Sono emersi nuovi dettagli sul
sorprendente licenziamento della dirigente dei Marvel StudiosVictoria
Alonso. All’inizio di questa settimana, è arrivata
la notizia che i Marvel Studios hanno perso
Victoria Alonso, una produttrice di spicco della
compagnia che era stata recentemente promossa a Presidente di
Physical, Post Production, VFX e Animation. I dettagli specifici
della sua improvvisa partenza erano incerti, ma ora sono emerse
nuove informazioni che fanno luce su ciò che ha effettivamente
causato il licenziamento.
Variety, citando fonti anonime
che hanno familiarità con la questione, sta riportando nuove
informazioni su ciò che ha realmente portato al licenziamento di
Alonso. Mentre il motivo ufficiale della risoluzione del suo
contratto rimane poco chiaro, la pubblicazione ha condiviso che la
decisione è stata presa da diverse persone e dipartimenti della
Disney. Il frenetico programma di distribuzione dei Marvel Studios, che ha ricevuto
critiche da parte degli addetti ai lavori del settore VFX, è
presumibilmente legato al fatto che Alonso sia stata lasciata
andare dai Marvel Studios.
“Sebbene la causa del
licenziamento di Alonso non sia chiara, hanno affermato le fonti,
la decisione è stata presa da un consorzio che comprende risorse
umane, l’ufficio legale della Disney e diversi dirigenti tra cui il
co-presidente della Disney Entertainment Alan
Bergman (a cui riferiscono tutti i Marvel Studios). Il capo di lunga
data di Alonso e direttore creativo della Marvel, Kevin
Feige, si è sentito impantanato in una situazione
impossibile e, alla fine, non è intervenuto, ha aggiunto una fonte.
Alonso è stata colta di sorpresa, ha aggiunto un altro
insider.“
Victoria Alonso non ha ancora
rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito al suo allontanamento,
né in merito al vero motivo dello stesso. Anche Disney e Marvel Studios stanno rimanendo
zitti sulla questione. In qualità di membro di spicco
dell’organizzazione, avendo prodotto diversi progetti oltre a
dirigere il proprio dipartimento, Alonso aveva molte responsabilità
e, sulla base dei report, i Marvel Studios devono ancora
assumere il suo sostituto. A questo punto non è chiaro se stiano
pianificando di coinvolgere qualcuno di nuovo per colmare quel
vuoto o promuovere qualcuno già nell’organizzazione.
Il licenziamento di Alonso arriva
sulla scia del commento di Feige sul rallentamento del programma di
distribuzione dell’MCU a seguito di una serie di
deludenti incassi al botteghino e una comunità di settore (i
responsabili dei VFX) sempre più ostile contro i Marvel Studios.
I film di John Wick
sono pieni zeppi di acrobazie che coinvolgono pistole, coltelli e
automobili, e Keanu Reeves ha rivelato che due volte
durante le riprese uno stunt ha riportato ferite relativamente
gravi. Dopo il successo a sorpresa del primo film nel 2016, il
franchise di John Wick è cresciuto fino ad arrivare al quarto
capitolo, attualmente in sala. Tutti i film della serie sono
rinomati per le loro sequenze d’azione spietate e coreografate con
grande cura, e Reeves ha codiviso il fatto che alcune delle azioni
sono diventate un po’ troppo reali in diverse occasioni.
In una recente intervista con
ComicBook.com, proprio in
occasione dell’uscita di John Wick
4 (leggi
la recensione), Keanu Reeves condivide due incidenti
accaduti sul set durante le riprese del franchise. Sebbene sia
ovvio da ciò che finisce sullo schermo come piccoli tagli, graffi e
lividi sono probabilmente all’ordine del giorno per Reeves e tutti
gli stuntman, ci sono state due occasioni in cui le cose sono
diventate un po’ più serie.
“Beh, voglio dire, sono tutti
piuttosto stanchi, ma è il miglior tipo di stanchezza. È come se
avessi scalato una montagna ora che ti stai riposando godendoti il
risultato; come se avessi finito la partita e avessi vinto. Quindi,
in termini di incidenti: ho commesso un errore una volta… Ho
squarciato la testa di un signore, è stato davvero uno schifo
(scusate il mio linguaggio). Ma a parte questo… oh, un ragazzo è
stato investito da un’auto. Era in macchina, quindi è dovuto andare
al ospedale, ma stava bene”.
Sicuramente non sono gli unici
incidenti capitati sul set, né tantomeno i più gravi, ma ci
ricordano quanto sia impegnativo mettere in scena un certo tipo di
film e scene e che grande impegno richiedono.
John Wick
4 è stato annunciato per la prima volta subito dopo il
weekend di apertura da record di John Wick:
Capitolo 3 – Parabellum, che ha incassato
oltre 300 milioni di dollari in tutto il mondo. La quarta
puntata vedrà il ritorno di Keanu Reeves nei panni
dell’omonimo assassino, che è stato visto per l’ultima volta
soffrire di ferite multiple dopo essere caduto dall’alto del
Continental Hotel.
Insieme a Keanu Reeves, Lance Reddick e Ian
McShane ci sono le nuove arrivate in franchising, la
superstar pop giapponese-britannica Rina Sawayama
al suo debutto cinematografico, Shamier Anderson, Bill
Skarsgard, Clancy Brown, Hiroyuki Sanada e Donnie
Yen, che a quanto si dice interpreterà un vecchio amico di
John Stoppino.
John Wick: Chapter
4 è diretto da Chad Stahelski
da una sceneggiatura co-scritta da Shay Hatten e Michael Finch, che
subentra al creatore del franchise Derek Kolstad. È prodotto
da Basil Iwanyk, Erica Lee e Stahelski con Reeves e Louise Rosner
come produttori esecutivi.
Anime
Factory, etichetta di proprietà di Plaion Pictures, è
orgogliosa di annunciare che l’Italia sarà la prima nazione europea
e dell’intero Occidente a distribuire nelle sale cinematografiche
il film anime THE FIRST SLAM
DUNK e coglie l’occasione per rivelare
l’attesa data di uscita italiana nei cinema del
film,svelandone anche il teaser
motion poster. Prodotto da TOEI
Animation, il film è scritto e diretto da
Takehiko Inoue, creatore dell’acclamato manga
originale, qui alla sua prima prova come regista.
Il film uscirà
nelle sale italiane come evento dall’11 al 17 maggio in
versione doppiata, preceduta dall’esclusiva e
unica data del 10 maggio in cui si potrà vedere il film in lingua
originale.
Il motion poster
inedito ritrae uno dopo l’altro, il primo piano dei volti del
quintetto base dello Shohoku composto da Ryota Miyagi, Hanamichi
Sakuragi, Kaede Rukawa, Takenori Akagi e Hisashi Mitsui, che
daranno vita ad una delle partite più entusiasmanti mai viste sul
grande schermo.
L’arrivo nelle sale
italiane rappresenta un vero e proprio evento epocale per i fan del
brand, che potranno finalmente ammirare su grande schermo la
visione del maestro Inoue, il quale a oltre 30 anni dall’esordio
del manga ha voluto firmare in prima persona il titolo per
garantire lo spirito originale dell’opera, capace di conquistare
ammiratori in tutto il mondo. Lo stesso titolo, THE
FIRST SLAM DUNK, vuole evidenziare come questo
lungometraggio sia, anche per i fan del brand, l’occasione per
vivere per la prima volta un’esperienza visiva ed emozionale così
immersiva.
Uscito in Giappone
a dicembre 2022, a 26 anni dalla serie animata, il film ha
dimostrato come il brand SLAM DUNK rimanga ancora saldo
nel cuore del pubblico. Contando su una schiera di appassionati,
che negli anni hanno reso il manga uno dei più letti di sempre con
oltre 170 milioni di copie vendute nel mondo, il lungometraggio ha
conquistato il Box Office giapponese e asiatico incassando oltre 85
milioni di euro, superando anche Avatar – La Via
dell’Acqua e diventando così la ventinovesima pellicola più
redditizia della storia giapponese.
Inoltre, ai
recentissimi e prestigiosi Japan Academy Film
Prize, THE FIRST SLAM DUNK
ha ottenuto l’importante riconoscimento di Miglior Film
d’Animazione dell’anno, battendo giganti dell’animazione
del Sol Levante come One
Piece Film: RED di Goro Taniguchi, Lonely Castle in
the Mirror di Keiichi Hara e Suzume no tojimari,
l’ultimo film di Makoto Shinkai.
Ambientato nel
mondo della pallacanestro liceale, THE FIRST SLAM
DUNK sfoggia un’animazione “ibrida” tra CGI
all’avanguardia e disegno a mano tipico dell’animazione
tradizionale in 2D, voluta espressamente dallo stesso
Takehiko Inoue per ricreare al meglio la fluidità
dei movimenti, in sequenze di gioco mozzafiato e altamente
realistiche capaci di catapultare lo spettatore all’interno del
campo accanto ai protagonisti. Tra questi, THE FIRST
SLAM DUNK punta i riflettori su Ryota, il playmaker
dello Shohoku. Aprendo le porte sul suo passato, mai svelato,
scopriremo come Ryota è diventato il personaggio che tutti hanno
imparato ad amare nel tempo, oltre a gettare nuova luce sugli altri
protagonisti nati dalla penna del mangaka.
L’attesissimo
THE FIRST SLAM DUNK è in arrivo nei
cinema italiani distribuito da Anime Factory, etichetta di Plaion
Pictures, come evento di una settimana:
il 10 maggio in anteprima in
versione originale sottotitolata
dall’11 al 17 maggio in
versione doppiata
THE FIRST SLAM DUNK la
trama
Da sempre, Ryota Miyagi e il basket sono una cosa sola. A
trasmettergli l’amore per questo sport è stato il fratello maggiore
Sota, morto in un incidente in mare quando Ryota era ancora
piccolo. Ryota è il playmaker dello Shohoku, squadra che si è
guadagnata un posto al torneo nazionale come rappresentante della
Prefettura di Kanagawa nonostante sia un liceo sconosciuto. Ryota è
pronto, assieme ai suoi compagni di sempre, ad affrontare
“l’imbattibile” Sannoh, il team campione del torneo
nazionale.
Brie
Larson sta aspettando con grande ansia il momento in
cui il pubblico potrà finalmente vedere The
Marvels al cinema, nonostante la posticipazione del
film. Diretto da Nia DaCaosta, The
Marvels sarebbe dovuto uscire questa estate, ma
di recente è stato posticipato a novembre. I dettagli della trama
non sono ancora noti, ma è chiaro che l’attrice premio Oscar
interprete di Carol Danvers stia fremendo dalla voglia di vedere il
suo film al cinema.
Brie Larson (via
Captain Marvel News)
ha condiviso una fan art di Carol Danvers e ha espresso la sua
voglia che arrivi presto novembre per vedere il film. L’immagine
ritrae Carol nella sua ultima apparizione ufficiale, ovvero la
scena post-credits del finale di Mrs. Marvel.
“CANT WAIT FOR YOU TO SEE CAROL AGAIN” –
Brie Larson IG
“Carol Danvers aka Captain
Marvel ha reclamato la sua identità
dal tirannico Kree e si è vendicata dell’Intelligenza Suprema. Ma
le conseguenze impreviste vedono Carol che porta sulle spalle il
fardello di un universo destabilizzato. Quando i suoi doveri la
mandano in un anomalo wormhole collegato a un rivoluzionario Kree,
i suoi poteri si confondono con quelli della sua super fan di
Jersey City, Kamala Khan alias Ms. Marvel, e della figlioccia di
Carol, il Capitano Monica Rambeau. Questo improbabile trio deve
fare squadra e imparare a lavorare insieme per salvare l’universo
come “The
Marvels“.
Tutto ciò che sappiamo su The
Marvels
The
Marvels, il sequel del cinecomic Captain
Marvel con protagonista il premio Oscar Brie
Larson che ha incassato 1 miliardo di dollari al
box office mondiale, sarà sceneggiato da Megan McDonnell,
sceneggiatrice dell’acclamata serie WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: il sequel,
infatti, sarà diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman. Nel
cast ci saranno anche Iman Vellani (Ms.
Marvel, che vedremo anche
nell’omonima serie tv in arrivo su Disney+)
e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già
apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreterà il villain principale, del
quale però non è ancora stata rivelata l’identità. Nessun dettaglio
sulla trama del sequel è stato rivelato, ma l’ambientazione del
film dovrebbe spostarsi dagli anni ’90 ai giorni nostri.
Naturalmente, Brie
Larson tornerà nei panni di Carol Danvers. Il
sequel di Captain
Marvelarriverà il 10 novembre 2023.
Sono video dal set davvero
sorprendenti quelli che ha condiviso un account Instagram fan di Lady
Gaga. I video in questione arrivano dal set di
Joker:
Folie à Deux, film in cui è impegnata attualmente
proprio la beniamina della pagina in questione, nel ruolo di Harley
Quinn, al fianco del Joker di Joaquin Phoenix.
Ecco di seguito dei video molto
espliciti di quello che succederà all’Arkham Asylum, l’ospedale
psichiatrico criminale di Gotham che ospita il nostro Arthur
Fleck.
Joker:
Folie à Deux presenterà il ritorno di Joaquin Phoenix mentre riprende il suo ruolo
vincitore dell’Oscar come il cattivo DC JOKER. Il sequel presenterà
anche il ritorno di Sophie di
Zazie Beetz insieme ai nuovi arrivati
Brendan Gleeson, Catherine Keener, Jacob Lofland e Harry
Lawtey. I dettagli della trama sono ancora per lo più
nascosti, ma sappiamo che la maggior parte del film si svolgerà ad
Arkham Asylum e conterrà significativi “elementi
musicali”.
Rumors recenti inoltre hanno anche suggerito che la
versione di Gaga su Harley Quinn avrà un ruolo più importante di
quanto originariamente riportato, con la storia che si svolge
interamente dal suo punto di vista.
Il film di Todd Phillips del 2019 è stato un successo sia
di critica che commerciale con un incasso mondiale di oltre 1
miliardo di dollari al botteghino, rendendolo il film con il
maggior incasso di tutti i tempi. Ha ricevuto riconoscimenti da
numerosi importanti enti premiati, tra cui due Oscar e due Golden
Globe, sia per il miglior attore che per il miglior suono
originale.
L’indimenticabile Chibs di
Sons of Anarchy, Tommy Flanagan,
è entrato a far parte del cast di Sleeping Dogs di
Nickel City Pictures, in cui reciterà al fianco di Russell Crowe, Karen Gillan e Martin Csokas. A
darne notizia è Deadline (via Collider).
Attualmente in produzione in
Australia dal regista di Assassin’s CreedAdam Cooper,
il film è basato sul romanzo di E.O Chirovici del
2017 Il libro degli specchi. La storia segue il detective
della omicidi in pensione Roy Freeman (Crowe), che si sta
sottoponendo a un trattamento all’avanguardia per l’Alzheimer. Dopo
che un detenuto nel braccio della morte che Freeman ha aiutato a
condannare per l’omicidio di un professore universitario (Csokas)
inizia a dichiararsi innocente, Freeman deve lottare per recuperare
la memoria e scoprire la verità. Arruolando l’aiuto del suo ex
partner, la rete attorno al mistero inizia a svelarsi dopo che
incontrano una donna misteriosa (Gillan).
