Amazon ha
annunciato che
Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere ha
conquistato più di 25 milioni di spettatori nel mondo nel suo primo
giorno, battendo tutti i record precedenti e divenendo il più
grande debutto nella storia di Prime Video. La serie è stata lanciata in
esclusiva su Prime
Video in oltre 240 Paesi e territori in tutto il
mondo.
Jennifer Salke,
head of Amazon Studios, ha dichiarato: “È in qualche modo
appropriato che le storie di Tolkien – tra le più popolari di tutti
i tempi e che molti considerano la vera origine del genere fantasy
– ci abbiano condotto sino a questo momento d’orgoglio. Sono molto
grata al Tolkien Estate – e ai nostri showrunner J.D. Payne e
Patrick McKay, al produttore esecutivo Lindsey Weber, al cast e
alla crew – per il loro instancabile impegno collettivo e la
loro sconfinata energia creativa. E sono le decine di milioni di
fan che hanno visto la serie – chiaramente appassionati quanto noi
della Terra di Mezzo – la reale misura del nostro successo”.
Gli episodi de Il Signore degli
Anelli: Gli Anelli del Potere saranno disponibili ogni
settimana sino al finale di stagione del 14 ottobre su Prime
Video.
La serie tv Il Signore degli
Anelli: Gli Anelli del Potere
Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere di
Prime
Video porterà per la prima volta sugli schermi le
eroiche leggende della mitica Seconda Era della storia della Terra
di Mezzo. Questo dramma epico si svolge migliaia di anni prima
degli eventi narrati in Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli di
J.R.R. Tolkien, e porterà gli spettatori in un’era lontana in cui
furono forgiati grandi poteri, regni ascesero alla gloria e caddero
in rovina, improbabili eroi furono messi alla prova, la speranza
appesa al più esile dei fili, e uno dei più grandi cattivi usciti
dalla penna di Tolkien minacciò di far sprofondare tutto il mondo
nell’oscurità. Partendo da un momento di relativa pace, la serie
segue un gruppo di personaggi, alcuni già noti, altri nuovi, mentre
si apprestano a fronteggiare il temuto ritorno del male nella Terra
di Mezzo. Dalle più oscure profondità delle Montagne Nebbiose, alle
maestose foreste della capitale elfica di Lindon, all’isola
mozzafiato del regno di Númenor, fino ai luoghi più estremi sulla
mappa, questi regni e personaggi costruiranno un’eredità che
sopravvivrà ben oltre il loro tempo.
La serie è guidata dagli showrunner
ed executive producer J.D. Payne e Patrick McKay. A loro si
uniscono gli executive producer Lindsey Weber, Callum Greene, J.A.
Bayona, Belén Atienza, Justin Doble, Jason Cahill, Gennifer
Hutchison, Bruce Richmond e Sharon Tal Yguado, e i produttori Ron
Ames e Christopher Newman. Wayne Che Yip è co-executive producer e
regista con J.A. Bayona e Charlotte Brändström.
Opera letteraria di fama mondiale premiata con l’International
Fantasy Award e il Prometheus Hall of Fame Award, nel 1999 Il
Signore degli Anelli è stato eletto dai clienti Amazon come il
libro preferito del millennio e nel 2003 come il romanzo più amato
di tutti i tempi nel Regno Unito nello show di BBC The Big Read. I
libri de Il Signore degli Anelli sono stati tradotti in oltre 38
lingue e hanno venduto più di 150 milioni di copie.
Oggi è il grande giorno di un altro
regista italiano, al lido arriva in concorso alla
79. Mostra Internazionale d’Arte
CinematograficadiVenezia,
L’immensità,
il nuovo film del regista Emanuele Crialese che
sarà accompagnato con la sua protagonista, la bellissima
Penelope Cruz. Il film, prodotto da Wildside (Mario
Gianani, Lorenzo Gangarossa), Chapter 2 (Dimitri Rassam), Warner
Bros. Entertainment Italia, Pathé, (Ardavan Safaee), France 3
Cinema, vede nel cast anche Luana Giuliani, Vincenzo Amato,
Patrizio Francioni, Maria Chiara Goretti.
La trama del film L’Immensità
Roma, anni Settanta: un mondo
sospeso tra quartieri in costruzione e varietà televisivi ancora
in bianco e nero, conquiste sociali e modelli di famiglia ormai
superati. Clara e Felice si sono appena trasferiti in un nuovo
appartamento. Il loro matrimonio è finito: non si amano più, ma non
riescono a lasciarsi. A tenerli uniti, soltanto i figli, su cui
Clara riversa tutto il proprio desiderio di libertà. Adriana, la
più grande, ha appena compiuto dodici anni ed è la testimone
attentissima degli stati d’animo di Clara e delle tensioni
crescenti tra i genitori. La ragazza rifiuta il suo nome, la sua
identità, vuole convincere tutti di essere un maschio e questa
ostinazione porta il già fragile equilibrio familiare a un punto
di rottura. Mentre i bambini aspettano un segno che li guidi, che
sia una voce dall’alto o una canzone in tv, intorno e dentro di
loro tutto cambia.
Il commento del regista
L’Immensità è il film che inseguo
da sempre: è sempre stato ‘il mio prossimo film’, ma ogni volta
lasciava il posto a un’altra storia, come se non mi sentissi mai
abbastanza pronto, maturo, sicuro. È un film sulla memoria che
aveva bisogno di una distanza maggiore, di una consapevolezza
diversa. Come tutti i miei lavori, in fondo è prima di tutto un
film sulla famiglia: sull’innocenza dei figli, e sulla loro
relazione con una madre che poteva prendere vita solo
nell’incontro, artistico e umano, con Penélope Cruz, con la sua
sensibilità e la sua straordinaria capacità di interazione con
tre giovanissimi non attori che non avevano mai recitato prima.
Luana, Patrizio e Maria Chiara sono rimasti bambini sempre, e come
tali sempre intensamente e immensamente veri.
Paul Schrader e
Joel Edgerton hanno presentato quest’oggi in anteprima
fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2022 Master
Gardener, “ultimo capitolo” della trilogia di film del
regista, composta da First Reformed e The
Card Counter.
È proprio con il chiaro
parallelismao tra Master Gardener e i precedenti
lavori di Schrader che Joel
Edgerton ha introdotto il suo personaggio, dichiarando di
percepirlo come un continuum dei protagonisti di First Reformed e The Card Counter: “Li unisce la stessa
energia. Sono sicuramente stato ispirato dai suoi precedenti due
film nella costruzione del mio personaggio. E’ stato un percorso
totalmente diverso da ciò a cui sono abituato, ma mi sono voluto
mettere nelle mani di Paul per poter esplorare me stesso da un
punto di vista mentale più che fisico“.
L’attore ha anche raccontato come
pensa si sia evoluta la riflessione sulla religione elaborata da
Schrader nei tre film: “Master
Gardener è un film che si basa meno sul concetto di
religione e più su quello di etica: cosa la nostra memoria
incapsula del passato e come ci rapportiamo a ciò che siamo stati.
Quando si stringe un legame importante con un’altra persona – in
questo caso una donna – si deve essere capaci di poter rivelare
ogni parte di se. Dobbiamo sempre fare i conti con una parte del
nostro passato, non possiamo lasciarci tutto alle spalle“.
Paul Schrader, che
ha ricevuto quest’oggi 3 settembre 2022 il Leone d’Oro alla carriera, ha ricordato con
emozione il momento in cui ha capito che avrebbe voluto dedicare la
sua vita al cinema: “Devo tutto a Pickpocket
(1959) di Robert Bresson: la mattina del marzo
1979 in cui lo vidi mi ha cambiato la vita. Non avevo interesse nel
diventare un regista, ero un teologo ritirato, che si era lasciato
alle spalle la chiesa. Dopo cinque minuti di visione, ho però
realizzato così tante cose. Ho realizzato che si può raccontare
tutto al cinema, anche i fatti più triviali. E’ lo stile che li
unifica“.
Schrader ha deciso
di rendere il personaggio di Edgerton un giardiniere, un uomo con un
passato pesante alle spalle, perché riteneva che la professione
fosse una “ricca metafora del bene e del male. “Da un lato, un
suprematista bianco può dire: ‘Noi siamo i giardinieri, togliamo le
erbacce’. Dall’altro lato, un umanista può ribattere: ‘Siamo
giardinieri, noi piantiamo i semi e lasciamo germogliare le cose’.
Entrambi gli esempi si servono della metafora del giardinaggio: una
in senso positivo, l’altra in senso negativo”.
“Non avrei mai voluto
concludere la mia carriera senza un film con cui dire ‘ti voglio
bene’. Questa è una storia particolare, che farà probabilmente
inc****re una porzione di afroamericani, che non accettano il
ritratto di dinamiche del genere neanche del mondo dell’analogia e
dell’immaginazione. Questo film è tutto un grandissimo “e se”. I
personaggi non fanno per forza scelte plausibili. Un padre e una
figlia si ritrovano, ma vanno anche a letto insieme. Il
protagonista è conteso tra due idee di femminile completamente
diverse tra di loro. Il corpo di Joel mi è servito
come metafora in questo film. Siamo così abituati a vedere così
utilizzato come metafora il corpo femminile, ma preferisce il corpo
maschile. Joel ha il fisico da uomo degli anni‘80“.
Master
Gardener racconta la storia di Narvel
Roth, il meticoloso orticoltore di
GracewoodGardens. Si dedica
tanto alla cura dei giardini di questa bellissima e storica tenuta,
quanto all’assecondare la sua datrice di lavora, la ricca signora
Norma Haverhill. Quando la signora Haverhill gli
chiede di assumere come nuova apprendista la sua bisnipote
Maya, ribelle e problematica, il caos si insinua
con prorompenza nella spartana esistenza di Narvel. Nel cast,
Joel Edgerton (Narvel Roth),
Sigourney Weaver (Mrs.
Haverhill), Quintessa Swindell
(Maya), Eduardo Losan
(Xavier).
Si è tenuta questa sera l’anteprima
fuori concorso a Venezia
79 di Master Gardener, il nuovo film di Paul
Schrader. Al grande regista newyorkese è stato attribuito
a Paul Schrader, regista (Il collezionista di
carte, First Reformed, Il bacio della
pantera, American Gigolo) e sceneggiatore
(Toro scatenato, Taxi
Driver, Complesso di
colpa, Yakuza) statunitense,
il Leone d’Oro alla
carriera della 79.
Mostra Internazionale d’Arte
CinematograficadiVenezia.
La decisione è stata presa dal Cda
della Biennale di Venezia, che ha fatto
propria la proposta del Direttore della Mostra Alberto
Barbera. Paul Schrader sul red carpet è stato accompagnato
dai suoi protagonisti, Joel
Edgerton eSigourney
Weaver. Di seguito tutte le foto:
Sin dal loro esordio, avvenuto nel
1984 con Blood Simple, i fratelli Joel ed
Ethan Coen si sono affermati con una serie di
opere cinematografiche che coniugano genere e autorialità,
presentando spesso e volentieri situazioni e personaggi grotteschi,
a cui ogni etichetta o possibile definizione sembra stare stretta.
Dopo aver realizzato negli anni Novanta celebri titoli come
Barton Fink, Fargo e Il grande Lebowski,
sono entrati nel nuovo millennio con Fratello, dove
sei?, dove come al solito si mescolano elementi
diversi, dalla commedia al drammatico, dall’avventura all’epica.
Uscito in sala nel 2000, è ancora oggi uno dei loro film più
amati.
L’idea per Fratello, dove
sei? era tra le mani dei Coen già verso la metà degli anni
Novanta. Entrambi sapevano di voler realizzare una satira moderna
liberamente basata sul poema omerico l’Odissea, pur non
avendolo mai letto. I due registi si ispirarono infatti solo agli
eventi divenuti più noti attraverso la cultura popolare per dar
vita ad un racconto satirico nei confronti della politica e delle
campagne elettorali negli Stati Uniti. Lo stesso titolo del film è
un riferimento alla pellicola del 1941 I dimenticati, in
cui un regista aspira a girare un film intitolato Fratello,
dove sei? in cui dar vita ad un commento storico sulla
condizione moderna dell’essere umano.
Il film venne inizialmente
considerato un’opera minore dei Coen, ma negli anni ha poi
acquistato il valore che gli spetta, forte anche di diversi
riconoscimenti tra cui una nomination agli Oscar come miglior
sceneggiatura non originale. Per gli appassionati dei Coen, è un
film imprescindibile. Prima di intraprendere una visione del film,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e alla
colonna sonora. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Fratello, dove sei?: la trama del film
La storia si svolge nel Mississippi
all’inizio degli anni Trenta, nel pieno della Grande depressione.
Ulysses Everett McGill, Delmar
O’Donnell e Pete Hogwallop sono tre
galeotti riusciti miracolosamente ad evadere dai lavori forzati.
Sotto la guida di Ulyssess, l’unico dei tre con un po’ di buon
senso e capacità oratorie, i fuggiaschi si mettono alla ricerca del
tesoro da un milione di dollari nascosto prima di essere arrestati.
