Dopo aver esplorato i
territori dell’horror,
Federico Zampaglione si concede
un’altra incursione nel cinema, del tutto diversa, con
Morrison, tratto dal suo romanzo Dove tutto è a
metà, scritto a quattro mani con Giacomo Gensini. Si
tratta del racconto di formazione del giovane Lodo,
Lorenzo Zurzolo, che cerca la
sua strada nella musica e nella vita suonando con i Mob. Ma anche
di un confronto, di uno scambio tra generazioni, che nasce
dall’incontro con Libero Ferri, Giovanni Calcagno, musicista
in declino. Due facce della stessa medaglia quelle che propone
Zampaglione. Due fasi e due modi del vivere di musica o
almeno provare a farlo, seguendo la propria passione.
La trama di
Morrison
Lodo, Lorenzo
Zurzolo, è un giovane musicista. Suona tutti i giovedì al
Morrison con la sua band, i Mob. È timido, schivo, ama suonare, ma
ancora si sente a disagio quando sale sul palco. Un incontro
casuale con Libero Ferri, Giovanni Calcagno, vecchia gloria
che ora fa vita ritirata, ricordando i fasti del passato e il
successo della sua unica hit Di sale e di fuoco, dà il via a
un’amicizia per entrambi occasione di scambio e crescita.
Un evento tragico
e una cocente delusione mettono in crisi Lodo, mentre Ferri, pur
incoraggiato dalla moglie Luna, Giglia Marra, non riesce a
trovare lo slancio per tornare a mettersi in gioco. Continueranno a
seguire la loro passione o la abbandoneranno, scegliendo di
cambiare strada?
Alessandra Amoroso,
Ermal Meta e gli altri nel cast di
Morrison
Per
Morrison, Zampaglione ha chiamato a raccolta
conoscenze dal mondo della musica, come l’amico Ermal Meta,
e Alessandra Amoroso,cui ha affidato delle piccole
partecipazioni. Nel primo caso si tratta di un personaggio di
finzione – colui che dovrà decidere se reclutare i Mob per un
Festival musicale – mentre Alessandra Amoroso interpreta sé
stessa. C’è poi la compagna di Zamapaglione, Giglia Marra,
nel ruolo della paziente e materna moglie di Libero Ferri, Luna. Il
cast però si arricchisce anche di altre presenze, come Stefano
Ambrogi, il proprietario del Morrison, Andrea Renzi, il
padre di Lodo, o Adamo Dionisi, che interpreta il boss.
Morrison – un
atto d’amore per la musica, ma una sceneggiatura da rivedere e un
protagonista acerbo
Era una sfida per
Federico Zampaglione affrontare territori diversi da quelli
dell’horror, che percorre ormai da anni con un certo seguito. Da
Nero bifamiliare, a Shadow, fino a
Tulpa. Stavolta però, il cantautore e regista, che
ama sperimentare più che inseguire i gusti del pubblico, come ha
affermato in conferenza stampa, voleva dare spazio ad un raccono
più personale, che uscisse dai confini di genere.
Morrison è
un film altalenante, con luci e ombre. Le luci sono senz’altro in
tutto ciò che nel film ha a che fare con la musica e il
suo mondo. L’ambientazione è curata e realistica, come non poteva
che essere, trattandosi del racconto dell’ambiente professionale
che Zampaglione vive ed ha vissuto. Quindi, il
locale-barcone sul Tevere, il proprietario che ti fa suonare solo
se porti gente, il fonico “mezzo sordo”, i compagni di band che
sono come una famiglia. A volte si va d’amore e d’accordo, altre si
litiga. Morrison è anche una riflessione sincera e
spassionata sugli alti e bassi, i momenti bui della carriera,
quelli in cui hai la tentazione di abbandonare tutto e molti tra
coloro che erano al tuo fianco ti voltano le spalle. Più o meno da
vicino, in maniera più o meno romanzata, si ha la sensazione che il
regista mostri parecchio di sé, della sua esperienza, sia
giovanile, che più matura, come dei tanti personaggi incontrati
lungo la strada. Questo fa bene al film. Quasi scontato dire che
sia un piacere ascoltare la colonna sonora, curata da
Zamaglione stesso, di cui fa parte anche Cerotti,
ultimo singolo dei Tiromancino, scritto con Gazelle.
Musicalmente il film funziona benissimo. Il regista riesce a far
cantare i suoi due protagonisti in maniera credibile.
Calcagno si cimenta con grinta con il grande successo di
Libero Ferri Di sale e di fuoco, mentre Lorenzo
Zurzolo canta Sotto sotto, di cui ha scritto anche il
testo, e per la quale Zampaglione ha composto un riff
azzeccatissimo, oltre all’assolo di chitarra finale.
Poi però, c’è il resto.
Se il soggetto era il romanzo, la sceneggiatura del film, scritta
come questo a quattro mani con il fidato collaboratore
Giacomo Gensini, ha parecchie ombre. Il film è, sì,
puntaggiato di ironia, con alcuni scambi esilaranti ed efficaci, ma
ci sono salti improvvisi nell’evolversi della vicenda, momenti a
cui si sarebbe dovuto arrivare con maggiore gradualità. Un filo
narrativo romantico piuttosto banale, soprattutto per quanto
riguarda Lodo e la sua frequentazione con Giulia, la pur brava
Carlotta Antonelli. Vi sono sequenze prescindibili, come
quella del “trip” di Libero, e qualche elemento scontato – Libero,
nella sua crisi, passa attraverso alcohol, droga, gioco d’azzardo,
in un evolversi ampiamente prevedibile.
Nel delineare la figura
di Ferri, interpretata in modo efficace da Giovanni
Calcagno, sembra esserci comunque una maggior cura e un maggior
approfondimento delle dinamiche psicologiche del personaggio, che
si confronta con il proprio fallimento professionale. Per quel che
riguarda Lodo, invece, Zampaglione si lascia andare alla
nostalgia degli anni trascorsi a suonare in locali fumosi e a
girare col furgoncino, ma questo non è sufficiente a dare spessore
al personaggio. Lorenzo Zurolo – Baby, Sotto il sole
di Riccione – appare spesso spaesato. Fatta salva la
canzone che interpreta, in cui riesce a mettere qualcosa in più di
sé, sembra rimanere distante da Lodo e spinge anche lo spettatore a
distanziarsene. Gli altri componenti della band sembrano più a loro
agio nei rispettivi ruoli: Gabriele Sorrentino, Attila, ma
soprattutto Valentino Campitelli, che interpreta Ciccio, e
Daniele Rienzo, Zed.
Morrison,
in sala dal 20 maggio, prodotto da Pegasus e
distribuito da Vision Distribution, resta un atto d’amore
sincero, anche se un po’ sconnesso, nei confronti della musica, una
compagna che non
ti lascia mai, nel bene e nel male, come tutti i grandi amori.

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