Dog Days è una commedia corale diretta da Ken Marino che porta
sul grande schermo una storia leggera, intrecciata e capace di
emozionare attraverso i suoi protagonisti a quattro zampe.
Ambientato a Los Angeles, il film intreccia le vicende di diversi
personaggi, apparentemente molto diversi tra loro, uniti dal filo
conduttore rappresentato dai loro cani. La pellicola rientra in
quella tipologia di film ensemble che, attraverso più storie
parallele, punta a mostrare le connessioni nascoste e gli incontri
casuali che possono cambiare la vita.
Il
genere di appartenenza è quello della
commedia romantica e familiare, arricchita da momenti di dramma
e riflessione. In Dog Days non sono solo i
sentimenti e le relazioni a essere al centro, ma anche il modo in
cui gli animali domestici diventano parte integrante della
quotidianità e catalizzatori di cambiamento. I temi principali
spaziano dall’amore alla perdita, dall’amicizia alla crescita
personale, passando per la ricerca di una nuova prospettiva sulla
vita grazie al legame affettivo con i propri cani.
In
questo senso il film si avvicina a titoli come La verità è che non gli piaci
abbastanza o Capodanno a New York
per la struttura corale, ma anche a opere come Qua la
zampa! o Attraverso i miei
occhiper il ruolo centrale affidato agli animali e
alla loro capacità di incidere sulle vite umane. Dog
Days si pone quindi come un mix di leggerezza e
commozione, capace di unire il linguaggio della commedia romantica
a quello del family drama. Nel resto dell’articolo analizzeremo
come queste premesse si concretizzano nel finale e quale messaggio
il film lascia allo spettatore.
Elizabeth
(Nina Dobrev) è un’affascinante giornalista
single, che deve fare i conti con la chimica che comincia ad
instaurarsi con il suo nuovo co-conduttore ed ex star della NFL
Jimmy Johnston (Tone Bell),
mentre chiede consigli alla terapeuta del suo cane,
Danielle (Tig Notaro).
Tara (Vanessa
Hudgens) è una barista di tendenza che sogna una vita
al di fuori della caffetteria, e ha una cotta per l’eccentrico
veterinario, il Dr. Mike (Michael
Cassidy,) mentre la sua amica Daisy,
(Lauren Lapkus), una disperata dog sitter, è
innamorata di un cliente che non ha ancora incontrato. Nel
frattempo, Garrett (Jon Bass),
proprietario del New Tricks Dog Rescue, si strugge d’amore per
Tara, mentre cerca di mantenere a galla la sua attività lavorativa
in crisi.
Ruth
(Jessica St. Clair) e Greg
(Thomas Lennon), coppia che sta per avere due
gemelli, lasciano con riluttanza il loro dispettoso cane alle cure
del fratello di Ruth, Dax (Adam
Pally), ragazzo irresponsabile e immaturo, che suona in
una band con la sua ex fidanzata Lola
(Jasmine Cephas Jones). Grace
(Eva
Longoria) e Kurt (Rob
Corddry) attendono con ansia l’arrivo della loro figlia
adottiva Amelia (Elizabeth Caro),
il cui destino inavvertitamente si lega con quello di
Walter (Ron Cephas Jones), un
anziano vedovo che ha perso il suo carlino in sovrappeso.
Tyler (Finn
Wolfhard), il ragazzo che consegna le pizze nel
quartiere, fa amicizia con Walter e lo aiuta a cercare il suo amato
animale.
La spiegazione del finale
Nel
terzo atto di Dog Days le diverse linee narrative
si intrecciano in un crescendo di emozioni, tutte legate dalla
presenza dei cani come catalizzatori di cambiamento. Elizabeth,
dopo la morte del cane Brandy di Jimmy, comprende quanto sia
profondo il legame che li unisce e decide di mettere da parte i
dubbi per seguire i propri sentimenti. Tara, intanto, si impegna
per salvare il rifugio di Garrett organizzando un grande evento di
beneficenza che diventa il punto di ritrovo per quasi tutti i
personaggi principali. L’atmosfera, pur leggera, si carica di
significati personali per ciascuno dei protagonisti.
La
festa di raccolta fondi rappresenta il momento culminante in cui le
diverse storie trovano il loro equilibrio. Walter decide di
permettere ad Amelia di tenere con sé il cane che aveva ritrovato,
comprendendo che la bambina ha bisogno di un legame forte per
sentirsi davvero parte della sua nuova famiglia. Allo stesso tempo,
il rifugio di Garrett trova nuova linfa vitale, poiché Walter gli
offre la possibilità di ospitarlo nella sua casa, spezzando così il
cerchio della sua solitudine. Dax, dal canto suo, trova una nuova
responsabilità e una direzione grazie al cane della sorella, che lo
aiuta a maturare.
Il
film si chiude dunque con un mosaico di storie positive, dove
amore, amicizia e famiglia si intrecciano con leggerezza e calore.
La spiegazione di questo finale risiede nella volontà del film di
mostrare come gli animali possano agire come veri e propri
“pontefici” emotivi, capaci di unire persone, curare ferite e
guidare verso nuove consapevolezze. Nessuno dei protagonisti
avrebbe trovato il proprio equilibrio senza l’intervento dei cani,
che diventano simbolo di speranza, fedeltà e cambiamento. Non è un
caso che il rifugio diventi il luogo d’incontro conclusivo:
rappresenta la dimensione comunitaria in cui ogni personaggio trova
un posto e un legame autentico.
Allo stesso tempo, il finale vuole sottolineare l’importanza dei
piccoli gesti e delle scelte personali. Walter, nel lasciare il suo
cane ad Amelia, compie un sacrificio che si trasforma in un dono
d’amore, non solo per la bambina ma anche per se stesso, trovando
così un nuovo senso di appartenenza. Elizabeth e Jimmy, accettando
le difficoltà legate alla loro carriera e ai loro caratteri
opposti, dimostrano che la vulnerabilità può essere una forza. Tara
e Garrett, invece, dimostrano che la dedizione verso ciò che si ama
– sia una persona che una causa – può portare a risultati
inaspettati e gratificanti.
In
definitiva, Dog Days lascia agli spettatori un
messaggio semplice ma potente: la vita è fatta di connessioni e di
affetti, e i cani sono uno strumento straordinario per ricordarci
di aprirci agli altri. Attraverso leggerezza, ironia e momenti di
commozione, il film celebra il valore della comunità e della cura
reciproca, suggerendo che anche dalle situazioni più caotiche e
complesse può nascere armonia se ci si lascia guidare dall’amore e
dalla solidarietà.
Denzel Washington è
uno degli attori più iconici e importanti dagli anni Ottanta ad
oggi. Distintosi per le sue straordinarie capacità recitative, ha
dato vita negli anni ad alcuni dei più iconici personaggi
dell’epoca recente, destreggiandosi con grande naturalezza
attraverso generi diversi. Il suo nome è ancora oggi garanzia di
qualità, data anche la grande attenzione con cui l’attore sceglie i
propri ruoli, con l’obiettivo anche di diffondere attraverso la
propria arte dei messaggi di positività nel mondo.
Ecco dieci cose che forse
non sai su Denzel Washington.
I film di Denzel Washington
1. Ha recitato in celebri
film. La prima apparizione sul grande schermo di
Washington si ha in Il pollo si mangia con le
mani del 1981. Successivamente recita in film
come Storia di un soldato (1984), Grido
di libertà (1987), Dio salvi la
regina (1988) e Glory – Uomini di
gloria (1989), con cui ottiene grande popolarità. Da quel
momento recita in Un fantasma per
amico (1990), Mo’ Better
Blues di Spike
Lee (1990), Verdetto
finale (1991), Malcolm
X (1992), Molto rumore per
nulla (1993), Il
rapporto Pelican (1993), Philadelphia (1993), Il
coraggio della verità (1996), Attacco
al potere (1998), Il
collezionista di ossa (1999), Hurricane – Il
grido dell’innocenza (1999), Training
Day (2001), John
Q (2002), Out
of Time (2003), Man
on Fire – Il fuoco della
vendetta (2004), The Manchurian
Candidate (2004), Inside
Man (2006), Déjà
vu – Corsa contro il tempo (2006), American
Gangster (2007) e Pelham
123 – Ostaggi in metropolitana (2009).
2. È anche
regista. Non solo attore, Washington ha debuttato
alla regia nel 2002 con Antwone Fisher. Il suo
secondo lungometraggio è stato The great debaters – Il
potere della parola del 2007, mentre il suo terzo film si
chiama Barriere (2016).
Il film ha visto la partecipazione di Viola
Davis ed è stato nominato agli Academy Award per
la categoria di Miglior Film. Nel 2021 ha diretto il suo quarto
film, Le
parole che voglio dirti, adattamento di A Journal
for Jordan: A Story of Love and Honor, curato da Dana
Canedy.
3. È anche
produttore. Oltre ad aver prodotto diversi dei suoi
film come attore e i suoi film da regista, Washington ha svolto
tale ruolo anche per i film Ma
Rainey’s Black Bottom (2020), dove recita
l’amica Viola
Davis e The
Piano Lesson (2024), film che segna il debutto alla
regia di suo figlio Malcolm e nel quale
recita anche l’altro suo figlio John
David Washington.
4. Ha accettato perché
affascinato dal personaggio. Per il ruolo
di Macrino in Il
Gladiatore II, Ridley
Scott ha offerto il ruolo a Washington, ma non si
sapeva se l’attore avrebbe accettato, in quanto è noto per il suo
essere piuttosto selettivo nei progetti. Ma dopo aver lavorato con
Scott in American Gangster (2007) e aver letto
la sceneggiatura, fonti vicine al progetto hanno detto che
Washington era entusiasta del complesso ruolo che Scott aveva
concepito per lui. È seguito un incontro con Scott e, dopo che il
regista ha presentato la sua proposta, Washington si è unito al
progetto.
5. È stato criticato per il
suo accento. Mentre la maggior parte dei membri del
cast ha adottato un accento britannico per i propri ruoli,
Washington è stato criticato per aver mantenuto il proprio accento
americano. Egli ha commentato la cosa dicendo: “Quale accento
avrei dovuto avere? E poi che suono ha? Finirai per imitare
qualcuno e ti ritroverai con un pessimo accento africano”. A
contribuire alla decisione di Washington potrebbe essere stato il
fatto che aveva già ricevuto delle critiche per aver usato un
accento londinese in uno dei suoi primi film, Dio salvi la
regina (1988).
Denzel Washington
in Flight, il film sull’aereo
6. Si è preparato a modo suo
al personaggio. Nell’interpretare il pilota
alcolizzato di Flight,
l’attore ha mantenuto fede alla propria volontà di non bere
alcolici, neanche sé richiesto dal personaggio. Nonostante ciò, la
sua interpretazione di un alcolizzato è giudicata come estremamente
realistica, e per aiutarsi Washington acquisì il peso extra tipico
di chi è solito bere molto. L’attore ha poi avuto modo di prendere
anche lezioni di volo, così da risultare più credibile a
riguardo.
Il patrimonio di Denzel
Washington
7. È uno degli attori più
pagati di Hollywood. L’attore ha un patrimonio netto
di 300 milioni di dollari. È stato uno degli attori più pagati di
Hollywood per diversi decenni e lo è ancora oggi, in quanto in un
tipico anno tra recitazione e produzione, Denzel guadagna
facilmente 60-80 milioni di dollari. Per il film Fino
all’ultimo indizio sembra abbia infatti ricevuto un
compenso di 60 milioni.
8. È stato nominato nove
volte al premio e lo ha vinto due volte. Washington è
ad oggi tra le personalità con il maggior numero di candidature al
premio Oscar. Andando con ordine, nel 1988 è stato candidato come
Migliore attore non protagonista per Grido di
libertà, mentre nel 1990 ha vinto il premio in questa stessa
categoria per Glory – Uomini di gloria. È poi stato
candidato come Miglior attore nel 1993 per Malcolm
X e nel 2000 per Hurricane – Il grido
dell’innocenza, prima di vincere il premio nel 2002
per Training Day. Successivamente, è stato candidato
come Miglior attore nel 2013 per Flight,
nel 2017 per Barriere,
nel 2018 per End
of Justice – Nessuno è innocente e nel 2022
per The Tragedy
of Macbeth.
Denzel Washington, sua moglie e i
figli
9. Denzel Washington ha
incontrato sua moglie, Pauletta Washington, nel
1977. L’incontro è avvenuto quando entrambi stavano
interpretando ruoli minori per Wilma, un film
televisivo. I due si sono sposati cinque anni dopo e insieme hanno
avuto quattro figli: John
David Washington (1984) – divenuto attore come il
padre e visto in film come BlackKklansman e Tenet – Katia (1986),
e i gemelli Malcolm – regista
di The
Piano
Lesson – e Olivia (1991),
anche lei attrice.
L’età e l’altezza di Denzel
Washington
10. Denzel Washington è nato
il 28 dicembre del 1954, a Mount Vernon, nello stato di New
York. L’attore è alto complessivamente 1,85
metri.
Alejandro Agresti ha diretto il
romantico film fantasy La casa sul lago del tempo (The Lake
House). La storia, un adattamento del film
sudcoreano “Siworae”, segue la solitaria dottoressa Kate (Sandra
Bullock). Quando i suoi tentativi di salvare una
vittima di un incidente stradale il giorno di San Valentino del
2006 falliscono, Kate racconta agli spettatori di aver ereditato la
casa sul lago che dà il titolo al film, ma che non abita.
Tuttavia, poiché la casa sul lago,
e in particolare la cassetta postale adiacente, rimangono in uno
stato di flusso temporale, Kate stabilisce una comunicazione con il
misterioso Alex (Keanu
Reeves), che sostiene di vivere due anni nel passato.
Quando le linee temporali si intrecciano, la malinconica storia
sfugge al controllo. Se non riuscite a capire bene il finale,
lasciate che vi aiutiamo. SPOILER IN ARRIVO.
La trama di La casa
sul lago del tempo (The Lake House)
Nella sequenza iniziale, Kate si
sveglia nella casa sul lago in autunno. Durante l’inverno, Alex, il
figlio del proprietario originale della casa, arriva lì e legge la
lettera di Kate. Kate non vive nella casa perché non ritiene che un
cottage debba avere una superficie superiore a 6000 piedi quadrati.
Pertanto, cerca di cambiare l’indirizzo con quello della sua
attuale residenza a Chicago. Anche se la lettera non è destinata ad
Alex, lui la legge e scrive una risposta impeccabile. Nel
frattempo, mentre oziava in un parco il giorno di San Valentino,
Kate assiste a un incidente con omissione di soccorso.
Kate chiama i servizi di emergenza
e cerca di salvare il ragazzo, ma lui sembra morire. D’altra parte,
Kate chiede ad Alex di incontrarsi a casa sua, ma la posizione
porta Alex in un cantiere edile. Lui pianta un albero davanti al
cantiere, che è cresciuto parecchio nella linea temporale di Kate.
Con la rivelazione che la cassetta postale funge da macchina del
tempo, la storia d’amore epistolare di Kate con Alex raggiunge un
equilibrio e i due desiderano incontrarsi.
Nel 2004, Alex gestisce un’impresa
di costruzioni seguendo le orme di Simon, suo padre e grande
architetto. Ha una ragazza, Mona. D’altra parte, Kate ha una
relazione altalenante con Morgan. Mentre parte per Madison in
treno, Kate intravede Alex, che corre accanto al treno per
restituirle la sua copia di “Persuasione” di Jane Austen.
Scoraggiata dal fatto di non conoscere ancora il suo ammiratore,
Kate fissa un appuntamento con Alex per il 10 luglio 2006 alle
21:05. Sebbene Alex non la chiami in quel momento, Kate incontra
Alex e Mona alla sua festa di compleanno più tardi. Alex e Kate non
riescono a parlare molto, poiché sentono il peso del futuro. Mentre
cercano di aggrapparsi al presente, il tempo scorre tra loro.
Il finale di La casa
sul lago del tempo (The Lake House): Alex è vivo o
morto?
Quando Kate decide di ristrutturare
l’appartamento loft, porta Morgan alla Visionary Vanguard
Associates, l’azienda della famiglia di Alex. Il fratello di Alex,
Henry Wyler, saluta i due, ma Kate è incuriosita da una foto appesa
alla parete della sala riunioni. L’immagine mostra il progetto di
ristrutturazione della casa sul lago che Alex aveva ideato
all’inizio del film e che aveva mostrato a Kate per ottenere la sua
approvazione. Quando Kate chiede chi sia l’autore della foto, Henry
le rivela che Alex è morto il 14 febbraio 2006. Anche Kate stessa
conosce la verità: Alex è frutto della sua immaginazione.
Come Kate dice ad Alex all’inizio
della storia, lui è morto nell’incidente, mentre lei ha creato una
storia intorno a lui per affrontare il trauma. Tuttavia, questa
interpretazione sarebbe naturale se non fosse per i momenti finali,
in cui Alex sembra essere vivo mentre abbraccia e bacia Kate.
Grazie alla premonizione della morte di Alex, Kate gli proibisce di
attraversare la strada al parco in una lettera che gli scrive.
Voilà, Alex non attraversa la strada e alla fine rimane vivo.
Incontra Kate e abbiamo un lieto fine. Anche se un lieto fine è ciò
a cui miravano gli autori creativi della storia, non hanno risolto
tutti i nodi irrisolti.
Se Kate non parla con Alex prima
dell’incidente del febbraio 2006, come può impedire la morte di
Alex? Pertanto, con ogni probabilità, Alex è morto fin dall’inizio
della storia. A quanto pare, Alex e Kate si incontrano tra il 2004
e il 2006, alla vigilia del compleanno di Kate. Dopo aver sorpreso
Kate a baciare Alex, la relazione seria di Kate con Morgan
attraversa un momento difficile. Poi, Kate scopre che la persona
che muore per strada il 14 febbraio 2006 è la stessa che lo ha
baciato alla festa. Dopo la scoperta, la mente di Kate va in tilt e
lei inizia a vivere in fantasie incomplete del passato.
Kate e Alex finiscono
insieme?
No, Kate e Alex non finiscono
insieme, anche se gli ultimi minuti suggeriscono il contrario.
Mentre Kate cerca disperatamente una risposta nella cassetta della
posta, non trova nulla e scoppia in lacrime. Poco dopo, Alex
attraversa il bosco e gli amanti si abbracciano per un finale da
cartolina. Tuttavia, Alex non può essere vivo in quel momento
perché muore la mattina di San Valentino del 2006. Pertanto, si può
dire che non finiscono insieme. Tuttavia, Alex lascia diversi
oggetti e ricordi nella vita di Kate. Ad esempio, Kate trova la sua
copia smarrita di “Persuasione” di Jane Austen sul pavimento di
legno della casa sul lago.