Tale somma è stata sepolta nei pressi di un fiume dove ora sta per
essere costruita una diga e ciò spinge i tre ex galeotti a doversi
sbrigare per arrivare lì prima che il denaro sia irrecuperabile. Da
quel momento, prima di arrivare a ciò che cercano, i tre vivranno
una sequenza di imprevedibili incontri e rocambolesce avventure,
fino a trovare molto più di quel che cercavano.
Fratello, dove sei?: il cast del film
Per il ruolo di Ulysses Everett i
due registi avevano da subito pensato all’attore George Clooney,
con il quale desideravano lavorare da tempo. Lo stesso Clooney non
vedeva l’ora di recitare in un loro film, accettando la parte senza
neanche voler prima leggere la sceneggiatura. L’attore decise poi
di far leggere quessta ad un suo zio del Kentucky, sperando di
comprendere meglio il personaggio attraverso la lettura di un uomo
di campagna. Poiché lo zio è un devoto Battista, egli omise tutte
le parolacce. Arrivato sul set, Clooney si trovò così a scoprire un
lato inaspettato del personaggio. Egli si esercitò poi anche nel
canto per settimane, ma alla fine si decise di farlo doppiare per
le scene dove il suo personaggio canta.
Nel ruolo del lestofante Pete
Hogwallop vi è invece l’attore John Turturro,
qui al suo quarto film insieme ai Coen dopo Crocevia della
morte, Barton Fink e Il grande Lebowski. Tim
Blake Nelson, da qui in poi divenuto anch’egli un attore
ricorrente nel cinema dei Coen, era il vicino di casa di Joel e
quando ricevette la sceneggiatura pensò che il regista volesse solo
qualche parare. Ritrovatosi invece ad interpretare il ruolo di
Delmar O’Donnell, egli praticò un accento del sud recandovisi in
vacanza e parlando con gente del posto. Nel film compaiono poi
anche John Goodman
nel ruolo di Daniel Teague, ladro con un occhio solo, e
Holly Hunter nei panni di Penny Wharvey-McGill,
moglie di Ulysses.
Fratello, dove sei?: la colonna sonora del film
La colonna sonora del film è
diventata negli anni estremamente popolare, superando persino il
successo del film. All’inizio del 2001, questa aveva venduto cinque
milioni di copie, ha generato un film documentario, tre album
successivi (“O Sister” e “O Sister 2“), due
tournée e ha vinto i Country Music Awards per Album of the Year e
Singolo dell’anno (per “Man of Constant Sorrow“). Ha anche
vinto cinque Grammy, tra cui Album of the Year, e ha raggiunto il
primo posto nelle classifiche degli album di Billboard la settimana
del 15 marzo 2002, 63 settimane dopo la sua uscita e oltre un anno
dopo l’uscita del film.
Questa è composta da brani
tradizionali statunitensi, ma include anche musica folk, religiosa
e gospel. Tutte le canzoni scelte, infatti, riflettono gli stili
musicali più popolari dell’epoca in cui è ambientato il film.
All’interno di questo, inoltre, i protagonisti formano un fittizio
gruppo musicale chiamato Soggy Bottom Boys. Le canzoni da loro
eseguite sono però cantate in playback dagli attori, tranne per il
caso di In the Jailhouse Now, che venne realmente eseguita
da Tim Blake Nelson con la sua voce. Oltre a questi titoli, nella
colonna sonora del film si ritrovano anche popolari brani come
You Are My Sunshine, Down the River to Pray e Keep On
the Sunny Side.
Fratello, dove sei?: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Fratello, dove
sei? è infatti disponibile nei cataloghi di
Rakuten TV, Google Play, Apple iTunes e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È
bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite
temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente
nel palinsesto televisivo di sabato 3settembre alle ore 21:10 sul
canale TwentySeven.
Nel concorso di
Venezia 79 fa capolino Athena, senza grandi
cori di star, un film Netflix del francese Romain Gavras,
firmato alla sceneggiatura anche da Ladj Ly di
Les Miserables, che nella maniera più
inaspettata rielabora la tragedia greca, contaminandola con il
cinema politico e un respiro epico.
Athena, la trama
Difficile dire chi sia il
protagonista della storia, anche perché la stessa ci viene svelata
pian piano, mentre le immagini si susseguono e la meraviglia si
srotola sotto gli occhi dello spettatore. Ci troviamo nel bel mezzo
di uno scontro tra rivoltosi e polizia, il casus belli, lo si
rivela più avanti, è l’omicidio di un ragazzino di 13 anni da parte
di alcuni agenti. La rivolta è guidata da Karim, fratello della
vittima, ma non è il solo invischiato personalmente nella vicenda.
Abdel e Moktar, altri fratelli più grandi, si posizionano in zone
opposte dello spettro della vicenda, in cui il primo, poliziotto,
cerca di arginare i danni e tutelare i deboli, e il secondo tenta
invece di salvaguardare il suo traffico di stupefacenti che conduce
in accordo con degli agenti corrotti. Le tre linee di pensiero, i
tre sentieri, la vendetta, la giustizia e l’opportunismo, si
troveranno a incrociarsi per le strade del quartiere che dà il
titolo al film: Athena. Il riferimento è alla
città? Alla dea? Forse solo un lontano eco di una tragedia
attesa.
Lo scontro fratricida e la tragedia
greca
Romain
Gavras usa il piano sequenza con grande precisione e
destrezza per raccontare il qui e ora della vicenda:
l’immediatezza, la velocità, il rapido precipitare degli eventi.
L’impressione di assistere ad un happening, che diventa
carica da stadio, e si trasforma in assedio medievale, con una
solennità e un tono deflagrante e coinvolgente. È forte l’apporto
di Ly e l’eco di Les
Miserables, ma il film assume una sua indipendenza e
un aspetto di novità nel momento in cui fa della tragedia greca il
suo riferimento più forte.
Per quanto le persone
possano fare scelte di vita radicalmente diverse tra loro, il
legame di sangue le riconduce a una inevitabile resa dei conti, un
confronto che non può che essere tragico, dentro al contesto
violento e dannato in cui è calato. Così le sorti dei tre fratelli,
uniti e divisi dalla morte del più piccolo di loro, diventano un
dramma umano inestricabile e irresistibile, proprio grazie
all’occhio di Gavras che non si stacca mai dai protagonisti.
Trasfigurazione dell’odio
La forma di Athena è tanto splendida quanto duro e
difficile è il suo contenuto. Il film non vuole essere però un inno
alla violenza e all’odio che racconta, piuttosto lo trasfigura
dandogli eticità con i sontuosi movimenti della camera e la colonna
sonora poderosa e invadente.
La visione del film, che
arriverà su Netflix, meriterebbe uno schermo grande, buio intorno e
grande attenzione, ma è la sorte di sempre più prodotti che,
sebbene vengano realizzati proprio grazie al contributo delle
piattaforme, rischiano di essere goduti a metà perché non usufruiti
nel loro luogo di appartenenza: la sala.
Quando sei giovane e
pieno di energia, voglia di fare e di vivere, ma sei a “due ore da
tutto” e vivi ai margini, l’unica strada possibile
per la sopravvivenza è l’ingegno, e così Niccolò
Falsetti trova la sua strada verso l’opera prima,
selezionata alla
37° Settimana della Critica nell’ambito di Venezia
79.
Margini, la
storia
Si intitola proprio
Margini il film che Falsetti ha diretto e scritto
insieme a Francesco Turbanti e Tommaso
Renzoni e che racconta la storia di tre amici malati di
punk: Edoardo, Iacopo e Michele. Stanchi di esibirsi solo alle
feste dell’Unità e alle sagre, hanno la possibilità di organizzare
proprio a Grosseto, un “posto di mezzo”, un vero e proprio concerto
punk, con una band famosa, i Defense, per i quali
apriranno proprio loro tre. Scontrandosi con ogni tipo di ostacolo
e con tutte le difficoltà possibili, i tre amici scopriranno i
limiti della loro amicizia e di ciò che è possibile raggiungere
quando i sogni sono più forti delle avversità.
Con un tono genuino da
commedia e un’energia contagiosa, Falsetti mette in scena
un’avventura scapestrata, piena di imprevisti, emozioni e
inconvenienti. Non si può non voler bene a questi tre ragazzi
scapestrati, che mettono in secondo piano qualsiasi cosa, anche
affetti e famiglia, pur di perseguire il loro obbiettivo. Si
scontrano contro la burocrazia, la pubblica amministrazione, la
mancanza di immaginazione, la poca ispirazione, il gretto realismo
e l’ostilità verso il nuovo, ma affrontano tutto con grande fatica
ed energia, proprio perché mossi da una voglia di rivalsa che alla
fine li lascerà ammaccati eppure con ancora l’energia di cantare e
di sognare.
Il punk e l’amicizia “a due ore da
tutto”
Francesco
Turbanti (lo stesso del team di sceneggiatori),
Emanuele Linfatti e Matteo
Creatini sono i protagonisti, che riescono da subito a
suscitare simpatia, sia per la loro genuinità nell’interpretazione,
sia perché la scrittura è limpida e informale, diretta e
realistica.
In questo affresco così
vivace spiccano due figure femminili di grande spessore:
Valentina Carnelutti, che interpreta la madre di
Edoardo e Silvia D’Amico che è invece la compagna
di Michele. Nella loro profonda diversità, di età e condizione, le
due donne rappresentano sono delle colonne solide che sostengono i
protagonisti, con una grazia e una pazienza che risultano, anche in
questo caso, estremamente realistiche, anche quando vengono meno o
quando rimangono ferme e granitiche al loro fianco.
Ambientato in un passato
recente, il 2008, che sembra riportarci indietro di molto più
tempo, Margini racconta il sogno, l’amicizia, il
punk come stile di vita, la voglia di costruire anche dove la terra
non con sente di gettare fondamenta. Racconta ragazzi fuori di
testa, con un cuore grande e idee un po’ folli, per i quali non si
può fare a meno di fare il tifo.
Abel Ferrara ha
presentato in anteprima il suo nuovo film Padre
Pio alle Giornate degli Autori della
Mostra del Cinema di Venezia 2022. In conferenza
stampa, ci ha raccontato cosa lo ha portato a voler riprendere
nuovamente in mano la storia del personaggio, già affrontata nel
documentario del 2016 Searching For Padre Pio, e a
scegliere Shia LaBeouf come protagonista.
Cosa affascina così tanto
Abel Ferrara di Padre Pio?
“Perché l’ho conosciuto la prima volta come un Santo e quindi
mi è venuto spontaneo chiedermi, cosa rende una persona un santo.
Io stavo lavorando a Napoli, e a Napoli è: o Marandona o Padre Pio.
Quindi, mi sono chiesto chi fosse Padre Pio e quello che ho capito
è che è prima di tutto una persona di compassione e servizio. Un
uomo che non si è mai mosso dalla Puglia, che ha vissuto come in
una gabbia, indossando abiti da monaco pesanti con temperature
altissime e che si impegnava tutto il giorno ad ascoltare le
confessioni degli altri: mio figlio è malato, i pomodori non
crescono, ho fame. E lui trovava una soluzione a tutto. Questo l’ha
reso universale senza mai muoversi nel mondo.”
“É arrivato in Puglia senza
possedere niente, su un asino. Ha costruito un ospitale da 35.000
euro in un posto in cui non c’era neanche l’acqua. Qualcosa di
estremamente potente in un posto in cui non c’era nulla. Ha
realizzato quello che voleva realizzare”. Come Pasolini, era anche
un grande scrittore. Scriveva come Baudlaire. Ci ha aperto il suo
cuore con la scrittura. Il film è basato quasi interamente sui suoi
scritti. E su un evento che si, é misconosciuto, ma è successo
c***o. Perché un film su di lui? Per questo. Le sue sono parole
estremamente evocative. Non ci siamo inventati nulla, è tutto vero
quello che trovate nel film“.
La domanda sulla tanto chiacchierata
conversione di Shia LaBeouf è sorta spontanea: questa svolta
personale ha coinciso con la produzione di
Ferrara? “La sua conversione è qualcosa
avvenuto prima di quando ci siamo conosciuti, qualcosa che faceva
già parte in quel momento di una situazione di crisi che stava
vivendo, come le stigmate e il massacro, che sono due eventi che
accadono in contemporaneo. Prima non ci conoscevamo proprio, ci
siamo trovati su zoom e questo è un miracolo in sé”.
Uno dei punti di forza di
Padre Pio è sicuramente la colonna sonora:
Abel Ferrara ha parlato approfonditamente del suo
rapporto con il compositore Joe Delia, che va
avanti da tantissimi anni: “Come negli altri film con lui
l’obiettivo principale era quello di realizzare qualcosa che
potesse essere musicalmente tradizionale, come Nino Rota Morricone
Cage, ma volevamo anche ottenere qualcosa di diverso e organico.”
“Negli ultimi film avevamo 3 musicisti. Hanno realizzato le musiche
ancora prima della sala montaggio, poi ci sono stati altri due
pezzi importanti: il canto dei monaci, pezzi che hanno 500 anni.
Shia l’ha imparato, gli altri monaci sono tutti monaci veri. Questi
tre musicisti hanno preso i testi dei monaci e li hanno
esplorati“.
La trama di Padre
Pio di Abel Ferrara è ambientata durante
la fine della Prima Guerra Mondiale, quando i giovani soldati
italiani tornano a San Giovanni Rotondo, una terra povera,
violenta, sulla quale la chiesa e i ricchi proprietari terrieri
esercitaano un dominio incontrastato. Le famiglie sono disperate,
gli uomini, seppur vittoriosi, appaiono distrutti.
