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Creed II: tutte le curiosità sul film con Michael B. Jordan

Creed II: tutte le curiosità sul film con Michael B. Jordan

Il film del 1976 Rocky è una delle più celebri pellicole della storia del cinema, un classico intramontabile del genere sportivo capace di vincere l’Oscar come miglior film e lanciare la carriera del suo attore e sceneggiatore Sylvester Stallone. Il successo fu tale che si decise poi di realizzare ben quattro sequel, l’ultimo dei quali, Rocky Balboa, uscito nel 2006. Quello sembrò essere il capitolo conclusivo della saga, o quantomeno delle vicende con protagonista Rocky. Dieci anni dopo, nel 2016, è infatti stato realizzato lo spin-off Creed – Nato per combattere (qui la recensione), seguito da poi nel 2019 da Creed II (qui la recensione).

Questo sequel ha un valore piuttosto speciale, in quanto si collega direttamente agli eventi di Rocky IV, tra la morte di Apollo Creed e la minaccia di Ivan Drago. Il regista Ryan Coogler non ha però potuto occuparsi della regia di questo sequel, in quanto impegnato nella realizzazione di Black Panther. Il ruolo è dunque inizialmente stato affidato allo stesso Stallone, anche sceneggiatore del film, il quale ha però poi deciso di lasciare la regia a Steven Caple Jr., fattosi notare con il crime The Land successivamente chiamato a dirigere Transformers – Il risveglio. Al di là di questi cambi, tornano dunque in Creed IIuna serie di elementi del passato, tra cui alcuni degli attori simbolo di Rocky IV.

Nel dar vita in quello che è stato descritto come un Creed vs. Drago II, il film non ha mancato di ottenere un altro grande successo per la saga, cosa che ha poi permesso di realizzare anche un Creed III (qui la recensione) e più in generale diversi altri prodotti legati a questo franchise. In questo articolo approfondiamo alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e ad altro ancora. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La trama di Creed II

Adonis Creed, che si è fatto un nome nel mondo della boxe sotto la guida di Rocky Balboa, è finalmente diventato campione del mondo dei pesi massimi. Tra il pugilato e il matrimonio con Bianca, tutto sembra dunque procedere bene per lui. I problemi, però, non tardano ad arrivare. Ivan Drago, il pugile russo che ha ucciso il padre di Adonis, Apollo, arriva a Philadelphia con suo figlio, Viktor, per sfidare il campione. Contro il parere di Rocky, Adonis accetta e ne paga le conseguenze in un incontro punitivo che vince solo per un cavillo. Ferito e demoralizzato, Adonis e Rocky dovranno trovare il modo di riaccendere il loro spirito combattivo per affrontare nuovamente il loro passato.

Creed II cast Ivan Drago

Il cast di attori, da Rocky ad Ivan Drago

Ad interpretare Adonis Creed vi naturalmente ancora una volta Michael B. Jordan. Ancora più di quanto fatto per il primo film, l’attore si è sottoposto per questo sequel a un allenamento fisico molto intenso per essere ulteriormente credibile come pugile e mostrare un evoluzione nel fisico di Adonis. Si è dunque allenato due o tre volte al giorno e ha seguito una dieta rigorosa. Nonostante ciò, le riprese degli incontri si sono rivelate così intense che in più occasioni Jordan ha rischiato di finire KO, proprio come avvenne a Sylverster Stallone durante le riprese di Rocky IV. Proprio con Creed II, Stallone ha interpretato Rocky per quella che si ritiene essere l’ultima volta nella sua carriera.

L’attrice Tessa Thompson riprende il ruolo di Bianca, moglie di Adonis e madre di sua figlia, mentre Phylicia Rashad interpreta Mary Anne Creed, vedova di Apollo e madre adottiva di Adonis. L’attore Dolph Lundgren torna ad interpretare il temibile Ivan Drago e per l’occasione si è a sua volta sottoposto ad un allenamento intensivo con il fine di raggiungere la massima possenza muscolare possibile. Lundgren ha inoltre collaborato con il regista Steven Caple Jr. per modificare il suo fisico e invecchiare esteticamente il personaggio di Drago per tradurre visivamente la povertà e le sofferenze subite, colorando di giallo i suoi denti. Milo Ventimiglia interpreta invece il figlio di Rocky, Rocky Jr.

La ricerca per l’interprete di Viktor Drago è durata diversi mesi e si è svolta in tutto il mondo. La produzione ha incontrato atleti di varie discipline come arti marziali, kickboxing, boxe e football americano. Dopo aver passato diversi mesi a visionare centinaia di foto, video e registrazioni di provini, Stallone ha scovato il pugile tedesco Florian Munteanu, scegliendo di affidare a lui il ruolo. Brigitte Nielsen, che riprende il ruolo di Ludmilla, ex moglie di Ivan Drago, da Rocky IV, è nella vita reale l’ex moglie di Stallone. I due si sono fidanzati durante le riprese di quel film, si sono sposati dopo la prima e hanno divorziato due anni dopo.

Creed II incontro finale

L’incontro finale di Creed II

Di particolare rilevanza, come sempre all’interno della saga di Rocky, è l’incontro finale, nel quale non solo si determina la conclusione del racconto ma si ripropone in modo accentuato quanto visto fino a quel momento nel film, portando dunque a compimento ogni aspetto del racconto e della sua messa in scena. Per quanto riguarda l’incontro finale di Creed II, questo si conclude con Ivan Drago che finalmente si rende conto che l’incolumità del figlio è più importante della vendetta o dell’accettazione da parte dell’élite russa, e getta dunque la spugna sul ring, ponendo dunque fine all’incontro e salvando suo figlio, il quale si sparebbe altrimenti spinto fino alla morte pur di non crollare a terra.

Il finale di Creed II dialoga dunque con quello di Rocky IV, dove il personaggio interpretato da Stallone ottiene infine la sua vendetta in nome di Apollo. “Vendetta” che ottiene ora anche lo stesso Adonis, per il quale quell’incontro risuonava in modo ovviamente più personale. Un curioso dettaglio relativo al finale è invece la presenza tra il pubblico del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, che può essere visto in piedi nella fila dietro i posti vuoti al minuto 01:55:05, dopo che la madre di Drago ha lasciato l’arena. All’epoca delle riprese non era però ancora stato eletto come presidente dell’Ucraina ed era dunque ancora conosciuto semplicemente come attore.

Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV

È possibile fruire di Creed II grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 23 novembre alle ore 21:20 sul canale Rai 4.

Nico: tutte le curiosità sul film con Steven Seagal

Nico: tutte le curiosità sul film con Steven Seagal

Grazie alle sue interpretazioni in numerosi film d’azione che sono diventati dei veri e propri cult, l’attore Steven Seagal si è dimostrato uno dei più grandi esponenti di questo genere, accanto a nomi come Arnold Schwarzenegger, Sylvester Stallone, Jean-Claude Van Damme e Bruce Willis. Dei suoi film, uno dei più appassionanti rimane senza dubbio il suo film di debutto, Nico (titolo italiano di Above the Law), realizzato nel 1988 per la regia di , autore anche di Trappola in fondo al mare (sempre con Seagal), Il fuggitivo (con Harrison Ford) e Danni collaterali.

Steven Seagal raccontò di aver scelto il film da una pila di sceneggiature che la Warner Brothers aveva conservato per Clint Eastwood. Il film è stato riscritto per concentrarsi sulla vera storia di Seagal.Non solo è questo il primo film di Seagal, ma è anche considerato il primo film americano a presentare sequenze di combattimento aikidō, arte marziale che il qui debuttante attore ha contribuito a rendere popolare. Subito dopo Nico, Seagal ha preso parte ai film Duro da uccidere, Programmato per uccidere e Trappola in fondo al mare, che ne hanno consolidato lo status di attore di film d’azione e d’arti marziali.

Per i suoi ammiratori ma anche per gli appassionati del genere si tratta dunque di un titolo da non perdere, da poter ora riscoprire grazie al suo passaggio televisivo. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a Nico. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Steven Seagal e Chelcie Ross in Nico
Steven Seagal e Chelcie Ross in Nico. Cortesia di Warner Bros

La trama di Nico

Il film segue le vicende del siciliano Nico Toscani, esperto di arti marziali che viene reclutato dalla CIA per entrare a far parte di un corpo speciale impiegato per una missione tra Vietnam e Cambogia. Nel 1973, Nico rimane talmente disgustato dalle torture a cui assiste durante l’interrogatorio di un prigioniero che decide di lasciare la CIA e tornare a vivere nella sua Chicago. Passano quindici anni e l’uomo, che ormai è sposato e ha un bambino, vive insieme alla sua famiglia e alla madre.

Tolte le vesti di agente speciale, Nico è ora un incorruttibile poliziotto della narcotici del Dipartimento di Polizia di Chicago. Insieme ai suoi colleghi e amici, l’uomo veglia sulla città combattendo lo spaccio di sostanze stupefacenti. Non ha però idea di quello che sta per succedergli e del fatto che, per dare una mano a una cugina, si troverà nuovamente ad avere a che fare non solo con la CIA ma anche con l’FBI.

Alcune curiosità sul cast di attori del film

Il film segna il debutto di Steven Seagal, che fu protagonista grazie ad un suo ex allievo di aikidō che consigliò subito Seagal come protagonista. L’attore ha poi dichiarato durante un’intervista che, tra i primi ruoli che ha avuto, questo è stato il suo personaggio preferito da interpretare. Prima di ottenere questa parte, però, Steven Seagal ha dovuto dimostrare allo studio le sue abilità nelle arti marziali. Ha dominato fisicamente i suoi studenti, terrorizzando i dirigenti, i quali non sapevano che era tutta una messa in scena. Sempre Seagal si è occupato di coreografare tutti i combattimenti presenti nel film.

Steven Seagal e Sharon Stone in Nico
Steven Seagal e Sharon Stone in Nico. Cortesia di Warner Bros

Recitano poi nel film l’attrice Pam Grier, celebre per il film Jackie Brown, nel ruolo di Delores “Jax” Jackson (Grier considera Nico uno dei suoi film preferiti perché mette in mostra le sue capacità di attrice), Ron Dean nel ruolo del detective Lukich, Miguel Nino in quello di Chi Chi Ramon, Nicholas Kusenko nel ruolo dell’agente FBI Neeley  e Henry Silva in quello di Kurt Zagon. Quest’ultimo ha rotto il naso a Seagal nella scena finale del combattimento. Seagal fu portato d’urgenza in ospedale, ma il giorno dopo era di nuovo al lavoro. Rimase sveglio tutta la notte per applicare il ghiaccio, in modo da non farsi venire un occhio nero.

Daniel Faraldo interpreta invece Tony Salvano. Quando Faraldo fece il provino per il suo ruolo, Andrew Davis pensò che fosse troppo piccolo per intimidire Steven Seagal. Seagal suggerì a Faraldo di provare a spaventarlo, così egli cercò di rompere una sedia sulla schiena di Seagal, ottennendo la parte. Nel film recitano poi anche Sharon Stone nel ruolo di Sara Toscani, Joe V. Greco nel ruolo di padre Joseph Gennaro, Chelcie Ross in quello di Nelson Fox e un giovane Michael Rooker con il breve cameo di un giovane in un bar.

Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV

È possibile fruire di Nico grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple iTunes, Tim Vision, Now e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 23 novembre alle ore 21:00 sul canale 20 Mediaset.

L’uomo di neve, la spiegazione del finale: chi è l’assassino?

L’uomo di neve, la spiegazione del finale: chi è l’assassino?

Jo Nesbø è uno dei più noti scrittori norvegesi, specializzato in romanzi di genere crime, tra cui spicca la serie con protagonista il detective Harry Hole, brillante nel suo lavoro ma con metodi poco ortodossi. Di tredici libri dedicati a tale personaggio, solo il settimo, Snømannen, è ad oggi diventato un film. Si tratta di L’uomo di neve (qui la recensione), diretto dal regista svedese Tomas Alfredson (noto anche per Lasciami entrare e La talpa) e con protagonista l’attore candidato agli Oscar Michael Fassbender.

Originariamente doveva essere Martin Scorsese a dirigere il film, rimanendo però poi come solo produttore esecutivo. La produzione di L’uomo di neve è come noto stata infatti piuttosto travagliata e si è svolta in un breve lasso temporale. Un periodo troppo ristretto secondo Alfredson, che non avrebbe permesso di preparare adeguamente la sceneggiatura (tanto che alcune parti non sarebbero state girate) e la sua messa in scena. Problemi poi riscontrati anche dalla critica e dal pubblico, che hanno sonoramente bocciato il film.

Si può infatti notare un grande potenziale inespresso, che non trova giustizia a causa di alcune lacune nella storia. Rivedere oggi il film è comunque consigliato ai fan del genere, che potranno imbattersi in una visione con diversi elementi affascinanti. Il finale de L’uomo di neve, in particolare, necessita di una spiegazione completa a causa della sua complessità. In questo articolo si ritroveranno dunque ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Michael Fassbender in L'uomo di neve
Michael Fassbender in L’uomo di neve. Cortesia di Universal Pictures.

La trama e il cast di L’uomo di neve

Il film ha dunque per protagonista il detective Harry Hole, il quale si trova a dover risolvere un complesso e orrorifico caso: quello del serial killer che firma i suoi omicidi realizzando pupazzi di neve sul luogo del delitto e pertanto rinominato L’uomo di neve. Tra i due si sviluppa un vero e proprio gioco sadico, con il killer che provoca il detective lasciandogli degli indizi che però non sembrano portare a nessuna scoperta utile a svelare la sua identità.

Temendo di trovarsi di fronte ad un serial killer inafferrabile che da tempo si pensava morto, il detective ingaggia la brillante recluta Katrine Bratt, per aiutarlo a collegare alcuni casi irrisolti risalenti a molto tempo addietro, con i più recenti e brutali. Procedendo così, i due sperano di far uscire allo scoperto lo psicopatico che li sta osservando da chissà quanto tempo. Se falliranno nelle loro indagini, però, un male impensabile colpirà ancora una volta con l’avvento della successiva nevicata.

Come anticipato, ad interpretare il detective Harry Hole vi è l’attore Michael Fassbender, mentre Katrine Bratt ha il volto dell’attrice Rebecca Ferguson. L’attore Val Kilmer interpreta invece Gert Rafto, un detective alcolizzato. Se si ascolta il film in lingua originale, si noterà che Kilmer non parla con la sua vera voce. L’attore è infatti stato doppiato per via del cancro avuto alla gola. Recitano poi nel film gli attori Charlotte Gainsbourg nei panni di Rakel Fauke, J. K. Simmons in quelli di Arve Stop e Chloe Sevigny in quelli di Sylvia Ottersen.

Michael Fassbender L'uomo di neve
Michael Fassbender in L’uomo di neve. Cortesia di Universal Pictures.

 

La spiegazione del finale

Il finale de L’uomo di neve rivela che l’assassino è il chirurgo Mathias, che sta usando la sua reputazione professionale per nascondere le sue attività omicide. Harry e Katrine sospettano molti potenziali assassini nel corso dell’irregolare storia de L’uomo di neve, da Arve Støp a Idar Vetelsen. Tuttavia, alla fine del film, Harry scopre che Mathias Lund-Helgesen è stato l’assassino per tutto il tempo. Harry e Mathias hanno avuto diverse scene insieme nel corso del film, ma Harry non ha mai messo insieme gli indizi. Mathias è un rinomato chirurgo, il che lo fa sembrare un professionista premuroso e incapace di fare del male a qualcuno.

Chiaramente, si trattava di una facciata, perché Mathias era in realtà un pericoloso assassino. I primi indizi di ciò si ritrovano nella prima scena. L’uomo di neve si apre infatti con la scena di un bambino, sua madre e il suo padre biologico. Il ragazzo è il risultato di una relazione e quando la madre minaccia di dire la verità alla moglie del padre, il padre fugge e se ne va in macchina. La madre del ragazzo lo segue, con il bambino sul sedile del passeggero, ma finisce fuori strada e si ritrova su un lago ghiacciato. Il ragazzo scende dall’auto e dice alla madre di fare lo stesso, ma lei non lo fa. Rimane in macchina mentre il ghiaccio si rompe e l’auto affonda nell’acqua ghiacciata.

Attraverso le scoperte di Harry e della sua squadra alla fine del film, diventa chiaro che Mathias è il ragazzo della scena iniziale de L’uomo di neve. È rimasto orfano dopo la morte della madre e l’abbandono del padre e ha trascorso il resto della sua vita con rabbia e risentimento per gli eventi. Tuttavia, la rabbia di Mathias è mal indirizzata. Mathias crede che sua madre non lo amasse e che per questo motivo abbia scelto di morire in auto. Inizia a uccidere donne che hanno abortito o che non conoscono il padre del loro bambino per l’odio che prova per la propria madre.

