La regista di Barbie, Greta
Gerwig, è tornata a parlare della possibilità di un
sequel. Come riportato da Variety, urante la presentazione
di Women of the Year di Time, la regista ha infatti dichiarato che:
“Se trovo la risacca, allora lo facciamo. Se non trovo una
risacca, non c’è più niente da fare“. Una risposta che lascia
dunque poco all’interpretazione, ma la Warner Bros. Discovery sarà
sicuramente molto motivata a trovare una storia che spinga a un
secondo film. “È qualcosa che ho amato moltissimo fare“,
ha aggiunto. “E ho amato così tanto il mondo che abbiamo
costruito e tutti gli attori e l’idea di poter stare di nuovo con
quel gruppo di persone è molto eccitante“.
“La mia stella polare è ‘Cosa
amo profondamente? Cosa mi interessa davvero? Qual è la storia che
c’è sotto questa storia?“. Gerwig si è chiesta ad alta voce.
“E penso che con ‘Barbie’, la storia che c’era sotto era che io
amavo Barbie. Ricordo che andavo da Toys R Us e guardavo le Barbie
e mi piacevano i loro capelli. Mi piaceva tutto di loro e mia madre
non era convinta. E trovo che sia questa la storia, questa la
storia generazionale… Cerco sempre di trovare questi
risvolti“. Per il momento, tuttavia, non sembrano esserci
piani per un sequel e con Gerwig impegnata sui film di
Le Cronache di Narnia, potrebbe eventualmente volerci un
po’ prima di pensare ad un ritorno a Barbieland.
Chi c’era nel film di Barbie?
Barbie è stato diretto da Greta
Gerwig da una sceneggiatura scritta insieme a
Noah Baumbach. È stato prodotto da Margot Robbie e Tom Ackerly per LuckyChap e da
Robbie Brenner di Mattel Films insieme a Josey McNamara e Ynon
Kreiz. Durante la sua programmazione nelle sale, il film ha
ottenuto un incasso mondiale di oltre 1,4 miliardi di
dollari, diventando così il film di maggior incasso del
2023. Il film è interpretato da Margot Robbie,
Ryan Gosling,
America Ferrera, Simu Liu, Kingsley Ben-Adir, Scott Evans, Kate
McKinnon, Ariana Greenblatt, Alexandra Shipp,
Emma Mackey, Issa Rae, Michael Cera, Hari Nef, Will Ferrell,
Helen Mirren, Dua Lipa e altri ancora.
In attesa di poter vedere Furiosa: A
Mad Max Saga, film prequel
di Mad Max:
Fury Roadche esplora le origini del
personaggio Furiosa (interpretato nel titolo del 2015 da Charlize Theron), Chris Hemsworth ha condiviso un’altra immagine
del suo personaggio villain, dove lo si può ritrovare seduto su una
moto chopper custom dall’aspetto folle, nel bel mezzo del deserto,
con un lungo e fluente mantello bianco drappeggiato sulle spalle da
vero e proprio signore della guerra. “Puoi correre ma non puoi
nasconderti”, scrive Hemsworth nel post, che si può vedere qui di
seguito.
In FuriosaAnya Taylor-Joy
assume il ruolo che è stato di Charlize Theron
in Mad Max: Fury Road. La
sinossi ufficiale recita: mentre
il mondo va in rovina, la giovane Furiosa viene strappata dal Luogo
Verde delle Molte Madri, e cade nelle mani di una grande Orda di
Motociclisti guidata dal Signore della Guerra Dementus.
Attraversando le Terre Desolate, si imbattono nella Cittadella
presieduta da Immortan Joe. Mentre i due tiranni si battono per il
predominio, Furiosa deve sopravvivere a molte prove e mettere
insieme i mezzi per trovare la strada di casa.
Taylor-Joy ha rivelato che il film
è molto diverso da Fury
Road. Mentre quest’ultimo era un “road movie” che si
svolge in pochi giorni, questo nuovo film è invece descritto come
un racconto più “epico, che si svolgesu un
piùlungo periodo di tempo, e in un certo senso impari a
conoscere Furiosa meglio in questo modo“. Atteso da molti anni
e a lungo bloccato da una disputa legale tra Miller e la Warner
Bros. il film è ora in fase di post-produzione. Furiosa è
scritto, diretto e prodotto da George
Miller insieme al suo partner di produzione di lunga
data Doug Mitchell. Oltre a Taylor-Joy, nel film
ci sarà anche Chris Hemsworth nel
ruolo del villain. Furiosa
debutterà nelle sale il 24 maggio 2024.
L’adattamento live-action di
Bambi della Disney avrebbe perso la sua
regista. The Wrap riporta infatti che la premio
Oscar Sarah Polley non dirigerà più la nuova
versione del film, anche se i motivi non sono stati chiariti. La
notizia arriva sulla scia delle dimissioni del presidente dei Walt
Disney Motion Picture Studios Sean Bailey,
annunciate alla fine del mese scorso. Secondo il rapporto, Bailey è
stato il principale responsabile degli sforzi della Disney per
realizzare adattamenti in live-action di vari classici. Tuttavia,
la partenza di Bailey mette in discussione lo stato di alcuni
progetti live-action che erano in cantiere, tra cui
Bambi.
Lo scorso giugno era stato riferito
che la Polley, vincitrice della sceneggiatura di Women
Talking,
era in trattative per dirigere Bambi, mentre il film
stesso era stato annunciato come in fase di sviluppo all’inizio del
2020. Come noto, questo remake in live action dovrebbe aggiornare
la storia per renderla
più facilmente comprensibile dai bambini, riportando così la
storia del giovane cervo colpito da una tragedia che conta tra i
suoi amici del bosco il coniglio Thumper e una puzzola di nome
Flower. Il film animato della Disney, uscito nel 1942, è stato
tratto dal romanzo di Felix Salten del 1923.
Il
remake della Disney Bambi è ancora in fase di
sviluppo
Annunciata a gennaio 2020, la nuova
versione di Bambi attualmente non ha una data di uscita. Ora che la
Polley sembra dunque fuori dal progetto, non è noto se e di quanto
il film potrà subire ritardi. Lindsey Anderson
Beer era stata incaricata di scrivere il remake, ma ha
dovuto poi lasciare il ruolo per via di altri impegni. Dovrebbe
però rimanere accreditata come sceneggiatrice, insieme ai nuovi
arrivati Geneva Robertson-Dworet, Micah
Fitzerman-Blue e Noah
Harpster. Questo remake, inoltre, dovrebbe esser
concepito come un musical con canzoni di Kacey
Musgraves. Chris Weitz, Paul
Weitz e Andrew Miano sono i
produttori.
In viaggio con Eugene
Levy, la
seconda stagione della serie di viaggi condotta e prodotta dal
vincitore dell’Emmy Eugene Levy, torna domani, 8 marzo, su
Apple
TV+.
Dopo aver affrontato alcune delle sue paure più grandi nel corso
della prima stagione, Eugene Levy esce ancora una volta dalla sua
zona di comfort. Questa volta si imbarca in un viaggio
“imperdibile” per ogni giramondo che si rispetti: un grande tour
dell’Europa. La seconda stagione in sette parti segue Levy nel suo
viaggio dal nord al sud del continente. Lungo il percorso, si
imbatte in splendide gemme locali nascoste, scopre il suo albero
genealogico e cerca di ampliare il suo palato sperimentando le
specialità del posto.
Unitevi a lui nel viaggio di una vita che non sapeva di dover
fare.
Gli episodi di In viaggio
con Eugene Levy 2
Episodio 1 – Svezia:
Midsommar – Festa di mezza estate (uscita 8
marzo)
Eugene dà il via alla sua epica avventura con una celebrazione
festosa, si esercita a chiamare le alci e scende in kayak uno dei
fiumi più lunghi del Paese.
Episodio 2 – Scozia: Il Paese di mia madre
(uscita 8 marzo)
Il passato incontra il presente: Eugene esplora la sua emozionante
storia familiare a Glasgow e vive come un reale nello splendido
castello di Candacraig.
Episodio 3 – Francia: I segreti di Saint-Tropez
(uscita15 marzo)
Eugene ha un assaggio di glamour con Joan Collins, amplia il suo
palato con le ostriche e si cimenta nell’arte dell’apicoltura in
Provenza.
Episodio 4 – Germania: Health Resort (uscita 22
marzo)
Fuori dai sentieri battuti, a Sylt, Eugene esplora un mondo di
benessere, con tanto di bagni di fieno e digiuno al rifugio
olistico Lanserhof.
Episodio 5 – Italia: La Dolce Vita (uscita 29
marzo)
Eugene approfondisce la conoscenza del suo paese europeo preferito
da visitare. In programma: la caccia al tartufo, la raccolta del
vino e le giostre.
Episodio 6 – Grecia: Island-Hopping nell’Egeo (uscita: 5
aprile)
Sulla piccola isola di Milos, Eugene riflette sul valore della
famiglia quando fa amicizia con una coppia padre-figlio che vive il
proprio sogno.
Episodio 7 – Spagna: Avventure in Andalusia (uscita: 12
aprile)
Il viaggio di Eugene si conclude in Spagna, dove incontra l’icona
del calcio Héctor Bellerín e si gode l’epica sfida tra Real Betis e
Sevilla FC.
La carriera del regista Jeff
Wadlow ha fortemente risentito dell’insuccesso di Kick-Ass 2, ma prima di quel momento era un nome molto
quotato all’interno di Hollywood, coinvolto in molti progetti di
alto profilo, tra cui X-Force e Masters of the Universe, ma nessuno di essi è stato
realizzato. Oltre questi, a quanto pare, c’era anche la volontà da
parte del regista di realizzare un film su Captain America per i Marvel Studios. Durante una recente intervista con Alex Zane, condividendo
la sua speranza di fare prima o poi un altro film di supereroi, il
regista ha rivelato quanto sarebbe stata diversa la sua
interpretazione di Steve Rogers.
“Assolutamente. Ucciderei –
ucciderei – per fare un grande film di supereroi“, ha
dichiatato Wadlow. “Ci sono andato molto vicino in alcuni casi.
Dopo l’uscita di Iron Man nel 2008, ho chiamato il mio manager e
gli ho detto: “Devi farmi entrare alla Marvel. Non so cosa faranno
in seguito, ma quel film ha cambiato le carte in tavola, voglio
entrare e propormi‘”. “All’epoca pensavo che non avrebbero
mai fatto un film su Capitan America nemmeno tra un milione di
anni. Così ho proposto un film su Capitan America… Inutile dire che
credo che la mia proposta fosse troppo lontana dalle loro
intenzioni“.
“Parte della mia tesi era che
Capitan America non doveva essere un bianco biondo. È un’idea
ariana“, ha aggiunto. “Capitan America dovrebbe
assomigliare a Will Smith o a un wrestler di nome The Rock“.
Alla fine avevano progetti diversi, ma al 100% avrei ucciso per
fare un grande film di supereroi“. Come noto, i Marvel Studios
avevano già altri piani per Captain America, poi arrivato al cinema
nel 2011 con il biondo Chris Evans come protagonista. Il resto, come
si suol dire, è storia.
In occasione della Giornata
internazionale della donna arriva in prima TV
su Sky Primadonna, il film vincitore del concorso
Panorama Italia ad Alice nella Città 2022, opera prima
della giovane regista Marta Savina.
La pellicola racconta una storia di
coraggio ed emancipazione e, nonostante sia ambientata negli anni
Sessanta del secolo scorso, tocca temi ancora del tutto attuali,
come la privazione della libertà femminile e il diritto
all’autodeterminazione. In una Sicilia arcaica e legata alle
tradizioni, che la regista ha vissuto in prima persona, prendono
vita personaggi profondamente legati al territorio selvaggio e
impervio dei Monti Nebrodi, dove i paesi conservano ancora un
sapore fuori dal tempo, e proprio questa dimensione di
“atemporalità” infonde al film la forza di parlare al pubblico
contemporaneo.
Nel cast, oltre a Claudia
Gusmano nei panni di Lia, la protagonista, troviamo
Fabrizio Ferracane, Francesco
Colella, Manuela Ventura e
Thony. Il film, prodotto da Virginia
Valsecchi, Medset Film, Moreno Zani e
Malcom Pagani, è una coproduzione Capri
Entertainment e Medset Film in
associazione con Tenderstories e in collaborazione
con Rai Cinema, Vision
Distribution e Sky.
La trama di
Primadonna
Sicilia, anni Sessanta. Lia ha 21
anni, va a lavorare la terra con il padre, anche se lei è “femmina”
e dovrebbe stare a casa a prendersi cura delle faccende domestiche
con la madre. Lia è bella, caparbia e riservata, ma sa il fatto
suo. Il suo sguardo fiero e sfuggente attira le attenzioni del
giovane Lorenzo Musicò, figlio del boss del paese. Quando lo
rifiuta, l’ira di Lorenzo non tarda a scatenarsi e il ragazzo si
prende con la forza quello che reputa di sua proprietà. Ma Lia fa
ciò che nessuno si aspetterebbe mai: rifiuta il matrimonio
riparatore e trascina Lorenzo, e i suoi complici, in tribunale.
Alla fine dello scorso gennaio, i DC
Studios hanno presentato il loro programma del nuovo
DCU, intitolato “Chapter
1: Gods and Monsters“. Da allora James Gunn ha tenuto aggiornati i fan sulle
sue piattaforme di social media, ma gli scioperi della WGA dello
scorso anno hanno sicuramente rallentato lo slancio del DCU. I fan
sono ansiosi di ricevere nuovi aggiornamenti e il San Diego
Comic-Con di quest’anno si configura di certo come l’occasione
giusta per condividere novità sui progetti in arrivo, sui casting,
su progetti futuri ancora da sviluppare e magari qualche dettagli
su Superman,
le cui riprese sono finalmente iniziate.
