La
Paramount Pictures ha ufficialmente
cambiato la data di uscita della prossima commedia fantasy IF (precedentemente
intitolata Imaginary Friends), dell’attore e regista John
Krasinski, che vedrà protagonista lo stesso
Krasinski e Ryan Reynolds. Originariamente il film
era previsto per l’uscita nelle sale il 24 maggio 2024, il film
costellato di star arriverà ora nei cinema una settimana prima, il
17 maggio 2024.
Chi è
il cast di IF?
IF è
scritto e diretto da John Krasinski, ed è basato sulla sua idea
originale del viaggio di un bambino alla riscoperta della propria
immaginazione. Insieme a lui e Reynolds ci sono Steve
Carell,
Phoebe Waller-Bridge, Fiona Shaw, Alan Kim, Cailey Fleming,
Bobby Moynihan, Louis Gossett Jr.,
Matt Damon, Jon Stewart,
Emily Blunt,
Sam Rockwell, Richard Jenkins, Maya Rudolph, Awkwafina,
Christopher Meloni, Sebastian Maniscalco e
Vince Vaughn.
Durante il panel della Paramount
Pictures al CinemaCon del 2023, John Krasinsk ha rivelato che il film sarà
incentrato su una giovane ragazza che ha la capacità di vedere gli
amici immaginari delle persone che sono stati lasciati indietro
dopo che i loro amici nella vita reale sono cresciuti.
“Gli amici immaginari non sono
solo queste adorabili creazioni, sono capsule del tempo per le
nostre speranze, sogni e ambizioni”, ha detto
Krasinski. “Volevo che le persone lasciassero questo film
credendo in qualcosa di più grande e credendo in qualcosa di
bello. È molto reale ed è molto possibile”.
Il progetto IF è
in sviluppo dal 2019, con la Paramount Pictures
che ha vinto i diritti sul progetto in una guerra di offerte contro
più studi. È prodotto da Krasinski, Allyson Seeger e
Andrew Form attraverso il loro società, la Sunday Night,
insieme a Reynolds per Maximum Effort.
George Dewey è anche produttore esecutivo tramite
la Maximum Effort.
Il regista di
Deadpool
3, Shawn
Levy, ha parlato un po’ del suo prossimo
film di Star
Wars e dell’unico mandato che gli è stato
dato quando si è unito al film.
In una recente intervista
conVariety, a
Shawn Levy gli è stato chiesto del suo prossimo
progetto una volta ultimato Deadpool
3l, l’annunciato film di Star Wars che dovrebbe
dirigere.Il regista ha rivelato che
la presidente della Lucasfilm Kathleen Kennedy gli
ha dato un solo mandato: realizzare un “film di Shawn
Levy” nell’universo di Star Wars. Di seguito le
parole del regista.
“Quando Kathy Kennedy mi
ha chiesto di realizzare un film su Star Wars, il suo mandato
principale per me era ‘Voglio un film di Shawn Levy’.Voglio una storia e un tono che rifletta te, i tuoi gusti e ciò
che porti ai tuoi film, con una storia di Star Wars.’Quindi mi sono sentito estremamente apprezzato“, ha
affermato Levy. “Siamo agli inizi,
sfortunatamente, perché il processo di sviluppo è stato bruscamente
interrotto [a causa dello sciopero della WGA], ma mi sento molto
autorizzato a fidarmi del mio istinto nello sviluppo di questa
storia e di questo film.
Al regista è stato anche
chiesto se la sua amicizia con Adam
Driversignificasse che il film poteva essere
una sorta di film prequel su Kylo Ren.“Parole
tue, non mie”, ha detto Levy. “Come sai Adam è un
amico e sono sempre stato un grande fan di Kylo Ren. Ma nessun
commento”.
Quando è stato annunciato il film Star
Wars di Shawn Levy?
La notizia del coinvolgimento
di Shawn Levy con Star
Wars è emersa nelnovembre 2022, con
il regista che ha confermato la notizia sul suo Twitter. Sebbene
il film di Levy sia in fase di sviluppo, non è stato ufficialmente
nominato o datato dallaLucasfilm e dalla
Disney.
Il prossimo film del regista sarà
dunque Deadpool
3 che è
stato recentemente posticipato e arriverà al cinema nel corso
del 2024. Sebbene i dettagli ufficiali della storia
di Deadpool
3, con protagonista Ryan Reynolds,
non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama
riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la
serie di film di Deadpool – l’unica parte del
franchise degli X-Men sopravvissuta
all’acquisizione della Fox da parte della Disney – è stabilire che
i film di Reynolds si siano svolti in un universo diverso. Ciò
preserva i film degli X-Men della Fox nel loro universo,
consentendo al contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo
interpretato da Hugh Jackman,
viaggiare nell’universo principale dell’MCU.
Dai produttori di John Wick, arriva in Italia dal 30 novembre in
anteprima mondiale, distribuito da Plaion Pictures,
Silent Night – Il silenzio della vendetta.
Nell’annunciare la data di uscita del film, diretto dal leggendario
regista di Hong Kong John Woo, Plaion Pictures ha inoltre
svelato il poster ufficiale, che ritrae Joel Kinnaman pronto a tramutarsi in uno
spietato killer in cerca di vendetta. Per il maestro dell’action
John Woo – autore di classici quali A Better Tomorrow,
Face/Off e Mission: Impossible II – il film segna il
ritorno negli Stati Uniti a vent’anni da Paycheck.
Come suggerisce il titolo,
Silent Night – Il silenzio della vendetta è un
action al 100% che letteralmente non ha bisogno di parole per
colpire lo spettatore, rendendo l’azione l’essenza stessa del film.
Ambientato durante la notte di Natale, questo revenge movie ad alta
tensione è caratterizzato da stunt mozzafiato e combattimenti
spietati che esplodono in tutta la loro adrenalina sul grande
schermo. Ispirato dai capolavori e dai successi recenti del genere,
il film porta l’action a nuovi livelli, grazie alla geniale messa
in scena del suo regista, in una cruda storia di vendetta che vedrà
il bianco Natale lasciare il posto al rosso sangue.
Protagonista di
Silent Night – Il silenzio della vendetta è un
intenso Joel Kinnaman, volto di grandi action quali
Robocop (2014) e The Suicide Squad – Missione suicida,
affiancato da Scott Mescudi, in arte Kid Cudi (X –
A Sexy Horror Story), e Catalina Sandino Moreno
(Maria Full of Grace). Kinnaman interpreta un padre
tormentato che assiste impotente alla morte di suo figlio dopo
essere stato coinvolto nel fuoco incrociato di una banda alla
vigilia di Natale. Mentre si sta riprendendo da una ferita che gli
è costata la voce, l’uomo fa della vendetta la missione della sua
vita, addestrandosi per punire gli assassini che hanno cambiato per
sempre la sua vita e quella della sua famiglia.
Silent Night – Il silenzio della vendetta, diretto da
John Woo, sarà nei cinema dal 30 novembre
distribuito da Plaion Pictures.
Ancora in lutto per la morte del
giovane figlio, rimasto ucciso nel fuoco incrociato di uno scontro
fra bande, un padre di famiglia sceglie la vigilia di Natale per
punire i colpevoli. Ferito a sua volta durante l’inseguimento degli
assassini e ormai muto, l’uomo si addentra nei bassifondi criminali
per compiere con ogni mezzo la sua silenziosa vendetta verso chi
gli ha strappato suo figlio.
Da diversi anni, con il movimento
#blacklivesmatter, gli attivisti lottano con molto
più impeto contro qualsiasi forma di discriminazione razziale. Fra
i casi più emblematici recenti che possiamo ricordare, per cui il
razzismo ha generato un omicidio perpetatro dalle forze
dell’ordine, c’è George Floyd, soffocato da degli
agenti di polizia nel maggio del 2020. Un caso, questo, che scatenò
a livello internazionale numerose polemiche e rivolte, ma che
purtroppo, ad oggi, non possiamo dire sia rimasto isolato. La
storia di Avant que les flammes ne
s’éteignent, esordio alla regia di Mehdi Friki, si stabilizza su un tono di
denuncia e al tempo stesso di memoria verso tutte quelle vittime –
immigrate e di conseguenza straniere – che hanno subito violenza
(gratuita) pur non avendo commesso alcun reato, ma solo perché di
nazionalità diversa.
Il dolore, lo sgomento e la
frustrazione di essere considerati inferiori poiché non aventi lo
stesso trattamento paritario delle persone bianche risuona e
riecheggia per tutto il film, si salda sulle sequenze di
rappresaglia presenti al suo interno, ma poi si posa in principal
modo sullo sguardo atterrito di Malika, la protagonista,
interpretata da una sorprendente Camélia Jordana,
mai sopra le righe nel dimostrarci il risentimento e la sofferenza
di una donna che vede suo fratello venire ucciso per mano di coloro
che, in un sistema giudiziario funzionante, sarebbero chiamati a
proteggerci. Ma i pregiudizi sulle razze, i folli preconcetti che
si hanno verso persone che hanno solo la pelle del colore diversa,
sono come un morbo difficile da neutralizzare. Avant
que les flammes ne s’éteignent è stato presentato in
Concorso alla 18esima
edizione della Festa del Cinema di Roma e nel cast
troviamo anche Sofiane Zermani, Sofian Khammes, Sonia
Faidi e Louise Coldefy.
Avant que les flammes ne
s’éteignent, la trama
Strasburgo. Un’auto è in fiamme
lungo una strada. Malika è a casa sua quando riceve una telefonata
che le cambierà la vita per sempre: suo fratello minore, Karim, è
morto dopo essere stato arrestato dalla polizia. Arrivata in
ospedale per raggiungere il padre e il fratello maggiore, la donna
si imbatte in una protesta di immigrati che pensano che la morte
del ragazzo nasconda in realtà un reato molto grosso. La perizia
dice che è deceduto a causa di un attacco epilettico, ma qualcosa
nella dichiarazione dei fatti non torna. È in quel momento che
Malika decide di non seppellirlo subito, soprattutto quando
arrivata in obitorio scopre che il corpo di Karim è pieno di
ecchimosi.
Da lì, la verità le si sbatte in
faccia come un fulmine a ciel sereno, confermata anche dalla
fidanzata del fratello, unica testimone presente nel momento
dell’arresto: il giovane è stato ucciso intenzionalmente dalla
polizia, pur non avendo fatto nulla. Malika così decide di
intraprendere un percorso lungo e doloroso, in cui l’unica cosa che
conta, pur di mettere a rischio l’equilibrio della sua stessa
famiglia, è dare giustizia a Karim. E andrà fino in fondo, senza
voltarsi mai indietro.
Prima che le fiamme si
spengano…
La sezione del Concorso per questa
18esima edizione della Festa del Cinema si riempie di
sguardi e lotte femminili, voci e figure troppo spesso al
margine, ma che adesso riescono (per fortuna) a trovare la loro via
d’accesso per emergere molto di più di quanto accadeva prima,
portandosi sulle spalle racconti di una certa caratura e calibro.
Lo abbiamo visto con Fremont, Un amor, A silence, e ora anche con Avant que les
flammes ne s’éteignent. Vengono rappresentate tutte
donne che hanno qualcosa da dire, che decidono di non abbassare la
testa ognuna per una ragione diversa, ma in un era in cui ancora si
fatica a raggiungere la parità di genere, questo risulta essere un
traguardo molto importante e non scontato.
Nel caso del film di Mehdi Friki, è
Malika, come dicevamo, a trascinare una narrazione complicata per
la sua portata tematica, estremamente attuale e percepita da intere
popolazioni. Con una sceneggiatura asciutta, precisa, schematica, e
una regia che non si concede troppi attimi di virtuosismi e
fronzoli perché vuole essere prima di tutto commemorativa, il
regista pone al centro della sua opera una sorella distrutta, che
nelle macerie in cui si ritrova dopo l’assassinio del fratello,
riesce a trovare il coraggio e la forza di inveire contro un
sistema disonesto e ingiusto, pur mettendo a rischio sia lei che la
sua famiglia.
È Malika, infatti, a prendere in
mano la situazione, spingendosi oltre i limiti del possibile e
distruggendo la paura che lo stesso sistema vuole farle provare per
metterla a tacere. Esattamente come ha fatto con il fratello.
Giustizia, verità. Parole e obiettivi sacri da raggiungere, per i
quali Malika non guarda in faccia a nessuno. Avant que les
flammes ne s’éteignent tradotto significa
“prima che le fiamme si spengano”, ed è
proprio nel titolo del film che giace il suo significato più
intimo. La battaglia della protagonista può continuare solo finché
avrà con sé tutti gli strumenti necessari per combatterla. Piano
piano Malika se li prende, li trova: dall’unica testimone che ha
visto ciò che è accaduto, alla giornalista, arrivando fin dentro il
sistema giudiziario e scovando qualcuno che alla fine ammetterà che
l’assassinio è stato intenzionale. Così, finché le fiamme
arderanno, Malika lotterà. E le fiamme della giustizia potrebbero
bruciare in eterno.
Si è tenuta questa
mattina a Trieste la conferenza stampa della 23° edizione di
Trieste Science+Fiction Festival, la più
importante manifestazione italiana dedicata alla fantascienza e a
tutte le declinazioni del fantastico, che inaugurerà venerdì 27
ottobre e proseguirà fino a mercoledì 1 novembre. Durante l’edizione 2023 del
festival verranno celebrati i primi 60 anni dallo storico Festival
Internazionale del film di Fantascienza, svoltosi a Trieste dal
1963 al 1982, la prima manifestazione dedicata al cinema di genere
in Italia e tra le primissime in Europa, e della quale il
Trieste Science+Fiction Festival è oggi erede e
continuatore di quello straordinario retaggio.
Per l’occasione, anche
nella 23° edizione sono in programma grandi eventi, ospiti da tutto
il mondo e oltre 50 anteprime cinematografiche per mostrare lo
stato dell’arte della fantascienza, confermando la fama
internazionale del Trieste Science+Fiction Festival come evento
innovativo, influente e dinamico.
