Ecco il divertente primo trailer del
documentario musicale What Drives Us, il secondo
lungometraggio diretto dalla leggenda del rock Dave
Grohl.
Prodotto dai Foo
Fighters di Grohl, il bel film è una lettera d’amore a un
rito di passaggio rock and roll: un tour nel retro di un furgone.
Grohl ha raccolto un’impressionante schiera di testimonial tra cui
Ringo Starr, Brian Johnson degli AC / DC, Steven Tyler degli
Aerosmith, St. Vincent, Slash e Duff McKagan dei Guns & Roses,
The Edge degli U2, Flea dei Red Hot Chili Peppers, Lars dei
Metallica Ulrich, Exene Cervenka di X e altri.
Il film è l’acquisizione più
importante del nuovo canale Coda Collection, supportato da Sony,
che ha acquisito i diritti globali e distribuirà il film venerdì 30
aprile, esclusivamente sulla piattaforma di abbonamento dedicata
alla musica disponibile tramite Amazon Prime Video. Il film sarà disponibile
anche al di fuori degli Stati Uniti tramite il servizio di
streaming di Amazon.
Protagonista di Volevo
Nascondermi di Giorgio Diritti è Elio Germano, nel ruolo del pittore e scultore
italiano Antonio Ligabue. Per questa interpretazione, Germano ha
vinto l’Orso d’argento per il miglior attore al Festival di
Berlino 2020. Il film ha inoltre ottenuto 15
candidature ai David di Donatello 2021.
Volevo nascondermi: la trama
Volevo Nascondermi
esordisce con una serie di flashback che ci mostrano l’infanzia e
la giovinezza di Ligabue, costellate da violenze, soprusi e
abbandono. Vediamo in primo piano il viso del pittore oscurato da
un drappo nero, da una cui fessura fa capolino l’occhio del
pittore, che rivolge lo sguardo anche a noi spettatori. È
un’immagine fortemente simbolica, che va a stabilire fin da subito
il senso della pellicola di Diritti: indagare il mistero e la
genesi dell’estro artistico e creativo del pittore, oltre
l’ottenebramento dei tormenti psichici interiori. Veniamo poi a
conoscenza di alcune tappe fondamentali della vita del pittore:
nato in Svizzera da una famiglia italiana e successivamente dato in
affidamento a diverse famiglie, la crescita del giovane pittore è
ostacolata dalle continue violenze perpetrategli, ragion per cui
sarà affidato a un istituto per ragazzi affetti da disagi mentali.
A vent’anni viene espulso dalla Svizzera e si ritrova nella
cittadina romagnola di Gualtieri, dove verrà conosciuto come “El
Tudesc”. In Italia non imparerà mai del tutto la lingua e sarà
cacciato dagli abitanti del paese, costretto a rifugiarsi in una
baracca nel bosco, fino all’incontro con lo scultore Renato Marino
Mazzacurati, che ne scoprirà l’estro e le capacità artistiche.
Un conflitto insolubile tra
l’emarginato e la comunità
La filmografia di Giorgio Diritti è
permeata da una visione tragica sul conflitto insolubile tra
l’emarginato, il disadattato, e la comunità. Si nota una
riflessione generale sulle parti più predatorie e ferine dell’animo
umano, anche visto come branco, che non solo espelle chi ne
ostacola gli equilibri ma punta a mettere in disparte e perfino
distruggere le componenti più fragili. Non si opta per una
conciliazione tra le parti, perché non è data alcuna possibilità di
riscatto ai più deboli. C’è piuttosto la presa di coscienza
dell’animo spietato ed egoistico che guida le azioni umane in
diversi contesti.
Ligabue rimarrà un’anima
fanciullesca e senza filtri, nascosta dietro la maschera del
reietto e del disadattato. Dalla radicale esclusione del pittore
alla vita comunitaria nasce la più totalizzante immedesimazione con
l’universo animale, che trova una propria dimensione su tela: tigri
inferocite, aquile che si avventano sulle prede con le ali
spianate, cavalli imbizzarriti, sono i soggetti più ricorrenti dei
suoi quadri. “Non sono una bestia”, dice in manicomio il
pittore, cercando di ritagliarsi una dimensione esistenziale
propria, sicura e incisiva, pur sapendo che solo nella libertà
d’animo di questi esseri egli può identificarsi.
“Volevo nascondermi” recita il
titolo del film: l’animo di Ligabue non si nasconde certo nei suoi
quadri, dove emerge prepotentemente la conflittualità dell’universo
e la rabbia dell’artista, ma anche la purezza ancestrale della
dimensione naturale. La sublimazione della propria essenza
attraverso l’arte gli conferisce una speranza tale da poter
ritenersi un individuo speciale, immortale addirittura, secondo
l’idea dell’opera che sorpassa l’autore, che si fissa come
immanente nel futuro incerto, come dice di sé stesso al suo
autista. Non riuscirà però ad essere un uomo integrato in una
comunità; l’essenza del pittore non è ancorabile a una dimensione
umana specifica, si presenta come anima vagante in cerca di un
rifugio in cui non doversi nascondere. Incapace di esprimersi in
maniera comprensibile, senza dimora, Ligabue si rispecchia
veramente soltanto nell’infanzia, nel mondo apolide dei circensi, o
nel provare ad essere altro da sé, figura femminile o animalesca
che sia.
L’arte di Ligabue è istintiva,
carica di pathos, bisogni e desideri di cui non riusciva ad
appropriarsi nella vita quotidiana. Il suo processo artistico passa
per l’immedesimazione totale nelle bestie che ritrae, da cui emerge
una rabbia repressa per la condizione affibbiatagli di reietto, di
escluso. Ligabue cerca allora di trovare una dimensione propria, di
affidarsi un ruolo, un posto nel mondo: agli innumerevoli dipinti
di animali, alterna autoritratti che vogliono segnalarne
rumorosamente il passaggio sulla terra, che vogliono lasciare
l’impronta di un’esistenza in sordina, ma che esplode
prepotentemente tramite l’arte. Anche quando il suo talento sarà
riconosciuto e omaggiato e gli verranno concesse mostre, Toni non
riuscirà a liberarsi della condizione di diverso, escluso: il
tenero amore verso Cesarina, una sua compaesana, per esempio,
rimarrà solo il desiderio irrealizzabile di un’esistenza che non
permette un percorso di vita canonico.
Elio Germano restituisce l’essenza
più pura di Ligabue
Elio Germano ci regala un’interpretazione
straordinaria nei panni di Toni Ligabue ed encomiabile è anche il
lavoro di Lorenzo Tamburini al trucco (già
vincitore di un David di Donatello per Dogman): questo diventa infatti supporto
aggiuntivo, mezzo tramite cui comunicare tutta l’intensità d’animo
di Ligabue, la sofferenza, il bisogno di amore di chi non vuole
essere definito bestia, ma che troverà il proprio riflesso compiuto
solo nelle rappresentazioni animali. Ligabue studia meticolosamente
gli animali per poterli riprodurre come scorcio sulla sua anima, e
solo in altre anime pure, quelle dei bambini, trova un
interlocutore ideale. Ne è un esempio la disperazione totale quando
muore una bambina di Gualtieri, lutto al cui il pittore risponde
ritraendola e gridando disperatamente “Dove sei?” al ritratto, con
una tenerezza ed umanità totalizzanti.
Un grande lavoro di messa in scena,
che abbraccia il realismo degli ambienti e degli spazi, scenografie
che ci fanno immergere nell’Emilia Romagna del tempo e la
suggestiva colonna sonora firmata da Daniele
Furlati e Massimo Biscarini, sono solo
alcuni dei punti di forza del film. Diritti ci consegna sprazzi
della vita del grande pittore, quelli necessari per poterne
cogliere la vera essenza, che combaciano con il suo anelito di
libertà e amore: i passaggi fondamentali che lo portarono al
successo come pittore, l’accettazione e derisione dei suoi
compaesani, l’acuirsi e l’attenuarsi delle sue crisi. La
narrazione non segue uno schema lineare, eppure i salti temporali
non disorientano lo spettatore, perché riescono a catturare
l’essenza del pittore e del disturbo così profondo alla base della
sua arte.
È maestosa la collaborazione tra la
conoscenza profonda del mondo rurale emiliano infusa nell’opera da
Diritti, unita al lavoro attoriale di Germano, non solo sul
rimodellamento della propria fisicità, per poterla meglio adattare
al personaggio, ma che abbraccia anche uno studio fonetico nei
riguardi delle capacità linguistiche del pittore, che si esprimeva
mischiando i diversi lasciti linguistici della sua vita. Partendo
da quel corpo che si nasconde sotto un indumento -che è allo stesso
tempo corazza- emerge uno sguardo che mischia timore a curiosità,
lo sguardo di un fanciullo sempiterno, che da voce a un’arte unica
nel suo genere, distinguibile per la vivacità cromatica e l’energia
intrinseca. “I quadri si vedono, non c’è bisogno di
parlare”, afferma Ligabue: i suoi sono quadri parlanti,
dipinti di una vita a cui non è concessa piena espressione verbale.
La tavolozza diventa strumento indispensabile per sfuggire a
un’esistenza marchiata dai disturbi mentali e dalla derisione
generale. Diritti non giudica né assolve chi, per ignoranza o
insensibilità, disprezza Ligabue e le sue opere, ma riesce a
ritrarre con delicatezza e dolcezza estrema i pochi che ne seppero
capire il tormento interiore e tentarono di essere per lui
casa.
Sulla sua tomba si legge: «Il
rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la
solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come
sino all’ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto
libertà e amore». Solitudine, dolore, libertà e amore: i
quattro pilastri di questo sodalizio tra Diritti e Germano, che
riesce a restituire appieno i tormenti, i desideri e l’essenza più
pura di un animo incompiuto.
Pietro Castellitto è sicuramente tra coloro
che, nonostante una stagione cinematografica osteggiata in tutti i
modi dalle miopi decisioni del Governo e l’innegabile difficoltà
dovuta alla pandemia, hanno spiccato di più negli ultimi mesi nel
panorama cinematografico italiano.
Forte di un esordio dietro la
macchina da presa, I Predatori, che ha riscosso molto successo
sin dalla presentazione a Venezia, in Orizzonti, dove ha vinto il
premio per la sceneggiatura, e di un ruolo che lo ha rilanciato
agli occhi di un pubblico ultra popolare, quello di Francesco
Totti, nella serie Speravo de morì prima di Sky, l’attore,
sceneggiatore e regista e sotto gli occhi di tutti.
Durante un’intervista con il
Corriere della Sera, Pietro Castellitto ha rilasciato delle
dichiarazioni che hanno fatto discutere, perché rivolte, con tono
negativamente critico, al movimento del MeToo, che
a poco a poco sta cambiando le regole del gioco nel mondo dello
spettacolo, anche arrivando a decisioni estreme:
“Per fare l’attore devi saper
dire le bugie e fare gli scherzi – ha dichiarato Castellitto
– Se non scherzi più, il tuo percorso è stato sacrificato alle
consuetudini e al perbenismo dominante. Negli anni ’20 Al Capone
faceva soldi gestendo alcol e droga, oggi li fai perpetuando il
bene. Penso ai milioni incassati dagli studi legali attraverso il
monumento all’ipocrisia del #MeToo, battaglia sacrosanta, ma se
Kevin Spacey mi mette la mano sulla coscia gliela sposto, non gli
rovino la vita chiedendo pure i soldi; io vedo la volontà di
potenza che sfrutta questa crociata morale per ingrassarsi, sto
parlando come amante di Nietzsche, che studiai a Filosofia. Ho
anche compiuto un viaggio in Germania sulle sue tracce, ho dormito
nella casa museo dove ha ideato Zarathustra… “
Disponibile su Sky e su NOW a
partire dal 23 aprile, Anna è la nuova serie Sky Original prodotta da
Wildside, società del gruppo Fremantle, in coproduzione con ARTE
France, The New Life Company e Kwaï e tratta dall’omonimo romanzo
edito da Einaudi scritto da Niccolò Ammaniti.
Ammaniti firma anche la regia e, a
quattro mano con Francesca Manieri, la
sceneggiatura della serie che sarà divisa in sei puntate, tutte
disponibili contemporaneamente. Ecco cosa hanno dichiarato i
protagonisti e i filmmaker in merito alla realizzazione di una
serie che strizza l’occhio, in maniera tutt’altro che faceta e
voluta, alla situazione storica che stiamo vivendo.
Nicola Maccanico
di Sky: “C’è molto orgoglio da parte mia e di Sky per aver
partecipato a questa serie, voglio ringraziare Mario Gianani e
Wildeside, perché arrivare a proporre questa serie non è una scelta
banale, è il frutto di un percorso che stiamo portando avanti. La
serialità televisiva deve essere universale e deve cercare
l’altezza. L’universalità di Anna si rintraccia
nei rapporti tra personaggi, cosa che è tipico del cinema di
Niccolò Ammaniti. A questo si è aggiunto un parallelo involontario
con la contemporaneità, che però non c’entra niente con il cuore
della serie, che invece si focalizza sul passaggio di testimone tra
grandi e piccini. Anna è anche il racconto di un’epoca nella quale
il passaggio naturale è un po’ più complesso e dove i piccoli si
trovano spesso a dover crescere più in fretta.”
