Il franchise dei
Guardiani della Galassia è stato lanciato nel 2014,
grazie al film omonimo attraverso cui il pubblico ha avuto
finalmente la possibilità di conoscere i personaggi di Star-Lord,
Gamora, Drax, Rocket e Groot. Il film di James Gunn è stato un enorme successo e ha
persino concesso ai fan di iniziare a scoprire qualcosa di più a
proposito di Thanos, dopo la sua breve apparizione nella
scena post-credit di
The Avengers.
Nel film, infatti, scopriamo che
Thanos è il grande cattivo per cui sta lavorando Ronan
l’Accusatore, ma il Titano Pazzo si inserisce nella trama anche
grazie alla sua connessione con i personaggi di Gamora e Nebula,
poiché entrambe sono sue figlie adottive. Chiaramente, la
rivelazione dei veri poteri di Thanos è stato tutta riversata per
Avengers:
Infinity War e Avengers: Endgame. Dal momento che la
Marvel sapeva che il Titano Pazzo
era una minaccia incombente che i Vendicatori avrebbero dovuto
affrontare prima o poi, molti pensavano che la sua apparizione in
Guardiani
della Galassia fosse un anticipo della tanto agognata
resa dei conti che avremmo poi visto in futuro.
In realtà, adesso scopriamo che la
presenza di Thanos nel film diGunn è stata dovuta ad una ragione
completamente diversa. Secondo quanto rivelato dal presidente dei
Marvel Studios Kevin Feige nel libro “The Story of Marvel
Studios: The Making of the Marvel Cinematic Universe”, infatti, la
presenza di Thanos era necessaria per “elevare” il personaggio di
Ronan a vero cattivo. Secondo Feige, il Titano Pazzo poteva essere
qualcuno a cui Ronan si opponeva, facendolo sembrare agli occhi del
pubblico ancora più intimidatorio.
“Era per cercare di servire
Ronan nel modo modo migliore”, spiega Feige nel libro (via
Screen Rant). “Abbiamo messo Thanos in quel film in modo
che Ronan potesse dirgli di andare all’inferno, in modo che lui
stesso potesse evolversi come cattivo. Non era un modo per porre le
basi del futuro attacco di Thanos. Stava semplicemente introducendo
la storia di questi nuovi personaggi.”
Lo sviluppo del primo Ant-Man
è stato forse uno dei più lunghi e travagliati rispetto a qualsiasi
altro film del MCU. All’inizio, il regista
Edgar Wright era stato incaricato di
realizzare il film dedicato all’eroe più piccolo della Marvel, ma
alcune differenze creative con lo studio lo hanno poi spinto ad
abbandonare il progetto.
Nel primo film del franchise abbiamo
visto Scott Lang diventare l’eroe titolare dopo essere uscito di
prigione e aver rubato il costume di Ant-Man di Hank Pym. In
realtà, tutto ciò faceva parte di un piano ben preciso di Pym, che
aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a sconfiggere Darren
Cross, che aveva ricreato la tecnologia delle particelle Pym per
creare il costume di Yellowjacket. Ciò ha portato allo scontro tra
Yellowjacket e Ant-Man, con Lang costretto a diventare subatomico
per sconfiggerlo e perdersi, temporaneamente, all’interno del
pericoloso Regno Quantico, prima di capire come crescere di nuovo e
fuggire in un luogo in cui il tempo e lo spazio funzionano in modo
diverso.
Il Regno Quantico gioca un ruolo importante nella
storia di Ant-Man ed in seguito è diventato una parte sempre più
vitale nella narrativa del MCU. Tuttavia, grazie a
Screen Rant scopriamo adesso che il Regno Quantico non faceva
parte della versione originale del film. L’aneddoto è stato
rivelato nel libro di recente pubbicazione “The Story of Marvel
Studios: The Making of the Marvel Cinematic Universe”.
A quanto pare, l’aggiunta del Regno
Quantico è stata qualcosa che Paul Rudd e lo sceneggiatore Adam
McKay hanno portato al primo Ant-Man dopo
l’uscita di scena di Edgar Wright. I due hanno iniziato a lavorare
alla sceneggiatura dopo che Wright e il co-sceneggiatore
Joe Cornish hanno lasciato il progetto. La
conferma dell’assenza del Regno Quantico nella versione di Wright
dimostra quanto sarebbe potuto essere diverso il film nelle mani
del regista di Baby Driver e
Ultima notte a Soho.
Considerando quanto sia diventato
importante il Regno Quantico nel MCU, è strano pensare a
cosa sarebbe potuto succedere se il primo Ant-Man non
l’avesse mai introdotto. In tal caso, anche la trama del viaggio
nel tempo di Avengers: Endgame sarebbe potuta essere completamente
diversa. Forse Tony Stark avrebbe potuto trovare un altro modo per
viaggiare nel tempo, o forse il film avrebbe fatto affidamento
sulla magia per renderlo possibile.
Netflix
rilascia oggi le prime immagini di Inventing
Anna, la nuova serie targata
Shondaland in uscita nel 2022 solo su Netflix.
Composta da 10 episodi della durata di 60 minuti, la serie è
firmata da Shonda Rhimes e la produzione esecutiva
sarà curata da Betsy Beers.
Il cast principale è
formato da Anna Chlumsky (Veep – Vicepresidente
incompetente) nel ruolo della giornalista Vivian, Julia
Garner (Ozark, Dirty John) in quello di Anna Delvey, che
dà il nome alla serie, mentre Katie Lowes (Scandal) è Rachel, una
follower di Anna disposta a tutto; Laverne Cox (Orange Is the New
Black) interpreta Kacy Duke, manager di celebrities e life coach
risucchiata dal vortice di Anna, e Alexis Floyd
(The Bold Type) è Neff, un’aspirante regista.
1 di 4
Inventing Anna, la
trama
Inventing
Anna è la storia di Vivian, una giornalista che indaga sul caso
di Anna Delvey, leggendaria erede tedesca di Instagram che, oltre a
rubare i cuori dei protagonisti della scena sociale di New York,
ruba anche i loro soldi. Anna è la più grande truffatrice di New
York o è semplicemente il nuovo ritratto del sogno americano? In
attesa del processo a suo carico, l’erede forma un oscuro e
divertente legame di amore e odio con Vivian, che sfida il tempo
per risolvere il più grande mistero che affligge New York: chi è
davvero Anna Delvey? La serie si ispira all’articolo di Jessica
Pressler, anche produttrice dello show, How Anna Delvey Tricked New
York’s Party People, pubblicato sul New York Magazine.
Il successo al botteghino di
Dune sembra non essere sufficiente a garantire
una seconda
parte. Il film di Denis Villeneuve, uscito da poche settimane al
cinema, ha conquistato i fan del romanzo di fantascienza di
Frank Herbert, che stanno già reclamando un
sequel. Da parte della Warner Bros, casa di
produzione del film, però non se n’è ancora parlato: a decidere
saranno il distributor e Legendary Pictures.
Il regista Denis
Villeneuve l’ha messo in chiaro fin dall’inizio: il suo
Dune copre solo la prima metà del romanzo di
Herbert, il resto è destinato ad
un secondo film. Anche il CEO di Warner Bros Ann
Sarnoff ha recentemente dichiarato che un
seguito è più che probabile. Purtroppo però, il destino di
Dune: Parte
2 non dipende solo dai numeri al botteghino del primo
film, ma anche dalla
performance su HBO Max. Negli Stati Uniti,
Dune è uscito nelle sale il 21 ottobre e
contemporaneamente è stato rilasciato sulla piattaforma di
streaming. I clienti di HBO Max hanno in questo modo la possibilità
di vedere il film in ”special preview” per 31 giorni.
I risultati ottenuti nei cinema
americani e con lo streaming durante lo scorso weekend sono
promettenti: Dune ha incassato 41 milioni di
dollari negli Stati Uniti e in Canada. Il ricavo è un nuovo record,
il più grande totale ottenuto in soli tre giorni dall’uscita. I
numeri si vanno a sommare al successo che Dune ha già ottenuto a
livello internazionale: 220 milioni di dollari incassati,
un’impresa impressionante nell’era della pandemia.
Si spera che i numeri soddisfino
chi ha veramente voce in capitolo sul sequel di
Dune: i diritti di proprietà cinematografica sono
in mano al distributor e a Legendary Pictures,
co-finanziatori e produttori del film. Per ora, il successo
ottenuto dalla Parte 1 di Dune fa ben sperare
sulla possibilità di una Parte 2. Se il film continua così,
l’annuncio del sequel potrebbe arrivare a momenti.
Dune: trama e cast del film
Sul desertico pianeta
Arrakis si trova la Spezia, sostanza preziosa per una
varietà di motivi. Alla casata Atreides e al suo capo, il
Duca Leto, viene affidato il controllo del pianeta. In
realtà dietro a questo passaggio di controllo si nasconde una
congiura per eliminarlo. Leto ha però un figlio,
Paul, il quale è dotato di particolari poteri che sta
sviluppando con l’aiuto di sua madre Lady Jessica. Non
passa molto tempo che oltre al casato, Paul erediterà il
pericolo di essere eliminato…
A quanto pare, Chris Hemsworth era convinto che l’assenza del
personaggio di
Thor in
Captain America: Civil War significasse che il Dio del
Tuono era stato fatto fuori dal MCU. Il curioso dettaglio è emerso
grazie ad un libro di recente pubblicazione, intitolato “The Story
of Marvel Studios: The Making of the Marvel Cinematic Universe” (via
Comic Book).
Nel libro, l’attore australiano
rivela: “Ricordo che eravamo impegnati con il tour promozionale
di Avengers: Age of Ultron e tutti parlavano di Captain America:
Civil War. Allora ricordo che iniziai a chiedere a tutti cosa fosse
e se, per caso, lo studio stava lavorando ad una sorta di progetto
parallelo o qualcosa del genere. E tutti continuavano a ripetermi:
‘Captain America, hai presente? Il suo prossimo film, Civil War’.
Allora cominciai a chiedere se anche Iron Man fosse coinvolto, e
tutti mi dicevano: ‘Sì, ma non c’è solo Iron Man. Ci saranno anche
Visione, Spider-Man’. Quando ho chiesto spiegazioni, la Marvel mi
ha risposto: ‘Stai facendo le tue cose, per questo non ci sei’.
Allora ho pensato che mi avevano fatto fuori.”
Fino al 13esimo film del MCU, il
Thor di Chris Hemsworth era già apparso in ben due
film in solitaria, oltre chiaramente ai due film sugli Avengers.
Sia lui che l’Hulk di Mark Ruffalo sono stati soltanto menzionati in
Civil
War, senza mai apparire fisicamente nel film. Entrambi i
personaggi sarebbero poi tornati entrambi per Thor:
Ragnarok del 2017, ma ciò non ha impedito a Hemsworth
di credere che il futuro del suo personaggio fosse in pericolo.
L’assenza di Thor in Civil
War è stata anche oggetto di un divertente
mockumentary in cui lo stesso Hemsworth racconta cosa ha
fatto il suo personaggio durate gli eventi che da Age of
Ultronhanno portato a Civil
War.
Fortunatamente per i fan del Dio del
Tuono, Thor non è stato fatto fuori dal MCU. L’assenza del
personaggio in Civil
War era probabilmente dovuta ai suoi immensi poteri, che
avrebbero forse potuto interferire nel conflitto tra Iron Man e
Captain America, annullando così la necessità di un intero film.
Tuttavia, il successo di Ragnarok
ha cementato il ruolo di Hemsworth come membro vitale del cast del
MCU. L’attore tornerà in Thor: Love
and Thunder in arrivo nel 2022, e con
Taika Waititi ancora una volta al timone, probabilmente non
sarà l’ultima volta che il pubblico vedrà Thor sul grande
schermo.
Lo scorso aprile è arrivata la
notizia che la Warner Bros., insieme a New Gods di Ava
DuVernay, aveva cancellato anche The Trench,
spin-off basato sulle creature marine apparse in Aquaman di James
Wan.
