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Prometheus, la spiegazione del finale: Come è nato il primo Xenomorfo?

Oltre trent’anni dopo l’uscita di Alien del 1979, il regista Ridley Scott è tornato al franchise con Prometheus del 2012. Servendo da prequel con numerosi easter eggs che collegano il film ai suoi predecessori, Prometheus si proponeva di offrire molto di più di una semplice storia delle origini degli iconici Xenomorfi. Con Noomi Rapace nel ruolo di Elizabeth Shaw e Logan Marshall-Green in quello di Charlie Holloway, due ambiziosi archeologi impegnati a rintracciare gli indizi presumibilmente lasciati dagli antenati dell’umanità, Prometheus (qui la recensione) è completato dalla severa e avara Meredith Vickers (Charlize Theron), dal Capitano Janek (Idris Elba) e dalla minacciosa e convincente interpretazione dell’androide David da parte di Michael Fassbender.

Dopo Alien: Covenant, sequel di Prometheus e altro prequel di Alien, c’è molto da raccontare del primo di questo universo cinematografico. Alien: Romulus (la nostra recensione), che arriverà nelle sale questo mese, è ambientato tra gli eventi di Alien e Aliens, allontanandosi dalla storia dell’era prequel di Scott. Prima di allontanarci troppo dai tumulti e dalle rivelazioni delle origini del franchise, analizziamo il culmine della spedizione di Prometheus in un settore remoto, dove l’equipaggio condannato si è recato per incontrare il proprio creatore e ha incontrato qualcosa di molto più devastante.

Di cosa parla Prometheus?

Noomi Rapace Michael Fassbender e Logan Marshall-Green in Prometheus (2012)
Foto di Kerry Brown – © 2011 Twentieth Century Fox Film Corporation. All rights reserved.

Ambientato principalmente nel 2093, quasi trent’anni prima degli eventi di Alien, Prometheus è incentrato su una spedizione guidata da Shaw e Holloway. In viaggio verso una luna lontana chiamata LV-223, un’impresa finanziata da Peter Weyland (Guy Pearce), l’equipaggio disarticolato della nave Prometheus viene risvegliato dal criosonno senza conoscere lo scopo della loro missione. Al risveglio, l’equipaggio viene informato del suo obiettivo: seguire gli indizi sospetti lasciati sulla Terra da una specie che Shaw e Holloway ritengono essere i creatori dell’umanità. Hanno scelto di chiamarli gli Ingegneri e Weyland vuole che i suoi ultimi momenti di vita siano di fronte ai suoi creatori. Weyland viene creduto morto, ma viene nascosto sulla nave mentre Vickers, sua figlia, agisce al suo posto. L’equipaggio fa quello che inspiegabilmente fanno tutti i gruppi di fantascienza: si imbarca prontamente per esplorare un’astronave aliena, togliendosi i caschi e andando incontro, disarmato, a qualsiasi terrore indicibile si trovi davanti.

L’equipaggio trova ciò che voleva e ne paga le conseguenze

Nonostante il successo tecnico, in quanto l’obiettivo era quello di incontrare i loro presunti creatori, la missione si è rapidamente inasprita. L’astronave abbandonata incontrata nell’ Alien originale, che conteneva quello che si presumeva essere un membro di una specie aliena chiamata Space Jockey, si è rivelata in Prometheus appartenere alla flotta dell’Ingegnere. L’esoscheletro dello Space Jockey, che abbiamo visto meglio in Prometheus, era in realtà una tuta, al cui interno c’erano gli Ingegneri.

Gli elementi difensivi della nave degli Ingegneri avevano fatto un lavoro rapido sull’equipaggio. Un alieno simile a un serpente ha ucciso Millburn (Rafe Spall) e, dopo aver usato i suoi escrementi per sciogliere la visiera del suo elmetto, Fifield (Sean Harris) è finito di faccia in una pozza del misterioso liquido nero. Qualunque proprietà contenga, Fifield si trasforma in una mutazione aggressiva e rabbiosa, che fa strage di diversi membri dell’equipaggio. David, sempre curioso e sospettosamente privo di empatia, sperimenta il liquido nero versandone una goccia nel bicchiere di Holloway. Dopo averlo bevuto, Holloway e Shaw hanno avuto un rapporto sessuale e Holloway è stato presto sopraffatto da grotteschi effetti collaterali che lo hanno indotto a implorare di essere ucciso, risparmiando all’equipaggio la contaminazione e qualsiasi cambiamento lo stesse avvolgendo. Vickers si attiene, bruciandolo vivo.

Prometheus film-cast

Il rapporto sessuale tra Holloway e Shaw si rivelerà sinistro, con il liquido nero che si insinua in Shaw e la impregna di un corpo estraneo di qualche tipo. Quel corpo cresce e Shaw deve farlo rimuovere chirurgicamente dall’addome prima che la uccida. La creatura che si è formata si agita con tentacoli tentacolari e Shaw la intrappola nella sala medica prima di fuggire e tornare alla nave dell’Ingegnere. Lì, David e Weyland liberano l’unico Ingegnere sopravvissuto dal suo sonno da Space Jockey e cercano di comunicare con lui. Contrariamente alle loro aspettative, l’Ingegnere decapita David e uccide Weyland.

Prometheus si conclude facendo precipitare il film nel franchise di Alien

Sebbene sia ovvio fin dall’inizio, Prometheus non ha mai giocato appieno il suo ruolo di prequel di Alien fino all’ultima parte del film. Ai membri dell’equipaggio sopravvissuti appare chiaro che questa luna non è la casa dell’Ingegnere, ma un’installazione militare. Il misterioso liquido nero è un’arma biologica e, in base agli schermi olografici nell’hangar dell’Ingegnere, la nave ha la rotta impostata per la Terra. L’Ingegnere risvegliato sta riavviando la nave e riprende la sua missione originale, vanificata secoli prima quando l’arma biologica è accidentalmente fuoriuscita e ha devastato l’equipaggio dell’Ingegnere. Sembra che considerino la loro creazione dell’umanità come un errore e mirano a spazzarla via. Shaw lo comunica al capitano Janek. Se non fermano la nave degli Ingegneri in partenza, questa si dirigerà verso la Terra ed eliminerà l’umanità. In un atto finale di autosacrificio, Janek e i restanti membri dell’equipaggio fanno schiantare il Prometheus contro la nave degli Ingegneri, facendosi esplodere e facendo precipitare entrambe le navi al suolo.

alien prometheus_born

La nave in caduta schiaccia Vickers durante la discesa e Shaw si dirige verso la sala medica, l’unica capsula di salvataggio rimasta. Tuttavia, l’Ingegnere sopravvive ed entra nella capsula prima che Shaw possa uscire. Quando l’Ingegnere attacca Shaw, rilascia l’organismo recentemente estratto dal suo addome, che è cresciuto in modo esponenziale. La gigantesca creatura, simile a un face-hugger, supera l’Ingegnere e gli inietta qualcosa nella bocca, uccidendolo. Alla fine del film, un momento di stinger mostra un alieno simile a uno Xenomorfo che emerge dal cadavere dell’Ingegnere, un primo predecessore dell’antagonista del franchise.

Il finale di “Prometheus” prepara una storia per un sequel che probabilmente non vedremo mai

Prima di introdurre la prima creatura simile a uno Xenomorfo, emersa dai resti dell’Ingegnere, i momenti finali del film si sono mossi per impostare un sequel che probabilmente non vedremo mai. Shaw recupera la testa decapitata di David, ancora cosciente, e conferma che sarà in grado di pilotare una delle navi militari dell’Ingegnere. Il film si conclude con Shaw e David che non tornano sulla Terra, ma si mettono alla ricerca del mondo natale degli Ingegneri. Questa volta, dopo una perdita quasi totale, Shaw vuole affrontare davvero i suoi creatori e scoprire cosa li ha delusi così tanto da far loro ritenere l’umanità inadatta a continuare.

Tuttavia, il sequel prefigurato non è mai stato realizzato. Alien: Covenant ha ucciso Shaw fuori campo, relegandola alla sperimentazione di David. Gli Ingegneri rimasti vengono spazzati via in una breve sequenza di flashback e un equipaggio completamente nuovo di spacefarer affronta David e le razze di Xenomorfi in erba. Gettando via un arco potenzialmente ampio, l’obiettivo di Shaw (e, per procura, dell’intero equipaggio di Prometheus) di incontrare i creatori è stato vanificato. Ridley Scott aveva indubbiamente in mente una visione ampia e non ha mostrato alcun segno di ritrosia nel divulgare quanto più possibile della storia di Alien. Da tempo i fan si chiedono quanto sia profondo il rapporto dell’Ingegnere con l’umanità. In Prometheus, la decisione dell’Ingegnere di cancellare la propria creazione è come la scossa di Etch-A-Sketch. Avevano un’idea in mente, hanno giocato con la creazione e hanno deciso di cancellarla quando non sono stati soddisfatti del risultato. Pensate a questo come se foste un regista che continua un franchise ignorando che Alien vs Predator è mai esistito.

Shaw aveva un disperato bisogno di sapere perché gli Ingegneri avessero cambiato idea. In origine, Scott sembra aver avuto una risposta più approfondita alle domande di Shaw, rivelando che il sequel di Prometheus era stato pensato proprio per questo. In un’intervista del 2012 a Movies.com, è stato chiesto a Scott se le fasi di progettazione della storia fossero orientate a offrire origini più definitive. “Beh, fin dall’inizio ho lavorato su una premessa che si prestava a un sequel. Non voglio davvero incontrare Dio nel primo. Voglio lasciare la possibilità che [Shaw] dica: ‘Non voglio tornare da dove sono venuto io. Voglio andare da dove sono venuti loro’”. Scott ha poi descritto gli Ingegneri come “fottuti aggressivi” che hanno mostrato un’innegabile genialità nelle loro creazioni, nonostante alla fine abbiano deciso la loro rovina. Almeno questo aspetto – i mezzi di distruzione che hanno creato per compiere la loro ira – è stato approfondito in modo abbastanza soddisfacente.

La saga di “Alien” continua, lasciando probabilmente Prometheus nel passato

È un peccato che la narrazione originale sia stata in qualche modo abbandonata. Dite quello che volete sul fatto di svelare troppo il mistero o di estendersi troppo nella storia secondaria; Prometheus esiste lo stesso e ha gettato le basi per un ricco pozzo di storia che potrebbe non essere mai più toccato. Scott ha ammesso di aver sperato che seguissero il filo del discorso, “… perché certamente mi piacerebbe farne un altro”, ha detto nella stessa intervista. “Mi piacerebbe esplorare dove diavolo [Shaw] andrà dopo, e cosa farà quando ci arriverà? Perché se è il paradiso, il paradiso non può essere quello che si pensa che sia”. Il film inizia a virare verso implicazioni bibliche, con l’idea dei creatori che covano la delusione e si muovono verso la conseguente punizione.

Una prima versione della sceneggiatura di Prometheus riteneva addirittura che Gesù Cristo fosse un Ingegnere e che l’ideazione dell’arma biologica per spazzare via l’umanità fosse una risposta alla crocifissione. Ma si decise che era “un po’ troppo esagerato”. Immaginatevi di essere seduti in un cinema nel 1979, a guardare Alien per la prima volta, e di cercare di prevedere un’idea così azzardata mentre Sigourney Weaver si divincolava da Ian Holm. L’idea che Ash fosse un androide era già abbastanza pesante senza dover immaginare che tutto avesse inizio nel Nuovo Testamento.

Non è dato sapere dove potranno spingersi le future iterazioni di Alien, ma i prossimi progetti del franchise si sono allontanati dalla linea guida di Prometheus e Alien: Covenant. Alien: Earth, la prossima serie di FX, si svolgerà circa tre decenni prima del film originale. Ciò la collocherebbe cronologicamente quasi esattamente nell’orbita di Prometheus. Fisicamente non potrebbero essere più distanti; come suggerisce il nome, la trama della serie sarà incentrata sulla Terra. L’equipaggio della Prometheus ha dovuto entrare in criosonno per sopportare l’immane distanza che li separa dal pianeta. Tuttavia, questo dà almeno un briciolo di speranza che la storia degli Ingegneri come creatori disprezzati o pentiti possa essere sfruttata ancora una volta, ma, a prescindere, c’è molto spazio per piangere la perdita di Shaw e del potenziale degli Ingegneri. Se la sperimentazione di David era il suo destino inevitabile, non poteva almeno rimanere nei paraggi ancora per un po’? Lasciarle decifrare le intenzioni dell’Ingegnere prima di soccombere a quelle di David. Non per sconfinare nella fanfiction, ma David avrebbe potuto trasformare Shaw nella Regina Xenomorfa che incontriamo in Aliens. Questo è uno sproloquio per un’altra volta.

Yvonne McGuinness: 10 cose che non sai di lei

Yvonne McGuinness: 10 cose che non sai di lei

A differenza di molte celebrità impegnate in relazioni con personaggi altrettanto noti, vi è anche chi ha trovato il proprio amore lontano dal mondo dello spettacolo. Sono infatti diversi gli attori e le attrici fidanzati o sposati con personalità poco o per nulla note al grande pubblico. Uno di questi è Cillian Murphy, il quale è da tempo accompagnato da Yvonne McGuinness, artista visuale distintasi in diversi campi ma nota per la sua riservatezza.

Ecco 10 cose che non sai di Yvonne McGuinness.

Yvonne McGuinness e Cillian Murphy

1. È sposata con un noto attore. Yvonne McGuinness è nota in particolare per essere la moglie dell’attore Cillian Murphy, celebre per i film 28 giorni dopo, Il cavaliere oscuro, Breakfast on Pluto, Inception e per la serie Peaky Blinders, dove interpreta Thomas Shelby. Dopo un lungo periodo insieme, i due si sono poi sposati nel 2004, con una cerimonia svoltasi nella vigna in Francia del padre di lei. Come noto, i due non amano rivelare molto della loro vita privata, mantenendo un certo riserbo.

2. Si sono conosciuti ad un concerto. Prima di intraprendere la carriera nel mondo del cinema e della televisione, Murphy si era dedicato alla musica, cantando e suonando il basso in alcune band di genere alternative rock. Proprio durante un suo piccolo concerto, nel 1996, conobbe Yvonne, della quale si innamorò subito. I due intrapresero dunque da quel momento la loro relazione, la quale dura con successo ancora oggi.

3. Hanno due figli. Dopo essersi sposati nel 2004, Murphy e la McGuinness hanno continuato a costruire la loro famiglia, dando vita a due figli. Il primo, Malachy, è nato nel dicembre del 2005, mentre il secondo, Aran, è nato nel luglio del 2007. Nei confronti dei due bambini, i due coniugi sono sempre stati particolarmente protettivi, evitando che la loro celebrità potesse portare ad una sovraesposizione mediatica dei figli. La coppia cerca infatti di farli crescere nel modo più normale e distante dalla celebrità possibile.

Yvonne McGuinness e la sua arte

4. Si è laureata in arti visive. Dopo aver completato gli studi di base nella sua città natale, Yvonne McGuinness si è iscritta al Crawford College di Cork, dove ha conseguito una laurea in lettere. Dopo la laurea, ha poi proseguito gli studi al Royal College of Arts di Londra, dove ha conseguito un Master in arti visive, laureandosi nel 2002. Una volta completati gli studi, ha iniziato ad organizzare le sue prime mostre d’arte nel Regno Unito e altrove. In particolare, ha lanciato con successo la sua prima mostra d’arte dal titolo “Veicolo” nel 2005, la quale si è tenuta in una biblioteca mobile a Cork.

5. Con le sue videoinstallazioni si occupa di temi molto importanti. Formandosi in questo ambito, la McGuinness ha sempre più indirizzato la sua ricerca artistica sulla rappresentazione dei temi dell’Io e dell’inganno, affrontando il sublimato desiderio di autoespressione dell’autore come anche della tensione tra rivelazione e occultamento. Opera dopo opera, l’artista affronta sempre nuovi aspetti di tali argomenti, dando dunque vita ad un vero e proprio percorso autoriale.

I film di Yvonne McGuinness

6. Ha diretto alcuni cortometraggi. Oltre ad interessarsi di videoarte, la McGuinness si è cimentata anche nella regia dando vita ad alcuni cortometraggi da lei anche scritti. Si tratta di This is between us, risalente al 2011, e Charlie’s Place e Procession, entrambi realizzati nel 2012. Non è noto se l’artista intende continuare questo percorso, cimentandosi magari con opere di carattere cinematografico o televisivo. Ad oggi, infatti, questo non risulta essere nei suoi piani.

Yvonne McGuinnes Cillian Murphy

Yvonne McGuinness è su Instagram

7.Ha un profilo privato. Yvonne McGuinness è presente sul social network Instagram con un profilo privato e non verificato chiamato @ymgprojects. Questo, che vanta appena 118 follower e 84 post, contiene principalmente informazioni relative all’attività artistica della McGuinness. Non vi sono dettagli relativi alla sua vita di coppia e il fatto di voler tenere il profilo privato è ulteriormente indice del suo volere rimanere lontana dalla celebrità.

8. Attraverso il profilo è possibile risalire al suo sito. Nella descrizione del suo profilo Instagram, la McGuinness riporta semplicemente il link al suo sito ufficiale. In questo è possibile ritrovare un elenco fotografico delle videoinstallazioni da lei realizzate, ognuna con la propria personale e accurata descrizione. Grazie a questo sito e alle informazioni sul profilo Instagram, sarà dunque possibile sapere sempre tutto sull’attività dell’artista.

Yvonne McGuinness e John J. McGuinness

9. È nipote di un noto politico. Yvonne McGuinness è la nipote del noto politico irlandese John McGuinness, facente parte del partito Fianna Fáil, ovvero il partito repubblicano e conservatore dell’Irlanda, con tendenze di centro-destra. John McGuinness è stato nominato presidente della commissione per le finanze, la spesa pubblica e la riforma e del Taoiseach nell’aprile 2016. Ha poi ricoperto la carica di presidente della commissione per i conti pubblici dal 2011 al 2016 e di ministro di Stato dal 2007 al 2009.

Yvonne McGuinness: età e altezza

10. Yvonne McGuinness è nata Kilkenny, città della Repubblica d’Irlanda e ora con sede a Monkstown, nella conte di Dublino. La sua altezza complessiva è pari a 167 centimetri.

Logan – The Wolverine, la spiegazione del finale: La fine del Wolverine di Hugh Jackman…

Il franchise cinematografico degli X-Men ha subito un enorme sconvolgimento nel 2017 con l’uscita di Logan – The Wolverine. Non solo è ancora considerato il punto più alto dell’interpretazione degli eroi mutanti da parte della 20th Century Fox, ma ha anche segnato l’ ultima volta di Hugh Jackman nel ruolo di Wolverine, almeno per un po’. Logan ha anche riunito Jackman con James Mangold, che aveva diretto il precedente film incentrato su Logan, The Wolverine , nel 2013. Mangold non ha usato mezzi termini, avendo fissato un rating hard-R e ridimensionando la posta in gioco da “fine del mondo” a “profondamente personale”.

Ambientato in un futuro lontano, Logan vede il suo protagonista guadagnarsi da vivere come autista di limousine e allo stesso tempo prendersi cura dell’anziano Charles Xavier (Patrick Stewart). Ma alla loro porta si presenta una ragazza di nome Laura, nota anche come “X-23” (Dafne Keen), che ha capacità mutanti simili a quelle di Logan. Logan, Laura e Xavier sono in fuga da Transigen, la società che ha creato Laura e che la rivuole con ogni mezzo. A complicare le cose c’è il fatto che il fattore di guarigione di Logan comincia a diminuire.

Logan rivela che il Professor X ha accidentalmente ucciso gli X-Men

Hugh Jackman and Stephen Merchant in Logan - The Wolverine (2017)
Foto di Photo Credit: Ben Rothstein – © 2017 Marvel. TM and © 2017 Twentieth Century Fox Film Corporation.

L’apparizione di Laura è un fatto importante, poiché prima degli eventi di Logan, gli X-Men erano stati praticamente spazzati via e non erano nati nuovi mutanti da 25 anni. All’inizio si lascia intendere che Logan potrebbe aver ucciso gli X-Men, il che sarebbe un cenno a Old Man Logan di Mark Millar e Steve McNiven. In quella storia a fumetti, il maestro dell’illusione Mysterio ha ingannato Wolverine per fargli uccidere gli X-Men, portando il canadese artigliato ad abbandonare la violenza. Logan compie una svolta epocale e rivela che Xavier ha accidentalmente causato la morte degli X-Men: soffre di demenza senile e i suoi poteri telepatici vanno in tilt, provocando crisi distruttive che colpiscono tutti coloro che lo circondano. Il fatto che il mentore degli X-Men sia la causa della loro caduta è un esempio di come Logan faccia leva sulle corde del cuore del pubblico.

Wolverine muore da eroe in Logan

Lo scienziato capo di Transigen, il dottor Zander Rice (Richard E. Grant), finisce per liberare un clone più giovane e selvaggio di Logan chiamato X-24 per catturare Laura. X-24 uccide Xavier e successivamente ferisce mortalmente Logan impalandolo su un albero. Alla fine, Laura uccide il clone usando un proiettile di adamantio che Logan aveva tenuto con sé ed è al suo fianco quando muore. In punto di morte, Logan dice a Laura: “Non essere come ti hanno fatto”. Dopo aver seppellito Logan, Laura gira la croce sulla sua tomba di lato per formare una “X”, onorando la sua eredità come uno degli X-Men.

Cosa succede a Laura in Logan?

