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Suburraeterna: recensione della nuova serie sequel di Suburra con Giacomo Ferrara

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Roma brucia ancora e ancora, anche in Suburraeterna, il sequel della serie Netflix che espande il suo franchise. Dopo gli eventi finali che hanno portato alla morte di Aureliano (Alessandro Borghi) Spadino e la famiglia Anacleti hanno altri problemi. La serie è composta da otto episodi prodotti da Cattleya – parte di ITV Studios – e debutterà il 14 novembre in tutti i Paesi su Netflix. Presentati in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, i nuovi episodi di Suburraeterna verranno anche proiettavi al Lucca Comics il 2 novembre con Giacomo Ferrara in sala.

La serie è scritta da Ezio Abbate e Fabrizio Bettelli, che ricoprono anche il ruolo di Head Writers, Andrea Nobile, Camilla Buizza, Marco Sani e Giulia Forgione. Ciro D’Emilio è alla regia dei primi quattro episodi, mentre Alessandro Tonda degli ultimi quattro.

Suburraeterna, la trama

Roma, 2011. Il governo rischia di cadere, il Vaticano è in crisi e le piazze della città sono letteralmente date alle fiamme. A Roma Cinaglia (Filippo Nigro) ha raccolto l’eredità di Samurai e, insieme a Badali (Emmanuele Aita), continua a gestire gli affari criminali della città, con l’aiuto di Adelaide (Paola Sotgiu) e Angelica (Carlotta Antonelli), rimaste a capo degli Anacleti, e di Nadia (Federica Sabatini), che le aiuta a gestire le piazze di Ostia. Ma c’è chi questo sistema non lo accetta più. Nuovi protagonisti scenderanno in campo, stravolgendo gli equilibri di Roma: inizia così una rivoluzione che, dalla Chiesa al Campidoglio e fino alle spiagge di Ostia, si espande velocemente per cancellare tutto ciò che rappresenta il passato.

Spadino (Giacomo Ferrara) sarà dunque costretto a tornare a casa, per evitare che la sua famiglia venga messa in pericolo insieme a tutto il resto, e a cercare nuovi alleati, anche laddove non avrebbe mai pensato di trovarli. Ma la guerra è guerra e in palio c’è il controllo di Roma. Ancora una volta la capitale diventa protagonista di un gioco di potere tra Stato e Chiesa molto più grande di lei. Le scorribande, la polizia, i manganelli, Roma brucia come non lo hai mai fatto in Suburra, ma questa volta lo fa un modo diverso. Nei primi due episodi di Suburraeterna si pongono le basi per una nuova guerra di potere e supremazia delle piazze di tutta Roma e Ostia. Dalla morte di Aureliano sono passati tre anni e gli Anacleti sono a capo di tutto e questa supremazia sta stretta alla famiglia di Damiano Luciani (il nuovo marito di Angelica).

Suburraeterna serie cast

Il nuovo a Roma non esiste

Nel frattempo, Amedeo Cinaglia tesse la sua rete fatta di promesse e di accordi tra ricchi e potenti: il suo più grande alleato è un sacerdote della Curia che come lui ha aspirazione a puntare in alto. Entrambi con motivazioni diverse sfruttano a loro vantaggio la guerra tra clan che si è venuta a creare tra gli Anacleti da una parte e i Bonatesta – con Ercole (Aliosha Massine) – e i Luciani – Giulia, Cesare, Damiano e Angelica – dall’altra. Più guerre su più fronti: la guerra che si combatte per strada per il commercio della droga, la guerra ai piani alti per la costruzione dello stadio, il nuovo Colosseo. Parte dal basso ma inevitabilmente l’atto coraggioso della famiglia Luciani smuove gli interessi di tutte le pedine in gioco.

Collega il gioco-forza tra Stato e Chiesa dove tutti si fanno paladini contro la violenza, mascherandosi da benefattori, ma sotto la maschera cercano di portare acqua al proprio mulino. Dopo aver preso il controllo grazie al famoso dossier di Samurai, Amedeo Ciniglia si è fatto largo nei piani alti. Ha aperto una cooperativa per la manutenzione del verde pubblico che è una copertura per le sue attività criminali. Dopo l’attacco sovversivo alla famiglia Anacleti sarà costretto a trovare qualcuno di ancora più potente che gli guardi le spalle. Sarà proprio la guerra a riportare Spadino a Roma, quella guerra che tanto lui voleva fare tre anni prima ma che gli ha visto morire Aureliano tra le braccia. Alberto Anacleti si è così traferito in Germania dove vive la sua vita apparentemente sereno. La morte della madre Adelaide scatenerà in lui sentimenti contrastanti che lui stesso non riesce a controllare: restare a Roma e combattere anche questa guerra o tornare alla vita di tutti i giorni dal suo nuovo compagno?

La vendetta

Nei tre anni dopo la morte di Aureliano e la partenza di Alberto, Angelica è rimasta sotto il tetto degli Anacleti, più per obbligo che per volontà. Questo non ha fatto altro che aumentare il forte senso di vendetta verso quella famiglia che l’ha sempre odiata. Il suo rancore si tramuta in vendetta quando sarà proprio lei ad uccidere Adelaide, dando così inizio alla guerra tra le famiglie. Suburraeterna nasce proprio dalla vendetta: la stessa Nadia, una volta perso l’amore della sua vita cerca in tutti i modi di tenere vivo almeno il suo ricordo. La collana appesa al collo e i tatuaggi, l’enorme foto di Aureliano nella palestra di Ostia: Nadia adesso gestisce gli affari con un’ombra e un peso nel cuore che fino a questo momento le hanno permesso di andare avanti, ma quanto durerà?

The New Toy: recensione del film di James Huth – RoFF18

The New Toy: recensione del film di James Huth – RoFF18

Dopo il passaggio nella sezione parallela della Festa del Cinema di Roma Alice nella città, The New Toy di James Huth si prepara ad arrivare nei cinema italiani il 1 novembre. La commedia, già un successo in Francia, è un remake del celebre film del 1976 scritto e diretto da Francis Veber Professione…giocattolo in cui, guadagnandosi da vivere come guardiano notturno in un grande magazzino, un uomo che vive con la sua famiglia in un complesso residenziale alla periferia di Parigi diventa un “giocattolo” umano quando al figlio dell’uomo più ricco di Francia viene chiesto di scegliere il suo regalo di compleanno.

Un remake con una propria identità

The New Toy è un adattamento molto più riuscito del precedente remake americano del 1982, considerato un flop. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che James Huth e la sua abituale co-sceneggiatrice, Sonja Shillito, non hanno esitato a prendere le distanze dal materiale di partenza, in particolare iniettando una carica emotiva senza precedenti – che a volte sfiora il sentimentalismo – nella storia. Una storia, va sottolineato, che in origine era molto cinica.

Ma le linee narrative principali rimangono le stesse: che senso ha cercare di aggiustare ciò che non è rotto? Sono soprattutto i numerosi cambiamenti apportati al ruolo del protagonista a fare la differenza. Il protagonista Samy (Jamel Debbouze), sotto lo sguardo sempre più esasperato della moglie incinta, operaia e militante, accetta un lavoro come guardiano notturno in un grande magazzino di Philippe Étienne (Daniel Auteuil), un magnate che possiede quasi mezza Francia. Durante una visita privata, l’unico figlio di Philippe, Alexandre (Simon Faliu), mette gli occhi su Samy: le buffonate della guardia lo divertono, così il re bambino chiede che Samy venga “comprato” per lui. Il padre è d’accordo e lo stesso fa il protagonista, che si trova a corto di soldi. Mentre nell’originale l’uomo giocattolo interpretato da Pierre Richard era un giornalista disoccupato, qui diventa un piccolo truffatore di un quartiere residenziale di periferia, chiamato dalla fidanzata incinta a trovare un vero lavoro. Questo permette al regista James Huth di rafforzare il contrasto tra il background operaio di Samy e il gigantesco castello che scopre quando diventa il giocattolo di Alexandre.

The New Toy (2023)

Un uomo-giocattolo per un re bambino

Così, Samy diventa un uomo-oggetto, o meglio, un uomo-giocattolo. Potete immaginare cosa succede dopo, in quello che si configura come uno snodo narrativo abbastanza prevedibile, ma comunque divertente e non privo di spunti di riflessione, a partire dalla nozione stessa di denaro. In un’epoca in cui la classe media sta scomparendo e il divario tra ultra-ricchi e ultra-poveri si sta allargando, The New Toy sfrutta abilmente i contesti contrastanti da cui provengono i suoi personaggi.

La differenza di classe questa volta assume la forma di un ritratto tra due famiglie di estrazione completamente opposta: una, fredda e altolocata, in cui le preoccupazioni finanziarie non esistono in alcun modo e in cui i rapporti umani sono di ghiaccio; l’altra, modesta e calorosa, che vive in un complesso residenziale e propugna principi di solidarietà. The New Toy è molto meno crudele del suo illustre predecessore. Affidandosi alla personalità comica di Jamel Debbouze, spesso molto divertente nel ruolo del guardiano notturno che accetta con riluttanza le ingenti somme che gli vengono offerte per fare da giocattolo umano al re bambino (Simon Faliu), il regista modula un tono diverso. In questo senso, Debbouze e Daniel Auteuil, che si cala nei panni di quest’uomo troppo ricco che potrebbe trovare un modo per avvicinarsi gradualmente al figlio, formano un binomio che funziona decisamente bene.

The New Toy: un omaggio tenero a un classico della commedia

Grande cura è stata dedicata alle scenografie e agli oggetti di scena di The New Toy, per dare all’insieme un’atmosfera fiabesca, in cui non c’è bisogno di una chiave nostalgica per entrarvi. Questa nuova versione di James Huth è stata adattata ai nostri tempi, ed è quindi un po’ più incisiva, un po’ più appariscente e un po’ più sfacciata dell’originale, pur rimanendo scrupolosamente fedele ad esso. Inoltre, come dicevamo, c’è la piacevole sorpresa di questo nuovo tandem Jamel Debbouze-Daniel Auteuil, che fa rivivere il duo formato quarantasei anni fa da Pierre Richard e Michel Bouquet, senza dimenticarli, in un omaggio sentito che, pur non raggiungendo gli stessi livelli di iconicità, è divertente, tenero, stravagante e anche commovente.

Dall’alto di una fredda torre: recensione del film di Francesco Frangipane – #RoFF18

Chi butteresti dalla torre, mamma o papà? È questa, semplificato al massimo, la domanda irrisolvibile posta agli spettatori dal film Dall’alto di una fretta torre, opera prima di Francesco Frangipane, regista che vanta però alle spalle una lunga carriera teatrale. Questo suo primo lungometraggio è infatti tratto proprio da un testo da lui già portato sul palcoscenico nel 2015, scritto da Filippo Gili che assume per questo adattamento il ruolo di sceneggiatore. I due con lo spettacolo teatrale prima e con questo progetto cinematografico ora, si interrogano dunque sui grandi temi universali come la vita e la morte, il destino e il libero arbitrio.

Presentato nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma, il film, data la sua domanda di partenza, si presenta dunque come una vera e propria tragedia moderna che si fonda sugli archetipi di quella greca, interrogandosi su questioni grandi ma calandole in un contesto intimo, famigliare, da cui far trasparire ancor di più la gravità e la complessità di ciò su cui il regista vuole si rifletta. L’adattamento di Dall’alto di una fredda torre riesce però solo in parte a portare a termine tale obiettivo, rimanendo talvolta troppo sospeso in una dimensione di simboli e metafore che allontanano il film da una più completa sviscerazione dei temi trattati.

La trama di Dall’alto di una fredda torre

Dall’alto di una fredda torre propone dunque una situazione in cui la normalità di una famiglia composta dal padre Giovanni (Giorgio Colangeli), dalla madre Michela (Anna Bonaiuto) e dai figli gemelli omozigoti Elena (Vanessa Scalera) e Antonio (Edoardo Pesce), viene spezzata da una terribile scoperta: entrambi i genitori sono gravemente malati. Potrebbero essere salvati entrambi da una donazione dei due figli, ma sfortunatamente solo uno dei due è compatibile. Pertanto, solo uno dei due genitori può essere salvato. Ai due figli spetterà dunque decidere se comunicarglielo e, soprattutto, decidere chi tenere in vita. Una scelta che li obbligherà a fare i conti con il loro passato e che porterà a galla i più feroci istinti.