Ora, stando a quanto rivelato dallo
stesso regista, pare che quel film, in realtà, fosse incentrato su
Black Manta, il personaggio interpretato nel
franchise da Yahya Abdul-Mateen II. Di recente,
Wan aveva pubblicato attraverso il suo account Instagram una
serie di immagini dal backstage dell’attesissimo sequel Aquaman and the
Lost Kingdom, dedicate proprio al personaggio di David
Kane, al suo costume e al suo armamentario.
Ora,
Screen Rant ha portato alla luce qualcosa di molto
interessante: quando un fan, in uno dei commenti al post, ha
chiesto al regista se ci fossero dei piani per una serie dedicata a
Black Manta, magari destinata a HBO Max, Wan ha rivelato che
The Trench era, in realtà, un film sull’alter ego
di David Kane. Considerate le origini dei Trench e la storia di
Black Manta nei fumetti, è facile intuire perché quel film si
sarebbe concentrato sul mercenario d’alto mare.
Nei fumetti, infatti, i Trench
vengono presentati come una tribù sopravvissuta alla caduta di
Atlantide che si era adattata alla vita sottomarina nella Fossa. La
loro storia è legata allo Scettro del Re Morto: ad un certo punto,
Black Manta entrò in possesso proprio dello Scettro e riuscì a
governare la tribù. Nonostante il personaggio di Abdul-Mateen II
non abbia ricevuto il suo film in solitaria, sappiamo che in
Aquaman
2 avrà un ruolo decisamente più sostanziale rispetto al
primo film.
Tutto quello che c’è da sapere su
Aquaman 2
Jason Momoa è atteso di nuovo nei panni
dell’eroe in Aquaman and the
Lost Kingdom, sequel del film che ha rilanciato in
positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. Nel sequel,
diretto ancora una volta da James
Wan (Insidious, The Conjuring), torneranno
anche Patrick
Wilson nei panni di Ocean Master, Amber
Heard, che tornerà nei panni di Mera, Dolph
Lundgren che sarà ancora una volta Re Nereus, il
padre di Mera, e ancora Yahya
Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta,
che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo
film.
David Leslie
Johnson-McGoldrick, collaboratore ricorrente di
Wan, scriverà la sceneggiatura del film, mentre il
regista e Peter Safran saranno co-produttori. Aquaman and the Lost
Kingdom uscirà nelle sale americane il 16 dicembre
2022.
In una nuova intervista con
Empire, Tom
Holland ha parlato, con insolita moderazione, di
Spider-Man:
No Way Home e di tutto l’hype che circonda
l’attesissimo nuovo progetto targato Sony e Marvel. In particolare, il giovane
attore ha parlato di una scena che secondo lui è la “migliore
che abbia mai girato”.
Stando alle parole dell’attore, la
scena in questione coinvolge Peter Parker, la zia May di
Marisa Tomei, l’Happy Hogan di Jon Favreau e un misterioso personaggio senza
nome che interagisce proprio con Pete. Pare che i quattro stiano
discutendo di cosa significa essere un eroe. “È una delle scene
più belle che abbia mai girato”, ha spiegato Holland. “Ci
cono quattro persone seduto a un tavolo, che conversano su cosa
vuol dire essere un supereroe. È stato fantastico. L’altro giorno
ho visto la scena per la prima volta con mio fratello. Eravamo
sconvolti.”
Le parole di Holland potrebbero
riferirsi a uno degli altri Spider-Man, come ad esempio il Peter
Parker di Tobey Maguire. Tuttavia, durante la stessa
intervista, Holland ha continuato a ribadire che non sa nulla del
possibile coinvolgimento di Maguire e di Andrew Garfield nel film: “Non lo so. Sono
sempre all’oscuro di tutto. Se appariranno nel film, nessuno me
l’ha detto”.
In alternativa, il personaggio
misterioso potrebbe essere qualcuno di già noto ai fan del MCU,
magari un Vendicatore o un eroe cosmico. Ad ogni modo, il fatto che
Holland non abbia rivelato la sua identità è un chiaro segnale del
fatto che, molto probabilmente, la presenza di questo personaggio
nel film non può essere rivelata.
Il film è diretto
da Jon Watts (già regista
di Homecoming e Far
From Home) e prodotto da Kevin
Feige per i Marvel
Studios e da Amy Pascal per la
Pascal Production. Il film arriverà nelle sale americane il 17
dicembre 2021.
Jonathan Majors è stato scelto come interprete
ufficiale di
Kang il Conquistatore nel MCU, e il suo debutto era previsto
nell’atteso Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Tuttavia,
l’attore ha sorpreso il pubblico facendo il suo ingresso trionfale
nel finale della prima stagione di Loki, interpretando Colui Che Rimane, una
variante di Kang.
Da allora, Majors ha iniziato a
lavorare a Ant-Man 3, attualmente in produzione nel Regno Unito.
I fan stanno speculando ormai da tempo sul possibile ruolo che Kang
avrà nella storia, ma finora sul terzo episodio del franchise con
Paul Rudd è stato rivelato davvero poco. Il
film sarebbe dovuto arrivare nelle sale americane a febbraio 2023,
ma di recente è stato posticipato a luglio dello stesso anno.
Attualmente impegnato con la
promozione del film The Harder They Fall, in una recente intervista con
GamesRadar, Jonathan Majors ha parlato proprio della sua
esperienza nel MCU, parlando nello specifico delle differenze tra
il set di Loki e quello di Ant-Man and the Wasp: Quantumania. “Mi
sentivo abbastanza sciolto e libero sul set di Loki. Tutti quelli
che lavorano alla Marvel sono veramente comprensivi”, ha
spiegato.
“Ora il personaggio è diverso,
quindi devi agire in modo diverso. La psicologia è cambiata a
causa del personaggio”, ha aggiunto. “È un ragazzo
diverso. Colui che rimane non sarà in Ant-Man. Questa volta si
tratta di Kang. Anche i personaggi intorno a noi – il cast, il
protagonista Paul Rudd – sono diversi. Paul non è Tom Hiddleston. E
questo è un film, non uno serie tv. Sono qui fin dall’inizio, anche
se ho fatto il mio debutto alla fine di Loki.”
Stando alle parole di Majors, pare
che Kang il Conquistatore sarà un personaggio molto diverso da
Colui Che Rimane. In attesa di saperne di più in merito al suo
ruolo all’interno del film, ricordiamo che in
Ant-Man and the Wasp: Quantumania torneranno
Paul Rudd, Evangeline
Lilly, Michael
Douglase Michelle
Pfeiffer, mentre la new entry Kathryn
Newton interpreterà Cassie Lang.
La produzione di Doctor
Strange in the Multiverse of Madness è stata una
delle tante colpite dalla pandemia di Covid-19. Quando tutto era
finalmente pronto a partire nel novembre 2020, a causa di un nuovo
blocco nel Regno Unito le riprese sono state nuovamente posticipate
a gennaio 2021, per poi proseguire fino a metà aprile senza
interruzioni.
Pensavamo che la post-produzione del
film si fosse ufficialmente conclusa questo mese, ma poi è arrivata
la notizia di un nuovo rinvio nelle sale: il film, infatti, è stato
posticipato dal 25 marzo 2022 al 6 maggio 2022. Ora, apprendiamo
che l’uscita ritardata permetterà alla produzione di tornare
nuovamente sul set per un’ulteriore sessione di riprese
aggiuntive.
A confermarlo è stato
Benedict Cumberbatch durante una recente
ospitata al Today Show (via
Doctor Strange 2 Updates). L’interprete di Stephen Strange ha
infatti rivelato che tra novembre e dicembre ci saranno dei reshoot
aggiuntivi che, a detta dell’attore, avranno l’obiettivo di
“migliorare ancora di più” il film, senza però scendere
nei dettagli in merito a quali scene verranno aggiunte e/o
modificate.
Cumberbatch ha poi ribadito ancora
una volta di essere entusiasta del coinvolgimento di Sam Raimi dietro la macchina da presa,
anticipando che il film regalerà al pubblico alcune “cose
davvero straordinarie”. La speranza è che entro la fine
dell’anno venga rilasciato un primo trailer ufficiale del film,
magari in concomitanza con l’arrivo nelle sale di
Spider-Man: No Way Home, in cui sappiamo che Strange
avrà un ruolo di primo piano.
La sceneggiatura del film porterà la
firma di Jade
Bartlett e Michael Waldron.
Oltre a Cumberbatch e Olsen, nel sequel ci saranno
anche Benedict
Wong (Wong), Rachel
McAdams(Christine
Palmer), Chiwetel
Ejiofor (Karl Mordo) e Xochitl
Gomez (che interpreterà la new entry America
Chavez).
Doctor Strange in the Multiverse
of Madness arriverà al cinema il 25 marzo 2022.
Le riprese sono partite a Londra a novembre 2020 e avranno luogo
anche a New York, Los Angeles e Vancouver. Nel sequel dovrebbe
apparire in un cameo anche Bruce
Campbell, attore feticcio di Sam
Raimi. Al momento, però, non esiste alcuna conferma in
merito.
Arriva da
Deadline la notizia di due ingressi nel cast di Virgin River 4,
l’annunciata quarta stagione della serie
Originale NetflixVirgin
River basata sui romanzi di Virgin
Riverr di Robyn Carr. Si tratta di
Mark Ghanimé (Helix) e Kai Bradbury (Motherland: Fort Salem) si
sono uniti al cast della quarta stagione del dramma romantico di
successo di Netflix Virgin
River come regolari della serie, al fianco di
Alexandra Breckinridge, Martin Henderson e Tim Matheson.
Ghanimé interpreterà il dottor
Cameron Hayek, il nuovo affascinante medico della clinica. Armato
di un bell’aspetto accattivante, un intelletto tagliente e un
sorriso che potrebbe illuminare il mondo, Cameron fa subito colpo
in città, specialmente con le donne di Virgin
River.
Bradbury interpreterà Denny Cutler,
il nipote perduto da tempo di Doc (Matheson). Si presenta a
Virgin
River per creare un legame con il nonno di cui ha
appena saputo. Ma Denny arriva con un oscuro segreto.
Basato sulla serie di libri
Harlequin di Robyn Carr, il romanzo contemporaneo è incentrato sul
recente trasferimento dell’infermiera Melinda Monroe
(Alexandra
Breckenridge) nella remota città californiana di
Virgin
River. Desiderando un nuovo inizio, Monroe scopre
presto che vivere in una piccola città non è così semplice come si
aspettava e che deve imparare a guarire se stessa prima di poter
davvero fare di Virgin
River la sua casa.
Basato sulla serie di libri
Harlequin di Robyn Carr, il romanzo contemporaneo è incentrato sul
recente trasferimento dell’infermiera Melinda Monroe
(Alexandra
Breckenridge) nella remota città californiana di
Virgin
River. Desiderando un nuovo inizio, Monroe scopre
presto che vivere in una piccola città non è così semplice come si
aspettava e che deve imparare a guarire se stessa prima di poter
davvero fare di Virgin
River la sua casa.
Virgin River 4: quando esce e dove vederla in streaming
La quarta stagione di Virgin
Riveruscirà nel 2022, e sarà in
esclusiva su Netflix. dunque sarà
possibile vedere Virgin River 4 in streaming in
tutti i paese dove il servizio è attivo.
Virgin River 4: la trama e il cast
New entry nel cast della quarta
stagione Mark Ghanimé (Helix) e Kai Bradbury (Motherland: Fort
Salem) si sono uniti al cast della quarta stagione del dramma
romantico di successo di Netflix Virgin
River come regolari della serie, al fianco di
Alexandra Breckinridge, Martin Henderson e Tim Matheson. Ghanimé
interpreterà il dottor Cameron Hayek, il nuovo affascinante medico
della clinica. Armato di un bell’aspetto accattivante, un
intelletto tagliente e un sorriso che potrebbe illuminare il mondo,
Cameron fa subito colpo in città, specialmente con le donne di
Virgin
River. Bradbury interpreterà Denny Cutler, il nipote
perduto da tempo di Doc (Matheson). Si presenta a Virgin River per
creare un legame con il nonno di cui ha appena saputo. Ma Denny
arriva con un oscuro segreto.
