo dei pedoni e
della vita urbana.
Il finale del film
Ella si trova davanti a un bivio
emotivo: dopo aver trascorso mesi a Parigi, lavorando con Serge
alla realizzazione di un wine bar accanto alla sua fromagerie, deve
decidere se tornare negli Stati Uniti o restare. Inizialmente
decide di farlo, temendo il giudizio della madre e la praticità di
tornare a casa. Ma durante l’inaugurazione del progetto, Serge le
invia una scatola di formaggi: il gesto le fa capire che in Francia
ci sono due cose fondamentali per lei — il lavoro che ama e l’uomo
che ama davvero. Decide quindi di non salire sull’aereo e torna da
Serge, come confermato dal film quando lo raggiunge prima della
partenza.
Nell’ultima scena del film, vediamo
dunque Ella di fronte al suo nuovo wine & bar, chiamato “La
Cheddar-ie”, che unisce Francia e Stati Uniti dando così luogo
all’incontro tra le due culture. La scelta finale di Ella
rappresenta quindi la chiusura del suo arco narrativo: dalla crisi
di mezza età e da una vita professionale insoddisfacente negli
Stati Uniti, evolve in una donna che prende in mano il proprio
destino e coltiva una nuova vita a Parigi. Rinuncia quindi alla
sicurezza pratica per seguire passione e affetti, realizzando il
sogno di una vita creativa, libera e autentica.
Wanted è lieta di
diffondere il trailer italiano di
Sconosciuti per una notte, diretto e interpretato da
Alex Lutz e in arrivo nei cinema dal
28 agosto distribuito da Wanted.
Ambientato
nell’arco di una sola notte parigina,
Sconosciuti per una notte ha inizio da un banale
litigio tra due stanchi passeggeri di un metrò affollato al termine
di una giornata di lavoro. Entrambi hanno circa cinquant’anni e,
dopo aver alzato un po’ la voce, scendono alla stessa fermata,
senza smettere di parlarsi, sempre meno arrabbiati e sempre più
attratti l’uno dall’altra. E’ l’inizio di un misterioso gioco di
seduzione e di crescente attrazione tra i due, che nei corridoi
della stazione vengono goffamente travolti dalla passione
all’interno di una cabina fotografica. Nell’arco di poche ore il
loro rapporto diventa sempre più intenso, ma lasciando trapelare
una verità segreta, che si svela solo ne sorprendente finale della
storia.
Karin Viard e Alex
Lutz mettono in scena una storia sentimentale scritta assieme ad
Hadrien Bichet e che vede lo stesso Lutz alla regia (è la sua
quinta regia dopo il pluripremiato Guy).
SCONOSCIUTI PER UNA NOTTE esplora con eleganza e
profondità il legame inatteso tra due sconosciuti che nell’arco di
una sola notte si ritrovano a condividere fragilità, ricordi e
desideri sospesi.
Una storia intima e
sorprendente che indaga la solitudine contemporanea e la
possibilità di incontrarsi davvero, anche solo per un momento,
quando si ha il coraggio di abbassare le difese. Un film
disperatamente romantico sull’amore che resta, anche quando sembra
finito.
In un nuovo post sui social del
regista di Superman,James Gunn, ha mostrato l’orribile
Mr. Handsome, che fungeva da schiavo di
Lex Luthor nel suo universo tasca. Il personaggio
ha incuriosito i fan, e alcuni che ipotizzano che possa essere un
marziano bianco, ad esempio.
In un post con diverse nuove foto
del dietro le quinte, Gunn ha spiegato: “Lex ha creato Mr.
Handsome in una capsula di Petri quando aveva 12 anni: stava
cercando di creare un essere umano. Non è venuto fuori un granché,
ma potrebbe essere l’unico al mondo per cui Lex prova un vero
sentimento, come dimostra la foto sulla sua scrivania.”
Questa spiegazione della sua origine
si collega bene alla creazione di Ultraman da parte di Luthor, un
clone di Superman privo di cervello che controllava tramite una
serie di istruzioni al computer. Entrambe le creature, pur con
esiti diversi, dimostrano la capacità di Luthor di perseguire i
propri scopi, anche quelli eticamente più discutibili.
Non è chiaro se la serie sia ormai
finita nel dimenticatoio, soprattutto perché i Marvel Studios prevedono di
pubblicare solo una serie TV all’anno. Jeremy Renner, tuttavia,
sembra fiducioso che la seconda stagione prima o poi si farà.
“Sono sempre felice di essere in
quel mondo, amico”, ha detto a Empire Online. “Adoro tutti
quei ragazzi, adoro il personaggio. Sono sicuro che alla fine
faremo la seconda stagione e faremo altre cose. E sono felice di
farlo. Il mio corpo si sta preparando per qualcosa del genere. Non
so se qualcuno voglia vedermi in calzamaglia, ma il mio corpo starà
benissimo in calzamaglia.”
Non sappiamo come si evolveranno le
cose, ma da come si era conclusa la prima stagione, ci aspettiamo
che un eventuale secondo ciclo coinvolge Clint in qualità di
mentore per la giovane Kate Bishop (Hailee
Steinfeld). La serie potrebbe intrecciarsi con le
vicende di Daredevil: Rinascita o addirittura con quelle di
Spider-Man: Brand New Day. Staremo
a vedere cosa accadrà.
Dopo la recente
vittoria alla 55esima edizione del Giffoni Film Festival nella
sezione Generator +18, Europictures è lieta di diffondere il
trailer italiano Kneecap,
nei cinema italiani dal 28 agosto.
Ispirato alle
origini dell’omonimo trio rap di Belfast (tra i primi a cantare in
gaelico irlandese), Kneecap è un comedy
biopic scritto e diretto da Rich Peppiatt (One
Rogue Reporter). Protagonisti sono i membri stessi della band
Naoise Ó Cairealláin “Móglaí Bap”, Liam Óg
Ó Hannaidh “Mo Chara” e JJ Ó Dochartaigh “Dj
Provaí”, alle prese con la loro controversa ascesa al
successo nel panorama musicale, segnata da una convinta
rivendicazione della lingua irlandese. Nel cast anche
Michael Fassbender nel ruolo di Arlo, il
misterioso padre di Naoise, patriota irlandese che ha finto la sua
morte per sfuggire alle autorità britanniche.
Kneecap è un’avventura psichedelica alla
scoperta di come un trio di giovani di Belfast è diventato
l’improbabile figura di riferimento di un movimento per i diritti
civili nella salvaguardia della propria lingua madre. Kneecap
non è quindi solo un gruppo rap, ma un fenomeno culturale: bannato
dalla televisione di stato RTÉ e disprezzato pubblicamente dal
partito conservatore DUP, il trio ha costruito la sua notorietà
attraverso un atteggiamento sul palco che sembra appartenere più
alla scena punk rock che rap e una produzione musicale sicuramente
spinosa per tematiche e linguaggio, ma innovativa per la poetica
fusione di irlandese e inglese, fusione che ha ispirato un’intera
generazione di giovani nella riscoperta delle proprie radici
linguistiche. Negli ultimi mesi i Kneecap hanno
fatto inoltre parlare di sé per le loro posizioni pro-Palestina
dichiarate apertamente duranti alcuni eventi musicali, tra cui il
Coachella (in cui hanno invitato il pubblico a unirsi al coro “Free
Palestine” e per cui l’organizzazione dei loro concerti in USA ha
interrotto la collaborazione) e un concerto a Londra dello scorso
novembre in cui Mo Chara ha esposto una bandiera di Hezbollah ed è
stato accusato di terrorismo. In seguito all’indagine in corso
diversi politici tra cui il primo ministro inglese avevano chiesto
che la band non si esibisse al recente festival di Glastonbury: la
BBC, broadcaster ufficiale del festival, ha deciso di oscurare la
loro performance nella trasmissione in diretta ma alla fine il trio
ha suonato davanti a un pubblico immenso dove sbandieravano diverse
bandiere palestinesi. Recentemente, si è aggiunta la notizia che
l’Ungheria ha negato l’accesso nel Paese al gruppo rap irlandese,
che avrebbe dovuto esibirsi allo Sziget Festival di Budapest: la
motivazione è “incitamento all’odio antisemita”. Il divieto di
ingresso sul territorio magiaro sarà valido per tre anni in quanto
il gruppo è considerato una “grave minaccia alla sicurezza
nazionale”, ha affermato il governo di Viktor Orbán.
Il regista
Rich Peppiatt afferma che fin dall’inizio del
progetto la lingua e il suo rapporto con l’identità sono stati
aspetti fondamentali per la storia che voleva raccontare:
“Essendo un grande fan dell’hip-hop della vecchia scuola, per
me il rapporto dei Kneecap con la lingua riecheggiava la
controversia che un tempo i rapper afroamericani creavano
reinventando la lingua inglese per riflettere la loro realtà
sociale urbana e oppressa”. Colpito dall’energia allo stato
puro e dall’autenticità della band, Peppiatt ha
visto nella passione del trio nei confronti della causa della
lingua irlandese un’occasione unica: “Mo Chara, Móglaí Bap e DJ
Provaí incarnavano una visione di Belfast e dell’Irlanda moderna
sorprendentemente diversa da quella che tutti noi chiamiamo casa.
Il film doveva essere audace, crudo e implacabile come la musica
dei Kneecap”.
Nella Belfast
post-conflitto, emerge il turbolento trio rap KNEECAP, che getta le
basi per la rinascita della lingua irlandese contro
l’establishment. Liam Óg e Naoise, autoproclamatisi “feccia di
bassa lega”, insieme all’insegnante JJ, diventano un simbolo
politico e la voce di sfida della gioventù irlandese
inquieta.
Mentre lottano
per lasciare un segno nel mondo e le pressioni familiari e
relazionali minacciano di staccare la spina ai loro sogni, il trio
intreccia una narrazione che trascende la musica. Una favola vera
sull’impulso intrinseco dell’uomo all’identità, sul fascino delle
droghe e sulla passione per la vita, KNEECAP è una corsa
emozionante che pulsa di ritmi hip-hop.
Kneecap arriva al cinema dal 28 agosto
con Europictures.
Si apre mercoledì 30 luglio l’ottava edizione del
Saturnia Film Festival, l’appuntamento cinematografico
itinerante, promosso dall’associazione
culturale ARADIA PRODUCTIONS con la
presidenza di Antonella Santarelli e la
direzione artistica del regista Alessandro
Grande, che ogni estate porta il grande cinema nel
cuore della Maremma toscana. Fino al 3 agosto, alcuni tra i borghi
tra i più suggestivi della regione (Manciano, Saturnia, Rocchette
di Fazio, Montemerano, e le Terme di Saturnia) si trasformeranno in
luoghi di visione e incontro, con le proiezioni dei film in
concorso, masterclass e incontri con ospiti di rilievo. Il
Saturnia Film Festival si conferma anche quest’anno come una delle
realtà più originali nel panorama festivaliero italiano, capace di
coniugare scoperta del territorio e attenzione alle voci emergenti
del cinema.
