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Sandokan: nuova clip dal penultimo episodio con Can Yaman

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Sandokanraddoppia l’appuntamento settimanale in prima serata su Rai1. La serie evento internazionale, prodotta da Lux Vide, società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai Fiction andrà in onda lunedì 15 dicembre e martedì 16 dicembre con le attesissime puntate finali.

Da un’idea di Luca Bernabei, la serie è un nuovo adattamento della storica saga di romanzi di Emilio Salgari, sviluppata per la televisione da Alessandro Sermoneta, Scott Rosenbaum e Davide Lantieri, e diretta da Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo. Sarà distribuita in tutto il mondo da Fremantle e in Spagna da Mediterráneo Mediaset España Group.

Le riprese della serie si sono tenute nel Teatro 7, del polo produttivo di Lux Vide, e tra l’isola di Reunion, il Lazio, la Toscana e la Calabria, dove è stata costruita la colonia inglese di Labuan a Lamezia Terme, con il sostegno della Calabria Film Commission.

A cinquant’anni dalla celebre serie Rai che lo rese un’icona, Rai 1 trasmette gli ultimi due appuntamenti dell’eroe nato dalla penna di Emilio Salgari. Una storia senza tempo che ci conduce in terre esotiche e tempi lontani: nel Borneo della prima metà dell’Ottocento, tra popoli in lotta per la libertà e potenze coloniali spinte da un’avidità cieca e feroce.

Nel cast Can Yaman, Alanah Bloor, Alessandro Preziosi, Ed Westwick, Madeleine Price, e conJohn Hannah.

 

La trama

Borneo, 1841. In un mondo dominato dal potere coloniale degli inglesi, Sandokan è un pirata che vive alla giornata. Solca il mar della Cina a fianco del suo fedele amico Yanez e della loro ciurma di pirati, un gruppo di avventurieri che vengono dai quattro angoli del mondo.

Un giorno, durante un arrembaggio a un cargo del Sultano del Brunei, Sandokan libera un misterioso prigioniero Dayak, un popolo indigeno a lungo oppresso. L’uomo crede di riconoscere in Sandokan il guerriero di un’antica profezia che affrancherà il suo popolo dal giogo degli stranieri. Sandokan non dà peso alla cosa: lui è solo un pirata che ama la libertà; è così che ha vissuto la sua vita fino a oggi. Ma tutto sta per cambiare perché durante un’ardita incursione nel Consolato Britannico di Labuan, Sandokan incontra Marianna Guillonk.

Marianna è la giovane figlia del Console inglese. È nota come la Perla di Labuan per la sua bellezza ma anche per il carattere indomito che la spinge a rifiutare i ricchi pretendenti che ambiscono alla sua mano.

L’incontro con Sandokan risveglia in lei quello spirito di avventura che le rigide gabbie della società vittoriana hanno sempre represso. Quello tra Sandokan e Marianna è l’incontro di due mondi che non potrebbero essere più diversi. Una storia apparentemente impossibile. Ma non c’è niente di impossibile quando due cuori desiderano la stessa cosa: la libertà.

Tra i due però si inserisce Lord James Brooke, l’ombroso e affascinante “cacciatore di pirati”.  Brooke non è il solito ricco mercante, né un militare di carriera, ma un audace avventuriero che, a capo della sua fregata – la Royalist – semina il panico tra i pirati di tutto il sud est asiatico. Uomo ambizioso e brillante, Brooke cattura la ciurma di Sandokan e si mette sulle tracce del loro capitano.

Brooke è disposto a tutto per fermare Sandokan, ottenere il potere e conquistare il cuore di Marianna. La quale non è indifferente al suo fascino.

Inizia così un’avventura che si snoda tra i mari del Borneo, la vivace città di Singapore e la lussureggiante giungla tropicale dell’isola. Proprio qui, nel cuore della foresta, Sandokan incontrerà il suo destino.

Alla resa dei conti ognuno dovrà operare una scelta: Marianna, divisa tra Brooke e Sandokan, dovrà affrontare i lati più oscuri del suo mondo e decidere cosa vuole veramente; Brooke dovrà misurare la sua sconfinata ambizione con i suoi lati più vulnerabili; Sandokan, da semplice pirata che viveva alla giornata, sarà chiamato a trasformarsi nella Tigre della Malesia.

Avengers: Doomsday, ecco la descrizione (audio) delle altre tre anticipazioni prima del trailer

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La prima anticipazione del trailer di Avengers: Doomsday è trapelato online oggi, e ora abbiamo dettagli su cosa succederà. L’anteprima incentrata su Captain America verrà proiettata prima di Avatar: Fuoco e Cenere questo fine settimana, e nella seconda settimana i riflettori si sposteranno su Thor.

Questa notizia ci arriva da Feature First, e lo scooper @MyTimeToShineH (la cui descrizione del teaser di Steve Rogers era accurata al 100%) ha affermato che il video mostra il Dio del Tuono “nei boschi mentre prega Odino prima di una grande battaglia per riportarlo sano e salvo da sua figlia”. Il terzo teaser si concentrerà sul Dottor Destino di Robert Downey Jr. Non abbiamo dettagli al riguardo, ma sarà l’ultimo di questi teaser incentrati sui personaggi. Il quarto teaser è un trailer completo, e immaginiamo che sarà quello che verrà pubblicato in rete nel nuovo anno. Abbiamo solo una descrizione audio, ma ecco come è strutturata:

<<Il trailer inizia in modo piuttosto inquietante e lento, ma non proprio cupo, poiché c’è un barlume di speranza. Altre note si alzano lentamente, iniziando a suonare come una reminiscenza della musica al minuto 2:21 del secondo trailer di Venom.

Il trailer poi accelera un po’ e suona un po’ simile al trailer di “Absolute Cinema” dei Thunderbolts*, dove ha un’atmosfera da club ma non con la stessa energia, risultando più represso: la musica è più lenta, profonda, come un battito cardiaco. La musica poi passa al tipico ritmo da montaggio. La musica poi riprende a salire, diventando piuttosto potente, apparentemente per suscitare emozioni, con la fonte che la paragona a “Avengers”.>>

È interessante notare che @MyTimeToShineH ha poi affermato: “C’è un forte tema di paternità in Avengers: Doomsday: Steve ha un figlio, Thor ha una figlia e Destino ha perso suo figlio e cerca vendetta. Anche Reed con Franklin!”

In base alla descrizione di Thor qui sopra, sembra che padri e figli saranno anche il tema di questi teaser. Se il viaggio indietro nel tempo di Capitan America per riunirsi a Peggy Carter è davvero ciò che ha causato la caduta del Multiverso vittima delle Incursioni, allora il Dottor Destino che si propone di distruggere la sua vita sarà probabilmente il conflitto centrale di Avengers: Doomsday.

Captain America vs. Doctor Doom non è necessariamente ciò che ci aspettavamo da questo film, ma ha del potenziale, e il ritorno di Chris Evans al suo ruolo più iconico è qualcosa che i fan attendevano da oltre sette anni, dalla fine di Endgame.

Cosa sappiamo di Avengers: Doomsday

Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars arriveranno in sala rispettivamente il 18 dicembre 2026, e il 17 dicembre 2027. Entrambi i film saranno diretti da Joe e Anthony Russo, che tornano anche nel MCU dopo aver diretto Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.

La sinossi ufficiale conferma il ritorno di Robert Downey Jr. all’interno dell’universo Marvel, questa volta nel ruolo di Doom. La trama resta però al momento sotto riserbo. Stephen McFeely e Michael Waldron risultano accreditati come sceneggiatori.

Il cast di Avengers: Doomsday è stato rivelato per la prima volta durante una diretta streaming a sorpresa della Marvel Studios, in cui diverse sedie hanno svelato il ritorno di numerosi attori. Una delle grandi novità è il ritorno di diversi attori degli X-Men dell’era Fox-Marvel.

Sono confermati nel cast del film (per ora): Paul Rudd (Ant-Man), Simu Liu (Shang-Chi), Tom Hiddleston (Loki), Lewis Pullman (Bob/Sentry), Florence Pugh (Yelena), Danny Ramirez (Falcon), Ian McKellen (Magneto), Sebastian Stan (Bucky), Winston Duke (M’Baku), Chris Hemsworth (Thor), Kelsey Grammer Bestia), James Marsden (Ciclope), Channing Tatum (Gambit), Wyatt Russell (U.S. Agent), Vanessa Kirby (Sue Storm), Rebecca Romijn (Mystica), Patrick Stewart (Professor X), Alan Cumming (Nightcrawler), Letitia Wright (Black Panther), Tenoch Huerta Mejia (Namor), Pedro Pascal (Reed Richards), Hannah John-Kamen (Ghost), Joseph Quinn (Johnny Storm), David Harbour (Red Guardian), Robert Downey Jr. (Dottor Destino), Ebon Moss-Bachrach (La Cosa), Anthony Mackie (Captain America).

Van Helsing: la spiegazione del finale del film con Hugh Jackman

Il celebre e temuto conte Dracula è un personaggio da sempre ricorrente al cinema, protagonista di film come Dracula di Bram Stoker, Dracula Untold, Blade: Trinity e in forma animata anche della trilogia di Hotel Transilvania. Sin da quando il personaggio è stato ideato dallo scrittore Bram Stoker nel 1897, egli si è spesso dovuto confrontare con il suo acerrimo nemico, il cacciatore di vampiri Abraham Val Helsing. Proprio tale personaggio è infine stato protagonista di un film tutto suo, intitolato appunto Van Helsing e uscito in sala nel 2004 per la regia di Stephen Sommers.

Conosciuto in particolare per aver diretto La mummia e La mummia – Il ritorno, Sommers, anche sceneggiatore del film, si è naturalmente ispirato al romanzo di Stoker, ma per il suo film si è basato anche su altre opere affini. In particolare, Van Helsing è un tributo ai classici film dell’orrore realizzati tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta dalla Universal e che vedono come protagonisti creature quali Frankenstein, il Lupo Mannaro, il dottor Jekyll e la sua controparte malvagia Mister Hyde. Al di là del mistero e La casa degli orrori sono solo due dei titoli indicati da Sommers come principali fonti di ispirazione.

Il film si è poi affermato come un buon successo anche per via dei tanti riferimenti culturali che presenta. Per gli amanti di questa tipologia di film, dove l’orrore si unisce all’azione e alle forti emozioni, Val Helsing è un titolo imperdibile. In questo articolo, approfondiamo alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Van Helsing cast

La trama e il cast di Van Helsing

La storia narrata dal film si apre nel 1887, in Transilvania, dove il dottor Victor Frankenstein sta ultimando la sua ultima creatura grazie alla complicità e al supporto del Conte Dracula. Il vampiro, tuttavia, intende dar vita ad una stirpe di suoi simili, con cui poter governare il mondo. Per tentare di contrastarlo, il Vaticano assume il cacciatore sovrannaturale Van Helsing. Insieme al giovane frate Carl, Van Helsing giunge dunque in Transilvania, dove conosce la principessa Anna Valerious. Mentre conduce le sue indagini, il cacciatore si addentra sempre di più nei misteri del luogo, dove scoprirà che i piani di Dracula sono molto più terribili di quel che si credeva.

Ad interpretare il ruolo del celebre cacciatore di vampiri Van Helsing si ritrova l’attore Hugh Jackman, in quel momento divenuto particolarmente popolare per il ruolo di Wolverine in X-Men. Proprio a causa delle riprese del sequel di questo, l’attore doveva necessariamente portare i capelli corti. Per assumere il ruolo di Van Helsing, dunque, si trovò a dover indossare delle extension per ottenere i capelli lunghi. Accanto a lui, nel ruolo di Anna Valerious, vi è l’attrice Kate Beckinsale, già celebre per la saga di Underworld, anch’essa con protagonisti vampiri e licantropi.

Nel ruolo del Conte Dracula si ritrova l’attore Richard Roxburgh, il quale ha ottenuto di poter anche lui interpretare senza controfigure tutti gli stunt previsti per il personaggio. L’italiana Silvia Colloca recita nei panni di Verona, una delle mogli di Dracula. Nella realtà, l’attrice è davvero sposata con Roxburgh. Sono poi presenti Samuel West per il ruolo di Victor Frankenstein, mentre Shuler Henry dà vita al mostro di Frankenstein. Completano poi il cast anche David Wenham nei panni di Carl, fratello di Anna, Will Kemp in quelli dell’Uomo Lupo e Robbie Coltrane, noto come Hagrid nella saga di Harry Potter, in quelli di Mr. Hyde.

Van Helsing Dracula

La spiegazione del finale del film

Nella battaglia culminante del film, Dracula implora Van Helsing di unirsi a lui, affermando che il Vaticano lo sta sfruttando per i propri scopi. Si scopre inoltre come i due si conoscono: nel 1462, quando Dracula era mortale, Van Helsing lo uccise. Non è però chiaro il perché. Dato che la mossa immediata di Dracula dopo la morte è stata quella di contrattare con il Diavolo, è probabile che stesse tramando qualcosa di male. È assolutamente possibile che fosse già alle prese con la magia nera quando Van Helsing lo conosceva.

Ogni volta che Dracula fa riferimento alla sua morte originale, la descrive come un omicidio. Questo è tecnicamente corretto: Van Helsing ha ucciso Dracula nel 1462 quando era mortale. Ma la ripetuta insistenza sull’aspetto criminale della morte originale di Dracula solleva alcune domande. Sebbene il film non fornisca risposte esplicite, si insinua che il peccato dell’omicidio possa essere stato l’evento traumatico che ha portato alla perdita di memoria di Van Helsing. Dracula sembra voler ricordare a Van Helsing che un tempo erano amici e che lui lo ha tradito togliendogli la vita.

Questo sembra proprio il genere di cose che porterebbe un individuo super-religioso a seppellire il senso di colpa e la vergogna nelle parti più polverose della sua memoria. Ma nonostante la fitta nebbia di amnesia, Van Helsing ha incubi vividi di antiche battaglie che non può aver combattuto. Si fa infatti riferimento allo scontro con i Romani a Masada, avvenuto però oltre 1800 anni prima degli eventi del film. Come fa Van Helsing ad essere così vecchio? È interessante notare che Dracula si rivolge a lui chiamandolo “Gabriele” e “La mano sinistra di Dio”.

Van Helsing Hugh Jackman Kate Beckinsale

Anche se non viene mai detto chiaramente che Van Helsing sia letteralmente il Gabriele biblico, il fatto che sia un arcangelo smemorato spiegherebbe come abbia vissuto così a lungo. Spiegherebbe anche perché riesce a “percepire il male”. Potrebbe anche essere che Van Helsing sia solo un’incarnazione terrena del biblico Gabriele, e che i ricordi dell’angelo siano impressi su di lui. In ogni caso, Van Helsing non è un umano qualunque. Alla fine, egli tramutatosi in lupo mannaro riesce ad uccidere nuovamente Dracula e di conseguenza anche la sua prole.

Tuttavia, l’amata Anna, nel tentativo di iniettare l’antidoto a Van Helsing rimane uccisa. Poiché aveva detto di non aver mai visto il mare, Van Helsing e Carl cremano il suo corpo su di una scogliera. Nell’ascendere delle ceneri di Anna al cielo, il cacciatore di vampiri percepisce l’accesso al paradiso e rivede, oltre ad Anna, anche gli altri Valerious, tra cui anche Velka. Così, mentre il cacciatore e Carl fanno ritorno a Roma, il mostro di Frankenstein invece, ormai libero nonostante il parere contrario dell’ordine del cardinale, si allontana su una zattera alla ricerca di un posto dove stare e, forse, qualcuno che lo ami.

Il trailer di Van Helsing e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Van Helsing è infatti disponibile nei cataloghi di Netflix, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mertedì 20 agosto alle ore 21:00 sul canale 20 Mediaset.

Alexander: la spiegazione del finale del film

Con Alexander (2004), Oliver Stone affronta uno dei soggetti più ambiziosi della sua filmografia, confrontandosi con il mito di Alessandro Magno dopo aver già esplorato figure storiche e politiche complesse come JFK, Nixon e Jim Morrison. Questo film storico si inserisce coerentemente nel percorso di Stone come autore interessato ai grandi personaggi che hanno segnato la Storia, osservati però da una prospettiva problematica, contraddittoria e spesso intima. Alexander rappresenta così il tentativo di trasporre su scala epica le ossessioni del regista per il potere, l’eredità e il rapporto tra individuo e Storia.

La principale fonte d’ispirazione del film è costituita dalle opere degli storici antichi, in particolare Plutarco, Arriano e Quinto Curzio Rufo, filtrate però attraverso una sensibilità moderna. Stone non punta a una ricostruzione puramente didascalica, ma a un racconto soggettivo e frammentato, che alterna grandi battaglie, intrighi di corte e riflessioni interiori. Il film si colloca nel genere del kolossal storico, ma lo contamina con elementi del biopic psicologico, allontanandosi dal modello classico del peplum per proporre una visione più ambigua e meno celebrativa dell’eroe.

Al centro di Alexander emergono temi ricorrenti nel cinema di Stone: l’ambizione smisurata, il desiderio di trascendenza, il conflitto tra destino personale e responsabilità politica, oltre al rapporto irrisolto con le figure genitoriali. La conquista del mondo diventa progressivamente una discesa nella solitudine e nell’incomprensione, mentre l’idea di impero universale si scontra con i limiti umani del protagonista. Nel resto dell’articolo, ci concentreremo sulla spiegazione del finale del film, analizzando come Stone chiuda il racconto di Alessandro e il senso ultimo della sua parabola.