L’impossibilità di una decisione

Sin dalle sue premesse di base (una malattia rara sviluppata dai due genitori, la compatibilità di solo uno dei due figli alla donazione), Dall’alto di una fredda torre chiede allo spettatore di non focalizzarsi sugli aspetti straordinari del racconto quanto sulle domande che costringe a porsi e sulle risposte che occorre darsi. Il film vuole affrontare l’angoscioso dilemma se sia giusto o no incidere sul destino degli altri, se sia lecito sostituirsi al fato, ponendo i protagonisti di fronte alla facoltà e responsabilità, di dover decidere se far vivere o far morire un uomo, con tutte le questioni morali e sociali che ne conseguono.

Dall'alto di una fredda torre Anna Bonaiuto
Anna Bonaiuto in Dall’alto di una fredda torre. Foto di © Arianna Lanzuisi.

Questioni che vengono dunque poste attraverso una situazione in cui può essere facile immedesimarsi e che proprio per questo punta a catturare e tenere lo spettatore incollato alla ricerca di una risposta. Risposta che, per quanto il regista tenti davvero di trovare, non sembra poterci essere. Viviamo allora attraverso i volti e i corpi degli attori la drammaticità di questa situazione, che già con la sua premessa pone in crisi dimostrando quanto possa essere arduo se non impossibile prendere decisioni di natura etica, specialmente se ci si trova a scontrarsi poi con contesti che per loro natura spingono invece a prenderle, queste decisioni.

Un film evasivo

Ciò che colpisce di Dall’alto di una fredda torre e della regia di Frangipane, è il modo in cui si cerca di non ripudiare la provenienza teatrale, ma anzi di esaltarla per far sì che anche attraverso di essa si possa evincere la natura smarrita dei protagonisti. Una famiglia in tutto e per tutto simmetrica che si spezza però nel momento in cui viene a mancare quell’elemento doppio che avrebbe potuto riequilibrare il tutto (ovvero la compatibilità di uno solo dei due figli). Il regista gioca allora con questi equilibri e vi riesce anche grazie ad un quartetto di attori ben affiatati. Vanessa Scalera, che aveva già interpretato Elena nello spettacolo teatrale, spicca in particolare su tutti.

Eppure, nonostante queste note di merito, Dall’alto di una fredda torre, specialmente nel momento in cui si avvicina alle sue battute finali, dimostra di non riuscire ad offrire non tanto una risposta – appunto, forse impossibile – quanto una più completa trattazione delle tematiche sollevate con questo racconto. Sono tanti i conflitti che animano il film ma forse proprio perché tanti sono i punti vista si ha la sensazione che non tutti riescano ad offrire quanto avrebbero potuto dire sull’argomento. Si giunge così ai titoli di coda con più incertezze di quelle che si aveva prima della visione, ma probabilmente non nel senso che regista e sceneggiatore intendevano.

Bodies: recensione della nuova serie Netflix

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Bodies: recensione della nuova serie Netflix

Thriller dai tratti fantascientifici, Bodies è la nuova serie Netflix scritta e diretta da Paul Tomalin e basata sull’omonima graphic novel della DC Vertigo. La serie, formata da una sola stagione di otto episodi, ognuno da circa 50 minuti, è avvolta in un perenne velo di mistero. Il cast presenta figure già note nel panorama cinematografico anche internazionale: Jacob Fortun-Lloyd (La regina degli scacchi) qui interpreta il detective Charles Whiteman, mentre Kyle Soller (Anna Karenina, Fury) è nei panni del detective Hillinghead. L’attore Stephan Graham (Pirati dei caraibi: la vendetta di Salazar, Rocketman) è nel ruolo del comandante Mannix.

Bodies: il corpo del passato, del presente e del futuro

Luglio 2023: durante una manifestazione a Whitechapel, Londra, la detective Shahara Hassan trova un cadavere a Longarvest Lane. Il cadavere ha una ferita da arma da sparo in corrispondenza di un occhio. Il corpo, non identificato, ha fatto altre apparizioni nella storia: nel 1890, nel 1941 e ritornerà nel futuro, nel 2053.

Sono quattro i detective che nelle rispettive epoche storiche cercano di risolvere il caso, senza arrivare a smascherare il colpevole.

Se il primo episodio di Bodies si concentra maggiormente sul presente e sui casi passati, diventa fondamentale in un secondo momento la narrazione attraverso gli occhi del detective Maplewood nel 2053. La società ha subito in questo periodo storico un cambiamento radicale rispetto al passato: ciò è dovuto ad un misterioso attacco, avvenuto il 14 luglio del 2023, che porterà alla morte di centinaia di migliaia di persone ed all’instaurazione del nuovo governo di stampo totalitario, con il comandante Mannix al potere.

Le vite dei quattro detective, apparentemente legati solo dalla scoperta di un corpo, finiranno per intrecciarsi indissolubilmente, creando una realtà in cui il tempo viene piegato ai voleri di un uomo, in un perenne paradosso temporale.

Un loop temporale che sorprende il pubblico

Pian piano che si prosegue con la visione attraverso i vari episodi, sarà subito chiara allo spettatore la particolare complessità che caratterizza questa serie. Già da qui non si può che elogiare la bravura nella sceneggiatura e nella realizzazione: talvolta, quando si punta a dare vita ad un qualcosa di così complicato, si potrebbero tralasciare alcuni elementi creando così dei controsensi nella trama. Qui, nonostante i vari salti temporali, si garantisce allo spettatore un quadro completo e credibile degli avvenimenti.

Ad ogni modo, Bodies presenta tanti piccoli elementi che potrebbero non essere colti subito in una prima visione: sicuramente in un rewhatch si noteranno tanti particolari con cui si rimette più facilmente insieme tutti i pezzi del puzzle.

Nonostante la trama si svolga in quattro periodi storici differenti, vengono mantenuti in tutti gli episodi degli elementi di collegamento: un esempio sono le indagini di Shahara sui detective del 1890 e 1941. Altro particolare tecnico utilizzato come ponte tra presente e passato è lo split screen: questo permette allo spettatore la visione in contemporanea di due periodi storici, per poi effettuare il passaggio verso le vicende nel passato, presente o futuro.

Ad alleggerire le vicende contribuiscono anche le storie personali dei singoli detective: la relazione clandestina tra Hillinghead ed il giornalista nel 1890, il rapporto forte che si instaura tra la bambina Ester ed il detective Whiteman, le tante attenzioni che Shahara dedica ad Elias, incolpato dell’assassinio dell’uomo nel vicolo, ed il rapporto tra Maplewood e lo scienziato De Foe.

Bodies: predestinazione o libera scelta?

La libera scelta non esiste, è un’illusione.

Un altro tema attorno al quale si sviluppa tutta la narrazione di Bodies è la predestinazione: per quanto si cerchi di modificare il passato, questo sembra essere ormai marchiato nella pietra. Non sembra essere possibile modificare le scelte di una persona: ciò è almeno quello che il professore Gabriel De Foe spiega alla detective Maplewood. Le nostre scelte non sono realmente nostre, ma dipendono da tante variabili esterne che influenzano il nostro giudizio.

Ad ogni modo nel finale effettivamente si riescono a fare dei cambiamenti nel passato: non tutto sembra essere già scritto. Ma allora sorge spontaneo chiedersi quanto delle nostre scelte dipende da noi e quanto dipende dall’universo?

Un elemento che si può analizzare che rende molto la contrapposizione predestinazione/ libera scelta sono gli amori e le relazioni che si sviluppano durante la narrazione. Nel finale, senza fare spoiler, le piccole modifiche attuate nel passato non permetterebbero al detective Hillinghead di conoscere il giornalista di cui si innamora, ed allo stesso modo il detective Whiteman non avrebbe avuto l’occasione di conoscere la piccola Ester. Ma l’Universo, o magari il loro affetto sopito, fa si che l’amore e l’affetto trovino il modo di germogliare ugualmente tra questi personaggi.

Un’interessante rappresentazione dei viaggi nel tempo

Già nei primi episodi di Bodies il professore De Foe spiega durante una lezione universitaria la teoria dei viaggi nel tempo. Si tratta di una rappresentazione molto originale di questo fenomeno fantascientifico: secondo le parole di De Foe, un corpo, nel viaggiare nel tempo, si duplica, creando delle versioni alternative di sé nel passato o nel futuro. Questa teoria ricorda molto la clonazione: si crea un clone del soggetto che viene catapultato nell’epoca designata.

Matthew Perry: addio al Chandler di Friends. Aveva 54 anni

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Matthew Perry: addio al Chandler di Friends. Aveva 54 anni

È morto ad appena 54 anni Matthew Perry, l’attore che ha dato corpo e volto a Chandler Bing di Friends. L’attore, nella sua casa di Los Angeles, è stato trovato privo di sensi dai primi soccorritori che non sono stati in grado di rianimarlo. Si aspetta di conoscere le cause della morte.

Perry ha ottenuto il riconoscimento internazionale per il ruolo di Chandler in Friends, andato in onda per 10 stagioni dal 1994 al 2004. L’attore ha ricevuto una nomination ai Primetime Emmy nel 2002 per la sua interpretazione nell’amata sitcom.

Perry ha fatto il suo debutto televisivo nel 1979 in un episodio di 240-Robert. Avrebbe continuato a interpretare ruoli in serie di medio successo negli USA come Not Necessarily the News (1983), Charles in Charge (1985), Silver Spoons (1986), Just the Ten of Us (1988) e Highway to Heaven (1988). Matthew Perry è stato poi un personaggio regolare della serie Boys Will be Boys, presentata per la prima volta nel 1987 e andata in onda per una stagione.

Nel 1989 ha avuto un ruolo ricorrente in Growing Pains e poi è stato il turno di Sydney. Ha avuto dei piccoli ruoli da guest in Who’s the Boss? (1990), Beverly Hills, 90210 (1991) e Dream On (1992). Nel 1994 arriva la sua grande occasione quando è stato scelto per il ruolo di Chandler Bing in Friends. Altri crediti televisivi di Matthew Perry includono Caroline in the City (1995), Ally McBeal (2002), The West Wing (2003) e Scrubs (2004).

Nonostante l’enorme successo di Friends, nel corso della quale ha avuto diversi problemi di salute legati alle sue dipendenze, e alcuni ruoli ricorrenti in serie di successo come Mr. Sunshine e The Good Wife, non è mai più tornato ai successi della sit-com che lo ha lanciato.

Nel 2014, Matthew Perry ha recitato come guest star in Cougar Town, riunendosi sullo schermo con la sua co-protagonista Friends Courteney Cox. L’anno successivo, Perry ha partecipato a Web Therapy, sul set del quale ha ritrovato un’altra star di Friends, Lisa Kudrow.

Il suo ultimo credito televisivo risale al 2021, quando si è riunito con il cast di Friends per lo speciale HBO Max.

Fonte: Deadline

The Performance: recensione del film di Shira Piven – #RoFF18

The Performance: recensione del film di Shira Piven – #RoFF18

La regista Shira Piven sceglie la Festa del Cinema di Roma per l’anteprima mondiale del suo The Performance, tratto da un racconto di Arthur Miller, pubblicato per la prima volta sulla rivista The New Yorker e adattato appositamente da Shira Piven stessa con Josh Salzberg. Regista di teatro, poi di cinema, attrice e produttrice al suo terzo film, Piven parla di arte e talento, nel 1937, mentre in Europa le smanie di potere e grandezza di Hitler crescono di giorno in giorno. La regista affida a suo fratello Jeremy Piven – Mr Selfridge, Entourage – il ruolo del protagonista. Gli affianca Robert Carlyle e confida sul potere trascinante delle esibizioni di un gruppo di ballerini professionisti di tip tap, che si fanno attori.

La trama di The Performance

Harold May, Jeremy Piven, è un talentuosissimo ballerino di tip tap nell’America degli anni Trenta. E’ un ebreo americano. Dopo tanti sacrifici, finalmente riesce, con la sua compagnia, a farsi scritturare per una tournée in Europa. In una delle date nel Vecchio Continente, riceve da un certo Damien Fugler, Robert Carlyle, una proposta troppo allettante per potervi rinunciare: una grossa somma di denaro per un’esibizione a Berlino. È il 1937. Fugler non sa che May è ebreo. May e la compagnia non sanno che dovranno esibirsi davanti ad Hitler in persona. Danzare e tenere fede alla propria vocazione, al proprio talento, o seguire le proprie radici? Ascoltare la voce dell’ambizione o quella dell’etica e della prudenza? May e i suoi compagni saranno messi a dura prova.