Mario Gianani di
Wildeside: “Questo è il secondo capitolo della nostra
collaborazione con Niccolò e con Francesca Manieri, dopo Il
Miracolo. L’idea di Niccolò è che lui da sempre riscrive le regole
dei generi e insieme a Francesca hanno creato una distopia molto
realistica, ambientata in un mondo completamente diverso rispetto a
quelle a cui siamo abituati a vedere al cinema e in tv. Si tratta
di un passaggio importante per lui, perché qui Niccolò passa alla
regia. Avevamo avuto grande fiducia in lui, e ci ha lasciati tutti
ammirati perché con la sua regia ha compiuto miracoli. Le sue
immagini sono al servizio delle emozioni, e questo ci ha sorpreso
oltre le nostre aspettative. Mi fa piacere pensare che tra noi, con
Francesca, ci sia un percorso. Lui non si accontenta mai e si mette
in discussione.”
Niccolò Ammaniti,
regista, sceneggiatore e autore del romanzo originale: “Io ho
passato anni a pensare a questa storia, ero molto concentrato su di
lei in quanto protagonista, sulla sua storia in questo nuovo mondo.
Ero affascinato da questa ragazzina che diventa mamma senza
esserlo, come superava i limiti che questa strana condizione in cui
viveva le presentava. Più passava il tempo e più vedevo che la
storia cresceva e così parlando con il mio editore ho pensato di
espandere la storia del romanzo, aggiungendo storie e personaggi,
espandendo anche quelli già esistenti. Poi però parlando con Mario
Gianani, che aveva già acquisiti i diritti del libro, abbiamo
deciso di espandere il romanzo in una serie corale. E nel momento
in cui bisognava scegliere il regista, ho chiesto di dirigerlo
perché volevo vedere se le mie storie potevano incarnarsi nei
bambini. Quindi ringrazio tutti, Sky e Wildeside, per avermi dato
questa possibilità e sono felice di aver lavorato con così tanti
bambini, è stata una emozione fortissima. Io non ho figli e mi sono
ritrovato con una famiglia enorme.”
Francesca Manieri,
sceneggiatrice: “Non so come si fa a spezzare gli algoritmi
nella scrittura, ma so come abbiamo fatto noi in questo caso.
Conosco la gioia di lavorare con Niccolò, è la seconda volta, dopo
Il Miracolo. Niccolò è la persona con il tasso di idee più alto del
mondo, e a partire da questa sua caratteristica abbiamo sviluppato
tutto. Noi siamo molto simili caratterialmente, ma diversi per la
nostra visione del mondo, lui è tutto sommato un biologo
tendenzialmente ateo che nasconde la sua spiritualità, io sono
molto religiosa. Ma entrambi siamo molto ironici rispetto
all’esistenza, e quindi questo ci consente di avere la
consapevolezza che quando hai un rapporto patetico con i personaggi
e una visione che punta agli assoluti, poi avere la forza di
Niccolò in scrittura, ti consente di spaccare il meccanismo che
prevede antagonisti e colpi di scena, ed entrare in contatto con
temi molto alti. La serie parla della reciproca interazione tra
bene e male, l’ironia e la compassione guidano la scrittura, non il
colpo di scena, poi i penso che Niccolò abbia fatto un lavoro
incredibile. È un’opera titanica, ma lui gestiva tutto bene e la
cosa bellissima è che guardando la serie non si percepisce la
fatica della macchina, e questo è possibile solo con una visione
che guida la storia.”
L’esordiente Giulia
Dragotto:“Anna mi ha lasciato tante cose belle, sono
totalmente diversa da lei. La stimo però. Mi ha lasciato tante cose
che sicuramente non avrei mai provato senza mettermi nei suoi
panni. Lei è completamente pazza e sicuramente coraggiosa. Non
saprei proprio come avrei reagito se fossi stata nella sua
posizione.”
La trama di Anna
Quattro anni dopo La
Rossa, un virus che ha sterminato tutti gli adulti, il mondo è
abitato solo da branchi di bambini selvaggi. In Sicilia Anna vive
con il fratellino Astor al Podere del Gelso. Un giorno esce per
cercare da mangiare e quando torna Astor non c’è più. Per
ritrovarlo inizia un viaggio avventuroso tra i resti del mondo. Si
scontrerà con i Blu, una comunità comandata da Angelica, la perfida
regina che tiene con sé La Picciridduna, un adulto sopravvissuto,
che pare abbia il potere di salvarti da La Rossa. Anna
riuscirà a fuggire dalla villa di Angelica e a intraprendere un
viaggio nella natura selvaggia verso il continente con il
fratellino, nella speranza di trovare una cura per sé e per
l’umanità.
Chris Terrio, lo
sceneggiatore di entrambe le versioni di Justice
League, ha parlato con
Vanity Fair della strategia di costruzione dell’universo
cinematografico DC, rivelando che in realtà, almeno all’inizio, non
c’era una vera e propria strategia.
Terrio ha svelato che, ancora prima
della lavorazione della versione theatrical di Justice
League, nessuno aveva mai realmente pensato a come
costruire l’universo, cosa che ha portato ad una vera e propria
disconnessione tra i film in solitaria del DCEU e il grande
crossover che Justice
League ha rappresentato (nel bene e nel male).
Terrio ha rivelato che non era
nemmeno al corrente di ciò che sarebbe accaduto nei film solisti,
cosa ha generato una vera e propria confusione su come si sarebbero
comportati gli eroi durante il grande team-up: “La
sceneggiatura di Wonder Woman non era nemmeno finita quando ho
scritto Justice League. Quindi non avevo basi per
scrivere di Wonder Woman a parte Batman v Superman. Themyscira non esisteva
nemmeno. Non mi è mai stato mostrato nulla sulla carta in merito.
Non sapevo se le persone potessero parlare sott’acqua. Era una cosa
che dovevo chiedere, perché non sapevo se potevo inserire scene
subacquee con Aquaman e Atlantide. Era come partire da zero, perché
ancora non c’erano stati i film in solitaria.”
Poi ha aggiunto: “Quindi,
Justice League doveva stabilire tre dei personaggi principali;
doveva creare una lunga mitologia di gioco per l’Universo DC.
Doveva resuscitare Superman perché era morto alla fine dell’ultimo
film. Non so come si sarebbe potuto fare tutto questo in meno di
due ore. Forse la versione del 2017 ha dimostrato che, in realtà,
non si poteva.”
Zack
Snyder’s Justice Leagueè uscito in streaming il
18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky
e TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore
circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.
Nel flashback su Bucky Barnes
all’inizio dell’episodio 4 di The Falcon and the Winter Soldier sono stati
rivisitati diversi momenti chiave non solo della storia dell’ex
Soldato d’Inverno ma anche del MCU in generale. Scopriamo nel
dettaglio quali sono:
Il Soldato d’Inverno attacca Nick Fury
L’inquadratura ravvicinata
di Bucky con la maschera e gli occhialini da Soldato d’Inverno è
presa dalla sua primissima apparizione in
Captain America: The Winter Soldier. Dopo che Nick Fury
riesce a sfuggire agli agenti dell’HYDRA, il Soldato d’Inverno
entra in azione e usa un esplosivo per far capovolgere il veicolo
di Fury. Si avvicina alla macchina senza alcuna fretta e quando la
raggiunge scopre che il direttore dello SHIELD ha ritagliato un
tunnel attraverso il fondo dell’auto e nella strada stessa.
Questo rapido flashback mostra il
momento in cui il Soldato d’Inverno scruta il relitto dell’auto
soltanto per scoprire che Fury, in realtà, è sparito, il che
sarebbe stato un momento particolarmente doloroso per Bucky, poiché
il fallimento non era tollerato dai suoi gestori dell’HYDRA. Alla
fine ha raggiunto Nick Fury poche ore dopo e ha completato la sua
missione in qualità di assassino, o almeno così pensava.
D’altronde, Nick Fury non è un uomo facile da uccidere…
Il Soldato d’Inverno contro Captain America
Dopo che Capitan America
scoprì che l’HYDRA era ancora in circolazione e si era infiltrata
nello SHIELD sin dall’inizio, Alexander Pierce ordinò al Soldato
d’Inverno di uccidere il suo vecchio amico, Steve Rogers.
Inizialmente, Bucky indossa la sua maschera completa e gli occhiali
protettivi durante il combattimento, ma alla fine è costretto a
togliersi gli occhiali dopo che Vedova Nera gli ha sparato e ha
danneggiato una delle lenti.
Quando il Soldato d’Inverno e
Captain America combattono, il Siero del super-soldato ha
trasformato entrambi i loro corpi, quindi significa che stanno
giocando alla pari. Nel bel mezzo dello scontro, Capitan America
strappa la maschera del Soldato d’Inverno ed è scioccato nel vedere
il volto del suo vecchio amico.
I ricordi del Soldato d’Inverno vengono cancellati
In un altro frame ripreso
da
Captain America: The Winter Soldier, Bucky viene
sottoposto al brutale processo di cancellazione dei suoi ricordi da
parte dell’HYDRA. La scena si svolge dopo che la maschera gli è
stata tolta e Steve ha riconosciuto il suo vecchio amico,
chiamandolo per nome.
L’incontro innesca i ricordi pre-Winter Soldier di
Bucky, che diventa non solo disobbediente ma anche instabile dopo
essere tornato all’HYDRA, attaccando un tecnico e sviluppando
un’ossessione vero “l’uomo sul ponte”, arrivando ad ignorare gli
ordini di Alexander Pierce. Quest’ultimo ordina ai tecnici
dell’HYDRA di “ripulirlo e cominciare da capo”. Bucky viene così
sottoposto ad un agonizzante elettroshock.
Il Soldato d’Inverno attacca lo SHIELD
Dopo il brutale ripristino da parte dell’HYDRA, il Soldato
d’Inverno viene inviato per impedire a Capitan America di
interrompere Project Insight. Questo programma di sorveglianza
ordinato dallo SHIELD era un piano segreto che aveva l’obiettivo di
uccidere 20 milioni di persone in tutto il mondo, ossia tutti
coloro che l’HYDRA considerava agenti del caos.
Inizialmente il piano prevede che gli agenti SHIELD fedeli a
Nick Fury forniscano supporto aereo a Captain America, ma quei
piani vengono interrotti dall’arrivo del Soldato d’Inverno, che
distrugge i loro aerei e uccide le forze dello SHIELD. Nonostante
la sua mente fosse stata cancellata, Bucky era ancora instabile e
stava vivendo alcuni dubbi in questa battaglia finale, quindi non
sorprende che questo sia stato per lui come un momento di dolore
psicologico e di lotta interna.
Il Soldato d’Inverno affronta
Capitan America sull’Elivelivolo
Dopo aver affrontato lo
SHIELD, il Soldato d’Inverno ha una resa dei conti finale con
Captain America a bordo di uno degli eliveivoli. Steve all’inizio
cerca di ricordare a Bucky che una volta si conoscevano e lo
implora di non indurlo al combattimento, ma il Soldato d’Inverno lo
ignora. Questo è l’ultimo momento nella vita di Bucky in cui era
ancora totalmente fedele all’HYDRA.
Verso la fine del combattimento
Bucky spara a Steve allo stomaco, ferendolo gravemente. La loro
lotta termina solo quando Captain America ferma con successo
Project Insight facendo esplodere gli eliveivoli l’uno contro
l’altro, con il Soldato d’Inverno rimane intrappolato sotto una
trave di metallo.
Bucky ricorda Steve Rogers
Una volta che le vite di 20
milioni di persone non sono più in gioco, Steve non è più disposto
a combattere contro il suo ex migliore amico. Dopo aver liberato
Bucky dalla trave metallica che lo intrappolava, Steve lascia
cadere il suo scudo dall’eliveivolo e si rifiuta di reagire, mentre
il Soldato d’Inverno lo picchia selvaggiamente nel tentativo di
portare a termine la sua missione.
Improvvisamente, Steve pronuncia la
celebre frase: “Sarò con te fino alla fine”. Questo era
ciò che Bucky disse a Steve prima che diventasse Captain America,
poco prima che lo stesso Bucky venisse schierato nella Seconda
Guerra Mondiale. Quelle parole così familiari liberano Bucky dal
lavaggio del cervello del Soldato d’Inverno, riportando alla
memoria i ricordi di chi era davvero. Alla fine salva Steve
dall’annegamento, prima di fuggire via e nascondersi.
Il Soldato d’Inverno viene impiegato nel
1991
Captain
America: Civil War si apre con un evento fondamentale
nella timeline del MCU, anche se il suo significato
non viene rivelato fino alla fine del film. Nel 1991, il Soldato
d’Inverno è stato scongelato e una combinazione di terapia
elettroconvulsivante, unita alle sue parole chiave, vengono
utilizzate per prepararlo ad una missione.
Intrappolato nella macchina ECT
dell’HYDRA, Bucky inizialmente urla di dolore ma diventa
progressivamente più calmo a mano a mano che le parole vengono
lette. Una volta completata la sequenza, risponde: “Pronto a
obbedire”. Questo processo è accaduto molte volte durante il
periodo di Bucky come Soldato d’Inverno, ma c’è una ragione per cui
Zemo è interessato solo alla “relazione di missione, 16 dicembre
1991”.
