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Francesca Comencini: intervista alla regista di Django – La Serie

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Francesca Comencini racconta della sua esperienza nella realizzazione di Django – La Serie, per la quale ha rivestito il ruolo di direttrice creativa e regista. La serie è disponibile su Sky e NOW dal 16 febbraio e vede protagonista Matthias Schoenaerts nei panni dello “Straniero”.

Django – La Serie, leggi la recensione dei primi episodi

Django, che rilegge in chiave contemporanea l’omonimo film di Corbucci, è una serie TV in dieci episodi prodotta per Sky e CANAL+ da Cattleya e Atlantique Productions (parte di Mediawan) e co-prodotta da Sky Studios e CANAL+, in collaborazione con STUDIOCANAL e Odeon Fiction e con il sostegno del Ministero della Cultura italiano e del governo rumeno.

Completamente girati in inglese, i primi quattro episodi sono diretti da Francesca Comencini (Gomorra – La serie), anche direttrice artistica della serie, mentre i seguenti episodi sono diretti da David Evans (Downton Abbey) e da Enrico Maria Artale(Romulus). Le riprese si sono svolte in Romania, tra Racos, Bucharest e l’area del Danubio.

Matthias Schoenaerts interpreta l’iconico personaggio del titolo, accanto a Nicholas Pinnock nei panni di John Ellis, il visionario fondatore di New Babylon, a Lisa Vicari, che nella serie è invece Sarah, la figlia di Django, e a Noomi Rapace nel ruolo della potente e spietata nemica di Ellis, Elizabeth Thurmann. Tra gli altri interpreti: Jyuddah Jaymes, Benny O. Arthur e Eric Kole nei panni dei figli di John Ellis e Tom Austen in quelli del cowboy Eljiah Turner.

Il premiato attore Matthias Schoenaerts è acclamato in tutto il mondo per film come Un sapore di ruggine e ossa, Bullhead – La vincente ascesa di Jacky, The Mustang, Amsterdam. Fra i suoi prossimi progetti il film The Way of the Wind di Terrence Malick, di cui sarà il protagonista, e la miniserie HBO The Palace, in cui diretto da Stephen Frears reciterà accanto a Kate Winslet; Nicholas Pinnock, fondatore della Silver Milk Productions, è apparso sul grande schermo nei film The Last Tree e Dark Encounter, ed è conosciuto in TV per le famose serie TV Counterpart, Top Boy, Fortitude, Marcella e, più di recente, For Life; la talentuosa attrice in ascesa Lisa Vicari è conosciuta per le sue performance nel film Luna e, negli ultimi anni, nella popolare serie TV Dark; la premiata  attrice Noomi Rapace è celebre per i suoi ruoli nella trilogia Millennium,  nei film Prometheus e Seven Sisters, così come per i film indipendenti Lamb e Non sarai sola.

Django è una coproduzione italo-francese creata e scritta da Leonardo Fasoli (Gomorra – La SerieZeroZeroZero) e Maddalena Ravagli (Gomorra – La Serie), entrambi anche co-autori del soggetto di serie insieme a Francesco Cenni e Michele Pellegrini. Completa il team di scrittura Max Hurwitz (ZeroZeroZeroManhunt), che firma due sceneggiature.  La distribuzione internazionale è di STUDIOCANAL.

Arriva in sala Mummie – A spasso nel tempo

Arriva in sala Mummie – A spasso nel tempo

Mummie – A spasso nel tempo il nuovo lungometraggio d’animazione della Warner Bros. Pictures diretto del regista spagnolo Juan Jesús García Galocha, sarà nelle sale italiane dal 2023.

Il film segue le divertenti avventure di tre mummie che vivono in una città sotterranea segreta celata nell’antico Egitto. Il trio di mummie include una principessa, un ex cocchiere, suo fratello minore e il loro il cucciolo di coccodrillo domestico. Attraverso una serie di sfortunati eventi, le mummie si ritrovano nell’odierna Londra e intraprendono uno stravagante ed esilarante viaggio alla ricerca di un vecchio anello appartenente alla Famiglia Reale.

Il film è diretto da Juan Jesús García Galocha, “Galo”, che fa il suo debutto alla regia di un lungometraggio cinematografico dopo aver lavorato come art director in film quali, “Le avventure di Taddeo l’esploratore” e, “Taddeo l’esploratore e il segreto di Re Mida”. La sceneggiatura è stata scritta da Jordi Gasull e Javier Barreira, vincitori di un premio Goya per la migliore sceneggiatura con “Le avventure di Taddeo l’esploratore”. Lo sceneggiatore premio Emmy per cartoni animati di cinema e TV Ricky Roxburgh ha collaborato all’adattamento della versione inglese dello script. Lo sceneggiatore tre volte vincitore del premio Goya per il miglior film d’animazione Jordi Gasull (“Le avventure di Taddeo l’esploratore”, “Mike sulla Luna” e “Taddeo l’esploratore e il segreto di re Mida”), è anche il produttore del film. Pedro Solis, già regista e sceneggiatore del cortometraggio animato vincitore del Premio Goya “Strings”, ha supportato il progetto in qualità di direttore degli studi di animazione Core Animation Studio.

Le musiche sono state composte dal premio Goya, Fernando Velazquez, che ha lavorato diverse volte con l’acclamato regista spagnolo J.A Bayona. Il film contiene tre canzoni originali: “I Am Today”, “New Song” e “Ring Song”, quest’ultima presenta i testi del produttore e sceneggiatore Jordi Gasull. La Warner Bros. Pictures presenta una produzione di 4Cats Pictures SL, Anangu Grup SLU e Moomios Movie AIE, con la collaborazione di Atresmedia Cine, con la partecipazione di MOVISTAR+ e con la collaborazione di TV3. Il film sarà nelle sale italiane a partire dal 23 febbraio 2023 distribuito da Warner Bros. Pictures.

Tetris: trailer del film Apple Original con Taron Egerton

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Tetris: trailer del film Apple Original con Taron Egerton

Oggi Apple Original Film ha svelato il trailer di Tetris, l’atteso film interpretato da Taron Egerton che uscirà il 31 marzo su Apple TV+.

Tetris racconta l’incredibile storia di come uno dei videogiochi più popolari di sempre sia arrivato a contagiare i giocatori più accaniti di tutto il mondo. Henk Rogers (Taron Egerton) scopre Tetris nel 1988 e decide di puntare tutto sul videogioco viaggiando in Unione Sovietica, dove unisce le forze con il suo inventore Alexey Pajitnov (Nikita Efremov) per riuscire a portarlo all’attenzione delle masse. Basato su una storia vera, “Tetris” è un thriller ambientato all’epoca della Guerra Fredda, con personaggi ‘cattivi’ che fanno il doppio gioco, eroi improbabili e una corsa avvincente fino al traguardo.

Community squad: recensione della nuova serie Netflix

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Community squad: recensione della nuova serie Netflix

In un intreccio di commedia ed azione, Community Squad (titolo originale Division Palermo) è la nuova serie argentina ideata e diretta da Santiago Korovsky. Community squad è formata al momento da una sola stagione di otto episodi, ognuno di circa trenta minuti: essendo molto breve e scorrevole, risulta essere la serie perfetta da guardare tutta d’un fiato! Nel cast si ritrovano  principalmente figure note solo nel cinema nazionale: lo stesso regista Korovsky  figura nelle vicende nel ruolo del protagonista Felipe. A quest’ultimo si affiancano l’attrice Pilar Gamboa nel ruolo di Sofìa,  l’uruguaiano Daniel Hendler nei panni di Miguel ed il comico argentino Martin Garabal, il  quale interpreta il poliziotto Esteban.

Community squad: nel posto sbagliato al momento sbagliato

Felipe, un giovane pauroso e con una personalità debole e poco intraprendente, vede la sua vita sgretolarsi e cambiare in pochi piccoli attimi; la fidanzata lo lascia perché non sente la passione di coppia. Il padre lo incita a rendersi più indipendente ed a fare nuove esperienze, quindi lo licenzia dall’azienda di famiglia, dandogli del denaro per ripartire che però gli viene rubato.  È costretto a cedere l’appartamento alla sua ex ed a tornare a vivere con i suoi genitori.

Alla stazione di polizia, dove Felipe si è recato per denunciare il furto dei suoi soldi, si creano dei fraintendimenti: il giovane si ritrova piuttosto a fare un colloquio di lavoro per entrare a far parte delle guardie urbane di Palermo, un quartiere di Buenos Aires. Si tratta di un corpo ausiliario della polizia che si dovrebbe occupare in maniera attenta e diretta della comunità locale, di mantenere l’ordine. Felipe, insieme al collega Diego verrà coinvolto in una vicenda molto più seria delle semplici liti di vicinato: le vite delle due guardie urbane si intrecceranno con quelle di una vasta organizzazione criminale che si occupa del traffico di stupefacenti.

División Palermo Temporada 1. (L to R) Renato Condori Sangalli, Julio Martincerena, Hernan Cuevas, Santiago Korovsky, Valeria Licciardi, Pilar Gamboa, Facundo Bogarin in División Palermo Temporada 1.Cr. Tomás Francisco Cuesta/Netflix © 2023

La commedia nel poliziesco

Community squad è caratterizzato dalla contemporanea presenza di elementi comici e di azione: le vicende sono più tipiche del genere thriller o poliziesco. Elementi tipici di questo genere sono la presenza del cartello della droga, insieme a dei complicati intrighi che coinvolgono degli stessi poliziotti. A differenza di note pellicole sulle stesse tematiche come The Departed- il bene ed il male di Martin Scorsese, Community squad è pervasa da un’ironia tale da rendere anche le scene più drammatiche tendenti al comico. La comicità in alcuni casi sfocia nel vero e proprio black humor: degli esempi sono la scena in cui i due poliziotti soddisfatti del loro lavoro si fanno foto e selfie con due vittime nella scena del delitto, ed i numerosi casi in cui Felipe utilizza Diego in coma come psicologo, raccontandogli tutte le sue vicende.

Tuttavia, il vero personaggio emblema dell’ironia è proprio Felipe. Pur essendo un uomo adulto, non riesce a prendere in mano la propria vita e resta in balia degli eventi. Il suo comportamento infantile si nota anche dal comportamento dei genitori nei suoi confronti: la madre si mostra essere iperprotettiva, mentre il padre lo rimprovera come se fosse un adolescente. Felipe dimostra una certa immaturità anche nella relazione con Sofìa: pur comportandosi lei in maniera eccessivamente distaccata, lui tende ad essere troppo appiccicoso fin da subito.

Una guardia urbana inclusiva

Una particolarità di Community Squad è la politica di quasi forzata inclusività che caratterizza il gruppo delle guardie urbane; anche nel caso di Felipe il capo della polizia e Miguel, il responsabile del gruppo, cercano di collocarlo in una qualche minoranza. La Community Squad è formata infatti da Sofìa, una ragazza nella sedia a rotelle, Mario, un boliviano, un vecchietto, una persona non vedente, un nano ed una ragazza Trans. Proprio per le loro disabilità e la loro politica della non violenza, questo corpo della polizia non  viene preso sul serio dalla comunità, la quale li vede solo come uno spreco  di soldi pubblici. Anche gli stessi poliziotti tendono a screditarli ed a prenderli in giro. Da un punto di vista sociale, però, si può notare la rilevanza di un progetto del genere: gruppi di questo genere favoriscono l’inserimento di soggetti  con difficoltà nella comunità sociale. Inoltre, anche negli ultimi episodi della serie, risultano chiare le potenzialità della Community Squad: nonostante le difficoltà, in alcuni casi fisiche, loro riescono a lottare per la giustizia.