Tutto ciò è possibile che si
verifichi al SDCC, anche se Gunn ha ora fatto sapere che non
prenderà parte all’evento, motivando la cosa semplicemente con un
“starò girando“, lasciando dunque intendere che anche per
il periodo del SDCC sono previste delle riprese a cui in quanto
regista non può sottrarsi. Tuttavia, Gunn ha anche risposto a chi
gli chiedeva quali sono le sue fonti di ispirazione per il film su
Superman
– oltre ai film diretti tra gli anni Settanta e Ottanta da
Richard Donner – condividendo il seguente post sui suoi social
network:
Gunn non ha offerto ulteriori
spiegazioni per queste immagini ma, al di là dei fumetti da cui
sono tratte, sembrano anticipare un Superman malinconico, molto
riflessivo su quello che è il suo ruolo, ma anche un Superman
attento agli altri e legato ai propri cari. Sembra dunque che Gunn
stia traendo maggiormente ispirazione dalle prime versioni del
personaggio, non considerando dunque quanto fatto negli ultimi anni
(e negli ultimi film) con esso.
“Superman racconta la storia del
viaggio di Superman per conciliare la sua eredità kryptoniana con
la sua educazione umana come Clark Kent di Smallville,
Kansas“, si legge nella sinossi ufficiale del
film. “È l’incarnazione della verità, della giustizia e
dello stile americano, guidato dalla gentilezza umana in un mondo
che vede la gentilezza come antiquata.”
Superman avrà
come protagonisti anche Rachel
Brosnahan nel ruolo di Lois Lane e
Nicholas Hoult in quello di Lex Luthor, oltre a
Isabela Merced nel
ruolo di Hawkgirl, Edi Gathegi in quello di Mister
Terrific, Nathan Fillion in
quello della Lanterna Verde Guy Gardner e Anthony Carrigan in
quello di Metamorpho.
Più recentemente, Sara Sampaio ha firmato per interpretare
l’assistente/amante di Lex, Eve Teschmacher, e Skyler
Gisondo è stato scritturato per il ruolo di Jimmy
Olsen.Sono attesi anche i membri della squadra di antieroi
The Authority e María Gabriela de
Faría (Animal Control) è stata scritturata per il ruolo di
Angela Spica/The Engineer. Si dice anche che la
Supergirl di Milly Alcock farà il suo debutto prima del suo
film su
Supergirl: Woman of Tomorrow, ma non è ancora
stato confermato.
In ognuno di noi c’è una creatura
selvaggia, proprio come il regista Spike Jonze ha
dimostrato con il suo bellissimo film del 2009 Nel paese delle creature
selvagge. In quell’occasione, il piccolo protagonista Max
si trovava a confrontarsi con delle mostruose incarnazioni delle
sue emozioni, le quali gli apparivano tanto più indomabili e
incomprensibili quanto più in lui si verificava quel delicato
passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Nel nuovo film della
Pixar, intitolato Red e
diretto dalla regista Domee Shi (già celebre per il
cortometraggio Bao, premiato con
l’Oscar), si affronta proprio questa stesso argomento. La
differenza è che la creatura selvaggia della ragazzina
protagonista, Mei, non è esterna a lei, bensì ne è
un tutt’uno.
Il titolo originale del film,
Turning Red (letteralmente “diventare
rossi”), descrive meglio il processo di trasformazione con cui
la giovane Mei deve confrontarsi. Appena tredicenne, la
protagonista vede infatti la propria quotidianità completamente
stravolta quando un’antica benedizione (ora considerata
maledizione) di famiglia la colpisce. Questa prevede infatti che
per ogni emozione forte provata, la ragazza si trasformi in un
gigantesco e adorabile panda rosso. Una creatura che presenta però
anche numerosi lati spiacevoli, che rendono la vita di Mei un
inferno. Sbarazzarsi di questo problema diventa dunque per lei un
imperativo, specialmente considerando l’imminente concerto della
sua boy band preferita, a cui insieme alle sue amiche non vuole
assolutamente mancare.
Rosso come la pubertà, rosso come l’emozione
Come per il succitato film di
Jonze, anche nel caso di Red la “creatura
selvaggia” è naturalmente una metafora. La regista ha affermato di
aver scelto il panda rosso poiché è questo un colore che si sposa
perfettamente con il periodo della pubertà, caratterizzata da
emozioni come l’imbarazzo, la rabbia e l’amore. Il rosso è dunque
il colore di cui improvvisamente si tinge la vita di Mei,
spaventata dal cambiare del suo corpo e dalle emozioni sempre più
forti che non sa riconoscere o gestire. Il racconto è dunque
interamente basato sui tentativi della protagonista di relazionarsi
con la sua nuova situazione e con quanti le sono intorno e cercano
di aiutarla.
Come avveniva già nel precedente
film Pixar Luca,
nel quale a sua volta si ritrova tanto una trasformazione quanto la
fotografia di un momento di passaggio da un’età ad un’altra, anche
in Red ci si imbatte dunque nelle situazioni tipiche
dell’ingresso nell’adolescenza. Dalle prime cotte per i ragazzi
agli scontri con i compagni di classe, dal fortissimo legame con le
amiche del cuore alle incomprensioni con i propri genitori. In
particolar modo la madre, Ming Lee (che ha in
originale la voce di Sandra Oh) è
quantomai centrale nel film. La regista considera infatti
Red anche un racconto sul rapporto madre-figlia. La Shi si
concentra sull’offrire il punto di vista di entrambe, portando lo
spettatore ora a mettersi nei panni di una ora in quelli
dell’altra.
Così facendo, al di là della
metafora resa progressivamente forse fin troppo didascalica,
Red si concentra sulla forza delle relazioni tra i suoi
personaggi, dando a queste il potere di essere davvero salvifiche.
La Pixar, come noto, è sempre stata lodata per la grande capacità
di far sciogliere il cuore gli spettatori con titoli come
Wall-E, Up o i più recenti Coco e Onward – Oltre la
magia. Proprio quest’ultimo titolo nasce dall’esigenza del
regista di rapportarsi con la scomparsa del padre quando egli era
solo un bambino. Similmente, Red è per ammissione della
Shi basato su sue vere esperienze personali. Purtroppo, ciò non
impedisce al film di risultare piuttosto freddo proprio a livello
emotivo.
Mei e sua madre Ming Lee in un’immagine del film Red
Red: la recensione del film
Risulta complesso stabilire se la
freddezza lasciata da Red sia causata dalla
difficoltà per una certa tipologia di spettatore a immedesimarsi
nella protagonista o da mancanze narrative del film. È anche vero
che, maschi o femmine che sia, tutti hanno attraversato le stesse
trasformazioni che Mei sperimenta e dunque tutti dovrebbero provare
un certo trasporto verso un racconto di queste. Ciò purtroppo
avviene raramente, con la conseguenza di rendere incostante
l’attenzione nei confronti di quanto si sta guardando. La fortuna
di Red è però quella di essere un film della Pixar e
dunque estremamente curato sotto ogni aspetto visivo. I colori, i
personaggi, le scenografie, ogni cosa è come sempre fonte di grande
stupore per la grandissima quantità di dettagli, più o meno
visibili ad un primo sguardo.
Particolarità in più che
Red vanta è delle tecniche di animazione
sensibilmente differenti rispetto a quelle tipiche della
Pixar. Il film presenta infatti un gusto
orientaleggiante, che in più occasioni ricorda l’ultimo film
realizzato dal giapponese Studio Ghibli, ovvero Earwig e la Strega. Da questo
punto di vista, la presenza della regista e delle sue inclinazioni
stilistiche sono certamente un elemento che permette al film di
distinguersi. Come un po’ era avvenuto per Encanto, il 60°
classico della Disney, ci si trova dunque di fronte ad un film che
sa come stupire l’occhio, ma un po’ meno il cuore. L’elemento che
senza dubbio più di ogni altro riesce a scaldare quest’ultimo è
però proprio il panda rosso, così ben realizzato da poter far
avvertire allo spettatore tutta la sua coccolosità, rendendolo
davvero irresistibile.
Quando si ha a che fare con un duo
di registi dallo stile fortemente distintivo, si può essere portati
a chiedersi se certe loro caratteristiche siano proprie di entrambi
o se siano da attribuire all’uno o all’altro. Per quanto riguarda i
fratelli Joel e Ethan Coen,
sappiamo che entrambi condividono il gusto per il grottesco, per
l’umorismo nero, per i personaggi sopra le righe ma anche per la
profonda drammaticità di certe situazioni. Quando hanno annunciato
una pausa nella loro collaborazione, è però inevitabilmente sorta
la curiosità di scoprire in che modo la rispettive personalità si
sarebbero manifestate negli annunciati progetti in solitaria. Con
Drive-Away
Dolls, diretto da Ethan, abbiamo ora una prima
risposta.
Primo lavoro da regista per il Coen
più giovane, che lo ha anche scritto a quattro mani insieme alla
moglie Tricia Cooke, questo si presenta come un
compendio delle cifre stilistiche per cui i due fratelli sono
conosciuti, con una però forte prevalenza di umorismo grottesco se
non talvolta anche demenziale. Con Drive-Away
Dolls siamo infatti dalle parti di Burn After Reading o di
Ave, Cesare!, con un tono dunque leggero e scanzonato che
accompagna un buddy movie che è anche road movie
e che, tra elementi di assurdità e nonsense per cui si chiede allo
spettatore di stare al gioco, arriva a svelarsi come un’opera più
che godibile.
Geraldine Viswanatha e Margaret Qualley in una scena di Drive-Away
Dolls.
La trama di Drive-Away Dolls
Protagoniste di questa folle
pellicola sono Jamie (Margaret
Qualley), una ragazza del Texas, lesbica e dallo spirito
estremamente libero, da poco tornata single a seguito dell’ennesimo
tradimento; e la sua timida e rigida amica Marian
(Geraldine Viswanathan), che ha invece un
disperato bisogno di ritrovare la felicità e, secondo Jamie, anche
finire a letto con una donna. In cerca di un nuovo inizio, le due
si avventurano in un improvvisato viaggio con un auto a noleggio
verso Tallahassee, ma le cose precipitano rapidamente quando
scoprono che nel portabagagli c’è una valigetta dal contenuto
estremamente importante e che un gruppo di ambigui personaggi sono
alle loro calcagna per cercare di recuperarla.
Ethan Coen è un regista divertito che diverte
Come si accennava, gli elementi
propri del cinema dei Coen ci sono tutti: personaggi sopra le righe
– su cui spicca la personalità larger than life di Jamie
-, una catena di imprevisti ed equivoci e anche quella comicità
spesso illogica che però proprio per questo diverte. Ethan Coen
ambienta inoltre il film nel 1999 e vi fa così confluire volentieri
anche tutta un’altra serie di caratteristiche proprie di un certo
cinema di quel decennio, tra elementi queer, pulp e da film indie.
Impossibile non riconoscere certi omaggi al cinema di Quentin Tarantino, da precise inquadrature
alla scrittura di certi personaggi, come anche alla celebre
valigetta di Pulp Fiction. Coen dunque si sbizzarrisce e si
diverte, adottando anche soluzioni estetiche ardite con cui omaggia
l’estetica dei B-Movies e riuscendo a trasmettere il proprio
entusiasmo.
Drive-Away
Dolls si svela quindi come compendio di un’epoca e del suo
cinema, collocando tutto ciò in un racconto volutamente esile,
privo di particolari sovrastrutture ma che prendendo a piene mani
da certi stereotipi si concentra sul lavorare all’interno di essi
per ricavarne qualcosa di nuovo. Jamie e Marian non sono infatti
altro che una strana coppia, l’estroversa casinara e l’introversa
amante della lettura, ma per entrambe nel corso del racconto si
sviluppano situazioni che permettono una loro non banale
evoluzione. La bravura e la generosità di Qualley e Viswanathan
permette inoltre di far sì che gli angoli dei rispettivi stereotipi
vengano smussati, restituendo due personaggi a cui ci si affeziona
subito.
Geraldine Viswanatha, Margaret Qualley e Beanie Feldstein in una
scena di Drive-Away Dolls.
Le irresistibili protagoniste di Drive-Away Dolls
Se Drive-Away
Dolls è il film divertente e riuscito che è, il merito va
dunque anche alle due protagoniste. Margaret
Qualley, che già negli ultimi anni si è fatta notare tra
C’era una volta a… Hollywood e la miniserie Maid, si confronta stavolta con un personaggio
difficile, continuamente sopra le righe ma da lei caratterizzato
nella misura in cui non risulta né fastidioso né irrealistico.
Geraldine Viswanathan, vista invece in Giù le mani dalle nostre figlie e nella serie
Miracle Workers, è al contrario chiamata a lavorare in
sottrazione, in opposizione alla strabordante fisicità della sua
co-protagonista, riuscendo ad evitare il rischio di venirne
oscurata infondendo tanta umanità e fragilità nella rigidità di
Marian.
E mentre attorno a loro si alternano
cameo di Pedro Pascal e Matt Damon, la nevrotica ex di Jamie
(interpretata da una sempre magnifica Beanie Feldstein), l’esilarante
pedinamento di due loschi ceffi, sequenze psichedeliche in cui fa
capolino Miley Cyrus e sesso saffico a gogo, si
arricchisce sempre di più il rapporto che le lega e che conferisce
una nota di dolcezza e sensualità a tutte le assurdità e il
nonsense che Drive-Away
Dolls offre. Probabilmente un racconto di questo tipo
potrebbe non essere da tutti ben accetto, ma come già visto
succedere nella filmografia dei Coen, si chiede qui di sospendere
la propria reticenza o incredulità, abbandonandosi ad un viaggio
coinvolgente proprio per svincolato da ogni regola.