Cooper fa il suo debutto alla regia
dalla sua sceneggiatura scritta con Bill Collage.
I due hanno collaborato a film come Assassin’s Creed,
Exodus: Dei e Re, New York Minute e
Accepted. Harry Greenwood e
Thomas M. Wright completano il cast, mentre
Mark Fasano di Nickel City Pictures sta producendo
insieme a Cooper e Collage. I produttori esecutivi includono
Matthew Goldberg, Cliff Roberts, Arianne Fraser, Delphine
Perrier e Nick Corbett.
Flanagan è meglio conosciuto per il
suo ruolo di Filip ‘Chibs’ Telford nella serie drammatica di gang
di motociclisti nominata agli Emmy Sons Of
Anarchy, andata in onda per sette stagioni su FX dal 2008
al 2014. È apparso anche nello spin-off Mayans
M.C.. Flanagan attualmente recita al fianco di
Joseph Sikora in Power Book IV:
Force, uno spin-off del popolare dramma poliziesco Power,
che è stato rinnovato per una seconda stagione. È anche apparso in
Westworld insieme a Evan Rachel Wood e
Vincent Cassel, così come in Peaky
Blinders, Gotham e Wu
Warriors.
I ruoli recenti di Flanagan nel
cinema includono Guardiani della Galassia Vol. 2 e il thriller
d’azione Boon al fianco di Neal
McDonough. È anche apparso nell’acclamato western
The Ballad of Lefty Brown, al fianco di
Bill Pullman, Jim Caviezel e Peter Fonda.
Il remake di Papillon di Bleecker Street ha visto
Flanagan riunirsi con l’ex membro del cast di Sons of
Anarchy, Charlie Hunnam, ed è apparso al fianco di
Gary Oldman e Jessica Alba in
Killers Anonymous. Flanagan ha già lavorato con
Russell Crowe, interpretando Cicero in
Il Gladiatore.
Dopo un percorso lungo dodici anni,
arriva nelle sale italiane, e solo nelle sale, dal 23 marzo
Stranizza d’amuri, esordio alla regia di
Giuseppe Fiorello. Smessi per la prima volta i panni
dell’attore – in tv è stato Modugno, Salvo D’Acquisto, Giuseppe
Moscati, tra gli altri; al cinema ha recitato per
Risi,
Tornatore,
Ozpetek,
Crialese,
Verdone – uno dei volti più noti e amati del
panorama televisivo e cinematografico nazionale si posiziona ora
dietro la macchina da presa per parlare della vicenda non molto
nota del delitto di Giarre. In questa cittadina in provincia di
Catania, negli anni ’80 due ragazzi, Toni e Giorgio, decisero di
vivere il loro amore nonostante l’ostilità delle loro famiglie e
del paese intero. Alla loro storia Stranizza
d’amuri è liberamente ispirato.
La trama di Stranizza d’amuri
Sicilia, 1982. In un paesino della
provincia catanese, due adolescenti, Nino, Gabriele
Pizzuto, e Giorgio, Samuele Segreto, si
incontrano per caso in un pomeriggio d’estate. Prima diventano
amici e poi si amano. Il paese però, non accetta la loro relazione,
come già non accettava l’omosessualità di Giorgio, spesso vittima
di soprusi. Anche nelle rispettive famiglie, la notizia della
relazione arriva inaspettata, creando aspri conflitti e una
spaccatura insanabile all’interno di entrambi i nuclei. Il legame,
infatti, non è considerato ammissibile. Invano le due famiglie
cercheranno di tenere lontani i ragazzi, determinati ad amarsi
senza paura. Intanto, tutta l’italia, è incollata al televisore per
i mondiali di calcio e spera in una vittoria.
Un film sensibile e rispettoso
Stranizza
d’amuri è un film pieno di sensibilità, delicato,
rispettoso. Il regista ha scelto di stare “un passo
indietro”, per usare le sue stesse parole, e dedicarsi solo
alla regia, senza mettersi anche davanti allla macchina da presa.
Segno del desiderio di riservare particolare cura al racconto della
vicenda, senza farsi “distogliere” dalla recitazione. Ne nasce un
lavoro poetico, semplice ed efficace.
Adolescenza, amore e libertà in
Stranizza d’amuri
Giuseppe Fiorello avrebbe potuto
stuzzicare la curiosità degli spettatori, cercare di intrigarli con
un film di genere poliziesco-investigativo, ma non lo ha fatto. Chi
si aspetta di sapere finalmente la verità sul delitto di Giarre,
dunque, rimarrà deluso. Stranizza d’amuri
non è un film inchiesta o a tesi. È invece il racconto della
provincia siciliana dei primi anni ’80. Un affresco calzante di
tutto il sud, non solo della Sicilia, terra del regista. È evidente
come egli sappia dove puntare l’occhio della macchina da presa per
essere efficace: rendere le atmosfere contadine di un sud semplice,
ma dignitoso, fuori dagli stereotipi della criminalità, del
malaffare e dell’arte di arrangiarsi. Il sole, il mare, certo. Che
sud e che estate sarebbe senza? Ma anche i prodotti della terra, il
lavoro duro e onesto ogni mattina, la fatica di fronte alla quale
non ci si tira indietro. Tutto è dipinto con i colori caldi del
sud, esaltati dalla fotografia di Ramiro Civita. È
in questo scenario che nasce e cresce la storia d’amore tra Nino e
Gianni, due ragazzi che si incontrano, diventano amici e poi si
innamorano. Il film è il racconto dell’estate di due adolescenti in
Sicilia. La maggior parte del lavoro è dedicata proprio al racconto
della vita del paese e alla conoscenza e all’innamoramento dei due
ragazzi. Riesce ad essere spensierato, leggero, nonostante tutto.
Sembra quasi di potersi illudere che la vicenda abbia un esito
positivo. È solo nell’ultima parte che le cose precipitano. È una
scelta degli sceneggiatori – oltre a Giuseppe Fiorello,
Andrea Cedrola, Carlo Salsa, con
Josella Porto. Forse questo evidenzia ancor meglio
come, anche in quelle famiglie oneste, semplici, accoglienti, dove
un posto a tavola si aggiunge senza problemi anche per uno
sconosciuto, poi, improvvisamente, di fronte al tabù
dell’omosessualità si cambi atteggiamento, si passi alla chiusura
totale, all’abbrutimento.
Una visione articolata e non
manichea
Oltre alla delicatezza e
all’apparente semplicità, che riesce ad essere efficace e poetica,
in Stranizza d’amuri è evidente l’intenzione del regista di non
giudicare, di non mettersi dalla parte di nessuno. Fiorello vuole
fotografare, capire, anziché descrivere il fatto e i suoi
personaggi in maniera manichea. Ciascun personaggio, infatti, è
tratteggiato in modo complesso e caratterizzato da sfumature anche
opposte, che riescono a rendere, almeno in parte, la complessità
della vicenda e di un tessuto sociale, culturale e soprattutto
familiare non facile da dipingere. Non ci si accontenta insomma di
soluzioni facili, ma ci si avvicina con rispetto ad una vicenda che
non può essere banalizzata.
Le caratterizzazioni di Stranizza
d’amuri danno spessore
Questa complessità è ben resa non
solo grazie alle interpretazioni efficaci dei due giovani
protagonisti, Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto, ma forse ancor
di più grazie a chi sta loro intorno, a comporre un mosaico di
caratterizzazioni ben riuscite che aggiungono spessore alla storia.
Una menzione particolare va alle due madri: Fabrizia
Sacchi, Carmela, e Simona Malato, Lina.
Ma ci sono anche Antonio De Matteo, padre di Nino,
la sorella Isabella, Giuditta Vasile, il nipotino
Totò, Raffaele Cordiano, Enrico
Roccaforte, patrigno di Gianni, Roberto
Salemi, zio Pietro, e Giuseppe Spata, zio
Ciccio. Ci sono gli avventori del bar del paese: Alessio
Simonetti, Turi, e Anita Pomario,
Giuseppina. A completare il tutto, poi, la colonna sonora di
Giovanni Caccamo con Leonardo
Milani, in cui compaiono anche brani di Franco
Battiato, uno dei quali è proprio Stranizza
d’amuri, che dà il titolo al film. In sala dal 23 marzo,
Stranizza d’amuri è un lavoro sentito e
poetico, non solo un inno alla vita e all’amore, oltre il
pregiudizio, ma anche un gesto di sincero affetto nei confronti di
Toni e Giorgio, i due ragazzi uccisi a Giarre, cui il film è
dedicato.
Sono disponibili il trailer e il
poster in italiano del film Disney La
Sirenetta, rivisitazione in live-action del
classico d’animazione diretta da Rob Marshall, che
arriverà il 24 maggio nelle sale italiane distribuito da The
Walt Disney Company Italia.
La Sirenetta racconta
l’amata storia di Ariel, una bellissima e vivace giovane sirena in
cerca di avventura. Ariel, la figlia più giovane di Re Tritone e la
più ribelle, desidera scoprire di più sul mondo al di là del mare
e, mentre esplora la superficie, si innamora dell’affascinante
principe Eric. Alle sirene è vietato interagire con gli umani, ma
Ariel deve seguire il suo cuore e stringe un patto con la malvagia
strega del mare, Ursula, che le offre la possibilità di
sperimentare la vita sulla terraferma, mettendo però in pericolo la
sua vita e la corona di suo padre.
Il film è interpretato dalla cantante e attrice Halle Bailey (grown-ish) nel ruolo di
Ariel; Jonah Hauer-King (Un viaggio a quattro
zampe) nel ruolo del principe Eric; Noma
Dumezweni (Il Ritorno di Mary Poppins) nel ruolo
della regina Selina; Art Malik (Homeland –
Caccia alla spia) nel ruolo di Sir Grimsby; con il vincitore
del premio Oscar® Javier Bardem (Non è un paese per
vecchi) nel ruolo di Re Tritone; e con la due volte candidata
all’Academy Award® Melissa McCarthy (Copia
originale, Le amiche della sposa) nel ruolo di
Ursula.
La Sirenetta, il
poster
La Sirenetta è diretto
dal candidato all’Oscar® Rob Marshall
(Chicago, Il Ritorno di Mary
Poppins), con una sceneggiatura del due volte candidato
all’Oscar David Magee (Vita di Pi, Neverland – Un
sogno per la vita). Le musiche delle canzoni sono
composte dal pluripremiato agli Academy Award® Alan
Menken (La Bella e la
Bestia, Aladdin), con i testi di Howard
Ashman e i nuovi testi del tre volte vincitore del Tony
Award® Lin-Manuel Miranda. Il film è prodotto
dal due volte vincitore dell’Emmy® Marc Platt (Jesus Christ
Superstar Live in Concert, Grease: Live!), da
Lin-Manuel Miranda, dal due volte vincitore dell’Emmy John DeLuca
(Tony Bennett: An American Classic) e da Rob Marshall,
mentre Jeffrey Silver (Il Re Leone) è il produttore
esecutivo.
Il regista premio Oscar
Cameron
Croweè al lavoro su un film biografico su
Joni Mitchell, una delle cantautrici più influenti
nella storia della musica. Le sue canzoni sono profondamente
personali e incorporano una varietà di stili musicali nella sua
sensibilità folk, diventando ispirazione per alcuni dei suoi più
grandi colleghi, da Bob Dylan ad Alanis
Morissette e persino Prince. È stata
inserita nella Rock & Roll Hall of Fame nel 1997 e
i suoi testi trascendenti e poetici rimangono impareggiabili. Senza
esagerare, “A Case of You” è onestamente la
canzone più romantica mai scritta, e non ci si avvicina
nemmeno.
Come ha sottolineato anche Above the Line, che per primo ha
riportato la notizia, Cameron Crowe ha scritto di
Joni Mitchell per decenni. “Ogni giornalista
ha la sua lista dei sogni di soggetti da intervistare. Il mio era
Marvin Gaye, Neil Young e Joni Mitchell. Non sono mai arrivato a
Marvin Gaye, ma Joni Mitchell ha più che compensato”, ha detto
Crowe come introduzione alla ristampa di la sua intervista del 1979
con lei. “La mia ultima storia di copertina per la rivista, e
ancora la mia preferita.”
Il lavoro di Crowe dà il meglio di
sé quando è semi-autobiografico e, sebbene non sia certamente
Joni Mitchell, si sente squisitamente qualificato
a raccontare la sua storia. Dopotutto, lo fa già da molto tempo.
Crowe scriverà e dirigerà il film della sua vita e, secondo quanto
riferito, lo sta sviluppando con Mitchell da oltre due anni. Il
film viene descritto come un film biografico non convenzionale,
“simile a un’autobiografia“. È chiaro che Mitchell avrà il
controllo della propria narrativa, una benedizione spesso non
fornita ai grandi della musica… di solito perché sono morti prima
che avessero la possibilità di raccontare la propria storia con le
proprie parole.
Above the Line riferisce
che Crowe ha iniziato a lavorare a questo progetto in segreto
durante la pandemia, e sarà il suo film più personale dai tempi di
Quasi Famosi. Sembra che il film coprirà l’arco
della vita di Mitchell, con la possibilità che più attori
potrebbero essere presi in considerazione per il ruolo, in base al
periodo della vita.
Tommy
Wiseau, l’uomo dietro probabilmente il (migliore)
peggior film mai realizzato, è tornato. Questa volta però si
concentrerà a raccontare grandi creature marine nel prossimo
Big Shark. E ora è stato svelato il primo trailer dal quale possiamo già
intuire che si tratta di una esperienza sfrenata.
Big Shark è abbastanza semplice
nella sua premessa. Come rivela già il titolo, il film presenterà
uno squalo davvero grande che semina il caos a New Orleans. La
storia segue principalmente tre vigili del fuoco – Georgie, Patrick
e Tim – che si troveranno faccia a faccia con il detto squalo.
Wiseau ha scritto, diretto e interpretato il film nei panni di
Patrick. Georgie è interpretato da Mark Valeriano,
mentre Tim è interpretato da Isaiah LaBorde.
Big Shark segna la seconda
esperienza di Tommy
Wiseau come regista di un lungometraggio, dopo il suo
debutto alla regia con il famigerato classico di culto The
Room. Rilasciato nel 2003, The Room è
incentrato su Johnny, interpretato da Wiseau, un uomo che svolge
ogni sorta di lavoro ed è entusiasta di sposare la sua futura
moglie, Lisa (Juliette Danielle). Tuttavia, Lisa
tradisce Johnny con il suo migliore amico Mark (Greg
Sestero). Sebbene il film sia stato accolto male
all’epoca, è diventato un punto fermo delle proiezioni di
mezzanotte in tutti gli States. Sestero in seguito ha scritto un
libro con Tom Bissell, The Disaster
Artist, che racconta la produzione del film. Il libro è
stato poi adattato per il cinema con un film omonimo interpretato da James e
Dave Franco. Intanto è in arrivo anche un remake di
The Room, diretto da Bob Odenkirk.