La primavera della mia vita, la conferenza stampa del road movie di Colapesce Dimartino

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Il duo canoro dopo il successo di Sanremo 2023 presenta alla stampa La primavera della mia vita. Il film diretto da Zavvo Nicolosi alla sua opera prima vede Lorenzo Urciullo (in arte Colapesce) e Antonio Di Martino (in arte Dimartino) alla sceneggiatura in quello che è un viaggio introspettivo ed estetico con al centro una Sicilia mai vista. Il racconto portato in scena è sicuramente un’opera che si basa molto sul racconto personale dei due cantanti e amici palermitani che trova uno sfogo nella pellicola. Il film uscirà dal 20 al 23 febbraio in sala per una proiezione speciale per Vision Distribution.

Come raccontano in conferenza stampa i protagonisti seguiti dal regista e dal gruppo di sceneggiatori, il film presenta moltissime inquadrature fisse, tutto a stacco e pochi movimenti di macchina. Lo stesso regista Zavvo Nicolosi si è espresso a riguardo: “Il cinema per me è una mania di controllo, non è solo una passione che deriva da una evasione dalla realtà. Nel film siamo come un dio per un tempo limitato e possiamo gestire quello che succede e per me che sono una persona ansiosa va benissimo”.

La primavera della mia vita, da Wim Wenders a David Byrne

Il regista ha parlato anche dei riferimenti registici a cui si è ispirato per La primavera della mia vita. In conferenza stampa si è sottolineata la vicinanza registica ad alcuni nomi come Yorgos Lanthimos, Wes Anderson. Ma c’è un film più di tutti che ha ispirato Nicolosi: “True stories di David Byrne, dal punto di vista sia visivo che anche come viene raccontato il territorio è uno dei punti fondamentali. Con il direttore della fotografia abbiamo fatto uno studio preciso. Abbiamo pensato al racconto del territorio che fa a volte Wim Wenders come in Paris, Texas. C’è anche tanta commedia, John Landis per me è il migliore nel genere. C’è anche molto cinema italiano di fine anni 70 inizio anni 80 come Non ci resta che piangere. Sia Antonio che Lorenzo seguono un po’ questa linea musicalmente”.

L’idea era nella mente del duo da molto tempo. La primavera della mia vita nasce durante la pandemia e trova il pieno supporto di Nicolosi fin da subito. L’ultimo componente ad unirsi alla banda è Michele Astori che come sceneggiatore ha avuto il compito di mettere insieme i pensieri del resto del gruppo. Principalmente però i protagonisti tendono a precisare che questo film si discosta da tutti gli altri progetti cinematografici incentrati sulla carriera dell’artista. “Questo film rende l’esperienza diversa rispetto ad altri progetti di altri cantanti che hanno voluto intraprendere un progetto cinematografico. Per quanto ci riguarda”, dice Lorenzo Urciullo, “Abbiamo avuto un controllo totale su tutto il film dalle sceneggiature alle musiche”.

Antonio continua: “L’idea è nata prima ancora di fare il disco. Volevamo scrivere un film e questo film è nato da una serie di note di cose che sono successe durante il tour che ci hanno divertito, alcune delle quali non sono finite nel film, che abbiamo scritto e conservato. Poi abbiamo contattato Zavvo e insieme abbiamo scritto il soggetto del film inserendo tutti gli elementi della mitologia. Inizialmente però nella nostra idea il road movie era diverso. Era nato come l’ultimo viaggio di Antonio con la sua vecchia auto che poi doveva essere rottamata. Michele è stato fondamentele per noi. Avevamo tante idee confuse e lui ci ha ordinato le idee, come arrivare a un determinato punto e perché.

La mitologia

La primavera della mia vita film conferenza

Durante la visione del film ci si imbatte nella storia della Sicilia, dalle sue radici. Una terra di conquista che raccoglie al suo interno una moltitudine di civiltà antiche. Sicuramente tra i riferimenti c’è anche quello alla Sicilia araba di cui parlano gli sceneggiatori: “La Sicilia araba è entrata naturalmente senza una scelta iniziale. Il lavoro che abbiamo fatto è stato quello di riuscire a riservare quello che era lo spirito del loro approccio ironico e malinconico alla vita. Il soggetto che hanno portato era abbastanza folle ma è stata una ventata di energia. Le opere prime sono quelle che regalano un po’ di incoscienza”.

Il tema della mitologia e anche un po’ della magia è centrale ne La primavera della mia vita e ognuno dei protagonisti prova a dire la sua. Per Lorenzo, la mitologia è più interessante della verità: “Noi siamo molto appassionati della mitologia. Nel film l’abbiamo disseminata un po’ questa passione. La storia dei giganti parte dalla leggenda dei Lestrigoni. Siamo convinti che la leggenda spesso è più interessante della verità. Anche l’Isola Cornuta parte da una storia vera, con questa farina che veniva impastata che dava allucinazioni”. Per Antonio questa mitologia risiede proprio nella narrazione della Sicilia e della sicilianità: “La Sicilia la storia è basata sul verosimile, non sul vero, nel senso che potrebbe anche esistere la teiera più grande dl mondo vicino Enna”. Anche per Zavvo Nicolosi la Sicilia è una terra dal pensiero magico: “La Sicilia è un posto dove attecchisce il pensiero magico. Molte persone credono a queste storie verosimili”.

John Wick 4: il trailer ufficiale italiano

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John Wick 4: il trailer ufficiale italiano

Ecco il trailer ufficiale italiano di John Wick 4, l’action movie con Keanu Reeves.

John Wick 4 è stato annunciato per la prima volta subito dopo il weekend di apertura da record di  John Wick: Capitolo 3 – Parabellum,  che ha incassato oltre 300 milioni di dollari in tutto il mondo. La quarta puntata vedrà il ritorno di Keanu Reeves nei panni dell’omonimo assassino, che è stato visto per l’ultima volta soffrire di ferite multiple dopo essere caduto dall’alto del Continental Hotel.

Insieme a Keanu Reeves, Lance Reddick e Ian McShane ci sono le nuove arrivate in franchising, la superstar pop giapponese-britannica Rina Sawayama al suo debutto cinematografico, Shamier Anderson, Bill Skarsgard, Clancy Brown, Hiroyuki Sanada e Donnie Yen, che a quanto si dice interpreterà un vecchio amico di John Stoppino.

John Wick: Chapter 4  è diretto da Chad Stahelski da una sceneggiatura co-scritta da Shay Hatten e Michael Finch, che subentra al creatore del franchise Derek Kolstad. È prodotto da Basil Iwanyk, Erica Lee e Stahelski con Reeves e Louise Rosner come produttori esecutivi.

David di Donatello per il Miglior Documentario 2023: le conversazioni con gli autori

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Dopo l’annuncio della prima edizione del premio “Italian Rising Stars”, il nuovo riconoscimento che sarà assegnato a Firenze per valorizzare i talenti rivelazione del nostro cinema, l’Accademia del Cinema Italiano, presieduta da Piera Detassis, e  Fondazione Sistema Toscana, con il cinema La Compagnia, la casa del cinema della Toscana, diretta da Stefania Ippoliti, continuano la collaborazione con un ciclo di dieci conversazioni con gli autori dei documentari selezionati per concorrere al Premio David di Donatello – Cecilia Mangini 2023 per il miglior documentario.

I dieci incontri, pensati per conoscere da vicino le storie, i segreti e lo stile degli autori e delle opere documentarie selezionate, sono disponibili online, gratuitamente, a partire da oggi 16 febbraio, non solo per il pubblico ma anche per gli oltre 1600 membri della Giuria dell’Accademia del Cinema Italiano che dal 1 al 14 marzo voteranno per scegliere, nella categoria dei documentari e in tutte le categorie, le candidature ufficiali ai Premi David di Donatello 2023. Le conversazioni sono a cura dei critici e giornalisti cinematografici Pedro Armocida e Raffaella Giancristofaro, del critico Giacomo Ravesi e di Pinangelo Marino, Vicepresidente di Doc.it, componenti della Commissione selezionatrice dei documentari insieme a Guido Albonetti, Osvaldo Bargero, Stefania Ippoliti e Betta Lodoli.

DAVID 68 – le dieci conversazioni con gli autori dei documentari selezionati:

  • IL CERCHIO, di Sophie Chiarello: la regista conversa con Pinangelo Marino;
  • FRANCO ZEFFIRELLI, CONFORMISTA RIBELLE, di Anselma Dell’Olio: la regista conversa con Raffaella Giancristofaro;
  • GIGI LA LEGGE, di Alessandro Comodin: il regista conversa con Raffaella Giancristofaro;
  • IN VIAGGIO, di Gianfranco Rosi: la produttrice Donatella Palermo conversa con Raffaella Giancristofaro;
  • KILL ME IF YOU CAN, di Alex Infascelli: il regista conversa con Pedro Armocida;
  • LAST STOP BEFORE CHOCOLATE MOUNTAIN, di Susanna Della Sala: la regista conversa con Pedro Armocida;
  • IL POSTO, di Mattia Colombo e Gianluca Matarrese: i registi conversano con Pedro Armocida;
  • SVEGLIAMI A MEZZANOTTE di Francesco Patierno: il regista conversa con Pedro Armocida;
  • THE MATCHMAKER di Benedetta Argentieri: la regista conversa con Raffaella Giancristofaro;
  • LA TIMIDEZZA DELLE CHIOME, di Valentina Bertani: la regista conversa con Giacomo Ravesi;

Gli incontri saranno visibili sul sito www.daviddidonatello.it, sul sito www.cinemalacompagnia.it e sui relativi canali social (Facebook e Instagram).

La presenza speciale dei Premi David di Donatello a Firenze proseguirà al termine del progetto “50 Giorni di Cinema a Firenze”, dal 5 ottobre al 12 dicembre prossimi, al cinema La Compagnia e in altre sale fiorentine, con la prima edizione di “Italian Rising Stars”, un premio che il David assegnerà alle star del cinema di domani. A partire da un lavoro di selezione che si svolgerà nel corso del 2023, verranno scoperti i volti nuovi che possano diventare ambasciatori nel mondo del cinema italiano.

Il Cinema La Compagnia di Firenze, dedicato alla programmazione di cinema documentario, è tra i fondatori di DocExchange, la rete internazionale di sale che programmano cinema del reale, di cui fanno parte Hot Docs Ted Rogers di Toronto, Bertha Doc House di Londra, a cui si sono uniti il Mysles Documentary Center di New York e il Documentary Film Center di Mosca

Era Ora, il trailer del film con Edoardo Leo, dal 16 marzo su Netflix

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E se un anno della vostra vita durasse un solo giorno? Netflix è lieta di annunciare che Era Ora, il film diretto da Alessandro Aronadio, con protagonisti Edoardo Leo e Barbara Ronchi, sarà disponibile dal 16 marzo solo su Netflix.

La commedia romantica, prodotta da BIM Produzione (una società del Gruppo Wild Bunch), Palomar (Mediawan Group) e Vision Distribution, dopo il passaggio all’ultima Festa del Cinema di Roma (sezione Grand Public), è in arrivo in Italia e contemporaneamente nei 190 Paesi in cui è disponibile il servizio.

