Co-produzione tra Regno Unito e Francia, la serie thriller in sei puntate Liaison esplora i pericoli del cyber-terrorismo, raccontando la battaglia degli agenti governativi e di spie che affrontano sul campo minacce fin troppo occulte. Scritto da Virginie Brac e diretto interamente da quello che un tempo era uno specialista dell’action-thriller Stephen Hopkins – chi ricorda i suoi passati successi sul grande schermo Predator 2 e Blown Away? – lo show vede un cast di rilievo che comprende Vincent Cassel, Eva Green, Peter Mullan, Gérard Lanvin e la sempre amata Irène Jacob, indimenticata protagonista de La doppia vita di Veronica e Tre Colori: Film Rosso per Krzysztof Kieslowski.
Liaison, una serie problematica
Partiamo subito con il dichiarare che, se siete minimamente esperti nel genere che Liaison propone al pubblico di Apple TV+, allora non è decisamente il prodotto che fa per voi. Il primo, lampante difetto sta in una costruzione narrativa che da una parte risulta inficiata di buchi logici e sviluppi della trama piuttosto insensati, mentre dall’altra risulta decisamente stiracchiata per arrivare a coprire l’arco delle sei puntate: si ha fin troppo spesso la sensazione che alcuni twist nella trama e le conseguenti scene siano state inseriti per arrivare ai cinquanta minuti richiesti dalle puntate del format. Per questo praticamente tutti i personaggi secondari non riescono realmente a sviluppare la bidimensionalità necessaria perché la tensione emotiva venga creata dai loro dilemmi o dai rapporti conflittuali tra gli stessi.
Ed è un vero peccato poiché
quando si ha a disposizione un cast del genere ci si aspetta
giustamente che ogni attore riesca a dare spessore al proprio
ruolo, non semplicemente tentare di “riempire” i vuoti creati da
sceneggiature incapaci di elevarsi rispetto alle ovvietà del genere
stesso. Se avere un solo regista al comando aiuta Liaison a
mantenere una certa coerenza estetica, bisogna al tempo stesso
ammettere che Stephen Hopkins davvero nulla aggiunge alla qualità
della produzione, con una messa in scena che si limita alla lezione
calligrafica senza sfruttare a dovere almeno un paio di situazioni
che avrebbero richiesto di lavorare con originalità sul montaggio e
sugli effetti speciali.
L’impressione è quella che forse – e questo potrebbe essere un motivo plausibile – Liaison a livello produttivo abbia risentito pesantemente delle limitazioni imposte dalla pandemia e sia stata quindi realizzata con tentennamenti, o magari addirittura con eccessiva fretta. Tale problema spiegherebbe uno show il quale spreca quasi tutte le potenzialità che in nuce avrebbe potuto possedere, prima tra tutte quella dell’ambientazione europea.
Vincent Cassel, elettrico e
ambiguo
Perché allora vi consigliamo comunque di dare una possibilità a Liaison e vedervela magari tutta d’un fiato? Il motivo è semplice, e ha un nome e un cognome: Vincent Cassel. Se come chi scrive apprezzate questo attore con la sua perenne aura da mascalzone che sa farsi amare, se non riuscite a sottrarsi al suo fascino elettrico e ambiguo, ebbene Liaison non farà che confermare tutto questo. Cassel tiene letteralmente in piedi Liaison con la sua presenza scenica unica, rendendo vulnerabile e fallibile il suo mercenario con un cuore pulsante. Più della parte thriller infatti la serie funziona quando esplora le stanze del melodramma romantico, con l’attore che riesce a farci arrivare tutto il dolore del personaggio anche attraverso uno sguardo o un silenzio. La sottotrama amorosa che vede co-protagonista Eva Green (purtroppo non altrettanto efficace) è il fattore più riuscito di Liaison, e riesce a salvare almeno in parte un prodotto altrimenti privo di appeal. A parte, come vale la pena ribadire, il suo magnetico protagonista.