Amazon Studios ha
diffuso la prima foto ufficiale di Gael Garcia
Bernal in Cassandro,
l’annunciato film Prime Original che arriverà
nel 2023 su Prime Video in tutto il mondo.
Il film è scritto
da David Teague, Roger Ross Williams, e Julián Herbert e
Prodotto da Gerardo Gatica, Todd Black, David
Bloomfield, Ted Hope, Julie Goldman. Saúl Armendáriz, un wrestler
amatoriale gay di El Paso, diventa famoso a livello internazionale
dopo aver creato il personaggio di Cassandro, il “Liberace della
Lucha Libre”. In questo suo percorso, non mette sottosopra solo il
mondo machista del wrestling, ma anche la sua vita.
Paramount+ ha diffuso le prime immagini
di At
Midnight e ha annunciato che il film sarà
disponibile da venerdì 10 febbraio in esclusiva su Paramount+ negli
Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, in Australia, in America
Latina, in Brasile e in Italia.
Affascinante commedia romantica,
At
Midnight è incentrata su Alejandro (Diego Boneta, “Il
padre della sposa”), un ambizioso direttore d’albergo, e Sophie
(Monica Barbaro, “Top Gun: Maverick”), una star del cinema che si
muove con scaltrezza nelle dinamiche di Hollywood. Lui è
concentrato sull’apertura del suo hotel boutique. Lei cerca di
concentrarsi sulle riprese del suo nuovo film di supereroi Super
Society 3, nella speranza di ottenere un proprio spinoff, ma scopre
che il suo co-protagonista (e fidanzato!) Adam (Anders Holm,
“Workaholics”) la tradisce. Il destino colpisce quando le riprese
li portano tutti nell’hotel di Alejandro in Messico. Nonostante le
loro vite radicalmente diverse, Alejandro e Sophie iniziano a
incontrarsi segretamente A mezzanotte…
At
Midnight è interpretato anche da Casey Thomas
Brown (“Father Of The Bride”) nel ruolo di Chris, il
talent manager e vecchio amico di Sophie; Catherine
Cohen (“Netflix’s Catherine Cohen: The Twist…? She’s
Gorgeous”) nel ruolo di Rachel, la fedele migliore amica di Sophie
e spirito libero; Fernando Carsa (“Acapulco”) nel
ruolo di Tachi, il migliore amico di Alejandro e barista
dell’hotel; Whitney Cummings (“Good Mourning”) nel
ruolo di Margot, una potente agente di Hollywood che rappresenta
sia Sophie che Adam; e Maya Zapata (“Selena’s
Secret”) nel ruolo di Aurelia, la direttrice dell’hotel e severo
capo di Alejandro.
At Midnight per
Paramount+ è prodotto dagli studi internazionali di Paramount e da
Fred Berger (“La La Land”), David Bernon (“Hearts Beat Loud”),
Brian Kavanaugh-Jones (“Loving”), Eréndira Núñez Larios
(“Sundown”), Josh Glick e Diego Boneta attraverso la sua società di
produzione Three Amigos. Tra i produttori esecutivi figurano Michel
Franco, Gemma Levinson e Cory Crespo. AT MIDNIGHT è diretto da
Jonah Feingold (“Dating & New York”) e scritto da Feingold, Maria
Hinojos (“Cindy la Regia”) e Giovanni M. Porta. Porta, Hinojos e
Natalia Boneta sono co-produttori esecutivi.
Apple TV+
ha annunciato oggi che In viaggio con Eugene Levy,
una nuova serie sui viaggi condotta e prodotta dal vincitore
dell’Emmy Eugene Levy (“Schitt’s Creek”), farà il
suo debutto il 24 febbraio. La serie, composta da otto episodi,
segue Levy in viaggio verso alcune delle destinazioni più belle e
spettacolari del mondo: Costa Rica, Finlandia, Italia, Giappone,
Maldive, Portogallo, Sudafrica e Stati Uniti, alla scoperta di
hotel straordinari e dei luoghi e le culture che li circondano.
Pur consapevole di non essere il
tipico conduttore di programmi itineranti, di non avere solitamente
uno spirito avventuroso, né di essere un esperto di viaggi in giro
per il mondo, Eugene Levy è convinto che sia finalmente arrivato il
momento di allargare i suoi orizzonti. Così prepara la valigia con
una certa trepidazione e con la speranza che quest’esperienza possa
aprire un capitolo completamente nuovo della sua vita, anche se ciò
potrebbe comportare l’affrontare alcune delle sue paure più grandi.
Unitevi a lui mentre si allaccia la cintura alla volta di avventure
sorprendenti e illuminanti!
In viaggio con Eugene
Levy è prodotto per Apple TV+
da Twofour e lo stesso Levy, oltre a essere protagonista, è
produttore esecutivo insieme a David Brindley. La
serie si aggiunge alla crescente gamma di docuserie acclamate dal
pubblico e premiate dalla critica presenti su Apple TV+,
tra cui la serie di documentari “The Big Conn”, che racconta la più
grande frode previdenziale della storia; il pluripremiato
documentario evento “Prehistoric Planet”, con la voce narrante del
nominato agli Oscar Sir David Attenborough; “Make or Break”, la
docuserie sulla World Surf League; la docuserie sull’home-design
nominata agli Emmy “Home”; la docuserie sulla guerra moderna
nominata agli Emmy “The Line”; la serie di documentari in quattro
parti “They Call Me Magic”, che racconta la vita e la carriera del
due volte NBA Hall of Famer e icona culturale Earvin “Magic”
Johnson; la docuserie “Watch the Sound with Mark Ronson”, nominata
agli Emmy; “Gutsy”, il documentario delle produttrici esecutive e
conduttrici Hillary e Chelsea Clinton che è un viaggio intimo alla
scoperta di alcune delle donne più straordinarie del mondo.
Apple TV+
offre serie drammatiche e commedie avvincenti e di qualità,
lungometraggi, documentari innovativi e intrattenimento per bambini
e famiglie, ed è disponibile per la visione su tutti i tuoi schermi
preferiti. Dopo il suo lancio il 1° novembre 2019, Apple TV+
è diventato il primo servizio di streaming completamente originale
a essere lanciato in tutto il mondo, ha presentato in anteprima più
successi originali e ha ricevuto riconoscimenti più velocemente di
qualsiasi altro servizio di streaming. Ad oggi, i film, i
documentari e le serie originali Apple sono stati premiati con 299
vittorie e 1.274 nomination ai premi, tra cui la commedia
pluripremiata agli Emmy “Ted Lasso”
e il vincitore dell’Oscar come Miglior film di quest’anno “CODA“.
Rivedere Avatar oggi, a 13 anni
dalla sua uscita in sala, suscita ancora quelle emozioni viscerali
che solo poche opere cinematografiche hanno la forza di evocare.
Quanto da James Cameron
ideato e prodotto ha resistito egregiamente al passare del tempo
per presentarsi anche allo spettatore odierno come un’esperienza
rara, a cui purtroppo si è sempre meno abituati. Il cinema degli
ultimi anni è cambiamento profondamente, anche grazie allo stesso
Avatar, e nonostante i progressi tecnologici siano stati
enormi, i film-evento capaci di lasciare un segno significativo
nella settima arte si contano sulle dita di una mano. C’era dunque
grande attesa e curiosità nei confronti di Avatar – La
via dell’acqua, il primo dei quattro sequel
annunciati.
Ora che tale film è finalmente
arrivato in sala (l’unico luogo possibile, stavolta più che mai,
dove si può goderne per davvero al suo meglio), possiamo dirlo:
James Cameron ha mantenuto ogni sua promessa, raggiungendo nuovi
impressionanti traguardi artistici. Il ritorno su Pandora, quel
meraviglioso e selvaggio mondo dove ogni creatura vive in profonda
armonia e connessione con la natura circostante, si configura
ancora una volta come un’esperienza cinematografica senza eguali,
dove ogni elemento della mitologia ideata da Cameron è recuperato e
fatto evolvere in nuove entusiasmanti forme.
Riguardo la trama, senza scendere
troppo nei dettagli, basti sapere che Avatar – La via
dell’acqua è ambientato più di un decennio dopo gli eventi del
primo film e segue le vicende della famiglia Sully, composta da
Jake (Sam
Worthington), Neytiri (Zoe Saldana) e
i loro quattro figli Neteyam,
Lo’ak, Tuk e
Kiri (Sigourney
Weaver), nel loro incontro con nuove popolazioni e
nella scoperta di nuovi straordinari habitat di Pandora, ma anche
nello scontro con pericolosi nemici provenienti dal passato. Nel
tentativo di proteggersi l’un l’altro, come ogni famiglia che si
rispetti, i Sully capiranno ben presto di poter fare affidamento
unicamente sull’amore che li lega l’un l’altro.
Una scena subacquea dal fim Avatar – La via
dell’acqua.
Avatar – La via
dell’acqua e il potere delle immagini
Si può tranquillamente affermare
che Avatar – La via dell’acqua sia il sequel più atteso
dell’ultimo decennio. Questo perché il primo film rappresentò un
significativo passo in avanti nell’uso della CGI e della tecnologia
3D, dando vita a nuovi livelli artistici a cui molti dei
blockbuster arrivati sul grande schermo negli anni a venire non
hanno potuto non ispirarsi, senza però eguagliare quei risultati.
Con questo secondo capitolo Cameron aveva promesso ancora di più,
sviluppando tecnologie che rendessero possibile concretizzare le
sue ambiziosissime visioni e regalando un’esperienza di visione
ancora superiore. In particolare, il regista premio Oscar aveva
garantito che si sarebbe assistito alle scene subacquee più
realistiche mai realizzate.
Le scene del film che comprendono
l’elemento dell’acqua e l’esplorazione degli abissi risultano
effettivamente qualcosa di mai visto prima, offrendo una cura per i
dettagli straordinaria. Il modo in cui la luce filtra attraverso
l’acqua, il modo in cui questa bagna i corpi dei personaggi e si
agita al loro muoversi è fonte di continuo stupore. Un senso della
meraviglia raro che Cameron riesce a far emergere da ogni immagine
di questo tipo, spingendo lo spettatore a chiedersi come sia stato
possibile realizzare tutto ciò. Difficile non sentirsi
letteralmente immersi a propria volta in tale ambiente, avvolti
dalle immagini che grazie al 3D, anch’esso portato ad un nuovo
livello di magnificenza e di cui Cameron si dimostra maestro
indiscusso, acquistano una fluidità e un senso di realtà ancora
maggiore.
Ciò che è altrettanto piacevole
constatare è come Avatar – La via
dell’acqua vada contro la logica di molti blockbuster
e non sbatta prepotentemente in faccia allo spettatore ogni cosa
possibile e immaginabile, con il rischio di frastornare e
confondere, ma offra invece un’esperienza seducente, coinvolgente,
che sa dosare i propri elementi e verso la quale si diventa sempre
più ben disposti. Le scene d’azione, ad esempio, non risultano mai
caotiche ma sempre precise nel mostrare ciò che realmente serve,
vantando un dinamismo e soluzioni di messa in scena che propongono
con egual peso intrattenimento e bellezza estetica, generando una
sana tensione emotiva ed uno stupore che si rinnova scena dopo
scena.
Difficile descrivere meglio quanto
realizzato da Cameron e dal suo team, in quanto ogni immagine
sembra chiedere di essere vissuta in modo diretto e personale.
Dalla fotografia di Russell Carpenter, già premio
Oscar per Titanic, all’avvolgente
lavoro sul sonoro (specialmente relativo alle scene subacquee),
Cameron ancora una volta ci ricorda del potere delle immagini e la
sua fiducia in esse e nel loro valore comunicativo, concependo
forme, colori e composizioni che risvegliano da anni di prodotti
pigri o, peggio ancora, standardizzati, davanti ai quali si può
facilmente diventare spettatori passivi.
James Cameron e l’arte del
perfetto blockbuster
Jake e Neytiri in una scena di Avatar – La via
dell’acqua.
Non c’è dunque più alcun dubbio, se
mai poteva essercene stato uno, che Avatar – La via
dell’acqua sia il raggiungimento di un nuovo livello
dell’esperienza cinematografica in sala. Maggiori interrogativi
c’erano invece dal punto di vista narrativo, considerando anche
quanto il primo Avatar sia stato sbrigativamente bollato
come un “Pocahontas con gli alieni blu”. Quella che era
una storia certamente semplice, basata su archetipi da sempre
ricorrenti, si legava però in modo particolarmente stretto alla
componente tecnologica, la quale se anche rubava la scena
consentiva di portare lo spettatore in un territorio incontaminato
e di mostrarne tutte le sue meraviglie, proponendosi dunque anche
come racconto ecologista in anticipo di alcuni anni rispetto alle
tendenze odierne.