Rebecca Ferguson in L'uomo di neve
Rebecca Ferguson in L’uomo di neve. Cortesia di Universal Pictures.

Alla fine de L’uomo di neve, Harry gli dice che ha sbagliato tutto per tutta la vita. Non era sua madre a non interessarsi a lui, ma era suo padre a non volerlo. Nel fare questa scoperta, Harry è scioccato dal fatto che l’assassino lo conosca e abbia un legame con il suo passato. Harry conosce Mathias perché  lui esce con Rakel, la sua ex. Per questo, c’è anche una certa tensione tra Mathias e Harry, con il primo che dice al secondo che quando l’ha visto per la prima volta ha creduto che avesse una famiglia perfetta, anche se anche la vita di Harry è piena di difetti. Mathias prova dunque risentimento nei confronti di Harry perché sia Rakel che Oleg lo amano, mentre Mathias non ha nessuno.

In che modo Katrine è collegata a Rafto?

Tra i tanti misteri de L’uomo di neve, uno dei più sconcertanti è il collegamento tra Katrine e Gert Rafto. Harry viene a sapere che anni prima c’era stato un caso di omicidio simile, così va a incontrare Gert Rafto, uno degli agenti che si occupava del caso. Tuttavia, scopre presto che Rafto è morto otto anni prima per un presunto suicidio. Nella baita di Rafto, Harry scopre una giacca e una fotografia e scopre che Rafto è il padre di Katrine. Si rende conto che Katrine sta lavorando con lui al caso perché crede che suo padre sia stato assassinato e vuole scoprire chi lo ha ucciso.

Arve Støp è colpevole?

Rafto potrebbe essersi suicidato diversi anni prima degli eventi de L’uomo di neve, ma la sua morte finisce per diventare un altro pezzo del complesso puzzle. Katrine è convinta che l’uomo d’affari corrotto Arve Støp abbia ucciso suo padre. Tuttavia, non è mai in grado di collegarlo alla morte del padre o ai nuovi omicidi su cui Harry sta indagando. Nonostante gli altri suoi loschi traffici, Støp è però innocente in termini di omicidio e non ha ucciso Rafto. Tuttavia, è coinvolto in un giro di prostituzione, insieme a Vetelsen, un medico che tutte le vittime hanno visitato a un certo punto. Vetelsen diventa presto una vittima di omicidio e l’ultima scena di Støp è quando Katrine cerca di sedurlo. Da quel momento Støp non viene più visto.

J. K. Simmons in L'uomo di neve
J. K. Simmons in L’uomo di neve. Cortesia di Universal Pictures.

Cosa succede a Katrine?

Dopo che Katrine ha tentato di sedurre Støp, lui le dice di incontrarlo nella sua stanza d’albergo. Lei tenta di catturarlo nella stanza e di dimostrare la sua colpevolezza. Invece, viene catturata dall’assassino. L’assassino droga e uccide Katrine, poi le taglia il dito destro e lo usa per sbloccare la sua tavoletta da lavoro. Harry trova il cadavere di Katrine nella sua auto, con un pupazzo di neve disegnato sul tetto. Quando Mathias si rivela l’assassino, il dito di Katrine viene visto inchiodato alla sua porta.

Il vero significato del finale di L’uomo di neve

Sebbene, come riconosce il regista, L’uomo di neve non sia sempre chiaro, il film presenta un messaggio forte su come i traumi infantili e il risentimento possano far impazzire una persona. Non tutti coloro che hanno vissuto delle difficoltà crescendo o che hanno covato risentimento si trasformano in assassini, ma questo è ciò che è successo a Mathias. Non è mai guarito da ciò che i suoi genitori gli hanno fatto e lo ha usato per alimentare la sua follia omicida da adulto. Il finale de L’uomo di neve mette in luce anche il modo in cui la società spesso incolpa le donne e le madri, mentre lascia liberi i padri.

Mathias era più arrabbiato con la madre per la sua morte che con il padre per la sua partenza. Sebbene nel corso de L’uomo di neve abbia ucciso degli uomini, la maggior parte dei suoi omicidi ha riguardato donne in situazioni vulnerabili, come quella di non conoscere il vero padre del proprio figlio. Il finale rivela anche come il risentimento finisca inevitabilmente con il morire, dato che Mathias finisce per cadere attraverso il ghiaccio e nel lago ghiacciato, morendo esattamente nello stesso modo in cui è morta sua madre.

Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV

È possibile fruire di L’uomo di neve grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 23 novembre alle ore 21:00 sul canale Iris.

Kraven – Il cacciatore: il nuovo spot rivela come ha ottenuto i suoi poteri

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Il primo trailer di Kraven – Il Cacciatore era un po’ vago su come il protagonista (Aaron Taylor-Johnson) abbia ottenuto i suoi poteri, suggerendo che Kraven in qualche modo abbia acquisito super forza e agilità dopo essere stato morso da un leone. La Sony Pictures ha ora diffuso un nuovo spot televisivo che mostra una specie di liquido versato nella bocca del giovane Kraven dopo l’attacco. Questo significa che il padre di Kraven era in possesso di un siero che conferisce abilità incredibili? Probabilmente!

Sembra che ci sia un po’ più di attesa per questo ultimo spin-off di Spider-Man senza Spider-Man, se non altro per il fatto che il divieto ai minori di 17 anni potrebbe fornire qualche brivido in più rispetto alle precedenti puntate dello SSU.

Kraven è un predatore al vertice della catena alimentare

“È un predatore al vertice della catena alimentare”, ha detto la star Aaron Taylor-Johnson durante il panel. “Kraven è un cacciatore, non un bracconiere. Come ogni cacciatore sa, a volte devi fare una selezione della mandria per preservare l’ordine. Ovviamente, quando inizia ad applicare questo principio agli esseri umani, diventa una storia piuttosto oscura”.

“Non è solo Kraven. Abbiamo davvero avuto l’opportunità di immergerci nei personaggi Marvel in un modo davvero interessante”, ha aggiunto il regista J.C. Chandor. “Volevamo che lo spirito di quei personaggi fosse ciò che i fan vogliono e volevamo portarlo sullo schermo in un modo nuovo… Abbiamo percorso un equilibrio tonale in cui io come narratore e come regista, conosco gli attori in ogni interpretazione, non stiamo rompendo la quarta parete. Crediamo in questa storia come se stesse realmente accadendo”.

Kraven – Il Cacciatore: tutto quello che sappiamo sul film!

Dopo il successo di Venom: Let There Be Carnage e Spider-Man: No Way Home, Sony continua ad espandere il suo universo Marvel e Kraven the Hunter si unisce a una lista che include anche Madame Web con Dakota Johnson e il progetto Spider-Womandi Olivia Wilde. Art Marcum, Matt Holloway e Richard Wenk hanno scritto la sceneggiatura di Kraven – Il Cacciatore e il fatto che il film attiri talenti di alto livello è sicuramente un buon segno. Kraven – Il Cacciatore uscirà al cinema il 13 dicembre 2023 distribuito da Sony Pictures Italia e Warner Bros.

Kraven – Il Cacciatore sarà interpretato da Aaron Taylor-Johnson (Avengers: Age of Ultron) mentre assume il mantello del cattivo di Spider-Man, che è un immigrato russo di nome Sergei Kravinoff. Nel film, che viene annunciato come il prossimo capitolo dello Spider-Man Universe (SSU) di Sony, va in missione per dimostrare di essere il più grande cacciatore del mondo. Ad affiancare Taylor-Johnson nel film Marvel di Sony con classificazione R c’è Fred Hechinger (Fear Street Trilogy, The White Lotus) nei panni di Chameleon, il fratellastro di Kraven; la candidata all’Oscar Ariana DeBose (West Side Story) nel ruolo di Calypso, la compagna dell’occasione e amante di Kraven; Russell Crowe e Levi Miller in ruoli sconosciuti. Anche Christopher Abbott e Alessandro Nivola sono stati scelti come cattivi principali. Kraven – Il Cacciatore è diretto dal candidato all’Oscar J. C. Chandor (A Most Violent Year) da una sceneggiatura co-scritta da Richard Wenk (The Equalizer), Matt Holloway e Art Marcum. Avi Arad e Matt Tolmach stanno producendo il progetto.

Creature Commandos: ecco il poster! Si parla già di seconda stagione

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Creature Commandos sarà il nostro primo assaggio del nuovo DCU di James Gunn e DC Studios. Mentre l’embargo sulle recensioni non verrà revocato prima del 2 dicembre, le prime notizie sulla serie animata sono molto positive. Resta da vedere se ciò si tradurrà in un’importante audience in streaming, anche se DC Studios è in ascesa dopo il successo di Super/Man: The Christopher Reeve Story e The Penguin. Di conseguenza, l’interesse per lo show sembra alto.

Ora, lo showrunner di Creature Commandos Dean Lorey ha parlato della possibilità di una seconda stagione. “Sì, vogliamo assolutamente fare una seconda stagione”, ha detto a Screen Rant. “Non c’è un piano particolare di cinque stagioni o qualcosa del genere. Ma vogliamo sicuramente fare un’altra stagione”. “Vedrete, alla fine della prima stagione, alcuni dei personaggi che potrebbero farne parte, e c’è molto divertimento in arrivo, spero”.

Gunn era anche presente per spiegare che, mentre Superman è il “vero inizio” del DCU, Creature Commandos è “un modo per le persone di avere un piccolo assaggio” dei piani di DC Studios per il franchise.

Ci aspettiamo che la serie sia più una continuazione di ciò che abbiamo visto in The Suicide Squad e Peacemaker che un vero sguardo a come sarà il nuovo DCU. Tuttavia, il fatto che abbiano ottenuto un R-Rated suggerisce che i DC Studios hanno in programma di esplorare tutti i tipi di toni e generi nel cinema e nella televisione.

Tutto quello che sappiamo su Creature Commandos

La serie animata Creature Commandos, composta da 7 episodi, sarà trasmessa in streaming su Max e avrà come protagonisti David Harbour  nel ruolo di Eric Frankenstein/Mostro di Frankenstein, Indira Varma nel ruolo della Sposa, Maria Bakalova di Guardiani della Galassia Vol. 3 nel ruolo della Principessa Ilana Rostovic, Zoe Chao nel ruolo della Dott.ssa Nina Mazursky, Alan Tudyk nel ruolo del Dottor Phosphorus, Sean Gunn nel ruolo di Weasel  e Frank Grillo nel ruolo di Rick Flag Senior.

Steve Agee riprenderà il suo ruolo di Peacemaker, John Economos. È prevista anche la partecipazione di Viola Davis nel ruolo di Amanda Waller. Recentemente James Gunn ha rivelato di considerare La sposa di Indira Varma come il personaggio principale della serie. Ha anche aggiunto che non sta dirigendo alcun episodio, ma ha diretto le sessioni di registrazione di ciascun attore.

Jeffrey Wright non è mai stato coinvolto nei piani per The Penguin

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In The Batman abbiamo assistito a un teso scambio di opinioni tra Jim Gordon (Jeffrey Wright) e Oz Cobb (Colin Farrell), e siamo sicuri che l’incorruttibile agente del GCPD sarà scioccato quanto chiunque altro nello scoprire che quello stesso tirapiedi è ora diventato il boss di Gotham City.

La serie TV The Penguin è stata una serie molto amata dal pubblico, anche se è stata accolta con un certo malcontento la mancanza di personaggi come Gordon o Batman stesso. Mentre The Batman Part II potrebbe spiegare la loro assenza dalla serie, un cameo di uno del due sarebbe stato gradito e avrebbe contribuito molto a creare una maggiore sensazione di connettività.

Parlando con Inverse, Jeffrey Wright ha confermato: “Non si è parlato della mia presenza in questa prima stagione”. Alla domanda se sarebbe stato a bordo per una potenziale seconda stagione, l’attore ha risposto: “Chi lo sa? Vedremo cosa succederà in futuro, ma sto già giocando con abbastanza palle”.

Si dice che la HBO sia desiderosa di continuare con The Penguin e si ritiene ampiamente che un’altra stagione della serie potrebbe colmare il divario tra le prossime puntate per il grande schermo della trilogia di Batman di Matt Reeves.

Jeffrey Wright tornerà nei panni di Jim Gordon

Wright tornerà nei panni di Gordon in quei film, ma al momento è all’oscuro dei piani del regista per la Parte II. “Sono emozionato di tornarci, ma probabilmente ne sai quanto me”, ha ammesso. “Non ho letto nulla. Non parlo con Matt da un po’. Lui è stato via per fare le sue cose, io sono stato via per fare le mie. Ma non vedo l’ora di tornarci”. “C’è molto da esplorare”, ha continuato Wright. “Penso che la visione che [Reeves] ha di Gotham sia davvero meravigliosa, davvero ricca e un po’ sporca nel senso migliore del termine”.

Il personaggio sarà stato assente dalla serie The Penguin, ma è innegabile che lo show non ha prestato eccessiva attenzione alla polizia. Oltretutto qualcuno deve pur aver acceso quel Bat-segnale nel finale di stagione…

L’Imperatrice, la stagione 3 si farà? Ecco tutto quello che sappiamo

La popolarissima serie storica di Netflix, L’Imperatrice (scopri qui la storia vera su cui si basa) è finalmente tornata per la sua seconda stagione nel 2024, ma questo successo in lingua tedesca sarà rinnovato per una terza stagione? Basata sulla figura storica dell’imperatrice Elisabetta d’Austria, la serie cattura lo spirito ribelle di questa monarca eterodossa che sfida le rigide norme sociali della sua vita reale e tutte le sfide che ha dovuto affrontare come sovrana e come persona. La serie è stata un successo a sorpresa per lo streamer ed è tuttora uno dei maggiori successi di Netflix in una lingua diversa dall’inglese.

Come molti prodotti originali in streaming, c’è stato un grande intervallo tra la prima e la seconda stagione, ma questo non sembra aver diminuito l’impatto del ritorno del period drama. Rispetto a show come Bridgerton, L’Imperatrice è più fedele alla storia, ma ha tutte le caratteristiche di un dramma in costume accattivante. Queste caratteristiche uniche elevano lo show tedesco al di sopra della solita fiction storica anacronistica che viene diffusa dai principali canali di streaming, e rendono ancora più plausibile una terza stagione. Con molti altri eventi della vita di Elisabetta da esplorare, Netflix potrebbe ordinare presto un’altra serie di episodi.

LEGGI ANCHE: L’imperatrice – Stagione 1: cosa ricordare prima della seconda stagione

La terza stagione di L’Imperatrice non è ancora stata confermata

Poiché la seconda stagione è appena uscita, non sorprende che Netflix non abbia ancora comunicato nulla riguardo a una terza stagione. Poiché lo show è una coproduzione tedesca, è probabile che il rinnovo della serie sia più importante di una semplice richiesta da parte di Netflix. Se i lunghi ritardi tra le stagioni 1 e 2 sono indicativi, è chiaro che L’Imperatrice non segue la stessa struttura produttiva di molti programmi americani, che vengono portati sullo schermo il più rapidamente possibile.

Philip Froissant e Devrim Lignau in L'Imperatrice
Philip Froissant e Devrim Lignau in L’Imperatrice. Courtesy of Netflix

 

Non è chiaro quando Netflix deciderà esattamente se rinnovare o cancellare la serie. Ci sono voluti quasi due mesi prima che lo streamer ordinasse la seconda stagione, e questo dopo che la prima stagione era stata un successo. Se la seconda stagione di L’Imperatrice non avrà lo stesso successo della precedente, ci sono poche speranze che lo streamer ordini altri episodi o, per lo meno, Netflix non si muoverà con particolare rapidità quando si tratterà di darle il via libera. I drammi in costume sono costosi e rappresentano un grande investimento che deve avere un grande ritorno.

Dettagli sul cast della terza stagione di L’Imperatrice

Sebbene non sia stato ancora annunciato nulla sul cast della terza stagione di L’Imperatrice, è possibile provare a dare qualche indicazione su chi riprenderà sicuramente il proprio ruolo. Innanzitutto, non c’è dubbio che Devrim Lingnau tornerà a vestire i panni della ribelle e amata imperatrice Elisabetta, il cui arco emotivo si è rafforzato nel corso della seconda stagione. Nel frattempo, è probabile che ritorni anche l’imperatore Francesco Giuseppe (Philip Froissant), il quale, stando ai dati storici, è sopravvissuto al suo viaggio in prima linea, come si è visto nel finale della seconda stagione.