Inoltre, Kate prende il cane di
Alex, Jack. Fino alla fine, Jack rimane con Alex. In terzo luogo,
Kate visita inconsapevolmente la società immobiliare Visionary
Vanguard Associates, gestita dal fratello di Alex. Soprattutto, una
forza cosmica li lega insieme mentre si baciano la notte del
compleanno di Kate, anche se Mona e Morgan, i loro rispettivi
partner, sono con loro. Tutti i segni indicano che sono destinati a
stare insieme, poiché entrambi svolgono un ruolo cruciale nella
vita dell’altro. Pertanto, l’incontro con Alex alla festa
contribuisce a creare la storia nella mente di Kate. Questo
pensiero potrebbe portarti alla seguente domanda.
Kate sta immaginando/sognando Alex
alla fine?
Kate potrebbe immaginare Alex alla
fine. È almeno più plausibile dell’altra ipotesi, più diretta. Film
come “The Butterfly Effect” e “Eternal Sunshine of the
Spotless Mind” ci dicono che non c’è nulla di
semplice nei film sui viaggi nel tempo, e questo non fa eccezione.
Kate potrebbe sognare nei momenti finali e anche per gran parte
della storia. Verso la fine della storia, Kate cerca di sfuggire
all’illusione quando racconta ad Alex come lo ha immaginato. Forse
ricorderete che dopo aver mangiato con sua madre al Daley Plaza,
Kate ha avuto un brutto incidente.
Era già piuttosto sola e pensava
che non fosse così che avrebbe dovuto finire il giorno di San
Valentino. Pertanto, più che la presenza fisica di Alex, è la sua
fede nel romanticismo a far avanzare la storia. L’idea la porta
alla cassetta della posta, che diventa un punto di riferimento
nelle sue fantasie abituali. A poco a poco, Kate si è persa nella
fantasia dove il tempo si è fermato. Tuttavia, come sottolinea
verso la fine della confessione, Kate ha imparato a vivere la vita
che ha (e a non pensare a ciò che si sta perdendo). Kate cerca di
dimenticare Alex, ma la scoperta della copia di “Persuasione” le
riporta alla mente il ricordo di Alex e la sua mente ricomincia a
vagare. In questo modo, il film rende omaggio al romanzo senza
tempo di Jane Austen.
In che anno finisce il film
La casa sul lago del tempo (The Lake
House)?
Il film finisce probabilmente nel
2008, quando Henry fa sapere a Kate che Alex è morto “due anni fa
oggi”. Oscillando tra passato e futuro, il film riflette
sull’atemporalità del presente. Pertanto, più che confondere il
pubblico nel cercare di capire i meandri della linea temporale, il
film ci incoraggia a rimanere nel presente.
Tuttavia, poiché i protagonisti
vivono in linee temporali diverse (che potrebbero anche indicare i
loro rispettivi stati d’animo: mentre Alex vive nel passato dei
suoi ricordi, Kate vive nel futuro delle sue aspirazioni), il
presente sembra difficile da cogliere. In altre parole, il passato
di Kate è il futuro di Alex, così come è un presente senza tempo
per il pubblico. Curiosamente, alla fine, è Kate che sembra vivere
nel passato, aggrappandosi ai ricordi di Alex.
Only Murders in the
Building 5 torna, più amato che mai. Cinque stagioni
dopo, la serie creata da Steve Martin e John Hoffman
continua a dimostrare di avere un’anima tutta sua, sospesa tra
commedia sofisticata, giallo metanarrativo e celebrazione di un
microcosmo newyorkese che ormai ha conquistato il pubblico. Ma se
c’è una cosa che appare chiara alla visione della quinta stagione,
è che il cuore pulsante non sono più i delitti, bensì l’edificio
stesso, l’Arconia, e la comunità bizzarra e irresistibile che lo
abita.
Vecchia New York
contro Nuova New York
Ogni stagione di
Only Murders in the Building ha legato il mistero di
turno a un contesto preciso: il teatro di Broadway, il mondo del
cinema, la cultura pop. In questa quinta annata, la serie abbandona
i riflettori hollywoodiani e torna alle proprie radici newyorkesi,
mettendo in scena una sfida quasi ideologica: la “vecchia New York”
fatta di doorman, mobster e segreti nascosti dietro le porte
dell’Arconia contro la “nuova New York” dei miliardari tecnologici,
degli hotel di lusso e persino dei portieri robotici.
Il delitto che apre la
stagione è quello di Lester Coluca (Teddy Coluca), storico
doorman dell’Arconia, trovato senza vita nella fontana del palazzo.
La polizia archivia il caso come un incidente, ma il nostro trio
non è convinto. Da lì parte un intreccio che coinvolge la mafia
newyorkese – con il ritorno del nome Caccimelio – e un gruppo di
nuovi sospetti decisamente sopra le righe: Bash Steed (Christoph
Waltz), guru digitale ossessionato dalla longevità;
Camila White (Renée
Zellweger), magnate del design e regina del beige; Jay
Pflug (Logan
Lerman), erede miliardario che finge di essere “uno di
noi”.
Photo Credit_ Disney – Patrick Harbron
Il contrasto tra i vecchi
gangster e i nuovi oligarchi della città è uno dei fili più gustosi
della stagione: da un lato le atmosfere noir di vicoli e lavanderie
a gettone, dall’altro il futuro patinato e inquietante di chi
vorrebbe sostituire i portieri con automi. Non sempre la scrittura
è all’altezza dell’ambizione – alcune conversazioni sembrano
ripetersi a cicli, e l’inserimento del robot doorman sfiora il
grottesco – ma il gioco delle parti costruisce un’atmosfera
vibrante e irresistibilmente “newyorkese”.
Il vero protagonista
di Only Murders in the Building: l’Arconia
Se il mistero può
apparire talvolta un po’ ingarbugliato, l’Arconia continua a essere
il vero centro narrativo. La stagione introduce una rivelazione
sorprendente: nei sotterranei del palazzo è sempre esistita una
bisca clandestina. Un dettaglio che arricchisce ulteriormente il
mito dell’edificio, ormai trasformato in un universo a parte, dove
ogni stagione svela nuovi anfratti, segreti e storie parallele.
Particolarmente riuscito
è il secondo episodio, che si concentra sulla figura di Lester e
ripercorre i suoi anni di servizio come portiere. È uno di quei
momenti in cui la serie smette di correre dietro al colpo di scena
per dedicarsi ai “non protagonisti”, rivelando con delicatezza la
profondità di personaggi che spesso restano sullo sfondo. La
puntata, commovente e intima, ricorda allo spettatore che l’Arconia
non è solo un condominio, ma un microcosmo abitato da individui
pieni di storie invisibili, che meritano di essere raccontate.
Accanto a Lester, fanno
il loro ingresso altre figure legate allo staff dell’edificio, come
Randall (Jermaine Fowler), nuovo doorman che porta
un’energia diversa ma complementare. È proprio questo continuo
arricchimento del cast secondario a rendere l’Arconia un luogo vivo
e pulsante, più che un semplice scenario.
Photo Credit_ Disney – Patrick Harbron
Martin, Short e
Gomez: l’alchimia che resiste
Nonostante l’espansione
del cast, il motore della serie resta l’alchimia tra Steve
Martin, Martin Short e
Selena Gomez. I tre funzionano ancora come un
meccanismo ben oliato: Martin si concede nuove gag fisiche grazie a
una storyline legata a una terapia farmacologica, Short continua a
brillare con il suo Oliver innamorato e teatrale (reso ancora più
delizioso dai siparietti con Loretta/Meryl
Streep), e Gomez affronta nuove insicurezze grazie al
ritorno dell’amica d’infanzia Althea (Beanie Feldstein), ora
popstar affermata.
I momenti migliori della
stagione sono, ancora una volta, quelli in cui li vediamo
discutere, punzecchiarsi e improvvisare davanti a un indizio. Che
il mistero sia geniale o meno, la loro dinamica basta a sostenere
l’attenzione dello spettatore, offrendo una miscela di ironia,
malinconia e complicità che poche altre serie sanno replicare.
Non mancano, tuttavia, i
limiti. La scrittura appare spesso didascalica, con dialoghi che
tendono a spiegare troppo invece di lasciare intuire. Alcune
sottotrame – come quella del robot portiere – rischiano di cadere
nel ridicolo, mentre la presenza di guest star di prestigio, per
quanto divertente, a tratti sembra più un’esibizione di potere che
un reale valore narrativo.
Photo Credit_ Disney – Patrick Harbron
Eppure, anche quando
arranca, Only Murders in the Building conserva un fascino
innegabile. Il tono rimane quello di una “comfort series”:
elegante, divertente, punteggiata da gag brillanti e da momenti di
sincera emozione. La capacità di mescolare giallo e commedia senza
mai prendersi troppo sul serio resta il marchio di fabbrica, ed è
ciò che continua a farci tornare stagione dopo stagione.
Restare o lasciare
l’Arconia?
La quinta stagione non è
forse la più solida o sorprendente, ma conferma che Only Murders
in the Building ha saputo costruire qualcosa di più grande di
un semplice mystery show. L’Arconia, i suoi abitanti, e il
trio centrale restano un universo narrativo di rara coerenza e
affetto.
Certo, la sensazione che
la serie stia “girando a vuoto” è difficile da ignorare, e forse
l’idea di un finale non è poi così lontana. Ma se davvero dovessimo
dire addio a Charles, Oliver e Mabel, lo faremmo con la certezza di
aver assistito a una delle commedie più originali e affascinanti
degli ultimi anni. Per ora, invece, ci godiamo ancora una volta il
lusso di entrare nell’Arconia e di perderci tra i suoi segreti,
consapevoli che, a prescindere dai delitti, è sempre un piacere
tornarci.
Nella commedia romantica del 2013,
Questione di tempo (About Time), Tim scopre che
gli uomini della sua famiglia hanno la capacità di viaggiare nel
tempo e, di conseguenza, decide di usare questo nuovo potere per
trovare una ragazza. All’inizio, Tim punta gli occhi sull’amica di
sua sorella, Charlotte, che sta trascorrendo l’estate a casa sua.
Tuttavia, quando Tim si rende conto che Charlotte non è
interessata a lui, indipendentemente da quando le chiede di uscire,
decide di voltare pagina trasferendosi a Londra e perseguendo
la sua carriera di avvocato. È lì che incontra il vero amore della
sua vita, Mary.
Tim usa il suo potere di viaggiare
nel tempo in vari modi per aiutare i suoi amici e creare l’incontro
perfetto tra lui e Mary. Alla fine, i suoi sforzi hanno successo e
lui e Mary iniziano a frequentarsi. Ben presto, Tim chiede a
Mary di sposarlo e i due aspettano il loro primo figlio.
Tuttavia, mentre Tim e Mary sono felici, la famiglia di Tim inizia
ad avere dei problemi. La sorella di Tim deve affrontare una
relazione violenta e l’alcolismo, mentre suo padre si ammala. Come
in molti film sui viaggi nel tempo, Tim accetta il fatto che non
può rendere perfetta la sua vita con i viaggi nel tempo.
La spiegazione della decisione
di Tim di smettere di usare il viaggio nel tempo
Tim impara ad apprezzare la
vita
Alla fine di Questione di tempo (About
Time), Tim decide di smettere di usare il viaggio nel
tempo, nonostante gli abbia aiutato in passato. Il motivo
principale di questo cambiamento è che Tim si rende conto che non
ha bisogno di tornare indietro nel tempo per apprezzare la vita.
Dopo aver trascorso così tanto tempo cercando di perfezionare la
sua vita e quella delle persone che ama, Tim scopre che la vita
sarà comunque un miscuglio di cose positive e negative, e quindi
dovrebbe cercare di apprezzare ogni momento così come viene, anche
se le cose vanno male. La nuova filosofia di Tim viene mostrata
attraverso una commovente scena finale.
Alla fine di Questione di
tempo (About Time), Tim si alza per prendersi cura dei suoi
tre figli, permettendo a Mary di dormire. Egli spiega al
pubblico che non usa più il viaggio nel tempo perché vive ogni
giorno come se fosse la seconda volta. Poi, gli spettatori lo
vedono preparare la colazione per i suoi figli e accompagnare il
più grande a scuola. Sua figlia continua a tornare indietro per
salutarlo con la mano, e questo momento commovente simboleggia come
le persone possano sfruttare al meglio la vita, anche nei momenti
più banali.
Cosa succede al padre di Tim (e
perché Tim non può rivederlo?)
La grande regola del viaggio
nel tempo spiegata in Questione di tempo (About
Time)
Una delle sorprese più grandi di
Questione di tempo (About Time)è la
rivelazione che il padre di Tim sta morendo di cancro. Sebbene suo
padre abbia usato il viaggio nel tempo il più spesso possibile per
prolungare la sua vita, ora le sue condizioni sono peggiorate al
punto che gli restano solo poche settimane da vivere. Questo
ovviamente sconvolge Tim, ma a differenza del resto della sua
famiglia, Tim ha la possibilità di rivedere suo padre, anche
dopo la sua morte. Tim fa proprio questo il giorno del funerale
di suo padre, allontanandosi per qualche minuto per trascorrere un
po’ di tempo con lui, che sta rileggendo Dickens.
Secondo le regole del viaggio
nel tempo di About Time, i viaggiatori nel tempo non dovrebbero
tornare indietro nel tempo prima della nascita dei propri figli,
perché questo potrebbe cambiare completamente l’identità del
bambino.
Tuttavia, questa benedizione non
può durare per Tim. Ciò che cambia il tempo extra che Tim trascorre
con suo padre è il fatto che Tim e Mary stanno per avere un altro
bambino. Secondo le regole del viaggio nel tempo di Questione
di tempo (About Time), i viaggiatori nel tempo non
dovrebbero tornare indietro nel tempo prima della nascita del
proprio figlio perché ciò potrebbe cambiare completamente
l’identità del bambino. Pertanto, una volta nato il terzo figlio
di Tim, egli non potrà più visitare suo padre senza mettere a
rischio l’identità di suo figlio. Per questo motivo, Tim
trascorre un ultimo pomeriggio della sua infanzia con suo
padre.
Perché Tim deve cambiare più
volte il suo primo incontro con Mary
L’altro punto fondamentale della
trama di About Time è la storia d’amore tra Tim e Mary.
Inizialmente, Tim incontra Mary durante una cena al buio. Tim
ottiene il numero di Mary ed è entusiasta, ma finisce per tornare
indietro nel tempo per aiutare il suo coinquilino a mettere in
scena con successo la sua commedia. Così, Tim perde il numero di
Mary e il tempo trascorso insieme. Successivamente, Tim
incontra Mary a una mostra di Kate Moss e si rende ridicolo. Peggio
ancora, scopre che Mary ha un nuovo fidanzato. Quindi, Tim torna
indietro un’ultima volta a una festa dove si avvicina per primo a
Mary, dando vita a un primo appuntamento perfetto.
La situazione di Tim con Mary
mostra come lui possa usare le sue capacità per trovare una
ragazza, ma insegna anche a Tim cosa può e non può fare con i suoi
viaggi nel tempo. Come dimostrato dal loro primo appuntamento, Tim
di solito deve scegliere tra un evento o un altro: la recita del
suo coinquilino o l’incontro con Mary. Inoltre, Tim impara che
tornare indietro nel tempo non sempre risolve la situazione, dato
che Mary aveva già incontrato qualcun altro. In questo modo, la
relazione di Tim con Mary stabilisce il resto delle regole del
viaggio nel tempo nel film.
Le regole per la felicità del
padre di Tim spiegate
In Questione di tempo (About
Time), Tim impara quali sono le regole per la felicità
di suo padre. La prima è quella di usare il viaggio nel tempo il
meno possibile, lasciando che la vita segua il suo corso. La
seconda è quella di rivivere ogni giorno almeno una volta, in modo
da imparare ad apprezzare i piccoli momenti felici nella monotonia
della vita. Tim finisce per seguire queste regole, rivivendo una
giornata particolarmente brutta che finisce per diventare migliore
una volta che Tim la vive di nuovo. Tuttavia, come accennato in
precedenza, Tim rinuncia completamente al viaggio nel tempo alla
fine del film per accettare pienamente gli alti e bassi della
vita.
Come Tim regala a Kit Kat un
lieto fine
Sebbene Tim sia il protagonista di
About Time, il film presenta una serie di altri personaggi
meravigliosi, tra cui la sorella di Tim, Kit Kat. Intorno al primo
compleanno del figlio di Tim, diventa chiaro che Kit Kat sta
prendendo una brutta strada, poiché rimane coinvolta in un
incidente stradale dopo aver guidato in stato di ebbrezza. Sebbene
Tim cerchi di impedire che ciò accada facendo in modo che Kit Kat
non incontri mai il suo fidanzato violento, questo cambia
l’identità della figlia di Tim. Pertanto, Tim deve aiutare Kit
Kat nel presente, senza l’aiuto dei suoi viaggi nel tempo.
Fortunatamente, gli sforzi di Tim
hanno successo. Dopo che Tim ha trascorso molto tempo con lei in
ospedale, Kit Kat si rende conto che deve lasciare il suo fidanzato
e smettere di bere. L’unico modo in cui Tim usa il suo viaggio nel
tempo in questa situazione è suggerire a Kit Kat di uscire con il
suo amico, con cui Kit Kat usciva in un’altra linea temporale. Alla
fine, la situazione di Kit Kat insegna a Tim che non può e non deve
risolvere tutto con il viaggio nel tempo.
Cosa significa il
ricongiungimento di Tim con Charlotte
Un ultimo momento importante è
quando Tim si ricongiunge con Charlotte. Dopo alcuni incontri
falliti con lei, Tim viene avvicinato da Charlotte, che sembra
essere molto colpita da lui. I due escono a cena insieme e
Charlotte cerca di convincere Tim a tornare a casa con lei. Tim
alla fine rifiuta e torna a casa da Mary, dove le chiede di
sposarlo. Questo momento è incredibilmente commovente perché mostra
quanto Tim ami Mary. Anche se era a pochi istanti dal realizzare il
suo primo amore, decide di scegliere Mary, perché lei ha sempre
scelto lui.
Di tutti i momenti romantici in
Questione di tempo (About Time), questo è forse uno
dei migliori. La proposta di Tim non è un evento melodrammatico,
ma un momento semplice e dolce tra Tim e Mary. Anche se la
proposta è tutt’altro che affascinante, si adatta perfettamente
alla natura della relazione tra Tim e Mary. Sono aperti e onesti
riguardo al loro amore reciproco, quindi la loro proposta non ha
bisogno di tutti i fronzoli. Questa scena racchiude davvero il
semplice amore tra i personaggi.
