Attore di fama mondiale, regista
visionario e figura imprescindibile delle arti marziali, nonché
Cavaliere delle Arti e delle Lettere della Repubblica Francese, da
quasi sessant’anni Jackie
Chan è uno dei volti più riconoscibili del cinema
internazionale, apprezzato in tutto il mondo per i suoi film, che
hanno gettato un ponte tra Oriente e Occidente. Dopo il suo esordio
attoriale da giovanissimo negli anni Sessanta, nel 1978 raggiunge
il grande successo con Il serpente all’ombra
dell’aquila e Drunken Master. Grazie alle
sue audaci prodezze e a un carisma accattivante e spontaneo, nel
decennio successivo l’equilibrio inedito di commedia e kung-fu
proposto da Jackie Chan diventa ben presto, per la Golden Harvest –
la leggendaria casa di produzione di Hong Kong –, il sinonimo
stesso di successo al botteghino.
La carriera di Chan dietro la
macchina da presa, nelle vesti di regista di classici
come Police Story (1985) o Armour of
God (1986), arricchisce ulteriormente la sua immagine di
artista unico ed eccentrico. Negli anni Novanta, Jackie Chan si
afferma come la star di film d’azione più popolare in Asia.
Corteggiato da Hollywood, nel giro di pochi anni la
commedia Rush
Hour (1998) ne consacra lo status di superstar
globale come non era mai accaduto a nessuno prima di allora.
Giona A. Nazzaro, direttore
artistico del Locarno Film Festival: “Regista,
produttore, attore, sceneggiatore, coreografo, cantante, atleta,
stuntman temerario. Jackie Chan è una figura chiave del cinema
asiatico di tutti i tempi, la cui influenza ha rimodellato
l’immaginario contemporaneo riscrivendo le regole del cinema
hollywoodiano. Fin dagli anni della China Drama Academy sotto la
guida del Maestro Yu Jim-Yuen, quando lavorò da giovanissimo come
stuntman nel capolavoro di King Hu A Touch of Zen,
Jackie Chan ha continuamente reinventato il cinema di arti marziali
e non solo. Talento comico purissimo, ha fatto sua la lezione di
Buster Keaton e del cinema delle origini, dando vita a capolavori
che hanno conquistato il pubblico di tutto il mondo. Con una
sensibilità degna del musical classico, ha creato una poetica del
corpo in movimento senza precedenti. Nel cinema esiste un prima e
un dopo Jackie Chan.”
Il Pardo alla Carriera è
presentato da Ascona-Locarno Turismo, il Destination Partner del
Locarno Film Festival che si occupa della promozione e dello
sviluppo turistico del Lago Maggiore e delle bellezze naturali che
circondano Locarno. In passato, il premio è stato attribuito a
Francesco Rosi, Claude Goretta, Bruno Ganz, Claudia Cardinale,
Johnnie To, Harry Belafonte, Peter-Christian Fueter, Sergio
Castellitto, Víctor Erice, Marlen Khutsiev, Bulle Ogier, Mario
Adorf, Jane Birkin, Fredi M. Murer, Dante Spinotti, Costa-Gavras,
Tsai Ming-liang, e, nel 2024, a Shah Rukh Khan. La 78esima
edizione del Locarno Film Festival si svolgerà dal 6 al 16 agosto
2025.
IN COPERTINA: Jackie Chan arriva sul tappeto
rosso per la serata di gala della Jackie Chan Action Movie Week a
Shanghai, Cina. Foto di ChinaImages via Depositphotos.com
Gerri, la nuova serie crime
diretta da Giuseppe Bonito, con Giulio
Beranek e Valentina Romani, andrà in onda da lunedì 5
maggio per quattro prime serate su Rai 1. Prodotta da
Cattleya – parte di ITV Studios – in collaborazione con
Rai Fiction e in collaborazione con il
Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e
Audiovisivo, la serie è stata realizzata con il supporto di
Regione Puglia, Fondazione Apulia Film
Commission e PugliaPromozione, a valore su risorse
del PO FESR Puglia 2014/2020, Asse VI, Azione 6.8, Interventi per
il riposizionamento competitivo delle destinazioni turistiche,
nell’ambito della scheda intervento Promuovere il Cinema 2023.
Tratta dai romanzi di Giorgia
Lepore editi da Edizioni E/O e scritta da Sofia
Assirelli e Donatella Diamanti,
“Gerri” è stata girata interamente in Puglia
nelle città di Bisceglie, Trani, Molfetta, Barletta, Minervino e
Andria, tra marzo e maggio 2023 per un totale di 78 giornate di
lavorazione e il coinvolgimento di 26 professionisti pugliesi. La
serie, inoltre, è stata presentata in anteprima il 27 marzo scorso
al Bif&st nella sezione Eventi
speciali.
“Gerri” è una distribuzione
internazionale Rai Com ed è stata già venduta in
numerosi paesi, tra cui Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada,
Slovacchia, Ungheria, Croazia, Lituania, Bulgaria, Georgia, Spagna
e America Latina.
La trama di Gerri
Il protagonista della storia è
Gregorio Esposito, per tutti Gerri. Trent’anni, occhi profondi e
malinconici, Gerri (Giulio Beranek) ha l’aria di qualcuno
capitato nella storia sbagliata e forse è proprio
così. Ispettore di polizia di origine rom, studia con metodo i
casi su cui indaga, prende appunti complicati per poi lanciarsi in
decisioni avventate a volte risolutive, altre pericolose; è sempre
in bilico, tra presente e passato. Innamorato del genere femminile,
esercita un grande fascino sulle donne ad eccezione della
viceispettrice Lea Coen (Valentina Romani) che sembra invece
essere l’unica a non voler avere nulla a che fare con lui, intuendo
che è un uomo ancora profondamente irrisolto. Infatti, dietro alla
sua corazza di uomo affascinante e risoluto, Gerri nasconde un
animo profondamente inquieto e segnato da un passato misterioso da
scoprire.
Nel cast, al fianco di Giulio
Beranek nel ruolo dell’ispettore Gerri Esposito e
Valentina Romani nel ruolo della viceispettrice Lea
Coen, troviamo Fabrizio Ferracane, Roberta Caronia, Irene
Ferri, Lorenzo Adorni, Lorenzo Aloi, Cristina Pellegrino, Tony
Laudadio, Cristina Cappelli, Carlotta Natoli e Massimo
Wertmüller.
Dopo l’annuncio ufficiale nel corso
della Star
Wars Celebration del Giappone che Hayden
Christensen sarebbe tornato al suo fianco per
Ahsoka – Stagione 2, Rosario Dawson è pronta a indossare di nuovo
il trucco e parrucco della potente jedi, come ha mostrato lei
stessa in una foto che ha pubblicato su Instagram per annunciare
l’inizio della lavorazione del secondo ciclo di episodi della serie
Star Wars.
In occasione della première di
Star
Wars: Skeleton Crew, tenutasi a Disneyland all’inizio del
mese, lo showrunner Dave Filoni aveva condiviso un
aggiornamento entusiasmante sullo stato di avanzamento della
seconda stagione di Ahsoka.
“Sono molto impegnato anche in quella. L’ho scritta, e sono
ancora l’unico sceneggiatore, e quindi mi sto divertendo a farlo,
ma è una sfida, naturalmente, e lavorare su alcuni di questi archi
è stata una sfida e assicurarsi che tutto questo venga fuori in un
modo che penso sia eccitante per i fan”, ha detto.
Sebbene il finale di
Dampyr lasci ampio spazio a un potenziale sequel, il
film Bonelli Entertainment offre una spiegazione soddisfacente per
la sua trama centrale. Dampyr
è ambientato durante la guerra dei Balcani degli anni ’90.
A grandi linee, il film racconta di
un gruppo di soldati che si scontra suo malgrado con dei mostri
misteriosi in un villaggio abbandonato. Credendoli vampiri, il capo
dell’unità, Kurjack, chiede aiuto a un “cacciatore di vampiri”
locale di nome Harlan Draka. Harlan è uno scettico cinico che finge
di dare la caccia ai vampiri per poter truffare gli ingenui
abitanti del posto, ma Kurjack ha la sensazione che le creature
viste nel villaggio siano minacce soprannaturali molto reali.
I protagonisti vengono poi assediati
dai vampiri e Harlan scopre che la sua identità di cacciatore
di vampiri potrebbe non essere una menzogna, dopotutto. Il
ciarlatano scopre di essere figlio di un potente vampiro, Draka, e
di una umana. Questo lo rende il Dampyr del
titolo, un potente ibrido vampiro/umano destinato a dare la caccia
e uccidere i peggiori vampiri del mondo. Sebbene Harlan trascorra
la sua vita evitando il suo destino, è tormentato da incubi che lo
avvertono che un giorno dovrà farci i conti. Quando i suoi amici
vengono presi in ostaggio dal potente e malvagio vampiro Gorka,
Harlan deve abbandonare il suo cinismo e salvarli.
In che modo Harlan sconfigge Gorka
nel finale di Dampyr
Harlan sconfigge Gorka abbracciando
i suoi poteri di Dampyr
Nel corso di
Dampyr, Harlan ripensa agli incubi che ha
avuto per tutta la vita, incubi in cui gli veniva detto che avrebbe
dovuto compiere una misteriosa “scelta”. Si rifiuta ancora di
credere nei vampiri, ma quando Gorka prende in ostaggio Yuri e
Tesla, ha una visione del padre vampiro che gli dice di scegliere
il suo destino come Dampyr o di morire.
Harlan scopre di essere segretamente
più potente di vampiri come Gorka e di poterli sconfiggere una
volta che avrà smesso di rinnegare la sua discendenza. Invece di
indebolire i suoi poteri, l’umanità rende Harlan più pericoloso.
Harlan abbraccia i suoi poteri di Dampyr e uccide Gorka con
relativa facilità, ma Yuri muore prima che Harlan possa salvare il
suo amico. Questo lutto è fondamentale per la crescita di Harlan,
poiché Yuri è la persona che più di ogni altro rappresenta un
legame importante per lui. Dopo la morte di Yuri, Harlan può dire
addio alla sua normale vita umana e accettare di essere un Dampyr a
tutti gli effetti. Naturalmente, la morte del suo caro amico lo
rende anche furioso, il che significa che Harlan ha ancora più
motivi per uccidere Gorka.
Perché Tesla aiuta Harlan invece di
Gorka
Tesla vuole liberarsi dal controllo
di Gorka
A differenza di molti
vampiri del cinema, che sono spesso più affascinanti che letali,
quelli di Dampyr, ispirati ai fumetti di Boselli e Colombro, sono
mostri implacabili che si nutrono di umani. Pertanto, è una
sorpresa quando la spia vampira di Gorka, Tesla, si rivolta contro
di lui per lavorare con Harlan. Tuttavia, Tesla ce l’ha con Gorka
perché controlla la sua vita e i suoi movimenti, dato che è stato
proprio lui a renderla una vampira e così facendo l’ha assoggettata
alla sua volontà. La vampira deduce correttamente che supportare
segretamente l’attacco di Harlan a Gorka la libererà dalle grinfie
del cattivo. Questo spiega perché si schiera con Kurjack, Yuri e
Harlan.
Cos’è veramente un Dampyr
Un ibrido umano-vampiro
Un
Dampyr è un cacciatore di vampiri dotato di poteri
unici dovuti al fatto di avere una madre umana e un padre vampiro.
Questo viene rivelato all’inizio della storia di
Dampyr, durante una scena che riecheggia il
Macbeth di Shakespeare. Un trio di streghe protegge la madre di
Harlan mentre partorisce dal padre vampiro, Draka, avvertendolo che
non potrà attaccare il figlio neonato finché non sarà abbastanza
grande da fare una scelta importante. Questa scelta si rivela
essere la decisione di Harlan di accettare il suo status di
Dampyr.
Perché Stefan è diventato un
vampiro (ma Kurjak no)
La codardia di Stefan lo ha reso un
vampiro ideale
Come molti altri film
horror militari, la trama di Dampyr include un
personaggio codardo che si rivolta contro i suoi commilitoni prima
di morire. Stefan non crede nei vampiri ed è un pessimo soldato,
arriva persino a uccidere un uomo anziano senza una ragione
plausibile in una scena. Al contrario, il leader della squadra,
Kurjak, impara a credere nei vampiri e li teme, anche quando Harlan
stesso insiste che non esistono. Non sorprende quindi che Kurjak
aiuti Tesla e Harlan a combattere Gorka, mentre Stefan cambia
rapidamente schieramento. Questo spiega anche perché, nonostante i
poteri da vampiro, Stefan sia così debole di volontà e perde la
battaglia contro Tesla.
Perché Draka, il padre di Harlan,
appare nel finale di Dampyr
Draka voleva rintracciare suo
figlio Harlan
Draka è contento di
vedere suo figlio abbracciare i suoi poteri di Dampyr
durante il finale del film. È convinto di poter convincere Harlan a
schierarsi dalla sua parte, anche se Harlan sembra deciso a dare la
caccia a suo padre e a ucciderlo. Questo colpo di scena introduce
il conflitto centrale di un potenziale sequel di
Dampyr, poiché la stretta parentela di Draka con
Harlan rende la coppia perfettamente adatta a uno scontro finale.
Sebbene Gorka sia un cattivo straordinariamente potente, non ha
alcun legame con il passato di Harlan. Al contrario, la connessione
di Draka con il protagonista di Dampyr potrebbe
rendere la storia di Harlan ancora più tragica in un sequel.
La madre di Harlan muore durante il
parto, lasciando Draka unico genitore in vita per Harlan. Detto
questo, la stretta connessione di Draka con Harlan potrebbe anche
portare Draka a trascinare Harlan verso il lato oscuro. Con la
minaccia di un Harlan schierato con il padre e quindi con i
vampiri, ci sono tutti gli elementi per un sequel, e magari per una
trilogia in cui il culmine della storia potrebbe essere, come nella
migliore tradizione, uno scontro decisivo tra padre e figlio, tra
male e bene, tra vampiri e umani.
Mentre The Last of Us – Stagione 2 prosegue,
Ellie (Bella
Ramsey) deve percorrere “Il Sentiero” per la prima
volta in oltre cinque anni senza Joel Miller (Pedro
Pascal).
Nell’episodio di questa settimana, Ellie e Dina
(Isabela Merced) decidono di partire per Seattle
per rintracciare e giustiziare Abby (Kaitlyn
Dever) e tutti i suoi alleati che si troveranno sulla
loro strada, come vendetta per l’omicidio di Joel in “Through
the Valley“, ma sottovalutano enormemente le dimensioni
della forza che le attende. Nell’inquadratura finale, vediamo un
intero esercito di soldati WLF (o “Lupi”) pattugliare le strade
mentre Ellie e Dina si avvicinano alla città a cavallo.
Ora, la HBO ha pubblicato
un’anteprima per l’episodio di domenica prossima, presentando
l’uomo che guida la WLF, Isaac (Jeffrey
Wright), nella loro guerra contro la FEDRA (Federal
Disaster Response Agency) e, più pertinentemente per questa
particolare storia, i fanatici
Seraphites, alias “Scars”.
Il teaser mostra anche molti infetti
e si conclude con Dina che punta una pistola contro Ellie.