Al momento la distribuzione del film
è localizzata negli Stati Uniti, con uscite pianificate in diverse
città. Ma speriamo che in qualche modo il film riesca ad arrivare
anche da noi in Italia.
In un colpo di scena che sembra
tratto proprio da un thriller, apprendiamo da Collider che Vertigo – La donna
che visse due volte, uno dei più grandi film della storia
del cinema non ché Capolavoro trai capolavori della filmografia di
Alfred Hitchcock, potrebbe essere destinato a un remake
moderno.
Paramount Pictures ha acquisito i
diritti per un remake del thriller diretto da Hitchcock del 1958, e
Robert Downey Jr. è desideroso di interpretare
il ruolo interpretato per la prima volta da James
Stewart nel film originale. La Paramount era lo studio in
cui è stata realizzata la versione del 1958 e quindi non sorprende
che la Hitchcock Estate abbia concesso sempre allo stesso studio di
lavorare al remake.
La sceneggiatura del film sarà
scritta da Steven Knight (Peaky
Blinders), la cui carriera sta esplodendo, dato che è
ufficialmente entrato a far parte della scuderia Lucasfilm con
l’ingaggio per il nuovo film di Star
Wars.
Robert Downey Jr. è chiaramente
noto e amato per il suo ruolo di Tony Stark nel MCU, ma forse non tutti ricordano
che all’inizio della sua carriera era arrivato addirittura alla
nomination all’Oscar con la sua performance in Chaplin, nomination
replicata dalla sua travolgente performance in Tropic Thunder. E
nel corso degli anni molti suoi film ci hanno dato prova della
raffinatezza delle sue doti di attore.
Il film sarà prodotto dalla società
di produzione di Downey, Team Downey, che attualmente ha Perry
Mason in programma su HBO.
All’epoca dell’uscita,
Vertigo – La donna che visse due volte ha raccolto
recensioni contrastanti per quella che era considerata la sua
lunghezza eccessiva a causa della semplicità della trama e la
presenza di troppi dettagli apparentemente estranei. Tuttavia,
l’opinione in merito è cambiata, tanto che l’American Film
Institute lo ha classificato al nono posto nella sua più recente
edizione dei 10 migliori film di tutti i tempi.
Il fico settembrino o fico tardivo
nasce da un albero la cui storia gli attribuisce miti e leggende.
In India e in Grecia è considerato un albero sacro con le sue
foglie a pianta larga utilizzate da Adamo ed Eva per coprirsi.
All’albero dei fichi è affezionata la cultura romana in quanto il
cesto contenente Romolo e Remo si sarebbe arenato proprio sulle
fronde di un albero di fico. Il frutto della tarda
estate di Erige Sehiri utilizza il fico per la
rappresentazione moderna del lavoro nei campi di questa ragazze
adolescenti e donne in Tunisia.
Le protagoniste sono Malek,
Fidé, Sana e Mariem: quattro ragazze adolescenti che
lavorano durante l’estate in questo campo di alberi di fico. La
loro giornata è scandita dai ritmi della raccolta ma Il
frutto della tarda estate sottolinea alcuni tratti moderni
di queste quattro adolescenti che flirtano, comandano e sognano in
grande. L’albero di fico è rappresentazione metaforica della fine
dell’estate, degli amori estivi che stanno per essere colti dagli
alberi e dell’imminente ritorno a scuola, alla quotidianità. Il
film di Erige Seheri sarà al
cinema dal 23 marzo.
Il frutto della tarda estate, la
recensione
Il sole non è ancora sorto ma
Il frutto della tarda estate è già maturo.
Malek, Fidé, Sana e Mariem insieme ad altre donne
più anziane salgono su un furgone che le porterà a lavoro. Una
lunga giornata a raccogliere fichi le aspetta insieme ad altri
giovani ragazzi adolescenti. Il film della durata di un’ora e 30
minuti porta sul grande scherma la rappresentazione di una giornata
lavorativa di questo gruppo di adolescenti che sono costretti a
lavorare durante le vacanze per pagarsi da vivere. Durante questa
giornata, la regista Erige Sehiri racconta anche
cosa si cela dietro i loro veli, le loro paure e insicurezze che le
rendono uguali a ogni altro adolescente al mondo.
Principalmente nel film vediamo una
doppia rappresentazione della figura femminile. Le giovani
adolescenti sono più risolute, più testarde, meno accondiscendenti
e meno sottomesse. Litigano, flirtano, contrattano per ricevere il
giusto pagamento dopo una giornata di lavoro. Dall’altra, invece,
ci sono le donne più anziane della comunità. Loro hanno vissuto una
vita diversa: lavorano senza sosta ma non rinunciano alla loro
indipendenza, una volta rimaste vedove, per una società che le
vorrebbe a lavorare tra le mura di casa, loro scelgono Il
frutto della tarda estate.
Le dinamiche sentimentali interne a
Il frutto della tarda estate si intrecciano come i rami degli
alberi di fico. Marek e Abdou sono innamorati,
vorrebbero iniziare a vivere la loro vita insieme ma il passato e
la famiglia di lui sono il vero ostacolo. Parallelamente
Sana, a differenze delle sue coetanee, non vuole
abbandonare la tradizione e il mondo in cui vive e cerca in
Firas, quell’amore antico, mentre lui però è
evidente che cerca di distaccarsi il più possibile.
Fidé invece non ha un interesse amoroso specifico
però è davvero capace a dare fastidio. A differenza delle altre
ragazze non indossa il velo dall’inizio del film e flirta con i
ragazzi più grandi al frutteto. Le donne più anziane intonano canti
verso quegli amori ormai trascorsi e anche per amori mai
vissuti.
Un racconto lasciato alla
terra
Il frutto della tarda
estate è il primo film di Erige Sehiri
alla
regia. Prima di lanciarsi in questo debutto cinematografico
aveva realizzato il documentario Railway Men nel
2018. In questo film di esordio la regista mette al centro le
protagonisti femminili come simbolo di una nuova modernità. Il
distacco generazionale con le donne più anziane è netto ed
evidente. Gli sguardi delle giovani adolescenti sono dritti davanti
la telecamera, sfidando il loro interlocutore, a differenze delle
controparti più anziane che si rifugiano in racconti del
passato.
Interessante come la narrazione di
Il frutto della tarda estate sia lasciata
completamente alla terra, agli spazi aperti. L’unica volta che
vediamo le protagoniste all’interno è sul finale, quando lontane
dagli occhi indiscreti sono libere di togliersi il velo, truccarsi,
pettinarsi. Una tradizione occidentale alla quale anche le ragazze
più giovani si sono ormai abituate per sentirsi libere davvero.
Intonando canzoni scabrose sulle suocere, le mamme dei futuri
mariti, scandendo bene le parole e promettendo di non essere come
loro. Per il resto del film siamo solo concentrati sugli alberi,
sui luoghi di questo frutteto che racchiuderanno per sempre la
crescita, le lacrime, i primi amori di queste giovani donne. Il
film si muove lento dall’alba al tramonto in quella che è la
monotonia che accompagna le ultime giornate estive scandite
dall’inizio impercettibile del sole che tramonta sempre un po’
prima.
Momenti di spensieratezza ma allo
stesso tempo di grossa fatica e sfruttamento. A questo si
aggiungono anche le liti adolescenziali per attirare le attenzioni
dei ragazzi, dimenticandosi per un attimo dove si trovano e perché
sono lì. Invece, lo spettatore sta a guardare assorto la
raccolta di questi fichi dagli alberi, la cura con cui si
dispongono nelle vaschette ricoperte dalle foglie degli alberi. Il
frutto della tarda estate riesce a riunire due generazioni a
confronto senza però metterle in contrasto. Gli unici contrasti
sono quelli che vivono Malek, Fidé, Sana e Mariem
ma appena la giornata è finita basta un po’ di musica a riportare
l’allegria. Il frutto della tarda estate mette a
nudo una società maschilista che però è in continua evoluzione.
Sempre più giovani donne, come quelle ritratte nel film cercano di
evadere e non soccombere.
Apple TV+ ha rilasciato oggi il trailer ufficiale di
The World vs. Boris Becker, il nuovo documentario
in due parti del regista premio Oscar® Alex Gibney
(“Taxi to the Dark Side”, “Enron – L’economia della truffa”, “The
Armstrong Lie”, “Going Clear – Scientology e la prigione della
fede”) e del produttore premio Oscar® John Battsek (“Un giorno a
settembre”, “Searching for Sugar Man”, “The Rescue – Il salvataggio
dei ragazzi”, “The Deepest Breath”) che farà il suo debutto il 7
aprile. La docuserie esplora ogni aspetto dell’uomo che è diventato
un fenomeno del tennis dopo aver vinto i campionati di Wimbledon a
soli 17 anni, arrivando a vincere 49 titoli in carriera, tra cui
sei Grandi Slam e una medaglia d’oro olimpica, nonché la sua vita
personale, spesso sotto i riflettori e a volte tumultuosa.
Per oltre tre anni i registi hanno
avuto un accesso speciale e unico a Boris Becker, fino alla fine di
aprile del 2022, quando è stato condannato a due anni e mezzo di
carcere per aver nascosto beni e prestiti allo scopo di evitare di
pagare i debiti contratti. “The World vs. Boris Becker” presenta
interviste intime al campione tedesco, tra cui una conversazione
esclusiva realizzata la settimana della sua condanna, insieme ai
contributi dei suoi familiari e a quelli di altre stelle del tennis
come John McEnroe, Bjorn Borg, Novak Djokovic, Mats Wilander e
Michael Stich.
Scritta e diretta da Alex Gibney, la
serie è una coproduzione tra la Ventureland di Battsek e la Jigsaw
Productions di Gibney, in associazione con la Lorton Entertainment,
i cui progetti includono anche “Diego Maradona” di Asif Kapadia,
nominato ai premi BAFTA, e il recente documentario di Matt Smith
“Rooney”, sul grande calciatore inglese Wayne Rooney. “The
World vs. Boris Becker” è prodotto da Battsek e Gibney con i
produttori George Chignell ed Erin Edeiken. I produttori esecutivi
sono Stacey Offman, Richard Perello, Kerstin Emhoff, Andrew
Ruhemann, Julian Bird, Duncan Ford e Ed Barratt. Alex Gibney è
anche sceneggiatore e regista della docuserie.
La docuserie si aggiunge alla gamma
in espansione di programmi non-fiction con protagonisti
i grandi nomi dello sport presenti su Apple
TV+, tra cui “Real Madrid – ¡Hasta el final!” la docuserie
che va dietro le quinte dell’iconico club calcistico per
offrire uno sguardo inedito sulla sorprendente stagione
2021-2022; “Monster Factory”, la serie che segue wrestler
dilettanti che sognano di diventare professionisti; “Make or
Break”, la serie che porta gli spettatori dietro le quinte della
World Surf League; “La lotta per il calcio – Il caso Super
League” , che documenta la battaglia dall’alta posta in gioco
per il futuro del calcio europeo; la serie di documentari in
quattro parti nominata agli Emmy “They Call Me Magic”, che
racconta la vita e la carriera del due volte NBA Hall of Famer e
icona culturale Earvin “Magic” Johnson e “The Long Game:
Bigger Than Basketball”, sul fenomeno della pallacanestro Makur
Maker. Tra i prossimi progetti figurano anche un
documentario sulla vita e la carriera rivoluzionaria del sette
volte campione del mondo di Formula Uno Sir Lewis Hamilton; il film
documentario “Underrated”, con la leggenda dell’NBA Stephen Curry
e “The Dynasty”, una nuova serie di documentari sui New
England Patriots, realizzata dalla Imagine Documentaries di Brian
Grazer e Ron Howard, in associazione con NFL Films.
BIGGER THAN
US – UN MONDO INSIEME arriva nelle sale italiane
distribuito da Arthouse il 22, 23, 24, 25 e 26 aprile, in
occasione della Giornata della Terra. Il docufilm, diretto
da Flore Vasseur (Meeting Snowden) e
prodotto da Marion Cotillard, Denis Carot
e Flore Vasseur, è stato presentato per la prima
volta al festival
di Cannes 2021 in selezione ufficiale.
I protagonisti sono
giovani attivisti provenienti da tutto il mondo: Melati
Wijsen, indonesiana, che mobilitando migliaia di bambini e
turisti ha ottenuto un decreto che vieta la vendita e la
distribuzione di sacchetti di plastica, imballaggi e cannucce sulla
sua isola; Mohamad al Jounde, libanese, sfuggito
alla guerra in Siria, che ha costruito una scuola ora frequentata
da 200 bambini rifugiati siriani; Memory Banda,
dal Malawi, che ha bloccato a livello nazionale la pratica dello
stupro istituzionalizzato di giovani ragazze; Xiutezcatl
Martinez, che negli Stati Uniti porta avanti la lotta per
la giustizia ambientale; Mary Finn, che da quando
ha 18 anni fa parte delle operazioni di salvataggio dal mare dei
migranti al largo delle coste di Grecia, Turchia e Libia;
Rene Silva, che all’età di 11 anni ha creato in
Brasile il primo media per condividere informazioni e storie sulla
sua favela; e Winnie Tushabe, fondatrice di Yice,
un’iniziativa per insegnare alle persone più povere rifugiate in
Uganda le basi della permacoltura in modo da poter sopravvivere in
terre distrutte dai pesticidi.
Marion Cotillard, produttrice: “Per più di 20 anni
sono stata coinvolta in cause ambientali e sociali, cercando di
sensibilizzare la gente per un mondo più equo. Diventando mamma
poi, ho sentito subito che i miei figli avevano tanto da
insegnarmi. La nuova generazione sta scegliendo la vita e la
dignità. E ci stanno mostrando la strada. Questo è il motivo per
cui ho deciso di produrre questo film e aiutare Flore a fare luce
su Melati e su tutti questi giovani attivisti che vogliono fare la
differenza”.
Sono sei anni
che Melati, diciottenne indonesiana, combatte l’inquinamento da
plastica che devasta il suo paese. Come lei, un’intera generazione
si sta ribellando per migliorare il mondo. Ovunque adolescenti e
giovani combattono per i diritti umani, per il clima, per la
libertà di espressione, per la giustizia sociale, l’accesso
all’istruzione o al cibo; per la dignità. Soli, contro ogni
previsione, a volte rischiando la vita e l’incolumità, proteggono,
denunciano e si prendono cura degli altri e del pianeta. E cambiano
tutto.
Melati va a
incontrarli in tutto il mondo. Vuole capire come resistere e come
continuare la propria azione. Dalle favelas di Rio ai remoti
villaggi del Malawi, dalle barche improvvisate al largo dell’isola
di Lesbo alle cerimonie dei Nativi Americani sulle montagne del
Colorado, Rene, Mary, Xiu, Memory, Mohamad e Winnie ci fanno
scoprire un mondo magnifico, di coraggio e gioia, di impegno per
qualcosa di più grande di se stessi. In un momento in cui tutto
sembra andare in frantumi, questi giovani ci mostrano come vivere.