LEGGI ANCHE: Colin Farrell ricorda la vergogna di aver preso parte ad Alexander

Angelina Jolie e Colin Farrell in Alexander
Angelina Jolie e Colin Farrell in Alexander

La trama e il cast di Alexander

Il faraone Tolomeo narra alla sua corte la storia di Alessandro (Colin Farrell), figlio del re macedone Filippo (Val Kilmer) e di Olimpiade (Angelina Jolie). Quest’ultima vorrebbe plasmarlo sul modello dell’indomito Achille e assicurarsi che sia un re glorioso. Il giovane Alessandro intraprende quindi l’addestramento militare con Efestione (Jared Leto), studia i miti antichi e la filosofia con il maestro Aristotele (Christopher Plummer) e rende orgoglioso suo padre, addomesticando il fiero cavallo Bucefalo. Olimpiade, inoltre, suggerisce a suo figlio di creare una propria discendenza prima di partire per la guerra, così da non dover temere di perdere il trono.

Il ragazzo, tuttavia, rifiuta poiché innamorato di Efestione. Alla morte di FilippoAlessandro gli succede e diventa deciso a conquistare il mondo. Tuttavia, i generali mostrano ben presto i primi segni di malcontento e Olimpiade invita suo figlio a guardarsi dai suoi alleati. Ad eccezione di Efestione e dell’eunuco Bagoa (Francisco Bosh), infatti, nessun generale condivide il pensiero di Alessandro sullo scopo della guerra: portare cultura e libertà a tutti i popoli. Alessandro si ritrova così sempre più isolato, a contemplare la sua vita, consumata dai suoi sogni e dalle sue ambizioni.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto Alexander spinge l’esercito oltre ogni limite, convincendo soldati esausti a seguirlo nella battaglia dell’Idaspe, la più sanguinosa e simbolica del film. Ferito gravemente da una freccia, sopravvive e viene celebrato come semidio, ma il trionfo è già incrinato. Il ritorno dall’India segna l’inizio della fine: la morte di Efestione, colpito dal tifo, spezza definitivamente l’equilibrio emotivo del sovrano. A Babilonia, tra banchetti e vino, Alexander crolla improvvisamente, mentre il suo impero resta sospeso tra ambizione divina, solitudine assoluta e presagi di una caduta inevitabile che nessuno può arrestare.

Il film si chiude sul letto di morte di Alexander, circondato da generali pronti a spartirsi il potere più che a piangere il loro re. Bagoas veglia il corpo, mentre l’impero inizia a dissolversi ancora prima dell’ultimo respiro. È Tolomeo, ormai anziano, a rivelare la verità: Alexander fu avvelenato dagli stessi uomini che lo seguirono nelle conquiste. Tuttavia, la Storia registrerà una morte per malattia. L’epilogo sulle memorie perdute della Biblioteca di Alessandria suggella la fine del mito, lasciando solo frammenti, interpretazioni e una leggenda destinata a sopravvivere nei secoli.

Jared Leto e Colin Farrell in Alexander
Jared Leto e Colin Farrell in Alexander

Il finale di Alexander ribalta la retorica del conquistatore invincibile, mostrando come l’espansione infinita coincida con un progressivo svuotamento umano. La vittoria militare dell’Idaspe non è un compimento, ma l’ultimo atto di hybris, preludio alla perdita più dolorosa: Efestione. Con la sua morte, Alexander perde il legame affettivo che lo ancorava alla realtà. Stone suggerisce che l’impero universale nasce da un desiderio intimo e irrisolto, destinato a consumare chi lo insegue fino all’autodistruzione. La grandezza storica diventa così una maschera fragile, incapace di proteggere l’uomo dalle proprie ossessioni interiori profonde.

La rivelazione finale di Tolomeo introduce un’ulteriore ambiguità, centrale nel cinema di Oliver Stone: la distanza tra verità e racconto ufficiale. Il possibile avvelenamento non serve a riscrivere i fatti, ma a sottolineare come la Storia sia costruita dai vincitori e dai sopravvissuti. Alexander muore due volte, come uomo e come mito, manipolato anche dopo la fine. La perdita delle memorie nella Biblioteca di Alessandria rafforza l’idea di un’eredità frammentata, in cui il senso ultimo resta irraggiungibile tra potere, memoria e narrazione politica che sopravvive al tempo e agli uomini.

Alexander lascia allo spettatore un messaggio amaro e profondamente moderno: nessuna conquista esterna può colmare un vuoto interiore. Il film invita a guardare oltre l’epica delle battaglie per interrogarsi sul costo umano del potere e dell’ambizione assoluta. La figura di Alexander diventa un monito sulla solitudine di chi si crede predestinato e sulla fragilità dei sogni imperiali. Ciò che sopravvive non è l’impero, ma il bisogno umano di raccontare, interpretare e dare senso a ciò che resta, anche quando la verità si perde nella leggenda e nel tempo storico collettivo.

Rocky IV: la storia vera che ha ispirato il film

Nonostante sia incentrato su un incontro fittizio a tema Guerra Fredda, Rocky IV è stato ispirato da un vero incontro di pugilato tra un pugile americano e uno tedesco tenutosi quasi 50 anni prima della sua uscita nel 1985. Il sequel di Rocky è infatti stato realizzato quando la Guerra Fredda era al suo quarantesimo anno e sarebbe durata ancora altri sei. Diretto e interpretato da Sylvester Stallone, il film descrive le tensioni tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica dell’epoca attraverso i personaggi di Rocky Balboa e Ivan Drago.

La straziante morte di Apollo Creed in Rocky IV durante il suo incontro con Ivan Drago ha mostrato quanto fossero gravi le tensioni tra i due paesi, poiché Rocky Balboa ha dovuto vendicare il suo amico caduto e sconfiggere il soldato sovietico noto come “Siberian Express”. Sebbene Rocky IV continuasse la serie immaginaria di Stallone, c’era dunque anche del vero dietro al film. La trama del sequel era infatti basata su due incontri di boxe avvenuti nella vita reale quasi un decennio prima dell’inizio della Guerra Fredda.

LEGGI ANCHE: Rocky IV: tutto quello che c’è da sapere sul film

Rocky IV è stato ispirato da Joe Louis contro Max Schmelling

Nel 1936, il pugile americano Joe Louis affrontò il pugile tedesco Max Schmeling allo Yankees Stadium di New York City. Louis, imbattuto, era considerato un simbolo dell’uomo nero liberato grazie al suo successo in questo sport. Sfortunatamente, Louis perse il suo primo incontro contro Schmeling, un ex campione dei pesi massimi la cui carriera all’epoca era considerata in declino. Schmeling smentì infatti Louis e gli appassionati di boxe vincendo l’incontro. La sconfitta di Apollo Creed in Rocky IV è parallela a questa sconfitta, anche se, a differenza di Apollo, Louis non fu ucciso e sfidò invece Schemeling a una rivincita nel 1938.

ROCKY IV

Rocky IV sembra dunque ispirarsi principalmente al secondo incontro, poiché fu allora che le tensioni tra Stati Uniti e Germania cominciarono ad aumentare. Nella primavera del 1938, la Germania aveva conquistato l’Austria e i media di entrambe le parti propagandavano lo scontro tra l’America e i nazisti sul ring, anche se Schmeling aveva chiarito di non essere dalla parte di Adolf Hitler rifiutando il premio “Dagger of Honor” (Pugnale d’onore) da lui conferitogli. I pugili tornarono allo Yankee Stadium per il loro secondo incontro e questa volta Louis ne uscì vittorioso.

In Rocky IV, è infine Rocky Balboa a sconfiggere Ivan Drago sul ring nel secondo incontro, poiché Apollo era morto durante il primo scontro tra Est e Ovest. La vittoria di Louis nel secondo incontro sembra essere stata l’ispirazione dietro la vittoria di Rocky. In entrambi i casi, fu un ritorno alla gloria per l’America nella sconfitta del rappresentante di una potenza straniera avversaria da parte del loro eroe.

Un film del 2002 racconta la vera storia dietro Rocky IV

Sebbene Rocky IV sia il film più popolare ispirato agli incontri tra Joe Louis e Max Schmeling, non è l’unico. Nel 2002, il regista di Hoop Dreams, Steve James ha pubblicato Joe and Max sul canale via cavo Starz! Il dramma biografico racconta la storia vera degli incontri tra Louis e Schmeling, invece della storia immaginaria raccontata da Sylvester Stallone in Rocky IV. Joe and Max mostra anche che, nonostante i loro incontri e le tensioni tra Stati Uniti e Germania, i pugili finirono per diventare amici e rimasero vicini fino alla morte di Louis nel 1981. La vera storia è stata sicuramente diversa dalla trama di Rocky IV, ma ha comunque fornito molto materiale a cui ispirarsi.

Scarlet: il trailer e il poster del film di Mamoru Hosoda

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Dal visionario regista Mamoru Hosoda, candidato al Premio Oscar® (Mirai), arriva una potente avventura animata che gioca con il tempo. Visto in anteprima dalla nostra redazione in occasione della Mostra di Venezia 82 (qui la recensione), Scarlet, una principessa guerriera proveniente da un regno medievale devastato dalla guerra, parte per vendicare la morte del padre — ma fallisce, risvegliandosi in una misteriosa dimensione dell’aldilà.

Lì incontra un ragazzo dal cuore nobile proveniente dal nostro presente, la cui compassione mette in crisi la sua sete di vendetta. Quando Scarlet si ritrova di nuovo faccia a faccia con l’assassino del padre, dovrà scegliere: aggrapparsi all’odio, oppure scoprire una vita oltre la vendetta.

Il film arriva nelle sale italiane il prossimo 19 febbraio distribuito da SONY.

Ecco il poster di Scarlet

Perché dovresti vedere Norimberga se ami i film tratti da storie vere

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Chi predilige il cinema tratto da eventi realmente accaduti sa che questo tipo di narrazione possiede un potere del tutto particolare: quello di avvicinare lo spettatore alla storia, senza filtri, rendendolo partecipe di un mondo che esiste davvero, o che è esistito. Norimberga, in uscita il 18 dicembre distribuito da Eagle Pictures, interpreta alla perfezione questa esigenza. Diretto e sceneggiato da James Vanderbilt e tratto dal libro The Nazi and the Psychiatrist di Jack El-Hai, il film porta sullo schermo non solo la ricostruzione di un evento cardine del Novecento, ma anche la dimensione psicologica, etica ed emotiva che lo ha accompagnato. Se sei un appassionato di storie vere, Norimberga è uno di quei titoli che non puoi permetterti di perdere, perché racconta un momento storico che continua a risuonare nel presente con una forza sorprendente.

Un film che ricostruisce un evento che ha definito la giustizia internazionale contemporanea

Norimberga (2025)

Il processo di Norimberga non è soltanto una pagina di storia: rappresenta l’origine dei concetti moderni di responsabilità penale internazionale, crimini contro l’umanità e diritto universale alla verità. Guardare un film che ricostruisce questo momento significa ritornare alle radici di un sistema giuridico che ancora oggi utilizza quel processo come riferimento. Vanderbilt trasforma queste basi storiche in narrazione cinematografica e lo fa senza sacrificare la complessità dei fatti: mostra l’azione degli Alleati, guidati dal giudice Robert H. Jackson, il conflitto tra potere politico e necessità morale e il peso globale del dover giudicare un intero regime. Per chi ama il cinema basato su eventi reali, questo è uno dei rari casi in cui la ricostruzione diventa strumento di comprensione profonda e non semplice esercizio estetico. In sala, la portata storica di questi avvenimenti si amplifica, permettendo allo spettatore di sentirsi dentro un nodo cruciale della storia moderna.

Il duello tra Douglas Kelley e Hermann Göring: una storia vera che supera ogni fiction

Russell Crowe e Rami Malek a Norimberga (2025)
Cortesia di © Eagle Pictures

Tra gli elementi più sorprendenti del film c’è il rapporto, realmente documentato, tra il tenente colonnello Douglas Kelley (interpretato da Rami Malek) e Hermann Göring (Russell Crowe). Kelley fu uno dei pochi ad avere un accesso diretto e privilegiato ai gerarchi nazisti durante la loro detenzione, con il compito di valutare il loro stato mentale e comprenderne le dinamiche di personalità. Il film riprende questo materiale storico e lo trasforma in uno scontro psicologico di enorme tensione: Göring emerge come una figura magnetica, manipolatrice, esperta nell’utilizzare il proprio carisma; Kelley come un uomo diviso tra il dovere scientifico e l’orrore morale che ha di fronte.

Per chi ama le storie vere, questa dialettica è irresistibile: è il tipo di confronto che nessuno sceneggiatore potrebbe inventare senza cadere nell’inverosimile, e proprio per questo, sapere che accadde realmente intensifica l’esperienza emotiva e intellettuale della visione.

La regia di James Vanderbilt unisce rigore storico, tensione narrativa e sensibilità contemporanea

Norimberga – Rami Malek Credit- Alamy

James Vanderbilt affronta la materia con un duplice approccio: da un lato, l’impegno nella precisione della ricostruzione storica; dall’altro, la volontà di rendere il film accessibile e coinvolgente anche per il pubblico contemporaneo. Questo equilibrio è ciò che rende Norimberga un titolo ideale per gli appassionati di storie vere: non tradisce i fatti, ma non si limita a illustrarli. Vanderbilt scava nei silenzi delle celle, nella ritualità del tribunale, nelle ambiguità degli interrogatori, costruendo un racconto che ha il passo di un thriller pur restando ancorato alle fonti. La sua regia non offre giudizi semplicistici, ma invita lo spettatore a porsi le stesse domande che animarono il processo: obbedienza cieca, follia o consapevole malvagità? Un interrogativo che, anche a distanza di quasi ottant’anni, conserva una carica inquietante e attuale.

Le interpretazioni di Russell Crowe e Rami Malek danno corpo e verità a due figure storiche complesse

Uno degli aspetti più potenti dei film tratti da storie vere è vedere grandi attori confrontarsi con personalità realmente esistite. Crowe e Malek offrono due interpretazioni complementari e costruite con estrema cura. Crowe tratteggia un Göring convincente e disturbante, lontano dalle caricature e vicino alle testimonianze storiche che lo descrivono come un uomo dotato di grande intelligenza strategica e capacità manipolatoria.
Malek, al contrario, rappresenta Kelley come un uomo intrappolato tra la scienza e l’orrore, tra la volontà di capire e la consapevolezza che alcune risposte potrebbero essere impossibili da accettare. Questa dinamica, resa con sguardi, pause, esitazioni e improvvisi colpi di verità psicologica, acquista una potenza straordinaria quando vissuta in sala, dove la recitazione prende corpo con tutte le sue sfumature.

Perché le storie vere servono a ricordare, comprendere e trasformare il nostro sguardo sul mondo

Russell Crowe e Rami Malek a Norimberga (2025)
Cortesia di © Eagle Pictures

Chi ama i film tratti da storie vere sa che la loro funzione non è puramente narrativa: è anche civile, culturale e, in parte, terapeutica. Norimberga rientra a pieno titolo in questo tipo di cinema. Raccontare quel processo significa riportare alla luce una domanda che continua a interrogare la coscienza collettiva: cosa spinge degli uomini comuni a partecipare a un sistema di male organizzato? E soprattutto, come si costruisce un mondo che impedisca il ripetersi di simili orrori? Il film non pretende di dare risposte definitive—e proprio per questo genera riflessione. In sala, la partecipazione diventa condivisa: il pubblico osserva insieme, si confronta in silenzio, e si porta addosso il peso e il significato di ciò che ha visto. È questa dimensione collettiva, tipica del cinema e particolarmente preziosa nei film basati su storie vere, a rendere Norimberga un’esperienza che va oltre lo schermo.

DAL 18 DICEMBRE AL CINEMA con Eagle Pictures. Un’opera che restituisce memoria, apre domande e invita a guardare la storia senza distogliere lo sguardo.

The Testaments: le prime immagini della nuova serie drama Disney+

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Disney+ ha svelato le prime immagini di The Testaments, la serie drama in arrivo, con Ann Dowd, Chase Infiniti, Lucy Halliday, Rowan Blanchard, Mattea Conforti, Isolde Ardies, Shechinah Mpumlwana e Birva Pandya, che debutterà nell’aprile 2026 su Disney+ in Italia e su Hulu negli Stati Uniti.

The Testaments è tratta dall’omonimo romanzo di Margaret Atwood, vincitore del Booker Prize, pubblicato nel 2019 e ambientato nella distopica teocrazia di Gilead. Anni dopo gli eventi di The Handmaid’s TaleThe Testaments è una storia di formazione che vede una nuova generazione di giovani donne a Gilead alle prese con il futuro cupo che le attende. Per loro, crescere a Gilead è l’unica cosa che abbiano mai conosciuto, non avendo ricordi tangibili del mondo esterno prima del loro indottrinamento a questa vita. Di fronte alla possibilità di essere date in sposa e di vivere una vita di servitù, saranno costrette a cercare alleati, sia nuovi che vecchi, che le aiutino nella loro lotta per la libertà e per la vita che meritano.

La serie vede protagonisti Ann Dowd, Chase Infiniti, Lucy Halliday, Mabel Li, Amy Seimetz, Brad Alexander, Rowan Blanchard, Mattea Conforti, Zarrin Darnell-Martin, Eva Foote, Isolde Ardies, Shechinah Mpumlwana, Birva Pandya e Kira Guloien.

The Testaments è stata creata dallo showrunner ed executive producer Bruce Miller e vede come executive producer Warren Littlefield, Elisabeth Moss, Steve Stark, Shana Stein, Maya Goldsmith, John Weber, Sheila Hockin, Daniel Wilson, Fran Sears e Mike Barker, che dirigerà anche i primi tre episodi. La serie è prodotta da MGM Television.