In “Era Ora”, Dante (Edoardo Leo) e Alice (Barbara Ronchi) si amano alla follia. Peccato che lui sia la tipica persona a cui una giornata non basta mai, che arriva sempre in ritardo e si barcamena a fatica tra i mille impegni quotidiani di lavoro e vita privata.

Succede anche il primo giorno dei suoi quarant’anni, quando Dante si presenta in ritardo di ore alla sua festa di compleanno. A detta sua, la soluzione sembra a portata di mano: se lavorerà abbastanza, magari tra qualche anno sarà riuscito a comprarsi un po’ di tempo.

Ma cosa succede quando l’indomani si sveglia e si ritrova un anno in avanti? Come è possibile che sia già il giorno del suo quarantunesimo compleanno? E come fa Alice a essere incinta di quattro mesi? Cosa ne è stato del resto del suo anno?

Quando, a un suo nuovo risveglio, Alice gli mette tra le braccia una bella bambina di qualche mese augurandogli buon quarantaduesimo compleanno, Dante realizza definitivamente di essere stato catapultato in un incubo a occhi aperti: per qualche inspiegabile motivo sta vivendo una vita accelerata, di cui non ha memoria né controllo. Riuscirà a comprendere il valore del tempo prima che la sua vita vada a rotoli?

Era Ora, tratta dal film “Long Story Short” (scritto e diretto da Josh Lawson), è un’esilarante e commovente romantic comedy su quella stravagante avventura che ci ostiniamo a chiamare tempo. Prodotto da Carlo Degli Esposti, Nicola Serra, Riccardo Russo, vede nel cast anche Mario Sgueglia, Francesca Cavallin, Raz Degan, Massimo Wertmüller e Andrea Purgatori.

Holy Spider, recensione del film di Ali Abbasi

Holy Spider, recensione del film di Ali Abbasi

Presentato in concorso al Festival di Cannes 2022, dove Zar Amir Ebrahimi si è aggiudicata il Prix d’interprétation féminine alla miglior attrice, Holy Spider è il terzo film di Ali Abbasi, regista e sceneggiatore iraniano naturalizzato danese. Girato in Giordania per ovvi motivi di censura, il film tratta argomenti tabù in Iran come la prostituzione e la tossicodipendenza, rendendo rischiosa ma allo stesso tempo necessaria la loro visione sullo schermo come rappresentazione fedele della realtà della vita nella nazione mediorientale. Senza mai perdere l’essenza dell’incertezza e del terrore, Abbasi costruisce il thriller più intelligente dell’anno, che usa il genere per parlare dell’oggi, raffinatissimo nel suo destrutturare le dinamiche tipiche dell’indagine per mettere in primo piano l’azione politica, ciò che avviene dopo che un killer è stato catturato.

Le notti di Mashhad

Iran, 2001. Un giornalista di Teheran si immerge nei quartieri malfamati della città santa di Mashhad per indagare su una serie di femminicidi. Ben presto si rende conto che le autorità locali non hanno fretta di risolvere la questione. I crimini sono opera di un uomo che pretende di purificare la città dai suoi peccati e che di notte attacca le prostitute. Sullo spider-killer – ovvvero Saed Hanaei – così ribattezzato per il suo modo di agire, setacciando minuziosamente il reticolato della città di Mashhad – sono stati prodotti un documentario, Along came the Spider (2002) e il film drammatico Killer Spider (2020), testi audiovisivi che Abbasi ha praticamente distrutto e riscritto.

Tra il 2000 e il 2001, l’iraniano Saeed Hanaei (nel film interpretato da Mehdi Bajestani) ha ucciso 16 donne nella città santa di Mashhad, la seconda città più grande e importante del Paese e luogo di pellegrinaggio per gli sciiti di tutto il mondo. Hanaei era un veterano di guerra, sposato e con figli, in una città, dichiarata capitale spirituale, dove circola anche la droga proveniente dall’Afghanistan. Fanatico religioso, seguace dei discorsi di odio degli ayatollah, sosteneva di essere in missione per “ripulire” le strade della città dalla corruzione.

Holy Spider film 2022

Il vizio sotto il tappeto

Holy Spider mette in scena l’incoerenza di un regime teocratico, che reprime la figura femminile ma in qualche modo tollera la prostituzione. Un regime che convive con un enorme problema di tossicodipendenza, anche in una città apparentemente santa, in cui i garanti della legge minimizzano certi crimini perché non interessano nemmeno alle famiglie delle vittime e dove il fanatismo religioso giustifica e sostiene il machismo istituzionalizzato nella società iraniana.

Il nuovo film di Ali Abbasi gioca bene con i confini di genere, allargandoli – dal noir hitchcockiano al thriller fincheriano che connotano l’indagine – e restringendoli se necessario. Dal secondo atto in poi, per arrivare alla chiusa finale forse più emblematica del 2022, Holy Spider racconta l’orrore dell’oggi. Non siamo nel territorio dell’horror di creature, che Abbasi ha esplorato con Border – Creature di confine, ma nel terrore dell’Iran della religione, dove il vizio è nascosto sotto il tappeto. Dove una moglie può arrivare a giustificare un marito che uccide prostitute e la città può addirittura manifestare in suo favore. Ma, soprattutto, dove è proprio un ragazzo a spiegare che, se il governo non farà nulla per ripulire le strade, qualcun altro assumerà il ruolo di assassino.

L’indagine è donna

Film di denuncia necessario, ancora e soprattutto oggi dopo i fatti del 13 settembre 2022 di Mahsa Amin, picchiata a morte dalla polizia morale iraniana per non aver rispettato l’obbligo di indossare il velo, Holy Spider stesso gioca con la simbologia dell’hijab tramite la sua protagonista. Rahimi è una reporter incrollabile, che arriva dalla capitale e non vuole mettersi il velo e che, comunque, lo indosserà a suo modo (una ciocca di capelli tenterà sempre di sfuggirgli). È una giornalista che si porta dietro uno scandalo simile a quello per cui la stessa Zar Amir Ebrahimi è stata esiliata dall’Iran. Proprio l’hijab, permette a Rahimi di investigare, di condurre un’indagine autonoma, lontana dall’inadempienza dei poliziotti. L’hijab le permette di abitare le strade di Mashhad, di scrutare con lo sguardo i tanti uomini che circolano in moto la notte, alla ricerca del giustiziere impavido, un Ayatollah autoproclamatosi tale e che trova nell’inamissibile consenso di una giuria di fedeli il motivo per continuare ad attaccare. Abbasi cura anche la fisionomia di Ebrahimi, rendendola parte fondamentale del suo essere detective in una città che non è la sua: paradossalmente, quando indossa il velo, Rahimi sembra più giovane, prende tutta la frescrezza della sua posizione, vive dell’indagine. In poche parole, è una donna di Mashhad. Nella sua stanza, mentre telefona alla madre, che le chiede se prima o poi avrà intenzione di tornare a casa, Rahimi dimostra effettivamente la sua età: è una donna che ha vissuto, con un passato difficile alle spalle, annichilita dall’Iran e che vuole sventrarlo con l’arma della denuncia.

L’attrice protagonista Zar Amir-Ebrahimi offre una performance formidabile, catturando in modo convincente il coraggio e la determinazione del suo personaggio. Mehdi Bajestani, invece, assume un ruolo difficile e complesso, permettendoci di vedere i diversi lati di un uomo tormentato e di un mostro impenitente. Il duello attoriale tra i due è sublime e ricorda a tratti gli incontri tra Clarice e il dottor Lecter ne Il silenzio degli innocenti.

Una scena di Holy Spider

L’azione politica, dopo la cattura

Cosa succede una volta che il killer è preso? Quando il film di Abbasi diventa politico, ci rendiamo ancora più conto di quanto il regista di origini iraniane sia abile a giocare coi generi. Il processo mediatico in cui l’assassino viene trattato come un eroe e le vittime vengono incolpate diventa sguardo cupo su una società che non vede nulla di male nella morte delle prostitute, che riporta la narrazione – e ci riporta come pubblico – al presente, chiarendo che il machismo è perpetuato da generazioni di uomini. Holy Spider è un film su una società di serial killer, oltre l’indagine, che analizza la figura di Saed Hanaei come segno, come prodotto di una morale che ti vuole uomo e martire, che ti obbliga a ordinare una crociata personale se non sei andato in guerra.

Se nei due film precedenti, Shelley (2016) e Border (2018), Abbasi si era avvicinato al terrore tentando di catturarlo visivamente, in Holy Spider questo è latente, in ogni inquadratura. Il terrore è essere una donna in Iran. Il terrore è l’idiosincrasia persiana, è l’abitare una città sacra profanata dal colore verde. Il terrore è una progenie che vuole mettersi sugli stessi palsi falsi dei genitori, che non ha paura a nascondere una donna sotto al tappeto, renderla cavia, muoverla e rigirarla – anche se si tratta della propria sorella – per istruire l’altro. Qualcuno che verrà e accetterà: un nuovo ragno.

Women Talking, il trailer e la locandina italiana

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Women Talking, il trailer e la locandina italiana

Svelato il trailer e la locandina di Women Talking, il dramma osannato dalla critica diretto da Sarah Polley, che arriverà al cinema l’8 marzo con Eagle Pictures. Candidato a due Premi Oscar – Miglior Film e Miglior Sceneggiatura non originale -, Women Talking è basato sul romanzo best-seller di Miriam Toews e porta sul grande schermo la storia di un gruppo di donne di una colonia religiosa che discutono di un segreto scioccante che riguarda gli uomini della comunità che per anni le hanno drogate e poi violentate. Quando la verità viene a galla, le donne discutono della loro drammatica condizione e dovranno decidere se restare e combattere o andare via.

Un cast d’eccezione dà voce a queste donne raccontate da Sarah Polley: Rooney Mara, Claire Foy, Jessie Buckley, Judith Ivey, Sheila McCarthy, Michelle McLeod, Kate Hallett, Liv McNeil, August Winter, Frances McDormand ed al loro fianco anche Ben Whishaw.

“Quando ho letto il libro di Miriam Toews sono stata assalita da domande e pensieri sul mondo in cui vivo, ho pensato a cose che non avevo mai considerato. Domande sul perdono, la fede, i sistemi di potere, e ancora traumi, guarigioni, colpevolezze, il ruolo della comunità e l’autodeterminazione. Ma la lettura ha lasciato in me anche una speranza sconcertante – ha spiegato Sarah Polley -. Anche se la storia parla di una piccola comunità religiosa, ho sentito la necessità di tessere una grande tela, che avesse una portata epica e attraverso la quale riflettere l’enormità e l’universalità delle domande sollevate nel film. Volevo sentire in ogni fotogramma le infinite potenzialità e possibilità contenute in una conversazione sul come migliorare un mondo in frantumi”.

Women Talking, il poster

Last Film Show, il trailer del film in sala dal 9 marzo

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Last Film Show, il trailer del film in sala dal 9 marzo

Ecco il trailer di Last Film Show, un film di Pan Nalin con Bhavin Rabari (nel ruolo di Samay), Bhavesh Shrimali (Fazal, il proiezionista), Richa Meena (Baa, madre di Samay), Dipen Raval (Bapuji, padre di Samay), Paresh Mehta (direttore del cinema).