Altri ritorni sono meno certi e dipendono dalla direzione che la storia della terza stagione sceglierà di seguire. La storia dell’arciduca Massimiliano (Johannes Nussbaum) ha avuto una svolta drammatica nella seconda stagione, con la spogliazione del titolo da parte del fratello maggiore. Avendo scelto di lasciare l’Austria dopo la sua estromissione, non si sa se l’arciduca estraniato entrerà a far parte della terza stagione, anche se gli sceneggiatori sarebbero negligenti se non raccontassero la storia del suo affascinante (e alla fine tragico) periodo in Messico.

Philip Froissant in L'Imperatrice
Philip Froissant in L’Imperatrice. Courtesy of Netflix

Dettagli sulla trama della terza stagione di L’Imperatrice

Sebbene L’Imperatrice sia molto incentrata sull’esperienza dell’imperatrice Elisabetta a livello personale, intorno a lei sono accaduti molti eventi di portata mondiale che costituiscono l’interessante periferia del racconto. Nel corso della seconda stagione si è ad esempio verificata la ribellione del Lombardo-Veneto, che alla fine è sfociata in guerra. Sentendosi inadeguato, Francesco Giuseppe sceglie di andare in prima linea per sostenere le sue truppe, e il suo destino viene lasciato in sospeso nel finale della seconda stagione. I dati storici rivelano però che Francesco sopravviverà all’incontro.

Sul fronte interno, invece, Elisabetta lotta con la maternità e la pressione irrealistica di produrre un erede maschio per l’impero. La sua salute mentale è uno degli aspetti più interessanti del dramma storico e aggiunge un livello di dimensione alla figura storica che è piuttosto moderna. Ci si aspetta che questo aspetto continui nella terza stagione di L’Imperatrice, quando le cose tra Sisi e Francesco Giuseppe si faranno più pressanti e si ritroveranno nel vortice della storia. Ad ora, però, non resta che attendere l’ufficialità di una terza stagione da parte di Netflix.

Hayao Miyazaki e l’airone: recensione del documentario di Kaku Arawaka

È il 2013 quando, successivamente all’uscita in sala Hayao Miyazaki annuncia il suo ritiro dal mondo dell’animazione e del cinema. È il 2016 quando, nel documentario Never Ending Man: Hayao Miyazaki viene rivelato che Miyazaki sta tornando sui suoi passi, mettendosi al lavoro su un nuovo lungometraggio. È il 2023 quando quel nuovo progetto, Il ragazzo e l’airone (qui la recensione) arriva finalmente in sala, rappresentando morte e rinascita dell’amato maestro dell’animazione (giapponese e non). Questo lungo e tortuoso viaggio, costellato da lutti, fatica, sogni e speranze, viene ora svelato in Hayao Miyazaki e l’airone da , documentario che ci riporta nuovamente all’interno dello Studio Ghibli.

Arakawa – già regista di Never Ending Man: Hayao Miyazaki e della miniserie 10 Years with Hayao Miyazaki – realizza sostanzialmente un’estensione (per non usare il termine sequel) di quel suo documentario del 2016. Se quel progetto seguiva Miyazaki dall’annuncio del suo ritiro passando attraverso il rendersi conto di non saper stare senza matita in mano e fino al suo rimettersi al lavoro, Hayao Miyazaki e l’airone riparte proprio da lì per raccontare quel lungo percorso che dal 2016 al 2023 ha portato alla realizzazione del film che ha incantato il mondo, ottenendo ampi consensi e facendo guadagnare al suo autore il suo secondo Oscar per il Miglior film d’animazione.

Ad unire spiritualmente i due documentari vi sono le continue riflessioni di Miyazaki sull’avanzare della sua età e sul dubitare delle proprie capacità e forze per portare a termine questa nuova fatica. Ancor più di Never Ending Man: Hayao Miyazaki, Hayao Miyazaki e l’airone è però segnato dai lutti, che diventano tuttavia spinta propulsiva per portare a termine quella nuova avventura. È dunque un documentario dal tono malinconico, che ci mostra il lato umano di una leggenda, dove però la speranza e la voglia di scherzare trova infine sempre spazio, proprio come nelle opere realizzate nel corso di oltre quarant’anni da Miyazaki.

Toshio Suzuki e Hayao Miyazaki in Hayao Miyazaki e l'airone
Toshio Suzuki e Hayao Miyazaki in Hayao Miyazaki e l’airone. Cortesia di Lucky Red.

Un regista non si ritira

Un regista non si ritira”, è ciò che un profondamente arrabbiato Isao Takahata, maestro, rivale e amico di Miyazaki, ha detto a quest’ultimo quando annunciò il suo ritiro. Regista di opere come Una tomba per le lucciole, Pom Poko e La storia della principessa splendente, Takahata – da Miyazaki affettuosamente chiamato Paku-san – ha sempre avuto un posto speciale nella vita del collega. Si può dire che è da quel rimprovero che Miyazaki inizia a comprendere che Takahata ha di nuovo ragione, che non ci si può ritirare da ciò che si è. E quando anche la sua storica confidente e color designer Michiyo Yasuda gli chiede di fare un nuovo film, Miyazaki comprende che è ora di rimettersi al lavoro.

Inizia così a prendere forma un nuovo racconto, che è per il regista di La città incantata l’occasione per ripensare a tutta la sua vita e il suo lascito artistico e umano. Il documentario di Arakawa inizia dunque a seguire il regista in modo anche rocambolesco, con riprese quasi rubate di nascosto per cogliere Miyazaki nell’intimo. Non sembra quindi un caso che il film inizia proprio con il regista nudo mentre fa una sauna, quasi come a volerci anticipare che quello che vedremo è un Miyazaki che si metterà a nudo raccontandoci tutto di sé e del proprio lavoro. Arakawa lavora però anche su un ritmo sempre piuttosto serrato, riuscendo a far confluire nelle proprie immagini anche una forte comicità – dovuta in particolare agli scambi di Miyazaki con il suo storico produttore Toshio Suzuki – ma anche tutto quel senso di quiete che lo stile di vita giapponese suggerisce.

Si lavora per accostamenti, tra ciò che accade nella realtà e diretti corrispettivi nei film animati di Miyazaki, dimostrando dunque quanto per il regista il confine tra fantasia e realtà sia esile. Un discorso, questo, che torna più volte nel corso del film, stupendo lo spettatore che si ritrova davanti a situazioni, luoghi e persone che hanno direttamente ispirato precisi elementi delle varie opere realizzate da Miyazaki. In particolare, però, Hayao Miyazaki e l’airone riesce realmente a trasmettere lo sforzo creativo, la fatica, la pazienza e le difficoltà che il lavoro su questo nuovo film ha comportato. Miyazaki, che si concentra prevalentemente sullo storyboard, torna più volte sui suoi disegni, sui suoi tratti, facendo perfettamente comprendere quanto minuzioso lavoro c’è dietro.

Hayao Miyazaki e l'airone
Il disegno dell’airone di Hayao Miyazaki. Cortesia di Lucky Red.

Hayao Miyazaki e l’airone: creare per restare vivi

Nel mostrarci tutto ciò, Hayao Miyazaki e l’airone non solo fornisce una vera e propria spiegazione di determinati elementi del film (come le persone che hanno ispirato certi personaggi o lo svelamento di certi simboli), ma porta ovviamente a anche a ripensare a Il ragazzo e l’airone e a farlo apprezzare ancor di più. Ed è proprio nel raccontarci la realizzazione del film, attraverso un lunghissimo conto alla rovescia che porta sino alla sua agognata uscita nei cinema giapponesi, che il documentario ci comunica un secondo importante elemento, ovvero il comprendere – di nuovo – da parte di Miyazaki come sia vero che un regista non si può ritirare, perché “se non realizziamo qualcosa non abbiamo niente”, come dirà Miyazaki stesso.

Hayao Miyazaki e l’airone è dunque anche un’ode all’atto creativo, a quella vocazione che non si può soffocare e che chiede invece di essere liberata, come racconta il regista parlando del “coperchio del suo cervello”. Ed è ancora una volta la vita a guidare la mano dell’artista, “costretto” a portare avanti il suo lavoro mentre il mondo intorno a lui perde pezzi. Se Il ragazzo e l’airone inizia venendo concepito in un modo, la scomparsa di Michiyo Yasuda e soprattutto quella di Isao Takahata influenzano profondamente Miyazaki e il suo lavoro. È proprio nel vedere il regista andare avanti nel suo lavoro nonostante i lutti che segnano il cammino che si ritrova uno degli elementi più toccanti del film.

Sono episodi che danno la misura del tempo, che costringono Miyazaki a riflettere sul senso della vita, sul tempo che gli resta, chiedendosi sé egli stesso riuscirà a vedere finito quel suo nuovo lavoro. Il tono del documentario è dunque spesso funebre, malinconico, ma con la possibilità che una battuta e una risata si intromettano e riportino un equilibrio al tutto, proprio come l’equilibrio ricercato dal personaggio del prozio in Il ragazzo e l’airone (ispirato proprio a Takahata). È così che, passo dopo passo, si giunge al completamento del film, al suo diventare pubblico, al suo trionfo globale. E quando tutto è finito? La risposta ce la offre sempre Miyazaki: “è proprio allora che la vita continua ad andare avanti“. Morte e rinascita, lasciando aperta la porta verso il futuro.

Joy, la spiegazione del finale: chi era il primo bambino della FIV e cosa è successo ai ricercatori nella vita reale

Joy di Netflix ha avuto un finale soddisfacente perché ha rivelato come è nato il primo bambino da fecondazione assistita, ma anche per i temi che erano parte integrante del dramma biografico e che sono stati celebrati dal finale. Basata sulla storia vera di come tre scienziati britannici hanno reso la fecondazione assistita una realtà, Joy si concentra tanto sulla ricerca e sugli ostacoli scientifici quanto sul costo umano subito da Jean e Bob, soprattutto sotto forma di relazioni rovinate, minacce di morte e attacchi alla loro privacy e a quella dei loro pazienti.

In effetti, Jean ha dovuto lottare contro sua madre e la sua comunità sulla bontà delle loro intenzioni per tutto il film, mentre Bob ha cercato in tutti i modi di far sì che il pubblico si immedesimasse in coloro che lottano per concepire, per poi essere demonizzato nei talk show e dalla stampa. Considerando che quanto più il cast di personaggi di Joy si avvicinava a una gravidanza riuscita tramite la fecondazione in vitro, tanto maggiori erano i tentativi di interferire con la loro ricerca, il successo finale di Jean, Bob e Patrick si è rivelato ancora più significativo, un’impresa di resilienza oltre al bene che hanno portato al mondo rendendo l’infertilità parzialmente curabile.

Perché Joy è stato scelto come secondo nome del primo bambino nato da fecondazione assistita, Louise Brown

JOY james norton Thomasin McKenzie
© Kerry Brown/Netflix

Il significato del nome è un testamento del viaggio che ha portato alla bambina

Dopo il successo del parto cesareo del bambino dei Brown, durante la celebrazione intima e informale tra le persone coinvolte nella ricerca al Cottage Hospital di Kershaw, Bob ha rivelato che i Brown gli avevano chiesto se volevano dare un secondo nome al loro bambino, e lui aveva proposto Joy. Il dramma biografico intitolato Joy rivela quindi inevitabilmente il primo bambino nato da fecondazione assistita come il centro della storia, ma il motivo per cui Bob ha scelto Joy – e i suoi collaboratori sono stati d’accordo nel considerarlo una buona scelta – ha a che fare con l’intero percorso che ha reso possibile la nascita di Louise Joy Brown.

Jean, Bob e Patrick considerano la loro ricerca come potenzialmente in grado di curare la mancanza di figli, di rendere il mondo migliore per coloro che sono sterili e desiderano profondamente un figlio.

Nel corso del film, Jean, Bob e Patrick vedono nella loro ricerca il potenziale per curare l’infantilismo, per rendere il mondo migliore a chi è sterile e desidera profondamente un figlio. I passaggi che il trio deve affrontare per rendere possibile tutto ciò comprendono quasi dieci anni di fallimenti prima del successo della gravidanza di Lesley Brown, che rende la nascita di Louise Brown qualcosa di simile alla pura gioia, soprattutto se si considera che la sua nascita significa anche che altri potrebbero avere la stessa fortuna attraverso la fecondazione in vitro, persone che altrimenti non avrebbero avuto alcuna possibilità.

Come Jean, Bob e Patrick riuscirono finalmente a ottenere una gravidanza valida attraverso la fecondazione in vitro

Il trio aveva di fatto abbandonato la ricerca

La storia vera di Joy non fa cenno all’abbandono della ricerca da parte del trio, ma descrive i tentativi di Jean, Bob e Patrick semplicemente come fallimenti dopo il 1971 e prima del 1975. Tuttavia, in modo molto più spettacolare, Jean abbandonò la ricerca come prima in Joy dopo aver appreso della tossicità della paraffina liquida, preferendo la madre morente al tentativo di risolvere un enigma impossibile. La soluzione al loro problema di ricerca è arrivata solo dopo un periodo di stasi, che ha dato a tutti loro, e soprattutto a Jean, un momento per guardare alla visione d’insieme invece di pensare a problemi specifici.

In Joy, come nella storia reale, il prelievo degli ovociti era sempre preceduto dagli ormoni, perché dava a Jean e Bob più possibilità di avere più ovociti. L’idea di Jean di utilizzare il ciclo mestruale delle pazienti, senza interferire con esso, per decidere quando prelevare gli ovuli ha eliminato l’unica variabile che non faceva accettare gli ovuli fecondati, risolvendo di fatto l’unico problema che affliggeva Jean, Bob e Patrick da quando avevano trovato il modo di estrarre gli ovuli umani in laparoscopia senza danneggiarli.

Le vere ragioni dell’interesse di Jean per la FIV spiegate

JOY thomasin McKenzie
© Kerry Brown/Netflix

La storia personale di Jean ha influenzato il motivo per cui voleva che la ricerca avesse successo

Non si conoscono le motivazioni che hanno spinto la vera Jean Purdy a studiare la riproduzione, ma il finale di Joyha rivelato finalmente perché Jean si sentiva parte del club Ovum tanto quanto i suoi pazienti. La decisione di Jean di farsi visitare da Patrick, per poi scoprire che la sua endometriosi era così grave che non sarebbe stata in grado di beneficiare della fecondazione in vitro anche se avesse funzionato per altri, ha distrutto tutte le sue speranze, ma ha anche fatto finalmente luce sulle ragioni personali che hanno motivato la sua ricerca.

Scoprire cosa spingeva veramente Jean fa sì che la storia abbia un senso alla luce del vetriolo che ha dovuto sopportare da parte di sua madre, della sua chiesa e della sua comunità. In effetti, Jean è stata ostracizzata quando si è saputo che lei e Bob stavano lavorando alla fecondazione in vitro, e sua madre si è rifiutata di accoglierla a casa se non avesse smesso di lavorare in quel laboratorio. Questo ha reso la motivazione di Jean molto triste, perché non solo ha perso tutto per portare avanti la ricerca, ma non avrebbe mai potuto trarne beneficio, dato che la sua condizione era troppo grave perché la fecondazione in vitro potesse funzionare e renderla incinta.

Perché Jean è tornata alla ricerca dopo la morte della madre

Joy film netflix
© Kerry Brown/Netflix

Gladys May si fermò prima di dare a Jean la sua benedizione per continuare prima di morire

Gladys May, che considerava sbagliato lo scopo della ricerca di Jean, causò molti conflitti tra lei e la figlia, ma questo raggiunse il punto di non ritorno quando la loro chiesa venne a conoscenza di ciò che Jean studiava. Gladys si ostina a tenere a bada Jean anche dopo che si è ammalata, riaccogliendola solo dopo aver appreso che Jean ha abbandonato il laboratorio di Oldham. Vedere Jean consultare i suoi vecchi quaderni la spinse persino a farle promettere di non tornare alla ricerca una volta morta, cosa che Jean non accettò mai.

I rimpianti popolavano la sua mente, ma Gladys non vedeva in ciò che Jean era diventata un rimpianto, un peccato o qualcosa da cambiare, ma dava segretamente a Jean il permesso di tornare alle sue ricerche dopo la sua morte.

Tuttavia, questo non fu il motivo principale per cui Jean tornò a Oldham dopo la morte della madre. Sebbene Gladys May si sia opposta alla ricerca di Jean fin da quando ne è stata coinvolta, la notte prima di morire ha anche confessato che l’unica cosa in cui non riusciva a vedere difetti, ora che stava morendo, era Jean. I rimpianti popolavano la sua mente, ma Gladys non vedeva nella persona che Jean era diventata un rimpianto, un peccato o qualcosa da cambiare, ma dava segretamente a Jean il permesso di tornare alla sua ricerca dopo la sua morte, cosa che alla fine fece.