Ad aprire il
festival, mercoledì30 luglio a
Manciano, sarà la nuova sezione
“Sguardi di donne”, realizzata in collaborazione con le
associazioni Olympia de Gouges e Mujeres nel Cinema, con le
proiezioni dei cortometraggi selezionati. La serata prenderà il via
alle ore 19.00 in Piazza della Rampa, con una degustazione di
prodotti del territorio, accompagnata da un concerto realizzato in
collaborazione con lo Street Music Festival.
Giovedì 31
luglio il festival si sposterà
a Saturnia, dove l’incontro
con Lillo Petrolo, artista poliedrico
amatissimo dal pubblico (ore 21.00, Piazza Vittorio Veneto) darà il
via alla serata, che proseguirà poi con le proiezioni dei primi
titoli in concorso. Ospite della serata il
regista Christian
Filippi conIl mio
compleanno, opera prima già acclamata per il suo
sguardo autentico su una generazione fragile e in cerca di
voce.
Venerdì 1°
agosto sarà la volta di Rocchette di
Fazio, con una serata che, oltre alle proiezioni dei corti
in concorso, vedrà protagonista il regista Stefano
Lorenzi con il
suo Afrodite, una storia
d’amore intensa e coraggiosa con due straordinarie protagoniste
come Ambra Angiolini e Giulia Michelini, che
incontrerà il pubblico del festival nella serata di sabato 2.
Il festival
proseguirà sabato 2
agosto a Montemerano, con una
serata ricca di ospiti tra cui Maurizio
Lombardi, con il suo
cortometraggio Marcello, Francesco
Costabile
con Familia (entrambi con
Francesco Gheghi protagonista), e Giulia Michelini.
Sabato 2 agosto prende il
via la seconda edizione del Saturnia Pitch, piattaforma
professionale che mette in contatto giovani registi e sceneggiatori
con le principali realtà produttive italiane. Durante due giornate
alle Terme di Saturnia, gli autori selezionati parteciperanno a
sessioni di pitch, incontri individuali con produttori ed editor, e
masterclass su sceneggiatura, produzione e distribuzione
cinematografica. Saranno presenti dispàrte, Indaco
Film, Indigo Film, Gaumont, Mompracem, Wildside, Vivo Film, Tramp
Limited, oltre a Medusa
Film che interverrà con una Masterclass
sulla distribuzione per gli autori selezionati.
La giornata
conclusiva, domenica 3 agosto, si svolgerà
nello scenario unico delle Terme di Saturnia. In programma le
proiezioni degli ultimi titoli del concorso cortometraggi, tra
cui La buona
condotta di Francesco
Gheghi, attore tra i più amati e acclamati della sua
generazione, che presenterà il film.
A seguire, nel corso della cerimonia
di premiazione, saranno consegnati i premi
al Miglior Film, assegnato dal pubblico alla
pellicola che avrà ottenuto il maggior numero di voti espressi dopo
la proiezione, e i premi al Miglior Cortometraggio
Italiano, Miglior Cortometraggio Internazionale e Miglior
Cortometraggio d’Animazione, assegnati dalla giuria
composta Paolo
Orlando (Presidente), Selene
Caramazza, Manuela
Rima, Mario
Mazzetti e Teresa Pasquini.
Nell’ambito del concorso corti, sarà inoltre assegnato
il Premio Enel Andrea Camilleri alla Miglior
Sceneggiatura in occasione del centenario della
nascita del grande autore, onorando il suo legame con l’Amiata e
l’importanza della sceneggiatura. Ospitato alle Terme di Saturnia,
un luogo connesso al Monte Amiata e alle sue acque, il premio mira
a diventare un evento culturale fisso, promosso anche dal Premio
principale del Saturnia Film Festival, un’opera d’arte di Arnaldo
Mazzanti raffigurante la Ninfa, simbolo della nascita delle acque
di Saturnia. La collaborazione con Enel non solo valorizza il
talento autoriale, ma promuove il patrimonio culturale e naturale
della Maremma Toscana, in particolare il legame tra le acque di
Saturnia e il Monte Amiata, inclusa la sua energia geotermica.
Questo premio è un progetto che intreccia cultura, valorizzazione
territoriale, eccellenza artistica e sostenibilità, nel segno di
Camilleri e delle unicità della Maremma Toscana.
Inoltre per tutta la durata del
festival il Polo Culturale Le Clarisse di Grosseto e il Polo
Culturale Pietro Aldi di Saturnia ospiteranno i film della
sezione Art Short School, diretta da David
Pompili, con i video degli studenti dell’Istituto Gandhi di
Narni.
Nel 2008, la morte di una stilista
in un appartamento di Barcellona avrebbe rivelato uno dei crimini
più atroci e inquietanti della recente storia spagnola. L’autore?
Una donna che si nascondeva dietro falsi nomi, inventava identità e
aveva una straordinaria capacità di manipolare gli altri. Questa è
la storia di María Ángeles Molina, conosciuta
semplicemente come Angi, protagonista di
Angi: Crimini e Bugie, una docu-serie disponibile
su Netflix.
In due episodi, il regista Carlos Agulló si
addentra in un caso che ha sconvolto il Paese: l’omicidio di
Ana Páez, una donna che Molina non solo ha ucciso,
ma ha anche sfruttato per sostenere una frode che prevedeva false
identità, polizze sulla vita e una serie di bugie tanto complesse
quanto crudeli.
L’omicidio di Ana
Páez
Ana era una stilista di 35 anni che
credeva di aver trovato in Angi un’amica, una mentore e una figura
di fiducia. Le due si conoscevano da circa 10 anni, dopo essersi
incontrate la prima volta quando lavoravano nella stessa azienda, e
il loro legame si era rafforzato nel tempo. Molina si presentava
come un’imprenditrice di successo, colta e generosa, e non esitava
mai a ricoprire Ana di elogi. Quello che Ana non sapeva era che
Angi aveva un piano per rubarle l’identità e, in seguito, la
vita.
Il 19 febbraio 2008, Ana fu trovata
morta in un appartamento in affitto a Barcellona. Era nuda, con un
sacchetto di plastica in testa sigillato con del nastro adesivo.
Inizialmente la scena suggeriva un crimine sessuale, ma le prove
indicavano qualcosa di molto più calcolato. Poco prima
dell’omicidio, le riprese delle telecamere di sorveglianza
mostravano Angi entrare in una banca indossando una parrucca e
prelevare 600 euro dal conto di Ana.
Poi guidò una Porsche fino a
Saragozza, dove ritirò le ceneri del padre, morto l’anno prima.
Secondo il tribunale, questo faceva parte di un alibi attentamente
costruito. Una volta tornata nell’appartamento, Molina drogò Ana
con una sostanza non identificata prima di soffocarla.
Inscenare un crimine mai
accaduto
Angi tentò di insabbiare l’omicidio
inscenando una violenza sessuale. Per farlo, pagò due uomini in un
bordello maschile di Barcellona per dei campioni di sperma, che poi
depose sulla scena del crimine. Ma gli investigatori smontarono
rapidamente la falsa narrazione. Le prove puntavano costantemente
ad Angi, che, interrogata, fornì diverse versioni contrastanti
degli eventi.
A un certo punto, affermò di aver
comprato un orologio da El Corte Inglés al momento dell’omicidio.
In seguito, affermò di essersi fermata a comprare uno yogurt. In
una delle dichiarazioni più bizzarre del caso, pronunciata con
inquietante freddezza, disse alla corte: “Senza yogurt o latte
condensato, non sono niente”. La frase sbalordì sia la famiglia
della vittima che i magistrati.
La frode
L’omicidio faceva parte di un più
ampio schema di frode finanziaria. Prima della morte di Ana, Molina
aveva richiesto diversi prestiti e polizze assicurative sulla vita
a nome di Ana utilizzando documenti falsi. Alcune delle polizze
avevano importi di rimborso significativi. Il piano era chiaro:
eliminare Ana, assumere la sua identità e riscuotere il denaro.
Molina ha utilizzato anche
l’identità di un’altra donna, Susana B. Avrebbe acquisito i dati
personali di Susana dopo che Susana aveva lasciato una copia dei
suoi documenti in una copisteria. Molina ha utilizzato le
informazioni per aprire conti bancari ed effettuare transazioni
fraudolente.
La polizia ha trovato prove
cruciali, tra cui i documenti di Ana nascosti dietro il serbatoio
dell’acqua nel bagno di Molina e una bottiglia sigillata di
cloroformio, a ulteriore dimostrazione della premeditazione.
Il processo
Nel 2012, il tribunale ha concluso
che “la quantità e la rilevanza delle prove, ampiamente
accreditate”, non lasciavano dubbi sull’autore. Molina è stata
condannata a 22 anni di carcere: 18 per omicidio e 4 per
falsificazione di documenti. L’omicidio di Ana Páez ha portato le
autorità a riaprire un caso precedente: la morte del marito di
Molina, Juan Antonio Álvarez Litben, avvenuta nel 1996. L’uomo
d’affari 45enne era morto improvvisamente in circostanze
inspiegabili. La ripresa delle indagini ha sollevato seri sospetti
sul coinvolgimento di Molina, soprattutto perché lei ne ha
ereditato i beni. Ma senza prove concrete, il caso rimane
irrisolto.
Nel corso degli anni, Molina si è
creata molteplici identità. Ha affermato di essere una psicologa,
un avvocato, una paziente oncologica in cura, una madre di figli
inesistenti e una vittima di abusi. Ha persino finto gravidanze e
ha usato i social media per rafforzare le sue elaborate invenzioni.
Era un’attrice a tempo pieno nella sua rete di bugie.
Agulló ha affermato che ricercare il
materiale per Angi è stato come navigare in una “galleria degli
specchi“. “Abbiamo esaminato oltre 2.000 pagine di
documenti legali, rapporti e fascicoli familiari. Abbiamo condotto
più di 60 interviste con agenti di polizia in pensione, detective e
persone vicine a entrambi i casi“, ha affermato. “È stata
un’indagine sfaccettata, proprio come le molteplici identità di
Angi”.
Più che raccontare un crimine,
Angi: Crimini e Bugie rivela come una donna sia
riuscita a manipolare sistemi, amici e familiari per sostenere una
vita di bugie. Una storia tanto incredibile quanto vera.