Dopo la calorosa accoglienza al Giffoni Film Festival, dove è stato presentato in selezione ufficiale, Medusa Film porta nelle sale italiane da giovedì 9 marzo, Last Film Show, diretto dal regista indiano Pan Nalin e interpretato dal giovane e talentuoso Bhavin Rabari. 

Samay è il protagonista di Last Film Show, una fiaba moderna che racconta le avventure di un bambino di nove anni conquistato dalla magia del cinema. Ignaro delle difficoltà e degli ostacoli che gli si porranno davanti, Samay muoverà mari e monti pur di inseguire i suoi sogni in 35 mm, in un racconto intriso di ricordi, dalle note autobiografiche.

Figlio di un venditore di tè in una piccola stazione ferroviaria dell’India rurale e di una giovane mamma affettuosa che sa cucinare divinamente, il piccolo Samay entra per la prima volta in un cinema e ne resta profondamente affascinato: nella magia delle immagini nella sala buia, il bambino intuisce che tutto ciò che accade sul grande schermo parte dalla ‘luce’. L’incantesimo del cinema lo prende a tal punto che, i giorni successivi, Samay, invece di andare a scuola, sale sul treno e torna al cinema finché viene buttato fuori dalla sala in malo modo perché non ha il biglietto. Il bambino non si arrende e corrompe il proiezionista del cinema che gli propone uno scambio: Samai potrà vedere i film gratis nella sua cabina di proiezionista in cambio della buonissima cucina della mamma. Grazie ai racconti e alla fantasia di Samay anche i suoi amici sono colpiti dalla magia del cinema a tal punto da costruire, lontano dagli occhi degli adulti, una rudimentale sala cinematografica. Alla fine, l’intransigente papà capirà l’amore e la passione di Samay per il cinema e lo farà partire alla volta della città per studiare ‘la luce’.

Diciamo che Last Film Show è un dramma emotivo su un povero nessuno che non possiede nulla e vive in un posto sperduto. Inizia a sognare di realizzare qualcosa, di diventare qualcuno. Volevo disperatamente fare un film in cui si celebrasse la leggerezza e l’innocenza. (…) Ho iniziato lentamente a tornare alle mie radici, pensando al Kathiawad (una regione del Gujarat). Com’era crescere lì da bambino? E soprattutto ai miei numerosi e famigerati incontri con il cinema e la sua magia.

Un tripudio di colori, di profumi e di sapori lontani; un inno all’amicizia, all’immaginazione e alla fantasia: Last Film Show arriverà nei cinema italiani da giovedì 9 marzo distribuito da Medusa Film.

La legge di Lidia Poet, recensione della serie con Matilda De Angelis

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Lidia Poet è stata una rivoluzionaria, un’apripista, un’avvocatessa tenace e dedita alla sua professione e ai suoi clienti prima ancora che il termine avvocatessa avesse ragione di esistere. È esistita davvero, nella Torino di fine ‘800, ed è lei, con il volto di Matilda De Angelis, la protagonista della nuova serie Netflix in sei episodi La legge di Lidia Poet.

La legge di Lidia Poet, la trama

Torino, fine 1800. Una sentenza della Corte d’Appello di Torino dichiara illegittima l’iscrizione di Lidia Poët all’albo degli avvocati, impedendole così di esercitare la professione solo perché donna. Senza un quattrino ma piena di orgoglio, Lidia trova un lavoro presso lo studio legale del fratello Enrico, mentre prepara il ricorso per ribaltare le conclusioni della Corte.

Attraverso uno sguardo che va oltre il suo tempo, Lidia assiste gli indagati ricercando la verità dietro le apparenze e i pregiudizi. Jacopo, un misterioso giornalista e cognato di Lidia, le passa informazioni e la guida nei mondi nascosti di una Torino magniloquente.

Matilda De Angelis, ormai volto internazionale del nostro cinema, si ricongiunge con Matteo Rovere, il regista che l’ha fatta esordire sul grande schermo con Veloce come il Vento. A sette anni da quel film, Matilda e Matteo fanno di nuovo squadra e realizzano sei episodi di un light procedura che ispirandosi a una storia vera adotta il linguaggio contemporaneo per parlare della condizione della donna e della rivoluzione che Lidia ha portato in Italia e a Torino, in particolare.

Un nobile intento, una esecuzione non troppo felice

L’intento è nobile, perché storie come quelle di Lidia Poet vanno raccontate per essere conosciute, per ricordare sempre che ogni piccola conquista nasce sempre da una piccola rivoluzione, in questo caso la caparbietà di una donna, tuttavia l’esecuzione non è poi tanto felice, dal momento che il linguaggio utilizzato per mettere in scena questa rivoluzione è contemporaneo.

La Lidia di De Angelis parla, si muove e pensa come farebbe una giovane donna del 2023, e per quanto questo renda accattivante il personaggio per un giovane pubblico, allo stesso tempo impone uno sfasamento temporale che fa prendere poco sul serio tutto il resto del racconto. Le reazioni, le azioni, il modus operandi li Lidia non è soltanto moderno per il suo tempo, è proprio contemporaneo, come se la giovane donna avesse fatto un viaggio nel tempo dai giorni nostri all’epoca in cui è ambientata la storia.

LIDIA

Se si supera questo grande scoglio concettuale, La legge di Lidia Poet è un piacevole divertissement, molto chiaro e piano nella messa in scena dei vari casi che la caparbia Lidia dovrà risolvere, con una struttura che unisce in maniera abbastanza continua trama verticale e orizzontale: la lotta personale di Lidia contro le istituzioni e la sua richiesta di ricorso per essere riammessa all’albo degli avvocati percorre tutta la storia, mentre in ogni episodio siamo di fronte a un nuovo caso, sempre di omicidio, in cui Lidia si fa detective, confidente dei suoi assistiti, avvocato. La legge di Lidia Poet ha spirito e ardimento, purtroppo però la realizzazione è fiacca, sussurrata e i personaggi, nonostante siano messi in scena da attori di talento, su tutti proprio De Angelis e Eduardo Scarpetta, non sono mai credibili fino in fondo.

Torino, la bella

Certo, l’ambientazione torinese della serie riesce a regalare dei bei momenti, soprattutto in termini di atmosfera, data la bellezza straordinaria del capoluogo piemontese, ma spesso non basta un bel salotto e un bel paesaggio per raccontare degnamente una storia così tanto moderna e importante per la nostra contemporaneità.

La legge di Lidia Poet è un progetto ambizioso, che pretende di parlare all’oggi, sceglie di farlo con un linguaggio semplice, perdendo però la profondità e la gravitas della storia che racconta. Il risultato è una serie divertente, comprensibile per il pubblico di oggi, leggera, che perde però il suo appuntamento con l’approfondimento, ma forse non era nemmeno questa la sede adatta.

The Quiet Girl, la recensione del film candidato all’Oscar

The Quiet Girl, la recensione del film candidato all’Oscar

Quest’anno sarà uno scontro molto duro quello per il Premio Oscar per il Miglior film internazionale, con il candidato tedesco (Niente di nuovo sul fronte occidentale, su Netflix), quello argentino (Argentina, 1985 su Prime Video), il belga Close (in sala a gennaio) e il polacco EO (in concorso al Festival di Cannes) ci sarà anche l’irlandese The Quiet Girl. E a buon diritto.

Dal 16 febbraio al cinema, distribuito da Officine UBU, il film di Colm Bairéad è uno di quelli capace di restare dentro, a lungo. Di parlare a ogni tipo di pubblico, ammesso che si abbia la sensibilità di ascoltare, e di guardare lo svilupparsi dei rapporti messi in scena dal regista per il suo esordio nel lungometraggio. Fortunato – se non fosse che si tratta di meriti, indubbi – visto che dopo aver conquistato l’EFA per la Miglior Fotografia e l’Orso di Cristallo della sezione Generazione Kplus della Berlinale 2022 (oltre alla menzione Speciale della Children’s Jury del festival).

Un tranquillo dramma di formazione

In attesa del 12 marzo, è indubbio che quello di Bairéad possa vantare già il titolo di film indipendente tra i più acclamati e interessanti dell’anno, come era stata dichiarata “La migliore dell’anno” dal New Yorker la storia breve – scritta da Claire Keegan – sulla quale si è realizzato questo adattamento. Emblematico il titolo, Foster, termine che indica generalmente i ragazzi adottati o dati in affidamento. Una sorte simile a quella che vive la piccola Cáit, di 9 anni, che i genitori, impegnatissimi con le sue tre sorelle e la piccola nascitura in arrivo, scelgono di mandare a passare l’estate da dei lontani parenti.

I Kinsella, Eibhlín e Sean (Carrie Crowley e Andrew Bennett), sono una coppia di mezza età silenziosa e disponibile, che accoglie la bambina con molta cautela, le offre vestiti puliti e la inserisce nella propria quotidianità, fatta di lavoro e regolata dai ritmi della natura. Una vita dignitosa, di campagna, che giorno dopo giorno finisce con l’insegnare molto alla ragazza, soprattutto quando l’uomo inizia a darle più attenzioni e a mostrarle il suo volto più riservato. Una scoperta importante, come quella del segreto nascosto nel passato della coppia.

La lezione di The Quiet Girl

Probabilmente anche il Piccolo Principe avrebbe dubitato della sua celebre massima nello scoprire come l’essenziale possa essere reso tanto visibile agli occhi, almeno – come dicevamo – di chi sappia prestare attenzione al cuore, delle cose e delle persone. Merito indubbiamente della storia originale, ma anche della sceneggiatura del regista e della fotografia (non a caso premiata) di Kate McCullough, che gradualmente trascinano lo spettatore all’interno del quadro iniziale, del quale andiamo via via scoprendo la reale fattura, i dettagli e i colori.

Un processo che segue quello stesso della giovane protagonista, talmente abituata a esser considerata invisibile da familiari e compagni di scuola da finire per crederci, chiudendosi in un inevitabile mutismo. Almeno iniziale, dato che – finalmente considerata – la vediamo sbocciare, crescere, imparare a guardarsi e a riconoscersi, anche con gli abiti femminili che evidentemente non pensava di meritare.

Attese ricompensate ed esempi

Dalla pagina allo schermo, le immagini suggeriscono e suppliscono, scandendo un ritmo diverso e mettendo in evidenza elementi apparentemente trascurabili, scegliendo per noi il tempo da concedere anche ai silenzi e alle attese tipiche di quella realtà. Che definire familiare potrebbe essere riduttivo, visto quanto spesso nella vita e nelle relazioni si sceglie l’intorno cui appartenere o i maestri da seguire, anche a costo di non accertare quelli biologici o imposti dalla cultura dominante o moralmente accettata.

Ma se questo è un suggerimento profondo, a farci conquistare dal film sono sufficienti gli aspetti più superficiali ed evidenti che lo permeano, la profonda gentilezza, l’affetto, il rispetto – compresa la sottesa linea di tristezza (imprescindibile, soprattutto di una coppia matura che della vita ha vissuto e vive anche le sofferenze più crudeli) – e la cura. Ingredienti che caratterizzano tutta la narrazione e l’essere dei Kinsella. Pronti a rispondere alle delusioni con purezza e apertura, a regalare un esempio migliore di ogni insegnamento.