In questo sequel, la storia scritta
da Cameron insieme a Rick Jaffa e
Amanda Silver (autori anche di L’alba del pianeta delle
scimmie e Heart of the Sea) si
configura sì come maggiormente strutturata, incentrata fortemente
sul desiderio di protezione e vendetta, ma ugualmente come un
pretesto per raccontare primariamente attraverso le immagini.
Cameron si concede lunghe digressioni durante le quali può dar vita
a sempre nuove occasioni per mostrare tutta la bellezza degli
inediti ambienti di Pandora. Queste “pause narrative”, che
potrebbero urtare la pazienza di alcuni, risultano in realtà
funzionali a far entrare in connessione con quanto viene mostrato,
riflettendo su o anticipando quelli che sono i principali temi del
film. Oltre alla cura della natura e allo spiritualismo che lega i
personaggi ad essa, subentra qui in modo forte l’elemento della
famiglia.
Famiglia declinata in più
sfumature, da quella comprendente i legami di sangue fino a quella
meno tradizionale, che si trasforma e rinnova continuamente. C’è
quindi un fortissimo bisogno da parte di tutti i personaggi di
sentirsi accettati e riconosciuti per il proprio valore. Avatar
– La via dell’acqua rielabora allora i grandi temi del suo
predecessore per parlarci nuovamente di connessioni, dove la
collettività deve prevalere sull’ego e dove i legami tra padri,
madri e figli sono realmente fonte di speranza per il futuro, di
Pandora come del nostro mondo. Cameron rompe il suo silenzio
cinematografico durato 13 anni per portare nei cinema di tutto il
mondo un film che è il perfetto esempio di tutto ciò che un
blockbuster dovrebbe essere, rifuggendo da ogni facile soluzione
per offrire sano intrattenimento, suscitare stupore ed emozioni
pure e offrire nuove riletture del nostro contemporaneo.
I produttori Phil
Lord e Chris Miller rivelano i concept
art per i nuovi personaggi di Spider-Man: Across the
Spider-Verse. Sony e Marvel hanno avuto successo con
l’uscita di Spider-Man: Into the Spider-Verse, che
ha preso il famoso eroe Miles Morales (Shameik
Moore) e lo ha inserito nell’animazione per un’avventura
super stilizzata. Il
trailer di Spider-Man: Across the Spider-Verse
ha recentemente svelato personaggi come Spider-Man 2099
(Oscar
Isaac) e Spider-Woman (Issa Rae).
Oltre ai protagonisti, ci sono diversi cameo sfuggenti che senza
dubbio popoleranno il nuovo film ed entusiasmeranno il
pubblico.
Dopo
l’uscita del trailer, Sony Pictures Entertainment ha tenuto un
aftershow per i membri di YouTube Premium con i
produttori Lord e Miller, oltre alla voce di Gwen Stacy, Hailee Steinfeld, e ha discusso di cosa
accadrà per Spider-Man: Across the Spider-Verse.
L’aftershow ha offerto il primo sguardo a tre personaggi unici:
Mayday Parker, la figlia neonata di Peter B.
Parker (Jake
Johnson) e Mary Jane Watson (Zoë
Kravitz); Hobie Brown (Daniel
Kaluuya), un supereroe britannico noto come Spider-Punk; e
Spider-Man India, una variante del personaggio che proviene da
Mumbattan, una combinazione di Mumbai e Manhattan.
Sinossi: Miles
Morales torna nel nuovo capitolo della saga Spider-Verse,
vincitrice di un premio Oscar, Spider-Man: Accross the Spider-verse. Dopo
essersi riunito con Gwen Stacy, l’amichevole Spider-Man di
quartiere di Brooklyn viene catapultato nel Multiverso, dove
incontra una squadra di “Spider-Eroi” incaricata di proteggerne
l’esistenza. Ma quando gli eroi si scontrano su come affrontare una
nuova minaccia, Miles si ritrova contro gli altri “Ragni” e dovrà
ridefinire cosa significa essere un eroe per poter salvare le
persone che ama di più.
Sony Pictures Animation ha
ingaggiato Joaquim Dos
Santos(Voltron: Legendary Defender, La leggenda
di Korra), il candidato all’Oscar Kemp
Powers(Soul) e Justin
K. Thompson(Piovono polpette) per
dirigere il film, utilizzando una sceneggiatura scritta
da Phil Lord e Chris
Miller (che tornano anche come produttori insieme a
Amy Pascal, Avi Arad e Christina Steinberg) in collaborazione
con David Callaham(Shang-Chi
e La Leggenda dei Dieci Anelli, Wonder Woman
1984).
Non è stato ancora confermato, ma
sia Shameik Moore che la candidata
all’Oscar Hailee
Steinfeld dovrebbe tornare a doppiare
rispettivamente Miles Morales e Gwen Stacy. Nel sequel dovrebbero
ritornare anche gran parte degli attori che hanno prestato le loro
voci nel primo film, tra cui Jake
Johnson, Brian Tyree Henry, Lily Tomlin, Luna Lauren Velez,
Zoë Kravitz, John Mulaney,
Oscar Isaac e Kimiko Glenn. La
voce del villain sarà, in originale, doppiata da Jason
Schwartzman.
Dopo essere stata apprezzata
largamente negli Stati Uniti, la serie NetflixMaid ha finalmente ottenuto il successo meritato
anche in Italia. Il veterano della TV John Wells
(ER, Southland) si è messo al
lavoro con un team di produzione di tutto rilievo, che include
Molly Smith Metzler e Margot Robbie, per adattare il bestseller
Maid: Hard Work, Low Pay and a Mother’s Will to
Survive di Stephanie Land.
L’adattamento di un libro di memorie è riuscito a conferire a
Maid la credibilità, mai spettacolarizzata, che
molti progetti simili non riescono a raggiungere, filtrando la
verità di Land attraverso l’interpretazione delicatamente esplosiva
della giovane Margaret Qualley.
Maid: la concretezza visiva della storia di Alex
Alex
(Qualley), è una giovane madre che decide di
lasciare il marito violento Sean (Nick
Robinson) nel mezzo della notte. Con solo 18 dollari nel
portafoglio, lotterà di giorno in giorno cercando si racimolare
abbastanza soldi per un alloggio, cibo e sicurezza per lei e sua
figlia. Il suo viaggio la porterà a trovare lavoro come “maid”,
presso un’agenzia gestita da Yolanda
(Tracy Vilar) e trovarsi a che fare con la madre
bipolare Paula (Andie MacDowell,
che è la vera madre di Qualley, il che aggiunge un ulteriore
livello di realismo) assieme a quella del padre alienato
Hank (un efficace Billy Burke). Si incrocerà anche
con un’altolocata padrona di casa di nome Regina (un’incredibile
Anika Noni Rose), che finisce per essere molto più
di una semplice estranea.
L’incredibile successo di
Maid, che è rientrato quasi immediatamente tra i
titoli in tendenza su Netflix, risiede nel fatto che la serie non
ha mai la pretesa di parlare per nessuno, tranne che per la propria
protagonista; la storyline è talmente tanto incorporata nella
prospettiva personale di Alex che l’esperienza soggettiva
oltrepassa la realtà oggettiva, dimostrando che
Maid non è alla ricerca di uno studio
socio-culturale, bensì mira a dare concretezza visiva ai pensieri
di chi avrebbe sempre sperato di trasferire la sua storia in parola
scritta. La penna di Alex è sensibile, ma incisiva, fiorente di
un’interpretazione superba, che trova l’umanità anche nel più
freddo dei giorni, quando la rete di sicurezza sociale e un rifugio
tanto anelato sono ormai inafferrabili.
Il diario di Alex diviene libro
aperto per lo spettatore: è il volto dell’attrice a sancire l’arco
narrativo della protagonista, che combatte cercando di mantenere la
compostezza di fronte a una pressione psicofisica insopportabile, e
convoglia le traversie tramite gesti apparentemente impercettibili,
che assumono però valenza simbolica: un labbro che si contrae,
sbattere le ciglia, alzare il mento. Alex dovrà imparare un nuovo
linguaggio, corporalmente disagevole, per far fronte a una cerchia
di individui i cui rapporti sono già da tempo disarticolati: Paula
entra ed esce dalla vita di Alex con il caos irresistibile di un
tornado, un bipolarismo aggravante e un passato da rivalutare;
Robinson interpreta la dualità minacciosa insita nel carattere di
Sean, la cui storia dolorosa spiega, ma non scusa, il dolore che
lui stesso infligge nel presente.
È il legame madre-figlia – e
la tensione – a brillare di più per tutto l’arco narrativo della
serie. Qualley e MacDowell sono indubbiamente le migliori partner
di scena l’una per l’altra, con la giovane attrice che conferisce
alla produzione realismo emotivo e la veterana dello schermo che
probabilmente fa il lavoro più impressionante della sua carriera,
fluttuando repentinamente attraverso pensieri e stati d’animo, come
sfogliando le pagine di un libro.
Maid: il libro
di Alex filtrato dagli occhi di Margaret Qualley
Maid è un
avvincente racconto di guarigione e scoperta di sé, come non se ne
vedevano da tempo sulla piattaforma. “Non sono davvero sicura
di quello che mi è successo“, dice Alex al suo gruppo di
terapia. Nonostante abbia frequentato sei scuole superiori durante
un’infanzia in cui sua madre nomade è passata da un uomo all’altro,
è stata accettata al college ma non ci è andata. Quando sua figlia
dorme, scrive del suo nuovo lavoro e di quello che vede nelle case
mentre curiosa in giro, il che fornisce una gradita struttura
episodica allo show, così come la serie di situazioni abitative e
sistemazioni di fortuna che deve costantemente cercare per avere un
posto dove dormire la notte, che scandiscono un ritmo narrativo
specchio del disinganno routinario di Alex.
È la vivida immaginazione di Alex
che cerca di far fronte alla disillusione quotidiana, rifugiandosi
in un mondo tutto mentale, ricordo di ciò che non è potuto essere e
che è rimasto inspiegato, e prospetto immaginifico di una
dimensione di supporto che è sempre mancata nella vita della
giovane.
Maid conserva
l’elemento più importante della scrittura di Land, ovvero una
conoscenza duramente conquistata della nostra fragile rete di
sicurezza sociale e dei suoi inghippi, radicata nell’esperienza di
prima mano dell’autrice; la sceneggiatura non si dimentica comunque
mai di cosa significhi essere una giovane donna, con ambizioni e
voglia di riscatto, che ha reso lo studio e l’esperienza acquisita
funzionale a un escapismo mentale, per garantirsi un ruolo nel
libro della vita. Tutto è stato tolto ad Alex, ma non la sua
fantasia creativa, centro propulsivo di un ancoramento al bene e
all’affetto che non può dimenticarsi di ritagliare per sé
stessa.
In dieci episodi
Maid, o meglio il diario di Alex, offre uno
sguardo spietato su ciò che significa essere una giovane donna,
ritrovatasi improvvisamente in una condizione di povertà dilagante,
senza appigli o affetto alcuni su cui fare affidamento.
Maid è la storia individuale di un insieme
sovrapposto di problemi strutturali, che mostra come la spirale
della mobilità verso il basso è solo accelerata da fattori come il
genere, la paternità e la salute mentale.
Qualsiasi descrizione di
Maid rischia di suonare incessantemente cupa, ma
non lo è. Nei momenti di gioia che affiorano, le piccole vittorie,
le inaspettate dimostrazioni di sostegno, cementano il vero
messaggio di Maid: ognuno di quei piccoli atti di
gentilezza è davvero ciò che può far andare avanti Alex. E,
realmente, ognuno di noi.
La star di The Walking
Dead
Norman Reedus si è unita al franchise di
John Wick e farà parte del cast del prossimo film
Ballerina.
Il franchise è una serie thriller d’azione neo-noir che è iniziata
con il primo film, John Wick, nel 2014. Ha come
protagonista Keanu Reeves nel ruolo del
protagonista, un leggendario sicario in pensione che viene
riportato negli inferi criminali.
La quarta puntata della serie,
John Wick: Chapter 4, dovrebbe essere presentata
in anteprima il 24 marzo 2023. Ad aprile,
Lionsgate ha annunciato che ci sarebbe stato un
film spin-off nell’universo di John Wick
intitolato Ballerina.
Il film vedrà Ana de Armas nei panni di Rooney, una
ballerina e assassina introdotta per la prima volta in John
Wick: Capitolo 3 – Parabellum, quando il ruolo era
interpretato da Unity Phelan.