Il 2025 ha già visto l’uscita di
alcuni titoli horror di grande impatto che hanno impressionato
sia la critica che il pubblico. Tra questi spicca I
peccatori di Ryan Coogler, uscito nell’aprile di
quest’anno. Il film ha ottenuto un buon successo al botteghino e
ottime recensioni, con un punteggio del 97% su Rotten Tomatoes.
Un altro film horror molto
apprezzato quest’anno è stato Bring Her
Back. A differenza di Sinners, il film non ha
ottenuto il successo che avrebbe potuto al botteghino, ma è
comunque riuscito a ottenere un punteggio dell’89% su
Tomatometer.
Tra coloro che hanno apprezzato
Bring Her Back c’è ancora la nostra Agnese
Albertini, e nella
sua recensione ha scritto: “Bring Her Back conferma il talento e la maturità dei
fratelli Philippou, capaci di reinventarsi senza tradire le radici
del loro cinema. Se Talk to Me era un horror folgorante
sull’adolescenza e l’identità, qui ci troviamo davanti a un’opera
più adulta, che affronta con lucidità e coraggio il lato più oscuro
della genitorialità e della perdita. Meno spettacolare, ma più
doloroso. E forse, proprio per questo, ancora più
efficace.”
Nonostante questi titoli
inizialmente forti, l’anno dell’horror è ancora lungo. In autunno
promette alcune uscite interessanti, tra cui The Black Phone
2. Ora, un film horror molto atteso ha fatto un debutto
impressionante su Rotten Tomatoes.
Weapons debutta con un ambito 100% sul Tomatometer
È più alto del precedente film di Cregger
Weapons
ha ottenuto finora un ottimo punteggio su Rotten Tomatoes. Il film
horror è il seguito di Barbarian del regista Zach Cregger.
Il film del 2022 è stato accolto incredibilmente bene, ottenendo un
Tomatometer del 92% e incassando 45,3 milioni di dollari con un
budget stimato di 4,5 milioni di dollari.
Questa volta, Cregger si addentra
nel mondo dell’horror psicologico con Weapons. La trama
segue la storia di una piccola città in cui, una notte alle 2:17
del mattino, tutti i membri di una classe di una scuola
elementare scompaiono tranne uno. Questo lascia la comunità a
chiedersi cosa abbia causato la scomparsa e a dare la colpa a
tutti.
Weapons vede un cast di
protagonisti che include Julia Garner, Josh Brolin,
Benedict Wong, Alden Ehrenreich, Austin Abrams e Toby
Huss. L’uscita è prevista per l’8 agosto.
Ora, Weapons ha ottenuto il
suo primo punteggio su Rotten Tomatoes. Il
film ha debuttato con un punteggio perfetto del 100%. Questo dato è
soggetto a modifiche, poiché al momento della stesura di questo
articolo sono state pubblicate solo 11 recensioni. Allo stesso
modo, il film non ha ancora un Popcornmeter del pubblico, poiché
non è ancora uscito nelle sale.
In pochi anni, Julia
Garner è diventata uno dei volti più riconoscibili e
apprezzati del panorama cinematografico e televisivo
internazionale. Grazie al suo talento magnetico e a interpretazioni
intense e versatili, ha conquistato pubblico e critica, ricevendo
prestigiosi riconoscimenti, tra cui tre Emmy Awards. Da Ozark a Inventing Anna, passando per il ruolo di Silver Surfer
nel nuovo film I Fantastici
Quattro: Gli Inizi, Garner si conferma un’attrice in
costante ascesa, pronta a lasciare il segno in ogni genere a cui si
avvicina.
I film e i programmi TV di Julia Garner
1. Ha preso parte a noti
film. L’attrice debutta sul grande schermo in La
fuga diMartha (2011), per poi recitare in
Electrick Children (2012), Noi siamo infinito (2012), Not Fade Away
(2012), We Are What We Are (2013), The Last
Exorcism – Liberaci dal male (2013), Sin City – Una donna per cui uccidere (2014),
Grandma (2015), The Assistant (2019), The
Royal Hotel (2023) e Apartment 7A (2024). Nel 2025 è
al cinema con tre film: Wolf Man,I Fantastici
Quattro: Gli Inizi (con
Pedro Pascal e Vanessa Kirby) e Weapons.
2. Ha recitato in celebri
serie TV. L’attrice si è fatta notare in particolare sul
piccolo schermo, dove ha recitato in serie come The
Americans (2015–2018), The Get Down (2016–17) e
Ozark (2017–2022), che le ha conferito grande
popolarità. Ha poi preso parte a Maniac (2018),
con Emma
Stone, Waco (2018), Dirty John
(2018–19), Modern Love (2019) e Inventing Anna (2022).
Julia Garner in Sin City – Una donna per cui
uccidere
3. Ha avuto un ruolo di
rilievo nel film. Nel film Sin City – Una donna per cui uccidere, Julia Garner
interpreta Marcie, una spogliarellista che incrocia il cammino di
personaggi come Dwight e Johnny. È stato il suo primo ruolo
importante su grande schermo, segnando il debutto nel cinema
mainstream. Fu la prima esperienza di recitazione davanti a uno
schermo verde per Garner, in un contesto stilizzato e visivamente
moderno. Nonostante il ruolo non fosse centrale, l’interpretazione
fu lodata per la sua naturalezza, e le permise di distinguersi come
attrice emergente nel cinema indipendente.
Julia Garner in Ozark
Julia Garner in Ozark
4. Ha studiato un preciso
dialetto. Nel ruolo di Ruth Langmore in Ozark ha ottenuto il successo internazionale. Il ruolo
è quello di una giovane delinquente texana dalla parola facile e
mente acuta, capace di mescolare violenza silenziosa ed emozioni
complesse. In alcune interviste l’attrice ha raccontato di aver
studiato il dialetto del Missouri per rendere credibile l’accento
rurale di Ruth. Gli spettatori e la critica hanno poi elogiato la
sua capacità di umanizzare e rendere così realistica una criminale
intelligente, fragile e crudele al tempo stesso.
Julia Garner è Shalla-Bal/Silver
Surfer in I Fantastici Quattro: Gli Inizi
5. Ha letto fumetti e
praticato surf. Julia Garner è stata scelta per
interpretare la versione femminile dello Silver
Surfer,
Shalla-Bal, in I Fantastici
Quattro: Gli Inizi. Per prepararsi al ruolo, l’attrice
ha affermato di aver voluto mantenere un approccio psicologico
realistico, studiando in particolare il background di Shalla-Bal
nei fumetti What If? e Earth X. L’attrice ha
inoltre preso lezioni di surf per calarsi ulteriormente nei panni
del personaggio. Alla fine, Garner ha descritto il ruolo come
“misterioso, silenzioso, tragico”, elementi che ha cercato di
riportare nella sua interpretazione.
6. Si è cimentata con la
motion capture. Per prepararsi al ruolo di Silver Surfer
nel nuovo film Marvel, Julia Garner ha anche
effettuato un intenso lavoro con la tecnologia motion capture. Si è
così trovata a doversi cimentare con la speciale tuta che mappa i
suoi movimenti, dovendo dunque immaginare il contesto intorno a lei
ma assente sul set, immaginare la fisicità del personaggio e
muovendosi di conseguenza con convinzione pur se priva riferimenti
concreti.
Julia Garner interpreterà
Madonna
7. Sarà l’iconica cantante
al cinema. Julia Garner è stata annunciata come interprete
di Madonna nel biopic recentemente annunciato.
L’attrice ha descritto il provino come una sfida molto impegnativa:
oltre alla recitazione ha dovuto dimostrare abilità di canto e
danza direttamente a Madonna, lavorando con il suo coreografo.
Garner si è preparata pensando “che farebbe Madonna?”,
mostrando determinazione, innamoramento per la pop star e desiderio
di essere fedele alla sua energia. Nonostante il progetto abbia
subito ritardi e riscritture,
l’attrice ha confermato che il ruolo è ancora ufficialmente
suo.
8. Ha vinto importanti
riconoscimenti. Julia Garner ha vinto ben tre
Primetime Emmy Awards come migliore attrice non
protagonista per Ozark (stagioni 2, 3 e 4). Ha inoltre
ottenuto una candidatura ai Golden Globe e ai
Critics’ Choice Awards, e un Screen Actors
Guild Award per la performance corale in Ozark.
L’interpretazione di Ruth Langmore è dunque universalmente
riconosciuta come la sua consacrazione, anche grazie a numerose
candidature ai premi televisivi internazionali (Emmy, SAG, Critics’
Choice).
Julia Garner e Mark Foster
9. È sposata con un noto
musicista. Julia Garner è sposata con il musicista
Mark Foster, frontman dei Foster the People. I due
si sono incontrati al Sundance Film Festival e si sono fidanzati
durante un viaggio in camper al Parco Nazionale di Yellowstone.
Garner ha raccontato che, intuendo l’incertezza dei tempi, hanno
deciso di sposarsi a dicembre 2019 presso il City Hall di New York,
su impulso dei suoi “Spidey senses”. Si descrivono come una coppia
riservata ma affiatata, che condivide passione per l’arte, la
musica e l’avventura all’aria aperta.
L’età e l’altezza di Julia Garner
10. Julia Garner è nata
il1° febbraio 1994 a Riverdale,
New York. La sua altezza è di circa 1,60
metri.
Il film Odissea
è stato coinvolto in una nuova polemica, con il progetto di
Christopher Nolan finito sotto accusa per una
location controversa. Adattamento dell’omonimo poema epico di
Omero, il seguito di Nolan al film acclamato dalla critica Oppenheimer
(2023) è entrato in produzione all’inizio di quest’anno.
Il film, come noto, vanta un
cast stellare, con Matt
Damon nel ruolo di Ulisse, un guerriero che
intraprende un arduo viaggio di ritorno a casa dopo la guerra di
Troia. Damon è affiancato da Tom
Holland, Charlize Theron, Zendaya e Anne Hathaway, tra gli altri, e, a un
anno dall’uscita nelle sale, è diventato uno dei titoli più attesi
del 2026.
Ora, però, secondo The Times, Odissea è
finito sotto accusa per le riprese effettuate vicino alla contesa
città sahariana occidentale di Dakhla. L’area è sotto
l’occupazione marocchina dagli anni ’70 e gli organizzatori del
Sahara International Film Festival (FiSahara) hanno criticato Nolan
per il messaggio che le riprese in quel luogo trasmettono. In una
dichiarazione, scrivono:
“In primo luogo, si tratta di
una città occupata e militarizzata, la cui popolazione indigena
saharawi è soggetta a una brutale repressione da parte delle forze
di occupazione marocchine”.