Un risultato che sembra aver avuto
un impatto negativo sull’attrice protagonista, Sofia Boutella, la quale durante un’intervista
con Vulture ha dichiarato che:
“Ho sempre pensato di essere perfettamente in grado di
incassare questi colpi, ma poi ho letto le critiche che si sono
abbattute su Rebel Moon e mi hanno davvero ferito“. Ha poi
aggiunto: “E sarò onesta al riguardo. Mi sento come se lo
stessi sostenendo per tutti coloro che tenevano così tanto a questo
progetto, ed è questo che mi ha colpito. Non il mio aspetto. Semmai
sono stata abbastanza fortunata e la gente ha apprezzato il mio
lavoro, ma il film è stato criticato”.
“Mi ha colpito molto per tutti
coloro che hanno messo tanto cuore, lacrime e sudore in questo
progetto. È difficile vedere qualcosa che viene demolito a tal
punto. Sono orgogliosa di averne fatto parte e se non ci sarà più
Rebel Moon, sarà una parte molto importante della mia vita che
difenderò per sempre“. La seconda parte, Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice,
arriverà su Netflix il 19 aprile e il futuro della saga potrebbe
essere deciso dall’accoglienza di questo seguito. In estate
arriveranno però anche le Director’s cut
vietate ai minori, che potrebbero ottenere maggiori consensi.
Ad ora, dunque, il futuro di Rebel Moon è abbastanza
protetto.
La trama di Rebel Moon – Parte 1: Figlia del Fuoco con
Sofia Boutella
La sinossi del film recita: dopo essersi schiantata su una luna ai
confini dell’universo, Kora (Sofia
Boutella), una misteriosa straniera dal passato
enigmatico, inizia una nuova vita in un insediamento pacifico di
agricoltori. Presto però diventerà la loro unica speranza di
salvezza quando il tirannico Reggente Balisarius (Fra
Fee) e il suo crudele emissario l’Ammiraglio Noble
(Ed
Skrein) scoprono che i contadini senza volerlo hanno
venduto il loro raccolto ai Bloodaxe (Cleopatra
Coleman e Ray Fisher), leader di un
agguerrito gruppo di ribelli.
Assieme A Gunnar, un coltivatore dal cuore tenero e ignaro di cosa
sia una guerra, Kora riceve l’incarico di scovare i combattenti
pronti a rischiare la propria vita per la gente di Vedt.
Così i due raggiungono diversi mondi in cerca dei Bloodaxe e
riuniscono una piccola banda di guerrieri accomunati da tanta
voglia di redimersi: il pilota e killer mercenario Kai (Charlie
Hunnam), il leggendario Generale Titus (Djimon
Hounsou), l’esperta spadaccina Nemesis (Doona
Bae), il prigioniero dalle nobili origini Tarak
(Staz Nair) e Milius (E. Duffy),
una combattente della resistenza. Intanto a Veldt l’androide
protettore Jimmy (con la voce nell’originale di Anthony
Hopkins) si risveglia di nascosto con un nuovo
obiettivo. I rivoluzionari di questa nuova formazione devono però
imparare a fidarsi gli uni degli altri e unire le forze prime che
le truppe nemiche arrivino ad annientarli.
Da quando la prima stagione di
Ahsoka si è conclusa, lo scorso ottobre, è calato il
silenzio sul fronte di Star Wars, che ormai dal 2019 non bazzica il grande
schermo. Tuttavia, come noto, la Lucasfilm ha all’orizzonte diversi
progetti cinematografici e televisivi che espanderanno
ulteriormente il franchise, e ora abbiamo alcuni aggiornamenti
intriganti da parte dell’affidabile insider Daniel Richtman
proprio sul più misterioso e atteso tra questi: il decimo capitolo
ad oggi noto come
Star Wars: New Jedi Order.
Questo, come noto, questo vedrà
Daisy Ridley riprendere il suo ruolo di Rey
Skywalker, con un racconto che, stando a quanto fino ad oggi
riportato, dovrebbe svolgersi 15 anni dopo gli eventi di L’ascesa di Skywalker e narrare dei tentativi di Rey
di addestrare una nuova generazione di Jedi. Ora, secondo Richtman,
la Disney e la regista Sharmeen Obaid-Chinoy
starebbero attualmente effettuando il casting per tre ruoli
principali: due apprendisti Jedi di Rey e un villain senza
nome.
Secondo quanto riferito, il film
sarà girato nel Regno Unito alla fine di quest’anno e non dovrebbe
essere il primo film di una nuova trilogia, come si era detto in
precedenza, ma una storia a sé stante. I dettagli specifici della
trama non sono ancora stati resi noti, ma l’intenzione è quello di
portare il film in sala nel 2026 è decisivo che la produzione si
svolga a cavallo tra il 2024 e il 2025. Per cui, in vista di quel
momento verranno certamente rilasciate maggiori informazioni che
permetteranno di fare ulteriore chiarezza su questo progetto.
Cosa sappiamo su Star Wars: New Jedi Order?
L’anno scorso, Daisy Ridley ha condiviso un aggiornamento
rivelando che Lucasfilm le ha parlato solo di un nuovo film
dedicato a Rey, con la porta aperta eventualmente per altre storie
ambientate in questo periodo della storia di Star
Wars.
“Conosco la trama di un film. Questo non vuol
dire che sia solo quella, ma è quello che mi è stato detto. E
immagino che sarà il prossimo film, credo. Voglio dire, ancora una
volta, non so, dopo gli scioperi e tutto il resto, quanto
velocemente tutto ricomincerà. Ma sì, per ora conosco la storia di
un film e credo che la gente sarà molto eccitata”.
Gli unici dettagli confermati su
questo progetto di Star
Wars, ancora senza titolo, sono che sarà diretto da
SharmeenObaid-Chinoy e sarà
ambientato 15 anni dopo gli ultimi eventi della
Saga degli Skywalker. Ci riuniremo a Rey e seguiremo la storia
della ricostruzione del Nuovo Ordine Jedi e dei
poteri che si ergono per abbatterlo. Il ritorno di Rey ci porterà
il più lontano possibile dalla Saga degli Skywalker nel
“canone” e si spera che possa rispondere a molte delle domande
persistenti che avevamo dopo aver visto la trilogia sequel.
Tuttavia, visto quanto è stata divisiva, è molto probabile che
si discosti da quanto visto in quel film per affermare Rey come
donna a sé stante (quindi, potremmo finire per dire addio a Rey
“Skywalker”).
Zack Snyder,
regista di Rebel Moon, è
stato ospite dell’ultimo episodio di The Joe Rogan
Experience e il divisivo regista ha discusso una serie di
argomenti, tra cui alcuni dei suoi progetti basati sulla
DC.
Zack Snyder ha
parlato delle sue esperienze di lavoro su Justice
League e Batman V Superman: Dawn of Justice, e di come
l’insistenza degli studios per fargli fare determinati tagli gli
abbia fatto guadagnare la reputazione di “uomo delle Director’s
cut”. Ha anche menzionato che ha trovato molto difficile
ottenere una classificazione PG-13 per Justice
League e Batman V Superman: Dawn of Justice perché
alla commissione di classificazione semplicemente non “piaceva
l’idea di Batman e Superman che combattevano“.
Parlando di BATMAN, Snyder
interviene nel dibattito sulla “regola del non uccidere”
dell’iconico eroe della DC Comics. “Se non metti alla
prova la moralità del personaggio, allora è morto. Non può
evolversi, non può muoversi, può solo rispondere a domande che non
infrangono il canone, e questo non è il modo di trattare questi
personaggi leggendari“.
Zack Snyder si
sofferma anche sulle percezioni negative della sua fanbase e, pur
riconoscendo che c’è un elemento tossico, ne elogia la passione e
il fatto che hanno salvato delle vite raccogliendo più di 600.000
dollari per l’American Foundation for Suicide Prevention
dopo che sua figlia Autumn si è tolta la vita. Potete vedere il
video completo qui sotto, e abbiamo anche alcuni spezzoni più
brevi.
Zack talks about why he’s making both PG and
R-Rated director’s cuts of
#RebelMoon for Netflix and the history of how Zack has so many
director’s cuts.
#ZackSnyder on the Joe Rogan Podcast pic.twitter.com/4E07wLNqpu
“Peoples lives were saved by the money that
those kids raised. Like literal lives, real tangible lives were
saved by that money that those kids that you would call these
“toxic” fans; they’re also responsible for the saving of lives.”
–@ZackSnyder
#RestoreTheSnyderVersepic.twitter.com/wC9J6S7Mwg
This topic could be the most important piece
of CBM conversation that’s going to determine whether CBM survive
much longer. You either make a unique story with a clear vision or
it dies to boot of corporate and fan purist greed.
#ZackSnyderpic.twitter.com/dmvnVmwRzn
Dune – Parte
Due (qui
la nostra recensione) è stato accolto con recensioni
estremamente positive e dato anche l’ottimo
riscontro al box office la possibilità che Dune
– Parte Tre diventi realtà è ora molto più alta.
Il terzo film potrebbe poi essere l’occasione per portare in scena
un personaggio inizialmente presente anche in Dune – Parte
Due ma poi rimosso al momento del montaggio. Si tratta del
Conte Hasimir Fenring, l’assassino e consigliere dell’Imperatore,
marito di Lady Fenring (Léa
Seydoux), interpretato dall’attore Tim Blake
Nelson.
Proprio l’attore ha ora dichiarato
di essere rimasto deluso dall’essere stato tagliato dal film e
parlando con Movieweb ha dichiarato che:
“Non credo di essere autorizzato a dire quale fosse la scena.
Lo lascio fare a Denis, se vorrà parlarne. Mi sono divertito molto
a girarla. E poi ha dovuto tagliarla perché pensava che il film
fosse troppo lungo. Mi ha spezzato il cuore, ma non c’è rancore. Mi
è piaciuta molto quest’esperienza e non vedo l’ora di fare
qualcos’altro con lui, e sicuramente abbiamo intenzione di
farlo“.
Dato il ruolo più importante di
Fenring nei libri di Dune successivi al primo, è possibile
che Nelson possa avere una seconda possibilità in Dune –
Parte Tre. Come noto, Villeneuve ha dichiarato che non
concepisce il concetto di director’s cut o di rilascio
delle scene tagliate. Per lui, se qualcosa di girato non viene
inserito nel film
è da considerarsi morto, senza possibilità di futura
pubblicazione. Probabilmente, dunque, non vedremo mai le scene con
protagonista Nelson, ma il suo personaggio potrebbe comunque
comparire ancora nel racconto.
Tutto quello che c’è da sapere su Dune – Parte
Due
“Questo film successivo
esplorerà il mitico viaggio di Paul Atreides mentre si unisce a
Chani e ai Fremen mentre è su un sentiero di guerra di vendetta
contro i cospiratori che hanno distrutto la sua famiglia“, si
legge nella sinossi ufficiale. “Di fronte alla scelta tra
l’amore della sua vita e il destino dell’universo conosciuto, tenta
di prevenire un futuro terribile che solo lui può
prevedere.”
Dune – Parte
due è diretto da Villeneuve da una sceneggiatura
che ha scritto insieme a Jon Spaihts. Il film è basato
sull’innovativo romanzo di fantascienza Dune del 1965 di Frank
Herbert. Dune –
Parte due è uscito nei cinema il 28 Febbraio
2024. Il secondo capitolo continuerà la storia di Dune,
che, nonostante la sua controversa uscita, è stato un solido
successo al botteghino nel 2021, incassando oltre 402 milioni di
dollari su un budget di produzione stimato di 165 milioni di
dollari. Tuttavia, WB ha sicuramente maggiori speranze per il
sequel, che potrà trarre vantaggio da un’uscita globale su larga
scala in formati standard e premium, incluso IMAX.
Shōgun (recensione),
la serie evento di FX composta da 10 episodi – un’epica saga di
guerra, passione e potere ambientata nel Giappone feudale e basata
sul romanzo bestseller di James Clavell – ha ottenuto 9
milioni di visualizzazioni* a livello globale al suo
debutto su Disney+ e
Hulu, sulla base dei primi sei giorni di disponibilità in
streaming, garantendosi così la prima posizione tra le serie
scripted di General Entertainment a livello mondiale.
Negli Stati Uniti, Shōgun si
posiziona al primo posto tra le premiere FX su Hulu, appena davanti
alla seconda stagione di The
Bear, grazie all’audience accumulata da Hulu su
Disney+. A
livello internazionale, Shōgun è
al primo posto tra le serie di general entertainment, superando
così la prima stagione di The Kardashians. I primi tre
episodi diShōgun sono
ora disponibili in streaming e i nuovi debutteranno ogni martedì
fino al 23 aprile. Il prossimo episodio, “Il recinto a otto
pareti”, arriverà martedì 12 marzo su Hulu negli Stati Uniti, Star+
in America Latina e Disney+ in tutti gli altri
territori.
Shōgun è
stata creata per la televisione da Rachel Kondo e Justin Marks, con
Marks in veste di showrunner e produttore esecutivo insieme a
Michaela Clavell, Edward L. McDonnell, Michael De Luca e Kondo.
Insieme a Cosmo Jarvis, nel ruolo di John Blackthorne, la serie si
avvale di un acclamato cast giapponese – un fatto senza precedenti
per una produzione americana – che include il produttore Hiroyuki
Sanada nel ruolo di Lord Yoshii Toranaga, Anna Sawai nei panni di
Toda Mariko, Tadanobu Asano in quelli di Kashigi Yabushige, Hiroto
Kanai nel ruolo di Kashigi Omi, Takehiro Hira nei panni di Ishido
Kazunari, Moeka Hoshi in quelli di Usami Fuji; Tokuma Nishioka
interpreta Toda Hiromatsu, Shinnosuke Abe è Buntaro, Yuki
Kura è Yoshii Nagakado, mentre Yuka Kouri interpreta Kiku e Fumi
Nikaido è Ochiba no Kata.