Alla conferenza sono
intervenuti Giorgio Rossi, Assessore della Cultura e del Turismo
del Comune di Trieste, Chiara Barbo, Presidente de La Cappella
Underground, Alan Jones, Direttore artistico del Trieste
Science+Fiction Festival, Francesco Ruzzier, responsabile
della comunicazione de La Cappella Underground e del
Trieste Science+Fiction Festival, Stefano
Cristiani di INAF – Osservatorio Astronomico di Trieste, Francesco
Zago e Maria Sole Costanzo, fondatori della rivista The
Triestiner.
Tra gli ospiti più attesi
nell’edizione 2023 del Festival l’attrice Claudia Gerini insieme al regista
Federico Zampaglione, che saranno presenti sabato
28 ottobre al Politeama Rossetti di Trieste per presentare il film
“The
Well” in anteprima italiana, dopo quella mondiale al
Sitges Film Festival 2023. “The Well” segna
il ritorno del cineasta al cinema di genere dopo “Shadow – L’ombra”
e “Tulpa
– Perdizioni mortali“, e vede protagonista l’attrice Lauren
LaVera, star di “Terrifier 2” in una storia di maledizioni legate a
un misterioso dipinto.
Grande attesa anche per
la partecipazione di Paolo Nespoli, il primo astronauta italiano a
partecipare ad unamissione di lunga durata sulla Stazione Spaziale
Internazionale, trascorrendo ben 313 giorni nello
spazio.L’astronauta sarà uno degli ospiti dei talk di Mondofuturo,
il ciclo di incontri a ingresso gratuito organizzati nell’ambito
della manifestazione triestina per dialogare con divulgatori,
scienziati e comunicatori della scienza sul mondo di domani. In
occasione dell’incontro, lunedì 30 ottobre presso il DoubleTree by
Hilton Trieste Nespoli racconterà la sua vita da astronauta con i
piedi per terra, illustrando quali lezioni ha imparato nello
spazio.
Ospite anche il
cantautore e compositore Pino Donaggio, che sabato 28 ottobre al
Teatro Miela presenterà la versione restaurata di “Don’t
Look Now” (A Venezia… un dicembre rosso shocking),
capolavoro horror di Nicolas Roeg. Protagonisti Julie
Christie e Donald Sutherland, una coppia in lutto per la
morte della loro figlioletta, che decidono di interpellare una
misteriosa sensitiva a Venezia aggrappandosi al ricordo della
bambina. Il film rappresenta l’esordio nel campo della colonna
sonora del musicista veneziano e pop star Pino Donaggio, che da qui
ha intrapreso una lunga carriera come compositore di musiche da
film, segnata dal sodalizio con Brian De Palma.
Presente alla
manifestazione triestina anche il creatore di effetti speciali
Tim Webber, vincitore del Premio Oscar per il film
“Gravity”
e autore degli effetti visivi di numerosi film, tra cui Harry Potter e il calice di fuoco, I figli degli
uomini, Il cavaliere oscuro e Avatar. Sabato 28 ottobre al
Teatro Miela nell’ambito di European Fantastic Shorts, la selezione
di cortometraggi europei in concorso per il Premio Méliès d’argent,
Tim Webber presenterà il suo corto “Flite”, ambientato in una
Londra semisommersa del 2053, in cui la campionessa del mondo di
hoverboard tenta una pericolosa fuga dal lussuosissimo appartamento
in cui è tenuta prigioniera dal suo manager. Con l’occasione, Tim
Webber verrà insignito del Premio Asteroide d’oro per il suo
straordinario contributo al genere fantascientifico.
Una vacanza di famiglia viene
sconvolta da due estranei sopraggiunti nel cuore della notte per
sfuggire a un cyberattacco che diventa sempre più terrificante,
obbligando tutti a venire a patti con il proprio ruolo in un mondo
prossimo al collasso.
La trama di Il mondo
dietro di te
In questo thriller apocalittico dal
premiato sceneggiatore e regista Sam Esmail (Mr. Robot), Amanda (il
premio Oscar Julia Roberts) e il marito Clay (il candidato
agli Oscar Ethan Hawke) affittano una casa di
lusso per un fine settimana con i figli Archie (Charlie Evans) e
Rose (Farrah Mackenzie). La vacanza viene subito sconvolta
dall’arrivo di notte di due sconosciuti: G.H. (il premio Oscar
Mahershala Ali ) e la figlia Ruth (Myha’la),
che li informano di un misterioso cyberattacco e vogliono
rifugiarsi nella casa di cui dicono di essere i proprietari. Le due
famiglie fanno il punto del disastro che incombe e che diventa
sempre più terrificante, obbligandoli a venire a patti con il loro
ruolo in un mondo prossimo al collasso. Il film è tratto dal
romanzo – candidato ai National Book Award – di Rumaan Alam,
Il
mondo dietro di te, ed è prodotto da Esmail Corp e Red
Om Films. La produzione esecutiva è di Higher Ground
Productions.
New Line Cinema
presenta il thriller horror The Nun II, il secondo capitolo della saga di
The Nun, l’opera di maggior successo dell’universo
The Conjuring, che ha incassato più di 2 miliardi di
dollari.
In The Nun
II 1956 – Francia. Un prete viene assassinato. Un male
si sta diffondendo. Il sequel del film campione d’incassi segue le
vicende di Suor Irene, quando viene a trovarsi nuovamente faccia a
faccia con Valak, la suora demoniaca.
Taissa Farmiga (“The Nun”, “The Gilded Age”) torna nel ruolo di Suor
Irene, affiancata da Jonas Bloquet (“Tirailleurs”, “The Nun”),
Storm Reid (“The Last of Us”, “The Suicide Squad”), Anna Popplewell (“Fairytale”,
la trilogia de “Le cronache di Narnia”) Bonnie Aarons (al suo
ritorno in “The Nun”) e da un cast di star internazionali.
Michael Chaves (“The Conjuring: The
Devil Made Me Do It”) dirige da una sceneggiatura di Ian Goldberg &
Richard Naing (“Eli”, “The Autopsy of Jane Doe”) e Akela Cooper
(“M3GAN”, “Malignant”). Da una storia di Akela Cooper, basata sui
personaggi creati da James Wan & Gary Dauberman.
Il film è prodotto dalla Safran
Company di Peter Safran e dalla Atomic Monster di James Wan che
danno seguito alle passate collaborazioni nei precedenti film della
saga “Conjuring”. Produttori esecutivi di “The Nun II” sono,
Richard Brener, Dave Neustadter, Victoria Palmeri, Gary Dauberman,
Michael Clear, Judson Scott e Michael Polaire.
Nel team creativo che ha affiancato
il regista Michael Chaves troviamo il direttore della fotografia
Tristan Nyby (“The Conjuring: The Devil Made Me Do It”, “The Dark
and the Wicked”), lo scenografo Stéphane Cressend (“Les Vedettes”,
“The French Dispatch”), il montatore Gregory Plotkin ( “Scream”
2022 e “Get Out”), la produttrice degli effetti visivi Sophie A.
Leclerc (“Finch”, “Lucy”), la costumista Agnès Béziers (“Oxygen”,
“The Breitner Commando”), e il compositore Marco Beltrami (
“Scream” del 2022 e ”Venom: Let There Be Carnage”) autore della
colonna sonora.
L’universo
The Conjuring rappresenta la saga horror di
maggior successo nella storia al box office con un incasso
complessivo globale di 2 miliardi di dollari. A livello mondiale,
quattro dei titoli di “The Conjuring” hanno incassato ciascuno
oltre 300 milioni di dollari nel mondo (“The Nun” $366 million;
“The Conjuring 2” $322 million; “The Conjuring” $320 million;
“Annabelle: Creation” $307 million), e ogni titolo della saga ha
incassato non meno di 200 milioni di dollari. “The Nun” è al
vertice di questa classifica, con i suoi oltre 366 milioni di
dollari nel mondo.
New Line Cinema presenta, una
produzione Atomic Monster / Safran Company: “The Nun
II”. Il film è stato distribuito nelle sale
cinematografiche italiane da Warner Bros. Pictures.
Sono state annunciate le nomination
ai Gotham Awards 2023, i premi al cinema
indipendente USA. A guidare la lista dei film più candidati c’è
All of Us Strangers, che in Italia uscirà con
il titolo di Estranei. Di seguito tutte le categorie di
nominati.
Best Feature
“Passages”
“Past Lives”
“Reality”
“Showing Up”
“A Thousand and One”
Outstanding Lead Performance
Aunjanue Ellis-Taylor, “Origin”
Lily Gladstone, “The Unknown Country”
Greta Lee, “Past Lives”
Franz Rogowski, “Passages”
Babetida Sadjo, “Our Father, The Devil”
Andrew Scott, “All of Us Strangers”
Cailee Spaeny, “Priscilla”
Teyana Taylor, “A Thousand and One”
Michelle Williams, “Showing Up”
Jeffrey Wright, “American Fiction”
Outstanding Supporting Performance
Juliette Binoche, “The Taste of Things”
Penélope Cruz, “Ferrari”
Jamie Foxx, “They Cloned Tyrone”
Claire Foy, “All of Us Strangers” Ryan Gosling, “Barbie”
Glenn Howerton, “BlackBerry”
Sandra Hüller, “The Zone of Interest”
Rachel McAdams, “Are You There God? It’s Me, Margaret”
Charles Melton, “May December”
Da’Vine Joy Randolph, “The Holdovers”
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Best Screenplay
“All of Us Strangers,” Andrew Haigh
“Anatomy of a Fall,”Justine Triet, Arthur Harari
“May December,” Samy Burch
“R.M.N.,” Cristian Mungiu
“The Zone of Interest,”Jonathan Glazer
Best International Feature
“All of Us Strangers”
“Anatomy of a Fall”
“Poor
Things”
“Tótem”
“The Zone of Interest”
Best Documentary Feature
“20 Days in Mariupol”
“Against the Tide”
“Apolonia, Apolonia”
“Four Daughters”
“Our Body”
Breakthrough Director
Raven Jackson, “All Dirt Roads Taste of
Salt”
Georgia Oakley, “Blue Jean”
Michelle Garza Cervera, “Huesera”
Celine Song, “Past Lives”
A.V. Rockwell, “A Thousand and One”
Outstanding Performance in a New Series
Jacob Anderson, “Anne Rice’s Interview With the Vampire”
Dominique Fishback, “Swarm”
Jharrel Jerome, “I’m a Virgo”
Natasha Lyonne, “Poker Face”
Bel Powley, “A Small Light”
Bella Ramsey, “The Last of Us”
Chaske Spencer, “The English”
Rachel Weisz, “Dead Ringers”
Ali Wong, “Beef”
Steven Yeun, “Beef”
Breakthrough Television Over 40 Minutes
“Anne Rice’s Interview With the Vampire”
“Dead Ringers”
“The English”
“The Last of Us”
“A Small Light”
“Telemarketers”
Breakthrough Television Under 40 Minutes
“Beef”
“High School”
“I’m A Virgo”
“Rain Dogs”
“Swarm”
Considerato uno dei maestri del
moderno cinema d’azione e neo noir, Michael Mann
ha negli anni firmato celebri film come Heat – La sfida e Nemico pubblico. Uno
dei suoi titoli più apprezzati è però
Collateral, diretto nel 2004 a
partire da una sceneggiatura di Stuart Beattie. Si
tratta di un teso thriller notturno, dove la vita di due personaggi
è destinata ad intrecciarsi in modo imprevedibile, dando vita ad un
pericoloso gioco tra la vita e la morte. Presentato fuori concorso
alla 61ᵃ Mostra di Venezia, il film riscosse ampi consensi e
venendo elogiato come uno dei migliori del suo anno.
La storia qui narrata prende vita da
una suggestione avuta da Beattie mentre si trovava ad essere
passeggero di un taxi. Da qui prese infatti vita la situazione che
vede un autista di tale mezzo alle prese con quello che si rivela
essere un pericoloso serial killer. Dopo anni di tentativi, lo
sceneggiatore è infine riuscito a veder realizzata la sua idea. Dar
forma al film non è però stata impresa da poco. Essendo interamente
ambientato di notte, ha infatti richiesto che le riprese si
svolgessero soltanto dopo il calar del sole e prima del suo
sorgere. Il regista ha inoltre scelto di utilizzare appositi filtri
per far guadagnare alla pellicola un’atmosfera particolarmente
cupa.
Con questo film Mann ha inoltre
sperimentato l’utilizzo di riprese in digitale, donandogli solo in
seguito il suo aspetto di vecchia pellicola di celluloide
granulosa. Nominato poi a due premi Oscar, Collateral è
ancora oggi considerato uno dei thriller migliori dal nuovo
millennio ad oggi. Una storia ricca di tensione e colpi di scena,
con grandi personaggi affidati a grandi attori e una regia
quantomai impeccabile. Prima di intraprendere una visione del film,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di
Collateral
La vicenda qui narrata si svolge
nella notturna Los Angeles, dove per l’autista di taxi Max
Durocher sembra essere una giornata lavorativa come
un’altra. Dopo aver avuto come passeggera la procuratrice
distrettuale Annie, dalla quale riesce ad ottenere
il suo numero, egli si ritrova ingaggiato da un misterioso
passeggero di nome Vincent, il quale lo paga
affinché Max lo porti in giro per tutto il resto della notte.
Allettato dai soldi offertigli, il taxista accetta ben volentieri,
salvo poi pentirsene amaramente. Ben presto, infatti, scoprirà che
quello seduto dietro di lui è un pericoloso sicario, che nel corso
della notte dovrà uccidere una serie di persone.
Si tratta di testimoni collegati ad
un’inchiesta su un gruppo di narcotrafficanti, e Vincent ha il
compito di impedire che questi parlino di ciò che sanno. Max si
ritrova così ostaggio del killer, divenendo involontariamente anche
suo complice. Allertata la polizia, sul caso inizierà ad
investigare il detective Fanning, ma nell’attesa
di soccorsi lo sfortunato autista si troverà a dover gestire da
solo quella situazione. Dissuadere Vincent dal compiere ciò che
deve sembra impossibile, e per sopravvivere egli dovrà allora
ricorrere a mezzi estremi e imprevedibili.