La decisione di Nolan di girare
nella regione ha portato ad accuse secondo cui lui e i protagonisti
del film starebbero “mascherando il colonialismo”. La direttrice
del FiSahara, María Carrión, ha spiegato più dettagliatamente
perché ritiene problematico che Nolan stia girando lì:
“Girando parte di
The
Odyssey in un territorio occupato definito ‘buco nero
dell’informazione’ da Reporter senza frontiere, Nolan e il suo
team, forse inconsapevolmente e involontariamente, stanno
contribuendo alla repressione del popolo saharawi da parte del
Marocco e agli sforzi del regime marocchino per normalizzare la
sua occupazione del Sahara occidentale.
Siamo certi che se comprendessero
appieno le implicazioni di girare un film di così alto profilo in
un territorio i cui popoli indigeni non possono realizzare film
sulle loro storie sotto occupazione, Nolan e il suo team sarebbero
inorriditi”.
La spiegazione delle controverse
riprese del film Odissea nella città del Sahara
occidentale
La regione ha una storia complicata
L’ONU ha classificato il Sahara
occidentale come “territorio non autonomo” ed è comunemente
considerato l’ultimo stato coloniale dell’Africa che non ha ancora
ottenuto l’indipendenza. L’Africa, ovviamente, ha una lunga storia
di dominio coloniale, anche da parte di paesi come Gran Bretagna,
Francia, Portogallo e Spagna.
Ulteriori informazioni fornite da
The Guardian sottolineano che in passato il Sahara occidentale
era sotto il controllo della Spagna, ma il Marocco ha annesso il
territorio nel 1976 dopo il ritiro della Spagna. Gran parte di
ciò che sta realmente accadendo nella regione rimane ufficialmente
non documentato, poiché l’Ufficio dell’Alto Commissario delle
Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) non è stato in grado di
recarsi nella regione negli ultimi 10 anni.
Secondo The Guardian, tuttavia,
l’OHCHR ha “continuato a ricevere denunce relative a violazioni
dei diritti umani, tra cui intimidazioni, sorveglianza e
discriminazione nei confronti di individui sahrawi, in
particolare quando si battono per l’autodeterminazione”. Reporter
senza frontiere ha denunciato che i giornalisti sahrawi sono
sottoposti a “tortura, arresti, abusi fisici, persecuzioni”, oltre
a lunghe pene detentive.
La decisione di Nolan di girare
il film nel Sahara occidentale, vicino alla città di Dakhla, sembra
essere interpretata da alcuni come una normalizzazione o una forma
di sostegno indiretto alla presunta oppressione coloniale.
Nonostante queste accuse, secondo
The Telegraph, la rivendicazione del Marocco sul territorio
è stata sostenuta da Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Spagna e
Portogallo. Tuttavia, la decisione di Nolan di girare il film
nel Sahara occidentale, vicino alla città di Dakhla, sembra essere
interpretata da alcuni come una normalizzazione o una forma di
sostegno indiretto alla presunta oppressione coloniale.
Rilasciato oggi
il teaser trailer di PETRA – TERZA STAGIONE, due
nuove storie targate Sky Original con
Paola Cortellesi protagonista,
in arrivo a ottobre in esclusiva su
Sky Cinema e in streaming solo su
NOW.
Paola Cortellesi torna a vestire i panni
di Petra Delicato, l’ispettrice dal carattere diretto, brillante e
fuori dagli schemi, affiancata dal solido e fidato Antonio Monte,
interpretato da Andrea Pennacchi. Dietro la
macchina da presa, il tocco inconfondibile di Maria Sole
Tognazzi.
Le due nuove
storie di questa terza stagione, prodotte da Sky
Studios e Cattleya – parte di
ITV Studios – in collaborazione con
BETA FILM e il Ministero della
Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo – Opera
realizzata con il contributo del Fondo per lo sviluppo degli
investimenti nel cinema e nell’audiovisivo, sono scritte da
Giulia Calenda, Furio Andreotti,
Ilaria Macchia con la collaborazione alle
sceneggiature di Paola Cortellesi e basate sulle
opere di Alicia Giménez-Bartlett – Il silenzio
dei chiostri e Gli onori di casa – entrambe
edite in Italia da Sellerio.
Le riprese si
sono svolte a Genova e dintorni con il supporto di Genova Liguria
Film Commission.
Cosa succede in Petra – Stagione 3
In questa terza
stagione ritroviamo una Petra Delicato inedita, immersa in una
situazione familiare in cui difficilmente avremmo potuto
immaginarla. Le novità della sua vita privata però non le
impediscono certo di dedicarsi al suo lavoro come Ispettrice di
Polizia a Genova. Prima un omicidio con furto di reliquia
all’interno di un Convento, poi l’assassinio di un importante
imprenditore in odore di mafia, porteranno Petra e il suo
inseparabile viceispettore Antonio Monte a mettersi alla prova
ancora una volta. Tra nuovi incontri, trasferte professionali e
vecchie conoscenze, Petra si ritroverà a interrogarsi sul suo
futuro e su quale potrebbe essere la prossima tappa della sua
personalissima ricerca della felicità.
Bring Her Back è
un’angosciante esplorazione del dolore che culmina in un rituale
straziante che coinvolge Laura, una madre in lutto, e i suoi figli
adottivi/vittime rituali, Piper e Oliver. Bring Her Back è
il degno successore spirituale di Talk To
Me dei registi Danny e Michael Philippou, entrambi film che
esplorano i modi in cui le persone possono diventare mostri se
hanno la possibilità di oltrepassare i confini della vita e della
morte. Bring Her Back è incentrato su Andy e Piper, due
adolescenti che vengono accolti da una madre adottiva di nome Laura
insieme al loro nuovo “fratello”, Oliver.
Nonostante il suo aspetto
innocente, Laura è in realtà molto più pericolosa di quanto sembri
inizialmente, poiché ha scoperto un rituale che sacrifica la vita
dei bambini affidati alle sue cure per avere la possibilità di
riportare in vita la figlia defunta. L’acclamato Bring Her
Back è una potente riflessione su quanto il dolore possa
spingere una persona. Anche se il film lascia in sospeso il destino
di alcuni personaggi, l’ultima scena, straziante e mozzafiato,
chiarisce il significato del film.
Come Piper fugge da Laura nel
finale di Bring Her Back
Piper riesce a malapena a
sfuggire a Laura ed evitare di essere sacrificata per resuscitare
Cathy
Il finale cupo di Bring Her
Back vede Piper sfuggire a Laura prima che lei possa completare
il rituale per resuscitare sua figlia, preparando il terreno per i
momenti finali inquietanti del film. Dopo aver capito che Laura
l’ha manipolata per metterla contro Andy (e aver scoperto il
cadavere di suo fratello), Piper cerca di sfuggire alla sua nuova
madre adottiva. Tuttavia, viene trascinata in piscina da Laura, che
cerca di affogarla. Mentre lotta per scappare, Piper implora Laura
di risparmiarla e la chiama persino “mamma”. Questo singolo gesto
scuote Laura nel profondo, permettendo a Piper di sfuggire alla sua
presa. Fuggendo sulla strada e fermando un passante per chiedere
aiuto, Piper riesce ad allertare le autorità e a distruggere
l’immagine di Laura come madre innocente e addolorata.
Il finale non conferma cosa
succederà a Piper dopo gli eventi del film, anche se probabilmente
verrà mandata in un’altra casa famiglia. L’ultima scena di Piper la
vede notare un aereo che passa, ricordando come Andy le aveva detto
una volta che gli aerei trasportano le anime dei defunti
nell’aldilà. È un finale cupo per Piper, ma almeno esce dal film
con la vita.
Come Oliver si libera dalla
possessione
Piper che salva se stessa
sembra anche risparmiare a Oliver un destino oscuro
Un’altra vittima di Laura nel piano
per resuscitare sua figlia è Oliver, un ragazzino rapito con il
pretesto di un’adozione. Oliver è una parte importante del rituale
di resurrezione, poiché funge da contenitore vivente per l’anima di
Cathy mentre è posseduto da una forza demoniaca. Il rituale lascia
Oliver in uno stato simile al trance, disposto a mangiare qualsiasi
cosa, dalle mosche ai coltelli e al legno. Una volta che Laura
riesce a uccidere Piper nello stesso modo in cui è morta Cathy,
Oliver può mangiare pezzi del corpo di Cathy e sputarli su Piper,
completando così il trasferimento dell’anima.
Qualsiasi tentativo di allontanare
Oliver dalla proprietà di Laura provoca un dolore intenso, oltre a
momenti fugaci in cui il vero bambino riesce a emergere.
Fortunatamente per Piper e Oliver, la prima riesce a sfuggire alla
presa di Laura e a scappare. Di conseguenza, il rituale viene
interrotto e la forza demoniaca sembra lasciare andare Oliver. I
suoi ultimi momenti nel film sono quelli in cui viene trovato dalle
autorità e rivela loro il suo vero nome, suggerendo che può
essere riportato a casa e può iniziare a riprendersi dal trauma
che Laura gli ha fatto subire.
Cosa succede a Laura dopo il
fallimento del rituale
Laura è ritratta come un
personaggio davvero tragico in Bring Her Back, anche se
commette atti atroci contro persone innocenti. La sua unica
motivazione è la resurrezione di sua figlia, che i nastri che ha
trovato suggeriscono essere effettivamente possibile. Tuttavia,
dopo aver ucciso sia Andy che la sua ex collega Wendy, Laura decide
che è ora di mettere in atto il suo piano. Quando fallisce, sembra
che Laura non abbia più nulla nella vita e sembra averlo accettato.
L’ultima scena del film mostra Laura che culla il cadavere della
figlia nella piscina, in attesa che la polizia arrivi per
arrestarla.
Date le azioni di Laura (che vanno
dalla morte di Andy e Wendy al rapimento di Oliver e al quasi
annegamento di Piper), è probabile che dovrà affrontare una vita in
prigione. In particolare, questa non sembra una punizione più
brutale per lei della vita fuori. Laura è ritratta come una figura
molto materna, i cui tentativi di legare con Piper sembrano in
qualche modo sinceri. Laura sembra persino sconvolta dalla
necessità di uccidere Andy, ammettendo a Piper e Wendy che ciò che
sta facendo è terribile ma necessario.
Senza Cathy nella sua vita, Laura
sembra non avere nulla. Non le importa del mondo che la circonda o
del suo posto in esso, se questo significa non poter stare con sua
figlia. Questa è la tragedia centrale di Bring Her Back,
poiché in tutto il film ci sono suggerimenti che Laura, se
riuscisse ad accettare il suo dolore e a superarlo, potrebbe essere
una buona tutrice per Andy e Piper. A volte ci sono empatia,
comprensione e amore sincero, ma nulla di tutto ciò può superare
il suo dolore, spingendola a diventare un mostro alla ricerca
di sua figlia.