E cosa significa, oggi, fare parte del mondo.
Da venerdì 5 maggio 2023 prenderà il
via la nuova programmazione della Casa del Cinema,
che sarà gestita, su delibera di Roma Capitale, dalla Fondazione Cinema per Roma. La rinnovata linea
editoriale, curata dal Presidente Gian Luca Farinelli e dalla
Direttrice Artistica Paola Malanga, sarà
presentata ufficialmente nel mese di aprile.
In attesa della ripresa
dell’attività della Casa del Cinema, attualmente al centro di una
serie di interventi di restyling, la Fondazione Cinema per Roma
presenta il nuovo logo della struttura, realizzato da The B. Agency
e ispirato all’identità visiva della Festa del Cinema di Roma.
Attorno ai caratteri della parola “Cinema”, si delinea il profilo
dello storico edificio seicentesco che, immerso nel Parco di Villa
Borghese, a due passi da via Veneto, intende svolgere un ruolo
ancora più importante come dimora della settima arte nella
Capitale.
Apple TV+ ha svelato oggi le prime immagini e la data d’uscita
di Platonic, la nuova serie comedy interpretata e
prodotta da Rose Byrne e Seth Rogen e co-creata, diretta e co-scritta
da Nick Stoller e Francesca
Delbanco. La serie, composta da dieci episodi della durata
di mezz’ora ciascuno, farà il suo debutto il 24 maggio con i primi
tre episodi, seguiti da nuovi episodi settimanali ogni
mercoledì.
Platonic segue le
vicende di una coppia platonica di ex migliori amici prossimi alla
mezza età (Seth
Rogen e Rose Byrne) che si
riavvicinano dopo una lunga separazione. L’amicizia del duo diventa
totalizzante e destabilizza le loro vite in modo esilarante. Il
cast è composto anche da Luke Macfarlane, Tre Hale, Carla
Gallo e Andrew Lopez.
Platonic è prodotta da Sony Pictures
Television, con cui la Global Solutions di Stoller e Stoller ha un
accordo globale. Byrne, Rogen, Stoller, Delbanco e Conor Welch sono
i produttori esecutivi.
La serie segna una nuova
collaborazione tra
Apple TV+ e Rose Byrne, che è anche
protagonista di Physical, la serie Apple Original
acclamata dalla critica e pronta per debuttare con la terza
stagione nel corso dell’anno. Seth Rogen sarà anche protagonista di una
serie comedy, ancora senza titolo, che scriverà, dirigerà e
produrrà insieme a Evan Goldberg per
Apple TV+. La serie si unirà alla crescente offerta di serie
comedy di successo e pluripremiate su
Apple TV+, tra cui il vincitore dell’Emmy “Ted
Lasso“, “Shrinking“,
“Schmigadoon!“,
“The
Afterparty“, “The
Big Door Prize“, “Bad
Sisters“, “Trying”, “Mythic Quest” e altre ancora.
Oggi Netflix e Shondaland hanno svelato il
trailer, il poster e le nuove immagini di La regina
Carlotta: una storia di Bridgerton,
il prequel dell’omonima serie.
La regina Carlotta: una
storia di Bridgerton, la trama
Dedicato all’ascesa al
potere della regina Carlotta, questo prequel dell’universo Bridgerton racconta come il matrimonio della
giovane regina con il Re Giorgio abbia rappresentato non solo una
grande storia d’amore, ma anche un cambiamento sociale, portando
alla nascita dell’alta società inglese in cui vivono i personaggi
di Bridgerton.
La regina
Carlotta: una storia di Bridgerton è una miniserie
ideata e scritta da Shonda
Rhimes, diretta e prodotta da Tom Verica, che ha come
produttore esecutivo Betsy Beers. Ne Cast figurano Golda Rosheuvel
(regina Carlotta), Adjoa Andoh (Lady Danbury) e Ruth Gemmell (Lady
Violet Bridgerton) riprendono i loro ruoli di Bridgerton in questa
miniserie. India Amarteifio (Line of Duty) interpreta la regina
Carlotta da giovane, Michelle Fairley (Gangs of London) la
principessa Augusta, Corey Mylchreest (The
Sandman) il giovane re Giorgio, e Arsema Thomas la giovane
Agatha Danbury. Nel cast anche Sam Clemmett (Harry Potter e la
maledizione dell’erede – West End and Broadway, The War Below) nei
panni del giovane Brimsley, Freddie Dennis (The Nevers) in quelli
di Reynolds e Richard Cunningham (The
Witcher) in quelli di Lord Bute. Infine, Tunji Kasim (Nancy
Drew) interpreta Adolphus, Rob Maloney (Casualty) il medico reale,
Cyril Nri (Cucumber) Lord Danbury, e Hugh Sachs (Bridgerton 1 e 2)
Brimsley (da anziano).
Quando nel 1991 il film
Point Break arrivò al cinema per la regia
della oggi premio Oscar Kathryn Bigelow, questo
divenne da subito un vero e proprio cult. Thriller d’azione con
protagonisti due giovanissimi Keanu Reeves e
Patrick Swayze, è oggi considerato uno dei più
affascinanti titoli di questo genere, entrato a far parte della
cultura di massa con continui omaggi, riferimenti ed anche un
remake arrivato al cinema nel 2015. La grandezza dell’opera sta nel
suo combinare azioni spericolate a personaggi particolarmente
carismatici, con una vicenda ricca di pathos e adrenalina che
ancora oggi dimostra un livello insuperato.
Il titolo point break si
riferisce ad un preciso termine del gergo surfistico, il
quale indica il momento in cui le onde si infrangono su una
barriera rocciosa, dando vita ad un particolare tipo di onda
particolarmente stimolante da cavalcare. Solo i più esperti
surfisti riescono infatti a domare queste senza cacciarsi nei guai.
Il “punto di rottura” indica però anche quel limite oltre il quale
si verifica una brusca e talvolta imprevedibile reazione. Si tratta
dunque di una condizione che, in entrambi i casi, descrive alla
perfezione tanto il film in sé quanto i suoi due protagonisti.
Guadagnatosi oggi l’appellativo di
cult, Point Break fu un grandissimo successo già dalla sua
prima uscita. Il film arrivò infatti a guadagnare oltre 80 milioni
di dollari a fronte di un budget di 24. Tra lodi della critica e
del pubblico, si consacrò così con un proprio posto nella storia
del suo genere e del cinema. Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Point Break: la trama del film
Al centro della vicenda narrata vi è
un gruppo di quattro misteriosi rapinatori che sono soliti
svaligiare le banche indossando delle maschere raffiguranti i volti
di alcuni presidenti degli Stati Uniti. Nel giro di pochi anni,
questi hanno rapinato oltre 27 banche, raccogliendo una somma che
li ha fatto diventare il bersaglio numero uno dell’FBI. Ad
occuparsi del caso vi è il detective Angelo
Pappas, il quale si vede affiancato dal giovane
Johnny Utah. Temerario e desideroso di farsi un
nome, egli decide di infiltrarsi in un gruppo di atleti, dipendenti
dall’adrenalina, sospettati di essere i celebri rapinatori. A capo
della banda c’è il carismatico Bodhi, che insieme
agli altri ragazzi va ricercando sfide estreme con cui mettersi
alla prova.
Johnny dovrà faticare per farsi
guadagnarsi il suo posto nel gruppo ed essere così libero di
indagare su di loro. Con il passare del tempo, egli riesce infine a
guadagnarsi la stima di Bodhi, stringendo con lui una sincera
intera. In particolare, Johnny inizia a scoprirsi affascinato dalla
continua ricerca del brivido da parte del gruppo, assaggiandolo a
sua volta e rimanendone entusiasta. Ben presto, però, dovrà
iniziare a confrontarsi con i pericoli della sua missione,
specialmente nel momento in cui le rapine continueranno ad avere
luogo. Il giovane agente dovrà dunque scegliere da che parte stare,
e qualunque sarà la sua scelta potrebbe rivelarsi letale.
Point Break: il cast del film
Per interpretare il personaggio di
Johnny Utah erano stati considerati diversi attori celebri di
inizio anni Novanta, tra cui Johnny Depp. La
regista, tuttavia, insistette per avere Keanu Reeves, all’epoca
semi sconosciuto e visto solo in un film comico. I produttori
dubitavano della credibilità che l’attore potesse avere in un ruolo
action, ma la Bigelow fu irremovibile. Per interpretare il ruolo,
Reeves si allenò duramente tanto a livello fisico quanto in una
serie di sport estremi, imparando anche a praticare il surf. Allo
stesso tempo, egli ebbe modo di incontrare veri agenti FBI per
poter apprendere meglio il loro mestiere. A recitare nel ruolo del
suo collega, l’agente Angelo Pappas, vi è invece l’attore
Gary Busey.
Nei panni dello spericolato Bodhi,
invece, vi è l’attore Patrick Swayze,
all’epoca affermatosi grazie a film come Dirty Dancing e
Ghost – Fantasma. Questi a sua volta, ebbe modo di
prepararsi al ruolo allenandosi nel surf e in altre attività.
Amante del paracadutismo, l’attore insistette con i produttori per
poter eseguire personalmente le scene di skydive, rifiutando
qualsiasi controfigura. Nel film è poi presente l’attore
John C. McGinley, celebre per essere stato il
dottor Cox in Scrubs, nei panni del direttore dell’FBI Ben
Harp. Gli attori Lory Petty, James LeGros, Bojesse
Christopher e John Philbin interpretano
rispettivamente Tyler Endicott, Roach, Grommet e Nathanial, gli
altri membri del gruppo di Bodhi.
Point Break: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Point
Break è infatti disponibile nei cataloghi di
Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim
Vision e Now. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma
di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere
un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso
di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui
guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo di giovedì 23 marzo alle ore
21:00 sul canale Iris.
Beppe Fiorello ha
voluto accanto a sé tutto il cast per presentare alla stampa
Stranizza d’amuri, il suo primo lavoro dietro la
macchina da presa, che arriva esclusivamente nelle sale
cinematografiche dal 23 marzo. Il film ha avuto una lunga
gestazione, durata dodici anni, nata dall’idea di far conoscere la
vicenda del delitto di Giarre, avvenuto nelle campagne siciliane
nel 1980. A morire furono due ragazzi: Toni e Giorgio, cui capitò
di innamorarsi in un momento e in un luogo in cui quell’amore non
era considerato ammissibile.
La vicenda produttiva di Stranizza
d’amuri
Eleonora Pratelli
di Iblafilm, che ha prodotto il lavoro assieme a
Fenix Entertainment e Rai Cinema,
parla così del progetto cui ha dato vita assieme al marito, Beppe
Fiorello: “Sono almeno dodici anni che Beppe mi parla di questa
storia accaduta nella sua Sicilia, che lo aveva profondamente
colpito. Sette anni fa […] gli ho detto che era arrivato
il momento di raccontarla e che lo avrei aiutato a realizzare il
suo sogno.[…] Volevo che fosse libero di raccontare la
storia come l’aveva sempre immaginata e per questo dovevo esserci
io a proteggere la sua visione. Beppe ha sempre amato raccontare le
storie vere, perché sono importanti, tirano fuori emozioni e verità
e noi due amiamo stare dove gli altri non stanno”.
La genesi di Stranizza d’amuri
nelle parole del regista
Beppe Fiorello
ripercorre così la nascita del film: “È nato da un articolo di
cronaca che ho scoperto tredici anni fa, che celebrava il
trentennale del delitto di Giarre. Mi colpì a tal punto che mi sono
sentito quasi in colpa a non aver mai saputo di questo delitto. Non
lo conoscevo, l’ho scoperto troppo tardi, da grande. Mi sono
sentito anche un po’ corresponsabile, da siciliano, della
mentalità […] che ha insabbiato quella storia”. È
questo episodio ad aver fatto nascere il desiderio di farne un film
e dirigerlo, una vera e propria esigenza, afferma Fiorello:
“Un’esigenza, non una voglia di fare il regista. Non ho fatto
questo film per fare il regista, ma per raccontare questa storia.
Ho immaginato immediatamente, mentre leggevo quell’articolo, che la
avrei raccontata, ma che dovevo stare un passo indietro, esserne,
appunto, il regista. […] Ho iniziato, quindi, un percorso
di ricerca anche di genere, su come l’avrei fatto. Ci sono voluti
molti anni. Avrei potuto scegliere una linea investigativa e fare
un film di genere. […] Ma non c’erano gli elementi reali
perché io potessi poi sbandierare con orgoglio una verità. Perché
non c’è mai stata una verità su quel delitto. […] Sono
emerse solo due ipotesi: omicidio o omicidio suicidio. […] Allora
mi sono affidato alla mia immaginazione, scegliendo con coraggio
più che una tematica, la poetica. Ho immaginato un’estate di due
ragazzi che si incontrano e fanno un percorso di vita
insieme”.
Le fonti e le indagini sul delitto
di Giarre
“Abbiamo fatto ricerche prima di
scrivere”, racconta Fiorello. Per quanto
riguarda le indagini, il regista e uno degli sceneggiatori,
Carlo Salsa, ricordano come queste siano state
assai brevi e timide. Fiorello: “C’era stato
un inizio di indagine, addirittura un sospettato, che si dichiarò
colpevole e dopo una settimana ritrattò […] Era un bambino
di 12 anni, il nipote di uno dei due ragazzi. Poi si chiuse la
questione investigativa, finì tutto. Si catalogò, credo, come
omicidio suicidio. Io mi sono fatto una mia idea. Forse è stato
fatto perché lavava meglio le coscienze. […] Ma la scena
del delitto parlò abbastanza chiaramente sul fatto che non fosse un
omicidio-suicidio”. Carlo Salsa conviene col
regista: “Le indagini sono state molto timide. Sostanzialmente
si è messo in atto un meccanismo di insabbiamento totale da parte
di entrambe le famiglie. Nessuna delle due aveva interesse a
scoprire qualcosa di più. A tutti conveniva pensare che fosse un
suicidio”.
La mentalità di allora e quella di
oggi sull’amore omosessuale
Fiorello ha poi l’opportunità di
chiarire la sua idea dell’adolescenza come di un’età piena di
energia e vitalità in cui il rapporto con gli amici, coi propri
pari, è strettissimo e fondamentale e in cui, in maniera naturale,
il confine tra amicizia e amore diventa labile: “Ho preso in
prestito anche la mia adolescenza, i miei ricordi. […] C’è
una parte di me in quei due ragazzi. C’è quel tratto di vita che
trovo sia divino: l’adolescenza. Un momento in cui ci si ama tra
amici, pur non essendo omosessuali. Io ho amato i miei amici. Ci
amavamo veramente”. Ed evidenzia la “purezza” di
questo tipo di amore. Per quel che riguarda il discorso sociale e
politico sull’omosessualità, Fiorello aggiunge: “Conosco la
Sicilia, la questione dell’omertà, delle paure, del non capire un
amore, ma dentro di me speravo di fare un film storico, di
raccontare come eravamo. In realtà, qui la questione si
ripete”. “L’amore adolescenziale va al di là di tutti i
discorsi politici. […] Noi siamo arretratissimi rispetto
agli adolescenti che si guardano e si amano. […] Si tratta
di essere persona che ama una persona. […] Non ci vorrebbe
nemmeno una legge per proteggere gli omosessuali o chi si vuole
amare. In un mondo meraviglioso e perfetto non ci vorrebbero i
dibattiti politici perché dovrebbe essere tutto naturale e
normale”. E a chi parla di Stranizza
d’amuri come di una storia di coraggio risponde:
“E’ un peccato pensare che per amarsi ci voglia coraggio.