Ora, la Lionsgate ha annunciato che
Reedus si è unito ufficialmente al cast di Ballerina.
Il suo ruolo non è stato ancora rivelato, ma reciterà nel film
insieme agli attori confermati Ian McShane, Lance
Reddick e Anjelica Huston. La produttrice
del film, Erica Lee, afferma che “Siamo grandi
fan di Norman e siamo fiduciosi che i fan saranno entusiasti quanto
noi che si unisca all’universo di Wick. Sarà un’aggiunta
incredibile a Ballerina”.
Len Wiseman
(Underworld ; Lucifer)
dirigerà Ballerina,
da una sceneggiatura di Shay Hatten
(John Wick: Capitolo 3 – Parabellum
; Army of the Dead). John
Wick: Chapter 4 uscirà nei cinema il 23 marzo
2023; Ballerinadovrebbe
arrivare TBD 2023/2024. Nel cast sono per ora confermati Ana de Armas , Anjelica Huston, Ian
McShane, Lance Reddick e
Norman Reedus.
Una nuova immagine di Ant-Man and the Wasp: Quantumania mostra Scott
e Cassie Lang bloccati nel Regno Quantico. Nella sua prima
apparizione da Avengers: Endgame, il terzo film
di Ant-Man vede Scott Lang di Paul
Rudd trascinato nel Regno Quantico insieme a Hope van Dyne
aka Wasp (Evangeline Lilly), i suoi genitori Hank
Pym (Michael Douglas) e Janet van Dyne
(Michelle Pfeiffer) e sua figlia Cassie. Il
personaggio è stato precedentemente interpretato da bambina da
Abby Ryder Fortson nei precedenti film di
Ant-Man, da adolescente da Emma
Fuhrmann in Avengers: Endgame, e ora sarà
interpretato da Kathryn Newton nota per la sua
partecipazione a Big Little Lies.
Ora, l’ultimo sguardo al film è
arrivato per gentile concessione di Total Film (tramite GamesRadar). La nuova immagine
mostra Scott e Cassie intrappolati nel
Regno Quantico mentre guardano minacciosamente in
lontananza. Scott indossa il suo costume da
Ant-Man, ma Cassie deve ancora ricevere un suo
costume speciale. Ciò potrebbe significare che questa immagine è
dall’inizio del film.
La serie di successo di NetflixMercoledì continua a scalare la lista delle
serie più viste di tutti i tempi trai prodotti della piattaforma di
streaming. Mercoledì è
una serie spin-off della famiglia Addams che segue la primogenita
della strampalata famiglia mentre viene mandata in un collegio
chiamato Nevermore Academy. Qui, deve fare i conti
con nuovi poteri psichici e una follia omicida che affligge la
scuola e la città vicina. Con quattro episodi diretti da
Tim Burton e Jenna Ortega nel ruolo principale, la serie ha
rapidamente raccolto un ampio seguito e un forte numero di
streaming.
Dopo la settimana dal 5 all’11
dicembre, ComicBook.com ha riferito che Mercoledì ha
aggiunto altri 269 milioni di ore di streaming. Ciò pone la serie,
al momento della stesura di questo articolo, a ben 1,022 miliardi
di ore di streaming dall’uscita, conquistando il secondo posto
nella lista delle serie TV in lingua inglese di Netflix più viste
di tutti i tempi e scalzando Dahmer – Monster: The Jeffrey Dahmer Story.
L’unica serie che rimane imbattuta in vetta, al momento, è la
stagione 4 di Stranger Things.
Gli elfi, i mostri e i bardi di
The
Witcher sono tornati! D’altronde, c’è ancora molto da
narrare per immagini della Saga di Geralt di Rivia, la
raccolta di romanzi e racconti dell’autore polacco Andrzej
Sapkowski. Non senza differenze dalla prima stagione,
The Witcher 2 riprende i personaggi già noti e li
organizza in un nuovo capitolo, più ordinato e, sicuramente, più
sentimentale.
The Witcher 2: dove eravamo
rimasti
Il primo degli otto episodi di
The Witcher 2 si apre al termine della battaglia
di Sodden, proprio dove si era conclusa la prima
stagione (ecco un breve
video-riassunto degli episodi precedenti). Nilfgard ha
perso il combattimento, ma la guerra è ancora in corso. Lo strigo
Geralt di Rivia (Henry
Cavill) è convinto che la maga Yennefer di
Vengerberg (Anya Chalotra) sia morta
sacrificandosi in battaglia. Nonostante lo sconforto per la perdita
dell’amica – e amata – Yennefer, Geralt decide
di portare la principessa Cirilla (Freya
Allan) a Kaer Morhen, luogo in cui è cresciuto e
ha imparato ad essere un witcher, un cacciatore di mostri. Lì tutti
gli strighi passano l’inverno, riposandosi e preparandosi ad una
nuova stagione di combattimenti. Ciri si trova a dover
vivere con Vesemir (Kim Bodnia), lo
strigo più anziano ed esperto, e un gruppo di witcher
scorbutici.
Geralt ha il compito di
proteggere Cirilla: la addestra in modo che sappia
difendersi, non senza difficoltà. La giovane principessa possiede
un potere indomabile e sconosciuto, che può mettere in pericolo lei
stessa e l’intero mondo esterno. Nel frattempo re elfi e umani,
mostri e demoni si fanno la guerra per la supremazia del
continente. In tutto ciò, Ciri sembra essere la chiave,
difficilmente interpretabile, per l’ordine.
Foto di Susie Allnut
Storie destinate ad
incrociarsi
Rispetto alla
prima stagione, The Witcher 2 è più ordinato.
Nonostante la moltitudine di luoghi e personaggi mostrati, questa
volta lo schema d’azione dei personaggi è più chiaro allo
spettatore. C’è linearità nella narrazione: le vicende di ogni
protagonista, o gruppo, sono incastrate in un montaggio alternato
che abilmente porta tutte le linee a congiungersi in diversi
momenti. Geralt e Ciri, Yennefer,
Ranuncolo, sono soli e si rincontrano, per poi dividersi
nuovamente, in un gioco che tiene in sospeso lo spettatore. Ogni
personaggio ha solo una parte di informazioni necessaria a
comprendere l’intero corso degli eventi e, solo grazie ai momenti
di ricongiungimento è possibile dare senso a cosa accade.
Senza dubbio c’è un ordine
maggiore, per buona parte della serie, ma, in ogni caso, non
mancano i momenti di caos totale, eccessivo e demotivante per chi
guarda. L’attenzione richiesta nella serie è a tratti impossibile.
È necessario fare un grande sforzo per dare senso a eventi che, né
per chi è sulla scena, né per la storia stessa, sembrano avere una
logica razionale. Specialmente negli ultimi episodi, regna la
confusione. Va bene il fiato sospeso, ma il cliffhanger estremo,
senza chiudere mai un capitolo aperto, è spaesante.
La vera magia è nei luoghi di The
Witcher
Un mondo magico perfettamente
ricreato. Non si può dire nulla delle ambientazioni di The
Witcher, incantano tutti, non solo gli amanti del genere
fantasy. Boschi imbiancati dalla neve e dominati da piante
umanizzate, castelli adornati da drappeggi e coperte in velluto,
laboratori magici pieni di utensili scintillanti. L’utilizzo del
CGI è magistrale, complice anche il budget più alto rispetto alla
prima stagione.
The Witcher non vuole sembrare reale, ma
preferisce dare vita ad un mondo tanto immaginario quanto assurdo,
mai troppo vivido e, proprio per questo motivo, da sogno. Spesso la
confusione che regna nella serie rimanda alla dimensione onirica: i
sogni dei personaggi sono una parte essenziale nell’universo magico
di The Witcher. Un sogno può essere premonitore e
può scatenare forze e poteri non controllabili razionalmente.
Foto di Jay Maidment
Un mondo variegato
Il lungo sogno che è The
Witcher comporta scenari e personaggi paradisiaci ma anche
attimi da incubo. Sia i luoghi che i protagonisti creano varietà:
ci sono scene che esaltano la bellezza, la purezza e la pace,
avverse a sequenze in cui dominano l’orrido, il terrore, la rabbia.
In pochi istanti, lo scenario può cambiare e spesso è lo stesso
soggetto a mutare.
I volti che adornano The
Witcher sono qualcosa di incantevole. La scelta di
includere così tanti tratti somatici, colori, fisicità va
apprezzata. Buona parte del valore dei personaggi di The
Witcher è data dal loro aspetto. Forse l’apparenza vale
più della recitazione, che risulta spesso enfatizzata, o dei
dialoghi, mai troppo rivelatori e banalmente ironici e volgari. Il
fisico imponente di Geralt, i capelli sinuosi e bionissimi
di Ciri, tratti tipicamente nordici, si mescolano a quelli
di personaggi dai colori più mediterranei, africani o asiatici,
esaltati dagli abiti e dalle acconciature. Alla bellezza dei re e
dei nobili, in una tipica visione del mondo medievale, vengono
contrapposte le brutture e le deformità dei poveri e dei sudditi.
In tutto ciò, c’è un ulteriore livello di orrido: quello dei mostri
e degli stregoni che, per quanto sporchi e mal messi, risultano
sempre affascinanti.
The Witcher 2 fa più attenzione
all’interiorità e ai sentimenti
Non mancano
nuovi personaggi in The Witcher 2, ma
sicuramente la seconda stagione dà modo di esplorare in profondità
i volti già noti del capitolo uno. Geralt è diventato
molto più emotivo: la bontà prende il sopravvento
sull’atteggiamento scorbutico iniziale. Per l’intera stagione è una
figura paterna e protettiva per Ciri e mostra apertamente
l’amore nei confronti di Yennefer. Anche la strega è
vulnerabile, meno arroccata ed egoista. Il bardo Ranuncolo
resta il volto gioioso e solare della prima stagione, l’amico
fidato.
The Witcher 2 è disponibile su
Netflix
In conclusione, The Witcher
2 è non solo il conseguimento, ma anche il miglioramento
di una prima stagione un po’ deludente. Sicuramente sarà apprezzata
da chi ha amato il primo capitolo, o comunque da chi è fan del
genere fantasy. Le migliorie sono notevoli e vanno riconosciute, ma
non sono sufficienti a rendere The Witcher un
capolavoro della serialità.
Patty Jenkins ha
rotto il silenzio sulla notizia che ha riportato il suo allontanamento dalla Warner
Bros. e dal sequel di Wonder Woman 1984 del
2020. “Non me ne sono mai andata”, ha condiviso
Jenkins in un post su Twitter. “Ero aperta a prendere in
considerazione qualsiasi cosa mi venisse richiesta. Avevo capito
che non c’era niente che potessi fare per andare avanti in questo
momento. La DC è ovviamente sepolta nei cambiamenti che devono
apportare, quindi capisco che queste decisioni siano difficili in
questo momento.”
La dichiarazione di Jenkins arriva
quasi una settimana dopo la prima notizia che la leadership della
Warner Bros. aveva rifiutato il suo trattamento per
un terzo film di Wonder Woman, che ha
scatenato un torrente di speculazioni su ciò che le notizie
potrebbero indicare sul futuro della DC. Ha anche suscitato titoli
che suggerivano che Jenkins avesse respinto gli sforzi per
rimodellare il film necessario per adattarlo ai piani nascenti per
i DC Studios dei capi appena nominati James
Gunn e Peter Safran.
Nella sua dichiarazione, Jenkins ha
affermato che la storia è “semplicemente falsa”: “Non sono una
che parla di questioni di carriera privata, ma non permetterò che
le inesattezze continuino”. Circa un’ora dopo che Jenkins ha
pubblicato la sua dichiarazione, Gunn l’ha supportata su Twitter,
rispondendo: “Posso attestare che tutte le interazioni di Peter
e le mie interazioni con te sono state solo piacevoli e
professionali”.
“Quando l’ho fatto, la Lucasfilm
mi ha chiesto di prendere in considerazione l’idea di tornare a
[Rogue Squadron] dopo [Wonder Woman 3], cosa che sono stata onorata
di fare, quindi ho accettato”, ha scritto Patty
Jenkins. “Hanno fatto un nuovo accordo con me. In
effetti, ci sto ancora lavorando e da allora quel progetto è stato
in attivo sviluppo. Non so se accadrà o meno. Non lo faremo mai
finché il processo di sviluppo non sarà completato, ma non vedo
l’ora che arrivi il suo potenziale”.