Che cosa è successo a Jean, Bob e Patrick nella vita reale dopo Joy?

La nascita di Louise Joy Brown ha dato il via alla prima clinica di fecondazione assistita del mondo a Bourn Hall

Il film Joy di Netflix, basato su una storia vera, si è concluso dopo la nascita di Louise Joy Brown, utilizzando le immagini e i video reali della scoperta medica per aggiornare il pubblico sul motivo per cui un film del genere era necessario: celebrare il vero team che ha reso possibile la fecondazione in vitro, e in particolare Jean, che non è stata nemmeno menzionata sulla targa blu fuori dall’ospedale di Kershaw fino alla nuova targa inaugurata nel 2015. Il team ha comunque lavorato instancabilmente anche dopo la nascita di Louise Brown e Alastair MacDonald, rispettivamente nel 1978 e nel 1979.

La prospettiva e il finale diJoy hanno veramente messo in luce il contributo fondamentale della Purdy alla fecondazione assistita, facendo capire a Robert Edwards che ha passato anni a convincere il grande pubblico che la fecondazione assistita non sarebbe stata possibile senza Jean Purdy.

Se Edwards continuò a battersi affinché la Purdy ottenesse lo stesso merito suo e di Steptoe per lo sviluppo della FIV, il resto della vita di Jean Purdy fu dedicato a rendere la FIV più accessibile (tramite Bourn Hall). Poiché l’NHS si rifiutava di sostenere il servizio, il team continuò a cercare di finanziare una clinica privata dove poter continuare a lavorare insieme sulla FIV. Purdy trovò un edificio adatto vicino a Cambridge dove fondare la prima clinica di fecondazione assistita al mondo, la Bourn Hall, che iniziò a fornire servizi di fertilità sotto la direzione tecnica di Purdy nel 1980.

Il vero significato della fine di Joy

Joy storia vera
© Kerry Brown/Netflix

I temi della resilienza e della perseveranza sono il messaggio di Joy di Netflix

Joy ha messo in chiaro per tutto il film come le probabilità fossero evidentemente impilate contro Bob, Jean e Patrick. Jean ha perso la sua comunità perché si ostinava a voler aiutare le persone infertili a concepire, Bob ha affrontato una stampa sensazionalistica e un pubblico ostile quando ha cercato di sensibilizzarlo sulla situazione delle persone infertili che desiderano avere figli e tutti e tre hanno subito minacce di morte a causa del loro lavoro. Questo ha reso doppia la lotta di Bob, Jean e Patrick, che si battevano per lo sviluppo di un processo di cura dell’infertilità e contro chi era certo che ciò che facevano equivalesse a una manomissione della natura.

Il ritorno alla ricerca di Bob, Jean e Patrick li ha costretti ad affrontare ciò che li aveva fermati con lucidità e con la consapevolezza che il loro lavoro era troppo importante per essere fermato dai loro detrattori. Il fatto che la gravidanza di Lesley Brown e il parto di Louise Brown siano andati a buon fine ha agito essenzialmente da catalizzatore, perché ha finalmente e contemporaneamente ripagato i loro sforzi, ha reso la fecondazione in vitro replicabile e ha significato un destino più speranzoso per coloro che desiderano rimanere incinta, rendendo il finale di Joy un tributo alla loro resilienza e perseveranza dopo anni di fallimenti.

Joy: la storia vera: come è avvenuto davvero lo sviluppo del primo bambino da fecondazione assistita

Joy di Netflix racconta gli eventi che hanno portato allo sviluppo del primo bambino da fecondazione assistita, dipingendo un quadro impegnativo a causa degli ostacoli incontrati durante il processo scientifico ma anche dell’obiezione della società in generale. In uscita su Netflix il 22 novembre 2024, dopo un’uscita limitata in alcuni cinema, il dramma biografico è interpretato da Bill Nighy nel ruolo del ginecologo Patrick Steptoe, James Norton nel ruolo del fisiologo Robert “Bob” Edwards e Thomasin McKenzie nel ruolo di Jean Purdy, la prima embriologa al mondo. Joy è straordinariamente accurato nel descrivere la storia reale che culminò con la nascita del primo bambino da fecondazione assistita nel 1978, Louisa Brown.

Avendo tutti e tre i protagonisti della storia, Joy mira a restituire a Jean Purdy il merito di essere parte integrante del team che ha sviluppato il primo bambino da fecondazione in vitro, dato che per qualche tempo la fecondazione in vitro è stata ricordata solo come un’impresa di Robert Edwards e Patrick Steptoe. Lodato dalla critica, Joy debutta con un alto punteggio su Rotten Tomatoes, ed è facile capirne il motivo, visto che si propone di adattare fedelmente e in modo intrigante la storia vera. Tuttavia, molto di più sulla storia vera può essere appreso da A Matter of Life di Edwards e Steptoe . La storia della fecondazione in vitro – una scoperta medica.

Bob Edwards fece la sua prima importante scoperta sul potenziale della FIV nel 1965

Joy film netflix
© Kerry Brown/Netflix

Avvenne prima del coinvolgimento di Jean Purdy e Patrick Steptoe

Prima di lavorare direttamente con gli ovuli umani, Bob Edwards lavorò con ovuli di topo, ratto e criceto all’inizio degli anni Sessanta. Aggiungendo ormoni alle uova di topo, la maturazione avveniva contemporaneamente nei topi e in vitro, seguendo lo stesso calendario. Tuttavia, Edwards si rese subito conto della necessità di iniziare a lavorare con gli ovuli umani, e questo lo spinse ad analizzare il tessuto ovarico umano. La scoperta che l’ovulo umano impiega 36 ore per maturare avvenne durante il suo viaggio di ricerca di sei settimane alla Johns Hopkins di Baltimora nel 1965, quando Edwards non riuscì a fecondare ovuli umani, ma era a un passo dall’obiettivo.

Raccontando le tappe dello sviluppo della FIV, il libro A Matter of Life racconta le scoperte e gli eventi dal punto di vista di Edwards e Steptoe.

Mentre la scoperta del comportamento del tessuto ovarico umano era già abbastanza promettente, parlare delle sue idee sull’impianto dell’ovulo con Patrick Steptoe al telefono nel 1968 diede il via al progetto di sviluppo della FIV. L’incontro casuale con Steptoe sei mesi dopo alla Royal Society of Medicine diede inizio alla collaborazione con lui e Jean Purdy a Oldham, a 165 miglia di distanza dal suo laboratorio di Cambridge. Il film di Netflix mostra il loro primo incontro esattamente come Edwards lo racconta in Una questione di vita.

Bob Edwards e Barry Bavister fecondarono con successo ovuli umani fuori dall’utero nel 1969

Joy Bill Nighy
© Kerry Brown/Netflix

Fu il primo passo verso la fecondazione assistita negli esseri umani

Come ha mostrato Joy, una volta coinvolto Steptoe, la maggior parte del lavoro si svolse a Oldham. Tuttavia, il passo successivo fu compiuto a Cambridge da uno dei dottorandi di Edwards, Barry Bavister. Infatti, nel tentativo di ottenere la fecondazione in vitro di uova di criceto, Bavister perfezionò un fluido di coltura che ebbe particolare successo con le uova di criceto, contenente una fonte di energia, sali, una proteina estratta dal siero di mucca e penicillina. Edwards ebbe l’idea di provare a utilizzare lo stesso liquido di coltura per la fecondazione in vitro di ovuli umani.

La prima fecondazione riuscita di un ovulo umano al di fuori di un utero è avvenuta nel 1968 a Cambridge, dopo che Edwards aveva ottenuto del tessuto ovarico dall’Edgware General Hospital, con cui aveva lavorato prima di trasferirsi a Cambridge. Edwards e Bavister lasciarono maturare gli ovuli nel liquido di coltura di Bavister, prima di aggiungere spermatozoi a nove dei 12 ovuli. Dopo circa 11 ore, gli spermatozoi sono stati visti entrare in due degli ovuli, rendendo l’esperimento la prima fecondazione in vitro riuscita, anche se avvenuta da ovuli umani maturati in vitro.

Jean Purdy e Bob Edwards idearono nuovi strumenti e metodi per lo sviluppo degli embrioni nei primi anni Settanta.

JOY james norton Thomasin McKenzie
© Kerry Brown/Netflix

Furono presi in considerazione diversi fluidi di coltura e furono inventati strumenti per raccogliere gli ovuli

Il fatto che la fecondazione fosse riuscita, ma da ovuli maturati in vitro, significava che ci si aspettavano problemi di sviluppo embrionale. Edwards spiega in A Matter of Life come gli ovuli animali fecondati in vitro presentavano vari problemi e persino la morte dell’embrione risultante, e questo accadeva sia nei conigli che nelle mucche. Ciò ha posto un problema del tutto nuovo, in quanto è stato necessario trovare un modo per raccogliere gli ovuli umani maturati nell’ovaio senza distruggerli, in modo che potessero essere fecondati in vitro prima di essere impiantati di nuovo.

[Il nuovo liquido di coltura ha permesso a Edwards e Purdy di osservare] quattro embrioni trasformarsi finalmente in blastocisti umane, raggiungendo uno sviluppo che li rendeva adatti a essere reimpiantati, se solo avessero avuto un laboratorio dove poter fare questo passo successivo.

Edwards e Purdy hanno quindi ideato un meccanismo simile al vuoto che poteva essere utilizzato durante la laparoscopia per estrarre delicatamente gli ovuli dai follicoli ovarici. Tuttavia, una volta che gli embrioni non superavano le otto cellule durante lo sviluppo, hanno modificato anche il liquido di coltura di Bavister, fino a cambiarlo del tutto passando all’F10 di Ham. In questo modo sono riusciti a seguire il processo di sviluppo dell’embrione ben oltre il momento in cui avrebbe dovuto essere impiantato, fino a un fatidico giorno in cui quattro embrioni si sono finalmente trasformati in blastocisti umane, raggiungendo di fatto i “primi stadi della vita umana” nei loro liquidi di coltura.

I primi pazienti della FIV di Edwards & Purdy non hanno avuto una gravidanza riuscita fino al 1977.

JOY thomasin McKenzie
© Kerry Brown/Netflix

Alcune gravidanze erano ectopiche e altre non partivano affatto

Il prelievo di ovuli umani dalle pazienti per reimpiantarli coinvolgeva necessariamente le loro aspettative, causando così un alto grado di delusione, come evidenziato da Edwards in A Matter of Life e mostrato in Joy. Edwards, Purdy e Steptoe reimpiantarono per la prima volta un embrione fecondato nel dicembre 1971, per poi scoprire che la paziente non era incinta nel gennaio 1972. Edwards descrive in A Matter of Life come alla fine il problema fu identificato nei farmaci per la fertilità che accorciavano il ciclo mestruale di quasi una settimana, facendo coincidere il momento del reimpianto dell’embrione fecondato con i giorni precedenti le mestruazioni, il che assicurava che l’embrione non sarebbe stato trattenuto.

Edwards e Purdy cercarono di sostenere lo sviluppo dell’embrione dopo il reimpianto somministrando ormoni alle pazienti e, nell’estate del 1975, una donna ebbe finalmente un test di gravidanza positivo. Questo ha reso di fatto la prima gravidanza umana iniziata al di fuori di una persona, anche se alla fine la gravidanza si è rivelata ectopica, quindi non vitale e pericolosa per la paziente. In un’altra paziente, gli ormoni vacillarono e diminuirono, facendole perdere la gravidanza prima ancora che Steptoe potesse esaminarla con un’ecografia.

Tra gli ormoni che non aiutavano la gravidanza dopo l’impianto dell’embrione fecondato e la scoperta da parte di Edwards di come la paraffina liquida utilizzata nel processo fosse diventata tossica, Purdy, Edwards e Steptoe affrontarono un ostacolo dopo l’altro. Alla fine, la decisione di seguire il ciclo mestruale e di misurare l’aumento dell’ormone LH per capire quando l’ovulo era maturato li portò al successo. Lesley Brown fu tra le prime pazienti i cui livelli di LH stabilirono quando sarebbe avvenuto il prelievo e, dopo il reimpianto dell’ovulo fecondato, alla fine rimase incinta nel 1977.

Louise Joy Brown, la prima figlia della FIV, nacque il 25 luglio 1978

Il secondo bambino nato da fecondazione assistita è nato sei mesi dopo la nascita di Louise Brown

Louise Joy Brown nacque il 25 luglio 1978, tramite parto cesareo, dopo una gravidanza pesantemente monitorata durante la quale Purdy, Edwards e Steptoe fecero tutti gli esami necessari per verificare che tutto si sviluppasse come avrebbe dovuto, come Joy dimostrò. A parte la pressione alta di Lesley Brown, tutto andò relativamente bene, come descritto da Edwards e Steptoe in A Matter of Life. La storia della FIVET – una scoperta medica. Il secondo figlio della FIV, Alastair MacDonald, nacque sei mesi dopo Louise Brown, dimostrando che la FIV poteva essere replicata con successo.

Fly Me to the Moon – Le due facce della luna dal 6 dicembre disponibile su Apple Tv+

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Apple Original Films ha annunciato che la commedia romantica “Fly Me to the Moon – Le due facce della luna”, del regista Greg Berlanti, farà il suo debutto in streaming su Apple TV+ il 6 dicembre. Dal suo debutto nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, il film ha ricevuto la certificazione Verified Hot su Rotten Tomatoes da parte del pubblico ed è stato anche elogiato dalla critica per le performance dei suoi protagonisti Scarlett Johansson e Channing Tatum che hanno saputo creare “una buona chimica da vere star del cinema” grazie al loro “puro carisma”.

Leggi la recensione di Fly Me to the Moon

Scarlett Johansson, qui in veste anche di produttrice, e Channing Tatum sono i protagonisti di “Fly Me to the Moon – Le due facce della luna”, una commedia romantica elegante e tagliente ambientata sullo sfondo dello storico allunaggio dell’Apollo 11 della NASA. Assunta per risollevare l’immagine pubblica della NASA, l’esperta di marketing Kelly Jones (Johansson), porta scompiglio nel già difficile compito del direttore del lancio Cole Davis (Tatum). Quando la Casa Bianca ritiene che la missione sia troppo importante per fallire, inizia il conto alla rovescia…

Prodotto dagli Apple Studios, “Fly Me to the Moon – Le due facce della luna” è tratto da una sceneggiatura di Rose Gilroy e prodotto da Scarlett Johansson, Jonathan Lia e Keenan Flynn per la These Pictures e Sarah Schechter. Robert J. Dohrmann è produttore esecutivo.

Idris Elba entra nel cast di Masters of the Universe

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Idris Elba entra nel cast di Masters of the Universe

Idris Elba è pronto per unirsi al cast di Masters of the Universe, il film diretto da Travis Knight per Amazon MGM. Fonti hanno detto che Elba interpreterà il ruolo di Duncan, Man-At-Arms. Il film è una coproduzione tra Escape Artists e Mattel.

Duncan è un bravo ragazzo e per secoli è stato il maestro d’armi e l’istruttore di combattimento della famiglia reale, ed è anche chiamato Man-At-Arms. È stato addestrato da Dekker ed è un veterano della Grande Disordini, ed è stato incaricato da Re Randor di creare la forza d’attacco d’élite, che ha chiamato The Masters of the Universe. Man-At-Arms e la figlia adottiva Teela esplorano spesso i confini di Eternia alla ricerca di segnali di un male in agguato.

Tutto quello che sappiamo sull’adattamento di Masters of the Universe

Masters of the Universe” ha affrontato un viaggio particolarmente tortuoso di oltre due decenni per arrivare al grande schermo. Il progetto è stato avviato dalla Warner Bros. e dalla Sony prima di passare a Netflix, che lo ha poi eliminato dai suoi programmi nel 2023 per problemi di budget. Innumerevoli registi, tra cui il regista di “Kung Fu PandaJohn Stevenson, il regista di “WickedJon M. Chu, il regista di “Charlie’s AngelsMcG e il duo di “The Lost CityAaron e Adam Nee, si sono avvicendati alla regia del progetto dal 2007.

Chris Butler sta scrivendo la sceneggiatura dopo che David Callaham e i fratelli Nee avevano fatto un primo tentativo, basato sull’action figure del 1982. I dettagli della trama non sono per ora stati resi noti. Confermati nel cast Nicholas Galitzine, Camila Mendes e Alison Brie.

Secondo una precedente sinossi dello studio, il film segue il Principe Adam, alias He-Man, che da bambino precipita sulla Terra con un’astronave e, decenni dopo, torna sul suo pianeta natale per difenderlo dalle forze malvagie del cattivo conosciuto come Skeletor. Ma per sconfiggere il potente cattivo, deve scoprire i misteri del suo passato e diventare He-Man, definito in questo mondo “l’uomo più potente dell’universo”.