Bisognerebbe amarsi per amarsi, con amore, non coraggio”.
Stranizza d’amuri, aggiunge: “vuole
essere un inno alla vita, alla libertà di amarsi … di viaggiare
liberi col vento in faccia”.
La differenza tra cinema e tv.
Per Beppe Fiorello, amato attore di
fiction televisive, ma anche di cinema, non poteva mancare in tempi
di crisi delle sale e grande auge della serialità televisiva e
dello streaming, una domanda sulla differenza tra i due mezzi,
cinema e tv. L’attore e regista risponde: “La differenza può
essere sostanziale o meno, ma dipende dalla storia, non dal mezzo.
Dipende da cosa gli autori propongono al pubblico. Mi piacerebbe
che tornasse un po’ di più il cinema, però io ho sempre puntato
prima alla storia e poi al suo destino”. “Non trovo
differenze, se non quella di esperienza emotiva e sensoriale.
Condividere un film in una sala come questa è una bellissima
esperienza. Vedere un film o una fiction a casa è un altro tipo di
esperienza, più distratta, meno focalizzata su ciò che stiamo
vedendo”. Parlando poi della fruizione delle serie tv, la
definisce un’esperienza ai limiti del patologico: “Sulla mia
pelle sento quasi patologica la visione di una serialità. Mi crea
dipendenza, e non mi piace vedere un film o una serie con la
dipendenza.[…] Non è una bella esperienza secondo me, sta
diventando controproducente per la salute. Quanti di noi hanno
fatto tardi per vedere una serie? A quel punto non la vedi più
perché ti interessa la storia, ma per far sapere che l’hai
vista […] Non ti rimane un’emozione. Forse oggi punterei
più al cinema”.
Gli interpreti e i loro
personaggi
La parola passa poi ai protagonisti
del film. Gabriele Pizzurro, che interpreta Nino,
uno dei due personaggi principali, racconta così la sua esperienza
sul set: “Interpretare Nino è stato bellissimo. È un
personaggio che ha molto di me, per quanto riguarda la purezza, io
mi definisco molto simile a Nino per alcuni aspetti. Altri
ovviamente sono diversi. Col mio compagno di avventura,
Samuele [Segreto, nel ruolo
di Gianni, che non ha potuto essere presente ndr], posso dire
di aver vissuto ciò di cui prima parlava Beppe: il fatto che ci si
innamori quasi degli amici, per entrare nel personaggio. Alcune
scene necessitavano questo trasporto. Io devo dire che c’è stato.
Porto a casa una bellissima esperienza formativa, sia a livello
umano che lavorativo”. Fabrizia
Sacchi, che ha dovuto calarsi nei non facili panni
della madre di Nino, parla di Stranizza
d’amuri come di “un’esperienza vera”.
“Dal primo momento in cui Beppe ci ha chiamati, sono andata due
giorni a Pachino a vedere i luoghi. È stato un percorso diverso di
preparazione al film rispetto ad altre volte. […]
Un’immersione totale […] in questa storia, in questa
realtà, nei profumi, nei colori. Siamo stati immersi in questi
personaggi, alla fine non potevamo che essere noi“. Prosegue
parlando del lavoro sul personaggio di Carmela, animato da due
forze: “Dentro di me c’era la forza oscura […] degli
anni 80, di chi non ha parlato, […] dell’ignoranza, di
vivere in un certo tipo di cultura. Però […] sentivo anche
una forza molto viva e bella di madre che protegge il cucciolo,
anche se disastrato, e non permette che gli si faccia del
male”. Simona
Malato, che interpreta Lina, l’altra madre del film,
ne parla così: “Lina, diversamente dalla famiglia di Nino, si
trova già in una condizione di stranezza. […] la vive dentro di sé.
Ho sempre pensato che se avesse avuto il coraggio di assumerla,
avrebbe preso il figlio per mano e sarebbe volata via con lui.
Invece non ce la fa e resta imbrigliata nel suo silenzio e nella
sua incapacità di opporsi, nonostante la passione enorme e
coinvolgente che ha nei confronti di suo figlio”.
L’ambientazione di Stranizza
d’amuri
“Per l’ambientazione“,
afferma Fiorello, “ho tratto ispirazione da un regista che amo
moltissimo. Vidi Roma, di Alfonso Cuaron, che mi colpì
moltissimo. […] Disse in un’intervista che aveva voluto
ambientarlo durante la rivoluzione, la battaglia civile nel suo
paese. Questo mi ha […] suggerito di ambientare questa
piccola, tragica storia, mentre l’Italia era in un momento di
grandissima positività”. La vicenda è ambientata, infatti,
nell’estate del 1982, durante i campionati del mondo che saranno
poi vinti dall’Italia. L’idea era dunque quella di “appoggiare
questa storia intimista, nascosta in un angolo della provincia
siciliana, ad un momento universale”.
Franco Battiato e la musica in
Stranizza d’amuri
“Le canzoni sono state un’altra
fonte di ispirazione”, racconta Fiorello. “Franco
Battiato in particolare. Stranizza d’amuri mi sembrava
avesse trovato la sua casa naturale nel dare il titolo a questo
film. La canzone racconta di un amore impossibile in tempo di
guerra. […] Mi sembra che Gianni e Nino combattano una guerra”
Prosegue ricordando il proprio legame con la musica di Franco
Battiato: “Battiato è stata la colonna sonora della mia
adolescenza. La voce del padrone l’ho consumato.
Summer on a solitary beach non suonava più per
quanto l’ho ascoltata. È una canzone che ho tramandato ai miei
figli”. “Battiato non poteva non essere nel film. Perché
sentivo naturale la sua partecipazione”. Così come naturale è
stato coinvolgere Giovanni Caccamo nel lavoro alle
musiche originali: “Ho pensato subito a lui, perché ha dentro
quell’amico, quell’ispiratore, quel mentore che è Franco
Battiato”. Gli fa eco Caccamo stesso, che si dice
profondamente coinvolto a livello emotivo dalla storia e dal modo
in cui Fiorello ha saputo raccontarla, ricordando poi, a proposito
del film, una frase del maestro Battiato :“C’è una frase che mi
disse Franco […] e che rivedo in questo tuo lavoro: Avrai
solo una strada per rimanere un uomo e un artista libero,
ricordarti sempre di scardinare la tua arte da ogni fine. Io in
Stranizza d’amuri vedo questo e te ne sono
grato”.
Stranizza d’amuri, Giarre e la
dedica a Toni e Giorgio
Infine, Fiorello precisa con
orgoglio che il film sarà in sala anche a Giarre, luogo in cui
avvenne il delitto di Toni e Giorgio: “Questa notizia mi ha
emozionato tantissimo”, e coglie l’occasione per spiegare la
scelta di girare il film sì in Sicilia, ma non a Giarre:
“Sentivo di non dover rischiare di turbare la serenità di
qualcuno, persone che sono certo che ancora oggi, nonostante le
scelte che hanno fatto e che abbiamo raccontato, stanno sicuramente
soffrendo. […] Allora mi sono discretamente allontanato,
non di molto. Sono stato vicino a Toni e Giorgio, […] ma
mi sentivo più tranquillo, come per non disturbare”. Alla
dedica ai due ragazzi però tutto il cast tiene molto ed anche a
ricordare quel movimento di coscienze che si mise in atto dopo il
delitto.
Movimento che, spiega il regista,
“mi dà l’opportunità per proporre al mondo una Sicilia
diversa”. Non quella mafiosa o criminale, che torna oggi alla
ribalta delle cronache con l’arresto di Messina Denaro, ma quella
che si batte per i diritti civili: “Nasce proprio nella mia
terra il movimento per i diritti degli omosessuali. In quella terra
che invece è conosciuta solo per patriarcato e mafia”.
Luigi Carollo, coordinatore del Palermo Pride,
ricorda quel movimento: “Le cose stavano cambiando. I fatti di
Giarre accelerano una svolta nel movimento gay […] e nasce a
Palermo il primo circolo Arcigay. […] Nasce nella mia città nel
1980 e solo dopo cinque anni diventa un’associazione
nazionale”. Prodotto da Iblafilm e
Fenix Entertainment con Rai
Cinema e distribuito da Bim,
Stranizza d’amuri è al cinema dal 23
marzo.
Nell’elenco dei film più celebri e
apprezzati della storia del cinema non può mancare
Colazione da Tiffany, vero e proprio
classico del 1961 diretto dal noto regista Blake
Edwards. Divenuto un simbolo culturale ed estetico, il film si
affermò come uno dei più apprezzati del suo anno, arrivando a
vincere due Oscar a fronte di cinque nomination, rispettivamente
per la miglior colonna sonora e la miglior canzone originale
Moon River.
Il film contribuì inoltre a
consacrare ulteriormente la carriera dell’attrice Audrey
Hepburn, il cui ritratto di Holly Golightly è indicata
come una delle interpretazioni femminili più memorabili di tutti i
tempi e una delle più importanti per la sua carriera. La Hepburn
ottenne infatti una nomination all’Oscar per il suo ruolo, e se
anche non riportò la vittoria ebbe modo di affermarsi ulteriormente
nell’immaginario collettivo e culturale.
Tratto dall’omonimo romanzo di
Truman Capote, pubblicato nel 1958, il film vede
presenti in sé diverse modifiche rispetto al testo su cui si basa.
Tali modifiche, che verranno approfondite più avanti, furono motivo
di particolare scontento per Capote, ma permisero al film di
ottenere un più ampio consenso di pubblico. Questi arrivò infatti
ad incassare complessivamente a livello mondiale la cifra di 14
milioni. All’epoca si trattava di un considerevole guadagno,
specialmente a fronte del suo budget di soli 2.5 milioni di
dollari.
La trama e il cast del film
Colazione da Tiffany
Ambientato a New York, il film narra
la storia di Holly Golightly (Audrey
Hepburn), elegante e giovane ragazza che ama guardare
le vetrine di Tiffany e si mantiene facendo l’accompagnatrice. La
sua vita cambia nel momento in cui fa la conoscenza del suo nuovo
vicino di casa, Paul Varjak (George Peppard).
Holly, la cui idea è quella di trovare un ricco uomo da sposare,
vede sconvolgersi i suoi piani dopo tale incontro. Trascorrendo del
tempo insieme a Paul, Holly se ne scopre infatti innamorata, ma
rifugge questo sentimento per paura di stravolgere la sua vita.
Dovrà a questo punto fare i conti con sé stessa e con il suo
passato per trovare la serenità da sempre ricercata.
Per il ruolo della giovane Holly lo
studios di produzione decise che Audrey
Hepburnera l’attrice giusta.
Questa, tuttavia, non la pensava allo stesso modo e in più
occasioni affermò di non sentirsi adatta per la parte. In
particolare, le fu difficile, da persona introversa, interpretare
una personalità tanto estroversa come quella di Holly. Alla fine,
però, questo divenne uno dei suoi ruoli più popolari, e la Hepburn
ebbe un salario di circa 750 mila dollari, che fece di lei
l’attrice più pagata per un singolo film dell’epoca.
Le riprese non furono però semplici
per l’attrice, la quale per via della sua insicurezza riguardo al
ruolo arrivo a perdere peso per via dello stress, trovandosi così a
dover seguire una specifica dieta per riguadagnarlo. La Hepburn si
affezionò però molto al progetto, e in particolare alla canzone
composta appositamente per lei, Moon River, che esegue nel
corso del film. È infatti noto che quando i produttori proposero di
tagliare il brano, l’attrice si oppose fermamente affermando che
per farlo avrebbero dovuto passare sul suo cadavere.
Colazione da Tiffany: le
differenze con il romanzo
Benché si basi sul romanzo di
Capote, la sceneggiatura del film seguì ben poco quanto in esso
narrato. Diverse sono state infatti le modifiche attuate, che
resero particolarmente scontento l’autore dell’omonimo libro. In
particolare, nel vendere i diritti alla Paramount, questi espresse
il desiderio che ad interpretare il personaggio di Holly fosse
l’attrice
Marilyn Monroe. Lo studios
preferì però assegnare la parte alla Hepburn, deludendo lo
scrittore. Da lì ebbero inizio una serie di scontri tra lo
scrittore e i produttori, che portarono a dar vita ad un film tanto
apprezzato quanto poco fedele alla sua opera di partenza.
Quella di Capote, infatti, era
tutt’altro che una commedia, ma la storia venne riadatta per poter
sfoggiare le caratteristiche e le convenzioni di tale genere. Il
finale del romanzo, ad esempio, è molto meno accomodante e non
presenta affatto un lieto fine. Qui, infatti, i due protagonisti
finiscono con il separarsi per non rivedersi mai più. I produttori,
tuttavia, decisero che il pubblico aveva bisogno di un happy
ending dopo le sofferenze della guerra, e decisero perciò di
modificare il finale. Questo vede dunque il coronamento dell’amore
tra i due protagonisti, i quali finalmente si possono scambiare un
bacio.
Particolari modifiche vennero
effettuate inoltre per quanto riguarda il personaggio di Holly.
L’allusione alla sua bisessualità, elemento fondamentale nel libro,
viene nel film totalmente rimossa, giudicata non adeguata al tono
che i produttori volevano conferire al film. Allo stesso modo, il
rapporto che la protagonista intrattiene con gli uomini che
incontra e a cui si accompagna è reso meno esplicito. Per Capote,
invece, Holly è una versione americana della geisha, che differisce
dalla tradizionale escort a chiamata. Nonostante lo scontento dello
scrittore, il quale si sentì truffato dalla Paramount, come
accennato il film ottenne ampi consensi di critica e pubblico.
Inoltre, è oggi ricordato come un classico della commedia americana
degli anni Sessanta.
Il trailer di Colazione da
Tiffany e dove vedere il film streaming
Per gli appassionati del film, o per
chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. Colazione da
Tiffany è infatti presente su Chili Cinema,
Rakuten TV, Google Play, Infinity, Apple iTunes, Netflix e Amazon Prime Video. In base alla
piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo. In questo modo
sarà poi possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio
della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo di giovedì 23 marzo alle ore
21:10 sul canale TwentySeven.
Uno dei film del momento su
Netflix è il thriller francese
Re dell’ombra, disponibile dal 17
marzo sulla piattaforma streaming. Diretto da
MarcFouchard, regista al suo
terzo lungometraggio dopo Break e Hors du monde,
in questo si snoda una complessa vicenda che vede contrapposti due
fratelli, i quali danno dunque luogo ad una vera e propria faida
famigliare in nome di un desiderio di potere e supremazia che
difficilmente porterà qualcosa di buono nelle loro vite. A partire
da questa premesse si svolge dunque un racconto particolarmente
teso, cupo, ricco di colpi di scena e riflessioni morali.
