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Quentin Tarantino spiega perché il suo decimo film sarà l’ultimo

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Quentin Tarantino spiega perché il suo decimo film sarà l’ultimo

Quentin Tarantino spiega perché ha smesso di scrivere e dirigere film. Per molto tempo Tarantino ha affermato che il suo decimo film sarebbe stato l’ultimo, ed è una dichiarazione d’intenti a cui sembra attenersi. Contando Kill Bill vol. Uno e due come un film unico – i due insieme sono meglio conosciuti come Kill Bill: The Whole Bloody Affair – Tarantino conta di aver scritto e diretto nove film finora, vincendo due Oscar per la sceneggiatura.

In una conversazione con YMH Studios, Quentin Tarantino chiarisce perché il suo prossimo film, il decimo, sarà l’ultimo. La motivazione si riferisce in gran parte a come vuole chiudere la sua carriera dopo i successi di cui ha goduto.

“Ho fatto tutto quello che volevo fare. Ho avuto una carriera straordinaria. Ho avuto un’incredibile quantità di fortuna, un’incredibile fortuna. Non avevo idea che il pubblico… anzi, se avessi dovuto indovinare avrei immaginato che il pubblico non avrebbe accettato i miei film. E alla fine non è stato così. E sono stato in grado di lavorare in questo business al più alto livello che un regista possa lavorare. Voglio andarmene a quel livello elevato. Voglio andarmene quando l’uscita di un nuovo film di Quentin Tarantino è un evento. Non voglio essere quello di cui i fan dicono… “Ricordo quando ero così preso da lui. Ricordo quando ero così appassionato, ricordo quando avevo quella merda sul muro (riferito a un suo poster). È divertente e tutto il resto, ma è un uomo anziano, non è la stessa cosa ed è fuori dal mondo.”

Chissà se i colleghi più anziani e navigati di lui, allo stesso livello di “fortuna” saranno d’accordo con questo commento. Sembra però giusto dare a Tarantino il beneficio del dubbio: se il decimo suo film sarà davvero l’ultimo allora sarà sicuramente un evento aspettarlo.

Black Panther: Wakanda Forever, c’è la possibilità di una storia romantica tra Shuri e Namor?

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La star di Black Panther: Wakanda Forever Tenoch Huerta affronta la possibilità di una connessione romantica tra il personaggio di Namor, che interpreta nel film di Ryan Coogler, e Shuri di Letitia Wright. Il regista Ryan Coogler torna a dirigere il sequel del grande successo Black Panther del 2018, che vede la nazione di Wakanda piangere la perdita del re T’Challa mentre si occupa anche di Namor e del suo regno sottomarino di Talokan. Black Panther: Wakanda Forever presenta Shuri che assume il ruolo di Pantera Nera e il suo personaggio si trova rapidamente in contrasto con Namor e il suo approccio aggressivo per garantire la sicurezza della sua gente. Il film è stato un successo sia per il pubblico che per la critica, con un elogio particolare riscosso per la performance stratificata di Huerta come nuovo antagonista dell’MCU.

In una recente intervista con Rolling Stone, Huerta discute se ci siano elementi romantici nel legame tra Shuri e Namor in Black Panther: Wakanda Forever. I due personaggi sono in disaccordo per la maggior parte della durata del film, ma sembrano capirsi a un livello più profondo, in particolare durante una sequenza in cui Namor porta Shuri a Talokan. Sebbene alcuni fan credano che i due personaggi abbiano sentimenti romantici l’uno per l’altro, Huerta non è necessariamente convinto.

“Non credo che ci sia stato un legame romantico [tra di loro]. Penso che sia stato più un tocco umano, intimo. Voglio dire, nella storia dei loro regni, la storia della loro gente, condividono la stessa radice, e la minaccia viene dallo stesso posto per entrambi, per lo stesso motivo. Entrambi affrontano minacce da paesi occidentali come gli Stati Uniti e la Francia nella storia, a causa del vibranio, e delle risorse naturali. Penso che si colleghino in questo aspetto.

Voglio dire, quando incontri qualcuno e hai una buona relazione, che questa persona sia del genere che preferisci o meno, hai sempre questo approccio ambiguo. È normale. È umano. Quindi, penso che questo sia successo con entrambi. Se questo può evolversi in una relazione romantica o no? Non lo so. Non era nostra intenzione. Potrebbe succedere o no.

La parte bella di questa relazione è che non ha bisogno di essere romantica per essere profonda. Non ha bisogno di essere romantico per essere bello, luminoso e intimo. E questa connessione tra un uomo e una donna a diversi livelli non deve necessariamente concludersi in una relazione romantica. Ed è bellissimo, sai? Perché odio l’amore romantico. Penso che sia veleno. [Ride] Questi personaggi creano qualcosa… non lo so. Era magico, ma non necessariamente romantico”.

Black Panther: Wakanda Forever, la recensione del film Marvel

Il sequel del MCU onorerà il defunto Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità del suo personaggio, T’Challa. Black Panther: Wakanda Forever è arrivato nelle sale l’11 novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI.

Nel film Marvel Studios Black Panther: Wakanda Forever, la Regina Ramonda (Angela Bassett), Shuri (Letitia Wright), M’Baku (Winston Duke), Okoye (Danai Gurira) e le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba) lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia (Lupita Nyong’o) e di Everett Ross (Martin Freeman) e forgiare un nuovo percorso per il regno del Wakanda. Il film presenta Tenoch Huerta nel ruolo di Namor, re di Talokan, ed è interpretato anche da Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e Alex Livinalli.

Avatar: la via dell’acqua uscirà in Cina, che vieta i film Marvel dal 2019

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Avatar: la via dell’acqua uscirà ufficialmente nelle sale cinesi. Di recente, la Cina ha aumentato la censura rispetto ai film americani, soprattutto dall’inizio della pandemia di COVID-19. Ciò ha portato a molti enormi blockbuster, inclusi tutti i film del Marvel Cinematic Universe dal 2019, a non uscire su territario cinese, il che ha sottratto una grossa fetta ai loro potenziali profitti al botteghino.

Secondo Variety, è stato recentemente annunciato che Avatar: la via dell’acqua di James Cameron, il seguito a lungo rimandato del grande successo del 2009 Avatar, sarà una delle poche uscite americane dell’era della pandemia ad arrivare nelle sale in Cina. Il film uscirà in quel territorio il 16 dicembre, lo stesso giorno in cui sarà presentato negli Stati Uniti e nella maggior parte degli altri territori internazionali (in Italia arriva il 14). Arriverà sia nei cinema standard che in IMAX, l’ultimo dei quali ha costituito una parte enorme del motivo per cui l’originale è stato un tale successo al botteghino.

Avatar: la via dell’acqua, il film

Avatar: la via dell’acqua si svolge dentro e intorno all’oceano. Sully (Sam Worthington) e Neytiri (Zoe Saldana) hanno dei figli. “Ovunque andiamo”, dice Sully, “so una cosa, questa famiglia è la nostra fortezza”. Il sequel sembra ancora più sbalorditivo nella sua grafica blu intenso rispetto al film del 2009. Creature tutte nuove: vediamo i Na’vi su pesci volanti, uccelli, creature che comunicano con una balena, eppure in qualche modo divisi nonostante la loro affinità con la natura: le persone aliene sono divise, combattono l’una contro l’altra in una lotta tra pistole e frecce. È davvero un mondo completamente nuovo che alza la posta in gioco del precedente film 3 volte vincitore di Oscar.

Avatar: la via dell’acqua debutterà il 14 dicembre 2022, seguito dal terzo capitolo il 20 dicembre 2024. Per il quarto e quinto capitolo, invece, si dovrà attendere ancora qualche anno: 18 dicembre 2026 e 22 dicembre 2028.

Il cast della serie di film è formato da Kate Winslet, Edie Falco, Michelle Yeoh, Vin Diesel, insieme ad un gruppo di attori che interpretano le nuove generazioni di Na’vi. Nei film torneranno anche i protagonisti del primo film, ossia Sam Worthington, Zoe Saldana, Stephen Lang, Sigourney Weaver, Joel David Moore, Dileep Rao e Matt Gerald.

Idris Elba nelle prime immagini del film su Luther

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Idris Elba nelle prime immagini del film su Luther

Nuove immagini del prossimo film di Luther rivelano il ritorno di Idris Elba nei panni del personaggio iconico. Luther iniziò originariamente la sua vita come una serie TV, trasmessa su BBC One per cinque stagioni tra il 2010 e il 2019. Elba interpretava il detective John Luther, che deve lavorare con l’assassino Alice Morgan (Ruth Wilson) per aiutare a risolvere una varietà di casi.

Oggi, Empire ha condiviso due prime immagini del film seguito a Luther, la cui produzione è terminata questa primavera. La prima mostra il detective che si aggira in un arido paesaggio innevato che probabilmente indica il dramma e la posta in gioco della trama del film. La seconda è uno sguardo più da vicino a Idris Elba nel suo iconico abito di Luther.

Le prime immagini di Luther il film

Il Superman di Henry Cavill è fondamentale per la crescita del DCU, parola di Dwayne Johnson

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Dopo l’uscita digitale di Black Adam questa settimana, Dwayne Johnson è andato su Twitter per condividere uno speciale videomessaggio sul futuro del suo franchise. Pur non rivelando spoiler o accenni a ciò che accadrà nei prossimi anni, Johnson ha parlato molto bene del Superman di Henry Cavill. L’attore di Black Adam ha chiarito che la versione del personaggio di Cavill è essenziale per rimpolpare il più grande DCU, poiché il suo coinvolgimento nel film è stato frutto di una grande battaglia.

“Dobbiamo riportare la forza più potente e inarrestabile di tutti i tempi in qualsiasi universo. Ragazzi, sapete di chi sto parlando, è Superman. Quello è Henry Cavill. Alla fine, lo studio non stava portando Henry indietro, inspiegabilmente e ingiustificatamente, ma non avremmo accettato un no come risposta, ci sono voluti anni per riportare Henry Cavill con conversazioni strategiche e non avremmo accettato un no come risposta. Unico modo logico per costruire l’universo DC senza la forza più potente e il più grande supereroe di tutti i tempi seduto in disparte, è impossibile da fare. Puoi fare un diagramma di Venn su questa cosa 90 volte ma tutto torna a “Dov’è Superman?” ‘ Devi avere Superman nel mix, ecco perché abbiamo lottato duramente per riportare in vita Superman”.

Black Adam – la recensione del film

Il cast completo di Black Adam, oltre a Dwayne Johnson nei panni dell’anti-eroe del titolo, annovera anche Noah Centineo (Atom Smasher), Quintessa Swindell (Cyclone), Aldis Hodge (Hawkman) e Pierce Brosnan (Doctor Fate). Insieme a loro ci saranno anche Sarah Shahi, che interpreterà Isis, e Marwan Kenzari, che sarà invece l’antagonista principale (anche se il personaggio non è stato ancora svelato).

Black Adam, che sarà diretto da Jaume Collet-Serra (già dietro Jungle Cruise, sempre con Johnson), ha dovuto far fronte a non pochi problemi durante il suo travagliatissimo sviluppo. Inoltre, la pandemia di Coronavirus ha ulteriormente complicate le cose e costretto la produzione del film all’ennesimo rinvio. L’uscita del film nelle sale americane è fissata per il 29 luglio 2022. Black Adam è uscito al cinema in Italia giovedì 21 ottobre 2022.

Il progetto originale della Warner Bros. su Shazam! aveva previsto l’epico scontro tra il supereroe e la sua nemesi, Black Adam appunto, una soluzione esclusa dalla sceneggiatura per dedicarsi con più attenzione al protagonista e alla sua origin story. A quanto pare, il film su Black Adam dovrebbe ispirarsi ai lavori di Geoff Johns dei primi anni duemila.

Margot Robbie paragona la follia di alcune scene di Babylon a The Wolf of Wall Street

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Margot Robbie afferma che le scene della festa di Babylon assomigliano a quelle di The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese. Babylon è un racconto sopra le righe di prossima uscita del premio Oscar Damien Chazelle. La trama si concentra sui temi dell’ambizione e dell’eccesso mentre segue l’ascesa e la caduta di più personaggi nella Hollywood degli anni ’20. Robbie recita in Babylon nei panni di Nellie LaRoy, un personaggio immaginario che è stato costruito tenendo presenti più riferimenti di più attrici realmente esistite.

Come racconta Margot Robbie a Empire, il film ha scene che ricordano la follia di The Wolf of Wall Street. Quando l’attrice ha girato il film con Scorsese, a quanto pare ha pensato che “non sarebbe mai più stata in un film così folle come questo”. Babylon ha sfidato le aspettative di carriera di Robbie, che descrive il film come “folle” con “una quantità vertiginosa di dissolutezza”. “Una delle scene più inquietanti e caotiche a cui abbia mai assistito è in questo film e prevede una lotta con un serpente – spiega Robbie – Non ti dirò chi vince o perde quella battaglia, ma fidati di me, è folle.”

Babylon è un’epica storia originale ambientata nella Los Angeles degli anni ’20. La storia si svolge durante il grande passaggio dell’industria cinematografica dai film muti ai talkie. “Una storia di ambizioni smisurate ed eccessi oltraggiosi, ripercorre l’ascesa e la caduta di più personaggi durante un’era di sfrenata decadenza e depravazione nella prima Hollywood”, si legge nella sinossi.