Un personaggio e il suo conflitto interiore

The Performance rappresenta molto bene la dissociazione di Harold May, dilaniato psicologicamente. Ironia della sorte, proprio lui viene assoldato per “rappresentare la Germania sul palcoscenico mondiale”, ora che c’è Hitler. Al tempo stesso, gli viene offerta quella che sembra a tutti gli effetti l’occasione della vita. Ecco dunque un protagonista, Jeremy Piven, che – nonostante dei capelli di un biondo effettivamente improbabile come naturale – riesce in un compito non facile. Inconsciamente May vuole forse essere scoperto, per non doversi più nascondere, ma di fronte alla compagnia appare calmo e padrone di sé. Desidera quel riconoscimento che ha sempre saputo di meritare. Successo, denaro, apprezzamento. Dall’altra parte, lo animano rabbia, paura, anche l’umiliazione di esibirsi davanti e per dei gerarchi nazisti, per Hitler.

Robert Carlyle in The Performance

Con Piven, Robert Carlyle in un duplice registro: viscido gerarca da un lato, amante dell’arte e del divertimento dall’altro. Un uomo doppio e infido, cui Carlyle dà corpo con l’estro che abbiamo imparato a conoscere da Trainspotting in poi.

Il ballo in The Performance

Il terzo lavoro di Shira Piven ha un andamento coinvolgente, non annoia, grazie a una buona dose di azione e anche di tensione. Tiene viva l’attenzione dello spettatore. Il ballo non è né di circostanza, né un riempitivo. È la quintessenza di un uomo, Harold è fatto per ballare. Il ritmo dei tacchi accompagna tutta la sua vita. Le sequenze di ballo sanno essere potenti ed hanno diverse valenze. L’esibizione può essere momento di svago e divertimento, di allegria, ma ballare può diventare anche un atto profondamente drammatico, perfino commovente. Il merito va anche a un gruppo di ballerini davvero talentuosi, che diventano attori, alcuni con esiti molto convincenti, in particolare il giovane Isaac Gryn, nel ruolo di Paul. Nella compagnia, accanto al protagonista, vi sono anche Maimie McCoy, Carol, Adam Garcia, Benny.

Un film coinvolgente e visivamente vario

Visivamente, The Performance è vario, grazie alla presenza di sequenze in Super8 e in bianco e nero, che contribuiscono a creare atmosfere d’epoca. Ciò conferisce vivacità al film. Si tratta di un film su ebrei e nazismo e il tema, certo, non è nuovo. La sua forza è nella coesistenza degli opposti – divertimento e spettacolo da un lato, violenza e morte dall’altro – nello sberleffo che, a modo suo, l’arte fa a una politica malata. Il ritmo trascinante della musica e l’abilità dei ballerini – attori fanno il resto, lasciando il pubblico con la voglia di ballare.

Mare fuori: le foto dal red carpet di Alice nella città/Festa del cinema di Roma

I primi due episodi della nuova stagione di Mare fuori, la serie dei record coprodotta da Rai e Picomedia, sono stati presentati in anteprima nel programma della ventunesima edizione di Alice nella città e della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma.

Il red carpet con i protagonisti della serie è iniziato a partire dalle ore 17.45 all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone. Ecco tutte le foto dei protagonisti sul red carpet!

Alle ore 20.45, il cast sarà sul red carpet di Alice nella città all’Auditorium Conciliazione: per l’occasione via della Conciliazione sarà chiusa al traffico, come è stato nelle precedenti edizioni per Angelina Jolie, Johnny Depp e Russell Crowe, per consentire ai tanti fan in attesa di poter vedere da vicino i loro beniamini.

Nella quarta stagione di “Mare fuori” i protagonisti si trovano metaforicamente a navigare in mare aperto. Rosa, Carmine, Mimmo, Kubra, Dobermann, Cucciolo e Micciarella vivono tutti la consapevolezza di non essere più attaccati all’àncora salvifica della famiglia. Sono soli, spinti dalla corrente verso il largo. Ora devono vincere ogni giorno le loro più intime paure per affrontare la vita. Al loro fianco non c’è più l’amore incondizionato della famiglia, ma quello degli amici con cui scelgono di navigare. A contrastare questo racconto ci sono Pino, Edoardo, Cardiotrap, Giulia e Silvia che, nel bene e nel male, vivono ancora il peso dei legami familiari capaci di condizionare la loro vita. È il momento di crescere e questo significa capire chi si vuole diventare e cosa si desidera essere. Ormai la maggior parte dei detenuti è maggiorenne. Il cambiamento è inevitabile, ma la crescita personale è una scelta che richiede coraggio. Bisogna decidere in che modo e verso dove orientare la propria vita, il proprio viaggio. Chi non lo fa permette ad altri di farlo per lui. La libertà non è solo fuori dal carcere, è anche una conquista interiore dettata dal coraggio di scegliere. La durezza della nuova direttrice forza i ragazzi a una scelta necessaria: ribellarsi per la propria autodeterminazione. Lo scontro fra il mondo degli adulti e quello dei ragazzi è inevitabile per capire chi si è, chi si vuole diventare e trovare la voce per dirlo.

La quarta stagione di “Mare Fuori”, con la regia di Ivan Silvestrini, è una coproduzione Rai Fiction – Picomedia, prodotto da Roberto Sessa da un’idea originale di Cristiana Farina, scritta con Maurizio Careddu.

Lucca Comics & Games 2023: Zerocalcare non parteciperà alla fiera. Ecco la risposta dell’organizzazione

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Questa mattina Zerocalcare, il fumettista italiano più amato e famoso, anche al di fuori dei confini del territorio nazionale, ha pubblicato sui suoi social l’annuncio secondo il quale non parteciperà al Lucca Comics & Games 2023 perché la fiera ha il patrocinio dell’Ufficio Culturale dell’Ambasciata Israeliana in Italia.

Zerocalcare Questo mondo non mi renderà cattivo

Ecco cosa ha scritto Michele Rech:

Senza troppi giri di parole: Purtroppo il patrocinio dell’ambasciata israeliana su Lucca Comics per me rappresenta un problema. In questo momento in cui a Gaza sono incastrate due milioni di persone che non sanno nemmeno se saranno vive il giorno dopo, dopo oltre 6000 morti civili, uomini donne e bambini affamati e ridotti allo stremo in attesa del prossimo bombardamento o di un’invasione di terra, mentre politici sbraitano in TV che a Gaza non esistono civili e che Gaza dev’essere distrutta, mentre anche le Nazioni Unite chiedono un cessate il fuoco -il minimo davvero- che viene sprezzantemente rifiutato, per me venire a festeggiare lì dentro rappresenta un corto circuito che non riesco a gestire. Mi dispiace nei confronti della casa editrice, dei lettori e delle lettrici che hanno speso denaro per treni e alloggi magari per venire apposta, e anche per me stesso, perché Lucca per me è sempre stato un gigantesco accollo ma anche un momento di calore e di incontro. Lo so che quello sul manifesto è solo un simbolo, ma quel simbolo per molte persone a me care rappresenta in questo momento la paura di non vedere il sole sorgere domattina, le macerie sotto cui sono sepolti i propri cari, la minaccia di morire intrappolati in quel carcere a cielo aperto dove tanti ragazzi e ragazze sono nati e cresciuti senza essere mai potuti uscire. Sono stato a Gaza diversi anni fa, conosco persone che ancora ci vivono e persone che ci sono andate per costruire progetti di solidarietà, di sport, di hip hop e di writing. Quando queste persone mi chiedono com’è possibile che una manifestazione culturale di questa importanza non si interroghi sull’opportunità di collaborare con la rappresentanza di un governo che sta perpetrando crimini di guerra in spregio del diritto internazionale, io onestamente non riesco a fornire una spiegazione. Non riesco nemmeno a dire loro del mio dispiacere di non esserci e di quanto questa cosa mi laceri, se lo paragono all’angoscia che sento nelle loro voci. Non è una gara di radicalità, e da parte mia non c’è nessuna lezione o giudizio morale verso chi andrà a Lucca e lo farà nel modo che ritiene più opportuno, soprattutto non è una contestazione alla presenza dei due autori del poster Asaf e Tomer Hanuka, che spero riusciranno ad esserci e che si sentiranno a casa, perché non ho mai pensato che i popoli e gli individui coincidessero coi loro governi. Spero che un giorno ci possano essere anche i fumettisti palestinesi che al momento non possono lasciare il loro paese.

A seguito di questa dichiarazione, l’organizzazione della fiera ha risposto con questo comunicato che, pur risultando conciliante con la posizione di Zerocalcare, difende le sue scelte:

Lucca Comics & Games è da sempre un luogo sicuro per le differenze. Fin dall’inizio stiamo seguendo il dibattito in atto sul patrocinio ricevuto in primavera dall’Ufficio Culturale dell’Ambasciata Israeliana in Italia. Questo patrocinio – non oneroso – è stato ricevuto, come molti dei patrocini che in questi anni hanno affiancato il festival, per riconoscere il valore del nostro programma culturale. Questa attribuzione istituzionale deriva da un lavoro durato quasi un anno, un progetto che ha coinvolto due artisti noti e apprezzati in Italia e nel mondo, come Asaf e Tomer Hanuka, ai quali Lucca ha dedicato una mostra e ha affidato l’immagine di un’edizione imperniata sul tema Together, all’insegna della condivisione di quei valori che da sempre ci guidano: rispetto, comunità, inclusione e partecipazione. 

Rispettiamo le scelte personali, rispettiamo le opinioni di tutti e da sempre abbiamo l’ambizione di essere il luogo dove è possibile stare insieme nelle differenze. Crediamo nelle persone e nella capacità di dimostrare che la cittadinanza attiva della comunità di Lucca Comics & Games può essere migliore di quello che le sta attorno. Ci adoperiamo sempre per garantire questa libertà, per dare spazio al dialogo su tanti temi diversi tra cui anche quelli di questa cogente attualità, come già previsto nel nostro programma. Un lavoro per dare a tutti gli appassionati, che rendono unica una manifestazione nata dal basso come la nostra, la certezza che questa manifestazione non dimentica le sue radici e la sua missione.

Abbiamo riflettuto molto sulla possibilità di rinunciare al patrocinio, ma abbiamo ritenuto che sarebbe un atto poco responsabile nei confronti non solo delle istituzioni e delle realtà appartenenti al nostro ecosistema, ma anche per tutti i partecipanti. Lucca Comics & Games mette da sempre al centro solo ed esclusivamente l’opera intellettuale e creativa, le persone: il nostro lavoro, il nostro percorso valoriale, e la nostra storia parlano per noi. Il claim di quest’anno – Together – nasce nel solco del Becoming Human del 2019, di Hope nel 2022, e di quelle stelle che siamo tornati a vedere nel 2021 dopo un altro momento drammatico che abbiamo affrontato e superato insieme.

Primal: trama, cast e curiosità sul film con Nicolas Cage

Primal: trama, cast e curiosità sul film con Nicolas Cage

Negli ultimi anni l’attore Nicolas Cage ha partecipato ad alcuni film che gli hanno permesso di guadagnare nuova popolarità dopo un periodo ricco di opere poco riuscite. Titoli come USS Indianapolis, 211 – Rapina in corso e 2030 – Fuga per il futuro hanno infatti rappresentato il fondo della carriera del premio Oscar. Oltre a questi, un altro film molto poco apprezzato ma imperdibile per i fan dei B-Movie dell’attore è Primal, un thriller d’azione del 2019 scritto da Richard Leder e diretto da Nick Powell, meglio noto come stuntman del cinema ma già regista anche di Outcast – L’ultimo templare, altro film con Cage protagonista.

Primal prevede il coinvolgimento di animali noti per essere dei letali predatori, i quali sono resi ancor più pericolosi in quanto confinati su una nave merci insieme ai protagonisti umani. Il film si configura così come un bizzarro incrocio tra titoli come Snaks on Plane e il recente Beast. Ci si concentra dunque molto sugli istinti primitivi degli animali ma anche degli umani coinvolti, nel tentativo di offrire intrattenimento e forte tensione. Come anticipato, però, il film è stato accolto in maniera tutt’altro che positiva, aggiungendosi alla lunga serie di insuccessi cinematografici di Cage.