Cosa significa davvero il
finale di Questione di tempo (About Time)
Alla fine, Questione di tempo
(About Time)usa il viaggio nel tempo per
raccontare una storia sulla vita e sull’amore. Attraverso l’uso del
viaggio nel tempo, Tim impara ad apprezzare ogni momento della sua
vita e, a sua volta, il pubblico può essere ispirato a fare lo
stesso. About Time insegna agli spettatori che la vita non
sarà mai perfetta e che quindi dovrebbero accettare il male così
come accettano il bene. Inoltre, Questione di tempo (About
Time)offre al pubblico alcuni momenti davvero
toccanti di amore, perdita e crescita. La profondità
inaspettata del film lascerà gli spettatori a riflettere a lungo
dopo la sua conclusione.
About Time mette in mostra una
gamma completa di emozioni, dalla commedia al dramma, all’amore e
al dolore. Sebbene la relazione tra Tim e Mary sia al centro del
film, About Time esplora molto più della loro storia d’amore. Il
film si assume il compito erculeo di far innamorare il pubblico
della propria vita e, per alcuni, ci riesce sicuramente.
Quasi 25 anni fa, il regista
Christopher Nolan, autore di
Oppenheimer, ha fatto il suo ingresso nel
panorama cinematografico grazie a
Memento, un thriller neo-noir ricco di
colpi di scena che ha posto le basi per una delle carriere più
entusiasmanti del cinema moderno e ha regalato una storia di cui si
parla ancora a più di vent’anni dalla sua uscita.
Memento è ancora uno dei
film preferiti dagli appassionati di thriller per la trama
serrata, i personaggi fantastici e le rivelazioni emozionanti, ma
forse è ricordato soprattutto per la sua narrazione non lineare,
presentata sotto forma di due diverse cronologie che si muovono in
direzioni opposte fino a convergere. Questa convergenza, nel finale
del film, ci offre una risoluzione, certo, ma lascia anche alcune
domande chiave senza risposta. Diamo quindi un’occhiata più da
vicino a come si conclude Memento e a cosa offre a noi
spettatori
La fine di Memento
spiegata
Come abbiamo già stabilito,
Memento si svolge in due modi diversi, offrendoci una serie
di scene in bianco e nero che scorrono in ordine cronologico,
nonché scene a colori che scorrono in ordine cronologico
inverso, fino a quando tutte si incontrano nel mezzo. Il
protagonista del film è Leonard (Guy
Pearce), un uomo affetto da amnesia anterograda, il che
significa che non è in grado di formare nuovi ricordi e quindi deve
tenere traccia della sua vita attraverso una serie di appunti,
immagini e, soprattutto, tatuaggi che rappresentano indizi ed
eventi importanti. Leonard ha perso la memoria a causa di un trauma
cranico subito quando sua moglie (Jorja Fox) è stata aggredita e
uccisa nella loro casa. Uno degli uomini responsabili
dell’aggressione è già morto, ma l’altro è ancora latitante e
Leonard ha utilizzato il suo sistema di tatuaggi per dare la caccia
a quell’uomo, cercando vendetta per la sua defunta moglie.
Le sequenze cronologiche in bianco
e nero rivelano tutto questo e indicano la strada verso un
poliziotto di nome Teddy (Joe Pantoliano), che possiede
informazioni che condurranno Leonard all’assassino di sua moglie.
Nel frattempo, le sequenze a colori in ordine cronologico inverso
vedono protagonista una barista di nome Natalie (Carrie-Anne
Moss), che indica a Leonard Teddy stesso come l’assassino di
sua moglie. Nel frattempo Leonard sta cercando qualcuno di nome
“John G” o “James G”, uno dei suoi pochi indizi sull’identità
dell’assassino, e sia Teddy stesso che l’uomo che Teddy manda
Leonard a uccidere, Jimmy, corrispondono in qualche modo a quelle
iniziali.
Nelle sequenze a colori, Leonard
finalmente sincronizza i suoi indizi con le informazioni di Teddy
(con l’aiuto di Natalie) e lo uccide. Nelle sequenze in bianco e
nero, Leonard segue gli indizi di Teddy e uccide Jimmy (Larry
Holden), ma mentre Jimmy sta morendo, offre a Leonard
un’informazione che suggerisce che lui è l’uomo sbagliato (ne
parleremo meglio tra un attimo). Leonard affronta Teddy su questo
punto e Teddy, rendendosi conto che in pochi minuti Leonard
dimenticherà comunque l’informazione, rivela che il vero
assassino della moglie di Leonard è già morto. In realtà, Leonard
ha ucciso quell’uomo un anno fa e da allora Teddy ha sfruttato la
condizione di Leonard a suo vantaggio, trasformando essenzialmente
quell’uomo molto determinato nel suo killer a contratto personale,
creando indizi che portassero Leonard al bersaglio da lui scelto.
In risposta, Leonard lascia un biglietto a se stesso in cui dice
che Teddy non è affidabile, mettendo a punto il suo piano per
uccidere Teddy dopo che Natalie gli ha fornito gli indizi che lo
portano in quella direzione. Alla fine del film, Leonard giura di
continuare la sua ricerca di vendetta e rivela persino di essere
disposto a seguire indizi falsi che lo guidino, se questo significa
che potrà vendicarsi.
Memento e la memoria
inaffidabile
Abbiamo quindi stabilito
cosa è successo così come ci è stato presentato dal film.
Ora è il momento di parlare un po’ del perché tutto è
successo in quel modo. Per farlo, dobbiamo tornare alle
informazioni che Jimmy ha sussurrato a Leonard mentre moriva. Si
trattava di una sola parola, “Sammy”, che ha ricordato a Leonard i
suoi giorni come perito assicurativo prima dell’aggressione che ha
ucciso sua moglie. In passato, Leonard aveva incontrato un uomo di
nome Sammy (Stephen Toblowsky), che sosteneva di soffrire di
amnesia anterograda. Spettava a Leonard determinare la vera
condizione di Sammy ai fini assicurativi, ma Leonard non credeva
necessariamente alla sua malattia. Spettò alla moglie di Sammy
(Harriet Sansom Harris) mettere alla prova il marito, ricordandogli
ripetutamente di somministrarle le iniezioni di insulina. L’idea
era, ovviamente, che se Sammy non avesse sofferto di amnesia
anterograda, avrebbe ricordato di averle già fatto l’iniezione.
Invece, continuava a dimenticarsene e finì per somministrarle una
dose eccessiva, uccidendola.
La storia di Sammy occupa un posto
importante nella memoria di Leonard, inizialmente come fonte di un
certo senso di colpa, un promemoria del fatto che la sua condizione
non è solo reale, ma anche qualcosa di cui deve essere
costantemente consapevole, per non ferire qualcuno che non lo
merita. Naturalmente, alla fine, Leonard apprende dal monologo di
Teddy che ha fatto del male a persone che potevano o meno
meritarselo per un bel po’ di tempo, a causa delle manipolazioni di
Teddy. Ma le rivelazioni non finiscono qui.
Mentre parla con Teddy, Leonard
scopre anche che la storia di Sammy e sua moglie
apparentemente non è vera, ma che in realtà è una storia tratta
dalla propria vita. Leonard, ovviamente, nega tutto questo,
convinto che tutti i suoi ricordi precedenti alla morte della
moglie siano intatti e che quindi saprebbe se sua moglie fosse
diabetica o meno. Dato che ci viene detto che la sua amnesia non
dovrebbe influenzare i suoi ricordi precedenti all’attacco, sembra
che dovremmo credere a Leonard.
Ma dovremmo farlo? Nolan ci mostra
diversi scorci della vita di Leonard che rispecchiano quella di
Sammy, suggerendo che forse Sammy è più un’invenzione per fare i
conti con il proprio trauma, o almeno un’invenzione parziale, che
una persona reale. Se questo è vero, è anche possibile che la
moglie di Leonard non sia morta in un attacco, ma in un incidente
causato da Leonard.
O è successo davvero? È stato
intenzionale da parte di Leonard? È successo davvero in questo
modo? È Natalie la vera burattinaia in questo gioco mortale? Non lo
sappiamo davvero, ma ciò che è importante in tutto questo è la
scelta che Leonard fa alla fine del film. Dopo aver ucciso Jimmy,
decide di dare la caccia a Teddy e prende nota di sé stesso che
Teddy sarà il suo prossimo obiettivo, sigillando di fatto il
destino dell’altro uomo. Mentre si allontana in auto, riflette
sulla sua visione personale della realtà ed esamina la possibilità
che la sua realtà possa in realtà essere una costruzione. Medita su
questo, chiudendo brevemente gli occhi per verificare se il mondo
oggettivo esista ancora anche se lui non lo osserva. Alla fine, è
un pensiero che svanisce nel momento in cui vede un negozio di
tatuaggi e quindi la possibilità di ricordare il suo ultimo indizio
nella sua incessante ricerca di vendetta.
E alla fine, questo è il vero punto
cruciale di Memento. Guardiamo un uomo intrappolato in un
circolo vizioso di violenza e ricerca e ci chiediamo quale sia la
vera causa di tutto questo, se Leonard sia stato spinto a questa
vita o se l’abbia scelta e semplicemente non riesca a ricordare
quando ha fatto quella scelta. È un’idea drammatica che ci
costringe a fare i conti con le nostre possibilità, per quanto
passive possano essere, ed è per questo che il film rimane nella
nostra mente per ore dopo la sua conclusione.
Da quando George
Romero ha sostanzialmente definito il modello con il suo
classico horror del 1968 La notte dei morti viventi, la cultura
popolare ha proposto così tanti zombie che potrebbe sembrare che
ogni aspetto dei cadaveri rianimati sia stato esplorato. Quando
però l’autore Max Brooks ha pubblicato
World War Z nel 2006, ha infuso
nuova vita in un territorio ormai battuto, offrendo una prospettiva
globale a posteriori sul tipo di epidemie apocalittiche solitamente
raccontate attraverso narrazioni dal basso. Il libro, descritto
come una storia orale dei sopravvissuti alla battaglia totale
dell’umanità contro l’annientamento da parte di zombie barcollanti,
è stato un successo di critica e commerciale… il che, ovviamente,
lo ha reso maturo per un adattamento cinematografico.
Entrano in scena Brad
Pitt e la sua società di produzione Plan B
Entertainment. Quando la Paramount ha acquistato i diritti del
libro di Brooks per l’attore di prima grandezza, i fan erano
comprensibilmente entusiasti delle prospettive di World War
Z (la
nostra recensione) sul grande schermo. Quando il film è
finalmente arrivato nelle sale, tuttavia, il prodotto finito aveva
ben poco in comune con il materiale originale, presentandosi come
un thriller d’azione con Pitt protagonista e mostri raccapriccianti
che attaccavano in ondate frenetiche. Questo, dopo un ciclo di
produzione che ha visto riscritture, riprese e un terzo atto
completamente ripensato. Il pubblico lo ha accolto con entusiasmo,
ma coloro che speravano in un adattamento fedele dell’opera di
Brooks sono rimasti a chiedersi come si fosse arrivati a quel
punto. Questo è quindi uno sguardo retrospettivo al finale di
World War Z e a come sia passato da prezioso
materiale originale a sceneggiatura acclamata, a produzione
problematica, a successo al botteghino.
Dopo il successo del suo manuale
del 2003 The Zombie Survival Guide, Max Brooks ha deciso
di portare il suo amore per i morti viventi a un livello superiore.
Utilizzando la versione delle “regole” degli zombie presente nella
sua opera (a sua volta ispirata al canone di Romero, che ha
stabilito elementi come l’andatura lenta degli zombie e la loro
vulnerabilità ai colpi alla testa) e traendo ispirazione dalla
storia orale della Seconda Guerra Mondiale di Studs Terkel, ha
creato un romanzo straziante ambientato nell’era successiva allo
scoppio di un virus che rianima i cadaveri e quasi spazza via la
razza umana. In esso, un membro della Commissione postbellica delle
Nazioni Unite viaggia in varie località del mondo, conducendo
interviste che portano il lettore dai primi focolai di crisi al
collasso della società fino ai momenti più bui, quando l’umanità
trova un modo per reagire.
Nonostante il formato di rapporto
post-azione, il libro è pieno di scene di terrore zombie, commenti
politici avvincenti e idee creative sui modi in cui l’umanità
dovrebbe adattarsi per superare una minaccia alla sua stessa
esistenza. Il pubblico ha risposto con grande entusiasmo e World
War Z è arrivato in cima alla classifica dei bestseller del New
York Times, vendendo alla fine più di un milione di copie. Con un
successo del genere, World War Z era destinato a diventare un
prodotto molto richiesto quando si è trattato dei diritti
cinematografici… ma chi avrebbe accettato la sfida di adattare
quest’opera dalla struttura non convenzionale?
Piani di battaglia
Dopo una guerra di offerte con la
Appian Way di Leonardo DiCaprio, Brad Pitt e Plan B si
sono dati da fare per portare sullo schermo la visione di Max
Brooks. Hanno ingaggiato J. Michael Straczynski, un veterano
creatore di fumetti e mente dietro la serie TV cult Babylon 5, per
scrivere la sceneggiatura. Straczynski si è messo al lavoro per
creare una sceneggiatura che traesse ispirazione da thriller come
The Bourne Identity, mantenendo gran parte dell’enfasi
politica e della portata internazionale del libro.
Straczynski era un nome molto amato
dai fan del genere e il suo lavoro su World War Z ha colpito
proprio quel pubblico. Una versione trapelata della sceneggiatura è
finita nelle mani dei fanatici di cinema di Ain’t It Cool News,
dove è stata definita degna di un Oscar da Drew “Moriarty” McWeeny,
autore del sito. Confrontandola per portata con il thriller
apocalittico Children of Men, candidato all’Oscar, McWeeny ha
offerto una descrizione della sceneggiatura che manteneva la
struttura basata sulle interviste del libro, dipingendo un quadro
di un mondo postbellico in cui le persone “cominciano a chiedersi
se la sopravvivenza sia una vittoria di qualche tipo”.
La sceneggiatura di Straczynski è
finita anche nella Black List del 2007, una classifica annuale
delle sceneggiature preferite dall’industria cinematografica che
non sono ancora state prodotte. Con questo slancio alle spalle e il
regista Marc Forster, veterano della serie di James
Bond e di film drammatici acclamati dalla critica come
Monster’s Ball, a bordo, sembrava che World War Z fosse destinato a
diventare un nuovo tipo di film di zombie: serio e forse anche
degno di un premio.
Cosa poteva andare storto?
I primi segnali di difficoltà
apparvero nel 2009, quando Marc Forster rivelò che la sceneggiatura
sarebbe stata riscritta da Matthew Michael Carnahan, autore di The
Kingdom e State of Play. Nonostante le dichiarazioni ottimistiche
di Max Brooks, che non era stato coinvolto nel processo di
sceneggiatura, si diceva che la riscrittura fosse il risultato di
un conflitto tra Forster e J. Michael Straczynski, con il primo che
preferiva un approccio più orientato all’azione rispetto a quello
presente nella sceneggiatura del secondo.
La sceneggiatura di Carnahan ha
cambiato radicalmente le cose. Invece di svolgersi, come nel libro,
all’indomani della guerra degli zombie, questa nuova versione ci
catapulta, insieme al personaggio di Brad Pitt, Gerry Lane, nel bel
mezzo dell’apocalisse zombie fin dai suoi primi giorni.
L’attenzione era concentrata più sull’azione e sulla lotta per la
sopravvivenza della famiglia Lane che sulle più ampie implicazioni
politiche e sociali di una lotta senza quartiere contro
l’estinzione dell’umanità. Lane avrebbe comunque visitato diversi
luoghi della Terra, dalla Corea del Sud a Israele a Newark, nel New
Jersey, ma invece di intervistare coloro che avevano vissuto il
peggio della situazione, l’avrebbe vissuta in prima persona.
Con questa nuova sceneggiatura in
lavorazione, le riprese principali sono iniziate nel luglio 2011,
ma il cambiamento di focus non sarebbe stato l’ultimo ostacolo che
la produzione avrebbe dovuto affrontare.
Fin dall’inizio, World War Z
sembrava un po’ maledetto. Diversi nomi di alto profilo, tra cui
Ed Harris e Bryan Cranston, erano stati
scritturati, ma poi hanno rinunciato. Il rapporto tra Marc Forster
e Brad Pitt si è deteriorato nel tempo, con il regista, nuovo al
genere d’azione dopo una carriera incentrata sui drammi, che ha
confuso le decisioni su come rappresentare gli zombie sul grande
schermo, optando alla fine per ondate di creature ringhianti
piuttosto che per la forma più tradizionale del libro. Le squadre
antiterrorismo ungheresi hanno fatto irruzione in un magazzino in
cui la produzione conservava 85 pistole destinate ad essere
utilizzate come oggetti di scena durante una parte delle riprese
che avrebbero dovuto svolgersi a Budapest, perché le armi non erano
state autorizzate dal governo nazionale. In sostanza, era un po’ un
casino.
I problemi più grandi, tuttavia,
sono sorti con il terzo atto del film. Le riprese sono iniziate
prima che la sceneggiatura fosse completata e, man mano che
procedevano, i dirigenti dello studio hanno espresso riserve sul
finale ideato da Forster. Ricco di azione e cupo al limite del
tetro, il
finale metteva sicuramente in mostra il budget gonfiato del
film, ma lasciava sia i dirigenti dello studio che il team
creativo con la sensazione che mancasse qualcosa. Il problema è che
questa conclusione è stata raggiunta solo dopo che il finale era
già stato girato e le bozze erano state revisionate.
Paziente zero
Allora, perché tutto questo clamore
sul finale della storia? Beh, il finale del libro è un po’
nebuloso. In esso, l’umanità, dopo aver abbandonato gran parte di
diversi continenti ai morti viventi e essersi ritirata in varie
“zone sicure”, scopre che deve ripensare se stessa. L’industria
viene riorganizzata per facilitare lo sforzo bellico, e le armi e
le tattiche militari vengono completamente riviste per affrontare
specificamente il tipo di minaccia rappresentata da un’orda di
cadaveri zombi e cannibali: addio shock e terrore, benvenuti colpi
alla testa. Il culmine del libro vede vari governi, compreso quello
degli Stati Uniti, lanciare un’offensiva totale per riconquistare
il territorio che era stato precedentemente invaso, reclamando il
mondo per i vivi.