Un racconto che non si esprime però
unicamente nel suo proporre tematiche legate alla criminalità,
bensì si apre anche ad un più ampio discorso sulle condizioni degli
immigrati in Francia e in particolare sulla vita degli immigrati di
seconda generazione. I due fratelli, infatti, sono personaggi
attraverso cui far emergere quel disagio sociale tanto diffuso
nelle periferie e nelle province, ma anche la forza di chi vive in
tali condizioni di ribellarsi all’ordine precostituito. Quello di
Fouchard è dunque un film che all’intrattenimento dato dai canoni
del genere mescola anche importanti riflessioni sociali e
politiche.
Date queste sue caratteristiche, non
sorprende il successo che stia ottenendo. Attualmente, su Netflix
ricopre il 5° posto nella Top 10 dei film più visti in
Italia. A dimostrazione che è possibile proporre un cinema
impegnato che sappia però anche attrarre un ampio pubblico. Un film
italiano grossomodo simile a Re dell’ombra, seppur con
numerose differenze, è Il legionario, del
2022, dove si propone un racconto basato sul conflitto esistente
tra due fratelli di colore, uno dei quali divenuto poliziotto. In
entrambi i film emerge infatti la volontà di indagare i conflitti
famigliari in relazione al contesto sociale in cui si nasce e
cresce.
La trama e il cast di Re dell’ombra
Protagonisti del film sono i
fratelli Ibrahim e Adama. Non
vedente da bambino, dopo essere stato investito da un’automobile,
Adama cresce in un quartiere difficile in una non meglio definita
città francese, dove anni prima suo padre era giunto dall’Africa
per realizzare i propri sogni. Dopo un viaggio nella sua terra
natale, l’uomo torna lì con la sua seconda moglie, madre di Adama e
tutto ciò cambierà per sempre gli equilibri della famiglia Kità.
Una convivenza forzata, difficile, decisa dal capofamiglia, che
costringe le sue due mogli a vivere sotto lo stesso tetto.
Ciò trasformerà inevitabilmente il
giovane Ibrahim nel capo di una banda criminale che tiene sotto
scacco l’intero quartiere. I due fratelli sviluppano dunque un
pessimo rapporto e per questo Adama cerca di stare lontano quanto
più possibile da Ibrahim e dai suoi loschi affari. La lontananza
tra i due viene però a dover essere messa da parte quando il loro
padre muore, lasciandogli il compito di gestire quanto dovuto.
Questa forzata riunione di famiglia, però, difficilmente potrà
portare a qualcosa di buono, specialmente considerando che Ibrahim
si trova nel bel mezzo di una guerra tra bande nemiche.
Ad interpretare Adama, vi è l’attore
Alassane Diong, precedentemente visto anche in
film come Separati ma non troppo, Black
Tide – Un caso di scomparsa e I ragazzi francesi. Suo
fratello Ibrahim è invece interpretato dal rapper francese
Kaaris, prima di Re dell’ombra apparso
anche in Overdrive e Rogue
City. L’attrice Assa Sylla, celbre per essere
stata Imane nella versione francese della serie Skam e per
aver recitato nei film Diamante nero e
L’ultimo mercenario, è invece qui impegnata ad
interpretare Aissata, sorella dei due protagonisti. L’attore
Issaka Sawadogo è invece Ousmane Keita, il padre
dei tre.
Il trailer di Re
dell’ombra e dove vedere il film in streaming
Come anticipato, è possibile fruire
di Re dell’ombra unicamente grazie alla
sua presenza nel catologo di Netflix. Per vederlo,
basterà dunque sottoscrivere un abbonamento generale alla
piattaforma scegliendo tra le opzioni possibili. Si avrà così modo
di guardare il titolo in totale comodità e al meglio della qualità
video, avendo poi anche accesso a tutti gli altri prodotti presenti
nel catalogo.
L’attrice Imelda
Staunton è una delle icone inglesi della recitazione. Una
vera e propria veterana del cinema, della televisione e del teatro,
che negli anni ha dato vita a personaggi straordinari, passando con
grande naturalezza dalle opere più autoriali fino ad una saga
blockbuster come Harry Potter. Basta leggere la sua
filmografia per rendersi conto dell’importanza di quest’attrice,
che ancora oggi continua a regalare interpretazioni
straordinarie.
Ecco 10 cose che non sai su Imelda
Staunton.
Imelda Staunton: i suoi film e le serie TV
1. Ha preso parte a celebri
film. Dopo anni di teatro, nel 1986 la Staunton ha
debuttato anche al cinema con il film Comrades. Rivela poi
ulteriormente il suo talento grazie a Antonia e Jane
(1991), per poi recitare in Gli amici di Peter (1992),
Molto rumore per nulla (1993), di Kenneth
Branagh, Ragione e sentimento (1995), di
Ang Lee, La
dodicesima notte (1996) e Shakespeare in Love (1998).
Nel 2004 si consacra grazie a Il segreto di Vera Drake
(2004), ottenendo anche una nomination all’Oscar. Recita poi in
Nanny McPhee – Tata Matilda (2005) e assume il ruolo di
Dolores Umbridge nei film Harry Potter e l’Ordine della
Fenice (2007) e Harry Potter e i Doni della Morte –
Parte 1 (2010). Altri film in cui la si ritrova sono
Another Year
(2010),1921 – Il mistero di
Rookford (2011), Pride(2014), Maleficent (2014), Ricomincio da me
(2017), Downton Abbey (2019) e
Downton Abbey II – Una nuova
era (2022).
2. Ha recitato anche in note
serie TV. Oltre al cinema, la Staunton ha recitato anche
per la televisione in diverse occasioni, ad esempio nelle miniserie
Cambridge Spies (2003) e Fingersmith (2005). Ha
poi recitato anche nei film TV Cittadino X (1995), Uno
zoo in famiglia (2005) e The Girl – La diva di
Hitchcock (2012). Tra il 2010 e il 2011 ha partecipato ad
alcuni episodi di Psychoville, mentre dal 2022 è tornata
alla ribalta sul piccolo schermo con il suo ruolo della regina
Elisabetta II in The Crown.
3. È anche
doppiatrice. Oltre ad aver recitato concretamente davanti
la macchina da presa per cinema e televisione, l’attrice ha in
diverse occasioni lavorato anche come doppiatrice. Ha ad esempio
dato voce al personaggio di Bunty nel film d’animazione Galline
in fuga (2000), mentre nel 2010 ha dato voce ai grandi fiori
nel film Alice inWonderland. Ha poi doppiato
Mrs. Santa in Il figlio di Babbo Natale (2011), Regina
Victoria in Pirati! Briganti da strapazzo (2012) e la
zia Lucy in Paddington (214) e Paddington 2
(2017).
Imelda Staunton è Dolores Umbridge
in Harry Potter
4. È stata la prima scelta
per il ruolo. Quando è arrivato il momento di introdurre
il temibile personaggio di Dolores Umbridge nella
saga di Harry Potter, i produttori non avevano dubbi sul
fatto che dovesse essere la Staunton ad interpretarlo. L’attrice
era infatti giudicata l’unica in grado di poter rendere davvero
odiosa la Umbridge al cinema, facendo sì che fosse difficile
simpatizzare per lei. La Staunton, pur riconoscendo la difficoltà
di tale ruolo, non si tirò indietro e accettò la sfida, riuscendo a
dar vita ad uno degli antagonisti più memorabili della saga.
5. Ha lavorato a stretto
contatto con la costumista per l’aspetto del personaggio.
In preparazione per il personaggio, la Stauntone la costumista
Jany Temime hanno avuto l’idea di rendere il
vestito più imbottito e più saturo man mano che il film procede, in
quanto il romanzo descrive la Umbridge come fisicamente paffuta,
simile ad un rospo. Tali cambiamenti avrebbero inoltre accentuato
il suo divenire sempre più malvagia, un aspetto accentuato anche
dal colore del suo abito, che da rosa sgargiante diventa sempre più
cupo.
Imelda Staunton in The Crown
6. Interpreta la celebre
regina inglese. Dopo essere stata interpretata da Claire Foy e
Olivia Colman,
per la quinta e sesta stagione di The
Crown la regina Elisabetta II ha il volto della Staunton.
Nell’assumere il ruolo l’attrice ha raccontato di aver provato una
certa paura, in quanto la sua versione della regina è quella che
tutti conoscono meglio in quanto ovviamente più legata al presente.
Nell’interpretarla, dunque, ha dovuto trovare un giusto equilibrio
tra la fedeltà alla vera regina e una propria versione di lei.
7. Si è preparata al ruolo
in diversi modi. Per poter entrare nei panni e nella
psicologia della regina, l’attrice si è aiutata grazie al lavoro
svolto da truccatori, che senza strafare le hanno permesso di
cambiare aspetto quel tanto che bastava affinché potesse sentirsi
più vicina al ruolo. Allo stesso tempo, la Staunton ha lavorato con
un coach di dialetto e di postura per acquisire un tono più regale
tanto nel parlato quanto nei movimenti. L’interpretazione
dell’attrice è poi stata particolarmente apprezzata per il suo
onorare la vera regina.
Imelda Staunton in Downton Abbey
8. Ha recitato accanto a suo
marito.JimCarter,
marito della Staunton, è noto in particolare per aver recitato nel
ruolo del maggiordomo Carson nell’acclamata serie televisiva
Downton Abbey. Nei due film che sono poi stati realizzati
in seguito al termine di questa, la Staunton ha avuto modo di
recitare accanto al marito nei panni di Lady Bagshaw. Nel secondo
film, inoltre, c’è una scena in cui i loro due personaggi vengono
scambiati per una coppia, cosa che nella realtà, appunto, i due
sono davvero.
Imelda Staunton: il marito e il figlio
9. Suo marito e sua figlia
sono a loro volta degli attori. L’attrice inglese Imelda
Staunton e l’attore Jim Carter si sono conosciuti
nel 1982 durante le prove per Guys and Dolls di Richard Eyre
al National Theatre. Come disse la Staunton: “Abbiamo lavorato
assieme per un anno ed è stata una lenta combustione anziché una
corsa eccitante di passione.” I due si sono poi sposati nel
1983 e oggi hanno una figlia, Bessie, nata nel
1993. La figlia ha poi seguito le orme dei genitori, divenendo a
sua volta un’attrice. La si può ad esempio ritrovare in
Bridgerton nel ruolo di Prudence
Featherington.
Imelda Staunton: età e altezza dell’attrice
10. Imelda Staunton è nata a
Londra, Inghilterra, il 9 gennaio del 1956. L’attrice è
alta complessivamente 1,52 metri.
La nuova commedia di
Alessandro Aronadio con Edoardo Leo, Era
Ora, remake dell’australiano
Come se non ci fosse un domani, ha
stabilito un importantissimo risultato nella sua prima settimana di
disponibilità su Netflix. La pellicola ha infatti aperto al
primo posto della Top Ten di Netflix per quanto
riguarda i film in lingua non inglese, con un
risultato di 11,55 milioni di ore viste, superando
il film tedesco Niente di nuovo sul fronte
occidentale (9,5M), tornato nelle posizioni alte
della classifica dopo gli Oscar vinti.
Si tratta di un risultato
particolarmente, che porta Era Ora al
fianco di titoli come Il mio nome è
vendetta, Non mi uccidere, Love & Gelato e Yara, film
italiani che negli scorsi mesi avevano a loro volta raggiunto
ottime posizioni in tale classifica. Ad annunciare tale traguardo
di Era Ora, oltre alla stessa Netflix, è lo stesso
regista, che tramite il proprio account Facebook ha scritto:
“Era Ora è il film non in lingua inglese più visto al
mondo su Netflix con, secondo i dati usciti ieri sera, 11.500.000
di ore di visioni. Significa che in quattro giorni (siamo usciti il
16 marzo) EraOra è stato visto più o meno da sei milioni di
persone”.
Per chi non l’avesse ancora visto,
il film (qui la recensione) ruota intorno
a Dante, la cui vita si basa interamente sul proprio lavoro, di
fatto perdendo tutti gli altri momenti importanti che invece
dovrebbe godersi. Quando ad un certo punto Dante inizia ad
accorgersi che ogni nuovo giorno che vive corrisponde ad un anno in
più. Un vero e proprio incubo temporale, dal quale Dante dovrà
riuscire a sfuggire prima che perda tutti i momenti migliori della
sua esistenza.
L’atteso sequel di
Shazam! del 2019 è finalmente arrivato.
In Furia degli Dei tornano sia il regista
David F. Sandberg che l’eroe protagonista
interpretato da Zachary
Levi. A due anni da dove si era fermato il capitolo
precedente, nel nuovo film
DCEU incontriamo Billy Batson
(Asher Angel) e la sua “Shazamiglia” alle prese con
le figlie di Atlas – Hespera (Helen
Mirren), Kalypso (Lucy
Liu) e Anthea (Rachel
Zegler). Al centro della vicenda c’è un complotto
organizzato dalle dee per rubare e aggiustare il bastone
spezzato del Mago Shazam.
Shazam! Furia degli
dei non è un prodotto isolato: non solo è un sequel, non
dimentichiamo che il film è inserito nel più vasto
Universo della DC. Nel
lungometraggio non mancano infatti i rimandi ai fumetti e al più
vasto DCEU: ecco gli Easter
eggs più interessanti!
L’intro
della DC resta (nonostante i
cambiamenti)
Nonostante i cambiamenti avvenuti
recentemente all’interno della
DC, Shazam! Furia degli
Dei si apre comunque con l’intro tipica del
DCEU. L’introduzione della
DC arriva anche se la Warner
Bros. ha recentemente sostituito il brand DC
Films con quello di DC Studios. Non
a caso, alla fine del 2022 James
Gunn e Peter Safran sono stati
nominati co-amministratori delegati di DCStudios. Forse l’inizio del film vuole evidenziare
il distacco del prodotto – presumibilmente realizzato prima del
rebranding – rispetto al nuovo regime dei DC
Studios.
Un personaggio di Peacemaker
in Shazam! 2
La sequenza di apertura di
Shazam! Furia degli Dei introduce un primo grande
Easter egg: l’attore Rizwan Manji appare come
un addetto del museo. Rizwan Manji è un volto
familiare per i fan della DC perché ha
interpretato Jamil il custode nella serie
DCPeacemaker. Inizialmente, il ruolo sembra
simile, ma non è lo stesso: nel corso del film si scopre che il
personaggio di Manji questa volta si chiama
Docent. A conferma del distacco tra le due parti,
seppur interne allo stesso franchise, in Shazam
2 vi è anche la morte di Docent.