Collateral: il cast del
film
Come precedentemente affermato, tra
i maggiori pregi del film vi sono le intense interpretazioni degli
attori coinvolti. A ricoprire il ruolo del sicario Vincent vi è
l’attore Tom Cruise.
Consapevole della capacità del suo personaggio di risultare
estremamente anonimo e dimenticabile agli occhi degli altri,
l’attore ha deciso di prepararsi al ruolo fingendosi postino per
circa un mese. Grazie al trucco previsto per Vincent, questi è
riuscito a passare del tutto inosservato, senza essere mai
riconosciuto. Egli si è inoltre sottoposto ad un intensivo
addestramento per imparare a maneggiare nel modo più realistico
possibile diverse armi da fuoco. Accanto a lui, nel ruolo del
detective Fanning vi è invece Mark Ruffalo,
il quale allo stesso modo si esercitato nell’utilizzo dell’armi, al
fine di risultare un poliziotto più credibile.
L’attore Jamie Foxx dà
invece vita al taxista Max, un ruolo per il quale si è preparato
lavorando per la compagnia di trasporti pubblici di Los Angeles. Ha
così avuto modo di imparare ad essere un autista particolarmente
convincente. Per la sua interpretazione, infatti, è in seguito
stato nominato al premio Oscar come miglior attore non
protagonista. Jada Pinkett
Smith interpreta la procuratrice Annie, costruendo
questa grazie alla frequentazione di alcuni veri avvocati, dai
quali ha potuto apprendere le caratteristiche del mestiere. Nel
film sono poi presenti gli attori Javier Bardem
nei panni dello spacciatore Felix, un ruolo che gli ha richiesto
solo due giorni di riprese, e Peter Berg in quelli
di Richard Weidner.
Collateral: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Collateral è infatti disponibile nel catalogo
di Rakuten TV, Google Play, Apple iTunes, Netflix e Amazon Prime Video. Per vederlo, in base
alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo
film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda
visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il
titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale,
entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre
trasmesso in televisione il giorno martedì 24
ottobre alle ore 21:225 sul canale
Nove.
The Monk and the
Gun è il nuovo film di Pawo Choyning Dorji che torna alla ribalta
internazionale, la Festa del
Cinema di Roma 2023, dopo il successo del suo film
precedente, Lunana, candidato agli Oscar come miglior film
Internazionale. Questa nuova avventura cinematografica si muove
abilmente tra la tradizione e la modernità del Bhutan, offrendo uno
sguardo critico e multiforme, ma sempre ironico, sulla
democratizzazione e la globalizzazione. Il regista costruisce una
trama con più punti di vista, ed esplora il conflitto, profondo ma
mai esternato in toni aspri o battaglieri, tra l’antica
spiritualità del Bhutan e l’influenza sempre più invadente della
cultura occidentale.
The Monk and the Gun, la trama
The Monk and the Gun è
ambientato nel 2006, in un Bhutan rurale e ancora dall’animo
monarchico che ha appena appreso la decisione del re di abdicare in
favore della democrazia. Questo cambiamento radicale ha portato con
sé l’introduzione nel Paese di una serie di innovazioni, tra cui la
televisione, Internet e il cinema, spaccati di Occidente, di quel
mondo consumistico che fino a quel momento non era arrivato sin lì.
In questo contesto storico-geografico, seguiamo le vicende di
diversi personaggi, dalle storie e dagli scopi diversissimi, che in
modi più o meno goffi devono imparare a navigare le acque della
novità.
Pawo Choyning Dorji decide di assumere un
punto di vista esterno, da osservatore, servendosi principalmente
dell’ironia per mettere in scena l’impatto che democrazia e
consumismo hanno sulla popolazione locale. La prima viene vista
come un oggetto strano, qualcosa da imparare ad amministrare, di
cui prendersi cura in qualche modo e che richiede impegno, tant’è
che vengono organizzati dei veri e propri corsi di
democratizzazione dell’elettorato, con istruzioni per votare, per
manifestare e per sostenere un partito invece che un altro. Il
consumismo, invece, viene semplicemente accolto, abbracciato e
subito con grande facilità e felicità: sono numerosi i momenti che
il film spende a inquadrare gruppi di persone sedute davanti alla
tv, a guardare Quantum of Solace e a sorseggiare “acqua nera” (la
Coca-Cola).
Ron, il collezionista d’armi americano
In questa dualità, assume
spessore il personaggio di Ron, il collezionista d’armi
statunitense che arriva in Bhutan per acquistare un fucile d’epoca.
Interpretato da Harry Rorton, Ron rappresenta
l’occhio esterno che osserva con stupore questo mondo arcaico. La
sua ricerca del cimelio del XIX secolo si scontra però con la
mancanza di avarizia della popolazione locale, e con la sua
devozione al Lama e allo spiritualismo buddhista che per loro
regola i tempi e i momenti della vita. La trama principale si
sviluppa quindi intorno a una cerimonia della Luna Piena, durante
la quale il Lama, che cerca con insistenza una o più armi,
organizzerà una cerimonia. Questa sua decisione si scontra con i
desideri di Ron di entrare in possesso di quella che sembra l’unica
arma presente nell’intera regione, ma si incontra con le esigenze
dei funzionari che cercano di convincere le persone ad aderire alle
liste elettorali per votare.
Pawo
Choyning Dorji gioca con il paradosso tra
modernizzazione e ruralità, e, sempre armato di ironia, racconta
l’ammirazione con cui la popolazione locale osserva l’americano, un
sentimento di stima ingiustificato agli occhi dello spettatore
Occidentale smaliziato, che conosce bene invece le contraddizioni
della società americana (in particolare in merito alla diffusione e
all’uso delle armi). Siamo ovviamente molto vicini alla dualità
netta e manichea che vede contrapporsi un Oriente sano e vitale,
legato allo spiritualismo, con in Occidente viziato da denaro e
desiderio di possesso. Tuttavia, i toni sempre leggeri che il
regista sceglie di adottare sottolineano quanto, in fondo, questa
contrapposizione sia realistica, senza scadere nella maniera.
Democratizzare il Buthan
The Monk and the
Gun sottolinea anche un aspetto insolito alle orecchie di
quei Paesi che hanno lottato per libertà e democrazia e cioè che il
Buthan ha accolto questo nuovo status con grande diffidenza, quasi
con fatica, dal momento che la coscienza civile, in circostanze
così pacifiche e virtuose, difficilmente è un sentimento
dirompente, ma ha bisogno del suo tempo per crescere e diventare
duratura. Il film mette in dubbio l’idea che democrazia e modernità
possano attecchire rapidamente in luoghi con tradizioni
profonde.
La riflessione sociale si accompagna
poi a un ventaglio di volti molto espressivi, tutti attori per
circostanza, e contempla un apparato visivo, che si avvale di un
linguaggio cinematografico moderno e accattivante e di paesaggi
mozzafiato.
The Monk and the
Gun è un’opera audace e provocatoria, che sfida il
concetto di democrazia istantanea e suggerisce che la vera
democratizzazione richiede tempo e una base solida di valori
condivisi. Con una varietà di sentieri narrativi e una
sceneggiatura affinata dallo stesso regista, il film invita a
riflettere sulla complessità della modernizzazione in una società
tradizionale.
Nel corso della storia italiana sono
molti i casi di crimini, più o meno risolti, rimasti
nell’immaginario collettivo. Uno di quelli che più sconvolse
l’opinione pubblica, negli anni Novanta, è stato quello legato alla
giovane Elisa Claps. Avvenuto esattamente
trent’anni fa, questo è a lungo rimasto avvolto nel mistero,
trovando solo quasi due decenni dopo la sua – parziale –
risoluzione. Quella vicenda è ora diventata una miniserie della Rai
dal titolo Per Elisa – Il caso Claps, che
ne ripercorre le tappe e punta a far nuova luce sul caso.
La serie è diretta da Marco
Pontecorvo ed elaborata da Terry Cafolla,
Valerio D’Annunzio e Andrea
Valagussa, prodotta da Fastfilm Srl e
Cosmopolitan Pictures Limited in collaborazione
con Rai Fiction e ITV Studios. È
basata sul libro del 2012 Blood on the
Altar dello scrittore e giornalista britannico
Tobias Jones e realizzata naturalmente con la
consulenza della famiglia Claps. Prima di vederla, ecco però
qualche dettaglio in più sulla trama, il
cast di attori e la vera storia di cui si
narra.
La trama e il cast della miniserie
Rai Per Elisa – Il caso Claps
Elisa Claps esce
per andare a messa in un’assolata domenica di settembre del 1993.
Da quel giorno scompare fino al ritrovamento del suo corpo, 17 anni
dopo, nel sottotetto di una chiesa. La storia è allora quella
dell’ininterrotta battaglia di Gildo Claps e della
sua famiglia per fare luce sulla scomparsa di Elisa, assicurare il
suo assassino alla giustizia e sul perché la verità sia potuta
rimanere oscurata per così tanto tempo. Tra indizi, depistaggi,
sospetti e omertà, la ricerca della verità si rivelerà però più
complessa e lunga del previsto e farà di quello di Elisa un caso di
portata internazionale, che oltrepasserà i confini italiani.
Ad interpretare Gildo Claps vi è
l’attore Gianmarco Saurino, di recente visto anche
nel film Te l’avevo detto. Vi
sono poi Anna Ferruzzo nei panni di Filomena
Claps, madre di Elisa, Gildo e Luciano, quest’ultimo interpretato
da Giacomo Giorgio. Vincenzo
Ferrera è invece il padre Antonio, mentre
Elisa ha il volto di Ludovica
Ciaschetti. Giulio Della Monica è invece
Danilo Restivo, il principale indiziato della vicenda, mentre
Francesco Acquaroli è Maurizio, il padre di
Danilo. Si annoverano poi gli attori Bianca Nappi
nel ruolo del pm Felicia Genovese e Antonio
Petrocelli in quelli di Don Mimì.
La vera storia dietro Per Elisa – Il caso Claps
Come anticipato, la miniserie si
basa sull’omicidio di Elisa Claps, un fatto di
cronaca nera che sconvolse l’opinione pubblica nei primi anni
Novanta. La vicenda ebbe inizio domenica 12 settembre 1993 a
Potenza, quando Elisa, una giovane di 16 anni, uscì di casa per
recarsi a una funzione religiosa nella vicina chiesa insieme ad
un’amica, dicendo al fratello Gildo che sarebbe rientrata entro le
ore 13 per raggiungere la famiglia nella casa di campagna dei
Claps, a Tito, e pranzare tutti insieme. Secondo le testimonianze,
però, la giovane aveva in realtà concordato con l’amica in
questione di recarsi presso la chiesa della Santissima Trinità,
sita nel centro di Potenza, per incontrare un amico.
Questi, stando a quanto riportato,
doveva consegnarle un regalo per festeggiare la promozione agli
esami di riparazione. Da quel momento, tuttavia, di Elisa si
persero le tracce. Ore dopo la scomparsa della ragazza, venne
dunque dato l’allarme e in breve si scoprì che la persona
incontrata da Elisa era Danilo Restivo, ventunenne
originario di Erice, Sicilia, trasferitosi da ragazzino a Potenza
con la famiglia, dove il padre Maurizio aveva assunto l’incarico di
direttore della Biblioteca nazionale potentina. Restivo risultò
essere stata l’ultima persona ad aver visto la ragazza.
La ricostruzione che il giovane
diede dei propri spostamenti dopo l’incontro fece sorgere alcuni
sospetti nei suoi confronti da parte degli inquirenti. Alcune ore
dopo la sparizione di Elisa infatti Restivo si presentò con gli
abiti insanguinati al Pronto Soccorso dell’ospedale cittadino per
farsi medicare un taglio alla mano, raccontando ai medici d’essersi
ferito in seguito ad una caduta accidentale. Secondo i medici,
però, la ferita gli era stata inflitta. Gli inquirenti scoprirono
che Restivo aveva l’abitudine di importunare le ragazze delle quali
si invaghiva, effettuando spesso telefonate mute o cercare di
ottenere appuntamenti con loro.
Tuttavia, in mancanza di prove e non
essendo stato ritrovato il corpo di Elisa, Danilo non venne mai
sottoposto ad arresto. Almeno fino al 2010, quando i resti di Elisa
Claps vennero ritrovati occultati in fondo al sottotetto della
chiesa potentina della Santissima Trinità (la stessa dove Elisa si
era recata il giorno della scomparsa). Il 19 maggio di quell’anno,
dunque, Danilo Restivo, che intanto si era trasferito in
Inghilterra, venne fermato dalla polizia con l’accusa di omicidio
volontario della sua vicina di casa, Heather
Barnett. L’autopsia sui resti di Elisa Claps evidenziò che
la giovane era stata uccisa con 13 colpi inferti da un’arma da
taglio e a punta.
Gli inquirenti notarono poi anche
alcuni segni tipici di Restivo, come la ciocca di capelli tagliata.
I sospetti vennero definitivamente confermati dalle analisi
dattiloscopiche sui reperti: le tracce e il Dna ritrovato sulla
maglietta indossata dalla vittima erano infatti quelle di Danilo
Restivo. Il processo inglese, che si concluse nel 2011, e quello
italiano, nel 2014, condannarono Restivo a una pena complessiva di
70 anni, 40 anni in Gran Bretagna e 30 in Italia. Il 24 agosto
2023, invece, la chiesa viene riaperta al culto. Cosa verso cui la
famiglia Claps si dice contraria alla decisione, denunciando come
la riapertura sia avvenuta nel periodo estivo e a poche settimane
dal trentennale dell’omicidio.
Come vedere Per Elisa – Il caso
Claps in streaming su RaiPlay e di quante puntate è composta
la miniserie
La miniserie viene trasmessa su
Rai 1 alle 21:25 dal 24
ottobre al 7 novembre ed è composta da un
totale di 6 episodi. Oltre alla sua messa in onda televisiva, è
possibile rivederla sulla piattaforma gratuita
RayPlay, a cui basterà accedere e cercare il
titolo, potendo così guardarlo all’ora e nel giorno che si
preferisce.