Come spesso accade nella vita,
però, le cose sono un po’ più complicate. La minaccia dei non morti
non scompare mai completamente. Lo zombieismo non viene mai
“curato”. Le ramificazioni geopolitiche di tanti milioni di morti,
dei cambiamenti e dei rimpasti dei governi, sono ancora in fase di
definizione. L’ambiente terrestre è stato devastato dal conflitto
nucleare nei primi giorni del collasso della società e dagli
incendi incontrollati e dilaganti. La vita di coloro che sono
sopravvissuti alla quasi estinzione dell’umanità è più difficile di
prima, con l’unica nota di speranza che noi, come specie, abbiamo
affrontato la nostra stessa distruzione e l’abbiamo respinta.
Non è esattamente materiale da
blockbuster hollywoodiano.
Cosa c’era di così problematico
nell’interpretazione di Carnahan? Ebbene, dopo un’avventura intorno
al mondo nel tentativo di sfuggire alla pandemia zombie, il
personaggio di Pitt finisce su un aereo passeggeri in fuga da un
insediamento israeliano invaso. Diretto a Mosca, il volo precipita
in Russia, dove Pitt e i sopravvissuti vengono radunati e arruolati
in una forza di combattimento contro gli zombie… tranne gli anziani
e gli infermi, che vengono sommariamente giustiziati. La storia fa
poi un salto in avanti e ritrova Lane come membro incallito di una
squadra collaudata in battaglia, incaricata di ripulire i tunnel di
Mosca, utilizzando il “Lobo”, un’arma da mischia descritta nel
libro. In questa parte è inclusa una grande battaglia che si svolge
nella Piazza Rossa di Mosca.
Nel corso di questo conflitto,
Lane, ora un duro e spietato uccisore di zombie, nota che gli
zombie sembrano sensibili al freddo e usa questa tattica per
ottenere il sopravvento nella battaglia. Cerca di trasmettere
questa informazione a sua moglie, ma lei è bloccata nelle
Everglades della Florida e ha anche una relazione con un soldato
interpretato da Matthew Fox, la cui parte è stata ridotta più o
meno a una comparsa nel montaggio finale. Lane decide che deve
ricongiungersi con la sua famiglia, e il film si conclude con lui
che guida una massiccia invasione in stile D-Day sulla costa
dell’Oregon, dando il via a una lotta per riconquistare gli Stati
Uniti che sarebbe stata raccontata in un sequel.
Una nuova speranza
Il finale era imponente e preparava
la storia al lancio di un franchise, ma quasi tutti coloro che
hanno visionato le bozze, dai dirigenti dello studio in giù, hanno
ritenuto che il passaggio dal personaggio comune interpretato da
Pitt nei primi due terzi del film a quello che era a tutti gli
effetti un eroe d’azione in stile anni ’80 nell’ultimo terzo fosse
brusco ed emotivamente insoddisfacente. Inoltre, il fatto che la
sua famiglia fosse divisa e ancora separata al momento dei titoli
di coda ha lasciato gli spettatori indifferenti.
Tali riserve erano così intense,
infatti, che Damon Lindelof, famoso per Lost, è stato chiamato per
ideare dei cambiamenti al terzo atto (Lindelof avrebbe poi
rinunciato a favore di Drew Goddard). Ha offerto alla Paramount due
opzioni: una consisteva in piccole modifiche per aumentare la
tensione emotiva, l’altra cambiava praticamente tutto dopo che Lane
lascia Israele. Sorprendentemente, lo studio ha optato per
l’opzione più drastica e costosa. Questo, insieme alle sette
settimane di riprese aggiuntive durante le quali Forster e Pitt non
si parlavano più, ha fatto lievitare il budget del film fino a un
minimo di 190 milioni di dollari, mettendo in difficoltà la
Paramount e causando un ritardo di sette mesi nella sua uscita.
Oh, e quella parte problematica
delle riprese a Budapest? La maggior parte dei 12 minuti di filmati
che ne sono risultati è stata eliminata completamente. Ops.
Terzo atto della guerra
mondiale
Quindi, dopo tutti questi tira e
molla, dove siamo finiti? Invece di precipitare in Russia, il volo
infestato dagli zombie di Lane in partenza da Israele si dirige
verso una struttura dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in
Galles. Mentre sta per atterrare, però, gli zombie minacciano di
invadere tutto. Lane, con una mossa davvero geniale o davvero
stupida, fa esplodere una granata che apre un buco nella fusoliera
e depressurizza la cabina, facendo sì che tutti gli zombie vengano
risucchiati fuori (inserite qui una battuta a vostra scelta su
“It’s Raining Men”) e l’aereo effettui un atterraggio di
fortuna.
Dopo un blackout, Lane, trafitto da
un frammento di proiettile piuttosto grande, si risveglia tra i
rottami e, insieme a Segen, si dirige verso l’avamposto dell’OMS
che era la sua destinazione iniziale. Sopraffatto dalle ferite,
perde conoscenza e più tardi si risveglia sotto le cure di un
medico dell’OMS interpretato da Peter Capaldi (un ruolo che ha
portato molti a pensare che i realizzatori del film stessero
anticipando il prossimo ruolo di Capaldi come il più famoso alieno
viaggiatore nel tempo della BBC). Dopo aver ripreso i sensi, giunge
a una conclusione scioccante: avendo visto l’orda di zombie passare
accanto ai malati e agli anziani, crede che qualunque virus causi
la trasformazione spinga il suo ospite a cercare solo vittime sane
e vitali per facilitarne la diffusione. Potrebbe essere questa la
chiave per la sopravvivenza dell’umanità?
Pathogenius
Non lo sapevate? Una struttura
dell’OMS è proprio il luogo ideale per Lane per testare la sua
teoria secondo cui, infettandosi con un agente patogeno mortale, ma
curabile, è possibile creare una sorta di “mimetizzazione” che
induce gli zombie a ignorare una potenziale vittima. L’unico
problema è che il laboratorio che contiene i tipi di agenti
patogeni di cui ha bisogno si trova nella parte dell’edificio
infestata dagli zombie. Per capire tutto questo e possibilmente
salvare l’umanità, Lane e i suoi compagni devono intraprendere una
sorta di missione segreta, intrufolandosi in un particolare caveau
senza allertare i morti viventi dormienti che vagano per i
corridoi.
Qui vediamo i risultati dello
sforzo di Lindelof e Goddard di ridimensionare l’azione a un
livello più personale. Piuttosto che una battaglia epica,
assistiamo a un teso gioco al gatto e al topo mentre Lane e
compagni si avvicinano in punta di piedi al caveau in questione.
Anche se alla fine vengono separati, Lane riesce ad arrivare dove
deve andare. Una volta lì, però, rimane intrappolato da uno zombie
che blocca l’uscita… il che è lo stimolo perfetto per condurre il
tipo di esperimento che funziona solo nei film. Dopo essersi
iniettato un agente patogeno sconosciuto, apre la porta, solo per
scoprire di essere ignorato da tutti gli zombie che incontra sulla
sua strada verso la libertà.
La guerra è iniziata
Dopo questo climax, passiamo a un
epilogo che si ricollega in qualche modo alla più ampia portata
geopolitica del libro. Con la teoria di Lane dimostrata corretta,
assistiamo alla distribuzione di un “vaccino” iniettabile, ricavato
da un ceppo di meningite, alle persone di tutto il mondo, mentre
l’umanità inizia a reagire. Vediamo scene di varie battaglie,
comprese alcune riprese della lotta a Mosca dal finale del
montaggio originale. Gli zombie vengono bruciati, vengono
effettuate evacuazioni e si diffonde una nota di speranza su scala
globale.
Fedele allo scopo della
rielaborazione, tuttavia, l’attenzione principale rimane personale,
poiché Lane e la sua famiglia si ricongiungono felicemente in un
rifugio sicuro in Nuova Scozia. La voce fuori campo di Pitt parla
di una guerra appena iniziata, ma per il suo personaggio sembra che
il viaggio sia terminato nel posto migliore possibile, di nuovo
insieme alla moglie e alle figlie e al riparo dal pericolo.
Conseguenze
Parafrasando i Grateful Dead, che
viaggio lungo e strano è stato per World War Z, da libro cupo ad
adattamento fedele, alla guerra totale nelle strade della Russia,
fino al ricongiungimento di una famiglia e al ribaltamento della
situazione. Con tutte queste complicazioni e con così tanti
cambiamenti rispetto al materiale originale, il pubblico avrebbe
reagito bene?
Sì, lo avrebbe fatto: World War Z
ha sbancato il botteghino con un incasso di 202,4 milioni di
dollari negli Stati Uniti e 540 milioni di dollari in tutto il
mondo, cifre piuttosto notevoli per un film con una storia di
produzione così travagliata. Ha anche registrato il weekend di
apertura più redditizio di Pitt, incassando 66,4 milioni di dollari
nei primi tre giorni.
Purtroppo, questo successo non ha
curato il contagio che affliggeva la proprietà, poiché il sequel è
stato abbandonato dopo diversi tentativi, tra cui la firma del
regista David Fincher. A quanto pare, ha influito anche il divieto
cinese sui film di zombie, che ha compromesso il potenziale di
incassi internazionali.
Tuttavia, nonostante le difficoltà,
il successo di World War Z ha dimostrato che il pubblico era
affamato di altri morti viventi. Nel frattempo, tutti i
protagonisti ne sono usciti indenni: Pitt ha raggiunto il culmine
della sua carriera con C’era una volta a… Hollywood del 2019,
Straczynski ha scritto la serie TV cult Sense8, Forster ha diretto
Christopher Robin per la Disney e Damon Lindelof ha realizzato una
delle migliori serie TV del 2019, Watchmen. Niente male per la
troupe dietro un film che, in certi momenti mentre barcollava verso
il finale, sembrava destinato a fallire.
The Immortal Man
arriva su Netflix con un aggiornamento, mentre
Cillian Murphy anticipa cosa ci
aspetta dal film di Peaky Blinders. Diretto da
Tom Harper e scritto dal creatore della serie
Steven Knight, il tanto atteso nuovo capitolo della storia di Tommy
Shelby seguirà il personaggio durante la Seconda guerra
mondiale.
Oltre a Murphy, il film in uscita
vede la partecipazione di una serie di attori nuovi e di ritorno,
tra cui Rebecca Ferguson, Barry Keoghan, Stephen Graham, Tim Roth, Ned
Dennehy e Packy Lee, tra gli altri. Precedentemente
prevista per la fine del 2025, la data di uscita di The Immortal
Man non è ancora stata annunciata ufficialmente.
Sebbene la data di uscita specifica
rimanga sconosciuta, The Observer rivela ora che The Immortal Man
arriverà su Netflix nel corso del prossimo anno. Murphy, che ha
terminato le riprese del film lo scorso dicembre, ha dichiarato
alla testata giornalistica di non aver ancora elaborato
completamente il ritorno di Shelby. In realtà, ha appena capito
quanto sia stato importante questo personaggio nella sua vita:
“Ho capito che
ho interpretato questo personaggio per un quarto della mia vita, il
che è piuttosto folle”.
Murphy spiega anche perché ha
deciso di tornare dopo aver espresso in precedenza il suo
apprezzamento per il finale della serie TV, anticipando che il
film rappresenta la vera conclusione del viaggio del suo
personaggio:
“Perché
abbiamo ricevuto una sceneggiatura davvero ottima e mi sento in
dovere nei confronti dei fan perché, in molti modi, sono stati loro
a rendere la serie il successo che è”, afferma. “È un degno
coronamento delle 36 ore di televisione”.
Cosa significa questo per
The Immortal Man
Non è chiaro il motivo per cui The
Immortal Man stia impiegando così tanto tempo per uscire, dato che
le riprese sono terminate più di un anno fa, ma questo non è
necessariamente motivo di preoccupazione. I tempi di produzione
dei film Netflix, dalle riprese all’uscita, possono essere
piuttosto lunghi. Frankenstein di Guillermo del Toro, ad esempio,
ha terminato le riprese nell’ottobre 2024 e uscirà questo
novembre.
Considerando che la produzione è
terminata nel dicembre 2024, è probabile che il seguito della
Peaky Blinders – stagione 6 arriverà nella prima metà
dell’anno. A questo punto, un annuncio ufficiale potrebbe non
essere troppo lontano, con un trailer che probabilmente
arriverà prima della fine dell’anno.
Per quanto riguarda i commenti di
Murphy, l’attore sembra confermare che The Immortal Man sarà la
conclusione della storia di Tommy Shelby. Il pubblico, quindi,
forse non dovrebbe sperare in un sequel. È sempre possibile,
tuttavia, che Knight trovi un’altra storia degna di essere
raccontata per il personaggio, e una buona sceneggiatura ha già
riportato Murphy sul set in passato.
Se The Immortal Man sarà la fine
per Tommy, il mondo della serie poliziesca è destinato a
continuare. Netflix ha rivelato che sono in fase di sviluppo
due spin-off di Peaky Blinders, uno ambientato a Boston e uno che
funge da prequel per Polly.
Il creatore di Omicidio
a Easttown (Mare of Easttown), Brand Ingelsby, ha
rivelato che gli piacerebbe poter realizzare un crossover con la
sua nuova serie poliziesca. Omicidio a Easttown (Mare of
Easttown) vede Kate Winslet nei panni di una detective
tormentata che cerca di risolvere l’omicidio di una madre
adolescente. La miniserie è andata in onda su HBO nel 2021,
ottenendo il plauso della critica e valendo a Winslet un Emmy per
la sua interpretazione.
L’ultima serie di Ingelsby è il
crime drama Task, con Mark Ruffalo, che vede un agente dell’FBI
incaricato di indagare su una serie di violente rapine.
Task vede Ingelsby al massimo della forma e le ottime
interpretazioni e la trama avvincente hanno portato a paragoni con
Omicidio a Easttown (Mare of Easttown) , spingendo
Ingelsby a lanciare un’idea intrigante.
Secondo THR, Ingelsby ha affermato che gli piacerebbe vedere un
crossover tra Task e Omicidio a Easttown (Mare of
Easttown) , dichiarando che ci saranno altre storie sulle
persone della zona e che entrambe le serie sono ambientate nello
stesso mondo, ma ha anche ammesso di non avere piani concreti per
un crossover. Ecco i commenti di Ingelsby:
“Penso che ci siano ancora molte
storie da raccontare sulle persone della contea di Delaware.
Esistono nello stesso mondo, quindi non mi sorprenderebbe affatto
se Mare (interpretata da Kate Winslet) entrasse in un Wawa dove si trova
Tom (interpretato da Ruffalo). Non ho in mente una storia che sia
un crossover, ma mi piace l’idea che i loro mondi si
incrocino”.
Cosa significa questo per un
possibile crossover tra Task e Omicidio a Easttown (Mare of
Easttown)
I commenti di Ingelsby sono
sicuramente intriganti, poiché ammette apertamente che gli
piacerebbe vedere un crossover e pensa che far scontrare i mondi di
Mare e Tom sarebbe un’idea interessante. Tuttavia, il fatto che
affermi di non avere in mente una storia suggerisce che questa
potrebbe essere un’idea che gli è venuta solo dopo l’uscita di
Task.
Nulla impedisce a Ingelsby di
ideare una trama che intersechi entrambe le serie e gettare le basi
per un potenziale crossover futuro, dato che è il creatore di
entrambe. Tuttavia, il fatto che ciascuna sia stata concepita come
una miniserie e che non sia stato rinnovato Omicidio a Easttown
(Mare of Easttown), significa che potrebbe non esserci il
desiderio di vedere il ritorno di nessuna delle due serie.
In occasione di Venezia 82,
Roberto Andò ha ritirato lo Special Award Premio
Film Impresa per il documentario Ferdinando Scianna – Il
fotografo dell’ombra. Ecco le parole del regista, insieme allo
stesso Scianna, a Giampaolo Letta, presidente di Premio Film
Impresa, e a Mario Sesti, direttore artistico del premio.
Ulteriori dettagli sullo
Special Award Premio Film Impresa
Il film documentario Ferdinando
Scianna – Il fotografo dell’ombra di Roberto
Andò, si aggiudica lo Special Award Premio Film
Impresa promosso da Unindustria, premio
collaterale dell’82. Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica della Biennale di Venezia.
Il riconoscimento è stato attribuito
per “il patrimonio di immagini e la ricchezza del dialogo con i
quali un autore del cinema contemporaneo, Roberto Andò, racconta
vita, idee e talento di uno dei più importanti autori viventi di
fotografia, Ferdinando Scianna. Dopo aver rivelato con la
fotografia il cuore profondo della Sicilia, aver lavorato insieme a
Cartier Bresson nella più famosa agenzia del mondo (la Magnum) e
come fotoreporter per L’Europeo, Scianna ha profondamente innovato
la foto della moda e reso memorabile il racconto di un brand e
della sua bellezza, dotando una specifica impresa di un’aura
creativa unica e inconfondibile: dimostrazione che un occhio capace
di scovare nel mondo immagini esemplari e rivelatrici, sa
raccontare anche il mondo immaginario che nutre la passione degli
imprenditori”.
Prodotto da Bibi
Film con Rai Cultura, il documentario
(presentato Fuori concorso alla Mostra), che sarà distribuito in
sala da Fandango, accompagna lo spettatore lungo la carriera del
fotografo siciliano: dalle prime immagini delle feste popolari in
Sicilia, alle campagne di moda che hanno cambiato l’immaginario
collettivo, fino alle collaborazioni con figure centrali della
cultura come Leonardo Sciascia e
Cartier-Bresson.
“Con questo premio vogliamo
sottolineare come il lavoro di Scianna dimostri che lo sguardo di
un artista possa diventare anche racconto d’impresa, trasformando
la creatività in memoria collettiva”, ha dichiarato
Giampaolo Letta, presidente di Premio Film
Impresa.
“Il film di Andò riesce a
restituire la forza narrativa della fotografia di Scianna e il suo
ruolo unico nella cultura visiva contemporanea”, ha aggiunto
Mario Sesti, direttore artistico.
Il recente teaser della terza
stagione di House of the Dragonpreannuncia una grande novità per il franchise. La
produzione della
terza stagione di
House of the Dragon è in pieno svolgimento: iniziata ad
aprile, dovrebbe concludersi ad ottobre. Nel frattempo, i membri
del cast hanno avuto modo di condividere alcune anticipazioni su
ciò che viene girato.
Sappiamo dal
finale della seconda stagione di
House of the Dragon che ci saranno delle battaglie, ma è
ancora più emozionante sentire gli attori parlare del processo di
ripresa. Ogni foto e descrizione del dietro le quinte fa pensare
che la terza stagione di House of the Dragon sarà una delle
stagioni televisive più epiche e cinematografiche di tutti i
tempi.
L’attrice Olivia Cooke, che
interpreta Alicent Hightower, ha descritto l’inizio della terza
stagione di HOTD come “feroce”.