Anche questa tipologia di film trova però i propri fan e Primal è così diventato un titolo particolarmente ricercato, apprezzato anche per il suo essere così sgangerato e ricco di elementi improbabilmente messi insieme. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Primal: la trama del film

Protagonista del film è Frank Walsh, un cacciatore di animali rari della giungla amazzonica che, dopo aver catturato le bestie, le rivende agli zoo. Il bracconiere si ritrova ora su un mercantile greco con il suo bagaglio dall’Amazzonia, che comprende un rarissimo giaguaro bianco. Sulla nave viaggia però anche un pericoloso criminale politico di nome Richard Loffler, che viene trasportato per essere estradato negli USA. L’uomo, non potendo essere condotto negli Stati Uniti via aereo si trova dunque su quella stessa nave, cosa che rende nervosi tutti gli altri passeggeri.

A controllare il suo stato di salute vi è la dottoressa Ellen Taylor, la quale mal sopporta in particolare l’arroganza di Walsh. Quando due giorni dopo la partenza, il terrorista riesce però a fuggire, liberando tutti gli animali imprigionati da Frank, quest’ultimo e la dottoressa si trovano a dover unire le loro forze. Mentre le bestie seminano caos e tensione sulla nave, il cacciatore dovrà decidere infatti se diventare l’eroe della situazione e dare la caccia a una nuova specie, l’essere umano. Con il pericoloso giaguaro bianco a piede libero, però, la situazione è resa ancor più rischiosa.

Primal cast

Primal: il cast del film e altre curiosità

Come anticipato, protagonista del film nei panni del cacciatore Frank Walsh vi è il premio Oscar Nicolas Cage, il quale si è qui cimentato con un ulteriore lungometraggio d’azione, genere da lui prediletto in questi ultimi anni. Accanto a lui, nel ruolo della dottoressa Ellen Taylor vi è l’attrice Famke Janssen, celebre per aver interpretato Jean Grey alias Fenice nella prima trilogia di film dedicati agli X-Men. Kevin Durand, che invece in X-Men le origini: Wolverine è stato Blob, interpreta qui il pericoloso criminale Richard Loffler. Fanno parte del cast anche LaMonica Garrett nei panni di John Ringer e Michael Imperioli in quelli di Paul Freed.

La sceneggiatura di Primal circolava ad Hollywood già dal 1995 ma ci sono voluti 24 anni prima che si riuscisse a farla divenire un film. Inizialmente i produttori volevano che il titolo fosse Persona non grata, ma poiché questo era un titolo difficile da vendere all’estero decisero di cambiarlo in Primal. Girato a Puerto Rico, il film subì alcuni ritardi nelle riprese per via di un uragano che colpì la zona e che costrinse la produzione a fermarsi per un certo periodo di tempo. Infine, è interessante notare che ilnome della nave, Mimer, deriva dalla mitologia norrena “Mimir” che è una figura rinomata per la sua conoscenza e saggezza. La nave Mimer è inoltre una vera nave di proprietà di Godby Shipping situata nelle Isole Åland (una parte autonoma della Finlandia).

Primal: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Primal grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 26 settembre alle ore 21:20 sul canale Rai 4.

https://www.youtube.com/watch?v=lqSWENsRUhQ

Fonte: IMDb

Dark Harvest, recensione del film horror di David Slade

Dark Harvest, recensione del film horror di David Slade

Halloween si avvicina e le piattaforme streaming aggiungono al loro catalogo nuovi film horror, per soddisfare la domanda degli spettatori. Proprio in questo contesto è arrivato su  Dark Harvest, tratto da un romanzo di Norman Partridge e diretto da David Slade, autore di successi passati come Hard Candy e 30 giorni di buio, oltre che del terzo capitolo della saga di Twilight, Eclipse. L’adattamento di Dark Harvest si presenta come una classica leggenda di Halloween trasformata in film: in una cittadina in cui prolifera il male, ogni Halloween i giovani devono uccidere un mostro che emerge dai campi di grano. Una sorta di The Purge, dove tutti i ragazzi scendono in strada per uccidere impunemente la bestia. C’è massima violenza, morti cruente e gruppi di adolescenti pronti a morire uccidendo: la ricetta perfetta per Halloween, pur con difetti importanti nell’esecuzione.

Dark Harvest, la trama

In una città maledetta del Midwest, il raccolto annuale si trasforma in una brutale battaglia per la sopravvivenza. La notte di Halloween del 1963, Sawtooth Jack, un mostro leggendario e terrificante, emerge dai campi di grano e minaccia i giovani della città. Ma i ragazzi vengono avvertiti e si preparano a dare la caccia al mostro e a ucciderlo, prima che raggiunga la chiesa del villaggio e passi la mezzanotte. Il ragazzo che finisce per uccidere Jack Sawtooth diventa l’eroe della città e lui e la sua famiglia vengono ricompensati con una fantastica casa per i genitori e una Corvette per permettere al ragazzo di uscire e vedere il mondo, possibilità inedita all’interno di questa comunità chiusa in se stessa. Questa volta, però, c’è un problema. Richie, il fratello dell’ultimo vincitore, vuole partecipare alla Corsa, cosa che non gli è permessa perché le altre famiglie devono avere la possibilità di vincere il premio. Ma il nostro protagonista è determinato a uccidere il mostro, cosa che avrà conseguenze terribili e porterà alla luce segreti a lungo nascosti.

Un approccio suggestivo

Questo approccio originale, in cui i ragazzi sono incaricati di dare la caccia al mostro, è il punto di forza di un film che ricorda il The Purge di Blumhouse Productions. Tre giorni prima di Halloween, i ragazzi vengono chiusi nelle loro stanze, senza cibo né bevande, in modo da essere poco più che bestie selvagge quando si tratta di affrontare Jack Sawtooth. Questo porta a sequenze piuttosto violente, in quanto i ragazzi non hanno il controllo di se stessi e si attaccano l’un l’altro o saccheggiano i negozi di alimentari della città.

David Slade e lo sceneggiatore/produttore Michael Gilio affrontano in maniera suggestiva temi cliché del cinema horror come la città maledetta, la leggenda terrificante, la città da cui non si può uscire, la realtà nascosta dagli adulti e la sottomissione collettiva a “ciò che deve essere fatto”, cosa che viene sottolineata dal contesto temporale della storia, gli anni ’60, in cui il sogno americano era qualcosa a cui aspirare, ma sempre all’interno di un quadro ordinato. Per questo c’è anche una critica al maschilismo e al razzismo, personificata anche dal personaggio dell’unica ragazza (di colore) che vuole prendere parte alla Corsa e che sarà il principale sostegno di Richie nella sua missione. Il tutto senza dimenticare il fenomeno delle bande giovanili, così tipico dell’epoca, che viene rispecchiato alla perfezione.

Una scena di Dark Harvest

Tra coming-of-age e leggenda spettrale

Dark Harvest mette in scena una cultura di addestramento dei giovani alla violenza, riflessa nella sfilza di uccisioni implacabili disseminate lungo il film. È qui che gli elementi del coming-of-age prosperano e non hanno bisogno di ulteriori sviluppi: il tragico messaggio alla base della Corsa è che ogni famiglia sceglie di mandare i propri figli verso la morte potenziale per fare progressi nella società. Sono costretti a crescere e a fare cose che nessun adolescente dovrebbe fare.

Dark Harvest parte da premesse interessanti, proponendo un’interpretazione tutto sommato originale di un tema ben noto, ideale per una visione nel weekend di Halloween. Tuttavia, fatica a  bilanciare la trama della Corsa con alcune spiegazioni coerenti sul background della storia e dei suoi personaggi, non riuscendo a nascondere il suo basso budget e le sue pretese di essere qualcosa di più di quello che è. Con forte attinenza al materiale narrativo, Slade e Gilio non si allontanano dalle regole di base dell'”infestazione annuale”. Le rivelazioni della trama non sorprenderanno nessuno e i personaggi poco tratteggiati rendono gli eventi raccontati per lo più dimenticabili. Ciononostante, il film è realizzato in modo intelligente e ottiene risultati sufficienti con il gore, l’ambientazione di Halloween e il suo mostro, il che potrebbe rendere per un certo tipo di pubblico Dark Harvest una scelta adatta per questa stagione.

YARATILAN – La creatura: recensione della serie Netflix

YARATILAN – La creatura: recensione della serie Netflix

“Dopo giorni e notti di un lavoro e di una fatica incredibili, riuscii a scoprire la causa della generazione e della vita… anzi, di più ancora, divenni io stesso capace di dare animazione alla materia morta.” Era l’inizio del XIX secolo quando una giovane inglese di nome Mary Shelley scriveva queste parole, un po’ per gioco, dando alla luce una delle opere che ha incantato, estasiato e influenzato migliaia di artisti per più di un secolo. Tra questi anche il famoso regista Çağan Irmak (Mio padre e mio figlio, Se mi dimentico sussurra) che, con il sostegno di Netflix, riporta sullo schermo il grande e cupo classico di Shelley, Frankestein, rielaborato in chiave ottomana.

La serie – composta da 8 episodi di circa 50 minuti – vede protagonisti gli attori Taner Ölmez, Erkan Kolçak Köstendil, Sifanur Gül, Bülent Sakrak, Devrim Yakut, Durul Bazan, Aram Dildar, Macit Koper, Engin Benli e Sennur Nogaylar.

Trama di Yaratilan – La creatura

L’epica storia di Yaratilan è ambientata nella Instanbul dei primi anni del Novecento, durante il declino dell’Impero Ottomano. Il protagonista è Ziya (Taner Ölmez): un giovane determinato, brillante e ribelle che, dopo aver osservato per anni suo padre, un grande e talentuoso dottore di Bursa, capisce di poter dare una svolta alla scienza della medicina e alla vita umana. Ziya vuole diventare uno straordinario medico, in grado non solo di curare orribili malattie infettive… ma anche capace di ridare la vita. Dunque, mosso da questo irrefrenabile desiderio e consapevole dell’esistenza dell’antico Libro della Resurrezione, parte per Istanbul per studiare medicina. Qui incontra Ihsan (Erkan Kolçak Köstendil), un eccentrico e ambizioso professore, espulso dalla scuola, con cui condivide genio e follia. È così che destini di Ziya e Ihsan, da quel momento, restano indissolubilmente legati tra la vita e la morte.

Cosa c’è dopo la morte?

La storia, sviluppata nel corso degli episodi come un racconto ad incastro, segue due linee narrative e temporali che giocano – grazie a continue analessi e intrecci – con le vite dei due protagonisti. Irmak realizza, quindi, una trama così completa e ricca di dettagli (persino riguardo ai personaggi minori) che a tratti sembra perdere il fulcro della storia e il suo messaggio.

Yaratilan eredita dal classico originale gli stessi profondi e controversi temi che possono essere riassunti nella fatidica domanda esistenziale: Cosa c’è dopo la morte?”. Ed è lo stesso Ziya ad anticiparcelo nel primo episodio, affermando: Gli uomini temono i demoni ma non temono la morte, perché di quest’ultima ne conoscono l’esistenza. A terrorizzarli è la possibilità che un giorno i demoni inizino a parlare, rivelando loro che non c’è assolutamente nulla dopo la morte.”

Ziya cerca ossessivamente le risposte a questa domanda facendo del Libro della Resurrezione di Shahram Amir il suo unico credo di vita. Coinvolgendo violentemente Ihsan, il giovane sfida Dio e la vita costruendo una “macchina delle seconde possibilità”. Ma il prezzo da pagare per fingersi Dio e voler fregare la morte è davvero alto: pur resuscitando egoisticamente Ihsan, rendendolo così un essere mostruoso, Ziya finisce per essere l’unico vero ignobile mostro della storia. Un uomo così accecato dalla superbia e della paura per l’ignoto che, mentre crede di aver ricreato la vita, dà origine ad un effetto domino di morte e sofferenza.

«Chi leggerà questa storia, penserà che la sua morale è che la scienza avrà conseguenze terribili e devastanti per l’umanità. Ma so per certo, io che sono l’ultimo a raccontarla, che non è così. Perché la colpa non è della scienza ma dell’arroganza». – Yaratilan

La diversità è ricchezza

Accanto al tema della morte e della resurrezione, Irmak aggiunge un altro tema universale, quello della diversità personificato dal professore Ihsan. Un uomo incompreso e generoso che, sia prima che dopo la sua “rinascita” in mostro, viene allontanato e isolato dal resto delle persone a causa del suo “essere diverso”. Si contano sul palmo di una mano le persone che, durante il racconto, scelgono di andare al di là dei pregiudizi e del suo aspetto spaventoso. Poche persone, diverse e sole a loro volta, che scoprono e abbracciano il suo profondo e buon animo.