Diversi progetti del DC Extended
Universe avrebbero beneficiato del recupero di alcune
importanti scene eliminate che purtroppo sono state tagliate dalle
versioni cinematografiche. Anche se i co-CEO dei DC Studios,
James
Gunn e Peter Safran, stanno
rebootando il DCEU nel nuovo Universo DC, il precedente
franchise della Warner Bros. ha comunque prodotto quindici film,
con Aquaman e il Regno Perduto in uscita nel
dicembre 2023, e una popolare serie televisiva, tutti nell’arco
dell’ultimo decennio. L’Uomo d’Acciaio del 2013 ha dato il via al
DCEU di Zack Snyder, ma negli
ultimi anni il franchise è stato messo sotto esame. Molti dei
progetti del DCEU avrebbero ad esempio potuto essere
migliorati se alcune scene eliminate fossero state mantenute nelle
versioni finali.
Alcune scene tagliate del DCEU spiegano infatti pezzi chiave della
storia dei personaggi, collegano meglio i diversi progetti del
franchise, impostano trame importanti per i progetti successivi o
introducono nuovi personaggi interessanti nel franchise, ma sono
state ritenute abbastanza insignificanti da essere eliminate. La
popolarità del DCEU è andata dunque scemando negli ultimi
anni, anche se molti nutrono ancora speranze per il nuovo Universo
DC di Gunn e Safran, che si spera
deciderà di mantenere questi momenti importanti nei progetti
attuali.
La spiegazione del tatuaggio del
Joker in Suicide Squad
Suicide
Squad è uscito nel 2016 e ha segnato la prima volta
che la squadra della DC Comics è stata vista sul grande schermo. Il
film di David Ayer ha anche introdotto il
Joker del DCEU, l’iconico cattivo di Batman interpretato
da Jared Leto, anche se la sua storia non è stata
molto sviluppata. Molte scene sono state tagliate da Suicide
Squad, tra cui una che avrebbe mostrato il
Batman di Ben Affleck picchiare il Joker per vendicarsi
dell’omicidio di Robin da parte sua e di Harley
Quinn. Questa scena avrebbe spiegato i denti rotti e il
controverso tatuaggio “damaged” sulla fronte di Joker, che
sfoggiava come monito permanente per Batman di quando aveva perso
il controllo.
La famiglia Shazam scopre un
settimo trono in Shazam!
Shazam
del 2019! ha introdotto nel DCEUBilly Batson, un
adolescente che si è impossessato dei poteri degli dei,
ritrovandosi in grado di passare alla forma adulta del supereroe
Shazam, interpretato da Zachary
Levi. La battaglia finale del film vede Shazam donare
abilità simili agli altri ragazzi della sua casa famiglia,
trasformandoli tutti nella famiglia Shazam. Dopo aver sconfitto il
Thaddeus Sivana di Mark Strong, una scena eliminata mostra la
famiglia Shazam reclamare la Roccia dell’Eternità come loro nuova
tana e mettersi a proprio agio sui troni. Tuttavia, notano subito
un settimo trono vuoto, che avrebbe anticipato il debutto del
Teth-Adam di Dwayne Johnson in Black Adam del 2022.
Il ritorno del Dottor Destino in
Black Adam
Mentre Black Adam è ampiamente considerato uno dei
progetti più deboli del DCEU, e il dramma dietro le quinte causato dal
film e i commenti dello stesso Dwayne Johnson hanno fatto scalpore,
il Dottor Destino di Pierce Brosnan è stato celebrato come una
delle componenti più forti del progetto. Purtroppo, il Dottor Fate
ha perso la vita durante Black
Adam, sacrificandosi affinché la Justice
Society e Black Adam potessero
sconfiggere Sabbac. Una seconda scena post-credits
eliminata di Black Adam avrebbe potuto far intuire la
sopravvivenza del Dottor Fate, consentendo potenzialmente a
Black Adam di far intravedere un futuro più
speranzoso nel DCEU piuttosto che impostare una futura
storyline con il Superman di Henry Cavill che il pubblico non vedrà
mai.
Superman cerca sua madre in Batman
V Superman: Dawn of Justice
Batman
v Superman: Dawn of Justice, il secondo progetto del
DCEU, era originariamente previsto come sequel
di Man of Steel ma è diventato più un prequel
di Justice League. Nel film del 2016, Clark Kent
si imbarcava in una missione per salvare sua madre,
Martha, dopo che era stata rapita da Lex
Luthor. Una scena eliminata avrebbe esplorato
ulteriormente questa ricerca: Superman ha usato il suo superudito
per ascoltare tutta Metropolis. Così facendo, ha
sentito anche tutte le grida delle vittime dei crimini, ma ha
comunque continuato la sua missione.
Arthur Curry scopre i suoi poteri
in Aquaman
Aquaman
del 2018 è il progetto del DCEU di maggior successo, con un incasso di
oltre 1 miliardo di dollari al box office globale, ma una scena
eliminata dal debutto del DCEU di James Wan avrebbe
approfondito la storia di Arthur Curry. Nella
scena, un giovane Arthur, anni prima di diventare Aquaman, viene
sfidato dai suoi amici a nuotare nell’oceano per esplorare un
relitto. Dopo essere rimasto incastrato, Arthur pensò di annegare,
ma presto si rese conto di poter respirare sott’acqua. Questa è la
prima volta che Arthur scopre le sue capacità, tramandate da sua
madre, Atlanna, ma non è presente nel film. Questa sarebbe stata
anche la prima interazione di Arthur con il suo futuro mentore, il
Vulko di
Willem Dafoe.
Polka-Dot Man e il Pensatore
parlano in Suicide Squad
Nonostante sia stato
considerato un flop al botteghino a causa della sua uscita durante
la pandemia di COVID-19, The Suicide Squad del 2021 è considerato di
gran lunga superiore al suo predecessore standalone. Per gran parte
del debutto del DCEU di James Gunn, il
Pensatore di Peter Capaldi
indossa una benda sull’orecchio, ma questo accessorio non viene mai
spiegato. In una scena eliminata di Suicide Squad, il Pensatore cerca di
convincere Polka-Dot Man di David Dastmalchian a voltare le spalle alla
sua squadra e unirsi a lui, ma Polka-Dot Man gli spara
all’orecchio. Questo avrebbe spiegato la benda del Pensatore, anche
se alla fine non ha avuto un grande impatto sulla trama generale
del film.
Le Lanterne Verdi incontrano
Batman nella Justice League di Zack Snyder
Justice
League di Zack Snyder ha fornito agli spettatori il
director’s cut di Justice League del 2017, il progetto che Snyder
ha abbandonato durante la post-produzione. La
versione di Zack Snyder presenta molte delle scene eliminate di
Justice League, ma anche le proprie: Martian
Manhunter non era il personaggio originale destinato ad
apparire davanti al Bruce Wayne di Ben Affleck alla fine del film. Una scena
eliminata ha invece rivelato che sarebbero dovuti comparire le
Lanterne VerdiJohn Stewart e
Kilowog. Questo avrebbe dato maggiore impatto alla
morte della Lanterna Verde nei momenti iniziali del film, ma la
Warner Bros. ha cambiato questa scena a causa di piani futuri con
Stewart, che purtroppo non si sono mai realizzati.
La missione di Etta in Wonder
Woman
In un epilogo previsto
per il popolare Wonder Woman del 2017, l’Etta
Candy di BeatriceColan
si è avvicinata ai Wonder Men con la proposta di
una nuova missione per la ricerca di un antico manufatto nel Belgio
occidentale. Questo artefatto si rivelò essere una Scatola Madre,
che fu poi consegnata agli americani. Questa scena è stata inserita
nei dischi Blu-Ray di Wonder Woman, ma sarebbe stata perfetta se
contenuta nel film vero e proprio. La “Missione di Etta” in
Wonder Woman avrebbe creato le premesse
per gli eventi di Justice League e avrebbe fornito
il primo assaggio della creazione di Cyborg nel DCEU, poiché la Scatola Madre degli americani
è stata usata per potenziarlo con la cibernetica.
Clark e Jonathan Kent a caccia
nell’Uomo d’Acciaio
L’Uomo
d’Acciaio del 2013 è stato un’ottima introduzione per
il Superman di Henry Cavill nel DCEU e ha esplorato la sua storia con alcune
scene tenere tra lui e i suoi genitori umani adottivi,
Jonathan e Martha Kent. Una scena
eliminata avrebbe ampliato questo aspetto, mostrando un giovane
Clark Kent che va a caccia con suo padre. Dopo che
i due uccidono un cervo, Jonathan coglie
l’occasione per insegnare al figlio la realtà del togliere la vita,
instillando in Clark un forte codice morale che sarebbe perdurato
per tutta la sua carriera di Superman. Questa scena avrebbe anche
informato Superman della controversa uccisione del
Generale Zod alla fine de L’uomo d’acciaio.
L’intera Justice League appare in
Peacemaker
Dopo Suicide Squad, James Gunn è
tornato nel DCEU per ampliare l’interpretazione di
John Cena nei panni di Christopher
Smith, alias l’antieroe Peacemaker. Nel
finale della stagione 1 di
Peacemaker del 2022, Smith porta via Harcourt
dal relitto del fienile che ospitava la Mucca delle Farfalle, solo
per incontrare la maggior parte della Justice
League del DCEU. Anche se non tutti i membri sono apparsi
nella serie, è stata girata una scena con tutti e sei gli eroi
della Justice League, compresi Batman e
Cyborg. Gunn ha spiegato che questi personaggi
sono stati tagliati perché la Warner Bros. poteva avere piani più
grandi per loro nel futuro del DC Extended Universe, ma ormai sappiamo che
non è più così.
La parabola di un’insonnia, quella
che Michel Gondry – come
protagonista ma non dietro la macchina da presa – cerca di fare con
il documentario A letto con Gondry
diretto da Francois Nemeta. Un documentario dal
taglio diverso, insolito e anche a tratti disturbante, mentre
Gondry si gira e rigira nel letto in preda ad un’insonnia che ha il
retrogusto di una crisi di mezza età. Presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione
Freestyle, il film racconta una notte, senza sonno, in preda ai
sogni più folli, dove il regista parla dell’origine di alcuni dei
suoi film più famosi. Da Eternal Sunshine of the Spotless
Mind con Jim Carrey e
Kate Winslet,
Be Kind Rewind con Jack Black e L’arte del
sonno con Gael García Bernal e Charlotte
Gainsbourg. Pellicole che hanno a monte un processo
creativo fuori dal comune e che Gondry ci rivela in questo
documentario.
Il regista è poi invece tornato
dietro la macchina da presa per presentare il suo nuovo film,
Il libro delle soluzioni, che
arriverà nella sale italiane dal 1° novembre distribuito da
IWonder Pictures in collaborazione con
Unipol Biografilm Collection.
A letto con Gondry, la
trama
Dove andiamo quando sogniamo? Questa
è la domanda di un piccolo Michel Gondry che
fin dalla giovane età racconta, utilizzando l’espediente
dell’insonnia, uno spaccato della sua vita. Un racconto intimo e
personale di un uomo senza sonno, vittima della sua effervescente
creatività che lo consuma. In preda ai turbamenti esistenziali,
Gondry diretto ancora una volta da
Nemeta entra nel vivo del racconto della sua vita
in un documentario che rompe il classico racconto
del genere. Frammentato e diviso per tematiche A letto con
Gondry non segue un ordine classico ma traccia una linea
attraverso i sogni raccontati dal regista.
Le digressioni sui sogni sono la
parte più introspettiva del regista che si ritrova come bambino,
adolescente e adulto. A ogni sogno trova un significato ma anche
una ispirazione per farne animazioni in stop motion che
mette a punto nelle sue notti senza dormire. Mentre prende vita
tutto questo non manca però la parte di racconto sulla sua famiglia
e sui suoi affetti in modo anche comodo, con toni leggeri. Un
pregio che rende il documentario godibile nel suo insieme. Che
mette al centro il suo lavoro e la sua libertà creativa e non si
limita a una narrazione dei fatti in linea temporale.
I riferimenti al suo cinema
Diviso non in ordine cronologico,
A letto con Gondry ci propone tra sogno e realtà dei
riferimenti allo stesso cinema del regista. Dalle mani giganti di
L’arte del sonno al concetto stesso di memoria e ricordi
di cui parla nella sua opera più celebre, Eternal Sunshine of
the Spotless Mind. Il documentario arriva come dunque una
sorta di epilogo che descrive il personaggio di Gondry. La prima
parte che descrive il lavoro e la creatività del regista è stata
presentata a Venezia durante la Mostra d’arte cinematografica. Un
racconto però diverso perché il Gondry che lavora la mattina è
diverso e più dinamico.
Nella sua versione notturna, come se
in lui ci fossero due personalità, il regista è invece vittima
della sua stessa creatività non riesce a spegnere il cervello,
ritrovandosi vittima di sé stesso. Il riferimento al doppio è anche
contenuto nei titoli di testa, che lui stesso crea in stop-motion,
dove osserviamo un personaggio con due teste. Ma
non sono però due teste contrapposte ma due facce della stessa
medaglia. Raccontando anche questa parte di sé, Gondry pone dunque
l’accento maggiore sul suo modo di lavorare e chiude infatti con
una frase che descrive perfettamente il senso del documentario:
“La creatività viene incentivata quando non c’è
equilibrio”.
Il regista finlandese Teemu Nikki si è fatto conoscere a
livello internazionale grazie al film Il cieco che non voleva
vedere Titanic, distinguendosi per la sua capacità di saper
ridere e far ridere anche di situazioni tutt’altro che comiche,
spingendo però allo stesso tempo a profonde riflessioni sulle
tematiche di cui esse si fanno portatrici. Nikki torna ora a fare
tutto ciò anche con il suo nuovo film, intitolato La
morte è un problema dei vivi (qui la recensione), presentato
nella sezione Progressive Cinema della
18esima edizione della Festa del Cinema.