Il tono di speranza di Patty
Jenkins su Rogue Squadron, tuttavia, è in
contrasto con il resto della sua dichiarazione, che si legge come
un addio al franchise di Wonder Woman. “Non
voglio che quello che è stato un bellissimo viaggio con WW finisca
con una nota negativa”, ha scritto Jenkins. “Ho adorato e
sono stata così onorata di essere la persona che ha avuto modo di
realizzare questi ultimi due film di Wonder Woman. È un personaggio
incredibile”.
Insieme ai fan del film e alla sua
troupe cinematografica, Jenkins ha reso omaggio all’attrice
Lynda Carter, che ha interpretato il supereroe in
TV alla fine degli anni ’70 e ha avuto un cameo in Wonder Woman 1984, e alla sua
star, Gal Gadot: “Dove comincio anche io? Gal
è il regalo più grande che ho ricevuto in tutto questo viaggio. Una
cara amica, ispirazione e sorella.”
Dopo un’uscita natalizia
con una prima stagione travolgente, Bridgerton 2
si accinge a sbarcare su Netflix il 25 marzo, all’inizio della
Primavera, dello sbocciare dei fiori, della nascita di nuovi amori,
proprio quando inizia la nuova stagione in quel di Londra, quella
in cui donne e uomini della piccola e media nobiltà britannica,
durante questa Utopica era della reggenza, partecipano a balli e
feste per cercare il compagno o la compagna ideale.
La trama di Bridgerton
2
Se nella prima stagione
era stata Daphne Bridgerton a dover cercare marito, missione poi
brillantemente portata a termine con un felice matrimonio con il
Duca Simon Bassett, nel secondo ciclo è Anthony Bridgerton,
primogenito della famiglia molto in vista nell’alta società, a
decidere di trovare la donna giusta che possa diventare la sua
viscontessa. Data l’importanza del suo titolo e la pesante
responsabilità che sente, dovendo occuparsi di una madre e sei
fratelli e sorelle più piccoli, Anthony decide che cercherà di
conquistare qualunque dama la Regina nominerà “diamante della
stagione”. La scelta della sovrana ricade sulla dolce e graziosa
Edwina Sharma, che quindi diventa immediatamente l’obiettivo di
Anthony. Ma la giovane ha una custode particolarmente attenta, sua
sorella maggiore Kate. Per lei la felicità della sorellina è una
priorità, e farà di tutto per scoraggiare i pretendenti che non le
sembrano adatti. Tra lei e Anthony nascerà da subito un rapporto
conflittuale, di grande competizione, che li metterà alla prova
fino a farli riconoscere nell’altro. Su tutto e tutti però aleggia
Lady Whistledown, impenitente commentatrice della stagione
romantica della nobiltà inglese.
Anthony e Daphne: due pesi e due
misure
Pur partendo dallo
stesso punto di partenza e giungendo allo stesso punto d’arrivo,
Chris Van Dusen, creatore di Bridgerton e
in forze a
Shonda Rhimes e a Shondaland, riesce
a costruire una storia che ha i suoi tratti caratteristici e i suoi
ostacoli, messi davanti ai protagonisti. E proprio qui c’è la prima
criticità, che non è per forza un difetto ma vale la pena di essere
sottolineata: l’ostacolo di Daphne, nella prima stagione, era non
conoscenza di come nascessero i bambini, un impedimento che non le
forniva gli strumenti per affrontare il problema. In questo caso,
la costrizione di Anthony è autoimposta, proprio come lo era per il
Duca, la sua è una questione di responsabilità e convinzioni, non
di “ignoranza”, e questa disparità di trattamento se da una parte è
ingiusta nei confronti di Daphne, è effettivamente plausibile,
considerati i ruoli che avevano gli uomini e le donne, anche in una
società utopica come quella di Bridgerton.
L’omaggio a Jane Austen
Per quanto riguarda
invece le ispirazioni di questa seconda stagione, Jane
Austen e il suo Orgoglio e Pregiudizio sono
dietro l’angolo a ogni piè sospinto e questo tipo di suggestione
non solo diventa citazione e omaggio, come nella scena in cui il
visconte cade in acqua e ne esce completamente zuppo in camicia
bianca, ma è anche lo stile di corteggiamento della coppia
principale, le caratteristiche dei due coinvolti, i concetti che
vengono espressi nei momenti delle dichiarazioni. Austen è cucita
dentro i risvolti di Bridgerton 2 con cura e
precisione, un regalo a chi ama la scrittrice e gli adattamenti dei
suoi romanzi.
La relazione principale però non
esaurisce i discorsi e i racconti intorno ai personaggi, che
vengono più o meno approfonditi e che trovano il loro spazio, in
preparazione delle prossime stagioni che vedranno protagonisti gli
altri rampolli della famiglia Bridgerton.
Interessante però il percorso che sembra stia prendendo il
personaggio di Eloise, che quest’anno viene presentata in società,
ma che sembra non volerne proprio sapere di seguire le orme della
sorella e il cammino che è stato previsto per lei.
Un cambiamento di linguaggio
rispetto alla prima stagione
Proprio per la natura
austeniana dei due protagonisti principali, lo stile della
scrittura e della regia si trasforma, rispetto alla prima stagione,
che invece era molto più diretta ed esplicita. In
Bridgerton 2 il
corteggiamento diventa una gara, una danza, un percorso davvero
spinoso che mantiene altissima la tensione della narrazione, fino
alla liberazione nel finale. Certo, non si può parlare di colpo di
scena, dal momento che l’esito della vicenda è scontato, ma è
interessante che si siano fatti degli sforzi, anche con un prodotto
che ormai ha un audience garantito, per arricchire lo stile del
racconto e offrire al pubblico una storia emozionante e
romantica.
In un panorama
cinematografico e televisivo saturo, in cui la scelta di “cosa
guardare stasera” diventa sempre più difficile, con
Di4riNetflix propone
la prima serie italiana per ragazzi, affidando la regia a
Alessandro Celli (Mondocane) e
andando a riempire un vuoto e quindi ad accontentare una fetta di
pubblico, quello dei ragazzi sulla soglia della pubertà, che fino a
questo momento non poteva ancora dirsi rappresentato.
Di4ri è una serie corale
In
Di4ri, seguiamo le avventure di Pietro (Andrea
Arru), Livia (Flavia Leone), Isabel (Sofia
Nicolini), Daniele (Biagio Venditti), Monica
(Federica Franzellitti), Giulio (Liam Nicolosi),
Mirko (Pietro Sparvoli) e Arianna (Francesca La
Cava), i ragazzi della 2°D della scuola media di Marina
Piccola, giovani protagonisti di drammi, amicizie, confessioni,
difficoltà, compiti e sfide sul campo di basket che si consumano
nei corridoi della scuola, tra sospiri e incomprensioni, in quegli
anni formativi fondamentali per i giovani adulti che questi ragazzi
diventeranno.
La serie, prodotta da Stand By Me e che debutta il 18
maggio in Italia e dal 26 luglio in tutti i Paesi in cui il
servizio è attivo, è divisa in 15 episodi che rappresentano, come
da titolo, il diario personale di ognuno dei protagonisti. In ogni
puntata si assume infatti il punto di vista di uno dei ragazzi,
cosa che crea non solo un racconto realmente corale, ma che evita
la figura superiore del narratore, dal momento che con sguardo in
macchina e battute e domande rivolte agli spettatori stessi, sono
proprio i protagonisti a raccontarsi e a spiegarsi, trovando la
loro voce personale tra le vicende, più o meno importanti, che
accadono loro.
I temi toccati dalla
serie sono molteplici, dalla scoperta della propria sessualità,
alle ricadute che una separazione può avere su un figlio, passando
per le troppe pressioni da parte della famiglia, ma anche la
dislessia, l’ansia di crescere, la solitudine, le prime
mestruazioni e l’accettazione di sé.
La cura con cui
Di4ri è realizzato indica una grande attenzione al
racconto, alle location, alla ricercatezza con cui si mettono in
scena le situazioni e a come si sviluppano gli eventi,.
La forza del singolo è
nel gruppo
Quello in cui la serie
eccelle è la rappresentazione di come, a quell’età, la cosa più
importante per ogni ragazzo sia l’amicizia, e come proprio
attraverso questo legame ognuno dei protagonisti trova la forza per
risolvere la sua difficoltà, per riconoscerla e per poter così
progredire. In questo modo, i vari protagonisti, nel corso
dell’intera stagione, arrivano ad essere un gruppo e tutti si
scoprono in debito con quell’entità sociale che li ha aiutati,
sorretti, protetti e riconosciuti in quanto se stessi.
Di4ri si avvale anche della partecipazione di
Fortunato Cerlino, nel ruolo del collaboratore
scolastico Paolo, una figura marginale per le vicende, ma comunque
di riferimento per i nostri giovani protagonisti. Paolo è infatti
un riassunto di tutti gli aspetti positivi che un adulto possiede
agli occhi di un ragazzino: è saggio e dà consiglio, è sempre
disposto ad ascoltare i suoi ragazzi e qualche volta si fa aiutare
da loro, allo stesso tempo è loro amico e complice, senza mai
perdere quel ruolo di autorevolezza che gli permette di essere un
riferimento e una guida. La serie si impreziosisce anche del cameo
di Larissa Iapichino, campionessa juniores di
salto in lungo, e di Tancredi, che presta il suo
nuovo singolo, “Isole”, alla sigla della serie e che
compare in due episodi.
Il regista Oriol
Paulo porta su Netflixun
film angosciante e
vorticoso. Quando Dio imparò a
scrivere è la storia anni Ottanta di una malattia
mentale più presunta che assodata. Con un cast tutto spagnolo
– Bárbara Lennie, Eduard
Fernández, Loreto
Mauleón, Javier
Beltrán, Pablo Derqui – nel thriller si parla di
schizofrenia, manicomi, psichiatri corrotti e malasanità.
La trama di Quando Dio
imparò a scrivere
Negli anni Ottanta,
Alice (Bárbara Lennie) dice di
essere una detective. Con l’intento di risolvere un caso di
presunto omicidio, corrompe il marito e la sanità per farsi
ricoverare all’interno di un ospedale psichiatrico. Spacciandosi
per una donna schizofrenica capace di avvelenare il
marito, Alice inizia a indagare tra gli archivi
dell’ospedale, portando a galla diversi casi di malasanità. Non
appena i suoi sospetti sembrano concretizzarsi, la diagnosi da lei
inventata le si ritorce contro. Come chi grida ‘al lupo, al
lupo’, Alice prima si è spacciata per pazza e
ora non viene creduta più da nessuno. La donna finisce così in un
vortice all’interno del quale è impossibile comprendere dove si
trovi la verità.
Gli anni Ottanta e gli ospedali
psichiatrici
Sicuramente il regista
di Quando Dio imparò a scrivere ha bene in
mente il cult che più di ogni altro ha
denunciato la gestione della sanità: Qualcuno
volò sul nido del cuculo (One Flew Over the Cuckoo’s
Nest) di Miloš
Forman. Il setting temporale, e di conseguenza le
strutture, sono molto simili. Il film del 2022 è
ambientano nel 1979, mentre quello
di Forman è
del 1975. Alice è un po’
come McMurphy (Jack
Nicholson ), un paziente difficilmente domabile che
entra nella struttura e frantuma l’equilibrio esile con cui viene
domata – o sedata – la follia. Entrambi interpretano un individuo
pressoché sano di mente che, una volta finito in un ospedale
psichiatrico, non viene curato ma finisce per impazzire. Il centro
del discorso è lo stesso per entrambi i film e il citazionismo di
Paulo è parecchio spinto.
Anche se il paragone a livello
narrativo e recitativo non regge, è piacevole cogliere i
riferimenti e le assonanze tra le due opere. In realtà, gli
anni Ottanta non emergono troppo nelle immagini di Quando
Dio imparò a scrivere e, anche le ambientazioni sono
abbastanza edulcorate. Mancano nel film i classici
stanzoni degli ospedali psichiatrici, le camicie di forza, i
pazienti malmessi e tutti quegli aspetti inquietanti ma apprezzati
dagli amanti del genere.
Indagini ai limiti della
follia
Quando Dio imparò a
scrivere aggiunge al discorso sulla sanità mentale la
questione thriller e investigativa. Inizialmente,
c’è ‘solo’ un caso di omicidio da risolvere ma, più ci si addentra
nella storia, più gli aspetti indagabili aumentano. Dal direttore
dell’ospedale psichiatrico, alquanto sospetto, ad altre morti non
dichiarate, il centro medico ben presto si trasforma in un teatro
degli orrori. Il luogo è ideale per l’Alice detective, ma
non per l’Alice paziente. Tra le rappresentazioni,
contorte anche a livello fotografico, i flashback, le anticipazioni
e le molteplici linee narrative, Quando Dio imparò a
scrivere risulta un film troppo arzigogolato che crea una
matassa più grande minuto dopo minuto.