Un efficace sistema di parental control assicura che Disney+ rimanga un’esperienza di visione adatta a tutti i membri della famiglia. Oltre alla “Modalità Junior” già presente sulla piattaforma, gli abbonati possono impostare dei limiti di accesso ai contenuti per un pubblico più adulto e creare profili con accesso tramite PIN, per garantire massima tranquillità ai genitori.

Avengers: Doomsday, la prima anticipazione trapelata on line: un atteso ritorno

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Alla fine non c’è voluto molto. Nella loro saggezza, Disney e Marvel Studios hanno deciso di non pubblicare ufficialmente il teaser trailer di Avengers: Doomsday. Il piano è invece quello di attirare i fan dell’MCU al cinema, con quattro anticipazioni che, a quanto pare, debutteranno nell’arco di quattro settimane, in esclusiva prima di Avatar: Fuoco e Cenere.

Anche se potremmo ancora ottenere una versione HD prima della fine della settimana, non sembra molto probabile. Ora, un “camrip” a bassa risoluzione è comparso online, rivelando il primo dei teaser – incentrato sullo Steve Rogers di Chris Evans – nella sua interezza.

È interessante notare che il conto alla rovescia di cui abbiamo sentito tanto parlare termina tra 100 giorni, il 26 marzo 2026. Esattamente un anno dopo la rivelazione del cast di quattro ore, il che suggerisce che potremmo vederne un altro con il resto dei personaggi “a sorpresa” del cast.

Il ritorno di Evans nei panni di Capitan America è stato a lungo sospettato ed è ovviamente di portata epocale. È un peccato che lo stiamo scoprendo in questo modo, ma questo teaser è decisamente non convenzionale e un modo interessante per confermare che l’amato veterano dell’MCU sarà costretto a riunirsi ancora una volta al fianco degli Avengers, questa volta per combattere il Dottor Destino.

Steve ha avuto il suo lieto fine in Avengers: Endgame del 2019, quando è tornato indietro nel tempo per riunirsi a Peggy Carter. Da allora hanno chiaramente avuto un figlio, ma se le azioni di Cap hanno davvero condannato il Multiverso (questa è l’ultima voce di corridoio), la sua felicità sarà probabilmente di breve durata.

Cosa sappiamo di Avengers: Doomsday

Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars arriveranno in sala rispettivamente il 18 dicembre 2026, e il 17 dicembre 2027. Entrambi i film saranno diretti da Joe e Anthony Russo, che tornano anche nel MCU dopo aver diretto Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.

La sinossi ufficiale conferma il ritorno di Robert Downey Jr. all’interno dell’universo Marvel, questa volta nel ruolo di Doom. La trama resta però al momento sotto riserbo. Stephen McFeely e Michael Waldron risultano accreditati come sceneggiatori.

Il cast di Avengers: Doomsday è stato rivelato per la prima volta durante una diretta streaming a sorpresa della Marvel Studios, in cui diverse sedie hanno svelato il ritorno di numerosi attori. Una delle grandi novità è il ritorno di diversi attori degli X-Men dell’era Fox-Marvel.

Sono confermati nel cast del film (per ora): Paul Rudd (Ant-Man), Simu Liu (Shang-Chi), Tom Hiddleston (Loki), Lewis Pullman (Bob/Sentry), Florence Pugh (Yelena), Danny Ramirez (Falcon), Ian McKellen (Magneto), Sebastian Stan (Bucky), Winston Duke (M’Baku), Chris Hemsworth (Thor), Kelsey Grammer Bestia), James Marsden (Ciclope), Channing Tatum (Gambit), Wyatt Russell (U.S. Agent), Vanessa Kirby (Sue Storm), Rebecca Romijn (Mystica), Patrick Stewart (Professor X), Alan Cumming (Nightcrawler), Letitia Wright (Black Panther), Tenoch Huerta Mejia (Namor), Pedro Pascal (Reed Richards), Hannah John-Kamen (Ghost), Joseph Quinn (Johnny Storm), David Harbour (Red Guardian), Robert Downey Jr. (Dottor Destino), Ebon Moss-Bachrach (La Cosa), Anthony Mackie (Captain America).

Stranger Things – Stagione 5, Volume 2: il trailer e le nuove immagini

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La quinta acclamata stagione di Stranger Things continua: sono disponibili adesso il trailer e le nuove immagini del secondo attesissimo Volume. L’epica conclusione della serie fenomeno si avvicina, con il debutto del Volume 2 (episodi 5-7) il 26 dicembre, e del Finale il 1º gennaio 2026, tutti alle 2 del mattino (ora italiana).

Autunno 1987. Hawkins è rimasta segnata dall’apertura dei portali e i nostri eroi sono uniti da un unico obiettivo: trovare e uccidere Vecna, che è svanito nel nulla: non si sa dove si trovi né quali siano i suoi piani. A complicare la missione, il governo ha messo la città in quarantena militare e ha intensificato la caccia a Undici, costringendola a nascondersi di nuovo. Con l’avvicinarsi dell’anniversario della scomparsa di Will si fa strada una paura pesante e familiare. La battaglia finale è alle porte e con essa un’oscurità più potente e letale di qualsiasi altra situazione mai affrontata prima. Per porre fine a quest’incubo è necessario che il gruppo al completo resti unito, per l’ultima volta.

Avengers: Doomsday, svelata la descrizione, ci saranno quattro anticipazioni diverse

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Se sia prevista un’uscita online rimane un mistero, ma con l’arrivo di Avatar: Fuoco e Cenere nei cinema questa settimana, siamo a pochi giorni da una prima occhiata ad Avengers: Doomsday.

The Hollywood Reporter ha confermato che quattro anticipazioni saranno pubblicate nell’arco di quattro settimane, e l’idea è quella di incoraggiare i fan dell’MCU a guardare più volte il terzo capitolo di Avatar di James Cameron. Questo sembra implicare che questi teaser saranno esclusive per i cinema, anche se la Disney chiaramente non si preoccupa degli inevitabili bootleg che inonderanno i social media entro il fine settimana.

È una tattica di marketing che apparentemente ha funzionato per The Odyssey, comunque, e ora abbiamo dettagli su cosa aspettarci dai quattro trailer di Avengers: Doomsday.

Scooper @MyTimeToShineH ha rivelato che ognuno di essi sarà raccontato dal punto di vista di un personaggio, e in seguito ha scritto su X che il primo ruoterà attorno al Dottor Destino di Robert Downey Jr.

L’affidabile leaker di trailer e runtime @Cryptic4KQual ha poi replicato affermando di essersi sbagliato, spingendo l’insider a condividere non solo la descrizione del trailer, ma anche i dettagli sui personaggi attorno ai quali ruoteranno:

Oh, interessante, quindi hanno invertito l’ordine. Destino doveva uscire per primo. Ok, non c’era motivo per cui dovessi nasconderlo, altrimenti la gente avrebbe pensato che stessi mentendo.

I quattro “trailer” non sono veri trailer, sono quattro brevi scene, ognuna incentrata su un personaggio diverso. Quello con Steve originariamente doveva essere il terzo, ma ora sembra che sarà il primo. Mostra Steve che torna a casa in bicicletta. Ha un bambino. C’è uno slogan che recita “Steve Rogers tornerà in Avengers: Doomsday”, seguito da “Dicembre 2026” e poi un conto alla rovescia.

Dato che hanno cambiato l’ordine, PRESUMO che Thor sarà il secondo.

Cosa sappiamo di Avengers: Doomsday

Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars arriveranno in sala rispettivamente il 18 dicembre 2026, e il 17 dicembre 2027. Entrambi i film saranno diretti da Joe e Anthony Russo, che tornano anche nel MCU dopo aver diretto Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.

La sinossi ufficiale conferma il ritorno di Robert Downey Jr. all’interno dell’universo Marvel, questa volta nel ruolo di Doom. La trama resta però al momento sotto riserbo. Stephen McFeely e Michael Waldron risultano accreditati come sceneggiatori.

Il cast di Avengers: Doomsday è stato rivelato per la prima volta durante una diretta streaming a sorpresa della Marvel Studios, in cui diverse sedie hanno svelato il ritorno di numerosi attori. Una delle grandi novità è il ritorno di diversi attori degli X-Men dell’era Fox-Marvel.

Sono confermati nel cast del film (per ora): Paul Rudd (Ant-Man), Simu Liu (Shang-Chi), Tom Hiddleston (Loki), Lewis Pullman (Bob/Sentry), Florence Pugh (Yelena), Danny Ramirez (Falcon), Ian McKellen (Magneto), Sebastian Stan (Bucky), Winston Duke (M’Baku), Chris Hemsworth (Thor), Kelsey Grammer Bestia), James Marsden (Ciclope), Channing Tatum (Gambit), Wyatt Russell (U.S. Agent), Vanessa Kirby (Sue Storm), Rebecca Romijn (Mystica), Patrick Stewart (Professor X), Alan Cumming (Nightcrawler), Letitia Wright (Black Panther), Tenoch Huerta Mejia (Namor), Pedro Pascal (Reed Richards), Hannah John-Kamen (Ghost), Joseph Quinn (Johnny Storm), David Harbour (Red Guardian), Robert Downey Jr. (Dottor Destino), Ebon Moss-Bachrach (La Cosa), Anthony Mackie (Captain America).

IT: Capitolo 3, il co-creatore di Welcome To Derry anticipa il film

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La co-creatrice di It: Welcome to Derry, Barbara Muschietti, ha delle notizie entusiasmanti per i fan. It: Capitolo Tre potrebbe essere una possibilità molto concreta.

La prima stagione di It: Welcome to Derry è giunta al termine, ma ci sono diverse storie nel primo capitolo della serie che potrebbero essere ulteriormente esplorate, tra cui il famigerato clown Pennywise (Bill Skarsgård), che lascia intendere che non può essere ucciso, neanche dopo It: Capitolo Due. Durante una conversazione con Marge (Matilda Lawler), le dice che il suo futuro figlio, Richie (con i suoi amici), rappresenterà la sua morte.

Tuttavia, ha aggiunto un commento sinistro in seguito, dicendo di non essere sicuro se si tratterà di una morte vera e propria o di una rinascita. Questo commento lascia molte possibilità per un terzo capitolo. In un’intervista con Grant Hermanns di ScreenRant, Muschietti ha spiegato come ci siano ancora molte lacune da colmare nell’universo di It nel suo complesso, con un enorme nuovo gruppo di personaggi con cui giocare, aumentando la possibilità di trasformare i suoi film di It in una trilogia.

Mentre molte persone trovano fastidiose le lacune narrative e i buchi di trama, la creatrice li vede invece come nuove opportunità. Ogni domanda senza risposta potrebbe diventare una nuova storia da raccontare. Ha aggiunto di aver apprezzato il modo in cui King ha scritto il libro e tutti i buchi che ha lasciato. Ha ammesso che potrebbero non essere stati intenzionali, ma è stato un felice incidente per lei e suo fratello, l’altro co-creatore della serie, Andy Muschietti.

I fratelli Muschietti sono fan del romanzo fin da adolescenti. Barbara ha spiegato che la loro percezione del libro si è evoluta in modo significativo da allora, dato che ora hanno poco più di 50 anni e hanno figli. La creatrice ha aggiunto che il pubblico cambia continuamente, quindi è sicura che lei e suo fratello avranno molte altre storie da raccontare. Ha rassicurato i fan dicendo che non pensa che It: Welcome to Derry sarà il loro ultimo progetto nell’universo di It.

Vedremo. È un universo. È un universo, e ci sono personaggi che sono ancora affascinanti. Ci sono altre lacune. Quando il grande Stephen King scrisse il libro, credo che abbia lasciato quei buchi di proposito. E anche se non l’ha fatto di proposito, sono comunque fantastici. Sono grandi incidenti, ma per noi sono una meraviglia. Realizzando la prima stagione, ovviamente, abbiamo scoperto molte lacune. E poi, ovviamente, abbiamo letto il libro per la prima volta quando avevamo 14 e 15 anni, e ora ne abbiamo 52 e 53. Siamo genitori e la prospettiva cambia continuamente. Quindi, non lo so. Non credo che questa sia la fine, in pratica, è tutto quello che dirò.

It: Capitolo Tre e le future stagioni di It: Welcome to Derry sono ancora in sospeso per ora. Sebbene i fratelli Muschietti e il loro co-creatore Jason Fuchs abbiano un arco narrativo di tre stagioni, la serie non è ancora stata ufficialmente rinnovata da HBO. Tuttavia, considerando l’ottimo andamento della serie e il successo della critica, la possibilità di almeno un’altra stagione è molto probabile.

La prima stagione di It: Welcome to Derry è disponibile in streaming su NOW.

Mark Hamill rivela la sua citazione preferita di Star Wars

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Dopo 48 anni di Star Wars, Mark Hamill rivela la sua battuta preferita della saga. Hamill ha interpretato Luke Skywalker per la prima volta nel film originale di Star Wars (ora sottotitolato Una nuova speranza) nel 1977. Ha ripreso il ruolo in L’Impero colpisce ancora (1980), Il ritorno dello Jedi (1983), Il risveglio della Forza (2015), Gli ultimi Jedi (2017) e L’ascesa di Skywalker (2019).

In un’intervista con Ash Crossan di ScreenRant per The SpongeBob Movie: Search for SquarePants, a Hamill è stato chiesto quale fosse la battuta più iconica pronunciata da uno dei personaggi che ha interpretato nel corso degli anni, o quella che i fan gli citano più spesso.

Ha rivelato che la sua preferita è “Ho un brutto presentimento”. Questo non solo perché Luke la pronuncia in Una nuova speranza, ma anche perché in ogni film di Star Wars c’è una variante di questa citazione. Ecco la risposta di Hamill: “La mia preferita tra i film spaziali era “Ho un brutto presentimento”. E l’hanno assegnata a un personaggio in ogni film: l’ha detta qualcun altro!

Hamill è stato il primo a pronunciare la frase mentre lui e i compagni di viaggio a bordo del Millennium Falcon si avvicinavano alla Morte Nera in Una nuova speranza. Anche Han Solo (Harrison Ford) la pronuncia quando rimane intrappolato nel compattatore di rifiuti della Morte Nera. È diventata una tradizione con Leia Organa (Carrie Fisher) in L’Impero colpisce ancora e C-3PO (Anthony Daniels) e Han in Il ritorno dello Jedi.

Il colpo di scena del viaggio nel tempo in It: Welcome tu Derry (e come coinvolge Richie Tozier)

Il finale di It: Welcome to Derry introduce uno sconvolgente colpo di scena legato al viaggio nel tempo di Pennywise, che rende l’antica entità ancora più terrificante.

In una scena agghiacciante del finale di It: Welcome to Derry, Pennywise mette Marge alle strette e cerca di terrorizzarla per potersi nutrire della sua paura. A quel punto estrae un manifesto da “persona scomparsa” di Richie Tozier (interpretato da Finn Wolfhard in It e da Bill Hader in It – Capitolo Due), sostenendo che in futuro sarà il figlio di Marge.

L’intera sequenza inizialmente non ha senso, poiché It: Welcome to Derry è ambientato nel 1962 e, nella linea temporale dei film, Richie non è nemmeno nato fino alla metà degli anni Settanta. Tuttavia, Pennywise prosegue spiegando come percepisce il tempo, rendendo la scena ancora più inquietante.

It: Welcome to Derry rivela l’unica percezione del tempo di Pennywise

Quando Marge fatica a comprendere ciò che Pennywise le sta dicendo, lui rivela che, a differenza degli esseri umani, non vive il tempo in modo lineare.

Per lui, il tempo esiste come un unico continuum, in cui passato, presente e futuro si svolgono simultaneamente. Questa capacità gli consente di esistere come una forza onnipresente in tutte le linee temporali precedenti, nonostante venga ucciso nel 2016. In altre parole, Pennywise è più o meno un essere di dimensione superiore, che vede il tempo come un paesaggio sempre presente anziché come una successione di momenti.

Grazie a questa percezione, Pennywise sa che Marge avrà un figlio, che chiamerà con il nome del suo amico defunto, Rich.

Poiché Richie e i suoi amici sono responsabili dell’uccisione definitiva di Pennywise nel 2016, l’entità crede che uccidere Marge nel 1962 impedirebbe del tutto la nascita di Richie. Evitando che Richie venga al mondo, Pennywise potrebbe garantire la propria sopravvivenza oltre il 2016 e raggiungere l’immortalità.

Il colpo di scena sul viaggio nel tempo conferma che Pennywise non è davvero morto

Dato che Pennywise viene ucciso nel 2016, non esiste oltre quell’anno. Tuttavia, la sua percezione del tempo gli consente di esistere in tutte le epoche precedenti. Per ottenere l’immortalità in un futuro successivo al 2016, Pennywise dovrebbe viaggiare ancora più indietro nel tempo e uccidere gli antenati di Marge e Richie Tozier, assicurandosi così che non nascano mai.

Sebbene questo colpo di scena aggiunga un affascinante elemento di viaggio nel tempo al franchise, crea anche numerosi paradossi e buchi di trama legati ai loop temporali.

Ad esempio, se Pennywise riuscisse davvero a cancellare dall’esistenza gli antenati dei Perdenti, gli eventi stessi che hanno portato alla sua sconfitta nel 2016 non si verificherebbero mai. Se gli eventi del 2016 non accadessero, perché dovrebbe sentire il bisogno di alterare la linea temporale? Sarebbe interessante vedere se le future stagioni della serie risponderanno a queste domande.

Inoltre, si crea un collasso della causalità: se Pennywise è già in grado di percepire ed esistere simultaneamente in tutte le linee temporali precedenti al 2016, allora qualsiasi tentativo di cambiare il passato dovrebbe già riflettersi nella realtà che sperimenta.