Presumiamo che questo sia dovuto al fatto che Dina vede Ellie morsa
e decide di ucciderla prima che si trasformi. L’unico modo in cui
Ellie potrà impedirle di premere il grilletto è dirle la verità
sulla sua immunità. Inoltre, sembra che l’episodio della prossima
settimana includerà un momento preferito dai fan del gioco, quando
Ellie trova una chitarra e suona una versione di “Take on
Me” degli A-ha per Dina.
The Last of Us – Stagione 2
In questo secondo
capitolo della serie, cinque anni dopo gli eventi della prima
stagione Joel (Pedro
Pascal) ed Ellie (Bella Ramsey)
saranno trascinati in un conflitto fra di loro e contro un mondo
persino più pericoloso e imprevedibile di quello che si erano
lasciati alle spalle.
La seconda
stagione, in sette nuovi episodi, vede di nuovo protagonisti Pedro
Pascal e Bella Ramsey nei panni, rispettivamente, di Joel ed Ellie,
insieme a Gabriel Luna che interpreta Tommy e Rutina Wesley nel
ruolo di Maria. Le già annunciate new-entry nel cast sono invece
Kaitlyn Dever che vestirà i panni di Abby, Isabela Merced
nel ruolo di Dina, Young Mazino in quello di Jesse, Ariela Barer
interpreterà Mel, Tati Gabrielle sarà Nora, Spencer Lord vestirà i
panni di Owen, Danny Ramirez sarà Manny e Jeffrey Wright
interpreterà invece Isaac. Catherine O’Hara è guest star della
nuova stagione.
Basata
sull’acclamato franchise videoludico sviluppato da Naughty Dog per
le console PlayStation, “The Last of Us” è scritta e prodotta
esecutivamente da Craig Mazin e Neil Druckmann. La serie è una
co-produzione con Sony Pictures Television ed è prodotta
esecutivamente anche da Carolyn Strauss, Jacqueline Lesko, Cecil
O’Connor, Asad Qizilbash, Carter Swan ed Evan Wells. Società di
produzione: PlayStation Productions, Word Games, Mighty Mint e
Naughty Dog.
The
Witcher4 debutterà su Netflix entro la fine dell’anno, ma senza il Geralt
di Rivia interpretato da Henry Cavill. La star di
L’Uomo d’Acciaio e Justice League ha lasciato la serie
poco dopo la terza stagione, e Liam Hemsworth di
Hunger Games è stato rapidamente annunciato come suo
sostituto.
Hemsworth, noto anche per I
Mercenari 2 e Independence Day:
Rigenerazione, ha solo due stagioni per dimostrare di che
pasta è fatto il personaggio tanto amato dai fan. Sebbene sia
confermato che la serie si concluderà con la quinta stagione,
conquistare i fan non sarà un’impresa facile, visto quanto è amata
l’interpretazione della creazione di Andrzej
Sapkowski da parte di Cavill.
La quarta stagione non ha una data
di uscita confermata oltre il “2025”, ma è stata girata
consecutivamente a quell’ultima serie di episodi. Come riportato
per la prima volta su GameFragger.com, Redanian Intelligence ha
condiviso la migliore immagine finora prodotta di Hemsworth sul set
nei panni di Geralt. È affiancato da diversi personaggi nuovi e
ricorrenti. Tra questi, Joey Batey nei panni di
Jaskier, Meng’er Zhang nei panni di Milva e
Laurence Fishburne nei panni di Emiel Regis. Il
sito offre un’analisi completa di ciò che sta accadendo, insieme a
oltre 50 foto dal set.
Tuttavia, vediamo che Geralt ha una
nuova spada (probabilmente donatagli da Zoltan), e sembra che la
quinta stagione adatterà alcune scene della Torre della Rondine di
Sapkowski, dove Geralt incontra alcuni apicoltori che lo
indirizzano nella giusta direzione, ovvero i druidi.
Cosa c’è da sapere sulla quarta
stagione di The Witcher
L’attore si unisce a Liam Hemsworth,
Anya Chalotra,
Freya Allan, Joey Batey, Sharlto Copley, James Purefoy e Danny
Woodburn in quella che sarà la penultima stagione dello
show (recentemente abbiamo saputo che la serie si concluderà con la
quinta stagione).
Dopo gli scioccanti eventi che hanno
sconvolto il Continente e che hanno chiuso la terza stagione, la
nuova stagione segue Geralt, Yennefer e Ciri che si
trovano a dover attraversare il Continente devastato dalla guerra e
i suoi numerosi demoni, separati l’uno dall’altro. Se riusciranno
ad abbracciare e guidare i gruppi di disadattati in cui si trovano,
avranno la possibilità di sopravvivere al battesimo del fuoco e di
ritrovarsi.
“Come fan del Witcher, sono al
settimo cielo per l’opportunità di interpretare Geralt di
Rivia”, ha dichiarato Hemsworth poco dopo essere stato scelto
come nuovo protagonista dello show. “Henry
Cavill è stato un Geralt incredibile, e sono onorato che mi
passi le redini e mi permetta di imbracciare le lame del Lupo
Bianco per il prossimo capitolo della sua avventura“.
“Henry,
sono un tuo fan da anni e sono stato ispirato da ciò che hai
portato a questo amato personaggio. Avrò anche degli stivali grandi
da riempire, ma sono davvero entusiasta di entrare nel mondo di
The
Witcher“. The Witcher
4 arriverà su Netflix alla fine del
2025.
Dopo aver lavorato
al premiato Conclave, il regista
Edward Berger sembra aver messo a fuoco il suo
potenziale prossimo progetto e sta collaborando con una delle più
grandi star della città: Brad Pitt. Alcune fonti hanno riferito a
Deadline che, a seguito di una situazione di competizione,
A24 si è aggiudicata l’attesissimo pacchetto
The Riders, con il premio Oscar Brad Pitt
come protagonista e Berger alla regia. David
Kajganich adatterà il romanzo di Tim
Winton.
Il romanzo segue Fred Scully (Pitt)
che, dopo aver viaggiato per due anni in Europa, finisce in Irlanda
con la moglie e la figlia. E per un capriccio misterioso della
moglie Jennifer, acquistano una vecchia fattoria all’ombra di un
castello. Mentre Scully trascorre settimane da sola a ristrutturare
la vecchia casa, Jennifer torna in Australia per liquidare i loro
beni. Quando Scully arriva all’aeroporto di Shannon per prendere
Jennifer e la loro figlia di sette anni, Billie, è Billie a
emergere, da sola. Nessun biglietto, nessuna spiegazione, nemmeno
una parola da Jennifer, e lo shock ha lasciato Billie senza parole.
In quell’istante, la vita di Scully va in pezzi.
Ridley Scott e Michael Pruss di
Scott Free produrranno il film insieme a Kajganich e Berger per
nove ore, e Pitt, Jeremy Kleiner e Dede Gardner per Plan B
Entertainment. Scott Free stava sviluppando la sceneggiatura da un
po’ di tempo, dopo che Kajganich le aveva proposto il romanzo del
1994 un decennio fa, e la società di produzione a un certo punto
l’aveva presa in considerazione come potenziale mezzo per la regia.
Recentemente ha catturato l’interesse di Berger, che aveva lavorato
con Scott Free TV a The Terror di AMC, serie creata da Kajganich e
di cui Ridley Scott era produttore esecutivo. La sceneggiatura è
finalmente arrivata a Pitt e, una volta che lui si è impegnato, è
presto diventata uno dei pacchetti più gettonati sul mercato
quest’anno. E, visti il pedigree e il successo di star, A24 si è
dimostrata aggressiva nella sua ricerca, aggiudicandosi infine il
progetto.
La produzione inizierà all’inizio
del 2026 e le riprese si svolgeranno in diverse location in tutta
Europa. A24 finanzierà e gestirà la distribuzione cinematografica
mondiale del film. Brad Pitt dovrebbe poi girare The Continuing Adventures of Cliff Booth per Netflix. Il film, che vede protagonista uno dei
personaggi più iconici di Pitt, è diretto da David
Fincher e scritto da Quentin Tarantino.
Per quanto riguarda Berger, il
regista candidato all’Oscar per Niente di Nuovo sul
Fronte Occidentale aveva diverse opzioni dopo il
successo del suo thriller vaticano
Conclave, anch’esso candidato all’Oscar.
Di recente si è legato al progetto di Evan Gershkovich, arrivato
alla United Artists, ma con Pitt a bordo e la sceneggiatura di The
Riders pronta, questo sarà probabilmente il suo prossimo film.
Il prossimo film di Brad
Pitt è F1, in uscita a giugno e
diretto da Joseph Kosinski. Berger ha in programma il dramma
Netflix The Ballad of a Small Player, in uscita questo autunno.
Colin Farrell sarà il protagonista, e si prevede che il film sarà
un altro candidato a questa stagione dei premi.
Dopo la sua interpretazione da star
nella serie FX Shōgun, Anna Sawai sembra aver trovato il suo grande
seguito. Alcune fonti hanno riferito che la vincitrice di un Emmy
sarà la co-protagonista di How to Rob a
Bank, un film di Amazon MGM Studios diretto da
David Leitch, Imagine Entertainment e 87North
Productions. Anna Sawai si unisce agli attori già
annunciati Nicholas Hoult e Pete
Davidson, e alcune fonti affermano che il film uscirà
nelle sale.
I dettagli della trama sono tenuti
segreti, ma data la comprovata esperienza di Leitch nel creare
grandi emozioni e scene divertenti in film come Bullet
Train, Deadpool 2 e, più recentemente,
The
Fall Guy, ci si aspetta qualcosa di simile.
Anna Sawai ha conquistato la città l’anno
scorso dopo la sua interpretazione vincitrice di un Emmy in
Shōgun, vincendo un Golden Globe come
attrice in una serie televisiva drammatica, un Emmy come attrice
protagonista in una serie drammatica e un SAG Award come attrice
protagonista in una serie drammatica.
Sawai è attualmente impegnata nella
produzione di (Saint) Peter, una dramedy di formazione
prodotta da Peter Farrelly, e ha recentemente
terminato le riprese della seconda stagione di Monarch: Legacy of Monsters su
Apple
TV+. Può essere vista anche nelle stagioni 1 e 2
dell’adattamento di Pachinko per Apple TV+; in
F9 di Justin Lin, il
nono capitolo del franchise The Fast and the Furious della
Universal; nella serie Netflix/BBC Giri/Haji; e
Ninja Assassin di James
McTeigue per la Warner Bros.
La Paramount Pictures continua il
suo solido rapporto con la star di Top Gun: Maverick, Miles Teller, poiché fonti riferiscono a
Deadline che Teller sarà il protagonista del film Winter
Games della Paramount Pictures. La regia è di Paul
Downs Colaizzo. La sceneggiatura è firmata da Pat
Cunnane e Colaizzo.
Il film ruota attorno all’arena dei
Giochi Olimpici Invernali, tra uno sciatore perennemente trascurato
e una leggenda dell’hockey autodistruttiva che si scontrano nei
momenti di maggiore difficoltà. La loro inaspettata connessione
minaccia le possibilità di lei di vincere una medaglia e la
possibilità di lui di tornare in pista, mentre affrontano storie
d’amore e redenzione nel Villaggio Olimpico.
Tim e Trevor White stanno producendo
per conto di Star Thrower insieme a Miles Teller. Il film è in fase di sviluppo.
Il progetto consolida il forte legame dello studio con Teller dopo
il grande successo al botteghino di Top Gun:
Maverick. Teller sarà anche protagonista di un remake di
Ufficiale e gentiluomo.
Questo segna una reunion tra Teller
e il co-sceneggiatore Cunnane, così come con il team di produzione
composto da Tim e Trevor White di Star Thrower, che avevano
recentemente lavorato insieme al film di A24
Eternity.
In precedenza, aveva interpretato
Bradley “Rooster” Bradshaw, figlio dell’amato
“Goose”, in Top Gun: Maverick della Paramount al
fianco di Tom Cruise. Il sequel ha riunito
Miles Teller con il regista di
Only the Brave Joseph Kosinski ed è
diventato il quinto film di maggior incasso di tutti i tempi al
botteghino nazionale, superando Titanic.
Ha incassato 100 milioni di dollari nel suo weekend di apertura e
oltre 1,4 miliardi di dollari in tutto il mondo.
Nella primavera del 2022, Teller ha
recitato nella miniserie acclamata dalla critica The
Offer per Paramount+, interpretando il leggendario
produttore del Padrino, Al Ruddy. La sua
interpretazione ha ricevuto ampi elogi e ha contribuito alla forte
accoglienza della serie.
Con
The Outlaws, thriller d’azione sudcoreano, il
regista Kang Yoon-sung ha compiuto il
suo debutto alla regia di un lungometraggio. Uscito nelle sale
nel 2017, il film si ispira a eventi reali accaduti nel quartiere
di Garibong-dong a Seoul durante il 2004, raccontando la lotta
della polizia contro gang criminali cinesi e coreane. Il regista
combina sapientemente elementi di crime thriller, azione brutale e
momenti di umorismo nero, mantenendo un ritmo serrato che ha
conquistato sia la critica che il pubblico. Protagonista assoluto è
l’attore Ma
Dong-seok, qui nei panni dell’inflessibile detective
Ma Seok-do, un ruolo che ne ha consolidato la fama
internazionale.
Il film, come avviene in film simili come The Gangster, The Cop, The Devil, esplora temi come la
legalità, la violenza urbana, il senso di giustizia e la lealtà
all’interno delle comunità emarginate, offrendo uno sguardo
realistico e crudo sulle dinamiche tra gang rivali. L’intensità
delle scene d’azione e la caratterizzazione dei personaggi hanno
contribuito a rendere il film un grande successo al botteghino
sudcoreano. Nel prosieguo di questo articolo, oltre a ripercorrere
brevemente la trama, ci soffermeremo sulla spiegazione del finale
di The Outlaws,
analizzandone il significato e l’impatto all’interno della
narrazione complessiva.
La trama di The
Outlaws: cosa accade nel film?
L’anno è il 2004. Quando un membro
della Venom Gang arriva alla stazione di polizia di Geumcheon
gravemente accoltellato, l’agente Ma Seok-do
scopre che il nome dell’uomo è Hullang della banda
di Yi-soo. Decide di riunire i capi,
Dok-Sa (banda Venom) e
Jang Yi-soo (banda Yi-soo) e di
farli scusare l’uno con l’altro. È chiaro che possiede un rapporto,
non amichevole, con i boss, che quindi lo ascoltano. Ci sono dunque
più bande, ma c’è un tacito trattato di pace che fa sì che le bande
si occupino ognuna dei propri affari. Ma Seok-do le tiene anche
lontane dalla polizia, ma ogni volta che decidono di entrare in
guerra l’una contro l’altra, finiscono sotto la sua
giurisdizione.
Ma Dong-seok in The Outlaws
In un certo senso, il dipartimento
di Seok-Do è dunque una banda a sé stante che, se non è temuta, è
quantomeno rispettata. D’altra parte, Jang Chen e
i suoi soci Wi Seong-rak e Yang
Tae della banda cinese del Drago Nero
sono entrati clandestinamente a Seoul. Torturano
Gil-Su, un membro della banda Venom, che deve loro
dei soldi. Quando Dok-Sa arriva sul posto con la sua banda, Jang
Chen lo uccide. Chen uccide poi Gil-Su e rivendica l’autorità anche
sulla banda Venom. In seguito, Jang decide di visitare i locali
della banda di Choon-Sik e di rivendicare anche quelli. Anche Ma
Seok-do è presente per parlare con il capo della banda
Choon-Sik, Hwang Choon-Sik, degli
omicidi, ma finisce per ubriacarsi e addormentarsi.
