Il prossimo 14 marzo
arriva in sala Imaginary,
il nuovo figlio di Blumhouse che, dopo il successo
di
M3gan e
Five Nights at Freddy’s torna al cinema con
l’intenzione di spaventare grandi e piccini. Questa volta lo fa con
una storia che scomoda uno dei grandi archetipi della narrazione
fantastica: l’amico immaginario.
Il cinema è pieno di
storie che raccontano, con toni e declinazioni diverse,
attraversando i generi e le età, di personaggi con amici immaginari
più o meno simpatici o pericolosi. Ecco un breve viaggio
all’interno di questo topos narrativo che ha ispirato narratori di
ogni genere cinematografico.
Imaginary

In sala dal 14 marzo
distribuito da Eagle Pictures, Imaginary esplora
l’innocenza degli amici immaginari, ponendo una domanda
inquietante: Sono davvero frutto dell’immaginazione dei bambini o
c’è qualcosa di più terrificante e oscuro che si nasconde? Quando
Jessica (DeWanda Wise) torna a vivere con la sua
famiglia nella casa dove è cresciuta, la figliastra Alice
(Pyper Braun) avventurandosi in cantina, trova un
orsacchiotto di peluche di nome Teddy. Fin da subito sviluppa un
inquietante attaccamento con lui, dapprima in modo giocoso e poi
sempre più sinistro. Quando il comportamento di Alice diventa
sempre più preoccupante, Jessica si rende conto che il tenero Teddy
è molto più dell’orso di peluche che lei credeva.
Per amore dello
spettacolo e del brivido, il film prende in considerazione l’idea
che un amico immaginario possa indurre ad azioni spaventose, idea
non proprio nuova ma che nelle mani della sapiente casa degli
incubi della Blumhouse può trasformarsi in oro al box office.
Elliot il drago
invisibile

Cominciamo con un grande
classico del genere fantasy per ragazzi. Pur non essendo
esattamente immaginario ma piuttosto “invisibile”, come da titolo,
Elliott è il simpatico co-protagonista di questa storia, in cui
Peter, un bimbo orfano, ha come unico amico proprio il drago magico
che porta il caos in un piccolo villaggio di pescatori nel Maine
quando cerca di aiutare proprio Peter a scappare dalla casa della
perfida famiglia adottiva.
La storia si sviluppa
come la più classica delle avventure fantastiche, in cui il piccolo
protagonista trova alla fine una famiglia, mentre l’aiutante magico
vola via per andare a aiutare altri bambini in difficoltà. Il
grande classico Disney in tecnica mista del 1977 è stato
rifatto nel 2016 da
David Lowery con
Bryce Dallas Howard.
Fight Club

Sembra strano che un
tale titolo si trovi in questo elenco, eppure, a ben vedere il
protagonista senza nome di Fight Club trova
effettivamente un amico (immaginario) in Tyler Durden, anche se poi
alla fine scopriremo che si tratta semplicemente di un se stesso
più “fico e rilassato”.
Il protagonista e Tyler
Durden sfogano la loro aggressività creando un club di
combattimento, che assume rapidamente connotati rivoluzionari, fino
a mettere l’uomo in condizioni di dover fronteggiare la sua vera
identità. Trai film culto della storia del cinema, Fight
Club rappresenta un passaggio obbligato quando si parla di
cinema e di personaggi immaginari, dal momento che su questo
elemento si fonda poi tutta la storia del film.
La profezia
dell’armadillo

Ebbene non poteva
mancare in questa lista la versione italiana e moderna dell’amico
immaginario. Si tratta proprio di quell’armadillo del titolo e che
ormai l’immaginazione collettiva sente parlare nella propria testa
con la voce di Valerio
Mastandrea. Cinico e saggio, aspramente critico ma
sempre di supporto, l’amico immaginario di Zero in
La profezia dell’armadillo è davvero la sua
coscienza.
Il personaggio diventa
tanto più importante quanto più la storia avanza e dai toni
svogliati e ironici della prima parte si procede verso le
rivelazioni più serie e drammatiche della seconda parte del film.
L’armadillo, in quelle circostanze, assume un
ruolo decisamente importante per il giovane Zero. Lo stesso
personaggio, che è nato sulle pagine dei fumetti, è diventato poi
una icona pop anche grazie alle serie Netflix di Zerocalcare:
Strappare lungo i bordi e
Questo mondo non mi renderà cattivo.
Jojo Rabbit

Nel 1945, un ragazzino
tedesco scopre che la madre nasconde una giovane ebrea in soffitta.
Aiutato dall’amico immaginario, Adolf Hitler, Jojo deve fare i
conti con la sua infantile e cieca fiducia verso il regime. Il film
Jojo
Rabbit di
Taika Waititi, che ha intenerito i cuori di
tutto il mondo cinefilo qualche anno fa, ha anche offerto una
storia di amicizia davvero sopra le righe.
Il piccolo Jojo
idealizza così tanto il nazionalsocialismo che conferisce al suo
amico immaginario le fattezze di Hilter (interpretato da Waititi
stesso). Questa scelta, che sembra così azzardata, è in realtà
perfetta per far capire al pubblico quanto la passione del
protagonista per il regime non sia altro che un desiderio di
appartenenza che viene sublimato attraverso questa comica e
buffonesca figura baffuta. Il finale del film rimetterà tutto poi
nella giusta prospettiva, con Jojo che si allontana dalla vera
natura della dittatura.
A Beautiful Mind