The Offering, la recensione del film di Oliver Park

The Offering, la recensione del film di Oliver Park

Entità sinistre, fantasmi, una casa. Sono alcuni degli elementi tipici che accompagnano il cinema dell’orrore oramai da decenni, e da cui Oliver Park attinge per costruire il suo personale e inquietante The Offering. Per rappresentare il suo cinema, il regista decide di abbandonare i tabù e le paure intorno alla religione cristiana su cui tanti prodotti del genere si basano, per porre l’attenzione sulla fede ebraica ed esplorarne le credenze e le relative derive orrorifiche. La pellicola approfondisce la figura maligna del dybbuk, lo spirito disincarnato di una persona defunta. Un’anima, quindi, alla quale è stato vietato l’ingresso nel Sheol, il mondo dei morti.

Nel 2019 Keith Thomas aveva già raccontato le tradizioni del giudaismo con The Vigil, analizzando la figura dello Shomer, persona incaricata di vegliare sul corpo di un defunto. Park per la sua opera prima ne riprende il discorso, con l’intento di sciorinare i riti di un’impresa di onoranze funebri chassidica, su cui verterà tutta la storia orrorifica. The Offering è in sala dal 23 febbraio.

The Offering, la trama

Arthur (Nick Blood) è un uomo i cui debiti rischiano di mandarlo in rovina. A causa della sua precaria situazione, decide di tornare dal padre Saul (Allan Corduner) insieme alla moglie incinta Claire (Emm Wiseman). L’intento di Arthur è di riconciliarsi con il genitore per un suo tornaconto personale: cercare di convincerlo a vendere l’agenzia di onoranze funebri di famiglia. Quando arriva dal padre, tutti i dissapori passati sembrano essere svaniti.

Nel frattempo nella casa ebraica arriva un defunto con indosso uno strano amuleto. Nessuno sa che questi è posseduto dallo spirito di Abyzou, la ladra di bambini, imprigionata dallo stesso in quel corpo con un pugnale. Nel ripulirlo, Arthur rompe accidentalmente la pietra contenente l’essenza dell’entità, liberando quest’ultima nell’abitazione. A quel punto l’obiettivo del dybbuk diventa proprio la gravida Claire…

Dentro il folklore ebraico con Abyzou

Iniziamo col dire che The Offering si compone di tutte le caratteristiche dell’horror vecchia scuola: la casa come unico e solo topos capace di terrorizzare a dovere; un demone che si insidia nelle menti e nelle vite degli inquilini facendoli impazzire; lo jump scare accompagnato da una colonna sonora grave e tetra, che si accentua nell’esatto momento in cui la scena si prepara a spaventare. Il tutto condito dall’atmosfera funerea di un obitorio ebraico ortodosso, scolpito dalla fotografia fredda e minimalista di Lorenzo Senatore. Quello che cambia nell’opera di Park è l’entità “disturbatrice”: a possedere l’abitazione è Abyzou, che nell’incipit ci viene presentata come la ladra di bambini. Un’entità femminile proveniente dal folklore ebraico, per l’appunto un dybbuk, già incontrato nel The Possession di Ole Bornedal, e che in questo film assume le sembianze di una capra.

Sin dalle prime sequenze Park ci introduce nel tono sinistro di The Offering, dando allo spettatore un’anteprima della follia a cui andrà incontro nei prossimi 93 minuti. Riti, fantasmi e una bambina dallo sguardo agghiacciante sono l’antipasto di un menù ricco di suspense e salti di paura, e in cui fin da subito capiamo che il racconto non si baserà sull’espulsione del demone dal corpo, come accade per esempio nel cult L’esorcista (o in genere in tutti i film a sfondo cristiano), ma del suo imprigionamento nel corpo, tipico della religione ebraica.

Cambia così la prospettiva, scritta a quattro mani da Hoffman e Younger e formalmente ben rappresentata dal regista con un montaggio pulito e un’estetica definita. Un film dalla buona fattura, in cui è evidente la passione di Park per l’esoterismo e per l’oscurità legata all’ignoto, tematiche capaci di tenere alta l’attenzione dello spettatore. Unica pecca l’uso smodato del jump scare che, se nella prima parte serve per agganciare il pubblico, nella seconda appesantisce un po’ la narrazione, rendendo l’artificio prevedibile e quindi non più spaventoso.

Questa leggera incrinatura non priva però Oliver Park del merito di aver messo in piedi un film di tutto rispetto, la cui fruizione risulta ad ogni modo piacevole. The Offering può perciò considerarsi per il novello regista un buon trampolino di lancio nei lungometraggi dell’orrore. Prestando più attenzione a non abusare della tecnica e garantendo più spazio alla conoscenza dei suoi protagonisti, egli ha tutte le carte in regola per rientrare nella categoria di cineasti abili a confezionare prodotti sia sorprendenti che originali.

Keanu Reeves ha insistito per far uscire John Wick 4 in sala, ecco perché

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Keanu Reeves ha spiegato perché ha voluto che John Wick: Capitolo 4 rimanesse una versione e un’esperienza cinematografica. Il quarto capitolo del franchise d’azione ha visto la sua data di uscita ritardata numerose volte, principalmente a causa della pandemia di COVID-19 ma anche a causa degli altri impegni di Reeves con The Matrix Resurrections. Tuttavia, John Wick: Capitolo 4 ha resistito, evitando ogni proposta di streaming e arriverà in sala il mese prossimo.

Durante una recente intervista con Wired, Keanu Reeves ha spiegato perché ha sempre voluto che questo film uscisse in sala e non in streaming. “Sono sogni, vero? E immersione. Penso che il potere del cinema sia in parte la sua novità, ma anche la sua portata. Vedi un primo piano di una performance meravigliosa con emozioni e narrazione che ti toccano. Che si tratti di horror, azione o commedia, vedi una faccia che è, sai, alta 20 piedi. Sì. Sei, tipo, lì. L’intimità di quello.”

John Wick: Capitolo 4 è stato annunciato per la prima volta subito dopo il weekend di apertura da record di  John Wick: Capitolo 3 – Parabellum,  che ha incassato oltre 300 milioni di dollari in tutto il mondo. La quarta puntata vedrà il ritorno di Keanu Reeves nei panni dell’omonimo assassino, che è stato visto per l’ultima volta soffrire di ferite multiple dopo essere caduto dall’alto del Continental Hotel.

Insieme a Reeves, Lance Reddick e Ian McShane ci sono le nuove arrivate in franchising, la superstar pop giapponese-britannica Rina Sawayama al suo debutto cinematografico, Shamier Anderson, Bill Skarsgard, Clancy Brown, Hiroyuki Sanada e Donnie Yen, che a quanto si dice interpreterà un vecchio amico di John Stoppino.

John Wick: Chapter 4  è diretto da Chad Stahelski da una sceneggiatura co-scritta da Shay Hatten e Michael Finch, che subentra al creatore del franchise Derek Kolstad. È prodotto da Basil Iwanyk, Erica Lee e Stahelski con Reeves e Louise Rosner come produttori esecutivi.

Daredevil: il regista Mark Steven Johnson ricorda il suo lavoro con la Marvel di 20 anni fa

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A vent’anni dall’uscita in sala del Daredevil di Mark Steven Johnson, il regista ha ricordato com’è stato lavorare al progetto. “È stata una produzione meravigliosa… Eravamo sui tetti del centro di L.A. o a New York City a tarda notte, ed è stato semplicemente divertente. Era tutto un mondo che si creava intorno a ciò che facevamo. Anche se c’era un sacco di pressione su di me [come regista], c’era un’atmosfera incredibile sul set”.

Johnson ha avuto molto da dire quando gli è stato chiesto del coinvolgimento della Marvel nel processo di produzione. “Certamente, Avi Arad – che all’epoca era il capo della Marvel – era presente in tutto il film. E [l’attuale capo dei Marvel Studios] Kevin Feige era un vicepresidente allora, e parlavamo la stessa lingua”, ha detto il regista. “Eravamo i nerd che sono cresciuti con i fumetti: i True Believers. Kevin è sempre stato brillante, e si capiva che sarebbe diventato qualcuno di cui ci si poteva fidare e a cui fare domande. Era fantastico allora, ed è stato fantastico aver incontrato [l’ex capo della Marvel Comics] Joe Quesada perché la sua opera con Daredevil in coppia con Kevin Smith ha influenzato la mia opinione.”

Nel suo racconto, Johnson ha anche fatto i nomi degli altri attori presi in considerazione per il ruolo dell’eroe, andato poi a Ben Affleck. Matt Damon, Edward Norton e Guy Pearce erano tutti in lizza, mentre Seth Rogen avrebbe potuto essere Foggy Nelson al posto di un giovane Jon Favreau.

Kingdom of the Planet of the Apes, il regista condivide un video dal set

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Il nuovo film Il pianeta delle scimmie della 20th Century Studios, ora di proprietà della Disney, Kingdom of the Planet of the Apes, ha ufficialmente concluso le riprese principali, e il regista Wes Ball ha annunciato la notizia su Twitter offrendoci il primo sguardo ad alcuni filmati dietro le quinte.

La breve clip ci dà un assaggio degli interpreti scimmieschi del film sul monitor, mentre gli attori (è impossibile capire chi siano) festeggiano davanti alla telecamera nei loro completi mo-cap. Kingdom of the Planet of the Apes è interpretato da Freya Allan, Owen Teague, William H. Macy e Kevin Durand. Dichen Lachman è l’ultimo arrivato nel cast.

https://twitter.com/wesball/status/1625769605762523136?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1625769605762523136%7Ctwgr%5E81e87d2336453bf0dd201afacade99e56e66ae91%7Ctwcon%5Es1_&ref_url=https%3A%2F%2Fcomicbookmovie.com%2Fsci_fi%2Fkingdom-of-the-planet-of-the-apes-director-shares-first-behind-the-scenes-footage-as-filming-wraps-a200496

Kingdom of the Planet of the Apes è stato scritto da Josh Friedman, Rick Jaffa e Amanda Silver, l’ultima delle quali è stata anche sceneggiatrice di  Rise of the Planet of the Apes . Il film è prodotto da Patrick Aison, Joe Hartwick Jr., Jaffa, Silver e Jason Reed.Il pianeta delle scimmie  è uno dei franchise di fantascienza più iconici e leggendari della storia del cinema, oltre ad essere una parte indelebile dell’eredità del nostro studio”, ha affermato il presidente di 20th Century Studios Steve Asbell. “Con Kingdom of the Planet of the Apes,  abbiamo il privilegio di continuare la tradizione della serie di cinema fantasioso e stimolante e non vediamo l’ora di condividere la straordinaria visione di Wes per questo nuovo capitolo con il pubblico nel 2024″.

L’ultimo film della serie Il pianeta delle scimmie, The War – Il Pianeta delle Scimmie – Film del 2017 , ha visto la conclusione della serie rilanciata dal regista Matt Reeves con L’alba del pianeta delle scimmie con Andy Serkis, Woody Harrelson e Steve Zahn. Il film è stato presentato in anteprima con il plauso della critica e ha incassato quasi $ 500 milioni al botteghino. Ha ottenuto nomination per i migliori effetti visivi e i migliori effetti speciali visivi agli Academy Awards.

Aaron Taylor-Johnson commenta le voci sul suo coinvolgimento con il franchise di James Bond

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Aaron Taylor-Johnson ha finalmente commentato le voci che lo vorrebbero successore di Daniel Craig nel ruolo di James Bond. Henry Cavill, Idris Elba e Jamie Dornan sono solo alcuni dei nomi che circolano intorno al nome.