Non è un segreto che ci siano molti
camei in programma per Deadpool
e Wolverine (alcuni confermati, altri ancora
vociferati) e sembra ormai certo che i Marvel Studios e il regista
Shawn Levy stiano pianificando di riportare in
scena molti più personaggi dell’ormai defunto franchise degli
X-Men di quanto si pensasse. Hugh Jackman, come noto, tornerà nei panni di
Wolverine, ma il recente
trailer ha rivelato che anche Aaron Stanford
riprenderà il suo ruolo di Pyro, si vocifera che potrebbero
comparire anche Halle Berry (Tempesta), James Marsden (Ciclope), Famke Janssen (Jean Grey) e altri ancora.
Un attore di un film degli
X-Men dell’era Fox, tuttavia, ha reso noto che non si
unirà alla film, e non perché non gli sia stato chiesto. Si tratta
di Vinnie Jones, noto per aver ricoperto il ruolo
di Juggernaut in X-Men: Conflitto finale, il quale
parlando con Yahoo! ha rivelato di aver
ricevuto l’offerta di fare un cameo in Deadpool &
Wolverine ma che a seguito di brevi trattative ha infine
declinato l’invito. “Mi hanno appena chiesto di fare Deadpool,
il nuovo film che sta per uscire“, ha detto Jones. “Ho
parlato con il regista e gli ho detto: “È un dramma indossare
quella tuta, mentalmente e fisicamente“.
“È stato un dramma anche dal
punto di vista mentale, perché ci sei dentro e non puoi fare nulla
tutto il giorno. Puoi solo bere da una cannuccia. Quindi, non siamo
riusciti a trovare un accordo per Deadpool, ma, voglio dire,
Deadpool è il mio film preferito di tutti i tempi, più o meno.
Volevo davvero farlo, ma non avevano il budget per mettermi nella
tuta“. Se dunque ora si ha la conferma che Juggernaut non
comparirà nel film, non resta che attendere la sua uscita in sala
per scoprire se gli altri nomi di cui si vocifera vi avranno
effettivamente preso parte o meno.
Deadpool &
Wolverine riunisce il protagonista Ryan Reynolds con Shawn Levy, regista di
Free Guy e The Adam Project, che ha firmato la regia
dell’atteso progetto. Hugh Jackman
uscirà finalmente dal suo pensionamento da supereroi per riprendere
il ruolo di Wolverine. Sebbene i dettagli
ufficiali della storia di Deadpool &
Wolverine, con protagonista Ryan Reynolds,
non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama
riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la
serie di film di Deadpool – l’unica parte del
franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione
della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di
Reynolds si siano svolti in un universo diverso.
Ciò preserva i film degli X-Men
della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e
Wolverine, di nuovo interpretato da Hugh Jackman,
viaggiare nell’universo principale dell’MCU. Nel film saranno poi presenti anche personaggi
presenti nei primi due film di Deadpool, come Colossus e
Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera che anche
altri X-Men possano fare la loro
comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della
Marvel comparsi sul
grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben
Affleck.
Una voce recente afferma che anche
Liev Schreiber
sia presente riprendendo il suo ruolo Sabretooth. Di certo,
Morena Baccarin
(Vanessa), Karan Soni (Dopinder), Leslie
Uggams (Blind Al), Rob Delaney (Peter) e
Shioli Kutsuna (Yukio) torneranno tutti nei panni
dei rispettivi personaggi, e a loro si uniranno i nuovi arrivati in
franchising Emma Corrin (The Crown) e Matthew
Macfadyen (Succession), i cui ruoli sono ancora
segreti. Un recente report afferma inoltre che la TVA di Loki,
incluso l’agente Mobius (Owen Wilson) e
Miss Minutes, saranno coinvolti nel film. Deadpool &
Wolverineuscirà nei cinema il 26 luglio
2024.
L’attrice Sandra Bullock ha preso parte nel corso della
sua carriera a film di diverso genere, dal drammatico Il momento di uccidere al thriller
Formula per un delitto, dal biografico The Blind Side – con cui ha vinto l’Oscar – al
fantascientifico
Gravity e fino all’horror Bird
Box. Ha dunque dimostrato di saper variare e affrontare
anche film di diverso tenore, ma quando si pensa a lei
probabilmente la prima cosa che viene in mente è il genere della
commedia romantica. Un amore tutto suo,Ladri per
amore o Piovuta dal cielo sono solo alcuni dei titoli
di questo tipo a cui ha partecipato, ma il più grande successo in
tale genere rimane probabilmente Ricatto
d’amore (qui
la recensione).
Realizzato nel 2009 per la regia di
Anne
Fletcher, già autrice di titoli simili come 27 volte in
bianco e Fuga in tacchio a spillo, questo film
propone la classica formula della commedia romantica con due
protagonisti che non si sopportano costretti a stare insieme per un
determinato motivo. Si generano così incomprensioni, situazioni
esilaranti e, a lungo andare, sentimenti veri. Non si punta dunque
ad offrire una chissà quale novità nel genere, ma la presenza di
determinati elementi ha reso questo film un grande successo, tra i
quali si ritrovano la grande sintonia tra i due protagonisti e
l’appartenenza ad un tipo di commedia “vietata ai minori” ormai
sempre meno praticata.
Un titolo simile recentemente
uscito? Tutti
tranne te (qui
la recensione), a sua volta affermatosi come un film campione
d’incassi. Se dunque si è appassionati di questo genere di commedie
irriverenti e scorrette, dove però alla fine i sentimenti
prevalgono sempre, Ricatto d’amore è il film giusto da
vedere. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle
principali curiosità relative a Ricatto
d’amore. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e alle
location dove è stato girato il film. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di Ricatto d’amore
Protagonista del film è
Margaret Tate, pezzo grosso dell’editoria che
lavora a New York. Essendo canadese, la donna corre però il rischio
di essere rimpatriata forzatamente per via della sua Visa scaduta.
Per aggirare il problema, Margaret dichiara impulsivamente di
essere fidanzata con il suo assistente, Andrew
Paxton, con il quale si sposerà a breve. C’è solo un
piccolo problema: Andrew odia Margaret, che lo ha tormentato per
anni, e si dice disposto ad aiutarla stando al gioco con
l’ufficiale del servizio immigrazione solo a patto che lei lo
promuova. I due si troveranno così costretti ad una convivenza
forzata, ognuno per propri motivi.
L’attrice Sandra Bullock ricopre il ruolo di Margaret
Tate, il quale era inizialmente stato offerto a Julia
Roberts. Nel ruolo di Andrew Paxton vi è invece Ryan Reynolds, il quale conosceva ed era amico
di Bullock già da diversi anni prima di questo film. I due, però,
inizialmente si sono sentiti a disagio nel girare la loro scena di
nudo, ma piano piano hanno iniziato a trovarsi a loro agio in
quella situazione, nonostante a volte le loro protezioni cadessero.
La Bullock ha dichiarato poi in un’intervista di non avere alcun
problema con la nudità: “Questo film ha bisogno della mia
nudità per essere divertente“.
Recitano poi nel film Malin Åkerman nel ruolo di Gertrude, ex
fidanzata di Andrew, Craig T. Nelson nel ruolo di
Joe Paxton, il padre di Andrew, che possiede le aziende di famiglia
che dominano la città di Sitka e Mary Steenburgen
nel ruolo di Grace Paxton, madre di Andrew. Betty
White, invece, è Annie, la nonna di Andrew. L’attrice,
però, ha quasi rifiutato il suo ruolo nel film perché le riprese le
avrebbero imposto di trascorrere dieci settimane lontano dal suo
golden retriever. Denis O’Hare ricopre invece il
ruolo di Mr. Gilbertson, l’agente dell’immigrazione che indaga sul
caso di Margaret
Dove è stato girato Ricatto
d’amore? Ecco le location del film
Buona parte del racconto si svolge
in Alaska, dove vive la famiglia di Andrew e dove egli si reca con
Margaret proprio per presentarla ai suoi parenti. Anche se la
maggior parte del film è dunque ambientato a
Sitka, in Alaska, le riprese in
realtà hanno avuto luogo a Rockport, nel
Massachusetts. Naturalmente, ciò ha significato
che parte della città è stata soggetta ad alcuni cambiamenti,
necessari per renderla più simile a Sitka. Tra i principali luoghi
in cui si sono svolte le riprese vi sono l’edificio Motif
Number One sul Bradley Wharf,
l’Haskins Building e il quartiere centrale di
Rockport. La scena del matrimonio è invece stata girata in una casa
vittoriana a tre piani del XX secolo nella città di
Manchester-by-the-Sea.
Ricatto d’amore 2: ci sarà un sequel?
Come saprà chi ha visto il film, il
finale lasciava aperte alcune possibilità per la realizzazione di
un sequel, ma negli anni non si è mai parlato di tale possibilità.
Ad oggi, dunque, è da escludere la realizzazione di un sequel.
Tuttavia, il grande successo di Ricatto d’amore ha portato
alla realizzazione di diversi remake, tra cui uno cinese e diversi
indiani. Il primo di questi è stato coprodotto da Walt Disney
Pictures e Linmon Pictures, e diretto da Yee
Chin-yen. Esistono invece tre remake indiani: uno in
lingua malayalam dal titolo My boss; uno in lingua kannada
intitolato Software Ganda; e uno in lingua tamil
intitolato sandakkari.
Il trailer di Ricatto
d’amore e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Ricatto d’amore grazie alla sua presenza
su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Google Play, Apple TV, Prime Video e Netflix.
Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento,
basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento
generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad
un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo di mercoledì 6 marzo alle ore
21:25 sul canale Rai 1.
I paesi scandinavi sono noti per i
loro racconti thriller, che dalla letteratura al cinema e fino alla
televisione appassionano ormai tutto il mondo. Per l’audiovisivo, è
nota la trilogia di Uomini che odiano le donne ma
anche titoli come
Operation Napoleon,Una famiglia quasi normale, Paziente 64 – Il giallo dell’isola dimenticata o la
serie
The Investigation, basata su un reale fatto di cronaca. Si
tratta di opere capaci di costruire grandi misteri spesso legati al
passato dei protagonisti o della storia del paese di riferimento.
Un’altro celebre film legato a questo genere e a questi paesi è il
danese L’effetto farfalla, diretto nel
2021 da Martin Zandvliet, noto
per aver diretto Land of Mine – Sotto la sabbia.
Questo film è il quarto adattamento
cinematografico di una serie di dieci romanzi polizieschi nordici
danesi dell’autore Jussi Adler-Olsen, incentrati
sul Dipartimento Q e sull’ispettore di polizia Carl
Mørck. Tuttavia L’effetto farfalla, basato sul
quarto romanzo della serie con titolo internazionale
Buried, segna un nuovo inizio in questa serie di
adattamenti. Nonostante il grande successo commerciale e di
critica, l’autore Adler-Olsen non era soddisfatto degli adattamenti
dei primi quattro romanzi della serie e ha quindi affidato i
diritti cinematografici dei romanzi successivi a un’altra casa di
produzione, con conseguente cambio di cast.
Tanto è popolare questa serie che
Netflix ne ha acquisito i diritti per portare Carl
Mørck e le sue indagini nel proprio catalogo con una serie Original
in lingua inglese, le cui riprese sono attualmente in corso e che
vedrà l’attore Matthew Goode nel ruolo di Mørck. In attesa di
questo “remake”, L’effetto farfalla è ad oggi senza dubbio
il film più affascinante della serie, che ogni appassionato del
genere non dovrebbe lasciarsi sfuggire. In questo articolo,
approfondiamo alcune sue curiosità. Proseguendo qui nella lettura
sarà possibile ritrovare dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e alla
spiegazione del finale.
La trama e il cast di L’effetto farfalla
Protagonista del film è
Marco un quattordicenne rom che viene arrestato
alla frontiera danese con documenti falsi, la polizia scopre che il
passaporto rubato appartiene a un funzionario pubblico scomparso.
Il dettaglio allarmante è che prima di sparire, l’uomo era stato
accusato di pedofilia. A seguire la vicenda è l’ispettore di
polizia Carl Mørck del Dipartimento Q, il quale fa
dunque riaprire un caso troppo sbrigativamente chiuso. Mentre cerca
di far collaborare il ragazzo, chiuso nel suo silenzio, Marco si
troverà a doversi confrontare anche con alcune minacce di morte per
quello che sa o quello che potrebbe scoprire.
Protagonista del film è l’attore
Ulrich Thomsen, attore danese visto in film
come Festen – Festa in
famiglia (1998), Le
crociate(2005) e Mortdecai (2015).
Quella in L’effetto farfalla è la sua prima
volta nel ruolo dell’ispettore Carl Mørck, ruolo che riprenderà poi
anche per il film del 2024 Boundless (Dengrænseløse). Accanto a lui, nel ruolo di Assad, il partner
di Mørck sul caso, vi è l’attore Zaki Youssef, mentre Lubos
Oláh è il giovane Marco. Recitano poi nel film l’attrice
Sofie Torp nel ruolo dell’assistente Rose,
Anders Matthesen in quello di Teis Snap e
Henrik Noël Olesen in quello di Marcus
Jacobsen.
La spiegazione del finale di
L’effettofarfalla
Per cercare di risolvere il mistero
che lega il giovane Marco al funzionario pubblico scomparso di nome
William Stark, Mørck e il suo team inizia a
svolgere delle indagini a partire dalle accuse di pedofilia.
