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The Penitent: al via le riprese del film di Luca Barbareschi

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The Penitent: al via le riprese del film di Luca Barbareschi

Al via le riprese di The Penitent, il nuovo film di Luca Barbareschi. Sei settimane di riprese tra Roma e New York per raccontare una storia potente, moderna, incandescente, grazie alla drammaturgia di David Mamet – Premio Pulitzer per Glengarry Glen Ross.

Prodotto da Eliseo Multimedia con Rai Cinema, il film propone un cast internazionale: Catherine McCormack, Luca Barbareschi, Adam James, Adrian Lester.

Ispirato a un caso di cronaca, The Penitent è il primo film di identità americana di Barbareschi. Uno psichiatra vede deragliare la sua carriera e la sua vita privata dopo essersi rifiutato di testimoniare a favore di un ex paziente violento ed instabile che ha causato la morte di diverse persone. L’appartenenza alla comunità LGBT del giovane paziente, il credo ebreo del dottore, la fame di notizie della stampa e il giudizio severo della legge, aggravati da un errore di stampa dell’editor di un giornale, sembrano essere gli elementi che fanno scatenare una reazione a catena esplosiva.

Le location di grande effetto e i dialoghi serrati accolgono la trama che svela, scena dopo scena, le verità più intime dei personaggi.

DJANGO: domani gli ultimi due episodi

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DJANGO: domani gli ultimi due episodi

La verità viene prima o poi a galla, sempre e comunque. Vale anche per la vera identità di DJANGO, il protagonista del western Sky Original che omaggia il classico di Sergio Corbucci, da domani venerdì 17 marzo con gli ultimi due episodi (nono e decimo, disponibili anche on demand) in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.

Il cerchio sta per chiudersi. Non c’è più posto per bugie, segreti o verità taciute. Negli ultimi episodi, diretti da Enrico Maria Artale con Francesca Comencini alla direzione artistica, New Babylon si appresta a festeggiare il ritorno di Sarah (Lisa Vicari). Come da tradizione, per la festa la città aprirà le sue porte a tutti, e tra maschere, fuochi e musica esploderà in un carnevale per celebrare la vita. Ma il carnevale stravolge tutto, comprese le vite di Django (Matthias Schoenaerts), Sarah, John (Nicholas Pinnock) ed Elizabeth (Noomi Rapace). È proprio tra le maschere, infatti, che si nasconde il nemico, si insinua tra la folla e dietro il travestimento si introduce a New Babylon per colpirla al cuore. Ed un cuore ferito, si sa, compie gesti scellerati.

Il fiume di sangue oramai è destinato solo ad ampliarsi e la vendetta a mietere altre vittime. Ma mentre Sarah rivela a Django il vero nome dell’assassino della loro famiglia, mostrando così quanto le loro vite siano legate a quella di John Ellis, Elizabeth bussa alle porte di New Babylon con un esercito, desiderosa di purificare e distruggere quel che ritiene un covo di lussuriosi e senza fede. È solo questa minaccia che porta Django a rimandare la sua voglia di vendetta, e a schierarsi a difesa di una città destinata ora a trasformarsi in un inferno per coloro che un inferno l’hanno sempre ritenuta. La guerra è arrivata per davvero, e nessuno verrà risparmiato.

Il cast: Matthias Schoenaerts interpreta l’iconico personaggio del titolo, accanto a Nicholas Pinnock nei panni di John Ellis, il visionario fondatore di New Babylon, a Lisa Vicari,, che nella serie è invece Sarah, la figlia di Django, e a Noomi Rapace nel ruolo della potente e spietata nemica di Ellis, Elizabeth Thurmann. Tra gli altri interpreti: Jyuddah Jaymes, Benny O. Arthur e Eric Kole nei panni dei figli di John Ellis, Tom Austen in quelli del cowboy Eljiah Turner e Camille Dugay che sarà Margaret, la moglie di Django. Con Manuel Agnelli, Vinicio Marchioni, Thomas Trabacchi. E a omaggiare il mito del western di culto di Sergio Corbucci, la partecipazione straordinaria di Franco Nero.

Scritta da Leonardo Fasoli, Maddalena Ravagli, DJANGO è una prestigiosa serie TV in dieci episodi completamente girati in inglese prodotta per Sky e CANAL+ da Cattleya e Atlantique Productions (parte di Mediawan) e co-prodotta da Sky Studios e CANAL+, in collaborazione con STUDIOCANAL e Odeon Fiction e con il sostegno del Ministero della Cultura italiano e del governo rumeno.

La trama del nono episodio di DJANGO

Per celebrare il ritorno di Sarah, John decide che è tempo di organizzare una grande festa in maschera. Le porte di New Babylon si aprono per una notte memorabile in cui tutti sono i benvenuti. Ma anche Elizabeth riesce segretamente a infiltrarsi per portare a termine la sua missione.

La trama del decimo episodio di DJANGO

Dopo la festa in maschera Kevin attacca Elmdale. Questo dà il pretesto perfetto a Elizabeth per assemblare un esercito e attaccare New Babylon. La battaglia finale sta per iniziare e tutti i segreti verranno a galla. La città ha bisogno di un nuovo leader.

Volo MH370 – L’aereo sparito nel nulla: cosa la docuserie Netflix non dice della storia vera

Per tutti gli appassionati di misteri, un caso che dal 2014 ad oggi ancora suscita grande interesse e scalpore è quello della scomparsa del volo Malaysia Airlines 370. Tale evento, particolarmente drammatico per via delle sue presunte 239 vittime, ha nel tempo generato tante teorie quanti tentativi di ricerca del velivolo, divenendo ormai parte della cultura di massa. A distanza di 9 anni, Netflix ha ora rilasciato una docuserie in tre episodi intitolata proprio Volo MH370 – L’aereo sparito nel nulla (qui la recensione), che oltre a ripercorrere ciò che si sa di tale evento, approfondisce anche alcune delle principali teorie formatisi riguardo la sua scomparsa.

Distribuita a partire dall’8 marzo (anniversario della scomparsa del volo) e diretta da Louise Malkinson, la serie si divide dunque in tre episodi, intitolati Il Pilota, Il Dirottamento e L’intercettazione, è stata particolarmente criticata proprio per il suo concentrarsi troppo sulle teorie cospirazioniste legate all’evento, discostandosi talvolta troppo dai reali eventi avvenuti. Oltre a ciò, inoltre, la docuserie omette anche alcuni dettagli particolarmente cruciali riguardo a tale caso. Questo non ha però impedito a Volo MH370 – L’aereo sparito nel nulla di suscitare l’attenzione degli abbonati alla piattaforma, tanto da essere ad oggi al 7° posto nella Top 10 delle Serie TV più viste in Italia.

Scopriamo però ora la vera storia dietro la docuserie e quali dettagli questa omette di raccontare.

Cosa è accaduto al volo Mh370?

Tutto ha avuto inizio l’8 marzo 2014, quando il volo, operato da un Boeing 777-200ER, scomparve dai sistemi di localizzazione e venne dato per disperso con un comunicato ufficiale dalla Malaysia Airlines. L’ultima comunicazione con l’equipaggio risale a circa 38 minuti dopo il decollo, mentre l’aeromobile sorvolava il Mar Cinese Meridionale. Pochi minuti dopo il volo sparì definitivamente dai radar del controllo di volo, ma continuò ad essere tracciato da radar militari per un’altra ora, mentre deviava verso ovest rispetto al suo piano di volo. Uscì infine dalla portata dei radar circa 200 miglia nautiche (370 km) a nordovest dell’isola di Penang. 

L’ultimo messaggio del comandate Zaharie Ahmad Shah, ricevuto alle ore 1.19 e 30 secondi dalla torre di controllo, riferva la transizione dal Lumpur Radar all’ACC di Ho Chi Minh e augurava la buonanotte. Dalle ore 01:20 circa, però, i contatti con il volo si interrompono. Il pilota automatico viene spento e l’aereo ha vira bruscamente verso sinistra dirigendosi a sud-ovest verso l’Africa anziché a nord-est in direzione Cina. Sono poi state rilevate, inoltre, anche alcune manovre atipiche, come l’arrivo alla quota record di oltre 14mila metri, volta, probabilmente, a mandare in asfissia tutti i passeggeri a bordo. Il primo indiziato dell’accaduto è poi stato proprio il comandante Shah. L’ultimo rilevamento noto, in un punto ai limiti del radar militare malese, avvenne alle 02:22.

Le ricerche del volo MH370

La ricerca del velivolo, che divenne la più costosa della storia dell’aviazione, si concentrò inizialmente nel Mar Cinese Meridionale e nel Mare delle Andamane, prima che l’analisi delle comunicazioni automatizzate del Boeing con un satellite Inmarsat identificasse un possibile sito di incidente da qualche parte nell’Oceano Indiano meridionale. Tra il 18 marzo e il 28 aprile, 19 navi e 345 aeromobili militari perlustrarono una zona di oltre 4600000 km². Altri tentativi per trovare il Boeing furono effettuati tramite un’indagine batimetrica, ecoscandagliando il fondale marino, a circa 970 miglia nautiche (1 800 km) a sud-ovest di Perth, nell’Australia occidentale.

Il 17 gennaio 2017, la ricerca ufficiale del volo 370 venne sospesa dopo non aver prodotto prove diverse dal semplice ritrovamento di alcuni detriti marini sulla costa africana. Il rapporto concluse che, utilizzando immagini satellitari e analisi della deriva dei detriti, la posizione dell’aereo era stata ridotta essere in un’area di 25000 km². Nel gennaio 2018, però, una società privata di esplorazione marina degli Stati Uniti, Ocean Infinity, riprese le ricerche proprio nell’area di 25000 km², ma anche questa si concluse senza successo il 9 giugno 2018. Ad oggi, dunque, il velivolo non è ancora stato ritrovato, il che non ha dato possibilità di risolvere i misteri ancora in vigore, tra cui, in primis, cosa può aver causato l’incidente.

Il documentario Volo MH370 ignora il ruolo del governo malese

La docuserie di Netflix affronta molti aspetti diversi della storia, ma una componente chiave che ignora è il ruolo del governo malese. Il documentario mostra la frustrazione dei cittadini in attesa di risposte che non sono mai arrivate, ma con tutte le teorie che presenta, non si approfondisce mai completamente ciò che riguarda il governo malese. Mentre alcune teorie parlando di come il governo abbia pianificato l’intera faccenda, un punto di vista più logico da prendere per il documentario Netflix sarebbe stato relativo al motivo per cui il governo ha dato così poche risposte a coloro che vogliono disperatamente ricongiungersi con i loro familiari che erano sul volo e perché abbia invece nascosto molte informazioni.

La compagnia satellitare privata britannica Inmarsat ha scoperto che l’MH370 aveva abbandonato il suo percorso, dirigendosi verso il Vietnam invece di proseguire verso nord. Il governo malese conosceva queste informazioni dal suo radar militare, ma non le ha rilasciate fino a una settimana dopo la scomparsa dell’aereo, portando i ricercatori a cercarlo nella zona sbagliata. Probabilmente il governo stava cercando di mantenere i cittadini calmi e di salvarsi dal subire critiche dopo quello che era successo all’aereo. Sarebbe dunque stato interessante vedere il documentario di Netflix affrontare anche questo argomento.

Tralascia informazioni e motivazioni relative al capitano Ahmad Shah

Una teoria nel documentario Netflix fortemente enfatizzata è quella sul coinvolgimento del Capitano Zaharie Ahmad Shah. Questa propone che Zaharie abbia pianificato l’intera faccenda come un omicidio-suicidio di massa. Sebbene non ci siano prove che fosse coinvolto, la teoria sembra ad oggi la più quotata. Il documentario parla brevemente delle possibili motivazioni di Zaharie, come le motivazioni politiche e le passate lotte per la salute mentale, anche se molto viene tralasciato. Invece, il film intervista i membri della sua famiglia, che hanno solo cose positive da dire su di lui. Naturalmente, questo è completamente parziale, poiché anche se sapessero qualcosa di compromettente, avrebbero potuto ometterlo.

Molti che erano vicini al capitano hanno confermato che egli aveva confessato di sentirsi solo e triste. Ad esempio, il suo matrimonio stava attraversando una profonda crisi e Shah aveva tradito sua moglie diverse volte con assistenti di volo, cosa di cui lei era a conoscenza. Questa non è un’informazione sufficiente per giungere al consenso sul fatto che ci sia Zaharie dietro la scomparsa dell’MH370, ma uno sguardo più approfondito alla sua vita personale avrebbe potuto sostenere meglio le teorie a riguardo, meglio di quanto presentato nel documentario Netflix.

I contributi del Dr. Schalk Lückhoff e di Richard Godfrey non sono inclusi

Quando si parla dei detriti ritrovati dell’MH370, il documentario affronta la missione di Blaine Gibson a riguardo, che ha appunto permesso di ritrovare alcuni di questi frammenti. Tuttavia, c’è anche la storia di un medico sudafricano di nome Schalk Lückhoff, che si è imbattuto nei detriti a Mossel Bay nel dicembre 2016. Lückhoff ha detto di aver ignorato i detriti quando li ha visti per la prima volta perché avevano un cattivo odore a causa delle cozze in decomposizione attaccate ad essi. Lückhoff non è stato incluso nel documentario, e nemmeno la sua storia dell’essersi imbattuto in tali detriti. Una storia che invece avrebbe potuto fornire ulteriori spunti di riflessione sulle possibili zone dell’impatto.

Richard Godfrey è invece noto per aver svolto ricerche approfondite sull’MH370, ma nel documentario non viene menzionato nulla di lui. Il documentario Netflix non affronta dunque le informazioni che sono emerse negli anni più recenti, come tutto ciò che Godfrey pensa di aver scoperto. Ad esempio, egli ritiene di aver trovato la posizione dell’MH370 nell’Oceano Indiano. Godfrey crede anche nella teoria dell’omicidio-suicidio presentata nel documentario. Con tutte le sue ricerche, avrebbe avuto molte informazioni da offrire al documentario Netflix, ma è stato purtroppo escluso senza un chiaro motivo. L’assenza di tutti questi elementi rende dunque Volo MH370 – L’aereo sparito nel nulla piuttosto imprecisa, pur non togliendo nulla al suo essere un prodotto comunque avvincente.

Fonte: ScreenRant

Nuova data di uscita e teaser traiIer del film di François Ozon Mon crime – La colpevole sono io

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Mon crime – La colpevole sono io, commedia poliziesca di François Ozon con un cast stellare composto da Nadia Tereszkiewicz, Rebecca Marder, Isabelle Huppert, Fabrice Luchini, Dany Boon e André Dussollier, arriverà il prossimo 25 aprile con BiM Distribuzione.