Divinità provenienti dall’Antica
Grecia e dai fumetti
Shazam! Furia degli
Dei si distacca notevolmente dall’universo DC
comics da cui proviene, soprattutto per quanto riguarda i
cattivi. Tradizionalmente, i film di supereroi riprendono i
personaggi della carta stampata, magari cambiando qualche aspetto,
per creare villain riconoscibili dai fan dei fumetti. Non è il caso
di Shazam
2: Hespera, Kalypso e Anthea
non sono mai apparsi nelle pagine della DC, ma
sono divinità tratte dalla mitologia greca. Al contrario, il loro
padre Atlas arriva dai fumetti: è anch’esso un dio
dell’Olimpo ed è simile a Zeus, il padre di Wonder Woman. Anche la
madre Nyx viene dalla carta stampata, dove
interpreta la dea della notte e della morte.
I riferimenti agli eroi della
Justice League
Diversi membri della
Justice League vengono menzionati
all’inizio di Shazam 2. Durante un incontro con un
terapeuta, Shazam fa riferimento a Flash
definendolo ”un altro supereroe con un fulmine giallo sul costume,
ma che non è così veloce (come lui)”. Nel corso della stessa
sequenza, l’eroe parla anche di Aquaman e di Batman. Questi riferimenti
ad altri supereroi non fanno che ricordare allo spettatore che
Shazam! Furia degli Dei si svolge all’interno
del più grande franchise DCEU.
Annabelle
nella DC?!
L’ufficio del terapeuta
appena citato nasconde un divertente Easter egg che va oltre i
confini della DC. In questa scena di
Shazam! Furia degli Dei appare la bambola
Annabelle del franchise Conjuring. Il
fil rouge tra i due film è il regista: nel
2017, David
F. Sandberg ha infatti diretto Annabelle:
Creation. Questo curioso riferimento ai primi film di
Sandberg getta anche un’inquietante ombra
sull’Universo DC. Cosa ci
fa Annabelle tra gli amati supereroi di
Shazam 2?
Un Easter egg di Starro
in Shazam 2
Il cattivo di The Suicide
Squad, Starro il Conquistatore ritorna
nell’Universo DC. Sempre nella scena della visita
con il terapeuta, l’alieno a forma di stella marina appare in un
alfabeto illustrato: Starro è il simbolo legato alla
lettera “S”. Dopo la sconfitta in The Suicide Squad,
questo non è propriamente un ritorno in azione per Starro.
Tuttavia Shazam 2 fa capire che l’alieno è un
personaggio noto all’interno della DCEU.
S is for Starro. Shazam movies top tier
cause they make it feel like a combined universe.
#SDCC
#ShazamFuryOfTheGods
In Shazam 2 si
svolge una scena su un campo da bridge. Nella sequenza, Freddy
Freeman (Jack Dylan Grazer)
ritiene che Billy debba essere la sua spalla e scherza sul
nome da supereroe che Shazam potrebbe
adottare. Freddy si è rinominato Captain Every
Power e, a suo dire, Shazam dovrebbe
chiamarsi Captain Every Power Jr. La scena è un
ironico riferimento al vero nome di Freddy nei
fumetti: Capitan Marvel Jr. o Shazam
Jr. La situazione, durante la partita di bridge sembra
essersi invertita.
Un romance tra Superman e Wonder
Woman
La prima scena che mostra
la Roccia dell’Eternità in Shazam! Furia degli
Dei contiene un Easter egg che
fa riferimento alla storia d’amore tra Superman e
Wonder Woman. Su un muro intravediamo vari ritagli di
giornale carichi di notizie sui supereroi della squadra di
Shazam. Tra i vari pezzi, ce n’è uno che allude a una
relazione tra Superman e Wonder Woman.
L’articolo rimanda principalmente ai fumetti, dal momento che nel
film Superman (Henry Cavill) è insieme a
Lois Lane (Amy Adams) e Wonder
Woman (Gal Gadot) ha in mente
solo Steve Trevor (Chris Pine).
Un richiamo a Rosso Boccalarga
in Shazam 2
Le tigri appaiono più volte in
Shazam 2, sia come elemento
visivo sia come giocattolo. Inoltre, c’è un chiaro riferimento
all’aiutante della tigre di Shazam nella
scena dell’incidente al ponte. Lì, Darla
(Faithe Herman) decide di salvare due gattini e ne
tiene uno per sé. Dopo averlo portato a casa, Darla
sceglie di chiamare il gatto Tawny. L’Easter egg rimanda
appunto Tawky Tawny (o Rosso Boccalarga), la
tigre che aiuta regolarmente la Shazamiglia nei
fumetti.
Gli occhiali di Wonder Woman
Una battuta in Shazam
2 porta in luce il tema dei travestimenti dei supereroi.
In particolare, Freddy scherza sul look di
Mary (Grace Fulley), che indossa occhiali
da sole e tenta di avere una vita normale, ma non riesce a
mascherare il suo aspetto da supereroe. Mentre parla,
Freddy evidenzia che Wonder Woman non
indossa nessun occhiale per cercare di nascondere la sua identità.
La frase è un ironico riferimento ai film in cui Wonder
Woman (Lynda Carter o Gal
Gadot) si comportava esattamente come Mary.
Il finto cameo di Wonder Woman
Il primo Shazam!
finiva con un cameo di Superman (inquadrato solo dalle
spalle in giù) seguito dal cameo di Henry Cavill. Shazam! Furia degli
Dei ripropone il simpatico cameo di un supereroe senza
volto usando però Wonder Woman. In uno dei suoi sogni,
Billy, nelle vesti di Shazam, si trova ad
un appuntamento con Wonder Woman, ma nella scena la faccia
di Gal Gadot non viene mai mostrata. In verità,
quello appena descritto è un finto cameo di Wonder Woman, perché dopo pochi istanti
Wizard (Djimon Hounsou) invade il sogno
con il suo volto.
Billy è fan di Batman e Flash
I numerosi riferimenti a
Batman e a Flash presenti in
Shazam2 mostrano
con evidenza che Billy Batson è fan di questi
due supereroi. In particolare, la stanza di Billy ha
le pareti tappezzate di disegni di Batman e
di Flash. Inoltre, c’è una tazza che
mostra Batman nella Roccia dell’Eternità.
Infine, anche lo psicoterapeuta di Billy ha le action
figure di Batman nel suo studio.
Batman e Robin finiscono su una
maglietta
Un altro Easter egg
di Shazam 2 che rimanda al mondo
di Batman è la maglia di
Freddy. Il ragazzo ha già indossato diverse
magliette a tema Justice League nel primo film e,
per la maggior parte di Furia degli Dei, indossa
una t-shirt con un pipistrello (bat) e un pettirosso (robin)
travestiti da Batman e Robin. Questo è un
riferimento piuttosto curioso. Non è chiaro se la t-shirt sia solo
un elemento giocoso o se rimandi al Robin di cui si è
parlato in Batman v Superman: Dawn of
Justice. Il film ha infatti constatato che
Batman di Ben Affleck ha avuto un Robin
in passato (e secondo Zack Snyder si sarebbe trattato
di Dick Grayson).
Il violino di Nerone torna
in Shazam 2
Un Easter egg
del primo Shazam torna nel sequel: si
tratta dell’oscuro violino in fiamme. Il film ci conferma che si
tratta del violino di Nerone, oggetto tratto dal fumetto
Shazam del 1946 “Cult of the Curse Part 4: Flames of the Magic
Fiddle“.
Nel film c’è anche Easter egg che fa
riferimento al luogo della DC Comics noto come
Fairyland o Grimmworld. In Shazam2, una porta della
Roccia dell’Eternità viene etichettata proprio come
Fairyland, una terra fantastica dei fumetti che ospita
molte creature magiche. Nonostante la presenza di ciclopi,
minotauri e altri mostri nel finale del film, nessuna di queste
creature sembra essere realmente collegata a Fairyland o
a Grimmworld.
Mary Marvel è soltanto un
ricordo
Al di là della breve
scena che visualizza ciò che Billy ricorda
della battaglia finale del primo film, in Shazam!
Furia degli dei non c’è traccia
della Mary Marvel di Grace
Culley. Inoltre, nel film originale Michelle
Borth interpretava la versione adulta
di Mary. Nel sequel però, non c’è traccia della
Mary di Borth.
Il cameo del regista
David F. Sandberg
Il regista David F. Sandberg si concede un cameo alla
Hitchcock in Shazam! Furia degli
dei. Nel finale, quando i mostri di Kalypso
iniziano ad attaccare gli umani, una delle creature volanti afferra
il regista e lo porta in cielo. Il cameo di David F.
Sandberg termina con una brutta caduta a terra.
Le Figlie di Atlas, in
quanto creature mitologiche, citano nei loro discorsi un altro
dio greco della DC Comics. Si tratta del loro
zio Ade, il re degli Inferi dei fumetti (e
dell’Antica Grecia). Ade è anche lo zio di Wonder
Woman. Il riferimento appena citato potrebbe essere un
Easter egg su chi sarà il cattivo di
Shazam 3…
Captain Marvel chi?
Tra gli Easter
eggs più espliciti del film ci sono le parole di un
cittadino qualsiasi. L’uomo chiama Shazam con
il suo nome originale, Capitan
Marvel. Nella mente del pubblico odierno, questo nome
è meglio associato al personaggio di Brie
Larson, all’Universocinematografico
Marvel e a CarolDanvers, l’eroe dei fumetti Marvel. Non va dimenticato
però che nei fumetti il nome originale di
Shazam è proprio Capitan
Marvel. Con questa battuta
viene evidenziata la battaglia sui copyright tra Marvel e
DC per il possesso dei due supereroi. Anche se il
conflitto tra le due realtà si è concluso, la
DC sceglie di riportare luce su un’annosa
questione lanciando una battuta pungente per la Marvel.
Il cameo di Micheal Gray
Uno dei cameo più divertenti di
Shazam! Furia degli Dei si ha quando appare
l’attore che ha interpretato Billy Batson nello show
televisivo Shazam! degli anni ’70. Michael
Gray ha ricoperto il ruolo di Billy per 28
episodi divisi in tre stagioni, dal 1974 al 1976. Il suo cameo
arriva durante il terzo atto e crea un esilarante fraintendimento.
Il personaggio di Michael Gray è quello che chiama
ShazamCapitan Marvel. È curioso che il breve
scambio di battute avvenga proprio tra l’originale Billy
Batson e ZacharyLevi.
Shazam incontra
Wonder Woman (questa volta dalla testa ai piedi)
Nel
finale di Shazam! Furia
degli Dei c’è anche il cameo
della Wonder Woman di Gal Gadot. Questa volta la supereroina appare
per intero: al funerale di Billy usa i suoi poteri divini
per ripristinare la magia del bastone magico e per riportare in
vita Shazam. L’incontro tra Billy e
Wonder Woman continua la tendenza del franchise, che ama
avvicinare al protagonista uno dei personaggi più iconici della
DC nei momenti finali dei film.
Peacemaker, Harcourt ed
Economos
Le scene
post-credits di Shazam 2 includono volti
familiari della
DC: Peacemaker, Emilia
Harcourt (Jennifer Holland) e John
Economos (Steve Agee). I personaggi sono
stati inviati in missione da Amanda Waller (Viola
Davis) per reclutare Shazam nella
Justice Society. Non è chiaro in che spazio
dell’Universo DC s’inserirà la scena, ma da quanto
mostrato Peacemaker, Harcourt ed
Economos sembrano lavorare ancora volentieri per la
Waller.
Shazam consiglia un nuovo nome per
la Justice Society
I riferimenti alla DC in
Shazam! 2 sono ovviamente molteplici. Il
fatto che venga nominata la Justice Society
crea un collegamento tra il film a Black Adam, che
a sua volta ha introdotto la squadra internazionale di supereroi
guidata da Hawkman (Aldis Hodge). La
scena fa anche riferimento al team TheAuthority, la squadra che, secondoJames
Gunn, otterrà un suo film nel nuovo
DC
Universe. Inoltre, Shazam suggerisce
un nuovo nome per la Justice Society: a suo
avviso, ”Avengers Society” è più apprezzabile. Con questa
frase, Shazam strizza chiaramente un occhio alla
popolarità del superteam MCU.
Infine: il Dottor Sivana e Mr.
Mind
Concludiamo con due camei della
scene post-credits di Shazam! Furia
degli Dei. Negli ultimi istanti del film,
appaiono il Dottor Sivana (Mark
Strong) e Mr. Mind. I due cattivi sembravano
dover unirsi già nella scena post-credits del
primo Shazam!. Questo ritorno dovrebbe
far accendere una lampadina nella mente del pubblico: probabilmente
vedremo il Dottor Sivana e Mr. Mind nel
prossimo franchise.
Disponibile
dal 10 marzo sulla piattaforma
Apple TV+, la docuserie in tre
episodi Real Madrid: ¡Hasta el final!,
presentata da David Beckham,
va dietro le quinte dell’iconico club calcistico per offrire uno
sguardo inedito sulla sorprendente stagione 2021-2022, ricca di
vittorie epiche e di atti di eroismo in campo, compiuti sia da
parte dei veterani della squadra, che dei nuovi arrivati. Sostenuti
dai loro ferventi tifosi, i membri della squadra hanno infatti
sfidato i pronostici e gli scettici sulla via di uno dei finali più
memorabili della storia del calcio, culminato con il record del 14°
titolo conquistato in Champions League.
A pochi giorni dall’uscita della
serie, abbiamo incontrato i due registi, Jesús
Marcos e Pablo Posada, che hanno
raccontato la loro esperienza e la genesi di un progetto
particolarmente entusiasmante, capace di affascinare tanto i fan di
questo sport quanto quelli normalmente meno attratti
dall’argomento. “Il Real Madrid è entrato in contatto con
Wakai, la nostra società di produzione, perché volevano realizzare
un documentario sulla loro ultima stagione. – spiega Marcos
– Noi gli abbiamo fatto una proposta e loro l’hanno
accettata con grande entusiasmo, il che ci ha reso felicissimi sin
da subito, perché poter raccontare il Real Madrid è un’opportunità
straordinaria”.
La grandezza del Real Madrid, l’affetto dei fan
“Sapevamo che Apple avrebbe
fatto parte del progetto, per distribuire poi la docuserie, il che
ci ha permesso di affrontare la storia da un punto di vista diverso
dal solito, aspirando così ad attrarre anche quegli spettatori che
normalmente non sono fan del calcio. Ciò ha naturalmente richiesto
che la storia fosse comprensibile a tutti, così abbiamo iniziato ad
unire i pezzi, concentrandoci sui tornei LaLiga e Champions League,
ma anche raccontando la storia di alcuni specifici calciatori del
Real Madrid, come Luka
Modriće
Karim Benzema, così che tutti potessero
sapere di più su di loro, sui loro successi e su ciò che la scorsa
stagione ha significato per loro” – conclude Marcos.
“Ciò che ci interessava
particolarmente raccontare, – spiega poi
Posada – era il fatto che il Real Madrid
unisce al proprio interno giocatori veterani e nuove promesse del
calcio. Ma nessuno fa mai prevalere il proprio ego, è una squadra
coesa, una famiglia, ed è questo che la rende tanto forte. Questo e
il suo profondo legame con lo stato Bernabeu e i propri fan”.
Proprio a partire da quest’ultimo spunto, i due registi non hanno
dubbi nell’affermare che è anche merito dei fan e dello stadio
Bernabeu se il Real Madrid ha ottenuto simili successi nella
stagione 2021/2022.