Highlander: Henry Cavill sarà un guerriero con 500 anni di allenamento nelle arti marziali

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Sono passati diversi anni da quando abbiamo appreso per la prima volta che Henry Cavill avrebbe interpretato il protagonista in un nuovo film su Highlander. Per l’attore di Man of Steel, questo riavvio potrebbe segnare l’inizio di un nuovo franchise fantasy al cinema, dopo l’eroe DC e The Witcher.

Il regista di John Wick, Chad Stahelski, è ancora impegnato a dirigere un film che sarà una rivisitazione moderna della faida secolare di Connor MacLeod con i suoi potenti immortali. Per chi non conoscesse la premessa, Highlander li segue in una lotta all’ultimo sangue per assorbire i poteri l’uno dell’altro. Alla fine, ce ne rimarrà “solo uno”.

In un’intervista con The Direct (tramite SFFGazette.com), il regista ha rivelato che spera di iniziare le riprese “entro la primavera [2025]” e ha condiviso alcuni nuovi intriganti dettagli della trama. “Stiamo portando avanti la storia dai primi anni del 1500 nelle Highlands fino a oltre New York e Hong Kong odierne, e vediamo come va. Ci sono grandi opportunità per l’azione”, ha stuzzicato Stahelski. “C’è la possibilità di interpretare un personaggio che non molte persone riescono a interpretare. Ed è un po’ una storia d’amore, ma non come pensi. In “John Wick”, ho imparato molto su come piegare un po’ la narrazione… un altro tipo di mito”.

Ha continuato, “Il mio punto di forza era, per [Henry Cavill], avere un ragazzo che è vivo da oltre 500 anni. È l’ultima persona al mondo che voleva trovarsi in questa situazione. Quindi puoi coprire un arco narrativo piuttosto ampio. E puoi sperimentare qualcuno che si è allenato per oltre 500 anni e ha giocato [con molti tipi di] arti marziali”.

Dal 2008 sono esistite varie iterazioni di un nuovo film di Highlander, con moltissimi, da Justin Lin a Juan Carlos Fresnadillo, coinvolti in un momento o nell’altro. Ora, però, sembra che il prequel/reboot sia più vicino che mai a diventare realtà.

Highlander non ha una data di uscita confermata, ma il debutto per il film sembra probabile entro il 2026.

James Gunn spiega perché il DCU non racconterà le storie di origini di Batman e Superman

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Creature Commandos è dietro l’angolo e la speranza tra i fan è che la serie animata di James Gunn darà il tono al DCU e forse risponderà anche ad alcune domande persistenti che tutti hanno su questo riavvio.

Ci sono già voci su un’apparizione di Batman, il che suggerisce che il Cavaliere Oscuro è un eroe affermato in questo mondo. Abbiamo dato per scontato che The Brave and the Bold presenterà il figlio decenne dell’eroe, Damian, come Robin.

Rispondendo a un fan sui social media, il co-CEO di DC Studios e regista di Superman James Gunn ha spiegato perché intende saltare le storie delle origini sia dell’Uomo di domani che di Batman. “Non racconterò di nuovo le storie delle origini di Batman e Superman perché tutti le conoscono”, ha osservato.

Gunn ha ragione sul fatto che le rispettive origini di Batman e Superman sono abbastanza note da poter essere sorvolate e siamo sicuri che ricorderete che i Marvel Studios sono giunti a una conclusione simile con Spider-Man nel 2016. A questo punto, qualcuno vuole davvero vedere Thomas e Martha Wayne di nuovo uccisi? E ​​quante volte possiamo vedere Krypton esplodere?

Anche Matt Reeves ha voluto sorvolare sulle origini del Cavaliere Oscuro ambientando Batman nel “Secondo anno” e nessuno sembrava avere problemi con questo.

The Batman – Parte 2 potrebbe subire altri slittamenti

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The Batman – Parte 2 potrebbe subire altri slittamenti

Negli ultimi tempi c’è stata una preoccupante mancanza di aggiornamenti ufficiali su The Batman – Parte 2 e, sebbene il regista Matt Reeves e altri coinvolti nel sequel abbiano assicurato i fan che le cose sono ancora in carreggiata per rispettare la data delle riprese nel 2025, un nuovo rapporto sembra indicare che la produzione potrebbe subire un altro ritardo.

Nel loro report sulla star Robert Pattinson che si unisce al cast del prossimo film di Christopher Nolan, THR nota che l’attore “dovrebbe tornare a Batman per il sequel di Matt Reeves e c’era la speranza che potesse essere girato l’anno prossimo. Tali speranze rimangono, ma non è stato pianificato nulla di simile”.

Se il settore ha ricevuto notizia di un possibile ritardo, sembra una mossa strana riferirlo in maniera così sfuggente, quindi probabilmente non c’è motivo di preoccuparsi per ora. Dopotutto, Reeves è stato impegnato a lavorare su The Penguin e potrebbe essere solo nel processo di elaborazione di piani concreti per le riprese del prossimo anno. Vale anche la pena notare che il co-sceneggiatore Mattson Tomlin ha recentemente dichiarato che le riprese dovrebbero iniziare nel 2025 e i suoi commenti hanno suggerito che il sequel varrà l’attesa. “Si girerà l’anno prossimo. Ci stiamo preparando e devo dire che l’asticella non potrebbe essere più alta”, ha detto Tomlin a ScreenRant.

Tutto quello che sappiamo su The Batman – Parte 2

Come già sottolineato, The Batman – Parte 2 ha dovuto fare i conti con una serie di indiscrezioni sulla produzione. Di recente, Jame Gunn è dovuto intervenire per smentire le voci secondo cui Boyd Holbrook sarebbe stato scritturato per interpretare Harvey Dent/Due Facce. L’inizio delle riprese del sequel era previsto per il novembre 2023, con un’uscita prevista per l’ottobre 2025. Tuttavia, in seguito agli scioperi della WGA e della SAG-AFTRA del 2023, The Batman – Parte 2 è stato rinviato all’ottobre 2026. Le riprese del sequel inizieranno all’inizio del 2025.

Reeves spera che il suo prossimo film su Batman abbia lo stesso successo del primo. The Batman del 2022 ha avuto un’ottima performance al botteghino, incassando oltre 772 milioni di dollari in tutto il mondo e ottenendo un ampio consenso da parte della critica. Queste recensioni entusiastiche sono state portate avanti nella stagione dei premi, visto che il film ha ottenuto quattro nomination agli Oscar. Nel frattempo, Reeves è intenzionato a espandere la serie DC Elseworlds, dato che la serie spin-off di Batman, Il Pinguino, con Colin Farrell nei panni del boss della mafia, è prossima all’uscita. Con Farrell che ha annunciato una serie molto violenta, The Penguin disponibile su NOW.

L’uscita di The Batman – Parte 2 è prevista per il 2 ottobre 2026. Nel cast Robert PattinsonZoë KravitzJeffrey WrightAndy SerkisColin Farrell.

WandaVision: la Head Writer conferma che esiste un decimo episodio scartato

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Nel lontano 2021, hanno iniziato a circolare voci su un decimo episodio segreto di WandaVision. Alla fine i fan hanno dovuto aspettare Doctor Strange nel Multiverso della Follia per sapere che fine avesse fatto Scarlet Witch. Ma quel sequel non è piaciuto alla maggior parte delle persone, soprattutto perché ritraeva Wanda Maximoff come una cattiva prima di ucciderla definitivamente (per ora).

Se la showrunner di WandaVision Jac Schaeffer fosse stata coinvolta nel sequel di Doctor Strange, avremmo probabilmente ottenuto un arco narrativo molto più convincente per l’Avenger. Ora, ha confermato che i Marvel Studios hanno effettivamente abbandonato i piani per un decimo episodio della serie Disney+.

“WandaVision era originariamente di 10 [episodi], poi, per motivi logistici, di budget e creativi, abbiamo unito due episodi”, ha rivelato Schaeffer. Tornando poi all’MCU per Agatha All Along, la sceneggiatrice e regista ha spiegato: “Poi, passando ad [Agatha], volevo che avesse la stessa superficie e lo stesso spazio di ‘WandaVision’, quindi sì, è sempre stato nove”. Non è chiaro quale forma avrebbe preso l’episodio aggiuntivo di WandaVision, anche se i commenti di Schaeffer riecheggiano con ciò che il regista Matt Shakman ha detto tre anni fa.

“Beh, sì, le cose cambiavano costantemente e si rompevano di nuovo”, ha detto all’epoca il regista di The Fantastic Four: First Steps. “La storia stava cambiando, specialmente molte delle cose del mondo reale e il finale. C’erano molti esperimenti in corso e un po’ di tentativi di cose diverse”. “A un certo punto avevamo pianificato 10 episodi e abbiamo finito per eliminarne un paio, sai, solo per rendere il ritmo migliore.”

In un’altra recente intervista, Schaeffer ha rivelato che hanno dovuto tagliare Doctor Strange dalla scena post-credit di WandaVision, probabilmente a causa delle restrizioni causate dalla pandemia di COVID-19. “Inizialmente, Doctor Strange sarebbe dovuto apparire nel tag per ‘WandaVision‘. C’è Wanda seduta sulla veranda di quella baita, e si dondola pacificamente. E sai come Strange può fare quei cerchi intorno a qualcuno e farlo andare da qualche parte? Il cerchio inizia intorno a lei, come se stesse per essere teletrasportata da qualche parte, e lei lo ferma, quindi Strange deve presentarsi di persona.”

“Mi è piaciuto così tanto che Wanda dicesse, ‘No, non andrò dove vuoi che mi teletrasporti. Dovrai venire tu alla mia porta’”, ha continuato la creativa. “Era una bella cosa, ma un altro tag ha preso il suo posto”.

Con il finale di Agatha All Along possiamo essere quasi certi che Scarlet Witch non è morta e che prima o poi ricomparirà nel MCU per riscattarsi dalla furia omicida scatenata nel multiverso.

Il Gladiatore II: Ridley Scott spiega perché i suoi imperatori romani sono tutti “fo—-e pazzi”

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Non è difficile trovare una moltitudine di parallelismi tra i film del Il Gladiatore di Ridley Scott. Usciti a più di due decenni di distanza l’uno dall’altro, i due film sono molto diversi tra loro, pur essendo legati da alcuni temi, circostanze e persino da una linea di sangue. Oltre al fatto che il Lucio di Paul Mescal è il figlio della Lucilla di Connie Nielsen e del Massimo di Russell Crowe, uno degli altri più evidenti rispecchiamenti è quello dei governanti di Roma.

Nel film originale, Commodo di Joaquin Phoenix era assolutamente fuori di testa, costantemente in bilico sull’orlo della follia, con ogni decisione sbagliata che si accumulava su un’altra. Nel sequel, il pubblico viene introdotto agli ultimi sovrani di Roma, i fratelli gemelli Geta (Joseph Quinn) e Caracalla (Fred Hechinger).

Qualcuno potrebbe chiedersi come mai tutti coloro che siedono sul trono finiscano in stati mentali così fragili e per le risposte a queste domande non c’è bisogno di guardare oltre il regista stesso, con Scott che interviene per darci un po’ di contesto. Mentre il sequel spiega che Caracalla è afflitto da un attacco di sifilide che ha iniziato a divorare il suo cervello, Scott incolpa anche un altro veleno per lo scarso benessere mentale dei leader di Roma. In una chiacchierata con The Hollywood Reporter, il regista di Napoleone ha spiegato

La gente dimentica che tutta la ricca aristocrazia senatoriale romana viveva di acqua che veniva convogliata attraverso tubi e serbatoi di piombo. La gente non ci pensa. La scelta è tra acqua e vino. Quando si beve l’acqua, è attraverso un sistema di piombo che a quel punto potrebbe avere 200 anni. Non c’è da stupirsi che siano pazzi. Stanno andando tutti verso l’Alzheimer”.

L’effetto del piombo sul nostro cervello

Il regista collego l’antica Roma alla recente storia degli Stati Uniti. Chi di noi ha un certo apprezzamento per la conoscenza del lato più morboso della vita, saprà che gli anni ’60, ’70 e ’80 sono stati un periodo particolarmente vivace per l’attività criminale, in particolare per gli omicidi seriali.

Quando all’inizio degli anni ’90 la criminalità ha subito una flessione, i ricercatori hanno iniziato a seguire le briciole di pane, che alla fine li hanno portati a individuare nel piombo presente nella benzina e in altri prodotti il principale tassello del puzzle dietro l’esplosione dei crimini violenti. La teoria è che i bambini cresciuti negli anni ’40 e ’50, che erano costantemente a contatto con il piombo, avessero il cervello alterato dalla sostanza chimica, diventando così, in seguito, criminali violenti.

Quando sono state introdotte le restrizioni sul piombo, queste tendenze si sono lentamente ma inesorabilmente attenuate, e gli anni ’90 hanno inaugurato una nuova era con molti meno casi di comportamenti di questo tipo. Tenendo conto di ciò, il ritratto che Scott fa dei suoi imperatori squilibrati è perfettamente in linea con quanto la scienza ha dimostrato sull’avvelenamento da piombo e sul comportamento cognitivo.

Predator: dal cast al costume del mostro, tutte le curiosità sul film

Se si pensa a saghe cinematografiche che coniugano la fantascienza con l’horror, i primi due titoli che vengono in mente sono senza dubbio Alien e Predator. Il primo, il cui film iniziale è uscito nel 1979, portava l’essere umano a scontrarsi con i terribili xenomorfi nel cuore dello spazio. In Predator, invece, sono gli alieni a venire sul pianeta Terra, con l’obiettivo di uccidere e conquistare tutto ciò che gli si presenta davanti. A dirigere il primo film della serie, uscito nel 1987, vi è il regista John McTiernan, noto anche per Trappola di cristallo, Caccia a Ottobre Rosso e Last Action Hero.

Sin dalla sua uscita, Predator si è imposto come un cult del suo genere. Ciò è merito degli effetti speciali, del look della mostruosa creatura aliena e della presenza di Arnold Schwarzenegger come protagonista. Il film, inoltre, è a suo modo anche una cupa metafora sulla guerra del Vietnam, con il predatore che sostituisce il nemico, le cui capacità gli permettono di essere pressoché invisibile sino al momento dell’attacco. Gli elementi che ne hanno fatto un classico sono dunque molti, e non stupisce dunque che questo primo capitolo abbia dato origine ad un vero e proprio franchise.

Per gli amanti del genere si tratta infatti di un titolo imprescindibile, che offre non solo grande azione ma anche tanto terrore. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e ai suoi sequel. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Predator sequel
Arnold Schwarzenegger in Predator. © © 1987 Twentieth Century Fox. All Rights Reserved.

La trama di Predator

La storia del film ha inizio quando un commando di recupero delle Forze Speciali statunitensi addestrate dalla CIA, guidato da Alan “Dutch” Schaefer, viene inviato nello sperduto paese di Val Verde, in America Centrale. Qui il gruppo deve soccorrere l’equipaggio di un elicottero con a bordo il ministro di un Paese alleato. Vicino al velivolo, però, vengono ritrovati i cadaveri mutilati di quanti vi erano a bordo. Indagando su chi possa aver compiuto quella barbarie, il gruppo finirà per perdersi nella giungla, andando incontro a qualcosa che va ben oltre la loro immaginazione.

Il cast del film

Al momento di scegliere l’interprete di Alan Schaefer, il comandante del gruppo, l’unico nome possibile risultò essere quello di Arnold Schwarzenegger. L’attore, divenuto in quegli anni una celebrità grazie a film come Terminator e Conan il distruttore. Una volta accettato il ruolo, egli si sottopose ad una rigida dieta che lo portò a perdere più di venticinque chili, poiché dal suo punto di vista il personaggio doveva non solo essere muscoloso ma anche molto magro.

Nel ruolo del maggiore George Dillon, invece, si ritrova l’attore Carl Weathers, principalmente noto per aver interpretato Apollo Creed nella saga di Rocky. L’attrice messicana Elpidia Carrillo è invece Anna Gonsalves, una ribelle del luogo. Gli altri membri del gruppo di soldati sono Billy, interpretato da Sonny Landham,, Mac Eliot, interpretato da Bill Duke, Jorge Ramirez, interpretato da Richard Chavez e Blain Cooper, interpretato dal wrestler Jesse Ventura.

Vi è poi anche Rick Hawkins, nei cui panni si ritrova lo sceneggiatore Shane Black. Quest’ultimo è noto per aver ideato la saga di Arma Letale e i produttori speravano che potesse collaborare anche alla sceneggiatura di Predator. Quando però, anche dopo essere stato ingaggiato come attore, egli si rifiutò di scrivere qualcosa, il suo personaggio fu riscritto per essere il primo a morire. Sotto il costume dell’alieno, invece, vi è Kevin Peter Hall, già interprete di altri mostri cinematografici.