Viene svegliato da una telefonata e
trova i suoi colleghi sul posto. Scopre che i tre cinesi hanno
fatto irruzione nel locale e hanno creato scompiglio, tagliando un
braccio all’ospite. La squadra di Ma Seok-do accede ai filmati
delle telecamere a circuito chiuso e vede i volti dei membri del
Drago Nero. La polizia trova anche le parti del corpo di Dok-Sa in
una pattumiera. Nel frattempo, la gang si dirige verso una sala
giochi gestita dalla banda di Yi-soo e se ne impossessa,
minacciando di uccidere Jang Yi-soo, rimasto solo senza i suoi
scagnozzi. Più tardi, mentre mangiano in un ristorante, Ma Seok-do
e la sua squadra hanno un incontro con il Drago Nero, ma riescono
solo a catturare Wi Seong-rak. Seok-Do decide dunque di usarlo come
esca per catturare Jang Chen e Yang Tae.
I cattivi e i malvagi
The Outlaws è
dunque un’altra interpretazione del tropo “poliziotto buono,
poliziotto cattivo”, ma questa volta Ma Seok-do incarna entrambi. È
buono con i buoni e cattivo con i cattivi. Si assicura che tutte le
bande operino senza rappresentare una minaccia per la società,
mantenendo rapporti piuttosto amichevoli con loro. Da quello che
sembra, sembra anche che riceva una parte dei loro affari. Vediamo
il suo lato malvagio nel modo in cui si comporta con i capi delle
bande e con i suoi amici al lavoro, ma quando è in missione, è il
suo lato cattivo ad essere al centro della scena. Quando affronta
gli scagnozzi va a colpo sicuro e fa capire chiaramente che è
bravissimo con i pugni.
Jo Jae-yoon in The Outlaws
Rispetta i civili e ama divertirsi
con i suoi colleghi. In sostanza, è una persona che ama il suo
lavoro. Non vediamo la sua famiglia, il che ci porta a chiederci se
ne abbia una. Forse l’ha persa a causa di un crimine a base di
coltelli. Da qui l’odio e la paura per le lame, di cui parla a uno
dei suoi colleghi. Più spesso, è un oggetto che fa affiorare
ricordi che, nel caso di Ma Seok-do, sono dolorosi. Tuttavia, non
li lascia trapelare e, a quanto pare, riesce a gestirli facilmente.
Si tratta di un uomo con un forte autocontrollo che sa come
destreggiarsi nel suo lavoro. Dall’altra parte, abbiamo
l’imprevedibile Jang Chen della banda del Drago Nero. Non sappiamo
se si tratta di un difetto del personaggio o se si suppone che sia
così goffamente dinamico per natura.
Nella prima metà del film, lo
vediamo molto calmo, composto e a malapena parlante. Sono i suoi
assistenti a parlare e a maltrattare le persone. Nella seconda
metà, all’improvviso, Jang Chen si trasforma in un mostro d’uomo
deciso a uccidere tutti coloro che lo ostacolano, senza risparmiare
nemmeno i bambini. E il cambiamento dal primo al secondo è così
drastico che diventa ridicolo piuttosto che spaventoso. Per quanto
riguarda il fatto sconcertante che i tre, Jang Chen, Wi Seong-rak e
Yang Tae abbiano facilmente sconfitto la banda di Venom e la banda
di Yi-soo, non ha senso, per quanto possano essere assolutamente
raccapriccianti e orribili. È come se i creatori avessero deciso di
creare i personaggi in modo tale che potessero essere bilanciati
solo da quelli di Ma Seok-do.
La spiegazione del finale di The
Outlaws: Ma Seok-do pone fine alla banda del Drago Nero?
In una parola, sì. I creatori hanno
fatto un ottimo lavoro nel ritardare la cattura della banda del
Drago Nero da parte della polizia di Geumcheon. Dopo la cattura di
Wi Seong-rak e Yang Tae, Ma Seok-do insegue Jang Chen, che sta
cercando di fuggire in Cina. Alla fine viene intercettato da Ma
Seok-do nella toilette dell’aeroporto e, dopo una macabra lotta
corpo a corpo, Ma Seok-do mette le manette a Jang Chen. Il film si
conclude con Ma Seok-do convocato dal commissario. Il sorriso sul
suo volto sembra indicare che sta per ricevere la sua prossima
missione, che verrà poi esplorata nel sequel, ovvero “The
Roundup”.
Non sarebbe un film di Ocean’s senza
un colpo di scena, e il finale di Ocean’s
8 (qui
la recensione) ne offre certamente di sconvolgenti. Nel reboot
del franchise, Debbie Ocean (Sandra
Bullock) riunisce una squadra all-star di sette donne
per rubare una collana di diamanti da 150 milioni di dollari al Met
Gala. Naturalmente, come tutti gli altri film della serie Ocean’s,
anche questo riserva delle sorprese. Il film mette infatti in piedi
quella che sembra essere una storia di rapina piuttosto semplice,
incentrata su personaggi eclettici per la maggior parte del film,
ma ciò che sta realmente accadendo sotto scava più a fondo.
Ocean’s 8 presenta
così diversi colpi di scena scioccanti quando arriva il finale. C’è
la questione dell’ottavo membro non menzionato nel titolo,
l’obiettivo effettivo della rapina e, naturalmente, il grande
collegamento con Ocean’s Eleven. Il colpo di scena finale di
Ocean’s 8 non sarà così scioccante come quello del
primo film del franchise (o così ridicolo come il trucco di
Julia Roberts nei panni di Julia Roberts di
Ocean’s Twelve), ma ci sono ancora molti dettagli
della rapina e del suo risultato che richiedono un’immersione più
profonda. Scopriamoli in questo approfondimento!
La spiegazione della rapina di
Ocean’s 8
La squadra di Ocean’s
8 pianifica il colpo per rubare la collana di diamanti
“Jeanne Toussaint” di Cartier, un compito che richiede abilità
molto specifiche. Debbie condivide i suoi piani con la sua partner
Lou (Cate
Blanchett) e insieme riuniscono una squadra di cinque
specialiste. Poiché la collana è solitamente conservata in un
caveau sotterraneo, Debbie e Lou arruolano una stilista,
Rose Weil (Helena
Bonham Carter), per creare un look da Met Gala per
l’attrice Daphne Kluger (Anne
Hathaway).
Rose convince Cartier a far uscire i
diamanti dal caveau per il Met Gala e scansiona i gioielli in modo
da poterne creare una replica. Nel frattempo, un hacker di nome
Nine Ball (Rihanna) si introduce
nelle telecamere di sicurezza del Met Gala e crea un punto cieco
fuori dai bagni. Tammy (Sarah
Paulson) accetta un lavoro a Vogue che le consente di
avere accesso ai piani del Met Gala, convincendo il suo capo ad
assumere personale aggiuntivo per il catering, il che permette alla
squadra di entrare al Gala senza essere individuata.
La rapina in Ocean’s
8 non è solo una questione di soldi, ma anche di vendetta.
Debbie Ocean vuole vendicarsi del suo ex fidanzato, Claude
Becker (Richard Armitage), che l’ha
gettata nel dimenticatoio dopo una truffa andata male. Di
conseguenza, Debbie ha trascorso gli ultimi cinque anni in prigione
per pianificare il colpo perfetto. Ocean organizza un incontro tra
Kluger e Becker in modo che quest’ultimo accompagni Kluger al Met
Gala; Becker diventa il perfetto “capro espiatorio” che Debbie e la
sua squadra incastrano per il furto dei diamanti.
Come la squadra ha messo a segno il
colpo in Ocean’s 8
La sera del Met Gala, quando Daphne
indossa la collana, Rose scopre che è necessario un magnete
speciale per sbloccarla. Invia un video del magnete che blocca la
collana alla squadra e Nine Ball chiama sua sorella per creare una
chiave per loro. Lou lavora nel catering e serve a Daphne una zuppa
che le dà la nausea. Daphne corre in bagno e, mentre vomita,
Constance (Awkwafina), la
borseggiatrice della squadra, le toglie la collana. Entrando nel
punto cieco creato da Nine Ball, Constance nasconde la collana su
un vassoio da portata e l’ignaro cameriere la porta
inconsapevolmente in cucina, dove Amita
(Mindy Kaling), la gioielliera, la raccoglie.
Amita lavora poi per decostruire la
collana e, dopo un breve allarme per la sicurezza in cui gli ospiti
vengono evacuati, Tammy “trova” la replica. La sicurezza torna alla
normalità e la squadra riesce a lasciare il Met senza essere
individuata. Debbie prende alcuni diamanti dalla collana e li mette
su Becker. Quando Cartier si accorge che la replica è un falso, la
squadra è già riuscita a portare via i diamanti e ad assumere
quattro diverse donne anziane per vendere pezzi dei gioielli.
John Frazier (James Corden) viene
chiamato dalla compagnia di assicurazioni per individuare la
collana, ma non sembra esserci alcuna prova concreta da usare
contro Debbie e la sua squadra.
Anne Hathaway e James Corden in Ocean’s 8
La spiegazione del colpo di scena
di Daphne Kluger
Daphne Kluger era il bersaglio e, a
detta di tutti, era stata creata per essere il cattivo. È
un’attricetta vanitosa e bisognosa di attenzioni che non sembra
prestare attenzione a nessuno se non a se stessa. Tuttavia, Kluger
si unisce inaspettatamente alla squadra di Ocean. Quando Rose invia
alla squadra un video della chiusura a magnete della collana,
Kluger se ne accorge e si insospettisce. Attrice professionista, è
anche in grado di individuare diversi membri della squadra che
mentono. Si tratta di prove circostanziali, ma Kluger potrebbe
essere in grado di distruggere la squadra.
Tuttavia, quando viene interrogata
da Frazier, non denuncia né Rose né gli altri. Invece, quando le
viene chiesto se riconosce Debbie Ocean, Kluger mente e in seguito
si rivolge alla donna, dicendo che vuole partecipare. Sebbene
Kluger non sia coinvolta nel colpo iniziale, il suo silenzio
sarebbe sufficiente a renderla parte della squadra. Ma Daphne
accetta il suo nuovo ruolo, organizzando un appuntamento romantico
con Becker per incastrarlo.
Con Becker ammanettato al letto
nell’altra stanza, trova i diamanti che Debbie aveva nascosto nella
tasca della giacca e li fotografa nel suo appartamento, fornendo a
Frazier le prove necessarie per ottenere un mandato. Kluger avrebbe
potuto essere facilmente catalogata come una ragazzina viziata, ma
invece finisce per essere l’unica persona che Debbie Ocean
sottovaluta. Tuttavia, Kluger è più che felice di unirsi alla banda
di Ocean e di ottenerne un grosso guadagno.
Helena Bonham Carter e Anne Hathaway in Ocean’s 8
Il nono membro di Ocean’s 8
Come si scopre, Debbie e Lou avevano
messo gli occhi su qualcosa di più della collana di Cartier, perché
ci sono molti altri gioielli nella mostra. All’inizio del film,
Daphne guida una troupe televisiva attraverso questa sezione della
mostra, suggerendo ciò che sarà esposto durante il Met Gala, ma è
facile ignorare questa scena finché non diventa un’informazione
chiave in seguito. Il più grande indizio di un ulteriore livello di
rapina è una breve scena in cui la Lou di Cate
Blanchett prende un sottomarino giocattolo motorizzato, e
il finale rivela la portata del piano.
Quando la sicurezza fa evacuare gli
ospiti, Lou e Yen, l’acrobata cinese (della troupe originale di
Ocean’s Eleven), si intrufolano nella mostra e rubano
i gioielli esposti. Yen si arrampica sopra l’esposizione e si
sospende verso il basso, schivando i laser che avrebbero avvertito
la sicurezza. Raccoglie i gioielli e li mette in una borsa. Alla
base dell’esposizione c’è l’acqua, quindi attacca la borsa al
sottomarino giocattolo motorizzato per far sì che Lou la raccolga.
Lou rimanda i gioielli replicati a Yen, che li mette in mostra
prima del ritorno della sicurezza. Poi Lou se ne va con Yen in un
furgone per il catering, senza che il Met se ne accorga.
Il rapporto del finale di Ocean’s 8
rispetto alla trilogia
Ocean’s 8 è uscito
nel 2018 ed è il film più recente della serie. Anche se ogni film
ha i suoi meriti, ci sono naturalmente dei paragoni da fare,
soprattutto quando si tratta del finale. Nel complesso, Ocean’s 8
non è considerato il miglior film di Ocean’s finora, ma non è
nemmeno il peggiore. Non ha raggiunto le vette di Ocean’s Thirteen del 2007 o di Ocean’s Eleven del 2001, ma si pone al di sopra di
Ocean’s Twelve del 2004. Una cosa che Ocean’s
8 ha fatto particolarmente bene rispetto alle sue
controparti sono stati i colpi di scena. Questo vale soprattutto
per la Daphne di Anne Hathaway.
Lo sviluppo del suo passaggio
dall’essere il bersaglio all’aiutare la squadra di Ocean’s è stato
un momento incredibilmente inaspettato, anche se del tutto
naturale. Come la maggior parte dei film di rapine, ogni film di
Ocean’s presenta alcuni colpi di scena, ma nessuno è stato così
ispirato. Per quanto riguarda la rapina in sé, non è elaborata o
avvincente quanto quella del primo e del terzo film della trilogia,
ma è sicuramente superiore all’eccessiva complessità delle rapine
europee in Ocean’s Twelve.
Uscito nel 2006, Mission: Impossible III rappresenta un capitolo
fondamentale nella saga di Ethan Hunt (Tom Cruise),
rinnovandone il tono e il successo globale. Diretto da J. J. Abrams,
alla sua prima esperienza cinematografica dopo il successo
televisivo di Alias e
Lost, il film combina
azione ad alta tensione, spionaggio e un’intensa componente
emotiva. Questo terzo episodio ha infatti il merito di aver
riportato energia fresca al franchise, gettando le basi per i
successivi sequel che avrebbero poi dominato il box office fino ai
nostri giorni.
La trama segue Ethan Hunt, che si trova a dover salvare una
giovane agente mentre affronta il temibile trafficante d’armi
Owen Davian,
interpretato da Philip
Seymour Hoffman. Accanto a lui troviamo Michelle
Monaghan nel ruolo di Julia, la
compagna di Ethan, introducendo per la prima volta un vero legame
sentimentale nel mondo dell’IMF. Temi come il sacrificio, la doppia
identità e la responsabilità personale attraversano tutta la
narrazione, rendendo il film più maturo rispetto ai suoi
predecessori.
Mission:
Impossible III si distingue anche per la sua produzione
internazionale, con scene girate in spettacolari location reali in
tutto il mondo. In attesa di poter vedere il nuovo e ultimo
capitolo della saga, Mission:
Impossible – The Final Reckoning, in questo articolo,
andremo dunque a esplorare tutte le location di Mission: Impossible III, con
particolare attenzione alle riprese svolte in Italia, che regalano al film un
fascino storico unico.