Qual è il segreto di Andy in
Bring Her Back?
Andy trascorre gran parte di
Bring Her Back facendo tutto il possibile per sostenere
Piper, anche a costo di frustrare sua sorella. La sua grave miopia
non la rende completamente cieca, ma le impedisce di prendere
alcune decisioni importanti nella sua vita. Verso la fine di
Bring Her Back, Andy cerca di avvicinarsi a Piper, che è
stata progressivamente allontanata da lui dalle macchinazioni di
Laura, e le rivela che uno dei motivi per cui è così determinato ad
aiutarla è che, quando lei era molto piccola e adorata dal padre,
Andy, geloso, l’aveva picchiata.
La confessione straziante di
Andy verso la fine del film ridefinisce completamente il
personaggio.
Questo spiega in gran parte perché
Andy è così determinato a vegliare su Piper, poiché si capisce che
si sente in colpa (a torto o a ragione) per la sua condizione
attuale. Inoltre, aggiunge un tocco ancora più triste alla sua
morte per mano di Laura, poiché questa consapevolezza lascia Piper
sola al mondo. Andy è un personaggio avvincente già prima di questa
rivelazione, ma la confessione straziante di Andy alla fine del
film ridefinisce completamente il personaggio.
Il vero significato di Bring
Her Back
Proprio come
il loro film precedente, Talk to Me, Bring Her
Back dei Philippou è radicato nell’esplorazione del
dolore. Mentre quel film era interamente incentrato
sull’esperienza di essere giovani e confrontarsi con il dolore
persistente che rimane dopo una tragica perdita, Bring Her
Back divide l’attenzione tra adolescenti che fanno del loro
meglio per superare il dolore insieme all’adulto che non riesce a
sfuggire al proprio. Il dolore può unire le persone, come si vede
in una serata di fantasticherie dopo che Andy e Piper hanno
seppellito il padre. Laura è al massimo del suo fascino in questa
sequenza, un potenziale nuovo perno nella loro vita.
Come riportato da
Screen Rant, Danny e Michael Philippou hanno suggerito che
Talk to Me e Bring Her Back sono ambientati nello
stesso universo.
Tuttavia, non potrà mai sfuggire al
dolore per la perdita della figlia, anche se mente spudoratamente e
dice che sta bene. Laura è disposta a tutto pur di riportarla
indietro, anche a costo di sacrificare altri bambini come
Oliver e Piper per la sua missione. Le misure che una persona è
disposta a prendere per rompere l’ordine naturale e ricongiungersi
con i propri cari possono trasformare persone buone in mostri,
riprendendo i temi di Talk To Me e Bring Her Back.
Bring Her Back è una storia straziante sulla perdita
e su ciò che può fare a una persona.
Apple
TV+ ha svelato le prime immagini di Down
Cemetery Road, l’attesissimo
nuovo thriller con protagonista e produttrice esecutiva
Emma Thompson (“Ragione e sentimento”),
vincitrice di un Oscar, un BAFTA, un Golden Globe e un Emmy,
insieme a Ruth Wilson (“Luther”), vincitrice di un
Golden Globe e di due Olivier Award. La serie farà il suo debutto
su Apple TV+ il 29 ottobre con i primi due episodi
degli otto totali, seguiti da nuovi episodi ogni mercoledì fino al 10 dicembre.
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Cortesia di AppeTV+
Cortesia di AppeTV+
Cortesia di AppeTV+
La trama di Down Cemetery
Road
Quando una casa esplode in un
tranquillo sobborgo di Oxford e una ragazza scompare, la vicina
Sarah Tucker (Wilson), ossessionata dall’idea di trovarla, chiede
aiuto all’investigatrice privata Zoë Boehm (Thompson). Zoë e Sarah
si ritrovano improvvisamente coinvolte in una complessa
cospirazione nella quale scoprono che persone credute morte da
tempo sono ancora in vita, mentre i vivi stanno rapidamente
raggiungendo i morti.
Prodotta da 60Forty Films, Down Cemetery Road è
scritta da Morwenna Banks (“Slow Horses”), che è anche produttrice
esecutiva insieme a Jamie Laurenson, Hakan Kousetta e Tom Nash di
60Forty Films, Thompson e l’autore di “Down Cemetery Road” Mick
Herron. Natalie Bailey (“Bay of Fires”) è la regista principale
della serie.
La serie si aggiunge al celebre spy drama vincitore di un Emmy
“Slow Horses” di Apple TV+, recentemente rinnovato
per una settima stagione, con la quinta stagione in arrivo il
prossimo 24 settembre. “Slow Horses”, di cui Banks è anche autrice,
è basato sulla serie di libri “Slough House” di Herron e vede come
protagonista il vincitore dell’Oscar® Sir Gary Oldman.
La serie fantascientifica di
Vince Gilligan per Apple
TV+Pluribus ottiene un trailer
sottilmente sinistro con una star di Better Call Saul,
mentre il mistero dello show cresce. Mentre Breaking Bad è
considerata una delle migliori serie TV poliziesche di tutti i
tempi, Pluribus è un thriller fantascientifico che segue
Carol, la persona più infelice del mondo incaricata di salvare la
Terra dalla felicità.
Ora Apple TV+ ha
pubblicato un nuovo teaser di Pluribus, che vede la star di
Better Call Saul Rhea Seehorn, che interpreta Carol,
osservare un telefono fisso che squilla. Il testo la esorta a
chiamare prima di fornire un numero di telefono: (202) 808-3981.
Non è chiaro se Carol decida di rispondere al telefono prima della
fine del teaser. Guardalo qui sotto:
Cosa rivela il nuovo teaser di
Pluribus sulla serie fantascientifica
L’ultimo teaser esorta Carol a
chiamare il numero che appare nel video, ma l’ex membro del cast di
Better
Call Saul non è sicura se rispondere al telefono che
squilla. Chiamando il numero nella vita reale, tuttavia, Carol
riceve un messaggio da qualcuno all’altro capo del filo. La
trascrizione della chiamata recita:
Ciao Carol. Siamo così felici
che tu abbia chiamato. Non vediamo l’ora che ti unisca a noi.
Digita 0 e ti ricontatteremo tramite SMS.
Componendo il numero 0 si riceve un
messaggio di testo indirizzato a Carol, che dice che lei “[ha]
potere decisionale”. Rispondendo “SÌ” ci si iscrive per
ricevere aggiornamenti sullo show, con il mittente che dice
“vogliamo solo renderti felice”. Anche se questo non offre
molte informazioni sulla serie TV di fantascienza, riflette il
dilemma della felicità accennato nella descrizione dello show.
Sebbene ci sia ancora molto mistero
su cosa tratti effettivamente la serie, sembra che
un’organizzazione stia cercando di entrare in contatto con Carol,
forse per reclutarla per qualcosa. Data la falsa cordialità
dall’altra parte del telefono, sembra che potrebbero essere
coinvolti in qualunque cosa stia combattendo Carol. Il significato
rimane poco chiaro.
Il Marvel Cinematic Universe sta
per presentare un nuovo Iron Fist, dato che è stato scelto un altro
attore per interpretare l’eroe nella serie. Anche se non ci sono
altri film Marvel in programma per il 2025, la serie ha ancora
diverse serie TV in uscita per il resto dell’anno.
Dopo l’uscita di I Fantastici
Quattro: Gli Inizi, l’MCU tornerà nel mondo dell’animazione
con Eyes of
Wakanda, che debutterà il 1° agosto su Disney+. Uno dei personaggi inclusi in
Eyes of Wakanda è un nuovo Iron Fist, con la serie che
fungerà da prequel.
Sebbene i dettagli sul nuovo Iron
Fist siano ancora limitati, l’attore è stato finalmente rivelato.
Jona
Xiao ha rivelato sulla sua pagina Instagram ufficiale che
darà la voce al personaggio in Eyes of Wakanda. Ecco
il suo annuncio completo:
Nel suo video, Xiao ha dichiarato:
“Sono entusiasta di rivelare che interpreterò la prima Iron
Fist femminile dell’MCU! Non perdetevi ‘Eyes of Wakanda’ della
Marvel, in uscita su Disney+ il 1° agosto!”Eyes
of Wakanda sarà composto da quattro episodi ed è stato
sviluppato dal regista di Black Panther e Black Panther:
Wakanda Forever, Ryan Coogler.
Cosa significa per il MCU il
casting di Jona Xiao nel ruolo di Iron Fist
Al momento della pubblicazione di
questo articolo, non è noto il nome del personaggio interpretato da
Xiao. Non è chiaro se la serie creerà un nuovo Iron Fist o
se utilizzerà un personaggio dei fumetti. Il fatto che Eyes of
Wakanda presenti una versione femminile dell’eroe dimostra che
l’Iron Fist dell’MCU viene onorato dopo che le serie
Marvel-Netflix sono diventate canoniche per il
franchise.
Sebbene il personaggio di Xiao sia
cronologicamente la prima Iron Fist donna, non sarà la prima
volta che i fan vedranno una donna esercitare quel potere
nell’MCU. Colleen Wing è diventata la successiva utilizzatrice
durante la seconda stagione di Iron Fist. Essendo Eyes of
Wakanda un prequel, non contraddirà nulla di ciò che riguarda
Danny Rand dell’MCU o Colleen, per quel che conta.
L’adattamento di Prime Video di God of War ha scelto quale era della storia di
Kratos verrà rappresentata. I videogiochi God of War sono
famosi per essere divisi in due ere principali: il periodo di
Kratos nella mitologia greca antica e quello nella mitologia
norrena. L’adattamento di Prime Video di God of War avrebbe dovuto
scegliere su quale era concentrarsi, e la decisione è già stata
presa.
Durante un’intervista con
IGN, il showrunner e produttore esecutivo di God of
War Ronald D. Moore ha confermato che l’adattamento di Prime
Video si concentrerà sul periodo di Kratos nella mitologia norrena,
non in quella greca.
È stato proprio quando ho
iniziato a guardarlo, ho iniziato a guardare i filmati insieme, e
c’è così tanto materiale, e i personaggi mi hanno davvero colpito.
Mi ha colpito la storia di Kratos e suo figlio, che intraprendono
questo viaggio epico in un mondo finemente dettagliato e davvero
interessante, con molti combattimenti e mostri interessanti lungo
il percorso.
Ma continuavo a tornare a questa
storia di padre e figlio, era emozionante e diversa, non avevo mai
visto niente di simile prima e non avevo aspettative perché, come
hai detto tu, non sono un giocatore. Conoscevo il titolo, ma non
sapevo davvero di cosa trattasse la storia, quindi non sapevo cosa
mi aspettassi, e ne sono rimasto affascinato. E così ho detto: sì,
mi piacerebbe farlo. Penso che sia davvero interessante.