L’anno scorso, i produttori Barbara Broccoli e Michael G. Wilson hanno detto che stavano cercando un attore disposto a impegnarsi nel ruolo a lungo termine. Wilson ha poi chiarito che, sebbene non abbiano intenzione di scegliere un attore considerevolmente più giovane come nuovo 007, vorrebbero che chiunque fosse scelto per interpretare l’iconica spia per un decennio o più.

E Aaron Taylor-Johnson ha proprio l’età perfetta per poter essere in grado di occupare quel ruolo nel range di età indicato, avendo al momento 32 anni. In effetti, più fonti hanno affermato che l’attore di Kick-Ass ha incontrato Broccoli e Wilson per discutere del ruolo di 007, e lui in prima persona non ha smentito tali informazioni: “È lusinghiero”, ha detto delle voci. “I giornali possono scrivere cose terribili su di te, ma anche cose belle, come in questo caso”.

“Vuoi solo rimanere nella tua corsia, rimanere con i piedi per terra, stare vicino alle persone che ami e che ti amano, e rimanere in quel mondo. Perché nel momento in cui inizi a credere alle cazzate che la gente dice su di te, hai perso la tua testa, completamente.” Certo, non è esattamente una conferma del suo coinvolgimento nel franchise di Bond, ma non è nemmeno una smentita.

Taylor-Johnson ha poi continuato a discutere delle altre opportunità che gli si sono presentate dopo aver recitato nel Bullet Train, film pieno di azione dell’anno scorso, rivelando che non ha nemmeno avuto bisogno di fare un provino per Kraven the Hunter.

“Il primo è stato Kraven, il nuovo antieroe della Marvel nell’universo di Spider-Man. Con Bullet Train, c’è stato un processo di audizione, un test dello schermo e molte cose diverse da superare. E poi è arrivata l’offerta per Kraven [senza alcuna audizione]. È stato speciale. L’ho girato l’anno scorso con Russell Crowe, che è stato brillante”.

I fan della Marvel rimangono scettici su una storia di Kraven senza Spider-Man, e possiamo solo sperare che il film non faccia deragliare le sue possibilità di diventare Bond. L’attore è un vero talento, tuttavia, e on line i fan si sono dimostrati di grande supporto rispetto alla possibilità che lui possa essere il successore di Daniel Craig.

ANDOR Stagione 2: prime foto dal set e video mostrano l’incontro di Cassian Andor con Luthen Rael

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Le riprese sono attualmente in corso sulla stagione 2 di ANDOR nel Regno Unito, e un primo sguardo a Diego Luna nei panni di Cassian Andor è stato rivelato in foto e video appena emersi. L’attore è stato avvistato accanto a Luthen Rael di Stellan Skarsgård e, a parte il fatto che sono nel bel mezzo di quella che sembra essere una conversazione seria, non ci rivelano molto di più! Tuttavia, la loro nuova collaborazione continuerà chiaramente dopo gli eventi del finale della prima stagione.

Sebbene ciò sia avvenuto in un periodo di tempo relativamente breve, i prossimi 12 episodi copriranno i prossimi quattro anni della vita di Cassian come ribelle. A parte questo dettaglio, non abbiamo idea di quando si terrà effettivamente questo incontro!  Si ritiene che la Lucasfilm avesse originariamente pianificato di raccontare questa storia in cinque stagioni di 12 episodi, ognuna delle quali copriva un anno nella vita di Cassian. Fortunatamente, ci hanno ripensato, ma a quel punto i piani erano già in atto per i primi 12 per coprire un anno; nella seconda stagione di ANDOR, riceviamo tre episodi all’anno.

La serie tv ANDOR

ANDOR è stata ampiamente acclamata come la migliore serie TV di Star Wars su Disney+ e ha raccolto un successo che sarà certamente duraturo. Nonostante le notizie secondo cui lo show ha faticato a trovare un pubblico, siamo sicuri che avrà tempo e modo per conquistare tutti e la storia raggiungerà una conclusione adeguata, portandoci direttamente nella storia di Rogue One, ora la seconda stagione sta andando avanti come previsto. ANDOR presenta Star Wars da una prospettiva diversa, concentrandosi sulle persone comuni le cui vite sono influenzate dall’Impero. Le decisioni che prendono hanno conseguenze reali e la posta in gioco per loro e per la Galassia non potrebbe essere più alta.

Diego Luna ritorna nei panni di Cassian Andor ed è affiancato dai membri del cast Genevieve O’Reilly, Stellan Skarsgård, Adria Arjona, Denise Gough, Kyle Soller e Fiona Shaw. I produttori esecutivi sono Kathleen Kennedy, Tony Gilroy, Sanne Wohlenberg, Diego Luna e Michelle Rejwan. Tony Gilroy è anche il creatore e lo showrunner.

Fantastici Quattro: per Kevin Feige sarà in futuro il “Pilastro di tutto l’MCU”

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Dopo aver parlato din Spider-Man 4 e dei Mutanti il capo della DC STUDIOS ha affrontato anche il tema dei Fantastici Quattro, ammettendo che è forse il progetto che lo entusiasma di più della FASE 5. Durante una recente intervista con Entertainment Weekly  il dirigente ha condiviso i suoi sentimenti rispetto al progetto del riavvio dei Fantastici Quattro del 2025.

“In un certo senso abbiamo parlato di mutanti e di quell’intero aspetto del mondo Marvel, ma i Fantastici Quattro sono le fondamenta di tutto ciò che è venuto dopo nei fumetti”, ha affermato Kevin Feige. “Ci sono state sicuramente delle versioni [sullo schermo], ma non hanno mai abitato la narrazione dell’MCU. Ed è qualcosa che è davvero eccitante per noi”.

Dopo una Fase 4 incostante, la speranza è che i Marvel Studios si riprendano con la Fase 5. Se la risposta critica ad Ant-Man and The Wasp: Quantumania è indicativa, la Saga del Multiverso continuerà a fornire risultati contrastanti, ma Kevin Feige sembra essere decisamente entusiasta del futuro dell’MCU. “La gente inizierà a sentirne parlare presto“, ha aggiunto, accennando, si spera, alle notizie sul casting. “Abbiamo in programma di farlo diventare un grande pilastro dell’MCU in futuro, proprio come sono stati nei fumetti per 50 o 60 anni“.

Questa in ogni caso è davvero un’ottima notizia, perché dopo questa affermazione sappiamo per certo che la prima famiglia della Marvel sarà chiaramente al centro della prossima era della narrazione MCU, qualcosa che siamo sicuri che molti dei fan apprezzeranno.

Ant-Man and the Wasp: Quantumania è il secondo film MCU ad ottenere un “pomodoro marcio” su RT

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Probabilmente è giusto dire che la Fase 5 non è davvero iniziata nel migliore dei modi. L’embargo delle recensioni per Ant-Man and the Wasp: Quantumania dei Marvel Studios è stato revocato oggi, e mentre la prima ondata di verdetti è stata mista positiva (per la maggior parte), il consenso della critica ha presto preso una piega negativa.

L’avventura fantascientifica di Peyton Reed è attualmente al 54% su Rotten Tomatoes con 121 recensioni contate che riassumono il concetto: Ant-Man and the Wasp: Quantumania per lo più manca della scintilla di divertimento che ha elevato le avventure precedenti, ma Kang di Jonathan Majors è un elettrizzante cattivo in bilico per alterare il corso del MCU.” 

Anche se il punteggio probabilmente oscillerà nei prossimi giorni, allo stato attuale delle cose, questo rende Quantumania il secondo film dei Marvel Studios a scendere allo stato di “marcio” sul popolare aggregatore di recensioni dopo Eternals del 2021 (47%). Deludente, ma l’MCU si è dimostrato in gran parte a prova di critica e si prevede che Ant-Man 3 incasserà fino a $ 280 milioni in tutto il mondo questo fine settimana.

Ant-Man and the Wasp: Quantumaniail trailer

Il nuovo film Marvel Studios Ant-Man and the Wasp: Quantumania, che dà il via alla Fase 5 del Marvel Cinematic Universe, arriverà il 15 febbraio nelle sale italiane, distribuito da The Walt Disney Company Italia. L’epica avventura presenta l’antagonista più potente del MCU fino ad ora: Kang il Conquistatore.

Nel film, che dà ufficialmente il via alla Fase 5 del Marvel Cinematic Universe, i Super Eroi Scott Lang (Paul Rudd) e Hope Van Dyne (Evangeline Lilly) tornano per continuare le loro avventure come Ant-Man and The Wasp. Insieme ai genitori di Hope, Hank Pym (Michael Douglas) e Janet Van Dyne (Michelle Pfeiffer), la famiglia si ritrova a esplorare il Regno Quantico, a interagire con nuove strane creature e a intraprendere un’avventura che li spingerà oltre i limiti di ciò che pensavano fosse possibile. Diretto da Peyton Reed e prodotto da Kevin Feige, p.g.a. e Stephen Broussard, p.g.a.,Ant-Man and the Wasp: Quantumania è interpretato anche da Jonathan Majors nel ruolo di Kang, David Dastmalchian nel ruolo di Veb, Katy O’Brian nel ruolo di Jentorra, William Jackson Harper nel ruolo di Quaz e Bill Murray in quello di Lord Krylar.

Kevin Feige offre piccoli aggiornamenti su Blade, Daredevil: Born Again e Fantastici Quattro

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Dopo una Fase 4 incostante, la speranza per i Marvel Studios è che si riprendano con la Fase 5. Tuttavia, data l’accoglienza riservata a Ant-Man and the Wasp: Quantumania, la Saga del Multiverso potrebbe seguire lo stesso andamento incostante. Tuttavia, Kevin Feige è decisamente entusiasta del futuro del MCU.

Durante una recente intervista con Entertainment Weekly, il dirigente ha condiviso il progetto di cui forse è più entusiasta: il riavvio dei Fantastici Quattro del 2025. “In un certo senso abbiamo parlato di mutanti e di quell’intero aspetto del mondo Marvel, ma i Fantastici Quattro sono le fondamenta di tutto ciò che è venuto dopo nei fumetti”, afferma Feige. “Ci sono state sicuramente delle versioni [sullo schermo], ma non hanno mai abitato la narrazione del MCU. Ed è qualcosa che è davvero eccitante per noi”.

“La gente inizierà a sentirne parlare presto”, ha aggiunto, accennando, si spera, alle notizie sul casting. “Abbiamo in programma di diventare un grande pilastro dell’MCU in futuro, proprio come sono stati nei fumetti per 50 o 60 anni”. La prima famiglia della Marvel sarà chiaramente al centro della prossima era della narrazione MCU, qualcosa che siamo sicuri che molti fan apprezzeranno.

A Feige è stato anche chiesto a che punto sono le cose con il film di Blade con Mahershala Ali recentemente posticipato, e sembra che il lavoro stia procedendo bene. “Sta andando bene. Il nostro regista Yann [Demange] è ad Atlanta in questo momento”, conferma. “Le telecamere entreranno in funzione nelle prossime 10 settimane circa.”