Zemo riporta indietro il Soldato d’Inverno
Dopo aver usato una
maschera in lattice stile Mission: Impossible al fine di
incolpare Bucky per il bombardamento delle Nazioni Unite e la morte
del re T’Chaka, Zemo si atteggia a psichiatra per avere il permesso
di visitare il prigioniero Bucky Barnes. Usando il libro recuperato
dall’HYDRA, riattiva il Soldato d’Inverno e lo fa uscire dal suo
contenimento.
L’evento spinge ancora di più ad una
divisione tra le due fazioni dei Vendicatori, per non parlare del
fatto che Bucky viene sottoposto di nuovo al trauma proprio mentre
stava iniziando a guarire e a costruire una nuova vita per se
stesso.
Il Soldato d’Inverno uccide i genitori di Tony Stark
Poi c’è l’evento che ha
cambiato tutto: l’assassinio di Howard e Maria Stark da parte del
Soldato d’Inverno. Il vero obiettivo dell’HYDRA era una nuova
versione del Siero del supersoldato che Howard stava sviluppando,
che veniva trasportato tramite una valigetta nel bagagliaio della
sua auto. Il Siero del super-soldato alla fine si è rivelato
inutile per l’HYDRA quando i cinque Winter Soldiers aggiuntivi che
aveva creato erano troppo instabili per essere utilizzati sul
campo, e che invece sono finiti congelati nella struttura in
Siberia.
Alla fine, però, la missione si è
rivelata una vittoria per l’HYDRA, dal momento che l’omicidio degli
Stark alla fine portò il vecchio nemico dell’HYDRA, Captain
America, a rinunciare al suo scudo e diventare un ricercato proprio
nel paese che aveva promesso di servire.
Bucky combatte contro Iron Man
Il flashback finale
(cronologicamente parlando) che Bucky sperimenta è il suo
combattimento contro Iron Man presso la struttura dell’HYDRA in
Siberia; nello specifico, ricorda un momento in cui tenta di
strappare la parte anteriore del casco di Tony. Al di là del
tumulto emotivo di questa lotta, il colpo è significativo perché si
verifica un secondo prima che Iron Man si liberi facendo saltare il
braccio di metallo di Bucky, mettendolo sì fuori combattimento, ma
anche liberandolo dal suo ultimo legame fisico con l’HYDRA.
Nel primo episodio di
The Falcon and the Winter Soldier viene rivelato che Bucky
ha un taccuino con un elenco di nomi di persone verso cui deve fare
ammenda. Ma con Tony Stark morto dopo gli eventi di Avengers:
Endgame, Bucky potrebbe non essere mai in grado di
riscattarsi per quello che ha fatto agli Stark.
A partire dal 22 aprile, il
film sarà disponibile per l’acquisto digitale su Apple Tv
app, Amazon Prime Video, Youtube, Google Play,
TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film
& TV.
Tra i contenuti
extra (disponibili nelle edizioni Blu-Ray e 4K) spicca
“Road to Justice League”, lo speciale di
25 minuti con intervista a Zack Snyder, in cui i fan potranno
scoprire i momenti fondamentali di questi 10 anni di collaborazione
tra Snyder e DC, da L’Uomo d’Acciaio (2013), passando per Batman v Superman: Dawn of Justice (2016), fino alla
Zack Snyder’s Justice League (2021).
Zack Snyder’s Justice League, il film
In
Zack Snyder’s Justice League, determinato ad
assicurarsi che il sacrificio finale di Superman (Henry Cavill) non
sia stato vano, Bruce Wayne (Ben Affleck) unisce le forze con Diana
Prince (Gal Gadot) con lo scopo di reclutare una squadra di
metaumani, al fine di proteggere il mondo da una minaccia imminente
di proporzioni catastrofiche. Il compito si rivela più difficile di
quanto Bruce immaginasse, poiché ogni componente deve affrontare i
demoni del proprio passato, per trascendere da ciò che li ha
bloccati, permettendo loro di unirsi e formare finalmente una lega
di eroi senza precedenti. Finalmente insieme, Batman (Affleck),
Wonder Woman (Gadot), Aquaman (Jason Momoa), Cyborg (Ray Fisher) e Flash
(Ezra Miller) potrebbero essere in ritardo per salvare il pianeta
da Steppenwolf, DeSaad e Darkseid e dalle loro terribili
intenzioni.
Zack Snyder’s Justice League è interpretato
da Ben
Affleck, Henry
Cavill, Gal
Gadot, Amber
Heard, Amy
Adams, Jason
Momoa, Ezra
Miller, Jared
Leto,Willem Dafoe, Jesse Eisenberg,
Jeremy Irons, Diane Lane, Connie Nielsen, J.K. Simmons. La
sceneggiatura è di Chris Terrio, da una storia di Chris Terrio,
Zack Snyder e Will Beall, basata sui personaggi della DC, Superman
creati da Jerry Siegel e Joe Shuster. I produttori del film sono
Charles Roven, Deborah Snyder, mentre i produttori esecutivi sono
Christopher Nolan, Emma Thomas, Wesley Coller, Jim Rowe, Curtis
Kanemoto, Chris Terrio e Ben Affleck.
Josh Grode, CEO di
Legendary Pictures, ha affermato che lo studio ha già una serie di
idee per nuovi film ambientati nel MonsterVerse,
l’universo cinematografico che mira a riunire sul grande schermo
iconici mostri come Godzilla, King Kong e Mothra.
L’universo condiviso è stato
inaugurato nel 2014 con Godzilla
di Gareth Edwards, il primo film ad avere di nuovo
come protagonista l’iconico re dei mostri dalla controversa
pellicola del 1998 diretta da Roland Emmerich. Godzilla è stato
seguito da ben tre film:
Kong: Skull Island,
Godzilla II: King of the Monsters e l’attesissimo
Godzilla
vs. Kong (che in Italia arriverà il prossimo 6 maggio
in esclusiva digitale).
Prima dell’uscita di Godzilla vs.
Kong, in realtà, il futuro del
MonsterVerse era abbastanza incerto, dal momento
che
Godzilla II: King of the Monsters aveva ricevuto
un’accoglienza mista da parte del pubblico e della critica e non
aveva performato al botteghino secondo le aspettative. Godzilla
vs. Kong, invece, si è rivelato un grande
successo, ottenendo maggiori elogi da parte della critica rispetto
ai film precedenti e diventato il più alto incasso al box office
nazionale durante il primo weekend di apertura dall’inizio della
pandemia di Covid-19. z
Ora, Grode a confermato a
Deadline che Legendary sta già esplorando nuove idee per nuovi
film ambientati nel MonsterVerse. Grode ha parlato
del sorprendente successo al botteghino del film di Adam
Wingard e ha rassicurato i fan che si saranno sicuramente
nuovi film ambientati nell’universo condiviso, affermando:
“Abbiamo una serie di idee per nuovi altri film”.
Tutto quello che sappiamo su
Godzilla vs. Kong
Due leggende si scontrano
in Godzilla
vs. Kong: questi mitici avversari si affronteranno
infatti in una spettacolare battaglia senza precedenti, con il
destino del mondo in bilico. Kong e i suoi protettori
intraprenderanno un viaggio pericoloso per trovare la sua vera
casa, e con loro c’è Jia, una giovane ragazza orfana con la quale
ha stretto un legame forte ed unico. Ma si troveranno
inaspettatamente sul cammino di un Godzilla infuriato, che sta
seminando distruzione in tutto il mondo. L’epico scontro tra i due
titani, istigato da forze invisibili, è solo l’inizio del mistero
che giace nel profondo della Terra.
Il film è interpretato
da Alexander
Skarsgård (“Big Little Lies”, “La
tamburina”), Millie
Bobby Brown (“Stranger
Things”), Rebecca
Hall (“Christine”, “La genesi di Wonder Woman”), Brian Tyree Henry (“Joker”,
“Spider-Man: Un nuovo universo”), Shun Oguri (“Weathering with You
– La ragazza del tempo”), Eiza González (“Fast & Furious: Hobbs
& Shaw”), Julian Dennison (“Deadpool 2”), con Kyle Chandler
(“Godzilla II: King of the Monsters”) e Demián Bichir (“The Nun: La
vocazione del male”, “The Hateful Eight”).
Arriverà sugli schermi a Dicembre,
per Natale, THE CHRISTMAS SHOW, una
commedia scritta e diretta da Alberto Ferrari
(Un figlio di nome Erasmus, La terza Stella) e
prodotta da Pier Paolo Piastra con Viva Productions (tra gli altri,
Bene ma non benissimo, Un nemico che ti vuole
bene) e la collaborazione di Monica Pedrazzini. Ad animare
questa divertente storia natalizia, in bilico tra il reality e la
magia del quotidiano, un cast del calibro di Raoul
Bova, Serena
Autieri, Ornella Muti,Tullio Solenghi, Francesco
Pannofino. Insieme a loro i giovani e
talentuosi Alice Andrea Ferrari e Giulio Nunziante Cesaro.
I montatori della
Snyder Cut di Justice
League hanno rivelato che il taglio di Zack Snyder stava per includere, in maniera
del tutto accidentale, una battuta proveniente dalla versione
theatrical del film, quella assemblata da Joss Whedon.
Ospite del podcast The Rough Cut,
David Brenner, Dody Dorn e Carlos Castillón hanno rivelato che
l’ormai famigerata battuta “Hai un buon profumo” scritta
da Whedon e presente nella scena in cui Clark e Lois ritornano alla
fattoria, stava per essere inclusa anche nella Snyder
Cut. Accidentalmente, uno dei mixer aveva incluso
la battuta mentre lavorava al taglio di Snyder.
Per fortuna, la produttrice
Deborah Snyder si è accorta in tempo dell’errore,
durante una delle proiezioni di prova finali, esclamando: “Lois
non dovrebbe dire una cosa del genere!”, hanno spiegato i
montatori riportando le parole di Snyder. “Non le interessa
quale profumo abbia Clark.”
Nella
Snyder Cut è stato ripristinato il dialogo originale.
Invece di dire “Hai un buon profumo”, Lois dice: “Hai
parlato”. La risposta di Clark, in entrambe le versioni del
film, è identica. La reunion tra Clark, Lois e Martha alla fattora
Kent nel taglio di Snyder acquisisce così un significato
completamente diverso. Una battuta come “Hai un buon
profumo”, inserita in quel contesto, aveva fatto deragliare il
tono dell’intera sequenza e compromesso inevitabilmente qualsiasi
emozione dello spettatore.
Zack
Snyder’s Justice Leagueè uscito in streaming il
18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky
e TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore
circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.
Ci sono attori come le gemelle
Olsen o Lindsey Lohan che cominciano la propria carriera molto
giovani. Ne sa qualcosa il giovane Cole Sprouse,
uno degli attori più amati e discussi degli ultimi anni.
Scopriamo quindi insieme tutto quello che c’è da sapere
sul Cole Sprouse.
Cole Sprouse: le serie tv
10. Nato ad
Arezzo, in Italia, il 4 agosto 1992, da genitori americani, Cole
Mitchel Sprouse è stato cresciuto a Long Beach in California. La
sua carriera nel mondo dello spettacolo comincia molto presto. Gli
appassionati di tv americana ricorderanno sicuramente Cole Sprouse
da piccolo con suo fratello gemello Dylan, nella
serie Grace Under Fire, andata in onda dal 1993 al
1998. Nella serie Cole e Dylan Sprouse, gemelli
omozigoti, condividevano lo stesso personaggio, interpretando
Patrick Kelly, uno dei figli della protagonista.
9. In realtà pochi
sanno che la carriera dei gemellini è cominciata molto prima del
1993 quando Cole e Dylan avevano solo sei
mesi.
8. Dopo Grace
Under Fire, Cole continua la sua carriera, spesso accompagnato dal
fratello Dylan, e ottiene piccoli ingaggi in serie tv di successo
Friends (2000-2002), That ’70s
Show (2001) e The Nightmare Room
(2001).
Cole Sprouse e Dylan Sprouse in Zack e Cody sul ponte di comando –
Fonte: IMDB
7. Ma il vero
successo televisivo per Cole Sprouse e suo fratello Dylan arriva
solo nel 2005, quando i due gemellini vengono scelti per la
fortunata serie targata Disney Channel dal
titolo Zack e Cody al Grand Hotel.
Andata in onda per 3 stagioni e 87
episodi, dal 2005 al 2008, la serie ha come protagonisti due
gemelli Zack (Dylan
Sprouse) e Cody (Cole Sprouse) che
abitano con la loro madre single, Carey (Kim
Rhodes), al ventitreesimo piano di un lussuoso albergo
cinque stelle di Boston. Carey è infatti una cantante fissa e
stipendiata dell’hotel Tipton di Boston ed è previsto dal suo
contratto che possa alloggiare in albergo. La serie segue le
divertenti avventure di Zack e Cody e i loro amici London (Brenda
Song), figlia del proprietario dell’hotel, Moseby
(Phill Lewis), manager del Tiptop, e Maddie
(Ashley
Tisdale), cassiera del negozio di dolciumi
dell’albergo.