In altre parole, se fosse mai riuscito ad alterare la storia per assicurarsi la sopravvivenza oltre il 2016, la realtà in cui muore in It – Capitolo Due non sarebbe mai dovuta esistere. Il suo bisogno di cambiare il passato contraddice l’idea che veda tutti gli esiti contemporaneamente.

Senza contare che, se Pennywise potesse davvero cambiare il futuro eliminando una generazione dei Perdenti, gli eventi dei film perderebbero completamente validità. Al contrario, se gli eventi del franchise avvenissero all’interno di un ciclo deterministico chiuso, Pennywise non avrebbe alcuna possibilità di vincere in nessuna linea temporale.

Questo riduce drasticamente la minaccia complessiva rappresentata dall’entità e abbassa in modo significativo la posta in gioco.

Potrebbero esistere ancora modi per uccidere Pennywise definitivamente

Il modo più ovvio per eliminare Pennywise sarebbe distruggerlo alla sua “origine”, nel momento in cui precipita sulla Terra con la stella caduta. Tuttavia, ciò sarebbe impossibile, poiché gli esseri umani non esistevano ancora quando Pennywise arrivò sul pianeta. Ogni generazione precedente, fino ai primi esseri umani che lo incontrarono, deve continuare a combatterlo e ucciderlo per assicurarsi che non alteri la linea temporale generale.

It: Welcome to Derry potrebbe anche seguire una strada simile a quella di Prey, mostrando come diversi gruppi di esseri umani, in epoche storiche differenti, riescano a sopraffare Pennywise.

Se It: Welcome to Derry osasse spingersi più a fondo nel territorio della fantascienza ad alto concetto, potrebbe introdurre l’idea di intrappolare Pennywise in una sorta di isolamento temporale, in cui non sia più in grado di percepire o manipolare il tempo.

Oppure, come mostrato nel finale di It: Welcome to Derry, qualcuno dotato dei poteri dello “shining”, come Dick Hallorann, potrebbe entrare nella sua mente e fargli credere di non essere un’entità cosmica. Questo lo costringerebbe a esistere come un essere umano e a percepire il tempo in modo lineare, privandolo della capacità di esistere in tutte le linee temporali.

It: Welcome to Derry, spiegazione del finale della prima stagione: quel cameo e il destino di Pennywise

IT: Welcome to Derry si conclude con una nota soddisfacente, in cui i personaggi della serie riescono a sconfiggere Pennywise, ma allo stesso tempo prepara sottilmente il terreno per sviluppi futuri rivelando un oscuro colpo di scena.

L’episodio 8 di It: Welcome to Derry si apre in modo terrificante, quando Pennywise viene liberato nel centro della città dopo che l’esercito distrugge uno dei frammenti che lo tenevano confinato nei boschi. L’entità prende di mira tutti i bambini della città e li conduce nel suo covo. Per fermarlo, i tre giovani protagonisti della serie — Marge, Lilly e Ronnie — corrono contro il tempo.

Nel frattempo, anche Hallorann accetta di aiutare Hanlon e Rose, rintracciando l’unica cosa in grado di fermare Pennywise: il frammento della stella caduta. Tutto sembra concludersi positivamente per i personaggi principali della serie televisiva tratta da Stephen King, ma un colpo di scena e un cameo finale rivelano che l’oscura influenza di Pennywise persiste.

Il cameo di Beverly Marsh nel finale di It: Welcome to Derry: spiegazione della linea temporale del 1988

Jaeden Martell e Sophia Lillis in It - Capitolo uno
Jaeden Martell e Sophia Lillis in It – Capitolo uno. Foto di Brooke Palmer – © 2016 Warner Bros. Entertainment Inc.

Dopo che tutto sembra essersi risolto per i personaggi principali nel finale di It: Welcome to Derry, la serie torna indietro all’anno 1988, nel mese di ottobre. Viene mostrata una sequenza ambientata al manicomio di Juniper Hill, che ritrae il momento in cui la madre di Beverly Marsh si è suicidata. Il primo film di IT è ambientato nel 1989, quindi la scena finale della serie si colloca prima degli eventi del film.

Sebbene i film accennino al fatto che Beverly abbia perso la madre a causa di problemi di salute mentale prima degli eventi narrati, non viene mai spiegato esplicitamente cosa sia accaduto. La scena finale di It: Welcome to Derry mette in evidenza come Pennywise possa essere stato responsabile della morte della madre.

Nella sequenza, Beverly piange la madre quando un vecchio paziente di Juniper Hill entra nella stanza e si rivela essere posseduto da Pennywise. Questo dimostra che, nonostante i personaggi di It: Welcome to Derry siano riusciti a sconfiggere Pennywise nel 1962, non hanno posto fine alla natura ciclica del suo male. Per questo motivo, Pennywise ritorna nella linea temporale del 1989 e continua a diffondere il terrore.

Cosa rivela il colpo di scena del viaggio nel tempo legato a Richie Tozier sul destino di Pennywise

Il finale di It – Capitolo Due suggerisce che Pennywise muoia definitivamente nella linea temporale del 2016. Tuttavia, sorprendentemente, nel finale di It: Welcome to Derry l’entità rivela a Marge che la sua percezione del tempo è molto diversa da quella degli esseri umani. A differenza degli uomini, che vedono il tempo come una linea che scorre dal passato al futuro, il mostro lo percepisce come un continuum simultaneo. Per lui, passato, presente e futuro esistono tutti nello stesso momento.

Per dimostrarlo, Pennywise mostra persino una foto di Richie Tozier, dicendo a Marge che in futuro sarà suo figlio. L’entità spiega poi che ucciderlo in una linea temporale non cambia nulla, perché le sue versioni passate continueranno comunque a esistere. Questo rende Pennywise praticamente immortale, almeno per ora, suggerendo che, anche se i personaggi di It: Welcome to Derry lo hanno sconfitto, continuerà a esistere nelle linee temporali del passato.

Poiché muore nella linea temporale del 2016, non dovrebbe poter esistere oltre quell’anno. Tuttavia, prima di allora, resterà onnipresente tra il momento del suo arrivo sulla Terra e la sua morte nel 2016.

Ogni generazione dovrà continuare a combatterlo per assicurarsi che Derry non dimentichi mai il prezzo da pagare quando la paura viene lasciata senza controllo.

Pennywise ha cercato di uccidere Marge in It: Welcome to Derry perché credeva che questo avrebbe impedito la nascita di Richie Tozier. Ciò avrebbe alterato completamente la linea temporale, garantendo che lui non morisse in futuro. Dal momento che fallisce nel tentativo di uccidere Marge, è probabile che prenda di mira qualcuno più a monte nella sua discendenza, per assicurarsi che né lei né suo figlio vengano mai al mondo.

Cosa rivela il riferimento finale a Shining legato a Dick Hallorann sul suo futuro

Dick Hallorann saluta gli abitanti di Derry negli ultimi momenti della serie. Rivela anche di aver trovato lavoro in un hotel a Londra. Questo dettaglio è significativo, perché dopo il periodo trascorso a Londra finirà per lavorare all’Overlook Hotel in Colorado. Dopo gli eventi di Welcome to Derry, lascia definitivamente l’esercito e inizia la sua carriera nel settore alberghiero.

Poiché Delbert Grady uccise la moglie e le due figlie gemelle nel 1970 all’Overlook Hotel, Hallorann dovrebbe trasferirsi in Colorado e iniziare a lavorare nell’ambientazione centrale di Shining entro otto anni dagli eventi della prima stagione di It: Welcome to Derry.

È difficile non chiedersi se questa rivelazione segni la fine definitiva della sua storia nella serie. Sebbene sia possibile che la prima stagione sia l’ultima volta in cui lo vediamo, la serie potrebbe anche riscrivere alcuni elementi di Shining per riportarlo in una stagione futura.

Oppure, se le prossime stagioni di It: Welcome to Derry saranno ambientate nel passato, potrebbero rivelare nuovi dettagli sulle sue traumatiche esperienze infantili legate ai suoi poteri dello “shining” e sul suo rapporto con la nonna.

Il significato della frase di Rose “Altri arriveranno” nel finale di Welcome to Derry

Nei film, Pennywise non è intrappolato o imprigionato nei boschi. Nella serie, invece, viene contenuto grazie ai frammenti della stella caduta che lo ha portato sulla Terra. Il generale Shaw quasi lo libera nell’arco finale di It: Welcome to Derry, ma i giovani protagonisti riescono a salvarsi richiudendolo nuovamente.

Quando Rose avverte gli Hanlon che prima o poi arriveranno altri come il generale Shaw, sembra prevedere che qualcuno, alla fine, libererà il mostro e gli permetterà di scatenarsi di nuovo su Derry durante i suoi cicli di nutrimento.

Le future stagioni della serie potrebbero mostrare gli eventi esatti tra il 1962 e il 1989 che hanno portato alla nuova liberazione di Pennywise, colmando il divario tra i film e la versione rielaborata della storia nella serie.

Il piano di Rose per fermare Pennywise nel finale di It: Welcome to Derry

Inizialmente, Rose dice agli Hanlon che non c’è molto che possano fare per fermare Pennywise e salvare il loro figlio Will. Tuttavia, rendendosi conto di dover agire per salvare i bambini di Derry, spiega loro che devono trovare un frammento mancante, smarrito da Taniel, e usarlo per contenere nuovamente Pennywise. Dopo aver convinto Dick Hallorann a usare i suoi poteri per aiutarli a trovare il pugnale, Rose prepara un intruglio di erbe che lo assisterà.

Grazie a questo, Hallorann scopre che il frammento è con Lilly, che si dirige verso Pennywise insieme a Ronnie e Marge per salvare i suoi amici. Per aiutare i bambini, anche gli adulti si precipitano verso di loro.

Purtroppo, incontrano un grosso ostacolo: i bambini sono troppo lontani e rischiano di non arrivare in tempo. È allora che Dick Hallorann sfrutta appieno i suoi poteri di “shining”, dimostrando fino a che punto può spingersi.

Come Dick Hallorann blocca temporaneamente Pennywise

chris-chalk-as-dick-hallorann in-it-welcome-to-derryPrima che gli adulti raggiungano i bambini, Hallorann usa i suoi poteri per entrare nella mente di Pennywise. Lo immobilizza mentalmente intrappolandolo in una visione in cui è costretto a credere di essere Bob Gray. Per un po’, anche Pennywise cade nell’illusione e fatica a liberarsene. Tuttavia, alla fine riprende il controllo rendendosi conto di ciò che Hallorann gli sta facendo e torna in sé.

Il ritorno di Rich nel finale di Welcome to Derry

Rich muore tragicamente nell’episodio 7 di It: Welcome to Derry mentre salva Marge dall’incendio del Black Spot. Sorprendentemente, quando i suoi amici faticano a posizionare il pugnale sotto l’albero che imprigionerà di nuovo Pennywise, il suo fantasma appare e li aiuta. Dick Hallorann rimane sconvolto dal suo ritorno e lo definisce un miracolo, mentre anche i suoi amici percepiscono la sua presenza.

Come il finale della stagione 1 di It: Welcome to Derry prepara la stagione 2

Sebbene It: Welcome to Derry non sia stato ancora rinnovato per una seconda stagione, è stato pianificato un arco narrativo di tre stagioni. Poiché la prima stagione è ambientata nel 1962 e i film hanno già esplorato gli eventi dei cicli del 1989 e del 2016, è probabile che la prossima stagione torni ancora più indietro nel tempo.

Il produttore esecutivo della serie, Brad Caleb, ha inoltre rivelato che, dato che Pennywise esisteva molto prima della fondazione di Derry, le stagioni future potrebbero svolgersi in diverse epoche storiche e mostrare come gruppi differenti di persone abbiano affrontato il mostro (fonte: EW).

La seconda stagione di It: Welcome to Derry potrebbe essere ambientata nel 1935, ripercorrendo eventi come il massacro della banda Bradley e il passato di Ingrid Kersh al manicomio di Juniper Hill. Questi eventi potrebbero poi collegarsi alle linee temporali del 1962 e del 1989, mostrando come un singolo avvenimento generi conseguenze a catena mentre l’influenza oscura di Pennywise persiste nel tempo.

Se la terza stagione di It: Welcome to Derry vedrà la luce, potrebbe spingersi fino al 1908 e rivelare di più su Bob Gray e sua figlia, prima che Pennywise entrasse nelle loro vite.

Il colpo di scena legato al viaggio nel tempo nel finale della prima stagione di It: Welcome to Derry garantisce che Pennywise possa continuare a tornare finché la storia si svolge prima del 2016. Per questo motivo, il franchise ha davanti a sé infinite possibilità di sviluppo.

The Batman – Parte II: il ruolo di Scarlett Johansson sarebbe legato a un importante cattivo della DC

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Scarlett Johansson entrerà a far parte del cast di The Batman – Parte II secondo quanto rivelato da un nuovo report della DC che svela il personaggio che apparentemente interpreterà, legato a un importante cattivo. Dopo l’uscita del film nel 2022, l’universo di The Batman si sta espandendo con lo sviluppo del sequel. Il report rivela che The Batman – Parte II è attualmente in fase di casting per i ruoli di Harvey e suo padre, Christopher Dent.

A quanto pare, Matt Reeves aveva contattato Brad Pitt per il ruolo di Christopher, ma lui sembra aver rifiutato l’offerta. Secondo quanto riportato da The Hollywood Reporter venerdì 12 dicembre, la rivista ha affrontato le precedenti voci su Pitt con quanto segue: “Brad Pitt sarà in The Batman – Parte II? La notizia è nell’aria da mesi e abbiamo cercato di verificarla. Purtroppo, fonti vicine alla produzione dicono di no, Pitt non sarà nel film, che secondo quanto ci è stato detto dovrebbe essere girato a maggio”.

Il cast di The Batman – Parte II non solo vedrà Robert Pattinson tornare nel ruolo principale, ma anche il ritorno di Oz Cobb interpretato da Colin Farrell. Secondo quanto riferito, il film è ambientato solo poche settimane dopo la serie TV The Penguin. Se Harvey finisse nel sequel di Reeves, questa sarebbe la seconda serie live-action a vedere la partecipazione del famoso nemico di Batman, subito dopo il primo film. Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan ha introdotto Harvey nella serie, con Aaron Eckhart nei panni del cattivo della DC.

LEGGI ANCHE: 10 personaggi DC che Scarlett Johansson potrebbe interpretare in Batman 2

Tutto quello che sappiamo su The Batman – Parte II

The Batman – Parte II è uno dei film più attesi del nuovo panorama DC, ma il suo percorso produttivo non è stato privo di ostacoli. Inizialmente previsto per ottobre 2025, il sequel diretto da Matt Reeves è stato rinviato al 1° ottobre 2027. I ritardi sono stati giustificati da esigenze legate alla scrittura della sceneggiatura e al calendario riorganizzato della DC sotto la nuova guida di James Gunn e Peter Safran, che stanno ristrutturando l’intero universo narrativo. Nonostante ciò, Reeves ha confermato che le riprese inizieranno nella primavera 2026 e Gunn ha recentemente letto la sceneggiatura, definendola “grandiosa”, un segnale incoraggiante per i fan.

Sul fronte del cast, è confermato il ritorno di Robert Pattinson nei panni di Bruce Wayne/Batman, all’interno dell’universo narrativo alternativo noto come “Elseworlds”, separato dal DCU principale. Dovrebbero tornare anche Jeffrey Wright come il commissario Gordon e Andy Serkis nel ruolo di Alfred. I rumor più insistenti ruotano attorno alla possibile introduzione di Hush e Clayface (che avrà inoltre un film tutto suo) come villain principali, anche se nulla è stato ancora ufficializzato. C’è chi ipotizza un ampliamento del focus sulla corruzione sistemica di Gotham, riprendendo i toni noir e investigativi del primo capitolo, con Batman sempre più immerso in un mondo in cui la linea tra giustizia e vendetta si fa sottile.

Per quanto riguarda la trama, le indiscrezioni suggeriscono un’evoluzione psicologica per Bruce Wayne, alle prese con le conseguenze delle sue azioni e un Gotham sempre più caotica, anche dopo gli eventi della serie spin-off The Penguin con Colin Farrell (anche lui probabile membro del cast). Alcune fonti parlano di un possibile scontro morale con Harvey Dent, figura ambigua per eccellenza, o di un Batman costretto a confrontarsi con i limiti del suo metodo. Al momento, tutto è però ancora avvolto nel riserbo, ma la conferma della sceneggiatura completa e approvata lascia ben sperare per l’inizio delle riprese entro l’autunno e per un sequel che promette di essere ancora più cupo, ambizioso e introspettivo.

Reeves spera naturalmente che il suo prossimo film su Batman abbia lo stesso successo del primo. The Batman del 2022 ha avuto un’ottima performance al botteghino, incassando oltre 772 milioni di dollari in tutto il mondo e ottenendo un ampio consenso da parte della critica. Queste recensioni entusiastiche sono state portate avanti nella stagione dei premi, visto che il film ha ottenuto quattro nomination agli Oscar. Nel frattempo, Reeves ha espanso la serie DC Elseworld con la già citata serie spin-off di Batman, The Penguin, disponibile su Sky e NOW, per l’Italia.

L’uscita di The Batman – Parte II è ora prevista per il 1 ottobre 2027.