Apprendono però dal giornalista Teis Snap che
Stark, prima della sua scomparsa, era sulle tracce di un grosso
scandalo di frode, secondo cui le donazioni non venivano investite
in progetti di aiuto ma venivano sottratte dal Dipartimento di
Stato a fini personali. Ulteriori indagini rivelano poi che il
padre di Jeanne, la ragazza che avrebbe subito violenze da Stark,
ha ricevuto ingenti somme di denaro dopo la denuncia di stupro ed è
poi morto in un incidente.
Quando vogliono interrogare
nuovamente Jeanne, la trovano però morta nella
vasca da bagno. Sono convinti che sia stata uccisa. Mørck, parlando
poi con Malena – moglie di Stark – e sua figlia
Thilde, apprende che Marco le ha regalato una collana appartenente
al padre. In seguito Marco rivela a Mørck che Stark è
effettivamente morto e lo conduce al suo corpo, che il ragazzo
aveva scoperto e da cui aveva preso la collana. Mørck ricerca
allora informazioni sul proprietario del bosco in cui è stato
trovato il corpo e scopre appartenere a una società di costruzioni
e proprietà il cui fondatore Jens Brage-Schmidt
vive lì. Anche Teis Snap fa parte del consiglio di amministrazione
della società.
Mørck, recatosi alla proprietà con
Assad, trova soffocato il vecchio Brage-Schmidt e lo stesso Snap
ucciso. Una misteriosa auto abbandonata, però, solleva dei
sospetti. Nel frattempo, Zola, il criminale per
cui lavora il padre di Marco, ha rapito il giovane considerandolo
pericoloso per i suoi rapporti con la polizia. Tuttavia, gli
investigatori riescono a raggiungerli e a liberare il giovane.
Infine, Mørck vede l’auto di Rene Eriksen, del Ministero degli
Esteri, nei servizi televisivi e la riconosce come l’auto trovata
fuori dalla villa di Brage-Schmidt. Riescono così ad arrestarlo e a
smascherare i suoi illeciti e Marco può tornare a casa con il
padre.
Il trailer di L’effetto
farfalla e dove vedere il film in streaming e in TV
Sfortunatamente il film non è
presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive
in Italia. È però presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 6 marzo alle ore 21:20
sul canale Rai 4. Di conseguenza, per un limitato
periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Rai
Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il
momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma,
completamente gratuita, per trovare il film e far partire la
visione.
Cuore di tutto il DC
Extended Universe, ovvero il racconto sul grande e
piccolo schermo dei supereroi della DC Comics, è il film Justice
League (qui la recensione). Diretto nel
2017 da Zack Snyder, il film avrebbe dovuto
rappresentare il primo apice di quanto fino a quel momento
raccontato dai film L’uomo d’acciaio, Batman v Superman e
Wonder Woman. Il
risultato, come noto, fu però tutt’altro che entusiasmante e
Justice
League si affermò non solo come un considerevole flop al
box office ma anche come un film fortemente limitato dai suoi
numerosi problemi produttivi.
Durante la sua realizzazione,
infatti, Snyder si è visto costretto ad abbandonare il progetto in
seguito alla morte della figlia, lasciando al
regista JossWhedon (che per
la Marvel aveva diretto i primi due
Avengers) la gestione della post-produzione e la regia
delle ultime riprese restanti. Tale cambio di regista ha
naturalmente portato il film ad avere aspetti dissonanti al proprio
interno, con Whedon che si è particolarmente discostato dalla
versione di Snyder anche attraverso alcune riscritture della
sceneggiatura avvenute a riprese già in corso. Justic
League, insomma, ha sofferto di numerosi drammi produttivi
che ne hanno fatto un’opera particolarmente debole.
Con il tempo, il film è stato
parzialmente rivalutato da una buona fetta di fan, ma gli viene
oggi di gran lunga preferita la Zack Snyder’s Justice
League, ovvero la versione poi portata a
compimento nel 2021 da Snyder e fedele ai suoi piani originali per
il film. Ora che il DCEU è prossimo alla sua definitiva
conclusione, riscoprire tale film può comunque essere un motivo di
ulteriore dibattito su ciò che ha funzionato o meno di esso. Di
Justice League vengono infatti generalmente lodati il suo
tono meno cupo rispetto ai precedenti film DC e alcune sequenze
d’azione. Elementi che ne fanno un film visivamente affascinante
sotto certi punti di vista.
La trama e il cast di Justice League
Dopo gli eventi di Batman vSuperman, il miliardario Bruce Wayne
rivaluta la scelta di lottare in solitaria e decide di fare squadra
con un composito gruppo di supereroi. Si allea così con la
principessa delle amazzoni Wonder Woman, il
velocissimo Flash, il sovrano di Atlantide
Aquaman e Victor Stone, l’ex atleta rivestito di
componenti meccaniche che si è guadagnato per questo il soprannome
di Cyborg. Con la squadra così al completo,
guidata da Batman, le forze della Justice League
sono pronte a difendere il pianeta da un attacco di proporzioni
catastrofiche rappresentato da Steppenwolf,
inviato sulla terra dal divino Darkseid con lo
scopo di conquistarla in suo nome. Ben presto, però, il defunto
Superman si rivelerà indispensabile ai fini della
riuscita della missione.
Ad interpretare i supereroi qui
elencati vi sono Ben Affleck nei
panni di Batman, che riprende da Batman v Superman, mentre
Henry Cavill
torna ad interpretare Superman. Gal Gadot
riprende il ruolo di Wonder Woman dopo averla interpretata nel suo
film da solista, mentre Jason Momoa fa
il suo debutto ufficiale come Aquaman. Ezra Miller
interpreta Flash, mentre Ray Fisher è Cyborg, ed
ha interpretato il personaggio quasi completamente attraverso l’uso
della motion capture. Recitano poi nel film gli attori
Amy Adams nei panni di
Lois Lane, Jeremy Irons in
quelli di Alfred Pennyworth e J. K. Simmons come James Gordon. L’attore
Ciaran Hinds è invece l’interprete di
Steppenwolf.
Justice League vs Zack
Snyder’s Justice League: dai combattimenti a Steppenwolf, ecco
le differenze tra le due versioni
Ma quali sono le differenze
esistenti tra il film Justice League arrivato in sala nel
2017 e la Zack Snyder’s Justice League? Innanzitutto, la
durata. La prima versione del film dura infatti appena due
ore, con molto del materiale girato da Snyder tagliato in fase di
montaggio. Il regista lo ha però poi recuperato, dando vita alla
sua versione della durata di quasi quattro ore. Altra significativa
differenza la si ritrova nei colori. Per alleggerire i toni del film, Joss Whedon
ha concepito delle inquadrature molto più colorate e luminose. Al
contrario, Zack Snyder ha impiegato un drago di colore molto più
sottile e ad alto contrasto, in modo da conferire al suo film dei
toni più levigati e naturali. La versione di Snyder è poi suddivisa
in sei capitoli, seguiti da un epilogo.
Altra differenza la si ritrova poi
nelle scene di combattimento, ovviamente molto più
lunghe e approfondite nella versione di Snyder, in grado così di regalare allo spettatore
tutta l’adrenalina e l’emozione che il film distribuito in sala non
possedeva. È poi differente l’aspetto del villain
Steppenwolf, che Snyder ricostruisce così come lo
aveva inizialmente immaginato, più possente e spaventoso. Il
personaggio era infatti stato reso meno inquietante per il film del
2017, nella speranza di non spaventare i più piccoli. Sempre
rimanendo in ambito villain, la versione di Snyder mostra molto di
più di Darkseid, raccontandone origini e
obiettivi. Oltre a lui, nella Zack Snyder’s Justice League
sono presenti altri personaggi in più, tra cui il Joker di
Jared Leto.
Differenze si ritrovano anche nella
resurrezione di Superman. Nel film del 2017
Whedon ha trasformato la decisione di resuscitare
Superman in un momento di conflitto tra i membri della squadra
(prendendo ispirazione da quanto visto nei suoi The
Avengers e
Avengers: Age of Ultron).Nella
Snyder Cut, invece, la decisione avviene con mutuo
consenso, dopo che Cyborg ha spiegato le capacità della Scatola
Madre. A differenza del taglio cinematografico, il team decide di
portare avanti la sua decisione all’interno del Wayne Aerospace
Hangar, e non nella Batcaverna.Altre differenze esistenti tra le due
versioni sono qui elencate!
JusticeLeague: il sequel mai realizzato
Parallelamente all’arrivo in sala di
Justice
League, i DC Studios fissarono l’uscita di un suo sequel
al 14 giugno 2019. Tuttavia i risultati tutt’altro che
entusiasmanti sia a livello di critica che di pubblico a cui il
film è andato incontro una volta distribuito in sala, hanno frenato
i piani per la realizzazione di un suo sequel. Con il tempo, tale
seguito è infine stato cancellato e i DC Studios hanno preferito
concentrarsi su progetti stand-alone come Wonder Woman
1984,
Aquaman e The Flash. Ora che il DCEU è stato ufficialmente
dichiarato “morto” in favore del DC Universe di James
Gunn e Peter Safran, è chiaro che
Justice League non avrà mai un sequel. Si può dunque
unicamente sperare in un nuovo film dedicato alla celebre squadra,
che sappia rendere giustizia ad essa.
Il trailer di Justic
League e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Justice
League grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google
Play, Apple TV e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 6 marzo alle ore 21:20
sul canale Italia 1.
NBCUniversal ha
confermato che il suo nuovo film Jurassic
World 4 sarà girato quest’anno presso i propri Sky
Studios Elstree nel Regno Unito.
Con una data di uscita già fissata per
luglio 2025, le nostre fonti si aspettano che le riprese del film
di successo inizieranno quest’estate, anche se ciò non è stato
confermato dallo studio.
La conferma delle riprese del film
Jurassic
World 4 agli Sky Studios è arrivata dalla società
sorella della Universal, Sky, che oggi ha annunciato gli
aggiornamenti del governo britannicosul credito
d’imposta locale e sulle tariffe
commerciali.
Il nuovo film Jurassic
World 4 diventerà il terzo film
importante girato negli Sky Studios della Universal –
dopo Wicked e Paddington
3 – uscito lo scorso anno. Si prevede
che il film sarà girato anche in altre destinazioni globali: la
maggior parte dei film della serie sono stati girati alle Hawaii,
anche se non è stata confermata come destinazione. I
precedenti film di Jurassic World erano stati
girati a Pinewood nel Regno Unito, ma questo non sarà girato
lì.
Secondo fonti dello studio, il
precedente film Jurassic World ha
generato più di 2.000 posti di lavoro e una spesa di 180 milioni di
sterline nel Regno Unito. Tuttavia, la composizione
dell’equipaggio di questa puntata, e anche la sua fattibilità,
potrebbero essere messe in discussione se uno sciopero IATSE e
Teamsters dovesse svolgersi quest’estate.
Il nuovo film Jurassic
World 4 sarà prodotto da Steven Spielberg attraverso Amblin
Entertainment, Frank Marshall e Patrick Crowley produrranno
attraverso Kennedy-Marshall. Il vicepresidente esecutivo dello
sviluppo della produzione Sara Scott e il direttore creativo dello
sviluppo della produzione Jacqueline Garell supervisioneranno il
progetto per la Universal.
Dana Strong, CEO di Sky Group, ha
dichiarato oggi in merito al credito d’imposta e ai cambiamenti
delle tariffe commerciali del Regno Unito: “Siamo lieti che il
Cancelliere abbia deciso oggi di tagliare le tariffe commerciali
degli studi televisivi e cinematografici, fornendo sgravi fiscali
vitali per consentire al Regno Unito di livello mondiale settore
della produzione cinematografica e televisiva per continuare a
prosperare. L’annuncio di oggi dà fiducia al settore,
sbloccando opportunità di lavoro e fornendo allo stesso tempo una
base stabile per gli investimenti di domani nel Regno Unito, come
la nostra proposta per Sky Studios Elstree North e le riprese
di Jurassic 4 di
NBCUniversal ”.
Cosa sappiamo di Jurassic
World 4?
Sebbene non siano ancora state
rivelate informazioni ufficiali sulla trama del nuovo Jurassic World, la scrittura della
sceneggiatura da parte di Koepp suggerisce che il film potrebbe
tornare alle origini del franchise. Koepp non solo ha scritto
l’acclamato originale del 1993 di Steven Spielberg, ma anche il suo sequel del
1997, Il mondo perduto: Jurassic Park. Non essendo previsto
il ritorno di membri del cast storico come Sam Neill, Laura Dern e Jeff Goldblum, né di nuovi membri del cast di
Jurassic World come Chris Pratt e Bryce Dallas Howard, il prossimo sequel
potrebbe aprire la strada a una nuova era per il franchise.
Anche l’assunzione di Edwards
fornisce qualche indicazione su ciò che potrebbe accadere in
futuro. Edwards, che ha diretto anche Godzilla del 2014,
ha anni di esperienza come artista VFX e questo è certamente uno
dei motivi principali per cui tutti i suoi film presentano immagini
CGI mozzafiato. The Creator, ad esempio, presenta un
lavoro VFX straordinario ed è stato realizzato con un budget
inferiore alla metà di quello di un tipico film del MCU, il che suggerisce che
Jurassic World potrebbe avere una delle migliori CGI del
franchise di sempre.
Le informazioni sulla trama possono
essere scarse, ma il finale di Jurassic World: Il Dominio potrebbe in un certo senso
aver preparato gli eventi del prossimo sequel. Il film si conclude
con gli esseri umani e i dinosauri che vivono fianco a fianco, e il
prossimo film potrebbe riprendere proprio da qui, solo con nuovi
personaggi. Con l’avvicinarsi della data di inizio delle riprese, è
comunque probabile che nei prossimi mesi vengano rivelate ulteriori
informazioni sulla trama di Jurassic World, ma anche sugli
attori principali che comporranno il cast.