Il biopic di
Ron Howard che racconta la vita e la malattia
di John Nash sceglie di drammatizzarne la schizofrenia del
protagonista. Il film racconta della paranoia di Nash:
parallelamente alla sua ricerca matematica e alla sua storia
d’amore, il protagonista scivola sempre di più nella sua malattia
mentale, aiutato soltanto dall’amico Charles Herman che si presenta
a lui in compagnia di sua figlia, la piccola Marcee.
Soltanto verso la fine del film scopriamo che Charles è in
effetti un amico immaginario per il professor
Nash, una illusione frutto della sua schizofrenia di tipo
paranoide. Molto dopo la realizzazione del film, che ha
avuto un enorme successo ed è arrivato fino agli Oscar, il
professor Nash, quello vero, ha detto pubblicamente che quelle
visioni non lo hanno mai abbandonato, salvo il fatto che da un
certo punto in poi ha imparato a gestirle come allucinazioni, e non
come… amici.
Lars e una ragazza
tutta sua

Lars è molto timido e fa
fatica a socializzare ma crea un legame con una bambola di plastica
a grandezza naturale. La famiglia è preoccupata ma il medico li
avvisa di assecondare l’uomo e di fingere che si tratti di una
donna reale. Sarà la stessa bambola, Bianca, a “trovare il modo” di
aiutare Lars a trovare la sua strada e di aprirsi, con molta
cautela, a delle relazioni reali.
Il film, che si avvale
di una straordinaria interpretazione di un giovanissimo
Ryan Gosling, racconta di una “innamorata
immaginaria”, che riesce a trovare spazio nella timidezza di un
uomo proprio perché non chiede e non ambisce, non lo mette in
difficoltà con nessuna pretesa, ma esiste al suo fianco, per quanto
finta, presenza confortante.
Il mio amico Eric

Eric, un postino di
mezz’età che vive e lavora a Manchester, si trova in un momento
critico della propria vita. Una sera gli si materializza davanti
Eric Cantona, il suo
idolo, stella del Manchester United del quale è un grande
tifoso. Il campione con la sua “filosofia” lo aiuterà ad affrontare
il suo passato, riavvicinandosi a Lily, e lo spronerà a chiedere
l’aiuto dei suoi colleghi e amici tifosi per togliere dai guai uno
dei suoi figliastri, che nel frattempo si è messo in affari con un
pericoloso criminale.
Il primo e a oggi unico
film in cui Ken Loach ricorre a un espediente
soprannaturale è un ritratto affettuoso e tenero di un’amicizia
maschile tra un uomo e il suo mito, un simbolo ma anche un
consigliere e un supporto reale, per quanto presenza immaginaria,
che porta un vero e proprio beneficio alla vita di Eric.
Mr. Beaver

Ci avviciniamo a una
declinazione di “amico immaginario” che diventa pian piano sempre
più inquietante e questo film diretto da
Jodie Foster sicuramente offre una versione
insolita di questo archetipo narrativo. La storia è quella di
Walter Black che dopo una vita nell’industria dei giocattoli cade
in depressione. Torna pian piano alla vita solo grazie a
Mr. Beaver, una marionetta/castoro che si
impossessa pian piano della sua personalità, fino a conseguenze
tragiche.
Il castoro immaginario
che prima salva la vita e poi guida alla pazzia il protagonista del
film, con il volto di
Mel Gibson, viene poi trattato nel film come
un vero e proprio disturbo della personalità, un disturbo di
schizofrenia che solo nel finale verrà trattato come tale e curato,
per portare il protagonista verso la guarigione.
Shining

Continuando ad
avvicinarci all’inquietudine orrorifica di amici immaginari per
niente consolanti, anche il capolavoro di Stanley
Kubrick offre una declinazione di amico immaginario che
nulla ha da invidiare agli esempi fino a ora riportati. Tutti
conosciamo la storia di Jack Torrance e di come scivola
progressivamente nella pazzia all’interno dell’Overlook Hotel. Ma
prima di arrivare a brandire l’ascia contro moglie e figlia, Jack
ha modo di parlare a lungo con il suo amico barista, l’immaginario
Lloyd, che gli offre dei consigli di vita non proprio salutari.
Ma dato che la mela non
cade mai troppo lontano dall’albero, anche il piccolo Danny, figlio
di Jack, ha un amico immaginario: Tony, l’inquietante compagno di
giochi che diventa quasi un angelo custode per il piccolo e gli
preannuncia gli orrori che da lì a poco potrebbero accadere. Anche
se Shining è un film che non farebbe mai pensare
direttamente a amici immaginari, offre in realtà ben due esempi
calzanti di questo archetipo.
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