Parlando della terza stagione di
House of the Dragon, Olivia Cooke ha rivelato a Collider che “i primi due episodi avrebbero dovuto
essere il finale della scorsa stagione” e che l’energia
culminante si protrae anche in questa. La seconda stagione di
House of the Dragon è stata abbreviata per motivi di budget,
con la rimozione degli ultimi due episodi dedicati alle battaglie
dalla sceneggiatura.
I commenti di Cooke confermano che
la stagione 3 “inizierà con il botto” e porterà un’energia
“più feroce che mai”. Considerando il montaggio alla fine
della stagione 2, il pubblico può aspettarsi la prima battaglia
navale della serie, la Battaglia del Gullet, e il ritorno di
Rhaenyra a King’s Landing, entrambi ricchi di colpi di scena.
Gli episodi iniziali della terza
stagione di House of the Dragon sembrano essere imperdibili,
offrendo conflitti della portata di “Il drago rosso e l’oro” e
“Blackwater” e, si spera, alcune delle migliori battaglie della
serie. Dato che la seconda stagione ha tagliato questi momenti,
questi episodi dovranno essere eccezionali.
Il franchise di Game of Thrones
non ha mai aperto una stagione con una battaglia
In particolare, questa è la prima
volta che una stagione del franchise di Game of Thrones si apre con una battaglia
su larga scala. In genere, le sequenze di battaglia venivano
lasciate per i penultimi episodi, come “La battaglia dei bastardi”
e “Gli osservatori sul muro”. Questo sarà un drastico cambiamento
di tono per l’inizio della nuova stagione, che fisserà
immediatamente lo standard.
La parte migliore di tutto questo è
che la terza stagione di House of the Dragon probabilmente
avrà battaglie anche alla fine della stagione. A questo punto, con
solo due stagioni rimaste per arrivare alla fine della Danza dei
Draghi, è necessario accelerare la narrazione, che include diverse
battaglie cruciali.
Le foto dal dietro le quinte della
terza stagione di House of the Dragon indicano che la
stagione potrebbe arrivare fino alla prima battaglia di Tumbleton
e, se ci sarà un quarto conflitto importante, immagino che sarà il
Butcher’s Ball.
Con Past
Lives, Celine Song aveva conquistato
critica e pubblico con un’opera intima e poetica, capace di dare
voce a sentimenti universali attraverso una regia delicata e una
scrittura calibrata. Il suo secondo
film, Material Love, si presenta invece
come una commedia romantica ambientata a New York, dove le
relazioni vengono osservate con un occhio più disincantato e,
almeno nelle intenzioni, realistico. Il contesto è quello delle
agenzie matrimoniali d’élite, luoghi in cui l’amore non è tanto
questione di destino quanto di “asset management” e compatibilità
economiche. L’idea di fondo è intrigante: raccontare l’incontro tra
amore e denaro nell’era della dating economy, mostrando come anche
i sentimenti finiscano per piegarsi a logiche di mercato. Eppure,
quello che poteva essere un film corrosivo e rivelatore si traduce
in una commedia elegante ma sorprendentemente piatta.
Celine Song sceglie un
tono sobrio, quasi castigato, che si allontana dagli eccessi
zuccherosi delle rom-com classiche ma senza sostituirli con un vero
conflitto o con una tensione emotiva palpabile. La protagonista
Lucy, interpretata da Dakota Johnson, è una matchmaker brillante ma
sentimentalmente disillusa, contesa fra due uomini opposti: l’ex
fidanzato squattrinato (Chris
Evans) e un ricco broker di private equity
(Pedro
Pascal). Un triangolo che sulla carta promette
scintille, ma che sullo schermo resta intrappolato in dinamiche
prevedibili, con personaggi più definiti dall’aspetto esteriore che
da una vera complessità interiore.
Il problema principale
del film è che sembra temere il rischio narrativo. Song costruisce
una cornice elegante e patinata – New York fotografata con gusto,
costumi impeccabili, attici con vista mozzafiato – ma all’interno
di questa cornice la storia si muove in linea retta, senza
deviazioni né sorprese. Le situazioni romantiche, i dialoghi
taglienti sulla mercificazione dell’amore, persino i momenti di
confessione personale finiscono per seguire schemi troppo
prevedibili. È come se ogni scena fosse calibrata per piacere
senza mai turbare, per evocare riflessioni di superficie.
Anche la regia, dopo la
delicatezza e il senso del tempo sospeso di Past Lives, qui
appare meno incisiva: Song osserva i suoi personaggi con un certo
distacco, quasi limitandosi a registrarne i movimenti senza
accompagnarli con un punto di vista forte. Ne risulta un film che
sembra costantemente in bilico tra la satira sociale e la commedia
romantica, ma che non riesce a incarnare né l’una né l’altra con
decisione. Si ride poco, ci si commuove ancora meno, e alla fine
resta soprattutto la sensazione di aver assistito a un esercizio di
stile più che a un racconto vibrante.
Non aiuta la gestione dei
rapporti fra i protagonisti. Johnson gioca bene la carta della
freddezza e della disillusione, ma l’alchimia con Pascal è debole e
quella con Evans non va oltre una prevedibile nostalgia. I due
contendenti, entrambi belli e monodimensionali, sembrano incarnare
più dei cliché che delle persone reali: il ricco sicuro di sé e il
bohémien dal cuore d’oro. Senza un conflitto autentico o un rischio
emotivo concreto, la scelta finale di Lucy risulta inevitabile e
poco appassionante, privando lo spettatore di quel brivido di
incertezza che dovrebbe essere l’anima stessa di una rom-com.
A salvare Material
Love dal fallimento totale è soprattutto la sua confezione. La
cura estetica è innegabile: i costumi di Katina Danabassis vestono
i personaggi come fossero su una passerella, la fotografia cattura
una New York scintillante evitando le classiche immagini da
cartolina, e alcune battute riescono davvero a cogliere le crudeltà
implicite del mercato sentimentale contemporaneo. C’è qualcosa di
pungente nell’idea di ridurre il corteggiamento a un business plan,
o nel mostrare come l’altezza e il conto in banca diventino criteri
di valutazione più determinanti dell’affinità emotiva. Sono
intuizioni che, se sviluppate con più coraggio, avrebbero potuto
rendere il film un’analisi brillante del nostro tempo.
Ma Celine Song non
affonda mai il colpo. Al posto della critica feroce resta una
commedia di buone maniere, sempre gradevole ma raramente
memorabile. Material Love sembra ossessionato dalla bellezza
dei suoi protagonisti e dal lusso che li circonda, come se temesse
che uno sguardo più sporco o più sincero potesse incrinarne il
fascino. Il risultato è un film elegante ma vuoto.
Song dimostra ancora una
volta di avere occhio per l’immagine e talento nel disegnare
personaggi femminili forti e indipendenti, ma qui le manca il
coraggio narrativo che aveva reso Past Lives così speciale.
Material Love è un’opera di transizione: un
film bello da vedere, a tratti stimolante da ascoltare, ma troppo
attento alla superficie per diventare davvero indimenticabile.
Pomeriggi di
Solitudine è stato presentato in anteprima al
Festival del Cinema di San Sebastián 2024 dove si
è aggiudicato il premio più ambito cioè la Conchiglia
d’Oro, superando importanti film in concorso. Questo
documentario di
Albert Serra è sconvolgente e mostra tutta la brutalità della
corrida, rivelando i suoi rituali molto cruenti e crudeli. Composto
principalmente da una serie di corride in cui si esibisce il
matador peruviano Andrés Roca Rey, la visone di
questo film è estremamente impegnativa per chiunque abbia un minimo
di simpatia per i diritti degli animali.
Cosa racconta Pomeriggi di
Solitudine
Per chi cerchi una dichiarazione etica sulla corrida o una
spiegazione del perché viene ancora praticata non troverà risposte
in questo docufilm. Albert Serra,lodato per il suo thriller del 2022Pacifiction– Un mondo
sommerso,nonè particolarmente interessato
alla vita dei tori, che muoiono tutti in modo incontrollato e
mostrati in preda alle convulsioni. Perché Pomeriggi di
Solitudine, in originale Tardes de Soledad, non
ci dice nulla sul declino della popolarità delle corride, né
include alcun commento esplicito sulla lotta di questa usanza
antica che ancora sopravvive in un mondo sempre più sensibile alla
crudeltà sugli animali. La corrida è ormai ritenuta da molti, non
solo dagli animalisti, solo una forma di tortura, spargimento di
sangue e sofferenza dell’animale, del resto molte espressioni
culturali del passato oggi appaiono inaccettabili, soprattutto se
creano sofferenza. Il regista catalano di questo aspetto se ne lava
letteralmente le mani e si concentra sulla spettacolarità dello
show mortale.
Questo è un film caratterizzato da una visione così intensa,
dove raramente vediamo la folla che assiste agli eventi del torero
protagonista Andrés Roca Rey, infatti il pubblico
dell’arena è ridotto al sottofondo sulla colonna sonora, le loro
voci lo acclamano e lo scherniscono come un eroe in guerra ma con
se stesso. Il matador è un tizio vestito di
paillettes o con eccentrici ornamenti, che deride e insulta un
animale ricoperto del suo stesso sangue; è la nuda realtà di una
danza macabra tra uomo e bestia, con tutto il pericolo,
l’eccitazione, la crudeltà e l’imbarazzo che questo scontro
comporta. Il semplice fatto di guardarlo nel 2025 è sufficiente a
trasmettere tutto ciò che c’è da sapere. La forma ostinatamente
ripetitiva del film, permette allo spettatore di perdere di vista
la propria prospettiva ma invitandolo allo stesso tempo a trarre le
proprie conclusioni, una visone che si rivela più coinvolgente del
didascalico che un documentario tradizionale potrebbe portare sullo
stesso argomento.
La morte spettacolare
secondo Serra
Albert Serra offre
un film di due ore, nudo e crudo con al centro, Andrés Roca Rey che
in qualche modo è il simbolo di questa tradizione chiamata
nell’antica Grecia tauromachia. La telecamera segue il
matador attraverso diverse corride. Lo vediamo prima, mentre si
veste, un vero rituale, così femminile che ricorda tanto il
passato, quando le donne dell’alta società non si vestivano da
sole, anche perché stringersi il corsetto con chiusura da dietro da
sole era impossibile. Ovviamente si intrecciano nella preparazione
anche gesti religiosi, come il segno della croce tre volte e i baci
alla Madonna per passare alle conversazioni dei suoi collaboratori
molto virili e con linguaggi che elogiano gli attributi maschili
del giovane torero. Più avanti lo vediamo nel momento
dell’esibizione, del sudore, dei colpi non rimarginati e delle
incornate e delle ferite mai rimarginate. Ovviamente non può
mancare neanche la paura, quella di non riuscire a sopravvivere e
soprattutto, lo vediamo in quel momento, mentre si alza nell’arena,
sporco e avvolto nel sangue ma vincitore.
Per concludere Pomeriggi di
Solitudine, non vuole raccontare la storia di un torero ma
la morte e il regista catalano riesce a rappresentarlo attraverso
un docufilm che con la chiave della corrida, da sempre associata
alla spettacolarità della morte, ne rappresenta l’essenza.
Only Murders in the
Building ha seguito Charles
(Steve Martin), Mabel (Selena
Gomez) e Oliver (Martin
Short) mentre questo improbabile gruppo risolveva quattro
diversi casi nell’Arconia, ma non è ancora finita. Di recente, la
questione è diventata personale per Charles quando lui e i suoi
partner del podcast hanno scoperto l’assassino della sua amica di
lunga data e controfigura, Sazz Pataki
(Jane Lynch). L’indagine ha introdotto un nuovo
gruppo di residenti, ha portato alla luce un altro decesso
all’interno dell’Arconia e ha costretto ogni membro del team a
crescere, il tutto mentre il loro podcast viene adattato in un
film.
La quarta stagione (leggi
qui la nostra recensione), emozionante e ricca di colpi di
scena, si conclude con ancora più drammaticità quando viene
ritrovato un altro cadavere, ma il team è già al lavoro sul caso,
promettendo ancora una volta una storia drammatica. Si spera però
che abbiano imparato qualcosa in più dalla loro esperienza nella
quarta stagione. In attesa di vedere la quinta stagione in uscita
dal 9 settembre su Disney+, ecco allora un recap
di ciò che avviene nella quarta!
La quarta stagione di Only
Murders in the Building esamina la morte improvvisa
di Sazz
Con il corpo di Sazz scomparso e
poche prove rimaste, Charles impiega del tempo a rendersi conto che
la sua amica è stata uccisa. All’inizio è semplicemente preoccupato
per il suo silenzio, ma quando scopre che non si presenta al
lavoro, le preoccupazioni di Charles aumentano. Mentre incontrano
Bev Melon (Molly Shannon) e il
team, nella speranza di ottenere i diritti sulla loro vita per il
film, Charles, Oliver e Mabel visitano l’appartamento di Sazz a
Hollywood. Scoprono che Sazz stava conducendo un’indagine per conto
proprio, incentrata su Charles.
Tuttavia, quando
Lester (Teddy Coluca) chiama per
sostituire la finestra di Charles, il trio capisce che c’è qualcosa
di più e torna a casa, dove trova le sue protesi articolari
nell’inceneritore dell’Arconia, dando il via alle indagini. In
lutto per la sua amica, Charles inizia a parlare da solo,
preoccupando Oliver e Mabel, che sospettano che l’assassino mirasse
a Charles piuttosto che alla sua controfigura. Insistono affinché
rimanga in casa mentre indagano sulla provenienza del proiettile
che ha attraversato la finestra. Tuttavia, Charles non è l’unico a
preoccuparsi per Sazz, che aveva una relazione con l’ex fidanzata
omicida di Charles, Jan (Amy
Ryan).
Jan evade dal carcere, temendo che
qualcosa non vada, ed entra nell’appartamento di Charles attraverso
i tunnel dell’Arconia. Credendo che Charles sia il suo obiettivo,
le autorità irrompono nell’appartamento e Charles denuncia la morte
di Sazz. A causa dei precedenti di Jan nell’uccidere i suoi ex
amanti, l’FBI prende in mano il caso, lasciando che la
detective Williams (Da’Vine Joy
Randolph) aiuti segretamente il trio nelle loro
indagini.
da DISNEY ITALIA
La quarta stagione introduce i
Westies
Ritenendo che lo sparo provenisse
dall’altro lato dell’edificio, Mabel e Oliver indagano sui Westies,
che includono Vince Fish (Richard
Kind), Alfonzo (Desmin
Borges), Inez (Daphne
Rubin-Vega), Ana (Lilian
Rebelo) e Rudy Thurber (Kumail
Nanjiani). Questa zona dell’Arconia è piena di personaggi
eccentrici che si incontrano regolarmente per giocare a un gioco
chiamato “Oh Hell”, ma uno di loro manca: Dudenoff
(Griffin Dunne), il proprietario dell’appartamento
da cui ha sparato l’assassino. Nell’appartamento, Mabel e Oliver
trovano un’impronta di stivale e un frammento di quello che sembra
essere un orpello, che li conduce a Rudy, la cui casa è sempre
addobbata per Natale.
Con l’aiuto di Eva Longoria, che sta studiando Mabel per
interpretarla nel film, Rudy viene scagionato, ma con gli appunti
di Sazz che includono il nome di Dudenoff, i sospetti rimangono.
Dovrebbe essere in Portogallo, quindi Mabel decide di occupare
l’appartamento e costringerlo a tornare a casa. I Westies sono
sconvolti da questa idea e alla fine rivelano che Dudenoff ha
subaffittato loro illegalmente appartamenti a basso costo.
Tuttavia, la cospirazione è più profonda. Grazie a una soffiata di
Williams e all’aiuto di Howard (Michael
Cyril Creighton), il trio scopre che i Westies stanno
incassando gli assegni della previdenza sociale di Dudenoff.
Le loro indagini rivelano che
Dudenoff è morto, costringendo i Westies a confessare la verità.
Dudenoff si è suicidato, ma ha chiesto loro di nascondere la sua
morte e di portare avanti il suo piano, mentendo nel contempo a un
altro membro del loro gruppo, Helga
(Alexandra Templer). Quando Charles, Mabel e
Oliver iniziano a indagare sugli omicidi, i Westies si spaventano e
inviano messaggi minacciosi che il trio non riesce a decifrare;
tuttavia, Sazz sta indagando su di loro. Mabel accetta di mantenere
il loro segreto, consolidando l’amicizia con i Westies, ma perdendo
la pista.
da DISNEY ITALIA
Only Murders in the
Building – Stagione 4 collega la morte di Sazz al
film
I Westies non sono l’unico gruppo
sospettato da Charles, Oliver e Mabel. Seguono gli indizi e trovano
un bar per stuntman chiamato Cuncussions, dove Sazz ha trascorso il
giorno prima del suo omicidio, ma i clienti abituali non vogliono
che facciano domande. Questo permette alla serie di reintrodurre
Paul Rudd, ma non nei panni della vittima
della terza stagione Ben Glinroy. Questa volta,
Rudd interpreta Glen, la controfigura di Ben, che
è senza lavoro a causa della morte di Ben. Il loro viaggio dà i
suoi frutti quando Charles ricorda il sogno di Sazz.
La donna sognava infatti di aprire
un parco con trampolini per addestrare gli stuntman, inviando loro
la proprietà che voleva utilizzare. Era lì che Bev Melon sta
indagando dopo che Sazz le ha lasciato un messaggio vocale
inquietante che suggerisce che l’assassino sta lavorando al film.
Charles, Mabel e Oliver iniziano a indagare sul set
cinematografico, considerando prima lo sceneggiatore,
Marshall P. Pope (Jin Ha), dopo
che questi ha cercato di scappare da loro, anche se sostiene che
fosse per paura delle note sul suo copione.
Marshall fa notare che per andare
dall’appartamento di Dudenoff e portare il corpo all’inceneritore
in tempo, sarebbe stato necessario agire con una rapidità
impossibile. Il che sposta l’indagine su una coppia, le
sorelle Brothers (Catherine Cohen
e Siena Werber). Le due stanno dirigendo il film e
hanno scarpe che corrispondono alle impronte nell’appartamento di
Dudenoff. Quando le luci si spengono e Zach Galifianakis (che interpreta Oliver) e
Glen vengono uccisi, il trio sembra essere sulla
strada giusta, ma è convinto che Oliver fosse il bersaglio
designato. Tuttavia, le sorelle Brother vengono scagionate quando
il trio riceve dei messaggi con scritto “Vi sto osservando” mentre
entrambe le sorelle Brother sono nella stanza.