Predator cast
Arnold Schwarzenegger, Carl Weathers, Elpidia Carrillo e Bill Duke in Predator. © © 1987 Twentieth Century Fox. All Rights Reserved.

Il costume del mostro

L’attore Jean-Claude Van Damme era stato inizialmente scritturato per interpretare il Predator. L’idea era che egli avrebbe usato le sue conoscenze delle arti marziali per rendere il Predator un cacciatore agile e simile a un ninja. Tuttavia, il design originale del costume era troppo ingombrante e difficile da gestire nella giungla, e Van Damme non riusciva a fare i movimenti richiesti. Inoltre, è stato riferito che Van Damme si è costantemente lamentato del fatto che la tuta del mostro fosse troppo calda.

Alla fine Van Damme è stato eliminato dal film, ufficialmente perché troppo basso rispetto agli altri attori, venendo sostituito da Kevin Peter Hall. La tuta fu poi ridisegnata perché, anche con un attore più imponente, si riteneva che non suscitasse abbastanza paura. Il design finale presenta quindi una testa insettoide e zanne che si estendono dalle mandibole. Per il resto il mostro rimase umanoide nella fisiologia, consentendo di essere interpretato da un performer in tuta.

I sequel di Predator

Il grande entusiasmo che Predator suscitò nel pubblico spinse alla realizzazione di due sequel. Il primo uscì nel 1990 con il titolo di Predator 2 ed è interpretato da Danny Glover, mentre nel 2010 è uscito il terzo capitolo, Predators, interpretato da Adrien Brody. Quest’ultimo, in realtà, si configura come un reboot dell’originale. Nel 2018 è invece uscito The Predator, scritto e diretto proprio da Shane Black, che ha così finalmente accettato di sceneggiare uno dei film della serie, strutturandolo però come un sequel dei primi due film.

Esistono poi due film crossover, Alien vs. Predator e Alien vs. Predator 2, dove i mostri delle due celebri saghe si danno battaglia. Nel 2022 è poi stato realizzato un prequel della saga semplicemente intitolato Prey. La storia ruota attorno a una giovane donna Comanche, Naru, che si ritrova a dover proteggere la sua gente da un alieno umanoide e feroce che caccia gli umani per sport. Ad oggi è in fase di sviluppo un sequel, mentre si sta lavorando anche ad un nuovo capitolo della saga intitolato Badlands.

Il trailer di Predator dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Predator è infatti disponibile nei cataloghi di Apple TV, Disney+ e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 22 novembre alle ore 21:20 sul canale Rai 4.

Kraven – il Cacciatore: il regista vuole che i fan diano una possibilità al film

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L’universo di Spider-Man di Sony (lo “SSU”) non è riuscito a soddisfare le aspettative. Mentre i film di Venom sono stati successi al botteghino, la trilogia non ha ricevuto una risposta eccessivamente calorosa da fan o critici e sia Morbius che Madame Web sono stati disastri a tutti i livelli, resta ora da vedere Kraven – Il Cacciatore.

Considerando tutto questo, non sorprende che l’entusiasmo per Kraven non sia troppo trascinante. La maggior parte dei fan si aspetta un altro film Sony Marvel che non riesce a fare la cosa giusta partendo dai fumetti, a partire dal presupposto sul perché Kraven, uno dei più grandi cattivi di Spider-Man, stia ricevendo il trattamento da solista piuttosto che essere utilizzato come un futuro formidabile avversario dell’Uomo Ragno.

Parlando con ComicBook.com, il regista di Kraven – Il Cacciatore J.C. Chandor ha riflettuto sulla risposta mista del pubblico ai film SSU che hanno preceduto il suo e ha chiesto ai fan di dare una possibilità a questa avventura a lungo rimandata. “Non voglio entrare troppo nei dettagli, ma ecco cosa direi: per me come regista, il mio obiettivo numero uno, francamente, negli ultimi due anni è stato farvi immergere in questo mondo… alcuni fan là fuori, molti fan, erano arrabbiati per certe decisioni e certi risultati [dell’universo di Spider-Man della Sony]”, ha riconosciuto il regista.

“Poi altri film hanno continuato a essere degli enormi successi. Quindi c’è stato un tasso di successo misto”, ha continuato. “Le persone devono darci una possibilità e venire fuori a sostenere questo film, e letteralmente cercare di lavare via alcune delle altre cose che sono successe. Date una possibilità al nostro film”.

Kraven - Il CacciatoreChandor ha aggiunto: “Penso che capiranno che abbiamo fatto tutto il possibile per dare loro una storia piuttosto divertente. Quando il film sarà finito, vedrete che c’è il potenziale per far succedere un sacco di cose. Ma il mio obiettivo era isolare il nostro film, proteggerlo e raccontare solo una bella storia. E poi avremo l’opportunità di fare un sacco di cose divertenti”.

Questo spiega perché la Sony ha recentemente iniziato a promuovere Kraven – Il Cacciatore come un racconto “stand-alone“, anche se la stessa cosa è successa con Madame Web e sappiamo tutti come è andata. C’è la possibilità che Chandor faccia un buon lavoro, ma con i fan ansiosi di vedere Kraven combattere Spider-Man al posto di un Rhino mutante, sarà una vero sfida convincerli a spendere soldi per un altro di questi film.

Kraven – Il Cacciatore: tutto quello che sappiamo sul film!

Dopo il successo di Venom: Let There Be Carnage e Spider-Man: No Way Home, Sony continua ad espandere il suo universo Marvel e Kraven the Hunter si unisce a una lista che include anche Madame Web con Dakota Johnson e il progetto Spider-Womandi Olivia Wilde. Art Marcum, Matt Holloway e Richard Wenk hanno scritto la sceneggiatura di Kraven – Il Cacciatore e il fatto che il film attiri talenti di alto livello è sicuramente un buon segno. Kraven – Il Cacciatore uscirà al cinema il 13 dicembre 2023 distribuito da Sony Pictures Italia e Warner Bros.

Kraven – Il Cacciatore sarà interpretato da Aaron Taylor-Johnson (Avengers: Age of Ultron) mentre assume il mantello del cattivo di Spider-Man, che è un immigrato russo di nome Sergei Kravinoff. Nel film, che viene annunciato come il prossimo capitolo dello Spider-Man Universe (SSU) di Sony, va in missione per dimostrare di essere il più grande cacciatore del mondo. Ad affiancare Taylor-Johnson nel film Marvel di Sony con classificazione R c’è Fred Hechinger (Fear Street Trilogy, The White Lotus) nei panni di Chameleon, il fratellastro di Kraven; la candidata all’Oscar Ariana DeBose (West Side Story) nel ruolo di Calypso, la compagna dell’occasione e amante di Kraven; Russell Crowe e Levi Miller in ruoli sconosciuti. Anche Christopher Abbott e Alessandro Nivola sono stati scelti come cattivi principali. Kraven – Il Cacciatore è diretto dal candidato all’Oscar J. C. Chandor (A Most Violent Year) da una sceneggiatura co-scritta da Richard Wenk (The Equalizer), Matt Holloway e Art Marcum. Avi Arad e Matt Tolmach stanno producendo il progetto.

Mia: la storia vera dietro il film con Edoardo Leo

Mia: la storia vera dietro il film con Edoardo Leo

Dopo aver raccontato della gioventù e del ruolo dei genitori in I nostri ragazzi, ed essersi ispirato ad un noto caso di cronaca per Villetta con ospiti, il regista Ivano De Matteo è tornato a confrontarsi con problematiche della società italiana (ma non solo) con il film Mia (qui la recensione), dove si parla di relazioni tossiche, abusi emotivi e personali e di revenge porn. Tematiche oggi molto dibattute, dati anche i diversi casi sollevatisi negli ultimi anni su questi argomenti.

La messa in onda del film è dunque l’occasione per riscoprirlo, in tutta la sua dolorosa necessità, affinché episodi di questo genere non debbano più verificarsi. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a Mia. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla storia vera a cui si ispira. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La trama e il cast di Mia

Mia racconta la storia di una famiglia semplice e felice, composta da Sergio, conducente di ambulanze, Valeria, e la loro figlia adolescente, Mia. Le cose iniziano a prendere una piega drammatica quando proprio nella vita di Mia entra violentemente un ragazzo, Marco, un manipolatore, che stravolge la vita della giovane con false promesse, rendendola sempre di più un incubo ad occhi aperti. Quando la ragazza, aiutata dal padre, riesce ad allontanarsi e ricominciare a vivere, è proprio allora che il ragazzo decide di distruggerla. A Sergio, a quel punto, rimane solo una cosa: la vendetta.

Ad interpretare Sergio vi è l’attore Edoardo Leo, mentre la giovane figlia Mia è interpretata da Greta Gasbarri, qui al suo film d’esordio. Nel ruolo di Valeria, invece, vi è l’attrice Milena Mancini. Ad interpretare il manipolatore Marco, invece, vi è Riccardo Mandolini, attore divenuto celebre grazie alla serie Netflix Baby. Completano poi il cast Alessia Manicastri nel ruolo di Anna, Giorgia Faraoni nel ruolo di Veronica, Samuel Christian Franzese nel ruolo di Nico. Infine, vi è l’attore Vinicio Marchioni nel ruolo del padre di Marco.

Greta Gasbarri in Mia
Greta Gasbarri in Mia. Cortesia di Lotus Production

La storia vera dietro il film

Sebbene non sia direttamente basato su una precisa storia vera, il registaJ Ivano De Matteo ha voluto con Mia costruire una storia che fosse il più vicina possibile alla realtà. Sempe De Matteo ha poi ammesso di essersi ispirato a esperienze concrete raccolte da osservazioni, dialoghi e testimonianze. In un’intervista a Vanity Fair, ha spiegato che il soggetto del film è stato scritto insieme alla sua compagna, Valentina Ferlan, con l’intenzione di raccontare una realtà che, purtroppo, riguarda molti giovani e le loro famiglie.

È un film scritto da genitori, più che da sceneggiatori” ha dichiarato De Matteo. L’ispirazione, naturalmente, nasce da tanti casi di questo genere purtroppo realmente verificatisi, come alla figlia di amici di De Matteo e sua moglie, una ragazza della stessa età della protagonista. “Ci siamo ispirati ad un episodio capitato alla figlia di nostri cari amici, che ha vissuto un’esperienza simile a quella di Mio, fino a chiudersi in casa, emarginarsi dagli amici e lasciare lo sport”. Mia non è quindi una cronaca diretta, ma una rappresentazione fedele di dinamiche comuni: relazioni manipolatorie, il revenge porn e il senso di impotenza che spesso affligge genitori e adolescenti.

Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV

È possibile fruire di Mia grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rai Play e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 22 novembre alle ore 21:20 sul canale Rai 4.

M3GAN 2.0: la bambola assassina ha un nuovo corpo nella prima foto dal set

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Il corpo originale di M3GAN è stato distrutto alla fine del primo film, ma sembra che l’intelligenza artificiale assassina riuscirà a trovare un’altra bambola da abitare nel prossimo sequel. Un sequel di M3GAN di Blumhouse e Atomic Monster sembrava inevitabile dopo che il film horror fantascientifico acclamato dalla critica ha avuto un successo sorprendente al botteghino, e abbiamo scoperto lo scorso gennaio che M3GAN 2.0 era ufficialmente in fase di sviluppo.

Ora, Vanity Fair ha condiviso un primo sguardo al film tramite un’immagine del dietro le quinte che mostra il ritorno della bambola assassina, che evidentemente è riuscita a trovare un nuovo corpo (che per puro caso sembra identico a quello vecchio) dopo gli eventi del primo film.

Di cosa parla il primo M3GAN

M3GAN vede Allison Williams (Girls, Get Out) nei panni di Gemma, una brillante esperta di robotica presso un’azienda di giocattoli che usa l’intelligenza artificiale per sviluppare una bambola realistica programmata per essere la migliore compagna di un bambino e la migliore alleata di un genitore. Dopo aver ottenuto inaspettatamente la custodia della nipote orfana Cady (Violet McGraw), Gemma chiede aiuto al prototipo M3GAN, ma, come ci si potrebbe aspettare, le cose non vanno esattamente secondo i piani.

Il film si conclude con Gemma e Cady che riescono a distruggere la forma fisica di M3GAN, ma non puoi tenere a bada una brava bambola assassina per troppo tempo, ed è fortemente implicito che la sua coscienza IA sia stata trasferita al dispositivo smart home simile ad Alexa nella casa di Gemma.

Williams e McGraw torneranno, e saranno affiancate dal nuovo membro del cast Ivanna Sakhno (Ahsoka), che si dice avrà un ruolo importante. Akela Cooper, che ha scritto il primo film, scriverà ancora una volta la sceneggiatura con Gerard Johnstone, che tornerà anche lui alla regia.

Le immagini fanno parte di una serie di Preview affidate alla rivista, scorrendo il carosello di Instagram verso destra, potrete scoprire le immagini del film.

Spider-Man 4 sarà il “più grande film di tutti” quelli dell’Uomo Ragno?

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Sembra che Spider-Man 4 sarà il “più grande film di tutti” quelli dedicati all’Uomo Ragno. Spider-Man 4 deve sicuramente essere classificato come uno dei film di supereroi più attesi in arrivo nei prossimi due anni e, di conseguenza, è probabile che saremo bombardati da rumors fino a quando non arriverà nei cinema tra un paio di estati.

Anche ieri, un’apparente fuga di notizie della Sony Pictures Japan sembrava confermare i recenti resoconti secondo cui Peter Parker di Tom Holland condividerà finalmente lo schermo con Venom di Tom Hardy (probabilmente per una battaglia con il Re in Nero, Knull).

Ci siamo chiesti a lungo come i Marvel Studios supereranno ciò che abbiamo visto in Spider-Man: No Way Home quando Holland, Tobey Maguire e Andrew Garfield si sono riuniti per combattere con un sinistro quintetto di cattivi. Ora, lo scooper @MyTimeToShineH riporta che “Spider-Man 4 mi è stato descritto come il ‘più grande film di Spider-Man di tutti'”. Cosa questo significhi esattamente non lo sappiamo.

Con il passare delle settimane e dei mesi, sembra sempre più improbabile che i fan possano vivere l’avventura di strada che speravano dopo che Peter ha abbandonato la tecnologia Stark ed è finalmente diventato l’amichevole supereroe del quartiere di New York City.

Spider-Man: No Way Home è stato girato durante il COVID

Quello che sappiamo è che Holland spera in grandi cambiamenti per quanto riguarda il modo in cui Spider-Man 4 verrà girato. Il COVID ha portato a un approccio unico per portare Spider-Man: No Way Home al traguardo e l’attore ha rivelato il mese scorso che non desidera ripetere quell’esperienza. “Una delle cose sfortunate di Spider-Man [: No Way Home] è che l’abbiamo girato in periodi di picco del COVID”, ha ricordato. “Abbiamo girato tutto in uno studio, il che significava, credo, che nel processo di realizzazione di quel film, avrei potuto fare tre giorni in esterni. Si può percepire nel film, credo.”

“Quando camminiamo per New York, hanno mandato una troupe a New York per girare le strade con un braccio di una telecamera di movimento. Poi hanno portato quel pezzo di equipaggiamento ad Atlanta e poi replicato in studio, ‘C’è una comparsa qui. C’è un cane qui. C’è un marciapiede qui.’ Poi avrei dovuto mappare cosa avrei fatto in una ripresa preesistente.”

Tom Holland 2021
Tom Holland arriva alla première di “Spider-Man: No Way Home” – Foto di imagepressagency via Depositphoto.com

Holland ha aggiunto, “Questo mi farà sembrare molto difficile, ma l’ho superato e abbiamo capito. La telecamera si muoveva molto più lentamente di quanto Peter Parker camminerebbe di solito. Peter Parker è molto frizzante, molto veloce. Tutto riguarda l’andare da A a B il più velocemente possibile senza pensarci e questa ripresa che avevano era questa angolazione della telecamera davvero lenta e tortuosa attraverso New York.”

“Peter dovrebbe avere fretta di raggiungere Doctor Strange per fargli questa domanda, e ho trovato molto difficile rappresentare la scena, ‘Sono stressato e di fretta… ma cammino molto lentamente’. In realtà penso che quella scena non sia nel film perché non ha funzionato.”

Spider-Man 4 è stato ufficialmente datato per il 26 luglio 2026 con il regista di Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli Destin Daniel Cretton alla guida di una sceneggiatura scritta da Chris McKenna e Erik Sommers.