Sul red carpet della
79a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia arriva il regista italiano Andrea
Pallaoro per presentare in concorso Monica,
il suo nuovo film. Insieme al regista sul tappeto rosso hanno
sfilato anche gli interpreti Trace Lysette, Patricia
Clarkson, Joshua Close.
Il film racconta di Monica torna a
casa per la prima volta dopo una lunga assenza. Ritrovando sua
madre e il resto della sua famiglia, da cui si era allontanata da
adolescente, intraprende un percorso nel suo dolore e nelle sue
paure, nei suoi bisogni e nei suoi desideri fino a scoprire dentro
di sé la forza per guarire le ferite del proprio passato. Il
ritratto intimo di una donna che esplora i temi universali
dell’abbandono e dell’accettazione, del riscatto e del perdono.
Dopo l’incursione
naturalistica di The Revenant – Redivivo, Alejandro G.
Inarritu, il regista che ha partecipato alla conquista
messicana di Hollywood, presenta a Venezia 79 Bardo – La
cronaca falsa di alcune verità, un
film confessione, un racconto di se stesso, un punto su quello
che probabilmente è la sua vita, personale e creativa, alla vigilia
dei 60 anni.
Bardo – La cronaca falsa di alcune
verità, la storia di Silverio
La storia ruota intorno a
Silverio, un giornalista messicano che ha lasciato il suo Paese per
vivere negli Stati Uniti. Mentre si appresta a ricevere un
prestigioso riconoscimento per il suo lavoro, l’uomo si trova a
mettere in discussione se stesso, le sue scelte, la sua vita, lo
sradicamento a cui ha costretto famiglia e figli, ma anche la
politica del suo Messico, un luogo tanto amato solo quando lo si
guarda da lontano, dal punto di vista di un “emigrato di lusso”,
nell’agio della propria vita borghese negli Stati Uniti.
Un resoconto alla vigilia del 60
anni
Inarritu confeziona un film onirico, un
flusso di coscienza che ricorda per la sua struttura così ondivaga
l’8 1/2 di
Fellini (suo nume tutelare), ma che è anche diverso da
qualsiasi cosa sia mai stata fatta. Materico anche nella
rappresentazione del sogno, il regista premio Oscar dà corpo
e sostanza alle rievocazioni storiche, ai pensieri più astratti,
agli incubi e alle paure, ma anche ai suoi traumi personali che
diventano i traumi di Silverio stesso. Nomade nella sua stessa
coscienza, il protagonista non sembra trovare pace alcuna se non
nella resa alla vita, con un sorriso amaro ma anche compiaciuto
verso chi lo ha amato in vita.
Il Bardo
è una parola buddista che indica un luogo che corrisponde al Limbo
cattolico, un lungo senza speranza dunque, dove i sogni nascono e
muoiono e in cui evidentemente il regista si sente impantanato.
Seppure non in forma letterale, il film è una autobiografia
immaginaria, una “auto-fiction” nelle parole del regista stesso,
che torna a ragionare sull’ego e sullo slancio creativo, come
accadeva in
Birdman, ma che questa volta si arricchisce di un
senso di appartenenza alla terra e al Paese che fino a questo
momento non era mai trapelato dalle sue opere, nemmeno dalle prime
elogiate prove di regia come Amores Perros.
Inarritu torna fisicamente in Messico, ma lo fa anche con la mente
e con il cuore, confezionando un film denso, lungo, che non poteva
lasciare nulla sul pavimento del montaggio perché ogni evoluzione
compone il ritratto di sé che lui voleva esporre al
pubblico.
Cinema vigoroso e
immaginifico
Da un punto di vista
stilistico, Bardo è un esempio di cinema vigoroso,
pieno di idee visive, un cinema che, seppure ha beneficiato della
produzione di Netflix, si sente costretto nei bordi di uno schermo
piccolo, perché ogni immagine è perfetta e gloriosa, e agogna la
sala, la grandezza, l’esposizione e forse anche la messa in
discussione, proprio come fa l’ego di Inarritu spogliandosi di se
stesso eppure rivendicando con la bellezza delle immagini la sua
gloria.
Daniel Giménez
Cacho è lo splendido protagonista di Bardo. Non a caso vagamente somigliante al
regista, l’attore mette in scena un personaggio vittima degli
eventi, testimone delle sue fortune e delle sue disavventure,
sempre in balia del giudizio altrui eppure perso in se stesso,
nell’inseguimento di una fama che si rivela effimera e che lo
distrae da quella famiglia che lo circonda con affetto e il giusto
grado di sfida. Un’interpretazione magistrale che regala una vera
anima a tutte le immagini vivide e maestose che confezione il
regista.
Bardo è una pagina di diario, un bilancio, una
confessione, forse il film più complesso e personale di
Alejandro G. Inarritu, un racconto che merita
attenzione, pazienza e uno schermo più grande possibile.
Il Premio
Kinéo, ideato e diretto da Rosetta
Sannelli (presidente dell’Associazione Culturale Kinéo),
che quest’anno compie vent’anni alla 79. Mostra del Cinema
di Venezia, annuncia tutti i premi di questo
anniversario.
Tra i premiati, votati dal pubblico
e da una giuria di eccellenza presieduta da Jean
Gili(regista, critico, storico del cinema e professore
emerito dell’Università di Parigi 1 Pantheon-Sorbonne): Corro da te di Riccardo
Milani per il Miglior Film; Una
femmina di Francesco Costabile per la
Miglior Opera Prima; Come un gatto in tangenziale. Ritorno a coccia di
morto di Riccardo Milani per la
Miglior Commedia;
Nostalgia di Mario
Martone per il Premio
Pubblico&Critica; Benelli su
Benelli di Marta Miniucchi per la
Miglior docufiction; Noi
di Luca Ribuoli per la Miglior Serie
Tv/Piattaforma; Nicola Guaglianone, poi,
si aggiudica il premio come Miglior Sceneggiatura
per Freaks Out.
Tra gli attori, invece, ad
aggiudicarsi il premio come Miglior attrice
protagonista è Barbara Ronchi per la sua
interpretazione in Settembre, mentre a
Michele Riondino viene assegnato il premio come
Miglior attore protagonista per il film
I nostri fantasmi. E ancora:
Vinicio Marchioni è Miglior attore non
protagonista per Supereroi;
Aurora Ruffino è Miglior attrice Serie
Tv/Piattaforma per Noi;
Eduardo Scarpetta è il Miglior attore
SerieTv/Piattaforma per Le fate
ignoranti; Ludivine Sagnier è
Miglior attrice protagonista per la serie NetflixLupin;
Sofia Essaïdi è la Miglior attrice non
protagonista per Nostalgia di
Mario Martone.
Il premio Giovani
Rivelazioni se lo aggiudicano: Chiara Vinci,
Jacopo Olmo Antinori, Alessandro
Piavani e Claudia
Marchiori.
Il Premio “Personaggio
dell’anno per il Cinema”, invece, è
assegnato a Piera Detassis, mentre
il Premio per il miglior produttore/distributore nazionale
o internazionale, intestato da quest’anno
a Martha De Laurentiis, è assegnato
a Massimiliano Orfei, A.D. di
Vision Distribution.
E ancora il Premio
ITTV/Kinéo è per Daniela Rambaldi
Presidente della FondazioneCarlo Rambaldi;
Beatrice Venezi riceve il premio
Eccellenza nell’arte della Musica e
Lorenzo Quinn il riconoscimento nel campo delle
arti visive per i suoi Segni contemporanei
nell’architetture di Venezia.
Il Movie for Humanity
Award – premio che da anni Kinéo assegna a chi attravrerso
il cinema sostiene la causa dei diritti umani in ogni parte del
mondo, in collaborazione con il progetto Global
Campus of Human Rights – viene assegnato a Evgeny
Mikhailovich Afineevsky per il documentario
Freedom on Fire – Ukraine’s Fight for
Freedom. Il film, infatti, è una raccolta di
testimonianze di crudeltà e gravissime violazioni dei diritti umani
nel teatro della guerra, che verrà presentato fuori concorso alla
Mostra del cinema di Venezia.
Lo storico evento collaterale
della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, è
sostenuto dalla DGCA del MIC
e la cerimonia si terrà oggi sabato 3 settembre
2022, nella splendida cornice di Cà
Sagredo, ormai divenuta, grazie alla sensibilità per
l’arte della direttrice, Lorenza Lain, la casa del
Premio Kinéo.
—————————-
Come da tradizione, il Premio
collabora anche quest’anno con il Sindacato Critici
cinematografici (SNCCI), con lo SGDs in
Action Film Festival, con la Veneto Film
Commission, con l’ITTV Festival di
Los Angeles creato da Valentina Martelli e Cristina
Scognamillo, con la stilista Eleonora
Lastrucci per gli outfit più belli del Red Carpet e
con ANEC nel segno del sostegno alle
sale cinematografiche, luogo dove si può godere l’esperienza
completa della magia del cinema.
Uno degli obiettivi è puntare sulle
nuove generazioni. Da molti anni, infatti, il Kinéo ha avviato
insieme al Centro Sperimentale di
Cinematografia un progetto per valorizzare i giovani
artisti emergenti selezionati dalle varie scuole di cinema con un
premio dedicato, assegnato ogni anno ai più meritevoli.
Prosegue il tradizionale sostegno
della Veneto Film Commission che ospita
l’attesissima Conferenza Stampa. “Sono estremamente
felice di accogliere il Premio Kinéo nello spazio Regione del
Veneto – Veneto Film Commission, rinnovando così una collaborazione
che dà lustro alla nostra attività. Il Premio Kinéo è una
straordinaria vetrina sul cinema contemporaneo e un’occasione di
incontro di altissimo livello” afferma il direttore della
Veneto Film Commission, Jacopo Chessa.
Continua, infine, l’adesione al
progetto Kinéo di S.Pellegrino, costante
nella sua presenza ormai ventennale, e del Consorzio
Tutela del Prosecco Doc. “Per il terzo anno
consecutivo come Consorzio del Prosecco DOC supportiamo il
prestigioso Premio cinematografico Kinéo, –
dichiara Stefano Zanette, presidente del
Consorzio di Tutela del Prosecco DOC – e siamo sinceramente
lieti di poterlo affiancare in un anno particolarmente importante:
quello del suo 20° anniversario, celebrato durante questa 79.
edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia”.
Sarà presentato oggi in
concorso alla alla 79esima
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
Argentina, 1985, il film di produzione Argentina è
diretto da Santiago Mitre ed è ispirato alla vera storia dei
procuratori Julio Strassera e Luis Moreno Ocampo, che nel 1985
osarono indagare e perseguire i responsabili della fase più
sanguinosa della dittatura militare argentina.
La trama
Argentina, 1985 è ispirato alla
vera storia dei procuratori Julio Strassera e Luis Moreno Ocampo,
che nel 1985 osarono indagare e perseguire i responsabili della
fase più sanguinosa della dittatura militare argentina. Senza
lasciarsi intimidire dall’ancora notevole influenza che l’esercito
aveva sulla loro fragile, nuova democrazia, Strassera e Moreno
Ocampo formarono un giovane team legale di improbabili eroi per
ingaggiare la loro battaglia di Davide contro Golia. Costantemente
minacciati, insieme alle loro famiglie, lottarono contro il tempo
per dare giustizia alle vittime della giunta militare.
Il commento del regista
Ricordo ancora il giorno in cui
Strassera formulò l’atto di accusa: il boato dell’aula del
tribunale, l’emozione dei miei genitori, le strade finalmente in
grado di festeggiare qualcosa che non fosse una partita di calcio,
l’idea di giustizia come un atto di guarigione. Il processo del
1985 permise alla giustizia argentina di riconoscere e rivendicare
un diritto a lungo negato. Nel corso delle mie ricerche mi sono
imbattuto in aspetti sconosciuti della vicenda: il retroterra dei
procuratori, il giovane team senza esperienza, la regione ancora
sotto la dittatura. Questa storia mi ha toccato profondamente,
accendendo in me il desiderio di fare un film sulla giustizia e di
approfondire le ricerche cinematografiche e politiche come non
avevo mai fatto nei miei film precedenti, questa volta sulla base
di fatti realmente accaduti.
Narvel Roth è il meticoloso
orticoltore di Gracewood Gardens. La devozione per i terreni della
bella e storica dimora è pari al tentativo di compiacere la sua
datrice di lavoro, la ricca vedova Mrs. Norma Haverhill. Quando la
donna gli chiede di assumere la sua capricciosa e inquieta
pronipote Maya come apprendista, il caos entra nella spartana
esistenza di Narvel.
Commento del regista
Sono stato fortunato, perché ho
vissuto in una bolla di libertà creativa, ricchezza, tempo libero,
pace e buona salute. Il mio ultimo film si concentra su Narvel
Roth, un uomo solo seduto in una stanza, con una maschera in volto
– che è il suo lavoro di orticoltore – in attesa che accada
qualcosa. E poi qualcosa accade.