La minaccia di stalking li spinge a
nascondersi dalla sorella di Charles, Doreen
(Melissa McCarthy), ma il loro nascondiglio non è
poi così segreto. Mentre Charles fa ammenda con Doreen per gli
errori commessi durante l’infanzia, Oliver affronta i suoi
sentimenti per Loretta (Meryl
Streep). La loro relazione a distanza ha avuto alcune
complicazioni e un fallimento nella comunicazione ha portato Oliver
a rompere con lei. Con il cuore spezzato, Loretta si reca a New
York per parlargli e non solo fanno pace, ma si fidanzano.
da DISNEY ITALIA
Un colpo di scena lascia Mabel
intrappolata con l’assassino
Sebbene le loro indagini siano in
stallo, Helga fornisce una nuova pista, rivelando che Sazz l’ha
contattata mentre indagava sui Westies e ha ammesso che la sua ex
controfigura nel Progetto Ronkonkoma era pericolosa. Charles,
Oliver e Mabel credono che si tratti di Glen, ma dato che lui è
ricoverato in ospedale in stato di incoscienza, cercano qualcun
altro che possa raccontare la storia: il regista del Progetto
Ronkonkoma, Ron Howard. Dopo aver tentato di
intrufolarsi sul set, Charles esprime le sue insicurezze sul fatto
che Oliver non abbia più bisogno di lui e i due fanno pace.
Incontrano Ron in un ristorante, dove almeno una delle storie
raccontate da Oliver si rivela vera.
Ron Howard spiega loro del Progetto
Ronkonkoma e di uno stuntman di nome Rex Bailey,
la cui carriera è finita dopo che un’acrobazia andata male gli ha
bruciato le sopracciglia. Oliver e Charles riconoscono Rex come
Marshall P. Pope, identificando l’assassino, ma è
troppo tardi. Mabel lascia il gruppo prima di incontrare Ron Howard
perché l’ospedale la chiama quando Glen Stubbons viene ucciso.
Avendo perso un’altra pista, torna a casa dove Marshall la aspetta
fuori dalla porta per lavorare alla sceneggiatura. Lei lo fa
entrare, ma presto capisce tutto quando trova la stessa
sceneggiatura con il nome di Sazz conservata insieme alla birra che
Sazz aveva portato la notte in cui è morta.
Intrappolata con l’assassino, sente
la sua confessione: voleva diventare sceneggiatore, ma la
sceneggiatura di Sazz era migliore della sua. Quando l’ha venduta a
suo nome, Sazz si è arrabbiata e Rex le ha sparato. Nel frattempo,
Charles e Oliver cercano un modo per salvare Mabel, camminando sul
cornicione dell’appartamento accanto e arrampicandosi attraverso la
finestra, sorprendendo Rex. Nonostante Charles abbia preso il
sopravvento con il multiutensile di Eva Longoria, Rex usa la sua
formazione da stuntman per riprendere la pistola e l’intero trio
rimane intrappolato, finché un colpo sparato dall’appartamento di
Charles non li salva. Jan, che si nascondeva nell’Arconia dalla sua
fuga, uccide l’assassino prima di essere riportata in prigione.
La quarta stagione di Only
Murders in the Building prepara un altro omicidio
Sebbene questo concluda le indagini,
la stagione non è finita. Mostra invece il matrimonio di Oliver e
Loretta e la loro decisione di vivere ancora per un po’ a distanza
mentre lei lavora in Australia. Nel frattempo, Mabel prende una
decisione sulla sua carriera, scegliendo di raccontare storie che
le stanno a cuore piuttosto che assecondare Hollywood, e Charles
dice addio a Sazz. Ma, come sembra sempre accadere all’Arconia, un
altro omicidio prepara il terreno per una nuova stagione, e questa
volta la vittima è Lester, il portiere, che il
trio trova sanguinante nella fontana dopo il matrimonio di
Oliver.
Inoltre, la misteriosa Sofia
Caccimelio (Téa Leoni) si avvicina a
Charles e Mabel, chiedendo ai detective dilettanti di indagare
sulla scomparsa di suo marito, Nicky, il re delle lavanderie a
secco di New York. Anche se loro rifiutano, dicendo che si
concentrano sugli omicidi all’interno dell’Arconia, Sofia dà loro
il suo biglietto da visita, insistendo che quello che è successo a
Nicky ha a che fare con l’Arconia. Mentre Charles, Oliver e Mabel
hanno il loro bel da fare per la quinta stagione, forse sono più
preparati dopo che la quarta stagione li ha visti attraversare un
momento di vulnerabilità.
È ora disponibile il
teaser trailer di
Wake Up Dead Man – Knives Out, il terzo capitolo dedicato al
celebre detective Benoit Blanc (Daniel Craig), scritto e diretto da
Rian Johnson. Il film arriverà in cinema selezionati il 26 novembre
e su Netflix il 12 dicembre.
La trama di Wake Up Dead
Man – Knives Out:
Benoit Blanc (Daniel
Craig) torna per affrontare il suo caso più pericoloso nel terzo e
più oscuro capitolo dell’opera di Rian Johnson. Quando il giovane
prete Jud Duplenticy (Josh O’Connor) viene inviato ad affiancare il
carismatico e focoso Monsignor Jefferson Wicks (Josh Brolin), è
chiaro che qualcosa non va tra i banchi della chiesa. Il modesto ma
devoto gregge di Wicks comprende la pia signora della chiesa Martha
Delacroix (Glenn Close), il riservato custode Samson Holt (Thomas
Haden Church), l’avvocatessa sempre sotto pressione Vera Draven
(Kerry Washington), l’aspirante politico Cy Draven (Daryl
McCormack), il medico del paese Nat Sharp (Jeremy Renner), il celebre autore Lee Ross
(Andrew Scott) e la violoncellista Simone Vivane (Cailee Spaeny). Dopo che un omicidio improvviso
e apparentemente impossibile sconvolge la cittadina, l’assenza di
un chiaro sospettato spinge la capo della polizia locale Geraldine
Scott (Mila Kunis) a unire le forze con il rinomato detective
Benoit Blanc per svelare un mistero che sfida ogni logica.
Channing Tatum riprenderà il ruolo di Gambit in
Deadpool e Wolverine in Avengers:
Doomsday, e l’attore ha recentemente rivelato che il
Ragin’ Cajun verrà preso un po’ più sul serio quando
tornerà nel Marvel Cinematic Universe. In una
precedente intervista, Tatum ha spiegato perché non userà un
accento “cajun” difficile da capire per Doomsday.
“Non userò un accento cajun. [I
registi Anthony e Joe Russo] vogliono che le cose siano divertenti,
ma non vogliono essere come Deadpool. Vogliono mantenere il dramma
e tenerlo stretto. Quando Gambit diventa serio – quando toglie la
maschera del Mardi Gras – le cose contano.”
Gambit avrà comunque un accento
della Louisiana, e durante una nuova intervista con
EW, Tatum ha spiegato come è arrivato al nuovo
accento “addolcito”. “L’accento è un problema. È difficile
spiegarlo a qualcuno che non è del Sud, non è della Louisiana. Mio
padre è di New Orleans. Ho vissuto lì. Quell’accento ha un ampio
spettro. Non puoi capirlo affatto, e a volte sì. Quindi devi
davvero giocarci.”
“C’è molta esposizione da fare
in quei film, e puoi anche farlo”, ha aggiunto. “Quindi è
stata una cosa strana ma davvero gratificante. Quando cerchi di
infilare un chiodo quadrato per così tanto tempo e poi finalmente
ci riesci, allora dici: ‘Sì! Bene! Fantastico. Ora siamo pronti’.
Quindi è divertente.”
Tatum ha anche attribuito a
Ryan Reynolds il merito di aver convinto
Kevin Feige dei Marvel Studios che
“poteva farcela” nei panni di Gambit in Deadpool e
Wolverine.
Non siamo ancora sicuri di quanto
importante sarà il ruolo di
Channing Tatum in Doomsday, ma l’attore ha
recentemente rivelato di avere una scena di “grande combattimento”
con il Dottor Destino di Robert Downey Jr., abbastanza
intensa da causargli un infortunio. Si dice che Tatum cammini con
una “notevole zoppia” e che si stia sottoponendo a fisioterapia
prima di tornare a girare le sue scene.
La prossima serie Marvel Spotlight, Wonder
Man, arriverà su Disney+ questo dicembre, ma a
parte alcune immagini e un primo sguardo a alcune scene della serie
tramite un paio di brevi teaser promozionali, non c’è stato molto
da segnalare negli ultimi due mesi.
Aspettiamo un trailer vero e proprio
abbastanza presto, ma per ora MTTSH ha condiviso alcuni
nuovi dettagli che alcuni potrebbero trovare un
po’ deludenti. Sebbene sia diventato meno comune negli ultimi anni,
i fan si sono abituati alle apparizioni a sorpresa dei personaggi
nei progetti dei Marvel Studios, ma lo scooper
afferma che “Wonder Man è piuttosto autonomo, quindi non
aspettatevi cameo”.
Il responsabile dello streaming,
della televisione e dell’animazione della Marvel, Brad
Winderbaum, ha recentemente confermato il numero di
episodi della serie, esprimendo anche il suo sostegno a Wonder Man
come “la migliore serie che nessuno abbia mai visto”.
“Wonder Man è composta da otto
episodi. È una novità assoluta per la Marvel”, dice il
dirigente a Collider. “È nata direttamente dalle menti di
Destin Daniel Cretton e Andrew Guest. Onestamente, è una delle mie
cose preferite in assoluto. Penso che sia la serie migliore che
nessuno abbia mai visto, e sono molto emozionato di vedere la
reazione del pubblico. Penso che sia una lettera d’amore a ciò che
facciamo come registi. È una lettera d’amore alla recitazione come
professione, ed è una serie molto sincera e bella.”
I commenti di Winderbaum sono in
linea con le precedenti indiscrezioni secondo cui la serie è stata
sviluppata come una satira sui supereroi e “una lettera d’amore
a Los Angeles e all’industria”. Abbiamo anche sentito che i
produttori Destin Daniel Cretton e Andrew
Guest stanno puntando su un tono simile a serie come
Silicon Valley, Dave e Barry.
Per quanto riguarda la durata degli
episodi, Winderbaum afferma che varierà. “C’è un po’ di margine
di manovra per quanto riguarda la durata degli episodi, quindi
credo che il nostro episodio più breve sia di circa 20 minuti,
mentre il più lungo di circa 40 minuti.”
I Marvel Studios
hanno rivelato ben poco su Wonder
Man, anche se sappiamo che Sir Ben Kingsley
riprenderà il ruolo di Trevor Slattery in Iron Man
3 e Shang-Chi e la leggenda dei dieci
anelli. Byron Bowers si è
recentemente unito al cast, mentre Ed Harris, Bob Odenkirk
e Courtney Cox sono tra coloro che si dice possano
apparire.
Stella Meghie (The
Photograph) si occuperà della regia di più episodi, mentre
Cretton sarebbe stato incaricato di dirigere le prime due puntate.
Wonder
Man è stato precedentemente descritto come
una “satira sui supereroi” e “una lettera
d’amore a Los Angeles e all’industria”.
Wonder Man ha fatto il suo debutto
nei fumetti Marvel Comics nelle pagine di Avengers
#9 nel 1964. Inizialmente un cattivo, fu poi ritrasformato in
un eroe (e in un Vendicatore) negli anni Settanta. Il
Tristo Mietitore è suo fratello e le sue onde cerebrali sono state
utilizzate da Ultron come base per la Visione; in seguito, si è
unito ai Vendicatori della Costa Ovest ed è diventato una star di
Hollywood.
Wonder
Man non ha ancora una data di messa in onda
confermata.
Alan Cumming si è portato a casa l’Emmy come
miglior conduttore di un reality show per “The Traitors” domenica
sera ai Creative Arts Emmy. Ma nel backstage, a Cumming, che
riprenderà il ruolo di Nightcrawler da
X2 in Avengers: Doomsday, è stato
chiesto come si stesse preparando a interpretare di nuovo il
personaggio. L’attore ha confermato di aver già terminato le
riprese: “Beh, l’ho già fatto. L’ho finito“.
L’attore ha continuato dicendo:
“Ho fatto un sacco di stunt e mi sono allenato molto. È stato
fantastico”. Ha scherzato: “Gli stuntman non riuscivano a
credere che potessi alzarmi, figuriamoci saltare in giro e fare
questa boxe e questo allenamento”.
Alan Cumming ha ammesso di essersi dimenticato
di rivedere il primo film prima di riprendere il personaggio. Ma si
è rivelato vantaggioso per l’attore e per il suo processo creativo.
“Penso che sia stato questo a rendermi davvero utile, perché è
un film molto intenso e pieno di cose diverse.”
Wake Up Dead Man – Knives Out ha debuttato su
Rotten Tomatoes con un punteggio impeccabile. Il film, scritto e
diretto da Rian Johnson, è il terzo capitolo della
serie gialla iniziata con il successo del 2019 Knives Out. L’uscita nelle sale è prevista per
il 26 novembre, mentre su Netflix sarà disponibile dal 12 dicembre.
Grazie alle prime recensioni uscite
dopo la prima mondiale del film al Toronto International Film
Festival, il film ha ottenuto un punteggio ufficiale sul
Tomatometer di Rotten Tomatoes. Anche se il punteggio potrebbe variare
con l’aggiunta di ulteriori recensioni, al momento della stesura di
questo articolo, 10 critici hanno espresso il loro parere,
assegnando a Wake Up Dead Man un punteggio perfetto del
100%.
Sebbene le recensioni siano tutte
positive finora, i punteggi individuali dei critici variano. Mentre
alcuni danno al film punteggi quasi perfetti come 3,5 su 4 e 4 su
5, altre recensioni sono più contrastanti, assegnandogli punteggi
come 6 su 10. Tuttavia, tutti sembrano concordare sul fatto che
sia il mistero più intricato e stratificato della
serie.
Cosa significa questo per
Wake Up Dead Man – Knives Out
Al momento della stesura di questo
articolo, Knives Out 3 ha il miglior punteggio su Rotten
Tomatoes della serie. Tuttavia, se si spera che rimanga così,
la maggior parte delle prossime recensioni che verranno aggiunte
intorno alla data della sua uscita nelle sale e alla successiva
distribuzione su Netflix dovranno essere altrettanto positive.
Questo perché entrambi i precedenti
capitoli hanno ottenuto punteggi incredibilmente solidi, Certified
Fresh, con punteggi del pubblico altrettanto entusiastici, Verified
Hot, sul Popcornmeter. Knives Out del 2019 ha un
punteggio quasi perfetto del 97% sul Tomatometer e del 92% sul
Popcornmeter, mentre il suo sequel del 2022, Glass
Onion, ha un punteggio del 91% sul Tomatometer e del 92% sul
Popcornmeter.
Il ritorno di Chris Evans nei panni di Steve Rogers/Capitan
America in Avengers:
Doomsday potrebbe essere uno dei segreti peggio
custoditi del film. Le fonti hanno riferito che tornerà nei panni
del Vendicatore a stelle e strisce, e vari scooper e foto dal set
che danno ulteriore peso a queste affermazioni.
Ora, Evans è stato avvistato al
Toronto International Film Festival con un fisico muscoloso
e in perfetta forma da “Capitan America”. I fan hanno
persino condiviso alcune foto che confrontano il suo fisico con
quello di inizio anno, e la differenza è evidente.
Evans ha avuto fortune alterne da
Avengers: Endgame del 2019;
Cena con delitto gli ha fatto ricevere recensioni
entusiastiche, ma Lightyear,
Ghosted e Red One hanno ricevuto
recensioni molto più tiepide rispetto al suo lavoro nel MCU. Material Love
e Sacrifice sembrano più un ritorno alla
normalità, ma un ruolo da protagonista in Avengers: Doomsday potrebbe fare
la differenza per Evans in termini di credenziali da
blockbuster.
È stato ampiamente riportato che il
Dottor Destino si metterà in testa di distruggere Steve Rogers per
il suo ruolo nella creazione delle Incursioni che hanno condannato
il Multiverso.
Sembra che l’eroe, tornando
indietro nel tempo per ottenere il suo lieto fine con Peggy Carter,
abbia causato danni irreparabili alla realtà che Victor ora sta
cercando di riparare. Non sappiamo ancora come questo si colleghi a
ciò che abbiamo visto in Loki, o cosa significhi per Kang il
Conquistatore e la Guerra Multiversale di cui le sue Varianti
avevano messo in guardia il Dio dell’Inganno e Ant-Man.
Perché la TVA non è intervenuta per
porre rimedio ai danni causati da Cap? Perché le sue azioni
avrebbero dovuto influenzare negativamente il Multiverso di cui
Loki ora si trova al centro? Queste sono solo alcune delle domande
che ci poniamo in vista di Avengers: Doomsday.
“Parlo sempre con [Robert Downey Jr. e i Russo]”, ha
detto Evans all’inizio di quest’anno. “È dove si trova Pedro
[Pascal] in questo momento. Voglio dire, è triste essere via. È
triste non essere di nuovo con la band, ma sono sicuro che stanno
facendo qualcosa di incredibile, e sono sicuro che sarà molto più
difficile quando uscirà e ti sentirai come se non fossi stato
invitato alla festa.”
Il primo film Netflix di Cillian Murphy,Steve,
ha debuttato con un ottimo punteggio su Rotten Tomatoes dopo la sua
anteprima mondiale al Toronto International Film Festival. L’attore
è apparso recentemente nel ruolo principale in Small Things Like
These. Con un punteggio RT del 94%, il film è tra i suoi
progetti più apprezzati, insieme a Kensuke’s Kingdom (97%),
The Dark Knight (94%) e Oppenheimer (93%).
Tuttavia, il punteggio di Rotten
Tomatoes da solo non determina il successo di un film. Alcuni dei
migliori film della star di Peaky
Blinders non sono i suoi progetti più apprezzati. Inception ha ricevuto un punteggio RT dell’87% e Red
Eye ha un tasso di approvazione della critica dell’80%.
Il primo film Netflix di
Cillian Murphy, Steve, debutta con un solido punteggio su Rotten
Tomatoes
Con Cillian nel ruolo di preside di
un riformatorio, il cast di Steve comprende anche Little
Simz, Tracey Ullman, Jay Lycurgo, Emily Watson e molti altri. Il
film segue il personaggio principale interpretato da Cillian mentre
lotta con il proprio benessere mentale mentre gestisce una scuola
piena di ragazzi con problemi sociali e comportamentali.
Il film uscirà prima nelle sale il
19 settembre, prima di arrivare sulla piattaforma di streaming
Netflix il 3 ottobre.