Knives Out 4 riceve un promettente aggiornamento da Rian Johnson

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Knives Out 4 sembra sempre più probabile dopo un aggiornamento positivo da parte dello sceneggiatore/regista Rian Johnson. Dopo il successo del primo film Knives Out nel 2019, Johnson ha continuato la sua serie misteriosa su Benoit Blanc con due sequel, il più recente dei quali, Wake Up Dead Man è uscito su Netflix il 12 dicembre. Mentre il film continua a riscuotere successo, Johnson ha dichiarato a EW di avere alcune idee preliminari sulla trama di un possibile Knives Out 4. “Ho alcune idee di base, elementari, concettuali”, ha detto il regista. “Del tipo: ‘Ok, sarebbe interessante se fosse questo genere di cosa’”.

Johnson chiarisce poi che ci sono ancora molti elementi della trama necessari per un altro capitolo che non ha ancora definito. “Non ho idee concrete”, dice. “Non ho ancora un tema, non ho una location. È tutto piuttosto vago, e penso che sia meglio mantenerlo così finché non sarò pronto a sedermi e scriverlo”. Quando Johnson finalmente si metterà a scrivere Knives Out 4, sembra che il regista continuerà una tendenza già vista nei tre capitoli usciti finora, in termini di come la storia e i personaggi riflettono l’attuale clima negli Stati Uniti.

Per me, parte del fare questi film è reagire al momento presente, non necessariamente con eventi di attualità o politica o cultura in particolare, ma in termini di ciò che tutti noi stiamo provando nel mondo in quel momento. Il controllo dell’atmosfera degli Stati Uniti e del momento in cui ci troviamo”, ha affermato. “Mi piace che questi film non siano senza tempo, di per sé, e che abbiano tutti un piede in qualcosa che è comune a tutti noi nel nostro momento presente. Quindi, sì, non lo so. Ho un’idea vaga, ma cerco di mantenerla vaga fino al momento di realizzarla“.

Le recensioni di Wake Up Dead Man sono state entusiastiche da parte della critica e il film attualmente si attesta al 92% su Rotten Tomatoes, rendendolo il secondo film più votato della serie. Knives Out (2019) è ancora in testa con il 97%, mentre Glass Onion: A Knives Out Mystery (2022) è al terzo posto con il 91%. Tutti e tre i film, quindi, hanno ricevuto un’accoglienza estremamente positiva. I film sono stati elogiati per le loro trame imprevedibili, i cast corali di grande talento e la performance sempre affascinante di Daniel Craig nei panni di Blanc. Un possibile quarto capitolo sembra dunque molto probabile.

James Gunn rompe il silenzio riguardo Brainiac in Man of Tomorrow

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Con le voci che circolano su alcuni attori candidati per il ruolo di Brainiac in Man of Tomorrow di James Gunn, il co-CEO della DC Studios mette le cose in chiaro. Il capitolo 1 dell’universo DC, come noto, è in fase di realizzazione, con Superman interpretato da David Corenswet già pronto per la sua prossima apparizione nella serie. A seguito dei post sui social media su Threads che parlavano della candidatura di Dave Bautista per il ruolo di Brainiac, Gunn ha rilasciato una risposta ufficiale su tutte le voci relative al DCU riguardanti il nemico di Superman.

Dimentichiamo per un attimo che non ho mai detto che Brainiac era nel film. Adoro Dave Bautista e ho molte idee su chi potrebbe interpretare nel DCU. Ma lui e io non abbiamo mai discusso di un ruolo in Man of Tomorrow, né ne abbiamo discusso tra di noi alla DC. Inoltre, in verità, NESSUNO dei nomi, tra i sei o sette che ho visto circolare come possibili candidati per un ruolo, ha fatto un provino o è stato preso in considerazione. In generale, lascio perdere le voci stupide – e questa non è certo la più stupida che ho sentito di recente – ma Dave è un amico e questo rende la cosa più irritante. A proposito, non sto incolpando chi ha pubblicato il post – immagino che la notizia provenga da altre fonti“, sono le parole del regista.

Inizialmente si era vociferato che uno dei favoriti per il ruolo di Brainiac fosse Bautista, in seguito alle prime notizie riportate nel novembre 2025 da The Wrap secondo cui sarebbe stato il principale antagonista di Man of Tomorrow. Tuttavia, vale la pena notare che Gunn non ha mai affermato categoricamente che l’iconico nemico di Superman non sarà affatto nel film.

Il regista si limita a dire: “Dimentichiamo per un attimo che non ho mai detto che Brainiac fosse nel film”, poiché non ha formalmente negato che il personaggio faccia parte del film. Tra gli altri attori che secondo alcune indiscrezioni potrebbero interpretare il famoso antagonista della DC Comics c’è anche Matt Smith, ma Gunn non lo ha specificatamente indicato come uno dei nomi che ha preso in considerazione.

Tutto quello che sappiamo su Man of Tomorrow

Le riprese principali di Man of Tomorrow dovrebbero iniziare nella primavera del 2026, con una data di uscita fissata per il 9 luglio 2027. David Corenswet riprenderà il ruolo nel sequel al fianco di Lex Luthor, interpretato da Nicholas Hoult, poiché i due si alleeranno contro questo nuovo nemico, come ha dichiarato il regista.

James Gunn ha infatti affermato: “È una storia in cui Lex Luthor e Superman devono collaborare in una certa misura contro una minaccia molto, molto più grande. È più complicato di così, ma questa è una parte importante. È tanto un film su Lex quanto un film su Superman. Mi è piaciuto molto lavorare con Nicholas Hoult. Purtroppo mi identifico con il personaggio di Lex. Volevo davvero creare qualcosa di straordinario con loro due. Adoro la sceneggiatura”.

Gunn annunciato Man of Tomorrow sui social media il 3 settembre. Nel suo annuncio, lo sceneggiatore e regista ha incluso un’immagine tratta dal fumetto in cui Superman è in piedi accanto a Lex Luthor nella sua Warsuit. Nei fumetti DC, Lex crea la tuta per eguagliare la forza e le abilità di Superman. Mentre l’immagine teaser suggeriva che Lex e Superman sarebbero stati di nuovo in contrasto, ora sembra che Lex userà la sua Warsuit per poter essere allo stesso livello di Superman per qualsiasi grande minaccia si presenti loro.

Al momento, è confermata la presenza della Lois Lane di Rachel Brosnahan. Il co-CEO della DC Studios ha risposto a un fan su Threads all’inizio di settembre 2025 che Lois avrà un “ruolo importante”. Il villain del film sarà Brainiac, secondo quando sostenuto da più fonti.

Il film è stato in precedenza descritto come un secondo capitolo della “Saga di Superman”. Ad oggi, Gunn ha affermato unicamente che “Superman conduce direttamente a Peacemaker; va notato che questo è per adulti, non per bambini, ma Superman conduce a questo show e poi abbiamo l’ambientazione di tutto il resto della DCU nella seconda stagione di Peacemaker, è incredibilmente importante”.

Norimberga: le differenze e i punti di contatto con il vero processo

Norimberga — diretto da James Vanderbilt e tratto dal libro The Nazi and the Psychiatrist dello psichiatra militare Douglas M. Kelley — racconta il processo ai vertici nazisti dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Nel lungometraggio lo psichiatra Kelley (interpretato da Rami Malek) viene incaricato di valutare la sanità mentale di alcuni imputati, in particolare di Hermann Göring (interpretato da Russell Crowe), per verificare se fossero in grado di affrontare un regolare procedimento giudiziario. Ma cosa è vero e cosa no nel film di Vanderbilt? Ecco una breve analisi di punti di contatto e di divergenze tra film e storia vera.

Questo aspetto — la valutazione psichiatrica dei nazisti — corrisponde a un fatto reale: Kelley e altri psichiatri furono effettivamente chiamati a esaminare alcuni prigionieri per accertare la loro idoneità al processo.

Anche il contesto generale — l’idea di un Tribunale internazionale convocato dalle potenze alleate per giudicare i responsabili del Terzo Reich — è rappresentato correttamente. Il procedimento reale iniziò il 20 novembre 1945, con a giudizio i principali gerarchi nazisti, accusati di crimini contro la pace, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e cospirazione. Tuttavia, numerose scelte narrative e semplificazioni del film introducono divergenze importanti rispetto alla storia documentata.

Le differenze principali: semplificazioni, licenze drammatiche e omissioni

La cattura di Göring – Nel film, la resa di Göring — con la sua famiglia, in auto, davanti a una base americana — viene rappresentata come parte dell’arco narrativo iniziale.
Nella realtà, invece, Göring fu arrestato il 6 maggio 1945 da un distaccamento della Settima Armata americana vicino a Radstadt, non dopo una resa pacifica con la famiglia. Venne poi scortato attraverso le linee tedesche verso il campo di prigionia noto come “Ascan”.

Errori nel protocollo e nelle qualifiche – Il film commette alcune inesattezze tecniche: per esempio, durante la lettura della sentenza un imputato, Wilhelm Keitel, viene chiamato “ammiraglio”, quando nella realtà la qualifica corretta è “feldmaresciallo”. In un’altra scena, il procuratore (o uno degli avvocati) dichiara che il palazzo di giustizia di Norimberga sia lo stesso in cui furono promulgate le “leggi di Norimberga” contro gli ebrei — un collegamento impreciso e fuorviante rispetto alla realtà storica.

Drammatizzazione del processo e del ruolo dello psichiatra – Il film enfatizza la dimensione psicologica, quasi come se il cuore del processo fosse il confronto mentale tra Kelley e Göring. In realtà, sebbene Kelley sia stato effettivamente incaricato di valutare la sanità mentale degli imputati, quella fu una fase preliminare: non rappresentava in alcun modo il nucleo del processo. Come documentato, il fulcro era l’enorme mole di prove — documenti, ordini, testimonianze, filmati dei campi di concentramento — che dimostravano la responsabilità collettiva e organizzata del regime nazista.

Il film, per esigenze narrative, pare semplificare certe complessità procedure e spostare l’attenzione su un conflitto psicologico-morale. Alcuni esperti citati in analisi contemporanee sottolineano che questo genere di scelta rischia di ridurre la complessità storica del procedimento.

Esiti finali e destino di Göring – Il film potrebbe dare l’impressione che l’esito del processo fosse condizionato dall’andamento delle sedute, dalla resa dei conti tra Kelley e Göring, quasi come un duello morale. Nella realtà, invece, il verdetto fu frutto di prove documentali pesantissime e di un lavoro di accusa condotto da avvocati e giudici delle potenze alleate. Il tribunale internazionale emesse la sentenza il 30 settembre – 1 ottobre 1946: 12 condanne a morte, vari ergastoli e pene detentive, alcune assoluzioni. Göring, condannato a morte, evitò l’impiccagione suicidandosi con una pillola di cianuro poche ore prima dell’esecuzione.

Riduzione della pluralità degli imputati e del contesto storico – Il film, concentrandosi su un arco narrativo ristretto (lo psichiatra / Göring / alcuni momenti chiave del processo), inevitabilmente omette o marginalizza la vastità del contesto: il fatto che furono giudicati in tutto 22 alti dirigenti nazisti, con accuse che andavano dalla guerra di aggressione, ai crimini contro la pace, ai crimini contro l’umanità. Viene così attenuato lo spettro di responsabilità collettiva, istituzionale e sistemica che storicamente caratterizzava il processo.

Norimberga offre un ritratto potente e suggestivo del processo, ma lo fa in forma romanzata, privilegiando conflitti morali e individuali, come da esigenze cinematografiche. Il vero Processo di Norimberga, invece, fu un’impresa collettiva senza precedenti: una risposta istituzionale, giuridica e storica al delirio criminale del nazismo.

Rob Reiner e sua moglie Michele Singer trovati morti in casa

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Rob Reiner, che è passato dal ruolo di protagonista in Arcibaldo alla regia di film come This Is Spinal Tap, Codice d’onore e Harry ti presento Sally…, è stato trovato morto domenica pomeriggio nella sua casa di Brentwood insieme alla moglie Michele Singer. Aveva 78 anni.

Secondo la polizia di Los Angeles, le morti sono state indagate come omicidio. La coppia sarebbe stata accoltellata a morte.

“È con profondo dolore che annunciamo la tragica scomparsa di Michele e Rob Reiner. Siamo addolorati per questa improvvisa perdita e chiediamo il rispetto della privacy in questo momento incredibilmente difficile”, ha dichiarato la famiglia in una nota.

Una delle figure più riconoscibili e trasversali del cinema e della televisione americana degli ultimi cinquant’anni, Rob Reiner è stato capace di attraversare generi, epoche e pubblici diversi con una filmografia che ha lasciato un’impronta duratura nell’immaginario collettivo.

Nato a New York il 6 marzo 1947, figlio del grande comico e autore Carl Reiner e dell’attrice Estelle Reiner, cresce in un ambiente in cui lo spettacolo è parte integrante della vita quotidiana. Dopo gli studi alla UCLA, raggiunge la popolarità come attore interpretando Michael “Meathead” Stivic nella storica sitcom All in the Family, ruolo che lo rende uno dei volti simbolo della televisione americana degli anni Settanta e gli vale due Emmy Awards.

È però dietro la macchina da presa che Reiner costruisce il nucleo più solido della propria eredità artistica. Il debutto alla regia con This Is Spinal Tap (1984), falso documentario musicale divenuto cult, rivela un talento precoce per la satira intelligente e per la destrutturazione dei codici narrativi. Seguono, in rapida successione, film che segnano profondamente la cultura popolare: Stand by Me – Ricordo di un’estate (1986), racconto di formazione tratto da Stephen King; La storia fantastica (1987), fiaba ironica e senza tempo; Harry ti presento Sally… (1989), che ridefinisce la commedia romantica moderna.

Negli anni Novanta Reiner consolida la propria reputazione con titoli di grande successo e forte impatto: Misery non deve morire (1990), teso thriller psicologico; Codice d’onore (1992), dramma giudiziario entrato nel lessico cinematografico; Il presidente – Una storia d’amore (1995), sintesi elegante di politica e sentimento. La sua cifra stilistica resta quella di un artigiano del racconto, attento ai personaggi, ai dialoghi e al ritmo, più che all’esibizione autoriale.

Parallelamente all’attività cinematografica, Reiner è noto per il suo impegno civile e politico, espresso pubblicamente e attraverso produzioni che riflettono una visione progressista della società americana. Produttore prolifico, ha contribuito a sostenere nuovi talenti e progetti indipendenti tramite la sua casa di produzione, Castle Rock Entertainment.

Figura di raccordo tra cinema classico e sensibilità contemporanea, Rob Reiner rimane un esempio raro di continuità creativa, capace di parlare a generazioni diverse senza rinunciare a una voce riconoscibile e coerente.

Hannibal Lecter: la storia vera da cui trai ispirazione il personaggio de Il Silenzio degli innocenti

Oltre ad essere apparso nel famigerato film vincitore dell’Oscar nel 1991 Il silenzio degli innocenti, il personaggio di Hannibal Lecter ha tratto ispirazione da un terrificante assassino realmente esistito. Il nome Hannibal Lecter è così famoso che potrebbe sorprendere apprendere che il famigerato personaggio non è direttamente ispirato a un mostro cannibale realmente esistito con lo stesso nome. Reso famoso dall’interpretazione di Anthony Hopkins nel film Il silenzio degli innocenti, vincitore di 5 premi Oscar, Hannibal Lecter è apparso in diversi film e serie televisive.

Il personaggio del dottor Hannibal Lecter è stato creato dallo scrittore Thomas Harris, che lo ha introdotto nel suo romanzo del 1981 Red Dragon. Lecter aveva un piccolo ruolo in Red Dragon, che è stato poi adattato nel film Manhunter (1986) diretto da Michael Mann, in cui Brian Cox interpreta il killer cannibale. Harris ha poi pubblicato il sequel di Red Dragon, Il silenzio degli innocenti, nel 1988, che ha portato alla creazione del famoso film omonimo del 1991. Hopkins ha continuato a interpretare il ruolo di Lecter in Hannibal (2001) e Red Dragon (2002). Il personaggio è stato interpretato anche da Mads Mikkelsen nella serie televisiva della NBC Hannibal (2013-2015).

Hannibal Lecter è stato ispirato dal dottor Alfredo Ballí Treviño

Anthony Hopkins in Il silenzio degli innocenti (1991)
© Orion Pictures

Il famigerato personaggio del dottor Hannibal Lecter è stato ispirato dal dottor Alfredo Ballí Treviño, che nel 1959 è diventato l’ultimo criminale a essere condannato a morte in Messico. Harris aveva incontrato il dottor Alfredo Ballí Treviño mentre lavorava come giornalista per una storica rivista americana chiamata Argosy negli anni ’60. Harris aveva visitato una prigione in Messico in quel periodo per intervistare Dykes Askew Simmons, un americano che avrebbe ucciso tre fratelli messicani. Mentre era in prigione, Simmons era stato colpito a una gamba da una guardia e il dottor Salazar lo aveva operato per rimuovere i proiettili.

Harris intervistò il dottor Salazar su Simmons, solo per scoprire in seguito che era un assassino di nome Alfredo Ballí Treviño. Ballí proveniva da una famiglia benestante ed era un chirurgo affermato prima che si scoprisse che aveva ucciso il suo collega e presunto fidanzato, Jesus Castillo Rangel. Il dottor Alfredo Ballí Treviño era incredibilmente preciso e inquietante nel modo in cui smembrò il corpo e mise tutte le parti in una piccola scatola, per poi seppellirla nel cortile di sua zia ed essere arrestato il giorno dopo. Ballí non ha mai negato le accuse ed è stato infine rilasciato dal carcere dopo una condanna a 20 anni, riprendendo a lavorare come medico e morendo nel 2009.