“I fan sono stati parte del team
durante quella stagione. – dichiara Posada –
È stato magico assistere all’atmosfera che si respirava nello
stadio quando il Real Madrid vi giocava”. “Il Bernabeu ha
certamente un merito speciale, in particolare per quanto ha
riguardato le partite giocate in casa. – continua poi
Marcos – I giocatori avvertivano davvero il
calore di essere nella propria città. E nel Bernabeu possono
accadere cose magiche. Cose che nessuno si aspetterebbe mai, ma che
accadono comunque!”.
Il regista di Real Madrid: ¡Hasta el final! Pablo
Posada
Raccontare la vera essenza del Real
Madrid a partire da David Beckham
“Ciò che più ci piace di questa
serie, ad ogni modo, è che ci ha permesso di raccontare davvero
cos’è il Real Madrid. – risponde poi Posada
alla domanda su cosa li abbia stupidi di più della celebre squadra.
“Questa squadra, e non parlo solo dei giocatori ma anche di
tutti quelli che stanno dietro le quinte, non si arrendono mai. Fa
parte del loro DNA. – afferma Marcos – Ma
un’altra cosa che mi ha colpito molto è che in un club così grande
davvero non ci siano persone che spiccano su altre, lavorano tutti
per il bene del team. Tutti parlano e scherzano con tutti,
viaggiano insieme, vivono a stretto contatto. Sono praticamente una
famiglia”.
“Volevamo però che a raccontare
il Real Madrid fossero anche degli ex calciatori storici di questa
squadra. – raccontano poi i registi – Per questo abbiamo
chiamato personalità come Roberto Carlos, Raúl
González Blanco e DavidBeckham. Con
quest’ultimo, sapendo quanto fosse popolare, abbiamo deciso di fare
in modo che fosse una presenza più continua all’interno della
serie, facendolo di fatto diventare una sorta di presentatore. È
stato molto disponibile nei confronti del progetto, anche in
memoria dei suoi magnifici anni al Real Madrid”.
Il regista di Real Madrid: ¡Hasta el final! Jesus
Marcos
Piattaforme streaming e calcio: un
sodalizio perfetto
Sul finire dell’intervista, abbiamo
chiesto ai registi cosa ne pensano del crescente trend che vede il
mondo dell’audiovisivo sempre più interessato a realizzare prodotti
dedicati a precise squadre di calcio, giocatori o particolari
eventi storici legati a tale sport. Negli ultimi anni, infatti,
opere come Mi chiamo Francesco Totti,Messi – Storia
di un campione, Pogmentary o La bella stagione hanno
invaso il cinema ma soprattutto le piattaforme streaming.
“Grazie alle piattaforme streaming oggi questo tipo di prodotti
dedicati al calcio sono più frequenti. Penso sia una bella notizia
per i fan, che hanno così modo di conoscere meglio i loro beniamini
e le loro squadre del cuore” – afferma
Marcos.
“Questo tipo di documentari
permettono infatti di scoprire aspetti nuovi dei calciatori più
famosi, tra cui il fatto che sono persone normali, che devono
confrontarsi con problemi normali. – continua il regista –
Ovviamente hanno però addosso gli occhi di tutti; quindi devono
anche gestire questa loro popolarità e non è semplice. È
interessante poter guardare più da vicino queste storie,
specialmente perché quando un calciatore ha davvero qualcosa da
raccontare ne viene fuori qualcosa di straordinario”. “Un
elemento importante di questo tipo di prodotti, –
continua e conclude Posada – è poi la loro elevata qualità.
Penso sia un periodo particolarmente importante per questo tipo di
prodotti”.
Michele Vannucci lo presenta come
un racconto popolare e insieme “un film d’azione dalle forti
implicazioni sociali“, ma la caccia all’uomo di
Delta ha radici più profonde e
ramificate. Dal 23 marzo nei cinema, distribuito
da Adler Entertainment, il secondo film del
regista di Il più grande sogno era
già stato proiettato sulla Piazza Grande di Locarno ad agosto, ma
solo oggi arriva nelle sale italiane, dove potremo – finalmente –
vedere lo scontro tra Luigi Lo Cascio
e Alessandro
Borghi, “uomini persi nella nebbia, in lotta per
non soccombere ai propri istinti“.
La lotta sul Delta del Po
Il territorio è fondamentale nelle
storia raccontata e girata in Emilia-Romagna durante sei settimane
tra Ravenna e i comuni di Comacchio, Goro, Mesola, Codigoro,
Argenta e Tresignana nel ferrarese. Oltre, ovviamente, la zona del
Parco del Delta del Po, teatro dello scontro tra bracconieri e
pescatori.
Osso (Luigi Lo
Cascio) vuole difendere il fiume dalla pesca indiscriminata della
famiglia Florian, in fuga dal Danubio, ma sempre
restando nelle regole che vorrebbe veder rispettate. Di diverso
avviso la sorella, che insieme ad alcuni pescatori mal sopporta di
non agire. Insieme ai bracconieri c’è però Elia
(Alessandro Borghi), che in quelle terre è nato e con quella gente
ha vissuto. Una piccola comunità che rischia di essere travolta
dalla violenza cieca e dalla sete di vendetta, quando lo scontro
finirà per rivelare la natura di un duello che non prevede
eroi.
Un cuore di tenebra italiano
Sempre il regista ha definito “un
cuore di tenebra italiano” il viaggio che in qualche modo compiono
i protagonisti del film, ognuno a modo suo, ognuno con le sue
ragioni, necessità e disperazioni. Posizioni che Vannucci ci invita
a non giudicare, anzi persino a comprendere, in un doloroso
confronto nel quale tutto cambia quando a prendere il sopravvento
sono – forse nell’ordine – la solitudine, la disperazione, la
rabbia, la violenza, la vendetta.
Una sorta di ‘crime sociale’ dalla
base reale, che il regista omaggia in alcune sequenze e inserti
particolarmente sottolineati, nei quali emerge il suo stesso
passato, di “figlio adottivo di quelle terre”, delle quali ha
studiato le storie e intervistato gli abitanti. Un mondo parallelo,
di frontiera, che evidentemente aveva tanta urgenza di mettere in
scena da rendere il Delta il vero protagonista, con buona pace
della coppia Lo Cascio-Borghi, investiti di una carica allegorica
ed emblematica che rischia di impoverire la caratterizzazione dei
loro personaggi o fiaccarne la coerenza.
Ma è la parte umana in generale a
convincere meno – soprattutto nei rapporti, soprattutto quelli
sentimentali (con al centro la Anna di Emilia Scarpati
Fanetti) – in un dramma che per fortuna può contare sulla
possibilità di sfruttare una tradizione affascinante e una
rappresentazione ambientale che si fa valore aggiunto in una
rappresentazione diversa di tradimenti e paure antiche. Un utile
memento per una società che spesso mette nel mirino i nemici
sbagliati, sempre meno in grado di capire che in una guerra tra
poveri non importa capire da che parte stare per sopravvivere.
Con l’uscita in sala di John Wick
4, lo sceneggiatore Shay Hatten,
al lavoro anche sullo spin-off Ballerina, ha raccontato
qualcosa di più su come proprio quest’ultimo racconterà le origini
di John Wick, il letale assassino interpretato da
Keanu Reeves. Ballerina, come noto,
seguirà Rooney, l’assassina vista in John Wick 3:
Parabellum, mentre dà la caccia a coloro che hanno massacrato
la sua famiglia. Diretto da Len Wiseman e con
Ana de Armas
nel ruolo della protagonista, il film vedrà anche il ritorno di
Keanu Reeves,
Ian McShane, Lance Reddick e
Anjelica Huston nei rispettivi ruoli.
“La sceneggiatura originale era
ambientata nelle Alpi svizzere, che è un territorio che i film di
John Wick non hanno esplorato. – racconta Hatten – Quindi
significava che potevamo attenerci alla storia che volevamo
raccontare senza pestare i piedi a John Wick. Ma Ballerina è anche
un personaggio che sappiamo essere andato alla stessa accademia di
danza di John. Nel film quindi si vedranno alcuni accenni a ciò che
John ha vissuto durante la sua formazione in quel luogo, solo
attraverso gli occhi di un personaggio diverso. Risolve ancora
alcune delle domande senza risposta legate a Wick, proprio
attraverso gli occhi di un nuovo personaggio”.
Il mondo di John Wick diventa dunque
sempre più intrigante e complicato grazie ai nuovi progetti in
programma, ma Ballerina potrebbe rispondere a domande che
hanno a lungo tormentato i fan sulle origini del personaggio, come
si è formato e quali esperienze ha dovuto superare nella sua vita.
Questo sarà infatti il primo film ad esplorare una prospettiva
diversa da quella di Wick, e anche se come annunciato egli sarà presente
nel film, questa non è la sua storia. Ballerina avrà
dunque il compito di bilanciare la storia di Wick con quella di
nuovi personaggi, storie e angoli di questo universo narrativo.
Negli ultimi mesi, in seguito della
forte popolarità di ChatGPT e altri programmi di intelligenza
artificiale, sono notoriamente state sollevate diverse
preoccupazioni riguardo all’uso che di tali strumenti si può fare,
specialmente riguardo quei mestieri che si fondano sulla scrittura.
Da un lato, gli utenti sono sbalorditi dalle capacità sempre più
potenti di questi programmi. D’altra parte, tuttavia, la
prospettiva della scrittura generata dall’intelligenza artificiale
è infatti terrificante per scrittori e sceneggiatori, che temono
che il loro lavoro possa divenire obsoleto dinanzi a tali
nuovi tecnologie. Il WGA, ovvero il sindacto
degli sceneggiatori, ha ora comunicato di approvare i film
scritti dall’intelligenza artificiale.
Secondo Variety, la
Writer’s Guild of America ha infatti proposto di
consentire l’uso dell’intelligenza artificiale nella scrittura di
sceneggiature. In base a tale proposta, gli sceneggiatori
potrebbero dunque utilizzare l’intelligenza artificiale come
strumento, ma a delle condizioni. La prima di queste è il
mantenimento del pieno credito di scrittura del
film. La proposta afferma che il lavoro generato
dall’intelligenza artificiale non può essere considerato
“materiale letterario” o “materiale di partenza”.
Per questo motivo, ChatGPT o altri programmi di intelligenza
artificiale utilizzati non verrebbero considerati uno
scrittore del progetto e, e questa è la seconda
condizione, il loro utilizzo non può avere un impatto sul
compenso residuo degli scrittori.
La WGA probabilmente continuerà a
contrattare questa proposta per le prossime settimane. Al momento,
infatti, la decisione del sindacato degli sceneggiatori non sembra
suggerire che le IA possano superare i lavori di uno scrittore
umano. Ma questa decisione critica, secondo alcuni, dipenderà
probabilmente da un fattore chiave: ovvero se gli script generati
dall’intelligenza artificiale saranno più o meno buoni. Più
l’intelligenza artificiale viene utilizzata, migliore diventa
l’algoritmo. Dunque, se sempre più scrittori accettano l’invito del
WGA e usano l’intelligenza artificiale come aiuto, lo sceneggiatore
AI acquisirà capacità, rendendo sempre più difficile da definire il
ruolo di tali tecnologie.
Alita – Angelo della
battaglia del 2019 ha ricevuto un’accoglienza
mista dalla critica, ma i fan del manga originale hanno accolto
positivamente l’adattamento fantascientifico e da allora hanno
svolto una fervida campagna per invocare un Alita 2. In
più occasioni James Cameron, il produttore
Jon Landau e il regista Robert
Rodriguez si sono detti aperti alla possibilità di
realizzare un sequel, anche se il primo film non ha ottenuti gli
incassi sperati. A distanza di qualche mese dalle ultime dichiarazioni a riguardo
rilasciate da Cameron, è ora Landau a fornire ulteriori
aggiornamenti su questo sequel tanto atteso.
“Ci sono state conversazioni
riguardo ‘Alita’? Diverse, anche nelle ultime due settimane, –
ha affermato Landau durante un intervista per Insider in occasione
della distribuzione home-video di Avatar – La via dell’acqua
–Abbiamo parlato con Robert, abbiamo parlato con
Rosa [Salazar, protagonista del film]. Io e James pensiamo
che ci siano ancora tante storie da poter raccontare. Pensiamo che
Alita sia un personaggio in cui oggi giorno è molto facile
immedesimarsi”. Le parole di Landau non possono che generare
un certo entusiasmo, confermando che del progetto si è parlato
anche in tempi molto recenti.
Dato anche il successo del sequel di
Avatar diventa dunque sempre più probabile che anche il
sequel di Alita possa prendere forma. Cameron, che negli
ultimi anni è stato impegnato nello sviluppo della sua saga,
potrebbe ora trovare il tempo di dedicarsi ad Alita 2,
affidandone poi nuovamente la regia a Rodriguez. Non resta dunque
che attendere e sperare che tale secondo film, da tutti molto
atteso, prenda davvero vita, riportando sul grande schermo l’amata
cyborg dagli occhi grandi.
Hot Toys ha annunciato una statuina
in scala uno a sei basata su Kang il
Conquistatore, il personaggio Marvel interpretato da
Jonathan Majors in Ant-Man and the Wasp:
Quantumania. Disponibile per il pre-ordine su
Sideshow,
questa action figure Marvel presenta “una testa di
nuova concezione scolpita con funzione separata di bulbi oculari
rotanti, occhi e viso illuminati a LED, un corpo che ripropone la
muscolatura del personaggio, un abito su misura in tono metallico
con armature scolpite e mantello di tessuto, ma anche accessori ad
effetto in blu traslucido per ricreare il suo look che sfoggia
quando usa i suoi poteri”.
La figura è alta circa 30,9
centimetri e presenta oltre 30 punti di articolazione nel corpo
insieme a sei mani guantate intercambiabili. È incluso anche un
supporto con il logo del trequel di Ant-Man e il nome del
personaggio. Si prevede che Sideshow darà il via alle spedizioni di
tale action figure tra aprile e settembre 2024. Come si può vedere
nelle foto pubblicate dal sito Sideshow, si tratta di un pezzo da
collezione particolarmente pregiato, che nessun fan della Marvel o del personaggio dovrebbe
farsi sfuggire. Ad oggi, è possibile preordinarla su Sideshow al
costo di 285 dollari.
Per quanto riguarda il Kang dei
film, invece, ricordiamo che dopo aver interpretato Colui che
Rimane nel finale della prima stagione di Loki, Majors è
tornato nei panni del villain Ant-Man and the Wasp:
Quantumania, dove Scott Lang/Ant-Man (Paul Rudd) e
Hope van Dyne/The Wasp (Evangeline
Lilly), vengono accidentalmente risucchiati nel Regno
Quantico con Hank Pym (Michael
Douglas), Janet van Dyne (Michelle
Pfeiffer) e Cassie Lang (Kathryn Newton).
Mentre cercano una via di casa, saranno costretti a fare i conti
proprio con Kang il Conquistatore, che spera di usare le loro
abilità per sfuggire a sua volta al Regno Quantico.