In conclusione, il film è adatto a
chi, in questo periodo dell’anno, cerca un prodotto
Netflixdiverso dalla classica commedia
natalizia spensierata. Nonostante ciò, il film non arriva alle
vette di coinvolgimento che, scegliendo un tema simile, si era
sicuramente preposto.
Regista di acclamati thriller come
Il fuggitivo e Reazione a catena,
Andrew Davis firma nel 2002 un nuovo esplosivo
film dal titolo Danni
collaterali. Protagonista di questo è un
temerario vigile del fuoco in cerca di vendetta contro un gruppo di
terroristi colombiani. Si tratta di un opera perfettamente inserita
nel contesto post 11 settembre 2001, data che tanto sconvolse il
mondo e gli Stati Uniti in particolare. La minaccia rappresentata
dal terrorismo divenne in breve uno dei temi maggiormente
ricorrenti del cinema americano, dando però sempre la speranza di
una vittoria del bene.
Proprio a causa dell’evento dell’11
settembre, il film subì forti ritardi e modifiche. Originariamente,
infatti, i terroristi del film avrebbero dovuto essere arabi, ma
ciò venne cambiato in favore della Colombia, località meno
utilizzata al cinema. Curiosamente, inoltre, tale film era stato
realizzato prima del traumatico attentato, e la sua data di uscita
originale era fissata all’ottobre del 2001. Dopo l’attacco alle
Torri Gemelle, i produttori decisero però di spostare all’anno dopo
la distribuzione in sala, in attesa di un momento di maggior
quiete. Nonostante ciò, il film arrivò a guadagnare solo 78 milioni
di dollari a fronte di un budget di 85.
Con il tempo, Danni
collaterali è però riuscito ad ottenere l’attenzione di
numerosi spettatori, affermando come un godibile film d’azione e di
intrattenimento. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Danni collaterali: la
trama del film
Protagonista del film è
Gordon Brewer, esperto vigile del fuoco di Los
Angeles e amorevole padre di famiglia. La sua tranquillità viene
bruscamente spezzata da un improvviso attentato terroristico, nel
quale rimangono coinvolti la moglie e il figlio. Loro sono i “danni
collaterali” di un attacco indirizzato a individui delle forze
dell’ordine. L’evento viene ricollegato ad un gruppo di criminali
colombiani guidati dal misterioso ElLobo, che si è posto come obiettivo quello di
rompere i rapporti tra gli Stati Uniti e la Colombia. A causa dei
nuovi contrasti tra i due paesi, il terrorista non verrà neanche
ricercato, e pertanto lo stesso Gordon decide di mettersi sulle sue
tracce in cerca di vendetta.
Per lui ha così inizio un pericoloso
viaggio nella giungla colombiana, durante il quale conoscerà
corruzione, narcotraffico e incomprensibili strategie governative.
Ben presto, però, Gordon si troverà a fronteggiare aspetti
inaspettati di quella complessa storia, incontrando nuovi alleati e
nemici. Ad un passo da El Lobo, egli dovrà riuscire a fermarlo una
volta per tutte prima che questi possa dar vita ad un nuovo
attacco. Come la sua famiglia, molte altre persone rischiano di
perdere la vita senza avere colpe, e la possibilità di fermare
tutto ciò sarà riposta solo nella forza di volontà di Brewer.
Danni collaterali: il cast
del film
A dar volto e corpo al vendicativo
Gordon Brewer vi è l’attore Arnold
Schwarzenegger, in uno dei suoi ultimi film prima di
essere eletto Governatore della California. Per prendere parte al
film, egli si è come suo solito dedicato ad un periodo di costante
addestramento fisico, così da risultare in ottima forma per
interpretare personalmente anche le scene più complesse del film.
Egli si avvalse inoltre di alcune consulenze di veri militari, dai
quali poter apprendere le principali tecniche di battaglia. Accanto
a lui, nei panni dello spietato criminale noto come El Lobo, vi è
l’attore CliffCurtis, celebre
per titoli come Blow e Colombiana. Di origini
neozelandesi, questi si dedicò molto ad approfondire la psicologia
del suo personaggio, così da poterlo rendere il più credibile
possibile.
L’attrice italiana Francesca
Neri interpreta invece Selena Perrini, compagna del
criminale colombiano e poi alleata del protagonista. Grazie a
questo film, la Neri ha avuto modo di ottenere ulteriore popolarità
anche all’estero. Elias Koteas è invece Peter
Brandt, capo della base CIA in Colombia, mentre John
Leguizamo, celebre
caratterista, dà vita a Felix Ramirez, manager della distribuzione
di cocaina. Altri attori presenti nel film sono Lindsay
Frost, nei panni della moglie di Gordon, e Raymond
Cruz, collega del protagonista. Nei panni del figlio
adottato da Selena vi è un giovanissimo Tyler
Perry, attore poi divenuto noto grazie alla serie Teen
Wolf. Infine, si ritrovano l’attrice Jane
Lynch, nota per la serie Glee, nei panni
dell’agente Russo, e John Turturro
in quelli di Sean Armstrong, un meccanico canadese.
Danni collaterali: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete. Danni
collaterali è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten Tv, Chili Cinema, Google Play, Infinity e Amazon Prime Video. Per vederlo, in base
alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo
film. Si avrà così questo a disposizione per un determinato limite
temporale entro cui effettuare la visione. Il film sarà inoltre
trasmesso in televisione il giorno martedì 13
dicembre alle ore 23:55 sul canale
Rete 4.
Presentato in concorso alla Mostra
del Cinema di Venezia nel 2017, L’insulto
(qui la recensione) è attualmente
l’ultimo lungometraggio realizzato dal regista libanese
Ziad Doueiri. Da lui anche scritto insieme a
Joelle Touma, il film è un potente dramma
giudiziario dove i due uomini che si contrappongono diventano
rappresentanti dei due schiaramenti diversi della guerra civile che
da tempo dilania il Libano. Il film riflette dunque non solo sulla
storia ma anche sull’attuale situazione del paese, con uno
spaccamento della società sempre più drammatico e violento.
L’idea per questo racconto nasce a
partire da un’esperienza reale vissuta dal regista, in cui un
semplice diverbio stava per dar vita ad una lite culturalmente e
storicamente molto più profonda del previsto. In particolare, in
L’insulto, si fanno poi riferimenti ad eventi come il
massacro di Damour e al Settembre
nero della guerra civile in Giordania. In generale, lo
scontro tra libanesi e palestinesi rimane l’elemento su cui il film
maggiormente si concentra, dimostrando come questo possa trovare
ogni pretesto per riportare alla luce vecchi traumi.
Candidato anche al premio Oscar come
miglior film straniero, L’insulto è però anche un film
profondamente umano e ricco di speranza, mostrando come alternativa
al conflitto sia sempre il perdono. Prima di intraprendere una
visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune
delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
L’insulto: la trama del film
Protagonisti del film sono
Tony Hanna, cristiano libanese, e Yasser
Abdallah Salameh, rifuggiato palestinese. Quest’ultimo,
capo cantiere, si trova con la sua squadra ad eseguire una serie di
lavori sotto la casa di Tony. Un tubo di scarico dell’acqua
illegale di quest’ultimo riversa continuamente sugli operai,
spingendo Yasser ad offrirsi per sistemarlo. Tony si rifiuta, ma
l’uomo dedice ugualmente di riparare il tubo. Quando Tony lo
scopre, rompe immediatamente quanto fatto dal capo cantiere,
ricevendo da quest’ultimo l’insulto di “cane”. Riconoscendo in
Yasser un rifugiato palestinese per via del suo accento, e
fermamente convinto che tutti quelli come lui dovrebbero essere
cacciati, Tony decide di non far passare impunita la cosa.
Inizialmente egli chiede delle scuse
ufficiali dal capo cantiere, ma quando neanche queste possono
sopperire all’odio vigente tra libanesi e palestinesi, i due si
vedono costretti a ricorrere ad un tribunale. Questo nonostante la
moglie incinta di Tony, Shirine, cerchi
continuamente di farlo desistere. La semplice questione privata tra
i due si trasforma ben presto in un conflitto di proporzioni
incredibili, diventando a poco a poco un caso nazionale, un
regolamento di conti tra culture e religioni diverse con colpi di
scena inaspettati. Al processo, oltre agli avvocati e ai familiari,
si schierano con loro due fazioni opposte di un paese che riscopre
in quell’occasione ferite mai curate e rivelazioni scioccanti,
facendo riaffiorare così un passato che è sempre presente.
L’insulto: il cast del film
Ad interpretare il personaggio del
libanese Tony Hanna vi è l’attore Adel Karam. Nel
corso della sua carriera questi ha recitato principalmente in
televisione, spaziando dalla commedia al dramma. Al cinema ha
invece recitato nei film Caramel, E ora dove
andiamo? e One Day I’ll Leave. La moglie di Tony,
Shirine, è invece interpretata da Rita Hayek, ad
oggi nota a livello internazionale proprio grazie a questo ruolo.
Kamel El Basha è invece l’interprete di Yasser.
Per la sua struggente e intensa interpretazione egli ha poi vinto
la Coppa Volpi come miglior attore a Venezia. Nei ruoli degli
avvocati che rappresentano i due uomini vi sono invece
Camille Salameh per Wajdi Wehbe e Diamand
Bou Abboud per Nadine Wehbe. Rifaat
Torbey interpreta infine Samir Geagea, guerrigliero e
politico libanese.
L’insulto: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete.
L’insulto è infatti disponibile nei
cataloghi di Rakuten TV, Chili, Google Play, Apple iTunes e
Tim Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma
di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere
un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso
di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui
guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo di martedì 13dicembre
alle ore 21:15 sul canale Rai
5.
Nel corso degli anni Ottanta
l’attore Arnold Schwarzenegger si è consacrato a
livello mondiale grazie a film come Conan il barbaro, Conan il distruttore e
Terminator. Dopo questi
titoli, egli recitò in Yado, pellicola di
genere fantasy d’avventura diretta nel 1985 da Richard
Fleischer (già regista del secondo Conan). Il
titolo inglese del film, in realtà, è Red Sonja e si
riferisce all’omonima eroina ideata da Roy Thomas
e Barry Windsor, i quali per costruire il
personaggio si rifecero a loro volta al romanzo The Shadow of
the Vulture, pubblicato nel 1934 e scritto da Robert
E. Howard.
Howard è meglio noto per essere
stato lo scrittore che ideò il personaggio di Conan, da cui poi
sono stati tratti i due film poc’anzi citati. Dando vita a
Yado, dunque, si cercò di portare al cinema una specie di
sequel spirituale di quei titoli. L’ambientazione, infatti, è la
stessa, ovvero quell’era hyboriana in cui sono ambientati i
racconti di genere sword and sorcery scritti da Howard.
Per la versione italiana, però, si cercò di puntare tutto sulla
presenza nel film di Schwarzenegger, e ciò portò al cambio di
titolo, il quale si riferisce al personaggio interpretato
dall’attore austriaco (anche se in lingua originale il personaggio
è chiamato Lord Kalidor).
La volontà di sfruttare nuovamente
un genere in quegli anni molto popolare non portò però ai risultati
sperati. Yado venne infatti duramente criticato e si
affermò come un cocente flop al box office. Ad oggi, rimane
comunque uno scult anni Ottanta che gli appassionati del genere
continuano a riscoprire e apprezzare, nonostante i suoi difetti.
Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente
utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a
questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile
ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama,
al cast di attori e al remake.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Yado: il riassunto della trama
La storia del film ha inizio con la
malvagia regina Gedren intenta a conquistare ogni
regno possibile. La sovrana, in particolare, aspira ad ottenere un
antico e potentissimo talismano, che deve necessariamente essere
custodito nelle viscere della terra altrimenti altererebbe
l’equilibrio di quest’ultima distruggendo ogni cosa. Per
impossessarsene, Gedren invia i suoi guerrieri a massacrare il
gruppo di donne che lo custodivano. La sacerdotessa capo, prima di
morire, assegna dunque alla sorella di Red Sonja
il compito di riportare la pace sul mondo. La guerriera intraprende
così un viaggio, seguita dal valoroso Yado, per
fermare Gedren una volta per tutte.