Protagonisti sono Brad Pitt, Margot Robbie, Diego Calva, Jean Smart, Jovan Adepo, Li Jun Li, P.J. Byrne, Lukas Haas, Olivia Hamilton, Tobey Maguire, Max Minghella, Rory Scovel, Katherine Waterston, Flea, Jeff Garlin, Eric Roberts, Ethan Suplee, Samara Weaving e Olivia Wilde. Al cinema da Gennaio 2023.

Prodotto da Marc Platt, p.g.a., Matthew Plouffe, p.g.a., Olivia Hamilton, p.g.a. , con produttori esecutivi Michael Beugg, Tobey Maguire, Wyck Godfrey, Helen Estabrook, Adam Siegel.

La trama di Babylon

Dal Premio Oscar Damien Chazelle, regista di LA LA LAND e WHIPLASH, un racconto memorabile ambientato nella Los Angeles degli anni ’20. Babylon, una storia di ambizioni smisurate e di eccessi oltraggiosi, che ripercorre l’ascesa e la caduta di molteplici personaggi in un’epoca di sfrenata decadenza e depravazione nella sfavillante Hollywood.

Indiana Jones 5, ecco la reazione di Harrison Ford al suo de-aging

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Indiana Jones 5 si aprirà con una scena in cui Indy affronta ancora una volta i nazisti, e Harrison Ford ha condiviso la sua reazione nel vedersi ringiovanito con il de-aging. Il film però si svolge principalmente negli anni ’60 e vedrà protagonisti Phoebe Waller-Bridge, John Rhys-Davies, Mads Mikkelsen e altri insieme al ritorno della Ford.

Indiana Jones 5 sarà l’ultima volta di Ford con la frusta e il fedora, e l’attore ottantenne si è seduto con Empire per discutere del film in uscita, che presenta una Harrison Fordringiovanito nella scena iniziale che si svolge negli anni ’40. Ford ha condiviso i suoi pensieri sul trovarsi faccia a faccia con il suo io digitalmente più giovane.

“Questa è la prima volta che lo vedo e ci credo. È un po’ inquietante. Non credo di voler nemmeno sapere come funziona, ma funziona. Non mi fa venire voglia di tornare giovane, però, sono contento di essermi guadagnato la mia età.”

Indiana Jones 5 è in gestazione da diversi anni, con il progetto inizialmente sviluppato da Steven Spielberg, prima che egli si ritirasse dal progetto. Il regista di Le Mans ‘66 e Logan James Mangold è poi stato chiamato a dirigere il film, con Harrison Ford confermatissimo nei panni dell’iconico avventuriero. Accanto a lui, in ruoli ancora non meglio chiariti, vi saranno gli attori Phoebe Waller-Bridge e Mads Mikkelsen. Quanto oggi mostrato sembra relativo, oltre allo stesso Jones, proprio ai personaggi interpretati da questi ultimi due attori. Indiana Jones 5 ha una data d’uscita attualmente fissata al 30 giugno 2023.

Black Panther: Wakanda Forever, Ryan Coogler scrive un commosso messaggio di ringraziamento ai fan

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Il co-sceneggiatore e regista di Black Panther: Wakanda Forever Ryan Coogler condivide un’emozionante lettera aperta, ringraziando i fan che hanno visto il film nelle sale. Il film è stato designato Certified Fresh sul sito aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes. Al momento in cui scriviamo, Black Panther: Wakanda Forever ha una valutazione dell’84% da parte della critica e finora ha guadagnato oltre $ 300 milioni al botteghino USA e circa $ 561,7 milioni in tutto il mondo.

I Marvel Studios hanno condiviso un messaggio del regista di Black Panther: Wakanda Forever, Coogler, che ringrazia apertamente coloro che hanno visto il film nelle sale e lo hanno sostenuto attraverso il passaparola e la discussione in generale. Continua e ringrazia il pubblico per aver esercitato la pazienza riguardo a diversi aspetti che potrebbero aver distaccato alcuni spettatori, come la durata, o il fatto che il film racconta anche di argomenti non proprio leggeri, come l’elaborazione del lutto, o ancora il fatto che il film comprenda sei lingue in tutto e che molte parti sono sostenute dai sottotitoli.

Black Panther: Wakanda Forever, la recensione del film Marvel

Il sequel del MCU onorerà il defunto Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità del suo personaggio, T’Challa. Black Panther: Wakanda Forever è arrivato nelle sale l’11 novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI.

Nel film Marvel Studios Black Panther: Wakanda Forever, la Regina Ramonda (Angela Bassett), Shuri (Letitia Wright), M’Baku (Winston Duke), Okoye (Danai Gurira) e le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba) lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia (Lupita Nyong’o) e di Everett Ross (Martin Freeman) e forgiare un nuovo percorso per il regno del Wakanda. Il film presenta Tenoch Huerta nel ruolo di Namor, re di Talokan, ed è interpretato anche da Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e Alex Livinalli.

The Northman arriva su SKY e Now

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The Northman arriva su SKY e Now

Arriva in prima tv su Sky The Northman, film epico sui Vichinghi di Focus Features, firmato dal visionario sceneggiatore e regista Robert Eggers (The Witch, The Lighthouse), mercoledì 23 novembre alle 21.15 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema 4K, in streaming su NOW e disponibile on demand, anche in qualità 4K. 

Con Alexander Skarsgård e un cast corale che include Nicole KidmanAnya Taylor-JoyEthan HawkeWillem Dafoe THE NORTHMAN racconta la storia di vendetta che ha ispirato l’Amleto di Shakespeare e rivisita i miti norreni, le saghe islandesi e le leggende vichinghe attraverso l’attenzione di Eggers sull’arte e i dettagli autentici. La sceneggiatura è di Eggers e del poeta, romanziere, paroliere e sceneggiatore islandese Sjón.

La trama del film

Dal visionario regista Robert Eggers arriva The Northman, un film epico ricco di azione, che racconta la storia di un giovane principe Vichingo che vuole vendicare l’omicidio del padre. Il film ha un cast corale di grandi star, che include Alexander Skarsgård, Nicole Kidman, Claes Bang, Anya Taylor-Joy, Ethan Hawke, Björk e Willem Dafoe.

THE NORTHMAN– Mercoledì 23 novembre in prima tv alle 21.15 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema 4K, in streaming su NOW e disponibile on demand anche in qualità 4K.

Doctor Strange nel Multiverso della Follia, rivelati dei concept eccezionali

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L’artista di Weta Digital Aaron Black, che ha lavorato a Doctor Strange nel Multiverso della Follia, ha condiviso nuovi concept art del film inutilizzati. Le opere d’arte presentano vari design del mondo da incubo che Doctor Strange di Benedict Cumberbatch avrebbe potuto esplorare nel sequel mentre si avventurava nel multiverso.

Uno dei mondi presenti nella concept art raffigura una grande guerra, con zeppelin e aerei nazisti che volano sopra un complesso campo di battaglia che include truppe militari, carri armati, combattenti a cavallo e quello che sembra essere un esercito medievale in cima a una montagna. Un paio di pezzi non raffigurano mondi ma mostrano entità cosmiche in grande dettaglio, inclusa quella che sembra una potente entità tigre. Tutti i concept art condivisi possono essere trovati sul profilo ArtStation dell’artista. Di seguito sono riportati alcuni dei pezzi, incluso il suddetto mondo di guerra.

https://twitter.com/duskybatfishgrl/status/1595300118722641920?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1595300118722641920%7Ctwgr%5E7984c3c5f5d0c103f241c6adb6e90eaab045b632%7Ctwcon%5Es1_&ref_url=https%3A%2F%2Fscreenrant.com%2Fdoctor-strange-2-concept-art-unused-world-designs%2F

Doctor Strange nel Multiverso della Follia: recensione del film con Benedict Cumberbatch

Doctor Strange nel Multiverso della Follia vedrà Benedict Cumberbatch tornare nel ruolo di Stephen Strange. Diretto da Sam Raimi, il sequel vedrà anche Wanda Maximoff/Scarlet Witch (Elizabeth Olsen) assumere un ruolo da co-protagonista dopo WandaVision.

La sceneggiatura del film porterà la firma di Jade Bartlett e Michael Waldron. Oltre a Cumberbatch e Olsen, nel sequel ci saranno anche Benedict Wong (Wong), Rachel McAdams (Christine Palmer), Chiwetel Ejiofor (Karl Mordo) e Xochitl Gomez (che interpreterà la new entry America Chavez). Nel cast è stato confermato anche Patrick Stewart nel ruolo di Charles Xavier. Doctor Strange nel Multiverso della Follia è uscito al cinema il 4 maggio 2022. Le riprese sono partite a Londra a novembre 2020 e avranno luogo anche a New York, Los Angeles e Vancouver. Nel sequel dovrebbe apparire in un cameo anche Bruce Campbell, attore feticcio di Sam Raimi. Al momento, però, non esiste alcuna conferma in merito.

Creed 3: l’avversario interpretato da Jonathan Majors sarà “difficile da odiare”

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Creed 3 sarà incentrato su una tesa riunione tra Adonis Creed e un amico d’infanzia, interpretato da Jonathan Majors, che è stato incarcerato per diciotto anni. Questa dinamica segnerà un allontanamento dai precedenti film di Creed, i cui antagonisti non avevano un legame affettivo con Adonis. Michael B. Jordan ha parlato di questo cambiamento con Empire.

“Penso che abbia un’intensità e una realtà di personaggio che non abbiamo mai visto prima. È un personaggio con i piedi per terra che è antagonista per natura, ma viene da un posto onesto, prova emozioni vere. Non è il cattivo che fa roteare i baffi; volevo che le persone potessero capirlo, per rendere le cose complicate. Penso che quei personaggi siano i più complicati e interessanti da guardare”.

GUARDA LA NUOVA FOTO DI CREED 3

CREED 3 ci mostrerà Adonis Creed in azione contro Jonathan Majors nei panni del misterioso nuovo antagonista del film, Damian Anderson. Il primo trailer del film vede Adonis (Michael B. Jordan) alle prese con il suo successo, ma il suo passato lo raggiunge in grande stile quando un vecchio amico (supponiamo che Adonis avesse qualcosa a che fare con il suo arresto) esce di prigione dopo un periodo di 18 anni dietro le sbarre e si posiziona come il prossimo sfidante di Creed.

I film di Creed non hanno mai deciso di reinventare la storia di Rocky Balboa, ma i primi due sono stati molto efficaci nella posta in gioco di azione/dramma, e quest’ultima puntata sembra essere altrettanto incisiva. CREED 3 è diretto da Michael B. Jordan con Michael B. Jordan, Tessa Thompson, Jonathan Majors e Phylicia Rashad.

Creed 3 – la trama ufficiale

Dopo aver dominato il mondo della boxe, Adonis Creed (Michael B. Jordan) ha prosperato sia nella sua carriera che nella vita familiare. Quando un amico d’infanzia ed ex prodigio della boxe, Damian (Jonathan Majors), riemerge dopo aver scontato una lunga pena in prigione, è ansioso di dimostrare di meritare il suo posto sul ring. Il confronto tra ex amici è più di una semplice rissa. Per regolare i conti, Adonis deve mettere in gioco il suo futuro per combattere Damian, un combattente che non ha nulla da perdere.

Michael B. Jordan si siede per la prima volta dietro la macchina da presa per dirigere questo terzo capitolo del franchise drammatico di boxe. Tessa Thompson e Phylicia Rashad riprenderanno i rispettivi ruoli, ma Sylvester Stallone non tornerà come Rocky Balboa. Zach Baylin e Keenan Coogler hanno scritto la sceneggiatura. Prodotto da Irwin Winkler, pga, Charles Winkler, William Chartoff, David Winkler, Ryan Coogler, Michael B. Jordan, Elizabeth Raposo, Jonathan Glickman e Sylvester Stallone, Creed 3 uscirà nei cinema 2 marzo 2023. Distribuito da Warner Bros. Pictures.

Black Panther: Wakanda Forever e l’arrivo del villain Doctor Doom

Attenzione! Questo artico post contiene SPOILER di Black Panther: Wakanda Forever

Non fraintendiamoci: Black Panther: Wakanda Forever non sancisce il debutto definitivo di Doctor Doom nell’MCU. Tuttavia, il film inserisce un sacco di indizi che alludono all’arrivo del sovrano della Latveria in Black Panther 3. Originariamente, Victor von Doom era un nemico dei Fantastici Quattro e un rivale personale di Reed Richards, ma successivamente nella Marvel Comics ha svolto un ruolo significativo come cattivo per molti altri eroi. 

Il sequel di Black Panther: Wakanda Forever non è ancora stato confermato ufficialmente, ma le possibilità narrative sono state comunque lasciate aperte per il futuro. Stando a Wakanda Forever, Doom potrebbe avere a che fare con le Pantere Nere.