Mon crime – La colpevole sono io aprirà la XIII edizione di Rendez-vous – Nuovo cinema francese a Roma, dove François Ozon e la protagonsita Nadia Tereszkiewicz, presenteranno il film – in anteprima italiana – il 29 marzo a Roma al Cinema Nuovo Sacher.

Nell’incantevole Parigi degli anni ’30, Madeleine, un’attrice carina, giovane, squattrinata e talentuosa, viene accusata di aver ucciso un famoso produttore. Aiutata dalla sua migliore amica Pauline, giovane avvocatessa disoccupata, viene assolta per legittima difesa. Inizia una nuova vita di fama e successo, finchè la verità non viene a galla.

Educa Immagine: la quarta edizione dal 14 al 16 aprile a Rovereto

Al via dal 14 aprile a Rovereto la quarta edizione di Educa Immagine, il festival dell’educazione ai media, nato nell’alveo del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la scuola del MiC e del MIM. Il festival è promosso da Trentino Film Commission in collaborazione con i partner di EDUCA e organizzato da Consolida.

Nello stesso periodo si terrà, sempre a Rovereto, la 13ª edizione del Festival EDUCA dedicato ai bambini, alla scuola, alle famiglie e ai professionisti in ambito dell’educazione e della formazione allo scopo di ispirare e emozionare le persone, connettere le idee, offrire strumenti e occasioni di confronto per innovare l’educazione a 360 gradi, incoraggiando la “comunità educante” nel riconoscersi come tale e vivere il proprio ruolo in maniera consapevole, dialogante e creativa. Qui il programma completo del Festival EDUCA.

Come sempre anche questa edizione sarà animata da proiezioni, laboratori e incontri con esperti nazionali. Dal cinema ai social network, dai videogiochi alla serata dedicata all’enorme successo della serie Mare Fuori: tante saranno le tematiche su cui confrontarsi, tutte organizzate con l’obiettivo di sviluppare il pensiero critico e di diventare cittadini consapevoli e attivi per imparare a orientarsi nell’epoca del pensiero visuale.
Tra i molti eventi segnaliamo: il panel dal titolo L’insostenibile leggerezza dei social (venerdì 14 aprile ore 21.00, Sala Conferenze Mart) con Nicola Conversa,   Tommy Cassi(@tommycassi), Alberto Pellai e moderato dal giornalista e direttore di Hot Corn Andrea Morandi, dedicato all’uso che i nativi digitali fanno dei social media; il panel Schermo, schermo delle mie brame (sabato 15 aprile ore 18.00, Aula Magna Palazzo Piomarta) con Sofia Viscardi, Chiara Maiuri moderato da Vincenzo Marino, un dialogo con una delle più note web creator italiane sulla nuova tendenza dei social a promuovere l’accettazione di sé e la celebrazione dei corpi di qualsiasi forma, dimensione o aspetto.

Altro appuntamento imperdibile il panel L’educazione sessuale ai tempi dei social (sabato 15 aprile ore 11.30, Aula Magna Palazzo Piomarta): un dialogo per contestualizzare le principali nuove sfide del ruolo del genitore sui temi della sessualità sul web e sui social; infine la serata dedicata a Mare Fuori (sabato 15 aprile, ore 20.45, Teatro Zandonai) serie di enorme successo che sarà l’occasione per riflettere insieme ai suoi protagonisti su come un prodotto televisivo si possa trasformare in un fenomeno mediatico e generazionale.

ECCO IL PROGRAMMA COMPLETO

Shazam! Furia degli Dei: la spiegazione del finale del film

Shazam! Furia degli Dei: la spiegazione del finale del film

Shazam! Furia degli Dei (qui la recensione) è finalmente arrivato nelle sale dopo numerosi rinvii. Interpretato nuovamente da Zachary Levi e con Helen Mirren, Lucy Liu e Rachel Zegler nei panni delle figlie di Atlante in cerca di vendetta, il film è stato accolto in modo piuttosto positivo dalla critica. Questo sequel del film del 2019 si presenta infatti come un prodotto particolarmente godibile, ricco di umorismo, buoni effetti speciali e temi particolarmente importanti trattati in modo intelligente. Al di là di ciò, però, Shazam! Furia degli Dei è anche il primo film del DC Universe ad arrivare in sala dopo la nomina di James Gunn e Peter Safran come nuoi co-CEO della divisione DC.

Anche se è stato realizzato prima del loro arrivo, a partire dal quale il DC Universe sta profondamente cambiando volto, il film contiene dunque alcune anticipazioni per quello che potrebbe essere il futuro di Shazam nel futuro del DCU, ma anche sul futuro dello stesso universo cinematografico DC. Per sapere di più a riguardo, esploriamo l’imponente atto finale e cosa potrebbe significare alla luce dei nuovi piani. Inutile dire che seguiranno SPOILER sul finale di Shazam! Furia degli Dei, ma anche relativamente ad un importantissimo cameo presente proprio nelle scene conclusive del film.

La battaglia finale

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Shazam! Furia degli Dei termina con Kalypso, interpretata da Lucy Liu, che rende note le sue sinistre intenzioni. La dea, andando contro le proprie sorelle, desidera infatti distruggere la terra infestandola con un esercito di spaventosi mostri mitologici. Shazam riesce però a questo punto a convincere la dea Hespera, interpretata da Helen Mirren, a porre una cupola magica su uno stadio, in modo che il supereroe possa combattere lì Kalypso e il suo drago senza rischiare la vita di nessun altro. Per sconfiggere la dea, scatena poi tutta la potenza del bastone del Mago, l’unico strumento che sembra poter porre fine alla furia della dea.

Usando i suoi poteri del fulmine per potenziare il bastone, e gridando Shazam! mentre vola in picchiata verso Kalypso, il supereroe pone fine al massacro, facendo scomparire insieme a lei anche tutte le creature sparse per la città. Sembra dunque che Shazam abbia vinto anche stavolta, ma mentre Kalypso ei suoi demoni si trasformano in polvere, l’adolescente Billy Batson, di cui Shazam è l’alter ego viene ritrovato morto e il bastone prosciugato dei suoi poteri. Gli viene a questo punto organizzato un funerale degno di un Dio, ma per la gioia di tutti la morte di Shazam dura poco, riportato in vita da un inaspettato alleato…

Wonder Woman arriva in soccorso di Shazam

Gal Gadot Wonder Woman 3

Davanti alla tomba di Shazam, il Mago che nel primo film gli aveva conferito i poteri spiega che solo la scintilla di un dio può ripristinare il suo bastone, ma di dei non è rimasto neanche, e questo significa che nulla è in grado di rianimare Billy. È a questo punto che entra però in scena l’ultimo Dio rimasto. O meglio, Dea. Davanti ai protagonisti increduli si presenta infatti Wonder Woman, interpretata naturalmente da Gal Gadot. Usando i suoi poteri per caricare il bastone, la dea riporta in vita Shazam. È un momento estremamente epico, sottolineato dal celebre tema sonoro che introduce l’amata supereroina e che arriva a conclusione di una serie di riferimenti a lei rivolti nel corso di tutto il film.

Tornato nella terra dei vivi, Shazam non perde naturalmente tempo e tenta di sedurre Wonder Woman, la quale esce però di scena chiarendo che lui è un po’ troppo giovane per lei. Il cameo dell’amazzone interpretata dalla Gadot è particolarmente significativo non solo perché riporta in vita il protagonista, ma anche perché lascia ben sperare per il futuro del personaggio e della sua interprete nel futuro del DC Universe. La sua comparsa, tuttavi, non è per tutti una sorpresa assoluta, in quanto la Warner Bros. l’aveva già anticipata (non è chiaro se volontariamente o per errore) attraverso uno spot rilasciato poco prima dell’uscita del film.

Il vero nome di Shazam

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Dopo l’incontro con Wonder Woman, la famiglia di Shazam si riunisce all’interno della loro nuova casa, poiché la precedente era andata distrutta nel corso del film. Fa poi la sua comparsa anche il Mago, procuratosi ora degli abiti nuovi ma sfoggiando anche una completa rasatura tra barba e capelli. Rivelando la sua intenzione di andare in giro per il mondo, desideroso di conoscerlo in lungo e in largo, egli porge dunque un ultimo saluto a Shazam e ai suoi famigliari. Prima che egli possa andarsene, però, Billy gli chiede quale dovrebbe essere il suo nome da supereroe.

Il mago fa una lunga pausa, per poi dire semplicemente “Shazam“. Ciò ripaga di una gag in corso per tutto il film, nella quale il protagonista si chiede quale possa essere il suo nome da supereroe, ricercando qualcosa di epico sullo stile Batman o Superman. Ora che sa di potersi chiamare proprio Shazam, sembra infine sollevato definitivamente da questo dubbio.Freddy, uno dei suoi fratelli, non è però impressionato da questo nome e sottolinea che probabilmente si può pensare a qualcosa di meglio, alludendo forse a quello che era originariamente il vero nome del personaggio: Capitan Marvel (poi cambiato per ovvi motivi).

Shazam 3, si farà?

Shazam! Furia degli Dei recensione film

 

Per quanto riguarda le possibilità di rivedere ancora Shazam sul grande schermo, è bene sottolineare che ci sono due scene post-credits nel film ed entrambe gettano le basi affinché Shazam continui effettivamente a svolgere un ruolo nel nuovo DCU. La fine di Shazam! Furia degli Dei fa molto per confermare Billy Batson come un vero supereroe in questo mondo, e sarebbe un peccato se fosse qui che finisce la sua storia. Il regista David F. Sandberg ha precedentemente affermato che non c’è nulla in questo sequel che contraddica i piani futuri dei DC Studios, ma ciò non significa necessariamente che Shazam rimarrà nei paraggi.

Sandberg ha dunque confermato che, qualora questo secondo capitolo dovesse ottenere significativi guadagni, le possibilità di un terzo film su Shazam si faranno decisamente più concrete. I piani futuri per il personaggio sembrano non mancare, anche appunto alla luce delle due scene post-credits. Non resta dunque che attendere i risultati al box office del film, come anche ulteriori annunci per quanto riguarda i progetti futuri del DCU, sperando che un terzo Shazam! rientri tra questi.

Roger Deakins contro gli Oscar per aver snobbato The Batman

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Roger Deakins contro gli Oscar per aver snobbato The Batman

Sir Roger Deakins, leggendario direttore della fotografia che ha prestato il suo talento a film come Le ali della libertà, Fargo, Skyfall, Blade Runner 2049 e non ultimo 1917, nonché vincitore di primi Oscar è tornato a parlare sull’atteggiamento prevenuto dell’Academy rispetto ai film sui supereroi. 

Sir Roger Deakins è stato nominato durante la cerimonia dello scorso fine settimana per il suo lavoro in Empire of Light e, sebbene non abbia vinto un altro Oscar, Deakins non ha esitato a criticare l’Accademia prima della serata. L’artista è arrivato al punto di sostenere che “secondo lui la migliore fotografia dell’anno non è stata nominata”. Il film di cui parla? The Batman. Infatti il noto sito americano Deadline ha chiesto a Deakins quale fosse la miglior fotografia. Di seguito le sue parole.

“È The Batman. Questo è il miglior lavoro a mio avviso”, dice a Deadline , aggiungendo che il lavoro di Greig Fraser è stato “straordinario” avrebbe dovuto renderlo un contendente. Per quanto riguarda il motivo per cui crede che sia stato trascurato, Deakins aggiunge: “Il motivo per cui non lo è stato è puro e semplice: snobismo. C’è questa ingiusta tendenza ad evitare l’universo Marvel e gli altri universi popolari”. Sir Roger Deakins ha anche sottolineato che secondo lui il direttore della fotografia di Top Gun: Maverick Claudio Miranda,  “un altro che è stato escluso… Dipende dal lavoro. Un buon lavoro è un buon lavoro qualunque sia il genere”. 

Zachary Levi parla del futuro del franchising DC

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Zachary Levi parla del futuro del franchising DC

Quando il CEO della Warner Bros. Discovery, David Zaslav, ha annunciato la nuova leadership di James Gunn Peter Safran alla DC, sono state successivamente prese decisioni pesanti che hanno creato alcuni contraccolpi con i fan storici dell’Universo. Tra le varie scelte più spinose c’è stato il congelamento di Wonder Woman 3 e l’uscita di scena di Henry Cavill come Superman del DCU

Tuttavia, in tutto questo c’era Shazam! il cui sequelShazam: Furia degli Dei (recensione) è finalmente uscita nelle sale. La fiducia della star Zachary Levi nei suoi nuovi capi non ha vacillato, con la star che li ha difesi ripetutamente di recente. Un nuovo commento di supporto dell’attore è arrivato proprio in queste ore, durante la premiere di Los Angeles, dove l’attore ha ribadito a Deadline che quando si tratta delle ulteriori avventure di Shazam!, “Tutto si riduce a ciò che la gente vuole“. 

Shazam: Furia degli Dei uscirà oggi in Italia, mentre negli USA solo venerdì e secondo le prime previsioni la pellicola dovrebbe debuttare con 35 milioni di dollari di incasso e oltre 85 milioni di dollari come risultato globale a fronte di un costo di produzione di 125 milioni. La Warner Bros ha spostato il film prodotto dalla New Line precedentemente previsto per natale, in modo tale da essere abbastanza lontana dalla coda lunga d’incassi di Avatar: La via dell’acqua, in modo da dargli un po’ di respiro al botteghino e avere la possibilità di essere programmati sugli schermi Imax.

Abbiamo realizzato un film fantastico, sono davvero orgoglioso di questo film, spero che tutti lo vedano, spero che lo dicano a tutti i loro amici e familiari“, ha detto Levi a Deadline.  “Questo è tutto ciò che posso fare: posso presentarmi ed essere il miglior Shazam che posso essere“.

Anche se non ci fosse un altro Shazam, Levi sarebbe disposto ad apparire nei futuri film DC? “Fidati di me, ovunque dicano, vogliamo che tu sia Shazam in questa cosa, io direi ‘Fantastico, andiamo. Lo farò‘”, ha detto l’attore. Nel marketing di Black Adam, Dwayne Johnson sfidava continuamente Shazam a combattere, e l’idea era che avremmo visto l’antieroe e l’eroe affrontarlo ad un certo punto sul grande schermo. Tuttavia, questo non sembra essere nel prossimo futuro con Dwayne Johnson che ha annunciato prima di Natale che Black Adam non faceva parte della prima fase DCU riscritto da James Gunn e Peter Safran.

Safran e Gunn hanno dichiarato durante l’annuncio stampa del 30 gennaio che sono ancora interessati a lavorare con gli attori e le attrici precedentemente scelti come grandi supereroi DC, tra cui Gal Gadot come Wonder Woman, Jason Momoa come Aquaman, Zachary Levi come Shazam e potenzialmente anche Ezra Miller nei panni di The Flash. So che Peter (Safran), che conosco da anni, e James (Gunn), che conosco anche da più tempo, sono leader davvero eccellenti. E mi fido di dove porteranno tutta questa roba”, ha sottolineato Levi. A lui si è unita la costar Rachel Zegler che ha rivelato “Siamo fiduciosi sul futuro del franchise” .

