Il genere del legal drama circoscrive la sua narrazione agli eventi che si svolgono dentro e fuori il tribunale giudiziario. Può cambiare il punto di vista, ce ne possono essere molteplici, ma nel complesso la storia segue una traiettoria molto specifica, che si conclude alla fine con lo svelamento della verità e l’assolvenza – o meno – dell’imputato in questione. In Holiday Edoardo Gabbriellini decide di fare un lavoro al contrario e di concederci uno sguardo – molto lungo – a quel che accade dopo. Protagonista di un racconto tanto ambiguo quanto pieno di zone d’ombra è Veronica, interpretata da un’esordine ed efficace Margherita Corradi. Il film è in Concorso alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Progressive Cinema, sceneggiato da Gabbriellini insieme a Carlo Salsa e Michele Pallagrini, e prodotto da Olivia Musini con Lorenzo Mieli e Luca Guadagnino.
Holiday, la trama
Dopo due anni di carcere, Veronica (Margherita Corradi), dichiarata non colpevole di aver ucciso la madre nella Spa del loro hotel, torna a casa dal padre. Ad accoglierla c’è subito l’amica Giada (Giorgia Frank), pronta a farle recuperare tutto il tempo perduto. Ma tornare alla realtà – e soprattutto alla libertà – non è per niente facile. In primis perché la gente di lei non parla bene, molti la credono ancora colpevole, altri la denigrando su Instagram facendo persino commenti a sfondo pornografico. Mentre cerca di barcamenarsi in questa serie di situazioni spiacevoli e sciacchiare play a una vita che aveva dovuto mettere in pausa, lo spettatore cercherà di capire attraverso sguardi sul passato cosa è davvero successo prima dell’omicidio, e soprattutto cosa è stato detto durante il processo. Tutti, però, dal padre alla migliore amica potrebbero avere un movente. Quindi perché hanno accusato solo Veronica di aver ucciso la madre? Quando si inizierà a formulare un pensiero sulla protagonista, ecco che il film cambierà di nuovo strada, fino all’ambiguo finale.

Uno stile destabilizzante
Holiday è una storia indecifrabile. Come lo è la sua protagonista, Veronica, di cui non riusciamo a trarre alcun tipo di giudizio che sia valido o fondato su prove concrete. Gabbriellini modella un film difficile da analizzare, complesso da leggere e decifrare. Intanto perché lo arricchisce di flashback (non proprio esaustivi), i quali non diventano altro che uno stile narrativo per raccontarci da più prospettive una vicenda che, fino alla fine, non riuscirà mai ad essere limpida e chiara. Sono tre i piani temporali da seguire: il primo è quello del presente, nel quale il regista butta in pasto ai leoni (utenti social, giornalisti, occhi giudicanti dei passanti) una ragazza appena stata scarcerata, che deve affrontare una realtà nella quale nessuno, sostanzialmente, le crede.
Ci sono poi i ricordi suoi e dell’amica Giada, la quale sia prima che dopo l’omicidio della madre di Veronica le è sempre stata accanto, ma che non si riesce a comprendere in che posizione si trovi rispetto la questione dell’assassinio. E infine c’è la ricostruzione del processo, in cui i testimoni vengono torturati psicologicamente dall’accusa. Sono tutti elementi che si mischiano, a volte si accavallano, tanto che bisogna compiere uno sforzo in più per capire meglio in quale spazio-tempo ci si trovi. Ad accorrere in aiuto potrebbe essere, fra le cose più evidenti, l’uso dei colori, che diventa più caldo o più freddo (ma di poco) a seconda del periodo trattato. Il passaggio da uno spezzone all’altro è un po’ confusionario, e la destabilizzazione che se ne ricava impedisce di entrare a pieno nel tono misterioso dell’opera, che rimane nel suo insieme, volontariamente, fredda e distaccata. Quasi come se l’intento del suo regista fosse quello di farcela guardare in un modo che ci impedisca di giudicare la protagonista.