Yaratilan – La creatura. ŞİFANUR GÜL nei panni di Asiye in Yaratilan. Cr. Courtesy of Netflix © 2023

Un Frankestein non così originale

Non sorprende poi così tanto che anche la serialità turca si sia inserita nella lunga lista di prodotti audiovisivi ispirati al mito di Frankestein. In fondo, negli ultimi anni la Turchia è alla continua sperimentazione di quei prodotti chiave – come lo sono stati, per esempio, Parasite e Squid Game per il Sud Corea – che possano spalancare le porte del successo internazionale. Ma riadattare un classico, per di più tanto amato e celebrato, non sempre risulta essere la strada più facile.

Yaratilan, infatti, per quanto intrattenga e incuriosisca lo spettatore dall’inizio alla fine, non riesce ad apportare nulla di realmente originale ad una storia che ha già girato il mondo intero nelle vesti più disparate. Irmak scrive e dirige, dunque, un oscuro dramma in costume che – con un po’ più di audacia e incisione e privilegiando la forma cinematografica piuttosto che quella seriale – avrebbe potuto guadagnarsi un posto in classifica tra i migliori prodotti netflixiani del Medio Oriente.

Yaratilan poteva essere LA creatura, ma finisce per essere solo una delle tante.

Rocky Balboa: tutto quello che c’è da sapere sul film con Sylvester Stallone

Il film del 1976 Rocky è una delle più celebri pellicole della storia del cinema, un classico intramontabile del genere sportivo capace di vincere l’Oscar come miglior film e lanciare la carriera del suo attore e sceneggiatore Sylvester Stallone. Il successo fu tale che i produttori decisero poi di dar vita ad un sequel nel 1979, Rocky II, il quale fu poi seguito nel 1982 da Rocky III. La saga sembrava concludersi così, ma solo tre anni dopo è arrivato Rocky IV, ancora scritto, diretto ed interpretato da Stallone, seguito poi nel 1990 da Rocky V. Ci sono poi voluti 16 anni prima di rivedere il personaggio al cinema con Rocky Balboa.

Come noto, Stallone aveva inizialmente intenzione di far morire il personaggio alla fine del quinto film. Questo finale venne però poi cambiato e ciò ha permesso all’iconico pugile del cinema di tornare sul grande schermo ancora una volta. Stallone è tornato alla regia della saga, dopo aver ceduto il ruolo per il quinto film a John G. Avildsen, già regista del primo film. Con questo nuovo capitolo, l’idea era di dare un degno finale a Rocky, mostrando però anche come non sia mai troppo tardi per dimostrare qualcosa di nuovo a sé stessi, lottando per ottenerlo. Rocky Balboa, in un certo senso, riporta il personaggio lì da dove era partito, ponendolo però dinanzi a nuove sfide.

Rocky, come noto, è poi apparso come personaggio secondario anche negli spin-off Creed e Creed II, ma è Rocky Balboa a fornire davvero l’ultimo epico saluto del personaggio ai suoi fan. Ecco allora che questo si configura davvero come un titolo imperdibile, da vedere o rivedere. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La trama di Rocky Balboa

Dopo che la moglie Adriana è morta a causa di un tumore, la vita di Rocky Balboa è cambiata drasticamente. L’ex pugile ha ora aperto un ristorante, chiamato “Adrian’s”, dove tiene compagnia ai clienti raccontando le sue storie sul pugilato. Così le sue giornate trascorrono tra i racconti dei suoi trionfi sul ring e le visite nostalgiche al cimitero a trovare la sua amata. Quando un giorno in TV viene proposta una simulazione di un incontro di boxe fra Mason “The Line” Dixon, campione del mondo in carica, e Rocky, con quest’ultimo dato per vincente, l’ex pugile riceve poi realmente una sfida da parte di Dixon, il quale vuole ovviamente dimostrare che la simulazione si sbaglia ed è lui il numero uno.

Rocky si trova allora davanti a un dilemma: da una parte desidera tornare sul ring a combattere, nonostante il suo stato di salute, dall’altra parte vorrebbe ascoltare il consiglio del figlio Robert e del cognato Paulie e continuare a gestire in tranquillità il ristorante di famiglia. In questa situazione, la mancanza della moglie Adriana, che lo ha sempre sostenuto e consigliato, si fa sentire ancora più profondamente.
Quando, pur se ormai sessantenne, Rocky ottiene dalla commissione medica il benestare per poter tornare sul ring, l’ex campione prende quello come un segno e inizia un durissimo percorso di allenamento con il suo amico Duke, con l’obiettivo di salire sul ring un ultima volta e vincere i propri dolori dell’anima.

Rocky Balboa Sylvester Stallone

Il cast di Rocky Balboa

Ad interpretare Rocky Balboa, naturalmente, c’è ancora una volta Sylvester Stallone, rimessosi in forma per poter eseguire personalmente le scene degli incontri. Antonio Tarver interpreta Mason Dixon. Per interpretare il personaggio, Stallone voleva un vero pugile, così la parte andò a Tarver, l’allora campione dei pesi mediomassimi. Impegnato nelle prove già cinque settimane prima dell’inizio delle riprese, il mancino Tarver dovette prendere circa 10 chili per passare dalla condizione di peso mediomassimo a quella di peso massimo. L’attore Burt Young, invece, riprende il ruolo di Paulie Pennino, mentre Tony Burton ritorna nel ruolo di Tony “Duke” Evers, amico di Rocky ed ex allenatore e manager di Apollo Creed. Il pugile Mike Tyson interpretò sé stesso nel film con un cameo.

L’attore Milo Ventimiglia interpreta Robert Balboa Jr. che, ormai adulto, vive all’ombra del padre. Per la parte era stato considerato Sage Stallone, figlio di Sylvester, che aveva già interpretato il ruolo in Rocky V. Stallone raccontò di avere cambiato idea perché temeva che la gente vedesse nei conflitti tra Rocky e il suo erede un possibile parallelismo nel suo rapporto con il suo decisamente meno famoso figlio. Geraldine Hughes interpreta invece Marie, una madre single che da adolescente aveva imprecato contro Rocky, dopo che lui l’aveva accompagnata a casa e salvata da un futuro di delinquenza giovanile. James Francis Kelly III, infine, interpreta Steps, il figlio di Marie che instaura un legame con Rocky.

Il trailer di Rocky Balboa e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Rocky Balboa grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 28 ottobre alle ore 21:25 sul canale Rete 4.

Fonte: IMDb

Festa del Cinema di Roma 2023: tutti i vincitori della 18° edizione

A partire dalla scorsa edizione, la Festa del Cinema di Roma è stata ufficialmente riconosciuta come Festival Competitivo dalla FIAPF (Fédération Internationale des Associations de Producteurs de Films).

A seguire, tutti i riconoscimenti assegnati oggi, sabato 28 ottobre, nel corso della cerimonia di premiazione che si è svolta alle ore 17.00 presso la Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone.

CONCORSO PROGRESSIVE CINEMA

Una giuria presieduta dall’attore, regista e produttore Gael Garcia Bernal e composta dalla regista britannica Sarah Gavron, dal regista, sceneggiatore e poeta finlandese Mikko Myllylahti, dall’attore e regista francese Melvil Poupaud e dall’attrice e regista italiana Jasmine Trinca, ha assegnato i seguenti riconoscimenti ai film del Concorso Progressive Cinema:

– Miglior Film: PEDÁGIO (TOLL) di Carolina Markowicz

– Gran Premio della Giuria: UROTCITE NA BLAGA (BLAGA’S LESSONS) di Stephan Komandarev

– Miglior regia: JOACHIM LAFOSSE per Un silence (A Silence)

– Miglior attrice – Premio “Monica Vitti”: Alba Rohrwacher per Mi fanno male i capelli

– Miglior attore – Premio “Vittorio Gassman”: HERBERT NORDRUM per Hypnosen (The Hypnosis)

– Miglior sceneggiatura: ASLI ÖZGE per Black Box

– Premi speciali della Giuria (proposti dal Presidente a scelta fra le categorie sceneggiatura, fotografia, montaggio e colonna sonora originale):

ASHIL (ACHILLES) di Farhad Delaram

C’È ANCORA DOMANI di Paola Cortellesi

THE MONK AND THE GUN di Pawo Choyning Dorji

MIGLIORE OPERA PRIMA BNL BNP PARIBAS

Una giuria presieduta dal cineasta Paolo Virzì e composta dalla produttrice e distributrice francese Adeline Fontan Tessaur e la drammaturga e sceneggiatrice Abi Morgan ha assegnato il Premio Miglior Opera Prima BNL BNP Paribas (scelta fra i titoli delle sezioni Concorso Progressive Cinema, Freestyle e Grand Public), al film:

– COTTONTAIL di Patrick Dickinson

Sono state inoltre assegnate due Menzioni Speciali Miglior Opera Prima BNL BNP Paribas ai film C’È ANCORA DOMANI di Paola Cortellesi e AVANT QUE LES FLAMMES NE S’ETEIGNENT (AFTER THE FIRE) di Mehdi Fikri.

MIGLIOR COMMEDIA – PREMIO “UGO TOGNAZZI”

Una giuria presieduta dall’attrice francese Philippine Leroy-Beaulieu e composta dal regista e sceneggiatore italiano Alessandro Aronadio e la sceneggiatrice italiana Lisa Nur Sultan ha assegnato il Premio “Ugo Tognazzi” alla Miglior commedia (scelta fra i titoli delle sezioni Concorso Progressive Cinema, Freestyle e Grand Public), al film:

– JULES di Marc Turtletaub

È stata inoltre assegnata la Menzione Speciale del Premio “Ugo Tognazzi” ad ASTA KAMMA AUGUST e HERBERT NORDRUM per Hypnosen (The Hypnosis).

PREMIO DEL PUBBLICO

Tra i film del Concorso Progressive Cinema, gli spettatori hanno assegnato il Premio del Pubblico al film:

C’È ANCORA DOMANI di Paola Cortellesi

Il pubblico della proiezione ufficiale e della prima replica di un film ha espresso il voto utilizzando l’APP ufficiale della Festa del Cinema “Rome Film Fest” e attraverso il sito www.romacinemafest.it.

PREMIO SIAE CINEMA

Lo scorso maggio è stato lanciato il bando per il Premio SIAE Cinema che va al progetto con la migliore sceneggiatura – scritta da uno sceneggiatore o una sceneggiatrice under 35 di nazionalità italiana o residente stabilmente in Italia – per la realizzazione di un’opera prima o seconda. Il riconoscimento del valore di 150 mila euro è destinato alla produzione italiana che realizzerà il film tratto dalla sceneggiatura vincitrice. I progetti sono stati valutati da una giuria composta dallo sceneggiatore Nicola Guaglianone, il produttore cinematografico Carlo Cresto-Dina e il compositore Pivio che ha premiato:

– IL PRIMO FIGLIO di Mara Fondacaro

***

I PREMI ASSEGNATI DURANTE LA DICIOTTESIMA EDIZIONE

Nei giorni scorsi sono stati assegnati i seguenti riconoscimenti:

– Premio alla Carriera a ISABELLA ROSSELLINI

– Premio alla Carriera a SHIGERU UMEBAYASHI

– Premio Progressive alla Carriera a HALEY BENNETT

– Premio Progressive alla Carriera a CAMILA MORRONE

Fra i premi collaterali:

– Premio FS a LA NOSTRA MONUMENT VALLEY di Alberto Crespi e Steve Della Casa assegnato dal Gruppo FS Italiane

– Premio “Il viaggio in Italia” a L’IMPERO DELLA NATURA. UNA NOTTE AL PARCO DEL COLOSSEO di Luca Lancise e Marco Gentili patrocinato dal Ministero del Turismo ed Enit – Agenzia nazionale del turismo

La Regione Lazio ha assegnato il premio “Lazio Terra di Cinema” a JULIETTE BINOCHE

Pedágio: recensione del film di Carolina Markowicz – #RoFF18

Pedágio: recensione del film di Carolina Markowicz – #RoFF18

Carolina Markovicz porta nella sezione Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma il suo nuovo lavoro, Pedágio. Sceglie ancora Maeve Jinkings, con cui aveva già lavorato nel suo lungometraggio d’esordio, Charcoal nel 2022. Lì, la regista aveva confezionato un lavoro crudo, in cui la vita di una famiglia contadina, povera ma tranquilla, veniva sconvolta dall’arrivo di un boss della droga in cerca di un nascondiglio. In Pedágio, una trama da crime story si intreccia con il percorso di un ragazzo che vuole affermare la propria identità in un paese pieno di contraddizioni.