I Marvel Studios sono “vicini” a scoprire chi è stato a rivelare su Reddit la trama di Ant-Man 3

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All’inizio di questa settimana, abbiamo appreso che i Marvel Studios avevano deciso di combattere una volta per tutte le fughe di notizie su Internet e avevano presentato documenti legali chiedendo un mandato di comparizione nel tentativo di identificare l’individuo o gli individui che hanno condiviso i dettagli della trama di Ant-Man and the Wasp: Quantumania su Reddit.

Ora, il THR riferisce che la Marvel si stanno “avvicinando a scoprire l’identità della fonte” della fuga di notizie apparsa su Reddit e intende intraprendere un’azione legale contro di essa. Un giudice federale della California ha emesso la citazioni in giudizio contro Reddit e Google, ordinando loro di identificare gli utenti che hanno fatto trapelare i dettagli in questione. Questa azione fa parte della strategia della Marvel non solo di scoprire chi ha pubblicato le informazioni sul popolare canale subreddit r/MarvelStudiosSpoilers, che ora è bloccato ma soprattutto porre fine alla via di fuga di notizie sensibili sui film dello studios.

La Disney ha presentato una richiesta di rimozione del copyright della fuga di notizie all’inizio di questo mese dopo che un documento di 63 pagine era stato condiviso da u/MSSmods in un post intitolato “[TFTMQ] Ant-Man and the Wasp: Quantumania Detailed Dialog”. Da allora il thread è stato eliminato, ma come accade spesso qualcuno ha avuto il tempo di archiviarlo su Google Documenti, e renderlo in ogni caso reperibile.

“Reddit si impegna a proteggere la privacy dei nostri utenti”, ha comunicato Reddit in una dichiarazione in risposta alla domanda della Marvel. “Abbiamo in atto processi rigorosi per valutare le richieste legali e obiettare quando appropriato”. Gli addetti ai lavori ritengono che la Marvel/Disney probabilmente avvieranno un contenzioso contro la persona o il gruppo responsabile, che potrebbe includere il rinvio a giudizio per violazione del copyright, tra le altre accuse.

Zendaya riflette sullo “straziante” romanticismo visto in Spider-Man: No Way Home

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Spider-Man: No Way Home si è concluso con Doctor Strange che non ha avuto altra scelta che lanciare un incantesimo che ha fatto dimenticare a tutto il mondo l’esistenza di Peter Parker. Compreso a MJ, la ragazza con la quale Peter Parker ha iniziato una sentita storia d’amore. Questo finale ha anche visto i due protagonisti  darsi un ultimo bagio lacrime in segno di un addio.  

Nonostante Peter Parker ha promesso a MJ  che avrebbe fatto di tutto per farle ricordare il loro passato insieme, il personaggio nel finale sembra essere titubante, soprattutto per via del fatto che proprio nell’ultimo film ha messo per l’ennesima volta in pericolo di vita la ragazza, che è quasi morta nella battaglia finale alla Statua della Libertà.Come molti di voi sapranno la coppia si riunirà presto nell’annunciato Spider-Man 4 e Zendaya oggi ha avuto modo per riflettere sulla relazione tra Peter e MJ durante una recente intervista in Spider-Man: No Way Home The Official Movie Special Book.

“La cosa straziante, per me, come persona a cui importa di Peter e MJ, è il fatto che probabilmente hanno avuto solo poche settimane per godersi l’essere innamorati in una nuova relazione… e poi tutto gli esplode in faccia, “ ha commentato l’attrice. “Ero tipo, ‘No, meritano di essere felici!”. “Penso che ciò che è importante sia che [MJ e Peter] si amino per quello che sono. È chiaro dal primo film che probabilmente lo amava molto prima di capire che era Spider-Man”, continua l’attrice“E apprezza e ama tutte le sue bizzarre interpretazioni della vita. La cosa bella è che [MJ e Peter] si capiscono a un livello umano reale, il che permette loro di essere più vulnerabili. Questa è stata la cosa divertente: guardarla diventare più vulnerabile perché sa che Peter la ama.”

Mentre MJ avrà probabilmente un ruolo secondario in Spider-Man 4 (molti fan vorrebbero vedere Black Cat come un nuovo interesse amoroso di Peter Parker), troviamo difficile credere che la storia d’amore tra lei e Peter non sboccerà di nuovo quanto prima. Non ci resta che aspettare e vedere! 

Il film Spider-Man più recente, è stato Spider-Man: No Way Home, uscito in sala il 15 dicembre. In Spider-Man 4 dovrebbero tornare Tom HollandZendaya, Jacob Batalon, Tony Revolori. 

Spider-Man: No Way Home, leggi la recensione

Spider-Man: No Way Home è uscito in sala il 15 dicembre. Nel film tornano Tom HollandZendaya, Jacob Batalon, Tony Revolori Marisa Tomei. Inoltre, nel film ci sono anche Benedict Cumberbatch nei panni di Doctor Strange, che poi vedremo in Doctor Strange in the Multiverse of Madness, diretto da Sam RaimiJamie Foxx che veste i panni di Electro, come in The Amazing Spider-Man 2, Willem Dafoe nei panni di Norman Osborne/Green Goblin e infine Alfred Molina, di nuovo Doctor Octopus di Spiderman 2. Nel film, accanto a Tom Holland, tornano a interpretare Peter Parker/Spider-Man anche Tobey Maguire e Andrew Garfield.

Spider-Man: No Way Home è diretto da Jon Watts (già regista di Homecoming e Far From Home) e prodotto da Kevin Feige per i Marvel Studios e da Amy Pascal per la Pascal Production.

The Last of Us 2: il creatore annuncia più “infetti e nuove tipi d’infezione”

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Dopo la conclusione della prima stagione dell’adattamento della HBO di The Last of Us, i creatori dello show Craig Mazin e Neil Druckmann promettono molta più azione e infetti nella seconda stagione della serie. In un’intervista con Variety, Mazin ha affermato di sapere che alcuni fan dello show hanno chiesto a gran voce più contagiati e più azione nella serie. A quei fan, Mazin ha detto che ci saranno “molti più infetti”, così come diversi tipi d’infezione. “C’è molto di più in The Last of Us in arrivo”, ha dichiarato Mazin. “È del tutto possibile che ci saranno molti più contagiati in seguito. E forse di tipi diversi.

Senza entrare in spoiler per la seconda stagione della serie, se le prossime stagioni adatteranno The Last of Us Part II, allora ci saranno sicuramente nuovi infetti, inclusi alcuni particolarmente mostruosi. All’inizio di questa settimana, vi abbiamo rivelato che la seconda stagione di The Last of Us sarebbe stata suddivisa in più stagioni. In una nuova intervista con GQ, Craig Mazin ha ribadito che le ragioni di voler fare più stagione sono da ricondurre al fatto che semplicemente che il secondo gioco è significativamente più grande. Come accaduto già in questa stagione della serie, Mazin ha anche affermato che alcune cose saranno diverse nella seconda stagione, mentre altre rimarranno le stesse.

Penso che sappiamo cosa stiamo facendo in merito a questo“, ha commentato Craig Mazin. “Non lo dico in modo sarcastico, lo dico con speranza. Ci saranno cose che saranno diverse e ci saranno cose che saranno identiche. Ci sono cose che verranno aggiunte e arricchite. Ci sono alcune cose che verranno capovolte”. Il nostro obiettivo rimane esattamente quello che era per la prima stagione, ovvero offrire uno spettacolo che renda felici i fan. Abbiamo un incredibile cast di ritorno. È un compito arduo. Ma, così è stata la prima stagione. Non puoi rendere tutti felici. Ma abbiamo reso felici molte persone e la nostra intenzione è quella di ripeterci”.

Leonardo DiCaprio pensa che il nuovo film di Martin Scorsese Killers of the Flower Moon sia un capolavoro

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Il prossimo film di Martin Scorsese, Killers of the Flower Moon, è diventato rapidamente uno del film più atteso da quando è stato annunciato per la prima volta nel 2017 e oggi scopriamo che una delle sue star, Leonardo DiCaprio, ha rivelato in confidenza che pensa che valga la pena aspettare.

Jacqueline West, la costumista del film, che ha anche lavorato con Leonardo DiCaprio in The Revenant, ha ricordato una conversazione con l’attore durante un’apparizione al Doha Film Institute. “Ne stavo parlando con Leo. Abbiamo pranzato prima che venissi qui“, ha detto l’artista a Deadline. “Ha detto, ‘Jackie, penso che abbiamo lavorato su un capolavoro.’ Ho pensato che se a dirlo fosse Leo, allora era qualcosa da tener conto. Non lo dice alla leggera. È nel settore da quando era un ragazzino“.

Basato sull’omonimo libro best-seller, Killers of the Flower Moon è ambientato nell’Oklahoma degli anni ’20 e segue l’omicidio seriale di membri della Osage Nation, l’associazione di ricca di petrolio. La storia racconta una serie di crimini brutali in circostanze misteriose che si sono verificati conosciuto come “il regno del terrore”. Oltre a dirigere, Martin Scorsese ha scritto la sceneggiatura con Eric Roth, co-sceneggiatore di Dune e A Star is Born.

Leonardo DiCaprio interpreta Ernest Burkhart, il nipote di un potente allevatore locale interpretato da Robert De Niro, mentre Lily Gladstone interpreta la moglie Osage Mollie e Jesse Plemons è Tom White, l’agente dell’FBI incaricato di indagare sugli omicidi. Il cast include anche Brendan Fraser e John Lithgow.

Return to Silent Hill: rivelato il cast del film basato sul gioco Silent Hill 2

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Return to Silent Hill, l’imminente film horror basato su Silent Hill 2, ha rivelato il suo cast principale e il suo regista e ha anticipato alcuni nuovi design dei mostri che potrebbero apparire nella pellicola. A darne notizia è stato il noto sito Deadline che ha riferito che Jeremy Irvine e Hannah Emily Anderson saranno i protagonisti del riavvio del franchise. Jeremy Irvine  è meglio noto per il suo ruolo nel film War Horse di Steven Spielberg del 2011 e il sequel horror del 2015 The Woman in Black: Angel of Death, mentre la Anderson è nota per essere apparsa nel film horror del 2017 Jigsaw e nella serie tv The Purge, che è andato in onda per due stagioni dal 2018 al 2020.

Le riprese del film Return to Silent Hill dovrebbero iniziare il mese prossimo in Germania e nell’Europa orientale, che segnerà il ritorno del regista originale di Silent Hill, Christophe Gans. Scritto da Gans, Sandra Vo-Anh (che ha collaborato con Gans in La bella e la bestia) e William Josef Schneider, il film è basato su Silent Hill 2, il secondo e più popolare gioco della serie di videogiochi di successo di Konami.

Il film seguirà James (Irvine), un uomo distrutto dopo essersi separato dal suo unico vero amore (Anderson). Quando una lettera misteriosa lo richiama a Silent Hill in cerca proprio della sua amata, trova una città un tempo riconoscibile trasformata da un male sconosciuto. Mentre James scende più in profondità nell’oscurità, incontra figure terrificanti sia familiari che nuove e inizia a mettere in discussione la propria sanità mentale mentre lotta per dare un senso alla realtà e resistere abbastanza a lungo da salvare il suo amore perduto.

Ritorno a Silent Hill è una storia d’amore mitologica su qualcuno così profondamente innamorato, che è disposto ad andare all’inferno per salvare qualcuno che ama”, ha commentato il regista Gans. “Sono felice che i meravigliosi attori di talento Jeremy Irvine e Hannah Emily Anderson ci accompagnino in questo viaggio in un mondo horror psicologico che spero possa soddisfare e sorprendere i fan di Silent Hill “.

Christophe ed io abbiamo lavorato a stretto contatto con i nostri partner di Konami, mentre lavorano ai nuovi videogioco, per creare anche una versione di Silent Hill per il pubblico del cinema di oggi“, ha spiegato il produttore Hadida. “Troverai ancora i mostri iconici del franchise, ma ci saranno anche nuovi design. Siamo fiduciosi che questo nuovo film e il nuovo gioco di Konami insieme spingeranno avanti il ​​​​franchise per gli anni a venire”.

Il film Return to Silent Hill

Return to Silent Hill è prodotto da Victor Hadida (produttore dei franchise di The Crow e Silent Hill) sotto la sua società Davis Films, insieme a Molly Hassell (The Crow) di Hassell Free Productions e David Wulf (The Card Counter). The Veterans si occupa delle vendite internazionali. Pubblicato originariamente nel 2001 per PlayStation 2, Silent Hill 2 è ampiamente considerato il miglior gioco della serie. L’anno scorso, Konami ha annunciato tre nuovi giochi della serie in arrivo e l’idea è che il nuovo film e i giochi si uniscano l’un l’altro per aiutare il marketing e il coinvolgimento. Radha Mitchell e Sean Bean hanno recitato nel primo film di Silent Hill, che ha incassato 100 milioni di dollari nel 2006.

James Gunn smentisce alcune voci su The Penguin e la questione dei diritti di Batman

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Poco prima di annunciare che dirigerà Superman: Legacy, il co-CEO dei DC Studios James Gunn ha dissipato alcuni rumors che si stavano diffondendo riguardo ai diritti del cattivo di Batman, il Pinguino, che sarà presto protagonista della serie annunciata The Penguin che è attualmente in fase di riprese e ce vedrà protagonista Colin Farrell che riprenderà il ruolo di Oswald Cobblepot interpretato in The Batman del 2022.

Un account Twitter chiamato “The Art of the Batman” ha twittato un articolo della CBR che rivelava che Robert Pattinson non sarà in grado di apparire nella prossima serie The Penguin come Batman, ma che potrebbe apparire come Bruce Wayne o The Drifter – il suo travestimento civile. Questa impossibilità nell’articolo è stata attribuita a un problema di diritti tra “Fox, Disney e una serie di fusioni”. James Gunn ha risposto a questo tweet e ha chiuso la voce, affermando semplicemente che: “Questo non è vero”.

Quando un altro utente ha chiesto se si stesse riferendo all’aspetto di Robert Pattinson o alla questione dei diritti non veritiera, James Gunn ha chiarito che la questione dei diritti è la parte falsa.

Ambientata nel mondo di The Batman del 2022 , la serie HBO Max si concentrerà su Oswald Cobblepot. The Penguin sarà basato sui personaggi DC creati da Bob Kane e Bill Finger. È stato scritto da Lauren LeFranc, che è anche la showrunner. I primi due episodi saranno diretti da Craig Zobel.