Chi è Veronica?
Una protagonista della quale alla fine non si scoprirà poi molto. Né di lei né dell’azione commessa – se l’ha davvero commessa. Gabbriellini, poi, attraverso lei, ci introduce sin da subito a delle tematiche molto sentite non solo dai giovani ma da tutte le generazioni. Una fra queste è l’influenza che hanno i social sulla nostra vita, strumenti che permettono a chiunque di aprire bocca anche su cose di cui non conoscono neppure gli antefatti. C’è anche la difficoltà, ad oggi, di essere giovani, ma anche di essere adulti, causata in primis da una società e un sistema a loro volta ambigui e iniqui. C’è poi la denuncia all’adesione di alcuni canoni di bellezza assurdi, rappresentata in questo particolare caso dalla madre di Veronica, Elisabetta, sempre pronta a rammentarle di dimagrire, disprezzandone persino a gran voce il suo corpo.
Temi molto delicati e dolenti, che per quanto siano importanti in una storia che tratta di giovani – e che forse è per i giovani – non riescono a rimanere punti fermi del film, il quale nonostante voglia sollevare alcune riflessioni in merito a essi, si impegna di più a costruire un percorso che, man mano che va avanti, diventa sempre più strano, contorto, incomprensibile. È che quindi, paradossalmente, diventa la parte che più coinvolge. Perché Holiday è un noir atipico, che lascia al pubblico il piacere dell’interpretazione muovendo i personaggi solo come delle pedine, senza dargli un vero approfondimento psicologico, con lo scopo di confondere e depistarli. Chi è il colpevole, in conclusione? Quello in cui crediamo cambia continuamente. Una volta che gli dà tutti gli strumenti per pensarci, seminandoli nella storia, Holiday finisce. Ora siamo noi, con le nostre nuove idee (sbagliate o giusto che siano) a deciderlo.











Loki Stagione 2, Episodio 3 prosegue la tradizione Marvel delle variazioni del logo di apertura
Dopo essere usciti dalla TVA ed essere entrati nella Chicago del 1868, Loki e Mobius discutono del motivo per cui Ravonna Renslayer avrebbe scelto quell’ora e quel luogo specifici da visitare. Durante questo discorso, Loki chiede “C’è qualche figura importante nella Storia che è nata in questo momento?” Questa domanda viene posta mentre Loki e Möbius stanno sotto la finestra aperta della casa di Victor Timely, prefigurando la sua apparizione nell’episodio e il fatto che sia una variante molto importante nella storia.
Durante
Sempre nella scena di introduzione alla Esposizione Mondiale di Chicago c’è un momento in cui si fa chiaramente riferimento alla mitologia norrena. Loki e Mobius vedono alle sculture di Thor, Odino e di un terzo dio chiamato Balder. Nella mitologia norrena, Balder era tipicamente raffigurato come il fratello di Thor e figlio di Odino. Solo nelle iterazioni e nelle storie popolari moderne il personaggio di Loki è stato modificato per essere il fratello di Thor, e questa scena si riferisce proprio al fatto che il MCU ha sostituito il dimenticato Balder con Loki, tanto che, commentando la scelta delle divinità da raffigurare, il
Mentre Loki e Mobius guardano il programma degli artisti sul palco della Fiera Mondiale di Chicago, notano le Meraviglie Temporali di Victor Timely. Sebbene questo sia di per sé un riferimento importante, sopra alla scritta che riporta di Timely, è possibile individuare un altro riferimento. Un altro artista alla fiera si chiama Ferdinand Lang, che è senza dubbio un riferimento a Scott Lang dell’MCU. Dato che Ant-Man and the Wasp: Quantumania ha fatto debuttare per la prima volta sia Kang il Conquistatore che la prima occhiata alla seconda stagione di Loki nella scena post-credits, è difficile immaginare che il nome Lang sia una coincidenza.