A Venezia 79 è stata la gran serata
di Bones and
All di Luca Guadagnino che è stato presentato in
concorso alla
79esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Il
regista italiano candidato all’Oscar sarà accompagnato dai suoi
protagonisti
Timothée Chalamet, Taylor Russell, Mark Rylance, André Holland,
e Chloe Sevigny. Ecco tutte le foto!
Bones and
All è prodotto da Frenesy Film Company (Luca
Guadagnino), Per Capita Productions (Theresa Park), The Apartment
Pictures (Lorenzo Mieli), MeMo Films (Francesco Melzi d’Eril,
Gabriele Moratti), 3MARYS (Giovanni Corrado, Raffaella Viscardi),
Dave Kajganich, Marco Morabito, Peter Spears.
Il primo amore sboccia tra Maren,
una ragazza che sta imparando a sopravvivere ai margini della
società, e Lee, un vagabondo dai sentimenti profondi. I due si
incontrano e intraprendono un’odissea lunga mille miglia che li
porterà attraverso le strade secondarie, i passaggi segreti e le
botole dell’America di Ronald Reagan. A dispetto degli sforzi
profusi, tutte le strade riconducono al loro terrificante passato e
a un’ultima battaglia che determinerà se il loro amore potrà
sopravvivere alla loro alterità.
Il commento del regista
C’è qualcosa nei diseredati, in
coloro che vivono ai margini della società che mi attira e
commuove. Amo questi personaggi. Il cuore del film batte
teneramente e affettuosamente nei loro confronti. Mi interessano i
loro viaggi emotivi. Voglio vedere dove si aprono le possibilità
per loro, intrappolati come sono nelle impossibilità cheC’è
qualcosa nei diseredati, in coloro che vivono ai margini della
società che mi attira e commuove. Amo questi personaggi. Il cuore
del film batte teneramente e affettuosamente nei loro confronti. Mi
interessano i loro viaggi emotivi. Voglio vedere dove si aprono le
possibilità per loro, intrappolati come sono nelle impossibilità
che devono fronteggiare. Vedo questo film come una meditazione su
chi siamo e come possiamo superare quello che sentiamo, soprattutto
se si tratta di qualcosa che non riusciamo a controllare. Infine, e
soprattutto, quando riusciremo a ritrovarci nello sguardo
dell’altro?devono fronteggiare. Vedo questo film come una
meditazione su chi siamo e come possiamo superare quello che
sentiamo, soprattutto se si tratta di qualcosa che non riusciamo a
controllare. Infine, e soprattutto, quando riusciremo a ritrovarci
nello sguardo dell’altro?
Epico ritratto della Sicilia e
dell’Italia nel corso di trenta fondamentali anni della loro
storia, Baarìa è
tutt’oggi uno dei più ambiziosi progetti cinematografici italiani
degli ultimi tempi, nonché uno dei più importanti nella filmografia
del premio Oscar Giuseppe Tornatore. Il regista
portò il film al cinema nel 2009 dopo averlo presentato alla Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove raccolse
ampi consensi ma anche aspre critiche.
Il film, come detto, copre un arco
temporale che va dagli anni Trenta fino agli Ottanta, e contiene al
suo interno eventi della storia del Paese come il regime fascista,
l’entrata in guerra, lo sbarco degli alleati in Sicilia, il
referendum per la Repubblica, l’arrivo della televisione, gli
scontri politici, e le elezioni politiche del 1972. Tutto ciò si
ritrova condensato in quasi tre ore di film, per una pellicola
rivelatasi un grande sforzo produttivo. Con un budget stellare di
circa 28 milioni di dollari, il film riuscì poi ad incassarne
“solo” 10 milioni.
Baarìa venne però
apprezzato anche all’estero, ottenendo la candidatura come miglior
film straniero ai Golden Globe. Mancò invece di ottenere la
medesima nomination ai premi Oscar del 2010. La pellicola si
afferma però ugualmente come una delle più premiate in Italia,
ottenendo 14 nomination ai David di Donatello, dove vincerà per la
miglior colonna sonora del maestro Ennio
Morricone. Il film ottenne anche un Nastro d’argento
speciale per via del suo “caso” artistico e produttivo, considerato
pressoché un unicum nel panorama nazionale.
Baarìa: la trama del film
La storia del film racconta la vita
di una famiglia del comune di Bagheria attraverso tre generazioni,
la cui vita si intreccia con gli eventi storici del Paese.
Il primo di cui si narra è Ciccio, costretto a lavorare fin da
bambino come contadino e pastore. Il ragazzo cresce privo di
un’istruzione, ma con una grande passione per i poemi
cavallereschi. Cresciuto e sposatosi, Ciccio dà vita al figlio
Peppino Torrenuova. Sin da bambino, questi si rivela essere un
ribelle, e una volta compiuti i vent’anni dà sfogo alle proprie
idee progressiste iscrivendosi al Partito Comunista.
Mentre persegue la propria carriera
politica, il giovane conosce e si innamora di Mannina. La famiglia
di lei, però, si rivela assolutamente contraria alla loro relazione
per via delle idee politiche del ragazzo. Ma il loro amore non si
lascia piegare dalle circostanze, e i due si dimostreranno disposti
a tutto pur di poter stare insieme. Dalla loro unione, infine,
nascerà Pietro. Come suo padre e suo nonno, anche egli porta avanti
nuove battaglie, mentre intorno a sé vede il paese trasformarsi
ulteriormente, e con esso anche il luogo in cui è nato e
cresciuto.
Baarìa: il cast del film
A rendere grande il film è anche il
suo enorme cast, ricco di personaggi più o meno rilevanti
all’interno della storia. Per raccontare della Sicilia in modo più
autentico, inoltre, Tornatore ha deciso di affidarsi ad attori
prevalentemente di origini siciliane, che potessero recitare in
modo realistico il dialetto locale. Si parte con
FrancescoScianna, protagonista
nel ruolo di Peppino Torrenuova. Attorno a lui si ritrovano poi
Margareth Madè nei panni di Mannina,
Gaetano Aronica in quelli di Ciccio Torrenuova e
Marco Iermanò nel ruolo di Pietro Torrenuova da
ragazzo. Accanto a loro si ritrovano noti attori come
Salvatore Ficarra e Valentino
Picone, che interpretano rispettivamente Nino Torrenuova e
Luigi Scalìa.
L’attrice Lina
Sastri è Tana, mentre Raoul
Bova è un giornalista romano. Nicole
Grimaudo dà vita alla giovane Sabrina, che da adulta
ha invece il volto di Ángela Molina. Vi è poi
Aldo Baglio, nei panni di un affarista,
Giorgio Faletti, in quelli del personaggio
denominato Corteccia, e Laura
Chiatti nel ruolo di una studentessa. Beppe
Fiorello appare invece nel ruolo di un venditore di
dollari, mentre Donatella Finocchiaro è una
merciaia. Vi è poi Nino Frassica nel ruolo di
Giacomo Bartolotta, e Gabriele Lavia nei panni del
maestro delle commissioni d’esame. Infine, si possono ritrovare
anche Luigi Lo
Cascio, nel ruolo di un giovane affetto da sindrome di
Down, Vincenzo Salemme in quello di un capo comico
di spettacoli, Monica
Bellucci come compagna di un muratore e
Michele
Placido nei panni di un esponente del Partito
Comunista.
Questo ricchissimo ventaglio di nomi
dà vita ad un film dalla forte coralità, in un susseguirsi di voci
e volti particolarmente indimenticabile. Inoltre, gli stessi attori
si sono poi trovati a doversi ridoppiare. A causa dell’uso stretto
del dialetto siciliano, nella sua variante bagherese, il film
risultava infatti grossomodo di difficile comprensione. Per evitare
di dover inserire dei sottotitoli, il regista preferì chiedere agli
attori di doppiarsi in un più comprensibile italiano con
inflessione siciliana.
Baarìa: la colonna sonora, dove è
stato girato e dove vederlo in streaming
La colonna sonora composta da
Ennio Morricone, e premiata con il David di
Donatello, è poi stata pubblicata come album a sé. In esso sono
contenute le musiche del film, eseguite dall’orchestra Roma
Sinfonietta. I brani Baarìa e Oltre sono invece
stati eseguiti dalla Banda musicale dell’Arma dei Carabinieri.
Ognuno dei pezzi contenuti nella colonna sonora risulta essere
l’adeguato accompagnamento alla vicenda del film a cui si lega. In
particolare, sono stati particolarmente apprezzati i brani
Sinfonia per Baarìa, Il corpo e la terra, Racconto di una vita,
Oltre e Il vento, il mare, i silenzi.
Baarìa, che dà il titolo al film, è
il modo siciliano di riferirsi al comune di Bagheria, che si trova
in provincia di Salerno. Qui si sono svolte le principali
ambientazioni del film, poiché il regista desiderava rimanere il
più fedele possibile ai veri luoghi narrati. Per diverse scene si è
però reso necessario spostarsi in vari set in Tunisia. Parte del
budget è infatti servita per ricostruire qui, in alcuni sobborghi
vicino la capitale Tunisi, l’antica Bagheria, oggi non più
esistente. Nonostante ciò, Tornatore è riuscito a non far notare la
differenza, sfruttando al massimo le proprie location per dar vita
alla città desiderata. Per gli appassionati del film, o per chi
desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne grazie
alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. Baaria è
infatti presente su Infinity, Tim Vision e Amazon Prime Video. In base alla
piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo. In questo modo
sarà poi possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio
della qualità video. È bene notare che l’abbonamento generale non
prevede limiti di tempo entro cui guardare il film, che sarà
disponibile finché l’abbonamento sarà attivo. Il film è inoltre
presente nel palinsesto televisivo di venerdì 2
settembre alle ore 21:00 sul
canale Cine34.
Sono passati cinque anni da quando il regista Luca
Guadagnino ha incoronato Timothée Chalamet come uno degli attori più
promettenti della sua generazione in Chiamami col tuo nome, e ora la coppia
regista-attore è tornata in Italia per presentare un’altra storia
dolorosamente romantica. Presentato in anteprima alla
Mostra del Cinema di Venezia, Bones and All è ambientato nel Midwest
americano degli anni ’80 dove due adolescenti cannibali,
Maren (Taylor Russell) e
Lee (Chalamet),
stringono un forte legame in cui li unisce il gusto comune per la
carne umana e per la solitudine paralizzante in un mondo che non
potrà mai capirli o accettarli.
Per iniziare, Luca Guadagnino ha introdotto
questa sua primissima incursione registica negli Stati Uniti.
“Fin da ragazzino ho ragionato a lungo sull’immaginario del
cinema americano da cui sono stato profondamente influenzato e
formato. Credo di aver sempre rinviato il momento di fare un film
negli Stati Uniti probabilmente perchè avevo bisogno di una
prospettiva più matura. Bones and All è nato quasi casualmente, da
uno di quegli imprevisti che rendono bella la mia amicizia con lo
sceneggiatore Dave Kajganich, che a lavorato con me a A Bigger
Splash e Suspiria. Aveva lavorato a questo copione, me lo ha fatto
leggere ed ho voluto raccontare la storia di questi drifters che
cercano il possibile nell’impossibile. Un lavoro di squadra, e con
squadra intendo la famiglia rappresentata dalle persone con cui
lavoro da anni. Il mio punto di luce, la mia speranza, è il mio
lavoro, profondamente collettivo. Fare cinema è un
privilegio“.
Il pregiudizio è stato il tema principale della conferenza
stampa di Bones and All. La star Timothée Chalamet, di ritorno al Lido dopo la
trionfale anteprima mondiale di Dune dello scorso anno, ha dato sfogo a una
prospettiva personale oscura quando gli è stato chiesto cosa
pensasse della condizione dei giovani di oggi e del continuo stress
a cui sono sottoposti nel venire giudicati per le loro scelte, in
particolare nell’era dei social media.
“Essere giovani oggi significa essere fortemente
giudicati“, ha dichiarato. “In Bones And All, è stato un
sollievo interpretare personaggi che lottano con un dilemma
interiore senza la possibilità di andare su Reddit o Twitter o
Instagram o TikTok e capire dove si trovano. Senza giudicare,
perché se riesci a trovare la tua tribù lì, allora tutto il potere
è tuo. Ma penso che sia difficile essere vivi ora. Penso che il
collasso della società sia nell’aria, che se ne senta proprio
l’odore, e senza essere pretenzioso, spero che questo sia il motivo
per cui questi film sono importanti, perché il ruolo dell’artista è
quello di fare luce su ciò che sta accadendo“.
Sempre restando sul tema, la protagonista del film
Taylor Russell ha affermato di aver pensato molto
al fatto che suo fratello minore stia crescendo in questo mondo “e
al giudizio di sé e degli altri e al fatto che le opinioni
sembrano invadere sempre la tua quotidianità in modo così drastico
e severo. È così spaventoso perché la speranza è che si possa
trovare la propria bussola all’interno di tutto questo e questo
sembra un compito difficilissimo ora“.
Il film è stato girato durante la pandemia e Chalamet ha anche affrontato il tema
dell’isolamento che i personaggi provano nel film. “Non che
siamo esseri narcisisti affamati di attenzioni, ma comunque hai
bisogno di quel contatto per capire dove ti trovi e ho provato una
disillusione simile a quella che penso provasse Lee nella
sceneggiatura in quel momento“.