Il tono della serie cerca di
emulare quello del gioco, ovvero un viaggio epico, una storia
commovente di due uomini che intraprendono questa avventura per
onorare la memoria della moglie di Atreus, la madre di Kratos.
Quindi c’è un cuore emotivo, ma c’è anche il senso della storia di
Kratos, il mistero del suo passato, ciò che rappresenta, le
emozioni che sta vivendo. Quindi c’è un peso, ma non così grande da
impedire di godersi il viaggio, e ci sono spettacolarità e molte
cose che accadono in questo mondo.
Beh, ancora una volta, vogliamo
onorare il gioco e ciò che hanno creato per il viaggio di Atreus.
Ecco un giovane che non conosce molto bene suo padre, che
intraprende questa missione e lungo il percorso imparano a
conoscersi.
Moore ha sottolineato che il
rapporto di Kratos con suo figlio Atreo è stato il motivo
principale di questa decisione. Dato che Atreo non era ancora
nato quando sono stati realizzati i giochi ambientati nell’antica
Grecia, la serie Prime Video God of War è principalmente un
adattamento di God of War 2018. Ciò significa che Kratos
e Atreo intraprenderanno un viaggio dalla loro casa a Jötunheim per
spargere le ceneri di Faye.
Vale anche la pena notare che
l’interpretazione di Moore di God of War non ignorerà
completamente i giochi greci. Come ha detto Moore, la serie
God of War si concentrerà su Atreus che scopre di più su
suo padre e sul suo oscuro passato, il che significa che i giochi
greci saranno presenti in qualche forma. Resta da vedere se si
tratterà di flashback o di rivelazioni verbali.
Cosa significa concentrarsi
sull’era norrena di God of War per l’adattamento televisivo di
Prime Video
L’era norrena è più attuale e
popolare, ma ci sono molti aspetti dell’era greca che la serie non
potrà includere
Sebbene saltare i primi tre giochi
di God of War e i loro spin-off possa essere una decisione
controversa, ha senso. God of War 2018 e God of War:
Ragnarök sono stati grandi successi recenti e hanno un seguito
più ampio rispetto ai giochi precedenti. La serie incorporerà
in qualche modo anche i giochi precedenti, quindi Moore sembra aver
trovato il meglio di entrambi i mondi.
Detto questo, la serie
God of War perderà comunque alcuni momenti importanti
dell’era greca dei giochi, iniziando con l’era norrena. Da
Kratos che combatte i Titani a quando strappa la testa a Helios,
iniziare con l’era norrena significa che la serie di Prime Video
non potrà rappresentare questi momenti in tutti i loro dettagli.
C’è la possibilità che vengano mostrati in immagini flashback, ma
potrebbero anche essere solo citati.
God of War
di Prime Video ha anche intrapreso una nuova sfida. Con God of
War 2018, i giocatori conoscevano bene Kratos e sapevano quanto
fosse terribile nell’era greca. Il gioco ha sfruttato questa
eredità per costruire una storia di redenzione davvero avvincente.
La serie God of War dovrà rappresentare la
redenzione di Kratos a un pubblico che non lo conosce bene, il che
è un punto di partenza più difficile.
Il boss di AmazonVernon Sanders ha dato un aggiornamento
incoraggiante sulle prospettive di un rinnovo della seconda
stagione di L’estate dei
segreti perduti.
Secondo Variety, Sanders ha discusso di come il
finale della prima stagione contenesse un grande riferimento al
secondo libro della serie, prima di rivelare che la seconda
stagione è attualmente in fase di scrittura. Ha confermato che non
è stato ancora annunciato ufficialmente alcun rinnovo, ma che è
entusiasta per il futuro del drama di Julie Plec e Carina
Adly Mackenzie.
Sì, c’è stata una piccola
anticipazione. Stiamo lavorando con gli sceneggiatori di “We Were
Liars” alla seconda stagione. Non abbiamo ancora annunciato il
rinnovo, ma siamo entusiasti dei risultati che abbiamo visto in
quella serie, così come di ‘Motorheads’ e
“Overcompensating”.
Ogni serie ha un pubblico di fan
davvero appassionato e siamo molto soddisfatti dei tassi di
completamento di “Motorheads” e “Overcompensating”, quindi
discuteremo con tutti e tre. Tutte e tre le serie stanno lavorando
alla seconda stagione e speriamo di poter annunciare presto il
rinnovo di alcune, se non di tutte.
Sono state confermate le date di
debutto autunnali 2025 per Chicago
Fire, Chicago
P.D. e Chicago
Med sulla NBC, rivelando quando tornerà il franchise
One Chicago. Tutti e tre gli show dell’universo
condiviso torneranno questo autunno con nuovi episodi. Tutti e tre
gli show sono ambientati nel più ampio universo di Dick Wolf, che
include Law & Order e FBI.
Ora, la NBC conferma che tutte e
tre le serie dell’universo One Chicagotorneranno sulla
NBC nella serata di mercoledì 1 ottobre. La stagione 11 di
Chicago Med inizierà alle 20:00, la stagione
14 di Chicago Fire alle 21:00 e la stagione 13 di
Chicago P.D. alle 22:00. Tutte e tre le serie
promettono un ritorno spettacolare.
Cosa significa la data di
ritorno dell’universo One Chicago per tutte e tre le serie
I prossimi episodi dell’universo
One Chicago promettono di continuare molte
storie importanti delle stagioni precedenti. Chicago Med – stagione 11, ad esempio, continuerà a
seguire gli elementi irrisolti della vita quotidiana dei suoi
personaggi principali. Tra questi, la gravidanza di Hannah e la
vita personale di Daniel potrebbero assumere un ruolo più
importante. Anche altri personaggi, come Lenox e Frost, potrebbero
ottenere maggiore attenzione.
Lo stesso si può dire per la
stagione 14 di Chicago Fire, che senza dubbio
manterrà Severide come punto di riferimento principale per il
resto della caserma 51. Tuttavia, Daniel Kyri e Jake Lockett non
torneranno dopo la fine della stagione 13, lasciando un vuoto nella
squadra che dovrà essere colmato all’inizio della stagione.
Infine, la stagione 13 di Chicago P.D. continuerà a vedere Hank
Voight alla guida della sua squadra nelle ore buone e in quelle
cattive, con la possibilità di un ruolo più importante per i
nuovi arrivati come l’agente Kiana Cook. La trama esatta dei
prossimi episodi della serie, tuttavia, rimane ancora sconosciuta
al momento della stesura di questo articolo. Tutte e tre le serie
promettono però drammi ad alta tensione e dilemmi con cui tutti i
personaggi dovranno confrontarsi.
È stato pubblicato il trailer di
Eternity.
Il film, prodotto dalla A24, è descritto come una
commedia fantasy. È ambientato nell’aldilà, dove le anime appena
formate hanno una settimana di tempo per decidere dove trascorrere
l’eternità. Questo mette in una situazione difficile Joan, uno
spirito che deve scegliere tra il suo compagno di lunga data e il
suo primo amore.
Joan è interpretata da
Elizabeth Olsen, già vista in
WandaVision.
I suoi due potenziali compagni sono Callum Turner
e Miles Teller, con un cast di supporto
che include Da’Vine Joy Randolph, Betty Buckley, John Early e Jeff
Sanca. Il film è diretto da David Freyne e l’uscita è prevista
per questo autunno.
Ora, A24 ha rivelato
il primo trailer completo di Eternity. Il film inizia con
Larry, interpretato da Teller, su un treno diretto nell’aldilà,
dove si trova di fronte a un ragazzino in abito elegante. Larry
incontra Anna, la sua “coordinatrice dell’aldilà”, che
gli spiega che deve usare il tempo a sua disposizione nel
“bivio” per scegliere un luogo dove trascorrere
l’eternità.
Da lì, Larry incontra Joan, sua
moglie nel mondo reale. Le cose si complicano notevolmente, però,
quando compare il primo marito defunto di Joan. Questo porta tutti
e tre i personaggi ad affrontare un intenso dramma interpersonale,
pur continuando a farsi qualche risata lungo il percorso.
Cosa significa per
Eternity
Il film sembra sia comico che
commovente
Uno degli elementi chiave del
trailer di Eternity è che offre uno sguardo più da vicino
all’uso della commedia nel film. In una scena, Joan cerca di
confortare i suoi amanti dicendo “non è una competizione”,
al che Anna, interpretata da Randolph, risponde “tesoro, è
sicuramente una competizione al 100%”.
Per quanto riguarda questa
competizione, il trailer mostra la rivalità tra i due ex mariti.
Mentre tutti ammirano le parole romantiche del primo marito di
Joan, Larry si difende dicendo “So essere romantico!”
Sebbene ci siano sicuramente
momenti di comicità e leggerezza, Eternity sembra anche
trasmettere un sentimento sincero. Nonostante l’aspetto comico
della situazione, Joan è sinceramente combattuta su quale decisione
prendere, sollevando domande sull’amore e sul matrimonio.
I
Fantastici Quattro: Gli Inizi (qui
la recensione) è finalmente al cinema e sta generando molti
dibattiti in particolare per la sua
scena post-credits che anticipa il collegamento
con Avengers:
Doomsday. Ci sono ancora ovviamente molti misteri
legati a questa scena, ma Vanessa
Kirby ha ora finalmente sciolto il principale di
questo, ovvero chi c’è sotto il costume di Dottor Destino. Il volto
del personaggio non viene infatti mai mostrato, il che ha lasciato
molti a chiedersi chi interpretasse effettivamente il personaggio
in quel momento.
In una nuova intervista con Variety, a Kirby è stato dunque
chiesto se fosse Robert Downey Jr. a interpretare Doom in quel
momento. “Sì! Robert non è mai stato assente dal set. È sempre
lì“, ha affermato l’attrice. “È il nostro leader. Lo
chiamiamo il nostro Padrino. Si è preso cura di noi. È una gioia
lavorare con i Russo e con lui, perché hanno una collaborazione
così profonda da così tanto tempo. Ed è stato fantastico essere
incinta e lavorare su “Avengers”.
“Mi sono sentita così ispirata e
sollevata dal fatto che si siano presi così cura di me. È stato un
viaggio davvero bellissimo. Robert sta facendo un lavoro
incredibile. Sono così emozionata”, ha concluso
l’attrice. Downey Jr. e Kirby stanno ora attualmente girando
Avengers: Doomsday, insieme ai
colleghi attori di I Fantastici Quattro: Gli
Inizi, ovvero Pedro Pascal, Joseph Quinn ed Ebon Moss-Bachrach. Tutti e cinque questi
attori torneranno nei panni dei rispettivi personaggi anche in
Avengers:
Secret Wars del 2027.