Protagonisti del film sono
Risto (Pekka Strang) e
Arto (Jari Virman), i più
economici impresari di pompe funebri sul mercato, a cui nella vita
tutto è andato storto. Risto è un incallito giocatore d’azzardo che
a causa del suo vizio rischia di perdere famiglia e lavoro, mentre
Arto scopre, durante un controllo medico, di essere nato con l’85%
di cervello in meno rispetto alla media e questa rivelazione gli
crea il vuoto intorno. Nonostante ciò, i due decideranno di fare
squadra nella speranza di trovare una soluzione alle loro
esistenze, finendo però per accettare anche lavori a dir poco
particolari e non sempre pienamente legali.
Teemu Nikki: “per i miei
filmparto sempre da qualcosa che mi dà
fastidio”
Giunto alla Festa del Cinema di Roma
per presentare il film insieme ai due attori Strang e Virman, Nikki
inizia a raccontare di questo suo nuovo progetto affermando che
“nel concepire i miei film parto sempre da qualcosa che mi dà
fastidio. Perché se qualcosa mi provoca questa sensazione, devo
capire perché me la provoca, devo capire se c’è qualcosa che non va
in me o se posso cambiarla. Ecco allora che diventa il motore da
cui si sviluppa il film, attraverso cui cerco di capirne di più,
come un processo di cura.In questo caso,mi
interessava raccontare una storia incentrata sulle dipendenze come
la ludopatia, ma anche sull’amicizia”.
“Per questo film, –
continua poi Nikki – mi sono ispirato alla commedia nera dei
fratelli Coen. Loro hanno sperimentato diversi generi nel corso
della loro carriera ed è quello che vorrei fare anche io. Per
questo film, poi, da un punto di vista stilistico, sapevo di
volermi tenere quanto più vicino possibile agli attori. Il
direttore della fotografia praticamente respirava al loro stesso
ritmo. Abbiamo quindi cercato di ricreare un mondo e delle
situazioni nel modo più realistico possibile, senza nasconderci
dietro a nessun tipo di vezzo artistico.Sostanzialmente
non volevo volgere altrove lo sguardo. Anche quando si trovano in
situazioni terribili e ci sono scene molto crude, l’obiettivo era
di essere lì, di guardarla”.
Parlando dei personaggi, Strang
racconta che “non ho mai pensato realmente al mio personaggio
come ad un uomo senza cuore, perché quando ti trovi in una
situazione come quella in cui si trova lui semplicemente non hai
controllo, non capisci quale è effettivamente il problema, sai solo
che soffri e non riesci a fare nulla di giusto. Quindi ti attacchi
a qualsiasi cosa che possa sembrare d’aiuto. Con Virman siamo
partiti da questa consapevolezza per ricercare i nostri personaggi
e l’amicizia che si è sviluppata tra di noi si è riversata anche in
loro, rendendoli realistici nella loro umanità anche per via di
tutti i loro problemi”.
Il suo co-protagonista, Virman,
concorda con lui e aggiunge che “neanché io pensavo al mio
personaggio come all’uomo senza cervello. Quella è più una cosa che
vedono le persone all’esterno, additandolo come fosse un malato.
Più che pensarlo così, mi sono concentrato sul pensarlo nel suo
rapporto con il personaggio di Strang. Insieme abbiamo deciso di
rimanere nei panni e nella mentalità dei nostri personaggi anche al
di fuori delle riprese, per cercare di mantenere una certa
atmosfera. Così facendo abbiamo trovato Risto e Arto”.
La morte secondo i vivi
I due attori e il regista riflettono
infine sul concetto che loro stessi hanno della morte e il primo a
parlarne è Strang, che afferma “devo ammettere di non aver mai
pensato troppo alla morte, anche se è una cosa che ci riguarda
tutti, è dietro l’angolo. Per venire qui, in aereo, abbiamo
incontrato una turbolenza e in quel momento un po’ ti assale la
paura, ti chiedi “dunque, ci siamo? Ho avuto una buona vita?”.
Ecco, se devo pensare alla morte e pormi questa domanda, ad ora
posso dirmi che sì, ho avuto una bella vita”.“Io ho
naturalmente pensato molto alla morte, durante la realizzazione del
film.”, afferma invece Nikki.
“Prima perché era il tema del
film e in seguito perché il nostro direttore della fotografia
–Jyrki Arnikari – è venuto a mancare
poco dopo il completamento delle riprese e quindi La morte è un
problema dei vivi è come diventato un suo lasciato, l’opera ultima
di un artista che non c’è più. Lui non c’è più ma noi siamo ancora
qui a riflettere e interrogarci sulla sua assenza e in questo senso
la morte è un nostro problema. Il concetto è poi racchiuso in una
frase che Arnikari era solito ripetere e che abbiamo inserito alla
fine del film per omaggiarlo: “Ognuno ha il proprio tempo da
scontare sulla terra”.
Prodotto da
Lionsgate Productions e Twisted
Pictures, arriva al cinema Saw X, il
nuovo capitolo della celebre saga horror con Tobin Bell, diretto dall’affezionato Kevin Greutert (Saw VI,
Saw 3D). Il film, immerso nel traffico narrativo
del suo stesso franchise, viene chiamato a tentare nuove strade;
con la speranza che sovrascrivere nuovi codici possa bastare a
rilanciare uno sguardo annebbiato.
Saw X: la
trama
Al termine degli
eventi del primo film John Kramer rimane, com’è noto, un malato
terminale disperato, in attesa della morte. E le sue giornate
trascorrono logoranti, tra terapie inefficaci e fredde luci al
neon. Così, quando un ex compagno del gruppo di supporto gli parla
di una procedura medica sperimentale che potrebbe aiutarlo a
sconfiggere il cancro, John si reca in Messico per sottoporsi alla
cura. Salvo poi scoprire che l’operazione non è che una frode molto
ben organizzata, volta a colpire impietosa le persone più
vulnerabili. Ferito e infuriato, John decide dunque di vendicarsi
dei suoi truffatori, mettendo a punto una serie di famigerate
trappole mortali con cui sfidare i nuovi “giocatori”.
Riavvolgere il
nastro
Potrebbe
risultare affascinante ragionare di John Kramer nei termini di
effettiva manifestazione “in pellicola” del regista James Wan – e insieme delle sue perverse e
diaboliche macchinazioni. Quel che è certo però è che, all’interno
della ormai più che longeva saga di Saw – l’Enigmista, il concetto di eredità ha
sempre rivestito un ruolo centrale, necessario al prolungato
perpetuarsi del gioco (meta)cinematografico.
Generato quasi
vent’anni or sono dalla mente di uno dei cineasti di genere più
influenti del nuovo millennio – nonché dalla penna del fedele e
fidato Leigh Whannell – il franchise ha dato il
via ad un vero e proprio fenomeno di culto, inizialmente confluito
in una trilogia e poi allargatosi a macchia d’olio. E così come al
“Messia” John Kramer sono via via andatisi sostituendosi i
discepoli Amanda, Mark e Logan, allo stesso modo anche la coppia
Wan-Whannell ha ben presto abbandonato la
direzione della saga, occupandosi in un primo momento della stesura
dei soggetti (Saw II e Saw III) e
infine auto-relegandosi al ruolo di produttori esecutivi.
Privata della
componente autoriale che ne aveva decretato il successo, l’epopea
horror di Jigsaw è tuttavia andata sfilacciandosi; e, nel corso
degli anni, i meccanismi che l’avevano resa celebre l’hanno invece
trasformata in una sequela di ripetitivi giochi al massacro, atti
solo ad alzare l’asticella del raccapriccio o seminare indizi
nell’ottica di un puzzle più complesso, di una lore/software in
costante aggiornamento. Un decadimento lento e inesorabile che ha
coinvolto mediocri sceneggiature e discreti mestieranti, e che –
dopo il disastroso Saw Legacy e il tentativo di
spin-off Spiral – ha di fatto persuaso la produzione
della necessità di un efficace restyling.
Restyling
Non a caso
utilizziamo questo termine: restyling. Perché Saw
X, collocato temporalmente tra il primo e il secondo
capitolo della saga, è un convinto – e convincente –
tentativo di riprogettazione strutturale del franchise; una boccata
d’aria fresca essenziale a invertire il demoralizzante trend da
“copia e incolla” sviluppatosi negli ultimi sedici anni.
John Kramer,
promosso a protagonista dell’opera dopo due decenni di aleatoria
voce fuoricampo, è allora una delle principali chiavi di volta del
processo di “inversione” proposto. Espressione più che adeguata, e
ultra-simbolo, di un corpo/cinema malato, richiedente
sperimentazione medica. Al suo fianco, necessaria al conferimento
di una maggiore tridimensionalità psicologica e alla velleità di
umanizzazione della violenza perpetrata, vi è un’evidente
dilatazione del ritmo narrativo; in coraggiosa risposta a una
frenesia divenuta dictat e a un dilagante sentimento di
preconfezionata pigrizia creativa.
Accantonato il
poliziesco e, almeno in parte, l’iconico montaggio sincopato,
Saw X prende dunque tempo, lo sfrutta per
arricchire – e non appesantire – la già stracolma mitologia
del brand; e, senza cadere in facili nostalgie, elabora un
intelligente fan service al “servizio” della narrazione. L’opera
che ne consegue, incastonata nel bel mezzo di una forzata
serialità, trova finalmente adeguate risposte a quesiti finora mai
posti e, seppur chiamata a “tornare sui binari” della tortura
artigianale (dell’escape room), mette in gioco intriganti
stratagemmi di ribaltamento che, una volta tanto, tornano
quantomeno a interrogare l’orizzonte d’attesa dello spettatore.
La Terra è ancora una volta in
pericolo nel nuovo trailer di Lego Marvel Avengers: Code Red,
uno speciale animato che sarà presentato in anteprima su
Disney+ in settimana. Anche se la squadra di supereroi vuole
sempre divertirsi e rilassarsi dopo le missioni, ma il crimine non
si ferma mai e una nuova minaccia sta tentando di imprigionare gli
eroi una volta per tutte. Nel trailer, il Collezionista si è
stancato di raccogliere tesori rari da tutta la galassia e ha
deciso che la prossima acquisizione per la sua collezione saranno
gli stessi Vendicatori. Gli eroi più potenti della Terra devono
escogitare un piano per fermarlo prima che diventino oggetti da
collezione.
Lo speciale animato porterà avanti
l’eredità della partnership stabilita tra LEGO e Marvel, che hanno
lavorato insieme su racconti animati con personaggi come i
Guardiani della Galassia e Black
Panther. Data la libertà creativa che la timeline animata
LEGO offre all’azienda, la Marvel include iterazioni più vecchie di
personaggi che combattono insieme a personaggi che sono stati
introdotti nei progetti più recenti del Marvel Cinematic
Universe.
Il Collezionista, noto anche come
Taneleer Tivan, è un cattivo appartenente al lato cosmico
dell’Universo Marvel interpretato da Benicio Del
Toro nei film live-action. Il personaggio è ossessionato
dall’idea di prendere interessanti artefatti da tutta la galassia
per creare una collezione unica, ma illegale, di beni rubati. La
sua fissazione con l’espansione della sua collezione lo portò al
punto di rapire persone e animali dai luoghi che visitava se li
considerava interessanti aggiunte alla sua esposizione.
Puoi dare un’occhiata al trailer
ufficiale di Lego Marvel Avengers: Code Red qui
sotto, prima dell’anteprima speciale su Disney+ il 27 ottobre:
Una delle star di Aquaman del 2018 tornerà per il
sequel. In un’intervista con Empire, il regista James
Wan ha confermato che la piovra che suona il tamburo
tornerà in Aquaman e il
Regno Perduto. Wan ha anche anticipato che il polpo
avrà un ruolo più importante nel film.
Nel primo film di Aquaman, il polpo,
chiamato Topo, ha fatto un cameo mentre suonava la batteria. Il
polpo è apparso quando Aquman (Jason
Momoa) sta per combattere per la prima volta il suo
fratellastro Orm (Patrick
Wilson) davanti a un pubblico di Atlantidei. Secondo
Wan, Topo avrà un ruolo più importante nella storia di Aquman nel
sequel. “Topo è un vero personaggio in questo film!” disse
Wan. “Nel fumetto, è una parte importante della vita di Arthur:
un aiutante, un animale domestico, un amico. Quindi ci stiamo
concentrando su quello.” Nei fumetti, Topo è stato introdotto
per la prima volta in Adventure Comics n. 229 nel 1956.
Wan ha anche parlato del processo
per riportare Topo sul grande schermo che includeva l’uso di un
burattino in modo che il protagonista avesse qualcosa di fisico con
cui interagire durante la performance. “Adoro il rapporto che
Jason ha costruito con questo polpo. È stato davvero divertente
vederlo ‘recitare’ con Topo”, ha detto Wan. “A volte
avevamo un attore che faceva il ‘muppeting’ con uno stupido
burattino a bastoncino: guardare Jason recitare era davvero
divertente. Penso che la gente apprezzerà la relazione tra Arthur e
Topo.”
Non essendo riuscito a
sconfiggere Aquaman la prima volta, Black Manta, ancora spinto dal
bisogno di vendicare la morte di suo padre, non si fermerà davanti
a nulla pur di sconfiggere Aquaman una volta per tutte. Questa
volta Black Manta è più formidabile che mai, poiché brandisce il
potere del mitico Tridente Nero, che scatena una forza antica e
malvagia. Per sconfiggerlo, Aquaman si rivolgerà al fratello Orm,
l’ex re di Atlantide e imprigionato alla fine del primo film, per
stringere un’improbabile alleanza. Insieme, dovranno mettere da
parte le loro differenze per proteggere il loro regno e salvare la
famiglia di Aquaman e il mondo dalla distruzione
irreversibile.
Jason Momoa è atteso di
nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman e il
Regno Perduto, sequel del film che ha rilanciato in
positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. In questo
seguito, diretto ancora una volta da James
Wan(Insidious, The Conjuring),
torneranno anche Patrick
Wilson nei panni di Ocean Master, Amber
Heard, nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta
Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya
Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta,
che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo
film.David Leslie Johnson-McGoldrick,
collaboratore ricorrente di Wan, scriverà la
sceneggiatura del film, mentre il regista e Peter
Safran saranno co-produttori. Il film arriverà al cinema
il 20 dicembre.