Yado: il cast del film
Per il ruolo della protagonista, la
guerriera Red Sonja, si era inizialmente pensato all’attrice
Sandahl Bergman, già comparsa in Conan il
barbaro nei panni di Valeria. L’attrice, però, non volendo
interpretare nuovamente un ruolo da eroina, preferì assumere i
panni della regina Gedren. Ad ottenere il ruolo della protagonista,
dopo oltre un anno di ricerche, fu infine la modella danese
Brigitte Nielsen, all’epoca ventunenne. Questa
venne notata dal produttore Dino De Laurentiis su una rivista di
moda e fu giudicata adatta alla parte per via dei suoi tratti
androgini. Per lei, recitare in Yado rappresentò il suo
debutto cinematografico.
Come anticipato, nel ruolo del
guerriero Yado vi è invece Arnold
Schwarzenegger. Egli, inizialmente, firmò per il film
unicamente per fare un favore a De Laurentiis, convinto inoltre di
comparire per poco più che un cameo. Schwarzenegger finì però con
il rimanere sul set per quattro settimane e il suo personaggio
venne espanso a co-protagonista. In seguito a ciò, egli decise di
interrompere il suo contratto con il produttore. Ancora oggi,
Schwarzenegger considera questo come il peggior film della sua
carriera. Nel film vi sono poi anche Ernie Reyes,
Jr. nel ruolo del principe bambino Tarn e il suo fedele
scudiero Falkon, interpretato da Paul L.
Smith.
Yado: il remake, il
trailer e dove vedere il film completo in streaming e in TV
Da anni ormai si cerca di riportare
al cinema il personaggio di Red Sonja. Nel 2008 sembrava che la
cosa dovesse concretizzarsi con un film diretto da Robert
Rodriguez e con Rose McGowan nei panni
della guerriera. Il progetto tuttavia naufragò dopo poco. Si
dovette a quel punto attendere il 2017 per un nuovo tentativo di
realizzare il film, alla regia del quale era stato confermato il
regista Bryan Singer, celebre per i film sugli
X-Men. Singer venne però rimosso dal progetto in seguito
alle accuse di molestie sessuali nei suoi confronti. Al suo posto,
nel 2019, è stata assunta Joey Soloway, ideatrice
della serie Transparent. Nel maggio del 2021, infine, è
stato confermato che il film è ancora in fase di sviluppo e che ad
interpretare la protagonista vi sarà Hannah
John-Kamen, attrice vista nella serie Killjoys e
nel film Ant-Man and the Wasp.
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Yado è
infatti disponibile nei cataloghi di Chili, Google Play e
Apple iTunes. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma
di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere
un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso
di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui
guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo di martedì 13 dicembre alle ore
21:15 sul canale Italia 2.
Troll è un
monster disaster movie norvegese nato dalla mente del
regista Roar Uthaug e attualmente disponibile su
Netflix.
Analogamente a King Kong, Godzilla e al T-Rex di Jurassic
Park (pellicole accuratamente citate nel corso della
narrazione), Troll ha come protagonista una
creatura folkloristica che prende vita e libera la sua forza bruta
in un’area popolata, con risultati volutamente catastrofici. Il
film è interpretato da un ensemble di alcuni dei più importanti
attori norvegesi, tra cui Ine Marie Wilmann,
Kim Falck, Mads Sjøgård
Pettersen, e c’è anche un breve cameo del candidato ai
Golden Globe Billy Campbell (The
Killing).
La trama di Troll
Qualcosa sul monte
Dovre in Norvegia si sta svegliando: dalle sue
profondità più oscure è pronta a riemergere una creatura
gigantesca, che vi è rimasta intrappolata per migliaia di anni.
Distruggendo tutto ciò che incontra sul suo cammino, uno spaventoso
troll si avvicina rapidamente alla capitale della Norvegia, dove
gli abitanti lotteranno per fermare qualcosa che pensavano potesse
esistere solo nel folklore norvegese. Protagonista del film è la
paleontologa Nora Tidemann
(Wilman) che, da bambina, discuteva di folklore
magico con suo padre mentre si dedicavano all’arrampicata: ora è
un’accademica di successo e passa le sue giornate a scavare e
studiare resti fossili, soprattutto di dinosauri.
Dopo che la misteriosa creatura è
emersa dalla montagna di Dovre, il governo del Paese convoca Nora
lontano dal suo attuale progetto in corso. Nella struttura
governativa sotterranea top-secret, Nora fa la conoscenza del Primo
Ministro norvegese (Anneke von der Lippe) e del
suo principale consigliere, Andreas
(Falck). Nora e Andreas si recano dunque sul monte
per indagare ulteriormente sulla gigantesca creatura con l’aiuto
del soldato Kris (Mads Sjøgård
Pettersen). All’inizio, il gruppo non è sicuro del tipo di
creatura che sta cercando. Provoca caos e distruzione ovunque vada,
lascia orme giganti e i suoni che emette sono ultraterreni: una
coppia di anziani si è salvata per un pelo dopo che l’essere
gigantesco ha letteralmente calpestato la loro casa. Alla fine,
Nora si rende conto che c’è solo una persona a cui può chiedere
aiuto: l’eccentrico padre Tobias (Gard B.
Eidsvold). I due si erano precedentemente allontanati a
causa della convinzione di Tobias che i troll fossero reali e non
solo mistici prodotti della mitologia norrena.
Un conflitto poco chiaro
Troll unisce i
tropi del disaster movie alla Roland Emmerich con
lo stile dei vecchi film kaiju giapponesi, stabilendo le coordinate
della sua narrazione in Norvegia. In patria, il regista
Roar Uthaug ha realizzato uno slasher movie, un
film natalizio per bambini e un thriller storico, ma è
probabilmente più conosciuto per The Wave, un
disaster movie su larga scala, e per il
reboot di Tomb Raider con Alicia Vikander. In
generale, si è cimentato in diversi tentativi di intrattenimento in
stile hollywoodiano, in patria e all’estero.
Troll, come The Wave, sembra la
versione ridotta del Godzilla di
Emmerich del 1998, riadattata per la fruizione
immediata da piattaforma che, oggigiorno, è la scelta
prediletta per la visione di un film.
La mancanza di un obiettivo chiaro
nella “caccia al troll” inficia irrimediabilmente lo slancio
drammatico di Troll. È difficile essere coinvolti
nel conflitto che ci propone, che vorrebbe allo stesso tempo porsi
su più livelli e analizzare i contrasti tra uomo e creatura, forze
dell’ordine e cittadini, contesto urbano e selvaggio. La verità è
che nessun personaggio sembra avere un’opinione su cosa sia meglio
fare in questa situazione, o anche solo su quali siano le opzioni.
Uccidere il troll, cercare di “fare amicizia” o studiarlo: questo è
il dilemma. Peccato che qualsiasi scelta sia per il troll
indifferente, dato che la creatura si comporterà alla stessa
maniera indipendentemente dal trattamento riservatogli, mantenendo
salda la sua appartenenza al regno delle favole divenute per un
attimo realtà.
Troll: un B-Movie senza pretese
Anche presentando una storia
volutamente prevedibile, Troll non cerca in alcun
modo di sorprendere lo spettatore con intuizioni originali, che
rimangono semplicemente accennate. Ad esempio, veniamo a conoscenza
di un lato “umano” del Troll, nella sequenza in cui salva una
bambina da morte certa, eppure non riusciamo a scoprirne nulla di
più. Ci viene mostrata una fossa comune piena di scheletri dei
Troll, addirittura il teschio del Re dei Troll, ma non ci viene
spiegato molto su questo clan e le sue dinamiche. Ancora più
deludente è il fatto che la stessa figura di
Tobias – il personaggio più esperto, quello che
inizialmente deduce che la “creatura misteriosa” sia proprio un
Troll, viene approfondito pochissimo.
In ogni caso, non è difficile
comprendere il clamore generato da Troll su
Netflix: gli effetti speciali discreti sono
abbastanza credibili da riuscire a catturare l’attenzione dello
spettatore e il mostro ha un’impressionante potenza distruttiva che
viene rappresentata come se i troll fossero animali irritanti
piuttosto che cattivi dispettosi. Roar Uthaug non
è un regista che sembra destinato a epopee più grandiose, e questa
è sicuramente una delle sue migliori qualità: realizza
consapevolmente film di serie B senza illusioni di grandezza da
serie A.
Miles Morales e Gwen Stacy
ritornano nel trailer di Spider-Man: Accross the Spider-verse,
l’attesissimo film di animazione Sony Pictures e secondo capitolo
della pellicola premiata con il premio Oscar® Spider-Man: Un
nuovo universo. Il film è diretto da Joaquim Dos
Santos (La leggenda di Korra),
Kemp Powers (Soul) e
Justin K. Thompson (Star
Wars: Clone Wars, Spider-Man: Un nuovo universo) e sarà solo al
cinema dal 1 giugno, prodotto da Sony Pictures e distribuito da
Eagle Pictures.
Sinossi: Miles
Morales torna nel nuovo capitolo della saga Spider-Verse,
vincitrice di un premio Oscar®, Spider-Man: Accross the Spider-verse. Dopo
essersi riunito con Gwen Stacy, l’amichevole Spider-Man di
quartiere di Brooklyn viene catapultato nel Multiverso, dove
incontra una squadra di “Spider-Eroi” incaricata di proteggerne
l’esistenza. Ma quando gli eroi si scontrano su come affrontare una
nuova minaccia, Miles si ritrova contro gli altri “Ragni” e dovrà
ridefinire cosa significa essere un eroe per poter salvare le
persone che ama di più.
Sony Pictures Animation ha
ingaggiato Joaquim Dos
Santos(Voltron: Legendary Defender, La leggenda
di Korra), il candidato all’Oscar Kemp
Powers(Soul) e Justin
K. Thompson(Piovono polpette) per
dirigere il film, utilizzando una sceneggiatura scritta
da Phil Lord e Chris
Miller (che tornano anche come produttori insieme a
Amy Pascal, Avi Arad e Christina Steinberg) in collaborazione
con David Callaham(Shang-Chi
e La Leggenda dei Dieci Anelli, Wonder Woman
1984).
Non è stato ancora confermato, ma
sia Shameik Moore che la candidata
all’Oscar Hailee
Steinfeld dovrebbe tornare a doppiare
rispettivamente Miles Morales e Gwen Stacy. Nel sequel dovrebbero
ritornare anche gran parte degli attori che hanno prestato le loro
voci nel primo film, tra cui Jake
Johnson, Brian Tyree Henry, Lily Tomlin, Luna Lauren Velez,
Zoë Kravitz, John Mulaney,
Oscar Isaac e Kimiko Glenn. La
voce del villain sarà, in originale, doppiata da Jason
Schwartzman.
Grande Successo per
la prima edizione di Vision 2030, premio
cinematografico dedicato alla tutela dell’ambiente che si è tenuto
nel meraviglioso Teatro Tina Di Lorenzo di Noto
(Sr) sotto la direzione artistica di Giulia
Morello la quale dichiara: “Il mondo dell’arte e della
cultura ha il compito e la responsabilità di proporre nuovi
immaginari e scenari e Vision 2030 vuole dimostrare che un altro
modo di “fare cultura” è non solo possibile ma urgente. Il
mondo del cinema, e della cultura in generale, è un’industria che,
come tutte le altre, inquina e consuma ed è chiamata oggi a fare la
sua parte e a ripensare il processo produttivo per diminuire la
propria impronta ambientale per contribuire al raggiungimento degli
obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite”.
Tre giorni di
incontri e proiezioni condotti da Ilenia
Petracalvina e la serata conclusiva, seguitissima sui
canali social, da Beatrice Schiaffino. Il pubblico
è stato coinvolto direttamente in attività organizzate da
Vision2030, quali la pulizia della costa con Legambiente e Virtual
Reality in collaborazione con Rai Cinema Channel; mentre,
all’interno del prestigioso Palazzo Nicolaci, il pubblico ha potuto
assistere, attraverso cuffie wireless, alle attività finanziate da
Yourban2030, ovvero: Hidden
Sounds (performance sonora) realizzata da Alessio
Mosti con il supporto di SilentSystem. A seguire,
Multiverso, performance audio-video dell’artista
romano Filippo Scorcucchi. Inoltre, Yourban2030,
in collaborazione con Graffiti for Smart City, ha
anche inaugurato IRAE – Ultimate Landscapes presso
i muri della stazione di Noto: un mosaico digitale in bioresina che
racconta una storia, quella dello scioglimento dei ghiacciai,
attraverso i suoni di Alessio Mosti e le immagini di Claudio
Orlandi. Un vero e proprio muro multimediale e sostenibile, una
tela digitale che attraverso la tecnologia di prossimità offre al
pubblico una “performance” permanente che tra suoni e immagini,
immerge il visitatore in una narrazione di piena attualità, quella
dello scioglimento dei ghiacciai.