Sebbene fosse possibile sin da
subito che Robert Downey Jr. interpretasse
Dottor Destino nella scena post-crediti di I Fantastici
Quattro: Gli Inizi, è ancora più avvincente sapere che in
quel momento era proprio lui a interpretare il personaggio,
nonostante il suo volto non sia mai stato mostrato. Questo permette
di mantenere un grande mistero che verrà sciolto probabilmente solo
con l’arrivo del film nel 2026. Come noto ai fan, sotto la maschera
Destino ha il volto sfigurato, per cui sarà interessante scoprire
in che modo verrà reso questo aspetto.
Eddie Murphy ha condiviso alcune novità sul
nuovo film di Shrek e ha fornito anche dettagli su
uno spin-off dedicato a Ciuchino che sarebbe
attualmente in fase di realizzazione. Durante la promozione del suo
nuovo film, The Pickup, Murphy ha infatti innanzitutto
rivelato che sta ancora lavorando al doppiaggio di Shrek
5, la cui uscita è prevista per il 23 dicembre
2026. “Siamo ancora in sala di registrazione e,
letteralmente, stiamo ancora lavorando a Shrek”, ha detto
l’attore a ScreenRant.
Per quanto riguarda il film spin-off
con protagonista il suo personaggio Ciuchino, Murphy ha detto che
inizieranno a lavorarci a settembre, aggiungendo: “Stiamo
realizzando un film su Ciuchino, che uscirà tra tre anni, ma siamo
già a circa due anni di lavoro su Shrek 5. Siamo ancora in cabina
di registrazione e a settembre inizieremo a lavorare su
Ciuchino“. Murphy ha poi chiarito che il progetto su Ciuchino
è un film “simile a quello dedicato al Gatto con gli
stivali”.
“Ciuchino avrà un film tutto
suo, con una piccola storia che vede protagonisti sua moglie drago
e i suoi figli, metà drago e metà ciuchini”, ha continuato.
“Hanno scritto una storia divertente. Lo faremo, a partire da
settembre“. Non resta dunque che attendere ulteriori novità su
questo ulteriore progetto appartenente al franchise
di Shrek. Un franchise particolarmente
redditizio, portato avanti negli ultimi anni solo da Il
gatto con gli stivali ma ora apparentemente pronto a
riportare sul grande schermo anche i grandi protagonisti dei primi
film.
Cosa sappiamo di Shrek
5 con Eddie Murphy
Shrek 5 è
ufficialmente in fase di sviluppo presso DreamWorks Animation e
rappresenta il ritorno di uno dei franchise animati più amati di
sempre, a distanza di oltre un decennio dall’ultimo capitolo
(Shrek
e vissero felici e contenti, uscito nel 2010). La
lavorazione del quinto film è stata per anni oggetto di rumor,
speculazioni e tentativi di reboot, ma solo nel 2023 è arrivata la
conferma ufficiale: il progetto non sarà un remake, ma un vero e
proprio sequel che continuerà la storia originale. A dirigere il
film ci sarà Walt Dohrn, che aveva già lavorato ai
precedenti capitoli come sceneggiatore e doppiatore.
Una delle notizie più importanti
riguarda il ritorno del cast vocale originale: Mike
Myers (Shrek), Eddie Murphy (Ciuchino) e Cameron Diaz (Fiona) sono tutti confermati.
Zendaya entrerà invece a far parte del cast
nel ruolo della figlia di Shrek e Fiona. Per quanto riguarda
la trama, non sono stati ancora diffusi dettagli ufficiali, ma
secondo alcune indiscrezioni il nuovo film potrebbe esplorare il
tema della famiglia allargata e del passare del tempo, con Shrek
ormai padre di figli grandi che affronta nuove responsabilità.
Shrek, come noto, è
basato sul libro illustrato del 1990 dello scrittore e fumettista
William Steig. La serie è iniziata con il
film del 2001, che ha presentato agli spettatori Shrek, un orco
che intraprende una missione per salvare la principessa
Fiona (Diaz). Il successo del primo film ha aperto
la strada a sequel come Shrek 2 (2004), Shrek terzo (2007) e Shrek
e vissero felici e contenti (2010). La serie comprende
anche lo spin-off Il gatto con gli stivali (2011) e il suo sequel,
Il gatto con gli stivali 2: L’ultimo desiderio (2022),
che è stato nominato agli Oscar.
Dopo il successo internazionale di
Talk to Me, i fratelli
australiani Danny e Michael Philippou tornano al
cinema con un film più intimo e cupo, che conferma la loro volontà
di esplorare l’orrore attraverso l’elaborazione del dolore. Con
Bring Her Back – Torna
da me, i registi abbandonano la dimensione
adolescenziale per raccontare una storia di perdita, fragilità e
legami spezzati, dove il vero terrore nasce dalla disperazione di
chi non riesce a lasciar andare. Un racconto disturbante e tragico,
guidato da un’intensa interpretazione di Sally
Hawkins, che arriva dal 30 luglio nelle sale italiane con
Eagle
Pictures.
Una madre spezzata e due fratelli
in cerca di un posto nel mondo
Protagonista del film è Laura (Sally Hawkins), una
psicologa ed ex assistente sociale che accoglie nella propria casa
due fratelli da poco rimasti orfani: Andy (Billy
Barratt), adolescente problematico e con un passato di
aggressività, e Piper (Sora Wong), una ragazzina
ipovedente con una forte dipendenza affettiva dal fratello
maggiore. In quella casa vive già Oliver, un
bambino muto e introverso con evidenti segni di disagio. Ma
soprattutto, vi aleggia il ricordo della figlia di Laura, Cathy,
morta in un tragico incidente e mai davvero dimenticata.
L’ambiente, che dovrebbe offrire accoglienza e protezione, si
trasforma lentamente in un luogo di tensione e
sospetto. Andy intuisce che qualcosa non va: nei
comportamenti eccentrici di Laura, nei silenzi che circondano
Oliver, nelle piccole dissonanze quotidiane. E mentre cerca di
proteggere Piper e guadagnarsi il diritto di starle accanto, scopre
che Laura è ossessionata da un rituale oscuro che potrebbe essere
la chiave per riportare indietro la figlia perduta.
Il trauma come motore dell’orrore
Bring Her Back si
inserisce nel filone dell’horror contemporaneo che utilizza il
genere per esplorare tematiche emotive profonde. Se in
Talk to
Me l’elemento soprannaturale serviva a raccontare la
necessità di connettersi con una madre scomparsa, qui la
prospettiva si rovescia: è una figura materna a rifiutarsi di
accettare la perdita, alimentando il dolore fino a renderlo
pericoloso.
Come già il “capitolo” precedente,
con cui sembra dialogare contiuamente, il secondo film dei
Philippou affronta in modo diretto una delle nevrosi del presente:
l’incapacità di comunicare. Nessuno, all’interno
di questa storia, riesce davvero a parlarsi. Andy confessa le sue
colpe solo in una nota vocale; Piper si muove nel mondo attraverso
luci e contorni sfocati; Oliver resta chiuso in un silenzio
impenetrabile. E Laura, pur essendo una terapeuta, è la prima a
negare la realtà. L’assenza di contatto diventa così un disturbo
che si manifesta fisicamente, contaminando ogni rapporto.
Pur essendo ambientato in
Australia, Bring Her Back evita qualsiasi riferimento iconico al
territorio. Non ci sono paesaggi aperti, non c’è natura, non c’è
respiro. Tutto si svolge in spazi chiusi: la casa, l’ospedale, i
corridoi. Un universo claustrofobico in cui ogni
tentativo di creare un legame finisce per collassare: l’isolamento,
più che geografico, è esistenziale.
I
Philippou sfruttano una regia sobria ma precisa, affidandosi più
all’atmosfera che agli shock visivi. La tensione è sottile,
strisciante, spesso affidata a silenzi e sguardi fuori campo. Per
questo, i momenti più disturbanti non sono quelli in cui l’orrore
si manifesta apertamente, ma quelli in cui emerge
l’impossibilità di trovare conforto, vicinanza,
empatia.
Sally Hawkins al centro di un dolore che diventa pericolo
La
vera forza del film risiede nella performance diSally Hawkins, inedita nel ruolo di una donna
capace di rassicurare e inquietare allo stesso tempo. Il suo
personaggio non è scritto come una villain, ma come una madre che
si è persa nel proprio dolore: è proprio questa umanità ferita,
trattenuta e spesso distorta, a renderla tanto efficace. Laura non
è mossa dalla malvagità, ma dall’ossessione, e Hawkins riesce a
rendere credibile questa deriva psicologica con un’intensità rara.
Anche il cast giovanile attorno a lei funziona: Sora
Wong colpisce per la naturalezza e la delicatezza con cui
incarna Piper, mentre Billy Barratt restituisce
con efficacia il disagio e la fragilità di Andy, ragazzo ancora
troppo giovane per sostenere il peso di un ruolo da adulto.
Chi si aspetta un horror ricco di colpi di scena o di effetti
visivi potrebbe restare sorpreso. Bring Her Back sceglie una strada
diversa: lavora sull’inquietudine, sulla malinconia, sull’empatia.
I momenti di tensione pura sono pochi, ma ben gestiti, e quando il
film decide di affondare il colpo, lo fa con precisione chirurgica.
Non mancano alcune forzature narrative, soprattutto nella seconda
parte, e il ritmo potrebbe risultare lento per chi cerca
un’esperienza più adrenalinica. Tuttavia, trova la sua forza nella
coerenza tonale e nella capacità di restare ancorato al dolore
reale da cui nasce. Non a caso, i Philippou hanno dichiarato di
aver concepito lo script dopo due lutti personali,
e il risultato ne riflette tutta l’autenticità.
Bring Her Back conferma
il talento e la maturità del duo di registi australiani, capaci di
reinventarsi senza tradire le radici del loro cinema. Se
Talk to Me era un horror
folgorante sull’adolescenza e l’identità, qui ci troviamo davanti a
un’opera più adulta, che affronta con lucidità e coraggio
il lato più oscuro della genitorialità e della
perdita. Meno spettacolare, ma più doloroso. E forse,
proprio per questo, ancora più efficace.
Matthew Lawrence,
che era solo un ragazzino quando recitò al fianco di Robin Williams nella commedia campione
d’incassi del 1993 Mrs. Doubtfire, ha dichiarato a Entertainment Weekly al
Comic-Con di essere interessato a riportare in vita la voce del
defunto Williams utilizzando l’intelligenza artificiale. “Mi
piacerebbe molto – ovviamente con il rispetto e l’approvazione
della sua famiglia – fare qualcosa di davvero speciale con la sua
voce, perché so che per una generazione quella voce è semplicemente
iconica”, ha detto Lawrence.