La trama di Pedágio

Suellen, Maeve Jinkings, vive a Cubatão, São Paulo, con il figlio diciassettenne Antonio, detto Tiquinho, Kauan Alvarenga. Lavora al casello dell’autostrada e conduce una vita grama, ma dignitosa. Da qualche tempo frequenta stabilmente Araudo, Thomás Aquino. É molto angosciata perché Tiquinho è omosessuale e lei non riesce ad accettarlo. Preferirebbe che il figlio nascondesse le proprie inclinazioni, che la imbarazzano. Il ragazzo invece, non intende rinunciare a mostrare liberamente la propria indole. Ama le dive del jazz e gira video pieni di luci, in cui mima il loro canto e si veste di rosa. Poi li posta su internet. Per cercare di risolvere quello che per lei è un “problema”, Suellen iscrive il figlio a un seminario di riconversione sessuale che promette miracoli.

Le contraddizioni del Brasile in Pedágio

Quello mostrato dalla regista di Pedagio è un Brasile pieno di contraddizioni. Una terra di verde e foresta, ma anche di inquinamento, fabbriche e autostrada – i grossi tubi, le ciminiere fumanti campeggiano in molte inquadrature. Una donna che manda avanti la casa e cresce il figlio in maniera umile, ma onesta – Suellen ci tiene a vivere onestamente – che però è disposta a tutto purché Antonio abbandoni le proprie tendenze omosessuali. Dunque, onestà da una parte, affari sporchi dall’altra. La fede religiosa, cattolica, di cui l’America Latina è intrisa, che qui sconfina nella superstizione e nel fanatismo. L’ipocrisia delle apparenze contro la ferocia della realtà.

pedagio filmUno stile eclettico e il lato umoristico dell’assurdo

Per raccontarle, Markovicz mette insieme il realismo, con la durezza di un mondo a volte spietato, e l’ironia grottesca e surreale, il dramma realistico e la crime story. Un insieme di registri che è croce e delizia del film. Inizialmente disorienta e può allontanare lo spettatore, specie quello meno incline agli esperimenti. Si rivela, infine, efficace per raccontare alcune derive della società e smascherarne assurdità e ipocrisia. Alleggerisce, poi, la crudezza del realismo. Ecco allora, la parte dedicata al seminario sulla riconversione sessuale, con un pastore, Isac Graça, che vuole somigliare a Gesù, ed ha delle tesi a dir poco creative. Il tutto risulta esilarante quanto, appunto, surreale: dalla messa in scena, ai dialoghi, ai gesti. Al netto del disorientamento, si tratta di un modo per mettere alla berlina certa ipocrisia cattolica e talune tesi, che ancora considerano l’omosessualità una malattia da curare ad ogni costo.

Pedágio, un inno alla libertà

Il film, però, oltre che cercare, e infine trovare, un difficile equilibrio tra le proprie anime, si regge sull’interpretazione di Kauan Alvarenga e la figura di Antonio, un ragazzo che, in una realtà spesso falsa e ipocrita, dove apparenza non fa rima con sostanza, sembra riportare un po’ di buon senso e normalità. È un giovane con la testa sulle spalle, va a scuola, si preoccupa che la madre non frequenti uomini poco raccomandabili. Porta, certo, anche il suo estro, i suoi colori, le luci pastello, i vestiti sgargianti, le canzoni delle dive del jazz. Dice però, in questo modo, chiaro e forte, che vuole poter essere sé stesso. Lo afferma con sicurezza, in modo assertivo e tranquillo. Lo sostiene il giovane interprete con una prova d’attore mai sguaiata, ma sempre consapevole e calibrata, nella quale si percepiscono orgoglio e fierezza. Pedágio è un lavoro in cui convivono momenti esilaranti accanto ad altri, in un certo modo poetici e potenti. Un inno alla libertà e al tempo stesso uno spaccato aspro di mondi spesso poco conosciuti.

Bussano alla porta arriva su SKY e NOW

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Bussano alla porta arriva su SKY e NOW

Night Shyamalan firma l’horror-thriller Bussano alla porta, in prima tv lunedì 30 ottobre alle 21.15 su Sky Cinema Uno (e alle 21.45 anche su Sky Cinema Halloween), in streaming su NOW e disponibile on demand. Su Sky il film sarà disponibile on demand anche in 4K.

Tratto dal bestseller americano The Cabin at the End of the World (La casa alla fine del mondo) di Paul Tremblay, il film Bussano alla porta è interpretato da Dave Bautista, il vincitore del Tony Award e candidato all’Emmy Jonathan Groff, Ben Aldridge, la candidata al BAFTA Nikki Amuka-Bird, l’esordiente Kristen Cui, Abby Quinn e Rupert Grint. La sceneggiatura è di M. Night Shyamalan e Steve Desmond & Michael Sherman.

La trama di Bussano alla porta

Mentre sono in vacanza in uno chalet isolato, una bambina e i suoi genitori vengono presi in ostaggio da quattro sconosciuti armati che chiedono alla famiglia di fare una scelta impossibile per evitare l’apocalisse. Con un accesso limitato al mondo esterno, la famiglia deve decidere in cosa crede prima che tutto sia perduto.

La pellicola fa parte anche della programmazione del canale SKY CINEMA HALLOWEEN (canale 303) che, per celebrare la festa più spaventosa dell’anno, si accenderà dal 21 al 31 ottobre su Sky e NOW, con oltre 70 titoli “da paura” che spaziano nei generi: avventure a tinte dark, titoli per tutta la famiglia e horror. Tra i titoli proposti anche le prime tv DAMPYR e HALLOWEEN ENDS.

Five Nights at Freddy’s segna la migliore apertura al box office di sempre ad Halloween

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Five Nights at Freddy’s ha fatto registrare la più grande apertura nel weekend che precede Halloween di sempre. Il film della Universal/Blumhouse ha messo a segno un giovedì sera in stile Oppenheimer da 10,3 milioni di dollari e ora punta a un venerdì da 34 milioni di dollari per finire con un’enorme apertura da 68 milioni di dollari.

La strategia fa parte di quel lancio dinamico che lo studios ha migliorato dai precedenti film come Halloween Ends (40 milioni) dimostrando che i fan  vogliono vederlo in una sala cinematografica. La media delle sale negli USA è di ben 18,5.000 dollari da 3.675 sale. Di seguito un po’ di numeri della storia recente:

  • Il più grande weekend di apertura per un film horror da inizio anno, superando Scream VI (44,4 milioni di dollari)
  • Terza apertura più grande di sempre per un film di un videogioco, dietro Super Mario Bros (146,3 milioni di dollari) e Sonic the Hedgehog 2 (72 milioni di dollari)
  • Seconda apertura per Blumhouse, dopo Halloween del 2018 (76,2 milioni di dollari)
  • Maggiore apertura per un film del fine settimana di Halloween, battendo Il Gatto con gli Stivali (34 milioni di dollari)
  • È anche la diciannovesima volta che un film della Blumhouse arriva al primo posto e porterà il box office nazionale dell’etichetta di genere a oltre 3 miliardi di dollari.
  • Il secondo più grande debutto cinematografico giornaliero, dopo Black Widow di Disney+ (80,3 milioni di dollari).

Jason Statham sarà protagonista di Levon’s Trade diretta da David Ayer e scritto da Sylvester Stallone

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Black Bear e BlockFilm, le nuove società di produzione dell’ex capo della Miramax, Bill Block, sono pronte a riscaldare ancora di più il mercato AFM oggi con l’annuncio del film d’azione Levon’s Trade, che avrà come protagonista Jason Statham (franchise Fast & Furious) e sarà diretto da David Ayer (Suicide Squad) e si baserà su una sceneggiatura adattata da Sylvester Stallone (Creed).

Il progetto rappresenta la prima sceneggiatura di Sylvester Stallone dai tempi di Rambo: Last Blood nel 2019 e Creed II nel 2018. La star del grande schermo, notoriamente nominato all’Oscar per la sua sceneggiatura di Rocky nel 1977, ha adattato Levon’s Trade dal romanzo omonimo dell’autore di fumetti Chuck Dixon. Il libro è il primo degli undici della popolare serie thriller di Levon Cade. La Balboa Productions di Sylvester Stallone aveva precedentemente sviluppato il progetto come una serie TV.

Il film ripercorrerà il modo in cui Levon Cade (Jason Statham) ha lasciato la sua “professione” alle spalle per andare a lavorare nell’edilizia. Vuole vivere una vita semplice ed essere un buon padre per sua figlia. Ma quando la figlia adolescente del suo capo, Jenny, scompare, lui è chiamato a impiegare nuovamente le abilità che lo hanno reso una figura leggendaria nell’oscuro mondo delle operazioni segrete. La sua caccia allo studente universitario scomparso lo porta nel cuore di una sinistra cospirazione criminale che crea una reazione a catena che minaccerà il suo nuovo modo di vivere.

La squadra sta programmando le riprese per marzo 2024 a Londra. David Ayer e Chris Long (che ha collaborato con Statham e Block anche nel prossimo film d’azione The Beekeeper) produrranno per Cedar Park Entertainment, insieme a Jason Statham per Punch Palace Productions (The Beekeeper), Sylvester Stallone per Balboa Productions, John Friedberg ( Ferrari ) per Black. Bear e Bill Block ( franchise di Halloween di David Gordon Green ) per BlockFilm. Jason Statham è stato coinvolto nel progetto prima dello sciopero.

Il produttore Bill Block, che con una mossa scioccante ha lasciato la Miramax all’inizio di questo mese, ha dichiarato: “Sono entusiasta di riunirmi con alcuni dei miei partner più talentuosi e di lunga data in Levon’s Trade. Ho lavorato per la prima volta con David Ayer su Fury ed è stato subito chiaro che è un regista al top della sua capacità. Jason e io abbiamo lavorato insieme su numerosi film e più recentemente abbiamo collaborato tutti e tre su The Beekeeper. Il commercio di Levon sarà un altro spettacolare film d’azione e sono fiducioso che abbiamo messo insieme il dream team per portare il primo romanzo di questa celebre serie sul grande schermo”.

Killers of the Flower Moon: Apple e Paramount contro le sale che mettono intervalli alla proiezioni

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Martin Scorsese non ha incluso un intervallo nel suo film epico di 206 minuti, Killers of the Flower Moon. Ma ciò non ha impedito a una manciata di cinema in tutto il mondo di inserirne uno, con intervalli che vanno dai sei minuti ai 15 minuti.

Venerdì mattina, due catene di cinema europee e un teatro indipendente ad Amsterdam hanno venduto i biglietti per le proiezioni di Killers of the Flower Moon con una pausa di intervallo violando accordo pregressi. Un portavoce di UCI Cinemas, una catena di dicnema con sedi in Germania, Italia, Portogallo e Brasile, ha confermato che tutte le sue quasi 80 sale – ad eccezione degli schermi Imax a Porta di Roma, Orio e Campi Bisenzio – avevano incluso un “intervallo di sei minuti verso la metà del film”.

Anche Vue, una catena di teatri con sede nel Regno Unito, e un cinema di Amsterdam chiamato The Movies Haarlemmerdijk offrivano proiezioni con una pausa, secondo i loro siti web.

A livello nazionale, The Lyric, un teatro a Fort Collins, Colorado, ha proiettato il dramma storico con un intervallo fino al 26 ottobre. Tuttavia, hanno eliminato l’intervallo dopo aver avuto problemi con la Paramount, il distributore del film, e Apple Original Films, produttore del film. Secondo una fonte della catena le società hanno contattato le sale che hanno violato il loro contratto invitandoli a ripristinare la proiezione del film come originariamente previsto. 

Per essere chiari, solo una piccola parte delle oltre circa 10.000 sale in tutto il mondo che proiettano “Killers of the Flower Moon” hanno incluso un intervallo, ma non è passato inosservato. Thelma Schoonmaker, montatrice del film e collaboratrice di lunga data di Scorsese, ha dichiarato a The Standard: “Capisco che qualcuno lo sta spezzando con un intervallo che non è giusto. Questa è una violazione, quindi devo scoprirlo.

Anche se Martin Scorsese non ha affrontato direttamente la questione sull’intervallo (o la sua mancanza), ha difeso la lunga durata di Killers of the Flower Moon in un’intervista con l’Hindustan Times, dicendo: “La gente dice che sono tre ore, ma andiamo, puoi farlo”. siediti davanti alla TV e guarda qualcosa per cinque ore.