Prodotta
da Smile Vision, la manifestazione è
promossa dal Ministero della Cultura, Comune di Noto
Patrimonio Dell’Umanità con il supporto di BBC Pachino e
Unioncamere, con il Patrocinio
di Asvis,con la partecipazione
di World Food Programme
Italia ein collaborazione
con Dire Fare Cambiare,Tadàn
Produzioni e Siamo in
diretta.
I vincitori:
– Miglior documentario a Fort Apache
di Ilaria Galanti e Simone Spampinato.
– Menzione Speciale Miglior Documentario a
The whale eye – Balearen, regia di Cesare Maglioni.
– Miglior documentario inedito a Dr
Vaje di Carmelo Raneri.
– Premio
collaterale aeroporto di Catania: Vince il premio
Dream of glass di Andrea Bancone.
– Premio
collaterale UnionCamere Sicilia: La lunga rotta
di Roberto Lo Monaco.
– Premio
Isola del Cinema:Sulla via dei Padri di
Bruno Palma;
– Premio
Collaterale Unpli:Sulla via dei padri di Bruno
Palma
– Premio
Collaterale Yourban2030: Meta di Cristina
D’Eredità e Dario Mattia
– Buone
pratiche al comune di Noto: Smile Vision assegna il premio
“Buone Pratiche” all”Amministrazione di Noto.
Media partner
dell’evento sono: Rai per il
Sociale (Rai per la sostenibilità), Rai
Cinema, e Comingsoon.it; come
partner istituzionali Cumo
Noto e Ente Fauna Siciliana,
partner culturali Cinema
sostenibile, Yourban2030, Isola
del Cinema, Kano sartoria sociale, Moscerine Film
Festival,; inoltre, UNPLI (Unione nazionale
pro loco d’Italia), Proloco Noto,Premiere
Film, Associazione Diplomatici, Legambiente
Noto, Aereoporto di Catania e GB Oil. Infine
ipartner tecnici: Pic Event
Solution e Cleverage – Web & Digital
Agency, Graffiti For Smart
City e SilentSystem.
In giuria l’attrice
Valentina Lodovini, Saverio Pesapane,
Manuela Rima, Fabia Bettini, Mohammed Hossameldin, Marco
Martinelli, Maurizio Menicucci. Presente anche la Giuria
UNPLI composta da Pippo Bernardo, Beppe Manno e
Antonio La Spina. Tra gli ospiti: Corrado
Figura, il Sindaco di Noto, il quale firma in diretta
il protocollo di intesa con WFP Italia che
sancisce l’accordo tra le due realtà al fine di contribuire
attivamente al cambiamento.
Il Presidente Prof.
Vincenzo Sanasi D’arpe (WFP), Domenico
Coco (Console Onorario dell’Azerbaigian), Giuseppe
D’arrigo (BBC Pachino), Dott.ssa Tuccio
(Liceo Sturzi), Dott.ssa Alfo (Proloco),
Urbano Pannuzzo (Direttore Teatro Tina di Lorenzo)
e Vincenzo Belfiore (Legambiente).
Inoltre, l’attore Gianni Rosato, i
registi Simone Spampinato, Lorenzo Mannino, Andrea
Bancone e Carmelo Raneri. I premi sono stati realizzati
dall’artista siciliana Alice Valenti e per
l’occasione con materiali sostenibili. L’evento è stato prodotto
da Giovanni Stella, la direzione marketing è
di Federica Alderighi e l’organizzazione
è di Carlo Aragona.
I Wonder Pictures è
lieta di rilasciare il trailer italiano del film di animazione che
segna il ritorno di due grandi protagonisti dell’intrattenimento
per tutta la famiglia. Ernest e Celestine, l’orso e la topina nati
dalla tavolozza della pittrice belga Gabrielle Vincent, sono
diventati in pochi anni un classico internazionale.
Dopo il successo del primo
lungometraggio di animazione, con la sceneggiatura di
Daniel Pennac, candidato all’Oscar, Ernest e
Celestine tornano al cinema con L’avventura delle 7 note, un
viaggio nella terra natale di Ernest per poter riparare il suo
violino Stradivorso. Ostrogallia è la patria dei più grandi
musicisti del mondo e le note non smettono mai di suonare tra le
strade di questa esotica destinazione. O meglio: era così una
volta. Arrivati a Ostrogallia, Ernest e Celestine scoprono che la
musica è stata bandita. Ma una vita senza musica è impensabile e
quindi i nostri eroi faranno tutto il possibile per far tornare la
gioia nel paese.
Presentato in anteprima come evento
speciale al Festival di Annecy 2022, Ernest e Celestine –
L’avventura delle 7 note di Jean-Christophe Roger e Julien
Chheng sarà nei cinema italiani dal 22 dicembre con le voci
italiane di Alba Rohrwacher e
Claudio Bisio, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol
Biografilm Collection.
Da martedì 13 dicembre arriverà in
libreria anche l’albo illustrato tratto dal film. Il libro è
pubblicato da Gallucci, editore in esclusiva delle opere
dell’artista Gabrielle Vincent, creatrice dei personaggi di Ernest
e Celestine.
Disney+ ha annunciato che la serie
originale animata Koala Man debutterà lunedì 9 gennaio su
Disney+ in Italia.
Koala Man segue Kevin,
padre di mezza età, e la sua identità non tanto segreta, il cui
unico superpotere è quello di avere una passione bruciante per il
rispetto delle regole e l’eliminazione della piccola criminalità
nella città di Dapto. Sebbene possa sembrare un sobborgo
australiano qualsiasi, le forze del male, sia cosmiche che create
dall’uomo, sono in agguato per colpire gli ignari abitanti di
Dapto. Nel tentativo di ripulire la sua città natale e spesso
coinvolgendo nelle sue avventure la sua famiglia infelice, Koala
Man è pronto a tutto. Farà tutto il necessario per sconfiggere
menti malvagie, orrori soprannaturali o peggio: gli idioti che non
portano fuori i bidoni della spazzatura nei giorni giusti.
Koala Man è prodotto dal
creatore/animatore australiano Michael Cusack (YOLO: Crystal
Fantasy, Smiling Friends), mentre il co-creatore di
Solar Opposites Justin Roiland, e gli autori di
Pokemon: Detective Pikachu, Dan Hernandez e Benji Samit,
sono gli executive producer. Anche Michael Cowap è executive
producer. Koala Man è prodotto da 20th Television
Animation.
Un efficace sistema di parental
control assicura che Disney+ rimanga un’esperienza di
visione adatta a tutti i membri della famiglia. Oltre al “Profilo
Bambini” già presente sulla piattaforma, gli abbonati possono
impostare dei limiti di accesso ai contenuti per un pubblico più
adulto e creare profili con accesso tramite PIN, per garantire
massima tranquillità ai genitori.
Ecco il poster di Le Vele Scarlatte, il prossimo film di
Pietro Marcello, con JULIETTE JOUAN,
RAPHAËL THIÉRY, NOÉMIE LVOVSKY con la partecipazione
speciale di LOUIS GARREL e con YOLANDE
MOREAU. Al cinema dal 12 gennaio.
Da qualche parte nel nord della
Francia, Juliette, giovane orfana di madre, vive con il padre,
Raphaël, un soldato sopravvissuto alla prima guerra mondiale.
Appassionata di musica e di canto, Juliette ha uno spirito
solitario. Un giorno, lungo la riva di un fiume, incontra una maga
che le predice che delle vele scarlatte arriveranno per portarla
via dal suo villaggio. Juliette non smetterà mai di credere nella
profezia. Liberamente ispirato a Le vele
scarlatte di Aleksandr Grin,
scrittore russo pacifista del XX secolo, il film di Pietro Marcello
è un racconto popolare, musicale e storico, al confine con il
realismo magico.
Superman: The Movieè stato rilasciato nel 1978, seguito da Batmandi Tim Burton nel 1989. Entrambi i film hanno
ricevuto sequel (di varia qualità) ma sono giustamente considerati
dei. dai fan i due classici per eccellenza. Sono anche
considerati i primi passi più importanti compiuti dall’industria
cinematografica nel genere, con entrambi i film e Batman
Returns, che hanno poi influenzato i successivi
adattamenti che abbiamo poi visto sul grande schermo. Mentre
entrambi i mondi sono stati recentemente rivisitati nei sequel dei
fumetti, Michael Keaton come sappiamo riprenderà il
ruolo di Bruce Wayne nel film The
Flash il prossimo anno.
Ebbene oggi abbiamo nuove
importanti notizie che oltre alla recente notizia che l’attore
avrebbe dovuto continuare la sua rappresentazione dopo Batman
Returnscon un
terzo film firmato da Tim Burton dal titolo Batman
Beyond. Questa notizia di oggi non farà altro che
accrescere il dispiacere rispetto a quel terzo film, dato che oggi
un nuovo one-shot della DC Comics,Dark
Crisis: Big Bang, ha rivelato che nel
fumetto Barry Allen ha preso appunti su più Terre in tutto il
Multiverso, inclusa la Terra-789. In quella
realtà, “Superman e Supergirl sono gli
unici eroi potenziati della Terra; i genitori di Batman uccisi dal
Joker. (Superman ’78, Batman ’89).”
Questo conferma che Superman
di Christopher Reeve, Batman di Keaton e
Supergirl di Helen Slater condividono la stessa realtà, dunque una
rivelazione rivoluzionaria. Anche se con ogni
probabilità questa cosa non verrà mai esplorato sullo schermo, è un
dettaglio che ovviamente ci entusiasma e probabilmente ad un certo
punto questo verrà affrontato almeno sulle sulla pagine del
fumetto. Per molti, vedere questi eroi incrociarsi in qualche modo
è un sogno assoluto che diventa realtà.Tuttavia, non
possiamo fare a meno di chiederci se nel prossimo film di
The
Flash che vedrà il Caped Crusader di
Keaton magari il personaggio potrà menzionare un incontro passato
con l’Uomo d’Acciaio del suo
mondo.
Adam Hall, sui
social noto come @digiguru, ha realizzato
una serie di immagini, avvalendosi della AI, per dare una forma ad
un eventuale film di Star
Wars o degli Avengers, diretto però
da Wes Anderson. Il risultato è davvero
impressionante e, crediamo, simile a quanto possa esistere in una
realtà in cui Anderson è interessato a dirigere uno dei due
franchise.
Poco dopo l’uscita della sua nuova
commedia, The French Dispatch, nel 2021, Wes
Anderson ha iniziato la produzione del suo prossimo progetto,
Asteroid City. Ambientato nel 1955, il film
sarà incentrato su una città immaginaria in un deserto americano
che ospita una convention di Junior Stargazer. Studenti, genitori e
insegnanti di tutto il paese si riuniscono all’evento, portando a
conflitti, commedie, drammi e romanticismo.
James Gunn ha un ricco rapporto con fan e
efollower sui suoi social. Spesso risponde a domande, critiche e
provocazioni con il solito atteggiamento ironico e sornione, a
maggior ragione ora che ha in mano le redini del DCU insieme a Safran. Interrogato sulla
Justice League Dark, a Gunn è stato
chiesto se gli piace l’idea di un universo per quei personaggi, di
una trilogia su di loro e di un racconto che potesse approfondire e
mettere a frutto le grandi storie a fumetti per il cinema.
James
Gunn ha replicato semplicemente “Perché no?”. Questo non
significa naturalmente che alla Warner è in produzione un film
sulla JLD, né che il commento abbia dato uno spunto a Gunn, ma
mostra l’atteggiamento politicamente corretto e educato di un
autore che si rende perfettamente conto di avere tra le mani non
solo una responsabilità economica e produttiva importantissima, ma
anche i sogni e le speranze di tantissimi fan dei personaggio DC
Comics.