Black Panther: Wakanda Forever introduce l’armatura degli Angeli di Mezzanotte

Black-Panther-Wakanda-Forever-Letitia-WrightUna delle più grandi allusioni all’arrivo di Doctor Doom nell’MCU è la creazione da parte della principessa Shuri dell’armatura degli Angeli di Mezzanotte. Il nome in codice “Angeli di Mezzanotte” è stato creato nel 2010 da Jonathan Maberry e Scot Eaton. Si tratta di una setta d’élite che nasce per portare a termine l’assassinio del Dottor Doom durante la sua invasione del Wakanda in cerca di vibranio.

Dal momento che sono state usate nella battaglia finale contro Namor e il suo regno sottomarino, è ovvio che le tute indossate dagli Angeli di Mezzanotte torneranno nel sequel di Black Panther: Wakanda Forever. In tal caso, gli Angeli di Mezzanotte dovranno per forza essere schierati con Wakanda per difenderlo da Doom e dalle sue legioni. 

Namor predice scontri futuri tra il Wakanda e le altre nazioni

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Dopo la sconfitta di Namor da parte di Shuri, Wakanda e Talokan accettano la tregua. In uno dei momenti finali di Black Panther: Wakanda Forever, Namor si arrabbia perché Kulkulkan accetta di cessare il fuoco. Tuttavia, Namor si mette il cuore in pace solo perché ha la convinzione che altre nazioni verranno ad attaccare il Wakanda nel prossimo futuro. E, quando ciò accadrà, Talokan sarà visto come un alleato e una fonte di forza per il Wakanda, cosa che darà a Namor e al suo regno una grande dignità.

Secondo le parole di Namor, anche Latveria, la nazione del Doctor Doom, potrebbe attaccare il Wakanda. Probabilmente Doom sta semplicemente aspettando il momento giusto per colpire il paese e reclamare una delle risorse più preziose dell’intero pianeta. In tal caso, il sequel di Black Panther: Wakanda Forever potrebbe essere una grande battaglia tra i grandi governanti di Wakanda, Talokan e Latveria. 

Il vibranio potrebbe potenziare enormemente i poteri di Doctor Doom

Nella Marvel Comics, il vibranio si rivela un materiale preziosissimo. È una fonte incredibilmente unica, non solo per la sua resistenza e per la varietà di applicazioni nel mondo fisico, ma anche per la sua capacità di amplificare e incanalare i poteri soprannaturali. È proprio il potere magico del vibranio che spinge Doctor Doom a invadere il Wakanda in Doomwar. 

Uno dei motivi per cui Doom è così formidabile nell’Universo Marvel è il fatto che è un uomo di scienza e di magia. Victor è un genio del male con un intelletto che lo avvicina a Mr. Fantastic, ma è anche uno stregone esperto che ha conosciuto faccia a faccia Doctor Strange. Tenendo tutto questo a mente, il Doctor Doom potrebbe fare un sacco di danni con le riserve di vibranio del Wakanda. Questo è uno dei motivi principali per credere che Doom sarebbe il cattivo perfetto per il sequel di Black Panther: Wakanda Forever.

Ironheart crea un collegamento con Infame Iron Man di Doctor Doom

Armor Wars Infamous Iron ManAnche il debutto di Ironheart (Riri Williams) in Black Panther: Wakanda Forever è un buon segno per l’arrivo di Doctor Doom nell’MCU. Nei fumetti, in una delle prime apparizioni come successore di Iron Man, Riri incontra Victor von Doom. Nell’episodio, nel tentativo di riscattarsi Doom si impossessa del mantello di Tony Stark e diventa Infame Iron Man. Doom prova ad essere un eroe ma viene ostacolato da Mephisto e da Hood e torna al suo tipico status di super criminale dell’universo Marvel. Ugualmente, Doom potrebbe arrivare nell’MCU come Infame Iron Man per poi diventare un cattivo nel sequel di Black Panther: Wakanda Forever.

Spaccaossa, la recensione del film di Vincenzo Pirrotta

Spaccaossa, la recensione del film di Vincenzo Pirrotta

Difficile considerarlo un esordiente, dopo tanti anni di attività e un curriculum nel quale si affaccia anche il grande cinema, ma che spazia dalla letteratura al teatro. Dove, come regista, Vincenzo Pirrotta ha raccolto diversi riconoscimenti, prima di scegliere di mettersi alla prova dietro la macchina da presa. Verrebbe da aggiungere ‘finalmente’ a vedere lo Spaccaossa che Luce Cinecittà distribuisce nelle sale dal 24 novembre, e nel quale l’artista partinicese è interprete e sceneggiatore. Insieme – eccezionalmente, in un film che non li vede apparire in scena – a Ficarra e Picone, sempre più in stato di grazia dopo la splendida prova offerta ne La stranezza di Roberto Andò e qui in veste anche di produttori.

Una storia vera, un male profondo

Tutto nasce “da quando una notizia di cronaca ha conquistato i miei pensieri assumendo le fattezze di un cancro da espellere” spiega lui stesso, rendendo l’intensità e la forza di una vicenda che sarebbe riduttivo descrivere come una delle tante storie di criminalità e sfruttamento ambientate nel nostro Sud e in Sicilia. Un racconto che piano si insinua e diffonde, via via che il quotidiano arrangiarsi del protagonista ci mostra il suo privato, le sue personali disperazioni e quelle dei tanti che attraverso lui arriviamo a conoscere.

Delinquenti e vittime, volontarie ma non per questo meno tormentate, ugualmente costretti nello stesso inferno. Quello di un magazzino di Palermo dove si svolge l’attività di una organizzazione usa a frantumare braccia e gambe di consenzienti malcapitati, disposti a farsi spaccare le ossa per intascare una minima parte dei lauti indennizzi assicurativi risultanti dalla truffa. Il lavoro di Vincenzo è quello di reclutare i candidati tra i miserabili della città, spesso persone conosciute, amici di amici, o alle quali è legato in maniera particolare, come la Luisa di Selene Caramazza, tossica e vagabonda. Almeno fino a quando anche lui non finisce per avere problemi economici.

L’inferno degli spaccaossa

Sono molti gli sguardi con i quali si può osservare il dramma messo in scena, e su più livelli. Per la verità della storia raccontata senza giudizi o complessi di superiorità, e per l’equilibrio trovato nel farlo. Che evita ci si affidi a un ‘banale’ crescendo o a un’abituale sommatoria di crisi e conflitti, ma riesce a trarre il meglio dai tanti attori coinvolti, tutti ben diretti e inseriti nella composizione. Da Simona Malato, Maziar Firouzi, Gabriele Cicirello, Paride Cicirello, Maurizio Bologna, Claudio Collovà e la Rossella Leone moglie di Ficarra, ai vari Giovanni Calcagno, Filippo Luna e Luigi Lo Cascio tutti svolgono il proprio compito, con Ninni Bruschetta in particolare evidenza, al pari della Aurora ‘Rory’ Quattrocchi, capace persino di aggiungere un brivido horror alla sua caratterizzazione della ‘povera’ madre del nostro eroe.

Appare meritato, dunque, il consenso ottenuto dalla critica e dagli addetti ai lavori dopo la presentazione in anteprima nell’ambito delle Giornate degli Autori dell’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Al quale ci si augura segua un adeguato successo di pubblico, e di botteghino, nonostante i preoccupanti livelli medi del box office italiano. Perché non sono molti i film capaci di toccare lo spettatore senza approfittare di ricatti morali o pornografia di vario genere, e di sorprendere con lo spettacolo di una realtà che ci circonda e che non sempre sembriamo – potere, o volere? – vedere per come si mostra.

Il ritmo, la fotografia (di Daniele Ciprì), le musiche, tutto concorre alla creazione di un’inerzia travolgente pur nella sua apparente fissità, di un intorno all’interno del quale diventa meno difficile comprendere una sottocultura fatta di droga, violenza e ludopatia. E con un piccolo sforzo di fantasia, o umanità, riuscire a trovare le similitudini con un approccio culturale ed esistenziale, ormai comune, che subordina tutto al risultato, all’appartenenza a una ristretta cerchia e alla fruizione di supposti benefici. Come se principi, dignità o senso di giustizia non servissero nel futuro che, coerentemente, il film e i suoi personaggi disegnano, nero, malato, privo di speranza, senza scampo.

Pinocchio, la recensione del film di Guillermo del Toro

Pinocchio, la recensione del film di Guillermo del Toro

Il regista messicano è pronto a tornare in grande stile con il suo Pinocchio di Guillermo del Toro, in maniera più semplice Pinocchio, rivisitazione della storia di Carlo Collodi Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. La scelta di inserire il suo nome nel titolo della pellicola è chiara: il racconto qui proposto non è lo stesso di quello conosciuto, c’è la sua rilettura.

L’idea di costruire un nuovo universo del burattino di legno nasce al regista messicano nel 2008, un progetto molto ambizioso che però vede nel 2017 una rinuncia anche a causa dei costi troppo elevati del film. Per fortuna Netflix nel 2018 decide di acquistarne i diritti, mettendo di nuovo in moto la sua lavorazione. Il prodotto è un film d’animazione realizzato con la tecnica dello stop-motion, e arriverà nelle sale cinematografiche dal 4 dicembre e su Netflix dal 9 dicembre.

Pinocchio di Guillermo del Toro, la trama

Prima Guerra Mondiale. Geppetto (David Bradley) è un falegname che vive in un paesello nel Nord Italia insieme a suo figlio Carlo, al quale insegna l’arte dell’artigianato. Una sera, ultimato un lavoro che l’uomo aveva fatto in chiesa, i due vengono colpiti da un bombardamento aereo, che causa la morte di Carlo. Il lutto per la perdita del figlio porta Geppetto a consolarsi nelle bottiglie di alcol, consumate sulla lapide del bambino.

È ora il ventennio fascista. Dopo essere rientrato da una delle sue solite visite alla tomba, preso da un momento di collera, il falegname inizia a intagliare su un pezzo di legno grezzo una sorta di burattino incompleto. Nella notte, però, uno Spirito (Tilda Swinton) dall’aspetto etereo giunge in casa per regalargli la vita, dando la possibilità a Geppetto di essere nuovamente felice. Non appena questo prende vita, diventando Pinocchio (Gregory Mann), le avventure che deve subito affrontare insieme al grillo Sebastian (Ewan McGregor), per rendere orgoglioso il padre, lo portano faccia a faccia con la vera dittatura.

Dentro il racconto di del Toro

Se Guillermo del Toro avesse dovuto presentare il suo Pinocchio esattamente come introduce i racconti estraendo oggetti dal suo wunderkammer in Cabinet of Curiosities, avrebbe esordito così: “Questa è la storia di un burattino di legno, pregna però di sfumature oscure, contorni crudi e verità forse inaccettabili. Questo, signori, non è il Pinocchio che conosciamo”. E non c’è niente di più vero.

Le opere di Del Toro si distinguono principalmente per tre fattori: lo sfondo politico, l’atmosfera pseudo religiosa, lo spazio gotiche. E qui, nel suo Pinocchio, tali caratteristiche si presentano tutte in maniera equilibrata, evidenziando la sua impronta registica – e stilistica – che si estende a macchia d’olio lungo l’impianto narrativo del film. D’altronde, se non avesse potuto marchiare la storia di Collodi seguendo i dettami della sua arte, probabilmente il film non sarebbe mai esistito.

Il regista apre la finestra della realtà credibile sull’universo di Pinocchio, proponendo un racconto in cui condizione umana e politica si intrecciano e si fondono. Del Toro opera allo stesso modo di Il labirinto del fauno, rinunciando però qui alle eccessive sfumature fiabesche, il cui guizzo si può riscontrare piuttosto negli insegnamenti di vita che il burattino assorbe nel suo percorso di crescita. Questi, infatti, arricchiscono la trama di continui moniti, veicolati allo spettatore attraverso tematiche sulle quali spesso si ha timore di soffermarsi: la storia e l’evoluzione, a volte terribile, del genere umano.

Quello che porta al cambiamento e alla crescita, a maggior ragione se inserito in un avvenimento storico di rilievo quale – in questo caso – il periodo ostico della dittatura, non può essere mostrato attraverso colori sgargianti e morbidi climax, ma piuttosto esposto con una crisi profonda e un ostacolo, quello sociale e politico, che va al di là degli happy ending. È questa l’opera di Del Toro.

Pinocchio di Guillermo del Toro film 2022
Cr: Netflix © 2022

Una “favola” antifascista

In una sceneggiatura che ha prediletto il taglia e cuci, il regista spoglia la storia della sua bellezza favolistica, riducendo Pinocchio agli elementi essenziali in grado di far virare ad una narrazione molto più impattante a livello contenutistico. Del Toro fa camminare il suo burattino nelle difficoltà di una Italia intrappolata nel ventennio fascista, in un contesto di assoggettamento del popolo al suo Duce, dalle cui labbra pendono tutti i personaggi che Pinocchio incontra lungo il cammino, e di cui si serve per prendere consapevolezza.

L’ambiente politico è il primo vero tema caldo dello script, in cui emerge l’inclinazione del burattino a non soccombere come gli altri al Podestà, uno dei principali villain che vede in lui un’arma indistruttibile ai fini della guerra – essendo immortale – e di cui le truppe militari fasciste possono farne uso. Ciò che corrode l’intero villaggio in cui Pinocchio è “nato”, ma che si annida come muffa in tutto lo stivale, è la famosa propaganda “Il Duce ha sempre ragione”, seguita da un discorso dittatoriale che seppur non si senta, si riesce a percepire: “La libertà senza ordine e senza disciplina significa dissoluzione e catastrofe.”