Altri analisti concordano con la posizione di Martin Scorsese. Se Scorsese non avesse voluto che ci fosse un intervallo, penso che questo dovrebbe essere almeno il modo principale in cui le persone possono vederlo“, afferma Shawn Robbins, capo analista di Boxoffice Pro. “Detto questo, è stato un film lungo. E penso che se c’è abbastanza domanda là fuori, e soprattutto se ciò significa una differenza nell’aiutare qualcuno a prendere la decisione di andare a comprare un biglietto, piuttosto che non andare a vedere il film, allora forse c’è un argomento economico e pratico per almeno un’opzione limitata.”

Barbarian: il film horror avrà un adattamento videoludico

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Barbarian: il film horror avrà un adattamento videoludico

Bloody Disgusting ha dato oggi la notizia esclusiva che New Regency Pictures e Diversion3 Entertainment stanno creando un gioco basato sul mondo di del film horror Barbarian con Justin Long per PC e console.

Posso dirti che l’adattamento per videogioco del film horror Barbarian con Justin Long era piuttosto in basso nella mia lista di potenziali notizie horror nel 2023, addirittura inesistente, ma eccoci qui. Ci sarà un videogioco basato sul film horror del 2022 di Zach Cregger.

Diversion3 ha una certa esperienza da film horror a gioco, avendo contribuito alla creazione di giochi come Friday the 13th: The Game e Evil Dead: The Game, quindi è una scelta abbastanza solida per realizzare un gioco Barbarian.

La trama del film vede una giovane donna (Georgina Campbell) arrivare al suo Airbnb a tarda notte solo per scoprire che è stato erroneamente prenotato due volte e che uno strano uomo (Bill Skarsgård) è già lì. Contro ogni buon senso, decide comunque di restare per la notte, ma presto scopre che in casa c’è molto di più di cui aver paura rispetto all’altro ospite della casa.

Il suo potenziale come gioco horror non è immediatamente evidente, ma la seconda metà di Barbarian offre alcuni ambienti familiari per opportunità di gioco che inducono terrore. Nella dichiarazione che annuncia il progetto, Yariv Milchan, Presidente e CEO di New Regency Pictures, ha dichiarato: “L’espansione dell’universo di Barbarian nei giochi offre un nuovo modo di catturare l’orrore che ha reso il film un tale successo. Siamo entusiasti di collaborare con il team incredibilmente talentuoso di Diversion3 Entertainment per immergere i fan nuovi ed esistenti in questo mondo”.

The Black Phone 2: rivelata la data di uscita del sequel horror di Blumhouse

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È stata rivelata la data di uscita di The Black Phone 2, il sequel del film horror di successo del 2021 prodotto da Universal e Blumhouse.

Variety ha rivelato che The Black Phone 2 uscirà nelle sale venerdì 27 giugno 2025. Secondo il noto sito, gli studi descrivono il prossimo sequel come il “lancio di un nuovo sinistro franchise“. Non sono state fornite informazioni sul casting o sulla trama di The Black Phone 2 insieme alla data di uscita.

The Black Phone ha come protagonista il candidato all’Oscar Ethan Hawke insieme ai giovani attori emergenti Mason Thames e Madeleine McGraw. A loro si sono uniti James Ransone, Jeremy Davies, Brady Hepner, Jacob Moran e Jordan Isaiah White. Ha anche riunito il regista Scott Derrickson e lo scrittore C. Robert Cargill con Ethan Hawke e James Ransone, che hanno lavorato tutti insieme in Sinister del 2012.

Di cosa parlava The Black Phone?

Il film racconta la storia di Finney Shaw, un ragazzo di 13 anni timido ma intelligente, che viene rapito da un sadico assassino e intrappolato in un seminterrato insonorizzato“, si legge nella sinossi ufficiale. “Quando un telefono staccato sul muro comincia a squillare, Finney scopre di poter sentire le voci delle precedenti vittime dell’assassino. E sono determinati a fare in modo che ciò che è successo a loro non accada a Finney”.

Conception: Keira Knightley protagonista del nuovo Sci-Fi

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Conception: Keira Knightley protagonista del nuovo Sci-Fi

Secondo Deadline, la star di Orgoglio e Pregiudizio Keira Knightley ha firmato per il ruolo da protagonista nel prossimo thriller distopico e fantascientifico intitolato Conception. Keira Knightley interpreterà una donna che lavora sotto un governo autoritario che controlla la genitorialità dei suoi cittadini. Il candidato all’Oscar si riunisce con la regista Camille Griffin dopo aver già lavorato insieme nella commedia dark del 2021 Silent Night.

Sono fortunato ad aver trovato Keira. È una grande alleata quanto un talento. Ho intenzione di realizzare insieme un film unico ed emozionante“, ha detto Griffin in una nota.

Oltre al suo ruolo iconico in Orgoglio e Pregiudizio del 2005, Keira Knightley è anche conosciuta per le sue acclamate interpretazioni in film di successo come Espiazione, The Imitation Game, Never Let Me Go, Anna Karenina e Begin Again. Inoltre, non è estranea ai blockbuster, grazie al ruolo di Elizabeth Swann nella serie Pirati dei Caraibi della Disney.

Cos’è Conception?

“Conception è un thriller fantascientifico ambientato in un futuro non troppo lontano della Gran Bretagna, dove il governo ha assunto un governo autoritario sulla genitorialità. Il film segue Rita (Knightley), una leale funzionaria pubblica che crede nel sistema spietato che sostiene, fino a quando eventi inattesi non mettono in pericolo il suo status di genitore, rendendola vittima delle stesse leggi che ha così prontamente inflitto agli altri”.

Conception sarà scritto e diretto da Griffin. Sarà prodotto da Celine Rattray e Trudie Styler attraverso il loro Maven Screen Media, con il finanziamento di Fortitude. Il casting è attualmente in corso.

Maven ha detto: “Siamo ammirati dalla vivida immaginazione e dal talento creativo di Camille. Ha una capacità unica di esprimere idee grandi e complesse negli eventi quotidiani in cui è possibile identificarsi. Siamo entusiasti di riunire il team di Silent Night e di lavorare nuovamente con Keira”.

Camille Griffin ha aggiunto: “Sono fortunata ad aver trovato Keira. È una grande alleata quanto un talento. Ho intenzione di realizzare insieme un film unico ed emozionante”.

Highlander: il remake con Henry Cavill ottiene il budget e la data di inizio produzione!

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Secondo un recente articolo di Deadline, Lionsgate inizierà a lanciare le vendite del tanto atteso riavvio di Highlander con Henry Cavill all’American Film Market, che si terrà dal 31 ottobre al 5 novembre 2023. Henry Cavill e Chad Stahelski, noto per aver diretto tutti e quattro i film della serie di John Wick, erano entrambi legati al progetto prima dell’inizio dello sciopero della Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists (SAG-AFTRA) a luglio. 2023. L’articolo di Deadline afferma che il film sarà una “proposta ad alto budget” che costerà più di 100 milioni di dollari. Secondo quanto riferito, la data di inizio della produzione del film è fissata nel 2024.

Il regista ha parlato recentemente del reboot di Highlander

Stiamo cercando di fare un po’ un prequel – un setup per The Gathering – così abbiamo spazio per far crescere la proprietà“, ha detto. Stahelski ha anche detto che Highlander di Cavill potrebbe portare a più film e serie televisive. “Abbiamo idee da giorni per i personaggi più interessanti [che potrebbero creare] uno show televisivo epico”, ha detto. “Penso solo che sia una mitologia ricca quando puoi scegliere qualsiasi periodo di tempo, nazionalità, cultura, tipo di persona e renderli immortali che devono duellare e affrontare il peso dell’immortalità – è dannatamente bello.”

Il nuovo film Highlander sarà basato sull‘originale del 1986, interpretato da Christopher Lambert, Sean Connery e Clancy Brown nei panni di esseri immortali, che si danno la caccia a vicenda e raccolgono più potere. Il film che salta nel tempo – con il suo slogan “Ce ne può essere solo uno” – ha generato quattro sequel e tre serie TV, inclusa la popolare serie americana con Adrian Paul. I Queen hanno scritto e prodotto la memorabile colonna sonora del film originale.

A produrre il riavvio sono Joshua Davis, il produttore di Fast And The Furious Neal H. Moritz, Stahelski (tramite la sua società di produzione 87Eleven Entertainment) e Louise Rosner. L’attuale bozza della sceneggiatura è scritta da Mike Finch. Il defunto Peter S. Davis, produttore dell’originale Highlander, ha avviato lo sviluppo del nuovo film. La Summit ha acquisito per la prima volta i diritti di remake dell’originale nel 2008.

Biancaneve: ecco la prima foto di Rachel Zegler, Disney posticipa l’uscita!

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Una nuova foto del live-action di Biancaneve dal prossimo remake Disney ci offre il nostro primo sguardo ufficiale a Rachel Zegler nel ruolo iconico. La foto, pubblicata da The Hollywood Reporter, mostra Rachel Zegler che interpreta Biancaneve e seduto in quello che sembra essere il cottage dei Nani. L’attrice è circondata dai sette nani, tutti realizzati in CGI.

Variety ha riferito inoltre che la data di uscita del live-action Biancaneve è stata modificata al 21 marzo 2025. Si tratta di quasi un anno di ritardo rispetto alla data di uscita precedente, fissata per il 22 marzo 2024.

Biancaneve film 2025
Credit © Walt Disney Pictures

Chi dirige e produce il remake live-action di Biancaneve?

Biancaneve vede protagonista Rachel Zegler (West Side Story, La ballata degli uccelli canori e dei serpenti) nel  ruolo della protagonista, con Gal Gadot nel ruolo della Regina Cattiva. A loro si uniscono Andrew Burnap nei panni di Jonathan e Martin Klebba nei panni di Grumpy. Diretto e prodotto da Marc Webb da una sceneggiatura di Greta Gerwig ed Erin Cressida Wilson, il progetto dovrebbe espandere la storia e la musica dell’originale. Il duo di La La Land e The Greatest Showman, Benj Pasek e Justin Paul, scriverà nuove canzoni per l’adattamento.

L’imminente adattamento live-action di Biancaneve della Disney è basato sul primo classico animato dello studio, Biancaneve e i sette nani, che ha debuttato oltre 80 anni fa e ha dato il via al successo della Disney con i film d’animazione. È stato ispirato anche dalla fiaba tedesca del 1812 scritta dai fratelli Grimm. Questo progetto fa parte della crescente lista della Disney di prossimi progetti live-action, tra cui Moana, Hercules, Lilo & Stitch e Bambi.

The Social Network 2: David Fincher e Aaron Sorkin hanno parlato di un sequel

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David Fincher e Aaron Sorkin hanno discusso di realizzare un sequel di The Social Network del 2010, anche se Fincher sembra almeno un po’ riluttante ad andare avanti con il progetto.

Parlando con The Guardian, a Fincher è stato chiesto del suo prossimo progetto dopo l’uscita di The Killer, il film Originale Netflix che abbiamo avuto modo di vedere e recensire alla Mostra del cinema di Venezia. Quando gli è stato chiesto se fosse possibile realizzare un seguito di The Social Network, Fincher ha detto: “Aaron [Sorkin] e io ne abbiamo parlato, ma, um… è un vaso di fiori.”

Sorkin ha anche parlato in passato della realizzazione di un sequel di The Social Network. Ha detto ad AP Entertainment nel gennaio 2019: “Prima di tutto, so molto di più su Facebook nel 2005 che nel 2018, ma ne so abbastanza per sapere che dovrebbe esserci un seguito. Sono accadute molte cose molto interessanti e drammatiche da quando il film si conclude con la risoluzione della causa tra i gemelli Winklevoss e Eduardo Saverin.

Diretto da Fincher e scritto da Sorkin, The Social Network è uscito nelle sale degli Stati Uniti nell’ottobre 2010. Il film vede Jesse Eisenberg interpretare Mark Zuckerberg, il co-fondatore di Facebook, mentre Andrew Garfield interpreta Eduardo Saverin e Justin Timberlake interpreta Sean Parker. Nel cast figurano anche Armie Hammer, Max Minghella, Brenda Song e Rashida Jones.

The Killer arriverà su Netflix a novembre

L’ultimo film di Fincher, The Killer, vede protagonisti Michael Fassbender, Charles Parnell e Tilda Swinton. Basato sull’omonima serie di graphic novel francese di Alexis “Matz” Nolan e Lucy Jacamon, il film è attualmente proiettato in sale selezionate degli Stati Uniti prima di arrivare su Netflix il 10 novembre 2023.