Ha poi concluso parlando di Daredevil: Born Again nel MCU, suggerendo che la serie Disney+ di 18 episodi sarà un altro esperimento per i Marvel Studios mentre continuano a bilanciare le storie sul grande e piccolo schermo. “Sono Charlie Cox e Vincent D’Onofrio, e sono attori e narratori fantastici a pieno titolo”, osserva Feige. “Questo è più o meno quello di cui stavo parlando con il divertimento della televisione a episodi: è proprio lì che lo stiamo sperimentando, con Daredevil in particolare.”

Cosa vi aspettate da questi progetti?

You 4 – Parte 2: il trailer anticipa il ritorno di Victoria Pedretti

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Netflix ha rilasciato un nuovissimo trailer di You 4, la quarta stagione per l’imminente seconda metà della stagione, che sarà disponibile in streaming il 9 marzo. Il video presenta Joe di Penn Badgley mentre cerca di trovare un modo per abbattere Rhys, dopo aver finalmente appreso la sua vera natura durante l’ultimo episodio della Parte 1.

Oltre al video, le prime foto di You Stagione 4 Parte 2 hanno anche confermato il ritorno del personaggio preferito dai fan di Victoria Pedretti, Love Quinn, che è stato ucciso da Joe nel finale della terza stagione.

https://www.youtube.com/watch?v=EvwvHrtL1xY

You 4 è interpretato daPenn Badgley, Tati Gabrielle, Charlotte Ritchie, Lukas Gage, Ed Speleers, Tilly Keeper, Amy-Leigh Hickman, Niccy Lin, Aidan Cheng, Brad Alexander, Ozioma Whenu ed Eve Austin.

“Dopo che la sua vita precedente è andata in fiamme, Joe Goldberg è fuggito in Europa per sfuggire al suo passato ‘disordinato’, adottare una nuova identità e, naturalmente, perseguire il vero amore”, si legge nella sinossi. “Ma Joe si ritrova presto nello strano nuovo ruolo di detective riluttante quando scopre che potrebbe non essere l’unico assassino a Londra. Ora, il suo futuro dipende dall’identificazione e dall’arresto di chiunque stia prendendo di mira il suo nuovo gruppo di amici di super-ricchi socialite… “

Tratta dal bestseller di Caroline Kepnes “Tu”. “Cosa faresti per amore?” Quando il brillante gestore di una libreria incontra un’aspirante scrittrice, la sua risposta è chiara: per amore farebbe di tutto. Usando Internet e i social media come strumenti per raccogliere i dettagli più intimi della ragazza e avvicinarsi a lei, la sua cotta irresistibile e goffa diventa un’ossessione e lentamente decide di rimuovere qualsiasi ostacolo, e persona, tra lui e il suo oggetto del desiderio.

La quarta stagione si divide in due parti:

  • Parte 1 – 9 febbraio 2023 (episodi 401-405)
  • Parte 2 – 9 marzo 2023 (episodi 406-410)

X-Men, Kevin Feige rivela di sapere come e quando introdurre i mutanti nell’MCU!

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Grazie all’attività stampa per promuovere Ant-Man and the Wasp: Quantumania, il capo dei Marvel Studios Kevin Feige in questi giorni sta parlando ampiamente del futuro del Marvel Cinematic Universe, affrontando anche diversi temi spinosi, oggetto di molte speculazioni nei mesi scorso; Come ad esempio Spider-Man 4, il prossimo Fantastici Quattro e il destino degli X-Men. Ebbene oggi il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha fatto un po’ di luce sul futuro del Marvel Cinematic Universe, affermando in particolare che la Marvel sa quando e come presenteranno gli iconici X-Men.

In un’intervista con EW, a Feige è stato chiesto come i mutanti giocheranno nel futuro dell’MCU, poiché sia ​​Kamala Khan di Ms. Marvel che Namor di Black Panther: Wakanda Forever sono stati indicati come mutanti. Feige ha chiarito che mutante è un vero termine genetico, ma che la Marvel sa davvero come presenteranno uno dei team più famosi della Marvel. Sai, penso che abbiamo detto la parola una volta. Kamala parla di una mutazione genetica e Namor si definisce un mutante tra la sua stessa gente“, ha chiarito Feige. “E mutante è un vero termine genetico, non solo un termine da fumetto.”

Ma parte del divertimento è che sono stato in questa azienda per metà della mia vita e solo ora stiamo attingendo a uno degli aspetti senza dubbio più importanti della storia dell’editoria. È piuttosto notevole, ed è una testimonianza della casa delle idee e di ciò che l’editoria Marvel ha fatto in questi 80 anni. La domanda è come farlo e quando farlo, ed è qualcosa su cui abbiamo lavorato per anni. Ora lo sappiamo. Ma non ne parleremo”.

I mutanti nell’universo Marvel sono persone che possiedono il gene X, un tratto genetico che si manifesta durante la pubertà come superpoteri. La serie Disney+ Ms. Marvel si è conclusa con la rivelazione che il personaggio principale Kamala Khan è un mutante, un momento che è stato accompagnato da un breve segmento della colonna sonora della serie animata degli X-Men degli anni ’90.I mutanti svolgono un ruolo importante nel mondo dei fumetti Marvel, quindi i fan sono ansiosi di vedere la loro introduzione completa all’MCU.

Steven Spielberg non si pente di aver rifiutato Harry Potter

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Steven Spielberg non si pente di aver rifiutato Harry Potter

Steven Spielberg non ha carenza di film classici nella sua filmografia come regista. Tuttavia, c’è un franchise che la leggenda ha effettivamente rifiutato per trascorrere più tempo con la sua famiglia. Parlando con il collega regista SS Rajamouli – che ha diretto il film di successo del 2022 RRR – Spielberg ha parlato di quanto sia importante passare del tempo con la sua famiglia. Ha paragonato l’attrazione dell’arte e della famiglia al suo ultimo film, The Fabelmans, e ha descritto che una volta che ha iniziato ad avere figli, è stato più difficile giustificare il fatto di lasciare tutti a fare film.

“Il significato personale di [come il conflitto tra] arte e famiglia ti farà a pezzi mi è successo più tardi, dopo che mi ero già affermato come regista, come regista di lavoro“, ha detto Spielberg. “Kate [Capshaw] e io abbiamo iniziato a crescere una famiglia e abbiamo iniziato ad avere figli, ora abbiamo sette figli. Ma la scelta che dovevo fare nell’accettare un lavoro che mi avrebbe trasferito in un altro paese per quattro o cinque mesi dove non avrei visto la mia famiglia tutti i giorni, quella era l’arte e la famiglia che era davvero uno strappo… un tipo i esperienza da strappalacrime.

In una svolta sorprendente, Spielberg ha anche rivelato di aver persino rifiutato la possibilità di dirigere il primo film di Harry Potter , Harry Potter e la pietra filosofale per stare di più con i suoi figli. “E c’erano diversi film che ho scelto di non fare”, ha detto Spielberg. “Mi hanno offerto Harry Potter. Ho scelto di rifiutare il primo Harry Potter per passare praticamente il prossimo anno e mezzo con la mia famiglia, i miei figli piccoli che crescono. Quindi ho sacrificato un grande franchise, cosa che oggi guardando indietro sono molto felice di aver fatto, per stare con la mia famiglia. Altre volte, la mia famiglia è rimasta a Los Angeles e io sono andato all’estero per raccontare una storia.”

Nonostante l’assenza di un regista enorme come Steven Spielberg, il franchise cinematografico di Harry Potter ha continuato a fare molto bene, incassando oltre 7,7 miliardi di dollari nella sua storia di sette film e diventando la quarta serie di film con il maggior incasso di tutti i tempi.

Captain America: New World Order, Kevin Feige conferma il ruolo di Harrison Ford

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Captain America: New World Order sembra destinato a essere un film molto affollato di personaggi. Infatti sappiamo che  Samuel Sterns di The Incredible Hulk tornerà come The Leader, mentre personaggi come Sabra, Isaiah Bradley e Joaquin Torres (il nuovo Falcon) dovrebbero tutti prendere parte alla storia.

Tuttavia, la più grande novità introdotta fino ad ora al sequel di The Falcon e The Winter Soldier è, ovviamente,  la stella del cinema nonché icona di Hollywood per aver interpretato ruolo iconici in Indiana Jones e Star Wars Harrison Ford nei panni del generale “Thunderbolts” Ross . La speranza dei fan è che l’attore sostituendo il defunto William Hurt, possa interpretare l’antagonista trasformarsi in Red Hulk, ma la verità è che potrebbe essere impegnato con altre cose… come ha suggerito proprio oggi Kevin Feige.

Parlando con Entertainment Weekly , il capo dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato le voci secondo cui Ross sarà il presidente degli Stati Uniti quando lo vedremo la prossima volta. “Sono sicuro che chiunque abbia mai parlato di Harrison Ford lo dica, ma è incredibile che possiamo incontrarlo e parlare con lui e che stia abbracciando questo ruolo. È instancabile con la quantità di lavoro che fa”, ha detto . dice. “Questa è sicuramente una parte importante per Thaddeus Ross. Nel film è il presidente degli Stati Uniti”.

“E con Harrison, pensi all’Air Force One, e pensi ad alcuni dei suoi scontri con il presidente in Pericolo e ce l’hai chiaro e presente. C’è una dinamica tra il presidente Ross e Sam Wilson. Hanno una storia insieme, ma in questo film, vedremo la dinamica tra Capitan America e il presidente degli Stati Uniti in un modo semplicemente incredibile”. “Questo è stato un sogno per anni, da quando Jon Favreau ha scelto Harrison Ford per Cowboys and Aliens”, continua Feige. “Sono sempre stato molto geloso di questo, quindi averlo finalmente nell’MCU è semplicemente incredibile. È come se potessi cancellarlo dalla lista dei desideri”.

Captain America: New World Order

Julius Onah dirige  Captain America: New World Order, su una sceneggiatura di Malcolm Spellman e Dalan Musson. Il cast comprenderà Anthony Mackie nei panni di Sam Wilson/Captain America, Danny Ramirez nei panni di Joaquín Torres/Falcon, Tim Blake Nelson nei panni di Samuel Sterns/Leader, Carl Lumbly nei panni di Isaiah Bradley e Shira Haas nei panni di Ruth Bat-Seraph/Sabra. L’uscita al cinema è prevista per il 3 maggio 2024.

Jake Schreier dirigerà Thunderbolts e si baserà su una una sceneggiatura di Eric Pearson. Il cast dell’ensemble è composto da Florence Pugh come Yelena Belova, Sebastian Stan come Bucky Barnes/Winter Soldier, Wyatt Russell come John Walker/US Agent, Olga Kurylenko come Antonia Dreykov/Taskmaster, David Harbour come Alexei Shostakov/Red Guardian, Hannah John-Kamen come Ava Starr/Ghost, e Julia Louis-Dreyfus come Contessa Valentina Allegra de Fontaine. Thunderbolts uscirà nei cinema il 26 luglio 2024.

La Sirenetta, il nuovo teaser del live action Disney

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La Sirenetta, il nuovo teaser del live action Disney

Ecco il nuovo teaser trailer di La Sirenetta, il prossimo live action Disney che vedrà protagonista, nei panni di Ariel, Halle Bailey.

Tutto quello che sappiamo su La Sirenetta

Non sappiamo ancora molto di questa interpretazione della storia, ma in base a ciò che abbiamo visto finora, il regista Rob Marshall non si prenderà troppe libertà dal classico animato su cui si basa la storia originale. Halle Bailey recita al fianco di Jonah-Hauer King nei panni del principe Eric, Melissa McCarthy nei panni di Ursula, Javier Bardem nei panni di Re Tritone, Jacob Tremblay nei panni di Flounder, Daveed Diggs nei panni di Sebastian e Awkwafina nei panni di Scuttle.