È stata rivelata una
nuova foto dietro le quinte di Superman,
che offre ai fan uno sguardo al set del film DC
Studios in Norvegia.
Il
registaJames
Gunnha parlato
con Svalbardposten
(tramite Deadline ) delle riprese del film DC
Universe in Norvegia. Il regista ha spiegato che la prima
scena di Superman
che va alla Fortezza della Solitudine è stata girata e che le
Svalbard si sono rivelate il posto migliore per filmare queste
scene.
“Abbiamo girato le prime scene
[alle Svalbard], che mostrano Superman
in fuga verso la Fortezza della Solitudine”, ha dichiarato
Gunn (via VG ). “Volevamo un posto
che fosse bello e che desse la sensazione di essere nel mezzo
dell’Artico, quindi abbiamo esaminato diversi posti nel
mondo. Ma ci sono state molte cose che ci hanno fatto vendere
le Svalbard rispetto ad altri posti”.
“Superman racconta la storia
del viaggio di Superman per conciliare la sua eredità kryptoniana
con la sua educazione umana come Clark Kent di Smallville,
Kansas“, si legge nella sinossi ufficiale del
film. “È l’incarnazione della verità, della giustizia e
dello stile americano, guidato dalla gentilezza umana in un mondo
che vede la gentilezza come antiquata.”
Superman avrà
come protagonisti anche Rachel
Brosnahan nel ruolo di Lois Lane e
Nicholas Hoult in quello di Lex Luthor, oltre a
Isabela Merced nel
ruolo di Hawkgirl, Edi Gathegi in quello di Mister
Terrific, Nathan Fillion in
quello della Lanterna Verde Guy Gardner e Anthony Carrigan in
quello di Metamorpho.
Più recentemente, Sara
Sampaio ha firmato per interpretare l’assistente/amante di
Lex, Eve Teschmacher, e Skyler Gisondo è stato
scritturato per il ruolo di Jimmy Olsen.Sono attesi anche
i membri della squadra di antieroi The Authority e
María Gabriela de Faría (Animal Control) è stata
scritturata per il ruolo di Angela Spica/The Engineer. Si
dice anche che la Supergirl di Milly
Alcock farà il suo debutto prima del suo film su
Supergirl: Woman of Tomorrow, ma non è ancora
stato confermato.
Non sappiamo ancora con esattezza
come questi altri supereroi si inseriranno nella storia, ma
James Gunn ha precedentemente rivelato che la
doppia vita di Superman
Il primo annuncio di
Supersex aveva gettato una pruriginosa curiosità
sul pubblico di Netflix e trai fan di
Alessandro Borghi, un po’ meno eccitazione invece tra
quelli di Rocco Siffredi, che hanno seguito e seguono il
porno attore e la sua filmografia con passione e dedizione. Sì,
perché provare a raccontare la vita di Siffredi era una sfida
complicata, ci si sarebbe scontrati con lo snobismo, la chiusura
mentale, la difficoltà di messa in scena, tutta una serie di
ostacoli che in casa Netflix sono stati affrontati
e superati, con risultati alterni.
Supersex, la storia di Rocco Siffredi
Supersex
racconta di Rocco Tano, della sua infanzia e adolescenza a Ortona,
della sua giovinezza a Parigi, dove, in compagnia di un fratello
adorato e forse un po’ temuto, Tommaso, scopre la sua strada,
capisce che quei vicoli bui e peccaminosi di Pigalle, nascondono
posti segreti, dove lui può finalmente essere se stesso ed
esercitare il suo superpoteri, quello del sesso. La serie è dunque
una biografia che, tenendosi ai margini del mondo del porno, che
Siffredi ha rivoluzionato e condizionato, racconta il ragazzo e
l’uomo, i suoi timori, il prezzo che ha pagato per le sue scelte,
il suo cammino verso l’immortalità.
La serie
Netflix, composta da sei episodi e disponibile dal
6 marzo sulla piattaforma, prova dunque a gettare uno sguardo
intimo sulla vita del celebre Siffredi, con Saul Nanni e
Alessandro Borghi che si dividono il compito di
mettere in scena poteri e debolezze di un uomo speciale. La serie,
scritta da Francesca Mainieri e diretta da
Matteo Rovere, Francesco Carrozzini e
Francesca Mazzoleni, ambisce quindi a raccontare
un retroscena mai narrato, e in qualche modo a dare un cuore e uno
spirito a un uomo percepito sempre e solo di carne.
Da un grande potere
derivano grandi responsabilità
Con questa premessa, è
chiaro che non bisogna aspettarsi da Supersex un
Boogie Nights all’italiana. La serie tocca
solo le sponde del mondo del porno, ne racconta le difficoltà e le
asprezze, e tende a mettere al centro della storia Rocco e il suo
superpotere. Proprio così: che ci si riferisca alle dimensioni,
alla libido, al desiderio, all’inclinazione, alla capacità di
performare a comando, gli autori della serie scelgono di parlare di
queste caratteristiche di Siffredi come di un superpotere. Il che
inevitabilmente implica responsabilità e quindi un prezzo da
pagare.
I supereroi compiono
grandi imprese, è vero, ma sono anche sempre lacerati tra ciò che è
giusto fare, ciò che desiderano fare e ciò che invece devono fare
proprio perché investiti del potere di cambiare le cose e “salvare
gli innocenti”. Un Rocco Siffredi novello
Spider-Man, dunque, che deve decidere se salvare New York (seguendo
quindi la sua vocazione) o salvare Mary Jane (prendersi cura degli
affetti personali). Una cosa non può coesistere con l’altra, la
serie dimostra questo, e forse anche la vita di Siffredi e di altre
pornostar più o meno famose. Questa scelta, assolutamente legittima
e comprensibile, arriva in un momento di grande esposizione
mediatica del pornodivo, che sembra impegnato in un lungo processo
di rivalutazione della sua immagine pubblica per cercare di
scrollarsi di dosso uno stigma sociale che, nella società
contemporanea, arriva insieme a determinate scelte di vita e di
professione.
Questo punto di vista,
questa tesi si avvale enfaticamente di enfasi e toni drammatici,
raccontando la lotta interiore del giovane Rocco che a poco a poco
abbandona Tano (nome di battesimo) per abbracciare Siffredi, il
nome con cui è diventato un’icona.
Ci saranno tantissime
recensioni di Supersex che sottolineano quanto la
serie Netflix, che offre un altissimo valore
produttivo, dalle scenografie alle musiche fino ai costumi e
location, riesca a dare un volto umano e complesso a quello
che tutti considerano soltanto una macchina del sesso, si
spenderanno moltissime parole per decantare la bravura del cast:
Alessandro Borghi e Saul Nanni sono assolutamente incredibili
e con loro anche Adriano Giannini e Jasmine Trinca, davvero in stato di grazie nei
ruoli di Tommaso e Lucia. Tutte osservazioni giuste e dovute a chi
si è speso davvero tanto, emotivamente e fisicamente, per mettere
in scena una storia così straordinaria e anche drammatica.
Ma la scelta di virare
sul dramma umano fa perdere alla produzione una possibilità
preziosissima. Si parla di sesso, si parla di relazioni aperte, di
amore libero, di promiscuità eppure lo si fa sempre sotto la lente
del dramma, addirittura con tocchi di thriller. Mai viene
menzionata la gioia, la bellezza, il divertimento che può portare
una relazione tanto libera e appagante con il proprio corpo. Il
pornoattore è veicolo di drammi personali (di nuovo, sacrosanti e
centrali nella storia), ma non appare mai soggetto attivo delle
proprie scelte e in questo modo il sesso e l’erotismo diventano
ossessione, qualcosa da gestire, da incanalare, da domare e che
porta sofferenza.
Provare a essere
provocatori e offrire un ritratto più leggero, senza cancellare per
forza le ombre di una vita, avrebbe potuto forse davvero offrire
uno sguardo meno giudicante sul mondo del porno. Ma forse autori e
spettatori non sono ancora pronti a questo tipo di libertà.
Prendiamo quindi per
buona questo punto di vista: la storia di questo ragazzo di Ortona
che con il suo superpotere ha lasciato un segno nella storia del
mondo, ha combattuto contro i suoi demoni e alla fine, almeno a
giudicare da quello che dice Rocco Siffredi,
quello vero, ha trovato l’equilibrio e l’amore, per la sua
compagna, per la sua famiglia e per se stesso.
Dopo la messa in onda degli episodi
13 e 14 che abbiamo recensito qui, oggi vi svegliamo le
anticipazioni dei nuovi episodi di terza stagione della serie
tvDOC
– Nelle tue mani che andranno in onda questa sera
giovedì 07 Marzo, in prima serata su Rai 1. Ecco le
anticipazioni dell’episodio quindicesimo e sedicesimo e gran finale
di stagione, che si intitolano rispettivamente “Quello che si deve
fare” e “Liberi”.
Doc – Nelle tue mani 3 EPISODIO
15, “Quello che si deve fare”
Marzo 2011. Andrea è costretto a
fare i conti con la malattia di Agnese, ma un’inaspettata notizia
dall’America riaccende le speranze. In ospedale il neo-primario
viene messo invece in difficoltà da un caso dalla diagnosi
difficile, che costringerà qualcuno a un terribile compromesso. Nel
frattempo, a Lorenzo viene affidato il signor Gianfranco, un
paziente arrivato da una RSA a cui è stato prescritto un medicinale
in dosi eccessive.
Doc – Nelle tue mani 3 EPISODIO 16
“Liberi”
In reparto è arrivato il momento
della verità. Mentre Federico affronta il suo ultimo giorno
all’Ambrosiano e Martina prende una decisione che lascia di stucco
il resto della squadra, Doc deve fare i conti con la verità che
Agnese gli ha raccontato e che l’ha costretto a cambiare
prospettiva sul suo passato. È convinto che non possa andare peggio
di così almeno fino a quando viene ricoverato l’uomo responsabile
di tutto. Il suo peggior nemico.
DOC
– Nelle tue mani è una produzione Lux Vide,
società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai
Fiction. Tra partenze e nuovi arrivi in DOC
– Nelle tue mani, nuove sfide attendono la squadra del
Policlinico Ambrosiano di Milano, guidata dall’amatissimo dottor
Andrea Fanti (Luca
Argentero), che torna finalmente a rivestire il ruolo di
primario mentre prova a recuperare quei ricordi che ormai tutti (o
quasi) ritenevano perduti per sempre.
DOC – Nelle tue mani, la
serie
DOC
– Nelle tue mani è la serie tv prodotta da RAI
FICTION scritta da Francesco Arlanch e Viola Rispoli. Una
produzione Lux Vide, società del gruppo Fremantle, in
collaborazione con Rai Fiction
Nel cast di DOC
– Nelle tue mani
Luca Argentero,
Matilde Gioli, Pierpaolo Spollon, Sara Lazzaro, Marco Rossetti,
Laura Cravedi, Giacomo Giorgio, Elisa Wong, Elisa Di Eusanio,
Giovanni Scifoni, Aurora Peres e Diego Ribon. La
regia è affidata a Jan Maria Michelini (ep. 1-4),
Nicola Abbatangelo (ep. 5-10) e Matteo
Oleotto (ep. 11-16).
Le riprese della serie si sono
svolte tra Roma, Milano e Formello; per la location
ospedaliera il
Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e l’Università Campus Bio-Medico di
Roma hanno messo a disposizione spazi e tecnologie.
Tratto dall’omonimo e acclamato
romanzo, The
Idea of You è incentrato su Solène (Anne
Hathaway), una madre single quarantenne che inizia
un’inaspettata storia d’amore con il ventiquattrenne Hayes Campbell
(Nicholas Galitzine), il cantante degli August
Moon, la boy band più in voga del pianeta. Costretta ad
accompagnare la figlia adolescente al Coachella Music Festival,
dopo che il suo ex ha rinunciato all’ultimo minuto, Solène incontra
casualmente Hayes, con cui fin dal primo momento scocca
un’innegabile scintilla. I due intraprendono un’appassionata
relazione, ma non passa molto tempo prima che lo status di
superstar di Hayes ponga delle inevitabili sfide alla loro storia e
che Solène si renda conto di come la vita sotto i riflettori di lui
potrebbe essere più di quanto si aspetti.
Regia di Michael Showalter Sceneggiatura di Michael
Showalter e Jennifer Westfeldt, basato sul libro di Robinne Lee Prodotto da Cathy Schulman, Gabrielle Union, Anne
Hathaway, Robinne Lee, Eric Hayes, Michael Showalter, Jordana
Mollick Executive producers Douglas S. Jones, Jason
Babiszewski, Jennifer Westfeldt,
Kian Gass Con Anne Hathaway, Nicholas Galitzine, Ella Rubin,
Annie Mumolo, Reid Scott, Perry Mattfeld, Jordan Aaron Hall,
Mathilda Gianopoulos, Raymond Cham Jr., Jaiden Anthony, Viktor
White, Dakota Adan Genere Romantic Drama
Il Torino Film Festival è sempre stato e resta un
festival cinefilo e autoriale, una mostra e un concorso di film
dallo spirito libero, originale, fresco, indipendente, graffiante.
Questa edizione del TFF – diretta da
Giulio Base – è in continuità con il passato e al
tempo stesso stringe l’occhio alle nuove generazioni, capaci di
vivere, interpretare e condividere quell’anima forte e di ricerca
che il TFF ha sempre avuto e portato avanti.