Hugh Jackman e Dafne Keen in Logan - The Wolverine (2017)
Foto di Photo Credit: Ben Rothstein – © 2017 Marvel. TM and © 2017 Twentieth Century Fox Film Corporation.

Laura crede che Logan e Xavier la stiano portando a “Eden”, un santuario per mutanti che si trova al confine tra Canada e America. Tuttavia, Logan scopre che Laura ha preso questa idea da un fumetto, il che porta a una delle battute più cupamente ironiche dell’intero film: “Forse un quarto di tutto questo è accaduto, e niente di tutto questo”. Eden è un luogo reale, anche se non è quello che Logan o Laura si aspettavano inizialmente; è una comunità di giovani mutanti, che sono stati geneticamente modificati come Laura ma sono sfuggiti a Transigen. Uno di questi mutanti è Julio Richter (Jason Genao), che la maggior parte dei fan dei fumetti conosce come il mutante manipolatore della Terra Rictor. Rictor e gli altri mutanti di Eden sono in grado di usare i loro poteri per uccidere Donald Pierce (Boyd Holbrook), il capo dei cacciatori di mutanti di Rice, e accompagnano Laura dopo aver seppellito Logan.

Diverse versioni del Wolverine di Jackman e del Professor X di Stewart appaiono nel MCU

Sebbene Logan fosse stato presentato come la fine del percorso per Jackman e Stewart, entrambi gli attori hanno finito per interpretare versioni diverse dei loro personaggi nel Marvel Cinematic Universe. Stewart ha interpretato una versione del Professor Xavier in Doctor Strange nel Multiverso della Follia; questa versione del personaggio faceva parte della società segreta di supereroi nota come Illuminati e sfoggiava persino la stessa sedia a rotelle gialla della sua controparte dei fumetti. Ma non se la cava molto meglio dello Xavier precedente, poiché Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen) lo uccide.

Jackman ha un ruolo simile in Deadpool & Wolverine, in quanto interpreta una versione di Wolverine che ritiene di aver “deluso il suo intero mondo” dopo aver fallito nel salvare gli X-Men. Deadpool & Wolverine rende anche omaggio a Logan, sia in modo umoristico con Deadpool (Wade Wilson) che dissotterra lo scheletro di Logan e lo usa come arma, sia in modo emotivo quando il duo incontra Laura nel Vuoto. La Keen riprende persino il suo ruolo e ha recentemente confermato che la sua Laura è cresciuta dopo gli eventi di Logan. È una testimonianza dell’impatto di Logan il fatto che il ritorno della Keen sia celebrato come una delle parti migliori del film e serve a ricordare in modo agrodolce che avrebbe potuto dirigere un film tutto suo prima della fusione Fox/Disney. Tuttavia, per quanto riguarda gli addii dei supereroi, Logan rimane ineguagliato.

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House of the Dragon: chi è Sharako Lohar, il nuovo personaggio della serie

Mentre tutti nei Sette Regni erano impegnati a fare scelte più o meno disperate a destra e a manca nel finale della seconda stagione di House of the Dragon, Lord Tyland Lannister era apparentemente impegnato in una piccola missione secondaria a Essos con Sharako Lohar.

Con i Verdi che decidono di allearsi con la Triarchia, un’alleanza delle Città Libere Myr, Lys e Tyrosh, per rompere il blocco di Velaryon sulla Gola e, si spera, porre fine alla carestia che sta attualmente devastando Approdo del Re, ha senso che i negoziati siano condotti dal Maestro della Flotta di Aegon II.

Mentre la sottotrama di Lord Tyland in questo episodio sembrava un po’ scollegata dal resto della storia, il suo colpo finale lo riporta nel cuore della Danza, salpando verso Westeros a capo di una flotta enorme che sicuramente darà ai Neri qualche pensiero (e i lettori di Fuoco e Sangue sanno quanto). E accanto a Tyland c’è un nuovo personaggio che è stato introdotto proprio alla fine della stagione ma che sicuramente avrà una parte considerevole in futuro, e non è altri che l’ammiraglio Sharako Lohar.

Quindi chi è l’ammiraglio Lohar?

L’ammiraglio di Lysene Sharako Lohar era presente anche in Fuoco e Sangue, dove comandava una flotta di novanta navi da guerra, che avrebbero avuto un ruolo importante nella Danza dei Draghi e soprattutto in quella che sarebbe stata ricordata come una delle battaglie navali più sanguinose di tutta la storia di Westeros.

Il destino di Lohar è intrecciato con due dei figli di Rhaenyra. Non è solo Jace, che muore insieme al suo drago Vermax durante la Battaglia della Gola, ma anche il piccolo Viserys, il più giovane dei figli della Regina. Sharako Lohar cattura il giovane principe come suo prigioniero, ma lo vende rapidamente al magister di Lysene Bambarro Bazanne quando le sue fortune cambiano nel momento in cui la Triarchia si frantuma negli anni successivi alla battaglia della Gola, in cambio del peso in oro del principe. Da Bambarro, Viserys passerà nelle mani del favolosamente ricco banchiere Lisandro Rogare, la cui figlia, Larra, Viserys alla fine sposerà e avrà tre figli con lei prima di tornare a Westeros, dove tutti lo davano per morto.

Chi è l’ammiraglio Lohar nella serie?

Nella serie, Lohar è interpretata dall’attrice britannica Abigail Thorn, e il personaggio è leggermente modificato per essere una donna che occupa un posto nella società solitamente riservato agli uomini, confondendo un po’ i ruoli di genere. Lohar è molto rispettata dai suoi capitani e soldati, e quindi mette davvero Tyland alla prova, ovvero una sessione di combattimento nella più viscida pozza di fango mai vista in televisione, prima di accettare di salpare in suo aiuto.

Parte del personaggio di Lohar nella serie è stata anche influenzata da un’altra figura minore del libro, il capitano Tyroshi Racallio Ryndoon, che ha anche combattuto per la Triarchia durante la Guerra per i figliastri, la Danza e la successiva Guerra delle figlie dopo il crollo dell’alleanza. Notoriamente amante del vestirsi come una donna, Racallio aveva anche una dozzina di mogli, qualcosa che ha anche Lahar, considerando che chiede a Tyland di fare sesso con loro in modo che possano avere figli forti. La proposta è molto simile a quella che Racallio farà dopo la Danza a un altro personaggio che per ora rimarrà senza nome.

I draghi più forti di Game of Thrones e di House of The Dragon, in ordine di importanza

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Già solo dal titolo, ci si aspetta che la serie HBO House of The Dragon sia ricca di bestie volanti sputafuoco… e di certo lo è. La serie è incentrata sulla sanguinosa guerra civile tra i membri della famiglia reale Targaryen, nota come Danza dei Draghi, e nel corso delle prime due stagioni dello show, praticamente tutti combattono in cima a enormi e pericolosi draghi, ognuno dei quali risponde solo al proprio cavaliere giurato. A volte, a dire il vero, può essere difficile distinguere tutte queste massicce armi nucleari occidentali, per non parlare dei tre draghi cavalcati dalla Daenerys Targaryen di Emilia Clarke nella serie originale di Game of Thrones.

House of The Dragon inizia la sua storia quasi 200 anni prima della nascita di Daenerys e offre al pubblico un numero di draghi decisamente superiore a quello della serie che ha dato il via alla storia; tuttavia, ci si potrebbe chiedere: quanto sono potenti i draghi in questa narrazione e qual è il più potente? Dai tre destrieri di Daenerys che hanno fatto il loro debutto in Game of Thrones fino ai potenti draghi visti in House of The Dragon, ecco cinque delle bestie alate più forti di tutto il Westeros, classificate.

Viserion & Rhaegal

Viserion & Rhaegal

House of The Dragon potrebbe ospitare un numero maggiore di draghi rispetto a “Game of Thrones”, ma questo non significa che i tre draghi di “Game of Thrones” non fossero incredibilmente forti. Torneremo su Drogon, il più grande dei tre, più avanti, ma per ora diamo un’occhiata a Viserion e Rhaegal, i draghi dorati e verdi (rispettivamente) che si schiudono insieme al loro fratello rosso Drogon dopo che Daenerys ha portato tre uova di drago apparentemente dormienti nel fuoco. Quando risorge dalle ceneri, i tre draghi sono minuscoli e hanno bisogno di protezione, ma crescono molto rapidamente… e anche se Drogon è più potente dei suoi fratelli, loro non sono esattamente dei fannulloni.

Sfortunatamente, Viserion e Rhaegal finiscono rinchiusi nelle viscere di Mereen dopo che le abitudini di caccia di Drogon causano la morte di un bambino sotto la sorveglianza di Daenerys, ma quando emergono si dimostrano formidabili perché la loro “madre” Daenerys li affianca su Drogon. Viserion riceve un tragico aumento del suo potere complessivo alla fine della settima stagione dello show, quando viene ucciso e poi rinasce per mano del Night King, che lo trasforma in un drago di ghiaccio zombie abbastanza potente da aprire un varco nella Barriera che protegge i Sette Regni dall’estremo Nord. Per quanto riguarda la morte stranamente improvvisa di Rhaegal (ucciso da un colpo di scorpione sparato dall’Euron Greyjoy di Pilou Asbæk nell’ottava stagione), ciò non è tanto indicativo della sua potenza complessiva quanto del fatto che gli showrunner avevano fretta.

Caraxes

Daemon Caraxes House of the Dragon

Con un soprannome come “Wyrm del sangue”, probabilmente non sorprende che Caraxes, il destriero cavalcato dal principe Daemon Targaryen (Matt Smith) in House of The Dragon, sia entrato in questa lista. Caraxes, un drago decisamente massiccio e con molte esperienze di battaglia, è stato precedentemente cavalcato dal principe Aemon Targaryen (figlio del re Jaehaerys I Targaryen e della regina Alysanne Targaryen), il che significa che quando Daemon è salito in sella, Caraxes era già piuttosto formidabile.

All’inizio di House of The Dragon, Daemon va in guerra per suo fratello Re Viserys I Targaryen (Paddy Considine) in una zona marittima contesa nota come le Pietre dei Passi, e lo show fa di tutto per mostrare momenti in cui Daemon e il suo drago lavorano in tandem per annientare assolutamente i loro nemici. In “Fuoco e sangue”, il materiale di partenza scritto da George R.R. Martin, l’autore nota che Daemon e sua nipote-moglie Rhaenyra Targaryen (Emma D’Arcy nella serie) hanno entrambi draghi potenti, ma che Caraxes non è esattamente un principiante quando si tratta di guerra: “Caraxes, in particolare, era temibile e non era nuovo al sangue e al fuoco dopo le Pietre del Passo”. Non solo Daemon e Caraxes sono due combattenti leggendari, ma sono anche spietati e crudeli quando si tratta di combattere; con il proseguimento di “House of the Dragon”, probabilmente vedremo di più sull’abilità di Caraxes nel combattimento.

Vermithor

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La prima apparizione di Vermithor in House of The Dragon è stata una breve puntata del finale della Stagione 1, ma ha sicuramente lasciato il segno… ed è importante sapere quanto sia potente questa bestia. In quell’episodio, “La Regina Nera”, Daemon si reca nelle profondità più oscure di Roccia del Drago, dove lui e la Squadra Nera di Rhaenyra hanno preso dimora, e inizia a cantare una misteriosa canzone nell’antica lingua dell’Alto Valyriano. Mentre lo fa, un drago massiccio emerge dalle tenebre e si avvicina a Daemon in un modo non particolarmente amichevole… ma non significa che il drago attacchi mentre Daemon lo affronta. Questo è importante, perché Vermithor, che è nato quando Re Jaehaerys I era in vita e da allora è rimasto ibernato sotto Roccia del Drago, è incredibilmente vecchio e forte.

Questo ci porta alla seconda stagione, quando Rhaenyra mette alla prova alcuni potenziali cavalieri dei draghi vicino alla tana di Vermithor sotto Roccia del Drago… e il drago arriva giusto in tempo per fare un barbecue ad alcuni malcapitati. Quando gli viene presentato Hugh Hammer (Kieran Bew) – che si dice sia il figlio a lungo perduto della principessa Saera Targaryen, una delle tante figlie di Jaehaerys I – Vermithor trova il suo prossimo cavaliere, il che significa sicuramente che vedremo più potenza di Vermithor quando arriverà la terza stagione.

Drogon

Drogon

Non si può stilare una classifica dei draghi più forti di Game of Thrones e House of The Dragon senza includere il destriero più grande e distruttivo di Daenerys Targaryen, Drogon. Chiamato così in onore del suo defunto marito Khal Drogo (Jason Momoa), Drogon è chiaramente il drago preferito di Daenerys, visto che lo cavalca più spesso; è anche l’unico a sopravvivere fino alla fine della serie dopo che i suoi fratelli Rhaegal e Viserion sono stati abbattuti dai già citati cattivi Euron Greyjoy e il Re della Notte.

Drogon è un ariete assoluto, soprattutto con Daenerys a cavalcarlo: certo, la sua tendenza ad appiccare il fuoco prima e a fare domande poi le si ritorce contro in modo piuttosto spiacevole quando saccheggia Approdo del Re anche dopo che si è arreso, ma per la maggior parte di “Game of Thrones”, non c’è dubbio che i fan si siano divertiti a vedere Drogon e Daenerys decimare i loro nemici. (Un giovane Drogon che dà fuoco a un malvagio padrone di schiavi, al comando di Daenerys, durante la terza stagione, è certamente uno dei momenti più belli della serie). È innegabile che Drogon abbia una notevole potenza di fuoco letterale, e in effetti nella serie si arriva a un punto in cui inizia a sembrare un “deus ex drago”… ma ancora una volta, non si può parlare di draghi super-forti senza menzionare Drogon.

Vhagar

Vhagar in House of the Dragon

Ci dispiace, Drogon. C’è solo un drago che può essere in cima a questa lista, ed è Vhagar, descritto in modo lusinghiero come una “vecchia b*tch” da Daemon all’inizio della seconda stagione della House of The Dragon. Uno dei draghi più antichi visti nellaHouse of The Dragono in “Game of Thrones”, Vhagar fu cavalcata per la prima volta da Visenya Targaryen, regina di Aegon il Conquistatore, e quando la vediamo nella prima stagione di House of The Dragon, appartiene a Lady Laena Velaryon (Nanna Blondell). Purtroppo, quando Laena ha delle complicazioni durante il parto, decide di voler morire come cavaliere del drago invece che nella sua sala parto e si auto-immola con l’aiuto di Vhagar; dopo di che, il drago dovrebbe passare alla figlia maggiore. Ma la situazione non si risolve.

In realtà, il giovane principe Aemond Targaryen (Leo Ashton) sale su Vhagar e la doma, rubandola di fatto. Per questo perde un occhio dopo una colluttazione tra i figli dei Targaryen e dei Velaryon, ma Aemond pensa che ne valga la pena… come dice a sua madre Alicent Hightower (Olivia Cooke), ha perso un occhio ma ha guadagnato un drago. Da adulto, Aemond – ora interpretato da Ewan Mitchell – usa Vhagar come arma di distruzione di massa, uccidendo con la bestia suo nipote Lucerys Velaryon (Elliot Grihault) e sua zia, la principessa Rhaenys Targaryen (Eve Best), insieme ai rispettivi draghi. Vhagar è, senza dubbio, il drago più forte che abbiamo visto in entrambe le serie ambientate a Westeros.

The Fantastic Four: First Steps, 5 cose che il costume del MCU trapelato potrebbe suggerire, rivelare o confermare

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Le riprese di The Fantastic Four: First Steps continuano a ritmo serrato e i fan presenti alla presentazione dei Marvel Studios al D23 hanno potuto dare un’emozionante prima occhiata alla prima famiglia Marvel sul set. Ancora meglio: Joseph Quinn era in costume, indossando quella che sembra essere la supertuta di Johnny Storm durante la clip.

Questo è il primo sguardo che il pubblico ha avuto sull’uniforme che i personaggi probabilmente indosseranno mentre combattono il male e usano le loro abilità date dai raggi cosmici per rendere il mondo un posto migliore. Si noti che Quinn è l’unico a indossarla, quindi non si sa se i suoi compagni di squadra sullo schermo indosseranno lo stesso abbigliamento, se ha un significato speciale nel film o perché era l’unica persona a indossarla. Anche se questo non è stato confermato ufficialmente come il design finale della squadra che i fan vedranno sullo schermo, e l’abbigliamento di Quinn potrebbe essere stato solo un uovo di Pasqua destinato a stimolare la conversazione e l’eccitazione, possiamo dedurre alcune cose dall’abbigliamento e da ciò che potrebbe rivelare – o nascondere. Ecco cosa si può dedurre o prevedere dai suoi nuovi abiti.

La missione è ancora tutta da svolgere

Cosa si può dedurre dal costume sfoggiato da Joseph Quinn per The Fantastic Four: First Steps? Uno di questi è che si basa su una combinazione di molti costumi della squadra già indossati in passato: blu medio, con strisce bianche sulle spalle, accenti argentati e neri e il logo della squadra al centro del petto. In particolare, riflettono per lo più l’aspetto della squadra durante gli anni in cui John Byrne ha guidato la serie, ovvero negli anni Ottanta. Da quale fonte provengono tutti questi costumi? Dagli abiti che gli astronauti indossavano realmente negli anni ’60 durante i primi voli spaziali. Gli elementi argentati, i guanti lunghi, il design sottile e le cuciture ricordano tutti quei tipi di tute spaziali.

Durante il primo volo nello spazio (non autorizzato) della banda, che li porta a ottenere i loro poteri cosmici, a volte vengono rappresentati con queste tute spaziali tradizionali e a volte no. Si tratta comunque di un look originale che dimostra come il gruppo sia ancora orientato verso l’esplorazione dello spazio e sia ancora profondamente legato alle sue origini fumettistiche.

Potrebbe essere solo il costume di Johnny Storm

i fantastici quattro

Ma questo costume potrebbe non essere destinato a tutta la squadra. E se fosse destinato solo a Johnny? E se tutti finissero per sfoggiare look diversi in base alle diverse epoche dei “Fantastici Quattro”? Una domanda ancora più affascinante: e se questo costume fosse qualcosa che Johnny indossa in un sogno o in una fantasia?

La spiegazione più probabile per questo cambiamento potrebbe essere che Reed Richards (Pedro Pascal) abbia progettato una tuta specifica per Johnny, per aiutarlo nelle sue abilità. Si può notare quanto sia poroso il materiale del costume. In diverse continuità, questo avviene per aiutare Johnny a sfruttare meglio l’ossigeno e a migliorare la sua capacità di accendere le fiamme. Il materiale potrebbe anche essere realizzato appositamente per evitare di bruciare ogni volta che Johnny prende fuoco.

Con pochissime informazioni confermate che circolano nel settore pubblico, c’è molto spazio per chiedersi come e perché Johnny indossi questo costume mentre il resto della squadra se ne sta lì in vestaglia. Potrebbe trattarsi di qualcosa di innocuo, come il fatto che Johnny mostri il suo costume alla squadra – si noti che Ebon Moss-Bachrach non è truccato come la Cosa. Tutto è possibile, e i Marvel Studios non sono certo avvezzi a ingannare i propri fan con informazioni false – ricordate i falsi camei di “Deadpool & Wolverine“? In ogni caso, vale la pena di speculare.

È un’ulteriore prova che provengono da una linea temporale diversa.

Fantastici Quattro

Kevin Feige, capo dei Marvel Studios, ha già confermato che i membri dei Fantastici Quattro non provengono dalla Terra 616. Ma il costume di Johnny lascia intendere che non solo provengono da un’altra Terra; potrebbero provenire da un’altra linea temporale.

Il costume, naturalmente, non è l’unica cosa che lascia presagire questo concetto; Feige ha ammesso pubblicamente che questi non sono i Fantastici Quattro di papà e alcune immagini di produzione lo lasciano intendere. “C’era un’altra immagine che abbiamo pubblicato con Johnny Storm che volava in aria facendo il simbolo 4 e c’era un paesaggio urbano nell’angolo dell’immagine. Molte persone intelligenti hanno notato che quel paesaggio urbano non assomigliava esattamente alla New York che conosciamo, o alla New York che esisteva negli anni ’60 nel nostro mondo. Sono osservazioni intelligenti, non c’è che dire”, ha dichiarato nel Podcast ufficiale della Marvel.

Questo conferma che qualsiasi tipo di passato stia vivendo il clan Storm-Richards, non è affatto simile a quello che ha visto la nostra Terra. Abbiamo già avuto modo di vedere le scelte sartoriali degli eroi della Terra 616 in passato, grazie a un’occhiata al costume dell’Ant-Man originale Hank Pym (Michael Douglas), ma nulla corrisponde a quello che sta accadendo con l’abbigliamento di Johnny. Ci si chiede come e perché questa versione dei Fantastici Quattro riuscirà a farsi strada al centro del Marvel Cinematic Universe, ma questo ce lo dirà solo il tempo.

Potrebbero essere dei prototipi

The Fantastic Four: First Step

È molto probabile che quella indossata da Johnny sia una tuta prototipo creata da Reed come test per il prodotto finale. Potrebbe non trattarsi della versione definitiva della tuta di Johnny, ma di quella che indossano prima di diventare una squadra a tutti gli effetti e dopo aver acquisito i loro poteri. Anche in questo caso, la mancanza di ulteriori fughe di notizie sul set – o di immagini di Pedro Pascal e degli altri nei loro costumi – ha contribuito ad alimentare le conversazioni che suggeriscono che il film potrebbe passare attraverso un sacco di costumi diversi per la squadra prima di approdare alla scelta finale.