In Virgin River 4
ritorneranno i protagonisti
Alexandra Breckenridge nel ruolo di Melinda “Mel”
Monroe, un’infermiera praticante che si è recentemente trasferita a
Virgin River; Martin Henderson nei panni di Jack
Sheridan, proprietario di un bar di un ristorante locale ed ex
Marine degli Stati Uniti che soffre di PTSD; Colin
Lawrence nei panni di John “Preacher” Middleton, un caro
amico americano di Jack che lavora come chef al Jack’s Bar;
Jenny Cooper nel ruolo di Joey Barnes, la sorella
maggiore di Melinda; Lauren Hammersley nel ruolo
di Charmaine Roberts, amica di Jack con benefici; Annette
O’Toole nel ruolo di Hope McCrea, il sindaco di Virgin
River e Tim Matheson nel ruolo di Vernon “Doc”
Mullins, MD, il medico locale.
Nei ruoli ricorrenti ritroveremo
Daniel Gillies nel ruolo di Mark Monroe, il marito
defunto di Mel. Benjamin Hollingsworth nei panni
di Dan Brady, un collega veterano più giovane che ha prestato
servizio nei Marines statunitensi con Jack e sta lottando per
riadattarsi alla vita civile. Grayson Gurnsey nei
panni di Ricky, un giovane che lavora al Jack’s Bar e che vuole
unirsi ai Marines statunitensi. David Cubitt è
Calvin, l’uomo che gestisce la fattoria illegale dall’altra parte
del Virgin River. Lexa Doig nel ruolo di Paige
Lassiter / Michelle Logan, proprietaria di un camion da forno
chiamato “Paige’s Bakeaway” e Ian Tracey è Jimmy,
il braccio destro di Calvin.
Zibby Allen (The Flash, Grey’s
Anatomy) si unirà al cast di Virgin River come nuovo regular della
serie e Stacey Farber (Saving Hope, Diggstown) è stata scelta per
un ruolo ricorrente. Allen interpreterà Brie, la sorella di Jack
(Martin Henderson). Brie è un avvocato intelligente, duro,
coraggioso e molto divertente. Farber torna nei panni di Tara
Anderson, la figlia di Lilly (Linda Boyd), che finalmente
incontriamo in questa stagione poiché la sta aiutando con Baby
Chloe mentre i suoi altri tre fratelli vivono lontano da casa.
Brendan Fraser è
stato scelto per interpretare il villain Firefly
nel film su Batgirl, in produzione alla Warner
Bros. Fraser se la vedrà con Leslie Grace, che
è stata scelta per il ruolo della protagonista.
Del film sa, per ora, soltanto che
racconterà la storia di barbara Gordon, figlia del commissario Jim
Gordon, che sarà interpretato da J.K. Simmons, già Commissario Gordon in
Justice
League di Zack Snyder.
Adil El Arbi e
Bilall Fallah dirigeranno Batgirl
per la Warner Bros, Christina Hodson invece scriverà la
sceneggiatura. Batgirl arriverà su HBO Max nel
2022, ma non ha ancora una data d’uscita ufficiale. Il progetto
sarà seguito con grande attenzione anche perché si tratta del primo
film che parla di uno dei personaggi più importanti dei DC Comics
che arriva direttamente in streaming, saltando la distribuzione in
sala. Inoltre è uno dei rari film di genere a raccontare di una
protagonista femminile.
Il film non è la prima avventura di
Brendan Fraser nell’universo DC, dal momento che
aveva già partecipato alla serie di successo dedicata ai
Doom Patrol.
C’è ancora qualcuno che non
riconosce Iron Man? A Manchester sì! Vedendo la
statua del
supereroe dalla finestra di un appartamento, i vicini hanno
pensato che si trattasse di una persona appesa per il collo. Nel
panico, hanno chiamato la polizia che, irrompendo in piena notte
nella casa del proprietario della statua, ha trovato una sorpresa.
La possibile emergenza si è presto trasformata in aneddoto.
Come riportato dal
Manchester Evening News, un equipaggio di 10 poliziotti e
paramedici è stato chiamato alla West Tower di Deansgate Square a
Manchester da vicini preoccupati. Temevano di aver visto una
persona appesa alla finestra. Le forze dell’ordine hanno svegliato
il proprietario della casa nel cuore della notte. Una volta entrate
hanno scoperto che alla finestra c’era Iron Man,
non una persona.
Pagata 14.000 sterline e a grandezza
naturale, la statua del supereroe era stata messa bene in mostra di
fronte ad una vetrata. L’immobile Iron Man, con la
sua postura rigida e nella penombra aveva fatto pensare ai vicini i
peggiori scenari. Dopo che la polizia ha scattato alcuni selfie con
la statua illuminata, ha consigliato al proprietario di spostarla
per evitare future chiamate allarmanti. Purtroppo però,
l’installazione, costruita su misura, era troppo pesante per essere
mossa.
Iron Man tra cosplay e statue
Interpretato per più di un decennio
da Robert Downey Jr., il personaggio
Marvel ha conosciuto un
forte aumento di popolarità da quando è partito il MCU
con Iron Man del 2008. Successivamente l’Iron
Man del miliardario playboy Tony Stark si è rapidamente guadagnato il suo
posto nel cuore del pubblico in tutto il mondo.
Il personaggio di Iron
Man ha ispirato molti
fan a ricreare le
armature dell’eroe nella vita reale, dal cosplay di
corazze mandaloriane a quello completo delle tute del film. Non
mancano le statue in onore anche di altri eroi Marvel: una statua
di bronzo che celebra il 75º anniversario di Capitan
America, inaugurata al Comic-Con di San Diego
nel 2016, si trova ora nel Prospect Park di Brooklyn a New
York.
A trent’anni dalla nascita della
DIA – Direzione Investigativa Antimafia – andrà in
onda in prima visione assoluta su Rai3 alle ore 21.20 DIA
1991 – Parlare poco Apparire mai un film che racconta
la storia della lotta alle mafie dal 1991, quando nacque da
un’intuizione di Giovanni Falcone, fino alle inchieste più recenti.
Il film mostrerà per la prima volta immagini girate pochi minuti
dopo l’attentato di Capaci, immagini forti, laceranti, che
ancora oggi, a 29 anni dalla strage, ci commuovono e ci
turbano.
Il 29 ottobre 1991 un decreto legge
istituisce la Direzione Investigativa Antimafia, un progetto
ispirato dal giudice Giovanni Falcone che unisce le forze di
polizia italiane – Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza – nella
lotta alla criminalità organizzata, seguendo il modello dell’FBI
americana. Il 24 maggio 1992, all’indomani della strage di Capaci,
la DIA diventa operativa iniziando ad indagare proprio su
quell’evento drammatico che segna una ferita indelebile nel cuore
dello Stato. In 30 anni di attività, gli uomini migliori delle
forze dell’ordine hanno lavorato nell’ombra e senza clamori per
catturare latitanti di mafia, camorra, ‘ndrangheta, anche oltre i
confini nazionali; attraverso l’utilizzo di nuovi metodi
investigativi sono arrivati alla conclusione di centinaia di
arresti, e al sequestro dei grandi patrimoni delle mafie.
DIA 1991 – Parlare poco
Apparire mai, la trama
Il film racconta le operazioni
investigative della DIA attraverso la voce dei veri agenti
operativi che le hanno realizzate: 4 storie, 10 voci narranti e la
memoria di Falcone tenuta in vita da Giuseppe Ayala, il magistrato
e amico personale di Falcone che ha condiviso con lui l’ultimo anno
e mezzo di vita a Roma.
Nel film gli investigatori
ritornano nelle città in cui hanno condotto le loro inchieste e
iniziano a raccontare com’erano Palermo, Reggio Calabria e Napoli
negli anni ’90. Le immagini dei luoghi si mescolano in un passaggio
continuo dal presente al passato grazie ad un uso innovativo delle
teche RAI. I materiali di archivio RAI diventano il punto di vista
degli investigatori: sono i loro occhi che rivedono quelle città
negli anni in cui erano operativi.
Per la prima volta ascoltiamo le
loro voci, i “dietro le quinte” delle maggiori inchieste, il
racconto dei metodi investigativi e il sacrificio delle loro vite
private, costretti al silenzio e ad agire sempre nell’ombra.
Sentiamo le testimonianze di chi
quella guerra l’ha combattuta raggiungendo risultati prima
impensabili: la cattura di Bagarella, l’inchiesta Olimpia sulla
‘ndrangheta, la cattura del capo della camorra Francesco Schiavone,
le indagini sulle infiltrazioni della camorra nel Nord Italia.
In DIA 1991 – Parlare poco Apparire
maiDietro quei passamontagna scuri che tante volte abbiamo visto
nelle immagini in tv, ci sono donne e uomini che ogni giorno hanno
combattuto la criminalità organizzata, pagando spesso un caro
prezzo sul fronte della loro vita privata. Ma la contropartita è
stata il successo di molte operazioni. Il successo dello Stato, uno
Stato finalmente capace di mettere da parte rivalità e divisioni
interne per costituire un fronte comune contro le mafie.
Sullo sfondo le immagini terribili
e crudeli dell’attentato di Capaci, le macerie e la disperazione
poco dopo l’esplosione: materiali parzialmente inediti mostrati per
la prima volta, immagini viste da una nuova angolazione che ancora
una volta ci ricordano che la ferita dell’omicidio di Falcone non
si è mai sanata.
Odino non sarebbe dovuto
morire così. Nella stesura originale del copione di Thor:
Ragnarok, prima che Hela uccida
Odino, Thor e Loki lo trovano mentre vaga per le
strade di New York come un senzatetto pazzo e delirante.
L’uccisione avviene poi in un vicolo squallido con una pugnalata al
cuore. Per il re di Asgard, questa sarebbe stata una morte
tutt’altro che dignitosa. Nel libro The Story of Marvel Studios: The making of the Marvel Cinematic
Universe, il regista spiega dettagliatamente i motivi
che hanno spinto lui e Anthony Hopkins a cambiare la scena della
morte di Odino, rendendola la più intensa tra tutte quelle
del personaggio.
Nel nuovo libro The Story of
Marvel Studios: The Making of the Marvel Cinematic Universe il
regista Taika Waititi rivela perché ha voluto
modificare la
morte di Odino. ”Tony Hopkins ha un rifiuto nei
confronti di un certo tipo di sentimentalismo presente ad Hollywood
e nei film hollywoodiani, com’è giusto che sia”.Waititi dice di essersi trovato d’accordo con
l’attore. I due hanno cercato una strada alternativa per rendere la
scena della morte coinvolgente ed emozionante per il
pubblico. ”Loro (il pubblico, ndr) non sono cinici come
noi. Hanno un comprensibile bisogno di emozioni quando guardano
questi film.”
Il regista di Thor:
Ragnarok ha voluto suscitare l’emotività degli spettatori
secondo il suo personale gusto: la scelta iniziale di New York
sembrava facile, rapida, fuori luogo. ”Volevamo andare in
un posto tranquillo e rilassarci con quei personaggi, stare con
Odino mentre lui impartisce la sua saggezza senza dover sentire in
sottofondo stupidi taxi gialli suonare il clacson.” Ecco il
perché dell’ambientazione in Norvegia per gli ultimi attimi di vita
di Odino.
Il film vede, Thor
(Chris
Hemsworth), imprigionato dall’altra parte
dell’universo senza il suo potente martello, lottare contro il
tempo per tornare ad Asgard e fermare il Ragnarök, la
distruzione del suo mondo e la fine della civiltà asgardiana, messa
in atto da una nuova e onnipotente minaccia, la spietata
Hela (Cate
Blanchett). Ma prima dovrà sopravvivere a un letale
scontro fra gladiatori, che lo vedrà scontrarsi con il suo
vecchio alleato e compagno nel team degli Avengers,
l’Incredibile Hulk (Mark
Ruffalo), e fare i conti con il suo fratello adottivo
Loki (Tom
Hiddleston), l’impetuosa guerriera Valchiria
(Tessa Thompson) e l’eccentrico Gran
Maestro (Jeff Goldblum).