Shawn Levy è un
uomo decisamente impegnato. Tra le tante cose a cui è al lavoro in
questo momento, c’è la quinta stagione di Stranger
Things e il terzo film di Deadpool,
mentre il 2 novembre arriverà su NetflixTutta la luce che non
vediamo, adattamento in forma di mini serie del romanzo
premio Pulitzer di Anthony Doerr.
Tra le tante cose a cui però
lavorerà in futuro, c’è anche un misterioso progetto nel franchise
di Star
Wars. Nel corso di un’intervista con Variety, è stato chiesto a
Shawn Levy se l’esperienza con Deadpool 3, in cui sta lavorando già con la
superpotenza Disney, può essere una “buona pratica” per il suo
prossimo lavoro su Star Wars.
“L’esperienza che sto
attualmente vivendo con la Marvel su Deadpool mi sta mostrando
in prima persona che è davvero possibile sentirsi responsabilizzati
e personali nel realizzare un film all’interno di un universo che è
più grande di qualsiasi altro film – spiega Levy – Il mio
film di Deadpool si sta rivelando esattamente ciò che io e Ryan
[Reynolds] speravamo quando abbiamo iniziato. Quindi mi avvicino
allo sviluppo del mio film di Star Wars con un ottimismo simile e
con la fiducia che al mio istinto sarà permesso di segnare il
cammino.”
E il giornalista di Variety incalza,
con un’ipotesi azzardata: dal momento che il regista è amico di
Adam Driver, sarebbe plausibile un ritorno di Kylo Ren nel suo film
di Star Wars? “Parole tue, non mie! – risponde Shawn Levy
– Come sai, Adam è un mio amico e sono sempre stato un grande
fan di Kylo Ren. Ma nessun commento.”
Chiwetel Ejiofor (Rob Peace), Karen
Gillan (Guardiani della Galassia Vol. 3) e Jacob
Tremblay (The Toxic Avenger) si sono uniti al cast di
La vita di Chuck, l’ultimo di molti adattamenti di
Stephen King del regista Mike
Flanagan (Doctor Sleep), che ha dato il via alla
produzione del film all’inizio di questo mese in Alabama grazie a
un accordo ad interim. Tom Hiddleston e Mark Hamill guidano l’ensemble del film,
scritto e diretto da Flanagan.
Basato su tre storie interconnesse
dell’antologia di King Se scorre il sangue del
2020, La vita di Chuck esamina l’esistenza del
soggetto Charles Krantz al contrario, iniziando con la sua morte
all’età di 39 anni per un tumore al cervello e terminando con la
sua infanzia in una casa ritenuta infestata dai fantasmi. Flanagan
produrrà l’adattamento cinematografico insieme al suo partner di
lunga data della Intrepid Pictures, Trevor Macy.
Mike Flanagan è reduce dal grande successo di La caduta della
casa degli Usher per Netflix, mentre con La vita di
Chuck segue l’adattamento di
Mr. Harrigan’s Phone, film di John Lee
Hancock e adattamento del primo capitolo della trilogia di
King Se Scorre il sangue.
La Paramount Pictures ha ritardato
l’uscita del prossimo Mission:
Impossible di quasi un anno intero, spostandola dalla
data originale del 28 giugno 2024 al 23 maggio 2025. Come per altri
film di queste dimensioni, anche la produzione dell’ottavo film del
franchise è stata costretta a fermarsi a causa dello sciopero in
corso del SAG-AFTRA e il risultato è che il film non sarà
completato in tempo per un’uscita della prossima estate. È un
destino che si prospetta per molto film con budget elevati, se il
sindacato degli attori e gli studios non troveranno un accordo
nelle prossime settimane.
Come conseguenza di questo
spostamento, lo studio ha deciso di spostare l’uscita di A
Quiet Place: Day One al 28 giugno 2024 invece della data
precedentemente prevista dell’8 marzo 2024. E sempre come
conseguenza di questo slittamento, un nuovo progetto animato sul
francise di SpongeBob è stato posticipato dal 23 maggio 2025 al 19
dicembre 2025.
Ma, tra tanti posticipi, alcuni film
sono invece stati anticipati: IF, del regista
John Krasinski, una commedia fantasy con
Ryan Reynolds, Krasinski, Alan Kim e Phoebe
Waller-Bridge, è stato spostato dal 24 maggio 2024 al 17
maggio 2024. Con la sua collocazione attuale, il film si trova nel
mezzo di una serie di offerte per il Memorial Day, tra cui Furiosa,
Garfield e Il regno del pianeta delle scimmie. Naturalmente, il
calendario sarà fluido finché le principali produzioni rimarranno
chiuse e ci aspetteremo altri cambi.
Sempre per quello che riguarda
l’ottavo Mission: Impossible, Paramount e Skydance
stanno abbandonando l’idea di intitolarlo Dead Reckoning
Parte Due, nonostante l’uscita quest’anno di Mission:
Impossible – Dead Reckoning Part One.
Arriva alla Festa del Cinema di RomaPosso entrare? An Ode to Naples di
Trudie Styler, regista che, insieme
a suo marito Sting, si dice da sempre innamorata
dell’Italia. Il film è allora un viaggio bulimico che vuole tenere
insieme le mille anime di Napoli in un unico racconto, con il mare
sullo sfondo e la fotografia di Dante Spinotti a
creare magie. Arriva in punta di piedi Styler, bussa alla porta e
chiede: posso entrare? Dall’altra parte trova la calorosa
accoglienza napoletana e una voglia di raccontarsi, nel bene e nel
male, che non si esaurisce mai, tra orgoglio, resilienza e
pragmatismo, per usare le parole della regista inglese, nata poco
lontano dalla Stratford – upon – Avon di Shakespeare.
Una densa passeggiata a Napoli con
Trudie Styler
Raccontare in poche righe quanto è
contenuto nel documentario Posso entrare? An Ode to
Naples è impresa ardua. Si può però senz’altro dire
che c’è musica, e come avrebbe potuto essere altrimenti? Si parte
da Clementino, che apre il film con un rap sulla
storia di Napoli, fino ad arrivare all’orchestra dei ragazzi di
Sanitansamble. Ci sono l’impegno civile alla Sanità, cuore pulsante
di Napoli, e non solo lì, di Don Antonio Loffredo
e i progetti cui dà vita nelle sue parrocchie: box, teatro e
quant’altro, per sottrarre i giovani alla criminalità. Intervengono
Roberto Saviano e Alessandra
Clemente. Il primo, da quindici anni sotto scorta, parla
del suo rapporto conflittuale con Napoli. La seconda racconta come
sia riuscita a trasformare la rabbia per la morte della madre –
uccisa da una pallottola vagante durante una sparatoria, quando lei
era una bambina – in carburante per cercare di cambiare in meglio
la sua città.
Ci sono casalinghe, artigiani,
bottegai e ambulanti, che conservano saperi su mestieri antichi e
li portano avanti – Michelle, alias Michelina la guantaia,
l’acquafrescaio Poppò, Immacolatina e Gennaro, il tipografo Carmine
Cervone. Ma vi è anche lo scultore Lello Esposito che con le sue
opere porta Napoli nel mondo. Tradizione e devozione: San Gennaro,
Pulcinella, il presepe e il Vesuvio, immancabile in un racconto di
Napoli. Maradona e la street art di Jorit, la Napoli sotterranea e
il racconto storico: il ricordo del fascismo, della guerra e
dell’insurrezione popolare delle 4 giornate, attraverso il
materiale dell’Istituto Luce. Un caleidoscopio condensato in 107
densissimi minuti.
Troppo materiale senza una
direzione precisa
Il problema di Posso
entrare? An Ode to Naples è che c’è troppo. È una
miscellanea di tutto ciò che è Napoli. Styler non vuole lasciar
fuori niente, ma la scelta di non dare un taglio preciso è
disorientante e dispersiva. Manca un focus. Così, lo spettatore a
volte si perde. Si fa fatica a seguire il discorso per immagini e
parole. Il racconto diventa quasi, per usare una metafora
letteraria, un flusso di coscienza, in cui si salta da un elemento
a un altro senza apparente coerenza logica, ma seguendo un istinto.
In questo suo essere caotico, il lavoro intende forse rispecchiare
l’essenza di Napoli, fatta di molteplici anime, piena di contrasti,
che sembra contenere tutto e il suo contrario.
Tuttavia, il film soffre la mancanza
di una direzione. Anche nello stile Posso entrare? An
Ode to Naples è una miscellanea: video musicale,
documentario con materiale di repertorio, tratto dall’archivio
dell’Istituto Luce, interviste a personaggi contemporanei, noti e
non. Apprezzabile però, che cerchi di stare lontano dai luoghi
comuni. Spesso vi riesce, guardando a ciò che è simbolico, iconico,
in modo diverso e obliquo.
Uno sguardo romantico in Posso
entrare? An Ode to Naples
È evidente in Posso
entrare? An ode to Naples la passione e il trasporto
dello straniero, affascinato dal caleidoscopio frastornante che è
Napoli. Questo elemento ci introduce al lato romantico del lavoro.
Styler, da inglese, sembra guardare a Napoli con gli stessi occhi
dei poeti e degli intellettuali romantici che qui facevano il Grand
Tour. Sono citati espressamente – ad esempio, Shelley, con la sua
Ode to Naples – e richiamati nel titolo stesso del film.
Dal punto di vista visivo, poi, la fotografia di Dante
Spinotti contribuisce a creare atmosfere calde e sognanti,
con tramonti che sembrano quadri di Turner, senza peraltro
dimenticare la chiassosa Napoli dei vicoli e quella grigia delle
periferie. Vi è qualche momento particolarmente intenso. Ognuno
potrà trovare ciò che farà vibrare maggiormente le sue corde. Uno
di questi, però, è sicuramente quello che vede protagonista Sting.
Senza spoiler, possiamo dire che qui Styler vince facile, e lo
sa.
Le contraddizioni e la resilienza
di Napoli
Fortunatamente, la regista vede
anche le contraddizioni della città alle pendici del Vesuvio e non
le mette da parte. Il disincanto coesiste con la fascinazione.
Styler sceglie di mostrare soprattutto chi resiste, chi non
soccombe ai problemi e alle sfide che una città complessa come
Napoli pone ogni giorno. Racconta il sublime e la criminalità, ma
punta su chi si dà da fare per renderla un posto migliore. Sono ad
esempio i ragazzi del NEST, progetto teatrale nato in uno stabile
abbandonato, da un idea di Francesco Di Leva; o i
detenuti che in un laboratorio recuperano il legno delle navi dei
migranti per farne strumenti musicali. Simboli di una resilienza e
di una voglia di riscatto che hanno sempre fatto di Napoli una
città brulicante di vita e, nonostante tutto, di speranza.
Il
regista Matthew Vaughnpensa che
il genere dei supereroi potrebbe aver bisogno di una pausa e di un
po’ di tempo libero per ora.Parlando
con Screen
Rant, al regista – meglio conosciuto per aver
diretto film come
Kick-Ass, X-Men:
L’inizio e l’imminente Argylle –
è stato chiesto se potenzialmente sarebbe tornato nel genere dei
supereroi. Per Vaughn, però, pensa che le persone abbiano bisogno
di “tempo libero” più di ogni altra cosa.
“Sinceramente non so cosa
stia succedendo al [genere] dei supereroi, nel senso che, penso,
forse abbiamo tutti bisogno di un po’ di tempo libero“, ha
detto Vaughn. “Forse qualcuno farà qualcosa di così grande
che ci entusiasmerà di nuovo… I film di supereroi sono film. È
un film che contiene supereroi. Penso che quello che è
successo è che sono diventati dei supereroi, e la parte del film
non era così importante.
Per Matthew Vaughn i
film sui supereroi richiedono più lavoro
Vaughn ha anche parlato del
suo lavoro su X-Men:
L’inizio, riflettendo su come mantenerlo con i
piedi per terra fosse la chiave per assicurarsi che funzionasse
come un film di supereroi, su cui secondo lui di solito devi
lavorare di più.
“Quando realizzi un film
di supereroi, devi lavorare di più perché devi far sì che la gente
ci creda“, ha continuato. “Ecco perché ‘X-Men:
L’inizio‘ era piuttosto fondato. Lo ambientiamo nella
crisi missilistica cubana; avevano problemi umani
riconoscibili. E non si basava sulla CG. Penso che anche
la CG rovini tutto, perché ti sembra di guardare un
videogioco. Non sei con i personaggi. A parte ‘Guardians‘…
penso ancora che
Groot e il procione siano dei fottuti pezzi di genio e provo
così tanto affetto per loro. Quindi sarò
incuriosito. Penso che almeno la DC sia sotto… penso che
James Gunn e Safran abbiano buone possibilità di emergere, e
spero che [Kevin]
Feigetorni a fare meno film e si concentri nel
renderli grandi.“
Infine, Vaughn ha anche
riconosciuto che c’erano stati un sacco di “brutti film di
supereroi” prima del boom del MCU, quindi è curioso di vedere
come andranno le cose da qui in avanti.“Penso che
ci siano stati così tanti brutti film sui supereroi che è come se
fossero western. Ne fai così tanti che poi ti annoi del
genere, non perché il genere sia brutto ma perché i film sono
brutti”, ha aggiunto.“Ero abbastanza grande, purtroppo,
quando uscirono Batman e Robin, ed è stato terribile. Ero un
grande fan di Batman e dicevamo “Ah!” E poi i supereroi si
sono fermati, e poi sono tornati. Ora, sarò curioso di vedere
come se la caverà The
Marvels.”