Le location di Mission: Impossible III, le riprese
in Italia tra Roma e Caserta
Uno dei set più iconici di Mission: Impossible III è
Roma, dove si svolge una delle missioni più
spettacolari del film. Le scene ambientate in Vaticano – tra cui l’infiltrazione
al ricevimento – sono in realtà state girate in diverse location
storiche della capitale italiana. Pur non avendo avuto accesso
diretto al Vaticano, la produzione ha utilizzato set realistici e
altri edifici, come Palazzo Sacchetti e alcuni cortili rinascimentali,
per ricreare l’atmosfera solenne della Città del Vaticano. Inoltre,
quando Hunt riesce a eludere le telecamere di sorveglianza e
scavalca il muro di cinta, quello che si vede dall’altro lato è in
realtà la facciata della Reggia di Caserta.
Gli interni del palazzo sono stati utilizzati anche per il
ricevimento in Vaticano a cui Maggie Q riesce ad introdursi senza invito
attraverso un ingresso che tuttavia si trova in via della
Pilotta, nel rione Trevi di Roma. La
scena della scalata del muro, l’uso delle maschere facciali e
l’ingresso nell’edificio sono dunque ambientate tra splendide
architetture barocche che esaltano il contrasto tra l’antico e
l’alta tecnologia delle missioni IMF. Girare a Roma ha permesso al
film di aggiungere una dimensione storica e visivamente ricca,
rendendo questa sequenza una delle più memorabili dell’intera
saga.
Shanghai, la metropoli futuristica
Nella parte finale del film, invece, Shanghai diventa il palcoscenico di
un adrenalinico inseguimento e della risoluzione della missione. Le
riprese si sono svolte in alcune delle zone più moderne e iconiche
della città, come il quartiere finanziario di Lujiazui e il
Bund, con i suoi
celebri palazzi coloniali affacciati sul fiume Huangpu. In una
delle scene più spettacolari, Hunt si lancia da un grattacielo per
infiltrarsi in un edificio sorvegliato, utilizzando le luci e
l’architettura ipermoderna di Shanghai per creare un’atmosfera tesa
e vertiginosa. Le sequenze notturne, dominate da neon e riflessi,
amplificano l’intensità della missione e offrono uno sfondo visivo
mozzafiato, sottolineando la lotta personale di Ethan contro il
tempo.
Le riprese negli Stati Uniti, tra Los Angeles e la Virginia
Oltre alle location internazionali, Mission: Impossible III è stato
girato anche in diversi luoghi negli Stati Uniti. Gli interni domestici della
casa di Ethan e Julia sono stati filmati a Los Angeles, così come molte delle
scene urbane di inseguimento e azione. La città californiana ha
offerto ambientazioni moderne ma anche familiari, fondamentali per
rappresentare la doppia vita di Ethan tra agente segreto e uomo
comune. Alcune sequenze ambientate presso la sede dell’IMF sono
state invece girate in Virginia, sfruttando gli edifici istituzionali
della zona. In particolare, la Central Virginia ha fornito il contesto per le
sequenze più burocratiche e militari del film, offrendo una
credibilità visiva alla trama di spionaggio.
Le location di
Mission: Impossible III sono dunque parte integrante del
fascino del film, conferendogli una dimensione globale e aumentando
il coinvolgimento visivo del pubblico. Dalle antiche strade di
Roma ai
grattacieli scintillanti di Shanghai, fino ai quartieri residenziali di
Los Angeles,
ogni ambientazione è stata scelta con cura per sostenere la
narrazione e arricchire la storia personale di Ethan Hunt. Nel
corso della saga, anche i successivi film si sono avvalsi di
location da più parti del mondo, con l’Italia – e più precisamente
Roma – tornata a ricoprire un ampio ruolo all’interno del settimo
capitolo, Mission:
Impossible – Dead Reckoning.
Il trailer del film e dove
vederlo in streaming e in TV
È possibile fruire di
Mission: Impossible III grazie alla sua presenza
su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple
iTunes, Now, Tim Vision, Paramount+ e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì
28 aprile alle 21:00 sul canale
20 Mediaset.
Come annunciato in precedenza, la
Giuria di Cannes 78
sarà presieduta dall’attrice francese Juliette
Binoche. A lei si uniranno l’attrice e regista
americana Halle Berry, la regista e sceneggiatrice
indiana Payal Kapadia, l’attrice italiana
Alba Rohrwacher, la scrittrice franco-marocchina
Leïla Slimani, nonché il regista, documentarista e
produttore congolese Dieudo Hamadi, il regista e
sceneggiatore coreano Hong Sangsoo, il regista,
sceneggiatore e produttore messicano Carlos
Reygadas e l’attore americano Jeremy
Strong.
La Giuria avrà l’onore di assegnare
la Palma d’Oro a uno dei 21 film in Concorso, dopo
Anora di Sean Baker, presentato
dalla Giuria di Greta Gerwig nel 2024. I vincitori
saranno annunciati sabato 24 maggio durante la Cerimonia di
Chiusura, trasmessa in diretta da France Télévisions in Francia e
da Brut. a livello internazionale.
Ricordiamo che Alba
Rohrwacher non sarà l’unica rappresentate dell’Italia
a Cannes 78. AliceRohrwacher
è stata scelta per presiedere la Giuria della Caméra d’or, il
premio assegnato alle opere prime, mentre Mario
Martone è in Concorso con Fuori.
Esce nelle sale italiane il 30
aprile Ritrovarsi a Tokyo (qui
il trailer), il nuovo film di Guillaume Senez,
interpretato da un intenso Romain Duris. Dopo il
successo di Our Struggles, Senez e Duris tornano a
collaborare per raccontare una storia diametralmente opposta: non
più un padre costretto a occuparsi dei figli inaspettatamente, ma
un padre che lotta disperatamente per rivedere una figlia da cui è
stato separato contro la sua volontà. Presentato come evento di
chiusura del Rendez-Vous – Festival del Nuovo Cinema
Francese, Ritrovarsi a Tokyo è un’opera profonda e
toccante, che getta uno sguardo inedito sulla dolorosa questione
della custodia dei minori in Giappone.
La trama di Ritrovarsi
a Tokyo: un padre ai margini
Il protagonista Jay (Duris),
francese trapiantato a Tokyo, vive ai margini della società
giapponese lavorando come autista per un servizio di auto private.
La sua vita solitaria è scandita da piccoli gesti di quotidiana
alienazione, finché, in una coincidenza al limite del plausibile,
viene incaricato di accompagnare una ragazzina a scuola. È Lily,
sua figlia, che non vede da nove anni, da quando l’ex moglie
giapponese lo ha lasciato, portandola via senza possibilità di
contatto.
Il sistema giuridico giapponese, al
centro del film, non prevede la custodia congiunta: in caso di
separazione conflittuale, uno dei genitori — spesso quello
straniero — può essere legalmente escluso dalla vita del figlio.
Ritrovarsi a Tokyo racconta questa realtà senza
semplificazioni né eccessi didascalici. La sceneggiatura, firmata
da Senez e Jean Denizot, adotta una narrazione
stratificata: le informazioni emergono lentamente attraverso gesti,
sguardi e dialoghi frammentari, evitando spiegazioni forzate o
monologhi chiarificatori.
Duris offre una delle
interpretazioni più contenute e sofferte della sua carriera. Il suo
Jay è un uomo logorato dall’assenza, incapace di reagire
apertamente ma attraversato da un dolore costante che si manifesta
nei dettagli: un sorriso spezzato, un silenzio troppo lungo, una
smorfia trattenuta. Evitando ogni patetismo, Duris mantiene sempre
un registro di autenticità che rende il suo percorso ancora più
straziante. Quando Jay incontra Lily senza che lei lo riconosca, il
film tocca uno dei suoi vertici emotivi.
Un importante contraltare al
personaggio di Jay è Jessica (Judith Chemla),
un’altra espatriata francese coinvolta in una battaglia simile per
la custodia del figlio. Jessica rappresenta la rabbia che Jay ha
ormai seppellito sotto anni di frustrazione e rassegnazione.
Attraverso il suo percorso, il film arricchisce la narrazione di
sfumature, mostrando diversi modi di resistere all’ingiustizia,
senza dover ricorrere a flashback esplicativi.
Una Tokyo autentica: niente
esotismi
Senez evita ogni forma di esotismo.
Tokyo non è il solito scenario da cartolina occidentale: le strade,
i sentō, le scuole sono luoghi concreti, vissuti, spesso ostili
nella loro ordinata indifferenza. Il regista stesso ha dichiarato
di non essere mai stato “affascinato” dal Giappone come altri
colleghi occidentali. Questa scelta di sobrietà stilistica
conferisce al film una forza particolare, accentuata anche da una
fotografia che predilige toni neutri e luci naturali.
Un altro elemento di autenticità è
l’ampio uso dell’improvvisazione, pratica cara a Senez, estesa
anche ai dialoghi in giapponese, che Duris ha studiato per il
ruolo. Questa scelta rafforza la verosimiglianza e sottolinea la
difficoltà di Jay nel tentativo di adattarsi a una cultura che
continua a respingerlo, nonostante i suoi sforzi.
La musica, composta da
Olivier Marguerit, accompagna il film con
discrezione. Le canzoni francesi che punteggiano la colonna sonora
fungono da ponte emotivo tra la patria perduta e l’estraneità del
presente. Emblematica è la scena in cui un padre disperato canta
ubriaco una versione giapponese di “Que je t’aime” di Johnny
Hallyday: un momento in cui dolore e desiderio di appartenenza
si fondono in un grido liberatorio.
Se Ritrovarsi a Tokyo ha un
difetto, è forse la passività necessaria del suo protagonista. Jay
è spesso in balia degli eventi, incapace di agire in un contesto
legale e culturale che lo priva di strumenti efficaci. Tuttavia,
questa scelta narrativa è coerente con il tema centrale:
l’impossibilità di combattere ad armi pari contro un sistema
profondamente ingiusto.
Il film si chiude su una nota di
speranza, pur consapevole delle sue limitazioni narrative. Come
nella realtà, la battaglia di Jay non si conclude con una vittoria
piena. Tuttavia, la recente modifica della legislazione giapponese
— che a partire dal 2026 introdurrà la possibilità della custodia
congiunta — offre una speranza concreta per casi come il suo.
Ritrovarsi a Tokyo, girato prima di questa svolta,
resta così una preziosa testimonianza di una condizione vissuta da
migliaia di genitori.
Una lezione di
umanità
Con grande sensibilità e rigore,
Guillaume Senez firma un film che non cerca facili
emozioni ma colpisce con la forza della sua umanità. Ritrovarsi
a Tokyo è un’opera che invita a riflettere sulla complessità
degli affetti, sui limiti della giustizia e sulla resilienza
necessaria per non perdere sé stessi.
In un mondo costruito
sulla menzogna, dove ingannare è naturale come respirare,
Black Bag si inserisce con uno stile raffinato e una
trama avvolta nel sospetto. Diretto da
Steven Soderbergh e scritto da David
Koepp, il film racconta l’indagine dell’agente dei servizi
segreti britannici George Woodhouse (Michael
Fassbender), incaricato di scoprire un traditore
all’interno dell’agenzia. La posta in gioco è alta: qualcuno ha
rubato una tecnologia devastante, il temibile “Severus”, e l’ha
messa in vendita al miglior offerente. Il problema più grande? Tra
i sospetti c’è anche sua moglie, l’agente Kathryn (Cate
Blanchett).
Un thriller
psicologico che predilige il lusso alla verosimiglianza
Black Bag è un
thriller di spionaggio che, piuttosto che puntare sull’azione,
predilige ambienti ultra-chic, sartoria impeccabile e una patina di
lusso dissoluto. Per i primi quaranta minuti, questa scelta sembra
funzionare. Fassbender, con occhiali spessi da intellettuale alla
Harry Palmer, incarna con precisione chirurgica la freddezza e il
rigore emotivo del suo personaggio. Blanchett, come sempre
magnetica, scivola tra le scene come un felino, vestita di abiti
costosi e pronta a lasciare il pubblico a interrogarsi sulle sue
reali intenzioni.
Tuttavia, nonostante
l’innegabile fascino visivo, qualcosa non quadra fino in fondo.
Abituati a thriller di spionaggio più crudi e disillusi, come la
recente serie Slow Horses tratta dai romanzi di Mick
Herron, gli spettatori odierni potrebbero trovare l’atmosfera di
Black Bag eccessivamente patinata, poco autentica. A
tratti, la pellicola sembra più preoccupata di sembrare elegante
che di essere credibile.
La sceneggiatura di David
Koepp offre momenti di autentico godimento: i dialoghi sono rapidi,
sagaci, con una vivacità che ricorda i migliori botta e risposta di
Ocean’s Eleven. Non sorprende, visto che Black
Bag segna la terza collaborazione tra Koepp e Soderbergh. Il
montaggio è serrato, la regia sicura, e la colonna sonora di
David Holmes — con richiami jazzy e tante percussioni —
accompagna perfettamente il tono scanzonato del racconto.
La brillantezza dei
dialoghi maschera la natura intrinsecamente contorta della trama,
allegerendola. I personaggi, interpretati da un cast straordinario
che include anche Naomie Harris, Tom Burke e Marisa
Abela, si muovono su scacchiere emotive a volte poco
plausibili. Le loro motivazioni appaiono confuse e questo rende lo
spettatore più attento al meccanismo di svelamento del “colpevole”
che alle storie dei personaggi in sé.
Black Bag è
un heist movie travestito da spy thriller
Una delle intuizioni più
riuscite di Soderbergh è trattare Black Bag come un heist
movie sotto mentite spoglie. L’indagine interna condotta da
Woodhouse procede come la pianificazione di un colpo: informazioni
dosate con attenzione, sospetti che cambiano di ora in ora, un
crescendo di tensione che culmina in una sorta di “resa dei conti”
finale.
Una delle sequenze più
memorabili è la cena trai sospetti, in cui viene somministrato un
siero della verità. Ricorda, per intensità e costruzione
drammatica, la scena del tavolo in Heat o la partita a poker
di Casino Royale: un gruppo di persone sedute, ma con una
tensione palpabile che minaccia di esplodere da un momento
all’altro. Il risultato? Un crescendo di segreti svelati, di
alleanze tradite, di colpi di scena in rapida successione.
Curiosa, e perfettamente
consapevole, la scelta di Soderbergh di evocare l’ombra di James
Bond: non solo per l’ambientazione britannica, ma anche
attraverso il casting di Pierce Brosnan (ex 007) e di attori come
Fassbender e Regé-Jean Page, spesso associati ai
rumor su un futuro Bond. Tuttavia, Black Bag si tiene
lontano dai gadget e dalle esplosioni tipiche dell’agente segreto
più famoso del cinema, preferendo scavare nella psicologia del
mestiere: cosa succede quando mentire diventa il tuo pane
quotidiano?
Un finale che ripaga
la pazienza
Nonostante le
imperfezioni — e una certa sensazione di vuoto emotivo che
accompagna lo spettatore durante il percorso — Black Bag
offre un finale sorprendentemente soddisfacente. Soderbergh
confeziona una conclusione che sembra uscita da un romanzo di
Agatha Christie: in una sorta di “drawing room” conclusivo, il
traditore viene smascherato, le verità sepolte riaffiorano, e ogni
pezzo del puzzle trova il suo posto.