Il tessuto del film si districa proprio attraverso questo concetto “Mussoliniano” a cui Pinocchio si ribella, imponendosi come individuo capace di fare la differenza a dispetto di chi, con credenze bigotte di fronte al suo essere “semplicemente di legno” – seppur venerino Gesù, fatto di legno, sulla croce – lo reputi una maledizione e un’opera del Diavolo. Eppure lui, nonostante sia di pino, si rivela essere più umano di quelli fatti di carne e ossa poiché, al contrario di come succedeva all’epoca di Benito Mussolini, riesce ad esercitare il libero arbitrio. Ecco dunque la morale principale del regista: essere diversi, e in questo caso sovversivi, può divenire un atto salvifico.

Una storia di fragilità umana

Sin dalle prime inquadrature, il cui ricco setting evidenzia una minuziosa lavorazione del profilmico, è chiaro ciò che Del Toro porterà all’occhio attento dello spettatore: questa è una fiaba che non sa di meraviglia, sa di verità. Da Steve Barron, passando a Robert Zemeckis e finendo a Roberto Benigni, l’avventura coming of age di Pinocchio è sempre stata smorzata da toni prevalentemente caramellosi e semplici, il cui obiettivo era viaggiare sulle ali della fantasia, più che impegnarsi in un reale racconto di formazione. E alla domanda “cosa si cela dietro la storia di Pinocchio?” fino ad oggi è riuscito a rispondere esaustivamente solo il regista messicano.

Nelle pellicole antecedenti la rivisitazione deltoriana, Geppetto è stato designato come un uomo il cui desiderio era avere un figlio a cui donare tutto l’amore di cui avesse bisogno. Ma nessuno, fino ad oggi, aveva tentanto di esplorare davvero il passato del falegname per capire da cosa potesse derivare tale necessità, fornendo solo qualche informazione poco dettagliata a riguardo. Del Toro invece osa. E osa più che bene. Entra nella condizione di fragilità umana di Geppetto e ne restituisce una versione cruda e senza filtri di un uomo lacerato dal lutto, il cui avvenimento lo ha condotto sulla strada dell’alcolismo mentre piange disperato sulla lapide del suo bambino, Carlo.

Carlo, un figlio strappato troppo presto dalle braccia del padre per colpa dei bombardamenti della Prima Guerra Mondiale; un bambino vittima della guerra come tanti altri; un figlio, che diventa il figlio di tutti, il cui padre non è riuscito ad accettare la sua morte improvvisa, e che nel tentativo di addormentare un dolore che brucia costantemente nel petto, si abbandona tristemente a se stesso. Entrare in contatto profondo con il background di Geppetto prepara emotivamente alla storia. Accende il processo dell’identificazione e permette alla fruizione di essere molto più densa e, per certi versi, molto più difficile ma necessaria per una mise en scene il cui elemento realistico è garantito.

Comprendere a pieno chi fosse Geppetto prima di Pinocchio, imprime di valore il rapporto dell’uomo con il burattino di legno. Se all’inizio il falegname era restio ad accettare la sua presenza a causa della ferita ancora aperta di Carlo, il loro tendersi progressivamente la mano per costruire un legame di fiducia reciproco, conferisce alla nascente relazione padre-figlio il taglio del vero amore.

Bellezza stilistica

Se Del Toro ha impiegato diverso tempo per la produzione del suo Pinocchio, la visione del prodotto ne fa capire il motivo. La tecnica dello stop-motion non è di sicuro un “metodo” semplice per costruire delle pellicole, specie se in termini di minutaggio queste risultino essere lunghe. Basti pensare che per un movimento del personaggio ripreso, bisogna scattare precisamente 24 fotogrammi e le espressioni facciali, seppur impercettibili, devono essere diverse. Eppure, ogni personaggio che entra a far parte di questo lungometraggio è pieno di sfaccettature, di dettagli, di cura. L’attenzione e la minuzia nel disegnarli e portarli in vita è evidente: passando dai tratti del grillo, che seppur non abbia un volto umano sa trasmettere tutte le emozioni che prova, e finendo a quelli di un Geppetto le cui lacrime che solcano il viso sembrano reali.

L’ambiente, poi, è ben studiato. Di solito, lo spazio-tempo attorno ad un personaggio deve essere molto pieno nei fumetti per restituire al lettore un orientamento della scena. Al cinema, l’ambiente ha senz’altro una sua importanza e rilevanza, ma molto fa la bravura degli attori e non è sempre scontato che quando invece si tratti di dare vita ad un film d’animazione, che potrebbe essere paragonato ad un fumetto, si ponga accortezza sul luogo. Nel Pinocchio di Del Toro, invece, il setting principale, rappresentato dal villaggio, sembra condurre realmente nel paesello arroccato nel Nord Italia. Non c’è senso di vuoto, ma pienezza completa e misurata, senza la presenza di elementi superflui. La scelta cromatica, seppur ampia, predilige come sempre nel cinema deltoriano la prevalenza dell’ambra, che garantisce un”atmosfera sia magica che realistica. Il tutto, poi, amalgamato con le spettacolari musiche di Alexandre Desplat.

Pinocchio di Guillermo del Toro risulta perciò un film la cui bellezza favolistica cede il passo a quella reale, i cui tratti spesso sono crudi ma mai eccessivi. Il suo essere un film antifascista lo trasforma in un inno alla libertà in cui il suo protagonista dimostra che a volte, anche se c’è meno fiaba, si può sempre indirizzare un messaggio d’amore, di patria e di crescita. E così Del Toro ci ricorda che tutte le favole, alla fine, nascono da frammenti di realtà rielaborati. Ed è per questo che dall’altra parte noi riusciamo a imparare.

Il prodigio: recensione del film con Florence Pugh

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Il prodigio: recensione del film con Florence Pugh

Proiettato per la prima volta il 2 settembre in occasione del Telluride Film Festival, il prodigio è la nuova pellicola diretta dall’argentino Sebastian Lelio (Disobedience).  La sceneggiatura, tratta dall’omonimo romanzo di Emma Donoghue, è nata dalla collaborazione di quest’ultima insieme a Lelio e ad Alice Birch. Nel cast ritroviamo spiccare la stella nascente del cinema contemporaneo Florence Pugh (Piccole donne, Don’t worry, darling) nel ruolo dell’infermiera inglese Elisabeth Wright. Il film è già stato candidato per ben 12 categorie per i British Independent Film Awards, tra cui anche per la miglior regia, miglior performance protagonista e miglior performance esordiente per Kìla Lord Cassidy nei panni della piccola Anna.

Un miracolo irlandese

Irlanda 1862: Elisabeth Wright è un’infermiera chiamata in un piccolo villaggio irlandese per assistere una bambina, Anna. Giunta a destinazione, scopre dal comitato di medici e chierici che si occupano della questione che Anna è perfettamente sana: l’unica anomalia è che non mangia da quattro mesi. Mentre i preti del villaggio e la famiglia della piccola tendono a credere che si tratti di una sorta di miracolo divino, un medico vuole scoprire come razionalmente questo possa essere possibile. Per questo motivo viene dato a Elisabeth e ad una suora il compito di sorvegliare Anna giorno e notte per scoprire come possa sopravvivere senza nutrirsi. La bambina afferma di nutrirsi di manna dal cielo. Pur avendo vietato il comitato ogni contatto con la paziente, tra l’infermiera e la piccola si instaura un rapporto sempre più stretto. Ciononostante, Elisabeth, decisa a scoprire il segreto di Anna, evita che lei abbia alcun contatto con altre persone, compresi i suoi familiari: a questo punto, le condizioni fisiche della bambina iniziano a peggiorare terribilmente.

Il prodigio
L’infermiera Wright visita Anna

Il prodigio: In. Out.

Già dai primi attimi de Il prodigio è possibile carpire l’originalità del film: la prima scena si apre su un set cinematografico. Una voce narrante introduce le vicende e la sua protagonista, mentre l’occhio dello spettatore è lasciato libero di vagare per il set, fino a soffermarsi su una scena specifica, da cui prende il via la storia. Con il volgersi alla fine della pellicola, si ha un ritorno nella realtà del set cinematografico. Questo è un tentativo da parte del regista di rompere la quarta parete, instaurando un contatto più diretto con il pubblico: diventa chiaro anche nel momento in cui alcuni personaggi durante le vicende guardano fisso nella macchina da presa, guardano gli spettatori. La rottura della quarta parete qui però è parziale, neanche paragonabile allo stile di Woody Allen (Io & Annie), in cui il pubblico diventa un vero interlocutore.

Un elemento che spicca ne Il prodigio è la performance di Florence Pugh. L’attrice con ogni suo ruolo sta andando ad affermare sempre di più la sua bravura, aggiudicandosi un posto tra le stelle della nuova generazione del cinema Hollywoodiano. Elisabeth Wright è una donna forte, indipendente, ha perso la fede in Dio ed ha una visione razionale del mondo. Con la sua intelligenza prima fa di tutto per smascherare l’inganno di Anna, e poi cercherà di proteggerla e guarirla quando ella diviene più debole e deperita. Nel buio della sua camera, Elisabeth, Lib, nasconde i segreti del suo passato in un piccolo fagotto: due calzettine di lana da neonato ed una boccettina con una sorta di sciroppo, magari una qualche forma di oppiaceo, ed un ago. Si tratta del fantasma della sua vita passata, suo marito e sua figlia, morta poche settimane dopo la sua nascita. Un personaggio certamente molto complesso, che però, tramite l’interpretazione della Pugh, trasmette tutta la sua tenacia al pubblico.

“We are nothing without stories”

Una tematica focale ne Il prodigio è proprio quella delle storie, o meglio del potere che una credenza può avere su un individuo. Anna e la sua famiglia hanno una fede ceca in Dio, giustificano il dolore della vita terrena come necessario per la pace eterna in paradiso dopo la morte. Il ruolo della religione si va a delineare maggiormente nella seconda metà del film, ma fin da subito si può notare la persistente presenza della fede nella vita della famiglia: le continue preghiere bisbigliate dalla bambina, trenta tre volte, la quasi totale assenza di preoccupazione da parte dei genitori verso Anna. Per quanto  la fede possa dare all’uomo una speranza perenne, il fanatismo può portare effetti terribili, può rendere l’uomo un essere ceco e irrazionale.

Mystic River: libro, trama e cast del film di Clint Eastwood

Mystic River: libro, trama e cast del film di Clint Eastwood

Un monumento vivente del cinema come Clint Eastwood non sembra sbagliare mai un colpo, nemmeno raccontando una storia semplice, e molto americana, come quella di Mystic River. Considerato uno dei suoi maggiori capolavori, il film del 2003 è un cupo thriller incentrato su un difficile caso di omicidio che coinvolge tre personaggi un tempo amici stretti. In un America dove la violenza è all’ordine del giorno, scegliere di chi fidarsi diventa una responsabilità non da poco, e Eastwood porta in scena tutto ciò con il grande gusto che da sempre contraddistingue la sua messa in scena. Il film non è però una storia originale, bensì la trasposizione del romanzo La morte non dimentica.

Scritto da Dennis Lehane, uno dei maggiori romanzieri statunitensi, che con questo libro del 2001 trovò fama mondiale. In questo si ritrova non solo una grande storia noir, ma anche uno studio approfondito di personaggi psicologicamente complessi, ognuno con i suoi lati di luci e tenebre. Arrivato all’attenzione di Eastwood, che vi ritrovò molti dei temi a lui cari, il romanzo venne presto opzionato e trasformato in film. Questo avrebbe dovuto essere girato in Canada, ma il regista insistette affinché le riprese avvenissero a Boston, vera ambientazione della storia. Presentato poi in concorso al Festival di Cannes, Mystic River non ottenne qui alcun riconoscimento se non il plauso della critica.

Arrivato in sala, però, si affermò come un grande successo economico. A fronte di un budget di 30 milioni di dollari, il film arrivò ad incassarne circa 156 in tutto il mondo. Divenne poi uno dei protagonisti della stagione dei premi, ottenendo sei nomination agli Oscar e vincendone due. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alle differenze con il romanzo. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Mystic River: la trama del film

La storia si apre nel 1975, quando Sean, Jimmy e Dave non sono che tre ragazzini, amici inseparabili proiettati a loro insaputa verso un cupo destino. La loro infanzia termina infatti il giorno in cui Dave viene rapito e abusato sessualmente. Pur riuscendo infine a tornare a casa, nulla sarà più come prima. Venticinque anni dopo, la quiete di Boston viene nuovamente sconvolta dal brutale omicidio di Katie, la figlia di Jimmy. Disperato, questi inizia a cercare una propria personale vendetta, mentre sul caso investiga Sean, ora poliziotto. I loro sospetti finiranno per ricadere proprio su Dave, il quale sembrerebbe poter aver avuto più di un motivo per commettere quel delitto. In un susseguirsi di accuse e sospetti, il sangue chiamerà necessariamente altro sangue e la vendetta troverà infine il modo di compiersi, giusta o meno che sia.