Come i crimini di Alfredo Ballí Treviño hanno plasmato il personaggio di Hannibal Lecter

Jodie Foster e Anthony Hopkins in Il silenzio degli innocenti (1991)
© © 1991 Twentieth Century Fox

La somiglianza fondamentale tra Hannibal Lecter e il dottor Alfredo Ballí Treviño è la stessa inquietante eleganza e lo stesso fascino conversazionale che entrambi possiedono.

Sebbene il dottor Alfredo Ballí Treviño sia molto diverso da Hannibal Lecter, principalmente perché non era un cannibale, Harris ha incluso molte caratteristiche del suo comportamento, del suo galateo e della sua personalità nella creazione del personaggio di Lecter. Ballí era una persona particolarmente sofisticata e colta che stava molto ferma, proprio come la rappresentazione di Lecter da parte di Hopkins in Il silenzio degli innocenti. La principale somiglianza tra Hannibal Lecter e il dottor Alfredo Ballí Treviño è la stessa inquietante eleganza e lo stesso fascino conversazionale che entrambi possiedono, che quasi sospendono la paura di chi sono realmente e di cosa sono capaci.

Sia Hannibal Lecter che il dottor Alfredo Ballí Treviño sono di origini lituane, che è un’altra caratteristica chiave che li accomuna. Si ritiene inoltre che Harris abbia tratto ispirazione dal dottor Alfredo Ballí Treviño per l’altro serial killer de Il silenzio degli innocenti, Buffalo Bill. Al di là delle caratteristiche relative alla personalità, all’intelligenza e all’aspetto sinistro, innocente e persino affascinante del dottor Alfredo Ballí Treviño, non ci sono molte somiglianze tra lui e Hannibal Lecter.

Cosa è successo al vero Alfredo Ballí Treviño

Il Silenzio degli innocenti Ted Levine Buffalo Bill

Il vero dottor Alfredo Ballí Treviño è stato sorprendentemente rilasciato dal carcere 20 anni dopo la sua condanna per il suo crimine passionale nel 1981. Inizialmente condannato a morte nel carcere messicano dove Harris lo aveva trovato, il dottor Alfredo Ballí Treviño è tornato nella sua città natale, Monterrey, in Messico, e ha cercato di riprendere una vita lontano dai riflettori. Ballí era molto riluttante a parlare del suo passato violento, finché nel 2008, dopo la diagnosi di cancro alla prostata, accettò finalmente di rilasciare un’intervista a un giornale. Il fatto che la persona che ha ispirato il personaggio di Hannibal Lecter sia rimasta in libertà dal 1981 al 2009 è piuttosto scioccante.

Ironia della sorte, il dottor Alfredo Ballí Treviño è stato rilasciato dalla prigione proprio nello stesso anno in cui Harris ha pubblicato Red Dragon e ha dato vita al personaggio di Hannibal Lecter. Non è chiaro se la tempistica del rilascio dal carcere del dottor Alfredo Ballí Treviño e la pubblicazione di Red Dragon siano in qualche modo collegate o semplicemente una coincidenza piuttosto grande. Il dottor Alfredo Ballí Treviño non ha mai rilasciato commenti ufficiali sui romanzi di Harris o sul personaggio di Hannibal Lecter, nemmeno dopo l’enorme successo di Il silenzio degli innocenti.

Gli altri serial killer che hanno ispirato Hannibal Lecter

L’aspetto altamente intelligente del personaggio di Hannibal Lecter è probabilmente ispirato in parte da famigerati serial killer della vita reale come Ted Bundy ed Ed Kemper.

Ci sono state diverse affermazioni da parte di detective della polizia, analisti e vari scrittori su altri serial killer della vita reale che potrebbero aver ispirato Harris a creare il personaggio del dottor Hannibal Lecter. L’aspetto altamente intelligente del personaggio di Hannibal Lecter è probabilmente ispirato in parte da famigerati serial killer reali come Ted Bundy ed Ed Kemper. Bundy, in particolare, era noto per il suo fascino che lo rendeva uno dei serial killer più “simpatici” o modesti di tutti i tempi. Ci sono anche vaghe associazioni con cannibali reali come William Coyner, noto anche come Alonzo Robinson, che secondo quanto riferito avrebbe salato e conservato i corpi di alcune delle sue vittime.

Hannibal Lecter è davvero uno dei più grandi cattivi cinematografici mai creati, ma, per fortuna, non è esattamente rappresentativo di nessun assassino in particolare. Sebbene il dottor Alfredo Ballí Treviño sia spesso considerato l’ispirazione diretta per la creazione del personaggio di Hannibal Lecter da parte di Thomas Harris, Ballí non era un cannibale, il che indica che la parte più famigerata del personaggio di Lecter è stata aggiunta per aumentare l’effetto complessivo della natura contraddittoria dell’antagonista sia in Red Dragon che in Il silenzio degli innocenti. È innegabile, tuttavia, che l’incontro di Harris con il dottor Alfredo Ballí Treviño sia stato un evento che ha cambiato la sua vita e che avrebbe finito per rivoluzionare il genere horror nella storia del cinema americano.

Approfondimenti sul mondo di Hannibal Lecter:

Cosa significa davvero il titolo del film Il silenzio degli innocenti

L’iconico e venerato film Il silenzio degli innocenti è uscito più di 30 anni fa, ma c’è ancora un dibattito in corso sul vero significato del titolo del film. Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Thomas Harris, il film di Jonathan Demme, vincitore dell’Oscar come miglior film nel 1991, lascia ampio spazio all’interpretazione. Il silenzio degli innocenti è ricco di orrori psicologici e fisici, ma la natura del titolo risiede in realtà nelle tranquille conversazioni tra i personaggi principali del film.

Il silenzio degli innocenti rimane uno dei soli sei film horror nominati all’Oscar come miglior film. Oltre alla vittoria nel 1991 nella categoria principale, il film, interpretato da Anthony Hopkins e Jodie Foster, ha vinto i premi per il miglior regista, la miglior attrice, il miglior attore e la miglior sceneggiatura non originale. La continua popolarità di un film così influente e culturalmente rilevante ha portato ad anni di ampi dibattiti sul significato del suo titolo criptico.

Il titolo Il silenzio degli innocenti è una metafora delle vittime innocenti

Il Silenzio degli innocenti Ted Levine Buffalo Bill

Quando incontriamo per la prima volta l’agente Clarice Starling, interpretata da Foster, è una giovane e talentuosa tirocinante dell’accademia comportamentale dell’FBI. Le viene chiesto di aiutare a catturare un sadico serial killer a piede libero: Buffalo Bill. Questo Il silenzio degli innocenti cattivo si ispira a serial killer reali. Uccide le sue vittime e le scuoia, ricavandone pezzi di abbigliamento che potrà indossare in seguito. La Foster finisce per immergersi completamente in questo caso grazie alla sua capacità di entrare in empatia con il dottor Hannibal Lecter, imprigionato, e con le numerose vittime innocenti di Hannibal, Buffalo Bill e innumerevoli altri assassini.

Queste vittime innocenti sono gli “agnelli” per Clarice. Sono animali indifesi, vaganti e bisognosi di guida e protezione. Lei vede il suo ruolo all’FBI come un mezzo per difendere questi agnelli che non possono proteggersi da soli. Entra in empatia con queste vittime e lavora per salvarle, non solo perché è il suo lavoro, ma anche a causa del trauma che ha subito da bambina.

Come il titolo Il silenzio degli innocenti si collega anche a Clarice

Anthony Hopkins in Il silenzio degli innocenti (1991)
© Orion Pictures

Nel secondo incontro faccia a faccia tra il dottor Hannibal Lecter e Clarice, Hannibal cerca di entrare nella mente di Clarice prima di darle consigli su come catturare Buffalo Bill. Clarice racconta una storia straziante sulla sua infanzia in un allevamento di pecore nel Montana. A tarda notte, sentiva gli agnelli gridare di dolore. Dopo settimane passate ad ascoltare questi lamenti, decise di indagare e scoprì che gli agnelli primaverili venivano macellati. Clarice non riusciva a sopportare di vederli soffrire, così ha cercato di scappare con uno di loro. È stata catturata e riportata a casa dallo sceriffo locale prima che potesse farlo. Per la sua trasgressione, è stata mandata a vivere in un orfanotrofio.

Hannibal riconosce immediatamente il disturbo da stress post-traumatico di cui soffre Clarice a causa del massacro degli agnelli e della sua incapacità di salvarne uno. Clarice ammette di avere incubi ricorrenti, durante i quali si sveglia sentendo gli agnelli che gridano. Egli psicoanalizza correttamente Clarice per il proprio contorto divertimento, in modo che lei comprenda le motivazioni personali che la spingono a cercare Buffalo Bill. Lei cerca di salvare quante più vittime indifese possibile nella speranza di mettere a tacere gli agnelli che la perseguitano. Questa rivelazione permette a Il silenzio degli innocenti di progredire verso il suo finale agghiacciante, in cui Clarice trova Buffalo Bill e finalmente salva un agnello innocente.

Approfondimenti sul mondo di Hannibal Lecter:

Il silenzio degli innocenti: la spiegazione delle falene di Buffalo Bill

La falena teschio è un simbolo famoso del film Il silenzio degli innocenti, ma l’insetto preferito da Buffalo Bill è molto più di una semplice coincidenza. Questo cupo thriller psicologico del 1991 segue le vicende dell’agente dell’FBI Clarice Starling (Jodie Foster) mentre dà la caccia a Buffalo Bill (Ted Levine), un serial killer che uccide e scuoia le donne. Poiché la serie di omicidi di Bill ha lasciato perplessi anche agenti dell’FBI e profiler esperti, Clarice chiede aiuto al cannibale e assassino Hannibal Lecter (Anthony Hopkins) per comprendere la psiche di Bill e poterlo catturare. Nonostante la presenza piuttosto opprimente di Hannibal nel corso del film, il personaggio appare sullo schermo solo per circa sedici minuti.

Uno dei modus operandi di Buffalo Bill in Il silenzio degli innocenti è quello di lasciare uno strano graffetta nella gola delle sue vittime: una falena teschio. Questo viene scoperto per la prima volta durante una scena di autopsia inquietante, e il simbolismo dietro la falena diventa una parte fondamentale per comprendere le motivazioni di Bill. Come lo stesso Lecter rivela in seguito a Clarice, il significato della falena è il cambiamento. “Da bruco a crisalide, o pupa, e da lì alla bellezza.” Lecter si riferisce al processo di metamorfosi, e questo concetto è presente anche nel percorso di Clarice.

Naturalmente, in relazione a questo, c’è la rappresentazione problematica dell’apparente disforia di genere di Bill e di come la affronta. In Il silenzio degli innocenti, Bill desidera cambiare sesso e assumere un’identità di genere che corrisponda al suo vero io interiore. Purtroppo, sebbene il simbolismo della metamorfosi abbia un senso logico, ridurre un personaggio tridimensionale a uno stereotipo dannoso non solo è ingiusto, ma si è anche rivelato doloroso per la comunità trans. In un’epoca in cui le persone LGBTQ+ non erano molto rappresentate, dipingere un uomo che desidera cambiare sesso come un brutale assassino che invidia con odio le donne e ne colleziona le pelli era dolorosamente dannoso. La scarsa attenzione riservata dal film al tema trans e la complessa eredità di Buffalo Bill sono affrontate nella serie sequel della CBS Clarice, recentemente trasmessa in anteprima.

Il simbolismo della falena si estende anche alla storia di Clarice, con Il silenzio degli innocenti che si apre con lei ancora in addestramento all’accademia dell’FBI, prima che subisca la sua trasformazione e venga battezzata in un mondo di oscurità. Mentre Clarice inizia la narrazione come un’agente inesperta che ha bisogno di aiuto per comprendere la psicologia degli assassini, il film si conclude con lei e Lecter che sono le due persone che comprendono meglio Bill. Ogni parvenza di innocenza è stata erosa e, sotto la guida di Lecter, lei è cresciuta sia a livello personale che professionale.

C’è anche un simbolismo evidente dietro la falena testa di morto stessa, al di là della metamorfosi. La falena deriva il suo nome inquietante dal fatto che ha un disegno che ricorda un teschio umano sulla parte superiore del corpo. Anche dopo aver finito con le sue vittime, Bill lascia un simbolo di morte dentro di loro; molto probabilmente lasciato nelle loro gole perché queste falene possono squittire, deridendo così le urla spaventate delle anime sfortunate. Proprio come Buffalo Bill e Il silenzio degli innocenti nel suo insieme, il tema della falena è stratificato in un sottotesto inquietante.

Il silenzio degli innocenti: la storia vera di Buffalo Bill e la sua reale fonte d’ispirazione

Il silenzio degli innocenti può immediatamente ricordare ad alcuni il malvagio Hannibal Lecter (Anthony Hopkins), ma i momenti più inquietanti del film vedono protagonista il serial killer Jame Gumb. Interpretato da Ted Levine, il personaggio immaginario è stato introdotto nell’omonimo romanzo di Thomas Harris del 1988, e la sua rappresentazione sul grande schermo ha a lungo fatto chiedere al pubblico se “Buffalo Bill” fosse davvero una persona reale. La verità: è una terrificante fusione di vari serial killer americani.

Il silenzio degli innocenti ruota attorno alla bizzarra ma affascinante relazione tra Hannibal Lecter e la tirocinante dell’FBI Clarice Starling (Jodie Foster). L’incidente scatenante del film deriva dalla volontà dell’investigatrice di mettere da parte le sue paure in favore della verità, che impressiona Lecter e lo porta a fornire preziose indicazioni. Il film di Jonathan Demme enfatizza l’inevitabile rivelazione di Buffalo Bill, che aumenta immediatamente la suspense intrinseca e allo stesso tempo tocca i fattori psicologici che hanno reso così popolari le produzioni sui crimini reali, sia allora che oggi. In Il silenzio degli innocenti, il pubblico scopre i metodi di adescamento di Buffalo Bill e scopre anche che egli affama e scuoia le sue vittime. Le immagini collettive sono scioccanti, ma è la psicologia del personaggio che rende Buffalo Bill così profondamente inquietante.

Cosa vuole veramente Buffalo Bill e perché? Il silenzio degli innocenti risponde effettivamente a queste domande, poiché il personaggio desidera fondamentalmente trasformarsi in una donna. Il conflitto da superare, tuttavia, è rappresentato dalle difficoltà incontrate nel perseguire una procedura di riassegnazione di genere. A causa di problemi di salute mentale, Buffalo Bill non riesce a ottenere l’assistenza medica adeguata che desidera. Per inciso, uccide le donne come meccanismo di difesa, al fine di indossare letteralmente la pelle delle sue vittime femminili.

Per motivi drammatici, il personaggio è stato ispirato da una serie di serial killer. L’influenza più evidente è quella di Ted Bundy, che, come Buffalo Bill, attirava le sue vittime femminili nel suo veicolo. Bundy è stato giustiziato all’età di 42 anni nel gennaio 1989, pochi mesi prima dell’inizio della produzione de Il silenzio degli innocenti, e rimane una figura rilevante della cultura popolare a distanza di decenni, grazie all’ascesa dei documentari sui crimini reali.

Ulteriori ispirazioni per il personaggio di Buffalo Bill sono stati i serial killer Ed Gein e Jerry Brudos. Il primo è famoso nella cultura popolare per aver realizzato abiti con la pelle delle sue vittime, mentre il secondo è noto per aver indossato i vestiti delle sue vittime femminili. Entrambi gli uomini condividono tratti della personalità con Buffalo Bill. Alcuni dettagli storici aggiuntivi: Gein ha ucciso negli anni ’50, Brudos negli anni ’60 e Bundy ha iniziato la sua serie di omicidi negli anni ’70. Anche serial killer come Edmund Kemper (interpretato da Cameron Britton in Mindhunter) e Gary Ridgway (“The Green River Killer”) sono stati collegati a Buffalo Bill, principalmente a causa dei traumi emotivi derivanti dalle esperienze infantili, che hanno influenzato la loro visione del mondo.

I metodi di tortura di Buffalo Bill sono simili a quelli di Gary Heidnik, originario di Filadelfia, che negli anni ’80 attirava le donne nella sua residenza e le teneva prigioniere in una buca. In Il silenzio degli innocenti, Buffalo Bill rapisce Catherine Martin, figlia di un senatore degli Stati Uniti, e la tiene prigioniera in una buca nella sua casa.

Ma mentre Heidnik voleva controllare psicologicamente le sue vittime, Buffalo Bill fa un passo in più terrorizzandole e poi indossando fisicamente la loro pelle. Il silenzio degli innocenti non necessariamente glorifica Buffalo Bill come personaggio con grandi “momenti cinematografici”, ma piuttosto cattura vari tratti della personalità di assassini reali che hanno lottato per capire il loro posto nel mondo e successivamente hanno prestato poca attenzione ai complessi fattori psicologici che hanno influenzato il loro comportamento.

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Il silenzio degli innocenti: la spiegazione del finale e del suo significato

Il silenzio degli innocenti è famoso per la sua protagonista grintosa, il suo spietato antagonista e il loro finale agghiacciante. Il film del 1991 di Jonathan Demme segue Clarice Starling, una tirocinante dell’FBI che lavora con il famigerato cannibale Dr. Hannibal Lecter per cercare di fermare il serial killer Buffalo Bill. Hannibal è ispirato a killer reali, anche se molti spesso dimenticano che non è il cattivo principale del film. Il killer, Buffalo Bill, dà la caccia alle donne per confezionarsi un abito di pelle. Anche se Clarice e Hannibal sono una coppia improbabile, in fondo si rispettano a vicenda, anche quando Hannibal non è più al sicuro dietro le sbarre alla fine del film.