Alla sua undicesima fatica,
A silence, Joachim Lafosse decide di dipingere
un inquietante e infausto affresco sul silenzio familiare, il quale
nasce da un profondo senso di vergogna scaturito da qualcuno
facente parte dello stesso nucleo. Perché se il silenzio è cifra
dominante, l’albero visibile dell’ultimo film del regista belga, il
disagio provocato da esso, che altri non è che un segreto oscuro
inaccettabile, ne è la radice nascosta. La quale giorno dopo
giorno, anno dopo anno, diventa sempre più fitta, più grossa e più
difficile da estirpare. Lafosse per delineare il suo A
silence parte da una figura esistente, legata a un
fatto di cronaca che sconvolse il Belgio: Marc
Dutroux, soprannominato il Mostro di
Marcinelle, che abusava e seviziava adolescenti per poi
lasciarle morire.
Fra queste c’erano
Julie e Melissa, 8 anni, il cui
avvocato dei genitori che seguiva il caso si scoprì in seguito
essere lui stesso stato condannato per detenzione di immagini
pedopornografiche, e che nel film di Lafosse diventa uno dei
protagonista principali. Un racconto, dunque, non solo disturbante,
ma anche allucinante, che suscita non poche riflessioni su un
sistema nel quale, alla fine dei conti, nessuno è davvero al
sicuro. O tutelato, da quegli stessi paladini della giustizia che
poi si scoprono essere a loro volta carnefici. A
silence è in Concorso alla 18esima edizione della Festa del Cinema di
Roma nella sezione Progressive Cinema, e ha nel cast
Daniel Auteuil, Emmanuelle Devos
e Matthieu Galoux.
A silence, la trama
Astrid è la
moglie di un importante avvocato, François, il
quale sta cercando di ottenere giustizia su un caso che vede
coinvolte due bambine vittime di pedofilia e abusi sessuali, oramai
morte. Attacca perfino il sistema giudiziario, si espone ai
giornalisti inveendo contro il folle criminale che ha commesso
oscenità inaudite. Ma una volta tornato a casa da Astrid e il
figlio adottivo Raphaël, e chiuse le porte, quello
stesso uomo non è chi dice di essere. Non è quello che sembra. Fra
le mura di quella villa c’è un segreto, che la moglie nasconde da
tantissimo tempo, ed è legato alle notti di François.
Egli infatti invece di dormire sta
davanti a un computer e guarda qualcosa che si percepisce essere
indecente. Eppure lei non vuole parlare. Nel frattempo, però, la
figlia maggiore si reca dalla madre per darle una notizia:
Pierre, lo zio, a distanza di venticinque anni
vuole denunciare François per averlo violentato quando era giovane.
Da quel momento in poi, l’equilibrio apparentemente stabile della
famiglia si sgretola. Ma mentre Astrid cerca di tenere insieme i
pezzi, quasi negando la verità a se stessa, Raphaël deciderà di
agire in un altro, duro, modo.
Dentro i silenzi di una donna
sola
Lafosse inizia dalla
fine. Comincia con un breve piano sequenza sugli occhi di
Astrid mentre si reca dalla polizia, gli unici che non possono
mentire come la sua bocca ha fatto per lungo tempo. È uno sguardo
affranto ma al tempo stesso consapevole, il suo. Smarrito,
colpevole, pieno di vergogna. Il silenzio è stato un cancro che
l’ha mangiata viva per ben venticinque anni, ma nel suo cuore
conosce la verità, ed è di questa che ha proprio paura. In fondo,
non è la paura di perdere qualcosa che genera proprio l’atto del
tacere? Deve arrivare una scossa, quella decisiva e assestante, per
rimettere in prospettiva una vita che è andata perdendosi per
proteggere qualcuno che, poi, neanche si conosce o vuole più.
A silence
parte con lei e finisce con lei, perché Astrid è il filo conduttore
del racconto, le sono legati tutti i personaggi i quali,
nell’operazione lenta di disvelamento che avviene fra luci e ombre,
dipendono da lei. Se parla, crolla tutto. Le false certezze su cui
ha costruito castelli di sabbia fragili, un amore tenuto in piedi
solo per timore di rimanere sola (ma lo è già), e la lussuosa casa,
in cui si rifugia per ricordarsi che almeno vive nell’agio, anche
se poi comunque piange. Il regista, con questa scelta, decide
di focalizzarsi, più che sul crimine commesso da François – che fa
comunque da sfondo e da escamotage narrativo – sulle reazioni dei
familiari, sulla rottura degli equilibri interni, e sulla poca
lucidità che si ha verso stessi e gli altri quando questa è figlia
della vergogna.
Forse alcuni passaggi sono un po’
troppo frettolosi considerato il carico drammatico ed emotivo del
film, ma nel suo complesso il dramma funziona e
nel suo rivelarsi diventa sempre più tetro. E poi c’è Emmanuelle
Devos, pilastro principale di A silence,
che con la sua provata e imponente presenza scenica riempie ogni
sequenza e ci permette di accedere allo stato d’animo di una donna
in crisi, combattuta e fragile, che proprio per questo non vuole
accettare la realtà dei fatti. Per allieviare il suo senso di colpa
mente a se stessa, dicendo sia a lei che ai suoi figli che ciò che
è accaduto è oramai nel passato, e la cosa giusta è rimanere in
silenzio per il bene della famiglia.
Ma quando poi è la stessa famiglia a
ribellarsi, a cercare giustizia e in qualche modo farsela, quali
sono le cose che contano davvero? Qual è la scelta giusta da
prendere? Forse nessuna, forse quando la vergogna è troppo grande,
ci dice Lafosse, quello che rimane da fare è lasciarsi andare agli
eventi e far decidere il destino. Ma quando poi si è liberi, come
lo sarà Astrid, ma anche Raphaël, tutto ha un sapore diverso. E
finalmente si può vedere la luce.
Oggi Prime
Video ha annunciato che la nuova attesissima serie
Fallout sarà disponibile dal 12 aprile
2024.
Lo speciale annuncio ha sorpreso i
fan in occasione del 26° anniversario del Fallout
Day, una ricorrenza annuale dedicata a tutto ciò che
riguarda il pluripremiato franchise best-seller di videogiochi.
Inoltre, Amazon Studios ha lanciato i canali social ufficiali della
serie per coinvolgere i fan appassionati di tutto il mondo. I
social sono stati lanciati con un’interfaccia grafica interattiva
Pip-Boy che embedda la data di uscita all’interno del testo
scorrevole per divertire e sorprendere ulteriormente i fan e il
pubblico di tutto il mondo.
Ambientata nella Los Angeles e nel
mondo futuro e post-apocalittico di
Fallout, la serie è una storia
originale basata su Fallout, che farà parte del canone dei
videogiochi. La serie nasce da Kilter Films e dagli executive
producer Jonathan Nolan e Lisa Joy, i creatori di
Westworld. Sarà disponibile in streaming in esclusiva su
Prime Video in oltre 240 Paesi e territori nel
mondo.
Il cast della serie include Ella
Purnell (Yellowjackets), Walton Goggins (The Hateful
Eight), Aaron Moten (Emancipation – Oltre la
libertà), Moisés Arias (Il re di Staten Island), Kyle
MacLachlan (Twin Peaks), Sarita
Choudhury (Homeland), Michael Emerson (Person of
Interest), Leslie Uggams (Deadpool), Frances Turner
(The Boys), Dave Register (Heightened), Zach
Cherry (Scissione), Johnny
Pemberton (Ant-Man), Rodrigo Luzzi (Dead Ringers –
Inseparabili), Annabel O’Hagan (Law & Order: Unità Vittime
Speciali) e Xelia Mendes-Jones (La Ruota del
Tempo).
Geneva Robertson-Dworet e Graham
Wagner sono executive producer, autori e co-showrunner. Jonathan
Nolan e Lisa Joy sono executive producer per Kilter Films sotto il
loro overall deal con Amazon. Athena Wickham di Kilter Films è
anche executive producer insieme a Todd Howard per Bethesda Game
Studios e James Altman per Bethesda Softworks. Amazon e Kilter
Films producono in associazione con Bethesda Game Studios e
Bethesda Softworks. Nolan ha diretto i primi tre episodi di questa
serie epica.
Ancora oggi il regista Joel
Schumacher è ricordato principalmente per i disastrosi
film Batman Forever e
Batman & Robin. Eppure, nella sua filmografia si possono
ritrovare film che dimostrano la sua grandezza come uomo di cinema.
In particolare, si possono citare titoli come St. Elmo’s Fire,
Linea mortale e Un giorno di ordinaria
follia. Tra i suoi più apprezzati film degli anni Novanta
si annovera anche Il cliente, un solido
legal thriller ricordato per la sua complessa vicenda, i
risvolti da puro giallo e interpretazioni ancora oggi tra le
migliori degli attori coinvolti.
Scritto da Robert
Getchell e Akiva Goldsman, il film è
tratto dall’omonimo romanzo del 1993 scritto da John
Grisham. Lo scrittore, dalle cui opere sono stati tratti
anche film come Il rapporto Pelican e
La giuria, è un esperto di gialli giudiziari, avendo lui
conseguito la laurea in legge e aver lavorato per anni come
avvocato. Proprio grazie a questa sua esperienza, i suoi racconti
sono particolarmente solidi e tesi da questo punto di vista,
configurandosi alla perfezione anche per il cinema. Proprio per
questo Il cliente, a fronte di un budget di 45 milioni di
dollari, è arrivato a guadagnarne oltre 117 nel mondo.
Apprezzato dalla critica e dal
pubblico, il film permise di realizzare anche una serie TV omonima,
anch’essa basata sul libro di Grisham e andata in ondata in onda
dal 1995 al 1996. Per tutti gli amanti del thriller, ancora
oggi Il cliente è un titolo da non perdere
assolutamente. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Il cliente: la trama del film
Protagonista del film è l’undicenne
Mark Sway, la cui vita è da sempre molto difficile
e priva di controllo. Abbandonato dal padre quando era appena un
bambino, egli vive in una misera roulotte insieme alla madre e al
fratellino. Insieme a questo, Mark è solito avventurarsi nei boschi
in cerca di qualcosa da fare. È proprio qui che un giorno Mark
diventa testimone del suicidio di un avvocato legato alla mafia, il
quale prima di togliersi la vita rivela al ragazzo dov’è sepolto il
corpo di un senatore ucciso dal criminale Barry
Muldano. Sotto shock per l’accaduto, Mark non tarda a
comunicare quanto accaduto, venendo subito raggiunto dall’FBI.
Gli agenti che lo incontrano
vorrebbero fargli rivelare quanti più dettagli possibile circa
quanto da lui visto, ma Mark comprende che, nel caso parlasse,
diventerebbe subito un obiettivo primario da parte della mafia.
Insieme a sua madre, il ragazzino ricerca dunque un avvocato di cui
potersi fidare e lo trova in Reggie Love. La
donna, di indole testarda, si offre da subito di proteggere Mark
dalla polizia federale, dalle grinfie del Reverendo Roy
Foltrigg, procuratore distrettuale, e dallo stesso
Muldano, che cercherà di mettere a tacere il piccolo testimone.
Il cliente: il cast del film
Trovare un interprete per il ruolo
dell’undicenne Mark Sway non fu affatto semplice. Grisham, infatti,
aveva potere decisionale sulle scelte di casting e per tale ruolo
aveva richiesto un bambino che non avesse esperienze pregresse nel
cinema. Egli sosteneva che il film non avrebbe funzionato con un
noto attore bambino dall’accento fasullo nel ruolo e che scegliendo
uno sconosciuto nella parte (preferibilmente dall’area di Memphis,
dove è ambientata la storia) la credibilità del film non sarebbe
stata compromessa. Alla fine fu scelto il compianto Brad
Renfro, che arrivò a battere nella selezione anche
Macaulay Culkin, noto per il film Mamma ho
perso l’aereo.
Per convincere l’attrice
Susan Sarandon ad
accettare la parte dell’avvocato Reggie Love, il regista Joel
Schumacher le ha proposto un “matrimonio cinematografico”,
inginocchiandosi in mezzo a un affollato ristorante di New York.
Davanti a quel gesto, l’attrice accettò e per la sua
interpretazione è poi stata candidata al premio Oscar. Ad
interpretare il duro Reverendo Roy Foltrigg vi è invece l’attore
Tommy LeeJones, acclamato in quegli anni grazie anche
al thriller Il fuggitivo.
Mary-Louise Parker interpreta Dianne Sway, madre
di Mark, mentre Anthony LaPaglia è il mafioso
Barry Muldano. William H. Macy è il dottor
Greenway, mentre J. T. Walsh è l’avvocato Jason
McThune.
Il cliente: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Il
cliente è infatti disponibile nei cataloghi di
Rakuten TV e Disney+. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un
dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è
inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 23
ottobre alle ore 21:15 sul canale
La7.
I leoni di
Sicilia, caso letterario del 2020, divenuto presto un
best seller e che ancora oggi è oggetto di continue ristampe
diventa una serie tv in otto episodi diretta da Paolo Genovese.
La famiglia Florio, una famiglia poco convenzionale che con i suoi
pregi e difetti è riuscita a creare un impero di cui ancora
trasudano i palazzi e le tonnare siciliane. La serie, che sarà
disponibile su Disney+ a partire dal 25
ottobre con i primi quattro episodi e dall’1 novembre con i
restanti quattro parte proprio dalla genesi degli affari dei Florio
che da Bagnara, in Calabria, si sono trasferiti a Palermo in cerca
di fortuna. Una fortuna che Paolo Florio ha sempre auspicato per la
sua famiglia, una fortuna che ha costruito lui stesso con le sue
mani. La serie è stata presentata in anteprima alla Festa del Cinema di
Roma nella sezione Freestyle.
I leoni di Sicilia, la
trama
A livello di fedeltà storica e di
fedeltà al romanzo, I leoni di Sicilia diretto da
Paolo Genovese ha tutti gli
elementi al posto giusto. Tutto ci porta in quella Palermo barocca,
dove per le strade si respira aria di spezie di tutti i tipi. Lo
sanno bene i Florio che hanno cominciato il loro impero proprio
come commercianti di curry, zafferano, finocchietto e sesamo. Tutti
sapori antichi di una terra sempre conquistata che ha assorbito le
tradizioni dei popoli di passaggio. In cerca di riscatto sociale, i
Florio giunti a Palermo creeranno un vero e proprio business
complici le idee rivoluzionare di Paolo Florio (interpretato da
Vinicio Marchioni) che tramanderà al figlio,
Vincenzo (interpretato da Michele Riondino).