Ciò può sembrare improbabile – dopo tutto, quello indossato da Joseph Quinn assomiglia abbastanza all’abbigliamento che vediamo nei fumetti e non sembra un passo falso che Johnny abbia questo aspetto durante il film – ma non si può mai sapere da dove il film potrebbe prendere spunto in termini di trama. In ogni caso, è la prova che “Fantastic Four: First Steps” si impegna a partire da una nuova versione degli eroi, in cui gli occhi sono puntati su qualcosa di grande.

Si impegna a fondo nell’atmosfera retro-futura della produzione

Fantastici Quattro film 2025
La prima immagine diffusa del film The Fantastic Four

Un’altra cosa importante del costume di Johnny è che indica la volontà del film di impegnarsi completamente nella sua estetica. Questo tocco sembra essere un cenno alla possibile combinazione di fascino retrò e azione moderna che il film potrebbe offrire. Sappiamo che il film sarà ambientato negli anni ’60 grazie a una teoria dei fan confermata durante il panel del Comic-Con di San Diego. Se da un lato il film potrebbe portare un tocco retrò al Marvel Cinematic Universe, dall’altro offre la possibilità di una completa rinascita della linea temporale. Dopo tutto, i fumetti possono aggiornare costantemente le loro storie, perché non gli universi cinematografici?

Il costume di Johnny non è l’unico elemento dell’immagine che indica il possibile stile visivo del film. I dettagli arancione pallido e marrone di quello che sembra essere l’appartamento di Reed e il suo stile architettonico curvilineo degli anni ’60 sono quasi azzeccati per il periodo. Ma i piccoli dettagli sono sufficienti per chiedersi quanto si allontanino le cose.

In ogni caso, potrebbe essere giunto il momento per il MCU di ricostruirsi in qualcosa di fresco e interessante ora che si avvicina al suo secondo decennio. E un dettaglio così piccolo come il costume di Johnny lascia intendere che il futuro sarà qualcosa di speciale. Scopriremo quanto sia unico The Fantastic Four: First Steps darà il via alla Fase Sei del Marvel Cinematic Universe quando uscirà il 25 luglio 2025.

Robert Downey Jr. ha un grande rimpianto per aver abbandonato Iron Man

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Anche quando si è pronti a cambiare aria, può essere difficile lasciare un lavoro che si svolge da tempo. Nel caso di Robert Downey Jr. che ha interpretato Tony Stark nel Marvel Cinematic Universe per oltre un decennio, è stato sicuramente così. Dopo una lunga e complicata carriera a Hollywood, durante la quale ha vissuto molti alti e bassi, Robert Downey Jr. è passato a un livello superiore di celebrità quando ha assunto il ruolo del carismatico produttore di armi Tony Stark in “Iron Man” nel 2008.

All’epoca, non c’era alcuna garanzia che il film sarebbe stato un successo o che l’intero gioco dei Vendicatori su cui gli allora nuovi Marvel Studios stavano puntando avrebbe dato i suoi frutti. Dopotutto, Iron Man non era certo un personaggio dei fumetti molto amato dai fan, e il genere dei supereroi aveva fatto cilecca al botteghino per anni. Ma quando funzionava, funzionava davvero. Dopo l’enorme fenomeno di quel primo film, Robert Downey Jr.  è tornato a indossare l’armatura e ha interpretato il personaggio con grande impegno nel corso di altri otto film (più un cameo non accreditato in “L’incredibile Hulk” del 2008). Così facendo, ha contribuito a creare uno dei franchise più redditizi dell’industria cinematografica di tutti i tempi ed è diventato uno dei giocatori più preziosi della Marvel.

Ma alla fine, anche il ruolo più divertente (e redditizio) può diventare creativamente soffocante. Qualsiasi attore inizierebbe a chiedersi quali altre opportunità si stia perdendo e Downey, che era diventato il volto de facto del Marvel Cinematic Universe, ha iniziato a desiderare qualcosa di diverso. Come ha rivelato Downey in un’intervista al New York Times Magazine, la domanda è diventata subito: “Quanto tempo è troppo per un singolo ruolo?“.

Cominci a chiederti“, ha confessato Robert Downey Jr. al New York Times Magazine, “se un muscolo che hai non si sia atrofizzato”. Dopo tanti anni nei panni di Tony Stark, l’attore si è tuffato a capofitto nel suo primo grande ruolo non Marvel, che si è rivelato essere il disastroso “Dolittle”. Sebbene lui e il suo team fossero entusiasti della possibilità di vederlo protagonista di un progetto che la star sperava potesse diventare un “potenziale franchise grande, divertente e ben realizzato“, non è andata così. E non è nemmeno il tipo di progetto che si vorrebbe affrontare per dimostrare a se stessi che si è ancora in grado di fare l’attore.

È stato quindi un sollievo quando Christopher Nolan lo ha contattato per interpretare il meschino e vendicativo Lewis Strauss in “Oppenheimer“. Il ruolo ha visto il suo personaggio trascorrere decenni a nutrire un rancore unilaterale nei confronti del J. Robert Oppenheimer di Cillian Murphy e ha fatto guadagnare a Downey un Oscar. L’attore ha ammesso di aver avuto dei timori nell’affrontare una parte del genere dopo aver trascorso così tanto tempo a incarnare il Tony Stark della Marvel, un personaggio che si era basato su quelle che lui definisce le sue “caratteristiche principali… la parlantina veloce, il fascino, l’imprevedibilità, bla, bla, o come diceva il mio caro amico Josh Richman, un attore caratterista, mi sono fatto le ossa interpretando ‘Milo, l’amico anticonformista‘”. Ma alla fine, “Oppenheimer” lo ha reso desideroso di abbracciare la sfida, che lo avrebbe spogliato di qualsiasi affettazione a cui poteva appoggiarsi come stampella.

Una scommessa che, a quanto pare, ha dato i suoi frutti, visto il successo astronomico del film. Ora, Downey ha la possibilità di avere la botte piena e la moglie ubriaca, avendo la convalida di un’interpretazione da Oscar e ricevendo un’altra, enorme busta paga dalla Marvel per la sua prossima interpretazione del Dottor Destino. Non male!

Kingsman: Secret Service, la spiegazione del finale

Kingsman: Secret Service, la spiegazione del finale

Nel 2014, Kingsman: The Secret Service ha fatto breccia nei cuori degli spettatori di tutto il mondo. Secondo Box Office Mojo, il film è stato visto da un numero di persone sufficiente a fargli guadagnare più di cinque volte il suo budget iniziale di 81 milioni di dollari. L’enorme ode a tutto ciò che riguarda i film di spionaggio ha unito gli elementi di commedia, intrigo e azione del genere per uno dei film più emozionanti e divertenti dell’anno.

Il film segue Gary “Eggsy” Unwin (Taron Egerton), un giovane inglese di strada con un talento per le fughe improvvisate e un cuore d’oro. Viene reclutato dal compagno di guerra del padre defunto, Harry Hart (Colin Firth), per far parte di un’agenzia di spionaggio britannica nota come Kingsman. Durante il viaggio, i Kingsman entrano in conflitto con il miliardario magnate della telefonia Richmond Valentine (Samuel L. Jackson), che ha in mente un piano per sfoltire la sovrappopolazione mondiale utilizzando onde che inducono all’aggressività emesse dalle schede SIM della sua azienda; una volta attivate, tutti coloro che si trovano nel raggio d’azione diventano pazzi assassini. Quando Harry viene ucciso e gli altri membri di Kingsman si uniscono a Valentine, tocca a Eggsy fermare il piano del folle nel modo tradizionale delle spie.

Come fa Eggsy a passare da ragazzo di strada a eroe?

Alla fine, Eggsy ferma i piani di Valentine prima che vengano causati danni significativi alla popolazione mondiale. Tuttavia, Eggsy non sarebbe stato in grado di farlo se non si fosse impegnato a fondo e non si fosse trasformato da chav in un agente segreto elegante come James Bond. All’inizio del film, Eggsy è tutt’altro che una spia dalla parlantina elegante. È un teppista dall’accento pesante che ruba auto solo per divertirsi. In realtà, ha l’opportunità di diventare un Kingsman solo quando usa il numero sul vecchio medaglione di guerra del padre per chiamare Harry e ottenere una carta “esci gratis di prigione”. La maggior parte del resto del film si concentra sull’addestramento di Eggsy invece che sulle sue fughe per salvare il mondo. Impara a combattere, a sparare, ad addestrare i cani, a mescolare i drink e praticamente qualsiasi altra abilità che ci si aspetta che una spia conosca a menadito.

In fin dei conti, è proprio questo l’obiettivo del film: diventare un eroe. Eggsy non affronta direttamente l’antagonista fino all’inizio del terzo atto. Anche in questo caso, è solo perché Harry Hart viene tolto di mezzo grazie a una pallottola in testa. Quando Eggsy scopre che tutti gli altri Kingsman sono dalla parte di Valentine, non ha altra scelta che salvare il mondo. Si tratta di un’evoluzione del personaggio che è frutto sia delle circostanze che della morale di Eggsy.

Il finale del fumetto è molto diverso

Kingsman: Secret Service differenze film fumetto

Per chi non fa parte del mondo dei fumetti, Kingsman è sembrato un film originale che ha avuto un grande successo. In realtà, il film è tratto da una graphic novel delle leggende del fumetto Mark Millar e Dave Gibbons. Secondo CineFix, il fumetto originale – intitolato semplicemente The Secret Service – ha una trama di base simile che presenta alcune differenze sostanziali nel corso della storia, compreso il finale. Nella versione cinematografica, Eggsy assalta da solo il complesso montuoso di Valentine. Uccide i membri dell’1% che sostengono i piani di Valentine, lo pugnala al petto e conclude la serata con una relazione improvvisata con una principessa svedese. È un finale trionfale, umoristico e appropriato per un film d’azione campagnolo sulle spie britanniche.

Nel frattempo, il fumetto vede Eggsy riunire le sue reclute Kingsman per organizzare un assalto al nascondiglio del cattivo Dr. James Arnold. Lì, salvano molti degli attori più famosi del mondo – che Arnold ha rapito – e si sbarazzano del cattivo con un colpo di pistola a bruciapelo in faccia. Non c’è nessuna principessa svedese, anche se le onde radio del cattivo vengono trasformate da aggravanti in afrodisiache. Eggsy non avrà il suo “lieto fine”, ma il resto del mondo sì.

Una Donna Promettente, la spiegazione del finale del film

Una Donna Promettente, la spiegazione del finale del film

Potreste amare il film con Carey Mulligan Una Donna Promettente (la nostra recensione). Potreste odiarlo. Potreste esserne indifferenti. Ma una cosa sembra quasi certa: proverete forti emozioni per il suo finale.

La maggior parte di Una Donna Promettente (Promising Young Woman) sembra un’abile rivisitazione dei film di exploitation, in cui qualcuno che ha subito un torto si vendica. Mulligan interpreta Cassie, la cui migliore amica, Nina, è stata violentata quando le due frequentavano la facoltà di medicina. Nonostante Nina abbia denunciato lo stupro e nonostante ci fossero delle prove video, nessuno a scuola ha preso sul serio le sue affermazioni e ha punito i colpevoli. Sia Nina che Cassie hanno lasciato la scuola e si lascia intendere che Nina sia morta suicida.

Ora Cassie vendica abitualmente Nina andando nei bar e fingendo di essere ubriaca. Inevitabilmente, un uomo la porta a casa e inevitabilmente cerca di andare a letto con lei senza il suo chiaro consenso. Prima che lui possa farlo, lei rivela il suo stratagemma, parlandogli in modo convincente e terrorizzandolo al pensiero di quello che ha appena fatto. (Inevitabilmente, gli uomini tentano di ritorcere la loro situazione contro Cassie, ma il film non prende sul serio la loro reazione, a suo merito).

Il piano di Cassie prevede anche una vendetta più diretta nei confronti delle persone che incolpa per la morte di Nina, tra cui un ex amico che li ha lasciati a bocca asciutta, l’avvocato che ha difeso lo stupratore di Nina in tribunale e il preside del college. Ma la persona in cima alla lista di Cassie, com’era prevedibile, è lo stupratore di Nina, Al. E Al sta per avere un addio al celibato.

Seguono importanti spoiler su Una Donna Promettente (Promising Young Woman)

Cassie ottiene il luogo della festa di Al da Ryan, il ragazzo con cui esce per gran parte del film, finché non si rende conto che anche lui non ha fatto nulla per aiutare Nina mentre veniva violentata di fronte a numerose persone durante una festa. (Una Donna Promettente non racconta mai quello che è successo a Nina, né lo dice veramente, ma si capisce comunque cosa è successo perché la storia di Nina è così tristemente comune nel nostro mondo).

Così Cassie si traveste da spogliarellista e si presenta all’addio al celibato di Al, dove compirà il suo ultimo atto di vendetta: incidere il nome di Nina sulla pelle di Al dopo averlo ammanettato al letto.

Ma le cose non vanno secondo i piani. Ed è qui che nel film accade un punto di svolta sorprendente.

È come se l’intera trama di Una Donna Promettente fosse stata invertita da ciò che accade alla fine del film.

Una donna promettente Max Greenfield
Courtesy of © Focus Features

Ecco cosa succede: Al si libera da una delle manette e riesce a soffocare Cassie con un cuscino. Lei muore. Il film cambia prospettiva per seguire Al e il suo amico Joe mentre cercano di coprire il loro crimine. Più tardi, al matrimonio di Al, l’atto finale del piano di Cassie si compie quando la polizia si presenta per arrestare Al per l’omicidio di Cassie. La donna aveva inviato il luogo dell’addio al celibato all’avvocato pentito che aveva difeso Al nel caso di stupro, avvisandolo che aveva intenzione di essere presente, nel caso in cui fosse scomparsa. Lui ha contattato la polizia. Alla fine Al è finito in prigione.

Questi sviluppi racchiudono gli ultimi 15 minuti di un film, anche se si accetta il fatto che Una Donna Promettente ha già fatto accadere molti altri punti di svolga ancor prima di arrivare al finale. Ma la morte di Cassie ci ha fatto capire quale fosse l’obiettivo della sceneggiatrice/regista Emerald Fennell: Ci stava costringendo a vedere quanto profondamente il punto di vista di ragazzi come Al abbia soffocato la nostra cultura pop.

“L’addio al celibato va a rotoli quando muore la spogliarellista e/o la lavoratrice del sesso” è ormai un cliché, ma la maggior parte delle storie di questo tipo sono raccontate dal punto di vista dei partecipanti all’addio al celibato, non da quello della spogliarellista o della lavoratrice del sesso. Poiché Una Donna Promettente è così profondamente incentrato su Cassie, l’improvviso passaggio a una trama che sembra appartenere a un altro film è incredibilmente stridente. Tuttavia, questa stridente qualità ha uno scopo: aiuta gli spettatori a capire che la versione più tipica di questo film trasformerebbe la spogliarellista in un cadavere usa e getta – non le permetterebbe mai di essere la protagonista.

“Come appare questa storia dal punto di vista di uno dei personaggi minori?” è una domanda utile che ogni scrittore deve porsi riguardo a ciò che sta scrivendo. Ma ciò che Fennell ha fatto in Una Donna Promettente è stato concentrarsi su un intero tropo attraverso il punto di vista della persona più spesso trattata come un sacrificio necessario per portare avanti la trama.

In effetti, saremmo molto sorpresi se Una Donna Promettente non fosse un’opera inversa, solo un po’, da “Che aspetto ha la storia della spogliarellista che muore all’addio al celibato se è raccontata dal punto di vista della spogliarellista?”. Ricordandoci forzatamente di chi sarebbe la storia – ovvero di Al e Joe – Una Donna Promettente spinge il pubblico a riconsiderare tutti i cadaveri di donne senza nome che abbiamo visto in altri film e show televisivi, quelli che danno il via a una storia sugli uomini nelle loro vaghe vicinanze, a volte gli uomini che hanno effettivamente ucciso quelle donne.

Con questa scelta ci sfida anche a spostare la nostra empatia da Cassie ad Al o Joe. Il pubblico ha la tendenza a dare un po’ di tregua a un protagonista, e una volta che Cassie è morta, a Una Donna Promettente manca del tutto un protagonista. Al potrebbe intervenire per riempire questo vuoto. Dopo tutto, nessuno di noi vorrebbe che una donna vendicativa incidesse il nome della sua migliore amica sulla propria pelle.

Ecco perché il finale del film, in cui Cassie manda Al in prigione dall’oltretomba, è così importante. Senza di esso, il film non si concluderebbe solo con una nota negativa, ma comprometterebbe attivamente tutto ciò che è accaduto prima e rischierebbe di lasciare agli spettatori il ricordo primario di un altro uomo terribile che la fa franca per una cosa terribile.

Ma, sì, le fasi finali del piano di Cassie sono un po’ poco plausibili. O forse no?

La domanda su quale sia il genere a cui appartiene Una Donna Promettente è molto importante per il suo finale.

Una donna promettente

Prima di diventare un film su un addio al celibato finito male, Promising Young Woman passa agilmente tra tre generi molto diversi: la commedia romantica, il thriller d’exploitation e lo studio del personaggio. Il genere a cui appartiene più propriamente è l’ultimo, poiché l’azione del film è per lo più dedicata a cercare di capire cosa fa scattare Cassie. Ma per capire cosa fa scattare Cassie è necessario seguirla mentre terrorizza i ragazzi che la riaccompagnano a casa dal bar o affronta le persone che ritiene responsabili della morte di Nina (la trama del thriller d’exploitation del film). E poi bisogna anche vedere chi è Cassie nel contesto della sua relazione con Ryan (il suo lato da commedia sentimentale).

Ma nei momenti conclusivi di Una Donna Promettente, quando il piano di Cassie fa cadere Al al suo stesso matrimonio, il film punta tutto sul thriller d’exploitation. La commedia sentimentale è finita, con Ryan che si è rivelato un uomo di merda come tutti gli altri. E poiché Cassie è morta, anche lo studio del personaggio è finito, perché non possiamo più approfondire la sua conoscenza. In effetti, se il film fosse stato un puro studio dei personaggi, Al e Joe l’avrebbero probabilmente fatta franca. Ma poiché Promising Young Woman ha ancora una carta da thriller d’exploitation nella manica, mette in atto un ultimo trucco.

I thriller di sfruttamento spesso coinvolgono persone tradizionalmente svantaggiate che affrontano chi detiene il potere. Cassie, per esempio, è una donna che lotta contro la cultura dello stupro e il patriarcato, quindi le persone che affronta sono degli ubriachi di merda che si credono bravi ragazzi. I thriller di sfruttamento finiscono quasi sempre con una sorta di vittoria dell’eroe, per quanto donchisciottesca. Anche se l’eroe muore, sarà fatta giustizia. (Un altro esempio famoso, tratto da un altro film che utilizza le caratteristiche del thriller d’exploitation per i propri scopi: Kill Bill, che termina con il suo eroe che si allontana verso il tramonto dopo aver ucciso tutti coloro che l’hanno usata, abusata e oppressa).

Il finale di un thriller d’exploitation è proprio il finale di Una Donna Promettente. Molti spettatori potrebbero essere contrariati dal fatto che molte cose devono andare per il verso giusto perché il piano di Cassie funzioni: Deve sperare che l’avvocato faccia la cosa giusta, deve sperare che la polizia prenda sul serio un messaggio dall’oltretomba, deve persino programmare una serie di messaggi da inviare a Ryan (che sta partecipando al matrimonio di Al) proprio nel momento giusto per ottenere il massimo impatto drammatico.

Nel contesto di un thriller d’exploitation, tutto questo è assolutamente ragionevole. La sequenza finale a cascata di Una Donna Promettente non è più incredibile di quella di Cassie che va a casa con dozzine di uomini, li umilia e li spaventa, e poi non incontra alcun problema oltre a quello di arrabbiarsi con lei. All’interno di questo genere, le regole della realtà sono legittimamente un po’ più rigide.

Ho un test che a volte applico alle opere di fiction, soprattutto ai film. Lo chiamo il test “Sarebbe un film altrimenti?”. Con questo intendo dire che se trovo che qualcosa che accade in un film sia implausibile ma non impossibile, considero se il film avrebbe avuto lo stesso successo senza di esso. Il piano di Cassie che si sta mettendo in atto è sicuramente credibile, ma si può anche spiegare, più o meno, come ci riesca. È poco plausibile ma non impossibile. A mio parere, la storia di Cassie non sarebbe stata un gran film senza la sua vendetta postuma. La sua morte avrebbe mostrato quanto le donne siano usa e getta in un mondo gestito da uomini, un punto che la Giovane promessa ha già sottolineato e sovvertito molte volte prima della sua morte.

Se immaginiamo che gli eventi di questo film si verifichino nella vita reale, l’unico modo in cui potrebbero assurgere al livello di una storia che, ad esempio, farebbe notizia a livello nazionale (o almeno in uno dei più popolari subreddit di notizie insolite) sarebbe se Cassie riuscisse davvero a portare a termine l’improbabile epilogo del film. Pertanto, Una Donna Promettente non sarebbe un film senza i suoi momenti finali. Hanno messo un fiocco su qualcosa che per la maggior parte del tempo si è rifiutato di essere messo un fiocco.

Se tutto questo sembra un po’ come scrivere un intero problema di matematica a ritroso rispetto alla sua risposta, beh, è così. Più o meno. La Fennell ha distorto diversi eventi del suo film per arrivare alla scena finale, un approccio che sembra un imbroglio in uno studio sui personaggi, ma che risulta trionfante in un thriller d’exploitation.