Mystic River film

Mystic River: il cast del film

Ad interpretare il principale protagonista del film, Jimmy Markum, è l’attore Sean Penn. Questi fu da subito la prima scelta di Eastwood per il ruolo, e con la sua performance l’attore arrivò a vincere il suo primo Oscar come miglior attore. Per dar vita a Jimmy, Penn cercò di calarsi quanto più possibile nella mentalità del personaggio e della città di Boston. Il risultato è un’interpretazione struggente e particolarmente complessa per quantità di emozioni manifestate. Il ruolo del poliziotto Sean Devine era originariamente stato affidato a Michael Keaton, il quale aveva anche iniziato a fare diverse ricerche per questo. Un mese prima dell’inizio del set, però, egli lasciò il film a causa di un litigio con Eastwood. Venne allora sostituito da Kevin Bacon, il quale si recò a lavorare in un ufficio di polizia in preparazione al ruolo.

Tim Robbins, celebre per il film Le ali della libertà, interpreta invece il problematico Dave. Un ruolo particolarmente complesso, grazie al quale egli vinse l’Oscar come miglior attore non protagonista. Nel film sono poi presenti altri noti attori come Laurence Fishburne, nei panni del sergente Whitey, collega di Sean. Marcia Gay Harden è invece Celeste Boyle, la moglie di Dave. Anche lei ha ottenuto la candidatura all’Oscar per la sua interpretazione, senza però vincere. Laura Linney, invece, interpreta Annabeth Markum, moglie di Jimmy. È inoltre presente l’attore Eli Wallach, il quale ha un breve cameo nei panni del signor Loonie. Questi, grande amico di Eastwood sin dai tempi di Il buono, il brutto, il cattivo, raccontò di aver girato la propria scena in un’unica ripresa, tanto l’intesa tra lui e l’amico regista era forte e chiara.

Mystic River: le differenze tra il libro e il film

Nell’adattare il celebre romanzo si è cercato di rimanere quanto più fedeli possibile alla storia scritta da Lehane. Vi sono però inevitabilmente alcune differenze, che hanno permesso al racconto di acquisire una forma più consona al mezzo cinematografico. Il primo di questi si ritrova nella scoperta di quanto accaduto a Katie, la figlia di Jimmy. Il film lo spettatore viene a conoscenza della sua morte dopo i primi 30 minuti, mentre nel libro la ricerca della ragazza dura molto di più, e permette all’autore di descrivere minuziosamente il contesto della città. Allo stesso modo, anche il personaggio di Dave è particolarmente semplificato. Nel romanzo, questi è estremamente complesso psicologicamente e attanagliato dai traumi della sua infanzia, legati alla pedofilia. Nel film tutto ciò è presente, seppur in maniera meno evidente.

Anche la storia personale del poliziotto Sean è qui in parte tralasciata per favorire la trama principale. Nel romanzo, infatti, il rapporto con la moglie da cui è separato è maggiormente approfondito, mentre nel film questo è lasciato sullo sfondo. Particolarmente diversa è anche la rappresentazione della scena d’apertura del film, legata al rapimento di Dave. I tre amici, infatti, nel film stanno giocando lungo la strada e vengono avvicinati da due estranei, entrambi anziani. Nel romanzo, invece, si trovano vicino la stazione dei treni, e i due sequestratori sono uno giovane e biondo e l’altro anziano. Molti degli aspetti di questo rapimento sono sintetizzati nel film, così da permettere di far rientrare un romanzo di oltre 400 pagine in due ore di racconto.

Mystic River: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Mystic River è infatti disponibile nel catalogo di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Infinity, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà semplicemente iscriversi, in modo del tutto gratuito alla piattaforma. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà a disposizione un determinato limite temporale entro cui effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno mercoledì 23 novembre alle ore 21:00 sul canale Iris.

Fonte: IMDb

Judy: trama, cast e la vera storia dietro il film

Judy: trama, cast e la vera storia dietro il film

Icona del cinema hollywoodiano degli anni Quaranta, Judy Garland ha avuto una vita tanto ricca di successi quanto anche di profondi drammi personali. Dietro la sua fortunata carriera cinematografica, si nascondeva infatti una donna fragile, segnata dai numerosi matrimoni falliti e dalla dipendenza di farmaci. Eppure ridurla a ciò non le farebbe giustizia e anche per questo il film del 2019 Judy (qui la recensione) si è impegnato a far riscoprire la Garland, proponendola senza filtri in tutta la sua complessità emotiva, tra successi e insuccessi. Diretto da Rupert Goold, attivo principalmente in campo teatrale, il film è dunque una struggente biografia della donna oltre la diva.

Scritto da Tom Edge, il film è basato sul dramma teatrale di Peter Quilter End of the Rainbow, un chiaro riferimento all’arcobaleno del film Il mago di Oz e del brano intitolato appunto Somewhere Over the Rainbow, che rese celebre la Garland. A lungo atteso, Judy ha dunque raccontato risvolti meno noti della vita della diva, ottenendo ampi consensi di critica e pubblico. Nel corso della stagione dei premi di quell’anno è poi stato un grande protagonista, vincendo importanti riconoscimenti, in particolare quelli come miglior attrice a Renée Zellweger, interprete malinconica della Garland.

Per molti Judy è uno dei biopic più affascinanti degli ultimi anni, che non ha la pretesa di raccontare tutto ma si concentra su alcuni particolari per giungere ad un ritratto complessivo della vita dell’artista. Per gli appassionati del genere e per riscoprire la Garland, è un titolo da non perdere. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà utile approfondire alcune curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori e alla vera storia Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Judy: la trama e il cast del film

Il film si apre sul 1968, quando Judy Garland è una donna ormai esausta dalla vita e con innumerevoli problemi privati a gravare sulle sue spalle. Piena di debiti, con diversi matrimoni alle spalle e con una voce ormai non più iconica come un tempo, Judy trova conforto soltanto nei figli Lorna e Joey, per i quali deve comunque combattere per ottenerne la custodia. In cerca di soldi e nuovi lavori, la Garland si sposta in lungo e in largo, non potendo però fare a meno di ripensare agli inizi della sua carriera, quando aveva il controllo della sua vita e tutto sembrava dover andare per il meglio.

Come anticipato, ad interpretare la Garland vi è l’attrice Renée Zellweger. Per lei, interpretare la protagonista è però stata una sfida non da poco. Si è infatti dovuta allenare a livello vocale per oltre un anno, oltre a sottoporsi ad alcuni interventi di trucco per rendere maggiore la somiglianza con la Garland. Grazie alla sua struggente performance, la Zellweger si è poi aggiudicata il suo secondo premio Oscar. Accanto a lei, nei panni dei figli Lorna e Joey vi sono gli attori Bella Ramsey e Lewin Lloyd, mentre Jessie Buckley è l’assistente Rosalynd Wilder e Rufus Sewell è Sidney Luft, terzo marito della Garland.

Judy cast

Judy: le differenze tra il film e la vera storia

Nell’adattare il dramma teatrale e fare riferimento alla vera vita della Garland, lo sceneggiatore, il regista e i produttori di Judy hanno cercato di rimanere fedeli ad alcuni aspetti, modificando solo ciò che era necessario modificare. Innanzitutto, come mostrato nel film, risulta essere vero che i produttori della MGM incoraggiarono la Garland ad assumere anfetamine per il controllo dell’appetito, così che potesse preservare la propria immagine. Ciò la portò naturalmente a sviluppare una dipendenza da farmaci. A procurare tali pillole all’attrice fu proprio la madre, la quale proiettava nella figlia i suoi sogni infranti di divenire una celebrità.

Altra figura particolarmente tirannica nella vita della Garland, come mostrato nel film, è quella del produttore Louis B. Meyer, il quale ebbe un profondo controllo sulla vita artistica e privata della giovane. Quando nel 1949 la Garland venne licenziata dalla MGM, l’attrice tentò realmente il suicidio e riuscì a riprendersi dalla sua crisi personale solo dopo un lungo soggiorno in ospedale. In quegli anni la vita privata della Garland era infatti non solo segnata dalle sue dipendenze, ma anche dai matrimoni falliti. In particolare, a segnarla, fu l’aver perso la custodia dei figli Lorna e Joey nei confronti del terzo marito, Sidney Luft.

Concentrandosi poi sull’ultimo periodo di vita della Garland, il film ce la racconta in bancarotta e pronta a recarsi a Londra nella speranza di esibirsi in alcuni locali. Entrambi questi aspetti sono veri, in quanto negli ultimi anni di vita la Garland era piena di debiti e cercò riparo a Londra per poter ottenere qualche nuovo impiego. L’attrice fu infine ritrovata morta il 22 giugno del 1969, a quarantasette anni. Si pensò inizialmente ad un suicidio, ma l’autopsia riportò che si trattò di una morte accidentale dovuta ad un’eccessiva assunzione di barbiturici in un lungo arco di tempo.

Judy: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Judy grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play e Apple iTunes. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 23 novembre alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb, HistoryvsHollywood

Gli occhi del diavolo, recensione dell’horror di Daniel Stamm

Gli occhi del diavolo, recensione dell’horror di Daniel Stamm

Il regista tedesco Daniel Stamm torna sul tema delle possessioni diaboliche dopo L’ultimo esorcismo del 2010, con il suo nuovo film Gli occhi del diavolo che sarà in sala dal 24 novembre.

All’epoca al botteghino aveva riscosso un gran successo, portando a casa un incasso nettamente superiore alle spese. Così come era stato (un po’ meno, forse) anche per 13 peccati del 2014, un horror dal ritmo frenetico di cui aveva anche scritto la sceneggiatura, pur essendo il remake di una pellicola thailandese del 2006.

La trama di Gli occhi del diavolo

Questa volta la storia sorge da un’idea dello sceneggiatore Robert Zappia, che proveniva già dal genere horror per Halloween – 20 anni dopo del 2008 e che ha scritto Gli occhi del diavolo insieme a Todd e Richey Jones. Qualche anno fa, infatti, era incappato in un articolo di giornale che raccontava come negli ultimi decenni ci fosse stata un’incredibile crescita di casi di possessione e, quindi, di richieste di aiuto nei confronti di sacerdoti esorcisti, soprattutto a fronte di un aumento del rapporto delle une rispetto agli altri. Così il film inizia con il colpo di genio per ovviare alla minaccia di un’invasione di satana e i suoi seguaci: l’apertura di nuove scuole per aspiranti esorcisti.

Suor Ann (Jacqueline Byers) è una giovane e promettente consacrata che lavora come infermiera nell’istituto che negli Stati Uniti è preposto allo scopo dell’addestramento di preti. La ragazza si affeziona in particolar modo ad una bimba (Posy Taylor) ricoverata tra i pazienti che lei assiste, che però pare manifestare nei suoi confronti un interesse non propriamente innocente, cosa che la introdurrà nel percorso per diventare la seconda donna esorcista nella storia.

Gli occhi del diavolo apre dunque le sue danze, seguendo per bene le tracce dei suoi innumerevoli predecessori, tra cui il primo fra tutti: L’esorcista di William Friedkin del ’73. Ma, a parte la variante della protagonista femminile, non aggiunge praticamente nulla di nuovo né dal punto di vista dell’intreccio né, men che meno, da quello delle immagini.

Probabilmente, di fatto, vedere sullo schermo Suor Ann lottare con i propri demoni fisici e psichici, del passato e del presente, conficca il perno dell’attenzione sui principali dolori di cui questo tempo storico così tanto soffre. È naturale che non ci sia innovazione neanche da quel punto di vista, ma se c’è una piccola attualizzazione del genere rispetto ai suoi antenati, si può giusto trovare in queste minime varianti.

Le ferite generate dalla propria storia personale, che chiaramente affondano nella psiche delle vittime di possessione diabolica (tutte donne), vengono affrontate esclusivamente attraverso le forze individuali. Laddove nella tradizione della Chiesa Cattolica la figura dell’esorcista si mette totalmente nelle mani di Dio, facendosi ed essendo suo ministro nell’aiutare i posseduti come il tramite di una potenza ben più grande di lui che gli viene data, proprio come se ne fosse catalizzatore, qui diviene una lotta completamente impari tra la donna e il demonio. Ed è curioso, oltre che consolidato, che i riferimenti maschili ne escano impotenti, deboli e smarriti, tanto per cambiare.

L’unione femminile fa la forza

C’è la figura di una psichiatra (Virginia Madsen) ad incoraggiare Suor Ann e che all’inizio del film la aiuta a scavare nella memoria della sua infanzia segnata da una mamma malata (Koyna Ruseva) e a tratti aggressiva. E c’è la sorella di un giovane sacerdote che è perseguitata dagli effetti di uno stupro subito tanti anni prima. I demoni del passato sono ciò a cui il diavolo si attacca per torturare queste donne, proprio come l’anello di Sauron de Il Signore degli Anelli. E a tentare una liberazione da tali e tanti fardelli sono le parole sussurrate da Suor Ann, dalla sua mamma, che come un mantra si ripetono rassicuranti per scacciare le forze infernali.

Ancora una volta, insomma, l’unione (femminile) fa la forza. Ma la verità, alla fine, è che l’assenza di Dio si sente in maniera prepotente. E l’epilogo dell’allenamento per la «difesa contro le arti oscure», lascia Suor Ann e lo spettatore soli e con tanti dubbi.