Cole e Dylan Sprouse a Disney
Channel
7. Grazie al
successo ottenuto con Zack e Cody al Grand Hotel,
Cole, insieme anche al fratello Dylan, diventa degli ‘ospiti’ fissi
di Disney Channel. Negli anni successivi lo vediamo in A
scuola con l’imperatore (2006), Raven
(2006), Zack e Cody sul ponte di comando
(2008-2011), Hannah Montana (2009), I
maghi di Waverly (2009), I’m in the Band
(2010), Zack & Cody – Il film (2011) e
So Random! (2012).
Tra tutti questi progetti targati
Disney Channel, i più importanti per Cole e Dylan Sprouse sono
sicuramente quelli legati alla sit-com Zack e Cody. Alla fine delle
tre stagioni di Zack e Cody al Gran Hotel, i gemelli Sprouse
vengono subito arruolati per una nuova avventura come Zack
e Cody sul ponte di comando. Il concept della sit-com è
quasi lo stesso ma stavolta ci troviamo in un’ambientazione
diversa. Zack e Cody non sono più al Tiptop hotel ma sono su di una
nave da crociera per frequentare un liceo di oceanografia, insieme
a London Tipton e al manager Moseby.
5. Dopo
aver partecipato a serie come Raven,Hannah Montana e I Maghi di
Weaverly, che hanno reso famose star come Raven
Simone, Demi
Lovato e Selena
Gomez, Cole Sprouse nel 2011 torna a interpretare
Cody, insieme al fratello Dylan, nel film per ragazzi Zack
e Cody – Il Film.
In questo film Zack e Cody sono
alle prese con l’organizzazione delle loro ultime vacanze di
primavera prima del diploma. Nel frattempo i ragazzi stanno facendo
piano per il futuro, sperando di ottenere delle borse di studio per
il college. Ma qualcosa (o qualcuno) metterà ai ragazzi i bastoni
tra le ruote.
Cole Sprouse in Riverdale
4. La carriera di
Cole Sprouse, tuttavia, prende il volo solo nel
2017 quando viene scelto per entrare a far parte della nuova serie
tv della CW, dal titolo Riverdale.
La serie è tratta dai famosi
fumetti della Archie Comics, casa editrice
statunitense responsabile anche della pubblicazione delle storie di
Sabrina Vita da Strega, che hanno a loro volta ispirato la serie
Netflix,Le terrificanti
avventure di Sabrina. Riverdale – che inizialmente doveva essere
realizzata come film – è stata adattata alla tv da Roberto
Aguirre-Sacasa, a capo dell’ufficio creativo della Archie
Comics, e prodotta da Greg Berlanti, produttore di
serie tv di successo come Dawson’s Creek,
Everwood, Arrow, Supergirl, Flash e
Legends of
Tomorrow.
Cole Sprouse e Lili Reinhart
Cole Sprouse e Lili Reinhart in Riverdale – Fonte:
IMDB
La serie racconta della vita della
piccola cittadina di Riverdale, sconvolta dalla tragica morte dello
studente Jason Blossom. Tutti in città cercano di dimenticare quel
drammatico evento e di andare avanti, compreso Archie Andrews
(KJ
Apa), deciso a intraprendere una carriera in campo
musical e di non seguire le orme del padre.
A causa però della fine della sua
relazione clandestina con l’insegnante di musica, Archie si trova
senza mentore e senza il sostegno del suo migliore amico Jughead
Jones (Cole Sprouse), con cui ha
litigato durante l’estate. Ma c’è ancora qualcuno che potrebbe
aiutare Archie, la sua vicina di casa Betty Cooper (Lili
Reinhart), segretamente innamorata di Archie, vittima
della sua prepotente madre Alice (Mädchen
Amick ).
Cole Sprouse e JK Apa in Riverdale – Fonte: IMDB
Tutto sembra tornare pian piano
alla normalità, fino all’arrivo in città di Veronica Lodge
(Camila
Mendes) e di sua madre Hermione (Marisol
Nichols). La ragazza sembra subito sentire un’attrazione
verso Archie, attrazione ricambiata, e che manderà la povera Betty
su tutte le furie. Ma a Riverdale ben presto i ragazzi si
accorgeranno che ci sono cose più pericolose di un cuore
spezzato…
Le sue serie tv recenti
Nel 2020 l’attore ha interpretato
Sam Walker nella serie Borrasca, è un
podcast scritto e creato da Rebecca Klingel e prodotto da Cole
Sprouse e interpretato da lui. Mentre nel 2020 e nel 2021 riprende
il ruolo di jughead Jones / Teen FP Jones in Riverdale.
Cole Sprouse film
3. Grazie al suo
grande successo televisivo, Cole Sprouse inizia da subito a muovere
i passi anche verso il grande schermo. Dopo il primo importante
ingaggio nella serie Grace Under Fire, Cole e Dylan Sprouse vengono
arruolati dal regista Dennis Dugan, nel 1999, per partecipare al
film Big Daddy – Un Papà Speciale, al fianco di
Adam Sandler.
A quella prima esperienza
cinematografica ne sono seguite molte altre come The
Astronaut’s Wife – La moglie dell’astronauta (1999),
Diario di un’ossessione intima (2001), I
Saw Mommy Kissing Santa Claus (2001), Il maestro
cambiafaccia (2002), I gemelli del goal
(2003) Ingannevole è il cuore più di ogni cosa
(2004), Il principe e il povero (2007),
Adventures in Appletown (2009) e Will nel film
A un metro da
te (2019). Nel 2021 è attualmente in pre.produzione il
film annunciato Undercover che lo vedrà interpretare Ben.
Cole Sprouse in A Un Metro da Te – Fonte: IMDB
Quest’ultimo film, A Un metro da te,
diretto da Justin Baldoni, racconta la storia di Stella Grant
(Haley Lu Richardson), una ragazza affetta di
fibrosi cistica che utilizza i social per raccontare la sua storia
e far conoscere la sua malattia al mondo. Costretta a sottoporsi a
numerose terapie, un giorno in ospedale la ragazza incontra Will
Newman (Cole Sprouse), affetto dalla sua stessa
malattia. Decisa ad aiutarlo, Stella comincia a passare tutto il
suo tempo con Will senza purtroppo potersi mai avvicinare a lui. Le
persone affette da fibrosi cistica non possono interagire tra loro
per via delle cosiddette infezioni crociate, ovvero infezioni
batteriche che riescono a trasmettersi da pazienti affetti dalla
stessa malattia.
I ragazzi, vicini ma lontani,
passano sempre più tempo insieme fino a quando non s’innamorano
l’uno dell’altra. Ma quando le condizioni di Will peggiorano, il
ragazzo fa di tutto per allontanarsi da Stella ed evitarle così di
soffrire per la sua morte.
Cole Sprouse, le altre curiosità
curiosità
2. A volte gli
attori, complici anche le ore passate ogni giorno sul set, si
innamorano dei propri colleghi. Questo è successo anche a
Cole Sprouse e Lili Reinhart durante le riprese di
Riverdale.
Dopo mesi di frequentazione, i due
anno annunciato la loro relazione nel maggio del 2017 quando si
sono presentati insieme sul red carpet del Met
Gala. Da quel momento i due attori hanno tentato di
tenere il loro rapporto quanto più privato possibile, nonostante le
continue intromissioni dei media. Dopo una lunga serie di tira e
molla, la coppia è scoppiata proprio prima della quarantena forzata
a causa della pandemia di Corona Virus.
1. Nonostante la
rottura con Lili
Reinhart sia ancora fresca, secondo alcuni giornali
scandalistici pare che Cole Sprouse abbia già una
nuova fidanzata. Sembra che l’attore stia frequentando già da tempo
la modella e attrice Kaia Gerber, figlia della
celebre top model Cindy Crawford.
Questa notizia, mesi fa, tuttavia è
stata smentita dallo stesso Cole che ha negato di aver mai tradito
Lili con Kaia.
Cole Sprouse età e altezza e
fisico
Cole Sprouse è nato ad
Arezzo, in Italia, il 4 agosto 1992. L’attore è alto
rispettivamente 183 centimetri e presenta un fisico piuttosto
robusto e asciutto.
Nel corso delle ultime settimane,
diversi membri del cast e della troupe di The Falcon and the Winter Soldier hanno
ripetutamente stuzzicato i fan in merito ad un misteriosissimo
cameo nell’episodio 5.
Considerando quanto accaduto con
WandaVision (Paul
Bettany aveva anticipato la presenza di un grande attore
nell’episodio finale, che alla fine si è rivelato essere soltanto
lui stesso nei panni di Visione Bianco), i fan sono ora decisamente
più cauti quando si parla di possibili apparizioni all’interno
della serie collegate al MCU. Parallelamente, sulla scia
dell’irrefrenabile curiosità, è inevitabile che continuino a
nascere teoria su chi potrebbero essere i personaggi coinvolti.
Sappiamo benissimo che i Marvel Studios non riveleranno mai l’identità
del misterioso cameo che ci attende nel nuovo episodio di
The Falcon and the Winter Soldier, ma ora sappiamo con
certezza che non si tratterà di Black Panther.
Parlando della serie con
Vanity Fair, il produttore Nate Moore ha
confermato che la guest star del penultimo episodio dello show non
sarà il re di Wakanda interpretato dal compianto Chadwick Boseman.
Il dirigente dei Marvel Studios ha spiegato che
bisogna essere particolarmente cauti nella maniera in cui si
affronterà la storia di T’Challa nel più ampio MCU alla luce della prematura
scomparsa del prolifico attore nel 2002 dopo una silenziosa
battaglia contro il cancro durata quattro anni.
“No. Lo posso dire. Non
succederà”, ha spiegato Moore. “Se fosse il contrario,
sarei onesto. La morte di Chad è una cosa che ci porteremo con noi
per sempre. Ho amato tanto l’attore quanto il personaggio. Penso
che dobbiamo essere molto cauti e premurosi su quando eventualmente
riapparirà, perché significa tanto per moltissime persone, ma anche
per noi. Di certo non lo useremo in questo modo. Quindi no, posso
confermare che quel misterioso cameo non sarà Black
Panther.”
Il legame tra Black Panther e la
serie The Falcon and the Winter Soldier
Black Panther e Wakanda sono
indirettamente legati The Falcon and the Winter Soldier, poiché sono
entrambi fondamentali nel processo di guarigione di Bucky. Dopo gli
eventi di Captain
America: Civil War, Steve Rogers ha lasciato il suo
migliore amico nella nazione avanzata al fine di trovare un
rifugio. Come rivelato nella scena post-credit di Black Panther e successivamente nella serie Disney+, i wakandiani sono stati in
grado di riabilitarlo in maniera adeguata. Tuttavia, non era chiaro
se questo aspetto fosse stato preso in considerazione dallo show
fino a quando
Ayo non ha fatto ritorno dopo che Zemo è fuggito di prigione.
Ora, i wakandiani sono coinvolti in
The Falcon and the Winter Soldier, ma il loro re non farà
la sua comparsa.
Sappiamo T’Challa non sarà
interpretato da un altro attore in Black Panther
2, in cui vedremo comunque il ritorno del cast del
film originale e del regista Ryan Coogler. Sappiamo che il sequel si
concentrerà sui luoghi inesplorati di Wakanda e sui personaggi
apparsi nel primo film oltre T’Challa, ma al momento non è noto
come i Marvel Studios spiegheranno
l’assenza del re di Wakanda nel sequel.
La scorsa settimana, era stato
Sylvester Stallone in persona
a confermare la sua assenza in Creed 3,
il terzo capitolo della saga spin-off
di Rocky che sarà diretto da Michael
B. Jordan, interprete di Adonis “Donnie” Johnson che
firmerà così il suo debutto dietro la macchina da presa.
Ora, in occasione della promozione
del film
Senza rimorso, è stato proprio Jordan a spiegare perché
l’icona di Hollywood non farà ritorno nei panni del leggendario
Rocky Balboa. Intervistato da
IGN, la star di Black
Panther ha spiegato che l’assenza del personaggio di Rocky
nasce all’esigenza di concentrarsi esclusivamente sulla storia di
Adonis, nonostante il suo mentore avrà sempre un posto speciale nel
suo cuore.
“Ci sarà sempre un po’ di Rocky
all’interno di Adonis”, ha detto Michael B. Jordan. “La sua essenza, il suo
spirito, saranno sempre con lui. Tuttavia, questo è il franchise di
Creed e andando avanti vogliamo costruire questa storia e questo
mondo esclusivamente attorno al personaggio di Adonis. Avremo
sempre rispetto e nutriremo sempre un profondo amore per ciò che
Sly ha costruito, ma vogliamo spingere Adonis in avanti e
concentrarsi sulla famiglia che lui ha creato. Spero che i fan
saranno d’accordo con questa visione e con ciò che abbiamo in mente
di raccontare. Credo che sarà qualcosa di molto speciale.”
Creed 3,
il terzo episodio di Creed è
stato ufficializzato a febbraio del 2020. All’epoca venne soltanto
confermato che ad occuparsi della sceneggiatura sarebbe
stato Zach Baylin, noto per aver curato lo
script di King Richard, un biopic
incentrato sulla vita del padre delle campionesse di tennis Serena
e Venus Williams, che avrà come protagonista Will
Smith e che debutterà nelle sale e su HBO Max il prossimo
19 novembre. Alla sceneggiatura collaborerà
anche Keenan Coogler.