Ma credo che questo sia anche la chiave del suo punto di vista più ampio. Il mondo in cui viviamo e le storie che raccontiamo sono così sbilanciate verso il punto di vista di ragazzi etero, bianchi e cis, che dobbiamo immaginare una donna iperintelligente con un’inestinguibile sete di vendetta che li colpisce dall’oltretomba per poter contemplare qualcosa di simile alla giustizia. Cosa ci dice questo del mondo in cui viviamo e delle storie che raccontiamo?

Double Life, la spiegazione del finale: Chi ha ucciso Mark?

Double Life, la spiegazione del finale: Chi ha ucciso Mark?

L’idea che deve essere balenata nella mente di qualcuno quando ha pensato di realizzare Double Life: Due personaggi femminili in giro per le strade a risolvere un caso. In effetti, Double Life presenta due personaggi femminili, che si aggirano qua e là per risolvere un caso. Non vengono fornite giustificazioni (se non superficialmente, ovviamente) per il loro atteggiamento tenace e coraggioso, e il film Netflix cerca di parlare della “doppia vita” di qualcuno che muore nei primi cinque minuti. Non c’è da stupirsi che la trama sembri forzata.

La storia di Double Life inizia mostrandoci la doppia vita di Mark. Lavorando per l’ufficio del procuratore distrettuale, ha qualcosa di grosso contro la compagnia carbonifera Dellicano che potrebbe far crollare l’azienda. Tradisce la moglie con l’amante. Entrambe le donne lo amano e sono sconvolte quando lui muore. La morte non è un incidente ed entrambe temono che si tratti di un omicidio. L’incidente diventa il motivo per cui entrambe si conoscono e si uniscono per scoprire chi ha ucciso Mark.

Sinossi della trama: cosa succede in “Double Life”?

Mark, un avvocato che lavora per il procuratore distrettuale Sheldon Roberts, è alle prese con una potente compagnia carbonifera, la Dellicano. Mostra la sua conferenza stampa, trasmessa in TV, alla sua amante, Josephine, detta Jo. Mark è sposato con Sharon, ma lei non ha la minima idea di cosa faccia Mark quando è fuori per i suoi incontri “di lavoro”. Un classico caso di infedeltà! Jo ama Mark e non sa che è sposato. Lavora in un bar e vede un uomo che le porge qualcosa. Mark aveva trascorso il fine settimana con Jo e stava andando a incontrare Sharon quando ha avuto un incidente ed è morto. Sharon, però, sa che c’è qualcosa che non va, perché lui era al telefono con lei quando un’auto lo ha tamponato e, pochi istanti dopo, è avvenuto l’incidente. Anche la polizia è disposta a considerare l’ipotesi dell’omicidio. Jo viene a sapere dell’improvvisa scomparsa di Mark e si reca da Sharon per farle le condoglianze. Jo non rivelò la verità a Sharon, ma le due donne in lutto entrarono subito in sintonia e iniziarono a indagare sulla morte di Mark. Il loro primo compito fu quello di trovare un uomo di nome Ernie Dux.

Come hanno trovato Ernie Dux?

Double Life film cast
© 2023 Paramount Global Content Distribution

L’uomo che Jo aveva visto al bar con Mark era Ernie Dux. Jo non riuscì a vedere cosa si scambiassero esattamente, ma l’intera faccenda era inquietante. Sharon e Jo discussero sul fatto che Mark stava lavorando a un caso contro Dellicano e forse aveva ottenuto da Ernie qualcosa di estremamente importante per far crollare l’azienda. Per scoprire cosa aveva Mark che forse lo ha messo nei guai, Sharon e Jo cercano di rintracciare Ernie. Ma non sono detective! Per fortuna Jo conosceva la fidanzata di Ernie, Wendy, e tramite lei è riuscita a sapere dove si trovava Ernie. Entrambe hanno provato a contattare la detective Carmen Traxler, ma non ha risposto, così hanno deciso di andare a trovare Ernie di persona e indovinate un po’? Lo hanno trovato morto in casa sua, con due uomini armati ancora presenti. Grazie alla spavalderia di Jo, riescono a sopravvivere e Sharon si convince ancora di più che Mark è stato ucciso.

Perché Sharon ha continuato le indagini con Jo?

Jo sapeva combattere e il detective Traxler ha raccontato a Sharon del passato da delinquente di Jo. Traxler disse a Sharon che Jo poteva essere una donna pericolosa, che poteva portarla in pericolo. Ma qualcosa in Sharon sapeva che Jo era una brava persona e che il suo passato criminale non aveva nulla a che fare con l’incidente su cui entrambe stavano indagando. Si scoprì che i due uomini che si trovavano a casa di Ernie erano Louis Strand e suo figlio. Era un noto criminale e, secondo Traxler, erano fortunati ad essere vivi.

Lo straziante incidente non scoraggiò nessuna delle due donne in lutto. Anzi, ora che erano sicure dell’omicidio, decisero di scavare più a fondo. Prima che potessero muoversi in qualsiasi direzione, Sharon trovò delle foto di Mark e Jo in intimità e capì che lui la stava tradendo con Jo. Sharon non riusciva a farsene una ragione. Qualcuno aveva attaccato e distrutto la sua casa e l’unica spalla solidale che riuscì a trovare fu Larry, il collega di Mark. Anche di lui non ci si poteva fidare, perché anche lui era una figura astuta.

L’amicizia tra Jo e Sharon sembrava giunta al capolinea, ma Jo tornò a dirle che se avesse saputo che Mark era sposato, non si sarebbe messa con lui. Sharon non l’aveva perdonata, ma quando Jo vide una foto di Larry, si ricordò che anche lui era lì con Mark la sera dell'”incidente”. Ma Sharon era appena stata con lui e lui le aveva detto di non aver conosciuto Mark. Larry mentiva e Sharon non aveva nessuno intorno a sé di cui potersi fidare. Jo amava Mark, e questo era evidente perché era disposta a mettere in pericolo la sua vita per la verità. Sharon aveva almeno questo in comune con lei.

Spiegazione del finale di ‘Double Life’: Chi ha ucciso Mark?

Anche se Sharon e Jo stavano tecnicamente risolvendo il caso insieme, Sharon non riusciva a perdonarla. Voleva scoprire cosa fosse successo a Mark, ma era anche arrabbiata con lui per quello che aveva fatto. Sharon, tuttavia, mantiene la calma e va nell’ufficio di Mark per esaminare il suo computer nella speranza di trovare un indizio. Sul computer di Mark ha trovato un video in cui si vede la moglie di Sheldon, Lisa, a una funzione con la moglie di Dellicano. Sharon ha anche visto Traxler nel video. Quindi la moglie del capo di Mark era coinvolta con la moglie di Dellicano, un uomo la cui azienda Mark stava lottando duramente per distruggere. Sembrava molto probabile che anche Sheldon e Dellicano fossero in combutta. Sheldon aveva promesso di proteggere Mark, ma forse non è mai stato un suo alleato. Fuori dall’ufficio incontrano Larry, che si confida con loro. Racconta a Sharon di essere stato davvero con Mark la sera in cui è stato ucciso e di aver visto Ernie Dux vendere una chiavetta a Mark. La chiavetta conteneva prove che avrebbero dimostrato la negligenza criminale della Dellicano Industry. Chiunque avesse la pen drive e la chiavetta aveva ucciso Mark. La teoria di Larry era che l’assassino stesse forse usando la chiavetta per estorcere denaro a Dellicano.

Jo e Sharon andarono da Lisa, la moglie di Sheldon, per chiedere cosa ci facesse esattamente all’evento di beneficenza di Dellicano, dove lei e la moglie di Dellicano erano state sentite chiamarsi “migliori amiche”. Il caso si è complicato quando Traxler ha chiamato entrambi per spiegare che erano sulla pista sbagliata. Sospettano che la Traxler abbia fatto un pasticcio con le indagini di Mark, ma la verità è che si trovava lì all’evento di beneficenza a causa di un lavoro secondario di sicurezza che aveva accettato. Traxler avvertì Jo e Sharon che stavano gettando al vento ogni cautela indagando sulla questione. Certo, Sharon non era sola e aveva con sé Jo, che sapeva come combattere, ma comunque Louis e Sonny erano ancora vivi e forse la stavano cercando. Sharon ricevette una telefonata da Louis, che le disse di andare a trovarli da sola perché tenevano Larry in ostaggio.

Sharon, per proteggere Jo, la lascia sola dopo averle detto che non poteva perdonarle di essersi messa con Mark. Non voleva che venisse con lei, perché Louis era un tipo pericoloso e Jo avrebbe potuto farsi del male. Raggiunse un magazzino e il mistero si risolse da solo. Larry aveva la chiavetta da sempre, ma aveva sparato a Louis e a suo figlio Sonny per far credere che l’avessero loro. Larry aveva ucciso Mark e la stava usando per estorcere Sheldon, il procuratore distrettuale. Sheldon era in combutta con i Dellicanos e sulla chiavetta erano presenti anche i suoi messaggi di testo che, se fossero usciti, avrebbero infangato la sua immagine.

Sheldon arrivò con i soldi ma vide che Louis e Sonny erano stati uccisi. Era stato Sheldon a ingaggiarli per trovare la chiavetta. Per prima cosa si recano a casa di Sharon, perché pensano che Mark possa aver dato la chiavetta alla moglie. Furono loro a devastare la casa, ma non trovarono la chiavetta. Avevano trovato il loro uomo fin dall’inizio, ma Larry li ha sviati verso Ernie Dux. Fu Larry a uccidere Ernie prima che lo raggiungessero. Solo Ernie sapeva che Larry aveva assistito allo scambio, quindi Larry doveva ucciderlo. Il suo desiderio più profondo non era il denaro. Ha sempre voluto che Mark si togliesse di mezzo per poter stare con Sharon. Era ossessionato da lei e, quando si presentò l’occasione, pensò di poter ottenere da Sheldon sia Sharon che i soldi. Alla fine, però, ha ottenuto solo un po’ di tempo in prigione.

Louis non era morto e ha sparato a Larry. Vedendo che Sonny era morto, ha dovuto uccidere tutti perché non poteva permettere che la polizia scoprisse che era coinvolto. Era furioso con Larry per averlo incastrato e per aver manipolato Sharon affinché si prendesse cura di lui. Prima che Louis uccidesse Larry, Jo arrivò ed evitò il disastro. Aveva chiamato Traxler e la polizia è arrivata prima che qualcun altro venisse ucciso.

Durante il finale di Double Life, Sheldon, Larry e Louis vengono catturati. Jo e Sharon, che amavano entrambi Mark, avevano finalmente risolto insieme il suo caso di omicidio. Anche se prima Sharon aveva fatto credere di odiare Jo, Jo capì che era nei guai. La rintracciò usando il suo GPS e usò la sua presenza di spirito per chiamare Traxler. I loro sforzi aiutarono anche il caso di Mark in modo postumo. Le prove contenute nella chiavetta dimostrano che i dirigenti della Dellicano sapevano che i rifiuti che producevano stavano contaminando le falde acquifere, ma non hanno fatto nulla per impedirlo. Jo e Sharon sono diventate migliori amiche dopo aver trovato un compagno. Le loro vite erano state separate dalle bugie di Mark, ma ora vivevano serenamente, sapendo che alla fine avevano fatto la cosa giusta, e avevano vissuto una bella avventura.

House of the Dragon: la battaglia navale più devastante è in arrivo nella terza stagione

La Danza dei Draghi è nota come una tragedia orribile, che House of the Dragon ha trasportato bene sul piccolo schermo, ma nessuna scena ha ancora rappresentato bene la guerra meglio della Battaglia del Golfo. Culmine di due lunghe campagne da parte di entrambe le parti, la battaglia è un enorme scontro navale, ma presenta anche più draghi di qualsiasi altro campo di battaglia del conflitto.

Nel mondo di Westeros, le rappresentazioni romantiche e orribili della guerra sono due facce della stessa medaglia, e il Calanco non fa eccezione. Per quanto epici possano essere i combattimenti con i draghi, i costi per entrambe le parti si rivelano devastanti e una morte in particolare assesta un colpo politico alla causa dei Neri. Inoltre, il fatto che i Verdi abbiano già evacuato il loro leader dalla città con un aiuto segreto fa sì che ci si chieda per quale motivo valesse la pena combattere la battaglia. Dopo perdite così elevate, tuttavia, questa sembra essere una domanda a cui pochi, da entrambe le parti, vogliono veramente rispondere.

Il Gullet è il culmine della guerra

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Sebbene la tempistica della guerra non sia chiara nella serie, Fuoco e Sangue afferma che la Battaglia del Gullet si svolge nove mesi dopo la morte del defunto re. Abbiamo già visto quanto sia stata devastante con Riposo del Corvo, dove i draghi si sono scontrati per la prima volta. La battaglia navale per Approdo del Re, tuttavia, è l’atto finale di quella che inizialmente sembrava un’improbabile campagna dei Neri. Entrambe le marine hanno trascorso mesi ad assemblare le loro forze e chi ne uscirà vittorioso sarà in prima posizione per reclamare il Trono di Spade.

A parte i loro draghi, il più grande vantaggio dei Neri è stata la marina della Casa Velaryon, che hanno usato per bloccare la capitale via mare. Nella speranza di spezzarlo, i Verdi cercano invece una marina al di fuori di Westeros sotto forma di Sharako Lohar (Abigail Thorn) e dei suoi pirati, che rimangono l’unica forza in grado di combattere i Velaryon. Poiché i loro draghi incombono sulla battaglia, Sharako ordina un attacco preventivo contro la flotta rivale mentre questa è ancorata nel porto di Spicetown, ritenendola l’unica possibilità di distruggere i Velaryon prima dell’arrivo dei draghi. Naturalmente, l’attacco è motivato anche da evidenti ragioni economiche, dato che il porto rimane uno dei luoghi più ricchi del Continente Occidentale grazie agli anni di avventure del Serpente di Mare.

Dall’altra parte, i Neri hanno ora riunito il maggior numero di draghi, e sembrano impossibili da contrastare. Con Sunfyre paralizzato e Vhagar occupata, l’unico drago che i Verdi potrebbero schierare in risposta sarebbe Dreamfyre, ma Helaena (Phia Saban) è tutt’altro che un cavaliere esperto. Nei libri, i Neri hanno quattro Semi di Drago, ma sembra che la serie abbia sostituito il ruolo di Nettles con Rhaena (Phoebe Campbell), che nei libri non cavalca mai un drago. Con Daemon (Matt Smith) ancora in marcia nelle Terre dei Fiumi e Rhaenyra (Emma D’Arcy) che non può permettersi di rischiare la vita in battaglia, tocca al figlio maggiore guidare la carica.

Nel Gullet, la fortuna favorisce entrambe le parti

House of the Dragon

Nella fase iniziale della battaglia, le cose sembrano andare molto bene per i Verdi. Poiché sfruttano la luce del sole per non farsi scoprire dalla costa, Lohar riesce a cogliere i Velaryon completamente alla sprovvista, affondando quasi un terzo della flotta in porto. Una volta sbarcati, festeggiano saccheggiando e bruciando Spicetown e High Tide, la sede da cui regna Corlys (Steve Toussaint). Si dice che la distruzione sia stata così devastante che i Velaryon non hanno mai riacquistato il loro status precedente, rimanendo solo dei signori minori all’epoca della serie originale, mentre Spicetown non è mai stata ricostruita.

Tutto questo cambia quando finalmente arrivano i draghi. In qualità di erede, Jaecerys (Harry Collett) guida la carica e la flotta tenta di colpire il suo drago, dato che Vermax è giovane e tutt’altro che il più potente, solo che gli altri quattro cavalieri lo seguono. Per ore, tutti bruciano la flotta Braavosi senza pietà, distruggendo più di sessanta delle cento navi. Inutile dire che il morale dei marinai crolla, costringendo Lohar a ritirarsi.

Prima di fuggire, tuttavia, i Verdi riescono a infliggere un colpo devastante ai Neri, superando forse persino Rhaenys (Eve Best) come peggior morte tra le loro fila. Durante un attacco in picchiata contro una delle navi, il drago di Jace, Vermax, viene trafitto da un rampino e il suo stesso slancio gli crea un ampio squarcio sull’addome. Sebbene non sia fatale, Vermax viene fatto precipitare in mare e presto si scontra con un’altra nave nel caos, rimanendo impigliato nei rottami e affondando sul fondo del mare. Sebbene Jace riesca a liberarsi e ad aggrapparsi ai detriti di legno, viene rapidamente colpito e ucciso da un proiettile di balestra alla gola.

Il calanco riflette perfettamente la Danza dei Draghi

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In House of the Dragon, la paura della distruzione reciproca è stata un tema costante per entrambe le parti in guerra. Questo è già stato mostrato su piccola scala con i gemelli Cargyll, ma la terza stagione lo porterà a un altro livello. Dato che il conflitto è ormai una guerra totale, ha perfettamente senso che la prima grande battaglia di questa fase serva da monito. Ironia della sorte, proprio questi costi, in particolare il timore che possano essere stati inutili, sono l’esatto motivo per cui è probabile che rimangano inascoltati.

In termini di numeri, il vincitore rimane abbastanza chiaro. Non solo la Triarchia è andata in frantumi in questa battaglia, non avendo più un ruolo nella Danza dei Draghi e soccombendo in seguito a una propria guerra civile, ma la strada per Approdo del Re è diventata aperta. Tuttavia, anche mettendo da parte l’incendio di Spicetown e la flotta di Velaryon, la morte di Jace è comunque un colpo devastante per Rhaenyra, sia dal punto di vista politico che personale. Senza dubbio, questo sarà ancora più brutale nella serie, che si è preoccupata di mostrarlo come un promettente erede attraverso le scene con sua madre, rendendo la sua inevitabile morte ancora più tragica.

Ciò che rende la battaglia più priva di senso è che non si tratta nemmeno di una fine definitiva della guerra, poiché la fuga di Aegon II (Tom Glynn-Carney) nega già a Rhaenyra una vittoria politica decisiva. Anche se fosse stato giustiziato, c’è ancora Aemond (Ewan Mitchell) da affrontare e Vhagar rimane di gran lunga la più grande minaccia per i Semi di Drago. Come la guerra nel suo complesso, tutto ciò solleva la domanda per cosa stiano combattendo entrambe le parti se nel frattempo perdono tutto ciò a cui tengono. Nessuno se ne rende conto meglio di Corlys stesso, che ha già perso molto e riassume perfettamente la battaglia: “Se questa è una vittoria, prego di non vincerne mai un’altra”.

Reacher: la terza stagione subisce un importante cambiamento in seguito alla chiusura della Paramount TV

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Paramount Global ha fatto una mossa significativa e sorprendente chiudendo il suo omonimo studio televisivo, Paramount Television Studios (PTVS), come parte di una più ampia ristrutturazione aziendale. Questo sviluppo, che include la partenza del presidente dei PTVS Nicole Clemens, ha lasciato molti fan a chiedersi cosa succederà ai progetti di alto profilo dello studio, tra cui la serie di successo Reacher, una coproduzione tra Paramount, Amazon e Skydance.

La chiusura di PTVS fa parte di una più ampia strategia di Paramount Global volta a snellire le operazioni in un mercato televisivo e di streaming in continua evoluzione. Questa decisione non riflette le prestazioni dello studio, in quanto PTVS è stato responsabile di numerose serie acclamate dalla critica e di successo commerciale. Tuttavia, tutti i progetti in corso e futuri della PTVS, tra cui Reacher, Time Bandits di Apple e Cross di Prime Video, passeranno sotto l’egida dei CBS Studios.

Per i fan di Reacher, questa transizione solleva interrogativi sul futuro della serie. Data la popolarità della serie – Reacher ha battuto il record di ascolti su Amazon Prime Video – è molto probabile che i CBS Studios continuino a darle priorità, soprattutto perché Skydance è lo studio principale della serie. Tuttavia, i cambiamenti nella gestione dello studio potrebbero potenzialmente portare a cambiamenti nella direzione creativa o nelle tempistiche di produzione, che potrebbero avere un impatto sullo sviluppo delle stagioni future.

Quali sono le implicazioni per “Reacher”?

Anche se è troppo presto per prevedere esattamente come avverranno questi cambiamenti, è chiaro che l’eredità di PTVS continuerà a vivere attraverso i progetti che ha sviluppato. Si prevede che serie come Reacher continueranno a intrattenere il pubblico mondiale, anche quando Skydance troverà un nuovo partner nei CBS Studios.

Mentre Paramount Global procede con la sua più ampia ristrutturazione, il settore osserverà da vicino come questi cambiamenti influiranno su alcune delle serie più amate e di successo attualmente in onda. Per il momento, i fan di Reacher e degli altri progetti della PTVS possono stare tranquilli: questi show rimangono in fase di sviluppo, anche se sotto una nuova gestione. Come questa transizione influenzerà le future stagioni di Reacher e di altre serie è ancora da vedere, ma una cosa è certa: CBS Studios ha ora un ruolo fondamentale nel dare forma al prossimo capitolo di questi acclamati show. La terza stagione di Reacher è prevista su Prime Video nel 2025.

Paramount TV Studios chiuderà per sempre

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Paramount TV Studios chiuderà per sempre

I Paramount TV Studios hanno annunciato che cesseranno le loro attività alla fine di questa settimana. La chiusura dello studio, che ha 11 anni di vita, si aggiunge a una serie di licenziamenti annunciati la scorsa settimana dalla Paramount, tra cui il 15% dei dipendenti statunitensi, oltre ai circa 800 licenziamenti di sei mesi fa, secondo quanto riportato da The Hollywood Reporter. Queste mosse fanno parte di un tentativo di risparmiare 500 milioni di dollari di costi in vista della fusione con Skydance.