Simu Liu risponde alle critiche di Quentin Tarantino

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Simu Liu risponde alle critiche di Quentin Tarantino

A seguito dei recenti commenti di Quentin Tarantino sul genere e sul franchise, Simu Liu si è rivolto a Twitter per condividere una risposta schietta alle sue critiche ai film Marvel. L’attore di Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli ha riconosciuto l’impatto di Tarantino e Martin Scorsese sul cinema nel suo complesso, ma ha anche aggiunto altre osservazioni che sembrano giuste.

“Se l’ingresso al mondo delle star di Hollywood fosse gestito da Tarantino o Scorsese, io non avrei mai avuto l’opportunità di recitare un in film di 400 milioni. Sono in ammirazione del loro genio cinematografico. Sono autori trascendentali. Ma non possono puntare il naso contro di me o con chiunque altro.”

“Nessuno studio cinematografico è o sarà mai perfetto. Ma sono orgoglioso di lavorare con uno che ha compiuto sforzi importanti per migliorare la diversità sullo schermo creando eroi che danno potere e ispirano le persone di tutte le comunità ovunque. Anch’io ho adorato la “Golden Age”… ma era tremendamente bianca.”

https://twitter.com/SimuLiu/status/1595125075040403456?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1595126266780274688%7Ctwgr%5E629a0535ca17c5d18d3eed429d3676c7d8d42201%7Ctwcon%5Es2_&ref_url=https%3A%2F%2Fscreenrant.com%2Fmarvel-tarantino-scorsese-criticisms-simu-liu-response%2F

Black Panther: Wakanda Forever svela il nuovo Nick Fury

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Black Panther: Wakanda Forever svela il nuovo Nick Fury

ATTENZIONE – l’articolo contiene spoiler su Black Panther: Wakanda Forever

Black Panther: Wakanda Forever

Screen Rant ha intervistato Nate Moore, produttore di Black Panther: Wakanda Forever, il quale ha commentato l’apparizione a sorpresa di Julia Louis-Dreyfus nei panni della contessa Valentina Allegra de Fontaine. Moore ha condiviso che la connessione di Valentina con Everett Ross era in realtà un’idea di Ryan Coogler. Ha anche paragonato Valentina al Nick Fury della Fase 1, suggerendo che questo potrebbe essere pericoloso per l’MCU.

“Certamente, questa non è l’ultima volta che vedremo Valentina. Penso che ora, chiaramente, lei e Ross potrebbero trovarsi a tavoli diversi nello stesso ristorante. Il dettaglio della loro relazione passata era qualcosa che Ryan pensava sarebbe stato davvero divertente e interessante da esplorare. Si spera che riusciremo a costruire su questo presupposto. Ma con Valentina, proprio come Nick Fury nella Fase 1, stiamo lentamente costruendo la storia di una donna che forse ha le mani in pasta in più questioni. E vedremo se è una cosa positiva o negativa per l’MCU.”

Black Panther: Wakanda Forever, la recensione del film Marvel

Il sequel del MCU onorerà il defunto Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità del suo personaggio, T’Challa. Black Panther: Wakanda Forever è arrivato nelle sale l’11 novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI.

Nel film Marvel Studios Black Panther: Wakanda Forever, la Regina Ramonda (Angela Bassett), Shuri (Letitia Wright), M’Baku (Winston Duke), Okoye (Danai Gurira) e le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba) lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia (Lupita Nyong’o) e di Everett Ross (Martin Freeman) e forgiare un nuovo percorso per il regno del Wakanda. Il film presenta Tenoch Huerta nel ruolo di Namor, re di Talokan, ed è interpretato anche da Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e Alex Livinalli.

1899: la spiegazione del finale della serie tv

1899: la spiegazione del finale della serie tv

Stravolgendo la percezione della realtà dei suoi personaggi, il finale della serie tv Netflix 1899 ci mette davanti a misteri fantascientifici sconcertanti che richiedono indubbiamente spiegazioni. In ogni episodio, 1899 naviga in una moltitudine di concetti e dispositivi narrativi fantascientifici senza offrire una spiegazione chiara per nessuno di essi. Per aggiungere un ulteriore livello di intrigo e dramma, 1899 termina ogni episodio con un enigmatico cliffhanger, mentre si svelano gradualmente le traumatiche storie dei suoi personaggi principali. Sebbene il dramma fantascientifico di Netflix si prenda il suo tempo per svelare questi misteri di fondo e tenga intenzionalmente gli spettatori col fiato sospeso grazie a un ritmo disteso, è comunque gratificante riuscire ad unire tutti i puntini.

Il Kerberos e il Prometheus

Una nave di nome Kerberos è lo scenario principale che riunisce i diversi personaggi di 1899, mentre la Prometheus è un’altra nave che sarebbe scomparsa prima che la Kerberos salpasse. All’inizio di 1899, diventa evidente che la Kerberos non è una nave normale e ospita molte tecnologie misteriose che sono quasi incomprensibili per i passeggeri. La trama di 1899 prende una piega oscura quando l’equipaggio della Kerberos riceve uno strano messaggio da una nave vicina che si rivela essere la Prometheus. Dopo aver trovato solo un ragazzo, Elliot, sulla nave fantasma, l’equipaggio della Prometheus lo prende a bordo e salpa per tornare a casa. Non si rendono conto che un altro passeggero della Prometheus, di nome Daniel, è salito a bordo della nave.

Il caos si scatena a Kerberos quando i passeggeri iniziano a morire, mentre Daniel cerca di costringere Maura (interpretata da Emily Beecham) a mettere in discussione la sua percezione. 1899 spiega questi eventi misteriosi negli ultimi episodi rivelando che la nave è una simulazione che ha manipolato la realtà dei passeggeri: tutto, dai loro ricordi al loro aspetto fisico, è un costrutto della simulazione. Dal punto di vista mitologico, Cerbero/Kerberos è il cane da guardia a tre teste che impedisce ai morti di fuggire dagli inferi. Dato che il Kerberos del 1899 funge da prigione della percezione e della realtà per i passeggeri, il nome acquista un senso. Allo stesso modo, il nome dell’altra nave deriva dal mito greco di Prometeo, che venne tormentato in eterno per aver rubato il fuoco dal monte Olimpo, un parallelismo con i passeggeri che vivono in loop infiniti dei loro traumi simulati.

Chi ha creato la simulazione?

I depistaggi nei primi episodi di 1899 suggeriscono che il padre di Maura, Henry Singleton (interpretato da Anton Lesser del cast di Andor), sia il genio del male dietro la simulazione. Ad esempio, Maura continua a sostenere che il padre le ha rimosso i ricordi dopo che lei e il fratello sono venuti a conoscenza dei suoi esperimenti segreti sulla nave. In un’altra scena, Henry spia i passeggeri della Kerberos dalla comodità della sua stanza. Se questi momenti sono abbastanza convincenti da suggerire che Henry sia l’architetto della simulazione, gli episodi finali rivelano che Maura ne è la creatrice.

Al di fuori della simulazione, Maura viveva nel mondo reale con il marito Daniel e il figlio Elliot. Quando la salute del figlio iniziò a declinare a causa di una misteriosa malattia, la donna non riuscì a sopportare il dolore e il lutto che questo questo tragico evento portò alla sua famiglia. Nel tentativo di “preservare” il figlio, ne trasferisce la coscienza in una realtà simulata dove lei e Daniel (interpretato da Aneurin Barnard del cast della sesta stagione di Peaky Blinders) possono passare del tempo con lui in una piccola stanza dei giochi, nonostante lui sia morto nel mondo reale. Sebbene 1899 non riveli come la simulazione sia cresciuta dalla stanza dei giochi di un bambino a un sistema a più livelli e come Henry sia stato coinvolto, sembra probabile che molte altre forze siano state coinvolte nella tecnologia nel corso del tempo e abbiano scatenato il caos.

Sfruttando questo aspetto a suo vantaggio, Henry ha abusato della tecnologia della figlia creando altre simulazioni all’interno della sua simulazione principale per studiare le oscure profondità del cervello umano. Maura spiega la sua spirale negativa in una breve conversazione con Eyk (interpretato da Andreas Pietschmann del cast della terza stagione di Dark) ricordando che sua madre era affetta da Alzheimer, che ha gradualmente distrutto la sua capacità di riconoscere i membri della famiglia. Dopo la sua morte, Henry ha iniziato ad affrontare la sua perdita studiando meticolosamente la mente umana, sperando di trovare risposte alla malattia della moglie.

Con il tempo, ha chiaramente esagerato, rendendo la figlia e la sua famiglia vittime dei suoi esperimenti. Il fatto che Maura abbia scelto di proposito di cancellare i suoi ricordi per affrontare la morte traumatica del figlio si rivela un vantaggio e un ostacolo per Henry. Se da un lato gli permette di manipolare la sua tecnologia e di usarla a suo vantaggio, dall’altro si trova nei guai quando si rende conto che solo Maura possiede il codice per sfuggire alle simulazioni.

Il significato della piramide, dello scarabeo e della chiave nella simulazione di 1899

La piramide del ragazzo e la chiave di Maura sono i codici necessari per porre fine alle simulazioni nella serie televisiva fantascientifica di Netflix. Poiché Maura non aveva ricordi della sua vita passata, non riusciva a ricordare nulla della chiave anche se l’aveva sempre con sé. Henry la sottopone a queste simulazioni ricorrenti per aiutarla a ricordare dove teneva la chiave. È anche possibile che Henry abbia collocato quei simboli piramidali in tutta la nave come messaggi subliminali per stimolare la sua memoria o forse Maura stessa li ha collocati nella realtà simulata per ricordare la chiave dopo aver perso la memoria. Quest’ultima ipotesi sembra più plausibile, dato che il simbolo della piramide e della chiave è tatuato anche dietro l’orecchio del figlio.

Come la piramide e la chiave, anche lo scarabeo è un codice che apre le porte chiuse. Il significato dello scarabeo rimanda a uno dei ricordi di Maura nel mondo reale, in cui Maura (interpretata da Emily Beecham della serie cult d’azione Into the Badlands) chiede a Elliot di liberare uno scarabeo che ha intrappolato in un barattolo per insegnargli il famoso detto “lasciali liberi se li ami”. Per questo motivo, lo scarabeo viene probabilmente manifestato o progettato come codice per accedere alla libertà dalle porte chiuse nella simulazione.

Le simulazioni delle botole sono reali riflessi del passato?

Sotto il letto di ogni passeggero c’è una botola, da cui si arriva a una camera sotterranea che conduce a una simulazione dell’inquietante passato del rispettivo passeggero. Considerando che il passato di ogni personaggio era probabilmente una mera costruzione, le simulazioni delle botole probabilmente non hanno nulla a che fare con la realtà dei passeggeri. Ciò è ulteriormente confermato quando i passeggeri iniziano a scorrere le rispettive simulazioni di memoria dopo che Daniel ha alterato il codice.

Il virus di 1899 spiegato

Verso la fine, dalle pareti dell’astronave iniziano a spuntare enormi strutture nere e quando Virginia Wilson (interpretata da Rosalie Craig del cast di The Queen’s Gambit) ne tocca una, la massa nera inizia a diffondersi su tutto il suo corpo. Come ogni altra cosa nella simulazione, anche la sostanza nera è un codice che rappresenta un virus. Daniel ha intenzionalmente violato il sistema e introdotto il virus nella simulazione per impedire a Henry di riavviare il ciclo. Questo spiega perché chiede agli altri passeggeri di non toccarlo.

Il significato dell’allegoria della caverna di Platone

Nella sua allegoria, intitolata “La caverna”, Platone descrive uno scenario ipotetico in cui un gruppo di persone è incatenato all’interno di una caverna e tutto ciò che possono vedere è un muro vuoto di fronte a loro. Il muro riflette le ombre del mondo reale alle loro spalle, ma non dà mai una rappresentazione accurata della realtà. Nonostante i limiti della loro percezione, gli abitanti della caverna accettano la realtà che viene loro presentata perché è l’unica che conoscono. Film come Interstellar, capolavoro fantascientifico di Christopher Nolan, Shutter Island di Scorsese e persino Matrix delle sorelle Wachowski fanno riferimento alla stessa allegoria.

Henry ricorda che Maura da giovane era ossessionata dall’Allegoria di Platone. Probabilmente è lì che ha trovato l’ispirazione per creare realtà alternative, o meglio, ombre della realtà, attraverso le simulazioni. Tuttavia, dopo aver perso i suoi ricordi e aver preso il controllo delle sue simulazioni, Henry è diventato il portatore della realtà, mentre la sua simulazione è diventata una semplice ombra sul muro. Poiché anche Henry fa parte di una simulazione, l’Allegoria di Platone è un ciclo infinito in 1899 in cui il leader della catena di simulazioni rimane sconosciuto.

Come funzionano le siringhe bianche e nere di Henry

Come tutti gli oggetti delle simulazioni, entrambe le iniezioni sono codici che servono a uno scopo specifico. La loro funzione è simile a quella delle pillole blu e rosse di Matrix. Henry usa l’iniezione nera per resettare i ricordi di Maura e mandarla in una nuova simulazione; al contrario, usa quella bianca per ripristinare i suoi ricordi e la conseguente comprensione della realtà.