Tenebre e Ossa 2: recensione della serie su Netflix

Tenebre e Ossa 2: recensione della serie su Netflix

L’anno 2020, per quanto sia stato critico sotto il punto di vista delle produzioni cinematografiche, ha registrato un’incredibile crescita delle piattaforme. Unica finestra sul mondo dell’audiovisivo, esse sono diventate una via alternativa alla sala. I prodotti nei cataloghi hanno iniziato a proliferare, tant’è che nel corso del tempo molte opere hanno saltato il passaggio al cinema per approdare direttamente in streaming. Il periodo storico della pandemia è stato la bilancia sopra la quale si sono pesati successi e fallimenti del cinema, servito per aprire un varco sulle modalità di fruizione future e su una possibile – e migliore – sinergia fra piattaforma e sala. Lo streamer che più ha cavalcato l’onda è stato fuor di dubbio Netflix, il quale è andato arricchendo la sua offerta con contenuti freschi e inclusivi.

Il genere su cui la N rossa ha più investito è stato il fantasy, che ha permesso di sganciarsi dalla condizione soffocante del lockdown, per farci atterrare su universi completamente inediti. Prima ci ha invitato nel Continente con The Witcher e l’anno successivo ha deciso di catapultarci nella Russia zarista di Ravka con Tenebre e Ossa. E così, a distanza di due anni dall’uscita del primo capitolo, torna fervente Tenebre e Ossa 2, serie che vede la Bardugo riabbracciare il ruolo di produttore esecutivo insieme allo showrunner Heisserer. Al cast già nutrito di attori si sono uniti altri prodi eroi, fra cui Patrick Gibson nei panni del principe Nikolai Lantsov e Jack Wolfe nelle vesti di Wylan Van Eck. Prodotto da 21 Laps Entertainment, Tenebre e Ossa 2 è disponibile su Netflix dal 16 marzo.

Tenebre e Ossa 2, la trama

Credendo di aver ucciso Kirigan (Ben Barnes), Alina (Jessie Mei Li) e Mal (Archie Renaux) si mettono in viaggio per cercare gli ultimi due amplificatori, l’Uccello di Fuoco e la Frusta Marina, gli unici che possono aiutare l’Evoca Luce a distruggere per sempre la faglia. Nel frattempo, i Corvi, ai quali si aggiunge Nina (Danielle Galligan), cercano vendetta nei confronti di Pekka Rollins (Dean Lennon Kelly), nelle cui mani è intrappolata tutta Katterdam. Intanto l’Oscuro è sopravvissuto alla Faglia e all’attacco dei Volcra, dalla quale ne è uscito insieme a dei mostri d’ombra. La sua missione è quella di intercettare Alina, la quale nel mentre è riuscita a tornare a Ravka, stringendo una potente alleanza con il principe Nikolai Lantsov (Patrick Gibson).

Nuove terre, nuova vita, nuove avventure

L’episodio conclusivo di Tenebre e Ossa, aveva visto la (presunta) sconfitta dell’Oscuro da parte di Alina e i Corvi. L’unico problema resta la Faglia, terra di mezzo assediata dai Volcra, che continua a dividere Ravka dal resto del continente. Tenebre e Ossa 2 riprende il discorso lasciato in sospeso, con Alina e Mal in rotta verso altre terre, alla ricerca di nuovi alleati con i quali potersi unire. La struttura narrativa della serie torna a modellarsi con sapienza su due differenti binari, Alina e Mal da una parte e i Corvi dall’altra, pur rimanendo entrambi legati dall’obiettivo comune di annientare la Faglia. Alcuni ambienti in cui i personaggi si barcamenano li identifichiamo subito poiché già saggiati, come per esempio l’oscura Katterdam, nella quale infiammano rivolte. Altri, invece, sono lande da scoprire, governate da culture e tradizioni diverse, come il Regno orientale di Shu Han, dai tratti orientali. Questi popoli, seppur dissimili, sono accomunati da un senso di risentimento nei confronti dell’Evoca Luce, alla quale attribuiscono la colpa d’essere stata braccio destro di Kirigan.

Eppure, nell’affresco di Tenebre e Ossa 2, ci interfacciamo con un Alina matura e risoluta la quale, distaccatasi da Alexander, assume finalmente una propria identità. Non si lascia sopraffare dagli eventi e dalle emozioni, se non quelle d’amore rivolte al suo Mal. È un character solido, il suo, andato costruendosi fra sconfitte, dolori e consapevolezze. Che mira alla giustizia e alla vendetta al tempo stesso, prima sussurrata con timore e ora promessa a gran voce. È pieno di sfumature e sfaccettature, messe in evidenza dagli ostacoli incontrati lungo il cammino, i quali rendono Alina molto più umana e bilanciata di tanti altri eroi rappresentati dal solo Bene. Un personaggio su cui Tenebre e Ossa 2 edifica il suo centro con fermezza, consapevole che la sua evoluzione potrà reggere il peso di tutto il lodevole world building.

Amore e guerra

Tenebre e Ossa 2, oltre a rimanere narrativamente e strutturalmente fedele al suo mondo complesso e stratificato, dosato negli snodi narrativi ma ricco di dettagli, è anche una serie che mette le radici nel genere Young Adult. La prima stagione era riuscita a soppesarne la natura proponendo tematiche molto intricate, che spaziavano dalla guerra alla lotta contro la tirannia, fino a ragionare su temi razziali. Ora però freme la necessità di metter mano su argomenti non ancora maneggiati, fra questi l’amore declinato nelle sue forme più distinte e variegate.

Perché è l’amore, in questo nuovo capitolo, a dettare le regole. A spingere i protagonisti a reagire. Che sia un fratello, un compagno o un amico, è l’unico sentimento da cui i personaggi attingono per recuperare forze ed energia. L’amore diviene l’antidoto della guerra, quella civile di Ravka, quella di Ravka contro Fjierda e Shu Han, e quella dei popoli contro l’Oscuro. Ci si lascia andare ad una scrittura più morbida, che pur mantenendo i suoi intrecci politici e razziali, scivola dolcemente in un sentimentalismo genuino. Il quale riesce a trovare il suo giusto spazio nella macro-storia senza risultare stucchevole e ridondante, ma funzionale al progredire dei rapporti.

Tenebre e Ossa 2 rimane, fortunatamente, con un’ossatura forte. Un prodotto che non scade nel ripetitivo, nonostante sia di natura seriale, ma che anzi sfrutta la frammentazione della linearità per regalarci sempre prospettive nuove ed espedienti coinvolgenti. Sa in che modo e con quale ritmo costruire il suo universo per permettere al suo pubblico di interagirci, rimanendo attento a non incepparsi in digressioni che potrebbero depotenziarlo. Un’operazione non facile se si considerano altre opere di derivazione letteraria andate alla deriva, il cui tempo poi ha contribuito a far scivolare nell’oceano delle dimenticanze.

Shazam! Furia degli Dei: la recensione del film DC con Zachary Levi

Shazam sa benissimo di non possedere il carisma, la popolarità o la virilità di Batman, Superman o Aquaman, è lui stesso a confessarlo nei primi minuti di Shazam! Furia degli Dei, il secondo film a lui dedicato. Se il primo (qui la recensione), uscito nel 2019, era una pura origin story, con il nostro bislacco protagonista impegnato a prendere dimestichezza con i suoi nuovi poteri, questo sequel si concentra sulla sindrome dell’impostore di cui egli sembra soffrire. Ma non è solo questo senso di inadeguatezza a caratterizzare ora Shazam, quanto anche il terrore del cambiamento e del perdere i legami con la propria famiglia.

Diretto da David F. Sandberg, il nuovo capitolo del DC Universe, più volte posticipato nella sua data d’uscita, si svela dunque come un degno film dedicato ad un supereroe in quanto a proporzioni, che non dimentica però di sviluppare tematiche molto intime, che non vengono mai perse di vista. Mentre dunque Shazam, interpretato ancora una volta da Zachary Levi, si trova dunque a dover faticosamente tenere unita la sua famiglia di supereroi, dovrà stavolta fronteggiare la minaccia delle figlie di Atlante: Esperida (Helen Mirren), Calipso (Lucy Liu) e Antheia (Rachel Zegler), arrivate sulla terra per riportare in vigore il regno degli Dei.

Un supereroe alla ricerca di sé stesso

Originariamente chiamato Capitan Marvel (nome poi cambiato per ovvi motivi), Shazam è stato il supereroe più popolare degli anni Quaranta e la sua serie a fumetti riuscì a battere nelle vendite quelle di icone come Superman e Batman. Nel tempo, però, questi due sono diventati i frontman indiscussi della DC Comics ed oggi il supereroe ideato da C.C. Beck e Bill Parker è troppo spesso considerato un personaggio secondario o comunque meno noto. Forse è anche per questo che i due film a lui dedicati non possono non tenere in considerazione la sua necessità di riscattarsi agli occhi degli spettatori odierni. Una necessità che questo sequel affronta di petto.

Certo, Shazam è buffo e sembra non possedere affatto la saggezza di Salomone (uno dei poteri che lo caratterizzano). Sin dall’annuncio del primo film, il suo ruolo sembrava dunque dover essere nulla di più che quello del supereroe comico, similmente a ciò che oggi è Thor per la Marvel. Eppure la comicità presente nei film di Shazam! non scade nella pigra demenzialità presente invece in un titolo come Thor: Ragnarok. Ma al di là del suo tono leggero, coerente con il fatto che i supereroi protagonisti non sono in fondo altro che degli adolescenti, Shazam! sembra essere riuscito a trovare una propria identità cinematografica, anche se (o forse proprio per merito di ciò) il suo protagonista continua a rimuginare sé stesso.

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Lucy Liu, Helen Mirren e Rachel Zegler in una scena di Shazam! Furia degli Dei.

E rimuginando rimuginando, il protagonista raggiunge infatti ora una nuova fase nel suo processo di maturazione, portando a questo nuovo livello anche l’intero Shazam! Furia degli Dei. Ciò è possibile grazie alla comprensione del fatto che tentare di emulare i film dedicati a Superman o Batman sarebbe controproducente, ed è dunque molto meglio puntare sul raccontare e mostrare tutti quegli aspetti che gli altri supereroi della DC non possono vantare, dalla già citata vena comica fino a tutte le problematiche adolescenziali che Billy Batson (di cui Shazam è l’alter ego) si trova a vivere tra famiglia adottiva e liceo. Le imprese da supereroe che egli si trova a vivere non sono allora altro che allegorie su vasta scala delle sue paure di ragazzo.

Shazam! Furia degli Dei, un sequel avvincente tra famiglia, risate ed effetti speciali

Shazam! Furia degli Dei si concentra dunque molto, come anticipato, sul concetto di famiglia. Una famiglia decisamente non tradizionale, composta da una coppia con sei figli adottivi provenienti da realtà e contesti diversi. Uno dei timori maggiori, scaturito dal finale del precedente film, era come si sarebbe potuta gestire un’intera famiglia di supereroi, ognuno con le proprie personalità e capacità. Per quanto questo sia stato l’aspetto più difficile da gestire, come ammesso dallo stesso regista, il risultato è un equilibrio che non scontenta, fornendo comunque ad ognuno dei personaggi la possibilità di avere il proprio momento, senza però rubare la scena al vero protagonista né rendendo caotico il tutto.

Anzi, proprio il modo in cui i supereroi famigliari di Shazam vengono gestiti contribuisce a raccontare meglio quella paura particolarmente viva nel protagonista di crescere e vedersi sempre più lontano dai suoi cari. Al di là di questa dimensione intimista, gestita con un buon controllo rispetto al resto della narrazione, risultano poi particolarmente avvincenti le sequenze più propriamente dedicate all’attività da supereroe. Senza voler strafare, Shazam! Furia degli Dei riesce infatti ad offrire scene di battaglia ed effetti speciali ben curati, talvolta anche sorprendenti nel modo in cui sono realizzati. I poteri di Antheia, ad esempio, rimangono particolarmente impressi.

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Zachary Levi nei panni di Shazam in una scena del film.

Viene dunque sfruttato nel migliore dei modi un budget non particolarmente elevato per un film di questo genere, attestato intorno ai 100 milioni di dollari (basti pensare che Ant-Man & the Wasp: Quantumania, con esiti tutt’altro che positivi, ha un budget di circa 200 milioni). Certo, non tutto funziona al meglio e nella sua prima parte il film è talvolta lento nell’ingranare la marcia, ma quando il tutto si mette in moto ecco che Shazam! Furia degli Dei diventa un godibilissimo blockbuster, capace di sorprendere, emozionare e anche divertire con alcune battute decisamente memorabili.

Per non parlare, in conclusione, della bravura del suo cast. Zachary Levi si conferma abilissimo nel gestire Shazam, rendendolo credibile tanto nei momenti più comici quanto in quelli più eroici. Helen Mirren e Lucy Liu si affermano invece come convincenti villain, anche solo per il loro innato carisma, ma è la giovane Rachel Zegler, scoperta da Steven Spielberg con West Side Story, a catalizzare su di sé tutte le attenzioni. Con la sua Antheia, l’attrice si dimostra una volta di più un’interprete dotata di grandi capacità e presenza scenica. Alla luce di ciò, in attesa ora di scoprire quale sarà il futuro di Shazam nel DC Universe, non si può che considerarsi soddisfatti, qualora si apprezzi questo supereroe e le sue caratteristiche, di questo sequel.

James Gunn dirigerà Superman: Legacy

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James Gunn dirigerà Superman: Legacy

Sarà James Gunn a dirigere Superman: Legacy, uno dei nuovi progetti annunciati dai DC Studios. L’irriverente regista, che è presidente e amministratore delegato dei DC Studios con il partner Peter Safran, ha rivelato che dirigerà un riavvio precedentemente annunciato del franchise di Superman. Gunn ha anche scritto la sceneggiatura e Safran produrrà. Lo apprendiamo da Variety.

Secondo la prima sinossi del film, Superman: Legacy “racconta la storia del viaggio di Superman per riconciliare la sua eredità kryptoniana con la sua educazione umana come Clark Kent di Smallville, Kansas. È l’incarnazione della verità, della giustizia e del modo americano, guidato dalla gentilezza umana in un mondo che vede la gentilezza come antiquata.”

“Ho perso mio padre quasi tre anni fa. Lui era il mio migliore amico. Non mi capiva da bambino, ma ha sostenuto il mio amore per i fumetti e il mio amore per il cinema e non farei questo film ora senza di lui”, ha scritto James Gunn. “È stata una lunga strada fino a questo punto. Mi è stato offerto Superman anni fa – inizialmente ho detto di no perché non avevo un modo unico, divertente ed emotivo che dava a Superman la dignità che meritava.”

Il regista ha continuato dicendo che “poco meno di un anno fa ho visto un modo per farlo, un modo incentrato sull’eredità di Superman, e sul modo in cui i suoi aristocratici genitori kryptoniani che i suoi genitori contadini del Kansas informano chi è e le scelte che fa.”