Il presidente della società Nicole Clemens e il co-CEO di Paramount George Cheeks hanno comunicato al personale che i Paramount TV Studios sarebbero stati chiusi questa mattina. È stato inoltre annunciato che la Clemens lascerà la società e che tutte le serie e i progetti attualmente in fase di sviluppo presso i Paramount TV Studios passeranno sotto l’ombrello dei CBS Studios. Tra queste serie ci sono Reacher, Time Bandits di Apple e Cross per Prime Video.

In una nota inviata al personale Clemons si legge in parte: “Paramount Global ha preso la difficile decisione di chiudere i Paramount Television Studios come parte dei più ampi piani di ristrutturazione della società. Questo è stato un periodo difficile e di trasformazione per l’intero settore e purtroppo il nostro studio non ne è immune“. Clemens è entrata a far parte dei Paramount TV Studios nel 2018 dopo aver lavorato nei ranghi esecutivi di FX. Dal 2021 fa parte anche della supervisione dei contenuti sceneggiati di Paramount+. Ha aggiunto:

“Negli ultimi 11 anni, PTVS ha superato ostacoli apparentemente insormontabili grazie a una combinazione di forza, determinazione e impegno incrollabile. Abbiamo affrontato queste sfide con un’incredibile resilienza, creatività e passione per ciò che facciamo, e non potrei essere più orgogliosa del nostro team”.

La chiusura degli studi televisivi Paramount rispecchia i cambiamenti della televisione, non le prestazioni dello studio

Reacher Alan Ritchson

Un’ulteriore nota del co-CEO George Cheeks precisa che la chiusura dello studio “non è una decisione basata sull’andamento di PTVS“. Afferma che “questa mossa è il risultato di cambiamenti significativi nel mercato televisivo e dello streaming e della necessità di snellire la nostra azienda“. A luglio è stato annunciato che Paramount e Skydance si sarebbero fuse in un accordo da 8 miliardi di dollari. L’attuale roster di Paramount TV Studios comprende anche Interview With the Vampire, Before e Murderbot di AMC.

Poiché questi show passeranno sotto l’ombrello dei CBS Studios, non sembrano esserci motivi di preoccupazione per il loro destino attuale. I licenziamenti, hanno spiegato i dirigenti, avverranno in tre fasi nel corso dell’anno.

Lily Collins: 10 cose che non sai sull’attrice

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Lily Collins: 10 cose che non sai sull’attrice

Lily Collins è una di quelle attrici che in pochi anni è riuscita a conquistare una grande fetta di pubblico grazie alle sue interpretazioni e al suo magnetismo. L’attrice, figlia del musicista inglese Phil Collins, ha sempre dato prova di cavarsela da sola e camminare con le proprie gamba, distaccandosi dal cognome che porta, senza essere la classica figlia di papà.

Con qualche esperienza teatrale alle spalle e molto lavoro, l’attrice ha espresso il suo talento, diventando una delle più apprezzate dalle giovani e vecchie generazioni, diventanto anche una star Netflix con la serie Emily in Paris. Ecco, allora, dieci cose che forse non sapevate di Lily Collins.

Lily Collins: i suoi film

lily collins

1. I film e la carriera. La carriera cinematografica dell’attrice inizia nel 2009, quando debutta sul grande schermo con The Blind Side, per poi apparire in Priest (2011), Abduction – Riprenditi la tua vita (2011), Biancaneve (2012), Stuck in Love (2012) e The English Teacher (2013). In seguito, prende parte a film come Shadowhunters – Città di ossa (2013), Scrivimi ancora (2014), L’eccezione alla regola (2016), Fino all’osso (2017) e Okja (2017). Nel 2019 ha interpretato Lauren Monroe in Inheritance, Liz Kendall in Ted Bundy – Fascino criminale (2019) e Edith Bratt in Tolkien (2019). Nel 2020 è stata Emily Cooper nella serie di successo originale Netflix Emily in Paris. Nello stesso ha interpretato Rita Alexander nel film Originale Netflix candidato all’oscar Mank. Nel 2021 ha interpretato Camilla nella serie AppleTV+ Calls. Quest’anno ha recitato nei film Halo of Stars e Titan attualmente in post-produzione.

Lily Collins ha recitato anche in film originali Netflix

Oltre al film Mank, ha interpretato diversi film prodotti da Netflix come Windfall (2022), To The Bone (2017) e Okja (2017.

2. Ha lavorato in alcune serie tv. Oltre ad aver prestato la propria attività attoriale per il mondo del cinema, l’attrice ha lavorato anche in diversi progetti dedicati al piccolo schermo. Infatti, è apparsa per la prima volta in 90210 (2009), per poi prendere parte a serie come L’ultimo tycoon (2016-2017) e Les Miserables (2018-2019).

Emily in Paris, la quarta stagione in arrivo

Nel 2024 debutterà la quarta stagione di Emily in Paris, divisa in due parti. La stagione 4, parte 1, di Emily in Paris sarà disponibile su Netflix il 15 agosto, mentre la parte 2 sarà presentata in anteprima il 12 settembre.

3. È anche doppiatrice. Nel corso della sua carriera, l’attrice ha provato a vestire panni diversi da quelli consueti. Infatti, ha indossato qualche volta quelli da doppiatrice, prestando la voce ai film d’animazione Tarzan (1999) e È arrivato il Broncio (2018).

Lily Collins è sposata con Charlie McDowell

4. Ha avuto una storia di tira e molla con un collega. Dal luglio del 2012 l’attrice ha iniziato a frequentare Jamie Campbell Bower, conosciuto sul set di Shadowhunters – Città di ossa. Tuttavia, la loro relazione è stata molto tormentata: infatti, si sono lasciati nel settembre del 2013, per poi riprendersi due anni dopo rilasciarsi nel 2016. In seguito, alla fine del 2016 si sono rimessi insieme, per poi lasciarsi definitivamente a metà 2018.

Vita privata. Nel 2019 la Collins inizia a frequentare il regista e sceneggiatore Charlie McDowell, figlio degli attori Mary Steenburgen e Malcolm McDowell; il fidanzamento viene ufficializzato nel settembre 2020. I due convolano a nozze il 4 settembre 2021 a Dunton Hot Springs, nel Colorado.

La vita sentimentale di Lily Collins in Emily in Paris sullo schermo può essere disordinata e caotica, ma nella vita reale è felicemente sposata con Charlie McDowell. L’adorabile coppia ha iniziato a frequentarsi nel 2019 e si è sposata due anni dopo, nel 2021. Sia la Collins che McDowell appaiono spesso sui rispettivi feed di Instagram e non sono timidi nel professare il loro amore reciproco attraverso scatti romantici e didascalie da urlo. Infatti, in un post del 2022 che commemorava il loro primo anniversario di matrimonio, la Collins ha ringraziato McDowell per essere stato “la mia roccia, la mia costante fonte di amore e di risate, e il mio sostegno emotivo per tutto il tempo che abbiamo trascorso qui, ancora una volta”.

Un anno dopo, ha condiviso sentimenti simili in un post più lungo, ma altrettanto speciale: “Due anni oggi e una vita a venire. Ricordo questo momento, questo giorno, questa emozione come se fosse ieri. E sento l’amore, il sostegno e la magia 100 volte di più. Ti adoro @charliemcdowell e non potrei essere più grata di essere la tua metà nella vita e nell’amore. Mi rendi un essere umano più forte, più coraggioso e più luminoso. Grazie per essere il più grande partner che potessi mai immaginare e per farmi sorridere come nessun altro. Ecco altri 365 giorni di ricordi che ci aspettano, in qualsiasi parte del mondo ci troviamo. Camminerei verso l’ignoto con te ogni giorno e ogni giorno. Con te al mio fianco, è sempre un’avventura epica…“.

5. Ha avuto dei fidanzati famosi. Sembra che l’attrice abbia avuto modo di frequentare alcuni colleghi: infatti, nel 2011 ha avuto una breve storia con Taylor Lautner, mentre tra il 2011 e il 2012 ha frequentato per qualche mese Zac Efron. Tra i vari flirt a lei attribuiti, ci sarebbero quelli con Chris Evans, Chord Overstreet, Nick Jonas e Thomas Cocquerel.

Lily Collins ha interpretato Biancaneve

lily collins

6. Ha perso qualche capello. Mentre si stavano facendo delle riprese per una scena di combattimento tra la regina cattiva e Biancaneve, Julia Roberts ha accidentalmente strappato qualche capello all’attrice.

7. Avrebbe dovuto interpretare un’altra Biancaneve. L’attrice ha dichiarato di aver fatto originariamente un provino per il ruolo di Biancaneve per il film Biancaneve e il cacciatore (2012), perdendo il ruolo contro Kristen Stewart, diventando poi la protagonista di questo film, dal titolo originale Mirror, mirror.

Lily Collins è stata protagonista di Scrivimi ancora

8. Ha usato delle sue foto. Molte delle foto che vengono mostrate nella camera da letto del suo personaggio nella casa dei suoi genitori, sono delle foto di qualche anno prima appartenenti all’attrice stessa, ritratta da sola e con i suoi amici.

Lily Collins ha scritto un libro

9. Ha scritto un libro. Nel suo libro Senza filtri. Nessuna vergogna, nessun rimpianto, soltanto me, uscito nel 2017, l’attrice ha rivelato di aver sofferto di alcuni disordini alimentari quando era adolescente. Scrivere questo libro e parlare dei suoi problemi ha fatto sì che fosse un modo per parlare di un disturbo che affligge uomini e donne di tutto il mondo, disturbo di cui non si parla mai abbastanza.

Lily Collins: età e altezza

10. Lily Collins è nata il 18 marzo del 1989 a Guildford, nel Surrey, in Inghilterra, e la sua altezza complessiva corrisponde a 165 centimetri.

Fonti: IMDb, The Famous People, Ranker

FOTO DI COPERTINA: Foto di PopularImages Via Depositphoto.com

Emily in Paris – Stagione 3, recap: Cosa ricordare prima della stagione 4

Il finale della terza stagione di Emily in Paris ci ha lasciati a bocca aperta sulla scia di diversi cliffhanger rivoluzionari, dal passato segreto all’annuncio di una gravidanza. La nostra americana alla moda preferita tornerà ad agosto per affrontare questi drammatici sviluppi, ma prima di tuffarci a capofitto nella stagione di quest’anno, fatta di stelle Michelin, relazioni illecite e preparativi per l’Eurovision, aggiorniamoci sulle stravaganti vite di queste parigine chic. La terza stagione della serie tv ha visto cambiamenti drastici nella vita lavorativa, amorosa e sentimentale di Lily Collins, a partire dal sogno di precipitare dalla Torre Eiffel dopo aver fallito una scelta. Dopotutto, come diceva Jean-Paul Sartre e come impara Emily Cooper, non fare una scelta è comunque una scelta.

Emily sceglie la società di marketing con cui lavorare nella terza stagione

L’inizio della terza stagione ha visto Emily Cooper combattuta tra la scelta di rimanere con Madeline (Kate Walsh) al Savoir e quella di andare con Sylvie (Philippine Leroy-Beaulieu) alla sua nuova agenzia indipendente, l’Agence Grateau. In pieno stile Cooper, Emily fa la spola tra le due, fino a quando, a causa di un imbarazzante lancio con McDonald’s che ha comportato la rottura delle acque di Madeline (dopo il suo milionesimo trimestre), Sylvie taglia fuori Emily dalla squadra. Quando Madeline decide di impacchettare il Savoir e di tornare in America – dopo che Sylvie ha sabotato il loro edificio per metterci le mani sopra – Emily segue il suo cuore e torna a Parigi, dove si ritrova a lavorare come impiegata. L’irrequieta e stacanovista Emily non riesce naturalmente a sopportare la disoccupazione, che la porta a lavorare per un breve periodo come cameriera al Chez Lavaux di Gabriel (Lucas Bravo). Dopo aver provocato una grave reazione allergica in uno degli avventori del ristorante ed essere stata prontamente licenziata, alla fine torna al suo vero amore per il marketing – non prima di aver cancellato dalla sua lista di cose da fare il sesso diurno su una ruota panoramica – e ricomincia a dimostrare a Sylvie il suo valore.

Si fa strada nelle grazie di Sylvie giocando sul suo legame con Janine Dubois (Kate Colebrook), una giornalista di Le Monde che scrive la prestigiosa “La Liste”. Sebbene Emily si sia accidentalmente ritrovata in cima alla lista al posto di Sylvie, e anche Gabriel abbia ottenuto un posto all’ottavo posto, Sylvie riconosce a malincuore il valore del ritorno di Emily nella squadra. È anche abbastanza soddisfatta di essersi guadagnata un articolo nella sezione Stile della rivista. Mentre Luc (Bruno Gouery) e Julien (Samuel Arnold) sono entusiasti di riavere la loro amata pedina americana, dimenticano quanto Emily possa essere troppo zelante sul lavoro. Dopo che la campagna con il cliente di Julien, Ami Paris, va male, Emily interviene per salvare la situazione. Si verifica un incidente simile, in cui Emily è sopraffatta dal suo entusiasmo e continua a fare da spalla all’idea di Julien, tanto che Sylvie promette di chiedere a Emily di darsi una calmata. Tuttavia, Julien ne ha abbastanza dell’intromissione di Emily e lo vediamo scrivere furiosamente un’e-mail a un misterioso datore di lavoro, suggerendo che potrebbe lasciare l’Agence Grateau.

Il quadrato amoroso Emily-Alfie-Gabriel-Camille si conclude nella terza stagione

Se la vita lavorativa di Emily è già abbastanza drammatica, la sua vita sentimentale lo è dieci volte tanto. La stagione inizia con le coppie consolidate di Emily/Alfie (Lucien Laviscount) e Gabriel/Camille (Camille Razat). Nel corso della stagione, Emily vive una dolce storia d’amore con Alfie, che è ancora emotivamente trattenuto dopo che il suo cuore è stato spezzato in passato. Tuttavia, la coppia riceve una buona notizia: Alfie diventa il direttore finanziario di Antoine (William Abadie) e non ha più bisogno di trasferirsi a Londra. Si scopre che Alfie è un direttore finanziario prezioso per Antoine, noto per essere uno spendaccione, e insieme danno a Gabriel la proprietà del suo ristorante.

Nel frattempo, Gabriel è più che mai impegnato con Camille e con il suo ristorante, che ora si chiama L’Esprit de Gigi come sua nonna, e punta a ottenere una stella Michelin. Quando la fidanzata di Luc, che è un critico gastronomico della Michelin, viene al ristorante, Emily avverte freneticamente Gabriel dell’ospite VIP. Sebbene Luc debba mantenere il riserbo sull’identità della sua ragazza, quando scopre che Gabriel sta per ottenere una stella Michelin, lo comunica a Emily. Dopo aver appreso la notizia, Gabriel bacia la mano di Emily in preda all’eccitazione, una scena gioiosa che viene vista da Camille – che, tra l’altro, è ora il fidanzato di Gabriel dopo che lei gli ha chiesto di sposarlo.

Il finale della terza stagione vede Gabriel e Camille all’altare, in procinto di unirsi per la vita, finché Camille non annulla il matrimonio. Si scopre che era incinta, il che spiega la loro corsa all’altare. Tuttavia, Camille ricorda anche un voto della prima stagione, in cui lei ed Emily avevano promesso di non uscire con Gabriel, una promessa che Camille ha subito infranto. Ma la ragazza afferma anche che Gabriel ed Emily sono perfetti l’uno per l’altra e che sono ancora innamorati l’uno dell’altra, giustificando così il fatto di aver lasciato Gabriel all’altare. Naturalmente, questo provoca anche una frattura nel rapporto tra Emily e Alfie, che se ne va completamente traumatizzato e con il cuore spezzato.

Ciò che Camille dimentica opportunamente di menzionare è che anche lei ha avuto una relazione amorosa illecita nel corso della stagione. Durante una delle gallerie organizzate da Camille, incontra la splendida artista greca Sofia (Melia Kreiling), che fa immediatamente perdere la testa a Camille. Emily li sorprende a baciarsi una volta, ma Camille la ricatta emotivamente costringendola al silenzio, usando come arma la passata relazione di Emily con Gabriel. Anche se la relazione finisce, Camille si chiede se sia destinata ad amare una sola persona, suggerendo forse un arco poliamoroso in seguito.

Sylvie nasconde un passato segreto nella terza stagione di “Emily in Paris”.

Sylvie ha il suo drammatico viaggio nella terza stagione di Emily in Paris, dalla ricerca di clienti per la sua nuova agenzia senza infrangere il suo divieto di concorrenza alla sua torrida storia d’amore illecita con… suo marito Laurent (Arnaud Binard)? Dal cibo per animali alla McLaren, l’Agence Grateau continua a guadagnare terreno anche dopo aver perso il suo primo cliente, Pierre Cadault (Jean-Christophe Bouvet), che ha venduto il suo marchio al conglomerato del lusso JVMA. Tuttavia, Pierre continua a chiedere consigli ai suoi vecchi amici, soprattutto quando il nuovo negozio di JVMA minaccia la sua reputazione prendendo troppo sul serio la sua nuova “ringarde”. Con il suo volto su tutti i pezzi del negozio, la sua linea non è più ironicamente ringarde, ma sembra un prodotto di un parco a tema.

JVMA chiama Emily e Sylvie per dare una mano con la vetrina del negozio, solo per scoprire che l’azienda sostituirà Pierre con la sua nemesi della moda, Gregory Dupree (Jeremy O. Harris). Dopo aver cercato di vendere una linea di uniformi per assistenti di volo di ispirazione BDSM a una prestigiosa compagnia aerea, Gregory è alla ricerca disperata di una commissione e coglie al volo l’occasione. Nel frattempo, Pierre viene investito da un’auto in corsa prima di scoprire di essere stato sostituito. Emily e Sylvie organizzano brillantemente un piano per annunciare la morte di Pierre, per poi farlo risorgere la sera dell’annuncio della JVMA e reclamare il suo marchio, assicurandosi l’Agence Grateau, il loro cliente originario.

La vita sentimentale di Sylvie è drammatica come sempre: il suo fidanzato, Erik (Søren Bregendal), si chiede perché sia ancora sposata con suo marito quando si incontrano a un evento McLaren. Dopo averlo rassicurato, la donna finisce per assumere segretamente il marito per aiutarla con le pratiche burocratiche della sua nuova agenzia, senza rendersi conto di quanto lavoro di fondo Savoir abbia svolto per lei. Passare del tempo insieme riaccende il loro rapporto, soprattutto quando lui si presenta in smoking per festeggiare il loro anniversario insieme all’opera.

Oltre alla sua relazione segreta con Laurent, Sylvie nasconde anche un misterioso passato con Louis de Leon (Pierre Deny), il capo dell’impero JVMA. Quando ha scoperto che la JVMA intendeva sostituire Pierre, ha affrontato Louis e la loro interazione indica una lunga e complicata storia tra loro. Si dà il caso che Louis sia anche uno degli investitori di Laurent, rendendo l’intricata rete di relazioni ancora più contorta: chi è quest’uomo sfuggente?

La band di Mindy si sta preparando per l’Eurovision in “Emily in Paris”.

Il dramma si insinua anche nella vita di Mindy (Ashley Park), la fedele e migliore amica di Emily, nonché cantante di una band. Mindy rompe ufficialmente con il compagno di band Benoit (Kevin Dias) dopo che lui si sente minacciato dalla sua amicizia con un vecchio compagno di collegio e capo dell’impero JVMA insieme al padre, Nicolas de Leon (Paul Forman). Si scopre che i suoi sospetti non erano poi così lontani: Nicolas si innamora di Mindy e lei alla fine si butta in una relazione con lui. Uscire con il capo di un conglomerato di lusso significa eventi e, beh, lusso.

Mindy vive una storia d’amore sontuosa ed eccitante, che le apre anche la possibilità di cantare. Tuttavia, con il dramma di Pierre e l’atteggiamento abrasivo di Nicolas nei confronti di Emily, Mindy si trova tra il fidanzato e la rivalità con la sua migliore amica. Tuttavia, quando viene a conoscenza del comportamento di Nicolas, sceglie immediatamente di stare dalla parte di Emily, soprattutto perché lui si rifiuta di andare ai suoi eventi, anche se lei lo accompagna doverosamente ai suoi. Ma quando Nicolas si scusa portandola con sé in un’avventura europea, non sappiamo se lei lo abbia davvero perdonato o meno. Come se non bastasse, Benoit viene a sapere che la band è stata ammessa all’Eurovision come rappresentante della Francia, garantendo un’energia imbarazzante quando il gruppo torna a riunirsi per esercitarsi in vista di questa incredibile opportunità.

La stagione 4, parte 1, di Emily in Paris sarà disponibile su Netflix il 15 agosto, mentre la parte 2 sarà presentata in anteprima il 12 settembre.

George Clooney è ancora arrabbiato con David O. Russell: “Miserabile str*nzo”

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George Clooney si apre in merito alla sua famigerata faida con il regista di Hollywood David O. Russell. Russell e Clooney hanno lavorato insieme al film Three Kings nel 1999, una commedia dark sulla Guerra del Golfo Persico che raccontava di quattro soldati che cercavano di rubare l’oro che era stato loro rubato in Kuwait. Oltre a Clooney, il film aveva come protagonisti Mark Wahlberg, Ice Cube, Spike Jonze, Cliff Curtis e Nora Dunn. Three Kings è stato molto apprezzato al momento della sua uscita e ha ricevuto una nomination ai Critics Choice Awards come miglior film.