Questo thriller sconvolgente ha guadagnato notorietà per le sue interpretazioni e i suoi personaggi avvincenti. Il silenzio degli innocenti ha vinto diversi premi Oscar l’anno della sua uscita, tra cui quello per il miglior attore protagonista ad Anthony Perkins, quello per la miglior attrice protagonista a Jodie Foster e quello per il miglior film. Da allora, Il silenzio degli innocenti è stato citato e referenziato molte volte in altri media. Nonostante la sua popolarità e influenza, il finale de Il silenzio degli innocenti lascia il pubblico con alcune domande sul destino dei personaggi.

Cosa succede nel finale de Il silenzio degli innocenti

Jodie Foster e Anthony Hopkins in Il silenzio degli innocenti (1991)
© © 1991 Twentieth Century Fox

Nell’ultimo atto de Il silenzio degli innocenti, l’FBI crede di aver localizzato Buffalo Bill a Chicago e si precipita a catturarlo. Ordina a Clarice di rimanere in Ohio, dove lei continua a interrogare le persone collegate alla prima vittima. Questo compito la porta a casa di Buffalo Bill, dove lui la invita a entrare e le fa alcune domande sul caso. Quando Clarice si rende conto di dove si trova, ha inizio un inseguimento, con Buffalo Bill che la conduce nel suo laboratorio nel seminterrato. Dopo che le luci si spengono, Buffalo Bill indossa occhiali per la visione notturna e segue Clarice, ma il rumore della sua pistola che si arma tradisce la sua posizione, portando Clarice a sparargli e ucciderlo.

Hannibal è passato a un altro bersaglio familiare, e l’ultima scena del film lo vede mentre insegue la sua nuova vittima, ancora una volta un uomo libero.

Dopo aver fermato Buffalo Bill, Clarice si diploma all’accademia, ottenendo il titolo di agente speciale. Il suo superiore, Crawford, le stringe la mano, suggerendole che la assumerà per lavorare nell’unità di scienze comportamentali, che lei definisce il lavoro dei suoi sogni. Inoltre, durante la cerimonia, Hannibal chiama Clarice per controllare come sta dopo la sua fuga all’inizio del film. La sua telefonata dimostra che lui sa esattamente dove lei si trova e cosa sta facendo, ma assicura a Clarice che non la cercherà. Hannibal è passato a un altro bersaglio familiare, e l’ultima scena del film lo mostra mentre pedina la sua nuova vittima, il dottor Chilton, ancora una volta un uomo libero.

Cosa significa “Il silenzio degli innocenti”?

È un riferimento al silenzio degli agnelli letterali dell’infanzia di Clarice

Il titolo “Silenzio Degli Agnelli si riferisce agli agnelli dell’infanzia di Clarice, il cui belato la perseguita ancora da adulta. Sono un simbolo del desiderio di Clarice di fermare la sofferenza degli altri, proprio come ha cercato di aiutare gli agnelli che venivano macellati nella fattoria della sua famiglia. In una confessione avventata a Hannibal, Clarice ammette di aver cercato di scappare per salvare uno degli agnelli, ma di essere stata fermata e l’agnello ucciso. Far tacere gli agnelli significherebbe che Clarice smetterebbe di provare compassione per gli altri e sarebbe in grado di prendere decisioni per sé stessa.

Gli agnelli sono una metafora delle vittime innocenti che Clarice incontra nel caso. Sono creature indifese che si sono smarrite e ora sono in pericolo, bisognose dell’aiuto di Clarice. È chiaro che lei farebbe qualsiasi cosa per aiutare a salvare queste vittime, anche se ciò significasse mettersi in pericolo. Ad esempio, lei insegue Buffalo Bill nella sua casa e cerca immediatamente di aiutare e proteggere Catherine prima ancora di pensare a chiamare i rinforzi e cercare aiuto per sé stessa. Sebbene questo sia un tratto ammirevole, l’empatia e la scelta professionale di Clarice significano che probabilmente non sarà mai in grado di mettere a tacere le grida di nessun agnello metaforico nella sua vita.

Cosa simboleggia la falena?

Anthony Hopkins in Il silenzio degli innocenti (1991)
© © 1991 Twentieth Century Fox

La falena significa trasformazione

Culturalmente, le falene hanno molti significati, come la distruzione invisibile e la ricerca della luce. Sebbene entrambe queste interpretazioni siano possibili per l’inclusione delle falene in Il silenzio degli innocenti, esse rappresentano più chiaramente il cambiamento e la crescita. Questo simbolismo è evidente nell’ossessione di Buffalo Bill per loro, in particolare per la falena testa di morto, poiché anche lui cerca di subire una trasformazione. Proprio come una crisalide si evolve in un insetto più bello, Buffalo Bill spera chiaramente di sentirsi più a suo agio dopo aver completato la sua tuta di pelle femminile. Lascia i bozzoli nella gola delle vittime per rappresentare il viaggio che sente di intraprendere.

L’immagine della falena della morte è raffigurata sul poster del film, diventando sinonimo del film stesso.

La specificità della falena aiuta l’FBI a identificare Buffalo Bill dopo aver collegato un ordine di falene teschio al suo vero nome, Jame Gumb. Il nome della falena deriva dal motivo sul suo dorso, che ricorda un teschio umano. Essa rappresenta letteralmente la morte, e Buffalo Bill lascia le sue vittime con quel simbolo, anche dopo che sono morte. Anche i suoi metodi di violenza derivano dalla falena, tagliando modelli di cucito dalla schiena di una vittima in una forma a diamante che ricorda le ali.

Come ha fatto Clarice a trovare il vero Buffalo Bill?

Ha seguito gli indizi di Hannibal per arrivare al killer

Seguendo gli indizi di Hannibal su dove Buffalo Bill potrebbe aver trovato la sua prima vittima, Frederica, Clarice va a Belvedere, Ohio, per parlare con le persone che la conoscevano. L’amica di Frederica dice che erano solite cucire con la signora Lippman e dà a Clarice l’indirizzo. Senza saperlo, questo è ora l’indirizzo di Buffalo Bill, e la rivelazione è un capolavoro di montaggio ricco di suspense, che rispecchia il resto dell’arrivo dell’FBI a Chicago. Clarice entra nella casa di Buffalo Bill senza rendersi conto di dove si trova, ma quando vede una falena e altri oggetti sospetti, gli punta subito la pistola contro.

Come la maggior parte delle rivelazioni nel film, Clarice è guidata lì dalla guida di Hannibal. Chiaramente, Hannibal sapeva che Buffalo Bill era a Belvedere, motivo per cui ha dato a Clarice indizi che suggerivano che avrebbe potuto cercare lì. Altrettanto intenzionalmente, fornisce indizi fuorvianti all’FBI, sapendo che questo li rallenterà. Sapeva dove stava mandando entrambe le parti nell’atto finale. Si può sostenere che Hannibal lo abbia fatto per far risaltare Clarice come agente, aiutandola a ottenere una promozione, ma potrebbe anche essere che lei fosse l’unica a cui teneva abbastanza da aiutarla.

Perché Hannibal ama così tanto Clarice e perché promette di risparmiarla?

Rispetta la sua intelligenza e il suo tatto

Hannibal apprezza chiaramente Clarice come rivale intellettuale. Sebbene Hannibal sappia di essere un intellettuale, confida anche nel fatto che Clarice sarà in grado di risolvere gli enigmi che le propone, aiutandola a condurla a Buffalo Bill. Vede che è giovane e ancora in fase di formazione, quindi non la considera una minaccia alla sua sicurezza; al contrario, la vede come una nuova persona divertente con cui confrontarsi. Le numerose citazioni di Hannibal le offrono solo piccoli indizi per assicurarsi che lei torni da lui una volta risolti, in cerca della sua compagnia.

Alcuni spettatori ipotizzano anche che lui la apprezzi di più dopo aver sentito parlare della sua bontà e delle sue intenzioni pure. Apprezza la sua vulnerabilità e il suo coraggio, soprattutto in contrasto con i medici della struttura che lo trattano come un animale. Lei rivela anche che la sua motivazione è sempre quella di aiutare gli innocenti, cosa che Hannibal sembra rispettare a modo suo. È chiaro che ha dei principi morali e dei valori, come quando punisce un altro paziente per essere stato scortese con Clarice, dicendo: “La scortesia è per me indicibilmente brutta”.

La loro amabilità è esemplificata al meglio dalla telefonata di Hannibal a Clarice alla fine del film. Non l’avrebbe fatto se non la rispettasse almeno un po’. Promette anche che non la cercherà, ma entrambi sanno che alla fine lei potrebbe cercarlo di nuovo, cercando di rimetterlo in prigione. Questo legame lo eccita, così la chiama per darle qualche indizio sui suoi piani, stuzzicandola con la sua onnipresenza nella sua vita. Vede il potenziale ritorno di Clarice nella sua vita come una sfida che non vede l’ora di affrontare, dicendole: “Il mondo è più interessante con te”.

Chi incontra Hannibal nell’ultima scena e dove si trova?

Lui accenna al fatto che ucciderà il dottor Chilton

Quando Hannibal chiama Clarice, le dice di non cercare di rintracciare la chiamata perché non resterà in linea a lungo. Con fare schivo, le dice che ha un vecchio amico a cena. Anche se si tratta di un’espressione comune, è chiaro che Hannibal la intende in senso letterale. Dato che non dice a Clarice dove si trova, lei non ha modo di sapere cosa sta facendo o chi sarà la sua prossima vittima. Tuttavia, al pubblico viene rivelato che Hannibal sta guardando avidamente il dottor Chilton del Baltimore State Hospital for the Criminally Insane mentre scende da un piccolo aereo.

La destinazione finale di Hannibal non viene mai rivelata. Sebbene alcuni ipotizzino che si tratti di Firenze, dato che Hannibal e Clarice ne hanno discusso, l’ambientazione non assomiglia molto a una città italiana. La scena è stata girata all’aeroporto di Bimini, nelle Bahamas, che sembra più probabile di Firenze. Non è chiaro come Hannibal sapesse che Chilton sarebbe stato alle Bahamas e come lui stesso sia arrivato lì.

Il vero significato del finale de Il silenzio degli innocenti

La lotta di Clarice con Hannibal non è finita

Il silenzio degli innocenti si concentra sulla lotta di Clarice contro il male. Anche se è riuscita a trovare e uccidere Buffalo Bill, salvando Catherine Martin, il suo lavoro non è finito. L’ultima telefonata di Hannibal le ricorda che lui è ancora là fuori ad uccidere persone. Sebbene lui prometta di non ucciderla, entrambi sanno che le loro strade probabilmente si incroceranno di nuovo quando lei dovrà rintracciarlo. La loro telefonata è breve, ma scuote chiaramente Clarice, mentre Hannibal sembra impassibile. Anche l’ultima scena de Il silenzio degli innocenti ha lo scopo di mettere a disagio il pubblico, sapendo che Hannibal è libero, e ricordando agli spettatori la lotta continua e senza fine contro il male.

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Stigmate: spiegazione del finale e del significato nascosto del film con Patricia Arquette

“Stigmate” di Rupert Wainwright, uscito nel 1999, è uno dei thriller soprannaturali più discussi della fine degli anni ’90. Miscelando estetica da videoclip, iconografia cattolica e pulsioni new age, il film ha diviso critica e pubblico, ma a distanza di anni continua a generare domande: chi parla davvero attraverso Frankie Paige? Perché la protagonista, non credente, diventa un canale privilegiato di un messaggio spirituale proibito? E soprattutto, che cosa significa il finale?

Per rispondere serve ricostruire i passaggi chiave del terzo atto, comprendere la figura del messaggio apocrifo al centro della trama e il ruolo del Vaticano nel conflitto.

La rivelazione sul Vangelo segreto: perché Frankie diventa il tramite di una verità scomoda

Nel climax del film emerge la natura del fenomeno che possiede Frankie: non è il demonio, come la retorica cattolica tradizionale suggerirebbe, ma lo spirito di padre Almeida, il sacerdote brasiliano che studiava un antico testo noto come il Vangelo di Tommaso. Questo Vangelo apocrifo esiste realmente, ma la sua interpretazione nel film è estremizzata: viene presentato come una minaccia al potere ecclesiastico perché sostiene che il Regno di Dio è dentro ogni individuo, senza mediazioni, senza istituzioni.

Il film costruisce quindi un conflitto teologico che diventa anche politico: se la parola di Gesù è già nell’essere umano, il ruolo della Chiesa come custode esclusiva della verità verrebbe meno. Ecco perché il cardinale Houseman fa di tutto per cancellare ogni traccia del testo.

Frankie, totalmente laica, viene scelta proprio perché non ha difese spirituali e perché il messaggio vuole raggiungere il pubblico più lontano dalla religione istituzionale. È un’idea narrativa che ribalta il cliché dell’“eletta pura”: qui il tramite non è devoto, non è ascetico, non è predisposto al sacro. È una donna comune, che diventa involontariamente voce di un teologo morto nel tentativo di preservare un insegnamento scomodo.

Il conflitto finale: la possessione come lotta tra rivelazione e censura

La sequenza dell’ospedale, con Frankie devastata dagli ultimi segni della Passione, culmina nella presa di coscienza del padre Kiernan. Lui stesso è un uomo di fede ma anche di scienza, e la sua indagine lo ha portato a riconoscere che la ragazza non è posseduta da un’entità maligna: è un messaggero forzato.

Kiernan capisce che la resistenza della Chiesa non nasce dal timore del male, ma dal timore della verità che Almeida stava riportando alla luce. Questo ribalta completamente le aspettative e apre la porta al tema più interessante del film: la spiritualità come esperienza personale e immediata, non filtrata da gerarchie.

Nel momento clou, quando Frankie recita le parole del Vangelo di Tommaso e levita sotto la pioggia di frammenti di vetro, il film mette in scena il conflitto tra istituzione e rivelazione, tra struttura e intuizione, tra dogma e esperienza. È una scena volutamente eccedente, barocca, che trasforma una disputa teologica in un atto fisico violento.

Il significato del finale: cosa rappresenta l’illuminazione di Frankie e cosa resta irrisolto

Una volta liberata dalla possessione, Frankie sopravvive e torna alla sua vita. Ma lo fa portando addosso l’eco dell’esperienza: ha visto e sentito qualcosa che va oltre i confini della religione tradizionale, qualcosa che riguarda la libertà spirituale. Il film chiude su un messaggio che non viene esplicitato ma suggerito: la rivelazione non appartiene a nessuno, non può essere blindata né tradotta in potere.

A livello simbolico, il finale di “Stigmate” afferma che la figura di Cristo non desidera mediatori obbligati, e che la sacralità è immanente, non trascendente. La scelta di rendere Frankie il tramite di questo messaggio chiude un cerchio: la donna che non aveva alcuna fede viene trasformata in un testimone involontario del fatto che la spiritualità non è proprietà di una istituzione, ma un diritto universale.

L’ultima schermata del film, che mostra il Vangelo di Tommaso come testo realmente esistente, dà una parvenza di autenticità storica a un racconto altrimenti fortemente romanzato. È un modo per spingere lo spettatore a chiedersi se ciò che ha visto sia davvero così distante dalla realtà o se, al contrario, certe verità “scomode” vengano ancora oggi nascoste per ragioni di controllo.

Perché il film continua a far discutere: un thriller teologico tra sensazionalismo e domande sincere

“Stigmate” mescola horror soprannaturale e critica religiosa in modo semplice ma sorprendentemente efficace. Il film non brilla per rigore teologico, ma colpisce perché traduce in immagine una tensione reale: la distanza tra spiritualità vissuta e religione istituzionale. Frankie diventa il volto di una resistenza passiva ma potente, mentre Kiernan incarna il dubbio interno a un sistema che teme di perdere il controllo sulla parola divina.

Ancor oggi il fascino del film risiede proprio in questa ambivalenza: da un lato l’estetica anni ’90, dall’altro un messaggio che spinge lo spettatore a interrogarsi sul senso autentico della fede. Nel suo eccesso, “Stigmate” resta un’opera che non teme le domande proibite, e che lascia aperto il dilemma più grande: se la verità spirituale è dentro di noi, cosa resta dell’autorità religiosa?

Norimberga: guida al cast e ai personaggi del film

Il cast di Norimberga (2025) di James Vanderbilt riunisce alcune delle interpretazioni più intense e carismatiche del cinema contemporaneo, costruendo un mosaico umano capace di restituire la complessità morale e psicologica del celebre processo ai gerarchi nazisti.

Guidato da Rami Malek e Russell Crowe, il film si affida a una combinazione di attori premiati, volti emergenti e interpreti di comprovata esperienza teatrale e televisiva. Ecco la nostra guida al cast e ai personaggi di Norimberga, dal 18 dicembre al cinema con Eagle Pictures.

Rami Malek

Rami Malek, premio Oscar per Bohemian Rhapsody, è un attore noto per la sua intensità e per la capacità di dare profondità psicologica ai suoi ruoli, come dimostrato in Mr. Robot. In Norimberga interpreta il dottor Douglas Kelley, lo psichiatra dell’esercito incaricato di valutare la lucidità mentale dei gerarchi nazisti. Malek dona al personaggio un misto di rigore scientifico e vulnerabilità, mostrando il crollo emotivo di un uomo che cerca di comprendere l’origine dell’orrore umano.

Russell Crowe

Russell Crowe, uno degli attori più riconoscibili del cinema contemporaneo, vincitore dell’Oscar per Il gladiatore, porta in scena la sua consueta presenza imponente nel ruolo di Hermann Göring. In Norimberga, Crowe interpreta il gerarca nazista con carisma inquietante, mettendo in luce la sua doppia natura: brillante, affascinante, manipolatore e profondamente vanitoso. La sua performance esplora la disarmante umanità del personaggio, senza attenuarne la responsabilità storica, rendendo Göring una figura al tempo stesso repellente e terribilmente reale.