Superman: Legacy è il primo di un universo pianificato di narrazione multipiattaforma (presumibilmente uno che si mescolerà con i progetti di streaming per HBO Max) in una Fase 1 che lo studio chiama “Gods and Monsters”. Il cast non è stato ancora annunciato, ma l’uscita nelle sale globali del film è prevista per l’11 luglio 2025.

Piano piano, la recensione di un doppio esordio da scudetto

Piano piano, la recensione di un doppio esordio da scudetto

Dopo È stata la mano di Dio, e in vista dell’esito annunciato del campionato di calcio in corso, lo scudetto del Napoli torna a fare capolino nel nostro cinema, in questo caso da sfondo al Piano piano di Nicola Prosatore (Wanna), una storia minima di formazione dalle molte sfaccettature che I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection distribuiscono in sala dal 16 marzo 2023.

Un esordio che aveva fatto già parlare di sé in occasione della sua anteprima mondiale alla 75esima edizione del Locarno Film Festival e delle presentazione ad Alice nella città, durante la Festa del Cinema di Roma, dove il giovane Giuseppe Pirozzi – volto noto per la serie Mare fuori, protagonista insieme alla debuttante Dominique Donnarumma – si era aggiudicato il Premio RB Casting come miglior giovane interprete italiano.

Piano piano, una storia di formazione

Loro due i ragazzi sui quali ci viene chiesto di concentrare in particolare la nostra attenzione, divisa tra le diverse figure di un microcosmo popolato di volti noti, da Antonia Truppo (qui produttrice e sceneggiatrice insieme al regista, Francesco Agostini e Davide Serino) a Giovanni Esposito e Lello Arena, in un ruolo diverso dal solito, oltre ai fondamentali Antonio De Matteo e Massimiliano Caiazzo, anche loro tra le star della serie – ormai di culto – Mare fuori.

I loro nomi, Peppino e Anna. Uno figlio del magliaro che lavora al piano terra del palazzo dove vive lei con la madre, sola e agguerrita. Ancora bambini, ma quasi adolescenti, nella periferia della Napoli del 1987. Dalla finestra della sua stanza, Anna vede il cortile del palazzo-castello in mezzo al nulla e prossimo allo sgombero, ma soprattutto vede i personaggi che lo animano, nel bene e nel male. L’incontro con un misterioso soggetto nascosto in un campo proibito annuncia la fine dell’infanzia, per entrambi, sempre più desiderosi di spazi ed esperienze. Forse non quelle che avrebbero sperato.

Obbligati a crescere, per sentirsi più grandi

Perché “i grandi si fanno male”, come dice il film, nel quale la naturale fretta di crescere che hanno i due ragazzi si unisce al desiderio di uscire dal piccolo mondo che è sempre stato la loro vita. Quella palazzina – sgomberata per fare spazio al progetto dell’Asse Mediano (anche nella realtà vissuta dalla Truppo) – nella quale il tempo non sembra passare né il futuro esistere davvero, ma dalla quale si può finire in una dimensione parallela solo attraversando un buco nel muro.

Una fuga nella favola, in una illusione che sembra in grado di sopravvivere fino a che lo sguardo resta quello dei più piccoli, già usato da altri per raccontare povertà e ignoranza, guappi e violenza, da Claudio Giovannesi a Piazza e Grassadonia. Bambini che vediamo diventare grandi rapidamente, in qualche modo protetti dal regista, che per questa storia fondata “su fatti reali e, in questo caso, in parte autobiografici” sceglie il ritmo della Self Control di Raf, in opposizione ai temi più classici che Anna non vuole più suonare sulla piccola tastiera in camera sua.

Fuori dalla bolla, il mondo

C’è bellezza e innocenza in quel piccolo intorno difeso a ogni costo, anche nell’inferno che li circonda e che viene lasciato intendere più che rappresentato esplicitamente, anche se non sempre le soluzioni trovate convincono a pieno quando si abbandona certa narrazione iperrealista per concentrarsi su una interessante e a tratti spiazzante estetizzazione. E c’è tanto affetto per quel mondo ormai scomparso, trasformato in peggio, come quasi tutto quando si cresce, gradualmente, senza che ci si potesse opporre davvero. Un po’ come succede ad Anna, che cresce da una inquadratura all’altra, di colpo, ché piano piano non si va da nessuna parte, si rimanda la fuga, si vive di sogni e di speranze.

Sono i colpi di testa, le emozioni improvvise, i desideri brucianti o le curiosità, soprattutto le curiosità, che in realtà producono movimento, producono cambiamento, nella vita di Anna, Peppino, Ciro e del misterioso mariuolo interpretato da un egregio Antonio De Matteo, inatteso e poco celestiale Virgilio nel percorso pieno di delusioni che è quello di ogni bambino, di ogni popolo, di tutti. Pedina importante di un cast completato da un Lello Arena inusualmente cattivo, anche se forse un po’ troppo teatrale nella caratterizzazione scelta dal regista.

In the Mood for Love: sentimenti e segreti nel capolavoro di Wong Kar-Wai

Il regista Wong Kar-Wai, figura anomala del cinema hongkonghese, si è sempre impegnato con i suoi film a ricercare l’essenza dei sentimenti umani, facendo di questi il motore portante di racconti che esulano dai canoni narrativi a cui si è abituati. Kar-Wai, infatti, lavora primariamente sul potere dell’immagine, utilizzando le possibilità e i mezzi del cinema per far emergere i contenuti di suo interesse. Nel suo cinema è dunque fondamentale il fluire del tempo, filtrato attraverso una percezione sentimentale in grado di isolare e dare forma anche alle modificazioni più impercettibili della realtà. Il suo capolavoro, da questo punto di vista, è il film del 2000 In the Mood for Love (qui la recensione).

Questo doveva originariamente essere uno dei capitoli di un film a episodi dedicato al cibo, che descrivesse il modo in cui questo influisce sulla vita della comunità cinese di Hong Kong nel corso del tempo, ma durante la sua lavorazione l’idea originale si è evoluta progressivamente fino a prendere la durata di un lungometraggio a sé stante. In the Mood for Love, tuttavia, non possiede una vera e propria sceneggiatura, ma è primariamente il frutto di una serie di suggestioni, immagini, sentimenti e stati d’animo. Assolutamente esplicativo è a tal proposito il titolo, che racchiude il desiderio d’amore dei due protagonisti. Un desiderio che si manifesta attraverso sguardi, incontri fugaci, parole non dette, fino a disperdersi nel tempo senza mai concretizzarsi.

Affinché tutto ciò emerga con maggior chiarezza e forza, Kar-Wai per In the Mood for Love non si avvale dell’uso della macchina a mano o di luci naturali, ma al contrario fa ampio uso di tecniche di ripresa stranianti come carrellate, ralenti, frammenti racchiusi fra dissolvenze al nero e primissimi piani così ravvicinati da essere quasi astratti, il tutto con luci particolarmente innaturali. Così facendo egli rende chiara la dimensione emotiva del film, con una messa in scena che esteriorizza l’animo dei due protagonisti e costruisce un’atmosfera di cui lo spettatore diventa parte integrante. Sentimenti e segreti alla base del racconto vengono così condivisi con chi guarda, con un impatto emotivo particolarmente forte.

La trama e il cast di In the Mood for Love

In the Mood for Love è ambientato nel 1962, a Shanghai. Qui il signor Cho e la signora Chang si scoprono vicini di casa, con incontri brevi e fugaci, finché, un giorno, il signor Cho non invita la vicina fuori a cena e i due trovano il coraggio di ammettere che i rispettivi coniugi portano avanti da mesi una relazione adulterina. Da questo momento i due instaurano una relazione parallela: si chiedono cosa facciano la moglie e il marito quando sono insieme, com’è iniziata, chi ha fatto il primo passo. Ciò che comincia come un sodalizio e un gioco malsano, si trasforma ben presto in qualcosa di più. Le frequenti assenze dei rispetti consorti, portano i due vicini a sviluppare sentimenti reciproci sempre più, arrivando a un punto in cui non riescono più a distinguere la realtà dalla fantasia.

Ad interpretare il signor Cho vi è Tony Leung, tra i più noti attori asiatici, nonché frequente collaboratore di Kar-Wai e recentemente visto come villain nel film Marvel Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli. Ad interpretare la signora Chang, invece, vi è l’attrice Maggie Cheung, a sua volta frequente collaboratrice di Kar-Wai e tra le più note attrici asiatiche di sempre. Entrambi, con In the Mood for Love, si sono trovati a dover improvvisare la gran parte delle loro scene, su richiesta del regista. L’obiettivo, coerentemente con l’intento del film, era quello di far emergere una forte spontaneità nelle interazioni dei loro personaggi. La Cheung, inoltre, indossa nel film oltre 40 abiti diversi e sfoggia diverse capigliature. Attraverso questo stratagemma si può infatti avvertire il cambiare delle stagioni e l’inesorabile trascorrere del tempo.

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La colonna sonora di In the Mood for Love

Oltre ai sinuosi movimenti di macchina, alle luci non naturalistiche, agli abiti e alle interpretazioni dei due protagonisti (Leung è stato premiato per la Miglior interpretazione maschile al Festival di Cannes)), In the Mood for Love esprime il suo senso più profondo anche attraverso la colonna sonora. Questa si fa a sua volta espressione dei pensieri e degli stati d’animo dei due (non) amanti, esprimendo quel senso di incertezza e mistero attraverso un brano come Quizas, Quizas, Quizas, di Nat King Cole, tra i più noti tra quelli presenti nel film. Un tango che esprime quel senso di danza perpetua che i protagonisti compiono senza però giungere mai ad un concretizzarsi del loro amore. Altrettanto popolare è Yumeji’s Theme, del compositore Shigeru Umebayashi, che a sua volta sembra descrivere in musica l’altalena emotiva dei due protagonisti.

Il trailer di In the Mood for Love e dove vedere il film in streaming e in TV

Attualmente In the Mood for Love non è presente, in Italia, su nessuna delle principali piattaforme streaming TVOD (Transactional Video On Demand) o SVOD (Subriscription Video on Demand) come Netflix o Prime Video. Il film, tuttavia, è presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 15 marzo alle ore 21:10 sul canale Rai Movie. Sarà dunque poi possibile recuperarlo anche, per un limitato periodo di tempo, sulla piattaforma Rai Play.

Fonte: IMDb

Willow: la serie Lucasfilm cancellata dopo una sola stagione

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Willow: la serie Lucasfilm cancellata dopo una sola stagione

Non ci sarà una seconda stagione di Willow, la serie originale live-action di Disney+ basata sul film fantasy del 1988 diretto da Ron Howard. La notizia arriva due mesi dopo che la prima stagione di otto episodi, che era un sequel del film originale, si è conclusa sulla piattaforma di streaming.

La serie non ha avuto l’impatto culturale che ha invece avuto all’epoca dell’uscita il film originale ma è stato ben accolto dalla critica, ottenendo un 83% su Rotten Tomatoes. Anche se la serie non continuerà, Willow rimane un IP importante nella libreria di Lucasfilm, quindi potrebbe essere rivisitato in futuro.

La notizia arriva mentre Lucasfilm ha rivalutato la sua lista di film, prendendosi del tempo per identificare il prossimo film del franchise di Star Wars. Nel frattempo, la società ha costruito una considerevole impronta televisiva con Star Wars su Disney+ grazie a serie come il successo live-action The Mandalorian e le imminenti Ahsoka, Acolyte e Skeleton Crew, oltre ai programmi animati.

La cancellazione arriva anche a seguito di un maggiore controllo da parte delle società di media, tra cui Disney, che hanno frenato la spesa per i contenuti in streaming in cerca di redditività.

Willow ha introdotto nuovi personaggi ed è stato ambientato in un mondo in cui prosperano brownies, stregoni, troll e altre creature mistiche. Un improbabile gruppo di eroi parte per una pericolosa ricerca in luoghi lontani dalla loro casa, dove devono affrontare i loro demoni interiori e unirsi per salvare il loro mondo.

Ellie Bamber, Ruby Cruz, Erin Kellyman, Amer Chadha-Patel e Tony Revolori hanno recitato al fianco di Warwick Davis, che ha ripreso il ruolo di Willow Ufgood. Jonathan Kasdan ha scritto il pilot ed è stato co-showrunner insieme a Wendy Mericle; Howard e lo scrittore Bob Dolman. Kathleen Kennedy e Michelle Rejwan sono state anche produttrici esecutive.

Bono & The Edge A SORT OF HOMECOMING con David Letterman in arrivo su Disney+

Lo speciale documentario Bono & The Edge A SORT OF HOMECOMING con David Letterman sarà disponibile su Disney+ in tutto il mondo venerdì 17 marzo, giorno di San Patrizio. Nello stesso giorno verrà lanciato l’attesissimo album degli U2 “Songs Of Surrender”, una raccolta di 40 canzoni essenziali provenienti da tutto il catalogo della band, ri-registrate e reimmaginate.

Venerdì 17 marzo, inoltre, Bono & The Edge A SORT OF HOMECOMING con David Letterman sarà presentato durante l’Ireland Film Festival all’Anteo Palazzo del Cinema di Milano in occasione della seconda edizione dell’Ireland Week, un evento diffuso che rende omaggio alla cultura, alle tradizioni, alla storia e alla gastronomia irlandesi, che si terrà dal 12 al 19 marzo nel capoluogo lombardo.

 

Bono & The Edge A SORT OF HOMECOMING con David Letterman | Trailer Ufficiale

Nello speciale documentario, prodotto da Disney Branded Television, il regista premio Oscar Morgan Neville ha immortalato Dave Letterman durante la sua prima visita a Dublino per incontrare Bono e The Edge nel loro luogo natale, scoprire la città e unirsi ai due musicisti degli U2 per un concerto mai visto prima.

Realizzato dalla Imagine Documentaries di Brian Grazer e Ron Howard, dalla Tremolo Productions di Neville e dalla Worldwide Pants di Dave Letterman, Bono & The Edge A SORT OF HOMECOMING con David Letterman è in parte un film-concerto, in parte un’avventura di viaggio con una grande partecipazione di Bono e The Edge unita all’umorismo di Dave.

Oltre al concerto in sé, lo speciale documentario si concentrerà sullo straordinario rapporto tra Bono e The Edge e su come si sia sviluppato in oltre 45 anni di amicizia stretta fino a diventare una delle più straordinarie collaborazioni nella storia del rock ‘n’ roll, oltre a documentare Dublino attraverso gli occhi di Dave che visita per la prima volta la città natale di Bono e The Edge.