Parlando con GQ, Clooney ha fatto riferimento alla sua faida con Russell. L’attore e regista ha iniziato parlando più in generale di “assegnazione del tempo” e di come sia più esigente sul tipo di tempo che dedicherà ai progetti da ora in avanti. Poi intensifica la sua affermazione dicendo che sono finiti i giorni in cui si sarebbe accontentato di “un miserabile stronzo come David O. Russell che gli rendeva la vita un inferno“. Dai un’occhiata alla citazione completa di Clooney qui sotto:

Persone a cui piace quello che fanno. Tipo, stavi parlando di assegnazione del tempo. Più invecchi, più l’assegnazione del tempo cambia. Cinque mesi della tua vita sono tanti. E quindi non è solo tipo, “Oh, farò un film davvero bello, come Three Kings, e lo farò con uno stronzo miserabile come David O. Russell che mi renderà la vita un inferno. Renderà la vita di ogni persona della troupe un inferno”. Non ne vale la pena. Non a questo punto della mia vita. Solo per avere un buon prodotto.

George Clooney vs David O. Russell: cosa è successo?

Il recente commento di George Clooney su Russell arriva anni dopo che la sua lite con il regista di Three Kings è stata rivelata pubblicamente. Dopo che Russell avrebbe detto cose degradanti alle comparse sul set, Clooney avrebbe avuto una colluttazione fisica con il regista. La suddetta colluttazione è stata pubblicizzata in un articolo di Playboy del 2000, in cui Clooney si riferiva al suo lavoro in Three Kings come “la peggiore esperienza della [sua] vita“. Da allora l’attore ha cercato di fare ammenda con Russell, ma chiaramente non abbastanza da voler lavorare di nuovo con lui.

Nonostante i molteplici episodi di cattiva condotta, i film di Russell rimangono celebrati. È stato candidato all’Oscar come miglior regista tre volte, per The Fighter, Il lato positivo e American Hustle. Russell ha ancora alcuni collaboratori abituali, tra cui Christian Bale, Bradley Cooper e Jennifer Lawrence. Tuttavia, i commenti di Clooney dimostrano che il comportamento di Russell non sarà tollerato da alcuni e forse ciò porterà a dei cambiamenti in futuro.

Kraven – Il Cacciatore, il nuovo trailer con Aaron Taylor-Johnson

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Il nuovo trailer di Kraven – Il Cacciatore, prodotto da Sony Pictures in associazione con Marvel, che racconta la storia di Sergei Kravinoff, personaggio creato da Stan Lee e Steve Ditko nel 1964 e uno dei villain più amati dell’universo di Spider-Man. Il film diretto da J. C. Chandor (Margin Call) è interpretato da Aaron Taylor-Johnson (Avengers: Age of Ultron, Tenet, Bullet Train), Ariana De Bose (West Side Story), Fred Hechinger (Butcher’s Crossing, Il Gladiatore II), Alessandro Nivola (Amsterdam), Christopher Abbott (Povere creature!) e Russell Crowe (Il gladiatore).

Kraven – Il Cacciatore, scritto da Art Marcum, Matt Holloway e Richard Wenk, sarà solo al cinema dall’11 dicembre prodotto da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures.

Kraven – Il Cacciatore, la trama

Kraven – Il Cacciatore racconta la violenta storia della nascita e del destino di uno dei villain più iconici della Marvel. Aaron Taylor-Johnson interpreta Kraven, un uomo la cui complessa relazione con il suo spietato padre, Nikolai Kravinoff (Russell Crowe), lo conduce su un cammino di vendetta con conseguenze brutali, motivandolo a diventare non solo il più grande cacciatore del mondo, ma anche uno dei più temuti

Saturday Night: il trailer del film di Jason Reitman

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Saturday Night: il trailer del film di Jason Reitman

Il film di Jason Reitman sulla trasmissione inaugurale di “Saturday Night Live“, dal titolo Saturday Night, appunto, uscirà l’11 ottobre 2024 (data USA) e ora è arrivato il trailer.

Alle 23:30 di quella sera, spiega la sinossi ufficiale del film, “una feroce compagnia di giovani comici e autori ha cambiato per sempre la televisione”. Il film della Sony, intitolato ufficialmente “Saturday Night“, è basato sulla vera storia di ciò che è accaduto dietro le quinte nei 90 minuti precedenti la trasmissione. “Pieni di umorismo, caos e la magia di una rivoluzione che quasi non c’è stata, contiamo alla rovescia i minuti in tempo reale fino alle famose parole: “In diretta da New York, è sabato sera!”

Saturday Night” è diretto da Reitman da una sceneggiatura che ha scritto con il suo co-sceneggiatore di “Ghostbusters – Minaccia GlacialeGil Kenan, attingendo alla serie di interviste della coppia con il cast, gli autori e i membri della troupe viventi della produzione storica.

Il film sull’avvento del Saturday Night Live

La trasmissione originale del 1975 di “SNL” sulla NBC è stata presentata da George Carlin con ospiti musicali Billy Preston e Janis Ian. Dan Aykroyd, John Belushi, Chevy Chase, Jane Curtin, Garrett Morris, Laraine Newman, Michael O’Donoghue e Gilda Radner sono tutti apparsi nell’episodio, così come George Coe, che non sarebbe più apparso come membro del cast. Anche il comico Andy Kaufman si è esibito nell’episodio. Dick Ebersol ha sviluppato il varietà e ha assunto Lorne Michaels come showrunner, che rimane il capo della serie di lunga data.

Il cast del film include Gabriel LaBelle (nel ruolo di Michaels), Dylan O’Brien (Aykroyd), Cory Michael Smith (Chase), Rachel Sennott (Rosie Shuster), Lamorne Morris (Morris), Nicholas Braun (Jim Henson), Finn Wolfhard, Jon Batiste (Preston), Ella Hunt (Radnor), Cooper Hoffman (Ebersol), Andrew Barth Feldman (Neil Levy), Naomi McPherson (Ian), Willem Dafoe (David Tebet), J.K. Simmons (Milton Berle) e Kaia Gerber (Jacqueline Carlin), tra gli altri.

Deadpool & Wolverine: i concept alternativi di “The Cavillerine”

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L’ultimo round di concept art di Deadpool & Wolverine sposta i riflettori sulla variante più sorprendente del film: The Cavillerine, ovvero la variante di Wolverine con le sembianze di Henry Cavill.

Grazie a Wes Burt, possiamo vedere alcune delle idee alternative considerate per Wolverine di Henry Cavill, anche se non c’è niente di drasticamente diverso. Diremmo che il look solo canottiera era abbastanza convincente e che il tocco di camicia di flanella aggiungeva la giusta quantità di ruvidezza necessaria al personaggio ma è chiaro che avrebbe portato a dei paragoni con il suo Clark Kent. La canottiera d’altronde è riuscita a mettere in evidenza i bicipiti in maniera impeccabile.

Ecco uno sguardo più da vicino a The Cavillerine di seguito:

“Non riesco a pensare a un ruolo più impossibile o frustrante da riassegnare di qualcosa come Wolverine”, ha affermato di recente il protagonista, sceneggiatore e produttore di Deadpool & Wolverine Ryan Reynolds. “Come attore, sarebbe un passo orribile e intimidatorio in quella direzione. Dovresti davvero reinventarlo e affrontarlo in modo diverso.” “È uno dei pochi cameo che è un vero cameo. Gli altri sono sorprese o persone che hanno un motivo per essere lì. È stato un grande sportivo. Amiamo Henry e farò di tutto perché lui ricambi il favore.” Ha detto Reynolds in merito al coinvolgimento di Cavill nel film.

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Shawn Levy dirige Deadpool & Wolverine, con Ryan Reynolds, Hugh Jackman, Emma Corrin, Morena Baccarin, Rob Delaney, Leslie Uggams, Karan Soni, Matthew Macfadyen, e Dafne Keen. Il film è stato scritto da Ryan Reynolds, Rhett Reese, Paul Wernick, Zeb Wells e Shawn Levy.

J.K. Rowling citata nella denuncia della pugile algerina Imane Khelif

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J.K. Rowling ed Elon Musk sono stati entrambi citati in una denuncia penale presentata alle autorità francesi per presunti “atti di molestie informatiche aggravate” contro la pugile algerina e neo-campionessa olimpica Imane Khelif.

Nabil Boudi, l’avvocato di Khelif con sede a Parigi, ha confermato a Variety che entrambe le figure sono state menzionate nel corpo della denuncia, pubblicata venerdì sul centro anti-odio online dell’ufficio del pubblico ministero di Parigi.

La causa è stata intentata contro X, il che, secondo la legge francese, significa che è stata intentata contro ignoti. Ciò “garantisce che l’accusa abbia tutta la libertà di poter indagare contro tutte le persone“, comprese quelle che potrebbero aver scritto messaggi d’odio sotto pseudonimo, ha affermato Boudi. La denuncia menziona tuttavia personaggi notoriamente controversi.

“J. K. Rowling ed Elon Musk sono citati nella causa, tra gli altri”, ha affermato, aggiungendo che Donald Trump sarebbe stato coinvolto nell’indagine. “Trump ha twittato, quindi, che venga o meno nominato nella nostra causa, sarà inevitabilmente esaminato come parte dell’accusa”.

J.K. Rowling, Elon Musk e Donald Trump citati nella causa

Khelif, che sabato ha vinto la medaglia d’oro olimpica nella gara di pugilato femminile da 66 chilogrammi, ha trascorso gran parte delle Olimpiadi del 2024 a Parigi al centro di una rumorosa e spiacevole disputa sulla sua idoneità di genere che ha avuto eco in tutto il mondo.

Nonostante sia nata donna e non si identifichi come transgender o intersessuale, e nonostante sia sostenuta dal Comitato Olimpico Internazionale, che ha affermato “scientificamente, non si tratta di un uomo che combatte una donna“, Khelif ha dovuto affrontare un diluvio di accuse e abusi sul suo genere.

La maggior parte degli attacchi è avvenuta tramite i social media, in particolare su X/Twitter, e la controversia è aumentata quando personaggi di alto profilo hanno incrementato la polemica. In un messaggio ai suoi 14,2 milioni di follower, J.K. Rowling ha pubblicato una foto del combattimento di Khelif con la pugile italiana Angela Carini, accusando la prima di essere un uomo che “si stava godendo la sofferenza di una donna che aveva appena preso a pugni in testa”.

Musk, nel frattempo, ha condiviso un post della nuotatrice Riley Gaines che affermava che “gli uomini non appartengono agli sport femminili“. Il proprietario di X ha co-firmato il messaggio scrivendo: “Assolutamente“. Trump ha pubblicato un messaggio con una foto del combattimento con Carini accompagnata dal messaggio: “Terrò gli uomini fuori dagli sport femminili!”

Boudi ha affermato che, sebbene la denuncia menzioni dei nomi, “Quello che chiediamo è che l’accusa indaghi non solo su queste persone, ma su chiunque ritenga necessario. Se il caso andrà in tribunale, saranno processati”.

Boudi ha anche affermato che, sebbene la causa sia stata intentata in Francia, “potrebbe colpire personalità all’estero”, sottolineando che “l’ufficio del procuratore per la lotta all’incitamento all’odio online ha la possibilità di presentare richieste di mutua assistenza legale con altri paesi”. Ha aggiunto che c’erano accordi con l’equivalente statunitense dell’ufficio francese per la lotta all’incitamento all’odio online.

Anche Logan Paul è stato tra coloro che hanno attaccato Khelif sui social media, postando su X dopo la sua vittoria contro Carini: “Questa è la forma più pura di male che si sta svolgendo proprio davanti ai nostri occhi. A un uomo è stato permesso di picchiare una donna su un palcoscenico globale, distruggendo il sogno della sua vita mentre lei combatteva per il suo defunto padre. Questa illusione deve finire”. Paul ha poi cancellato il post e ha ammesso che “potrebbe essere colpevole di aver diffuso disinformazione”.

Ma per Bouli, tali scuse, comprese quelle che Khelif ha ricevuto personalmente da personaggi di spicco che hanno twittato commenti denigratori, non cambierebbero nulla riguardo all’indagine. “La causa è stata intentata e i fatti rimangono“, ha affermato.

Per quanto riguarda X, Boudi ha affermato che la denuncia è rivolta agli autori dei post sui social media e non alle piattaforme stesse. “È responsabilità dei legislatori emettere sanzioni alle piattaforme, non nostra”, ha affermato. Ma ha notato che i casi di molestie informatiche ora vengono prese molto più seriamente dalle autorità giudiziarie e che, in alcuni casi, “ci sono pene detentive”.

L’allenatore di Khelif, Pedro Diaz, ha detto a Variety che il bullismo che Khelif ha subito durante la sua corsa alle Olimpiadi “ha avuto un impatto incredibile su di lei” e “su tutti quelli che la circondavano”.

“La prima volta che ha combattuto alle Olimpiadi, c’è stata questa tempesta folle fuori dal ring”, ha detto Diaz, che gestisce la Mundo Boxing Gym di Miami e ha iniziato ad allenarsi con Khelif nel febbraio 2023. “Non avevo mai visto niente di così disgustoso in vita mia”, ha aggiunto l’allenatore, che ha partecipato all’allenamento di 21 campioni olimpici prima della pugile algerina. Diaz ha detto di aver chiesto a Khelif di astenersi dal guardare i social media in modo che “non perdesse la concentrazione sulla vittoria della medaglia d’oro”. “È così intelligente e ha una motivazione incredibile”, ha detto, aggiungendo che la sua vittoria della medaglia d’oro “è stata la vittoria più gratificante della mia carriera di allenatore”.

The Bear 3: recensione della serie con Jeremy Allen White

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The Bear 3: recensione della serie con Jeremy Allen White

Nella serata inaugurale del The Bear, Carmy rimane chiuso nella cella frigorifero del suo ristorante, e a seguito di una crisi di panico, comincia a sputare veleno su chiunque, dall’altro lato della spessa porta metallica, provi a tranquillizzarlo: Neil, Ritchie e soprattutto Claire, che lo chef lascia lì, su due piedi. Così si era concluso il secondo ciclo della serie prodotta da Hulu e disponibile in Italia dal 14 agosto su Disney+ anche con la terza stagione ideata anch’essa da Christopher Storer. La recensione di The Bear 3 proverà a raccontare quello che ci aspetta nei prossimi dieci episodi della serie (attenzione, potrebbero seguire spoiler).

The Bear, dove eravamo rimasti

La terza stagione di The Bear riparte più o meno da quel momento drammatico. Sembrano passati pochi giorni e Carmy (Jeremy Allen White) fa quello che sa fare meglio: nascondersi nel lavoro e spingere sull’acceleratore, scappando dai confronti e dai problemi, non riuscendo a trovare la forza di confrontarsi con Claire e riuscendo solo a sputare odio addosso a Ritchie (Ebon Moss-Bachrach), che lo ricambia con la stessa moneta. Sydney (Ayo Edebiri), dal canto suo, cerca di portare avanti con fatica la sua ambizione e la sua volontà all’interno del ristorante, ma troverà complicato avere a che fare con un socio che vuole l’obbedienza e non il confronto.

E mentre le relazioni trai personaggi sembrano cadere a pezzi, con Natalie (Abby Elliott) che è prossima al parto e DD (Jamie Lee Curtis) che desidera far parte della vita dei figli, sembra che nessuno abbia ancora davvero elaborato la morte di Mickey (John Bertram). Intanto, i finanziamenti per l’ambizioso progetto del ristorante cominciano a scarseggiare. Quando però arriva la notizia che Chef Terry (Olivia Colman) vuole appendere il mestolo al chiodo e chiudere il suo ristorante, qualcosa sembra smuoversi dentro i protagonisti.

Una delle serie più raffinate degli ultimi anni

Christopher Storer è certamente uno che ha ottenuto la sua stella Michelin, in forma di premi, trofei e riconoscimenti, grazie a uno dei prodotti televisivi più raffinati e interessanti degli ultimi anni, che si avvale di una scrittura che sguazza nel dramma umano condendolo di ironia (la serie compete nella categoria Commedia per i premi dedicati alla Tv, pur lasciandoci sempre tutti i lacrime di dolore), di un cast costantemente sfidato dal testo e sfidante nei confronti del pubblico, che resta incantato dalla performance collettiva, di un linguaggio raffinato, e da scelte musicali imprevedibili e ricercate.

The Bear 3 rimugina su se stessa

Assodato tutto questo, The Bear 3 è decisamente il ciclo più debole dell’intera serie fino a questo momento. Con eccezione di momenti in cui gli archi narrativi vengono sviluppati e approfonditi, la stagione si rivela un lungo rimuginare su ciò che era già stato detto e raccontato, in maniera eccellente, nella prima stagione. Nel suo nucleo, The Bear 3 è una lunghissima attesa di una elaborazione del lutto che sembra non cominciare mai. Ognuno dei personaggi soffre una perdita, che non per forza è quella della morte di un caro, ma è uno strappo nella propria vita, un’ambizione disattesa, un legame lasciato andare, un chiarimento non affrontato, tutti sono alle prese con la loro inadeguatezza personale che si riflette nella lotta contro corrente che Carmy e Syd affrontano per ottenere la Stella Michelin che tanto desiderano per The Bear (il ristorante, non la serie).

Sull’orlo della crisi di nervi

In questo terzo ciclo, Storer si guarda intorno e rielabora quanto realizzato fino a questo momento, sfrutta l’ormai classico ritmo frenetico di scambi, botta e risposta violenti, tagli rapidi, tutto ovviamente “sull’orlo della crisi di nervi”, dà spazio ai personaggi secondari che diventano protagonisti di vere e proprie parentesi nonsense che sembrano avere soltanto lo scopo di “riempire” il minutaglia della puntata, inventandosi di episodio in episodio un tema e uno stile accattivante che si riduce purtroppo a un esercizio piuttosto che diventare un veicolo di senso e approfondimento. Ci si dimentica dei drive narrativi importanti e a questi si preferisce un meditabondo movimento avanti e indietro nel tempo, alla ricerca di storie e traumi che non raccontano niente di nuovo rispetto a quanto ci era già stato illustrato, con molta più efficacia, nelle due stagioni precedenti.

Intendiamoci, si parla comunque di televisione di altissimo livello, tuttavia sembra che una volta impostato il racconto nella prima stagione, e dopo averlo in qualche modo tradito nella seconda (la paninoteca di famiglia trasformata in un ristorante stellato?), per tutto il blocco di puntate centrali, The Bear 3 è in una fase di stallo che solo nell’ultimo splendido episodio sembra decidersi a far procedere non solo gli stati emotivi dei personaggi, ma anche la trama vera e propria. Forse questo momento di stallo e di autocompiacimento era il prezzo da pagare per il successo che la serie ha riscosso e per arrivare quindi a una quarta (forse ultima) stagione.

Il caos senza controllo

Quello che non è mai cambiato, dal primo al terzo ciclo, è quel piacere misto a insofferenza e fastidio che si prova ogni volta che si entra nella cucina del Chicago Beef prima e di The Bear adesso: quella sensazione di caos per nulla controllato nonostante gli sforzi di tutti, quell’atmosfera di famiglia irrisolta in cui la forza dei vaffanculo è pari solo all’amore che lega ognuno dei personaggi a tutti gli altri, dove non esistono le parole per capirsi ma solo le urla, la frenesia, l’ansia di fare sempre meglio, al ritmo scandito di quel “sì, chef!” che mille significati può racchiudere.

Jackpot! recensione del film di Paul Feig con Awkwafina e John Cena

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Con l’arrivo su Prime Video di Jackpot!, il regista Paul Feig cambia la formula delle commedie d’azione, realizzando un film ad alta intensità di acrobazie in cui non sono le battute demenziali nel corso dell’azione che fanno ridere (o ci provano, almeno), ma è l’azione stessa che genera divertimento. A guidare questa rocambolesca avventura ci sono l’irresistibile Awkwafina accompagnata da un insolito partner, ovvero l’ex wrestler John Cena che è capace di affrontare una stanza piena di sicari con la sua co-star legata alla schiena.

Jackpot!, la trama

Perché le persone stanno cercando di uccidere Awkwafina? Jackpot! chiede al pubblico di accettare una premessa intelligente ma illogica su un radicale cambiamento delle regole della lotteria della California. Nell’anno 2030, il biglietto vincente ha un prezzo: i soldi sono tuoi solo se riesci a rimanere in vita fino al tramonto. Nel frattempo, i vincitori devono destreggiarsi in un Hunger Games improvvisato per le strade di Los Angeles, in cui chi riesce a uccidere il legittimo vincitore, vince in premio il suo jackpot, appunto. Nel disperato tentativo di sopravvivere alle orde dei cacciatori di jackpot, si allea a malincuore con un agente dilettante, preposto alla protezione della lotteria, Noel Cassidy (John Cena), che farà di tutto per farla rimanere in vita fino al tramonto in cambio di una parte del premio. Tuttavia, Noel dovrà vedersela con il suo astuto rivale Louis Lewis (Simu Liu), anche lui determinato a riscuotere a tutti i costi la ricompensa di Katie.

L’idea di partenza è più o meno l’unica che il film riesce a offrire e si fonda soprattutto su una inedita alchimia trai due protagonisti, accompagnati anche da un Simu Liu in grande spolvero. Lungo tutta la storia e la sceneggiatura firmata da Rob Yescombe e portata sullo schermo da Feig scorre una satira più pungente, al mondo di Hollywood e in particolare all’ossessione americana per il desiderio di diventare ricchi e famosi a tutti i costi. Stranamente, Katie non vuole né l’uno né l’altro. Non ha comprato il biglietto, ma lo ha trovato in un paio di pantaloni improbabili presi in prestito. 