Attraverso il personaggio di Victor Timely,
Mentre Loki e Mobius vengono mostrati mentre aspettano l’inizio della dimostrazione di Timely, si può vedere una band suonare sul palco. La musica suonata dalla band è una versione vecchio stile di “Green Theme” di Loki, uno dei brani più riconoscibili della colonna sonora della prima stagione scritta da Natalie Holt. Questo è un riferimento per la musica dello spettacolo in quanto cattura l’atmosfera di Loki fornendo allo stesso tempo un dettaglio aggiuntivo per l’ambientazione nel 1893.
Una delle varianti Kang più famose della Marvel Comics è Rama-Tut, una versione di Nathaniel Richards che viaggiò indietro nel tempo per diventare un faraone egiziano. Rama-Tut è apparso anche nella scena dei titoli di coda di
Una scena della puntata si svolge nel laboratorio di Victor alla Fiera di Chicago con Miss Minutes e Ravonna. Su due oggetti diversi nel laboratorio, si possono vedere simboli asiatici. Sebbene non sia chiaro quale linguaggio specifico rappresentino questi simboli, potrebbero fungere da collegamento con il mondo di
Verso la fine di
Come visto alla fine di Loki Stagione 2, Episodio 3, Miss Minutes voleva che Timely le costruisse un vero corpo in modo che potesse essere la sua compagna. Apparentemente, ha sempre voluto stare con l’originale Colui che Rimane il quale però la considerava solo come un animale domestico, un oggetto, nonostante le avesse dato piena sensibilità e quasi completa autonomia. Tuttavia, l’inventore rifiuta il suo amore, cosa che apparentemente metterà Minutes contro di lui in futuro.
Alla fine di Loki Stagione 2, Episodio 3, Sylvie usa il dispositivo temporale che ha preso da Colui che Rimane per inviare Ravonna Renslayer alla Cittadella alla Fine dei Tempi. Questo dispositivo sembra essere una versione più avanzata dei TemPad standard utilizzati dagli agenti TVA. Di conseguenza, questo spiega perché Sylvie è ancora in grado di muoversi attraverso la linea temporale sacra e in realtà ramificate nonostante il suo odio per 
Bandita nella Cittadella alla Fine dei Tempi, sembra che Ravonna si trovi adesso in un palazzo in rovina. La Cittadella si sta autodistruggendo. Stando a quanto accaduto nel finale della prima stagione, forse Colui che Rimane era l’unica cosa che manteneva tutto insieme in questo spazio temporale piuttosto instabile noto come il Vuoto, sebbene potesse anche essere collegato al multiverso in espansione. In ogni caso, sembra che Ravonna sia rimasta intrappolata qui come intendeva Sylvie, anche se Miss Minutes ha dimostrato di avere una certa familiarità con la Cittadella.
Considerando la decomposizione del corpo di Colui che Rimane, sembra proprio che sia passato molto tempo da quando è stato ucciso da Sylvie nel finale della stagione 1 di Loki. Tuttavia, il tempo funziona in modo diverso sia nella TVA che alla Fine dei Tempi, quindi il passaggio effettivo di detto tempo è naturalmente relativo e difficile da quantificare esattamente.










Era il 2 settembre 1980 quando la Chiesa Cattolica autorizzò a praticare un esorcismo sul piccolo David. Ma anche quest’ultimo tentativo non si rivelò la soluzione ai mali che affliggevano questa famiglia: durante il rito, infatti, Arne – straziato nel vedere il bambino soggiogato dal demone – chiese a quest’ultimo di lasciare il giovane e prendere sé al suo posto. Nei giorni che seguirono l’esorcismo, i Glatzel parvero ritornare alla vita spensierata di prima. Una pace che durò solo qualche mese, fino a quando Arne – la tragica sera del 16 febbraio 1981 – uccise a coltellate il suo padrone di casa, Alan Bono.