“Dopo un fatidico quasi incidente, un assassino combatte i suoi datori di lavoro – e se stesso – in una caccia internazionale di ritorsioni che, insiste, non sono personali”, si legge nella sinossi. Quando gli è stato chiesto se The Killer potesse trasformarsi in un franchise data la ricca storia del materiale originale, Fincher ha risposto: “Si potrebbe pensare. Ho rinunciato a cercare di prevedere ciò che la gente vuole.”

Elio: Disney posticipata il film Pixar nel 2025

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Elio: Disney posticipata il film Pixar nel 2025

Il prossimo film Pixar Elio non uscirà più l’anno prossimo poiché oggi apprendiamo che il film d’animazione ha subito un slittamento notevole. Walt Disney Studios ha annunciato oggi che la data di uscita di Elio è stata modificata dal 1 marzo 2024 al 13 giugno 2025. Ciò significa che il prossimo film Pixar sarà ora Inside Out 2 il 14 giugno 2024.

Elio è diretto da Adrian Molina, co-regista, sceneggiatore e cantautore di Coco del 2017. Elio, inoltre, sembra utilizzare uno stile di animazione simile a Luca, film Pixar del 2021 incentrato su un mostro marino che vive tra gli umani “camuffandosi” da ragazzo. Oltre a Kibreab che dà la voce al personaggio titolare, il cast vocale include anche America Ferrera nei panni di Olga, la madre di Elio.

Mentre il resto del cast vocale deve ancora essere confermato al momento, in particolare per quanto riguarda i personaggi alieni. Questi alieni sono centrali nella trama, poiché Elio dovrà convincerli di essere il leader della Terra, forse per proteggere il suo pianeta. Il film promette dunque un’avventura spaziale colorata piena di interessanti disegni e una storia su un ragazzo che ha letteralmente nelle sue mani il destino del mondo.

Di cosa parla Elio?

Il film originale introduce Elio, un perdente con un’immaginazione attiva che si ritrova inavvertitamente teletrasportato nel Communiverso, un’organizzazione interplanetaria con rappresentanti di galassie in lungo e in largo“, si legge nella sinossi ufficiale del film. “Identificato erroneamente come l’ambasciatore della Terra nel resto dell’universo, e completamente impreparato a quel tipo di pressione, Elio deve formare nuovi legami con eccentriche forme di vita aliene, sopravvivere a una serie di prove formidabili e in qualche modo scoprire chi è veramente destinato a essere.”

Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente, prima clip svela la selezione truccata di Lucy per la decima edizione di Hunger Games

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È stata rivelata la prima clip in lingua originale di Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente, l’attesissimo prequel di Hunger Games della Lionsgate (distribuito in Italia da Notorious Pictures), che offre ai fan un assaggio della cerimonia della mietitura del Distretto 12.

Il video presenta la Lucy Gray Baird di Rachel Zegler mentre viene scelta per diventare il tributo del Distretto 12 per i decimi Hunger Games. Tuttavia, sembra che la sua scelta non sia stata determinata dal destino, ma sia stata invece truccata dalla figlia gelosa del sindaco. Per vendetta, Lucy mette coraggiosamente un piccolo serpente nel vestito di Mayfair Lipp, che attira l’attenzione di Coriolanus Snow. Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente arriva nelle sale il 15 novembre.

 

La trama del film Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente

Anni prima di diventare il tirannico presidente di Panem, il diciottenne Coriolanus Snow è l’ultima speranza per il buon nome della sua casata in declino: un’orgogliosa famiglia caduta in disgrazia nel dopoguerra di Capitol City. Con l’avvicinarsi della decima edizione degli Hunger Games, il giovane Snow teme per la sua reputazione poiché nominato mentore di Lucy Grey Baird, la ragazza tributo del miserabile Distretto 12. Ma quando Lucy Grey magnetizza l’intera nazione di Panem cantando con aria di sfida alla cerimonia della mietitura, Snow comprende che potrebbe ribaltare la situazione a suo favore. Unendo i loro istinti per lo spettacolo e l’astuzia politica, Snow e Lucy mireranno alla sopravvivenza dando vita a una corsa contro il tempo che decreterà chi è l’usignolo e chi il serpente.

Daredevil: Born Again, Marvel ha trovato il nuovo team creativo

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Daredevil: Born Again, Marvel ha trovato il nuovo team creativo

Daredevil: Born Again ha trovato il suo nuovo team creativo. Dario Scardapane, che ha scritto e prodotto la serie Marvel di Netflix The Punisher, sarà lo showrunner per il nuovo show, dopo che i precedenti sceneggiatori Chris Ord e Matt Corman si sono allontanati dal progetto nel mezzo della produzione. Ord e Corman saranno ancora accreditati come produttori esecutivi.

Justin Benson e Aaron Moorhead – che hanno diretto Moon Knight della Marvel e sono i registi principali della seconda stagione di Loki – interverranno per dirigere il resto della prima stagione di Daredevil: Born Again. Come parte della revisione creativa dello show, la Marvel ha sostituito i registi precedentemente assunti per la prima stagione dopo la chiusura della produzione a causa dello sciopero del SAG-AFTRA. Elementi del materiale già girato verranno incorporati nella serie, ma lo show nel complesso è stato ripensato per andare in una nuova direzione.

Il capo dei Marvel Studios, Kevin Feige, aveva originariamente annunciato che “Born Again” sarebbe composto da 18 episodi, ma non è chiaro quanti di questi comporranno la prima stagione.

Sebbene il background di Scardapane includa The Punisher – che era esso stesso uno spin-off della serie Daredevil di Netflix andata in onda dal 2015 al 2018 – Daredevil: Born Again non vuole essere una continuazione degli eventi degli show Netflix. Tuttavia, le star di quella serie, Charlie Cox e Vincent D’Onofrio, torneranno ai rispettivi ruoli di supereroe Matt Murdock (alias Daredevil) e cattivo Wilson Fisk (alias Kingpin).

Cosa sappiamo sulla serie Daredevil: Born Again

I fan della Marvel stavano aspettando da tempo Daredevil: Born Again, poiché continua la storia del supereroe interpretato da Charlie Cox, comparso brevemente anche in Spider-Man: No Way Home, e il villan Kingpin di Vincent D’Onofrio. Inizialmente prodotta da Netflix, la prima serie su Daredevil è andata avanti per tre stagioni prima di essere cancellata. Cox è però ora stato chiamato a riprendere il ruolo ed è comparso anche in She-Hulk: Attorney at Law. D’Onofrio, invece, è tornato come Kingping in Hawkeye. Ora entrambi i personaggi torneranno ad essere leader di una loro serie, Daredevil: Born Again, la cui uscita dovrebbe avvenire nel 2024.

Trap: Josh Hartnett e Saleka nel cast del nuovo film di M. Night Shyamalan

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Josh Hartnett e la figlia di M. Night Shyamalan, Saleka  sono stati scelti nel nuovo film di M. Night Shyamalan. Secondo Film Updates, Josh Hartnett e Saleka sono stati scelti per il nuovo film di Shyamalan, noto come Trap. Al film è stata concessa una deroga dalla Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists (SAG-AFTRA) che consente a Shyamalan di lavorare durante lo sciopero degli attori in corso per salari migliori, protezione contro l’intelligenza artificiale e altro ancora.

Sebbene i dettagli della trama siano attualmente sconosciuti, secondo quanto riferito da Film Updates, il film sarà un “thriller psicologico ambientato in un concerto”. Saleka interpreterà un artista pop nel film, mentre Josh Hartnett interpreterà un padre che partecipa al concerto con suo figlio.

In cos’altro ha recitato Josh Hartnett?

Josh Hartnett è apparso di recente in un ruolo di primo piano in Oppenheimer di Christopher Nolan. È anche noto per aver recitato in l giardino delle vergini suicide del 1999, Pearl Harbor del 2001, Black Hawk Down del 2001, Sin City del 2005, Lucky Number Slevin del 2006, 30 Days of Night del 2007 e altro ancora.

Saleka è una cantautrice R&B che ha pubblicato il suo album di debutto, Seance, nel maggio 2023. Ha inoltre registrato e pubblicato diverse canzoni per Servant, una serie Apple TV+ di cui Shyamalan è stato showrunner fino alla fine dello spettacolo nel marzo 2023.

Shyamalan è noto per aver realizzato film come Il sesto senso del 1999, Unbreakable del 2000, Signs del 2002, The Visit del 2015, Split del 2016 e altro ancora. Dopo Old del 2021, il film più recente di Shyamalan, Knock at the Cabin, è uscito nei cinema nel febbraio 2023. Basato su un romanzo del 2018 intitolato The Cabin at the End of the World di Paul G. Tremblay, ha come protagonisti Dave Bautista, Jonathan Groff, Ben Aldridge, Nikki Amuka-Bird, Kristen Cui, Abby Quinn e Rupert Grint. Trap non ha ancora fissata una data di uscita ufficiale.

Chucky: teaser dalla seconda parte della terza stagione anticipa l’aspetto di Brad Dourif

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Dopo il finale di metà stagione, USA Network e Syfy hanno rilasciato il teaser trailer di Chucky Stagione 3 Parte 2, offrendo ai fan un assaggio di cosa aspettarsi nei restanti quattro episodi dell’ultima puntata della serie spin-off di Child’s Play.

Il video mostra un Chucky morente mentre si scatena una furia omicida alla Casa Bianca. Si anticipa anche l’apparizione di Brad Dourif, la voce di lunga data dietro la bambola assassina titolare. La seconda parte sarà presentata in anteprima nel 2024.

Chucky è creato e prodotto esecutivamente dal creatore del franchise Don Mancini, che è anche showrunner e regista. Nel cast ci sono Zackary Arthur, Bjorgvin Arnarson, Alyvia Alyn Lind, Devon Sawa, Lexa Doig, Barbara Alyn Woods, Christine Elis, Alex Vincent e Rosemary Dunsmore. A loro si uniscono i veterani del franchise Jennifer Tilly e Fiona Dourif. I produttori esecutivi sono il produttore in franchising e creatore di bambole David Kirschner e Nick Antosca tramite la sua etichetta di produzione Eat the Cat.

Nell’infinita sete di potere di Chucky, la terza stagione vede ora Chucky sistemato con la famiglia più potente del mondo: la Prima Famiglia d’America, all’interno delle famigerate mura della Casa Bianca”, si legge nella sinossi ufficiale della terza stagione di Chucky. “Come è finito Chucky qui? In nome di Dio, cosa vuole? E come possono Jake, Devon e Lexy raggiungere Chucky nella casa più sicura del mondo, il tutto bilanciando le pressioni delle relazioni romantiche e della crescita? Nel frattempo, anche Tiffany affronta una crisi incombente mentre la polizia la intrappola per la furia omicida di “Jennifer Tilly” della scorsa stagione”.

Aquaman e il regno perduto: Warner Bros ritarda l’uscita di 2 giorni

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La data di uscita di Aquaman e il Regno Perduto è stata ancora una volta posticipata ma di poco.  Warner Bros. ha annunciato oggi che la nuova data di uscita USA di Aquaman e il Regno Perduto è il 22 dicembre 2023. Si tratta di uno spostamento di due giorni, poiché originariamente era fissato per il 20 dicembre. Ora uscirà venerdì, che è il giorno in cui tradizionalmente escono i film negli USA piuttosto che la data originale del mercoledì. Al momento non sappiamo se in Italia il film uscirà invece il 21 Novembre, ovvero giovedì, quando tradizionalmente escono i film nel nostro paese.

Tutto quello che c’è da sapere su Aquaman e il Regno Perduto

Jason Momoa è atteso di nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman e il regno perduto, sequel del film che ha rilanciato in positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. In questo seguito, diretto ancora una volta da James Wan (Insidious, The Conjuring), torneranno anche Patrick Wilson nei panni di Ocean Master, Amber Heard, nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta, che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo film. Il film uscirà al cinema il 20 dicembre.

Non essendo riuscito a sconfiggere Aquaman la prima volta, Black Manta, ancora spinto dal bisogno di vendicare la morte di suo padre, non si fermerà davanti a nulla pur di sconfiggere Aquaman una volta per tutte. Questa volta Black Manta è più formidabile che mai, poiché brandisce il potere del mitico Tridente Nero, che scatena una forza antica e malvagia. Per sconfiggerlo, Aquaman si rivolgerà al fratello Orm, l’ex re di Atlantide e imprigionato alla fine del primo film, per stringere un’improbabile alleanza. Insieme, dovranno mettere da parte le loro differenze per proteggere il loro regno e salvare la famiglia di Aquaman e il mondo dalla distruzione irreversibile.

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