Thor: Ragnarok
è disponibile in streaming sulla piattaforma Disney+.
Mike Flanagan vuole
portare l’ombra dell’horror anche nel
mondo di Star Wars. Flanagan,
nome affermato nel genere horror, regista e ideatore della serie
Midnight Mass, lancia in rete la sua idea: ”Mi
piacerebbe molto realizzare un film dell’orrore per l’universo
Star
Wars…”
Il
post su Twitter di Mike Flanagan risale a ieri
pomeriggio e già oggi riporta più di 1500 retweet e 24mila like. Il
regista scrive: ”Questa mattina sono stato svegliato dal terremoto,
così ho avuto modo di sedermi per qualche minuto e pensare: mi
piacerebbe molto realizzare un film dell’orrore per l’universo
Star Wars…”.
Ovviamente la rivelazione di
Mike Flanagan ha innescato un’ondata di
speculazioni online: oltre ai fan degli horror di
Flanagan e quelli di Star Wars,
anche alcuni personaggi del settore hanno espresso la loro
sull’idea del regista. Il collega Edgar
Wright (Ultima notte a Soho) ha risposto
scherzosamente con “Don’t Be Afraid Of The Darth”, facendo
riferimento al titolo dato ai Signori dei Sith in Star Wars.
Perfino la star di Midnight MassRahul
Kohli, che ha lavorato con Flanagan anche
in The Haunting Of Bly Manor, ha espresso la sua dicendo
“Ohhhhhhh hai letto il mio diario!”.
Per il momento, non sembra esserci
nessun progetto concreto che veda coinvolto il franchise di
Star Wars e Mike Flanagan.
Certamente, vista la crescente notorietà del regista a livello
internazionale, la possibilità di un horror movie inserito nel
mondo Star Wars non è da escludere. Il
franchise ha in programma il film Rouge Sqadron, la cui uscita è prevista per il 2023.
Data
l’ampiezza delle galassie di Star Wars, forse ci sarà spazio in futuro
anche per Flanagan.
Mike Flanagan: la carriera del
regista
Flanagan nasce a
Salem in Massachusetts nel 1978. Trasferitosi a Los Angeles, inizia
a lavorare come montatore. Nel 2011 arriva a dirigere il suo primo
lungometraggio, Absentia, portando sul grande schermo la
sua passione per il genere horror: seguono Somnia
e Ouija
– l’origine del male. Prima
nel 2016 con Hush – Il terrore del silenzio, poi
nel 2018 con la sua serie horror The Haunting of Hill House, grazie a
Netflix il nome di Flanagan
si afferma a livello globale. Oggi il regista è uno dei principali
creativi contemporanei del genere. La serie di quest’anno
Midnight Mass è il più recente progetto solista del
regista ed è attualmente disponibile su
Netflix.
Una buona notizia per tutti i fan
di Lucca Comics & Games che
non sono riusciti ad acquistare gli 80.000 biglietti
previsti: da stasera, lunedì 25
ottobre, a
partire dalle ore 18 il
portale ufficiale Vivaticket metterà a disposizione altri 2.500
biglietti giornalieri, per un totale di 10.000 nuovi ingressi
complessivi per i quattro giorni di festival.
A partire dalle
ore 18di oggi sarà quindi possibile
acquistare questi nuovi biglietti solo online nel sito
ufficiale Vivaticket. Previa registrazione, ogni
utente potrà comprare un massimo di 2 ingressi per
ogni giorno. Non sono previsti abbonamenti, i biglietti
riguardano solo ingressi giornalieri.
Non saranno presenti
biglietterie fisiche. Resta valido l’invito a recarsi a Lucca nei
giorni del festival solo se in possesso di un biglietto
valido: tutte le attività organizzate nell’ambito della
manifestazione restano infatti accessibili solo previa
presentazione del biglietto e del Green Pass. Sarà
necessario inoltre indossare le mascherine anche fuori dai
padiglioni. Il programma non prevede attività
organizzate negli spazi pubblici cittadini.
La Festa del Cinema di
Roma omaggia Tim Burton con il Premio allacarriera.
Red carpet, foto di rito, con figli e cagnolino al seguito, e poi
il regista è pronto per un incontro ravvicinato, occasione per
ripercorrere le tappe della carriera che lo ha portato dal disegno
per la Disney, dietro a una macchina da presa. Da regista ha
potuto dare corpo ad un immaginario unico e sempre riconoscibile,
con potenti legami al mondo dell’infanzia, ma anche con quella
malinconia, quel senso di inadeguatezza e quelle atmosfere
tipicamente dark che lo hanno sempre contraddistinto.
Riceve il Premio alla
Carriera dalle mani di un maestro della scenografia come Dante
Ferretti – che
vinse l’Oscar con Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet
Street – assieme a Francesca Lo Schiavo e alla
costumista Gabriella Pescucci, con cui pure ha collaborato
per La fabbrica di Cioccolato. “Ricevere questo
premio mi riempie di gioia e orgoglio” dice il regista, “E’
un onore riceverlo dalle mani di questi tre grandi artisti. Ho
avuto il piacere di lavorare con loro, ma mai abbastanza, spero di
avere altre occasioni”. A proposito della città che lo ospita e
lo premia afferma: “Roma è una città capace di catturare i
sogni”.
L’esperienza alla
Disney negli anni Ottanta
La carriera di Tim Burton
ebbe inizio proprio come disegnatore alla Disney, in un
momento non proprio favorevole: “Terribile! Si tratta degli anni
più bui alla Disney. C’erano moltissime persone di enorme talento e
creatività, invece si facevano film comeRed e Toby
nemiciamici, che richiedevano dieci anni di lavorazione.
Avevi a disposizione figure geniali comeJohn
Lasseter, che poi hanno creato il mondoPixar, ma non c’erano opportunità per tutti questi
talenti. Sono stato fortunato, perchè ero un pessimo disegnatore di
animazione. Mi dicevano che la volpe che avevo disegnato sembrava
essere stata travolta da un’auto. Per fortuna ero così incapace che
poi sono passato a fare altro!”.
L’omaggio a Mario
Bava
All’interno del panorama
cinematografico italiano, Burton sceglie di omaggiare Mario
Bava. La maschera del demonio e
Diabolik vengono montati in sequenza con il suo
Batman. Le atmosfere oscure e anche una componente
ironica sono elementi cari al regista americano.
Riconoscibile dunque una
ispirazione al maestro dell’horror italiano, anche per quanto
riguarda ambientazioni e scenografie. Burton parla così di Mario
Bava: “Negli anni ’80 a Los Angeles andai ad un festival di
cinema horror, una maratona di 48 ore. […] Normalmente ti
assopisci, mentre io mi ricordo chiaramente il film diMario Bava,La maschera del
demonio, come un sogno. Sapeva catturare questo senso
onirico tendente all’incubo. In pochi sono riusciti a catturarlo.
Oltre aBava,Federico FellinieDario Argento”.
La nascita diEdward mani di forbice
Burton spiega poi
così da dove nasce l’idea di un personaggio come Edward, ovvero
qualcuno che involontariamente ferisce chi ama:
“Sfortunatamente, questa è stata la mia infanzia […] Ho sempre
amato favole e fiabe. Le favole permettono di esplorare veri
sentimenti aumentandone l’intensità. Io mi sentivo così da
ragazzo.”
Allestimento
scenografico, sceneggiatura e ispirazione nei film di Tim
Burton
Scenografie, costumi e
messa in scena
hanno sempre avuto un ruolo importante nei film di Burton: “Ho
avuto la grande fortuna di lavorare con straordinari artisti. Per
me scenografia, musica, costumi fanno parte del film, come dei veri
personaggi. Avendo avuto il privilegio di lavorare conDante FerrettieGabriella
Pescucci, per me la scenografia è fondamentale, penso ad
esempio aSweeney Todd.” Per quanto riguarda la
scenggiatura, prosegue Burton: “Non mi reputo uno
sceneggiatore. Parto dalle idee e cerco di stabilire dei rapporti
di collaborazione con chi sa scrivere.Edward mani di forbice, ad esempio, nasce
dalla mia esperienza. Nel caso diNightmare before Christmasnon era materiale
mio, ma mi riconoscevo in alcuni suoi elementi. Cerco sempre di
trovare qualcosa con cui io possa rapportarmi.”
A proposito poi di
ispirazioni anche non convenzionali, su Mars Attacks!
dice: “Dimenticate grandi romanzi, grandi opere letterarie. Sono
partito dalle carte che avvolgevano le gomme da masticare. La mia è
stata un infanzia un po’ contorta…”.
L’esperienza di lavoro
con gli studios
Burton nella sua
carriera ha sempre lavorato con grandi studi cinematografici. Così
racconta la sua esperienza: “Ho fatto solo film con gli studios,
sono stato in una posizione un po’ insolita perchè, nonostante
questo, sono sempre riuscito a fare ciò che volevo. Ancora non
riesco a capacitarmi. La cosa mi sorprende perchè si tratta di
business. Ancora mi interrogo su come sia stato possibile. Per
fortuna non hanno veramente mai capito cosa stessi facendo”.
“Il cinema è un’opera collettiva. […] L’impegno collettivo è
fonte di gioia. Quando si parla del budget […] non è mai
abbastanza, poco o tanto che sia. È un po’ come cercare di
controllare le condizioni metereologiche: ci sono tanti elementi
intangibili”.
Tim Burton – foto di Fabio Angeloni – Disney Italia
L’incontro con
Stephen Sondheim perSweeney Todd
Uno dei lavori forse più
complessi di Tim Burton è Sweeney Todd – Il diabolico barbiere
di Fleet Street. Un adattamento del musical di Stephen
Sondheim. Racconta Burton: “Fu molto difficile far vedere il
film a Stephen. Per fortuna gli piacque, cosa che mi riempì di
gioia. E’ una combinazione tra horror e musical. L’ha visto solo
alla fine, ed ero molto preoccupato perchè nessuno degli attori era
un cantante. Però lui non lo ritenne un problema, anzi. […] È stato
di grande sostegno.
Fare un musical è
stato molto divertente. So che può sembrare assurdo, ma per me è
stato un po’ come fare un film muto, perchè c’era sempre questa
musica.”
Big eyes, Ed
Wood e il senso dell’arte
Nella carriera di Burton,
alcuni film rimandano in qualche modo alla domanda su quale sia il
senso dell’arte, su cosa si possa definire arte e cosa no. Uno di
questi è senz’altro Big Eyes. Al centro del film la figura
di Kean e i quadri dipinti da sua moglie, contraddistinti da
personaggi dotati apputo di grandi occhi indagatori. “Ricordo
quei quadri di Kean” afferma Burton, “si trovavano in tutte
le case appesi alle mura del salotto. Io li ho sempre trovati un
po’ inquietanti. Mi chiedevo come mai potesse piacere tanto. Questo
ci porta a riflettere sul senso dell’arte. È interessante. Veniamo
toccati in modo diverso da ciò che vediamo. Per me erano
inquietanti. Altri li trovavano così carini da appenderli nelle
camere da letto dei loro bambini. Questo ci fa riflettere sul senso
dell’essere artista”. Una simile riflessione si può fare anche
su Ed Wood, figura su cui Burton ha costruito
l’omonimo film. “E’ straordinario”, dice il regista,
“perchè Ed Wood pensava di stare girandoGuerreStellari. Aveva una passione tale che ritroviamo
anche nei suoi diari. Si reputava tra i più grandi. Questo ci
riporta al discorso che facevamo prima, in sostanza, su cosa è arte
e cosa è merda”.
La sorpresa di una
mostra al MoMA dedicata a Tim Burton
Infine, è interessante
scoprire come ci si sente ad essere annoverati tra gli artisti cui
è stata dedicata una retrospettiva al MoMA. Burton se ne
dice onorato: “Questa retrospettiva è stata una sorpresa
straordinaria. Io sono un pessimo archivista. Si è trattato di
andare a frugare nei cassetti per trovare le oprere. E’ stato
sorprendente e indimenticabile. Sorprese come queste ti riempiono
di gioia. È stata la mostra che ha avuto più successo in assoluto
tra quelle fatte. Non mi reputo un artista, però fa pensare il
fatto che delle opere d’arte riescano in qualche modo ad ispirare
gli altri”.