Letterman, che ha accettato l’invito dei due membri della band degli U2 a raggiungerli a Dublino per la sua prima visita in Irlanda, ha un legame con la band che dura da 25 anni, ma in precedenza aveva frequentato Bono e The Edge solo negli Stati Uniti. Oltre a essere l’ospite d’onore di un concerto intimo in un luogo iconico, l’ex edificio dell’Ambassador Cinema in cima a O’Connell Street, nel Northside di Dublino, Dave si imbarca nella sua esplorazione della città. Visita il leggendario punto di balneazione Forty Foot in una gelida mattina e prende il treno pendolare DART verso nord da Co. Wicklow. Letterman inoltre ispira una nuova canzone degli U2 scritta da The Edge e Bono ed evita per un pelo di doversi esibire in un canto al leggendario pub McDaid’s di Grafton Street con un gruppo altrettanto leggendario di artisti e musicisti, tra cui Bono, The Edge, Glen Hansard, Markéta Irglová, Imelda May, Loah, Saint Sister, Grian Chatten dei Fontaines D.C. e Dermot Kennedy, la cui voce Bono descrive come un “boom sonico”.

Il nuovo album degli U2 intitolato “Songs Of Surrender” – una raccolta di 40 canzoni essenziali provenienti da tutto il catalogo della band, ri-registrate e reimmaginate per il 2023 nel corso di sessioni che hanno abbracciato gli ultimi due anni – sarà pubblicato integralmente venerdì 17 marzo. Il primo brano reso disponibile da questa nuova serie di registrazioni è l’inno “Pride (In The Name Of Love)“, che è possibile ascoltare qui. “Songs Of Surrender” è curato e prodotto da The Edge e vede la band rivisitare alcune delle canzoni più celebri della sua ultraquarantennale carriera, tra cui “With Or Without You“, “One“, “Beautiful Day“, “Sunday Bloody Sunday” e “Invisible“, per una reimmaginazione musicale che si traduce in una registrazione completamente nuova di ogni brano, che include gli arrangiamenti e, in alcuni casi, nuovi testi.

Bono & The Edge A SORT OF HOMECOMING con David Letterman è prodotto da Imagine Documentaries, Tremolo Productions e Dave Letterman’s Worldwide Pants. Per Imagine Documentaries, Brian Grazer, Ron Howard, Sara Bernstein e Justin Wilkes sono produttori esecutivi; Séamus Murphy-Mitchell è produttore; Meredith Kaulfers e Mike Sweeney sono co-produttori esecutivi. Per Tremolo, Morgan Neville è regista e produttore e Caitrin Rogers è produttore esecutivo. Per Worldwide Pants, Tom Keaney è produttore esecutivo e Mary Barclay è co-produttrice esecutiva. Per Disney Branded Television, Marc Buhaj è vice President, Unscripted and Nonfiction, e Marjon Javadi è vice President, Documentary Films and Docuseries.

U2

Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. si sono incontrati da adolescenti alla Mount Temple School di Dublino e nel 1978 hanno dato vita agli U2. Fin dall’inizio, gli U2 si sono distinti per la loro grinta e ambizione, formando una band – come hanno detto – “prima di saper suonare”.

Quarant’anni dopo, gli U2 sono riconosciuti come uno dei più grandi gruppi live del mondo. La band ha fatto innumerevoli tour in tutto il mondo, ha pubblicato 14 album in studio, ha venduto oltre 170 milioni di dischi e ha vinto numerosi premi, tra cui 22 Grammy e il premio Ambassador of Conscience di Amnesty International. Gli U2 sono stati inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2005 e sono stati nominati due volte all’Oscar per la migliore canzone originale: nel 2003 per “The Hands That Built America” per Gangs of New York e nel 2014 per “Ordinary Love” per Mandela – La lunga strada verso la libertà.

Il quattordicesimo album in studio degli U2, “Songs Of Experience” – che accompagna “Songs Of Innocence” del 2014 – è stato pubblicato nel dicembre 2017 debuttando al primo posto della Billboard 200, facendo degli U2 l’unica band nella storia ad aver raggiunto la vetta della classifica in quattro decenni consecutivi.

Nel 2018, gli U2 sono stati impegnati nell’eXPERIENCE + iNNOCENCE Tour, una produzione nelle arene che ha visto la band continuare a spingersi oltre i confini creativi della tecnologia e dell’ingegneria. L’acclamato tour negli stadi del 2017 con The Joshua Tree Tour (il tour da record che celebra il fondamentale album del 1987 “The Joshua Tree”) ha condotto gli U2 in Nuova Zelanda, Australia e Giappone, oltre a portare per la prima volta “la più grande band del mondo” (The Guardian) a Singapore, Seoul, Manila e Mumbai. Nel novembre 2019, la band ha pubblicato un brano in collaborazione con A.R. Rahman intitolato “Ahimsa”, eseguito dal vivo al D.Y. Patil Stadium di Mumbai. Nel 2020, SiriusXM e gli U2 annunciano il lancio di U2 X-Radio, un’immersione completa nel lavoro e nelle influenze della band dal Northside di Dublino, tutto curato dagli U2. Nel maggio 2021, Bono e The Edge hanno collaborato con il DJ olandese Martin Garrix per creare il brano “We Are The People”, inno ufficiale del torneo europeo di calcio UEFA 2020.

Songs Of Surrender – una raccolta di 40 canzoni essenziali degli U2 provenienti da tutto il catalogo della band, ri-registrate e reimmaginate per il 2023 nel corso di sessioni che hanno abbracciato gli ultimi due anni – sarà pubblicata integralmente venerdì 17 marzo.

Oscar Isaac, Andrew Garfield e Mia Goth nel Frankenstein di Guillermo Del Toro per Netflix

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Dopo la sua grande vittoria agli Oscar 2023 per il miglior film d’animazione per Pinocchio, Guillermo del Toro si sta dedicando alla ricerca del suo prossimo film live-action. Fonti dicono a Deadline che Andrew Garfield, Oscar Isaac e Mia Goth sono in trattative per recitare nel Frankenstein che del Toro scriverà e dirigerà per Netflix.

Gli addetti ai lavori vicini al film dicono che Del Toro sta ancora lavorando alla sceneggiatura e nessuna offerta formale è stata fatta ad alcun attore. Ma si aggiunge che il regista ha incontrato tutti e tre e ognuno ha accettato di far parte del film.

Del Toro ha sviluppato il progetto di Frankenstein per un po’ di tempo e ha sempre voluto realizzare un film incentrato sull’iconica storia di Mary Shelley. Non è noto se la sua versione sarà un adattamento d’epoca o se sarà invece ambientata in tempi moderni. Non si sa nemmeno chi interpreterà il dottor Frankenstein o la sua creazione; si ritiene che Goth interpreterà l’interesse amoroso del dottor Frankenstein.

Andrew Garfield sta uscendo da una stagione dei premi molto ricc, in cui ha guadagnato dalle nomination agli Emmy e ai SAG per il suo lavoro in Under the Banner of Heaven ed è anche destinato a recitare al fianco di Florence Pugh nel film di StudioCanal We Live In Time. Per quanto riguarda Mia Goth, sta diventando la nuova scream queen con non una, non due ma tre acclamate esibizioni nei film horror X, il suo prequel Pearl e Infinity Pool, presentato in anteprima al Sundance.

Oscar Isaac continua ad essere impegnato mentre ha di recente lavorato in Scenes From a Marriage, nominato agli Emmy, e nella serie limitata Marvel Moon Knight. Recentemente è stato anche scelto per interpretare Kurt Vonnegut nella serie limitata Helltown.

The Last of Us, in che modo il finale di stagione ci prepara alla seconda stagione?

Il finale della prima stagione di The Last of Us include diversi momenti che sono preparatori a ciò che vedremo nella seconda stagione. La serie live-action di HBO basata sull’acclamato videogioco di Naughty Dog ha concluso il primo capitolo della sua storia all’inizio di questa settimana, il 13 marzo 2023 in Italia.

Nel finale della prima stagione abbiamo visto compiuto il viaggio di Joel (Pedro Pascal) ed Ellie (Bella Ramsey) alla ricerca della base delle Luci, per consegnare Ellie all’organizzazione, con Joel che ha salvato Ellie da un’operazione che l’avrebbe uccisa ma che forse avrebbe potuto creare una cura per l’infezione da Cordyceps. Sappiamo già che quel finale perfetto non è però la fine della storia, dal momento che è stata già confermata una seconda stagione, che dovrebbe adattare la prima perte del secondo gioco. E sappiamo anche che diversi punti di questa puntata anticipano quello che succederà nella seconda stagione. Ecco come:

Lo Stalker infetto anticipa il Re Ratto della seconda stagione

Il finale di The Last of Us include la prima vera apparizione dello Stalker, che è un tipo di infetto, poiché vediamo uno di loro attaccare la madre di Ellie, Anna, nella scena iniziale. Lo Stalker è l’ultima delle quattro versioni principali degli infetti ad apparire nella serie, unendosi a Runners, Clicker e Bloater. L’importanza dello Stalker infetto nel finale della prima stagione di The Last of Us è ancora più importante della morte di Anna. In The Last of Us Part II, appartiene proprio agli Stalker il Re Ratto, uno zombie terrificante.

Il Re Ratto è la forma infetta più orribile di The Last of Us, poiché combina Stalker, Clicker e Bloater in un’imponente e grottesca fusione di zombi. Ora che lo Stalker è stato introdotto, il Re Ratto può essere presentato nella stagione 2 di The Last of Us.

Joel vuole insegnare a Ellie a suonare la chitarra

Il finale della prima stagione di The Last of Us anticipa la seconda stagione con Joel che afferma di voler insegnare a Ellie a suonare la chitarra. Questo accade mentre i due si stanno preparando ad entrare a Salt Lake City e il personaggio di Pedro Pascal menziona il ritrovamento di una chitarra rotta. È una delle Easter Eggs dell’episodio 9 della stagione 1 di The Last of Us in quanto il dialogo è quasi direttamente ripreso dal gioco, ma fa anche in modo che Joel ed Ellie suonino entrambi la chitarra nella stagione 2 di The Last of Us.

Le scene di Joel ed Ellie che suonano la chitarra sono molto presenti in The Last of Us Part II, molte delle quali arrivano durante le sequenze chiave. Il finale della prima stagione di The Last of Us includeva intenzionalmente questa frase come un modo per prefigurare la componente musicale emotiva della seconda stagione di The Last of Us.

Joel che uccide il chirurgo determina il cattivo della seconda stagione di Last of Us

The-Last-of-Us-vaccino-EllieIl cattivo della seconda stagione di The Last of Us è stato introdotto nel finale della prima stagione. Quando Joel finalmente trova Ellie dopo essersi scatenato contro le Luci, non esita ad uccidere il capo chirurgo pronto ad operarla. Potrebbe non sembrare la morte di un personaggio importante per gli spettatori che non hanno familiarità con i giochi, poiché il dottore senza nome non era qualcuno che lo spettacolo aveva conosciuto prima. Tuttavia, The Last of Us Part II ha reso il chirurgo molto più importante per il futuro di Joel ed Ellie, poiché il gioco racconta che nella parte II, il cattivo è la figlia del dottore, Abby.

L’adattamento di The Last of Us della HBO apporterà alcune modifiche al gioco quando si tratta di dare vita alla storia della seconda stagione, ma Abby dovrebbe comunque svolgere un ruolo chiave nella seconda stagione. Dovrebbe entrare in scena dopo il finale della prima stagione nei panni di una figlia determinata spinta a vendicarsi delle persone responsabili della morte di suo padre.

Anna che canta gli A-Ha prepara una scena fondamentale di Ellie nella seconda stagione

The-Last-of-Us-immunità-EllieAnche la componente musicale della seconda stagione di The Last of Us è stata ripristinata dalla scena con la madre di Ellie. La sequenza di apertura del finale della prima stagione di The Last of Us includeva Anna che cantava The Sun Always Shines On T.V. degli A-ha. La donna sta cantando a una Ellie appena nata aspettano che Marlene le trovi dopo l’attacco dell’infetto che ha contribuito a rendere Ellie immune al virus e ha garantito la morte di Anna. Mentre la canzone specifica che Anna canta non è mai presente in nessuno dei due giochi di The Last of Us, un’altra canzone di successo degli A-ha ha un ruolo da svolgere nella storia di Ellie della seconda stagione di The Last of Us.

Durante la seconda parte del gioco, infatti, Ellie suona una cover acustica della canzone degli A-ha “Take On Me”. La cover cupa arriva dopo che inizia a suonare l’ultima canzone che Joel ha suonato per lei. Il finale della prima stagione di The Last of Us continua ad aggiungere significato all’amore di Ellie per le canzoni degli A-ha attraverso Anna. La band è ora associata alla morte di sua madre, mentre “Take On Me” è stata scelta anche nell’episodio 7 di The Last of Us mentre Ellie e Riley si sono divertite prima della morte di quest’ultima. La seconda stagione di The Last of Us con la cover di Ellie della canzone degli A-ha sarà ancora più significativa.

Joel ed Ellie tornano a Jackson che diventa l’ambientazione chiave della seconda stagione di The Last of Us

Un altro piccolo pezzo della seconda stagione di The Last of Us ambientato nel finale della prima stagione arriva quando Joel ed Ellie tornano da Jackson. Sono stati visti l’ultima volta in piedi sulle montagne che dominano la piccola città che ora chiameranno casa insieme. Dopo aver visitato Jackson nell’episodio 6 di The Last of Us, la cittadina diventerà un punto focale della seconda stagione. È qui che Joel ed Ellie si stabiliscono e iniziano a trovare i loro nuovi ruoli nella vita dopo che il loro viaggio attraverso il paese alla ricerca di una cura finisce bruscamente.

La serie ha già un vantaggio rispetto al videogioco a questo punto quando si tratta di questa impostazione. I giocatori non hanno mai visitato Jackson fino a The Last of Us Part II, ma la prima stagione della serie ha offerto agli spettatori gran parte di un intero episodio per conoscere la città e i suoi abitanti. Rispetto della fine del videogioco di The Last of Us con Joel ed Ellie che guardano un posto in cui non sono mai stati, qui c’è già un senso di familiarità. Questo dovrebbe aiutare la stagione 2 di The Last of Us a partire di corsa, mostrando come entrambi ora vivono a Jackson e come le loro vite sono cambiate di conseguenza.

La scena finale di Joel ed Ellie anticipa la nuova dinamica per Last of Us Stagione 2

La scena finale della prima stagione di The Last of Us aiuta anche a creare la dinamica di Joel ed Ellie della seconda stagione. Mentre si avvicinano a Jackson, Ellie finalmente chiede a Joel se le ha detto la verità su quello che è successo a Salt Lake City con le Uci. Non crede alla sua storia secondo cui hanno rinunciato a cercare una cura e sospetta che Joel le stia mentendo. Tutto ciò che Ellie dice in risposta alle continue bugie di Joel è “Okay”, ma ci sono molti dubbi sul suo viso.

