Kill Bill – volume I e
II sono i film cult del 2003 e 2004 di Quentin
Tarantinon con Uma Thurman, David Carradine, Daryl
Hannah, Michael Madsen, Vivica A. Fox, Lucy Liu e
Samuel L. Jackson.
Il film si apre con la seguente
didascalia: “La vendetta è un piatto che va servito freddo”. Una
sposa gravida (Uma Thurman) è distesa a terra gravemente ferita in
una Chiesa il giorno del suo matrimonio. Prima di essere sparata
alla testa dice al suo aguzzino, un certo Bill (David Carradine),
che quello che porta in grembo è il suo bambino. Così lui la
risparmia.
Qualche tempo dopo, la donna trova
una certa Vernita Green (Vivica A. Fox) nella sua
abitazione e comincia un sanguinoso combattimento tra le due, che
viene sospeso quando la figlia di quest’ultima torna da scuola.
Emergerà dal loro dialogo che entrambe le donne sono ex membri
della Deadly Viper Assassination Squad, squadra di assassini
d’elite sotto la guida di Bill. Fu proprio questa squadra, dietro
comando di Bill ad attaccarla durante il suo matrimonio.
La donna riesce ad uccidere Vernita,
depennandola da una lista. Un gesto che fa il paio con la
didascalia iniziale, che ci fanno capire che la donna vuole
uccidere tutta la banda.
Da qui inizia una lunga serie di
feroci e coinvolgenti combattimenti, intervallati da lunghi
flashback che fanno sempre più chiarezza sulla storia. Una storia
molto lunga, tanto da essere divisa in due parti da 110 minuti
ciascuna, uscite al cinema nel 2003 e nel 2004. Non solo, per il
2014 è prevista anche una terza parte, con la sposa pronta di nuovo
a dare battaglia a dieci anni dalla morte di Bill.
Kill Bill vol 1 e vol 2
Questa volta Quentin
Tarantino l’ha fatta proprio grossa. Certo, nella sua
carriera ci ha regalato film complessi, violenti all’ennesima
potenza, deliranti, avvincenti, rimpinzati di citazioni
cinematografiche dall’alto del suo amore, tra gli altri, per il
cinema di Sergio Leone. Nella sua carriera, Tarantino ha sfiorato
spesso il capolavoro, raggiungendolo forse con l’ultimo suo
lungometraggio: Bastardi senza gloria, rivisitazione geniale sulla
fine del Nazismo.
Kill Bill pure
rischia di essere annoverato tra i capolavori sfiorati di Quentin,
forse per l’eccessiva lunghezza della storia, non essendo
sufficiente lo spezzettamento del film in due parti. La prima parte
infatti da sola non è autosufficiente, portando lo spettatore a
dover per forza di cose seguire anche la seconda parte.
Quest’ultima pecca di sequenze dilatate, eccessive focalizzazioni.
Il ritmo generale del film in questa seconda parte è molto più
lento della prima. Ed ecco dunque che, se quest’ultima può essere
considerata un capolavoro, la seconda tende a sfiatarsi, facendo
perdere al film “una stella” nelle valutazioni.
E’ giusto però dire
quali sono gli elementi che rendono Kill Bill un
potenziale capolavoro. Tarantino dirige un cast di prim’ordine,
dando a tutti i personaggi un giusto spazio nella storia. Nel cast
figurano, oltre a
Uma Thurman, anche David Carradine,
Daryl Hannah, il fido Michael Madsen, Vivica A. Fox, Lucy Liu e
Samuel L. Jackson.
Perfetta anche la parte tecnica
della regia. Non un’inquadratura fuori posto, non un movimento di
camera infelice. Kill Bill formalmente si avvicina alla perfezione.
Gli anni hanno permesso di affinare una già ottima tecnica.
La brillantezza di Tarantino è
palesemente dimostrata anche dall’attenzione che il
regista-spettatore mostra verso le tendenze cinematografiche che
hanno dimostrato maggiore dinamismo negli ultimi anni, in primis
l’animazione. Vero e proprio film nel film, i venti minuti firmati
I.G. Production, che raccontano la tragica infanzia di una delle
future vittime della bionda protagonista, nella fattispecie la
strabica Lucy Liu, killer della Yakuza,
rappresentano una rara gemma di intensità emotiva e spessore
drammaturgico. Le sequenze animate della casa nipponica, oltre ad
essere un felicissimo esempio di contaminazione
meta-cinematografica, dimostrano inequivocabilmente la maturità
raggiunta da un mezzo espressivo, troppo spesso bistrattato dal
cinema “tradizionale”.
Superlativa anche a colonna sonora,
che spazia da brani dance anni ‘70 a motivi tradizionali
giapponesi, per finire in morbide ballate blues. Il giro del mondo
in una ventina di pezzi che vanno a comporre un quadro fecondo come
quello che accompagnò Pulp Fiction dieci anni
fa.
Insomma, dopo i precedenti
Four Rooms e Jackie Brown, che hanno fatto temere
ai più un adagiamento e appagamento creativo di Tarantino sui
successi dei primi due film (Le Iene e Pulp
Fiction), con Kill Bill Tarantino sfoggia tutta la propria
creatività e il proprio estro in cabina di regia superando anche sé
stesso.