La presentazione alla
Festa del Cinema di Roma del documentario Frank Miller
– American Genius, diretto da Silenn Thomas,
collaboratrice di lunga data di Miller, diventa l’occasione
per una lunga chiacchierata con uno dei fumettisti più influenti
del mondo contemporaneo.
La regista racconta di
aver conosciuto Miller sul set di 300. “Ero
una piccola produttrice”. E racconta così la genesi del
documentario: “Tanti suoi fan mi chiedevano perchè non ci fosse
un documentario suFrank Miller. Gliel’ho
chiesto, lui è stato d’accordo, così l’ho fatto”. Se però si
chiede a Miller da chi vorrebbe essere interpretato, qualora si
facesse un film di finzione su di lui, il fumettista non ha
dubbi: “DaMeryl Streep. Lei potrebbe fare
qualsiasi cosa. […] E’ impressionante per la sua
capacità.”
Come è nato 300
Molte curiosità
riguardano ciò che ha influenzato l’arte di Frank Miller, a
partire dalle influenze cinematografiche: “Un film che mi ha
ispirato moltissimo è L’eroe di Sparta, del 1962. Lo vidi in una
piccola sala […] Alla fine, morivano tutti. Con la morte degli
eroi, ho modificato la mia visione. […] Fino a quel momento pensavo
che tutti gli eroi dovessero sopravvivere e vincere su tutto e
tutti. […] Giurai che avrei fatto un fumetto su questo tema. È così
che è nato 300”.
A chi gli domanda se i
comics non siano un po’ la mitologia del nostro tempo dice:
“Sì, mi piace pensare che i narratori di storie, chi ha la
fortuna di avere un lavoro come il mio: artisti, fumettisti,
registi, siamo tutti discendenti diretti di uomini delle caverne,
che intorno al fuoco raccontavano ai compagni di una grande caccia,
mentendo dll’inizio alla fine, vantandosi. Qualunque cosa che possa
essere una storia accattivante, vera o meno, è un atto
creativo.” Sulla possibilità di raccontare qualcosa che
riguardi la storia di Roma, Miller argomenta così:
“Roma ha tanta storia. Mi piacerebbe farlo. Quello che mi piace
è la parte della ricerca. Io non ho una conoscenza approfondita
della storia, ma adoro fare ricerche, studiare”.
Jack Kirby, un maestro
Tanti sono gli
artisti, i colleghi e i maestri del mondo del fumetto che lo
hanno ispirato, molti dei quali ha avuto occasione di
conoscere personalmente: “Ci sono stati tanti artisti,
fumettisti, Jack Kirby – creatore tra gli altri de I
fantastici Quattro, Hulk, Thor ndr- in primis. La sua
influenza è costante. Poi ho scoperto Will Eisner – il creatore
di Spirit ndr-. Sono loro le due influenze principali
nella mia carriera”. Poi aggiunge Stan Lee, il primo
creatore di Daredevil: “Incontrai Stan Lee quando iniziai a
lavorare per la Marvel con Daredevil. […] Era
incredibile, pieno di energia. Mi disse che Daredevil era un
personaggio fantastico. Poi semplicemente e in modo eloquente mi
spiegò i suoi punti salienti. Era cieco. Normalmente i supereroi
sono noti per le loro abilità e non per le mancanze. Ma lui mi
spiegò perchè questa era una gran ficata! […] Daredevil è sempre
abbastanza in gamba da trovare delle soluzioni”. Anche
l’incontro con Will Eisner è stato fondamentale nella
carriera di Miller. Così ne parla: “Ero al Comicon a San Diego.
Per me lui era un mito. Dal suo lavoro ho imparato tanti trucchi e
anche il senso di una storia. […] Aveva grande personalità, grande
intelletto. Se vogliamo riassumerlo in una parola, vedeva i fumetti
come una forma nobile. Non erano qualcosa che riguardava solo i
ragazzini. Era un’aspirazione per me. Quando lo conobbi stava per
andare in pensione. […] Mi insegnò tantissimo, ma soprattutto il
senso dell’etica. Non la lealtà verso un’azienda, ma come abbinare
passione per il lavoro e difesa dell’onestà intellettuale.
Professionalmnte è la fonte più preziosa a cui ho attinto.”
Frank Miller e i fumettisti italiani
Ci sono però anche due
italiani che Miller cita: Milo Manara e Hugo Pratt:
“Manara è uno dei più straordinari fumettisiti che abbiamo. Vidi
per la prima volta il suo lavoro a New York. […] In lui c’era
maestria, bellezza, coraggio. Non vedevo l’ora di incontrarlo.
Quando l’ho incontrato, ho scoperato che conosceva il mio lavoro e
lo capiva profondamente. Abbiamo stabilito un rapporto. […] Mi fa
sempre piacere vederlo, quando capita”. Prosegue: “Pratt era
straordinario. […] Lo scoprii e me ne innamorai. Aveva studiato
moltissimo, aveva vissuto intensamente, viaggiato, compreso,
imparato da Milton Caniff, conosceva la realtà internazionale. Si
può capire quando ho scoperto Pratt, perchè stavo disegnando Ronin
e improvvisamente compare questo lavoro a linee molto nette in
bianco e nero. […] Lo incontrai a Lucca. Fu divertentissimo.
Eravamo in hotel a colazione, qualcuno me lo indicò. Io
mi avvicinai. […]
Lui fece un grugnito e mi indicò dicendo: io la conosco, per sei
mesi ho tenuto uno dei suoi fumetti nella mia borsa. […] Era felice
di vedere un americano che imitava degli europei. […] Abbiamo
passato tutta la giornata insieme a chiacchierare. Era un grande
artista”.
Quindi Miller
parla del suoprocesso creativo: “Mi intrufolo
nelle case delle persone, rubo da loro. A volte osservo qualcosa
per strada e scatta la molla. Oppure c’è una questione importante
che riguarda la mia vita. Magari inizio senza rendermi conto di
quale è stata l’ispirazione. Le storie si presentano”. Ciò che
è importante, però, conclude, è che: “raccontare le storie è la
mia funzione, non è qualcosa che coscientemente costruisco, mattone
dopo mattone. È semplicemente il motivo della mia
esistenza”.
Tra i molti suoi lavori,
uno dei più importanti è Sin City. Miller parla così di come è arrivato al
cinema: “Il rapporto fra Sin City e il cinema è molto
divertente. Ho iniziato la mia carriera scrivendo la sceneggiatura
di un film che è stato un flop assordante: RoboCop 2. L’ho
riscritto tante volte. […] Ci sono alcuni film che sono maledetti.
[…] Il caso citato rientra in questa casistica. Ho dato la colpa al
mondo del cinema, dicendomi che sarei tornato a fare il fumettista,
ma avrei fatto un fumetto che non potesse essere trasformato in
film. Feci Sin City. Poi Robert Rodriguez mi disse che voleva farne
un film. […] Gli dissi che non avevo nessuna voglia. Mi richiamò
invitandomi ad andare in Texas e fare una scena di prova con
qualche attore, non potevo rifiutare. Sul set gli attori si
presentarono, erano talentuosi. Fecero la scena in due minuti,
l’apertura del film. Dopo averla girata, ho stretto la mano a
Robert e gli ho detto: ci sto!”. […] Fare Sin City è stato
un sogno che si è realizzato”.
Prosegue poi parlando del
suo approccio alla regia e del suo rapporto con gli attori:
“Forse sono un po’ strano come regista, perché adoro gli attori.
Molti registi li considerano come dei narcisisti incapaci. Sì, sono
narcisisti, ma adoro vedere la loro creatività e come riescono a
dar vita a delle parole scritte.”
Guardando al mondo di
oggi e alla rilevanza che ha assunto l’universo del fumetto nel
cinema, ci si chiede se il giovane Miller, ai suoi inizi con la
Marvel si sarebbe aspettato che quel cinema sarebbe diventato il
vero cinema americano, quello che fa gli incassi. Il fumettista
dice: “Non sono un profeta, penso che prima devi fare un buon
lavoro, poi si vedrà” Ma poi precisa: “Secondo me doveva
essere così, dai tempi di Superman”.
Frank Miller e il politically corret
Sul politically
correct che oggi rischia di limitare la creatività degli
artisti, così si esprime: “Oggi c’è più pressione per
esercitare un po’ di censura e questo avviene quando le persone
hanno paura. Tendono ad andare verso posizioni più conservatrici.
Vuoi proteggere i tuoi bambini, la tua casa. […] Io non mi sento di
dover seguire degli ordini. […] Ciò che volevo fare l’ho fatto,
senza pronunciarmi contro una cosa o l’laltra. La gente in questi
casi tende a smettere di ascoltare, preferisco esplorare
determinate tematiche.”
A chi gli chiede se abbia
approfittato del lockdown per guardare film e serie tv
risponde: “Ho guardato soprattutto vecchi film. […] Ho passato
il tempo studiando. […] Per rinfrescare le idee e scoprire nuove
cose. Non ho guardato serie tv. Non ne sono appassionato. So
che ci sono anche dei buoni prodotti, ma non so se mi va di andare
a rovistare nell’immondizia per trovare qualcosa di buono”.
Frank Miller sul futuro
Pensando ai progetti
futuri, riguardo a ciò che gli piacerebbe realizzare,
Miller afferma: “Mi piacerebbe fare quello che sto
facendo, in varie forme”, prosegue tranquillo, “sono
fortunato perché ho avuto abbastanza successo. Perciò posso
occuparmi delle storie che mi interessano veramente. […] Come posso
farlo? Con i fumetti sicuramente. […] Nel cinema, ci vogliono tanti
soldi per fare un film ed è una sfida competamente diversa. Vorrei
raccontare storie diverse tra loro, viaggiare contemporaneamente in
tante direzioni diverse. […] Sono come un bambino in un negozio di
dolciumi che ha solo 50 centesimi e può comprarsi a malapena un
dolcetto. Adoro il mio lavoro e le possibilità che mi offre, sono
infinite, vorrei esplorarle tutte e dimostrare al mondo che i
fumetti possono realizzare qualunque cosa.
A proposito di bambini,
sul ricordo che ha di sé bambino e di cosa rappresentasse per
lui disegnare i primi fumettiMiller dice: “Ricordo
un bambino impaurito, non ricordo il motivo della paura, ma ero
sempre un po’ teso. Ricordo che disegnare quegli stupidi fumetti mi
riempiva di gioia e mi dava uno scopo. Adesso, ripensando a quel
bambino, gli voglio un gran bene”.
Nel corso degli anni, Marvel Television ha introdotto numerosi
personaggi di rilievo dei fumetti su Netflix e, dato
che quell’era narrativa è ormai da tempo giunta alla sua
conclusione, facciamo un passo indietro e vediamo quali sono stati
i migliori e peggiori personaggi che abbiamo conosciuto.
La prima stagione di Daredevil è stata lanciata nel 2015 e negli
anni successivi ci hanno fatto compagnia eroi come l’Uomo
Senza Paura, Jessica Jones,
Luke Cage, Iron Fist e The Punisher; tuttavia, una volta che è
diventato chiaro che la Disney aveva intenzione di lanciare il proprio
servizio streaming (con il presidente dei Marvel
StudiosKevin Feige a capo
dell’operazione), Netflix ha abbandonato
velocemente questa tipologia di show.
Ad oggi, si vocifera che almeno le
storie alcuni di questi eroi e cattivi arriveranno ad ottenere dei
reboot per il MCU.
Resta da vedere se questo avverrà con gli stessi attori o con
attori diversi, anche se è probabile che le scelte attoriali
attingeranno da entrambi i lati; guardiamoci un attimo indietro e
analizziamo quindi i 5 personaggi che Marvel Television ha azzeccato… e 5 che ha
davvero rovinato.
