Beppe Fiorello ha
voluto accanto a sé tutto il cast per presentare alla stampa
Stranizza d’amuri, il suo primo lavoro dietro la
macchina da presa, che arriva esclusivamente nelle sale
cinematografiche dal 23 marzo. Il film ha avuto una lunga
gestazione, durata dodici anni, nata dall’idea di far conoscere la
vicenda del delitto di Giarre, avvenuto nelle campagne siciliane
nel 1980. A morire furono due ragazzi: Toni e Giorgio, cui capitò
di innamorarsi in un momento e in un luogo in cui quell’amore non
era considerato ammissibile.
La vicenda produttiva di Stranizza
d’amuri
Eleonora Pratelli
di Iblafilm, che ha prodotto il lavoro assieme a
Fenix Entertainment e Rai Cinema,
parla così del progetto cui ha dato vita assieme al marito, Beppe
Fiorello: “Sono almeno dodici anni che Beppe mi parla di questa
storia accaduta nella sua Sicilia, che lo aveva profondamente
colpito. Sette anni fa […] gli ho detto che era arrivato
il momento di raccontarla e che lo avrei aiutato a realizzare il
suo sogno.[…] Volevo che fosse libero di raccontare la
storia come l’aveva sempre immaginata e per questo dovevo esserci
io a proteggere la sua visione. Beppe ha sempre amato raccontare le
storie vere, perché sono importanti, tirano fuori emozioni e verità
e noi due amiamo stare dove gli altri non stanno”.
La genesi di Stranizza d’amuri
nelle parole del regista
Beppe Fiorello
ripercorre così la nascita del film: “È nato da un articolo di
cronaca che ho scoperto tredici anni fa, che celebrava il
trentennale del delitto di Giarre. Mi colpì a tal punto che mi sono
sentito quasi in colpa a non aver mai saputo di questo delitto. Non
lo conoscevo, l’ho scoperto troppo tardi, da grande. Mi sono
sentito anche un po’ corresponsabile, da siciliano, della
mentalità […] che ha insabbiato quella storia”. È
questo episodio ad aver fatto nascere il desiderio di farne un film
e dirigerlo, una vera e propria esigenza, afferma Fiorello:
“Un’esigenza, non una voglia di fare il regista. Non ho fatto
questo film per fare il regista, ma per raccontare questa storia.
Ho immaginato immediatamente, mentre leggevo quell’articolo, che la
avrei raccontata, ma che dovevo stare un passo indietro, esserne,
appunto, il regista. […] Ho iniziato, quindi, un percorso
di ricerca anche di genere, su come l’avrei fatto. Ci sono voluti
molti anni. Avrei potuto scegliere una linea investigativa e fare
un film di genere. […] Ma non c’erano gli elementi reali
perché io potessi poi sbandierare con orgoglio una verità. Perché
non c’è mai stata una verità su quel delitto. […] Sono
emerse solo due ipotesi: omicidio o omicidio suicidio. […] Allora
mi sono affidato alla mia immaginazione, scegliendo con coraggio
più che una tematica, la poetica. Ho immaginato un’estate di due
ragazzi che si incontrano e fanno un percorso di vita
insieme”.
Le fonti e le indagini sul delitto
di Giarre
“Abbiamo fatto ricerche prima di
scrivere”, racconta Fiorello. Per quanto
riguarda le indagini, il regista e uno degli sceneggiatori,
Carlo Salsa, ricordano come queste siano state
assai brevi e timide. Fiorello: “C’era stato
un inizio di indagine, addirittura un sospettato, che si dichiarò
colpevole e dopo una settimana ritrattò […] Era un bambino
di 12 anni, il nipote di uno dei due ragazzi. Poi si chiuse la
questione investigativa, finì tutto. Si catalogò, credo, come
omicidio suicidio. Io mi sono fatto una mia idea. Forse è stato
fatto perché lavava meglio le coscienze. […] Ma la scena
del delitto parlò abbastanza chiaramente sul fatto che non fosse un
omicidio-suicidio”. Carlo Salsa conviene col
regista: “Le indagini sono state molto timide. Sostanzialmente
si è messo in atto un meccanismo di insabbiamento totale da parte
di entrambe le famiglie. Nessuna delle due aveva interesse a
scoprire qualcosa di più. A tutti conveniva pensare che fosse un
suicidio”.