La Paramount ha decido di
diffondere una speciale anteprima dietro le quinte di 4 minuti
sull’attesissimo Mission:
Impossible – Dead Reckoning Part One, allegata
alle copie al cinema negli USA di Avatar: La via
dell’Acqua. Mentre nessuno sa cosa mostreranno,
il teaser di 15 secondi appena rilasciato presenta Tom Cruise e il
regista Christopher McQuarrie che mostrano in
anteprima una delle acrobazie più selvagge del franchise:
Inoltre, non saremmo sorpresi se il nuovo filmato finisse con un
trailer aggiornato o potenzialmente una versione rinnovata del
teaser che abbiamo visto all’inizio di quest’anno con Top
Gun: Maverick. Dai un’occhiata al nuovo
teaser qui sotto:
Starting Thursday, December 15, head to your
@IMAX
theatre to get an exclusive behind-the-scenes look at
#MissionImpossible – Dead Reckoning Part One. Then see the
movie in theatres July 2023. pic.twitter.com/jFDazp6oii
Nei prossimi due capitoli della
saga di Mission Impossible, Tom
Cruise e Rebecca
Ferguson torneranno nei panni di Ethan Hunt e
Ilsa Faust. I due film vedranno coinvolti anche Shea
Whigham(Kong: Skull Island),Hayley
Atwell(Captain America: Il primo
vendicatore),Pom
Klementieff(Guardiani della
Galassia) e Esai Morales(Ozark).Christopher McQuarrie scriverà e
dirigerà i film, che faranno il loro debutto nelle sale americane
rispettivamente il 30 settembre 2022 e il 7 luglio 2023.
The Walking
Dead si è concluso con la sua undicesima
stagione il mese scorso, ma mentre la serie principale è finita, il
franchise stesso è tutt’altro che morto. Numerosi spin-off si
stanno dirigendo verso il pubblico, inclusi spettacoli che ruotano
attorno a personaggi amattissimi come Rick Grimes e Michonne,
Daryl, Negan e Maggie. Quest’ultimo è intitolato
The Walking Dead:Dead
City e le riprese sono terminate a
ottobre. Ora, la serie di sei episodi dovrebbe essere
presentata in anteprima su AMC il prossimo aprile.
In questi fotogrammi appena
rivelati, vediamo Maggie (Lauren
Cohan) e Negan (Jeffrey
Dean Morgan) riunirsi dopo alcuni anni di distanza. Mentre
sono riusciti a mettere da parte le loro divergenze negli episodi
finali di The
Walking Dead, qui non sembrano eccessivamente
amichevoli dato che Maggie può essere vista mentre tiene un
coltello alla gola del cattivo riformato!
Durante una recente intervista con
Entertainment Weekly,
Morgan ha suggerito che la personalità abrasiva di Negan continuerà
a essere un problema anche nella Grande Mela. “Negan è
un po’ un disastro. È solo quel ragazzo che vuoi prendere a
schiaffi”, dice. “È un ragazzo da prendere a
pugni, e lo capisco, essendo il ragazzo che dice le cose che escono
dalla sua bocca.”“A volte voglio prenderlo a
pugni”, continua Morgan. “Senti,
sappiamo che sta per scappare a New York City. Sono lui e Maggie, e
non c’è molta gente con lui. Quindi, se faccio i conti, sarà nei
guai. Sta andando essere una cattiva combinazione per
lui.”
The Walking
Dead:Dead City trova Maggie e
Negan che viaggiano in una Manhattan post-apocalittica molto tempo
fa tagliata fuori dalla terraferma. La città fatiscente è
piena di morti e abitanti che hanno fatto di New York City il
proprio mondo pieno di anarchia, pericolo, bellezza e terrore. Il
cast include anche Gaius Charles come Perlie
Armstrong, Željko Ivanek come The Croat,
Jonathan Higginbotham come Tommaso, Mahina
Napoleon come Ginny, Trey Santiago-Hudson come
Jano e Karine Ortiz come Amaia.
Fresco di vittoria agli
European Film Awards 2022 – dove si è aggiudicato
il premio Discovery – Fipresci come rivelazione per il
film d’esordio, Piccolo Corpo di Laura
Samani mette in scena il miracoloso viaggio di una giovane
donna in cerca di una riconnessione spirituale con una parte di sè
che sembra aver perduto per sempre. Sospeso tra la ricercatezza
visiva del fantasy e quella storica, che indaga il folklore del
Friuli Venezia Giulia, il film di Samani si è
anche aggiudicato il David di Donatello 2022 alla miglior regia
esordiente.
Piccolo Corpo, la trama: il
santuario della speranza
Nell’Italia nord-orientale,
all’inizio del XX secolo, una giovane donna di nome
Agata (Celeste Cescutti) è sotto
shock dopo che la sua primogenita è nata morta. Il sacerdote le
dice che la bambina è destinata a vagare nel Limbo per l’eternità,
senza speranza alcuna di raggiungere il Paradiso, poiché è morta
prima di essere stata battezzata.
Nonostante ciò, Agata scopre che c’è
una chiesa da qualche parte a nord dove una sacerdotessa dai poteri
soprannaturali può riportare in vita un bambino morto per un solo
respiro, sufficiente a battezzarlo e ad elevare la sua anima. Agata
dissotterra il bambino con il favore delle tenebre e parte con il
piccolo scrigno legato sulla schiena, come una pellegrina; nella
foresta fa amicizia con la figura ferina di Lince
(Ondina Quadri), che sarà la sua unica amica
durante il viaggio disperatamente faticoso e pericoloso di
Piccolo Corpo.
La voce del Mare
Agata parla
attraverso la voce del mare: le sonorità di una distesa infinita di
acqua salata sono linfa per le sue corde vocali, si raggruppano per
dare vita a un nuovo codice linguistico. È l’idioma dell’amore,
quello indissolubile, che permea ogni boscaglia e tratto di
percorso che Agata attraversa. La figlia di Agata,
secondo le credenze dell’epoca, non ha nome, dunque, non
appartiene: è condannata a restare in un tempo e in uno spazio
indefinito, del blu scuro della profondità oceanica. Tuttavia, il
piccolo corpo del titolo è di
dimensioni tali solo nella fattualità, non dal punto di vista del
suo significato. È corpo arboreo, marittimo, terrestre, che unisce
le due linee su cui viaggia il concetto di femminilità nel film –
quelle di “madre” e di “figlia” – proprio nella sua appartenenza
alla natura. Dalla natura proviene e a questa ritornerà: lo scopo
del viaggio salvifico di questa creatura si associa immediatamente
alla certificazione della sua identità, all’atto di nominare e
sancire la sua afferenza ai paesaggi del Friuli Venezia
Giulia di inizio XX secolo.
Naturalismo umano
In Piccolo Corpo,
Laura Samani sceglie di abbracciare le tradizioni
più spirituali della sua regione, rifacendosi alla storia del
santuario di Trava, tutt’ora esistente e dove, originariamente, si
svolgevano proprio riti per far tornare in vita i bambini nati
morti, giusto il tempo di un respiro, quello necessario a
battezzarli per evitare la permanenza nel Limbo. In questo modo, la
talentuosa regista elabora il modus operandi perfetto per fare
grandi film di genere in Italia – similmente a La
terra dei figli (2021) di Claudio
Cupellini: ripartire dalle nostre radici, quelle
misconosciute ai più, ma che si incastrano perfettamente con
l’immaginazione. Serve una mano registica vivace, che segue il
ritmo della brezza tra gli alberi su cui Agata e
Lince lasciano la loro impronta per tracciare un
racconto in cui ogni tema si collega al suo opposto – la morte
diventa rinascita, i monti diventano mare, il ghiaccio diventa
acqua – fortificando l’idea di una connessione assoluta tra corpo e
spirito, uomo e natura.
Lince diventa la
spalla perfetta per accompagnare Agata nel suo
viaggio; questa figura androgina, variazione del lupo cattivo del
bosco ma che assume pian piano connotati quasi fatati, interpretata
da Ondina Quadri in maniera semplicemente sublime.
In un passaggio di testimone inedito, in cui la forza materna ha a
che fare più con lo spirito che con l’atto stesso del partorire,
Lince diviene un personaggio fondamentale, che rinnova ancor di più
l’unione col paesaggio naturale dei personaggi di Piccolo
Corpo. Arriva a legarsi con la natura altra, il
mare che un montanaro come lui non ha mai conosciuto ma a cui sente
irrimediabilmente di appartenere: è basato un respiro a farglielo
capire.
Il riavvio
MCU di Blade
vedrà Mahershala Ali nei panni dell’assassino di
vampiri protagonista. Nel film potrebbero comparire i Figli
della Mezzanotte o altri personaggi Marvel carichi di
sfumature horror come Moon
Knight e Werewolf By Night. Nonostante tutti i
possibili collegamenti, probabilmente Blade sarà un
prodotto indipendente della Fase 5 e non avrà un grande impatto sugli
archi narrativi dei Vendicatori.
Per quanto riguarda
il cast e la regia, Blade è stato già vittima di diverse
difficolta e ha subito parecchi cambidietro le quinte. Stando
all’Hollywood Reporter, Yann Demange
dovrebbe essere il regista, mentre Michael
Starrbury sta già riscrivendo la sceneggiatura. Il film
dovrebbe arrivare nel 2024.
Thunderbolts
Dopo varie
supposizioni, nella Fase 5 MCU finalmente si riunirà
la squadra di super criminali dei Thunderbolts.
Il film dei Thunderbolts è essenzialmente la risposta
della Marvel alla Suicide Squad. Il lungometraggiointrodurrà
una nuova squadra di supereroi ma, a differenza degli
Avengers, questa sarà una squadra composta da criminali
riabilitati e da antieroi moralmente grigi.
Thunderbolts si presenta come una voce
fuori dal coro MCU, un film divertente e
sovversivo. Non è ancora chiaro quanto i Thunderbolts influiranno sullalinea
principale dei Vendicatori e sui loro conflitti, tuttavia
il gruppo contestualizza l’arrivo della Contessa Valentina
Allegra de la Fontaine (Julia Louis-Dreyfus)
nell’MCU.
The Marvels
Il prossimo film
con protagonista
Capitan Marvel è in realtà un film di squadra. In The
Marvels di Nia Dacosta, Carol
Danvers sarà affiancata dalla sua più grande fan Kamala
Khan e dalla figlia del suo migliore amico Monica
Rambeau. Supportata da Sam Wilson e Stephen
Strange, Carol condurrà i Vendicatori nella
battaglia contro Kang.
Non è ancora chiaro
quale sarà il ruolo di Danvers nella lotta, ma
probabilmente si scoprirà nel corso della Fase 5.
The Marvels vedrà anche Samuel L. Jackson
riprendere il ruolo di Nick Fury poco prima della sua
comparsa in Secret Invasion. Con un
Avengers onnipotente alla guida di un manipolo di eroi,
The Marvels potrebbe essere un trampolino di lancio
cruciale per le storie future dell’MCU.
Guardiani della
Galassia Vol. 3
Il capitolo
conclusivo di Guardiani della Galassia è
previsto per il prossimo anno. Anche per questo motivo, Guardiani della GalassiaVol. 3 rappresenta
un passo piuttosto importante nelle trame MCU. Probabilmente, in
questo ultimo film troveranno la morte personaggi rilevanti come
Rocket o Drax.
Inoltre, il debutto
di Warlock nell’MCU sarà sicuramente un
evento memorabile, dato che il personaggio possiede poteri
paragonabili a quelli di Thanos e Capitan Marvel. Warlock – e
quindi tutto Guardiani della GalassiaVol. 3 –
potrebbe rimodellare le gerarchie di potere all’interno
dell’MCU.
Capitan America:
New World Order
Dal momento che
Sam Wilson ha ereditato da Steve Rogers il
mantello di Capitan America in The Falcon and the Winter
Soldier, serve ora un film da solista per il nuovo
Cap. E infatti, eccolo in arrivo: nel 2024 uscirà
Captain America: New
World Order. Il film probabilmente ruoterà attorno ai
tentativi di Sam di riunire i Vendicatori contro
la minaccia di Thanos.
Nel lungometraggio
tornerà Tim Blake Nelson come leader e, per il
ruolo del generale Thaddeus “Thunderbolt” Ross, il defunto
William Hurt sarà sostituito da Harrison Ford. Girano un sacco di voci su chi
potrebbe apparire in New World Order. Da
She-Hulk all’Hulk Rosso, le carte per fare
un buon film MCU ci sono tutte.
Ant-Man and the
Wasp: Quantumania
Non sarebbe sorprendente se
il film più significativo della Fase 5MCU fosse proprio il
primo, Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Atteso nelle sale
già per il prossimo febbraio, il lungometraggio segue la terza
avventura da solista di Scott Lang mentre lui e i suoi
cari vengono portati nel Regno Quantico e si scontrano con
Kang il Conquistatore.
Jonathan Majors ha
giocato una variante di Kang nel finale di Loki,
ma in Quantumania il personaggio assumerà un peso molto
maggiore e diventerà un cattivo MCU delle dimensioni di
Thanos. Mettere il prossimo più grande cattivo della
Marvel contro il
Vendicatore più piccolo è alquanto ironico. Probabilmente,
nel film Kang mostrerà il suo potere uccidendo proprio
Ant-Man.