“Il suo
entusiasmo si tocca con mano. Lo abbiamo già visto e sono convinta
che ne avremo prova ancora nei prossimi mesi: Giulio Base si
dedicherà a questa nuova avventura con tutta la passione che da
sempre nutre per il cinema, custodendo l’eredità del festival e
contribuendo con le sue idee a dare ulteriore lustro e slancio a
una rassegna che in Italia e dall’estero è vista come uno degli
appuntamenti più attesi nel mondo del cinema. Puntare sui giovani,
una chiave vincente” commenta il Sottosegretario alla
Cultura Lucia Borgonzoni.
“Il festival di
Giulio Base mantiene saldo il timone sull’anima fondante del TFF ma
sicuramente saprà stupirci con delle importanti novità,
interpretandolo con le sue tante anime di autore, regista, attore e
produttore – sottolinea Enzo Ghigo,
presidente del Museo Nazionale del Cinema.Lo
ha dimostrato sia nel suo progetto presentato in occasione del
bando e lo confermerà, ne sono sicuro, anche da oggi in avanti. Non
posso che augurare buon lavoro a lui e a tutta la
squadra”.
“Mancano otto
mesi al prossimo Torino Film Festival ma già si delineano le linee
principali di questa edizione, nato dai giovani e per i giovani, e
che ai giovani deve continuare a rivolgersi, utilizzando anche i
nuovi linguaggi del cinema e le sue evoluzioni – dichiara
Domenico De Gaetano, direttore del Museo Nazionale del
Cinema. Resta un festival originale e indipendente,
legato al territorio ma al tempo stesso capace di intercettare i
grandi cambiamenti della critica cinematografica
internazionale”.
“Ho visto
nascere il Torino Film Festival, che allora si chiamava Festival
Internazionale Cinema Giovani, ho respirato l’aria di quegli anni
anche se ancora giovane, sono stato testimone del fermento e del
cambiamento sociale e culturale nella Torino di inizio anni
’80 – racconta Giulio Base, direttore artistico del
Torino Film Festival. L’ho seguito a distanza negli
anni e ora essere qui è per me molto emozionante. Il 42° TFF l’ho
costruita pezzo per pezzo, annodando idee, pensieri, contatti e
desideri per dar vita a quella trama che è sicuramente uno dei
sogni della mia vita”.
Torino Film
Festival: tutte le novità della 42° edizione
INAUGURAZIONE
L’apertura del
42TFF avrà luogo il 22 novembre 2024 nella splendida cornice del
Teatro Regio, una serata di charme che vedrà la
proiezione di un film in anteprima internazionale
e ospiti di livello nazionale e
internazionale.
IL
PROGRAMMA E LE SEZIONI
La 42° edizione del
Torino Film Festival sarà divisa in 6 sezioni per un totale
di 120 film. Quattro le sezioni competitive: il
concorso principale (16 film in anteprima mondiale
o internazionale), il concorso documentari (16
titoli in anteprima italiana, senza distinzione tra italiani e
internazionali), il concorso cortometraggi (24
titoli in anteprima europea, senza distinzione fra produzioni
italiane o straniere) e il “leopardiano” Zibaldone
(24 titoli in uno spazio totalmente libero ed eterogeneo, con
titoli di ogni genere, senza nessun vincolo di durata, di formato,
di data o di anteprima e prevederà un premio del pubblico). Due
le sezioni non competitive: il fuori concorso
(16 titoli) e la retrospettiva dedicata a Marlon
Brando (24 titoli).
LA
SQUADRA
La squadra è
composta da giovani già con numerose esperienze alle spalle. Tre
uomini e tre donne, con età compresa tra i 22 e i 32 anni, scelti
perché capaci di raccontare e intercettare visioni, sguardi e
linguaggi dei loro coetanei, senza però rinnegare il passato. Si
rendono così, in qualche modo, intermediari e garanti nel
preservare e mantenere vivo quello spirito originale e fresco che
ha da sempre caratterizzato il TFF. I selezionatori del 42TFF sono,
in ordine alfabetico, Davide Abbatescianni,
Martina Barone, Ludovico
Cantisani, Elvira Del Guercio,
Veronica Orciari e Davide
Stanzione.
MARLON
BRANDO
Il grande omaggio a
Marlon Brando (del quale quest’anno ricorre il centenario dalla
nascita) comprende 24 titoli che ne ripercorrono
la carriera dagli esordi del 1950 fino a una delle ultime
interpretazioni del 1996. Carismatico e dotato di grande talento,
Brando ha interpretato ruoli molto diversi tra loro, imponendo uno
stile recitativo lontano dai canoni dell’epoca e che ha contribuito
a consacrarlo come uno dei mostri sacri della storia del
cinema.
Anche il manifesto della 42°edizione del TFF è dedicato
Marlon Brando, ritratto nel 1972 sul set del controverso
“Ultimo Tango a Parigi” diretto da Bernardo Bertolucci. È una delle
rare foto in cui guarda direttamente dentro l’obiettivo, uno scatto
complice e sornione, che seduce e mostra, senza mezzi termini, sua
inarrivabile bellezza. (Ph. Eva Sereny / Iconic Images).
ACCESSIBILITÀ
Da quest’anno il
TFF si impegna a essere anche un festival accessibile. Con
l’associazione “+ Cultura Accessibile” si è deciso che tre titoli
della retrospettiva dedicata a Marlon Brando saranno resi
accessibili non solo alle disabilità motorie (lo sono già tutte le
sale utilizzate) ma anche a quelle sensoriali e cognitive.
Abbiamo avuto il piacere di
intervistare Benedetta Rossi che ha prestato la
sua voce per doppiare uno dei protagonisti di Kina e Yuk alla
scoperta del mondo.
In Kina e Yuk alla
scoperta del mondoKina e Yuk sono una coppia di
volpi polari pronte a mettere su famiglia e vivono serenamente fra
i banchi di ghiaccio del Canada. La temperatura, però, è
anormalmente mite e il cibo scarseggia, costringendo Yuk ad
avventurarsi sempre più lontano per cacciare. Quando,
all’improvviso, un terribile suono causato dallo scioglimento dei
ghiacci sconvolge il maestoso panorama e separa le due volpi,
ognuna isolata su un pezzo di ghiaccio. Dovranno affrontare molti
pericoli ed esplorare nuovi territori nella speranza di ritrovarsi
in tempo per la nascita dei loro piccoli.
Mad
Entertainment e Alessandro
Rak ancora insieme su un nuovo film
d’animazione, Il Piccolo Principe di
Shangri-La, il cui progetto viene presentato
oggi, 6 marzo, al Cartoon
Movie di Bordeaux –
l’evento di coproduzione e pitching per lungometraggi d’animazione
europei.
Dieci anni dopo il film “L’arte
della felicità” vincitore dell’EFA European Film
Awarde dopo “Gatta
Cenerentola”,Mad
Entertainment, la factory
napoletana di Luciano Stella, Maria
Carolina Terzi, Carlo Stella e Lorenza
Stella, punto di riferimento per l’animazione in
Italia, è nuovamente accanto ad Alessandro
Rak per la realizzazione di un film d’animazione
ispirato alle vite straordinarie dell’esploratrice Alexandra
David-Neel e Tenzin Gyatso, quattordicesimo Dalai Lama. «Un
viaggio bambino alla ricerca di una spiritualità perduta o nuova,
per salvare il mondo adulto
dall’alienazione». Alessandro Rak
Il Piccolo Principe di Shangri-La, la
trama
Esiste un Regno dello Spirito
chiamato Shangri-La. Questa terra è sotto l’assedio delle forze di
un Oscuro Signore che vuole insidiarne il Trono. Ora che il Kundun,
l’anima luminosa che illumina il cammino dell’umanità, è morto, la
fine del Regno dello Spirito sembra ineluttabile. Cosa possono fare
due bambini ed un anziano monaco per salvare l’antica anima del
mondo? Unire le forze e mettersi sulle tracce di un Piccolo
Principe che riporti la luce perduta.
Dopo il passaggio nella sezione
Un Certain Regard al Festival
di Cannes 2023, Los Colonos di
Felipe Gálvez Haberle approda su MUBI
dal 7 marzo. Il debutto al lungometraggio del regista cileno assume
i contorni di un’epopea western su una Patagonia lasciata
all’avidità e alla legge del più forte, in dialogo con altre
pellicole che hanno rivisitato il genere cinematografico
primordiale, mettendo al centro gli oppressi, come il recente
Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese e
Jauja di Lisandro Alonso (2014).
Los Colonos, la trama: il
western si trasferisce in Cile
L’azione si svolge nella Terra del
Fuoco, nel 1901, e fa riferimento al prolungato e atroce genocidio del popolo
Selknam, conosciuti anche come Ona. Si dice che quando i
bianchi si insediarono ci fossero circa 4.000 Ona; all’inizio del
XX secolo ne erano rimasti solo 783, quasi tutti rifugiati nelle
missioni salesiane con a capo il monsignor Giuseppe
Fagnano.
La storia di Los
Colonos, divisa in capitoli che danno una progressione
all’azione, ruota attorno a uno spietato amministratore di terre
(Alfredo Castro) che arruola i servizi di un
militare scozzese dalla dubbia fedina penale (Mark
Stanley) per sterminare le popolazioni native della zona,
i Selknam. Con altri due uomini, un texano e un
meticcio (Benjamin Westfall e Camilo
Arancibia), parte la spedizione, che dal Cile si dirige
verso l’Argentina, dove il confine geografico è impreciso, ma non
la proprietà della terra. Questo incontro con la rappresentazione
dell'”essere nazionale” insediato in un avamposto con più dubbi che
certezze dà vita a un brutale ritratto storico, in cui l’esperto
Francisco Moreno (MarianoLlinás) cerca di segnare i limiti geografici.
Gálvez Haberle sposta poi la narrazione a sette
anni dopo, quando un inviato del presidente Montt
arriva a Chiloé per indagare sullo sterminio.
Un viaggio classico, ma in territori inesplorati
Los Colonos ritrae
con l’epica western l’altra faccia che l’immaginario
cinematografico nascondeva nell’avanzata civilizzatrice dell'”uomo
bianco”. Siamo di fronte a un western classico con tocchi
modernisti, vicino ai famosi “anti-western” che pullulavano negli
anni ’60 e ’70 e che registi come Kelly Reichardt
(Meek’s Cutoff- Il sentiero di Meek ) o lo stesso
Lisandro Alonso hanno recentemente recuperato in
Jauja: sostanzialmente, l’opera prima del cileno
Felipe Gálvez scommette su un viaggio classico del
cinema western, solo raccontato da un’altra prospettiva, luogo e
circostanza.
Los Colonos conduce
la sua missione western attraverso una serie di forti scene di
violenza nelle fasi successive, che si allontano dal senso di
leggerezza per inserire i personaggi in zone sempre più cupe. Con
il passare del tempo, questi dovranno anche confrontarsi tra
loro, poiché le loro differenze iniziano a diventare sempre più
evidenti, e si troveranno di fronte a un altro tipo di ferocia,
quella degli affari “interni”.
Fonte: The Movie Database
Colonos come Conquistadores
Il regista Felipe
Gálvez intreccia personaggi reali e di finzione, al suo
debutto alla regia dopo quindici anni di lavoro come montatore, in
questo pluripremiato western patagonico sul genocidio dei
Selknam come fondamento della civiltà cilena,
quasi fosse una risposta sudamericana al recente
Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese.
Quello che Gálvez
realizza è una durissima critica allo sterminio dei popoli nativi,
sugli abusi del capitalismo e sull’enorme controllo della terra
detenuto da pochi gruppi e famiglie, senza parlare troppo
direttamente di questi temi. Nel modo in cui
Menéndez si comporta, nel modo in cui i militari,
gli ufficiali e gli esploratori avanzano su tutto e tutti come se
fossero proprietari di ogni centimetro che calpestano e delimitano,
Los Colonos racconta la storia crudele delle
origini di un Paese (o due, forse) segnato dalla violenza fisica,
politica ed economica.
In Los Colonos, la violenza e il dolore sono
sussurrati
Gálvez ha il senso,
l’eleganza e l’intelligenza di suggerire più di quanto mostri: è
chiaro che avvengono atrocità di ogni tipo, ma sono intuite, viste
in lontananza, comprese attraverso certi dialoghi (sempre in nome
del “progresso”). Gli esterni della natura incontaminata del sud
del Cile e dell’Argentina sono talmente mozzafiato che non c’è modo
per Gálvez e il suo direttore della fotografia
Simone D’Arcangelo di evitare di indulgere in
certi preziosismi, ma l’esperienza sensoriale – un lavoro sonoro
straordinario e le musiche di Harry Allouche – è
coinvolgente e impressionante.
Attraversando i paesaggi della Terra
del Fuoco, Felipe Gálvez attraversa anche buona
parte della biografia del genere: dalla laconica crudeltà del
western di serie B alla sua revisione europea, passando per la
violenza senza alibi di Nessuna pietà per Ulzana e gli
scenari astratti di Jauja. In questo road movie a cavallo,
con protagonisti due malviventi e un testimone silenzioso, un
meticcio complice della follia del loro viaggio, tutti questi
riferimenti permeano, senza farsi notare, le sue immagini in modo
tanto energico quanto inquietante. C’è decisamente qualcosa di
horror in questo film, come se fosse una versione politica di
Bone Tomahawk di S. Craig Zahler con la
poetica ruvida e tagliente di Cormac McCarthy.
Che Paolo Virzì sia diretto erede di Risi,
Comencini, Monicelli e De Sica è chiaro sin da quando nel 1996, al
suo secondo lungometraggio, il regista presentò Ferie d’agosto, una tipica commedia
di costume diventata ben presto un cult del genere che si guadagnò
all’epoca persino un David di Donatello. Circa trent’anni dopo aver
fotografato un’Italia divisa in due dalle ideologie politiche,
Virzì torna a Ventotene, la così detta isola di
confino, per girarne il sequel,
Un altro ferragosto, in cui l’amara
consapevolezza che niente rispetto ad allora sia cambiato, ma
potremmo dire peggiorato, fa da sfondo a una collettività oramai
segnata – definitivamente – dalla disillusione, dall’infelicità e
dalla pochezza d’animo.