Due comicità diverse che si completano

La regia di Feig e la comicità di Jackpot! richiedono un tipo di comicità principalmente fisica, molto distante da ciò che Awkwafina ha sempre dimostrato di saper fare bene. Nonostante questa difficoltà concettuale, l’attrice si rivela sorprendentemente all’altezza del compito e offre un piacevole contrasto con il personaggio di Cena che, avvezzo a un determinato tipo di acrobazie e di intrattenimento, entra con grande facilità nei panni di Noel Cassidy. La sua prestanza fisica, come ormai abbiamo visto in diverse occasioni, non oscura la sua vena comica.

Il segreto del casting

Dopo il successo di Le Amiche della Sposa, tredici anni fa, Paul Feig ha collezionato una serie altalenante di progetti, tra top e flop, e questo lo ha spinto a giocare con i genere e a provarne diversi fino a codificare un suo linguaggio umoristico distintivo che prende moltissimo in prestito dal suo primo grande successo e che si riversa in gran parte in questo film, che però fa a meno della brillante sceneggiature del film con Kristen Wiig.

Parte di questo linguaggio umoristico è reso plausibile proprio dal cast, che è stato scelto per lui da quella Allison Jones che ha “visto nascere” anche attori del calibro di Seth Rogen e Melissa McCarthy. Una garanzia che ha messo insieme un cast vario e irresistibile, dall’insensibile/omicida host di Airbnb di Katie (Ayden Mayeri) al losco leader della Lottery Protection Agency (Simu Liu), che sta cercando di rubare il compenso di Noel per sé. Arruola persino Machine Gun Kelly, che si dimostra sportivo e autoironico nell’interpretare una versione di se stesso pronta per la panic-room.

Pur essendo una commedia prevedibile, Jackpot! scommette tutto sui suoi protagonisti e finisce per essere uno di quei film in cui si capisce che gli attori hanno provato decine di battute e il montatore ha scelto le migliori, anche se i titoli di coda ricchi di scene tagliate suggeriscono che spesso esistevano opzioni più divertenti. Il film si basa sull’improvvisazione e in questo trova il suo punto di maggiore forza, soprattutto grazie ai suoi protagonisti.

Avatar: James Cameron vuole dirigere i prossimi tre film

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Avatar: James Cameron vuole dirigere i prossimi tre film

James Cameron non ha intenzione di lasciare la sedia di regia del franchise di Avatar. In un’intervista con The Hollywood Reporter, il regista ha spiegato che ha intenzione di dirigere anche i prossimi tre capitoli della serie, dopo aver portato in sala i primi due e aver già realizzato il terzo.

“Certo. Assolutamente. Voglio dire, dovranno fermarmi. Ho un sacco di energia, amo fare quello che faccio. Perché non dovrei? E sono scritti, a proposito. Li ho appena riletti entrambi circa un mese fa. Sono storie fantastiche. Devono essere realizzati. Guarda, se vengo investito da un autobus e sono in un polmone d’acciaio, qualcun altro lo farà.”

Nel corso del D23 appena svoltosi ad Anaheim, Disney ha diffuso il titolo ufficiale del terzo film di Avatar, che si intitolerà Avatar: Fire and Ash.

Avatar: Fire and Ash, quello che sappiamo

Fire and Ash riprenderà subito dopo quegli eventi, quando Jake e Neytiri incontreranno il Popolo della Cenere, che Cameron ha lasciato intendere essere più attratto dalla violenza e dal potere rispetto agli altri clan. “Ci sono nuovi personaggi, uno in particolare penso che sarà amato, o amerete odiarlo”, ha detto Cameron.

Oona Chaplin (“Game of Thrones”) interpreta il leader del popolo della Cenere, Varang. Anche David Thewlis e Michelle Yeoh si uniscono al cast. Insieme a Worthington e Saldaña, il cast di ritorno include Sigourney Weaver, Stephen Lang, Kate Winslet, Cliff Curtis, Britain Dalton, Jack Champion, Trinity Jo-Li Bliss, Bailey Bass, Joel David Moore, Edie Falco e Dileep Rao.

Avatar: La via dell’acqua e Avatar: Fire and Ash sono entrambi scritti da Cameron, Rick Jaffa e Amanda Silver. In origine, dovevano essere un unico film, ma durante il processo di scrittura, Cameron ha deciso che c’era troppo materiale e ha diviso la storia in due parti. L’uscita del film in sala è attualmente prevista per il 19 dicembre 2025.

Cameron ha prodotto tutti i film di “Avatar” con il suo partner creativo di lunga data Jon Landau, morto di cancro a luglio a 63 anni. “La sua eredità non sono solo i film che ha prodotto, ma l’esempio personale che ha dato: indomito, premuroso, inclusivo, instancabile, perspicace e assolutamente unico”, ha affermato Cameron in una dichiarazione all’epoca. “Ha prodotto grandi film, non esercitando potere ma diffondendo calore e la gioia di fare cinema. Ci ha ispirato tutti a essere e a dare il meglio di noi, ogni giorno. Ho perso un caro amico e il mio più stretto collaboratore per 31 anni. Una parte di me è stata strappata via”.

Terminator: il franchise si espande con un progetto di James Cameron top secret

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Il regista di Terminator e Terminator 2: Il Giorno del Giudizio, James Cameron, sta lavorando a un nuovo progetto… ma è letteralmente tutto ciò che sappiamo.

Nonostante le recensioni positive, Dark Fate, è stato l’ultimo capitolo della saga a non avere successo al botteghino, e si dava per scontato che ci sarebbe voluto molto tempo prima di vedere la guerra contro le macchine continuare sul grande schermo. La saga potrebbe prendersi una pausa (forse permanente) dal live-action, ma Cameron ha ora rivelato che sta sviluppando qualcosa di relativo a Terminator!

Il leggendario regista ha condiviso la sorprendente notizia mentre parlava con THR della prossima serie animata di Netflix, Terminator Zero.

James Cameron sta tornando al franchise di Terminator

“Sembra interessante. Il mio rapporto con questo è molto simile a quello che ho con The Sarah Connor Chronicles: altre persone che inventano storie in un mondo che ho messo in moto mi interessano. Cosa ne pensano? Cosa li ha incuriositi? Dove stanno andando? Sembra che stiano tornando alla causa principale del Giorno del Giudizio, la guerra nucleare, e se questa è una cronologia definitiva. Sarei curioso di vedere cosa hanno inventato. Sto lavorando al mio materiale su Terminator in questo momento. Non ha niente a che fare con quello. Come con The Sarah Connor Chronicles, hanno occasionalmente toccato cose con cui avevo giocato in modo completamente indipendente. Quindi c’è un po’ di curiosità. Non è una curiosità ardente, ma, ovviamente, sarebbe bello vedere che ha successo”. “È totalmente classificato”, ha aggiunto quando gli è stato chiesto maggiori dettagli. “Non voglio dover inviare un agente robotico potenzialmente pericoloso se dovessi parlarne, anche retroattivamente”.

Prima che i fan si esaltino troppo, questa “roba da Terminator” potrebbe essere davvero qualsiasi cosa. Ovviamente c’è la possibilità che si tratti di un nuovo film o di una serie live-action, ma potrebbe essere anche un fumetto, un romanzo o qualche altro media.

James Cameron arrabbiato con i fan per le critiche al 4K di Aliens: “Fatevi una vita”

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All’inizio di quest’anno, due dei film più amati di James Cameron, Aliens e True Lies, sono stati ripubblicati come remaster 4K. Era un’operazione da tempo attesa dai fan e, in particolare, dai collezionisti di supporti fisici.

Sfortunatamente, i trasferimenti in 4K si sono rivelati una delusione per molti. La qualità delle immagini è stata ritenuta scadente e i social media sono stati inondati di video di confronto e lamentele sul fatto che un remaster del 2010 di Aliens, ad esempio, fosse di gran lunga superiore. Sembravano in gran parte un upscale scadente di vecchie scansioni di stampe originali e, nel caso di True Lies, c’erano prove dell’uso dell’intelligenza artificiale per migliorare la qualità video.

James Cameron arrabbiato con i fan

In una recente intervista con The Hollywood Reporter (tramite SFFGazette.com), James Cameron, il regista visionario responsabile anche di Titanic e del franchise di Avatar, non ha usato mezzi termini quando gli è stato chiesto delle continue critiche. “Quando le persone iniziano a rivedere la tua struttura granulosa, devono uscire dalla cantina di mamma e incontrare qualcuno”, ha affermato. “Giusto? Dico sul serio. Voglio dire, mi stai prendendo in giro? Ho un team fantastico che si occupa dei trasferimenti. Io mi occupo di tutto il lavoro sul colore e sulla densità. Guardo ogni ripresa, ogni fotogramma e poi il trasferimento finale è fatto da un tizio che è con me [da anni].”

“Tutti i film di Avatar sono fatti in quel modo. Tutto è fatto in quel modo. Fatevi una vita, gente, seriamente.” Queste osservazioni possono sembrare dure ma probabilmente derivano dalle frustrazioni per quelle che Cameron ritiene lamentele ingiuste sulla qualità di ogni film.

The Bear – stagione 2, recap: cosa ricordare prima di guardare The Bear – stagione 3

Quando si parla di grande televisione, forse non è la prima rete che viene in mente, ma FX ha fatto faville negli ultimi cinque anni, con serie di successo come Dave, Atlanta, Fargo e Shōgun. FX ha lanciato The Bear nel 2022 ed è diventata rapidamente una delle sue serie più popolari. The Bear segue lo chef Carmen Berzatto (Jeremy Allen White) e la sua famiglia dopo la morte del fratello.

La prima stagione racconta la storia straziante dei tentativi di Carmen di salvare il ristorante Chicago Beef mentre elabora la morte di Mikey (Jon Bernthal). La stagione 1 di The Bear è stata una montagna russa di emozioni e la stagione 2 ne ha seguito l’esempio. Quando il pubblico ha visto per l’ultima volta Carmy e il suo staff di cucina, il “Chicago Beef” stava chiudendo, con la promessa che un nuovo ristorante, The Bear, avrebbe preso il suo posto. Mentre la prima stagione segue un gruppo di chef che cerca di salvare un’attività in via di estinzione, la seconda segue i loro tentativi di reinventare quell’attività in qualcosa di migliore.

La seconda stagione di The Bear divide il cast

Il fascino principale della prima stagione derivava da un gruppo di personalità diverse che si scontravano tra loro, nel bene e nel male. La seconda stagione abbandona completamente questa premessa fin dall’inizio, scegliendo invece di separare i personaggi e di concentrarsi sul racconto di storie più intime e mirate su ognuno di loro. Mentre Carmy e Syd (Ayo Edebiri) sviluppano un nuovo menu, inviano il resto dello staff in vari ristoranti in America e in Europa per migliorare le loro abilità culinarie.

Questa decisione ha portato ad alcuni degli episodi più iconici della serie. Marcus (Lionel Boyce) lascia a malincuore la madre malata a Chicago per andare a studiare in un ristorante di Copenaghen, che è fortemente sottinteso essere il famosissimo Noma. Marcus si allena con Luca (Will Poulter), che condivide la sua storia di formazione per diventare il “migliore” del settore. Luca spiega come abbia lottato per accettare di non poter competere con un vecchio rivale in cucina, ma l’accettazione di questa dura verità gli ha permesso di diventare migliore di quanto avesse mai pensato.

Ayo Edebiri Pirati dei Caraibi

Anche Richie (Ebon Moss-Bachrach) vive un viaggio emotivo particolarmente memorabile nel settimo episodio. Carmy manda Richie in scena in un ristorante stellato di Chicago. Richie è bloccato a lucidare forchette e scopre che la sua ex moglie si sta risposando. Nel momento più basso, il ristorante costringe Richie a superare il suo ego e ad abbandonare la sua mentalità malsana di essere troppo vecchio per ricominciare. Richie subisce la più grande trasformazione di tutti i personaggi della serie, diventando un ottimo padrone di casa e un ottimo cameriere, e impara dalla chef Terry (Olivia Colman) che non si è mai troppo vecchi per ricominciare, adottando il suo mantra che “ogni secondo conta”.

Questo episodio rivela anche che lo chef rivale di Luca era in realtà Carmy, e che i due hanno lavorato sotto lo chef Terry, fornendo ulteriori informazioni sulle origini di Carmy come chef. Ebra (Edwin Lee Gibson) e Tina (Liza Colón-Zayas) vanno a scuola di cucina, ma Ebra fatica ad adattarsi al drastico cambiamento. Mentre tutti gli altri sembrano aver migliorato le loro abilità in cucina, Ebra avrà bisogno di un episodio unico nella terza stagione per affrontare il suo conflitto.

The Bear Jeremy Allen White
Foto di Frank Ockenfels/FX – © 2023, FX Networks

Il conflitto di Carmy si risolve nel finale di stagione. Dopo aver trascurato di riparare la serratura della cella frigorifera, finisce per rimanere bloccato nel freezer durante la serata di apertura. The Bear perde il suo capo cuoco nel momento più importante, costringendo Carmy a rivedere le sue priorità. Tuttavia, avendo inizialmente mandato il personale in formazione, il ristorante gestisce piuttosto bene il servizio senza Carmy. Richie si fa avanti, mettendo in campo tutte le sue nuove capacità insieme a Syd e al resto della cucina, e la serata di apertura è un successo.

Carmy si ritira nel suo vecchio io, decidendo che la sua relazione è stata un errore e che deve concentrarsi sul ristorante. Lo spiega a Tina mentre è intrappolato nella cabina, senza rendersi conto che Tina è stata distratta. Claire entra in cucina e sente tutto quello che lui dice, mettendo bruscamente fine alla loro relazione. Ancora una volta, Carmy rifiuta di essere felice, un conflitto che probabilmente si protrarrà anche nella terza stagione.

Carmy non è l’unico personaggio con problemi relazionali nella seconda stagione. Mentre sembrava che tra Marcus e Syd stesse nascendo una storia d’amore, quando Marcus le chiede finalmente di uscire, Syd rifiuta bruscamente. Questo provoca una strana tensione tra i due che si ripercuote sulla loro performance al ristorante. Syd e Marcus si trovano in una situazione molto imbarazzante alla fine della stagione, quindi sarà interessante vedere come si riprenderanno da questa situazione andando avanti.

La storia della famiglia Berzatto

Jon Bernthal e Abby Elliott in The Bear (2022)

La seconda stagione è stata ricca di camei sorprendenti, da Will Poulter e Olivia Colman a Gillian Jacobs a Joel McHale. Il travolgente episodio natalizio “Pesci” introduce la famiglia Berzatto allargata e ricca di star. Jamie Lee Curtis interpreta Donna, una madre alcolizzata ed emotivamente violenta e la matriarca dei Berzatto, insieme a Sarah Paulson, Gillian Jacobs, John Mulaney e Bob Odenkirk. Anche Jon Bernthal è tornato a vestire i panni di Mikey in questo episodio, che torna indietro di 5 anni per esplorare i retroscena tossici della famiglia di Sugar (Abby Elliott) e Carmy. Donna torna più avanti nella stagione, afflitta dai sensi di colpa per come ha trattato i suoi figli, e Stewie (Chris Witaske) condivide con lei un momento emozionante mentre cerca di riconciliare la loro famiglia.

La comprensione del rapporto tra Sugar e sua madre potrebbe essere importante per la terza stagione. Sugar è l’ancora emotiva che tiene unita la famiglia e, con il bambino che nascerà a breve, è probabile che sia preoccupata di ripetere gli errori della madre nella sua vita. Le foto dietro le quinte della terza stagione mostrano il cast che fuma fuori da una chiesa, vestito in giacca e cravatta, il che potrebbe far pensare a un episodio ambientato durante il battesimo del neonato di Sugar e Stewie. D’altra parte, potrebbe anche alludere a un funerale, ma probabilmente non di qualcuno del cast immediato, dato che tutti i personaggi sembrano presenti. Il tempo ci dirà quali altre sorprese saranno in serbo per lo staff di The Bear quando verrà presentata la terza stagione.

Tutti i 10 episodi della terza stagione di The Bear sono disponibili in streaming su Disney+ dal 14 agosto.

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47 metri – Uncaged: la spiegazione del finale

47 metri – Uncaged: la spiegazione del finale

Il finale di 47 metri – Uncaged prevedeva una miracolosa fuga da squali mortali, solo che la salvezza dei suoi personaggi centrali è stata vanificata da un oscuro colpo di scena dell’ultimo minuto. Il survival horror del 2017 segue due sorelle, Lisa (Mandy Moore) e Kate (Claire Holt), bloccate in una gabbia sul fondo dell’oceano circondate da squali affamati. Fino al finale, 47 metri – Uncaged (47 Meters Down) è un thriller teso e pieno di suspense, che presenta anche una serie di grandi spaventi.

Il film sugli squali è stato diretto da Johannes Roberts e si distingue per un colpo di scena a sorpresa che modifica il finale dopo che Lisa si ritrova da sola nella gabbia dopo che Kate è stata apparentemente uccisa da uno squalo. Lisa ha una gamba bloccata e respira aria da una nuova bombola di ossigeno che Kate ha recuperato per lei. Quando sente la voce di Kate via radio, trova la forza di liberarsi e di trovare la sorella ferita. Le due sorelle fanno quindi una nuotata disperata per tornare alla barca. Tuttavia, la scena finale di 47 metri – Uncaged rivela che questo non è ciò che è realmente accaduto.

47 metri – Uncaged: spiegazione del finale

Una scena iniziale ha preparato il finale di 47 metri – Uncaged: il Capitano Taylor (Matthew Modine) aveva precedentemente informato le sorelle che se avessero nuotato fino alla superficie, avrebbero dovuto fermarsi per cinque minuti a metà strada per evitare le curve. Durante questa emozionante sequenza di fuga alla fine di 47 metri – Uncaged, Lisa accende dei razzi per allontanare gli squali in agguato. Alla fine le sorelle raggiungono la superficie e corrono verso la barca, solo che Lisa viene morsa e trascinata da uno squalo, ma riesce a cavargli un occhio e viene trascinata sulla barca.

Le sorelle ferite vengono curate quando Lisa si accorge che la ferita alla mano – che si era tagliata nella gabbia – sanguina nell’aria. Si scopre che Lisa ha avuto le allucinazioni per tutta la fuga ed è ancora bloccata sul fondo della gabbia. In precedenza, Taylor aveva avvertito che il cambio di vasca aumentava il pericolo di “narcosi da azoto“, che ha portato Lisa ad avere una vivida allucinazione di salvare Kate. Alla fine Lisa viene salvata dai sommozzatori e riportata sulla barca, arrivando ad accettare che sua sorella è stata uccisa dallo squalo.

Johannes Roberts aveva preso in considerazione un finale ancora più cupo per 47 Metri Down, in cui Lisa veniva lasciata morire, ma si è reso conto che il film aveva bisogno di un po’ di speranza. Il regista è tornato anche per il sequel del 2019, dove i nuovi personaggi di 47 metri – Uncaged sono messi in pericolo dagli squali.

47 Meters Down è basato su una storia vera?

47 metri - Uncaged finale

L’impatto del finale di 47 metri – Uncaged ha spinto alcuni a chiedersi se si tratti di una storia vera. La premessa di base di un’escursione subacquea andata male a causa di un’attrezzatura difettosa e di turisti troppo fiduciosi che vogliono divertirsi non sembra poi così inverosimile. Tuttavia, anche se la trama può essere vagamente basata su storie simili quando si tratta della storia specifica di Lisa e Kate che lottano per la loro vita nelle acque del Messico, il progetto non è in realtà basato su nessuna storia di sopravvivenza vera.

Gran parte di 47 Meters Down è del tutto irrealistica. Naturalmente, queste imprecisioni non fanno che allontanare ulteriormente la trama dal concetto di storia vera. Tuttavia, Johannes Roberts ha affrontato questi elementi in un’intervista del 2019 (via Bloody Disgusting) in cui ha definito i due film di 47 Meters Down “assurdi”. Ha poi sottolineato l’importanza di sospendere l’incredulità durante la visione dei film e ha evidenziato che:

Se scendessi a 47 metri in una gabbia sul fondo dell’oceano, con una bombola, e fossi un subacqueo inesperto, probabilmente resisteresti circa tre minuti prima di morire o finire l’aria. Quindi sì, certo, è ridicolo. […] Ma è un film, capisci?

Il finale di 47 metri – Uncaged rispecchia un classico dell’horror moderno

Il finale di 47 metri – Uncaged fa un parallelo tra il finale del film e quello di The Descent, un altro cupo film horror sulla sopravvivenza. The Descent, del regista Neil Marshall, segue un gruppo di donne intrappolate in una grotta e braccate da creature carnivore. Alla fine, Sarah (Shauna Macdonald) sembra essere l’unica sopravvissuta che riesce a uscire dalla grotta. Tuttavia, mentre fugge con la sua auto, si sveglia improvvisamente dalle sue allucinazioni e scopre di essere ancora nella caverna con le creature che si avvicinano a lei.

Il finale si è rivelato troppo cupo per il pubblico americano, quindi è stato cambiato in uno in cui Sarah sopravvive alla prova, anche se ne è chiaramente traumatizzata. Come il finale di 47 metri – Uncaged, il finale originale di The Descent lascia il pubblico con un brutale pugno allo stomaco. Non è un finale pensato per piacere a tutti, perché è un po’ crudele suggerire un finale in cui Sarah è viva solo per portarsela via. Tuttavia, a volte questi finali brutali dei film horror possono essere più memorabili dei finali sicuri e vittoriosi che si vedono di solito nei film di Hollywood.