1Azzeccato: Daredevil
Mentre il ritratto di Matt Murdock da parte di
Netflix è stato colpito e mancato nel migliore dei
casi, è stato facilmente il personaggio più coerente in ognuno
degli show. Seguire il suo viaggio è sempre stato divertente e
Charlie Cox ha fatto un lavoro così ben
riuscitoche non c’è da meravigliarsi che i fan stiano tenendo le
dita incrociate in attesa di un ritorno in Spider-Man: No Way Home.
Dal
suo periodo nella tuta nera ispirata a L’uomo senza
paura di Frank Miller e John
Romita Jr. al momento in cui ha finalmente indossato il
classico costume rosso, la storia di
Daredevil ha sicuramente incontrato qualche ostacolo e
probabilmente aveva bisogno almeno di un po’ più di tempo per
carburare. Tuttavia, questa versione del personaggio è stata
difficile da criticare per la maggior parte.
Che
si tratti delle sue interazioni con Kingpin o del
modo in cui si è opposto al contorto sistema di credenze di
The Punisher, il
Daredevil di Charlie Cox è così buono da
risultare forse l’unico personaggio che meriterebbe effettivamente
un film. Speriamo che i prossimi anni lo vedano apparire
regolarmente sul grande e piccolo schermo.
Sono passati più di vent’anni da
quando Friends è arrivato in televisione, e
siamo ancora qui a bing-watch tutte e dieci le stagioni su Netflix.
Sono passati più di vent’anni, e Jennifer Aniston
è ancora altrettanto glam, altrettanto divertente e altrettanto
bella. Da vent’anni, è una delle attrici più cercate e più
interessanti di Hollywood. Costantemente sotto i riflettori,
costantemente al cinema. Ma cosa non sapete su di lei?
Ecco 10 curiosità su
Jennifer Aniston.
Jennifer Aniston: film e programmi
televisivi
1. Gli inizi di Jennifer
Aniston. L’attrice è nata in California e, figlia di un
padre di origini greche, ha passato un anno della propria infanzia
in Grecia, dove ha vissuto con la propria famiglia. Dopo il
divorzio dei genitori, poi, si trasferì a New York all’età di nove
anni. Fu qui che cominciò a recitare, grazie al club di recitazione
della Rudolf Steiner School. La formazione professionale, poi,
cominciò alla famosissima New York School of Performing Arts. Dopo
la scuola e prima di Friends, Jennifer Aniston fu in
programmi televisivi come Molloy, The
Edge, Ferris Bueller e Ma che ti passa
per la testa?. La svolta avvenne nel 1994 quando lesse un
copione per una serie intitolata Friends Like These.
2. Ha recitato in celebri
serie televisive. Il primo grande successo per la Aniston
arriva grazie alla televisione, quando nel 1994 ottiene un ruolo da
protagonista nel celebre sit-com Friends. Reciterà in
questa fino al 2004, per un totale di oltre 200 episodi.
Successivamente si dedicherà principalmente al cinema, tornando a
recitare occasionalmente in televisione come guest star di alcuni
episodi di serie quali Dirt (2007), 30 Rock
(2008) e Cougar Town (2010). Nel 2019 torna invece ad
essere protagonista in TV della serie The Morning Show,
dove recita nel ruolo di Alex Levy accanto a Reese
Whiterspoon, Steve Carell e Billy
Crudup.
4. Jennifer Aniston doveva
interpretare Monica in Friends. Quando fece il
proprio provino per la serie, inizialmente Jennifer doveva
interpretare Monica, mentre Courtney Cox doveva
inizialmente interpretare Rachel. I creatori della serie,
David Crane e Marta Kauffman,
avevano un’idea ben precisa dei personaggi, ma furono
particolarmente impressionati dalla Rachel della Aniston e dalla
Monica della Cox: fu così che le due attrici ottennero il ruolo che
veramente volevano.
Jennifer Aniston nuda
per Come ammazzare il capo
5. Jennifer Aniston nuda
tra Come ti spaccio la famiglia e Come
ammazzare il capo. La prima apparizione sullo schermo
di Jennifer Aniston nuda è arrivata più tardi di quanto molti si
aspetteranno: ovvero con Come ammazzare il capo e vivere
felici. Nel film, interpreta una dentista ninfomane e
inappropriata che rende la vita di uno dei suoi impiegati
impossibile. In un film successivo, Come ti spaccio la
famiglia, però, sembra che, per la famosissima scena in
lingerie, sia stata utilizzata una controfigura.
Jennifer Aniston è hot
6.Jennifer
Aniston hot: la dieta e il suo segreto. Jennifer
Aniston è hot più che mai: bellissima, spiritosa, interessante e
con un fisico mozzafiato, è ammirata da molte. L’attrice fa
esercizio molto spesso, cosa che ama per la sensazione di benessere
che dona, anche spiritualmente. Inoltre, anche quando non fa sport
perché in viaggio o troppo impegnata, cerca di mantenere
costantemente una dieta sana (anche se, una volta a settimana, si
concede degli sfizi, cibi grassi o salati). Inoltre, sembra che il
suo segreto per avere una pelle così luminosa sia il vapore, un
trattamento al quale si sottopone dopo aver fatto esercizio.
Jennifer Aniston e Brad Pitt
7. La storia con Brad Pitt è
cominciata con un appuntamento al buio. Erano la coppia
d’oro di Hollywood, nei primi anni Duemila. E, a quanto pare,
Jennifer e Brad Pitt si
sono incontrati grazie ad un appuntamento al buio organizzato dai
rispettivi agenti. Furono subito le scintille, e i due si sposarono
il 29 luglio 2000 con una cerimonia a Malibu, con una cerimonia a
dir poco grandiosa. Purtroppo, come sappiamo, la storia finì, e il
loro divorzio fu finalizzato nell’ottobre 2005. Recentemente,
tuttavia, i due attori si sono riavvicinati, affermando di essere
in ottimi rapporti di amicizia.
8. Niente figli per Jennifer
Aniston. L’attrice è stata sposata con alcuni degli uomini
più belli di Hollywood, e molti si chiedono: ha dei figli? La
risposta è no, Jennifer Aniston non ha figli, e l’attrice ha
pubblicamente difeso la propria scelta contro le speculazioni in
un’intervista con la rivista Glamour. Però, si dice
che, dieci anni dopo il divorzio da Brad Pitt, abbia finalmente
incontrato i figli di lui.
Jennifer Aniston: il suo patrimonio
9. È una delle attrici più
pagate di Hollywood. Da anni la Aniston è ormai una delle
attrici più pagate e ricercate di Hollywood. Nel 2007 è stata poi
classificata come “11ª donna più ricca nel settore dello
spettacolo“, con una fortuna stimata di 110 milioni di
dollari. Grazie ai suoi continui lavori di successo, però, il suo
patrimonio ha continuato a crescere fino alla cifra oggi dichiarata
di circa 300 milioni di dollari. Ciò non fa che confermare il suo
status come una delle più influenti personalità dello spettacolo
statunitense.
Jennifer Aniston: età e altezza dell’attrice
10. Jennifer Aniston è nata
a Los Angeles, California, Stati Uniti, l’11 febbraio del
1969. L’attrice è alta complessivamente 1.64
centimetri.
Paramount-photo by Bud Fraker,
Public domain, via Wikimedia Commons
Lo scorso maggio, Audrey
Hepburn avrebbe festeggiato il suo 89esimo
compleanno. Ed è ancora difficile pensare ad un’altra persona con
altrettanto talento, eleganza, e glamour. È stata
una delle star di Hollywood più iconiche della storia, era la musa
di Givenchy, e si è ritirata dalla recitazione per lavorare con
l’UNICEF. Su Audrey Hepburn sappiamo tutto: abbiamo visto tutti i
suoi film, tutte le foto, letto tutto sulla sua carriera.
Che ci sia ancora qualcosa che non sapete su di
lei?
Audrey Hepburn è nata il 4
Maggio 1929, con il nome Audrey Kathleen
Ruston (e non cominciò ad usare il nome Audrey Hepburn
fino al 1948). La madre era una baronessa di discendenze olandesi,
mentre il padre aveva discendenze inglesi e austriache. Era in
vacanza in Olanda con la madre, quando l’esercito di Hitler occupò
la città. Dopo la liberazione, frequentò una scuola di danza a
Londra, e fece la modella finché non fu scoperta da produttori
cinematografici.
Ha avuto una vita intensa e
interessantissima: ecco dieci cose su Audrey Hepburn che
forse non sapevate, e le sue frasi più celebri.
Audrey Hepburn e le sue celebri
frasi
L’eleganza è la sola bellezza che non sfiorisce
mai.
Credo fermamente che il sorriso sia l’accessorio più bello
che una donna possa indossare.
La cosa più importante è quello di godersi la vita – essere
felice – è tutto quello che conta.
Per avere degli occhi belli, cerca la bontà negli altri;
per avere labbra attraenti, pronuncia parole gentili; e per il
portamento, cammina con la consapevolezza che non sei mai
sola.
La bellezza di una donna non dipende dai vestiti che
indossa né dall’aspetto che possiede o dal modo di pettinarsi. La
bellezza di una donna si deve percepire dai suoi occhi, perché
quella è la porta del suo cuore, il posto nel quale risiede
l’amore.
So di avere più sex appeal sulla punta del mio naso che
molte donne nel loro intero corpo. Non si vede da lontano, ma
c’è.
Ho sentito questa frase, una volta: “La felicità è una
buona salute e una memoria corta!”. Vorrei averla inventata io,
perché è molto vera.
Si dice che l’abito non faccia il monaco. Ma a me la moda
ha dato spesso la sicurezza di cui avevo bisogno. Personalmente
dipendo da Givenchy come le donne americane dipendono dal loro
psichiatra.
Adoro le persone che mi fanno ridere. Penso sinceramente
che ridere sia la cosa che mi piace di più. È la cura per
moltissimi mali.
Parigi è sempre una buona idea.
Audrey Hepburn: i suoi film
1. I film di Audrey
Hepburn. La prima apparizione di Audrey Hepburn in un film
risale al 1948, in una produzione europea. Nel 1951 ebbe il suo
primo ruolo con delle linee di dialogo, in Racconto di
giovani mogli. Era una parte piccola, e decise quindi di
tentare la fortuna in America, dove diventò immediatamente famosa
grazie a Vacanze Romane (1953). Il film
fu un incredibile successo, e Audrey Hepburn vinse un Oscar come
Miglior Attrice Protagonista. Nel 1954, poi recitò
in Sabrina, e il ruolo le valse
un’altra nomination all’Oscar. Il 1957 fu un grande anno
per Audrey Hepburn, con i film Cenerentola a
Parigi e Ariannai, mentre nel 1959
venne nominata di nuovo all’Oscar per l’interpretazione in La
storia di una monaca. La sua carriera arrivò all’apice con il
film del 1961 Colazione da Tiffany, per la quale ricevette
la quarta nomination. Tra i film successivi, ci
furono Sciarada (1963), My Fair
Lady (1964), Due per la strada
(1967) e Gli occhi della notte (1967), per il quale
ricevette un’altra nomination. Nel 1969, all’apice del successo,
decise di abbandonare la recitazione.
2. Audrey Hepburn è membro
dell’EGOT Club. Di cosa stiamo parlando? Di quei rarissimi
individui che hanno vinto un Emmy, un
Grammy, un Oscar e un
Tony Award. E Audrey Hepburn è una delle
quattordici persone che sono riuscite nell’impresa. Vinse il primo
Oscar grazie a Vacanze Romane, il Tony
per Ondine. L’Emmy lo vinse in modo curioso: l’ha
vinto per la serie della PBS dle 1993 Audrey Hepburn’s
Gardens of the World, nel quale la Hepburn, amante del
giardinaggio, esplorava alcuni dei giardini più spettacolari del
mondo. Lo show andò in onda il giorno dopo la sua morte, e l’Emmy
arrivò postumo. Anche il Grammy fu postumo: fu per il Miglior Album
Parlato per bambini (infatti, Audrey Hepburn era considerata una
cantante mediocre: fu doppiata per la performance
in My Fair Lady).