Dopo aver fatto di tutto per salvarsi la vita a vicenda e aver sviluppato un forte legame nella prima stagione, la seconda stagione di The Last of Us si baserà sulla nascente sfiducia nella loro relazione. Ciò dovrebbe significare che la dinamica tra Joel ed Ellie sarà un po’ meno giocosa mentre lei continua a chiedersi cosa sia realmente accaduto a Salt Lake.

Locarno Film Festival: ottava edizione di Alliance 4 Development

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Locarno Film Festival: ottava edizione di Alliance 4 Development

Cinque paesi si incontrano nuovamente a Locarno con lo scopo di iniziare la carriera di nuovi progetti cinematografici. Alliance 4 Development (A4D), un’iniziativa del Locarno Film Festival Pro dedicata a progetti in fase di sviluppo provenienti da Austria, Francia, Germania, Italia e Svizzera, apre le candidature dell’ottava edizione.

Nell’ambito di questa piattaforma di co-sviluppo che si svolgerà al Festival durante Locarno Pro (dal 4 al 6 agosto 2023), i rappresentanti degli undici progetti selezionati – due provenienti rispettivamente da Austria, Francia, Germania, Italia e tre dalla Svizzera – avranno l’opportunità di partecipare a un programma completo di tre giorni destinato a migliorare il potenziale di co-produzione del proprio progetto. I partecipanti prenderanno parte a incontri 1to1 organizzati su misura, sessioni di pitching, eventi di networking, pranzi professionali, workshop e sessioni di feedback con esperti del settore. L’obiettivo di A4D è infatti quello di creare collaborazioni fruttuose per un gruppo eterogeneo di progetti nelle prime fasi di sviluppo.

L’iniziativa ha ripetutamente dimostrato la sua concretezza: solo alla Berlinale 2023 sono stati presentati due progetti passati attraverso A4D nel 2019: Music di Angela Schanelec, presentato in anteprima al Concorso della Berlinale, e L’Amour du monde di Jana Hesse, nella sezione Generation. Ciò si affianca ad altri recenti successi, come Continental Drift di Lionel Baier (A4D 2018), presentato in anteprima alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes lo scorso anno, e Semret di Caterina Mona (A4D 2018), che ha debuttato in Piazza Grande a Locarno75.

I progetti possono candidarsi direttamente  attraverso i siti web dei rispettivi partner A4D a partire da oggi, 15 marzo, e fino al 28 aprile.

  • Francia – CNC
  • Germania – FFA
  • Italia –  DGCA-MiC
  • Austria –  OFI
  • Svizzera –  UFC/MEDIA Desk Suisse

Diversi i premi in palio per gli undici progetti selezionati: l’Alphapanda Market Breakout Award, che consiste in servizi di consulenza del valore di 3’000 €; una consulenza alla sceneggiatura del valore di 5’000 CHF presso DreamAgo, offerta dalla Valais Film Commission; il Premio MIDPOINT Consulting per una consulenza online approfondita sulla sceneggiatura  con un esperto del MIDPOINT Institute;  il Ticino Film Commission Residence Award, che consiste in una ricerca di location di due giorni (del valore di 4’000 CHF) e in una Lettera d’intenti (LOI) per il sostegno finanziario alla società di produzione (del valore massimo di 12’000 CHF), se tutto o parte del film sarà girato in Ticino.

Alliance 4 Development è resa possibile dalle partnership con CNC (Centre national du cinéma et de l’image animée), Francia; FFA (Filmförderungsanstalt), Germania; DGCA-MiC (Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura), Italia; OFI (Österreichisches Filminstitut), Austria; Ufficio federale della cultura (UFC) / MEDIA Desk Suisse, Svizzera. A4D è resa altresì possibile dai contributi di Eurimages, che promuove e sponsorizza uno degli eventi di networking dell’iniziativa, e dall’European Producers Club, che offre consulenze sulle diverse tematiche trattate.

La Project Manager di A4D, Francesca Palleschi, è disponibile per maggiori informazioni e può essere contattata a [email protected]

Shazam! Furia degli Dei al cinema da domani

Shazam! Furia degli Dei al cinema da domani

Da New Line Cinema arriva Shazam! Furia degli Dei, che dà seguito alla storia di Billy Batson, un teenager al quale basta pronunciare la parola magica “SHAZAM!” per trasformarsi nel Supereroe e suo alter ego adulto Shazam.

Dotati dei poteri degli dei, Billy Batson e gli altri membri della famiglia adottiva con cui vive stanno ancora imparando a destreggiarsi tra la vita adolescenziale e quella di supereroi adulti. Si ritroveranno però a fronteggiare le Figlie di Atlante, un vendicativo trio di antiche divinità giunte sulla Terra alla ricerca della magia che è stata loro rubata molto tempo fa. Così Billy, alias Shazam, e la sua famiglia, torneranno in azione per salvare i loro superpoteri, le loro vite e il destino del mondo.

Tornano tra i protagonisti di Shazam! Furia degli Dei le star già affermate nel primo capitolo: Zachary Levi (“Thor: Ragnarok”) nel ruolo di Shazam; Asher Angel (“Andi Mack”) che torna ad interpretare Billy Batson; Jack Dylan Grazer (“It Capitolo Due”) nei panni di Freddy Freeman; Adam Brody (“Una Donna Promettente”) interpreta Super Hero Freddy; Ross Butler (“Raya e l’ultimo Drago ”) è Super Hero Eugene; Meagan Good (“Day Shift”) nel ruolo di Super Hero Darla; D.J. Cotrona (“G.I. Joe: La Vendetta”) interpreta Super Hero Pedro; Grace Caroline Currey (“Annabelle: Creation”) è Mary Bromfield / Super Hero Mary; Faithe Herman (“This Is Us”) interpreta Darla Dudley; Ian Chen (“A Dog’s Journey”) nel ruolo di Eugene Choi; Jovan Armand (“Second Chances”) è Pedro Pena; Marta Milans (“White Lines”) interpreta Rosa Vasquez; Cooper Andrews (“The Walking Dead”) nei panni di Victor Vasquez; e con Djimon Hounsou (“A Quiet Place II – Un Posto Tranquillo”) che torna a interpretare Wizard.

Si uniscono al cast anche Rachel Zegler (“West Side Story”), Lucy Liu (il franchise di “Kung Fu Panda”) e Helen Mirren (“Fast and Furious 9: The Fast Saga”).

Shazam! Furia degli Dei è diretto da David F. Sandberg (“Shazam!”, “Annabelle: Creation”) e prodotto da Peter Safran (“Aquaman,” “The Suicide Squad”). Scritto da Henry Gayden (“Shazam!”, “There’s Someone Inside Your House”) e Chris Morgan (“Fast & Furious: Hobbs & Shaw,” “Fast and Furious 8”), basato sui personaggi DC. Il personaggio di ‘Shazam!’ è stato creato da Bill Parker e C.C. Beck. I produttori esecutivi del film sono Walter Hamada, Adam Schlagman, Richard Brener, Dave Neustadter, Victoria Palmeri, Marcus Viscidi and Geoff Johns.

Il team creativo che ha lavorato dietro le quinte include, oltre al regista Sandberg, il direttore della fotografia Gyula Pados (del franchise “Jumanji”), lo scenografo Paul Kirby (“The Old Guard,” “Jason Bourne”) e il montatore Michel Aller (“Shazam!,” “The Nun – La vocazione del male”). Il supervisore musicale è Season Kent (“DC League of Super-Pets,” “La Famiglia Addams 2”) mentre il compositore è Christophe Beck (“Free Guy – Eroe Per Gioco,” “Frozen II”). I supervisori degli effetti visivi sono Bruce Jones (“Aquaman,” “It”) e Raymond Chen (“Alita: Angelo della Battaglia,” “Shark – Il Primo Squalo”). La costumista è Louise Mingenbach (“Jumanji: The Next Level,” “Godzilla: King of the Monsters”).

New Line Cinema presenta “Shazam! Furia degli Dei”, una produzione di Peter Safran, un film di David F. Sandberg. Il film uscirà nelle sale italiane il 16 marzo 2023 distribuito dalla Warner Bros. Pictures.

Dieci giorni tra il bene e il male: recensione del primo film sul detective Sadik

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Sadik indossa sempre un vecchio e logoro cappotto, gli piace dissetarsi di latte fresco direttamente dalla bottiglia di vetro, è un ex avvocato con un passato dietro le sbarre e ora da uomo libero si cimenta nell’arte dell’investigazione. Lui è un investigatore privato di Istanbul, protagonista di una nota trilogia di gialli dello scrittore Mehmet Eroglu, un vero e clamoroso caso letterario in Turchia, da cui è stato tratto quest’omonimo film Dieci giorni tra il bene e il male. Questo adattamento non è solo che il primo, di ben altri due, in arrivo nei prossimi mesi disponibili ovviamente sempre in streaming sulla piattaforma di Netflix che si occupa della distribuzione nel mondo.

La trama di Dieci giorni tra il bene e il male

Il detective Sadik (Nejat Isler) è stato ingaggiato per trovare un ragazzo scomparso da un mese, questa ricerca gli è stata affidata da Maide una vecchia amica di lunga data. Il giovane di cui si sono perse le tracce è Tevfik (Ata Artman), il figlio maggiore di Yeter, la tata della donna che incarito del difficile compito l’investigatore di questo film. Dieci giorni tra il bene e il male è diviso in dieci giornate quelle del titolo – ed è una storia di genere giallo hard boiled, proprio come quelli che guarda alla televisione di continuo Sadik con per protagonista il detective Philip Marlowe. Come in qualsiasi thriller che si rispetti la persona ricercata non è mai quella che viene raccontata dalla madre, ansiosa di riabbracciare il suo “passerotto”, ma si avvicina più a quella descritta dalla sorella minore, una studentessa ribelle Pinar (Ilayda Akdogan), escort nel tempo libero per guadagnare soldi per pagarsi vestiti, cellulari, e altre cose che un’adolescente potrebbe desiderare. Tevfik, non era affatto uno stinco santo anzi, era un protettore dedito ad un giro losco tra prostitute, immigrati clandestini fatti schiavi e anche di bambini orfani che nessuno cerca.

Dieci giorni tra il bene e il male film recensione
Netflix, 2022. Fotografia: Şinasi Sparrow

Sadik, durante la sua investigazione, incontra tante persone sinistre e malavitose come “il capo”, che usa una strana chiave inglese a forma di artiglio, con la quale strappa le unghie e le dita ai suoi nemici che intanto tortura, un collega di Tevfik nella tratta degli esseri umani e pure un sicario. Per ultimi una coppia inquietante di gemelli albini ricchi, che sembrano i cosplay dei più noti Targaryen, che si dedicano a giochi sadici e criminali, forse il momento più assurdo di tutte le quasi due ore, ma che da la spiegazione alla scena iniziale del film, con la coppia mascherata durante una caccia dove uccidono sadicamente con un pugnale un ragazzo innocente. Nel frattempo il detective, raccolte tutte le prove scovate, risolve il caso, ritrova il giovane che consegna nelle mani sadiche dei gemelli e ci guadagna un sacco di soldi oltre a far liberare, dagli amici poliziotti, tutte le persone rapite, anche i bambini dal covo di Tevfik. 

Sadik sulla scia dei suoi colleghi detective televisivi

Uno dei tratti distintivi, quando si pensa ad un detective, è il suo abbigliamento e il suo immancabile cappotto. Sadik uscito dalla penna di Mehmet Eroglu, come ci ha insegnato lo Sherlock di BBC interpretato da Benedict Cumberbatch o forse di più il Cormoran Strike di Robert Galbraith – pseudomino di J. K. Rowling – anche il nostro affascinante investigatore privato di Istanbul ovviamente indossa sempre il suo amato soprabito pesante e marrone. Il regista Uluc Bayraktar consapevole del significato e dell’importanza visiva dell’indumento, gli dedica alla fine del film, l’ultima scena in cui Sadik finita la missione che gli era stata affidata, ha appeso il cappotto al chiodo e finalmente parte per la tanto desiderata vacanza al caldo, magari sull’isola tropicale che sogna da sempre con la nuova fidanzata, la vicina di casa Fàtima. 

Dieci giorni tra il bene e il male film netflix
Netflix, 2022. Fotografia: Şinasi Sparrow

Il primo film sul detective di Sadik 

Questo poliziesco turco sceneggiato da Damla Serim, è un buon tentativo delle produzioni turche di mostrare che non sanno fare solo le commedie romantiche o le dizi. Il film ovviamente per la sua struttura guarda molto al cinema hollywoodiano, con tutta una raccolta di luoghi comuni del genere, tipo i vari personaggi che intralciano le ricerche del detective. Il protagonista, grazie al talento del suo interprete Nejat Isler, rende al suo detective quel tratto dell’uomo burbero, sarcastico ma che nasconde un lato gentile che dona esclusivamente alle giovani donne che gli girano intorno e che chiedono il suo aiuto.

Sadik ricorda molto i vari investigatori privati solitari, tratti da saghe crime letterarie famose, che hanno invaso nelle ultime stagioni televisive italiane ed europee. Dieci giorni tra il bene e il male – in originale İyi Adamın 10 Günü – è solo il primo film tratto dal capitolo uno che compone la trilogia letteraria, tanto che Netflix alla fine della visione di questo thriller, suggerisce la visione del trailer del secondo adattamento Altri dieci giorni tra il bene e il male, in arrivo in estate il 18 agosto di quest’anno.

The Last of Us: la spiegazione sull’immunità di Ellie al Cordyceps

L’episodio 9 della serie HBO The Last of Us (qui la recensione), l’ultimo di questa prima stagione, ha rivelato la verità sull’immunità di Ellie all’infezione cerebrale da Cordyceps, che ha devastato l’umanità. Sin dal primo episodio di The Last of Us è nota questa preziosa peculiarità della giovane protagonista, interpretata da Bella Ramsey, la quale deve dunque essere accompagnata da Joel ad un preciso ritrovo delle Lucciole, dove a partire dalla sua immunità potrà essere sviluppato un vaccino. Ellie, dunque, rappresenta la sola possibilità nota di salvezza per un mondo ormai al collasso.

Sebbene dunque l’immunità di Ellie sia sempre stata nota in The Last of Us, la serie ha tenuto nascosto fino all’ultimo il segreto dietro questa sua condizione. Con il segno del morso di Ellie – che ha ricevuto nel tragico finale dell’episodio 7 di The Last of Us – che mostra che il fungo Cordyceps scorre davvero nel suo sistema senza però averla trasformata, sono sempre stati sollevati molti interrogativi sul motivo per cui Ellie non è stata infettata come il resto dell’umanità. A queste domande viene finalmente data risposta, appunto, nell’episodio 9 di The Last of Us.