Black Bag è un
elegante esercizio di stile: più interessante per come racconta la
storia che per la storia stessa. Gli amanti dei thriller
psicologici sofisticati e dei giochi di specchi troveranno molto da
apprezzare; chi invece cerca adrenalina pura o realismo sporco
rimarrà probabilmente un po’ deluso. Non il miglior Soderbergh, ma
sicuramente un Soderbergh che sa ancora divertire — e farci
dubitare di chiunque, anche della persona che ci dorme accanto.
Lunedì 28 aprile alle ore 21:00,
presso il Cinema Corso di Latina, si terrà
la proiezione speciale del documentario Acqua
Benedetta nell’ambito della decima edizione della
rassegna culturale Lievito 2025.
Diretto da Antonio
Petrianni, prodotto da Luca Lardieri,
Francesco Madeo, Mattia Nicoletti e scritto
da Christian Mastrillo, il film racconta tre
vite segnate dalla dialisi, offrendo uno sguardo profondo sul corpo
come luogo di resistenza e sull’acqua come elemento vitale e
insieme minaccioso. Attraverso le testimonianze
di Carlo Alberto Cecconi, Serena Scaramella e Oise
Amidei, Acqua Benedetta racconta tre vite segnate dalla
dialisi, offrendo uno sguardo profondo sul corpo e sull’acqua,
elemento vitale e minaccioso. Attraverso le testimonianze di Carlo
Alberto Cecconi, Serena Scaramella e Oise Amidei, il film riflette
sul nostro legame con l’ambiente. L’Agro Pontino non è semplice
sfondo, ma parte viva del racconto: tra pianure, acque e
contraddizioni si intrecciano storie di fragilità e resistenza. Un
paesaggio che respira con i protagonisti, simbolo di memoria e
identità.
Al termine della proiezione, seguirà
un incontro con il regista, il produttore, lo
sceneggiatore e i protagonisti del film, offrendo al
pubblico l’opportunità di approfondire i temi trattati e dialogare
direttamente con gli autori.
«Non tutti i luoghi sono abitabili,
non tutti i corpi sono vivibili. Non esiste il bene, non esiste il
male… esiste solo la natura. Questo luogo è una macchina perfetta.
L’uomo non lo può abitare. Per il suo corpo, inadeguato,
quell’acqua è veleno». L’acqua preme sotto la pelle e ristagna
sulla terra, si insinua nei tessuti, satura l’aria. Tra annegamento
e siccità, tra reni e terreni, vene e canali, tra meccanica
idraulica e medicina. Uomo e Natura restano in bilico. Ma su cosa
poggia il nostro equilibrio?
Regia di Antonio Petrainni
Genere: Documentario
Con Fabio Bomberini, Carlo Alberto Cecconi, Serena
Scaramella.
Sceneggiatura: Luca Lardieri, Christian Mastrillo e Antonio
Petrianni.
Musiche di Christin Ott
Prodotto e distribuito da Dreamcatchers Entertainment e Luca
Lardieri in collaborazione con Filippo Barracco e Ivan Caso Con il
supporto di Transplantsport Italia e Dinets Srl.
Guarda il trailer ufficiale di
So cosa hai fatto, diretto da Jennifer Kaytin
Robinson con Madelyn Cline, Chase Sui Wonders, Jonah Hauer-King,
Tyriq Withers, Sarah Pidgeon, Billy Campbell, Gabbriette Bechtel,
Austin Nichols, Lola Tung, Nicholas Alexander Chavez, Freddie
Prinze Jr. e Jennifer Love Hewitt. Dal 16 luglio al cinema prodotto
da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures.
Il trailer di So cosa
hai fatto, diretto da Jennifer Kaytin
Robinson. Il film è il quarto capitolo della serie I
Know What You Did Last Summer, sequel dell’omonimo film del
1997 e di Incubo finale (I Still Know What You Did
Last Summer) del 1998. So cosa hai fatto è
interpretato da Madelyn Cline (Glass Onion –
Knives Out), Chase Sui Wonders (Little Death), Jonah
Hauer-King (La
sirenetta), Tyriq Withers (Atlanta), Sarah
Pidgeon (The Friend), Billy Campbell (Dracula di Bram
Stoker), Gabbriette Bechtel, Austin Nichols, Lola Tung,
Nicholas Alexander Chavez mentre
Jennifer Love Hewitt e Freddie Prinze Jr. riprendono i ruoli di
Julie James e Ray Bronson dei primi due film.
So cosa hai
fatto sarà nelle sale italiane dal 16 luglio prodotto
da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures.
In corrispondenza
con l’inizio del Conclave che ha il compito di scegliere il
successore di Papa Francesco al soglio pontificio,
arriva su Sky Cinema in prima TV
il film del momento, vincitore dell’Oscar® per la miglior
sceneggiatura non originale e candidato in altre sette categorie
tra cui Miglior Film, CONCLAVE (leggi
la recensione), in onda lunedì 5 maggio alle
21:15 su Sky Cinema Uno, in streaming suNOWe disponibile on demand. Su
Sky il film sarà disponibile on demand anche in
4K.
Ricco di tensione e
intriso di tradizione, CONCLAVE è uno sguardo
inedito e illuminante sui meccanismi interni della Chiesa
cattolica, oltre che un thriller avvincente con un mistero al
centro. Basato sull’acclamato bestseller di Robert
Harris e sceneggiato dal vincitore del Golden
Globe e del premio Oscar® Peter Straughan, il film è
diretto dal regista premio Oscar® Edward Berger e
vede nel cast
Ralph Fiennes(candidato
all’Oscar® come Miglior Attore Protagonista) che interpreta il
cardinale Thomas Lawrence, decano del collegio cardinalizio, mentre
svolge il suo tradizionale compito di gestire il conclave. I
quattro cardinali più vicini al soglio pontificio sono invece
interpretati da Stanley Tucci (il cardinale Aldo
Bellini, un americano progressista), John Lithgow
(il cardinale Joseph Tremblay, un canadese moderato),
Sergio Castellitto (il cardinale italiano Goffredo
Tedesco, un tradizionalista vecchio stampo) e Lucian
Msamati (il cardinale Joshua Adeyemi, un nigeriano dalle
posizioni conservative). Nei panni di suor Agnes troviamo
Isabella Rossellini, che offre un’interpretazione
che le è valsa una candidatura all’Oscar® come Miglior Attrice Non
Protagonista.
La trama
di Conclave
Conclave
ci porta nel cuore di uno degli eventi più misteriosi e segreti del
mondo: l’elezione di un nuovo Papa. Dopo la morte improvvisa
dell’amato e compianto Papa, il Cardinale Lawrence è incaricato di
dirigere questo delicato processo. Una volta che i leader più
potenti della Chiesa Cattolica si riuniscono e si chiudono nelle
segrete sale del Vaticano, Lawrence si ritrova intrappolato in una
rete di intrighi, tradimenti e giochi di potere. Un oscuro segreto
viene alla luce, minacciando di scuotere le fondamenta stesse della
Chiesa.
Diretto da Mauro
Borrelli,
Mindcage – Mente Criminale è
un thriller psicologico del 2022 che ruota attorno a casi di
omicidio e serial killer allucinanti. Fin dall’inizio, i due
detective principali, Jake Doyle e Mary Kelly,
sono tormentati da indizi enigmatici.
Mindcage inizia con una nota criptica: delle donne vengono
trovate morte in giro per la città. A differenza di ogni altro caso
di omicidio, questi omicidi sono molto più distintivi e
dettagliati. Ogni donna è adornata in modo tale da sembrare un
angelo. Ma la cosa principale è che la persona che sembra aver
commesso questi omicidi è in prigione.
Cinque anni prima, il serial killer Arnaud Lefeuvre, alias “The
Artist” (John
Malkovich), ha rapito e ucciso sei donne in tutta la
città. Queste donne erano tutte associate al mondo delle prostitute
e delle prostitute. Ora, un serial killer casuale stava rievocando
l’intera serie di omicidi, con una strana somiglianza con il modus
operandi di Arnaud. Tutto andava bene finché il serial killer non
ha iniziato a piazzare indizi casuali sui corpi delle vittime,
indirettamente collegati ai detective e alle loro vite personali.
Ora, gli investigatori non hanno altra scelta che chiedere aiuto a
“The Artist” in persona per risolvere l’intero caso. Ma con il
passare dei giorni, i detective si ritrovano invischiati in un
labirinto.
Il serial killer ha commesso tre
omicidi in tre giorni. Il primo corpo è stato scoperto in una
chiesa, decorato per renderlo presentabile. I detective Jake e
Kelly si avvicinano alla scena del crimine, ed entrambi sono in
cattivi rapporti. Nessuno dei due comunica apertamente, ma vengono
assegnati a questo caso. Lo sceriffo Owings ha spiegato l’intero
caso e il modo in cui questi corpi sono stati conservati. Arnaud
avvelenava e conservava le sue vittime usando la ricina estratta
dai semi di ricino. Poi sistemava e decorava i cadaveri in pose
realistiche usando cornici di metallo, prima di lasciarli in giro
per la città. L’artista li chiamava i suoi “capolavori”.
Dopo un’attenta ricerca e
pianificazione, Arnaud fu arrestato da alcuni dei migliori
detective, tra cui Jake. Per garantire maggiore chiarezza sul caso,
lo sceriffo Owings propone di valutare e interrogare Arnaud per
ottenere informazioni. Mentre Jake è completamente contrario, Kelly
vuole provare a presentarsi come principale. Kelly è laureata in
psicologia e crede che la sua formazione potesse aiutarla a dare
una svolta al caso. L’idea alla base di questo interrogatorio è
quella di accendere l’ego di Arnaud, poiché è chiaro che qualcun
altro sta rubando il suo lavoro e si sta prendendo tutto il
merito.
Arnaud, il maestro
dell’inganno
Arnaud era un maestro dell’inganno.
Non si turbava affatto per il fatto che il suo lavoro venisse
rubato. Chiedeva sempre qualcosa in cambio delle sue informazioni.
A due settimane dalla sua esecuzione, Arnaud desiderava che la sua
pena venisse commutata in ergastolo. Kelly gli presentava diverse
offerte, ma lui le rifiutava tutte. Alla fine, Kelly promise di
approvare la bozza. Jake chiedeva gentilmente a Kelly di lasciare i
documenti, così da poterli studiare in dettaglio.
Era chiaro che Arnaud e il
misterioso assassino seguissero teorie sull’aldilà, sugli arcangeli
e su altri temi biblici. Arnaud recuperava i suoi materiali
artistici e Kelly lo aiutava. Passava l’intera giornata a osservare
foto e, a un certo punto, decideva di chiamare Kelly per chiederle
di controllare le ali dell’ultima vittima: voleva sapere se il
medico legale le avesse tarpate.
Kelly correva immediatamente a
controllare e trovava, incollato alle ali, un pennellino da smalto.
Jake si sorprendeva della familiarità di Kelly con quel pennellino:
risultava essere una tonalità fuori produzione che Kelly usava ai
tempi del liceo. Non ci pensavano troppo finché non veniva trovato
un altro corpo: questa volta, il serial killer lasciava la vittima
su una barca, insieme all’ago di una bussola antica.
La situazione diventava ancora più
inquietante quando Kelly si accorgeva che Zeke, l’ex compagno di
Jake, possedeva una bussola identica. Dopo la morte di Zeke, sua
moglie ritirava i suoi effetti personali, ma della bussola non
c’era più traccia.
Un caso segnato dalla
follia
La gente ricordava Arnaud per aver
ucciso sei donne, anche se in realtà causava sette morti. La notte
del suo arresto, Jake e Zeke lo inseguivano con un’auto della
polizia, ma Jake perdeva il controllo del veicolo e si verificava
un terribile incidente. Jake non capiva esattamente quando Zeke
fosse sceso dall’auto. Tutto ciò che vedeva era Zeke in piedi
accanto ad Arnaud, mentre rideva follemente, prima di cospargersi
di benzina e darsi fuoco.
Kelly esaminava i fascicoli di Jake
e si rendeva conto che il caso di Arnaud aveva avuto effetti
devastanti sulla sua salute mentale. Nonostante non venisse
ufficialmente registrato, Jake seguiva una terapia intensiva dopo
la morte di Zeke. Durante gli interrogatori, Jake perdeva il
controllo e puntava una pistola contro Arnaud. Quest’ultimo
sosteneva che Zeke avesse trovato una via per l’aldilà, ma Jake era
convinto che Arnaud lo avesse manipolato inducendolo al
suicidio.
Mentre l’intera squadra pensava che
Zeke fosse morto nell’incendio dell’auto, Kelly sospettava che ci
fosse qualcosa di strano anche in Jake. Tuttavia, la priorità
restava risolvere il caso. Intanto, Arnaud raccontava a Kelly dei
suoi ammiratori che, secondo lui, potevano essere coinvolti negli
omicidi.
L’aggressione e la scoperta della
verità
Arnaud interrogava spesso Kelly
sull’aldilà, generandole molti dubbi. La situazione degenerava
quando Kelly veniva aggredita da uno sconosciuto, già incontrato
nei giorni precedenti. Inizialmente ignorava il pericolo, finché
l’uomo non si introduceva in casa sua. Quella stessa notte, veniva
rinvenuta un’altra vittima in un museo; cinque ore di filmati di
sicurezza risultavano mancanti.
Kelly trovava la bussola di Zeke, e
Jake inseriva un ago all’interno: la bussola indicava un dipinto.
Spostandolo, trovavano un’iscrizione olandese: “Het hele landscape”
(“il paesaggio dell’inferno”). Jake ne rimaneva scioccato, poiché
Zeke gli aveva inviato un libro con lo stesso titolo prima di
morire.
Nel frattempo, Jake cominciava a
lasciarsi influenzare da pratiche superstiziose, infastidendo Kelly
e rallentando le indagini. Gli agenti scoprivano tracce di
cloroformio, piume di colomba e foto della vittima presso il camion
del vicegovernatore Diaz, destinate ad Arnaud tramite corriere.
Sebbene i registri di Diaz non
combaciassero con i profili delle vittime, Kelly e lo sceriffo
Owings erano convinti che il serial killer stesse cercando di
superare Arnaud.
I segreti di Arnaud
Kelly era sconvolta dalla
perquisizione della cella di Arnaud e si scusava con lui. Arnaud
distruggeva tutte le lettere ricevute dai suoi ammiratori, ma
ricordava ogni dettaglio. Sebbene si rifiutasse di rivelare i nomi,
raccontava la sua infanzia traumatica: cresciuto con una madre
prostituta, veniva scaraventato a terra a causa delle sue
convinzioni religiose, subendo un grave trauma cranico che lo
costringeva sulla sedia a rotelle.
Arnaud rivelava che il serial killer
era un falsario di opere rinascimentali a tema religioso. Kelly e
Jake si precipitavano nel negozio “Langdon & Sons”, dove trovavano
un dipinto di Gesù, collegato ad Arnaud. Tuttavia, il direttore del
negozio si rifiutava di rivelare l’identità del pittore.
Poco dopo, Kelly e Jake venivano
aggrediti dallo stesso uomo che aveva fatto irruzione in casa di
Kelly. L’inseguitore, Javier Salazar, si suicidava prima di poter
essere catturato. Salazar, infermiere dell’istituto psichiatrico,
aveva avuto contatti con Arnaud, ma non era ritenuto capace di
omicidi.