Paolo Florio è burbero ma si rende
ben presto conto del potere della sua famiglia, per questo a suo
figlio Vincerò insegnerà fin da subito il mestiere del “putiaro”,
del commerciante. Ma Vincenzo cresce, e con lui il mondo cambia. In
Sicilia arriva l’acqua corrente e il commercio non si fa più solo
con le spezie ma anche con i terreni. Su Vincenzo Florio e sulla
sua dinastia, composta dal figlio Ignazio, si concentra I leoni
di Sicilia. Venditore stratega che ha messo in ginocchio tutti
i nobili di Palermo e uomo che viene travolto dall’amore per Giulia
(interpretata da Miriam Leone), donna in contrasto con le
rigide regole della Sicilia del 1800. Proprio con Vincenzo la Casa
Florio acquisterà prestigio di un vero e proprio impero commerciale
e sarà la sua ambizione a portare il buon nome della sua famiglia
in alto, tra gli alti ranghi sociali.
Artefici del proprio destino
Paolo, prima, e Vincenzo, poi,
entrambi artefici del proprio destino. Una fortuna che hanno
costruito con le loro mani solo per non sentirsi mai un passo
indietro a nessuno. Qui la storia familiare si intreccia con la
storia d’amore. La storia della famiglia fin dagli
inizi dell’800 è la parte più interessante perché la serie compie
un viaggio a ritroso e ci accompagna verso la fortuna della
famiglia Florio che passerà inevitabilmente anche da momenti molto
toccanti ed emozionanti come la morte del padre Paolo. Il
personaggio interpretato da Vinicio Marchioni è il capostipite della
dinastia così come la conosciamo oggi ma non è perfetto.
Calpesterebbe chiunque per arrivare al successo e per far vivere la
sua famiglia negli agi. Dall’acquisto della tonnara ad altri
terreni e possedimenti della famiglia Florio, I leoni di
Sicilia parla anche d’amore e in particolare quello tra un
Vincenzo ormai consolidato negli affari e nel nome e Giulia, figlia
di nessuno, ma di cui lui si innamora in modo travolgente. La loro
storia d’amore si intreccerà con la storia di crescita della
famiglia e anche con il periodo storico che stava vivendo l’Italia
verso l’Unità.
La serie si ferma al 1861 quando a
succedere a Vincenzo, e tenere alto il buon nome dei Florio ci sarà
l’unico erede maschio della famiglia, Ignazio. Con Ignazio si apre
un nuovo mondo per i Florio che continueranno ad espandersi sempre
di più fino alla decadenza. In questi episodi visti in anteprima
alla Festa del Cinema di Roma I leoni di Sicilia non
ruggiscono ancora, anzi, sono ancora molto timidi e impacciati ma
sono comunque pronti a raccontare la loro storia. C’è ancora molto
da vedere e da rivedere – come per esempio alcuni brani della
colonna sonora.
Hayao Miyazaki,
uno dei maestri dell’animazione giapponese e uno dei registi più
visionari mai vissuti, torna sul
grande schermo con Il ragazzo e l’airone. Era il 2013
quando, dopo la presentazione alla Mostra di Venezia di Si alza
il vento, il sensei annunciò che si sarebbe ritirato
dall’attività di produzione di lungometraggi d’animazione. Per
fortuna, l’impulso creativo, la necessità di disegnare e di
raccontare storie erano troppo forti, e così, a partire
dall’ispirazione arrivata dal romanzo E voi come vivrete? di Genzaburō Yoshino (che dà
il titolo originale al film) realizza il suo nuovo lungometraggio
che, dopo una serie di proiezioni ai festival e l’uscita in
Giappone e negli USA, arriva nelle sale italiane dal 1° gennaio
2024 distribuito da Lucky Red.
Il ragazzo e
l’airone, la trama
Il ragazzo e l’airone è
un raro caso, nel cinema di Miyazaki, in cui il protagonista della
storia è un uomo, un ragazzo di nome Mahito Maki che, a distanza di
un anno dalla morte della madre in un tragico incendio, combatte
ancora con il dolore della perdita, mentre con il padre lascia il
centro abitato di una Tokyo in guerra, per rifugiarsi in una villa
in campagna, dove va a vivere insieme a sua zia Natsuko, che nel
frattempo è diventata la nuova moglie del padre. In questo luogo
affascinante ma sinistro, dalla storia antica, Mahito incrocia il
suo cammino con un airone cenerino, che si rivelerà essere una
specie di Virgilio, una guida per il ragazzo che sarà costretto ad
attraversare una sorta di inferno, un mondo parallelo a quello in
cui vive, per poter affrontare le sue paure, i suoi dolori, e
ricominciare a vivere.
Sebbene sia volontà
comune affermare che Il ragazzo e l’airone è il capolavoro
della sua filmografia, appare molto più realistico parlare di una
nuova gemma preziosa che il sensei aggiunge al tesoro inestimabile
che è la sua filmografia.
Un nuovo inizio
Dopo il sapore “finale”
(nel senso più vitale del termine) di Si alza il vento, film
che per tanti anni è stato considerato il suo ultimo, era
interessante scoprire cos’altro Miyazaki avesse da dire. La
risposta, forse, è nascosta nella visione della vita, tipica della
cultura giapponese, in cui niente finisce davvero, e ogni esistenza
che trova il suo compimento poi riparte di nuovo da zero, come nel
percorso artistico del grande maestro. Con Il ragazzo e
l’airone, il regista sembra infatti tornare indietro, o meglio,
ripartire dal via, imbastendo una storia ricchissima che si nutre
di simbolismi e metafore, raccogliendo tutti i temi a lui più cari
e raccontando di un personaggio che, mai come in questo caso,
sembra un suo alter ego.
Il canone
miyazakiano
L’elaborazione del lutto
per la madre, l’orrore della guerra, la difficoltà di adattarsi a
un nuovo status, sono tutti elementi che appartengono alla
biografia di Hayao ragazzo e che sono stati sempre presenti nel suo
cinema. Così come l’idea di un mondo fantastico che coesiste in una
realtà parallela o sovrapposta a quella reale, in cui piccole
creature popolano gli anfratti dell’esistenza, insieme a minacce
spaventose, a figure eroiche e creature in continua trasformazione,
come giovanissime donne che controllano il fuoco e bruciano dalla
voglia di vivere, pur conoscendo la loro sorte.
Ne Il ragazzo e
l’airone il piano della realtà è funestato dalla guerra (la
scena d’apertura ricorda molto da vicino
Una tomba per le lucciole di Isao Takahata), è
un mondo in cui Mahito fatica ad adattarsi. L’arrivo dell’airone
cenerino e la porta che questo gli apre sul piano della fantasia,
su un mondo altro, si presenta come un’opportunità di rivedere la
propria madre scomparsa, ma in fondo è anche un tentativo di fuga.
Il giovane protagonista lascia il suo mondo proprio perché quello
in cui vive non gli piace, ma nonostante l’esistenza certa di
spiriti, mostri e parrottini giganti pronti a mangiare chiunque,
nessun sogno, per quanto vivido e confortante è preferibile alla
realtà in cui viviamo e Mahito dovrà capirlo a sue spese, occupando
il suo posto nel nuovo ordine delle cose e accettando il compito
che gli viene affidato di portare equilibrio e nuovo ordine, nuova
vita e speranza nel (suo) mondo dilaniato dalla sofferenza.
Uno spirito creativo in
continuo divenire
Lo stile di Hayao Miyazaki
si conferma, dunque, ricco e composito che sorprende continuamente
sia per le soluzioni narrative che il regista adotta, sia per
l’immaginario che mette in scena, un mondo in continuo divenire,
ricchissimo e pullulante di vita e creatività, proprio come il suo
spirito creativo, la sua voglia di disegnare che gli ha fatto
revocare la “pensione” auto-imposta e lo terrà al lavoro ancora per
molto, ci auguriamo.
Al box office del fine settimana
appena concluso il nuovo film dei Me contro te,
Vacanze in Transilvania, conquista inaspettatamente il
pubblico di grandi e piccini, ottenendo il primo posto nella
classifica incassi. La pellicola ha incassato ben €784.299 a fronte
di un totale di quasi 2 milioni di euro dall’uscita nelle sale il
19 ottobre.
La presenza dei Me contro te come
campione d’incassi nel week end appena concluso può un po’
sconvolgere molti cinefili per via dell’arrivo nei cinema in
contemporanea di una nuova opera di uno dei registi contemporanei
più noti ed apprezzati dal pubblico. Stiamo parlando di
Killer of the flower moon, diretto da Martin
Scorsese con
Leonardo di Caprio e
Robert de Niro. La pellicola, seconda al box office,
ha incassato €532.575 a fronte di un totale che supera il milione e
mezzo di euro dall’uscita il 19 ottobre.
Al terzo posto ritroviamo
L’ultima volta che siamo stati bambini, pellicola
italiana ed esordio alla regia dell’attore Claudio Bisio. Il film
incassa €163.072 nel fine settimana e supera il milione dal suo
approdo nelle sale il 12 ottobre.
Box office: il resto della
classifica
Al quarto e quinto posto si trovano
rispettivamente
Dogman, nuova pellicola di Luc Besson
presentata al festival del cinema di Venezia, e
L’esorcista-il credente, sesta pellicola della saga
cinematografica. Dogman incassa €91.659 su un totale che sfiora il
milione di euro mentre L’esorcista arriva ad un incasso di €89.933
nel week end e di più di 2 milioni e mezzo dall’approdo nelle sale.
Sesto classificato è
Assassinio a Venezia, terzo capitolo della serie
cinematografica di adattamenti dei romanzi di Agatha Christie; il
film incassa €79.594 a fronte di un totale di 8 milioni di euro
dall’uscita nei cinema il 14 settembre.
Al settimo ed ottavo posto si
classificano Paw
Patrol: il super film, pellicola animata per bambini
sequel di Paw Patrol: il film, e Taylor Swift-the eras tour, film concerto
della tappa a Los Angeles fatta dalla cantante. Paw Patrol incassa
71.291 a fronte di un totale di più di 1 milione e mezzo di euro,
mentre Taylor Swift-the eras tour raggiunge un guadagno di €57.467
nel week end e di quasi 1 milione dalla sua uscita il 13
ottobre.
Ultimi due classificati sono
rispettivamente Volevo
un figlio maschio, commedia italiana con Enrico
Brignano, e
Io Capitano, pellicola su tematiche di attualità
diretta da
Matteo Garrone. Volevo un figlio maschio incassa
€52.294 mentre Io Capitano raggiunge un guadagno di €41.294 a
fronte di un totale di 3 milioni e mezzo di euro dalla sua uscita
nei cinema il 7 settembre.
Arriva su Sky COCAINORSO,
survival movie inspirato a un’incredibile storia vera avvenuta nel
1985 a Knoxville in Tennessee, quando un orso morì dopo aver
ingerito una grande quantità di cocaina abbandonata in un bosco da
dei trafficanti. Il film sarà in prima tv mercoledì 25 ottobre alle 21.15 su Sky Cinema Uno,
in streaming su NOW e disponibile on demand. Su Sky il film sarà
disponibile on demand anche in 4K.
Diretto da Elizabeth
Banks e scritto da Jimmy Warden, il film
è interpretato da
Keri Russell, O’Shea Jackson Jr.,Christian
Convery, Alden Ehrenreich, Jesse
Tyler Ferguson, Brooklynn Prince,
Isiah Whitlock Jr., Kristofer
Hivju, Hannah Hoekstra e Aaron
Holliday, oltre alla vincitrice dell’Emmy Margo
Martindale e il compianto vincitore
dell’EmmyRay
Liotta.
La trama del
film
Ispirata alla storia vera del 1985
dell’incidente aereo di un trafficante di droga, della scomparsa
della cocaina e dell’orso nero che se la mangiò, questa commedia
dark e selvaggia vede uno strano gruppo di poliziotti, criminali,
turisti e adolescenti che convergono in una foresta della Georgia
dove un predatore di 500 libbre ha ingerito una quantità
sbalorditiva di cocaina e, su tutte le furie per colpa della droga,
è scatenato, alla ricerca di colpi e sangue.
COCAINORSO– Mercoledì 25 ottobre alle
21.15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on
demand. Su Sky il film sarà disponibile on demand anche in 4K, per
i clienti Sky Q o Sky Glass con pacchetto Sky Cinema e con servizio
opzione Sky HD/Sky Ultra HD attivo.
Ecco una clip da “Messi
Meets America“, il nuovo documentario in sei parti che
racconta il dietro le quinte di questo nuovo capitolo della
carriera da record di Messi, disponibile su Apple TV+ dall’11
ottobre.
Dopo oltre vent’anni
indimenticabili di eccellenza calcistica, primati inarrivabili
raggiunti tra Barcellona e Paris Saint-Germain, e dopo aver vinto
la Coppa del Mondo FIFA Qatar 2022 con la nazionale di calcio
argentina, Leo Messi ha preso una decisione epocale che ha cambiato
per sempre il volto del calcio in Nord America, unendosi alla Major
League Soccer e all’Inter Miami CF. Grazie a un accesso senza
precedenti a Messi e alla sua nuova famiglia dell’Inter Miami CF,
“Messi Meets America” porta gli spettatori dietro le quinte della
vita e della carriera del più grande giocatore mai sceso in campo,
osservandolo condurre la sua nuova squadra alla conquista del
titolo in Coppa di Lega e oltre.
Dal record di sold
out registrato in tutta l’America a una velocità impressionante,
all’incredibile gol vincente segnato all’ultimo minuto della sua
prima partita, ai momenti trascorsi con i suoi compagni di squadra
dell’Inter Miami CF, la serie racconta l’immersione di Leo in
America, la trasformazione dell’Inter Miami CF e, soprattutto,
l’impatto che sta attualmente avendo sul calcio in Nord America,
mentre la “Messi Mania” attraversa l’intero continente.