3. Audrey Hepburn ha
cominciato a ballare a cinque anni. Nel 1944, infatti, era
già una ballerina esperta, e ballò in segreto per gruppi di
persone, a scopo benefico: per raccogliere soldi per la
Resistenza olandese. Con coraggio, sostenne quindi
la Resistenza, mentre sia il padre che la madre erano membri della
British Union of Fascists.
4. Audrey Hepburn aveva un
piccolo cerbiatto di nome Pippin. A quanto pare, era
soprannominato Ip, e la Hepburn lo portò a casa con sé dal set
di Verdi Dimore (1959), su suggerimento
dell’addestratore di animali della produzione. Infatti, l’animale
la seguiva ovunque. Anche al supermercato.
Audrey Hepburn in Colazione da
Tiffany
5. Audrey Hepburn non era
la prima scelta di Truman Capote per Holly Golightly.
Difficile immaginare Colazione da Tiffany senza Audrey Hepburn, ma
l’autore del famosissimo romanzo voleva Marilyn
Monroe per la parte, più voluttuosa e sexy e secondo
lui più adatta ad interpretare una call-girl (mentre
la Hepburn era simbolo di eleganza e raffinatezza). Il personaggio
fu cambiato parecchio per l’attrice e, inutile dirlo, il risultato
fu un film iconico.
6. Audrey Hepburn e Marilyn
Monroe hanno un ex in comune. E si tratta del Presidente
degli Stati Uniti John F. Kennedy. Quando JFK era
ancora un celibe senatore, infatti, frequentò la Hepburn, e i due
ebbero una storia né scandalosa, né seria. Più scandalosa fu invece
la relazione con Marilyn Monroe, che diventò la sua amante quando
era già Presidente: diventò famosa per aver cantanto una
sensuale versione di Happy Birthay per il suo
compleanno. L’anno successivo, fu proprio la Hepburn ad essere la
star incaricata di cantare per il Presidente il giorno del suo
compleanno.
Audrey Hepburn in
Sabrina
7. William Holden e Audrey
Hepburn sul set di Sabrina. Quando si
cominciò a girare il film, l’attrice era amata dal popolo
americano. Ma questi non sapeva che la sua relazione con il
coprotagonista William Holden era tutt’altro che
innocente. Infatti, la loro chimica sul set si trasformò presto in
una relazione reale. Holden era famoso per essere un seduttore. La
moglie Ardis tollerava le sue storielle, perché le riteneva essere
infatuazioni di poco conto: Holden era addirittura solito
presentare le proprie amanti alla moglie. Ma con la Hepburn fu
diverso: era colta e sofisticata, e lui era pronto a lasciare la
moglie per lei. Ma lei voleva disperatamente dei figli, e lui aveva
fatto una vasectomia anni prima. Lei lo lasciò e presto si mise con
il futuro marito Mel Ferrer. I due annunciarono pubblicamente il
proprio fidanzamento proprio a casa degli Holden.
8. Audrey Hepburn era molto
introversa. Così si decrisse lei in un’intervista
con LIFE Magazine nel 1953: “Ho spesso bisogno di
stare da sola. Se passassi dal sabato sera al lunedì mattina da
sola nel mio appartamento, sarei piuttosto felice. È così che mi
ricarico.”
Audrey Hepburn: altezza e
fisico
9. Audrey Hepburn aveva i
piedi più grandi di quello che pensate. Aveva una figura
piccolina, ma portava una taglia 10 (la nostra 43/44). Sembrerà
strano, ma c’erano cose del suo corpo che non le piacevano: diceva
di avere le spalle troppo spigolose, i piedi grandi e il naso
grande. L’altezza di Audrey Hepburn? 1,70
metri.
Audrey Hepburn: la morte
10. La morte di Audrey
Hepburn nel 1993. L’attrice aveva solamente 63 anni quando
morì di cancro appendicolare, il 20 gennaio 1993. Non recitava più
da tempo, ed era stata ambasciatrice speciale delle Nazioni Unite
per l’UNICEF, con il quale si era dedicata ad aiutare bambini
dell’America Latina e dell’Africa.
L’attrice americana Hayden
Panettiere è famosa per tantissimi motivi: per i suoi
ruoli negli show
americani Heores e Nashville, per
l’impegno come attivista per gli animali, e per essere diventata
una star da giovanissima. Ha interpretato personaggi diversissimi,
provandosi all’altezza di diversi generi: una cheerleader,
un’assassina, una scandalosa cantante country. Com’è stata la sua
carriera? Di cosa si occupa, oltre alla recitazione?
Ecco dieci curiosità su
Hayden Panettiere.
Hayden Panettiere: i suoi film e le
serie TV
1. Gli inizi di Hayden
Panettiere. Figlia di un’attrice e di un capitano dei
pompieri con origini italiane, l’attrice fu introdotta nel mondo
dello spettacolo da sua madre a soli 11 mesi, quando fu
protagonista di una pubblicità. Poi, all’età di quattro anni e
mezzo, la piccola attrice divenne parte del cast della soap opera
Una vita da vivere, dove rimase fino al 1997. Da allora, è
comparsa in parecchi film e serie televisive.
2. I film e le serie con
Hayden Panettiere. Tra i film in cui ha recitato si
annoverano L’oggetto del mio desiderio (1998), Le
parole che non ti ho detto (1999), Il sapore della
vittoria (2000), Joe Somebody (2001), Striscia,
una zebra alla riscossa (2005), Mr. Gibb (2006),
Ragazze nel pallone – Tutto o niente (2006), Un
segreto tra di noi (2008), con Ryan Reynolds,
Una notte con Beth Cooper (20099), con Paul
Rust, Scream 4 (2011), The Forger (2012)
e Custody – Bambini contesi (2016).
3. È nota per i suoi ruoli
televisivi. La carriera di Hayden Panettiere è cominciata
in televisione, e alla televisione si devono alcuni dei suoi ruoli
più importanti e di maggior successo: dal 1998 al 2000 ha recitato
nella soap opera Sentieri, mentre dal 2002 ha
interpretato regolarmente la figlia di Calista Flockhart in
Ally McBeal. Nel 2006 è diventata famosa grazie al ruolo
di protagonista nella serie Heroes, della quale ha fatto
parte fino al 2010. Nel 2012, poi, fu tempo di cambiamento, e
Hayden tornò in televisione con un’altra serie celebre,
Nashville, dove ha recitato fino al 2018 e nella quale
interpreta una giovane e ambiziosa cantante country.
Hayden Panettiere in
Heroes
4. È comparsa in quasi tutti
gli episodi della serie. Sebbene nessuno appaia in tutti
gli episodi della serie, Hayden Panettiere appare in più episodi di
qualsiasi altro attore (settantadue, più nella terza stagione,
episodio otto, “Villains”, brevemente attraverso filmati di
repertorio, per un totale di settantatre) ed è l’unico membro del
cast ad apparire in ogni episodio di più di una stagione). Gli
unici altri regolari ad apparire durante un’intera stagione sono
Sendhil Ramamurthy (nella seconda stagione) e
Robert Knepper (nella quarta stagione).
Hayden Panettiere e l’attivismo
5. Hayden Panettiere è
un’attivista per i diritti degli animali. Da sempre
l’attrice si schiera in favore dei diritti degli animali e nel 2007
ha viaggiato sulle coste del Giappone per salvare alcuni delfini
catturati. “Molte persone dicono di essere coinvolte in cause e
organizzazioni, ma non fanno davvero qualcosa. È stato bellissimo
essere lì fisicamente, fare la differenza” ha poi dichiarato
l’attrice, affermando anche di non essersi pentita delle sue
azioni, per le quali è stata quasi sottoposta ad arresto, e che se
possibile lo avrebbe rifatto.
Hayden Panettiere: suo marito e sua
figlia
6. È stata sposata con un
noto pugile. Nel 2009, Panettiere ha incontrato l’allora
campione mondiale dei pesi massimi Wladimir
Klitschko. I due hanno poi iniziato a frequentarsi, salvo
poi separarsi due anni dopo nel maggio 2011, citando la natura a
distanza della loro relazione come motivo, ma dichiarandosi pronti
a rimanere amici. Nel 2013, tuttavia, l’attrice ha poi confermato
le voci secondo cui lei e Klitschko avevano ripreso la loro
relazione romantica. Nell’ottobre 2013 i due hanno poi annunciato
il loro fidanzamento, mentre nel dicembre 2014 hanno dato alla luce
la loro figlia. Nell’agosto 2018, tuttavia, è stato riportato che
la coppia si era nuovamente lasciata, rimanendo in rapporti
amichevoli.
7. Ha parlato pubblicamente
anche della propria depressione post partum, per aiutare gli
altri. Nel 2014, Hayden Panettiere e il marito Wladimir
Klitschko hanno avuto una bellissima bambina di nome Kaya.
L’attrice ha raccontato però di aver realizzato, poco dopo la
nascita della figlia, che ci fosse qualcosa che non andava. “È
qualcosa che molte donne provano. Ti viene detto che con la
depressione post partum avrai sentimenti negativi nei confronti di
tuo figlio, che vorrai far del male a tuo figlio. Io non ho mai
provato niente del genere” ha raccontato. Poi ha aggiunto:
“Alcune donne lo provano. Ma non ci si rende conto quanto sia
ampio lo spettro di ciò che si possa provare. È qualcosa di cui
bisognerebbe parlare. Le donne devono sapere che non sono sole, e
che ci si può riprendere.”
Hayden Panettiere: nuda in Una
notte con Beth Cooper
8. Per Una notte con
Beth Cooper, Hayden Panettiere è stata in topless.
Più che topless, come racconta l’attrice stessa, per il film si è
letteralmente messa a nudo. L’attrice ha ricordato di aver
indossato soltanto “quei petali che si mettono cui
capezzoli“. Riguardo all’esperienza, ha raccontato poi di
essersi sentita piuttosto a proprio agio, che questo atteggiamento
ha permesso anche agli altri di sentirsi allo stesso modo, e che
tutti, sul set, sono stati molto professionali e delicati. Inoltre,
le è stato chiesto cosa ne pensa delle battute sexy in Una
notte con Beth Cooper, e lei ha rivelato di non sentirsi
assolutamente a disagio con doppi sensi e battute sconce: ha un
senso dell’umorismo sarcastico e asciutto, e non ha problemi con
questo tipo di cose.
9. Hayden Panettiere ha
parlato pubblicamente della propria dismorfofobia. Oggi
l’attrice non ha problemi ad apparire nuda nei film, ma quando
aveva sedici anni non si sentiva affatto a suo agio con il proprio
corpo. In quegli anni, infatti, un tabloid pubblicò una fotografia
del suo sedere con una scritta che diceva “cellulite”. L’attrice ha
raccontato che la fotografia in questione le causò anni di
dismorfofobia, ovvero la fobia che nasce da una visione distorta
del proprio aspetto esteriore. “Ero mortificata. Ebbi la
dismorfofobia per così tanto tempo. Ma mi dicevo che la bellezza è
un’opinione, non un fatto. E mi sentivo sempre un po’ meglio”
ha poi raccontato a Women’s Health.
Hayden Panettiere: età e altezza dell’attrice
10. Hayden Panettiere è nata
il 21 agosto del 1989 a Palisades, nello stato di
New York, Stati Uniti. L’attrice è alta complessivamente
1.52 centimetri.
La storia riprende da lì
dove aveva lasciato tutti i personaggi o, meglio: li segue una
volta che ognuno è tornato nella propria abitazione, ripartendo
daccapo su alcuni dettagli della trama e approfondendone molti,
ovviamente.
Il cast è completamente
diverso, a partire dai genitori capostipiti della piramide
famigliare: ove nella versione filmica c’erano Stefania
Sandrelli e Ivano Marescotti, qui ci sono
Laura Morante e Francesco Acquaroli; così come per i
loro tre figli che erano interpretati da
Pierfrancesco Favino,
Stefano Accorsi e Sabrina Impacciatore, e ora lo sono
da Francesco Scianna, Simone Liberati e Silvia
D’Amico.