Analizzando il DNA trovato su una
busta, si scopriva che apparteneva a una donna coinvolta in un giro
di prostituzione: la madre di Arnaud. Il suo cadavere veniva
ritrovato in un appartamento adibito a laboratorio.
Il dono maledetto di
Arnaud
Quando Kelly affrontava nuovamente
Arnaud, lui rivelava di sentire la voce dell’Arcangelo Samael e di
attendere il momento giusto per rivelare l’identità dell’assassino.
Arnaud insisteva per conoscere i traumi di Kelly: la sua infanzia
difficile, le punizioni inferte dal padre, e il suo odio nei
confronti di Dio.
Dopo un lungo interrogatorio, Arnaud
consegnava a Kelly una scultura contenente un biglietto con
l’indirizzo del nascondiglio del killer. Sul posto, Kelly scopriva
una parete piena di sue foto e dati personali. In quel momento,
incontrava Diaz, ma con sorpresa si rendeva conto che il vero
assassino era Jake, posseduto dallo spirito di Arnaud.
Jake, sotto l’influsso di Arnaud,
raccontava la storia dell’artista maledetto: Arnaud aveva scoperto
il potere di “possedere” chiunque disegnasse. Considerava questo
dono un segno divino. Kelly era costretta a sparare a Jake,
liberandolo dal controllo mentale.
La spiegazione del finale di
Mindcage: la verità su Arnaud
Arnaud, attraverso il corpo del Dr.
Loesch, incontrava di nuovo Kelly, rivelandole di essere ancora
vivo e intenzionato a farle del male. Tuttavia, Kelly aveva
anticipato il suo piano: aveva avvelenato le sue matite, portando
così Arnaud alla morte definitiva.
“Mindcage” si chiudeva con una
riflessione sulla sottile linea tra fede, manipolazione e follia.
Arnaud, forse davvero un Angelo della Morte, aveva usato il suo
potere per soggiogare e distruggere chiunque incrociasse il suo
cammino.
Chi va a vedere Black Bag –
Doppio gioco al cinema potrebbe voler portare carta e
penna per dare un senso al suo intricato finale. Pubblicizzato come
thriller d’azione, il film è più che altro un puzzle psicologico
che – coerentemente con le ultime opere di Steven
Soderbergh– richiede la massima attenzione da
parte dello spettatore per essere compreso. Con i suoi 93 minuti di
durata, il film propone infatti una raffica di dialoghi e colpi di
scena che possono far girare la testa ben prima della fine. Coloro
che si sforzano di tenere il passo, tuttavia, sono ricompensati dal
suo ritmo incalzante.
Black Bag – Doppio
gioco è la nuova collaborazione di Soderbergh e
David Koepp dopo Kimi
e il secondo film del regista nel 2025 dopo l’horror psicologico
Presence.
Il film è un gioco al gatto e al topo elegante e sessualmente
carico di bugiardi professionisti, alcuni più bravi di altri.
Michael Fassbender, che di recente ha
dimostrato di saper interpretare agenti robotici e assassini
dall’effetto piatto (The
Agency, The Killer), guida il cast insieme all’affascinante e
gelida Cate Blanchett. I due interpretano
George e Kathryn, una coppia
sposata che lavora per il National Cyber Security Centre di Londra,
la cui pericolosa arma informatica “Severus” è
finita nelle mani dei russi.
Chi ha fatto trapelare Severus e
tradito il National Cyber Security
La fuga di notizie su Severus è
partita dai vertici del National Cyber Security, ovvero
dall’Arthur Stieglitz di Pierce Brosnan. Arthur si è avvalso dell’aiuto
del Col. James Stokes, il secondo in comando di
George Woodhouse, per far trapelare Severus in
mani russe con l’intenzione di ispirare un caos controllato.
Severus è un’arma cibernetica avanzata e top-secret che ha la
capacità unica di fondere il nucleo di qualsiasi reattore nucleare.
Era il bene più prezioso dell’NCSC, il che rende sorprendente che
Arthur voglia metterlo in mani nemiche. In definitiva, Arthur e
Stokes sono i cattivi e i traditori chiave dietro la fuga di
notizie.
L’inganno di James Stokes e le sue
motivazioni ideologiche
Come gli altri sospetti di talpa
consegnati a George da un altro alto funzionario dell’NCSC, Philip
Meachum, James Stokes è un bugiardo molto
intelligente e sofisticato. Si differenzia dagli altri per le sue
convinzioni ideologiche, come dimostra la domanda che George gli
pone durante il test del poligrafo verso la fine del film. George
si chiede se sia moralmente accettabile uccidere qualcuno per un
bene superiore, che è esattamente ciò in cui crede Stokes. Voleva
far trapelare Severus come esca per i russi per far scoppiare una
guerra mondiale, giustificando l’intervento estremo delle forze
militari occidentali, in modo da “porre fine” alla guerra
(presumibilmente in Ucraina).
Stokes inganna dunque George
sollevando intenzionalmente i suoi sospetti su Kathryn. Gli dice
che Kathryn ha usato un alias antiquato “Margaret Langford” per
aprire un conto bancario in Myanmar con 7 milioni di dollari
depositati in un’unica soluzione. Questo ha portato George a
sospettare che Kathryn abbia venduto Severus ai russi –
Andrei Kulikov, incontrato sulla panchina di
Zurigo, e Vadim Pavlichuk, un generale russo agli
arresti domiciliari che è fuggito mentre George reindirizzava la
sorveglianza satellitare su Kathryn. Stokes rivela in seguito di
essersi sbagliato sul fatto che Kathryn fosse l’unica a usare
l’alias, motivo per cui George quasi lo uccide sul
peschereccio.
Come l’Arthur di Pierce Brosnan è
stato coinvolto nella fuga di notizie su Severus
Arthur è l’oscura punta di diamante
della fuga di notizie su Severus, che ha organizzato il “piano” e
il “contro-piano” per insospettire George e Kathryn. Arthur è anche
probabilmente responsabile dell’uccisione di
Meachum, anche se in realtà è stato Stokes ad
avvelenarlo. Tutte le azioni conseguenti di Stokes,
Zoe, Freddie e
Clarissa sono state increspature della pietra
saltata che Arthur ha lanciato. Arthur non voleva che George
scoprisse che Stokes aveva fatto trapelare Severus su suo ordine,
quindi mise in atto un piano difensivo che avrebbe manipolato
George facendogli credere che Kathryn fosse la talpa. Arthur
sottovalutò quindi gravemente il legame e la fiducia tra George e
Kathryn.
La spiegazione del “piano” di
George e il “contropiano” di Kathryn
Il piano iniziale di Arthur in
Black Bag – Doppio gioco consisteva nel far
sospettare George di Kathryn, cosa che riuscì a fare piazzando una
locandina del film “Dark Windows” nel cestino della loro
camera da letto. Quando George chiese a Kathryn se voleva vedere il
film, lei si comportò come se non l’avesse mai visto prima (in
realtà non l’aveva mai visto). George sospettava che avesse
incontrato segretamente qualcuno al cinema e che fosse disonesta
riguardo ai suoi impegni. Questo ha portato George a ficcare il
naso nella sua agenda, a scoprire le coordinate dell’incontro di
Zurigo e a reindirizzare il satellite.
Questo avrebbe fatto sì che
Pavlichuk potesse fuggire e George si convincesse che Kathryn era
la talpa. Il contropiano prevedeva che Freddie dicesse a Kathryn
che George la stava spiando a Zurigo, il che avrebbe aumentato i
suoi sospetti su di lui. Questo è esattamente ciò che fece la notte
in cui lei tornò dalla Svizzera. Tutto era stato progettato per far
sì che George e Kathryn si mettessero l’uno contro l’altra, il che
era l’unico modo in cui Arthur e Stokes potevano farla franca con
la fuga di notizie su Severus.
Cosa volevano fare i russi con
Severus
Arthur e Stokes volevano che due
criminali russi – Pavlichuk e Kulikov – usassero Severus per
avviare la fusione di uno o più nuclei di reattori nucleari fuori
Mosca. Questo avrebbe esposto alle radiazioni i cittadini russi,
che a quanto pare sono le “10.000-20.000” persone innocenti la cui
vita sarebbe stata in pericolo se Severus fosse stato utilizzato.
Sembra che Pavlichuk e Kulikov stessero pianificando un attacco
terroristico contro il proprio Paese utilizzando il Severus, che
avrebbe potuto “porre fine alla guerra”, presumibilmente tra Russia
e Ucraina. I 7 milioni di dollari sotto Margaret Langford
potrebbero essere stati il pagamento di Pavlichuk e Kulikov – se
Kathryn non avesse fatto una soffiata alla CIA, che ha bombardato
la loro auto.
Perché George non ha ucciso
Freddie, Zoe e Clarissa
Una volta che Stokes ha ammesso di
aver tradito George, di aver incastrato Kathryn e di aver fatto
trapelare Severus alla seconda cena nella residenza dei Woodhouse,
è andato nel panico e ha cercato di uccidere George. Pur essendo
intelligente, Stokes credeva che Kathryn avesse messo una pistola
carica sul tavolo, il che si è rivelato un errore fatale. George ha
ripreso la confessione di Stokes con una telecamera nascosta e ha
iniziato a negoziare i termini della sua resa. Dopo aver sparato
due colpi a salve a George, Kathryn estrae una pistola
effettivamente carica e spara a Stokes.
Freddie, Zoe e Clarissa sono
coinvolti nell’elaborato piano di Arthur, ma in misura diversa e
minore. Zoe sapeva di Severus solo perché Stokes, il suo ex
fidanzato, ne aveva parlato una sera in privato mentre era ubriaco.
Zoe parlò di Severus a Freddie, con cui aveva una relazione segreta
da due mesi. L’affetto di Freddie per Zoe lo spinse a chiedere alla
sua vera ragazza, la novellina Clarissa, di mettere la matrice del
biglietto del cinema nel cestino della camera di George e Kathryn.
Poiché erano tutti pedine del complotto di Arthur e Stokes, George
risparmiò loro la vita.
Il vero significato del finale di
Black Bag
Come si può intuire, Black
Bag – Doppio gioco è un turbine di colpi di scena e
inganni rivelati che si basano su un semplice concetto: non fidarsi
di nessuno (tranne che del proprio coniuge). Sebbene Soderbergh e
Koepp avrebbero dovuto concedere un po’ di respiro al loro film, la
tensione che instaurano e mantengono è avvincente e rende
affascinante il “lui ha detto, lei ha detto”, finché la
macchina della verità umana George non mette le cose in chiaro.
Simile a misteri di omicidio come
Cena con delitto – Knives Out, Black Bag –
Doppio gioco tiene misterioso il colpevole fino ai momenti
finali e intrattiene a fondo con un fantastico cast d’insieme.
Il film si basa su una mentalità
quasi paranoica che mette in discussione tutto e tutti, il che
sembrerebbe assurdo se non fosse per la sua ambientazione. È
intrinsecamente incentrato sull’inganno e su come anche i migliori
bugiardi finiscano per avere difficoltà a tenere traccia dei loro
trucchi. Ci sono elementi filosofici intriganti che sono importanti
per la storia, ma che vengono spazzati via piuttosto rapidamente
data la durata incredibilmente ridotta. Forse varrebbe la pena di
guardare Black Bag– Doppio
gioco due volte per comprendere appieno l’intera trama. Se
non altro, dimostra che la santità del matrimonio è ancora valida
anche nei circoli più mortali.
I 20th Century Studios hanno appena
rilasciato il primo trailer e il poster
di Predator: Badlands,
il nuovo capitolo del franchise di Predator, diretto
da Dan Trachtenberg (Prey). Badlandsarriverà
nelle sale italiane il 6 novembre 2025.
Predator: Badlands,
interpretato da Elle Fanning e Dimitrius
Schuster-Koloamatangi, è ambientato nel futuro su un pianeta
remoto, dove un giovane Predator (Schuster-Koloamatangi),
emarginato dal suo clan, trova un improbabile alleato in Thia
(Fanning) e intraprende un viaggio insidioso alla ricerca del suo
avversario finale. Il film è diretto da Dan Trachtenberg e prodotto
da John Davis, Dan Trachtenberg, Marc Toberoff, Ben Rosenblatt e
Brent O’Connor.
Il poster di Predator: Badlands
Il franchise di Predator si
è incrociato più volte con l’altro franchise di creature di punta
della 20th Century, Alien, che ha appena avuto un
revival di successo con Alien:
Romulus di quest’anno. Quando gli è stato
chiesto se i due franchise incroceranno di nuovo gli artigli,
Asbell non si è sbilanciato:
“Non sarebbe nel modo in cui
pensate.Questo è il punto.Non si chiamerà
Alien vs. Predator o qualcosa di simile
ai film originali.Se lo faremo, saranno creati
organicamente da questi due franchise che abbiamo portato avanti
con personaggi di cui ci siamo innamorati e questi personaggi si
combineranno… forse”.
La notizia ha entusiasmato i fan, ma
sembra che il cast degli X-Men sia tutt’altro che completo. Jean
Grey (Famke Janssen), Tempesta (Halle
Berry) e Rogue (Anna Paquin) sono assenti
dall’annuncio, così come il Wolverine di Hugh
Jackman. Era già stato riportato che la Berry fosse vicina
a firmare per riprendere il ruolo di Ororo Munroe,
ma l’ultimo aggiornamento dello scooper @MyTimeToShineH suggerisce
il contrario. “Niente Halle Berry in Avengers: Doomsday, PER ORA”, scrive
lo scooper. “Dato che al momento stanno girando solo scene con
il cast di cui abbiamo sentito parlare durante
l’annuncio.”
Se è vero che il cast annunciato è
l’unico attualmente ingaggiato per Avengers:
Doomsday, i Marvel Studios dovranno ricorrere a
un sacco di trucchi in post-produzione per inserire coloro che sono
un po’ in ritardo. Non sarebbe la prima volta, perché molte delle
scene di Benedict Cumberbatch in Avengers: Infinity War sono
state girate con una controfigura.
Dopo The
Marvels e Deadpool & Wolverine, era prevedibile che i
mutanti (e, più specificamente, gli X-Men originali per il grande
schermo) fossero presenti nei prossimi film degli Avengers. La
teoria prevalente è che un’Incursione tra Terra-616 e Terra-10005
vedrà gli eroi di entrambi i mondi scontrarsi tra loro… prima che,
inevitabilmente, si uniscano per combattere il Dottor Destino. Ma
per adesso la squadra dovrà fare a meno dell’iconico
personaggio.
Nonostante le innumerevoli voci sul
casting di Superman: Legacy, ora noto come
Superman, alla fine del 2023 era stato associato un
solo nome al ruolo di Jimmy Olsen, ovvero l’attore Skyler
Gisondo (Santa Clara Diet, Licorice
Pizza). Questo è un raro caso in cui la scelta numero 1
dei fan per un personaggio si aggiudica effettivamente il
ruolo.
Jimmy Olsen è un personaggio dei
fumetti ricco di fascino, con oltre 80 anni di storia come migliore
amico di Superman. Tuttavia, si caccia così spesso
nei guai che Olsen indossa spesso un orologio di segnalazione
supersonico ad alta frequenza che, una volta attivato, segnala
all’Uomo d’Acciaio che ha bisogno di essere
salvato.