Il primo Creed, uscito
nel 2015 (e noto in Italia col titolo Creed
– Nato per combattere), è stato diretto
da Ryan
Coogler, regista diBlack
Panther, ed è stato un enorme successo sia di critica
che di pubblico. Il sequel, Creed
II, è uscito nelle sale nel 2018 ed è incassato 215
milioni di dollari a fronte di un budget di soli 50 milioni. Il
sequel è stato diretto da Steven Caple Jr.,
mentre Coogler è tornato in qualità di produttore esecutivo.
Titanic – Nascita di una
leggenda è la miniserie tv prodotta in occasione del 100º
anniversario del naufragio in coproduzione con Rai, CBC, 2 Arts
Entertainment e Antenna 3. La serie tv è creata e scritt ada
Matthew Faulk, Mark Skeet, Stefano Voltaggio, Alan Whiting, Cirian
donnely e Francesca Brill. Alla regia Ciaran Donnelly.
Titanic – Nascita di una leggenda,
uscita e streaming
Titanic – Nascita di una leggenda è
uscita in sei prime serate, dal 22 aprile 2012 su Rai 1.
Titanic – Nascita di una leggenda in streaming è
disponibile su RaiPlay.
Titanic – Nascita di una leggenda:
la trama e il cast
La serie è ambientata durante la
costruzione del Titanic presso i cantieri Harland and Wolff a
Belfast sullo sfondo di rivolte sindacali, conflitti politici e
religiosi e una storia d’amore tra un giovane ingegnere ambizioso e
un immigrato italiano.
In Titanic – Nascita di una
leggenda protagonisti sono Kevin Zegers
nei panni di Mark Muir, Alessandra Mastronardi nel ruolo di Sofia
Silvestri, Derek Jacobi nel ruolo di Lord
Pirrie, Neve Campbell nel ruolo di Joanna
Yaegar, Ophelia Lovibond nel ruolo di Kitty
Carlton, Billy Carter nel ruolo di Thomas
Andrews, Branwell Donaghey nel ruolo di
Michael McCann, Martin McCann nel ruolo di
Conor McCann, Ian McElhinney nel ruolo di Sir
Henry Carlton, Valentina Corti nel ruolo
diVioletta Silvestri, Denise Gough nel ruolo di
Emily McCann Hill,
Nel cast anche Edoardo Leo nel ruolo di Andrea Valle,
Gray O’Brien nei panni di Joseph Bruce Ismay,
Michael McElhatton nei panni di Albert Hatton,
Liam Cunningham nei panni di Jim Larkin,
Chris Noth nei panni di JP
Morgan, Massimo Ghini nei panni di Pietro
Silvestri, Gerard
McCarthynei panni di Ashley Stokes,
Charlotte Bradley nei panni di Mary
McCann Jonathan Forbes nei panni di Eddy
Hatton, Frank McCusker nei panni di Charles
Stokes, Terence Keeley nei panni di Jack Lowry,
Barry McEvoy nei panni di Chorley, Caolan
Byrne nei panni diJimmy Smith, Steve Gunn
nei panni di Bill Armstrong, Gabrielle Reidy
nei panni diEdith Hatton, Eleanor Methven nei
panni di Lady Pirrie, Karl Shiels nei panni
diNeil Sutherland, Eve Macklin nei panni di
segretaria di Lord Pirrie, Kate O’Toole nei
panni diLady Carlton, Aaron Harris nei panni
di Jordan e Tommy O’Neill nei panni di Lorcan.
Gli episodi di Titanic – Nascita
di una leggenda
Episodio 1: In “City Divided” Nel
cantiere navale Hartland & Wolff di Belfast – una città divisa
tra classi e religioni – fa un passo il metallurgista Dr. Mark
Muir, per lavorare sulla nave più grande che il mondo abbia mai
visto: RMS Titanic.
Episodio 2: In “Stained Steel” La
scoperta di Mark lo mette in conflitto con il capo progettista
Thomas Andrews, mentre le tensioni sociali aumentano nella città e
nel cantiere navale. Sofia rifiuta l’apprendista di suo padre,
Andrea Valle, mentre Mark incontra suo padre nel cimitero.
Episodio 3: In Mentre il lavoro di
Mark lo avvicina a Sofia, suo padre incoraggia Andrea a combattere
per il suo amore. L’esercito interrompe una marcia ei soldati
uccidono un Walter Hill disarmato. Mark salva Sofia dal caos.
Episodio 4: Con l’escalation della
violenza tra i lavoratori insoddisfatti, Pirrie inizia a negoziare
con i leader sindacali. Mark fischia l’acciaio del Titanic, lascia
la sua storia d’amore con Kitty per inseguire Sofia e riceve un
colpo inaspettato da Bernard Doyle.
Episodiop 5: Dopo che Doyle svela
il passato di Mark, Mark parte per una ricerca segreta. Quando una
collisione rimanda l’RMS Olympic al cantiere navale, Mark deve
studiare le implicazioni del relitto dal punto di vista della
metallurgia del Titanic.
Episodio 6: Mentre Mark e Sofia si
divertono in riva al mare, Henry Carlton scopre la vera identità di
Mark e la storia d’amore con la figlia Kitty. Al ritorno di Mark,
Henry fa chiamare Mark dal Vecchio Presidente per pagarne il
prezzo.
Episodio 7: La situazione di Mark
sembra migliorare quando JP Morgan arriva in città per assistere al
progresso dell’RMS Titanic. Quando Sofia tenta di rendere pubblica
la loro relazione e Mark rifiuta, decide di studiare
all’estero.
Episodio 8: La politica sporca
circonda le elezioni ed Emily è il capro espiatorio. Persino le
questioni di sicurezza diventano politiche quando Ismay, presidente
di White Star Lines, schiaccia la soluzione di Mark. Conor supera
il limite e Mark sceglie Belfast invece di partire con Sofia.
Episodio 9: La sua fede in Pirrie
ancora una volta danneggiata, Mark affronta una nuova crisi:
l’abbandono. Sotto la pressione del padre, Sofia è costretta a
scegliere Mark o Andrea. In una cerimonia mozzafiato, il Titanic
viene lanciato.
Episodio 10: Mark abbandona Londra
e rimane dov’è il suo cuore – con la nave – e scopre che l’acciaio
è intrinsecamente debole. Sofia allatta il padre ferito, Emily ha
sei mesi e Conor viene colpito durante un raid.
Episodio 11: Mark scopre il nome
di sua figlia, solo per seguire una scia di speranza e delusione.
Una decisione disastrosa significa troppo poche scialuppe di
salvataggio a bordo e la malattia costringe Pirrie ad abbandonare
il suo posto sulla nave.
Episodio 12: Mentre gli ambiti
possessori del biglietto e i presidi della nave si preparano per il
viaggio inaugurale del Titanic, una bambina di nome Sarah sale a
bordo della sfortunata bellezza con sua madre, in cerca di una vita
migliore.
Alcune immagini leaked dei toys
ufficiali di Shang-Chi and the Legend of the Ten Rings
hanno rivelato nuovi dettagli in merito alla trama dell’atteso film
Marvel. Attorno al progetto l’hype
è chiaramente alle stelle, non solo perché si tratta del primo
cinecomic del MCU ad avere come protagonista un
supereroe asiatico, ma anche perché nel film assisteremo finalmente
al debutto del vero Mandarino.
Con l’avvicinarsi della data di
uscita (prevista per il prossimo 3 settembre), il merchandising del
film continua ad essere la migliore fonte di informazioni, non
essendo ancora stato distribuito alcun materiale ufficiale. Di
recente sono emerse online le immagini della prima ondata della
linea di toys dedicata al film ad opera di Hasbro, e grazie a
Murphy’s Multiverse sappiamo che le didascalie presenti sulle
confezioni delle varie figure contengono alcuni interessanti
dettagli sulla storia.
La descrizione relativa a Shang-Chi
conferma che è stato allevato dall’organizzazione dei Dieci Anelli
e che ora si ritrova invischiato in quel mondo a causa di suo
padre, Wenwu, ossia Mandarino: proprio la figure di Wenwu mostra
quella che sembra essere una nuova interpretazione del concept dei
Dieci Anelli. Le figure rivelano anche il design di Death Dealer e
confermano che il personaggio di Xialing sarà presente nel film nei
panni della sorella perduta di Shang-Chi. Potete vedere le immagini
cliccando qui.
Le immagini dei toys sembrano
confermare anche una serie di legami familiari che vedremo nel
film: come ipotizzato dai fan molto tempo fa, Shang-Chi è il figlio
del Mandarino, che nel film avrà il volto del celebre Tony
LeungChiu-wai: Wenwu andrà quindi a
sostituire l’originale padre del personaggio nei fumetti, ossia Fu
Manchu. Inoltre, anche il personaggio di Xialing, che sarà
interpretato da Zhang Meng, sembra che si
distaccherà molto dall’originale dei fumetti, noto invece come Fah
Lo Suee.
L’uscita nelle sale di Shang-Chi
and the Legend of the Ten Rings è fissata al 3
settembre 2021. Destin Daniel Cretton, acclamato
regista di Short Term 12 e The Glass
Castle (di recente è uscito il suo ultimo
lavoro Il
Diritto di Opporsi, con Michael B. Jordan, Jamie Foxx
e Brie
Larson) è stato scelto per dirigere il film che vanta la
sceneggiatura di Dave Callaham (The
Expendables, Godzilla,Wonder
Woman 1984).
Vi ricordiamo che nei panni del
protagonista ci sarà l’attore canadese Simu
Liu, visto di recente nella commedia di NetflixKim’s Convenience. Insieme a
lui, nel cast, figureranno anche Tony
LeungChiu-wai nei panni del
Mandarino, e Awkwafina,
che dovrebbe interpretare un “leale soldato” del Mandarino, e se è
vero che il villain qui sarà il padre di Shang-Chi, in tal caso ci
sono ottime possibilità che si tratti di Fah Lo Suee. Chi ha letto
i fumetti saprà che è la sorella dell’eroe del titolo e che il suo
superpotere è l’ipnosi.
L’hashtag
#MakeTheBatfleckMovie è ufficialmente in tendenza
su
Twitter. Dopo la distribuzione della
Snyder Cut di Justice
League, i fan di Zack Snyder hanno prima chiesto che l’universo
DC ipotizzato dal regista venisse ripristinato, e ora vogliano che
la Warner Bros. si decida a dare il via libera al film sull’Uomo
Pipistrello mai realizzato da Ben Affleck.
Quel film, che Affleck avrebbe
dovuto dirigere, scrivere, interpretare e produrre, è poi passato
nelle mani di Matt Reeves, che lo ha trasformato
nell’attesissimo The
Batman con Robert Pattinson che vedremo nel 2022. Al
momento né Affleck né WB hanno commentato la nuova richiesta da
parte dei fan, ma sappiamo già che lo studio non è interessato a
proseguire né con un sequel di Justice
League né con un altro progetto che potrebbe, in
qualche modo, portare avanti l’universo che Snyder aveva immaginato
diversi anni fa.
Per quanto riguarda Affleck,
sappiamo che il principale motivo per cui l’attore ha deciso di
abbandonare il DCEU è a causa delle costanti pressioni che lo
stesso ha dovuto sopportare quando ha deciso di interpretare
l’iconico eroe sul grande schermo, situazione che è andata
peggiorando in seguito alla turbolenta esperienza delle riprese
aggiunte di Justice
League, quando Snyder è stato sostituito da Joss Whedon.
I dettagli sul film di Batman mai realizzato da Ben
Affleck
Ad oggi, i dettagli sul Batman di
Affleck mai realizzato sono emersi più e più volte, soprattutto
durante la recente promozione della Snyder
Cut, con Joe Manganiello – interprete di Deathstroke –
che ha più volte parlato di come sarebbe dovuto essere il film.
Dopotutto, nel taglio di Snyder è stata ripristinata la versione
originale della scena post-credits della versione cinematografica
di Justice
League in cui avviene l’incontro tra Lex Luthor e
Deathstroke: se nella versione theatrical quella scena lascia
intendere che Luthor e Slade Wilson uniranno le forze per creare la
Injustice League, nell’epilogo della Snyder
Cut quella scena apre la strada al film in solitaria di
Batman in cui avremmo dovuto vedere proprio Deathstroke sulle
tracce del Crociato di Gotham.
Zack
Snyder’s Justice Leagueè uscito in streaming il
18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky
e TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore
circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.
Ecco tutti i vincitori dei
BAFTA 2021, i premi che vengono assegnati dalla
British Academy of Film and Television Arts. Emerald
Fennell e il suo Promising Young Woman va a casa con ben due
premi, tra cui quello alla sceneggiatura, strappato a sorpresa
dalle mani di Aaron Sorkin, decisamente il
favorito di categoria per il suo
Il processo ai Chicago 7. Lo stesso numero di premi
totalizzano The Father,
Soul, Ma Rainey’s Black Bottom e
Sound of Metal, mentre la parte del leone continua
a farla Nomadland, con ben quattro premi: regia,
film, fotografia e attrice protagonista Frances
McDormand. Di seguito la lista completa:
BAFTA 2021 – i vincitori
BEST FILM
NOMADLAND
Mollye Asher, Dan Janvey, Frances McDormand, Peter Spears, Chloé
Zhao
Yuh-Jung Youn è
stata premiata ai BAFTA 2021 nella categoria Migliore attrice non
protagonista per la sua toccante e allo stesso tempo divertente
interpretazione in Minari.