Separazione: la spiegazione del finale del film horror

Separazione: la spiegazione del finale del film horror

Che si tratti di Chucky, Annabelle o M3GAN, le bambole sono figure piuttosto significative nei film horror. Anche Separazione, film horror del 2022 diretto da , utilizza questo motivo per mostrare la brutale separazione tra una bambina e sua madre. Quando la bambina non riesce a sopportare l’assenza della madre e il padre non è sempre presente, si rivolge alle sue bambole per trovare conforto. Ma sembra che l’amicizia ritrovata con le bambole sia troppo stretta, perché non sembrano interessate all’amicizia, ma a qualcosa di completamente diverso. Che cos’è? Scopriamolo in questo approfondimento sul finale del film.

La trama di Separazione: cosa succede nel film?

Il film Jsegue la storia di Jenny (Violet McGraw), una tenera bambina di 8 anni i cui genitori sono continuamente in lite. Sua madre Maggie (Mamie Gummer), di professione fa l’avvocato, mentre suo padre Jeff (Rupert Friend) è un artista. Jenny è una bambina piena di fantasia che passa le sue giornate in solitudine, circondata da pupazzi e bambole chiamate “Grisly Kin”, che s’inspirano alle opere di suo padre. Dopo il tragico incidente in cui Maggie perde la vita, Jenny rimane sola con il padre e i due insieme cercano di ricostruirsi una nuova vita.

Ma quando Rivers (Brian Cox), il nonno di Jenny fa causa per ottenere la custodia della bambina, insieme alla sua baby sitter (Madeline Brewer) che prenderà il posto della madre di Jenny, nella vita della piccola si manifesta qualcosa di oscuro. I suoi pupazzi sembrano animarsi, trasformandosi in bambole spaventose e terrificanti. Jenny è l’unica persona in grado di vedere queste macabre creature il cui unico scopo sembra quello d’infliggere dolore all’intera famiglia. Che cosa sono veramente queste entità? È Maggie o è qualcos’altro che sta cercando di portare via Jenny a Jeff?

Rupert Friend e Violet McGraw in Separazione
Rupert Friend e Violet McGraw in Separazione. Cortesia di Open Road Film

Le bambole sono vive

Il concetto di “conduit” ha suscitato molta attenzione dopo l’uscita di L’evocazione – The Conjuring. Gli spiriti demoniaci usano le bambole come mezzo per avvicinarsi ai loro ospiti in modo da poterli possedere. Per farlo, hanno bisogno di un ospite psicologicamente più vulnerabile, che in questo caso è Jenny. Secondo lei, è sua madre che è venuta a prenderla. A volte ne ha persino paura. Ma secondo l’amico di lavoro di Jeff, si tratta di uno spirito maligno bloccato in questo mondo. Per esempio, se l’ultima cosa che Maggie voleva quando era viva era portare via Jenny, la sua anima potrebbe voler fare lo stesso.

È ragionevole pensare che lo spirito di Maggie sia “bloccato” e voglia portare via Jenny, anche se non sappiamo se la porterà da qualche parte o se la ucciderà e poi porterà la sua anima con sé nell’altro piano. Maggie potrebbe usare le bambole perché è il suo unico modo per raggiungere la figlia senza spaventarla (anche se non funziona molto bene). D’altra parte, è anche possibile che qualche spirito disumano abbia trovato una crepa nell’anima di Jenny, conseguenza della separazione dalla madre, e stia cercando di impossessarsi di lei, se non della sua anima.

Questo giustificherebbe il tentativo delle bambole di allontanare Jenny dal cornicione verso la fine del film. Questo la ucciderebbe e il demone avrebbe la sua anima. Ma Jenny si tira su sul cornicione ed entra. Tuttavia, Jenny pensa che si tratti di sua madre e si rivolge a lei chiamandola “mamma”. Non sappiamo perché lo spirito reagisca al fatto di essere chiamato “mamma” (visto che non ha la certezza che sia sua madre). Forse richiede che l’ospite si arrenda e non può costringerlo a fare ciò che vuole. Per questo, l’anima usa le bambole come tramite.

Separazione film horror
Una scena da Separazione

La spiegazione del finale, lo spirito porta via Jenny da Jeff?

Sebbene possa avere senso credere che lo spirito stesse cercando di portare via Jenny, il finale dimostra che lo spirito non è un demone ma è proprio Maggie. Verso la fine del film, si scopre infatti che è stata la tata Samantha a investire la donna per poter stare con Jeff, di cui è innamorata. Sebbene questo non abbia nulla a che fare con la trama, giustifica il motivo per cui, dopo che Jenny ha avuto la reazione allergica, Samantha è stata colpita alla testa da un lampadario oscillante. Lo spirito di Maggie sapeva che Samantha stava cercando di uccidere Jenny per poter avere Jeff tutto per sé (anche Samantha ammette a Jeff che voleva mandare Jenny da sua madre, cioè ucciderla).

Lo spirito ha persino cercato di ucciderla, se non di spaventarla, mentre dormiva e quindi di farla andare via. Ma non lo fece. Alla fine Samantha viene però uccisa dallo spirito. Poi, mentre Jeff e l’incarnazione della bambola, alias lo spirito di Maggie, si fissano, con Jeff che le dice che non può portare via Jenny, Jenny dice loro che non vuole più che litighino. Vuole solo riavere la sua mamma e il suo papà. Nei momenti finali del film, lo spirito salva poi Jenny e Jeff dalla morte. Forse lo spirito di Maggie ha capito che non poteva portare via Jenny con la forza e che l’unica persona che poteva prendersi cura di lei era Jeff. Così, lo spirito trova la pace e finalmente se ne va. O forse no?

C’è una scena a metà dei titoli di coda che mostra una delle bambole avvicinarsi a Jenny mentre dorme. Ora, può essere che Maggie sia tornata, ma solo per controllare la figlia, per quanto questo ci sembri spaventoso. Oppure, può essere che mentre lo spirito di Maggie se ne sia andato, un altro spirito demoniaco abbia trovato la strada per entrare nel nostro piano e cercherà di possederla attraverso le sue bambole.

Separazione, dunque, è un’esplorazione di come una madre cerca di raggiungere la figlia, anche nella morte. Il film non parla tanto della ragazza e di suo padre, quanto di lei e di sua madre. Ora, possiamo interpretarlo in qualsiasi modo, ma dobbiamo ammettere che è stato l’amore a riportare Maggie da Jenny, perché voleva assicurarsi che Jenny fosse al sicuro. Anche se sembra surreale, possiamo ammettere che l’amore è qualcosa che possiamo solo sentire ma mai capire veramente, più o meno come gli spiriti. E forse è una cosa positiva.

Josh Brolin dice che “smetterà di recitare” se Denis Villeneuve non sarà candidato all’Oscar come miglior regista

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Nonostante il primo film di Dune abbia ottenuto una nomination come miglior film agli Oscar del 2022, Denis Villeneuve non è stato nominato come miglior regista. Comprensibilmente, questo non è piaciuto a molte persone, compresa la star Josh Brolin.

Brolin, che ha interpretato il fedele maestro di guerra Atreides Gurney Halleck in entrambi i film, si è espresso a gran voce sul fatto che Villeneuve sia stato trascurato la prima volta, ed è ancora più convinto che il regista debba essere riconosciuto dall’Academy per il suo lavoro sul recente sequel Dune: Parte Due.

Se quest’anno non viene nominato, smetterò di recitare”, ha dichiarato Brolin a Variety. “È stato un film migliore del primo. Quando l’ho guardato, mi è sembrato che il mio cervello si fosse aperto. È un film magistrale e Denis è uno dei nostri migliori registi. Se gli Academy Awards hanno un qualche significato, lo riconosceranno”.

Siamo sicuri che Brolin non si ritirerà se Villeneuve non verrà nominato, ma sarebbe sicuramente considerato un grosso smacco se l’acclamato regista non ricevesse qualche riconoscimento per il sequel fantascientifico, che è generalmente considerato ancora migliore del suo predecessore.

Villeneuve tornerà a dirigere il film Dune: Parte Tre – che adatterà il secondo libro della saga di Frank Herbert, Dune: Messiah – e Brolin dovrebbe riprendere il suo ruolo insieme al resto del cast principale.

Ryan Reynolds sembra confermare i piani per un nuovo Deadpool Holiday Special

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Ryan Reynolds, star di Deadpool & Wolverine, ha condiviso un nuovo video su Instagram e, sebbene non si riesca a sentire cosa stia dicendo, il fatto che sia vestito come il Merc With a Mouth in un’ambientazione natalizia sembrerebbe confermare l’arrivo di una nuova presentazione speciale.

Il mese scorso, Reynolds ha condiviso alcune foto dietro le quinte che lo ritraevano insieme all’attrice di Blind Al Leslie Uggams, e le decorazioni natalizie visibili sullo sfondo hanno fatto ipotizzare che stessero girando nuove scene per uno speciale natalizio.

Più di recente, è circolata la voce che un nuovo speciale su Deadpool (e Wolverine?) prodotto dai Marvel Studios fosse effettivamente in lavorazione, anche se non sono stati rivelati altri dettagli o una potenziale data di debutto.

È possibile che si tratti semplicemente di una campagna pubblicitaria a tema natalizio, ma dato che Deadpool & Wolverine sono già disponibili su Disney+ e in Blu-ray, è più probabile che si tratti di un nuovo speciale.

 Deadpool & Wolverine ha incassato 636,7 milioni di dollari al botteghino nazionale e 1,33 miliardi di dollari in tutto il mondo, diventando il secondo film di maggior incasso del 2024 dopo Inside Out 2 della Pixar, che ha incassato 652,9 milioni di dollari e 1,69 miliardi di dollari in tutto il mondo.

Altri traguardi importanti per il team-up di supereroi sono:

  •  Il 13° film di maggior incasso nazionale di tutti i tempi.
  • Il film del MCU n. 5 a livello nazionale, n. 10 a livello internazionale e n. 7 a livello globale di tutti i tempi.
  • Ha avuto l’apertura globale di maggior incasso per un film vietato ai minori, superando Deadpool del 2016.

Non è ancora stato annunciato ufficialmente un sequel, ma si dice che sia in fase di sviluppo.

Gli approfondimenti su Deadpool & Wolverine

Shawn Levy dirige Deadpool & Wolverine, con Ryan Reynolds, Hugh Jackman, Emma Corrin, Morena Baccarin, Rob Delaney, Leslie Uggams, Karan Soni, Matthew Macfadyen, e Dafne Keen. Il film è stato scritto da Ryan Reynolds, Rhett Reese, Paul Wernick, Zeb Wells e Shawn Levy.

Andor – stagione 2, le nuove foto anticipano i prossimi cinque anni della storia di Cassian Andor

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Mancano solo cinque mesi alla seconda stagione di Andor e una nuova serie di fotogrammi offre un assaggio di ciò che accadrà con il proseguimento della storia di Cassian Andor (pubblicati per la prima volta sull’ultimo numero di Empire Magazine).

Queste immagini mettono in evidenza quasi tutto il cast, compreso il nuovo look di Cassian ora che è diventato un Ribelle a tutti gli effetti. Stellan Skarsgård torna a vestire i panni di Luthen Rael e c’è un’ottima inquadratura del suo incontro con Mon Mothma, mentre sullo sfondo si staglia un plotone di Stormtroopers imperiali.

C’è anche un momento di tenerezza tra Cassian e Bix Caleen; se dovesse sbocciare una storia d’amore tra questi due, non possiamo fare a meno di pensare che finirà in tragedia (ammesso che Bix sia ancora vivo, cosa garantita dagli eventi di Rogue One).

Cosa ha detto Adria Arjona su Andor – Stagione 2?

“Sicuramente si riuniranno”, ha dichiarato Adria Arjona alla rivista. “Quando immaginate cosa possono passare questi due personaggi, ricordatevi che l’ha scritto Tony. Quindi, è molto più complesso di quanto la mia immaginazione personale, conoscendo questo personaggio e conoscendo la storia, avrebbe mai potuto comprendere”.

“È stata incredibilmente incasinata dal dottor Gorst. Il fatto che sia sopravvissuta è un enorme trionfo”, ha continuato l’attore. “Non è sicuramente perfetta, ma sicuramente non è così incasinata come l’abbiamo vista alla fine della prima stagione”.

Come avrete notato nel titolo qui sopra, alla serie è stato dato il sottotitolo “A Star Wars Story”, rendendola più in linea con Rogue One: A Star Wars Story del 2016 (e Solo: A Star Wars Story del 2018). Questo moniker potrebbe essere nuovamente utilizzato per progetti spin-off al di fuori della Saga principale? Vedremo.

Potete vedere alcuni dei nuovi fotogrammi qui sotto, anche se una galleria completa è stata pubblicata da Star Wars News Net.

La seconda stagione di Andor sarà diversa dalla prima in un modo importante

La prima stagione di Andor si svolge nell’arco di un anno, ma la seconda stagione di Andor allungherà ulteriormente la storia. La seconda stagione di Andor seguirà Cassian nei quattro anni che precedono gli eventi di Rogue One, con una stagione di 12 episodi suddivisi in quattro puntate da tre episodi che contribuiranno a distribuire la storia. Questo livello di salto temporale può essere difficile da realizzare, ma Andor Stagione 1 ha dimostrato che Tony Gilroy merita la massima fiducia quando si tratta di realizzare la sua visione di Star Wars. La seconda stagione di Andor debutterà il 22 aprile.

M – Il Figlio del Secolo: il trailer ufficiale

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M – Il Figlio del Secolo: il trailer ufficiale

Debutterà già a inizio anno una fra le serie più attese del 2025: da venerdì 10 gennaio arriverà in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW, come annunciato dal nuovo trailer appena rilasciato, la serie Sky Original M – Il Figlio del Secolo, dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati vincitore del Premio Strega e bestseller internazionale (edito da Bompiani).

Reduce da un’accoglienza calorosissima all’81esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove è stata presentata fuori concorso, la serie in otto episodi diretta da Joe Wright (L’ora più buia, Espiazione, Cyrano) racconta la nascita del fascismo in Italia e l’ascesa al potere di Benito Mussolini. A interpretare il Duce uno fra i più apprezzati attori italiani, Luca Marinelli, vincitore del David di Donatello, del Nastro d’Argento, della Coppa Volpi a Venezia e del prestigioso Shooting Stars Award al Festival di Berlino.

M – Il Figlio del Secolo è prodotta da Sky Studios e da Lorenzo Mieli per The Apartment, società del gruppo Fremantle, in co-produzione con Pathé, in associazione con Small Forward Productions, in collaborazione con Fremantle e CINECITTÀ S.p.A.. La distribuzione internazionale è di Fremantle.

Come il romanzo di partenza, la serie racconterà la storia di un Paese che si è arreso alla dittatura e la storia di un uomo che è stato capace di rinascere molte volte dalle sue ceneri. Ripercorrerà la Storia dalla fondazione dei Fasci Italiani nel 1919 fino al famigerato discorso di Mussolini in Parlamento nel gennaio del 1925, dopo l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti. Offrirà, inoltre, uno spaccato del privato di Mussolini e delle sue relazioni personali, tra cui quelle con la moglie Rachele, con l’amante Margherita Sarfatti e con altre figure iconiche dell’epoca.

M – Il Figlio del Secolo Foto Sky

M – Il Figlio del Secolo: recensione della serie di Joe Wright con Luca Marinelli

Scritta da Stefano Bises (Gomorra – La Serie, The New Pope, ZeroZeroZero, Speravo de morì prima) e Davide Serino (1992, 1993, Il Re, Esterno Notte), con soggetto di serie e soggetti di puntata firmati da Stefano Bises, Davide Serino e Antonio Scurati, la serie racconterà gli accadimenti che portarono Mussolini a impossessarsi dell’Italia e a fondare la dittatura in modo storicamente accurato, ampiamente documentato e testimoniato da più fonti.

La colonna sonora è composta da Tom Rowlands, noto anche per essere parte del duo britannico di musica elettronica The Chemical Brothers, tra i pionieri che hanno portato il big beat in prima linea nella cultura pop, scalando le classifiche di tutto il mondo. Pluripremiati, hanno all’attivo 6 Grammy Awards, 1 Brit Award, 1 MTV Europe Music Award e un NMA Award.