47 metri – Uncaged ha ripetuto il colpo di scena finale?

Il sequel, 47 metri – Uncaged, aveva una struttura simile, ma Jonannes Roberts doveva stare attento a non ripetere semplicemente il finale di 47 metri – Uncaged. Lo stesso colpo di scena finale non avrebbe mai funzionato una seconda volta, quindi sarebbe interessante vedere come il regista è riuscito a riportare l’azione nelle acque profonde senza ripetere ciò che ha fatto il primo film. Nel sequel di 47 metri – Uncaged, quattro amici si immergono in una grotta in Messico e si imbattono in squali assassini.

Tra questi ci sono le sorellastre Mia e Sasha e le loro amiche Nicole e Alexa. Ci sono anche una coppia di assistenti che lavorano nelle grotte e il padre delle sorellastre, Grant (John Corbett). In 48 Meters Down: Uncaged, tutti muoiono tranne le sorellastre. Il più grande cambiamento rispetto al finale di 47 Meters Down è che il regista Johannes Roberts sceglie di non andare fino in fondo con la finzione.

Invece del colpo di scena, che fa sembrare quasi insignificante il finale del film originale, questa è una semplice storia di sopravvivenza. Nel primo film, una sorella salva l’altra, solo che si tratta di un’allucinazione in cui una delle due muore davvero. Qui, le due sorelle lottano per salvarsi a vicenda e ci riescono. Pur non essendo in uno stato mentale ottimale, entrambe sono sopravvissute grazie al loro nuovo legame, il che rende il finale più soddisfacente di 47 Metri Down.

Il vero significato di 47 Meters Down

Come la maggior parte dei film survival horror, 47 Meters Down non punta molto sui significati nascosti o sulla profondità tematica. Questo non è un problema, perché il regista Johannes Roberts conosce bene il genere e sa come spremere ogni grammo di tensione possibile dalla situazione di Lisa e Kates. Tuttavia, grazie al colpo di scena e ai dettagli sulla narcosi da azoto, il finale di 47 Meters Down ha qualcosa in più rispetto a molti altri film del sottogenere.

La maggior parte dei film sugli squali, come The Meg o Deep Blue Sea, si basano esclusivamente sui terrificanti predatori acquatici come unica fonte di pericolo e minaccia. Tuttavia, 47 Meters Down prende spunto da Lo squalo del 1975 in un modo fondamentale che gli permette di distinguersi dagli altri survival horror sugli attacchi degli squali. In Jaws, è chiaro che il vero pericolo è rappresentato dall’apatia del sindaco di Amity Island e dalla sua insistenza sulla necessità di aprire la spiaggia. Se il sindaco avesse semplicemente chiuso la spiaggia, lo squalo non avrebbe avuto altre vittime e sarebbe andato avanti.

Naturalmente, 47 Metri Down non è profondo come Lo Squalo (anche se, ancora una volta, questo non va a suo discapito, perché pochi film sugli squali sono riusciti a esserlo). Tuttavia, attraverso la narcosi da azoto di Lisa, mostra che gli squali non sono l’unico pericolo quando si tratta di immergersi in acque libere. Il colpo di scena non ha praticamente nulla a che fare con gli squali ed è probabilmente la parte più memorabile del finale. Inoltre, rispecchia il finale di 2022’s 47 metri – Uncaged, anch’esso caratterizzato da una finta morte del personaggio.

Per questo motivo, il significato di 47 Meters Down riesce a essere qualcosa di più del semplice “i grandi squali fanno paura”. Tuttavia, se da un lato non ha molto da offrire al di là di questo per quanto riguarda i temi e il messaggio centrale, dall’altro non ne ha nemmeno bisogno, come dimostra il duraturo successo di culto del survival horror del 2017.

Psycho, la spiegazione del finale e il suo “reale” significato

Psycho, la spiegazione del finale e il suo “reale” significato

Psycho, il classico thriller del 1960 del regista Alfred Hitchcock, contiene uno dei migliori e più famosi colpi di scena di tutti i tempi, che esaminiamo in dettaglio. Il curriculum di Hitchcock è costellato di film incredibili, ma Psycho potrebbe essere il suo più famoso e probabilmente quello che anche le persone che generalmente non guardano i vecchi film horror hanno visto con maggiore probabilità. Ciò è dovuto in parte al fatto che Psycho ha generato un franchise, con Anthony Perkins che è tornato a interpretare Norman Bates in tre sequel. Psycho ha anche avuto una presenza più recente nella cultura pop grazie all’acclamata serie Bates Motel di A&E.

Psycho è per molti versi una sorta di precursore del sottogenere dei film slasher, in quanto si concentra su una serie di omicidi commessi al Bates Motel da un aggressore sconosciuto al pubblico fino alla fine del film. Molti dei primi slasher hanno scelto di mantenere i loro assassini un mistero fino all’atto finale del film, come l’originale Venerdì 13, Sleepaway Camp e Buon compleanno a me.

Se è vero che le basi del finale di Psycho sono note ai più per osmosi culturale, non si può non sottolineare quanto alcuni concetti fossero rivoluzionari all’epoca. Hitchcock ordinò addirittura ai cinema di non far entrare gli spettatori dopo l’inizio del film, per preservare i suoi colpi di scena.

Norman Bates è davvero l’assassino

Un cambiamento apportato da Hitchcock nell’adattare il romanzo Psycho di Robert Bloch in un film fu quello di rendere Norman Bates più simpatico e attraente. Hitchcock affidò il ruolo al giovane emergente Anthony Perkins, allora noto per aver interpretato personaggi sani e simpatici. Perkins ha infuso in Norman un calore e una timidezza che hanno fatto sì che il pubblico dell’epoca non sospettasse mai che fosse lui l’assassino. Naturalmente, mentre l’instabile “madre” di Norman viene presentata come l’assassino, verso la fine si scopre che Norman è lui stesso l’assassino, colui che ha fatto a pezzi Marion Crane (Janet Leigh) nella doccia durante la scena più famosa di Psycho e che ha mandato giù dalle scale il detective Arbogast ferito. Norman li ha comunque uccisi fisicamente, mentalmente è tutta un’altra storia.

Spiegazione del finale di Psycho: Norman Bates ha due personalità distinte

Psycho

Sebbene sia stata la mano di Norman Bates a stringere l’arma del delitto durante l’uccisione della madre, per quanto ne sappia, non è colpa sua. Come spiegato a lungo da uno psichiatra nella conclusione di Psycho, Norman non si limita a indossare i vestiti della madre defunta e a uccidere le persone, ma ha un’intera seconda personalità in cui crede di essere davvero sua madre.

Questo fenomeno veniva definito “personalità multipla”, ma oggi è clinicamente noto come Disturbo Dissociativo dell’Identità. Sfortunatamente, l’identità della madre diventa sempre più dominante nel corso del tempo, al punto che Norman stesso sembra completamente scomparso alla fine. Come riveleranno i film successivi, ciò è dovuto al comportamento emotivamente e fisicamente violento di Norma Bates, che coltivava una relazione quasi incestuosa con il figlio e lo faceva sentire in colpa per aver provato sentimenti sessuali. Così, quando Norman si eccita, non riesce a gestire la situazione e la madre emerge per uccidere l’oggetto del suo desiderio, come Marion.

Il tema dell’identità

Il monologo dello psichiatra prepara l’inquadratura finale, cruciale, per spiegare come ci si possa identificare – e credere temporaneamente, e a volte permanentemente, di essere un’altra persona. La questione dell’identificazione è così cruciale in Psycho e agisce come una sorta di metafora della stessa spettatorialità.

Parte dell’orrore dell’omicidio di Marion deriva dal fatto che fino a quel momento ci siamo identificati così strettamente con lei; il suo desiderio di pagare i debiti del fidanzato e di stare con lui, di ricominciare, di essere felice. È per questo che, in parte, il suo omicidio è uno shock così orribile. “Mai”, scrive il critico Robin Wood nel libro Hitchcock Films Revisited, “l’identificazione è stata interrotta così brutalmente”. Eppure, non molto tempo dopo l’omicidio di Marion, ci identifichiamo con Norman, in modo orribile, e a volte, contro il nostro giudizio, facciamo il tifo per il suo successo.

Film thriller horror da vedere assolutamente
Psycho di Alfred Hitchcock

Dopo aver ucciso Marion, Norman mette il suo corpo nel bagagliaio della sua auto e affonda il veicolo in una palude vicina. C’è un momento di suspense in cui l’auto indugia sulla superficie dell’acqua e noi spettatori, con grande sorpresa, ci ritroviamo a fare il tifo per Norman. Hitchcock ha definito questa inclinazione un “istinto naturale” e ha notato che il pubblico ha provato un fugace senso di sollievo quando l’auto è finalmente affondata.

Il tema dell’identità, ovviamente, ricorre in tutti i film di Hitchcock. Molti dei suoi film, come North By Northwest (1959) e L’uomo sbagliato (1956), seguono una struttura simile: le autorità accusano l’uomo sbagliato di un crimine, l’uomo fugge o si costituisce alle autorità e poi deve dimostrare la sua innocenza. In Psycho, però, la crisi di identità si estende anche a noi spettatori. Per Wood, l’inquadratura finale di Norman Bates ci permette di “vedere le potenzialità oscure che ci sono in tutti noi”.

Alfred Hitchcock ha dichiarato che, nel creare Psycho, mirava a far suonare il pubblico “come un organo”. Guardando Psycho, Hitchcock prende il controllo del pubblico proprio come la Madre prende il controllo di Norman, ci invita nel mondo che ha creato e ci mostra esattamente le immagini che vuole che vediamo. Guardando l’inquadratura finale, siamo invitati a riflettere sulle implicazioni della nostra stessa spettatorialità, sul nostro desiderio condiviso di essere contemporaneamente noi stessi e qualcun altro, proprio come Norman e la Madre.

Cocktail: 10 cose che non sai sul film con Tom Cruise

Cocktail: 10 cose che non sai sul film con Tom Cruise

Uno dei più divertenti film del cinema, Cocktail ha come protagonista Tom Cruise nei panni di Brian Flanagan, un giovane che inaspettatamente raggiunge una certa fama come “flair bartender” a New York City insieme al suo mentore, Doug Coughlin (Bryan Brown). Alla fine Brian porta la sua abilità nel lanciare bottiglie in Giamaica, dove si innamora di Jordan (Elisabeth Shue), un’artista in vacanza. Ecco alcuni fatti sul film di Tom Cruise, secondo la Legge di Coughlin.

1. BRIAN FLANAGAN AVEVA QUASI IL DOPPIO DEGLI ANNI NEL LIBRO.

Sì, Cocktail era in origine un romanzo, scritto da Heywood Gould e basato sulla dozzina di anni trascorsi a fare il barista per arrotondare le sue entrate come scrittore. Mentre il Brian Flanagan di Tom Cruise ha vent’anni, il protagonista di Gould è stato descritto come uno “strambo trentottenne in giacca da campo, con i capelli unti e brizzolati che gli ricadono sul colletto, gli occhi blu striati come il cielo rosso del mattino”. Come ha raccontato Gould al Chicago Tribune, “avevo quasi trent’anni, bevevo abbastanza bene e cominciavo a sentire che stavo perdendo la nave“. Il personaggio del libro è un uomo più anziano che è stato in giro e che comincia a sentirsi piuttosto esaurito”. Disney e Gould – che ha adattato il suo libro per lo schermo – hanno litigato per rendere Brian Flanagan più giovane, ma alla fine Gould ha ceduto.

2. CI SONO STATE ALMENO 40 VERSIONI DIVERSE DELLA SCENEGGIATURA.

La sceneggiatura è passata attraverso un paio di studi diversi e decine di iterazioni. Secondo Gould, “ci saranno state 40 bozze della sceneggiatura prima di entrare in produzione. Inizialmente era con la Universal. L’hanno messa in lavorazione perché non rendevo il personaggio abbastanza simpatico. Poi l’ha preso la Disney, con la quale ho affrontato lo stesso processo. Ho lottato contro di loro in ogni occasione, e c’è stata un’enorme battaglia per rendere il protagonista più giovane, cosa che alla fine ho fatto“.

Bryan Brown ha spiegato che quando Cruise è salito a bordo, il film “ha dovuto cambiare. Lo studio ha apportato le modifiche per proteggere la star e per questo è diventato un film molto più leggero”.

Kelly Lynch, che interpretava Kerry Coughlin, è stata molto più schietta su come la visione di Gould per la storia sia cambiata sotto la Disney, dicendo a The A.V. Club:

“Cocktail” era in realtà una storia molto complicata sugli anni ’80, sul potere e sul denaro, ed è stato completamente rielaborato perdendo la storia del mio personaggio – la sua bassa autostima, chi era suo padre, perché era quella persona – ma ovviamente è stato un film di grande successo, anche se non così buono come avrebbe potuto essere. È stato scritto da colui che ha scritto Fort Apache The Bronx, ed era un film molto più cupo, ma la Disney l’ha preso, ne ha girato circa un terzo e l’ha trasformato in un film che gira le bottiglie e questo e quello”.

3. PER UN BREVE SECONDO, LA DISNEY NON ERA DEL TUTTO CONVINTA DI AVERE TOM CRUISE COME PROTAGONISTA.

Raccontando il tipo di storia che accade solo a Hollywood, Gould ha raccontato al Chicago Tribune di uno dei suoi primi incontri con i capi della Disney Michael Eisner e Jeffrey Katzenberg. “Qualcuno ha detto che questo potrebbe essere un buon veicolo per Tom Cruise”, ha ricordato Gould. “Eisner dice: ‘Non lo farà mai, non perdete tempo, non può fare questa parte’. E poi Katzenberg dice: ‘Beh, è davvero interessato a farlo’, e senza perdere tempo Eisner dice: ‘È perfetto per questo ruolo, è perfetto! Questo è il mondo del cinema: Lo odio, lo amo; lo amo, lo odio!“.

4. IL PROVINO DI BRYAN BROWN È STATO “TERRIBILE”.

Il regista Roger Donaldson voleva espressamente che Bryan Brown facesse il provino per il ruolo di Doug. Brown è volato da Sydney a New York e, quasi subito dopo le oltre 20 ore di volo, si è seduto di fronte a Donaldson. “Ha fatto il provino ed era stanco morto ed è stato terribile“, ha detto Donaldson. “Dopo che l’ha fatto gli ho detto: ‘Bryan, fatti un favore, dobbiamo rifarlo domani’. E lui mi ha risposto: ‘No, no, devo prendere un aereo per tornare stasera’. Non sono riuscito a convincerlo a rimanere e a rifarlo, quindi non ho mostrato a nessuno il provino“. Donaldson disse invece ai produttori e allo studio di guardare la performance di Brown in F/X (1986); evidentemente, quello che avevano visto era piaciuto.

5. TOM CRUISE E BROWN SI SONO ESERCITATI A FARE I BARISTI E HANNO USATO BOTTIGLIE VERE SUL SET.

Il barista del TGI Friday’s di Los Angeles John Bandy fu assunto per addestrare Tom Cruise e Brown dopo aver servito una donna che lavorava per la Disney e che era alla ricerca di un barista per Cocktail. Bandy addestrò le due star a lanciare le bottiglie e Gould portò Cruise e Brown nel bar di un suo amico per mostrare loro i trucchi che usavano. Donaldson affermò che usavano bottiglie vere – e sì, ne ruppero alcune.

6. LA GIAMAICA NON È STATA GENTILE CON TOM CRUISE

Gli esterni della Giamaica sono stati girati sul posto, dove faceva freddo e Cruise si è ammalato. Quando lui e Shue hanno dovuto girare una scena d’amore in una cascata nella giungla, non è stato piacevole. “Non è così romantico come sembra”, ha detto Cruise a Rolling Stone. “Era più un ‘Gesù, facciamo questa ripresa e andiamocene da qui’. In realtà, in alcuni scatti vedrete che le mie labbra sono viola e, letteralmente, tutto il mio corpo sta tremando“.

7. LA COLONNA SONORA DEL FILM È STATA INTERAMENTE RISCRITTA IN UN WEEKEND.

Il tre volte premio Oscar Maurice Jarre (Lawrence d’Arabia) era il compositore originale di Cocktail, ma i produttori non pensavano che la sua colonna sonora fosse “adatta” alla storia. In particolare, non gradivano uno spunto, così hanno chiamato J. Peter Robinson per sistemarlo. A Donaldson piacque così tanto il lavoro di Robinson che chiese al compositore di occuparsi del resto del lavoro. “Tutto questo accadeva di venerdì”, racconta Robinson. “Stavo iniziando un altro film il lunedì successivo e ho detto a Roger che non sarei stato disponibile. ‘Lunedì dobbiamo fare il print-mastering, amico!!!’ Disse Roger. Così da quel momento sono rimasto sveglio a scrivere la colonna sonora e l’ho consegnata il lunedì mattina verso le cinque”.

8. “KOKOMO” È STATA SCRITTA PER IL FILM.

Mentre furono i Beach Boys, ormai privi di Brian Wilson, a registrare la canzone che riportò il gruppo sotto i riflettori, “Kokomo” fu scritta da John Phillips dei Mamas and the Papas, Scott McKenzie, che scrisse “San Francisco (Be Sure to Wear Flowers in Your Hair)”, il produttore Terry Melcher, figlio di Doris Day, e Mike Love. Phillips scrisse le strofe, Love il ritornello e Melcher il bridge. Le istruzioni specifiche erano di scrivere una canzone per la parte in cui Brian passa da barista a New York alla Giamaica. A partire da questo, Love ha scritto la parte “Aruba, Jamaica…”.

9. ROGER DONALDSON È DISPIACIUTO PER “DON’T WORRY BE HAPPY”.

“Don’t Worry, Be Happy” di Bobby McFerrin ha raggiunto il primo posto grazie alla sua inclusione nella colonna sonora di Cocktail. Il regista ha sentito la canzone alla radio un giorno mentre guidava verso il set. “L’ho sentita e ho pensato che sarebbe stata perfetta per il film”, ha raccontato. “E all’improvviso era ovunque. Mi dispiace per questo”.

10. LE RECENSIONI, COMPRESA QUELLA DI TOM CRUISE, SONO STATE DURE.

Per concludere la sua recensione a due stelle, Roger Ebert ha scritto: “Più si pensa a ciò che accade realmente in Cocktail, più ci si rende conto di quanto sia vuoto e inventato”. Richard Corliss del TIME disse che era “una bottiglia di rotgut in una scatola di Dom Perignon”.

Nel 1992, persino Tom Cruise ammise che il film “non era il fiore all’occhiello” della sua carriera. E nemmeno Heywood Gould ne fu contento all’inizio. “Mi accusarono di aver tradito il mio stesso lavoro, il che è stupido“, ha detto Gould. “Quindi ero piuttosto devastato. Non riuscii letteralmente ad alzarmi dal letto per un giorno. La cosa positiva di quell’esperienza è che mi ha temprato. È stato come un addestramento di base. In questo film sono stato ucciso, e dopo di allora mi è andata bene l’idea di essere ucciso: da allora sono stato ucciso altre volte, ma non mi ha dato fastidio“.

JACKPOT! il trailer del film con John Cena e Awkwafina

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JACKPOT! il trailer del film con John Cena e Awkwafina

JACKPOT! è una stravagante action-comedy che racconta di una “Grande Lotteria” con una “piccola” fregatura: chiunque ucciderà il vincitore prima del tramonto potrà reclamare legalmente il jackpot multimiliardario.

Awkwafina interpreta Katie, che si ritrova per errore in possesso del biglietto vincente e, a malincuore, si allea con l’agente dilettante Noel Cassidy, interpretato da John Cena, che dovrà farla arrivare viva al tramonto in cambio di una parte del premio.

JACKPOT! presenterà al pubblico quello che sarà il suo nuovo duo comico preferito: Awkwafina e John Cena.  Il leggendario regista Paul Feig schiera Awkwafina, grande attrice comica, in un ruolo da protagonista ricco di azione, dopo il successo di altre action-comedy come Corpi da reato e Spy, tra le altre.

La trama di Jackpot!

In un futuro prossimo, in California è stata appena istituita una “Grande Lotteria” – la posta in gioco: uccidere il vincitore prima del tramonto per reclamare legalmente il suo jackpot multimiliardario. Quando Katie Kim (Awkwafina) si trasferisce a Los Angeles, si ritrova per errore in possesso del biglietto vincente. Nel disperato tentativo di sopravvivere alle orde dei cacciatori di jackpot, si allea a malincuore con un agente dilettante, preposto alla protezione della lotteria, Noel Cassidy (John Cena), che farà di tutto per farla rimanere in vita fino al tramonto in cambio di una parte del premio. Tuttavia, Noel dovrà vedersela con il suo astuto rivale Louis Lewis (Simu Liu), anche lui determinato a riscuotere a tutti i costi la ricompensa di Katie. JACKPOT! è diretto da Paul Feig e scritto da Rob Yescombe.

  • Regia di Paul Feig
  • Cast Awkwafina, John Cena, Ayden Mayeri, Donald Elise Watkins, Sam Asghari, Murray Hill e Simu Liu
  • Scritto da Rob Yescombe
  • Prodotto da Joe Roth, Jeff Kirschenbaum, Paul Feig, Laura Fischer
  • Executive Producer John Cena, Michelle Morrissey, Rob Yescombe, Zack Roth
  • Genere: Action Comedy