I personaggi di A casa tutti bene – La
serie
La storia è
inesorabilmente corale, e lo diventa con l’innesco della festa di
compleanno indetta per i settant’anni di papà Pietro (Acquaroli,
appunto), quando nel lungometraggio si trattava, invece, dei suoi
cinquant’anni di matrimonio con la moglie Alba (Morante).
Tutto il clan si
riunisce con ogni annesso e connesso: dunque anche i cugini
Riccardo (Alessio Moneta) e Sandro
(Valerio Aprea) con le rispettive mogli Luana
(Emma Marrone) e Beatrice (Milena
Mancini), accompagnati dalla mamma Maria (Paola
Sotgiu, che prende il posto di Sandra
Milo), che sarà l’elemento da cui scaturirà la chiave
narrativa verso un intrigo sanguinario.
E quanto sguazza in
tutto questo marasma, Muccino, quanto è evidente il suo gusto per i
terreni tremanti su cui si muovono i suoi attori e che da un
momento all’altro erutteranno «lapilli e lava», per dirla con
Guccini. Il regista conA casa tutti bene – La
serie aveva provato una certa affezione per il
racconto e i suoi protagonisti, lasciando un interessante sospeso
da cui dedurre come sarebbero poi andate le cose, eventualmente. E
ha così deciso di ritornarci e dipanare i dubbi.
Un
dramma familiare in pieno stile mucciniano
La famiglia è il
mastodontico calderone da cui Muccino ha sempre attinto, anche se la sua
storia registica è notoriamente fatta di momenti talvolta
incomprensibili. Ad ogni modo nella prima puntata di A casa
tutti bene – La serie si vede la ripresa dei temi a
lui cari, con ogni personaggio che è una bomba a orologeria che
cammina, i piani sequenza vorticanti che cingono le scene in cui i
dialoghi sono ansimati e – neanche a dirlo – urlati a squarcia
gola.
Sicuramente rispetto al
film è tutto più mediato, a partire dalla scelta recitativa dei
singoli elementi del cast, che è chiaramente giustificato dalla
tempistica disponibile per sviluppare con calma, nel corso delle
puntate, ogni picco emotivo. Ed è probabilmente un gran vantaggio,
perché l’effetto è molto più realistico, dà la possibilità di
godersi l’attesa e di osservare lo svolgersi dei fatti.
Le infelicità come motore narrativo
L’infelicità, coperta da
ipocrisie, doppie vite, inganno, manipolazione e ricatto, son
sempre il motore che traina, quasi che l’ordinarietà fosse
un’eterna e propulsiva angoscia. Ma è, appunto, più godibile e, tra
l’altro, meno stressante.
Gabriele Muccino firma dunque un’idea buona,
dal punto di vista del prodotto d’intrattenimento in sé, e anche la
confezione pare essere – bene o male – dei bei tempi in cui le cose
per lui andavano meglio. Resta solo da attendere e verificare se
anche sul piano del racconto sia così. Un minimo di curiosità è
stata destata e, per il momento, tanto basta.
L’attesissimo Eternals,
presentato ieri alla
Festa del Cinema di Roma, introdurrà non solo il gruppo
titolare nel sempre più vasto MCU, gli Eterni, ma anche i loro
nemici giurati, i Devianti. Ecco 10 cose che probabilmente solo i
fan dei fumetti conoscono su questi leggendari antagonisti e che
forse bisogna sapere prima di vedere il film di Chloé Zhao.
1Poteri e abilità dei
Devianti
Non
tutti i Devianti hanno abilità, a differenza degli Eterni che
possiedono tutti una pletora di poteri. I Devianti sono anche più
deboli dei loro eterni nemici, cosa che aggiunge un ulteriore
livello di risentimento alla già sgradevole dinamica tra le
razze.
Tuttavia, quei Devianti che hanno poteri, ne
hanno davvero in abbondanza. I loro poteri includono: capacità di
mutare forma, guarigione accelerata e velocità, ma anche forza e
resistenza sovrumane. Alcuni Devianti possono persino sputare
fuoco, mentre altri hanno dimostrato abilità ipnotiche. I Devianti
hanno anche una durata di vita insolitamente lunga: alcuni,
infatti, sembrano essere immortali.
Il trailer di The
Batman visto al DC FanDome ha profondamente
emozionato i fan che hanno potuto dare uno sguardo migliore al
tanto anticipato Uomo Pipistrello di
Robert Pattinson, ma anche a Catwoman, al Pinguino e a
Alfred, in questa nuova veste.
Tuttavia, c’è qualcos’altro che
forse non abbiamo ancora notato, ed è il fatto che forse il trailer
ci ha offerto uno sguardo al finale del film. Ovviamente si tratta
di speculazioni, che però potrebbero trovare un fondo di
verità.
1La trama di The Batman
“The Batman
esplorerà un caso di detective“, scrivono le fonti.
“Quando alcune persone iniziano a morire in modi strani, Batman
dovrà scendere nelle profondità di Gotham per trovare indizi e
risolvere il mistero di una cospirazione connessa alla storia e ai
criminali di Gotham City. Nel film, tutta la Batman Rogues Gallery
sarà disponibile e attiva, molto simile a quella originale fumetti
e dei film animati. Il film presenterà più villain, poiché sono
tutti sospettati“.
Con un cast completamente nuovo di
attori e personaggi, sembra che questa sarà un’esperienza molto
diversa ambientata nel passato. Pur sapendo che Eggsy e Harry
torneranno, ora è il momento di conoscere i luoghi e i volti che
hanno dato origine a tutto:
Il film è prodotto da
Matthew Vaughn, David Reid e Adam Bohling, mentre
Mark Millar, Dave Gibbons, Stephen Marks, Claudia Vaughn e Ralph
Fiennes sono i produttori esecutivi. The
King’s Man – Le
Originiè basato
sul fumetto “The Secret Service” di Mark Millar e Dave Gibbons, il
soggetto è di Matthew Vaughn e la sceneggiatura è firmata dallo
stesso Vaughn & Karl Gajdusek.
È trapelata dal set di Ant-Man and the Wasp: Quantumania una foto di
una sedia di produzione su cui campeggia il nuovo logo del film con
Paul Rudd eEvangeline
Lilly. Il look di questo logo è decisamente
particolare e ricercato e potrebbe richiamare il personaggio di
Kang il Conquistatore, che comparirà nel film.
Il regista Edgar Wright ha espresso interesse nei
confronti del franchise di James Bond, rivelando di avere addirittura
un’idea per la storia dell’eventuale prossimo capitolo del
franchise.
Ospite del podcast Happy Sad
Confused, Wright ha rivelato di essere assolutamente
disponibile per il prossimo capitolo della saga di Bond. A tal
proposito, il regista di Ultima notte a Soho (che arriverà nelle sale italiane
dal 4 novembre) ha detto di avere già un’idea su come dovrebbe
essere il prossimo film del franchise.
Secondo Wright, i film di Bond
tendono ad essere “o cioccolato fondente o cioccolato al
latte”. Dal momento che il ciclo di film con protagonista
Daniel Craig sono etichettabili come
“cioccolato fondente” secondo il regista, è arrivato il momento di
rilanciare il franchise attraverso nuove avventure classificabili
come “cioccolato al latte”.
“Non credo che continuare nella
stessa direzione dei film con Daniel possa davvero portare a
qualcosa. Sono convinto che sarebbe molto più interessante provare
a fare qualcosa di nuovo”, ha spiegato il regista.
“Ho una mia visione per il
futuro di Bond al cinema, e se mai dovessero contattarmi per
discutere della saga, cogliere l’occasione per proporla allo
studio. Non voglio parlarne pubblicamente, ma quando leggo dei
possibili nuovi attori per il ruolo, mi sembrano tutti la versione
2.0 di Daniel Craig. Penso che sia molto meglio cambiare
direzione.”
In No Time
to Die, Bond si gode una vita tranquilla in Giamaica
dopo essersi ritirato dal servizio attivo. Il suo quieto vivere
viene però bruscamente interrotto quando Felix Leiter, un vecchio
amico ed agente della CIA, ricompare chiedendogli aiuto. La
missione per liberare uno scienziato dai suoi sequestratori si
rivela essere più insidiosa del previsto, portando Bond sulle
tracce di un misterioso villain armato di una nuova e pericolosa
tecnologia.
Creati dal leggendario fumettista
Jack Kirby alla fine degli anni ’70, gli Eterni sono sempre stati
tra gli eroi meno conosciuti del vasto catalogo di personaggi della
Marvel, fino a quando il film
Eternals non
è stato annunciato come parte integrante della Fase 4 del MCU.
Nonostante all’inizio il MCU fosse estremamente coinvolto nella
pianificazione di film riguardanti personaggi come Iron Man, Thor,
Capitan America e i Guardiani della Galassia, pare che in realtà
stesse già pianificando di introdurre, prima o poi, la razza di
immortali superpotenti al cinema.
La conclusione della Saga
dell’Infinito con Avengers:
Endgame ha aperto la strada al decollo di nuovissimi
franchise come Shang-Chi e, appunto, Eternals.
L’uscita di scena di Iron Man e Captain America ha lasciato spazio
all’introduzione di nuovi personaggi che potessero affiancare le
presenze relativamente più giovani della saga, come Doctor Strange
e Captain Marvel. Come Shang-Chi, anche Eternals ha
il potenziale necessario per rappresentare l’inizio di un nuovo
franchise del MCU.
Un nuovo libro di recente
pubblicazione, dal titolo: “The Story of Marvel Studios: The Making
of the Marvel Cinematic Universe”, fa luce sul fatto che, in
realtà, la Marvel aveva messo gli occhi su Ikaris, Thena e gli
altri Eterni da molto tempo prima che il film venisse ufficialmente
confermato. Secondo Screen
Rant, Joe Robert Cole (sceneggiatore di
Black
Panther e Black
Panther: Wakanda Forever), era stato inserito nel
programma di scrittura
della Marvel nel 2011, per aiutare a
creare storie per alcuni dei nuovi progetti dello studio. Durante i
suoi due anni trascorsi all’interno del programma, Cole ha scritto
le prime sceneggiature per Deathlok, Eternals e
Blade. Alla
fine Deathlok è stato accantonato, mentre le sceneggiature
realizzate per Eternals e
Blade non
sono più state utilizzate dalla Marvel, quando anni dopo
“ricominciò da zero” con entrambi i progetti.
Ciò dimostra che la Marvel ha sempre
visto un grandissimo potenziale nei personaggi degli Eterni,
nonostante si tratti di personaggi che non sono universalmente
conosciuti, soprattutto a chi non ha mai letto i fumetti. Eppure,
l’idea che una squadra di essere immortali potesse condividere la
Terra con gli umani da migliaia di anni ha sempre giocato un ruolo
fondamentale nella progettazione a lungo termine dei Marvel
Studios.
Eternals,
il terzo film della Fase Quattro dell’Universo Cinematografico
Marvel diretto dalla regista vincitrice dell’Academy
Award Chloé Zhao, arriverà il 3 novembre
nelle sale italiane. Il film targato Marvel
StudiosEternals presenta
un nuovo team di supereroi dell’Universo Cinematografico
Marvel: l’epica storia, che abbraccia migliaia di anni, mostra
un gruppo di eroi immortali costretti a uscire dall’ombra per
unirsi contro il più antico nemico dell’umanità, The Deviants.
Il cast del film
comprende Richard
Madden, che interpreta l’onnipotente
Ikaris; Gemma
Chan, che interpreta Sersi, amante
dell’umanità; Kumail
Nanjiani, che interpreta Kingo, dotato dei poteri del
cosmo; Lauren Ridloff, che interpreta la
velocissima Makkari; Brian Tyree Henry, che
interpreta l’intelligente inventore Phastos;Salma
Hayek, che interpreta la leader saggia e spirituale
Ajak; Lia McHugh, che interpreta Sprite,
eternamente giovane e al tempo stesso piena di
saggezza; Don Lee, che interpreta il
potente Gilgamesh; Barry Keoghan, che interpreta il solitario
Druig; e Angelina
Jolie, che veste i panni dell’impetuosa guerriera
Thena.Kit
Harington interpreta Dane Whitman.