Con tutta questa storia in mente,
cosa ne pensa Gisondo dell’idea di interpretare un personaggio così
leggendario? Intervenuto al podcast DC Studios
Showcase, l’attore ha rivelato di essere ansioso di vedere
una prima versione del film e di sperare di aver reso giustizia
all’eredità del personaggio.
Alla domanda su cosa avesse
apportato al ruolo di Jimmy Olsen, Gisondo ha risposto: “Non lo
so, spero qualcosa di buono, non l’ho ancora visto. Ho dato il
massimo. Ho dato il massimo, e spero che sia bastato, ma è stato
uno di quei casi in cui, durante il casting, la gente online diceva
‘Skyler dovrebbe essere Jimmy’ per via delle lentiggini, e io gli
assomiglio un po’.”“E così, è stato uno di quei rarissimi
casi in cui le cose si sono allineate in modo incredibile. E James
ha detto fin dall’inizio, tipo, ‘Tu sei Jimmy, sei tu’.”
All’inizio del film, sembra che
Clark e Lois siano piuttosto affermati nelle loro carriere come
giornalisti del Daily Planet, ma che dire di Jimmy, che viene
spesso raffigurato con qualche anno di meno?
Gisondo ha detto: “È in
una buona posizione. Penso che abbia un po’ più fame di cose nuove.
È una specie di fotoreporter e credo che voglia anche essere più
coinvolto nella componente di scrittura. Gli interessano molto le
storie. Ma per essere un giovane al Daily Planet, sta scalando i
vertici aziendali, penso che se la stia cavando piuttosto
bene.”
Alla fine dell’intervista, Gisondo
ha poi detto che nel film, Jimmy viene utilizzato per mostrare il
lato umano del sopravvissuto di Krypton diventato supereroe.
“Io e David abbiamo avuto l’opportunità di passare un po’ di
tempo insieme prima di iniziare le riprese e siamo diventati amici
[molto facilmente]. E le nostre scene, le piccole cose che facciamo
insieme, siamo davvero solo amici, c’è una vera facilità. È
un’opportunità per vedere il lato umano di Superman.”
Gisondo ha poi mostrato un po’ di
arguzia, aggiungendo: “E poi… David è così affiatato, è un
personaggio enorme in questo film, e mi sembra di avergli dato
l’opportunità di parlare con un altro tizio con un corpo simile. Si
rilassa perché molto raramente incontra un altro tizio che solleva
pesi, che lo prende e che è muscoloso. Quindi ci siamo un po’
amichevoli, in questo senso.”
Superman, tutto
quello che sappiamo sul film di James Gunn
Superman,
scritto e diretto da James Gunn, non
sarà un’altra storia sulle origini, ma il Clark Kent che
incontriamo per la prima volta qui sarà un “giovane reporter” a
Metropolis. Si prevede che abbia già incontrato Lois Lane e,
potenzialmente, i suoi compagni eroi (Gunn ha detto che
esistono già in questo mondo e che l’Uomo di domani non è il primo
metaumano del DCU). Il casting ha
portato alla scelta degli attori David Corenswet
e Rachel
Brosnahan come Clark Kent/Superman e Lois Lane. Nel
casta anche Isabela Merced, Edi Gathegi,
Anthony Carrigan,
Nicholas Hoult e Nathan Fillion.
Il film è stato anche descritto come
una “storia
delle origini sul posto di lavoro“, suggerendo che una
buona parte del film si concentrerà sull’identità civile di
Superman, Clark Kent, che è un giornalista del Daily Planet.
Secondo quanto riferito, Gunn ha consegnato la prima bozza della
sua sceneggiatura prima dello sciopero degli sceneggiatori, ma ciò
non significa che la produzione non subirà alcun impatto in
futuro.
Con la sua solita cifra stilistica,James Gunn
trasporta il supereroe originale nel nuovo immaginario mondo della
DC, con una singolare miscela di racconto epico, azione, ironia e
sentimenti, consegnandoci un Superman guidato dalla compassione e
dall’innato convincimento nel bene del genere umano.
“Superman è il vero fondamento
della nostra visione creativa per l’Universo DC. Non solo è una
parte iconica della tradizione DC, ma è anche uno dei personaggi
preferiti dai lettori di fumetti, dagli spettatori dei film
precedenti e dai fan di tutto il mondo”, ha detto Gunn durante
l’annuncio della lista DCU. “Non vedo
l’ora di presentare la nostra versione di Superman, che il pubblico
potrà seguire e conoscere attraverso film, film d’animazione e
giochi”. Il film uscirà nelle sale il 10 luglio
2025.
Disney+ ha diffuso un teaser trailer
inedito e una nuova key art dell’attesissima serie originale FX
Alien:
Pianeta Terra, creata da Noah Hawley,
che in Italia debutterà questa estate in esclusiva sulla
piattaforma streaming.
Nella serie horror
fantascientifica Alien: Pianeta Terra, quando
una misteriosa nave spaziale si schianta sulla Terra, una giovane
donna (Sydney Chandler) e un improvvisato gruppo
di soldati fanno una scoperta fatale che li mette di fronte alla
più grande minaccia del pianeta.
Alien: Pianeta Terra è
ambientato nel 2120, quando cinque compagnie — Prodigy,
Weyland-Yutani, Lynch, Dynamic e Threshold — detengono il potere
delle nazioni, mentre i loro progressi tecnologici offrono la
promessa di un nuovo domani.
La serie, con protagonista Sydney
Chandler, presenta un cast internazionale che comprende
Alex Lawther,Timothy Olyphant, Essie Davis, Samuel
Blenkin, Babou Ceesay, David Rysdahl, Adrian Edmondson, Adarsh
Gourav, Jonathan Ajayi, Erana James, Lily Newmark, Diem
Camille e Moe Bar-El.
Un efficace sistema di parental
control assicura che Disney+ rimanga un’esperienza di
visione adatta a tutti i membri della famiglia. Oltre alla
“Modalità Junior” già presente sulla piattaforma, gli abbonati
possono impostare dei limiti di accesso ai contenuti per un
pubblico più adulto e creare profili con accesso tramite PIN, per
garantire massima tranquillità ai genitori.
L’attore John
Lithgow si è aperto su ciò che i fan pensano della sua
partecipazione alla serie
“Harry Potter” della HBO, considerando il
coinvolgimento della controversa creatrice del franchise
J.K. Rowling. In un colloquio con il
Times di Londra, Lithgow ha
infatti dichiarato di aver ricevuto delle critiche per la sua
partecipazione alla serie a causa dei commenti controversi della
Rowling sulla comunità transgender. L’attore, recentemente visto in
“Conclave”
ha detto che non se l’aspettava assolutamente e che pensava più
alla sua età quando ha accettato il ruolo.
“Naturalmente è stata una
decisione importante perché probabilmente è l’ultimo ruolo
importante che interpreterò”, ha detto Lithgow. “È un
impegno di otto anni, quindi pensavo solo alla mortalità e al fatto
che questo è un ottimo ruolo di chiusura”. Lithgow ha aggiunto
che “una cara amica che è madre di un bambino trans” gli
ha inviato una lettera aperta intitolata “Una lettera aperta a
John Lithgow: Per favore, allontanati da Harry Potter” dopo
aver accettato il ruolo.
“È stato il canarino nella
miniera di carbone”, ha detto. Lithgow ha poi riflettuto sul
perché i commenti passati della Rowling avrebbero dovuto
influenzare il progetto. “Ho pensato: “Perché questo è un
fattore?” Mi chiedo come J.K. Rowling l’abbia assorbito”, ha
detto Lithgow. “Suppongo che a un certo punto la incontrerò e
sono curioso di parlarle”. Quando gli è stato chiesto se il
contraccolpo gli ha fatto riconsiderare il ruolo, Lithgow ha
risposto: “Oh, cielo, no”.
Come noto, nel 2020, la Rowling ha
pubblicato una serie di post sui social media sostenendo che
l’esistenza dei transgender “cancella” la “realtà vissuta delle
donne”. Poco dopo, le star della saga cinematografica Daniel Radcliffe, Emma Watson e Rupert Grint hanno rilasciato dichiarazioni
con cui si dissociavano dalle parole della scrittrice. Poco
dopo la presentazione della serie “Harry Potter”,
il capo della HBO Casey Bloys ha dichiarato ai
media che la Rowling è stata “molto, molto coinvolta nel
processo di selezione dello sceneggiatore e del regista” e che
i suoi sentimenti anti-trans “non hanno influenzato il casting
o l’assunzione di scrittori o personale di produzione” per la
serie.
Cosa sappiamo della serie di
Harry Potter?
Francesca Gardiner
(Succession, His Dark Materials, Killing Eve)
è a bordo come showrunner e produttore esecutivo, con Mark
Mylod (Succession, Game of Thrones, The Last of Us) arruolato come produttore
esecutivo e regista di numerosi episodi.
Nel cast sono stati confermati
John Lithgow, Janet McTeer,
Paapa Essiedu, Nick
Frost, Luke Thallon, Paul
Whitehouse.
La sinossi ufficiale dello show
recita: “La serie sarà un fedele adattamento dell’amata serie
di libri di Harry Potter dell’autrice e produttrice esecutiva J.K.
Rowling. La serie presenterà un nuovo cast per guidare una nuova
generazione di fandom, ricca di fantastici dettagli e personaggi
amatissimi che i fan di Harry Potter amano da oltre venticinque
anni”.
“Ogni stagione porterà Harry
Potter e queste incredibili avventure a nuovi pubblici in tutto il
mondo, mentre i film originali, classici e amati rimarranno al
centro del franchise e disponibili per la visione a livello
globale”.
La serie non ha ancora una data di
uscita ufficiale, ma dovrebbe arrivare nel 2026.
Le riprese di Avengers:
Doomsday sono ufficialmente iniziate nel Regno Unito e
a confermarlo sono i fratelli Russo,
Joe e Anthony, che hanno
condiviso la prima foto ufficiale del dietro le quinte del film.
L’immagine mostra una sedia da regista con la scritta
“Victor Von Doom”, lasciando dunque intendere che
Robert Downey Jr. sarà tra i primi sul set a
girare le sue scene nei panni del Dottor Destino. Nei commenti al
post su Instagram, i fan hanno però notato anche
quel poco di ambiente che si vede nella foto, suggerendo che
ricorda le pareti della X Mansion.
Sicuramente si adatta all’estetica
di quel luogo e, se fosse così, significa che ci saranno scene con
Destino e gli X-Men originali sul grande schermo. Ad ogni modo, con
le riprese ora iniziate, resta da vedere quanto spesso i Russo
terranno aggiornati con foto come questa dal set di
Avengers:
Doomsday. La segretezza però,
come da loro riportato, sarà fondamentale durante le riprese
dell’imminente blockbuster. Quindi è probabile che saranno poche le
fughe di notizie e le immagini trapelate dal set, anche se tutto è
possibile data la grande attenzione nei confronti del progetto. Qui
di seguito, ecco l’immagine condivisa:
Alexander Payne
presiederà la giuria principale della prossima Mostra del Cinema di
Venezia. Il due volte premio Oscar è stato presente a Venezia con
Downsizing, la sua commedia
fantascientifica sugli umani che si miniaturiscono per salvare il
pianeta, con Matt Damon, che ha aperto la Mostra
nel 2017.
Gli otto lungometraggi di Payne sono
stati candidati a 24 premi Oscar, tra cui quattro per il miglior
film e tre per la regia. Ha vinto due volte per la sceneggiatura
non originale. L’ultimo film di Payne, The Holdovers, ha vinto l’Oscar per la miglior
attrice non protagonista nel 2024. Tra gli altri suoi titoli
figurano “Questione di Ruth” (1996),
“Election” (1999), “A proposito di
Schmidt” (2002), “Paradiso amaro” (2011)
e “Nebraska” (2013).
Il direttore artistico di Venezia,
Alberto Barbera, in una dichiarazione ha elogiato
Alexander Payne per la sua appartenenza “alla
ristretta cerchia di registi-cinefili la cui passione per il cinema
è alimentata dalla conoscenza dei film del passato e dalla
curiosità per il cinema contemporaneo, senza confini o barriere di
alcun tipo”.
“Queste qualità, unite alla sua
esperienza come sceneggiatore, lo rendono un candidato ideale per
presiedere i lavori della giuria di Venezia, chiamata a valutare
film provenienti da tutto il mondo”, ha aggiunto. “Sono
grato ad Alexander per aver accettato il mio invito, che suggella
una conoscenza che risale ai tempi del suo cortometraggio di laurea
alla UCLA”, ha proseguito Barbera. “È un enorme onore e
una gioia far parte della giuria di Venezia”, ha commentato
Payne. “Sebbene condivida l’ambivalenza tipica dei registi nel
confrontare i film tra loro, adoro la storia quasi centenaria della
Mostra del Cinema di Venezia, che celebra a gran voce il cinema
come forma d’arte. Non potrei essere più emozionato.”
L’82ª edizione di Venezia si terrà
dal 27 agosto al 6 settembre.
La serie prequel di Il Trono
di Spade, House
of the Dragon, è tornata con la sua attesissima seconda
stagione nel 2024, e ora la hit della HBO è stata rinnovata per una
terza e una quarta stagione. Liberamente ispirata al romanzo di
George R.R. Martin Fire & Blood del 2018, la serie racconta
il crollo della Casa Targaryen mentre il clan precipita in una
sanguinosa guerra civile. Ambientato due secoli prima degli eventi
di Game of Thrones, House of the Dragon esplora gli
eventi che avrebbero plasmato i Sette Regni molti anni dopo.
Non sorprende che la stagione di
debutto di House of the Dragon sia stata un momento di
svolta per HBO con la critica e il pubblico, soprattutto dopo il
deludente finale di Game of Thrones nel 2019.
Tuttavia, nonostante il successo iniziale della serie prequel, la
rete ha faticato a riportare i fan a Westeros abbastanza
rapidamente, e la seconda stagione di House of the Dragon è stata
ostacolata da ritardi che si sono protratti per quasi due anni.
Nonostante ciò, la popolarità dell’epico universo fantasy di Martin
non è diminuita, e HBO ha rapidamente rinnovato House of the Dragon
per una terza stagione, lasciando pochi dubbi sul futuro della
serie.
Ultime notizie su House Of The
Dragon – Stagione 3
Altri nuovi membri del cast si
uniscono al cast della terza stagione
Mentre la terza stagione continua a
prendere forma, le ultime notizie confermano che altri
nuovi membri del cast si sono uniti alla terza stagione di House
of the Dragon. La star di AndorJoplin Sibtain è stata scelta per
interpretare il ruolo di Ser “Bold” Jon Roxton, il capo della
famiglia Roxton che si allea con i Verdi. Nel frattempo, Tom Cullen
(Downton Abbey) interpreterà Ser Luthor Largent, mentre
Barry Sloane (Sandman) apparirà nei panni di Ser Adrian
Redfort. Ser Luthor Largent è un cavaliere della City Watch, mentre
Ser Adrian Redfort è un membro della Queensguard.