E se il presente è scoraggiante,
conferma di una società oramai spenta e povera di spirito, e il
futuro prospettato all’orizzonte non fa che sbiadirsi davanti agli
occhi, guardare al passato, a quei tempi in cui credere fermamente
nelle proprie idee era la spinta motrice per andare avanti e
sperare in un domani migliore, è tutto quello che resta. Almeno a
Sandro, che per tutto il tempo non farà altro che immaginare di
parlare con Pertini, Spinelli, Colorni, Rossi, abbracciando quella
Resistenza di cui si è sempre sentito partecipe, e la cui memoria
vuole conservare. Un altro ferragosto è
scritto a sei mani mani dai due fratelli Virzì e Francesco
Bruni, e vede il ritorno di quasi tutti i personaggi di
Ferie d’agosto, più qualche new entry di assoluto spessore
come Emanuela Fanelli, Christian De Sica e
Vinicio Marchioni.Distribuito da 01 Distribution
arriva nelle sale dal 7 marzo.
Un altro ferragosto, la trama
Ventotto anni dopo quell’incontro
avvenuto a Ventotene in un caldo mese di agosto, le famiglie Molino
e Mazzalupi tornano sull’isola ognuna per scopi differenti. La
prima arriva per una reunion organizzata da Altiero, figlio di
Sandro e Cecilia, il quale decide di far tornare tutti i familiari
(e gli amici) in quel luogo tanto amato e caro al padre che è in
punto di morte. Dall’altra parte, invece, i Mazzalupi sono in
procinto di festeggiare le imminenti nozze di Sabrina, figlia di
Ruggero (oramai defunto) e Luciana, ora diventata un’influencer
seguita, e il coatto e sterile Cesare (Vinicio
Marchioni), che le fa da manager. A Ventotene c’è
tanto fermento per il matrimonio di questa coppia, eppure la zia
Marisa – sbarcata con un nuovo compagno, l’imprenditore Pierluigi
Nardi Masciulli (Christian De Sica) – non vede di
buon occhio la loro relazione, soprattutto perché nell’uomo che la
nipote ha scelto ha intercettato una persona vile e
pressappochista. L’organizzazione dell’evento tanto atteso dalla
famiglia Mazzalupi da un lato e la malattia di Sandro dall’altro
(che sull’isola non farà altro che pensare a come tutelarne la
memoria storica) creerà nuovi attriti e litigi che porteranno i
personaggi a molte nuove consapevolezze.
Fra passato, presente e…
futuro
Con Un altro
ferragosto Virzì riparte da quelle due famiglie che
erano l’una l’antitesi dell’altra, così diverse ma anche così
simili nel loro essere irrisolte, che su Ventotene si scontrarono
con veemenza. Con ironia pungente il regista ci mette
davanti a un drammatico dipinto della nostra realtà,
sfruttando ancora una volta le vite piene di tristezza, sconfitte e
incomunicabilità dei Molino e dei Mazzalupi, gruppi politicamente
agli antipodi ma umanamente più vicini di quanto loro possano
credere, e nel farlo inserisce elementi contemporanei che rendono
il racconto al passo con questi nostri brutti tempi.
Non sono cambiati più di tanto i due
nuclei familiari, né sono mutate le cause dei loro dissapori, ma
rispetto al 1996 qualcosa si è aggiunto, e in questo caso è
rappresentato da quel nuovo mondo di cui fanno parte i
social, i quali hanno contribuito ad alimentare un tessuto
sociale già di per sé allo sbando e corroso, e in cui Cesare è
primo vero aberrante risultato. Ecco perché adesso, rispetto ad un
tempo che non c’è più, a farla da padrona è l’ignoranza più becera,
poiché se prima i dibattiti di destra e di sinistra si avvolgevano
attorno a dei solidi principi (e ideali), ora si è completamente
sconnessi da se stessi, dagli altri e soprattutto dai veri valori
che fondano una comunità. Forse perché, ci dice Un
altro ferragosto, abbiamo speso troppo tempo a
rimanere idealisti immobili da non accorgerci che nel frattempo
attorno a noi tutto diventava maceria.
Speranze infrante
E allora è qui che il film affonda
le sue radici, diventando specchio e riflesso accecante di
un’umanità talmente egoriferita e vacua da non capire di star
distruggendo anche l’ultimo granello di speranza che possa
rendere possibile il cambio di traiettoria. Le conseguenze sono,
oltre lo smarrimento del proprio io e una felicità sempre più
irragiungibile, che i figli e i padri non parlano poiché incapaci
di capirsi e coltivare rapporti semplici, come Andrea e Sandro; che
l’amore vero viene messo da parte per lasciare spazio a un
benessere solo apparente ma non sincero, come nel caso di Marisa e
Pierluigi; e che costruirsi un’immagine falsata di sé è l’unica
soluzione per essere qualcuno, come nel caso di Sabrina, affiancata
dall’omofobo Cesare, un uomo che è pieno esempio da una parte della
mascolinità tossica ancora molto presente in alcuni uomini di oggi,
dall’altra di una politica sempre più cialtrona e disinteressata al
popolo, che mangia sull’imbroglio e i raggiri (per lui lo spessore
culturale e morale non sono prioritari per essere un esponente del
governo, tant’è che spinge Sabrina a candidarsi pur essendo lei
un’influencer di scarso intelletto.)
A tal proposito il
tragicomico monologo finale di Emanuela Fanelli è il colpo più
sferzante e doloroso dell’intero film, che va non solo a
dichiarare apertamente la frustrazione in cui annega una nazione
intera, ma anche un pessimismo cosmico che annienta ogni forma di
sogno futuro. Se sul livello contenutistico Un altro
ferragosto dunque funziona per riflessioni e impegno
tematico, non si può dire sempre lo stesso sulla messa in scena,
che a volte scricchiola su alcuni inserti confusionari e personaggi
poco accennati nel nuovo spazio narrativo, in particolare
appartenenti alla famiglia Molino, poco approfondita, facendo anche
calare di tanto in tanto l’attenzione. Comprendiamo però le
intenzioni del regista di volere con sé tutti i protagonisti di
Ferie d’agosto, ma diciamo anche che se si fosse
focalizzato solo su alcuni di loro, mantenendo la giusta coralità
di racconto, il film sarebbe stato narrativamente molto più ricco e
dettagliato.
Il midseason finale ha
lasciato tutti gli spettatori con il fiato sospeso e quindi quando
il 14 febbraio sono arrivati
su Raiplay gli episodi 7 e 8 di Mare Fuori 4,
tutto il pubblico della fortunata serie Rai è corsa a guardare cosa
sarebbe poi successo a Cardiotrap, Crazy J e alla straniera senza
nome.
Mare Fuori 4, finalmente il momento di Alina
Proprio da lì, quindi, si
avvia questa seconda parte di stagione, con i
ragazzi che riescono a sopravvivere all’esplosione grazie
soprattutto all’intervento di Alina. Si chiama così la ragazza
ucraina che non riesce a parlare con nessuno che non sia
Gianni/Cardiotrap. Finalmente scopriamo un po’ di più di questa
povera anima tormentata, ci viene offerto uno spiraglio sul suo
passato, su quello che l’ha effettivamente traumatizzata e su
quello che vuole. Parallelamente l’episodio che si intitola “Il
prezzo del cambiamento” vede protagonista anche Teresa:
abbiamo scoperto che aspetta un figlio da Eduardo e sappiamo che il
giovane aspirante boss non vuole abbandonare la ragazza a cui deve
la vita, tuttavia questo nuovo dittico ci accompagna dietro le
quinte dei comportamenti di questa ragazza, di famiglia bene, che
vuole a tutti i costi stare con una persona che chiunque le direbbe
“non fa per te”.
Per quanto riguarda
invece gli amanti sfortunati, Carmine e Rosa, anche se vengono
leggermente messi da parte in queste due puntate fortemente corali,
li vediamo comunque struggersi d’amore l’uno per l’altro. Il
giovane Di Salvo non vuole rinunciare alla sua Rosa che a sua volta
è lacerata dal dubbio. Spazio anche a Pino, che corre a spron
battuto verso un riscatto sociale e personale che lo vede buttarsi
con entusiasmo in progetti futuri, ma sul quale incombe anche un
possibile e seminato “tradimento”. Riuscirà il giovanotto di buona
volontà a coronare il suo sogno d’amore con la bella e sfuggente
Kubra? Chi invece sembra giunta a un bivio è Silvia, che potrebbe
pagare ancora una volta per le colpe degli altri, lasciata sola
anche da chi, ingannandola, aveva promesso di prendersi cura di
lei.
“Morire insieme”
Tra tutti i drammi dei
giovani protagonisti, però, sembra spiccare, ormai insormontabile,
il trauma del comandante Massimo, che proprio non riesce a trovar
pace, soffocato dai suoi demoni e con una situazione familiare che
sembra sfuggirgli sempre più di mano. Ha definitivamente perso
quell’approccio paterno e paziente verso i giovani detenuti e
sembra soltanto interessato alla vendetta.
Per questi nuovi
episodi 7 e 8 di Mare Fuori 4, gli sceneggiatori
hanno preferito una struttura fortemente corale,
che porta avanti un pezzetto della storia di ogni personaggio. Se
da un lato il tono generale del racconto viene aiutato da un ritmo
spezzettato e più veloce, perché aggira
l’impronta da melodramma che sembrava preponderante nella prima
parte della stagione, dall’altro si rischia di rimanere troppo
distanti dai protagonisti e dalle loro vicende che comunque,
arrivati a questo punto della loro storia, hanno un forte gancio
sullo spettatore.
Il Mare
Fuori comincia a diventare per molti un concetto concreto,
non solo un sogno o un miraggio aspirazionale, ma un vero e proprio
progetto, su cui investire e costruire le basi per un futuro di
riscatto. O almeno per qualcuno è così.
In generale in questa
quarta stagione si conferma però il venire meno del senso di
autenticità di linguaggio e messa in scena che ha determinato il
successo della serie all’inizio della sua corsa. La scelta di
direzione artistica sembra chiara e irrevocabile, e per quanto il
prodotto rimanga godibile e di intrattenimento, dispiace un po’ per
la perdita di quell’anima verace.
Netflix ha rinnovato
Avatar: The Last Airbender per altre due stagioni. La
serie, un adattamento live-action dell’omonima serie di successo di
Nickelodeon, si concluderà con la terza stagione, seguendo la
stessa struttura della versione animata.
La serie è ambientato in un mondo
diviso in quattro nazioni – le Tribù dell’Acqua, il Regno della
Terra, la Nazione del Fuoco e i Nomadi dell’Aria – che un tempo
vivevano in armonia, con l’Avatar, padrone di tutti e quattro gli
elementi, incaricato di mantenere la pace tra loro. Ma tutto cambiò
quando la Nazione del Fuoco attaccò e spazzò via i Nomadi
dell’Aria, il primo passo compiuto dai Dominatori del Fuoco verso
la conquista del mondo. Con l’attuale incarnazione dell’Avatar che
deve ancora emergere, il mondo ha perso la speranza fino a che Aang
(Gordon Cormier), un giovane dominatore dell’aria,
si risveglia per prendere il posto che gli spetta. Insieme ai nuovi
amici Sokka (Ian Ousley) e Katara
(Kiawentiio), fratelli e membri della Tribù
dell’Acqua del Sud, Aang intraprende una missione per salvare il
mondo e combattere il Signore del Fuoco Ozai (Daniel Dae
Kim), anche se il Principe Zuko (Dallas
Liu) è determinato a catturarlo.
Nel cast anche Paul
Sun-Hyung Lee. Albert Kim è lo
showrunner. I produttori esecutivi includono Kim,Jabbar Raisani e Michael Goi.
Inoltre, Dan Lin è stato produttore esecutivo
della prima stagione insieme a Lindsey Liberatore
per conto di Rideback, anche se da allora Lin è stato nominato capo
della divisione film presso Netflix. I registi includono
Raisani, Goi, Roseanne Liang e Jet
Wilkinson. Takeshi Furukawa è il
compositore. Kim ha discusso dei cambiamenti tra la serie
Nickelodeon e l’adattamento Netflix in un’intervista con
Variety.
Nel 2018, Netflix ha
annunciato che avrebbe realizzato un remake live-action
“reinventato” di Avatar:
The Last Airbender. DiMartino e Konietzko sono
entrambi produttori esecutivi e showrunner della serie. “Ambientato
in un mondo asiatico devastato dalla guerra, dove alcune persone
possono ‘piegare’ uno dei quattro elementi classici: acqua, terra,
fuoco o aria”, si legge nella sinossi ufficiale. “Aang (Gordon
Cormier) è l’”Avatar”, l’unico capace di piegare tutti gli
elementi, ed è destinato a portare la pace nel mondo dalla Nazione
del Fuoco. Con i suoi nuovi compagni Katara (Kiawentiio) e Sokka
(Ian Ousley), Aang si propone di dominare gli elementi mentre viene
inseguito dal principe in esilio della Nazione del Fuoco Zuko
(Daniel Dae Kim), che cerca di riconquistare il suo onore
catturando l’Avatar.
Netflix
ha in programma di rilasciare ulteriori dettagli su
Avatar: The Last Airbender durante la Geeked
Week, che si terrà dal 6 al 12 novembre 2023. Avatar: The
Last Airbender è uscito su Netflix il 22 febbraio
2024.