“Non è solo perché lo conoscevo
e ho lavorato con lui e quindi è nella mia testa – è nella testa di
tutti. E sarebbe davvero fantastico”. Lawrence ha raccontato
di aver recentemente visto un vecchio spot televisivo con la voce
di Williams, che gli ha fatto venire l’idea di trovare un modo per
riportare in vita la voce dell’iconico comico. “È un po’ come
uno spot molto contemporaneo, moderno, quasi una sorta di
anticipazione di ciò che sta accadendo, in cui ha fatto questa voce
fuori campo computerizzata”, ha detto Lawrence.
“E mi è sempre rimasto impresso.
Poi, quando è mancato, con l’avvento dell’intelligenza artificiale,
ho pensato: ‘Cavolo, lui deve essere la voce dell’intelligenza
artificiale, deve essere la voce di qualcosa’. Quindi sì, mi
piacerebbe farlo”. Lawrence ha aggiunto che le possibilità
sono infinite quando si tratta di riportare in vita la voce di
Williams con l’intelligenza artificiale, compreso il fatto che
Williams ti dia indicazioni stradali sul tuo telefono. L’attore ha
detto: “Sarebbe Robin! Sarebbe fantastico. Ve lo
garantisco”.
Questo tipo di idee sono ormai del
tutto una possibilità grazie ai recenti sviluppi delle intelligenze
artificiali. Negli scorsi anni abbiamo già visto sul grande schermo
(e non solo) volti e voci di attori scomparsi da tempo, riportati
“in vita” proprio grazie all’AI. La voce di Robin
Williams è particolarmente iconica ed ha
indubbiamente cresciuto intere generazioni di spettatori.
Naturalmente, ci sono questioni etiche da valutare attentamente
prima di dar vita ad un’operazione di questo tipo. Per adesso, per
riascoltare la voce dell’attore è sufficiente riguardare i suoi
bellissimi film.
La candidata all’Oscar
Monica Barbaro sarà ufficialmente la protagonista
di Artificial
di Luca Guadagnino per Amazon MGM Studios.
Barbaro, il cui casting era stato annunciato in precedenza, ma il
cui accordo è ora concluso, si unisce ai già annunciati
Andrew Garfield, Yura Borisov,
Jason Schwartzman, Cooper
Hoffman e Cooper Koch. Ike
Barinholtz è ancora in trattativa per unirsi al cast.
I dettagli della trama di Artificial,
descritto come una “commedia drammatica ambientata nel mondo
dell’intelligenza artificiale”, sono ancora segreti. Tuttavia,
le prime indiscrezioni suggeriscono che sarà incentrato
sull’azienda OpenAI e sul tumultuoso periodo del 2023, quando il
suo CEO Sam Altman fu licenziato e riassunto in pochi giorni. Si
dice che Garfield interpreterà Altman con Borisov, star di
“Anora”, nei panni di Iya Stuskever, co-fondatore
di OpenAI che ha guidato il movimento per sbarazzarsi di
Altman.
Simon Rich ha
scritto la sceneggiatura e produrrà il film insieme a David
Heyman e Jeffrey Clifford di Heyday
Films, oltre a Jennifer Fox.
All’inizio di quest’anno, Barbaro ha
ottenuto una nomination all’Oscar per la sua interpretazione della
leggendaria cantante folk e attivista Joan Baez in A
Complete Unknown, che ha fatto seguito al suo ruolo di
successo come pilota di caccia Phoenix in Top Gun: Maverick. Prossimamente
reciterà in “Crime 101” di Amazon MGM al fianco di Chris Hemsworth, Mark Ruffalo e
Barry Keoghan, e farà il suo debutto teatrale in
una ripresa di “Les Liaisons Dangereuses” di
Pierre Choderlos de Laclos al National Theatre di Londra. Barbaro è
rappresentata da UTA, Range Media Partners, Narrative e Meyer &
Downs.
Artificial
segna anche l’ultima collaborazione tra Guadagnino e Amazon MGM
dopo “After the Hunt“. Il film, con
Julia Roberts, Garfield e Ayo
Edebiri, debutterà alla Mostra del Cinema di Venezia prima
dell’uscita nelle sale il 10 ottobre. La collaborazione di
Guadagnino con lo studio include anche
“Challengers” del 2024, “Bones and
All” del 2022 e “Suspiria” del 2018.
Netflix ha svelato un’anteprima della sua prossima
miniserie Orgoglio e Pregiudizio e ha rivelato il
cast di supporto, mentre la produzione inizia nel Regno Unito.
Si uniscono all’adattamento di Jane
Austen Rufus Sewell (“The Diplomat”) nel ruolo di
Mr. Bennet, Freya Mavor (“Industry”) in quello di
Jane Bennet, Jamie Demetriou (“Stath Lets Flats”)
in quello di Mr. Collins, Daryl McCormack (“Wake
Up Dead Man: A Knives Out Mystery”) in quello di Mr. Bingley,
Louis Partridge (“House of Guinness”) in quello di
Mr. Wickham, Rhea Norwood (“Heartstopper”) in
quello di Lydia Bennet, Siena Kelly (“Black
Mirror”) in quello di Caroline Bingley e Fiona
Shaw (“Killing Eve”) in quello di Lady Catherine de Bourg.
Hopey Parish e Hollie Avery fanno
il loro debutto rispettivamente nei ruoli di Mary Bennet e Kitty
Bennet.
Tra gli altri nuovi membri del cast
figurano Anjana Vasan (“We Are Lady Parts”),
Sebastian Armesto (“Gangs of London”),
Rosie Cavaliero (“KAOS”), Saffron
Coomber (“Three Little Birds and Die Zweiflers”),
James Dryden (“Deadpool”), Justin
Edwards (“The Thick Of It”), James
Northcote (“The Last Kingdom”), Eloise
Webb (“La regina degli scacchi”) e Isabella
Sermon (“Jurassic World: Il regno distrutto”).
La prima immagine di Orgoglio e Pregiudizio di
Netflix
Credits LUDOVIC ROBERT – Netflix
Si uniscono ai membri del cast già
annunciati Emma Corrin (“Nosferatu”), Jack
Lowden (“Slow Horses”) e Olivia Colman (“The
Crown”), che interpretano rispettivamente Elizabeth Bennet, Mr.
Darcy e Mrs. Bennet in Orgoglio e pregiudizio.
La miniserie in sei parti promette
un fedele adattamento dell’immortale romanzo di Austen del 1813,
diretto da Euros Lyn, regista di Heartstopper, e
sceneggiato da Dolly Alderton.
“Una volta ogni generazione, un
gruppo di persone ha la possibilità di raccontare questa
meravigliosa storia e mi sento molto fortunata di poterne far
parte”, ha dichiarato Alderton in una nota. “Orgoglio e
pregiudizio di Jane Austen è il modello per la commedia romantica:
è stato un piacere approfondirne le pagine per trovare modi
familiari e innovativi di dare vita a questo amato libro”.
In una conferenza stampa prima
dell’uscita di I
Fantastici Quattro: Gli Inizi (qui
la recensione) il capo della Marvel StudiosKevin Feige ha confermato ciò che era stato a
lungo ipotizzato: il regista di Thunderbolts*, Jake
Schreier, è alla guida del reboot di
X-Men dell’MCU. Ora, in una nuova intervista con
The Playlist, Schreier ha detto ai fan dei film tratti dai
fumetti di non aspettarsi un nuovo film degli X-Men simile alla precedente serie con Hugh Jackman.
“Sì, penso che sia giusto
dirlo”, ha detto Schreier quando gli è stato chiesto se
l’approccio della Marvel agli X-Men sarà “riconoscibilmente
diverso da quello precedente”, aggiungendo scherzosamente:
“C’è quel mirino rosso da qualche parte, lo sai”. “Ma
poter esplorare tutte le idee insite in quel ricco materiale di
partenza, ma anche su una scala adeguata al materiale stesso, è
un’opportunità molto rara e fortunata”, ha continuato
Schreier. “È molto eccitante”.
Il regista ha detto all’inizio
dell’intervista: “Quello che posso dire è che si tratta di un
materiale intrinsecamente interessante e complesso… L’idea centrale
di ciò che sono gli ‘X-Men’ implica complessità. È un’opportunità
incredibile con personaggi super interessanti e molti conflitti
interni. Questi personaggi sono alle prese con la loro identità e
il loro posto nel mondo: è un materiale intrinsecamente
interessante e complesso”.
Feige ha poi lasciato trapelare alla
stampa che l’approccio dell’MCU agli X-Men sarà molto diverso dalla
precedente versione cinematografica del team di supereroi,
affermando che Schreier “realizzerà un reboot incentrato sui
giovani. Ciò potrebbe riflettersi nel casting dei mutanti e si
percepirà sicuramente nel tono e nella prospettiva del film”.
Resta dunque da vedere come saranno introdotti i nuovi eroi degli
X-Men nell’MCU. Di certo, prima di quel momento sarà possibile
rivedere sul grande schermo molti degli interpreti degli X-Men
della Fox.
Jackman ha interpretato il suo amato
Wolverine in Deadpool &
Wolverine dell’estate scorsa e insieme ai suoi
co-protagonisti originali Patrick Stewart (Charles Xavier), Ian McKellen (Magneto), James Marsden (Ciclope), Kelsey
Grammer (Bestia), Alan Cumming (Nightcrawler) e Rebecca
Romijn (Mystique) appariranno tutti nel film
Avengers: Doomsday in uscita a
dicembre del prossimo anno.
Secondo quanto riferito, il casting
ufficiale dovrebbe iniziare molto presto (se non è già iniziato) e
personaggi del calibro di Harris Dickinson,
Margaret Qualley,
Elle Fanning e Julia Butters
sarebbero nel mirino dello studio (secondo quanto riferito, erano
in lizza per interpretare Cyclope, Rogue e Kitty Pryde, ma non
sappiamo se sia ancora così), insieme alla star di Alien: RomulusDavid
Jonsson e Trinity Bliss, che potrebbero
essere in lizza per interpretare Jubilee. Altri nomi che sono
emersi nelle voci di corridoio includono Hunter Schafer (Mystica), Ayo Edebiri (Tempesta) e Javier Bardem (Mr. Sinister).
Riguardo al progetto Kevin Feige ha dichiarato di avere un “piano
decennale” per la saga dei mutanti. “Penso che lo vedrete
continuare nei nostri prossimi film con alcuni personaggi degli
X-Men che potreste riconoscere. Subito dopo, l’intera storia di
Secret Wars ci condurrà davvero in una nuova era dei mutanti Ancora
una volta, è uno di quei sogni che diventano realtà. Finalmente
abbiamo di nuovo gli X-Men“.