La mentalità di allora e quella di
oggi sull’amore omosessuale
Fiorello ha poi l’opportunità di
chiarire la sua idea dell’adolescenza come di un’età piena di
energia e vitalità in cui il rapporto con gli amici, coi propri
pari, è strettissimo e fondamentale e in cui, in maniera naturale,
il confine tra amicizia e amore diventa labile: “Ho preso in
prestito anche la mia adolescenza, i miei ricordi. […] C’è
una parte di me in quei due ragazzi. C’è quel tratto di vita che
trovo sia divino: l’adolescenza. Un momento in cui ci si ama tra
amici, pur non essendo omosessuali. Io ho amato i miei amici. Ci
amavamo veramente”. Ed evidenzia la “purezza” di
questo tipo di amore. Per quel che riguarda il discorso sociale e
politico sull’omosessualità, Fiorello aggiunge: “Conosco la
Sicilia, la questione dell’omertà, delle paure, del non capire un
amore, ma dentro di me speravo di fare un film storico, di
raccontare come eravamo. In realtà, qui la questione si
ripete”. “L’amore adolescenziale va al di là di tutti i
discorsi politici. […] Noi siamo arretratissimi rispetto
agli adolescenti che si guardano e si amano. […] Si tratta
di essere persona che ama una persona. […] Non ci vorrebbe
nemmeno una legge per proteggere gli omosessuali o chi si vuole
amare. In un mondo meraviglioso e perfetto non ci vorrebbero i
dibattiti politici perché dovrebbe essere tutto naturale e
normale”. E a chi parla di Stranizza
d’amuri come di una storia di coraggio risponde:
“E’ un peccato pensare che per amarsi ci voglia coraggio.
Bisognerebbe amarsi per amarsi, con amore, non coraggio”.
Stranizza d’amuri, aggiunge: “vuole
essere un inno alla vita, alla libertà di amarsi … di viaggiare
liberi col vento in faccia”.
La differenza tra cinema e tv.
Per Beppe Fiorello, amato attore di
fiction televisive, ma anche di cinema, non poteva mancare in tempi
di crisi delle sale e grande auge della serialità televisiva e
dello streaming, una domanda sulla differenza tra i due mezzi,
cinema e tv. L’attore e regista risponde: “La differenza può
essere sostanziale o meno, ma dipende dalla storia, non dal mezzo.
Dipende da cosa gli autori propongono al pubblico. Mi piacerebbe
che tornasse un po’ di più il cinema, però io ho sempre puntato
prima alla storia e poi al suo destino”. “Non trovo
differenze, se non quella di esperienza emotiva e sensoriale.
Condividere un film in una sala come questa è una bellissima
esperienza. Vedere un film o una fiction a casa è un altro tipo di
esperienza, più distratta, meno focalizzata su ciò che stiamo
vedendo”. Parlando poi della fruizione delle serie tv, la
definisce un’esperienza ai limiti del patologico: “Sulla mia
pelle sento quasi patologica la visione di una serialità. Mi crea
dipendenza, e non mi piace vedere un film o una serie con la
dipendenza.[…] Non è una bella esperienza secondo me, sta
diventando controproducente per la salute. Quanti di noi hanno
fatto tardi per vedere una serie? A quel punto non la vedi più
perché ti interessa la storia, ma per far sapere che l’hai
vista […] Non ti rimane un’emozione. Forse oggi punterei
più al cinema”.
Gli interpreti e i loro
personaggi

La parola passa poi ai protagonisti
del film. Gabriele Pizzurro, che interpreta Nino,
uno dei due personaggi principali, racconta così la sua esperienza
sul set: “Interpretare Nino è stato bellissimo. È un
personaggio che ha molto di me, per quanto riguarda la purezza, io
mi definisco molto simile a Nino per alcuni aspetti. Altri
ovviamente sono diversi. Col mio compagno di avventura,
Samuele [Segreto, nel ruolo
di Gianni, che non ha potuto essere presente ndr], posso dire
di aver vissuto ciò di cui prima parlava Beppe: il fatto che ci si
innamori quasi degli amici, per entrare nel personaggio. Alcune
scene necessitavano questo trasporto. Io devo dire che c’è stato.
Porto a casa una bellissima esperienza formativa, sia a livello
umano che lavorativo”.
Fabrizia
Sacchi, che ha dovuto calarsi nei non facili panni
della madre di Nino, parla di Stranizza
d’amuri come di “un’esperienza vera”.
“Dal primo momento in cui Beppe ci ha chiamati, sono andata due
giorni a Pachino a vedere i luoghi. È stato un percorso diverso di
preparazione al film rispetto ad altre volte. […]
Un’immersione totale […] in questa storia, in questa
realtà, nei profumi, nei colori. Siamo stati immersi in questi
personaggi, alla fine non potevamo che essere noi“. Prosegue
parlando del lavoro sul personaggio di Carmela, animato da due
forze: “Dentro di me c’era la forza oscura […] degli
anni 80, di chi non ha parlato, […] dell’ignoranza, di
vivere in un certo tipo di cultura. Però […] sentivo anche
una forza molto viva e bella di madre che protegge il cucciolo,
anche se disastrato, e non permette che gli si faccia del
male”.