L’attrice, molto famosa in Corea ma sconosciuta nel resto del mondo
prima di queste settimane, ha ringraziato a modo suo l’Academy,
dicendo:
“Grazie tante per questo premio.
Ogni premio è importante, ma questo di più, specialmente perché
arriva da britannici, noti per essere snob, che approvano il mio
lavoro di attrice, sono molto felice, grazie mille”.
Nella
press room, la stampa ha chiesto all’attrice di spiegare il suo
commento, quello “snob” riferito agli inglesi, e Yuh-Jung Youn,
molto candidamente, ha spiegato: “Viene dalla mia esperienza
personale. Ho visitato molte volte l’Inghilterra e ho avuto una
borsa di studio a Cambridge come attrice, dieci anni fa. Li ho
sempre percepiti come molto snob, ma non in una maniera negativa.
Avete una lunga storia e ne siete orgogliosi. Da donna asiatica,
credo che siano persone molto snob, onestamente.”
In merito all’Oscar buzz che ormai
la dà per vincitrice di categoria il prossimo 25 Aprile, l’attrice
ha dichiarato: “Non so niente di Oscar o di BAFTA. In Corea
sono in questo business da tanto tempo, sono un’attrice molto
famosa nel mio paese, ma non a livello internazionale. Non so cosa
sta succedendo adesso, non so cosa mi sta succedendo, non
chiedetemelo!”.
Il nuovo lavoro di
Michael Zampino, Governance – Il prezzo del potere, affida a uno
degli attori più solidi del panorama italiano, Massimo
Popolizio il compito di incarnare se non il male, uno degli
istinti più brutali che muovono l’essere umano, la brama di potere.
Il regista italo-francese alla sua opera seconda dopo
L’Erede del 2011, interessante thriller psicologico
con Alessandro Roja, conduce lo spettatore in un ambiente a
lui ben noto: quello delle grandi aziende petrolifere. Dove Zampino
ha lavorato per ben quindici anni. Da quest’esperienza ha tratto
linfa vitale per il film.
Renzo, Massimo
Popolizio, è il direttore generale di un grosso gruppo
petrolifero. È un uomo senza scrupoli, molto abile nel convincere e
manipolare gli altri, con un’ampia rete di conoscenze e relazioni.
Costretto ad abbandonare il suo ruolo in seguito a un’inchiesta per
corruzione, non si dà per vinto e fa di tutto pur di riprendere il
proprio posto, ora occupato dalla giovane e brillante Viviane
Parisi, Sarah Denys, che promette di accompagnare l’azienda
in una necessaria transizione green. Renzo è convinto che sia stata
proprio Viviane a tradirlo ed è determinato a fargliela pagare.
Coinvolgerà nel suo piano anche Michele, Vinicio Marchioni,
un vecchio amico che gli ha chiesto un favore. I due si troveranno
poi a fare i conti con le conseguenze delle loro azioni. Renzo
però, sa bene come muoversi in un sistema fatto di corruzione e
giochi di potere.
Governance – un noir
spietato con un protagonista stellare
Si presenta con una
locandina da film d’azione all’americana, stile Heat – La
sfida, il nuovo thriller di Michael Zampino.
Governance – Il prezzo del potere è avvincente,
ha un buon ritmo e un protagonista magnetico nella sua malvagità.
Lo spettatore è ansioso di vedere fin dove si spingerà e se
riuscirà a cavarsela.
Il contesto nel quale i
protagonisti si muovono è tratteggiato in maniera davvero molto
realistica. Qui
vale l’esperienza personale di Zampino e fa la differenza. Il
regista dipinge bene un mondo che conosce: le trame, gli intrighi,
le ambizioni, anche fuori tempo massimo, mentre il sistema
investigativo e giudiziario arranca. Traccia una visione d’insieme
vivida e convincente, ma allo stesso tempo lascia intuire più di
quanto non esponga. A Zampino, qui come nel suo precedente
L’Erede, non interessa tanto il contesto, quanto
l’uomo. Non gli interessa capire se l’accusa di corruzione contro
Petrucci sia vera o falsa, scoprire la verità. Come non gli importa
dirci quale sarà il destino dei due protagonisti e che ne sarà
dell’indagine dell’ispettrice Ricciardi, Sonia Barbadoro. A
Zampino interessa l’animo umano, con i suoi vizi e le sue virtù. Da
spettatore, tuttavia, si vorrebbe sapere un po’ di più di quel
mondo delle grandi compagnie petrolifere nel quale il regista ci
introduce così bene e del quale molto si intuisce tenga per
sé.
Governance
riesce ad essere coinvolgente anche perché non è affatto
edulcorato, ha anzi in comune col cinema americano il coraggio di
far sì che i cattivi lo siano fino in fondo, senza improbabili
svolte buoniste a lieto fine. Spietatamente ma realisticamente, non
fa sconti all’essere umano, non gli concede pentimenti,
ravvedimenti. Del cinema europeo, però, ha la complessità dei
personaggi. Non vi è mai una lotta manichea tra buoni e cattivi, ma
piuttosto un mondo articolato in cui bene e male si mescolano in
ciascun personaggio, proprio come avviene nella realtà. Merito
della sceneggiatura scritta a sei mani dal regista con Giampaolo
G. Rugo ed Heidrun Schleef, in cui nonostante certi
elementi siano solo accennati, bastano a far comprendere la
complessità del mondo retrostante.
Merito però anche di un
attore che sa incarnare i vari aspetti della natura umana e non
lascia nulla al caso. Massimo Popolizio porta letteralmente
su di sé il film. Sa essere un perfetto cattivo, ma non solo. È un
piacere vederlo calarsi nei panni ferini di Renzo, con quel suo
modo bulimico di mangiare, con quella sua personalità quasi doppia:
padre amorevole, a suo modo, ironico, ma al contempo essere
brutale, capace di ogni cosa pur di ottenere ciò che vuole. Questa
duttilità interpretativa è riassunta nell’inquadratura finale in
cui, solo attraverso lo sguardo, riesce a restituire l’ampio
spettro emotivo del suo personaggio. Difficile non vedere, come
l’attore stesso ha ricordato in
conferenza stampa, tanto Shakespeare dietro a questo suo Renzo.
A Vinicio
Marchioni il compito di affiancarlo, facendo perno su
caratteristiche molto diverse: Michele vorrebbe imitare Renzo, nel
suo piccolo, ma ha meno coraggio, meno spregiudicatezza. È il
tipico uomo di strada che tenta il grande salto, ma è sempre a
rischio che sia più liungo della sua gamba. Il personaggio ben
interpretato da Marchioni serve per evidenziare i segni che il male
lascia dentro, le macchie che non vanno più via. È quello a cui la
colpa rimane più addosso. Apparentemente Renzo riesce a rimuoverla,
anche se in qualche momento riaffiora, come appunto nella
bellissima scena finale. A completare il cast Claudio
Spadaro, nel ruolo di Marcello Zanin, Maria Cristina
Heller nei panni di Carla Petrucci e la giovane Marial
Bajma-Riva, convincente nei panni di Sofia
Petrucci.
La sfida dell’opera
seconda può dirsi vinta per Michael Zampino e chissà che
Governance – Il prezzo del potere, così intrigante,
in parte ellittico e con un finale apertissimo non preluda a
sviluppi futuri, magari un sequel o un approdo alla
serialità.
È
Chloé Zhaocon Nomadland
a conquistare il cuore della
gilda dei registi a Hollywood, vincendo il DGA Awards
2021, premio assegnato appunto dai rappresentati di
categoria ai propri colleghi. Zhao è solo la seconda donna a
vincere il premio, seguendo Kathryn Bigelow che
aveva vinto il riconoscimento nel 2009 con The Hurt Locker.
Bigelow sbaragliò la concorrenza
anche agli Oscar dello stesso anno, ed è molto probabile che anche
Zhao riesca a portare a casa l’ambita statuetta, continuando a
scrivere la storia dei premi con le sue vittorie.
Chloé Zhao, “Nomadland” (Searchlight
Pictures)
Unit Production Manager: Mary Kerrigan
First Assistant Director: Mary Kerrigan
First-Time Feature Film
Darius Marder, “Sound of Metal” (Amazon
Studios)
Unit Production Manager: Amy Greene
First Assistant Director: Matthew Vose Campbell
Documentary Feature Films
Michael Dweck, Gregory Kershaw, “The Truffle
Hunters” (Sony Pictures Classics)
Dramatic TV Series
LESLI LINKA GLATTER, Homeland, “Prisoners of
War” (Showtime)
Unit Production Managers: Michael Klick, Philippa Naughten First
Assistant Director: Sunday Stevens
Second Assistant Director: Wendy Bledsoe
Comedy TV Series
SUSANNA FOGEL, The Flight Attendant, “In Case
of Emergency” (HBO Max)
Unit Production Manager: Bonnie Muñoz
First Assistant Director: Derek Peterson
Second Assistant Director: Jacquie Dore
Second Second Assistant Director: Zach Citarella Location Manager:
Chris Banks
Movies for Television and Limited Series
SCOTT FRANK, “The Queen’s
Gambit” (Netflix)
First Assistant Director: Aldric La’auli Porter
Variety/Talk/News/Sports — Series
DON ROY KING, Saturday Night Live, “Dave
Chappelle; Foo Fighters” (NBC)
Associate Directors: Michael Mancini, Michael Poole, Laura
Ouziel-Mack
Stage Managers: Gena Rositano, Chris Kelly, Eddie Valk
Variety/Talk/News/Sports — Specials
THOMAS SCHLAMME: A West Wing Special to Benefit When We
All Vote (HBO Max)
Unit Production Manager: Debra James
First Assistant Director: Shawn Pipkin-West
Second Assistant Director: Courtney Franklin
Second Second Assistant Directors: Ni’cole Pettis, Cathy Bon
Reality Programs
JOSEPH GUIDRY, Full Bloom, “Petal to the
Metal” (HBO Max)
Associate Director: Sean Galvin
Lead Stage Manager: Jimmy Chriss
Stage Managers: Rachel Shimko, Kristianna Laroda, Richard
Melendez
Children’s Programs
AMY SCHATZ, We Are the Dream: The Kids of the Oakland
MLK Oratorical Fest (HBO)
Commercials
MELINA MATSOUKAS (Prettybird), You Love Me, Beats by
Dr. Dre (Translation)
First Assistant Director: Paul Norman
Second Assistant Director: Don Johnson
Divenuto celebre grazie al popolare
show Saturday Night Live, dove ha dimostrato e consolidato
le proprie capacità comiche, Bill Hader ha negli anni recitato
anche in diversi film come The Skeleton Twins e It – Capitolo due.
Delle sue opere di fiction, però, nessuna è apprezzata tanto quanto
la serie Barry, di cui Hader è ideatore
insieme ad Alec Berg. Trasmessa sulla celebre
emittente televisiva HBO a partire dal 2018,
questa era ad oggi ancora inedita in Italia. Diventa finalmente
disponibile a partire dal 12 aprile sul canale Sky
Atlantic. Terminata la prima, composta da 8 episodi, da maggio
sullo stesso canale arriverà anche la seconda stagione, in attesa
della già annunciata terza.
Protagonista della serie è proprio
Barry (Bill Hader), un ex marine che lavora ora
come sicario a basso costo. Solitario, depresso e insoddisfatto
della sua vita, si reca con riluttanza a Los Angeles per uccidere
un aspirante attore diventato amante della moglie di un mafioso.
Iscrittosi al corso di recitazione frequentato dall’uomo, si
ritrova inaspettatamente ad essere accolto nella comunità di un
gruppo di entusiasti e speranzosi attori, che hanno come coach Gene
Cousineau (Henry Winkler). In particolare, stringe
amicizia con una studentessa appassionata, Sally.
Barry inizia così a sviluppare il desiderio di iniziare una nuova
vita come attore, ma il suo passato criminale non gli permetterà di
andarsene tanto facilmente.
Una commedia dai toni cupi
In un contesto dove le serie
televisive prolificano sempre più, portando in televisione ogni
genere possibile, sembra esserci sempre meno spazio per prodotti
che non siano connotati da una forte originalità. La storia ideata
da Hader e Berg, ad un primo sguardo, sembra offrire la non nuova
storia di un assassino pentito costretto a fare i conti tanto con
le proprie nuove aspirazioni quanto con i fantasmi del passato. La
trama di Barry può dunque lasciar pensare ad un progetto
che non ha molto da dire, eppure la serie riesce a sorprendere nel
modo in cui decide di trattare questo materiale narrativo.
Hader punta naturalmente sulla
commedia, suo genere di riferimento, presentando personaggi ed
eventi estremamente diverti nel loro essere bizzarri e sopra le
righe. Con il progredire della storia, però, ci si accorge di come
la serie non si risparmia anche nel macchiare quella stessa
commedia con una serie di elementi più maturi e cupi. Il dramma e
il thriller entrano a far parte della storia, combinandosi in modo
insolito ad elementi che normalmente sono il loro opposto. I due
autori riescono così a superare le aspettative, rendendo di fatto
Barry un prodotto imprevedibile, capace di parlare a
spettatori molto diversi.
Il protagonista, chiaramente
affetto da un disturbo da stress post-traumatico causato dai suoi
anni come marine, è pur sempre un killer chiamato ad uccidere.