Perché Cirian ha preso il controllo della simulazione di Maura

Verso la fine della stagione 1 di 1899, Henry mette le mani sulla piramide e sulla chiave, ma Daniel riesce comunque a stare un passo avanti. Daniel manipola il codice della siringa in modo tale che, quando Henry inietta il siero nero a Maura, lei raggiunge la prima sala giochi di simulazione che aveva creato per suo figlio. Qui Daniel le dice che ha anche cambiato il codice della chiave con l’anello di Laura e il codice della piramide con un giocattolo nella stanza dei giochi di Elliot. Utilizzando la nuova chiave e la piramide, Maura riesce finalmente a uscire dal loop della simulazione nell’arco conclusivo della serie tv fantascientifica di Netflix.

Tuttavia, considerando che Daniel la avverte che suo fratello Cirian ha preso il controllo delle simulazioni, il suo viaggio sembra essere tutt’altro che finito. L’identità e le motivazioni di Cirian rimangono sconosciute anche dopo i titoli di coda di 1899. È chiaro, però, che alla fine della stagione 1 di 1899, egli si trova in cima alla catena delle simulazioni ed è forse l’unico a sperimentare la realtà così com’è. Gli altri percepiscono solo l’ombra di un’ombr: sole ombre della realtà che lui vuole che vedano.

Maura è sfuggita alla simulazione nel finale di 1899?

Dopo essere sfuggita alla simulazione nella serie horror sci-fi di Netflix, Maura si risveglia in una stazione spaziale dove trova gli altri passeggeri collegati a una macchina. Questo conferma che nessuno è morto su quella nave. Trova uno schermo che rivela il nome della stazione spaziale come “Progetto Prometheus” e l’anno attuale come “2099”. Segue un messaggio di “Benvenuto nella realtà” da parte di Cirian, che conferma di essere a conoscenza della fuga della sorella dalla simulazione.

Poiché la stagione 1 di 1899 termina dopo questo episodio, si può solo ipotizzare se Maura sia sfuggita a tutte le simulazioni o sia rimasta intrappolata in un’altra. Tuttavia, dal momento che la stazione spaziale ha lo stesso nome della nave, è possibile che si tratti di un’altra realtà simulata creata da Cirian. Un altro dettaglio che lo conferma è la frase “che il tuo caffè faccia effetto prima della realtà” che Cirian lascia a Maura nella stazione spaziale. In una scena precedente, Anker (interpretato da Alexandre Willaume del cast di Wheel of Time) e Ramiro trovano la stessa frase scritta su un libro nella sala di controllo della nave.

Sebbene 1899 non spieghi mai il significato della frase, sembra essere il modo in cui Cirian prende in giro i suoi prigionieri. Alludendo al falso senso di veglia che si prova quando il cervello viene inondato di dopamina dopo aver consumato del caffè, Cirian sembra insultare Maura e gli altri che hanno scelto volontariamente di vivere in simulazioni fasulle solo per affrontare i fardelli della loro realtà. Poiché la saluta con lo stesso messaggio nella stazione spaziale, è possibile che stia per sottoporre lei e i passeggeri a un’altra sconcertante simulazione nella stagione 2 di 1899.

Improvvisamente Natale, la recensione del film di Francesco Patierno

Il duo formato da Abatantuono e Catania torna sul piccolo schermo con Improvvisamente Natale, pellicola diretta da Francesco Patierno in uscita su Amazon Prime Video il 1 dicembre. A comporre il soggetto è colui il quale può essere definito il maestro dei cinepanettoni, Neri Parenti, con la seconda firma di Gianluca Bomprezzi. I lungometraggi di genere comedy che celebrano il Natale sono oramai un must nel periodo antecedente la festività, e rappresentano l’opportunità cinematografica per immergersi in questa magica atmosfera accompagnati da buone e sane risate.

In principio erano Christian De Sica e Massimo Boldi con il loro Natale trascorso in giro per il mondo, adesso invece a trainare il carro dei cinepanettoni sono Diego Abatantuono e Antonio Catania, in un sodalizio ancora molto “fresco e saporito” sancito ai tempi di Mediterraneo (1991). Se in Il peggior Natale della mia vita erano due amici di vecchia data, in Improvvisamente Natale diventano consuoceri il cui obiettivo è tenere in piedi la famiglia. Ma di qualsiasi personaggio loro si vestano, una cosa è certa: ciò che li unisce è una comicità che spesso non ha bisogno di parole, ma piuttosto si rifugia nelle espressioni.

Improvvisamente Natale, la trama

Alberta (Violante Placido) e Giacomo (Lodo Guenzi) sono una coppia il cui matrimonio naufragato ha messo in evidenza le loro differenze caratteriali e attitudinali. Sulla decisione della loro imminente separazione non hanno però il coraggio di informare la figlia Chiara (Sara Ciocca), molto legata al concetto di famiglia. Decidono così di partire alla volta delle Dolomiti, regno e casa di Lorenzo (Diego Abatantuono), il “nonnone” a cui Chiara è molto legata, con l’intento di affidare a lui l’arduo compito.

Arrivati all’hotel di cui Lorenzo è proprietario, Alberta e Giacomo cercano di convincere il padre di lei a dare a Chiara questa spiacevole notizia, seppur lui sia in disaccordo e cerchi un modo per farli riappacificare. Nel frattempo nell’albergo è anche in corso una trattativa di vendita con dei cinesi, a causa di alcune difficoltà economiche di Lorenzo. Quest’ultimo sa che per la nipote le due novità saranno un duro colpo, e perciò decide di organizzarle in piena estate un Natale di cui difficilmente si dimenticherà.

Un racconto ingolfato di cliché

Sullo sfondo delle Dolomiti prende forma la trama di Improvvisamente Natale, una storia la cui cornice brilla di luci, cenoni, palle decorative e alberi di pino giganteschi. Quel che spicca nel calderone degli intrecci è chiaramente l’atmosfera festosa del 25 dicembre, seppur il panorama estivo ne faccia da contrasto, e che regge sulle spalle la linea di un racconto costellato di cliché. Niente di nuovo a livello narrativo quanto contenutistico, anche se l’ultimo acquista un punteggio in più solo per il messaggio di cui vuole essere portatore.

Lo affermano tutti gli sceneggiatori che sanno masticare le storie, ma anche i registi che poi devono farle vivere nelle quattro pareti dell’inquadratura: ciò che si inserisce all’interno di una trama deve attribuire ad essa valore, logica e credibilità oppure rischia di finire nel buco nero delle pellicole fallite, senza neppure la consolazione di un successo all’incasso. Purtroppo la storia qui risulta priva di mordente, su un impianto narrativo debole e scarno, impregnato dei soliti leitmotiv quali matrimoni alla deriva, tradimenti e scappatelle, che cercano di dare un taglio di spessore alla storia ma in realtà si arenano in una forzata crisi interna che non suscita alcuna emozione.

Sembra quella che in gergo è definita “minestra riscaldata”, piena di sub-plot che invece di aggiungere privano di significato, restituendo allo spettatore solo che confusione e, ad un certo punto, anche noia. Se non fosse per qualche gag comica di cui ne fanno siparietto Diego Abatantuono, Antonio Catania e Nino Frassica nei panni di Don Michele, il film sarebbe privo di qualsiasi sfumatura attrattiva.

Improvvisamente Natale si salva perciò solo per il messaggio che cerca di veicolare attraverso Chiara e il suo gruppo di amici. Nel tentativo di salvare l’hotel dalla vendita, rendendo anche omaggio ad alcuni cult movie di genere horror quali Shining di Kubrick, la comitiva di bambini porta in scena il valore affettivo di alcuni luoghi a cui, nonostante le difficoltà riscontrate lungo la strada, non bisogna rinunciare. A volte gli adulti, “troppo impegnati a credere ai complotti e alle fake news” non si accorgono della preziosità di ciò che possiedono, ed è l’innocenza di una mentalità ancora non inghiottita e influenzata dalla società capitalista che può salvare dal commettere atti di cui, altrimenti, ci si potrebbe pentire.

Bones and All, per Taylor Russell il finale è “incredibilmente romantico”

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ATTENZIONE – l’articolo contiene spoiler sul finale di Bones and All

Bones And All

In un’intervista esclusiva con Screen Rant, Taylor Russell, co-protagonista di Bones and All di Luca Guadagnino, ha parlato del film, una storia d’amore tra due cannibali. L’attrice, premio Mastroianni a Venezia 79 per la sua interpretazione nel film, ha condiviso in particolare i suoi pensieri sul finale violento e scioccante del film, spiegando perché in realtà è “incredibilmente romantico” e “molto bello”.

“Il finale è incredibilmente romantico per me perché è un regalo che lui fa a lei, conoscendo la struttura di queste due persone, questa afflizione che hanno. È l’atto più amorevole possibile in un certo senso. E mi è sempre sembrato così quando ne abbiamo parlato, quindi penso che sia molto bello. Molto sentito. Nel loro mondo è la versione più romantica.”

Bones and All è il nuovo film di Luca Guadagnino, vincitore del Leone d’argento alla regia e del Premio Marcello Mastroianni per la migliore attrice emergente a Taylor Russell alla 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il film è diretto da Luca Guadagnino e scritto da David Kajganich, che ha collaborato con il regista in Suspiria e A Bigger Splash, è un adattamento del romanzo di Camille DeAngelis “Bones & All” (“Fino all’osso”), edito in Italia da Panini Books. Nel cast Taylor Russell, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, André Holland, Chloë Sevigny, David Gordon-Green, Jessica Harper, Jake Horowitz e Mark Rylance.

Bones and All, recensione del film di Luca Guadagnino

Un film prodotto dalla Frenesy Film Company e Per Capita Productions con The Apartment Pictures – società del gruppo Fremantle, Memo Films, 3 Marys Entertainment, Elafilm e Tenderstories. In co-produzione con Vision Distribution in collaborazione con SKY.

Prodotto da Luca Guadagnino, Theresa Park, Marco Morabito, Dave Kajganich, Francesco Melzi d’Eril, Lorenzo Mieli, Gabriele Moratti, Peter Spears e Timothée Chalamet.

I produttori esecutivi del film sono Giovanni Corrado, Raffaella Viscardi, Marco Colombo e Moreno Zani. I finanziatori del film sono le società italiane The Apartment Pictures (società del gruppo Fremantle), 3 Marys Entertainment, Memo Films, Tenderstories, Elafilm, Wise Pictures, Excelsa, Serfis e Piace. Vision Distribution distribuirà il film in Italia mentre MGM ha acquisito i diritti per la distribuzione internazionale.

Mission: Impossible – Dead Reckoning Part One, cosa significa il titolo?

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In una recente intervista con Empire, lo sceneggiatore, regista e produttore Christopher McQuarrie anticipa alcune delle sfide che Ethan Hunt (Tom Cruise) dovrà affrontare in Mission: Impossible – Dead Reckoning Part One e come questo si collega al sottotitolo del film. Pur non rivelando troppi dettagli, McQuarrie rivela che “la resa dei conti” ha in realtà un significato unico al di fuori del franchise di Mission: Impossible che funge da metafora per alcune trame imminenti.

“Ci sono molte cose che emergono dal passato di Ethan. ‘Dead reckoning’ è un termine di navigazione. Significa che stai scegliendo un corso basato esclusivamente sulla tua ultima posizione nota e questa diventa una metafora non solo per Ethan, ma per diversi personaggi.”

Il settimo capitolo di MI si intitolerà Mission: Impossible – Dead Reckoning Part One, mentre l’ottavo, Mission: Impossible – Dead Reckoning Part Two.

Nei prossimi due capitoli della saga di Mission ImpossibleTom Cruise e Rebecca Ferguson torneranno nei panni di Ethan Hunt e Ilsa Faust. I due film vedranno coinvolti anche Shea Whigham (Kong: Skull Island), Hayley Atwell (Captain America: Il primo vendicatore), Pom Klementieff (Guardiani della Galassia) e Esai Morales (Ozark). Christopher McQuarrie scriverà e dirigerà i film, che faranno il loro debutto nelle sale americane rispettivamente il 30 settembre 2022 e il 7 luglio 2023.

Solo: A Star Wars Story, ecco perché secondo le sceneggiatore, si dovrebbe realizzare il seguito

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Lo sceneggiatore di Solo: A Star Wars Story Jonathan Kasdan spiega perché vuole ancora un sequel. Come secondo film antologico di Star Wars dopo Rogue One, Solo è stato co-scritto da Lawrence Kasdan (che ha collaborato con George Lucas in L’impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi) e suo figlio Jonathan. Nonostante abbia ricevuto recensioni generalmente favorevoli dalla critica, in particolare per la performance principale di Alden Ehrenreich, il film spin-off incentrato su un giovane Han Solo ha incassato solo 393,2 milioni di dollari in tutto il mondo, diventando il primo insuccesso al botteghino del franchise di Star Wars, infrangendo sostanzialmente tutte le speranze di un sequel.