Chalamet ha poi dichiarato di aver accettato
il ruolo di Lee perché “morivo dalla voglia di
lavorare di nuovo con Luca e di raccontare una storia che avesse
delle fondamenta solida, ma questa volta nel Midwest americano
degli anni ’80, su persone completamente emarginate“.
Bones & All è stato presentato in anteprima
mondiale alla 79a Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia il 2 settembre 2022, e verrà
distribuito il 23 novembre 2022 dalla
Metro-Goldwyn-Mayer (attraverso la United Artists
Releasing) negli Stati Uniti e altrove dalla Warner Bros.
Pictures, ad eccezione dell’Italia, dove sarà distribuito
da Vision Distribution.
Con l’uscita della serieShe-Hulk su Disney+, è tornato
in azione anche il mitico Bruce Banner. Accanto alla
cugina Jennifer Walters, Hulk funge da
mentore e guida l’eroina nella scoperta dei suoi poteri. Il
personaggio di Mark
Ruffalo è uno degli Avengers più amati dell’MCU. Dal
2012 fino ad oggi, i fan hanno visto il supereroe calato in ogni
tipo di situazione. I grandi momenti di
Hulk hanno alimentato la creazione di meme
sul web: ecco 10 post che racchiudono perfettamente la storia di
Bruce
Bannerall’interno dell’MCU.
Il meme riportato qui sopra dipinge
ironicamente la paura, spesso ingiustificata, di
Hulk. Kevin Feige aveva annunciato che già dai
primi 15 minuti di Avengers:
Infinity War si sarebbe capito perché
Thanosera il più grande e cattivo MCUmai affrontato
dai Vendicatori.
La promessa è stata certamente
mantenuta. Non a caso, dopo un primo conflitto con il Titano
Pazzo, Hulk si è spaventato così tanto da sparire per
tutta la durata del film. Anche se, vista la sua potenza,
Hulk avrebbe potuto sconfiggere Thanos in un secondo scontro, Bruce
Banner ha preferito evitare la rivincita.
I pantaloni
di Hulk
Dal martello di Thor allo
scudo di Capitan America, ogni Avengers ha la
propria arma indistruttibile. Tuttavia, la cosa più resistente di
tutte all’interno dell’MCU sono i pantaloni
di Bruce Banner: nei primi film, ogni volta che
Hulk si trasforma, i suoi jeans rimangono miracolosamente
intatti, a parte qualche strappo.
Questo vale principalmente per la
Fase 1, mentre nei film successivi i pantaloni di
Hulk sono stati realizzati su misura per la sua
dimensione accresciuta. Il mistero dei pantaloni modellabili di
Bruce rimane comunque materia di meme.
La relazione tra Banner e
Natasha Romanoff è stata essenziale per lo sviluppo del
personaggio di Hulk ed è stato bello vedere
due Vendicatori, entrambi carenti in pace e felicità,
riunirsi e fare uscire l’uno il meglio dall’altro.
Solo con Avengers: Age of Ultron i fan
hanno potuto vedere fino in fondo l’effetto
di Natasha su Bruce Banner. Purtroppo
però, Natasha è scomparsa in Avengers: Endgame. Anche se
i due non possono portare avanti la relazione, per molti fan
il loro amore rimane uno dei migliori dell’MCU, in
grado di fornire scene estremamente emotive e potenti.
Più Hulk si
arrabbia, più diventa forte. Non a caso, in The AvengersBruce Banner rivela a Capitan America che il
segreto della sua forza è essere sempre arrabbiato. Così, nel
caso in cui Bruce dovesse dimenticare come
ottenere i suoi poteri, i fan suggeriscono una soluzione. Il
fastidio perché non li trova sarebbe sufficiente per fare esplodere
tutta la sua veemenza.
Parte di ciò che inizialmente ha
reso Hulk celebre è stata la sua mancanza di intelligenza
e il suo essere pura fisicità. Ma l’Hulk che i fan vedono
in seguito nell’MCU è molto diverso da quello a
cui sono stati introdotti nel 2012. Non solo impara a parlare
con gli altri, ma nella versione Smart Hulk può usufruire
di tutta l’intelligenza della mente scientifica di Bruce
Banner.
Smart Hulk ama
trascorrere il suo tempo leggendo e citando articoli ed è proprio
grazie a questa versione – più credibile e meno incredibile – di
Hulk
che gli Avengers riescono a sconfiggere
Thanos in Endgame.
Una delle dinamiche più avvincenti
dei film MCUè la
trasformazione di Bruce Banner in Hulk e
viceversa. Si può anche notare com’è cambiata la CGI nel corso
degli anni. Le prime versioni di Hulk oggi fanno
abbastanza sorridere e, proprio per questo, costituiscono ottimo
materiale per la creazione dei meme.
Fino a Avengers: Endgame, l’Incredibile Hulk era
l’opzione più violenta in battaglia. Questo non vuol dire che
Hulk, nella sua forma originale,
fosse completamente privo di coscienza. Tuttavia, quando
Hulk e Bruce si sono fusi insieme, la
personalità di Bruce ha totalmente prevaricato su
quella del supereroe MCU. Mai prima di Avengers: Endgame i fan avrebbero pensato di
vedere Smart Hulk che porge gentilmente un tacco a
Ant-Man, eppure è
successo.
La trasformazione di Hulk
in Smart Hulk ha diviso i fan: alcuni hanno amato le
nuove vesti dell’eroe mentre altri non erano troppo entusiasti
della direzione presa dall’MCU per
il personaggio.
D’altronde, parte di ciò che rende
Hulk un guerriero così feroce è la sua
irrazionalità. Al contrario,
Smart Hulkè sia muscoli che cervello, cosa che
comporta un sacco di contemplazioni e di strategie in più
per Bruce Banner. Chissà cosa causerà questa
duplicità. I fan intanto scherzano sui possibili conflitti
interiori del personaggio…
Mettere a confronto Smart
Hulk con la versione del personaggio nel primo film dei
Vendicatori o con quella di
Edward Nortonè un’attività amata dai
fan. In effetti, Smart Hulk non è paragonabile
al veemente Hulk originario. È sicuro che
se i due dovessero scontrarsi, la versione
originale vincerebbe a mani basse. I fan scherzano sulla
pericolosità
dell’Hulk di Norton: è
un po’ come il ragazzo palestrato che minaccia ogni fidanzato
tranquillo e per bene.
Anche se Avengers: Endgame
si è concentrato principalmente sul sacrificio di Tony
Stark e sulla fine di Capitan
America (Chris
Evans), i fan non devono dimenticare il ruolo
dell’Incredibile Hulk nel film. È lui che ha risolto i
viaggi nel tempo, ha indossato il Guanto dell’Infinito e
ha schioccato le dita.
Inoltre, nella battaglia
finale Hulk ha dato il suggerimento – poi
rivelatosi corretto – di riportare le Pietre nel loro
luogo d’origine, mentre
Capitan America ha erroneamente detto a
Ant-Man di ”portarle il più lontano possibile”. Come il
meme ci mostra, Hulk meritava un po’ più di
riconoscimento.
Oggi oltre al film di Luca Guadagnino arriva anche Athena di
Romain Gavras che verrà presentato in concorso alla
79esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Il
film prodotto da Iconoclast (Charles-Marie Anthonioz, Mourad
Belkeddar, Jean Duhamel, Nicolas Lhermitte), Lyly Films (Ladj Ly),
Romain Gavra, vede protagonisti Dali Benssalah, Sami Slimane,
Anthony Bajon, Ouassini Embarek, Alexis Manenti.
La trama di Athena
Dopo la morte del fratello minore a
causa di un presunto scontro con la polizia, Abdel viene richiamato
a casa dalla prima linea e ritrova la sua famiglia devastata.
Intrappolato tra il desiderio di vendetta del fratello minore Karim
e gli affari criminali del fratello maggiore Moktar, cerca con
fatica di calmare le tensioni sempre più aspre. Quando però la
situazione degenera, Athena, la loro comunità, si trasforma in una
fortezza sotto assedio, diventando così la scena di una tragedia
per la famiglia e non solo…
Il commento del regista
La tragedia greca ha sempre
ispirato la mia vita e la mia formazione. Mi affascinano il suo
significato simbolico, il concetto di unità di tempo e iI modo di
trascendere la realtà, e desideravo avvicinarmi il più possibile
a questo metodo di narrazione, per tradurlo in immagini e creare
un’esperienza cinematografica immersiva. Athena potrebbe essere
ambientato in ogni epoca, del passato o del futuro. Dietro ogni
guerra si nasconde infatti una manipolazione, una bugia originale;
la storia si ripete, dalla guerra di Troia ai conflitti
contemporanei. Ci sono sempre forze nell’ombra che nutrono
l’ostilità: sanno che quando il dolore intimo è troppo grande, la
violenza acceca il pensiero, e quando la nazione è fragile, è
facile spingerla nel baratro.
Oggi sarà il grande giorno di
Bones and
All di Luca Guadagnino che verrà presentato in
concorso alla
79esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Il
regista italiano candidato all’Oscar sarà accompagnato dai suoi
protagonisti
Timothée Chalamet, Taylor Russell, Mark Rylance, André Holland,
Jessica Harper, Michael Stuhlbarg, David Gordon-Green, Francesca
Scorsese, Chloe Sevigny.
Bones and
All è prodotto da Frenesy Film Company (Luca
Guadagnino), Per Capita Productions (Theresa Park), The Apartment
Pictures (Lorenzo Mieli), MeMo Films (Francesco Melzi d’Eril,
Gabriele Moratti), 3MARYS (Giovanni Corrado, Raffaella Viscardi),
Dave Kajganich, Marco Morabito, Peter Spears.
La trama di Bones and
All
Il primo amore sboccia tra Maren,
una ragazza che sta imparando a sopravvivere ai margini della
società, e Lee, un vagabondo dai sentimenti profondi. I due si
incontrano e intraprendono un’odissea lunga mille miglia che li
porterà attraverso le strade secondarie, i passaggi segreti e le
botole dell’America di Ronald Reagan. A dispetto degli sforzi
profusi, tutte le strade riconducono al loro terrificante passato e
a un’ultima battaglia che determinerà se il loro amore potrà
sopravvivere alla loro alterità.
Il commento del regista
C’è qualcosa nei diseredati, in
coloro che vivono ai margini della società che mi attira e
commuove. Amo questi personaggi. Il cuore del film batte
teneramente e affettuosamente nei loro confronti. Mi interessano i
loro viaggi emotivi. Voglio vedere dove si aprono le possibilità
per loro, intrappolati come sono nelle impossibilità cheC’è
qualcosa nei diseredati, in coloro che vivono ai margini della
società che mi attira e commuove. Amo questi personaggi. Il cuore
del film batte teneramente e affettuosamente nei loro confronti. Mi
interessano i loro viaggi emotivi. Voglio vedere dove si aprono le
possibilità per loro, intrappolati come sono nelle impossibilità
che devono fronteggiare. Vedo questo film come una meditazione su
chi siamo e come possiamo superare quello che sentiamo, soprattutto
se si tratta di qualcosa che non riusciamo a controllare. Infine, e
soprattutto, quando riusciremo a ritrovarci nello sguardo
dell’altro?devono fronteggiare. Vedo questo film come una
meditazione su chi siamo e come possiamo superare quello che
sentiamo, soprattutto se si tratta di qualcosa che non riusciamo a
controllare. Infine, e soprattutto, quando riusciremo a ritrovarci
nello sguardo dell’altro?
Deadline rivela che l’attore Brendan Gleeson
è l’ultima aggiunta al sequel
di Joker di Todd
Phillips, Joker:
Folie à Deux. Non si sa chi
interpreterà l’attore irlandese e siamo sicuri che molti di voi lo
riconosceranno dal suo periodo nel franchise
di Harry Pottercome
Malocchio Moody. Tuttavia, l’attore ha una lunga
lista di crediti impressionanti nella sua carriera, tra cuiIn
Bruges,Calvary e The
Guard. Lo vedremo poi
in The
Banshees of Inisherinal fianco di Colin Farrell e Martin McDonagh che sarà
presentato in questi giorni alla Mostra d’Arte Cinematografica di
Venezia.
Joaquin Phoenix riprenderà il suo ruolo del
Clown Prince of Crime nel sequel, con Lady Gaga
che si unirà a lui come un personaggio che molti credono sia una
nuova versione di Harley Quinn. Recentemente è stato
anche confermato che
Zazie Beetz riprenderà il suo ruolo dal primo film.
Alcune dettagli rivelati ci
indicano che le riprese del film inizieranno a girare a dicembre,
con Phillips che dirigerà da una sceneggiatura che ha scritto con
Scott Silver. Pochi dettagli della trama sono stati condivisi,
anche se gli addetti ai lavori ritengono che l’azione sarà
ambientata principalmente all’interno di Arkham
Asylum e presenterà elementi musicali. Questo è un
approccio unico e potrebbe essere sorprendente.
Joker: Folie à Deux è l’unico film della DC
Comics ad aver ricevuto il via libera nell’era della Warner Bros.
Discovery, ed è chiaro che questo è un franchise in cui lo studio
ha molta fiducia.