Morte e comicità si mescolano dunque dando vita ad un equilibrio
che porta a vivere un’altalena di emozioni. Non si sa mai se ad un
momento divertente ne seguirà uno altrettanto comico o uno
profondamente drammatico. I risultati migliori si hanno poi proprio
con quest’ultimo caso, da cui si generano contrasti di cui la serie
si fa forte. Gli appassionati dell’attore e regista non devono
dunque aspettarsi una pura serie comedy, bensì un ibrido
particolarmente vincente.
Barry: la recensione della serie
TV
Di Barry c’è di certo che
molto del suo successo è dato anche dalla grande performance di
Hader. Mattatore assoluto e qui pronto a dimostrare una volta di
più il suo talento. La sua persona si sposa perfettamente con il
tono che la serie vuole assumere. Hader riesce infatti ad essere
tanto comico pur rimanendo assolutamente serio o compiendo azioni
decisamente drammatiche. Egli è inoltre regista dei primi tre
episodi della prima stagione, che si affermano anche come i più
affascinanti in quanto a messa in scena, dimostrando dunque anche
il grande talento di Hader per la regia.
Egli sa però di non poter basare
l’intera serie solo su di sé. Per ciò si circonda di una serie di
attori che arricchiscono di elementi comici o drammatici la
narrazione. In particolare, gradita sorpresa, è data da
Henry Winkler. Globalmente noto per essere stato
Fonzie in Happy Days, l’attore dà qui prova di possedere
ancora il carisma del suo personaggio più celebre. Premiato con
l’Emmy al miglior attore non protagonista, egli si inserisce a sua
volta nel bizzarro contesto della serie con una presenza tanto
brillante quanto imprevedibile. L’imprevedibilità diventa dunque il
principale elemento ricorrente nella serie, capace di divertire,
spaventare e infine anche commuovere nel profondo.
Il documentario Il mio
amico in fondo al mare, titolo originale My
Octopus Teacher, con la regia di Pippa
Ehrlich e James Reed, disponibile su
Netflix
dal 7 settembre 2020, racconta la storia tra il regista Craig
Foster e il suo amico polpo. Il film ha ottenuto una candidatura ai
Premi Oscar, una candidatura ai BAFTA, una candidatura ai Directors Guild e una candidatura ai Producers Guild.
Il mio amico in fondo al mare: la
trama
Il mio amico in fondo al
mare parte dalla decisione di Craig Foster di ritirarsi
nella sua casa in Sud Africa, dopo un periodo di forte pressione
psicologica, che lo ha lasciato a terra. Foster si propone di
combattere l’incalzante depressione con una passione coltivata da
sempre: le immersioni in apnea. Il lasciarsi travolgere dalle
bellezze recondite dell’oceano sarà l’occasione giusta per un
evento da incorniciare: l’incontro con un semplice esemplare di
polpo femmina cambierà infatti la vita del documentarista,
suggellando un rapporto d’amicizia commovente e assolutamente
autentico.
Un viaggio alla scoperta della parte più intima del nostro
Io
Il mio amico in fondo al
mare è un viaggio di riscoperta di sé stessi, di
riconnessione con la parte più profonda del nostro Io; un iter di
immersione e riemersione dalle acque ma anche dai turbamenti
interiori di Foster, immerso in un contatto d’amicizia autentico
con il polpo. La storia raccontataci non si limita all’impianto da
documentario, che rimane piuttosto una cornice, ma pone il focus su
un evento fortuito che entrerà a far parte in maniera preponderante
e prepotentemente nella vita di Foster. Ogni piccola scoperta sulle
abitudini di vita del polpo generano in Foster stupore e
ammirazione, per quanta forza e intelligenza possano risiedere nel
nuovo conoscente marino. Foster e l’animale si lasciano amare e
coinvolgono lo spettatore in un viaggio interiore piuttosto
emozionante.
Riprese magistrali di scorci marini
e fondali cristallini sono lo sfondo di questa storia mirabolante,
cosi incredibile nella purezza con cui dipinge il rapporto tra un
essere umano e un esemplare marino. È la voce di Foster a guidarci
durante il docu-film, voce del suo Io particolare ma che assurge a
voce universale; immersione non solo fisicamente nel mondo marino
per ripotarci le sue parvenze più naturalistiche, ma anche viaggio
alla scoperta di sentimenti profondi, animi puri, di cosa si cela
internamente, di tutto ciò che in superficie non sarebbe mai
emerso.
“Molte persone dicono che un
polpo è come un alieno. Ma la cosa strana è che, man mano che ti
avvicini a loro, ti rendi conto che sei molto simile a lui, in
molti modi. Stai entrando in questo mondo completamente diverso,
una sensazione così incredibile, e ti senti come se fossi a un
passo da qualcosa di straordinario”: dice Foster relativamente
all’animale da lui incontrato. Giochi di luce, riprese mozzafiato,
le sonorità marine: sono tutti elementi che incantano lo spettatore
di Il mio amico in fondo al mare, che rimane
estasiato di fronte alla consapevolezza di quanto la natura può
regalarci.
Il racconto parte da una
dimensione fiabesca, suggerendoci che “Tutto è cominciato un
giorno di tanto tempo fa”, trascinandoci in una dimensione
altra, che scopriremo essere in realtà più vicina a noi di quanto
ci saremmo mai aspettati. Il legame tra l’uomo e il cefalopode
cresce di giorno in giorno davanti agli occhi increduli e incantati
dello spettatore, che fa silenziosamente un passo indietro per
poter ammirare la magnificenza della natura e dei regali che può
donarci.
Il mio amico in fondo al mare: la realizzazione
Il mio amico in fondo al
mare, ha richiesto dieci anni per essere realizzato. Con
temperature dell’acqua fino a 7 gradi Celsius, Foster si è immerso
ogni giorno per un anno intero, senza muta o attrezzatura, nel
gelido oceano Atlantico. Le riprese subacquee hanno richiesto 3.000
ore di riprese e filmati, direttamente girate sulla costa False
Bay, nella foresta di Kelp in Sud Africa. Dopo la realizzazione del
film Craig Foster ha fondato Sea Change Project, una comunità di
scienziati, narratori, giornalisti e registi dediti alla
preservazione delle ricchezze marine. “Raccontiamo storie che
connettono le persone alla nostra casa sottomarina – The Great
African Seaforest. Il nostro lavoro sta motivando scienziati,
responsabili politici e individui a impegnarsi in modo
significativo per la natura e proteggere i nostri oceani”.
Il mio amico in fondo al
mare ci dà la possibilità di ristabilire un contatto con
la natura e con noi stessi, attraverso i movimenti morbidi e
sinuosi della macchina da presa, i paesaggi subacquei dai colori
mesmerici e abitati da creature meravigliose. Un’atmosfera calma e
serena fa da padrona all’intera visione: un film sospeso in una
bolla atemporale, dove lo spettatore, così come il protagonista,
può rifuggire dal caos della vita abitudinaria. In fondo al mare
potremmo essere capaci di immergerci in sfide all’apparenza
insensate o invincibili, che però ci offrono la possibilità di
ritrovare l’armonia e la serenità perse da tempo. Il messaggio
fondamentale di Il mio amico in fondo al mare è
che ogni essere umano deve necessariamente fare un passo indietro
rispetto alla maestosità della natura, di fronte alla quale l’uomo
capisce di non essere poi così intelligente quanto crede. Ogni
angolo della natura può insegnarci qualcosa e noi, in quanto non
solo ospiti, ma parte integrante del nostro pianeta, dovremmo darle
il rispetto che merita, come il titolo originale “My octopus
teacher”, mette in evidenza.
Nel 1997 il regista canadese di
origini italiane Vincenzo Natali ha portato al
cinema il Cube – Il cubo, opera di genere thriller dove un
gruppo di personaggi si ritrova intrappolato in una struttura
costituita da numerose stanze cubiche, alcune dotate di trappole
mortali. Anticipatore di un filone poi reso celebre da Saw –
L’enigmista, questo film ebbe un enorme successo al momento
della sua uscita. Nel 2002 è poi arrivato il suo sequel,
Il cubo 2 – Hypercube, diretto però
stavolta dal regista polacco Andrzej Sekula, noto
per essere stato il direttore della fotografia dei film Le
iene e Pulp Fiction di Quentin Tarantino.
Con questo secondo capitolo, si
ricalca grossomodo la struttura del precedente, introducendo però
nuovi elementi come la quarta dimensione e l’iperspazio. Il film
presenta infatti novità tecnologiche che vanno a rappresentare
anche il progresso realizzatosi in quegli anni, e che permette ora
di dar vita ad una serie di contesti e trappole tanto affascinanti
quanto spaventosi. L’idea infatti, è quella di una vera e propria
evoluzione, quasi come se le stanze in cui i protagonisti si
ritrovano rinchiusi abbiano trovato ulteriori modi di rendersi
letali. Visivamente accattivante, il film è oggi considerato, come
il suo predecessore, un cult.
Nonostante ciò, al momento della sua
uscita passò piuttosto in sordina al cinema, non generando il
successo sperato. Per gli amanti del genere, specialmente di quei
thriller che pongono i protagonisti a doversi confrontare con una
serie di trappole, si tratta di un titolo imperdibile. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Il cubo 2 – Hypercube: la trama del
film
Similmente al primo film, anche in
questo sequel vi sono otto sconosciuti che si ritrovano
improvvisamente rinchiusi in una serie di stanza cubiche, con
diverse porte che consentono l’accesso a nuovi livelli di
quell’ambiente. Questo, però, si dimostra ben presto essere molto
più complesso di quello che potrebbe sembrare. Le stanze, infatti,
si muovono tanto nel tempo quanto nello spazio, presentando ognuna
una serie di terribili trappole mortali. Allo stesso modo, gli otto
protagonisti capiranno di trovarsi lì non per caso, ma per motivi
ben precisi. Se inizialmente pensavano di non avere nulla in
comune, questi scopriranno a loro spese di essere tutti collegati a
qualcosa.
Questo qualcosa è l’azienda Izon,
una delle maggiori nella produzione di armi. Infatti
Simon è un investigatore privato assoldato dai
genitori di Rebecca, una dipendente della stessa
compagnia scomparsa. Sasha, la ragazza cieca, è
una hacker nata in provetta responsabile di avere progettato i
principi del cubo a quattro dimensioni. Max è un
programmatore di videogiochi, mentre Jerry ha
costruito le pareti a sensori. Mrs. Paley è
un’ex-matematica che ha collaborato con la compagnia per la
progettazione, mentre Kate è una psicoterapeuta.
Infine, Julia è l’avvocato che rappresenta la
Izon. Nel comprendere ciò, gli otto dovranno anche comprendere
perché si trovano in quel luogo, e come uscirne vivi.
Il cubo 2 – Hypercube: il cast del
film
Ad interpretare l’investigatore
Simon vi è l’attore Geraint Wyn Davies, celebre
per aver interpretato Nick Knight, vampiro poliziotto nella serie
Forever Knight. Kate, la psicoterapeuta e personaggio più
empatico del gruppo, è interpretata da Kari
Matchett, nota per le serie Covert Affairs e
24. Sono poi presenti gli attori Grace Lynn
Kung nei panni di Sasha, Neil Crone in
quelli di Jerry, e Barbara Cordon nel ruolo di
mrs. Paley. Matthew Ferguson, invece, è Max, il
programmatore di videogiochi. Lindsey Connell è
l’avvocato Julia, mentre il noto attore televisivo Bruce
Gray compare nei panni del colonnello Thomas H. Maguire.
Prima di intraprendere le riprese, il cast si è dovuto sottoporre
ad alcune settimane di allenamento al fine di poter sostenere lo
sforzo fisico previsto.
Il cubo 2 – Hypercube: il sequel,
il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Quella di Cube è divenuta
una trilogia nel momento in cui, nel 2004, è uscito al cinema il
film Cube Zero, anche noto come
Il cubo Zero. Questo, diretto da
Ernie Barbarash, è in realtà un prequel dei
precedenti due capitoli andando a narrare eventi avvenuti prima di
quanto visto fino a quel momento. Tale terzo capitolo, inoltre,
porta per la prima volta narrazione anche all’esterno del cubo,,
fornendo spiegazioni sulla sua esistenza. Dettagli, questi, mai
forniti nei precedenti film, che lasciavano così un aura di mistero
qui invece chiarita. Pur non ottenendo il successo del primo,
questo ricevette comunque pareri positivi, e ancora oggi è a sua
volta un titolo thriller da riscoprire.
In attesa di vedere tale sequel, è
possibile fruire del film grazie alla sua presenza su una delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il cubo 2
– Hypercube è infatti disponibile nel catalogo di
Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo
di sabato 10 aprile alle ore
21:15 sul canale Italia 2.
Governance
è un noir ambientato nel mondo dell’energia, in cui il
dirigente di una grande azienda petrolifera fa di tutto per non
perdere il suo ruolo di potere in favore di una giovane manager
esperta di ecologia e sostenibilità ambientale. Temi come la
riconversione green sono oggi all’ordine del giorno. Michael
Zampino stesso ha lavorato per diverso tempo in un’azineda
petrolifera. Così ricorda quell’esperienza e come lo ha ispirato
per raccontare questa storia: “Sono passati alcuni anni da
quando non lavoro più in questo ambiente. Molte cose sono cambiate.