Confermata la terza e quarta
stagione di House Of The Dragon
HBO ha rinnovato la serie prima
del debutto della seconda stagione, ma la fine è già
chiara
La rapidità con cui HBO ha
rinnovato House of the Dragon per la terza stagione è una
testimonianza della fiducia del marchio nel franchise di Game of
Thrones. A quasi una settimana dal debutto della seconda
stagione, il rinnovo di HBO è un voto di fiducia in un mare di
incertezze riguardo alla serie fantasy epica di George R.R. Martin
nel suo complesso. Nonostante gli spin-off di Game of
Thrones stiano cadendo come mosche, House of the
Dragon è un successo sicuro che potrebbe indicare la direzione
futura del franchise.
La seconda stagione di House of
the Dragon si è conclusa il 4 agosto 2024.
Tuttavia, non è solo la terza
stagione ad essere stata confermata. La serie è stata rinnovata per
una quarta stagione, che è stata anche confermata come l’ultima
della serie. Anche se non è una grande sorpresa che la serie venga
rinnovata, alcuni potrebbero essere sorpresi dal fatto che la serie
finisca dopo solo 4 stagioni in totale, soprattutto considerando la
profondità del materiale originale in Fire and Blood e la
lunghezza di Game of Thrones. Tuttavia, George R. R. Martin
ha dichiarato sul suo blog, riferendosi a Dance of Dragons, che
sarebbero necessarie “quattro stagioni complete di 10 episodi
ciascuna per rendere giustizia alla storia”, quindi sembra che
il suo desiderio sia stato esaudito.
Stato della produzione della
terza stagione di House of the Dragon
Produzione iniziata nel marzo
2025
In una conferenza stampa
nell’agosto 2024, lo showrunner e co-creatore Ryan Condal ha
commentato il calendario di produzione previsto per la prossima
stagione (tramite
Variety). Condal ha confermato che la serie era in fase di
scrittura e che sarebbe entrata in produzione “all’inizio del
2025”. Tuttavia, ha avvertito i fan di non aspettarsi che la nuova
stagione arrivi troppo presto sugli schermi:
So che tutti vorrebbero che uscisse ogni estate. È solo che
la serie è così complessa che in realtà stiamo realizzando più film
ogni stagione. Quindi mi scuso per l’attesa.
Non sorprende che la produzione
richieda molto tempo, dato l’impressionante numero di scene con i
draghi, quindi è improbabile che la terza stagione di House of
the Dragon sarà disponibile prima del 2026. La prima stagione è
andata in onda nell’agosto 2022 e la seconda nel giugno 2024,
quindi è molto probabile che la terza stagione uscirà intorno
all’estate del 2026. Da allora, è stato annunciato che le
riprese sono iniziate nel marzo 2025.
Cast della terza stagione di
House Of The Dragon
Chi sopravviverà alla Danza dei
Draghi?
Sebbene House of the Dragon
e il suo predecessore siano noti per i loro spietati spargimenti di
sangue, il nucleo principale dei personaggi importanti è
sopravvissuto al primo atto della cosiddetta “Danza dei
Draghi”. Ciò significa che la maggior parte del cast dovrebbe
tornare nella terza stagione, tra cui Emma D’Arcy nel ruolo di
Rhaenyra Targaryen e Tom Glynn-Carney in quello del fratello
separato, Aegon. Torneranno anche altri personaggi importanti come
Daemon, interpretato da Matt Smith, e Alicent Hightower,
interpretata da Olivia Cooke.
Il cast della terza stagione ha già
iniziato a crescere e James Norton (Grantchester) è stato
scelto per interpretare il ruolo di Ormund Hightower. Capo del
potente clan, Ormund è una figura chiave nella Danza dei Draghi.
Altri personaggi importanti si sono aggiunti con l’arrivo di
Tommy Flanagan (Sons of Anarchy) nel ruolo di Ser
Roderick Dustin e Dan Fogler (Animali fantastici) in
quello di Ser Torrhen Manderly. Ser Dustin, interpretato da
Flanagan, è un feroce guerriero e capo della casata Dustin, mentre
Ser Manderly è un cavaliere eloquente e intelligente proveniente
dal Nord. Entrambi si schiereranno con i Neri nella terza
stagione.
Altri nuovi arrivati si sono uniti
al cast con l’ex attore di Andor Joplin Sibtain nel ruolo
di Ser “Bold” John Roxton, il capo della famiglia Roxton che si
schiera con i Verdi. Inoltre, Tom Cullen (Downton Abbey)
interpreterà il cavaliere della Guardia Cittadina Ser Luthor
Largent, mentre la star di Sandman, Barry Sloane, sarà il
cavaliere della Guardia della Regina Ser Adrian Redfort. Le
alleanze di Ser Luthor sono un po’ più nebulose, ma Ser Adrian è un
fedele sostenitore dei Neri nel libro.
Dettagli sulla trama della
terza stagione di House Of The Dragon
La danza è appena
iniziata
Sebbene la cosiddetta “Danza dei
Draghi” sia iniziata sul serio durante la seconda stagione, è
chiaro che è solo l’inizio. Una serie di alti e bassi ha afflitto
sia i Verdi che i Neri nel finale della seconda stagione e, in
tipico stile George R.R. Martin, sono previsti ulteriori colpi di
scena. Rhaenyra ha subito pesanti perdite nel primo scontro, ma
il ritorno di Daemon (e del suo esercito) le dà un po’ più di
potenza di fuoco.
I dettagli di ciò che accadrà
in seguito sono descritti in dettaglio nel libro, e ci sono alcune
battaglie importanti da attendere con ansia, tra cui la Battaglia
del Gullet.
Naturalmente, i dettagli di ciò che
accadrà in seguito sono descritti in dettaglio nel libro, e ci sono
alcune battaglie importanti da attendere con ansia, tra cui la
Battaglia del Gullet. Una delle domande più importanti sarà come le
stagioni 3 e 4 divideranno il resto della Danza e a che punto la
serie interromperà la storia, soprattutto considerando che Fire
And Blood continua la storia dei Targaryen ben oltre questo
punto. Comunque vada a finire, questa non sarà la fine per
Westeros, dato che è in produzione un altro spin-off, A Knight of the Seven Kingdoms, che promette di
continuare la storia di Westeros.
In vista di una grande battaglia
nella
terza stagione di House
of the Dragon, una delle star principali sta anticipando il
suo ruolo nella prossima stagione. Dopo che la seconda stagione di
House of the Dragon si è conclusa con la fuga di re
Aegon da Approdo del Re, i prossimi episodi sono destinati a
ridefinire completamente il futuro di Westeros, mentre i Neri
iniziano a muoversi sulla città. Anche il principe Aemond e i Verdi
stanno cercando di riprendere il mare dalla Casa Velaryon, anche a
costo di migliaia di vite. Con così tante battaglie all’orizzonte,
la terza stagione dovrebbe essere assolutamente devastante per
Westeros.
In un nuovo post su Twitter/X,
l’attore Abubakar
Salim (Alyn di Hull) sta già anticipando i prossimi scontri. Il
suo post ha rivelato un’immagine di Salim che indossa
un’armatura completa, con il sigillo dei Velaryon al centro del
petto. Date un’occhiata al suo post qui sotto:
Salim ha commentato il post in modo
succinto, descrivendolo solo con la parola “Yup” e
un’immagine di un pugno che colpisce il mare e un’ancora in attesa.
L’armatura sembra piuttosto vecchia, dato che il sigillo dei
Velaryon è un po’ graffiato e rovinato dal tempo.
Cosa significa il post di Salim
per House of the Dragon
Alyn è pronto a combattere
nella battaglia del Gullet
La terza stagione di House of the Dragon includerà la
battaglia del Gullet, un sanguinoso scontro navale che vedrà la
distruzione di intere flotte di navi. La battaglia coinvolgerà
diversi draghi, dozzine di navi e migliaia di vite perse in nome
dei Velaryon e dei Targaryen. Sebbene Alyn non abbia rivendicato un
drago, sarà fortemente coinvolto nella battaglia, poiché è “sale
e mare”, proprio come il suo padre illegittimo, Corlys
Velaryon. Alyn sembra essere sulla strada per rivendicare la
Casa Velaryon per sé, quindi questa battaglia potrebbe dargli
una legittimità significativa, se sopravviverà.
Alyn è stato introdotto nella
stagione 2, episodio 1, “Un figlio per un figlio”.
Alyn ha già indossato abiti della
Casa Velaryon, poiché è al servizio della Casa, quindi non è
necessariamente sorprendente che indossi il sigillo. Tuttavia, è un
segno che rimane fedele alla sua famiglia, anche se rifiuta di
riconoscere la sua discendenza e i privilegi che essa può
garantire. Anche i post emoji di Salim sono un indizio sul futuro
di Alyn, poiché il pugno è legato al soprannome di Alyn: Alyn
Oakenfist. Dato che Alyn combatterà nella terza stagione di
House of the Dragon, potrebbe benissimo guadagnarsi quel nome
in questi episodi.
Si dice spesso che “la natura
chiama”, ma non tutti sono pronti ad ascoltarla… e ancora meno a
rispondere al suo richiamo. Lasciare alle spalle il comfort della
città, la sicurezza della propria casa e l’amore della propria
famiglia richiede coraggio, resilienza, spirito d’avventura,
capacità di rinuncia e, soprattutto, una grande attitudine
all’adattamento. Chi non riesce a compiere questo passo osserva chi
ne è capace con straniamento, incomprensione e, forse, anche con
una buona dose di scetticismo. È proprio da una domanda semplice e
potente — perché esplorare? — che nasce
Beyond, il nuovo documentario dell’esploratore e
divulgatore italiano Alex Bellini. Presentato in anteprima
sabato 26 aprile al 73° Trento Film Festival, nella
sezione ALP&ISM, l’opera di Bellini si configura come
un diario intimo e audace, in cui l’autore interroga se
stesso e lo spettatore sul senso profondo dell’avventura e sul
nostro rapporto con la natura e l’ignoto.
Beyond porta la firma di
Alex Bellini alla regia, affiancato da Francesco Clerici, che cura
anche il montaggio. La colonna sonora originale è composta da
Michele Braga. Il documentario è prodotto da Francesca Urso per The
5th Element, con il sostegno di APF Valtellina by Provincia di
Sondrio, e realizzato in collaborazione con La Scala – Società tra
Avvocati, Montura e UNIMATIC Watches.
Beyond. Per gentile concessione di Storyfinders.
Oltre il ghiaccio, dentro
se stessi
Nel gennaio 2025, Alex Bellini
sceglie di tornare in quell’immenso mare di neve che, otto anni
prima, lo aveva messo alla prova duramente: il ghiacciaio
Vatnajökull, in Islanda, il più grande d’Europa. Nel 2017,
su quella sterminata e ostile distesa di ghiaccio, Bellini aveva
vissuto un’esperienza estrema, ai limiti della sopravvivenza,
capace di segnare profondamente il suo percorso umano e
professionale, tanto da spingerlo a ritornare in quei luoghi
isolati e silenziosi.
Otto anni più tardi, quella
spedizione non rappresenta più soltanto il ricordo di un’impresa
fisica: si trasforma in un’occasione per una nuova
narrazione e “una riflessione profonda sul concetto di limite,
sulla rinuncia, sulla perseveranza e sul legame primordiale tra
l’essere umano e la natura”. Munito solo di attrezzatura essenziale
(e di una GoPro, un microfono e un drone) e affiancato da un
complice d’eccezione — un fotografo d’avventura, anch’egli animato
dallo stesso spirito di ricerca — Bellini conduce lo
spettatore in uno degli angoli più remoti del pianeta e dell’anima,
alla ricerca del significato profondo dell’”andare oltre”.
Cosa ci spinge ad andare oltre? Da dove nasce questo bisogno di
superare confini visibili e invisibili?
“Ogni tanto mi chiedo perché
faccia tutto questo: scappo da qualcosa o inseguo qualcos’altro?
Oppure sento il bisogno, l’urgenza di confrontarmi con un limite?
Ma qual è questo limite?” — Alex Bellini
Beyond. In foto l’esploratore italiano Alex Bellini.
Esplorare i propri limiti per comprendere l’essenza
della vita
Davanti al microfono, Alex Bellini
fa un rapido “prova, uno due tre”, poi volge lo sguardo al di là
della camera e commenta: “Ah, l’inizio di tutto?”. È così che si
apre il suo diario cinematografico, un racconto sospeso tra
passato e presente, tra esplorazione e meditazione. Con
calma, lucidità ed estrema serietà, Bellini si prepara a narrare e
a guidare lo spettatore in un viaggio profondo, segnato da emozioni
autentiche e ricordi che ancora oggi gli appaiono limpidi e
vivissimi.
La narrazione è lenta, la
sua voce timida e pacata: anche nelle scene più
angoscianti e pericolose, Bellini mantiene un tono misurato, quasi
meditativo. Non c’è enfasi, non c’è dramma forzato: c’è
rispetto. I ricordi che riporta alla luce si ammantano di
una solennità naturale, assumendo un significato più grande
attraverso la sua riflessione pacata, che, in un modo o nell’altro,
finisce per interrogare anche noi, spettatori, soprattutto chi non
ha ancora trovato il coraggio di “andare oltre” i propri limiti e i
confini rassicuranti del mondo conosciuto.
Fin dai primi minuti, Bellini
affronta indirettamente alcune delle domande che più spesso si
pongono a chi esplora la natura e si confronta con i suoi pericoli:
perché intraprendere simili sfide? Cosa spinge a superare i
propri limiti? Come si affronta la paura di non riuscire a tornare
a casa? La risposta, tanto semplice quanto difficile da
accogliere, si fa strada tra le righe di questo diario: si
esplora spinti dal bisogno profondo di cercare un senso più
grande. Di fronte all’immensità della natura – che si
tratti di oceani, ghiacciai o deserti – è impossibile non sentire
tutta la nostra piccolezza e fragilità. È lì che si accende una
fiamma inarrestabile, il bisogno primordiale di trovare
delle risposte, di capire quale sia il nostro posto nel mondo e che
senso abbia il nostro cammino. È quello che accade anche a
Bellini: nonostante il gelo, l’isolamento, la durezza dei luoghi,
la lontananza dagli affetti e il peso della memoria, il desiderio
di dare un significato profondo alla sua vita, e alla missione
vissuta otto anni prima, resta qualcosa di troppo potente per
essere soffocato o ignorato.
Beyond. Per gentile concessione di Storyfinders.
“Non si viaggia per fuggire dalla vita, ma perché la
vita non ci sfugga”
In poco meno di 45 minuti,
Alex Bellini porta sul grande schermo i suoi pensieri e le
sue riflessioni sull’esplorazione, invitando lo spettatore
a intraprendere a sua volta un viaggio interiore, fatto di dubbi,
domande e incertezze. “Non smettere mai di cercare, non
accontentarti di ciò che conosci”, afferma Bellini verso la fine
del docufilm, condensando il vero spirito dell’esplorazione:
non fermarsi ai confini del noto, ma spingersi oltre, per
scoprire cosa si cela al di là della propria personale “caverna di
Platone”. Esplorare significa rifiutare la prigionia del
proprio piccolo mondo e scegliere invece di abbracciare, per quanto
possibile, la meravigliosa e disarmante vastità della realtà.
Nella sua apparente semplicità e
nella sua profonda fragilità, Beyond si rivela
così un’opera intensa: una meditazione sull’essenza stessa
dell’umanità e sul nostro rapporto con il mondo. E, nel
farlo, lancia un messaggio urgente e silenzioso: un invito a
rispettare la natura che ci è stata affidata, nella sua autenticità
e nel suo mistero.