Nel
2019, Joker è
diventato il primo film R-Rated a incassare oltre 1 miliardo di
dollari al botteghino mondiale. Ha anche ottenuto 12
nomination all’Oscar, quindi le voci secondo cui il regista Todd
Phillips possa cambiare improvvisamente tocco e riferimenti ai
fumetti potrebbero non essere vere. Tuttavia, non è una brutta
cosa, ovviamente, dato che il primo capitolo è stato un grande film
che ha offerto una versione fresca e originale del
Joker.
Il premio Oscar Alejandro G. Iñárritu sul red carpet della
79esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia
insieme al suo cast per presentare in concorso Bardo, falsa crónica
de unas cuantas verdades. Ecco tutte le foto della serata.
Negli anni Novanta Jim
Carrey era l’attore più popolare del mondo, nonché
uno dei primi a ricevere compensi milionari per i suoi film
campioni di incassi. In quegli anni egli ha recitato in
lungometraggi come Scemo & più
scemo,Ace Ventura –
L’acchiappanimali, The Mask – Da zero a
mito e Bugiardo
bugiardo, che lo hanno consacrato come re della
commedia statunitense. Nel 2003 egli ha poi preso parte ad un’altra
commedia campione di incassi, affermatasi come uno dei più popolari
e amati film di questo genere di sempre: Una settimana
da Dio, diretto da Tom Shadyac, già
regista del primo Ace Ventura.
Tutti conoscono questo film, che lo
abbiano effettivamente visto o meno. Si tratta di un’opera entrata
nell’immaginario comune grazie ai suoi personaggi, alla buffa
vicenda, alle gag e frasi ormai iconiche e alle profonde
riflessioni sul significato dei miracoli e sulle misteriose vie in
cui Dio opera. Per quanto la storia fosse brillante, nessuno riuscì
ad immaginare il successo poi ottenuto da questo film, capace con
484 milioni di dollari di diventare il quinto maggior incasso del
suo anno.
Per chi è in cerca di una commedia
demenziale ma ricca anche di sentimenti e insegnamenti sulla vita,
Una settimana da Dio rimane un titolo perfetto anche a
distanza di anni, che diverte ed emoziona ogni volta come fosse la
prima. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e al suo
sequel. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo e le frasi più belle che
si possono ascoltare in esso.
Una settimana da Dio: la
trama e il cast di attori
Protagonista del film è il reporter
televisivo Bruce Nolan, sempre impegnato in
servizi frivoli a causa del suo carattere sempre incline alla
comicità. Bruce, però, è stanco di quella vita da buffone e vive
una serie di sfortune quotidiane che lo portano infine ad incolpare
Dio di tutto quello che gli capita. Quando infine
Dio risponde realmente alle sue lamentele, Bruce si trova a
stringere con lui un patto. Per una settimana sarà dotato di tutti
i suoi poteri e si troverà dunque a gestire il tutto così come
vorrebbe che lo facesse Dio. Per quanto la cosa risulti
inizialmente elettrizzante, ben presto Bruce capirà di quante
responsabilità comporti quel lavoro.
Come anticipato, protagonista
assoluto del film è l’attore Jim Carrey, qui
nei panni di Bruce Nolan. Particolarmente legato a questo progetto,
Carrey richiese di poter eseguire anche fino a 30 volte una stessa
scena, così da ricercare il miglior risultato possibile. Accanto a
lui, nei panni di Dio vi è l’attore Morgan Freeman,
oggi ancora associato il più delle volte proprio a questo ruolo.
Nonostante interpreti il Creatore, Freeman è in realtà agnostico,
ovvero è scettico riguardante l’esistenza di Dio ma non ne esclude
la presenza. Prima di lui, per la parte, erano stati considerati
anche gli attori Jack Nicholson e Robert
De Niro.
Nel film recita poi l’attrice
Jennifer
Aniston nei panni di Grace Connelly, la fidanzata di
Bruce. Per l’attrice il set è stato tutt’altro che semplice, poiché
ad un certo punto si è trovata a girare nello stesso periodo
Una settimana da Dio, la serie Friends e il film
… e alla fine arriva Polly. Grazie a questo film è invece
diventato celebre l’attore Steve Carell,
qui in uno dei suoi primi ruoli per il cinema. Egli interpreta Evan
Baxter, il rivale di Bruce al telegiornale. Completano il cast gli
attori Philip Baker Hall nei panni di Jack Baylor,
il capo di Bruce, e Catherine Bell, in quelli
della seducente giornalista Susan Ortega.
Una settimana da Dio 2: il
sequel del film
Come noto, nel 2007 è stato
realizzato un sequel del film che è allo stesso tempo anche uno
spin-off. Il titolo di questa pellicola è Un’impresa da
Dio ed ha per protagonista non Bruce Nolan ma il
suo ex rivale Evan Baxter. Questi, interpretato ancora una volta da
Carell, viene chiamato da Dio a costruire un’Arca per un nuovo
imminente diluvio universale. Nonostante un discreto successo al
box office, questo spin-off è stato accolto in modo molto più
freddo rispetto a Una settimana da Dio, non reggendo il
confronto né da un punto di vista comico né tematico.
Una settimana da Dio: il
trailer, le frasi più belle e dove vedere il film in streaming e in
TV
È possibile fruire di
Una settimana da Dio grazie alla sua
presenza su una delle più popolari piattaforme streaming presenti
oggi in rete. Questo è infatti disponibile nel catalogo di
Chili Cinema. Per vederlo basterà noleggiare il
film, avendo così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio
della qualità video per un periodo limitato di tempo. Il film è
inoltre presente nel palinsesto televisivo di giovedì 1
settembre alle ore 21:25 sul canale
Nove.
Qui di seguito si riportano invece
alcune delle frasi più belle e significative pronunciate dai
personaggi del film. Attraverso queste si potrà certamente
comprendere meglio il tono della pellicola, i suoi temi e le
variegate personalità dei protagonisti. Ecco dunque le frasi più
belle del film:
La vita è un biscotto ma se piove si scioglie!
(Bruce)
La gente sottovaluta i vantaggi del buon vecchio lavoro
manuale, dà un grande senso di libertà. Alcune delle persone più
felici del mondo vanno a casa la sera che puzzano di sudore.
(Dio)
Io sono Bruce l’onnipotente: sia fatta la mia volontà!
(Bruce)
Addio WKBW, che vuol dire… Waffankulo brutti Wacconi!
(Bruce)
Per quanto sporca possa diventare una cosa, puoi sempre
dargli una bella ripulita. (Dio)
Dividere la minestra non è un miracolo, Bruce, è un
trucchetto. Una madre sola che deve fare due lavori e che trova
ancora il tempo di accompagnare il figlio a scuola di calcio,
quello sì che è un vero miracolo. Un adolescente che dice di no
alla droga e dice sì all’istruzione, questo è un miracolo. Le
persone vogliono che faccia tutto io e non si rendono conto che
sono loro ad avere il potere. Vuoi vedere un miracolo, figliolo?
Sii il tuo miracolo! (Dio)
Nel film ambientato nel mondo
internazionale della musica classica, TÁR è incentrato sulla
figura della prima donna della storia a divenire direttrice di una
delle più importanti orchestre tedesche.
Ecco tutte le protagoniste
del film sul red carpet della mostra.
Il copione è stato scritto per
un’artista: Cate Blanchett. Se avesse rifiutato,
il film non avrebbe mai visto la luce. I cinefili, gli appassionati
e il pubblico in generale non ne saranno sorpresi. Dopotutto,
Blanchett è una maestra assoluta. Mentre giravamo il film,
l’abilità sovrumana e la verosimiglianza di Cate sono stati
qualcosa di veramente sbalorditivo da vedere. Ha avuto un effetto
positivo su di tutti. Il privilegio di collaborare con un’artista
di questo calibro è qualcosa di impossibile da descrivere
adeguatamente. Sotto ogni punto di vista, questo è il film di
Cate.
Nell’ambito di
Venezia Classici, alla 79° Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia, la regista Nancy
Buirski presenta il suo ultimo film, Desperate
Souls, Dark City and the Legend of Midnight Cowboy, un
interessante e appassionato documentario che ripercorre la
produzione di Un Uomo da Marciapiede (in originale
Midnight Cowboy) e più propriamente è un discorso
su un oscuro e difficile capolavoro e sulle persone
straordinariamente talentuose e imperfette che l’hanno
realizzato.
Abbiamo parlato con Buirski, che ha
ricordato così la prima volta che ha visto il film:
“Quando
ho visto Midnight Cowboy sono rimasta shoccata. Ci sono stati altri
film di quel periodo che avevano un’atmosfera simile e che
condividevano quei valori, come Il Laureato, me
quel film era realizzato in maniera visivamente compiacente, questo
era grintoso, insolito, John Schlesinger voleva
realizzarlo in bianco e nero, ma non gliel’hanno permesso, e così
ha scelto quella fotografia così sporca, firmata da Adam
Holender che aveva già lavorato con Roman
Polanski.”
Come si spiega un
successo così importante per un film così controverso?
“Penso che vivessero
in un periodo in cui le persone erano ricettive a questo tipo di
film e di storia. C’era stata la Guerra del Vietnam, c’erano stati
i primi movimenti per i diritti civili, le persone si facevano
domande, cercavano di capire cosa non andava nella loro società.
Erano pronti a recepire film del genere che parlavano di
realtà”.
Quanto ci è
voluto per raccogliere tutte le testimonianze e come mai Dustin
Hoffman non è nel film?
“Non era disponibile,
purtroppo. Ci abbiamo messo poco tempo, circa 3 settimane, due a
New York e una Los Angeles e avremmo voluto aspettare Dustin, ma
siamo stati costretti ad andare avanti per via della
programmazione. Abbiamo cominciato a montare a dicembre e ci è
voluto molto più tempo, perché il montaggio detta lo storytelling
del film; spesso si sa come cominciare e come finire un film, ma
non si sa come farlo sviluppare, poi io lavoro senza sceneggiatura,
e il risultato è stato una conversazione che tocca tutti gli
argomenti in maniera organica.”
Oggi si potrebbe
fare un film come Un Uomo da
Marciapiede?
“Non saprei, credo
che alcuni temi sarebbe considerati invecchiati, siamo in un
momento molto avanzato in merito alla rappresentazione
dell’omosessualità, ad esempio. Poi ci sono molti film che ora
hanno un aspetto così ruvido, non sembrerebbe insolito, oggi. Un
sacco di film indipendenti in Europa hanno questo aspetto. Potrebbe
essere fatto ma non sarebbe tanto inusuale.”
Il documentario
sta acquistando sempre più importanza, anche nelle selezioni dei
festival più prestigiosi, come Venezia, cosa ne pensa?
“Sono già stata
selezionata a Venezia, e poi a Cannes qualche anno fa. Non mi posso
lamentare della considerazione che i miei documentari hanno presso
i festival europei. Penso che questo dipenda più dai periodi che da
una parabola in costante ascesa. È un periodo molto importante per
i documentari e per me che sono in questo settore da tempo è tutto
molto bello.”
E Venezia sembra proprio il festival
giusto dove presentare un documentario, dato che la sua storia
annovera addirittura un Leone d’Oro trai documentari selezionati
(Sacro GRA per Venezia 70).
Jennifer
Walters (Tatiana
Maslany) è l’ultima aggiunta tra i supereroi del
Marvel Cinematic Universe.
La protagonista della serie originale Disney+She-Hulk:
Attorney at Law. non è solo uno dei migliori supereroi
del franchise, ma è anche un incredibile avvocato.
Data la sua fama nel sistema
giudiziario, Jenn Walters è viene scelta per
difendere alcuni supereroi. Dopo aver i primi episodi di
She-Hulk, i fan non possono fare a meno di chiedersi
quali sono gli Avengers che in futuro potrebbero avere Jenn
come avvocato.
Hulk
She-Hulk
mostra un nuovo lato di Hulk (Mark Ruffalo)
nell’MCU, ma non possiamo
dimenticare il passato burrascoso di questo Avengers.
Chissà in che modo il colosso verde è stato in grado di eludere le
cause legate alle sue azioni irruente.
Senza dubbio, il Dottor
Bruce Banner ha
accumulato un debito incredibile con la legge, anche se è probabile
che il suo status di Vendicatore gli permetta di essere
assolto da ogni responsabilità. In ogni caso, se Bruce
dovesse mai aver bisogno di un avvocato, probabilmente potrà
contare sulla cugina She-Hulk.
Ant-Man
Scott Lang di Paul Rudd oggi è un Vendicatore, ma
la sua storia prima di diventare un supereroe è tutt’altro che
immacolata. In passato, Ant-Man era uno
scassinatore ed è stato gettato in gattabuia almeno una volta.
Anche se ora è sulla retta
via, di tanto in tanto Scott si trova ad essere
dalla parte sbagliata della legge, non dimentichiamo la violazione
dell’ordine di arresto domiciliare in Ant-Man and the Wasp. Se
l’FBI scoprirà questa trasgressione, Ant-Man avrà bisogno
di un difensore del calibro di Jennifer Walters.
Moon Knight
La serie
MCUMoon Knight ha introdotto il pubblico alle molteplici
personalità di Marc Spector, Tra queste, non può
mancare l’alter ego malvagio Jake Lockley. Nella
scena post-credits del
finale di stagione, Lockley uccide
Arthur Harrow.