Simona
Malato, che interpreta Lina, l’altra madre del film,
ne parla così: “Lina, diversamente dalla famiglia di Nino, si
trova già in una condizione di stranezza. […] la vive dentro di sé.
Ho sempre pensato che se avesse avuto il coraggio di assumerla,
avrebbe preso il figlio per mano e sarebbe volata via con lui.
Invece non ce la fa e resta imbrigliata nel suo silenzio e nella
sua incapacità di opporsi, nonostante la passione enorme e
coinvolgente che ha nei confronti di suo figlio”.
L’ambientazione di Stranizza
d’amuri
“Per l’ambientazione“,
afferma Fiorello, “ho tratto ispirazione da un regista che amo
moltissimo. Vidi Roma, di Alfonso Cuaron, che mi colpì
moltissimo. […] Disse in un’intervista che aveva voluto
ambientarlo durante la rivoluzione, la battaglia civile nel suo
paese. Questo mi ha […] suggerito di ambientare questa
piccola, tragica storia, mentre l’Italia era in un momento di
grandissima positività”. La vicenda è ambientata, infatti,
nell’estate del 1982, durante i campionati del mondo che saranno
poi vinti dall’Italia. L’idea era dunque quella di “appoggiare
questa storia intimista, nascosta in un angolo della provincia
siciliana, ad un momento universale”.
Franco Battiato e la musica in
Stranizza d’amuri
“Le canzoni sono state un’altra
fonte di ispirazione”, racconta Fiorello. “Franco
Battiato in particolare. Stranizza d’amuri mi sembrava
avesse trovato la sua casa naturale nel dare il titolo a questo
film. La canzone racconta di un amore impossibile in tempo di
guerra. […] Mi sembra che Gianni e Nino combattano una guerra”
Prosegue ricordando il proprio legame con la musica di Franco
Battiato: “Battiato è stata la colonna sonora della mia
adolescenza. La voce del padrone l’ho consumato.
Summer on a solitary beach non suonava più per
quanto l’ho ascoltata. È una canzone che ho tramandato ai miei
figli”. “Battiato non poteva non essere nel film. Perché
sentivo naturale la sua partecipazione”. Così come naturale è
stato coinvolgere Giovanni Caccamo nel lavoro alle
musiche originali: “Ho pensato subito a lui, perché ha dentro
quell’amico, quell’ispiratore, quel mentore che è Franco
Battiato”. Gli fa eco Caccamo stesso, che si dice
profondamente coinvolto a livello emotivo dalla storia e dal modo
in cui Fiorello ha saputo raccontarla, ricordando poi, a proposito
del film, una frase del maestro Battiato :“C’è una frase che mi
disse Franco […] e che rivedo in questo tuo lavoro: Avrai
solo una strada per rimanere un uomo e un artista libero,
ricordarti sempre di scardinare la tua arte da ogni fine. Io in
Stranizza d’amuri vedo questo e te ne sono
grato”.
Stranizza d’amuri, Giarre e la
dedica a Toni e Giorgio
Infine, Fiorello precisa con
orgoglio che il film sarà in sala anche a Giarre, luogo in cui
avvenne il delitto di Toni e Giorgio: “Questa notizia mi ha
emozionato tantissimo”, e coglie l’occasione per spiegare la
scelta di girare il film sì in Sicilia, ma non a Giarre:
“Sentivo di non dover rischiare di turbare la serenità di
qualcuno, persone che sono certo che ancora oggi, nonostante le
scelte che hanno fatto e che abbiamo raccontato, stanno sicuramente
soffrendo. […] Allora mi sono discretamente allontanato,
non di molto. Sono stato vicino a Toni e Giorgio, […] ma
mi sentivo più tranquillo, come per non disturbare”. Alla
dedica ai due ragazzi però tutto il cast tiene molto ed anche a
ricordare quel movimento di coscienze che si mise in atto dopo il
delitto.
Movimento che, spiega il regista,
“mi dà l’opportunità per proporre al mondo una Sicilia
diversa”. Non quella mafiosa o criminale, che torna oggi alla
ribalta delle cronache con l’arresto di Messina Denaro, ma quella
che si batte per i diritti civili: “Nasce proprio nella mia
terra il movimento per i diritti degli omosessuali. In quella terra
che invece è conosciuta solo per patriarcato e mafia”.
Luigi Carollo, coordinatore del Palermo Pride,
ricorda quel movimento: “Le cose stavano cambiando. I fatti di
Giarre accelerano una svolta nel movimento gay […] e nasce a
Palermo il primo circolo Arcigay. […] Nasce nella mia città nel
1980 e solo dopo cinque anni diventa un’associazione
nazionale”. Prodotto da Iblafilm e
Fenix Entertainment con Rai
Cinema e distribuito da Bim,
Stranizza d’amuri è al cinema dal 23
marzo.
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