La Sirenetta conterrà la musica del classico animato e quattro nuove canzoni. Lin-Manuel Miranda, che in precedenza ha lavorato con Marshall in Il ritorno di Mary Poppins, comporrà anche la musica originale per Mermaid insieme ad Alan Menken. La Sirenetta è l’amata storia di Ariel, una giovane sirena bella e vivace con una sete di avventura. La più giovane delle figlie di re Tritone e la più ribelle, Ariel desidera saperne di più sul mondo al di là del mare e, mentre visita la superficie, si innamora dell’affascinante principe Eric. Mentre alle sirene è vietato interagire con gli umani, Ariel deve seguire il suo cuore. Fa un patto con la malvagia strega del mare, Ursula, che le dà la possibilità di sperimentare la vita sulla terraferma, ma alla fine mette a repentaglio la sua vita e la corona di suo padre. Il film arriverà nelle sale il 26 maggio 2023.

Il segreto di una famiglia: tutto quello che c’è da sapere sul film

Quella del Sudamerica si è negli ultimi anni affermata come una delle filmografie più affascinanti e importanti del mondo. Dai ben noti registi messicani Alejandro Gonzales Iñárritu, Alfonso Cuarón e Guillermo del Toro ai cileni Pablo Larrain e Sebastian Lelio. Sono moltissimi i nomi meno noti ma meritevoli di essere scoperti dal grande pubblico e tra questi vi è anche l’argentino Pablo Trapero. Questi vanta in realtà già un proprio seguito e una filmografia di rispetto, composta da titoli come Leonera, Elefante Blanco e Il clan. Attualmente il suo ultimo film è Il segreto di una famiglia (qui la recensione), melodramma del 2018 fortemente radicato alla storia dell’Argentina.

Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezial, il film, scritto dallo stesso Trapero insieme ad Alberto Rojas Apel, come spesso accade nel cinema sudamericano, riflette sui difficili anni della dittatura attraverso racconti che sembrano intrecciarsi con questa solo in modo marginale. Il dramma famigliare da loro costruito per questo film (il cui titolo originale è La quietud) è però il modo migliore per affrontare l’argomento attraverso le ferite di una famiglia borghese apparentemente serena. Ognuno dei personaggi riporta invece dentro di sé gli sconvolgimenti emotivi causati in modo più o meno direttamente da quei drammatici anni.

Per gli amanti del cinema sudamericano e di questa tipologia di drammi, è un film da non perdere. Diviso tra segreti, paure, erotismo e personaggi fortemente complessi, Il segreto di una famiglia è un affascinante esempio del potenziale narrativo di Trapero. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La trama di Il segreto di una famiglia e il suo contesto storico

La vicenda del film si anima a partire da un infarto che colpisce l’anziano Esteban e che spinge la figlia Eugenia a tornare nella casa di famiglia, chiamata “La quietud”, in Argentina dopo anni trascorsi lontana, con una nuova vita a Parigi. Rientrata lì dove è cresciuta, la donna si ritrova al capezzale del padre accanto alla madre Esmeralda e alla sorella Mia, la quale al contrario di Eugenia non ha mai lasciato quei luoghi. Le due sorelle possono ora finalmente ritrovarsi, vedendosi però anche costrette a fare i conti con segreti famigliari e con le ferite del passato, drammaticamente legate alla dittatura militare.

Similmente a quanto avvenuto in altri Paesi del Sudamerica, anche in Argentina negli anni Settante ebbe luogo una dittatura militare particolarmente feroce. Il quadro di forte instabilità politica presente in quegli anni nel Paese portò al golpe militare del 24 marzo 1976, da cui Jorge Rafael Videla emerse come presidente. Da quell’anno fino al 1983 le forze armate detennero il potere, reprimendo ogni opposizione e dando vita a quella che è passata alla storia come la “Guerra sporca”. Durante il periodo della dittatura oltre 30.000 persone scomparvero dalla circolazione. Una serie di sconfitte militari e politiche portarono infine al ripristino della democrazia nel 1983. Una transizione però tutt’altro che indolore.

Il segreto di una famiglia cast

Il segreto di una famiglia: il cast del film

Ad interpretare il ruolo di Eugenia vi è l’attrice argentina naturalizzata francese Bérénice Bejo, candidata all’Oscar per il film The Artist ma celebre anche per titoli come Il passato, Il mio Godard e Il materiale emotivo. Accanto a lei, nel ruolo della sorella Mia si ritrova invece l’attrice Martina Gusman, attrice ricorrente nella filmografia di Trapero, con il quale prima di questo film aveva già collaborato per altri quattro lungometraggio. Il regista, inoltre, ha scelto le due attrici per la loro grande somiglianza, che contribuisce ad un certo senso di ambiguità. Nel film sono poi presenti gli attori Graciela Borges nei panni della madre Esmeralda, Joaquin Furriel in quelli del padre Esteban ed Edgar Ramirez come Vincent.

Il segreto di una famiglia: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Il segreto di una famiglia grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 15 febbraio alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

Carnival Row: la recensione della seconda stagione della serie con Orlando Bloom

Sono passati quasi quattro anni da quando Carnival Row (qui la recensione della prima stagione), la serie fantasy con protagonisti Orlando Bloom e Cara Delevingne, ha fatto il suo debutto sulla piattaforma Amazon Prime Video. Quattro anni durante i quali è successo un po’ di tutto, tra cui l’essersi quasi scordati di questa serie e della sua annunciata seconda stagione. Eppure, dopo una lunga lavorazione e gli ovvi ritardi causati dal Covid-19, ecco che dal 17 febbraio Carnival Row torna su Prime Video con 10 nuovi episodi, i quali però rappresenteranno anche la conclusione per la serie, non rinnovata per ulteriori stagioni.

Gli Amazon Studios sono ora concentrati nella produzione di titoli ben più remunerativi come The Boys e Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, e la volontà di terminare qui le avventure fatate della serie con Bloom e la Delevingne sembra essere l’ovvia conseguenza di un deciso cambio d’interesse. D’altronde, la ricostruzione di una cittadina neo-vittoriana dove in mezzo agli umani convivono anche diverse creature fantastiche ha un suo notevole costo. Difficile però non pensare che tra i motivi che hanno portato alla decisione di rendere la seconda stagione anche l’ultima vi possa essere lo scarso interesse destato dalla serie.

Prima di addentrarsi nel giudizio dei nuovi episodi, però, è utile rinfrescare la memoria su quanto accaduto nella prima stagione. Questa si concludeva con il confinamento di tutte le creature non umane in un vero e proprio ghetto e con l’inasprirsi dell’astio nei confronti di tali esseri. La nuova stagione riparte naturalmente da lì per raccontare ora i tentativi di resistenza portati avanti in particolare dalla fata Vignette Stonemoss (Cara Delevingne) e dai suoi simili, ma seguendo anche l’ispettore Rycroft “Philo” Philostrate (Orlando Bloom) nelle indagini di nuovi raccapriccianti omicidi, il tutto mentre si decidono le sorti del popolo magico e di quello umano.

Uno svogliato ritorno a Carnival Row

Non si può negare che le premesse di Carnival Row fossero intriganti: un mondo popolato da umani e creature magiche con scontri razziali che fanno eco a quelli realmente esistenti nella nostra realtà. Il tutto impreziosito da una misteriosa scia di omicidi che si legano strettamente alle tensioni presenti nel contesto presentato. Già la prima stagione, però, specialmente nei primi episodi, dimostrava una certa fatica a rendere giustizia a tali premesse, presentandosi come poco coesa e anzi piuttosto caotica. Gli ultimi episodi, invece, dovendo tirare le fila del discorso, si distinguevano per un maggior controllo della narrazione, permettendo al tutto di ottenere un fascino maggiore.

La conclusione della prima stagione, infine, faceva ipotizzare che, superata la fase introduttiva del racconto, a partire dalla seconda stagione il livello sarebbe continuato ad essere alto, offrendo un valido intrattenimento e coinvolgimento. Evidentemente, quattro anni di lavorazione e la decisione di porre fine alla serie hanno però avuto un esito negativo sulla realizzazione dei nuovi episodi. Si ripropongo infatti non solo gli stessi errori poc’anzi accennati per la prima stagione, ma ad essi si aggiunge un tangibile senso di stanchezza per qualcosa verso cui gli stessi ideatori, René Echevarria e Travis Beacham, sembrano non avere più interesse.

Difficile stabilire se sia solo un malinteso o un effetto dovuto dalla difficoltà di dover portare forzatamente a compimento un racconto che avrebbe invece necessitato di più tempo per essere sviluppato a dovere. Fatto sta che i personaggi non presentano evoluzioni convincenti, una nuova serie di omicidi che ricalca quelli della prima stagione dà un senso di già visto e le proporzioni degli scontri tra umani e creature magiche sono ancora troppo accesi perché possano essere risolti in modo accettabile. Quanto accade in questa seconda stagione, dunque, risulta ben poco incisivo e fin troppo dimenticabile.

Carnival-Row-recensione

Una serie dal potenziale incompiuto

Naturalmente (e fortunatamente) non tutto ciò che viene mostrato nei dieci nuovi episodi rientra in questa generale sensazione di svogliatezza. Le indagini condotte da Philo, per quanto ricalchino talvolta troppo quelle svolte nella prima stagione, vantano quel certo fascino proprio del genere giallo, mentre alcuni eventi di carattere politico risultano avere un’effettiva importanza a livello narrativo e sono portati in scena attraverso scelte di regia più attente e accattivanti. Ciò che però ancora una volta permette alla serie di distinguersi è il suo look, quel misto tra epoca vittoriana e mondo fantasy, dove alla decadenza e alla sporcizia di luoghi e personaggi si contrappone quel gradito senso di magia e incanto.

Alla luce di questi elementi di pregio e delle possibilità non sfruttate, si può sostenere che Carnival Row sia stata certamente vittima di fattori esterni, tra la concorrenza agguerrita e un mancato supporto produttivo. Era difficile, in assenza di quest’ultimo, poter dar vita a qualcosa di memorabile. Il risultato finale è però più al di sotto delle aspettative di quanto si potesse immaginare. Certo, con un po’ di fortuna la serie potrebbe trovare un suo pubblico, ma è difficile immaginare che verrà ricordata se non come un’occasione mancata, un prodotto dal potenziale incompiuto, dove dalla magia ideata non è scaturito un concreto senso di meraviglia.

Book Club – Il Capitolo Successivo, il primo trailer

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Book Club – Il Capitolo Successivo, il primo trailer

Ecco il primo teaser trailer di Book Club – Il Capitolo Successivo, diretto da Bill Holderman, con Diane Keaton, Jane Fonda, Candice Bergen e Mary Steenburgen. Il film arriverà al cinema l’11 maggio, distribuito da Universal.

L’attesissimo sequel segue le nostre quattro migliori amiche preferite nel viaggio tra ragazze che non hanno mai compiuto, con l’intento di portare il loro club del libro in Italia. Quando le cose vanno fuori controllo e alcuni segreti vengono rivelati, la vacanza rilassante si trasforma in un’avventura attraverso il paese che capita una volta nella vita.

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