Accanto a Marinelli nel cast Francesco Russo (Call My Agent – Italia, A classic horror story, Freaks Out), che interpreta Cesare Rossi; Barbara Chichiarelli (Suburra – La serie, The Good Mothers, Favolacce) nei panni di Margherita Sarfatti; Benedetta Cimatti (Ricordi?, Tina Anselmi – Una vita per la democrazia) in quelli di Donna Rachele; Federico Majorana (Prisma, Favolacce, Padre Pio) interpreta Amerigo Dumini; Lorenzo Zurzolo (EO, Prisma, Baby) è invece Italo Balbo. E ancora Federico Mainardi (Il ritorno di Casanova, Il mammone) che interpreta Albino Volpi; Maurizio Lombardi (The Young Pope, The New Pope, 1992, Ripley) nei panni di Emilio De Bono;  Gianmarco Vettori (La Belva, Briganti, Padrenostro) in quelli di Dino Grandi; Gaetano Bruno (Martin Eden, Indivisibili, Il Cacciatore, Doc – Nelle tue mani) che interpreta Giacomo Matteotti; Paolo Pierobon(Rapito, Esterno notte, Qui rido io, 1994) nei panni di Gabriele D’Annunzio; Elena Lietti (Il Miracolo, Anna, Il sol dell’avvenire, Siccità) è Velia Titta, moglie di Giacomo Matteotti; Gianluca Gobbi (Fabrizio De Andrè – Principe Libero) nel ruolo di Cesare Maria de Vecchi; Gabriele Falsetta (Io sono l’amore) in quello di Roberto Farinacci.Vincenzo Nemolato (La chimera, Tutto chiede salvezza, Supersex) interpreta Vittorio Emanuele III.

M – Il Figlio del Secolo Foto Sky

La trama di M – Il Figlio del Secolo

“M – Il Figlio del Secolo” racconta l’ascesa politica di Mussolini e della sua creatura: il fascismo. Prima un movimento, poi un partito che Mussolini conduce fino al vertice del governo italiano per poi sovvertire la democrazia e instaurare la dittatura.

Attraverso un linguaggio contemporaneo – con Mussolini che rompe la quarta parete e si rivolge direttamente a noi per rivelarci i suoi pensieri più inconfessabili e commentare le svolte della Storia – la serie offre un ritratto originale, “pop”, a tratti pregno di umorismo nero, dell’uomo che, pur avendo tradito ideali, persone e istituzioni, pur essendosi macchiato di atti di violenza inaudita, fece innamorare di sé l’Italia intera, diventandone l’incontrastato Duce.

Io e te dobbiamo parlare: il trailer del nuovo film di Alessandro Siani

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In attesa dell’uscita al cinema il 19 dicembre, Italian International Film, Rai Cinema e 01 Distribution presentano il trailer del film “Io e te dobbiamo parlare” di Alessandro Siani con protagonisti Alessandro Siani e Leonardo Pieraccioni, per la prima volta insieme sul grande schermo.

Una donna in comune, una figlia a metà e una volante per due. Antonio (Alessandro Siani) e Pieraldo (Leonardo Pieraccioni) condividono molte cose: una carriera non sempre luminosa, un sodalizio non sempre sodale, un legame di lungo corso ma un po’ ammaccato – due esistenze apparentemente troppo tranquille per due agenti di polizia che il destino ha voluto sapientemente intrecciare. Matilde (Brenda Lodigiani) è infatti l’ex moglie di Antonio e l’attuale compagna di Pieraldo, Maria (Gea Dall’Orto) è la figlia di Antonio e vive con la madre e Pieraldo. E poi c’è Sara (Francesca Chillemi), l’affascinante poliziotta con cui Antonio ha forse avuto un passato e potrebbe avere un futuro. Insomma, una famiglia allargata ma un’amicizia a volte troppo stretta per due improbabili colleghi con molte idee e non grandi ambizioni. Decisamente, il pericolo non era il loro mestiere… fino a quando, incredibilmente, non dovranno affrontare un vero crimine, un caso molto intricato e rischioso che, fra sfide contro il tempo e colpi di scena, cambierà la loro vita per sempre. Una coppia sorprendente, due perfetti sparring partner per una commedia all’ultimo respiro.

Siani e Pieraccioni per il buddy movie Io e te dobbiamo parlare

Accanto a Siani e Pieraccioni, il cast include le protagoniste femminili Francesca Chillemi, Brenda Lodigiani e Gea Dall’Orto e inoltre Euridice Axen, Tommaso Cassissa, Giovanni Esposito, Sergio Friscia, Biagio Izzo, Peppe Lanzetta, Enrico Lo Verso.

Diretto da Alessandro Siani e scritto da Siani con Gianluca Bernardini in collaborazione con Leonardo Pieraccioni, “Io e te dobbiamo parlare” è una produzione Italian International Film (Gruppo Lucisano) con Rai Cinema, prodotta da Fulvio e Federica Lucisano, con il supporto logistico di Marche Film Commission e con il patrocinio e l’ospitalità del Comune di Ancona. Il film sarà nelle sale dal 19 dicembre 2024 distribuito da 01 Distribution.

The Helicopter Heist: la storia vera che ha ispirato la serie Netflix

The Helicopter Heist, alias Helikopterrånet, approda su Netflix il 22 novembre. La serie tv, composta da otto episodi, si basa su eventi realmente accaduti, raccontati nell’omonimo romanzo di Jonas Bonnier. La serie cerca di andare oltre quello che è successo il giorno fatidico nel deposito di contanti più sicuro del Paese e di scoprire come potrebbe essere avvenuta la rapina.

Prima di addentrarci nella vera storia di The Helicopter Heist, ecco tutto quello che sappiamo sulla nuova serie true-crime di Netflix.

Tutto sulla serie The Helicopter Heist: Trama, cast e altri dettagli

La miniserie in otto puntate racconta la storia dell’intricata pianificazione alla base della precisa esecuzione di uno dei crimini più audaci della storia.

In una mattina di settembre del 2009, un elicottero atterrò sul tetto del deposito di contanti più sicuro della Svezia. Ne seguì un bottino incredibile che lasciò tutto il mondo perplesso.

I nervi necessari per realizzare un bottino così ingente con un elicottero sono già di per sé un’impresa. Ma a rendere il tutto ancora più sconcertante è il fatto che, mentre i rapinatori si sono portati via diversi milioni di dollari, la polizia si è limitata a guardare e non ha sparato nemmeno un colpo.

The Helicopter Heist è una storia di fratellanza e paternità, ricca di personaggi e di emozioni, ma forse soprattutto una storia di Icaro grandiosa e dal ritmo incalzante che parla di vincere o perdere tutto”, afferma Netflix.

Invece di una narrazione documentaristica, il trailer offre una storia emozionante che guarda alle vite complicate delle persone coinvolte. Come due amici hanno messo a segno il colpo, come hanno fatto il lavaggio del cervello ad altri, cosa hanno dovuto affrontare le loro famiglie, la loro situazione e il ruolo del governo, tutto quanto.

La serie vede Mahmut Suvakci, Ardalan Esmaili e Iskra Kostic nei ruoli principali. Daniél Espinosa dirige il progetto come regista concettuale insieme a Jonas Alexander Arnby e Anna Zachrisson. Il film è scritto da Ronnie Sandahl e prodotto da Johannes Åhlund.

La vera storia di The Helicopter Heist

Cosa è successo il giorno del giudizio?

Il colpo iniziò intorno alle 5.15 del 23 settembre 2009. Un elicottero Bell 206, rubato dalla base elicotteristica Roslagens di Norrtälje, è atterrato in cima all’edificio del servizio contanti G4S a Västberga, nella parte meridionale di Stoccolma. I rapinatori, vestiti di nero e con maschere, ne sono usciti, hanno distrutto la stanza di vetro con mazze e si sono calati nell’edificio usando scale di 6 metri.

Hanno piazzato strategicamente degli esplosivi in tutta la struttura per far saltare la sicurezza. Quando questi sono esplosi, il personale di sicurezza e il personale notturno si sono nascosti temendo che l’edificio potesse crollare. In questo modo i rapinatori hanno avuto pieno accesso all’intero edificio.

Hanno usato delle seghe per rompere le serrature delle casse e hanno riempito i sacchi di banconote. Il bottino è stato caricato rapidamente sull’elicottero e i rapinatori sono spariti con circa 150 milioni di dollari. La rapina si è conclusa entro 20 minuti dal loro atterraggio.

La polizia è rimasta impotente

Le forze di polizia svedesi sono arrivate mentre i rapinatori erano in azione, ma non sono potute entrare in scena. Per tenere a bada gli elicotteri della polizia sono state usate mitragliatrici e bombe. Le strade sono state anche cosparse di chiodi da caltropoli per forare qualsiasi veicolo in avvicinamento.

Tuttavia, tre ore dopo che l’aria si era calmata, l’elicottero rubato è stato recuperato dalle foreste a nord di Stoccolma. Le prove trovate, insieme ai filmati delle telecamere a circuito chiuso, hanno permesso alla polizia di fare un passo avanti nelle indagini.

Le indagini e la ricostruzione degli eventi

È interessante notare che un mese prima dell’evento, i servizi segreti svedesi avevano avvertito le autorità che un pilota di elicottero era stato reclutato per una rapina a Stoccolma. Tuttavia, non erano riusciti a confermare la data e il luogo.

L’autore principale è stato indicato come Goran Bojovic, precedentemente collegato ai Berretti Rossi della BIA, la polizia segreta della Serbia. Alla fine sono stati rintracciati anche gli altri scippatori. Uno dei colpevoli, Sadhan Kadhum, si era tagliato la mano sulla scala: il suo DNA l’ha tradito. Il pilota Alexander Eriksson è stato rintracciato alle Isole Canarie, mentre Bojovic è stato braccato nel suo appartamento con un mucchio di denaro.

Sebbene 10 siano stati arrestati, si sospetta che molti altri continuino a sfuggire alla giustizia. Sette uomini sono stati condannati a pene detentive nell’ottobre 2010. Si ritiene che gran parte del denaro rubato, pari a circa 8 milioni di dollari, non sia ancora stato trovato.

The Piano Lesson: il film di Netflix è basato su una storia vera?

Il debutto alla regia di Malcolm Washington, The Piano Lesson, è un film drammatico storico che analizza il ruolo dell’eredità e del passato nella costruzione della realtà attuale. La storia si svolge a Pittsburg nel 1936 ed è incentrata su un pianoforte di famiglia che si trova nella casa di Doaker Charles. Sulla scia della Grande Depressione, la famiglia è combattuta su cosa fare del pianoforte di famiglia. Il giovane Boy Willie Charles vuole vendere lo strumento e usare i profitti per comprare la terra che ha visto la schiavitù dei loro antenati. D’altro canto, sua sorella Berniece vuole tenere il pianoforte – che contiene la storia della famiglia attraverso le incisioni lasciate dai loro antenati – come monumento del passato della famiglia Charles.

La famiglia Charles si trova così in una situazione difficile, combattuta tra ideali opposti, mentre il fantasma dell’aggressore ancestrale, Sutter, l’ex padrone bianco della terra, infesta il presente della famiglia. Immergendo lo spettatore nella vita di una famiglia afro-americana che lotta con il proprio passato, il film crea un racconto autentico e significativo sul confronto con il proprio passato.

The Piano Lesson adatta l’opera di August Wilson

The Piano Lesson storia vera
© David Lee/Netflix

The Piano Lesson porta con sé una storia intrigante e arricchente dietro le sue origini. Il film è un adattamento cinematografico dell’omonima e acclamata opera teatrale di August Wilson, prodotta per la prima volta nel 1987. Si tratta del quarto capitolo dell’amato ciclo di Pittsburgh, una raccolta di dieci opere in cui Wilson esplora le esperienze degli afroamericani nel XX secolo. The Piano Lesson, che ha vinto il Premio Pulitzer – il secondo della carriera del drammaturgo – è un’opera di finzione nata interamente dall’immaginazione di Wilson.

Tuttavia, l’opera si è mantenuta fedele alla realtà grazie alle sue sfumate esplorazioni tematiche. L’opera, che ruota attorno alla famiglia Charles e alla sua disputa sul destino del pianoforte degli antenati, affronta questioni prevalenti nell’esperienza afroamericana. La storia esplora il persistente trauma generazionale della schiavitù e pone domande sulla natura ossessionante dell’eredità e sul suo scopo. Di conseguenza, se da un lato l’opera offre uno sguardo autentico sulla complessa realtà di una storia afroamericana, dall’altro traccia un racconto sulla famiglia, l’eredità e la guarigione che inevitabilmente diventa di risonanza universale.

Sebbene l’opera teatrale sia stata adattata per lo schermo in passato, nel 1995, come film per la televisione nell’ambito della Hallmark Hall of Fame, il film di Malcolm Washington porta la storia sul grande schermo per la prima volta. Il padre di Malcolm Washington, Denzel Washington, che è produttore del progetto, ha una particolare familiarità con l’opera di Wilson. All’indomani della morte del drammaturgo, la sua proprietà avrebbe chiesto a Denzel Washington di prendere le redini dell’adattamento delle sue storie per lo schermo. Così, mentre il figlio si assume la responsabilità di tradurre cinematograficamente l’opera di Wilson, egli mantiene la dedizione di rimanere autentico all’opera originale.

Per questo motivo, Malcolm Washington e il suo co-sceneggiatore Virgil Williams si sono dedicati a studiare seriamente l’opera di Wilson, diventando in qualche modo studenti della sua arte. Naturalmente, gli sceneggiatori hanno gradualmente acquisito una profonda comprensione e una certa familiarità con la narrazione e i suoi personaggi. Il loro apprezzamento e la loro compassione per la storia hanno portato a un adattamento fedele che non si allontana molto dall’opera di Wilson in termini di significato. Se da un lato questo rende il film un’opera di finzione, proprio come il suo materiale di partenza, dall’altro garantisce che l’esplorazione storica del periodo e del suo paesaggio socio-politico rimanga realistica.

August Wilson ha trovato l’ispirazione per The Piano Lesson nell’arte di Romare Bearden

August Wilson ha scritto The Piano Lesson come una storia di fantasia, senza alcuna controparte reale di personaggi o istanze che servissero da ispirazione. Tuttavia, il drammaturgo trovò l’ispirazione in altri canali che alla fine modellarono l’identità della sua opera in modo cruciale.

L’opera d’arte stampata nel 1983 “The Piano Lesson (Homage to Mary Lou)” di Romare Bearden ha effettivamente ispirato l’opera teatrale di Wilson del 1987. L’opera, ispirata al lavoro del modernista francese Henri Matisse, raffigura una scena di salotto del Sud. Nella stampa, un insegnante si libra sullo studente che è devotamente seduto al pianoforte.

Nelle sue opere d’arte, Bearden ha utilizzato le proprie esperienze di uomo nero del Sud per presentare un commento sociale attraverso il suo distinto stile di collage. Con “The Piano Lesson”, l’artista esplora l’eredità del genere musicale Jazz trasmessa da un individuo di una vecchia generazione a un allievo più giovane. In questo modo, la stampa esamina i concetti di ambizioni e aspirazioni per un futuro più fantastico, così come viene alimentato e modellato per gli antenati dei predecessori espansivi. Secondo Patti Hartigan, amica di Wilson e autrice della sua biografia, “August Wilson: A Life”, il drammaturgo fu subito affascinato dall’opera d’arte e vi trovò immensa ispirazione.

The Piano Lesson analizza il significato dell’eredità

The Piano Lesson Netflix
© David Lee/Netflix

Negli anni Ottanta, August Wilson tradusse le emozioni suscitate dalle opere di Romare Bearden e diede vita alla sua opera teatrale “The Piano Lesson”. Allo stesso modo, quando Malcolm Washington ha affrontato il compito di adattare l’opera del primo per lo schermo, ha riflettuto sui concetti e sui temi del suo lavoro per assicurarsi di coglierli attraverso una lente autentica. Fortunatamente, il regista alle prime armi si è trovato di recente alle prese con domande simili sul passato e sull’eredità che il racconto della famiglia Charles racchiude in modo così efficace.

Quando ho iniziato a leggerlo, era divertente ed eccitante, poi ho approfondito la questione e mi sono trovato di fronte a domande davvero importanti sulla questione dell’eredità”, ha detto Washington a Deadline in una conversazione sulle prime fasi di sviluppo del film. “È una cosa che mi ha sempre preoccupato: i nostri antenati e ciò che hanno fatto per darci lo spazio e l’opportunità di rendere possibile la nostra vita, a volte dall’oltretomba e così via. Così, ho messo a fuoco e lottato con questo tipo di domande”.

Il film rimane quindi un autentico adattamento dell’opera di Wilson, portando la famiglia Charles dal palcoscenico allo schermo. È interessante notare che, in mezzo a tutte queste conversazioni sull’eredità, molti attori – tra cui Samuel L. Jackson, John David Washington, Ray Fisher e Michael Potts – riprendono i loro ruoli dalle precedenti produzioni teatrali. In definitiva, l’esplorazione da parte del film di concetti universali che ruotano intorno al passato e alle sue dotazioni ereditarie rafforza la capacità di risonanza e di relazione della storia.

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