Dopo la prima mondiale,
Steve ha ottenuto un tasso di approvazione della critica
del 75% su Rotten Tomatoes. Generato da 16 recensioni, il film
ha raccolto elogi da Variety, Guardian, The
Independent, ScreenRant e simili, con la maggioranza che
ha trovato il film di Tim Mielants commovente e le interpretazioni
del cast memorabili. D’altra parte, alcuni hanno criticato la sua
tendenza al melodramma e la debole caratterizzazione dei
personaggi.
Svelato oggi il trailer ufficiale di
I Love Lucca Comics & Games, un
film che, attraverso le storie, la vita e le passioni di chi anima
il festival, racconta la manifestazione che ha rivoluzionato il
modo di fare cultura e celebra l’ascesa della pop culture in tutto
il mondo. L’attesissimo evento cinematografico arriverà in
oltre 300 cinema in tutta Italia il 10, 11 e 12 novembre 2025,
distribuito da I Wonder Pictures in collaborazione con Unipol
Biografilm Collection.
Prodotto da All At
Once, partner produttivo di I Wonder
Pictures, in collaborazione con Lucca
Crea, la società organizzatrice del Festival, I
Love Lucca Comics & Games è il primo film che esplora
la manifestazione per restituire, grazie alla forza del racconto
cinematografico, l’immagine prismatica di una realtà unica nel
panorama italiano e internazionale. Al centro non c’è solo il
festival, l’evento in sé, ma le persone che lo vivono, lo
alimentano e lo rendono possibile, le loro vite, le loro storie.
Sono infatti proprio loro – i partecipanti, i VisitAutori
– i protagonisti del film, testimoni e ambassador di un movimento
che gentilmente e silenziosamente ne sta cambiando i modelli
culturali.
Un racconto dall’interno
dell’universo di Lucca Comics & Games – il più
grande festival dedicato alle nuove forme di storytelling
attraverso media diversi – che ogni anno trasforma la città
medievale toscana in un palcoscenico internazionale dove trovano
spazio i valori simbolo della manifestazione: community, inclusion,
discovery, respect e gratitude.
Il film nasce da un’idea di
Andrea Romeo (produttore e direttore editoriale di
I Wonder Pictures e All At Once) e Manlio Castagna
(scrittore, regista e critico cinematografico), che firma anche la
regia e la sceneggiatura con la collaborazione di Giulia Giapponesi
e Alessandro Diele e la supervisione editoriale di Anita Rivaroli.
Una storia che intreccia le vite di chi per tutto l’anno attende di
ritrovarsi tra vecchie e nuove conoscenze, entrando nel vivo della
manifestazione.
Il brano “Lucca Around” che
accompagna i titoli di coda del film è scritto da Frankie hi-nrg mc
ed eccezionalmente interpretato da Lillo Petrolo.
«Lucca Comics & Games è molto
più di un festival: è un organismo vivente, un ecosistema culturale
in continua evoluzione. Con questo film abbiamo voluto restituire
tutta la forza emotiva e narrativa che da sempre attraversa le sue
strade, le sue persone, le sue storie. I LOVE LUCCA COMICS & GAMES
nasce da un’urgenza: quella di raccontare, finalmente anche sul
grande schermo, il cuore pulsante di una comunità che da quasi
sessant’anni ridefinisce cosa significhi fare cultura popolare in
Italia e nel mondo. Volevamo un’opera che parlasse agli
appassionati, ma anche a chi ancora non conosce questo universo: un
viaggio epico e intimo al tempo stesso, che parte da Lucca e arriva
ovunque. Vederlo ora prendere forma nel trailer è come assistere
all’alba di un sogno condiviso. E il cinema è il luogo perfetto per
viverlo insieme». — Andrea Romeo, Produttore e
direttore editoriale di I Wonder Pictures e All At Once
«Per noi è un’emozione
travolgente essere raccontati in un’opera filmica che pone al
centro i nostri partecipanti, i quali, invitati all’azione,
costruiscono il senso della nostra manifestazione. È un momento
storico senza precedenti, proprio alla soglia del sessantesimo
compleanno, e restituisce il senso di un incredibile viaggio
cominciato nel 1966 da Rinaldo Traini e poi elevato da Renato
Genovese dal 1993. Attendiamo quindi con trepidazione il prossimo
abbraccio collettivo del 29 ottobre, con l’inizio della
manifestazione: un abbraccio che quest’anno si prolungherà fino
alle proiezioni nelle sale cinematografiche». —
Emanuele Vietina, Direttore Lucca Comics &
Games
La trama ufficiale di I
Love Lucca Comics & Games
Con più di 300mila visitatori ogni
anno, oltre 900 ospiti e 600 espositori, Lucca Comics & Games è tra
le manifestazioni dedicate alla cultura pop più grandi del mondo.
Ma è anche molto di più: un’esperienza trasformativa, un punto di
incontro capace di portare migliaia di persone a vivere
un’esplosione di gioia e creatività. Un luogo che genera felicità.
Attraverso le voci di autori, editori e ospiti prestigiosi (tra cui
il regista Gabriele Mainetti, gli scrittori di best-seller R.L.
Stine e Licia Troisi, il rapper Frankie hi-nrg mc, i fumettisti
Pera Toons, Sio, Fumettibrutti, Yoshitaka Amano, Roberto
Recchioni…) e l’incontro con alcuni dei visitatori che ogni anno
vivono Lucca come una seconda casa, il regista e scrittore Manlio
Castagna mostra la community, i valori e l’esperienza di questo
evento unico nel suo genere. Ogni storia, personale e intima,
diventa tassello di un viaggio universale, la linea di un arabesco
che descrive un mondo di passione, accoglienza e gentilezza, una
comunità unita dalle stesse passioni e dalla voglia di stare
insieme.
Il prossimo spin-off di The Rookie ottiene un importante
aggiornamento sulle riprese. Una nuova versione di
The
Rookie è attualmente in fase di sviluppo da parte
di ABC, 20th Television e Lionsgate Television. Dopo la
cancellazione di The Rookie: Feds, il progetto sarebbe il
prossimo spin-off della popolare serie poliziesca. Attualmente è
intitolato The Rookie North, con il creatore del franchise
Alexi Hawley che sta scrivendo la sceneggiatura del pilot.
The Rookie North non è
ancora stato acquistato. Dopo che il pilot sarà stato girato e
montato, verrà mostrato alla ABC. La rete deciderà quindi se
portare avanti la serie o rinunciarvi. Ma in alcuni nuovi commenti,
il creatore del franchise ha offerto alcune anticipazioni sui piani
di ripresa.
In un’intervista a Deadline
durante l’evento End of Summer Soirée della ABC, Hawley ha rivelato
che The Rookie North sta cercando di dare il via ai lavori e
punterà a girare l’episodio pilota in primavera o alla fine
dell’inverno:
“Penso che gireremo il pilot in
primavera o alla fine dell’inverno, quindi ci stiamo preparando per
quello. “
Cosa significa questo per
The Rookie North
Ci sono state diverse notizie
sull’ambientazione di The Rookie North, mentre si prepara per le
riprese. Sarà ambientato nello Stato di Washington e potrebbe
seguire le vicende di un protagonista che entra a far parte delle
forze di polizia in età avanzata. I primi dettagli suggerivano che
il personaggio principale sarebbe stato un ambizioso di nome Alex.
Tuttavia, dopo alcune battute d’arresto nel casting, non è chiaro
se sarà ancora così.
Il progetto, ideato da Hawley, che
è produttore esecutivo insieme a
Nathan Fillion, Bill Norcross e Michelle Champman di
The Rookie, aveva contattato un noto attore televisivo per The
Rookie North, ma i piani non sono andati in porto. Allo stato
attuale, il processo di casting sta procedendo più lentamente in
attesa che si liberino altri attori.
Sebbene la data esatta di uscita
non sia stata confermata,
The Rookie – stagione 8 è in fase avanzata di riprese e
debutterà nel 2026. Dopo 126 episodi fino ad oggi, la serie
poliziesca è uno dei drammi più visti in streaming. Ciò dimostra
quanto il cast di personaggi di The Rookie sia affiatato,
sottolineando l’importanza di scegliere il cast giusto.
The
Conjuring – Il Rito Finale è un’interpretazione molto
più cinematografica della
vera storia della famiglia Smurl perseguitata dai fantasmi, ma
ci sono una serie di dettagli chiave che il film omette. Ciascuno
dei film della serie Conjuring racconta una diversa indagine
paranormale realmente avvenuta tratta dai casi dei Warren, con la
storia della famiglia Smurl che si colloca verso la fine della loro
carriera di investigatori.
Sebbene solo alcune delle indagini
dei Warren abbiano portato a una presunta conferma di attività
paranormali legittime, la storia della famiglia Smurl è tra queste.
The Conjuring – Il Rito Finale si prende molte
libertà con i rapporti dei Warren e degli Smurl, in particolare
introducendo un nuovo demone che invade la casa attraverso uno
specchio maledetto.
Per quanto il film abbellisca ed
elabori la storia, ci sono una serie di dettagli chiave della vera
storia di fantasmi che non include. In ogni
film della serie Conjuring, vengono prese libertà
creative per accelerare la linea temporale, aumentare il terrore o
esagerare il coinvolgimento dei Warren. Questo è certamente il caso
di The Conjuring – Il Rito Finale, che punta a
un’esperienza cinematografica più intensa piuttosto che
all’accuratezza.
Gli Smurl hanno affrontato
attività paranormali per anni prima di chiamare i Warren
In The Conjuring – Il Rito
Finale, non viene fornita una cronologia specifica tra il
primo evento paranormale e il coinvolgimento dei Warren, ma è
chiaro che si tratta di pochi mesi. Nessuno dei figli degli Smurl
cresce, ed è fortemente implicito che la maggior parte dei fenomeni
paranormali si verifichi nello stesso periodo del fidanzamento di
Judy, poiché la ricomparsa dello specchio maledetto scatena le sue
visioni sempre più intense.
In realtà, la famiglia Smurl si
trasferì nella sua casa di West Pittston nel 1973 e subì
fenomeni paranormali già nel 1974. I Warren finirono per
visitare la casa degli Smurl per indagare solo nel 1986. Il film
descrive gli Smurl che vivono una serie di momenti sempre più
brutali e terrificanti in un breve lasso di tempo, mentre in realtà
si trattò di una serie di eventi minori per la maggior parte del
tempo.
The Conjuring – Il Rito
Finale modifica anche in modo significativo le circostanze
del coinvolgimento dei Warren con gli Smurl. Nel film, sembrano
essersi “ritirati” dalle indagini a causa delle condizioni
cardiache di Ed, e il loro amico e alleato padre Gordon, che entrò
lui stesso nella casa degli Smurl, li esortò ad aiutare la
famiglia.
Erano ancora riluttanti all’idea,
finché la loro figlia Judy non si recò lei stessa a casa degli
Smurl. Una volta raggiunta, si resero conto della gravità
dell’infestazione e, nel tentativo di proteggere la famiglia e la
loro figlia, accettarono di aiutare in ogni modo possibile.
In realtà, la famiglia Smurl
contattò direttamente i Warren per chiedere loro di indagare,
poiché a quel punto i Warren erano ben noti grazie alla loro storia
di indagini di alto profilo. Secondo la New England Society
for Psychic Research, l’organizzazione dei Warren, fu proprio
entrando nella casa che Lorraine Warren riuscì a concludere che la
casa aveva a che fare con quattro entità diverse.
Gli incontri di Jack e Janet
Smurl sarebbero stati molto più intensi
The Conjuring – Il Rito
Finale descrive molti incontri terrificanti tra la
famiglia Smurl e le entità che affliggono la loro casa. Tuttavia,
omette o almeno altera pesantemente le esperienze di Jack e Janet
Smurl in particolare.
Entrambi i genitori Smurl hanno
riferito di essere stati aggrediti sessualmente in qualche momento
dalle entità, con Janet che afferma di essere stata molestata
nel sonno da una di esse. Jack, d’altra parte, sostiene di essere
stato violentato da quella che Lorraine Warren interpreterebbe come
una succube, un’entità demoniaca che seduce gli uomini.
Nel film, l’esperienza di Jack è
vagamente tradotta in una forma di paralisi e levitazione, con
qualsiasi violenza sessuale che avviene fuori dallo schermo (il
film si concentra sulle emozioni e sul dolore sul suo volto per la
scena). Janet Smurl sarebbe stata anche sollevata e lanciata
attraverso una stanza in un momento durante l’infestazione,
cosa che non è direttamente rappresentata nel film.
I Warren non fecero nulla per
porre fine all’attività paranormale
Forse l’elemento più importante del
mondo reale che The Conjuring – Il Rito
Finaleomette è il fatto che non furono i
Warren a liberare la casa dai pericolosi spettri. I Warren
furono effettivamente chiamati a indagare e, secondo quanto
riferito, vissero e documentarono una serie di incontri
paranormali. In seguito collaborarono con Jack e Janet Smurl alla
stesura di un libro che descriveva le loro esperienze
collettive.
Secondo quanto riferito, la
famiglia Smurl ha tentato tre esorcismi nella proprietà,
nessuno dei quali ha avuto alcun effetto sui fenomeni paranormali.
Tuttavia, c’è stato un dibattito sull’accuratezza di questa
informazione, poiché la Chiesa cattolica non avrebbe mai sancito
formalmente alcun esorcismo.
Alla fine, fu un prete locale, il reverendo Joseph Adonizio, a
riuscire a scacciare le entità che tormentavano la famiglia Smurl
nel 1986. Invece di un esorcismo completo, Adonizio riuscì a
sottomettere le entità malvagie attraverso il potere della
“preghiera intensa” e poco altro.
La famiglia Smurl continuò a subire
piccoli fenomeni anche dopo che Adonizio pose fine alle
apparizioni, tra cui misteriosi colpi e ombre disincarnate che si
muovevano per la casa. The Conjuring – Il Rito
Finaleesagera ovviamente il coinvolgimento dei
Warren per includere la narrazione sulla loro figlia e il demone
dello specchio, il che ha certamente senso dato che si tratta del
presunto ultimo film della serie.
Il film di Michael Chaves che
conclude la serie, The
Conjuring – Il Rito Finale, drammatizza uno degli
ultimi casi di Ed e Lorraine Warren e, sebbene si discosti dalla
storia vera in molti punti, la vera storia di fantasmi è da
brividi. Il quarto film della
serie The Conjuring (e il nono nell’universo espanso di
Conjuring), che ha battuto tutti i record al botteghino,
vede ancora una volta
Patrick Wilson e
Vera Farmiga nei panni di Ed e Lorraine Warren, i veri
investigatori del paranormale.
Ciascuno dei quattro film di
Conjuring ha descritto un caso reale di infestazione o
possessione demoniaca che i Warren hanno indagato nel corso della
loro carriera. Sebbene esistano documenti che attestano ciascuno di
questi casi, molti dei dettagli sono difficili da provare, ed è qui
che i film spesso esagerano o abbelliscono il potere dei rispettivi
spettri, rendendo l’esperienza teatrale più intensa.
The Conjuring – Il Rito
Finale è stato pubblicizzato come il caso che ha portato i
Warren a smettere definitivamente di indagare sui casi paranormali
e, sebbene sia avvenuto alla fine della loro carriera, l’impatto
diretto che ha avuto sulla loro famiglia è stato meno significativo
di quanto descritto nel film. Tuttavia, la vera storia dietro la
stregoneria della famiglia Smurl che ha ispirato il film è di per
sé piuttosto inquietante.
The Conjuring – Il Rito
Finale descrive la vera stregoneria della famiglia
Smurl
La famiglia Smurl raffigurata in
The Conjuring – Il Rito Finale era una famiglia reale
che si trasferì in una casa a West Pittston, in Pennsylvania, nel
1973. Anche se la cronologia e l’ordine degli eventi sono stati
notevolmente accelerati per esigenze cinematografiche, i primi
disturbi minori furono segnalati già nel 1974, molto prima che i
Warren fossero chiamati a indagare nel 1986.
Una distinzione importante da
notare è che non vi è stata alcuna segnalazione di uno specchio
come catalizzatore degli inquietanti eventi, come invece avviene
nel film. Questo è stato aggiunto per esigenze cinematografiche, al
fine di creare un legame preesistente tra Judy e Lorraine Warren
che in realtà non esisteva nella vita reale.
Tuttavia, il film riporta
correttamente molti dei dettagli più importanti, o almeno corretti
secondo la descrizione degli Smurl e dei Warren. Secondo quanto
riferito, erano quattro le entità che tormentavano gli Smurl, tra
cui una donna giovane, una donna anziana, un uomo morto nella casa
e un’entità non umana.
Il film potrebbe aver abbellito un
po’ le descrizioni, tra cui l’ascia brandita dall’uomo, il suo
volto orribile e il sorriso grottescamente ampio dell’anziana
donna. Tuttavia, gli elementi effettivamente inquietanti erano
coerenti. Gli Smurl hanno sperimentato odori terribili, pareti che
si macchiavano inspiegabilmente, masse nere che si muovevano nella
casa e voci disincarnate che si imitavano a vicenda.
Con il passare del tempo, gli
episodi sono diventati più intensi e violenti. Secondo quanto
riferito, la lampada caduta dal soffitto che ha ferito una delle
figlie degli Smurl è realmente accaduta, così come il cane di
famiglia che è stato scaraventato contro il muro. Sia Jack che
Janet Smurl hanno descritto episodi di violenza sessuale da parte
delle entità, e Janet sostiene di essere stata sollevata da terra e
poi scaraventata attraverso una stanza.
Come i Warren sono stati
coinvolti nella storia della famiglia Smurl
Secondo la New England Society
for Psychic Research dei Warren, ora gestita dalla figlia Judy
e dal marito Tony (entrambi protagonisti del film), furono gli
Smurl a contattare i Warren per chiedere aiuto. In precedenza, il
loro caso aveva ricevuto l’attenzione dei media nazionali, come
mostrato in The Conjuring – Il Rito Finale, ma
secondo quanto riferito furono gli Smurl a contattarli
direttamente.
L’indagine iniziale di Lorraine
Warren ha fornito informazioni sulla natura delle entità che
infestavano la casa, compresa l’idea che i tre spiriti umani
fossero utilizzati dal demone per tormentare gli Smurl. Mentre
Lorraine era il membro più sensibile dal punto di vista psichico
della coppia, Ed Warren riferì di aver avvertito un forte calo di
temperatura entrando nella casa e di aver visto immediatamente una
massa nera.