Tuttavia, lo sceneggiatore di Solo: A Star Wars Story Jonathan Kasdan continua a sperare in un sequel. Durante una recente intervista con Josh Wilding di ComicBookMovie.com, Kasdan ha dichiarato di essere ancora disponibile a tornare al personaggio di Solo per un film successivo, che in realtà crede potrebbe essere migliore dell’originale.

“La ragione per un Solo 2 è, se c’è, una grande ragione, e certamente parteciperei se ci fosse… c’erano così tanti grandi personaggi che siamo stati in grado di impostare, e per me, l’argomento più forte per un Solo 2 è che il primo film è stato il viaggio di Alden per raccogliere l’eredità del personaggio, e alla fine ho pensato che l’avesse davvero fatto, e si è divertito ad interpretarlo solo per un film, quindi mi piacerebbe rivederlo.”

Tuttavia, nonostante la sua volontà di un secondo film, sembra improbabile per Solo: A Star Wars Story, di tornare con un secondo capitolo.

Guardiani della Galassia Holiday Special, ecco la tracklist della colonna sonora

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Il 25 novembre sarà disponibile su Disney+ Guardiani della Galassia Holiday Special, il seconod speciale dei Marvel Studios in occasione delle vacanze natalizie, dopo il primo realizzato per Halloween: Licantropus, con Gael Garcia Bernal.

In questa occasione, James Gunn torna a raccontare le storie dei Guardiani e tramite i suoi canali social ha diffuso anche la track list della colonna sonora del mediometraggio con protagonisti Dave Bautista e Pom Klementieff.

Guardiani della Galassia Holiday Special si concentra su Drax (Dave Bautista) e Mantis (Pom Klementieff) mentre tentano di rapire Kevin Bacon per rallegrare Star-Lord (Chris Pratt). È confermato che lo speciale include più eroi Marvel che sono già apparsi nel Marvel Cinematic Universe.

Black Panther: Wakanda Forever, lo sceneggiatore spiega l’importanza del cameo a sorpresa

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ATTENZIONE – l’articolo contiene spoiler su Black Panther: Wakanda Forever

Black Panther: Wakanda Forever

In un’intervista con Rolling Stone, il co-sceneggiatore di Black Panther: Wakanda Forever, Joe Robert Cole, spiega perché Killmonger di Michael B. Jordan è stato riportato nel MCU. Cole ha detto che ha sempre voluto che Jordan tornasse e che il suo ritorno sarebbe avvenuto sul Piano Ancestrale, legando insieme la vulnerabilità di Shuri alla vendetta e la fame di Killmonger di vendicare i suoi antenati.

“Abbiamo sempre voluto che Michael tornasse, e sento che sarebbe sempre stato nel piano ancestrale con Shuri che aveva preso la pozione. La domanda era sempre come, come si ottiene la cosa di cui penso tu stia parlando. Come fai a renderlo qualcosa di più del semplice entusiasmo per il ritorno di Michael che è fantastico e il personaggio è fantastico? In che modo è rilevante per il viaggio di Shuri e diventa un punto di svolta per il suo personaggio? Quindi, se ci pensi, [nel primo film] il suo viaggio riguardava anche la vendetta, la rabbia e la frustrazione. Questa è una parte di ciò che abbiamo cercato di mettere in contatto con lei all’inizio, la rabbia di aver perso qualcuno, il senso di perdita. E poi come perdere sua madre avrebbe intensificato i suoi sentimenti di desiderio di vendetta. Abbiamo solo cercato di basarci su questo, in modo che lui le presenti una scelta tra: si muoverà nella direzione in cui si muoverebbe Killmonger? O farà qualcosa di diverso? L’idea era quello di costruire con successo la posta in gioco per lei così che potesse essere comprensibile per il pubblico. Ma una cosa che ho apprezzato molto anche della scena di Killmonger che abbiamo scoperto è stato il suo punto di vista su come ha cambiato il Wakanda. Killmonger è entrato e ha posto la domanda: sono io il custode di mio fratello?”.

Suggerendo che l’arrivo di Killmonger nel primo film abbia in qualche modo cambiato anche l’approccio dei Wakandinani al mondo, da cui poi è scaturita la decisione di Ramonda di salvare Riri Williams. La rabbia di Killmonger, in qualche modo, si è trasformata in una forza positiva per la nazione.

Black Panther: Wakanda Forever, la recensione del film Marvel

Il sequel del MCU onorerà il defunto Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità del suo personaggio, T’Challa. Black Panther: Wakanda Forever è arrivato nelle sale l’11 novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI.

Nel film Marvel Studios Black Panther: Wakanda Forever, la Regina Ramonda (Angela Bassett), Shuri (Letitia Wright), M’Baku (Winston Duke), Okoye (Danai Gurira) e le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba) lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia (Lupita Nyong’o) e di Everett Ross (Martin Freeman) e forgiare un nuovo percorso per il regno del Wakanda. Il film presenta Tenoch Huerta nel ruolo di Namor, re di Talokan, ed è interpretato anche da Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e Alex Livinalli.

Quentin Tarantino sugli attori del MCU: “Non sono loro le star, ma i loro personaggi”

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In occasione del tour promozionale del suo nuovo libro, Cinema Speculation, Quentin Tarantino sta rilasciando numerose dichiarazioni sul cinema e sulla contemporaneità di Hollywood. Dopo aver detto che non dirigerà mai un film Marvel, ora il regista ha commentato gli attori che hanno partecipato al franchise MCU fino a questo momento.

Durante un’intervista, Tarantino ha detto: “Parte di questa Marvel-izzazione di Hollywood deriva anche dal fatto che ci sono tutti questi attori diventati famosi per aver interpretato questi personaggi, ma non sono loro le star del cinema”. Continuando: “Captain America è una star. Thor è una star. Non sono la prima persona a notarlo. Penso sia stato detto uno zilione di volte, ma è così: sono questi personaggi dei franchise che diventano star“.

Non voglio neppure svilirli, a dire la verità.” ha proseguito il regista, dicendo anche che se questi film fossero usciti anni fa, sarebbero stati i suoi preferiti: “Se questi film fossero usciti quando avevo vent’anni. Sarei stato felicissimo e presissimo. Ma non sarebbero stati gli unici film realizzati. Sarebbero stati film in mezzo ad altri film. Adesso ho quasi 60 anni, quindi no, non sono così contento di questi film”.

Quentin Tarantino contro chi critica l’uso di parolacce e violenza nei suoi film: “Vedete qualcos’altro”

Andor: intervista a Denise Gough, interprete di Dedra Meero

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Andor: intervista a Denise Gough, interprete di Dedra Meero

In occasione del Lucca Comics and Games 2022, abbiamo intervistato Denise Gough, che nella serie Lucasfilm ANDOR interpreta Dedra Meero, una minacciosa esponente del Lato Oscuro, al servizio dell’Impero. In occasione del finale di stagione dello show, disponibile su Disney+ dal 23 novembre, ecco cosa ci ha raccontato Denise Gough sul suo personaggio.

Andor, la serie tv

ANDOR, la serie del franchise che arriverà in estate e che vede protagonista Cassian Andor, interpretato da Diego Luna, nelle vicende che lo hanno coinvolto prima dei fatti di Rogue One. Il personaggio, lo ricordiamo, ha esordito nello stand alone del 2016, che racconta i fatti che avvengono tra La Vendetta dei Sith e Una Nuova Speranza.

ANDOR arriverà il 31 agosto su Disney+ e sarà composta da 12 episodi, che verranno seguiti da una seconda stagione sempre da 12 episodi che ci condurrà agli eventi di Rogue One. Nel cast di ANDOR compaiono Diego Luna, Adria Arjona, Denise Gough, Genevieve O’Reilly, Stellan Skarsgard, Fiona Shaw e Kyle Soller. Andor è incentrato su Cassian Andor (Luna), personaggio che è stato introdotto in Rogue One e come membro della ribellione contro l’Impero. La serie sarà un prequel del film, con Toby Haynes che sarà il regista principale della prima stagione che sarà composta da12 episodi. Gli altri registi coinvolti sono Ben Caron e Susanna White, mentre Stephen Schiff e Tony Gilroy sono gli sceneggiatori.

ANDOR è prodotto dallo showrunner Tony Gilroy, che ha scritto e prodotto  Rogue One. Inizialmente Gilroy avrebbe dovuto dirigere i tre episodi, ma è stato costretto a rinunciare a causa di problemi di viaggio legati alla pandemia. In  Rogue One un gruppo di improbabili eroi si unisce in una missione per rubare i piani alla Morte Nera, l’ultima arma di distruzione dell’Impero. Questo evento chiave nella cronologia di Star Wars riunisce persone comuni che scelgono di fare cose straordinarie e, così facendo, diventano parte di qualcosa di più grande di loro stessi.

La ciociara: tutto quello che c’è da sapere sul film con Sophia Loren

Uno dei film italiani più celebri di sempre è La ciociara, il capolavoro diretto dal maestro del neorelismo Vittorio De Sica (Ladri di biciclette, Umberto D.) e sceneggiato dal fidato Cesare Zavattini, altro illustre nome del neorealismo. Il film non rientra più in quel movimento artistico, spentosi nel suo senso più puro intorno ai primi anni Cinquanta, ma offre ugualmente uno spaccato sincero e brutale di vicende verificatesi negli anni in cui l’Italia era uno dei principali luoghi dove si decidevano le sorti della Seconda guerra mondiale. Tra dramma e documento storico, La ciociara si è dunque affermato come un titolo imprescindibile.

Distribuito al cinema sul finire del 1960 e presentato poi in concorso al Festival di Cannes nel 1961, il film si è affermato come un grande successo cinematografico, da cui sono scaturiti numerosi dibattiti di natura artistica. In particolare, però, il film è ricordato per l’interpretazione di Sophia Loren, protagonista assoluta che si è con La ciociara consacrata a livello internazionale come una delle interpreti più apprezzate in assoluto. Negli anni la fama del film non è poi mai venuta meno e ancora oggi è tra i più citati, omaggiati e studiati titoli della storia del cinema italiano.

La ciociara è dunque uno di quei film che ogni appassionato di cinema deve aver visto almeno una volta nella vita e che ad ogni visione svela nuovi affascinanti aspetti di sé, dalla ricostruzione storica ai sentimenti messi in gioco, dal dolore alle speranze di un popolo ferito ma non sconfitto. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al libro e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La ciociara: la trama e il cast del film

Ambientato nell’estate del 1943, il film ha per protagonista Cesira, una giovane vedova che vive a Roma insieme alla figlia dodicenne Rosetta. Per sfuggire ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, le due intraprendono una fuga che le porta a Sant’Eufemia, paese di origine di Cesira. Quando l’arrivo degli Alleati fa emergere la speranza di veder terminare la guerra, madre e figlia decideranno di tornare a Roma per riprendere la loro vita di sempre. Lungo il tragitto, però, vengono assalite e violentate da un gruppo di soldati nordafricani dell’esercito francese. Per loro è l’inizio di un trauma che ben si rispecchia con quello che il paese sta attraversando.

Originariamente, ad interpretare Cesira doveva esserci la celebre Anna Magnani, mentre la Loren avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di Rosetta. La Magnani, tuttavia, rifiutò la parte per via della marcata differenza fisica tra lei e la Loren, alla quale dunque fu affidato il ruolo della protagonista, che venne trasformata pertanto dall’essere una cinquantenne all’essere una donna più giovane. Per la sua interpretazione, come noto, la Loren, che all’epoca aveva 25 anni, vincerà poi il premio Oscar come miglior attrice. Fu la prima volta che tale premio veniva assegnato per un’interpretazione non in lingua inglese.

Ad interpretare Rosetta si ritrova invece Eleonora Brown. Poiché al momento delle riprese quest’ultima aveva solo 11 anni, non le fu detto apertamente che il film prevedeva uno stupro e la scena venne descritta solamente come un momento di violenza a suon di percosse. Inoltre, per far sì che l’attrice piangesse nei momenti più drammatici del film, De Sica arrivò a raccontarle che i suoi genitori erano morti in un incidente d’auto. Nel ruolo di Michele, l’intellettuale antifascista di cui Cesira si innamora si ritrova invece l’attore Jean-Paul Belmondo, interprete iconico della Nouvelle Vague francese. Recita poi nel film anche l’attore Carlo Ninchi nei panni di Filippo, padre di Michele.

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La ciociara: il libro di Alberto Moravia

Il film La ciociara è l’adattamento dell’omonimo romanzo scritto da Alberto Moravia e pubblicato nel 1957. Il romanzo (e, quindi, anche il film) è basato su fatti realmente accaduti di stupri di massa da parte dei Gourmiers marocchini nella regione della Ciociaria dopo la battaglia di Montecassino nella seconda guerra mondiale. Montecassino fu conquistata dagli Alleati il 18 maggio 1944 e la notte successiva migliaia di Goumier e altre truppe coloniali perlustrarono le colline che circondavano i paesi della Ciociaria. Oltre 60.000 donne, di età compresa tra gli 11 e gli 86 anni, hanno subito violenze quando i vari paesi sono passati sotto il controllo dei Goumier. Uomini civili, che hanno cercato di proteggere le loro mogli e figlie, sono stati assassinati.

La ciociara: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di La ciociara grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple iTunes, Rai Play e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 22 novembre alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

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