L’omicidio di Harrow
potrebbe tornare a perseguitare il protagonista nella
seconda stagione. Immaginate se, all’apertura
della prossima stagione, apparisse She-Hulkin
veste di avvocato per difendendere. Marc
Spector da un crimine che non sa di aver commesso.
Questo cross-over sarebbe anche il modo perfetto per legare
Moon Knight agli eventi del resto
dell’MCU.
Il Soldato d’Inverno
Bucky Barnes, il Soldato d’Inverno, ha una storia travagliata
all’interno dell’MCU. Dopo essere stato un
assassino per l’HYDRA durante la Guerra Fredda,
il personaggio si è riformato e ora sembra avere intenzioni più
eroiche.
Bucky ha scelto di stare
dalla parte dei buoni ma, data la sua propensione a
disobbedire agli ordini che ritiene ingiustificati, l’ex assassino
potrebbe avere qualche ricaduta. Se così accadrà, il Soldato
d’Inverno avrà bisogno di un avvocato esperto come
She-Hulkin
grado di coprirgli le spalle in tribunale.
Hawkeye
Nonostante la sua carriera
prevalentemente eroica nell’MCU, Clint
Barton ha vissuto una fase particolarmente buia dopo la
morte della sua famiglia nella Decimazione. Il
Vendicatore ha trascorso diversi anni
come Ronin e in questo periodo ha spietatamente
ucciso grandi bande di criminali in tutto il mondo.
L’MCU ha
sorvolato sui crimini di Barton/Ronin. Nel caso
in cui il passato di Occhi di Falco fosse portato
alla luce, Jennifer Walters a.k.a.
She-Hulksarebbe la perfetta consulente
legale di Clint.
Spider-Man
Spider-Man ha avuto la sua
giusta quota di problemi legali nell’MCU. Dopo
che la sua identità è stata rivelata alla fine di Spider-Man: Far From Home, Peter Parker si è
ritrovato con le spalle al muro.
Anche se No Way Home ha
mostrato Matt Murdock (Charlie Cox) come
difensore legale di Peter, non sarebbe male vedere un
altro avvocato, per di più una supereroina come
She-Hulk, prendere le parti di
Spider-Man. Ancora meglio, potrebbe nascere un’eroica
squadra di avvocati capitanata da Murdock e
Walters.
Scarlet
Witch
Wanda Maximoff è
stata uno dei Vendicatori più importanti prima della
sua svolta malvagia in Doctor Strange nel Multiverso della
Follia. Scarlet è responsabile dell’incidente di
Westview e dell’attacco a Kamer-Taj e, se
mai riapparirà nell’MCU, si troverà a
fare i conti con la giustizia.
Wanda ha dimostrato di
essere uno dei cattivi più potenti della Marvel.
Anche se sembrano esserci poche giustificazioni per le azioni
raccapriccianti di Scarlet, Jennifer Walters
saprebbe come scagionare l’ex-Avengers, magari facendo
leva sull’instabilità mentale causata
dal Darkhold.
Doctor
Strange
Doctor Strange è uno dei
più grandi eroi dell’MCU, soprattutto per la sua
dedizione a fare sacrifici per salvare il mondo. La sua più grande
scommessa è arrivata alla fine di Avengers: Infinity War, quando
Strange ha dato la Pietra del Tempo a
Thanos.
Anche se la scelta di
Strange alla fine ha portato alla sconfitta di
Thanos, il suo piano ha causato la scomparsa della metà
della popolazione per cinque anni. Coloro che sono stati vittima di
questo compromesso potrebbero richiedere la condanna di
Strange. In tal caso, una supereroina
come She-Hulk
saprebbe come difendere le motivazioni eroiche
di Strange.
Captain
America
Capitan America è stato
spesso descritto come il supereroe che gioca sempre seguendo le
regole e che non si lascia contaminare dalle aree moralmente grigie
del mondo moderno. Tuttavia, più volte l’eroe MCU
si è trovato dalla parte sbagliata, soprattutto in Capitan
America: Guerra Civile. Nel film, il
Vendicatore disobbedisce apertamente gli Accordi
di Sokovia.
Molti fan si aspettano che
She-Hulk approfondisca lo stato attuale degli
Accordi di Sokovia, magari rivelando anche la
posizione di Jennifer Walters rispetto al movimento. Data
l’infatuazione di Jenn nei confronti di Steve
Rogers, She-Hulk non saprebbe resistere
all’opportunità di difendere il Vendicatore in
tribunale.
Iron
Man
Tony Stark di
Robert Downey Jr. è forse
l’eroe più amato dell’MCU, ma questo non lo rende
indenne dalle accuse che altri Vendicatori hanno mosso
verso di lui. Tra le varie, ricordiamo quelle per aver creato
Ultron, l’androide che ha quasi distrutto il pianeta.
Un flashback potrebbe raccontarci
come sarebbero andate le cose se Tony fosse
finito sotto accusa per il suo esperimento. In questo
caso, She-Hulk sarebbe stata la sua unica
possibilità per uscire illeso dal processo. Essendo la cugina di
uno dei più cari amici di Tony, Jenn avrebbe
fatto del suo meglio per scagionare Stark, lasciando
emergere le intenzioni positive del supereroe.
Lo stesso regista due
volte premio Oscar ha presentato il film che, più come un racconto
autobiografico, definisce una auto-fiction, e spiega: “Viviamo
in un mondo molto finto e credo che pian piano ci rendiamo conto
che tutte le storie sono un tentativo di dare senso alla propria
vita, ma gli eventi che capitano vengono interpretati in base alle
proprie esperienze e alla propria cultura. Una persona diversa da
noi può interpretare quello stesso evento in maniera completamente
differente, è per questo che il nostro personaggio dice che la
memoria non ha verità ma solo una certezza emotiva. Non farei mai
un tentativo di realizzare un film biografico, perché non conosco
niente di tanto noioso come la mia vita. Questo è un tentativo di
identificare momenti, ricordi, aneddoti, paure e sogni che mi hanno
formato negli ultimi 20 anni. 21 anni fa in questo giorno esatto
lasciavamo il Messico, è per me questo momento è un cerchio che si
chiude, così come il film è circolare. È un tentativo emotivo di
dare senso a cose che non ne hanno. Non c’è logica in questo film,
così come i sogni non hanno logica, e questo film è proprio come un
sogno. Non c’è niente di più noioso della verità, preferisco
l’interpretazione.”
Il film si muove spesso su un
sottile confine, tra il dramma e la commedia grottesca, come
l’idea, che nel film è realtà, di Amazon che compra la California
del Sud. Per Alejandro G. Inarritu non siamo
tanto lontani dalla realtà: “Alcune
idee del film che sembrano divertenti sono in realtà molto più
realistiche di quanto non sembrino, ad esempio molte corporazioni e
aziende, oggi, sono molto più ricche di interi Paesi. Torneremo al
feudalesimo, secondo me, con le Corporation che danno lavoro a
tantissime persone, prendete ad esempio Walmart che dà lavoro a
talmente tante di quelle persone che potrebbero essere la
popolazione di una nazione. Ho cercato di giocare con l’umorismo e
di trovare un tono che spesso è ridicolo, spesso trascendiamo nella
stupidità.”
“Non c’è niente di più
noioso della verità, preferisco l’interpretazione.”
Ma cos’è il Bardo? “E’ la parola con cui i buddisti
indicano quello che per i cattolici è un Limbo. Per me è dove
questo personaggio vive, dove le idee e i ricordi muoiono, dove le
cose si trasformano di continuo. Io sono un uomo senza terra,
perché sono messicano per gli americani e americano per i
messicani. Ed è una condizione da immigrato, è una posizione molto
vulnerabile, una specie di Limbo.”
Silverio, il protagonista del film,
è un uomo di grande successo, quanto c’è di auto-biografico in
questo personaggio? “Per me il successo è dolce-amaro. Il
successo ti mette in una posizione privilegiata, ma allo stesso
tempo hai un sacco di obblighi e aspettative, e questo ti mette
sotto i riflettori, dove a volte ne hai abbastanza. Io non mi sto
lamentando del mio successo, sarei ridicolo, ma il successo ha un
costo, ovvero paghi il prezzo del tempo che impieghi a costruire
opere d’arte e il cinema è un lavoro molto faticoso. Ci vuole tempo
per capire certe cose e quando sei giovane vuoi prendere il mondo a
morsi, ma con il tempo capisci che le cose importanti sono altre,
e, sì, c’è del rimpianto.”
Bardo ha molti echi di
Birdman, che cosa hanno in Silverio, Riggan e
Alejandro? “Nel 2012 ho cominciato a meditare ed è stato per me
un punto di svolta, perché ho cominciato a vedere i miei pensieri
in una maniera molto chiara. Ero sempre coinvolto nei miei
pensieri, ma guardarli dall’esterno mi ha permesso di ridere di me
stesso e delle mie certezze, condividendole con un po’ di paura ma
con onestà. Forse i personaggi di Bardo e di Birdman hanno qualcosa
in comune, ma Silverio non reagisce, lui risponde e osserva, a
differenza di Michael Keaton che è molto reattivo. Uno accetta di
essere nel Bardo, di non essere certo di niente, quando invece
tutti noi cerchiamo di avere sempre ragione, cosa che ci porta una
certa quantità di sofferenza. L’atteggiamento di Silverio è molto
più liberatorio.”
Apre la sezione
Orizzonti di Venezia 79Princess di
Roberto De Paolis, un progetto che si proietta
nella realtà e che propone allo spettatore un ritratto insolito di
una “principessa” contemporanea. Il titolo del film, i credits in
testa e in coda, costruiscono una cornice favolistica a una storia
che invece si rivela cruda e cattiva, ma che non manca di tocchi di
dolcezza e tenerezza. Una fiaba moderna, forse, o più
verosimilmente uno sguardo (inizialmente) imparziale su una realtà
che di fiabesco ha davvero poco.
C’era una volta Princess
Princess
è una giovane clandestina nigeriana che vende il suo corpo ai
margini di una grande città. Come un’amazzone a caccia, protetta
dalle sue amiche, si muove in una pineta che si estende fino al
mare, un bosco “incantato” in cui trovare rifugio, nascondersi
dalla vita e guadagnarsi il pane quotidiano. Per sopravvivere,
Princess deve ogni giorno schivare pericoli e sentimenti, fiutare
l’odore dei soldi e raggirare i clienti. La sua vita è un
susseguirsi di giorni sempre uguali, uno dopo l’altro, senza
soluzione di continuità. Finché un giorno, incontra un uomo che
vorrebbe salvarla, un’animo puro che però lei sembra non
riconoscere, perché non è abituata alla gentilezza e perché, prima
di tutto, deve imparare a salvarsi da sola.
De
Paolis ha scelto Glory Kevin per
interpretare la protagonista. Lei interpreta se stessa, con
quell’istinto e quella feroce tipiche degli attori dilettanti, ma
con un fuoco in più, perché si capisce che Kevin, nel film, vede
anche un’occasione di riscatto per se stessa. Il regista, che nella
prima parte si defila ai margini della storia come un osservatore
che permette alla sua protagonista di agire indisturbata in una
quotidianità meccanica ma non priva di una sua magia e poesia,
entra prepotentemente nella storia e nella scrittura nella seconda
parte del film, che risulta infatti meno riuscita, con
Princess/Glory che sembra più impacciata e incerta nei suoi passi
accanto a Lino Musella, splendido e delicato
coprotagonista, più una spalla, uno strumento narrativo per portare
avanti la parabola della protagonista.
Tuttavia, dopo la brusca
rottura che non sveliamo per non rovinare la visione, la vita della
protagonista non sembra subire una svolta, almeno non in positivo,
anzi, isolata da quella sua sorellanza che nella prima parte del
film risultava tanto vitale e fondata per il
personaggio.
Con
Princess, De Paolis sceglie una strada insolita e
in qualche modo coraggiosa, ma non si dimostra capace di stare al
suo posto, sfruttando il grandissimo potenziale della sua
protagonista e invadendone gli spazi per l’esigenza di scrivere e
pilotare la storia.
Disney+ ha annunciato che la
prima stagione dell’acclamata serie originale The
Bear creata da Christopher Storer
(Ramy, Eighth Grade – Terza media), che è
anche executive producer insieme a Joanna Calo (BoJack
Horseman, Undone), Hiro Murai
(Atlanta, Station Eleven) e Nate Matteson
(Station Eleven, The Choe Show) di Super
Frog e Josh Senior, mentre Tyson Bidner (Ramy) è il
produttore e Matty Matheson è il co-produttore. La serie è
prodotta da FX Productions ed è stata rinnovata per una seconda
stagione.
The Bear: quando esce e dove vederla in streaming
The
Bear debutterà sulla piattaforma streaming il prossimo
5 ottobre in Italia, con tutti gli otto episodi disponibili.
La serie si aggiunge a una lista di titoli in arrivo in
streaming in autunno su Disney+, tra cui Andor (21
settembre), la seconda stagione di The Kardashians (22
settembre), The Old
Man (28 settembre) e Candy
(12 ottobre).
The Bear: trama e
cast
The
Bear ha come protagonista Carmen “Carmy” Berzatto
(Jeremy Allen White), un giovane chef
proveniente dal mondo della ristorazione, che torna a casa a
Chicago per gestire la paninoteca di famiglia, The Original Beef of
Chicagoland, dopo uno straziante lutto in famiglia. In un mondo
lontano da quello a cui era abituato, Carmy deve affrontare la dura
realtà della gestione di una piccola impresa, il suo personale di
cucina ostinato e riluttante, oltre ai suoi tesi rapporti
familiari, il tutto affrontando le conseguenze del suicidio del
fratello.