Leo Woodall

Leo Woodall, emergente talento inglese noto per The White Lotus e One Day, porta freschezza e sensibilità al film. In Norimberga interpreta Howard Triest, un giovane sergente ebreo tedesco emigrato negli Stati Uniti, incaricato di lavorare come traduttore per Kelley. Woodall dà vita a un personaggio segnato dal trauma personale, diviso tra l’obbligo professionale e il dolore per la perdita della sua famiglia nei campi di sterminio. Il suo sguardo rappresenta la memoria ferita dell’Europa dell’epoca.

John Slattery

John Slattery, amato per il ruolo di Roger Sterling in Mad Men, ha costruito la sua carriera su interpretazioni eleganti e incisive. In Norimberga veste i panni di un ufficiale americano coinvolto nell’organizzazione del processo, contribuendo a mostrare le tensioni interne agli Alleati e l’enorme responsabilità morale del tribunale. Slattery aggiunge la sua tipica ironia controllata e un forte senso di autorità, incarnando la parte di un sistema giudiziario che tenta di reagire razionalmente all’inaudito.

Colin Hanks

Colin Hanks, figlio d’arte con una carriera solida tra cinema e televisione, noto per Fargo e Band of Brothers, interpreta un altro membro dello staff militare americano impegnato nel coordinamento del processo. Il suo personaggio rappresenta la giovane generazione di ufficiali incaricata di tradurre in procedure concrete un evento senza precedenti. Con la sua recitazione sobria e precisa, Hanks restituisce il senso di smarrimento ma anche di determinazione di chi cercava giustizia in un mondo appena uscito dall’abisso.

Richard E. Grant

Richard E. Grant, attore britannico dalla lunga carriera e candidato all’Oscar per Can You Ever Forgive Me?, interpreta Sir David Maxwell-Fyfe, uno dei procuratori britannici al processo di Norimberga. Grant offre una performance autorevole, mettendo in scena un uomo di legge inflessibile e moralmente rigoroso, deciso a confrontare Göring con le prove schiaccianti dei suoi crimini. La sua presenza scenica contribuisce a evidenziare il ruolo fondamentale degli Alleati nel definire il concetto moderno di crimine contro l’umanità.

Michael Shannon

Michael Shannon, noto per la sua intensità magnetica in film come Revolutionary Road e Take Shelter, interpreta il procuratore americano Robert H. Jackson. Nel film, Shannon incarna il peso istituzionale e morale degli Stati Uniti nel processo, mostrando un uomo consapevole della portata storica del momento. Con il suo stile severo e controllato, l’attore restituisce tutta la tensione di un procuratore che deve mantenere lucidità e fermezza di fronte alle manipolazioni oratorie dei gerarchi nazisti.

5 motivi per cui vale la pena vedere Norimberga al cinema

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Norimberga, in arrivo nelle sale italiane il 18 dicembre distribuito da Eagle Pictures, è uno di quei film che chiedono – anzi, pretendono – l’esperienza della sala. Diretto e sceneggiato da James Vanderbilt, tratto dal libro The Nazi and the Psychiatrist di Jack El-Hai, il film mette in scena l’incontro teso e rivelatore tra il tenente colonnello Douglas Kelley (Rami Malek) e Hermann Göring (Russell Crowe), restituendo tutta la complessità psicologica e storica del processo che ha cambiato il mondo.

Ecco cinque motivi per cui questo film merita la visione sul grande schermo.

Per vivere il processo di Norimberga come non lo abbiamo mai visto

Norimberga
Norimberga – Russell Crowe Credit- Alamy

Il film non si limita a ricostruire uno dei momenti fondamentali del Novecento: lo fa entrando nel cuore emotivo e intellettuale del processo. Norimberga mostra le dinamiche interne al tribunale internazionale, le tensioni politiche e morali degli Alleati e il peso della responsabilità di giudicare un intero regime. La sala amplifica l’intensità di un evento che ha segnato l’identità dell’Occidente.

Russell Crowe e Rami Malek: uno scontro d’attori che vale il biglietto

Russell Crowe e Rami Malek a Norimberga (2025)
Cortesia di © Eagle Pictures

Due premi Oscar si affrontano in una partita a scacchi carica di tensione. Crowe offre un Göring carismatico, manipolatore, disturbante, capace di catalizzare l’attenzione in ogni scena. Malek, dal canto suo, costruisce un Kelley tormentato, lucido e vulnerabile allo stesso tempo. Al cinema, ogni sguardo, ogni silenzio, ogni micro-espressione acquisisce una forza impossibile da replicare altrove.

Un thriller psicologico travestito da film storico

Norimberga - Rami Malek
Norimberga – Rami Malek ©Credit- Alamy

Pur essendo rigorosamente ancorato ai fatti, Norimberga si muove con il passo di un thriller. Nella quiete delle celle si consuma un duello mentale continuamente in bilico tra rivelazioni, manipolazioni e tentativi di controllo. La domanda che attraversa tutto il film – obbedivano agli ordini, erano folli o malvagi? – risuona con forza immersiva quando la si vive in sala, senza distrazioni.

La regia di James Vanderbilt riporta la storia al centro del dibattito

Michael Shannon in Norimberga

Vanderbilt firma un’opera che non vuole solo ricostruire, ma anche interrogare. I tempi, l’uso della luce, il montaggio serrato delle sequenze nelle camere di detenzione e la cura dei dettagli restituiscono un quadro drammatico che chiede allo spettatore partecipazione attiva. Al cinema, questa visione prende forma in tutta la sua potenza visiva e drammaturgica.

Perché alcune storie richiedono la collettività della sala

Norimberga (2025)

Norimberga è un film che pone domande etiche profonde: sulla responsabilità individuale, sulla giustizia, sulla natura del male. Guardarlo in sala significa far parte di una comunità che osserva, ascolta, riflette. Significa confrontarsi – anche in silenzio – con un passato che non può essere dimenticato. È una di quelle opere che acquistano senso proprio grazie all’esperienza condivisa del cinema.

DAL 18 DICEMBRE AL CINEMA con Eagle Pictures. Un film che non è solo da vedere: è da vivere, capire e ricordare.

Today You Die: la spiegazione del finale del film

Today You Die segna uno dei numerosi film d’azione in cui Steven Seagal ha consolidato la propria immagine di eroe invincibile e letale. Diretto nel 2005 da Don E. FauntLeRoy, il film si inserisce nella seconda metà della carriera di Seagal, quando l’attore aveva già definito il suo stile tipico: protagonista freddo e implacabile, capace di affrontare intere bande criminali con abilità marziali e calma glaciale. Rispetto ai suoi primi successi degli anni ’90, come Trappola in alto mare e Fire Down Below – L’inferno sepolto, il film si concentra su un protagonista più cinico e vendicativo, pronto a sfidare la corruzione e il crimine organizzato.

Il genere di Today You Die si colloca saldamente nel filone action-thriller tipico di Seagal, con sequenze di combattimento coreografate, sparatorie ad alto rischio e inseguimenti serrati. La storia combina elementi di vendetta personale e giustizia fai-da-te, mostrando un protagonista che agisce al di fuori della legge per rimediare alle ingiustizie subite. Questo lo avvicina a titoli precedenti come Ferite mortali o The Patriot, dove la lotta contro criminali e corruzione è al centro dell’azione, ma con un tono più cupo e maturo, segnando una svolta verso trame più personali e drammatiche.

Tematicamente, il film esplora concetti di tradimento, corruzione e redenzione, mettendo in scena un eroe isolato che deve navigare un mondo ostile per ristabilire l’equilibrio morale. Il senso di giustizia di Seagal, implacabile ma legato a un codice personale, si confronta con la violenza e l’inganno di antagonisti spietati. Nel resto dell’articolo verrà proposta un’analisi dettagliata del finale del film, svelando come la risoluzione delle tensioni narrative confermi il ruolo dell’eroe e la chiusura della sua arcata di vendetta.

Steven Seagal in Today You Die

La trama di Today You Die

Il film segue le vicende di Harlan Banks (Steven Seagal), un Robin Hood dei nostri tempi. L’uomo infatti è un ladro, ma cerca sempre di aiutare i più bisognosi con i soldi ricavati dai suoi colpi. Siccome il lavoro si fa sempre più rischioso, causando le forti preoccupazioni della fidanzata Jada, il criminale decide di mettere a segno l’ultima rapina, del valore di ben venti milioni di dollari.Purtroppo il colpo prende una brutta piega e Harlan è costretto a fuggire a Las Vegas, dove si mette in cerca di un lavoro onesto.

In città trova un impiego come conducente di un furgone blindato di un certo Max. Tuttavia, uno degli uomini che aveva partecipato alla rapina finita male ha inseguito Harlan e cerca di sparargli, dando inizio a una fuga in macchina tra le strade della città. Finito in prigione, Harlan fa amicizia col detenuto Ice Kool (Anthony ‘Treach’ Criss), il quale lo aiuta ad evadere dal carcere.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Today You Die, Harlan Banks mette in atto il piano per vendicarsi di Max e dell’agente corrotto Saunders. Dopo aver organizzato la sua fuga dalla prigione con l’aiuto di Ice Kool, Banks si muove lungo la Las Vegas Strip per intercettare i suoi nemici. Ingaggia combattimenti diretti con le guardie e riesce a infiltrarsi nel quartier generale di Max. L’azione culmina in uno scontro finale all’interno dell’edificio, dove Banks utilizza abilità tattiche e marziali per sopraffare i criminali, neutralizzando Saunders e assicurandosi che Max paghi per i suoi tradimenti.

La risoluzione del racconto vede Banks completare la sua vendetta e ristabilire un equilibrio morale. Dopo aver eliminato Saunders e Max, egli recupera parte del denaro e si libera dalla minaccia di ulteriori tradimenti. La tensione si scioglie quando Banks si ricongiunge con Jada, suggellando la fine del conflitto principale. La sequenza finale mostra Banks come un eroe che ha agito secondo il proprio codice etico, combinando giustizia personale e abilità professionali per uscire vittorioso, e preparando il terreno per un futuro libero dai vincoli della criminalità organizzata.

Treach in Today You Die

Il finale del film sottolinea la costanza dei temi principali: giustizia personale, fedeltà a un codice morale e il coraggio di affrontare la corruzione. Banks, pur operando al di fuori della legge, dimostra che l’onestà e il senso del dovere verso chi è indifeso possono guidare le proprie azioni. La sconfitta dei nemici corrotto e l’eliminazione dei traditori consolidano l’archetipo di Seagal come eroe inflessibile, capace di fare ciò che la legge o le istituzioni non possono realizzare, mantenendo coerente la sua figura iconica di vigilante.

Inoltre, il finale evidenzia come la competenza e la strategia siano strumenti essenziali per superare la violenza e la corruzione. Banks non vince solo grazie alla forza fisica, ma anche per la pianificazione accurata e la capacità di sfruttare l’ingegno in contesti pericolosi. L’eroe di Seagal diventa simbolo di resilienza, mostrando come una combinazione di disciplina personale e abilità tattica possa ripristinare l’ordine in situazioni estreme. Questo finale conferma la centralità dei temi di integrità, vendetta e giustizia fai-da-te nella narrativa dell’action-thriller.

Il messaggio che Today You Die lascia allo spettatore è chiaro: anche in un mondo dominato da corruzione e inganno, è possibile ristabilire l’equilibrio morale attraverso determinazione, coraggio e lealtà verso chi ci sta accanto. Banks incarna l’eroe che, pur infrangendo la legge, agisce secondo un codice etico superiore, proteggendo gli innocenti e punendo i colpevoli. Il film rafforza l’idea che la giustizia personale, quando guidata da principi saldi e da una mente lucida, può prevalere sulle ingiustizie, offrendo allo spettatore un finale di soddisfazione e risoluzione narrativa.

Bronx: la spiegazione del finale del film

Diretto da Robert De Niro nel 1993, Bronx rappresenta per l’attore il suo esordio alla regia e un tassello di grande rilevanza nella sua carriera, in quanto gli permette di esplorare temi e sensibilità narrative che come attore aveva spesso interpretato, ma mai orchestrato in prima persona. Il film conferma l’interesse dell’autore per le dinamiche sociali, le tensioni etniche e il peso dell’identità nei quartieri popolari di New York, offrendo uno sguardo personale e intriso di memoria su un mondo che De Niro conosce intimamente.

La storia è tratta dall’omonima pièce autobiografica di Chazz Palminteri, che nel film interpreta anche il carismatico gangster Sonny. La sceneggiatura mantiene l’impronta teatrale dell’opera originale, ma De Niro la amplia con un linguaggio visivo energico e realistico, trasformando il racconto iniziatico del giovane Calogero in un’esperienza cinematografica che mescola dramma, formazione e crime story. L’ambientazione nel Bronx degli anni Sessanta diventa lo specchio di un’America attraversata da conflitti sociali, tensioni razziali e un profondo desiderio di riscatto.

Bronx si configura come un film di formazione che dialoga con il gangster movie e il film di mafia, pur evitando ogni celebrazione del crimine e focalizzandosi invece sulla scelta morale, sul confronto tra la legge della strada e i valori familiari. Le figure di Sonny e del padre Lorenzo incarnano due modelli opposti ma complementari, che definiscono il percorso del protagonista verso l’età adulta. Nel prosieguo dell’articolo si offrirà una spiegazione del finale del film, analizzando il suo significato e il modo in cui porta a compimento i temi centrali dell’opera.

Robert De Niro e Francis Capra in Bronx
Robert De Niro e Francis Capra in Bronx © 1993 Tribeca Productions

La trama di Bronx

Anno 1960. Nel Bronx, quartiere popolare di New York, il piccolo Calogero Anello, un bambino di nove anni figlio di immigrati italiani, passa le sue giornate a imitare il boss Sonny, che esercita il suo dominio sul quartiere. Un giorno, però, Calogero assiste per caso a un brutale omicidio, orchestrato e commesso da Sonny. Il bambino però non rivela alla polizia l’identità dell’aggressore su consiglio del padre Lorenzo (Robert De Niro), che non vuole avere a che fare con i mafiosi. Per sdebitarsi, Sonny propone a Lorenzo un lavoro ben retribuito ma l’uomo, modesto autista di autobus, rifiuta l’offerta, preferendo una vita rispettosa della legge.

Tuttavia, a poco a poco Calogero cade sotto l’incantesimo del mafioso, che dal canto suo lo tratta come un figlio. Con il passare degli anni, però, il ragazzo imparerà a rendersi conto di quanto spietato e pericoloso possa essere il mondo di Sonny. A fargli aprire gli occhi, in particolare, sarà la sua frequentazione con Jane Williams, una ragazza afroamericana. Con la tensione razziale nel Bronx molto alta, Calogero dovrà ben presto scegliere che tipo di persona vuole essere e da che parte stare.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Bronx, la tensione tra i due mondi che definiscono la crescita di Calogero esplode in modo irreversibile. Dopo il litigio con Lorenzo, il ragazzo finisce nuovamente vicino ai suoi amici, ignaro del fatto che stanno organizzando un’aggressione incendiaria contro un negozio frequentato da afroamericani. Contemporaneamente, Sonny scopre l’attentato fallito alla propria auto e sospetta di Calogero, salvo poi riconoscerne l’innocenza e salvarlo in extremis, trascinandolo fuori dall’auto dei suoi compagni prima che possa seguirli nella loro spirale di vendetta e autodistruzione.

Il racconto si risolve quando Calogero, riappacificatosi con Jane, corre con lei per fermare i suoi amici, ma arriva solo in tempo per assistere all’esplosione che li uccide all’istante. Sconvolto, il ragazzo si dirige al bar per ringraziare Sonny di avergli salvato la vita, ma trova la tragedia ad attenderlo anche lì: il boss viene assassinato dal figlio dell’uomo ucciso anni prima, chiudendo il cerchio di violenza che aveva segnato l’infanzia di Calogero. Il film si conclude con il funerale di Sonny e il ricongiungimento tra Calogero e Lorenzo.

Joe Pesci in Bronx
Joe Pesci in Bronx © 1993 Tribeca Productions

Dal punto di vista tematico, il finale porta a compimento il conflitto centrale del film: la scelta tra la seduzione del potere criminale e i valori morali trasmessi dalla famiglia. La morte dei ragazzi ribadisce il destino inevitabile di chi adotta la violenza come linguaggio identitario, mentre il sacrificio di Sonny assume un tono tragico e ambivalente. Pur muovendosi nel mondo criminale, Sonny dimostra un’etica personale che culmina nel gesto decisivo di salvare Calogero, proteggendolo dal percorso che lui stesso aveva intrapreso da giovane.

La scomparsa di Sonny permette inoltre a Calogero di riconoscere l’importanza di entrambe le figure che lo hanno guidato. Se Lorenzo rappresenta la rettitudine, Sonny incarna il pragmatismo di strada, e solo attraverso la perdita Calogero comprende come le loro lezioni siano complementari. Il finale chiarisce che la maturità del protagonista nasce dall’integrazione di questi due modelli, non dalla loro contrapposizione, e che il passaggio all’età adulta comporta la capacità di discernere quali influenze accogliere e quali respingere.

Il film lascia infine un messaggio limpido: crescere significa scegliere chi diventare, anche quando l’ambiente circostante sembra imporre strade opposte. Bronx mostra come una comunità segnata dalla violenza possa comunque generare figure ambigue ma capaci di gesti profondamente umani, e come il destino non sia mai scritto fin dalla nascita. Attraverso lo sguardo di Calogero, il film afferma che la vera forza non risiede nel potere o nella paura, ma nella capacità di restare fedeli a ciò che si ritiene giusto.