Ellie è immune in The Last Of Us perché sua madre è stata morsa durante il parto

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L’episodio 9 di The Last of Us si apre dunque con una scena originale, non presente nel videogioco, in cui Anna, la madre di Ellie, viene mostrata mentre fugge da un’infetta nel bel mezzo del travaglio. Dopo essersi nascosta in una casa abbandonata in mezzo al bosco – che si aspettava fosse piena di Lucciole – Anna si chiude a chiave in una stanza al piano di sopra. Tuttavia, l’infetta che la seguiva sfonda la porta costringendo Anna – interpretata dall’attrice che nel gioco dà voce ad Ellie, Ashley Johnson, a doverla respingere.

La lotta che ne segue vede Anna uccidere l’infetta, senza rendersi conto che lo stress dato dall’aggressione le ha fatto dare alla luce sua figlia, che lei chiama Ellie. Anna si rende però anche conto di essere stata morsa durante il combattimento, prima che potessa tagliare il cordone ombelicale che la lega ed Ellie. Questa, dunque, sarebbe la causa dell’immunità nella serie The Last of Us di Ellie. Dato che il cordone ombelicale fornisce ai bambini ossigeno e sostanze nutritive, il Cordyceps presente nel sistema di Anna viene subito trasmesso ad Ellie. Tuttavia, la neonata non né rimane infettata, sviluppando anzi come degli anticorpi, come spiegato da Marlene più avanti nell’episodio.

L’immunità di Ellie deriva dal Cordyceps già presente nel suo sistema

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A metà dell’episodio 9 di The Last of Us, dunque, Marlene rivela a Joel la vera ragione per cui Ellie. Secondo il chirurgo delle Lucciole, il fungo Cordyceps di The Last of Us, che era presente nel sistema di Ellie sin dalla sua nascita, agisce come un “messaggero chimico” di qualche tipo. Questo messaggero agisce in un certo modo come una barriera. Ogni volta che il Cordyceps entra nuovamente nel sistema di Ellie – come ad esempio con i morsi mostrati negli episodi 2 e 7 della serie – il Cordyceps già nel suo sistema fa credere ai nuovi funghi che entrano che il corpo sia già infetto, rendendola dunque immune dai suoi effetti.

Nel videogioco, invece, a causa di una strana mutazione nel suo cervello sviluppatasi dopo la sua iniziale infezione, è divenuta immune ai morsi di infetti e spore. Nonostante ciò, gli infetti non la riconoscono come una di loro e la attaccano comunque. Come avviene nella serie, anche nel gioco viene poi spiegato che, se questa mutazione venisse studiata, sarebbe stato idealmente possibile sviluppare un vaccino, rimuovendo la porzione infetta del suo cervello. Ciò, tuttavia, non è mai avvenuto poiché l’operazione avrebbe comportato la morte di Ellie, che Joel, nel videogioco come nella serie, non ha ovviamente permesso.

Una cura poteva effettivamente essere realizzata?

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La rivelazione dell’immunità di Ellie nell’episodio 9 di The Last of Us solleva a questo punto la questione riguardo a se una cura avrebbe potuto effettivamente essere realizzata. Marlene afferma che il chirurgo intendeva rimuovere il Cordyceps presente in Ellie sin dalla nascita e moltiplicare le sue cellule, producendo quindi più di questi “messaggeri chimici“. Marlene rivela dunque a Joel che il chirurgo pensa davvero che questo potrebbe creare una cura, dopo aver iniettato i messaggeri chimici prodotti dal corpo di Ellie nel resto della popolazione.

Alla fine, le azioni di Joel nell’episodio rendono di fatto irrilevante se ciò avrebbe portato le Lucciole a creare una cura, poiché l’unico chirurgo che avrebbe potuto farlo è morto. Tuttavia, ci sono alcuni suggerimenti durante l’episodio che forniscono prove sia a favore che contro la possibilità di una cura. In primo luogo, la formulazione di Marlene è interessante. Nell’episodio 9 di The Last of Us, rivela a Joel che il chirurgo “pensa che potrebbe essere una cura“. L’uso della parola “pensa” in particolare, fa supporre che il chirurgo non sia sicuro al 100% riguardo alla possibilità di realizzare una cura.

Joel, dal canto suo, mente ad Ellie quando le dice che anche altre persone immuni sono spuntate in tutto il paese. Il fatto che Ellie sia apparentemente l’unica persona immune al Cordyceps nella storia significa che, possibile o meno che sia, si può tentare di ottenere una cura. La realtà è che sia l’originale The Last of Us sia l’adattamento televisivo della HBO rimangono, ad oggi, ambigui sulla possibilità di una cura funzionante. Il punto cruciale, a livello emotivo, dell’episodio 9 rimane però la decisione di Joel di mentiere ad Ellie, svelando una natura completamente comprensibile ma controversa, che non mancherà di avere conseguenze nelle prossime stagioni.

LOL: Chi ride è fuori 3, da domani su Prime Video gli ultimi due episodi

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Disponibili da domani, giovedì 16 marzo, in esclusiva su Prime Video, gli ultimi due episodi della terza stagione di LOL: Chi ride è fuori, il comedy show Original dei record prodotto in Italia. Un gran finale che sarà ricco di sorprese e che vedrà impegnati i comici in una difficilissima sfida: non ridere! Lo show vede coinvolti alcuni tra i più importanti comici italiani, ma anche alcune nuove leve della comicità: Herbert Ballerina, Fabio Balsamo, Luca Bizzarri, Cristiano Caccamo, Paolo Cevoli, Marta Filippi, Nino Frassica, Paolo Kessisoglu, Brenda Lodigiani e Marina Massironi. Il vincitore si aggiudicherà il premio finale di 100.000 euro che devolverà a favore di un ente benefico a sua scelta.

Ad osservare l’esilarante gara comica dalla control room, Fedez, affiancato da Frank Matano. Nel ruolo di disturbatore dello show, Maccio Capatonda, complicherà la vita ai concorrenti, cercando di indurli alla risata.

I primi quattro episodi della terza stagione del comedy show in sei episodi sono già disponibili in esclusiva su Prime Video in oltre 240 Paesi e territori nel mondo.
LOL: Chi ride è fuori è prodotta da Endemol Shine Italy per Amazon Studios.

Educazione Fisica, la recensione del film di Stefano Cipani

Educazione Fisica, la recensione del film di Stefano Cipani

Al suo secondo lungometraggio, in seguito alla parentesi seriale Fedeltà, Stefano Cipani decide di cimentarsi in una pellicola, Educazione Fisica, che è adattamento cinematografico della pièce teatrale di Giorgio Scianna, La palestra. È un cinema da camera quello a cui si affida il regista, il quale dispone le sue pedine all’interno di una palestra scolastica cadente e nauseabonda, un po’ metafora del terribile episodio avvenuto. Nel processo che segue dei genitori scontrarsi con una difficile realtà riguardante i loro figli, è stato scelto un parterre di attori di tutto rispetto, in cui spicca Claudio Santamaria, che porta in scena il personaggio più fastidioso – e sopra le righe – dell’interno film.

L’intento di Cipani era quello di far vivere sullo schermo un’esperienza quanto più vicina possibile al suo pubblico, in cui scuola e responsabilità, strettamente legate fra loro, sono fulcro ed espediente dell’interno discorso narrativo. Scritto dai fratelli d’Innocenzo, Educazione fisica è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022, e arriva nelle nostre sale dal 16 marzo.

Educazione Fisica, la trama

Franco (Claudio Santamaria), Carmen (Raffaella Rea), Rossella (Angela Finocchiaro) e Aldo (Sergio Rubini), sono quattro genitori che un giorno vengono convocati dalla preside, nella palestra della scuola media dei loro figli, per discutere di una vicenda accaduta proprio nel plesso. Una volta arrivati lì, la verità che si presenta loro davanti diventa troppo difficile da digerire: i ragazzi sono stati protagonisti di uno stupro di gruppo. Inizialmente scettici, dopo aver avuto la prova schiacciante grazie a un video sul telefono, cercheranno in ogni modo di insabbiarlo, accusando non solo la dirigente di dire inesattezze, ma anche la vittima di essere stata in realtà consenziente. Quello che andrà scatenandosi in seguito sarà un tentativo, finito male, di fare finta che niente sia realmente accaduto. Neppure la loro presenza lì.

Una storia dominata dall’eccesso

Cosa faresti se tuo figlio venisse stuprato? Solo la domanda basta a provocare un brivido. Questo tipo di cronaca è spesso protagonista delle prime pagine dei notiziari, i quali portano il più delle volte ad un pensiero comune: che orrore. Un atto del genere sarebbe condannato da chiunque, con la ricerca della giustizia da parte della vittima e dei suoi genitori. Ora capovolgiamo la prospettiva. Cosa penserebbero i genitori degli stupratori? Se fossero posti di fronte a una verità così estrema quanto ripugnante? I fratelli d’Innocenzo per Educazione fisica lavorano su una sceneggiatura che punta a una doppia operazione: indagare prima e catturare poi le reazioni di persone costrette a fronteggiare una scoperta di tale portata. Per caricare l’atmosfera di tensione, a cui contribuisce l’illuminazione fioca della messa in scena, le ingabbiano in una fatiscente palestra scolastica, luogo in cui la violenza è andata consumandosi. Ma alla fine, invece di avere una piena drammaticità filmica, rigurgitano un’opera ambigua.

L’argomento proposto al pubblico viene sciorinato attraverso dinamiche grottesche, dialoghi eccessivi, comportamenti al limite dell’assurdo, i quali nella cornice della storia stonano. La pellicola cerca di fotografare l’imbarbarimento umano, declinato nelle sue forme più aberranti, ma proprio per le caratteristiche di cui si ammanta, scivola così tanto nella black comedy da essere indigesto. Punta tutto sull’emotività dei suoi personaggi, ma non li plasma con spessore. Ne deriva una fragilità strutturale lampante, la quale li porta ad eccedere nei modi, rendendoli incapaci di maneggiare il peso del film. L’opera ne risente e, per il contenuto di cui si fa carico, deraglia già nel primo atto. Le cause potrebbero riscontrarsi nella sua matrice teatrale. L’esibizione da palcoscenico consente una performance estrema (pensiamo ai toni smodati di Chi ha paura di Virginia Woolf?), a differenza di quella cinematografica governata da codici diversi, di cui bisogna tener conto per allestire un racconto realistico.

In Educazione Fisica sembra essere venuto meno tale passaggio, con la conseguenza di aver portato sul grande schermo un prodotto ancora retto da dettami teatrali. Ne fanno parte non solo le battute irruente, ma anche l’impostazione scenica e la musica extradiegetica piena di enfasi, la quale fatica ad aderire alle sequenze di maggior pathos. Da qualsiasi angolazione si guardi, la pellicola ci ricorda non solo la sua provenienza, ma quanto sia arduo adattare cinematograficamente un abito cucito a regola d’arte per il teatro.

I figli sono il riflesso dei genitori

Seppur la nave di Educazione Fisica non abbia attraccato al porto, una riflessione sull’argomento esposto è comunque doverosa. Quello che descrive il film di Cipani non è solo l’episodio di violenza o le bruttezze dell’animo umano, ma il cattivo esempio che alcuni genitori si trovano a dare ai propri figli senza accorgersene. Perché una buona educazione impartita deve essere direttamente proporzionale al comportamento di una madre o di un padre. Nell’opera è emblematico il cambiamento dei genitori. Posti in una condizione critica, senza alcuna via di fuga, mostrano la loro vera natura di squali. Proprio come i loro figli, definiti innocenti e bambini, ma in verità mostri. Ci si ritrova di fronte a persone che, per non sporcare la loro immagine, prima negano e poi accusano la vittima.

Lo fanno anche dopo aver visto il video incriminante con le lacrime agli occhi. Lacrime di chi sa di aver sbagliato qualcosa, ma non vuole ammetterlo. Con questa consapevolezza, continuano a seguire l’onda del “se l’è cercata”, “è la sua parola contro la loro”, incapaci di prendersi le proprie responsabilità. Rifiutano la verità per non doversi fare un’esame di coscienza, confermandoci quanto i figli siano riflesso e trasposizione reale dei genitori. Si incornicia un quadro degli orrori che, purtroppo, sappiamo bene non essere fuori dal comune. È una fetta di società egoista, quella di cui se ne fa ritratto, la quale pur di non affrontare le proprie colpe sceglie di condannare il prossimo. Una società dominata dal menefreghismo e dal Dio denaro, impiegato per appropriarsi di qualsiasi cosa. Anche del silenzio della vittima.

Quello che spaventa, quanto di Educazione Fisica che di La palestra, è l’essere dinanzi alla rappresentazione del mondo d’oggi, là dove i personaggi coinvolti sono solo specchio di un’umanità pregna di storture, la quale scivola nell’oscurità. Che per quanto sia mal sciorinata nella pellicola, esiste. Possiamo giudicarne la resa, l’impostazione narrativa, il suo essere istrionica in recitazione e dialoghi. Ma usciti dalla sala il cuore si è appesantito. Siamo stati spettatori di una grossa piaga sociale: l’individualismo.

Zack Snyder pubblica un criptico teaser su Darkseid

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Zack Snyder pubblica un criptico teaser su Darkseid

Il regista di Justice League e Batman v Superman Zack Snyder, ha condiviso su Twitter un video criptico, che ha mandato in estasi i suoi fan che si sono detti subito convinti che abbia qualcosa a che fare con il ritorno dello “SnyderVerse”. Molto probabilmente sono conclusioni un po’ troppo affrettate ma che lo “SnyderVerse” possa convivere come dei titolo indipendenti nel Elseworlds, è ancora possibile. Come sta accadendo al Batman di Matt Reeves o al Joker di Todd Phillips. La “trasmissione in arrivo” dura solo 15 secondi, ma presenta la voce minacciosa del cattivo di Snyder Cut Darkseid mentre dice agli ascoltatori di “salvare la data” (28, 29 e 30 aprile).

L’idea dell’Elseworlds arriva da lontano. Walter Hamada annunciò che avevano intenzione di sviluppare un vero e proprio multiverso ispirato ai fumetti, affermando che tutti i progetti passati, presenti e futuri fanno parte dello stesso multiverso unificato. Anche lo stesso Andy Muschietti, regista di The Flash (2023), ha spiegato come tutti i precedenti adattamenti della DC Comics facciano parte di quest’unico multiverso: “…tutte le iterazioni cinematografiche che abbiamo visto prima sono valide…tutto ciò che avete visto esiste, e tutto ciò che vedrete esiste, nello stesso multiverso unificato“.

Allo stato attuale fanno parte dell’Elseworlds, Joker del 2019, The Batman del 2022, Joker: Folie à Deux del 2024, The Batman – Part II del 2025 e un Film senza titolo su Superman che dovrebbe uscire nel 2025, prodotto da JJ Abrams. Chissà che non arrivi proprio un progetto di Zack Snyder che cosi ritornerebbe a collaborare con la Warner Bros Discovery e magari un annuncio arriverà proprio nei giorni 28, 29 e 30 aprile.

 

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