Come tutti i film della serie
The Conjuring – Il Rito Finale dipinge i Warren come i
principali combattenti contro le forze dell’oscurità che affliggono
la famiglia Smurl, soprattutto dopo che l’entità avrebbe causato la
morte del loro amico e alleato padre Gordon. In realtà, i Warren
non hanno avuto praticamente nulla a che fare con la rimozione
definitiva delle entità demoniache dalla casa degli Smurl. Secondo
quanto riferito, nella casa sono stati eseguiti in totale tre
esorcismi, compreso uno da parte di un prete raccomandato dai
Warren, ma nessuno di essi si è rivelato efficace.
Alla fine, un prete locale, il reverendo Joseph Adonizio,
liberò la casa dalle potenti entità usando solo il potere della
preghiera intensa. La Chiesa cattolica non sostiene di aver
autorizzato alcun esorcismo, probabilmente a causa dell’estremo
scetticismo che circondava il caso.
Gli Smurl lasciarono la casa nel
1987, continuando a segnalare piccoli disturbi come rumori di colpi
sulle pareti e ombre inspiegabili. La casa alla fine fu venduta, ma
il nuovo inquilino non segnalò mai alcuna esperienza
paranormale.
Il racconto della famiglia Smurl è
stato raccolto in un libro, The Haunted: One Family’s
Nightmare. Il libro contiene resoconti reali di Ed e Lorraine
Warren insieme a Jack e Janet Smurl, e molte delle storie riportate
hanno costituito la base per la trama di The Conjuring: Last
Rites, anche se in realtà non si tratta di un adattamento del
libro.
La principale differenza rispetto
alla realtà in The Conjuring – Il Rito
Finaleè il livello di coinvolgimento dei Warren,
in particolare per quanto riguarda la loro figlia Judy e il legame
preesistente tramite lo specchio antico. Tuttavia, molti degli
elementi più terrificanti del film sono fedeli ai racconti delle
persone che hanno vissuto l’infestazione, compresi gli stessi
Warren.
La seconda stagione di Landman
ha ricevuto un aggiornamento entusiasmante dopo l’annuncio
della data di uscita. La serie crime drama di grande successo
di Taylor Sheridan, trasmessa da Paramount+, ha registrato una prima stagione da
record, con il pubblico che ha seguito con grande interesse le
vicende del protagonista Tommy Norris, interpretato da
Billy Bob Thornton, mentre
lottava per il controllo dei giacimenti petroliferi del Texas e
cercava di evitare i coinvolgimenti con i cartelli.
Landman – stagione 2 vede Thornton riprendere il
suo ruolo, insieme ad altri membri del cast che tornano, tra cui
Ali Larter, Demi
Moore e Michelle Randolph. Con la data di uscita del 16
novembre per Landman stagione 2 recentemente confermata, la
serie ha appena ricevuto un entusiasmante aggiornamento da una
nuova aggiunta al cast della stagione 2.
Durante l’intervista
di ScreenRant sul tappeto rosso del TIFF per
Sacrifice, l’attrice ha dato un entusiasmante aggiornamento
sulla seconda stagione di Landman. Silverman ha rivelato che
le riprese sono terminate poche settimane fa, prima di aggiungere
che il personaggio di Moore, Cami, avrà un ruolo più importante in
questa stagione. Ecco i commenti di Silverman:
Abbiamo
finito! Abbiamo finito le riprese qualche settimana fa, quindi ora
sono qui a Toronto per girare una nuova serie chiamata Vladimir per
Netflix. Mi sto dedicando a questo e sta essendo
un’estate fantastica. È stata un’esperienza meravigliosa.
Billy Bob [Thornton] è una persona incredibilmente accogliente,
calorosa e premurosa. È un attore straordinario, e anche Demi
[Moore] è un’attrice incredibile. In questa stagione lei è davvero
al centro dell’attenzione. La maggior parte delle mie scene sono
con Michelle Randolph e Ali Larter, entrambe geniali. Mi trovo a
recitare con entrambe, ed è davvero divertente.
Cosa significa questo per la
seconda stagione di Landman
Il fatto che Silverman abbia
rivelato che le riprese della serie di successo sono già terminate
suggerisce che tutto è andato liscio con la produzione e che la
stagione dovrebbe essere sulla buona strada per essere rilasciata
nella data prevista. Inoltre, i commenti di Silverman sul
personaggio di Moore sono certamente in linea con il trailer della
seconda stagione di Landman, che mostra l’ascesa spietata di
Cami.
Il finale della prima stagione di Landman ha risolto
molti intrecci della trama, ma ha lasciato ancora molto su cui
riflettere agli spettatori, il che significa che ci sono diversi
punti salienti della trama che la seconda stagione dovrebbe
affrontare. L’ascesa al potere di Cami sarà fondamentale, ma c’è
anche la crescente influenza del cartello che rappresenta una
minaccia per Tommy e il continuo interesse di Galino per
l’industria petrolifera.
Uno dei team principali presenti nel
ricco cast di Avengers: Doomsday è proprio
quello dei Thunderbolts* (anche noti come New
Avengers), che ha trasformato antieroi meno conosciuti nella nuova
generazione degli eroi più potenti della Terra. Uno dei tanti eroi
principali di questo gruppo è il Red Guardian di David Harbour, che attualmente si trova nel
quartier generale dei New Avengers. Ora, proprio Harbour, ha
spiegato perché quello in arrivo sarà un film rivoluzionario.
Parlando con Joe Decklemeier di ScreenRant al
Rose City Comic Con, l’attore ha elogiato la regia di
Joe e Anthony Russo e i diversi
livelli di dramma e commedia presenti in Avengers:
Doomsday. “All’inizio non ero nemmeno convinto, ma
questo film sarà davvero bello. Hanno un tocco speciale. Non lo
capisco nemmeno bene, ma loro [i Russo] sanno proprio come fare
queste cose. E penso che, come dimostrato in Civil War e in
Infinity War, ci sia qualcosa di speciale nel modo in cui
inseriscono la commedia, il dramma, le sorprese, la grandiosità,
l’epicità e tutto il resto. È incredibile”.
L’attore ha poi aggiunto: “Devo
dire che non sono mai stato su un set come questo in vita mia. Non
ho mai visto niente di simile. Hai visto quelle sedie. È come se
ognuno di quei ragazzi e ragazze avesse una roulotte. È pazzesco
guardarsi intorno nella stanza e pensare: “Oh mio Dio, sono nel
film. C’è quel tizio che fa quel discorso”. È semplicemente
enorme”. Avengers: Doomsday, d’altronde, ha
una portata senza precedenti. Con almeno ventisette personaggi
principali e secondari, un nuovo cattivo e una posta in gioco
multiversale, deve bilanciare decine di archi narrativi con le
aspettative enormi dei fan.
Il semplice coordinamento tra
sceneggiatori, registi e attori rende Avengers:
Doomsday una sfida unica per la Marvel. Ogni crossover dell’MCU ha
alzato l’asticella oltre ogni immaginazione e questo deve
affrontare la sfida più ardua mai vista. Nel 2012, The
Avengers ha realizzato una formazione da sogno che nemmeno i
fan più accaniti si aspettavano di vedere sul grande schermo. Solo
sette anni dopo, Avengers: Endgame è diventato uno dei più
grandi eventi cinematografici. Sette anni dopo Endgame, la
trama e il cast di Avengers: Doomsday devono
alzare ulteriormente l’asticella.
Il popolare spin-off
The Walking Dead: Daryl Dixon, ha cambiato location
per la sua
terza stagione, e il produttore senior di The Walking
Dead Greg Nicotero ha spiegato il perché. Alla fine della
seconda stagione di Daryl Dixon, il personaggio principale,
insieme a Carol, abbandona la Francia e decide di trasferirsi a
Londra.
Daryl Dixon è il quinto
spin-off di The Walking Dead. La terza stagione della serie
debutterà il 7 settembre 2025 su AMC e sarà disponibile anche in
streaming su AMC+. Daryl Dixon vede Norman Reedus nel ruolo del
protagonista, affiancato da Melissa McBride, che
faceva parte del cast principale di The Walking
Dead.
Nella terza stagione dello spin-off
di The Walking Dead, Daryl e Carol finiscono a Londra, ma
l’ambientazione principale della stagione è la Spagna. In
un’intervista con Owen Danoff di ScreenRant, Nicotero ha
rivelato che l’idea per Daryl Dixon è quella di ambientarlo
in un paese diverso ogni stagione. Questo per garantire che la
serie abbia una sua identità. Ecco i commenti di Nicotero:
ScreenRant: “Come mai avete scelto la Spagna?
C’era qualche altro paese in lizza, o avete mai pensato di rimanere
a Londra? Perché anche il primo episodio è davvero accattivante dal
punto di vista visivo”.
Greg Nicotero: “Beh, credo che fosse circa a
metà della prima stagione, quando eravamo in Francia, che è nata
l’idea di rendere Daryl più mobile. Ricordo di aver pensato: ‘Wow,
è un’idea fantastica; ogni stagione [potrebbe] essere ambientata in
un paese diverso e potremmo davvero spargere le nostre ali in tutta
Europa’. Abbiamo trascorso 15 anni della serie ad Alexandria e in
Georgia, e poter vedere come sarebbe stato il reset una volta che
l’apocalisse zombie fosse scoppiata in Francia o in Spagna. Penso
che a un certo punto abbiamo parlato della possibilità di
ambientare un’intera stagione a Londra. So che a un certo punto è
stata presa in considerazione l’Irlanda, e penso che l’idea fosse:
“Beh, lì è davvero verde”, e non volevamo che fosse troppo simile a
The Walking Dead in Georgia, dove il verde era ovunque. Quindi
abbiamo deciso consapevolmente di esplorare luoghi che ritenevamo
avessero molto materiale [e] cultura da sfruttare, e stiamo
parlando di migliaia di anni di cultura, il che era davvero
emozionante per noi”.
Cosa significa questo per
Daryl Dixon
Le prime due stagioni di Daryl
Dixon si sono svolte in Francia. Tuttavia, Nicotero lascia
intendere nella sua intervista che nessuna stagione si svolgerà
nuovamente nella stessa location della precedente. Sembra che la
serie stia diventando una sorta di antologia, ma con solo la
location che cambia invece della trama generale.
Gli attori spagnoli Eduardo
Noriega, Óscar Jaenada, Alexandra Masangkay, Hugo Arbués e Candela
Saitta si sono uniti al cast principale della terza stagione di
Daryl Dixon. Questo fa sperare che la stagione descriverà
accuratamente la cultura spagnola. La stagione potrebbe anche
rivisitare alcuni vecchi punti della trama di Walking Dead.
Nella terza stagione, il pubblico
avrà una visione più chiara e approfondita del mondo
post-apocalittico in cui si svolge Daryl Dixon. Ad esempio, nel
primo episodio, Daryl e Carol fanno una breve sosta in Inghilterra,
come avevano discusso nella seconda stagione, e la trovano
completamente desolata e priva di vita. Man mano che la stagione
prosegue, la devastazione causata dall’epidemia nel mondo sarà
probabilmente esplorata ancora più a fondo.
Romana Maggiora Vergano è una delle voci emergenti
più interessanti del cinema italiano. Nata a Roma nel 1997 e
formata alla prestigiosa Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria
Volonté, ha conquistato il pubblico grazie a ruoli intensi in film
e serie di alto profilo. Dopo il successo di C’è ancora domani, in cui interpretava
Marcella, e la sua intensa prova in Il tempo che ci vuole (per cui ha ottenuto un Nastro
d’argento come migliore attrice protagonista), è oggi nel cast
dell’horror La valle dei sorrisi, presentato a
Venezia 82 e in uscita il 17 settembre. Una carriera in rapida
ascesa, sia sul fronte nazionale che internazionale.
Andiamo ad approfondire le 10 curiosità più interessanti sulla sua
vita e carriera:
1.
Romana Maggiora Vergano: film e serie tv
Romana Maggiora Vergano è una delle giovani attrici italiane più
promettenti. Dopo i primi ruoli in teatro e sul piccolo schermo, si
è fatta notare in diverse serie tv italiane e internazionali, oltre che al
cinema, dove ha lavorato in film drammatici e commedie. Ha
debuttato in televisione in serie come Immaturi – La serie (2018), Don Matteo e Liberi tutti, per poi passare al cinema con
Il campione (2019). È
tornata sul piccolo schermo con Il silenzio dell’acqua e Fedeltà, ampliando la sua esperienza con progetti sempre
più diversi.
Il
successo di pubblico è arrivato nel 2023 con C’è ancora domani di
Paola Cortellesi, dove ha interpretato Marcella, figlia della
protagonista. Nel 2024 ha preso parte a produzioni di respiro
internazionale come Those About to Die di Roland Emmerich e al
film americano Cabrini.
Nello stesso anno ha recitato ne Il tempo che ci vuole, performance che le è valsa un
Nastro d’argento come
miglior attrice protagonista. Nel 2025 è tra le
protagoniste de La valle dei sorrisi di
Paolo Strippoli, presentato Fuori Concorso a Venezia 82,
confermando la sua crescita artistica e il riconoscimento a livello
internazionale.
2.
L’altezza di Romana Maggiora Vergano
Molti fan cercano curiosità legate al suo aspetto fisico, tra cui
l’altezza: Romana
Maggiora Vergano è alta circa 1,68 m, un fisico slanciato che le
permette di affrontare ruoli molto diversi tra loro, dalla commedia
brillante a personaggi più intensi.
3. Romana Maggiora Vergano su Instagram
Romana è molto attiva su Instagram, dove condivide sia scatti dal set e dai
red carpet, sia momenti più spontanei e personali. Il suo profilo
ufficiale (@romanamaggioravergano) è seguito da migliaia di fan,
che apprezzano la sua autenticità e il modo in cui alterna glamour
e vita quotidiana. Instagram è anche lo spazio in cui promuove i
suoi progetti professionali, avvicinandosi a un pubblico giovane e
internazionale.
4. L’agenzia che la rappresenta
Come molte attrici della sua generazione, Romana è seguita da
un’agenzia di
management che cura la sua immagine e la sua carriera. La
collaborazione con Toplay
Agency le ha permesso di costruire un percorso coerente e
ambizioso, garantendole l’accesso a produzioni di livello sempre
più alto, sia in Italia che all’estero.
5. Le origini
Romana Maggiora Vergano è nata a Roma il 27 novembre 1997. I genitori,
entrambi ginecologi, l’hanno cresciuta a Ostia insieme al fratello
gemello. Fin da bambina ha mostrato una forte inclinazione
artistica e una curiosità verso il teatro, che l’ha spinta a
frequentare corsi di recitazione amatoriale già in età scolare. Le
sue origini romane e il contesto culturale della capitale hanno
avuto un ruolo centrale nel suo avvicinamento al mondo del
cinema.
6. Gli studi
Dopo il liceo scientifico, Romana ha intrapreso un percorso di
formazione professionale presso la Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria
Volonté, una delle più prestigiose accademie italiane. Qui
ha avuto modo di perfezionare la sua tecnica, lavorando con
insegnanti e professionisti del settore. Ha inoltre partecipato a
workshop e laboratori internazionali che le hanno permesso di
ampliare la sua visione della recitazione.
Nonostante la sua popolarità crescente, Romana mantiene un profilo
basso sulla sua vita
privata. Riservata e discreta, preferisce non condividere
dettagli intimi sui social, limitandosi a raccontare il suo lavoro
e i suoi progetti. Questa scelta le ha permesso di costruire un
rapporto di fiducia con i fan, basato più sulla sua carriera che
sulla curiosità mediatica.
8. I Riconoscimenti
Il talento di Romana è stato premiato in più occasioni. Per
l’interpretazione di Marcella in C’è ancora domani (2023) ha ottenuto una candidatura ai
David di
Donatello come miglior attrice non protagonista. Nel 2025
ha vinto il Nastro
d’argento come miglior attrice protagonista per la sua
prova in Il tempo che ci
vuole, confermandosi tra i volti più apprezzati del panorama
italiano contemporaneo.
9. Esperienza internazionale
Oltre al cinema italiano, Romana ha cominciato a farsi notare anche
all’estero. Nel 2024 ha partecipato al film americano
Cabrini e alla serie
internazionale Those About to
Die, prodotta da Roland Emmerich. Questi progetti le hanno
dato visibilità anche fuori dall’Italia, aprendo nuove prospettive
di carriera.
10. Il futuro professionale
Il 2025, con la partecipazione a La valle dei sorrisi, rappresenta una tappa importante,
ma Romana Maggiora Vergano ha già altri progetti in cantiere. Il
suo obiettivo dichiarato è quello di continuare a scegliere ruoli
complessi e sfidanti, capaci di metterla alla prova. Con la sua
determinazione e il suo talento, si candida a diventare uno dei
nomi più rilevanti del nuovo cinema italiano ed europeo.
Accanto a Michele Riondino e al giovane
Giulio Feltri, al suo debutto sullo schermo, il
cast include Paolo Pierobon, Romana Maggiora Vergano, Sergio
Romano, Anna Bellato, Sandra Toffolatti e Roberto
Citran.
Già vincitore del Premio
Franco Solinas per il Miglior Soggetto (2019), il film è
sceneggiato da Milo Tissone, Jacopo del Giudice e dallo stesso
Paolo Strippoli. Il Direttore della fotografia è Cristiano Di
Nicola, la scenografia è di Marcello Di Carlo, i costumi sono di
Susanna Mastroianni e il montaggio è a cura di Federico Palmerini.
Musiche originali di Federico Bisozzi e Davide Tomat.
La valle dei sorrisi (la
nostra recensione) è prodotto da Domenico Procacci e Laura
Paolucci per Fandango e da Ines Vasiljevic e di Stefano Sardo per
Nightswim in coproduzione con Spok, in collaborazione con Vision
Distribution, con il contributo del MIC, di Lazio International e
della FVG Film Commission – PromoTurismoFVG. La valle dei sorrisi è
una co-produzione Italia e Slovenia FANDANGO, VISION DISTRIBUTION e
NIGHTSWIM con SPOK in collaborazione con SKY.
La trama de La valle dei
sorrisi
Remis è un paesino
nascosto in una valle isolata tra le montagne. I suoi abitanti sono
tutti insolitamente felici. Sembra la destinazione perfetta per il
nuovo insegnante di educazione fisica, Sergio Rossetti
(Michele Riondino), tormentato da un passato
misterioso. Grazie all’incontro con Michela, la giovane
proprietaria della locanda del paese (Romana Maggiora
Vergano), il professore scopre che dietro questa apparente
serenità, si cela un inquietante rituale: una notte a settimana,
gli abitanti si radunano per abbracciare Matteo Corbin
(Giulio Feltri), un adolescente capace di
assorbire il dolore degli altri. Il tentativo di Sergio di salvare
il giovane risveglierà il lato più oscuro di colui che tutti
chiamano l’angelo di Remis.