The
Bear parla di cibo, di famiglia, della follia della
routine, della bellezza del Senso di Urgenza e dei ripidi
e scivolosi inconvenienti. Mentre Carmy lotta per trasformare sia
The Original Beef of Chicagoland che se stesso, lavora al fianco di
una squadra di cucina un po’ sopra le righe che alla fine si rivela
essere la famiglia che ha scelto.
Oltre a White, questa serie comedy con episodi dalla durata di
mezz’ora vede nel cast la presenza di Ebon Moss-Bachrach (“Richard
‘Richie’ Jerimovich”), Ayo Edebiri (“Sydney Adamu”), Abby Elliott
(“Natalie ‘Sugar’ Berzatto”), Lionel Boyce (“Marcus”), Liza
Colón-Zayas (“Tina”), Edwin Lee Gibson (“Ebraheim”) e Matty
Matheson (“Neil Fak”).
Apre ufficialmente la
vendita dei biglietti di HOPE, edizione 2022 di Lucca Comics & Games:
dopo gli oltre 80.000 ingressi venduti in modalità early bird
– pensata per dare opportunità agevolate ai più fedeli visitatori
del festival – da oggi alle ore 16 sarà possibile acquistare ogni
tipologia di ingresso e abbonamento, incluso il Level UP, lo
speciale biglietto a tiratura limitata valido per i cinque giorni e
con vantaggi esclusivi riservati ai suoi possessori.
Come già anticipato, Lucca Comics & Games, attento alla
sicurezza dei visitatori, ha deciso di adottare misure di
autocontenimento nell’emissione dei biglietti: il tetto massimo di
biglietti vendibili è stato fissato a 55.000 per ogni
singola giornata, rispetto a una superficie
espositiva della manifestazione 2022 superiore a quella del 2019.
Qualora le condizioni generali e le normative vigenti lo
permettessero, si valuterà un eventuale ampliamento di questo
limite. Nel caso in cui il numero massimo di biglietti non sia
raggiunto con la vendita online, sarà possibile acquistare
eventuali ingressi residui anche in loco nei giorni del
festival.
L’edizione si preannuncia particolarmente ricca: dopo gli
annunci di luglio, il programma vanta un’altra novità che farà la
gioia dei fan dell’animazione. Tra i grandi
ospitiinternazionali di questa edizione, Gorō
Taniguchi regista di One Piece Film: Red, che sarà presente sabato
29 ottobre in occasione del più grande evento di
One Piece mai visto in Italia promosso da TOEI Animation
Europe e Anime Factory. La presenza del regista all’anteprima
nazionale è solo il primo degli appuntamenti che a Lucca Comics &
Games celebreranno le avventure di Rufy e la sua ciurma.
Le prossime settimane saranno fondamentali per scoprire le
novità di questa edizione, i contenuti culturali, gli ospiti e le
diverse aree cittadine coinvolte: sito web e canali social di Lucca
Comics & Games saranno gli spazi in cui poter trovare tutte le
informazioni e gli aggiornamenti, svelando giorno dopo giorno i
dettagli dell’edizione 2022. Il momento clou è previsto per
giovedì 29 settembre, con l’attesissima conferenza stampa in cui
sarà presentato ufficialmente il programma di HOPE. L’evento, in
diretta da Lucca, sarà fruibile pubblicamente in streaming sui
canali del festival e segnerà il countdown finale verso il
28 ottobre.
DETTAGLI
BIGLIETTERIA
Tutti i biglietti online
sono print@home. Per ogni account sarà possibile
acquistare fino a un massimo 15 biglietti: dopo l’acquisto non sarà
possibile cambiare data o chiedere il rimborso, ma eventualmente si
potrà mettere in vendita il proprio biglietto attraverso l’area
dedicata Rivendita biglietti del sito Vivaticket (shop.vivaticket.com/it/handback).
I braccialetti – necessari per entrare nelle
diverse aree del festival – potranno essere ritirati presso i
Welcome DESK presentando i biglietti e, in caso di acquisto di
biglietti per più giornate, saranno consegnati tutti insieme in
un’unica occasione. Torna la possibilità di accedere al servizio
“Salta il Welcome DESK” (acquistabile solo fino al
10 ottobre): con una spesa aggiuntiva di € 9,99 sarà possibile
ricevere i braccialetti direttamente a casa (per gli acquisti fatti
a partire dal 1° settembre).
Il prezzo di biglietti e
abbonamenti ridotti è pari a quello dell’early bird. Non mancano
inoltre gli amati abbonamenti per i Level UP Fan,
a tiratura limitata: un’occasione per vivere al meglio le cinque
giornate di Lucca Comics & Games 2022, con servizi esclusivi e
opportunità dedicate. Questa tipologia di abbonamento, venduta al
prezzo di € 340,00 (+ 2,50 di prevendita ed eventuali commissioni
di Vivaticket), consentirà di partecipare a condizioni uniche a
tutti i giorni di festival. Dall’1 al 5 settembre i Level UP Fan
delle precedenti edizioni potranno acquistare in prelazione uno dei
300 abbonamenti speciali in vendita, utilizzando il codice a loro
fornito. A partire dal 6 settembre, l’acquisto degli abbonamenti
Level UP sarà aperto a tutti. Tra i servizi inclusi: badge
esclusivo collezionabile e braccialetto dedicato, welcome Bag,
accesso a due location riservate, servizio deposito gratuito e
spedizione con prezzo scontato, ‘salta la fila’ ai padiglioni,
‘salta la fila’ – previa prenotazione – valido per gli incontri al
cinema e per gli incontri nelle sale, incontri esclusivi con
autori, aperitivi e colazioni con ospiti, serate experience con gli
ospiti del festival.
Le persone con disabilità hanno diritto a un
biglietto omaggio che potrà essere ritirato, insieme al biglietto
ridotto per un eventuale accompagnatore, presso i Welcome Desk
dedicati, che saranno comunicati nel sito web nelle prossime
settimane.
L’ingresso gratuito è previsto anche per i bambini
nati dal 01/01/2013 (che devono essere sempre
accompagnati) ma non richiede il ritiro di un biglietto omaggio
dedicato o di un braccialetto. In casi dubbi, il personale potrà
richiedere di esibire un documento che ne attesti l’età.
Dal 1° settembre al 10 ottobre sul portale Vivaticket saranno
disponibili anche i biglietti comitiva (solo
giornalieri), acquistabili in “carnet” di 20 biglietti (1 omaggio
ogni 20 biglietti acquistati) con consegna via corriere dei
braccialetti. I prezzi saranno pari a quelli dei giornalieri
ridotti oltre al costo della spedizione pari a € 9,99.
Come anticipato a luglio, restano attive delle speciali
riduzioni legate a iniziative come la Bag of
Lucca: tutti gli aventi diritto riceveranno un codice e potranno
acquistare l’ingresso prescelto a prezzo ridotto l’accesso al
festival; i braccialetti dovranno essere ritirati presso i Welcome
Desk.
Durante il San Diego
Comic-Con, la Marvel ha annunciato che a
chiudere la Fase 6 ci saranno due film dei
Vendicatori. Avengers:
The Kang Dynasty e Avengers:
Secret Wars usciranno nel 2025, a pochi mesi di distanza
l’uno dall’altro. I fan dei fumetti conoscono già Secret Wars. Ci sono due storie famose legate
a questo titolo. Probabilmente, la miniserie più recente, quella
che include il multiverso, le incursioni e un riavvio del
Marvel Universe, sarà la principale fonte di
ispirazione per il film Avengers. Forse non otterremo
un adattamento completamente fedele, ma crediamo che
l’MCU saprà fare
buon uso di alcuni elementi della storia originale…
La morte dell’Universo
Marvel
Secret Wars inizia
in modo esplosivo, letteralmente. L’Universo
Marvel e l’Ultimate Universe sono nel mezzo di
un’incursione. Gli eroi di entrambi i mondi si riuniscono per
cercare di salvare le realtà, anche adottando misure estreme, ma
alla fine non c’è nulla che si possa fare per evitare la
distruzione dei due universi.
L’Universo
Marvel non ha una controparte. Chiudere la
Fase 6 con la distruzione dell’MCU sarebbe sconvolgente, ma sicuramente il
franchise saprà sviluppare la storia di Secret Wars in
modo coerente.
La faccia di Destino
Pare che il Dottor
Destino farà il suo debutto nell’MCU in
Black Panther: Wakanda Forever e
sicuramente Victor Von Doom resterà in giro nel
franchise per i prossimi anni. Probabilmente, ad un certo
punto la sua storia di origine sarà esplorata e siamo davvero
curiosi di scoprire come i Marvel
Studios ricreeranno il volto di Destino
sotto all’iconica maschera.
L’interprete di Von
Doom sarà sicuramente un attore di grande fama, ma
se l’MCU seguirà la linea dei fumetti, ci sarà da
attendere fino a Secret Wars prima di scoprirne il
volto.
Tradimento
Dopo l’incursione, nel nuovo mondo
di
Secret Warspoche persone ricordano com’erano le cose
in precedenza. Tra di loro c’è Doctor Strange.
Doom diventa il Dio di questo nuovo mondo, ma i
frammenti di realtà che ha riunito sono tutt’altro che perfetti e,
per controllare il tutto, Destino ha bisogno di
un aiuto. È qui che entra in gioco Stephen
Strange. Inizialmente, Strange e Destino
sembrano diventare amici, ma in
seguito Stephen si rende conto che c’è la
possibilità di rimettere il mondo nella giusta direzione.
Ovviamente, Victor non ne
è felice e, con un semplice gesto della mano, uccide brutalmente il
Doctor Strange. Sarebbe straziante assistere alla morte di
Strange dopo così tanti anni (e film)
nel Marvel Cinematic Universe, ma
ci piacerebbe vedere i due personaggi lavorare insieme sulla
scena.
Il Dottor Destino uccide
Thanos
In Secret
Wars, il Dottor Destino si trova faccia a
faccia con
Thanos. Il Titano Pazzo è un altro
sopravvissuto dell’Universo Marvel e crede di
poter rovesciare Victor, ma presto scopre di non
essere all’altezza del Dio.
Nei fumetti, Doom
uccide Thanoscon un pugno al petto, gli strappa
via la spina dorsale e lo trasforma in polvere. Come Avengers:
Infinity War ha dimostrato, Thanos è davvero
potente. Se mai verrà ucciso da Destino, la lotta tra i
due dovrà essere costruita in modo credibile.
Spider-Man e Miles
Morales
Secret Wars è una storia
intensa e di alto livello, ma non è priva di scene più leggere.
Nella nuova realtà, Peter
Parker e Miles Morales si riuniscono e cercano di
capire cosa sta succedendo. Nel corso delle loro vicende, si
trovano faccia a faccia con Molecola: si scopre che è il
personaggio è il collante di questa nuova realtà. Speriamo che
il Marvel Cinematic Universe includa questa
parte in Avengers: Secret Wars,
specialmente dopo aver visto i siparietti divertenti dei
tre Spider-Man
in No Way Home.
La morte della Cosa
Essendo diventano
un Dio, nella nuova realtà il Dottor Destino si
prende la sua piccola rivincita sui Fantastici Quattro. Mister Fantastic
sparisce, Torcia umana viene usata come “sole” del
mondo, e la Donna Invisibile diventa la moglie di
Victor Von Doom.
La Cosa, nel frattempo,
viene trasformata in un muro per proteggere il mondo dai resti di
realtà più oscure. Successivamente Franklin Richards,
il figlio di Doom e Sue in questo mondo,
ingaggia La Cosa e,
attraverso Galactus, distrugge Ben. Al di là
delle trame e sottotrame, vedere i Fantastici Quattro in
queste particolari vesti sarebbe curioso per i fan
del Marvel Cinematic Universe.
Ritorna il Guanto
dell’Infinito
In Secret Wars,
Pantera Nera trova un Guanto dell’Infinito precedentemente nascosto
da Dottor Strange. Nella
Marvel Comics, T’Challa
scatena il suo potere e lotta contro Victor. Ci
piacerebbe vedere sul grande schermo il combattimento tra i due.
Purtroppo, Chadwick Boseman non è più con noi, ma
chiunque lo sostituirà sotto al mantello di Pantera
Nera sarà in grado di affrontare Doom.
La guarigione del volto di
Doom
Durante la battaglia
finale, Doom finalmente fa pace con Mister
Fantastic e si trova costretto ad ammettere che Reed
avrebbe potuto creare un mondo molto migliore di lui se
gli fosse stata data una possibilità.
È un momento umiliante per
l’orgoglioso Dottor Destino, ma alla fine il leader dei
Fantastici
Quattro non si prende nessuna rivincita.
Invece di cancellare Victor dall’esistenza, guarisce
la faccia del suo più grande nemico, dimostrando fino in fondo di
essere un uomo migliore. Chissà cosa succederà nella versione
live-action di Secret Wars, chissà cosa hanno in mente i
Marvel
Studios per questa storia densa di personaggi,
relazioni e conflitti.