Soprattutto la consapevolezza dell’ambiente è molto più forte oggi
che dieci anni fa, quando io lavoravo ancora nell’industria
petrolifera. Era appena passato il grande collasso del 2008 […]
La crisi aveva rimesso in discussione tutto il modello economico
di queste grandi aziende che poco a poco si sono riprese e adesso
si presentano come i baluardi di un nuovo approccio più rispettoso
dell’ambiente”. “Non è solo una strategia di comunicazione, ma
anche una necessità industriale. Oggi si prevede che nel 2050 non
ci saranno più motori alimentati con energie fossili.Questi
grossi gruppi si sono adeguati”.
Il prezzo del
potere è il sottotitolo del film. D’altro canto, quale regista
non è interessato alle potenzialità di questa forza come motore
drammaturgico? Come conferma il regista: “Intuitivamente sento
che il potere può, quando lo cerchiamo ossessivamente, essere fonte
di un dramma, di una tragedia personale, di una solitudine. C’è un
aspetto maledetto nella ricerca del potere. Questo è carburante per
ogni drammaturgo, regista e sceneggaitore che vuole raccontare una
storia accattivante. Non è stato però un calcolo di questo tipo che
mi ha spinto a scrivere. […] La cornice del
petrolio è un
retroscena. Seguiamo i personaggi e attraverso di loro raccontiamo
anche un contesto, ma non è il contesto che trascina la storia. Il
film non ambisce a dimostrare nessuna tesi”. E aggiunge che il
potere “suscita un’attrazione fatale su questi personaggi, ma
provoca anche tanta solitudine”.
Nel delineare i
personaggi e le dinamiche all’interno del film, dunque Zampino si è
ampiamente rifatto alla propria esperienza personale: “E’ un
grande piacere scrivere di personaggi che hai conosciuto. Nel caso
di Renzo Petrucci, [interpretato da Massimo Popolizio ndr.]
è il collage di vari personaggi che ho incontrato. Non è uno in
particolare. Però è più semplice rendere vivo un personaggio sullo
schermo e in scrittura, quando conosci le sue movenze, l’hai visto
all’opera, sai come si comporta in certe situazioni di conflitto. È
stato quindi molto ludico scrivere di qualcuno che si materializza
davanti a te. Non puoi ragionare con degli schemi di scrittura
artificiali. È così. Punto e basta”. “Il personaggio di
Massimo rappresenta la vecchia guardia. […] È cresciuto con
quello spirito da pioniere, di cotruzione, in cui le tematiche
ambientali non esistevano. Lui doveva costruire, sviluppare la
rete, cercare participazioni nelle raffinerie. È un uomo che ha
contribuito a costruire questa società fondamentale per l’economia
del paese. Però si ritrova, oggi, in un contesto che non è più suo.
Da lì nasce l’aspetto ironico e tragico di questo
personaggio”.
Da questa esperienza
nascono anche personaggi come quello interpretato da Claudio
Spadaro: “L’ex amministratore delegato della società,
interpretato da Claudio Spadaro, vuole il suo tornaconto pure
quando è in pensione. Questo è qualcosa che ho vissuto. Mi ha
stupito. All’epoca ero giovane, vedevo uomini di 65 anni con degli
stipendi elevatissimi che andavano via. Dopo due anni tornavano da
pensionati come responsabili di grandi progetti in qualità di
consulenti esterni. Mi chiedevo: dov’è il rinnovamento? Dov’è il
posto per noi? È come se questi personaggi non morissero mai. Tutto
continua, questo procedere di giochi di potere”.
I personaggi interpretati
da Popolizio e Marchioni appaiono al tempo stesso
simili e differenti. Ecco come i due protagonisti raccontano
quest’esperienza.
Massimo Popolizio
afferma di aver lavorato al personaggio di Renzo attingendo alla
sua lunga esperienza teatrale, soprattutto shakespeariana: “Più
che essere un film sull’Eni, dove abbiamo dei trascorsi
straordinari, questa società si prende un po’ a metafora per fare
una sorta di tragedia shakespeariana, con dei tradimenti, un po’ di
sesso, amicizie che non sono più tali, lotta per il potere”. Il
suo personaggio ha sempre un obiettivo: “Risultare simpatico a
un amico, antipatico a qualcun altro, riuscire a carpire dal prete
il terreno,
parlare con il politico. Tutta questa serie di obiettivi facevano
il personaggio, in un certo senso. Renzo ha sempre qualcosa da
portarsi a casa ed è bello che in questo ci sia l’imprevisto.
Sbaglia obbiettivo […] e fa qualcosa che non deve
fare.[…] Tra i personaggi di Shakespeare ci sono i biliosi.
Quelli che hanno una sorta di furore interno […] Ho fatto
appello a quel tipo di conoscenza perchè secondo me questo
personaggio è mosso da una sorta di furore, di bile, di motore
interno.”
Sulla sua abilità nel
delineare i personaggi negativi, gli antagonisti, gli “squali”,
Popolizio così argomenta: “Squalo si diventa. Convinto
come sono che ci si ricordi dei personaggi o degli attori
soprattutto per le piccole cose più che per le grandi, uno spunto
dato da Michael a cui ho subito attinto è che Renzo venisse dal
basso. È un personaggio che sa come ci si comporta sulla
strada. […] Per esempio, abbiamo inventato il modo in cui
mangia. Mangia come se avesse sempre questa fame atavica, questo
furore di mangiare, che non è normale evidentemente. Questo un po’
lo accomuna a Michele. Probabilmente uno è riuscito e l’altro no,
ma le origini sono le stesse . […] Renzo è riuscito pagando
certi prezzi. Uno dei prezzi è non saper dimostrare affetto.
Apparentemente anaffettivo, probabilmente è un padre che vuole
molto bene alla figlia, ma non sa come si fa. Vuole molto bene al
figlio di Michele, ma gli dà cinquanta euro, non ha un altro modo
di esprimerlo. Questo è un prezzo che si paga se ti prefiggi
l’obiettivo di diventare qualcuno a prescindere da
tutto.”
D’altronde, verrebbe da
dire, quello del cattivo è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur
farlo, anche perchè, continua Popolizio, “il mondo non è fatto
di buoni. È difficile trovare un vero buono, a meno che non faccia
proprio finta. Fondamentalmente, il mondo è popolato da cattivi.
L’importante è stare fuori dallo stereotipo del cattivo. […]
Molto spesso mi impegno per questo: essere fuori dal
generico.”
E a chi trova degli
aspetti “gassmaniani” nella sua interpretazione risponde: “Mi fa
piacere. Conoscevo Vittorio. […] Credo che lui sia stato
quello che ha sdoganato l’attore teatrale a teatro. Un attore
teatrale a teatro può essere efficace. Lui era over, fuori misura,
ma essendo fuori misura, era credibile. In un certo senso, se
questo vale anche per me mi fa molto piacere. Posso essere certe
volte fuori misura. L’importante è che in questo trovi una
credibilità.”
Vinicio Marchioni racconta così il suo lavoro sul
personaggio di Michele: “Personalmente nella costruzione mi
piace sempre partire dalle mancanze, da ciò che il personaggio non
ha. Elementi pratici, psicologici, fisici”. “Ho sempre visto
Michele come una formichina. Inizia dallo strato inferiore. Ha
quest’amicizia con Renzo. Renzo per Michele è sempre stato un punto
di riferimento, la persona che poteva aiutarlo a trovarsi una
posizione migliore di quella che ha. Da questa amicizia, nella
maniera più italiana possibile, cerca di avere una raccomandazione
per avere qualcosa in più nella vita. Inizia con tutte le migliori
ntenzioni possibili. […] Renzo però è un’uomo di successo,
arrivato, che ha il potere. In tutta la parte in cui Renzo insegna
delle cose a Michele, […] lui invece gli succhia tanto
altro: l’arrivismo, il cinismo, la possibilità di approfittare di
determinate occasioni. È un po’ un corso di formazione per arrivare
agli obiettivi di cui sopra. C’è un po’ uno scambio di personalità,
se vogliamo. […] Quest’evoluzione era molto
interessante”. Così commenta l’effetto che ha su Michle il
raggiungimento di una posizione: “Quando arriva
all’obiettivo, […] pecca di hybris nei confronti di
Renzo […]. Gli chiede ancora di più e giustamente viene
risistemato dagli dei, in questo caso da Renzo, che lo rimette al
suo posto.
Inoltre, il personaggio
di Michele, spiega Marchioni, dà modo di riflettere su come spesso
si parta da buone intenzioni per poi agire in maniera non
edificante, o su come i confini tra bene e male siano molto meno
netti di quanto si creda: “La strada per la perdizione è
lastricata di buone intenzioni, come era scritto da qualche parte.
Michele ha le migliori intenzioni possibili. Mi sembra un buon modo
anche di riflettere sulla maniera che abbiamo di classificare il
bene e il male. In realtà nella vita questi aspetti si mescolano
sempre e le scelte che fai, ogni tanto ti ritrovi a farle per
ottenere qualcosa, ma poi ti guardi indietro e ti rendi conto che
per ottenerla hai fatto delle cose forse non
meravigliose”.
Mentre, su come sia
possibile sfuggire allo stereotipo del cattivo dice: “Penso sia
fondamentale farsi le domande giuste. […] Quali sono i punti
di partenza che hanno portato un essere umano a fare quelle scelte
e ad essere ciò che è?”. “L’essere umano è anche cattivo. […]
La grandezza dell’attore è proprio che puoi mettere in scena
tutto quello che fa parte dell’essere umano. E con i cattivi ti
puoi anche divertire molto di più”.
Uno dei momenti più avvincenti
dell’intero MCU è stato sicuramente la lotta a
tre, tra Steve Rogers, Tony Stark e Bucky Barnes alla fine di
Captain America: Civil War. La scena si svolge dopo
che Helmut Zemo (Daniel Brühl) rivela a Tony Stark
che è stato proprio Bucky, sotto l’ipnosi dell’Hydra che lo ha reso
il Soldato d’Inverno, a uccidere i suoi genitori. Tony è furioso,
non solo nell’apprendere la verità ma anche perché viene a
conoscenza del fatto che Steve sapeva tutto. La lotta costa a Bucky
il suo braccio bionico, ma non solo. A conclusione della battaglia,
vediamo Tony soccombere, con Cap che potrebbe sferrargli un colpo
mortale con il suo scudo.
Steve Rogers non lo farebbe mai, lui
è un uomo buono prima di essere un simbolo, e questa caratteristica
lo accompagnerà sempre, influenzando anche l’idea di come deve
essere un Captain America, un simbolo di ispirazione e rettitudine.
Come aveva visto bene il dottor Abraham Erskine, il valore di
Steve, prima di prendere il Siero del Super Soldato, era già lì,
dentro di lui. Decide di usare lo scudo per neutralizzare il potere
dell’armatura di Tony, e non per ucciderlo. Pone fine al
combattimento, in questo modo.
La caduta di un simbolo
L’episodio 4 di The Falcon and the Winter Soldier solleva
nuovamente questa questione, ma questa volta lo scudo di Capitan
America non è più nelle mani di Steve, ma in quelle di
John Walker (Wyatt Russell). Siamo nel mondo
post-Blip, post-Steve Rogers, un mondo in cui sembra non esserci
posto per la levatura morale di quest’ultimo. E ciò che Walker
sceglie di fare con lo scudo negli ultimi minuti dell’episodio di
questa settimana va contro tutto ciò che siamo stati condotti a
pensare che quel disco di vibranio rappresenti.
Ansia da prestazione
Walker sente la pressione di essere
all’altezza del suo predecessore. Sam Wilson (Anthony
Mackie) e Bucky si rifiutano di collaborare con lui.
Quando la Dora Milaje si presenta nel rifugio dei nostri in
Lettonia per arrestare Zemo, John non riesce ad essere all’altezza
del combattimento. Autografa cartoline per i fan di passaggio, ma
non si sente all’altezza, anzi si sente come se fosse un impostore,
dal momento che non ha la forza dovuta al Siero del Super Soldato
per fare ciò che riusciva a fare Steve, la cui ombra incombe su di
lui.
Dopo che lui, Sam e Bucky si sono
scontrati con la leader di Flag Smasher, Karli Morgenthau
(Erin Kellyman), e Zemo ha colto l’occasione per
distruggere le fiale rimanenti del siero, Walker ne vede una a
terra e la mette in tasca. Sceglierà di iniettarselo o no?
Lemar Hoskins, alias Battlestar
(Clé Bennett), dice a Walker che il potere del
siero non fa che aumentare le doti di chi lo assume, “buono
diventa migliore, cattivo diventa peggiore”. “Prendi
costantemente le decisioni giuste nel vivo della battaglia.”,
continua Battlestar.
Ma nel discorso dei due veterani si
insinua un dubbio: parlando della loro esperienza in Afghanistan,
dove Walker ha conquistato le medaglie che lo hanno reso degno
dello scudo, secondo il Governa US, i due sono consapevoli che
quello che è successo lì non è stato molto eroico, e si rammaricano
del fatto che con il siero avrebbero potuto salvare più vite. I due
non sono estranei a scelte difficili e Walker ammette: “Essere
Cap è la prima possibilità che ho di fare davvero una cosa
giusta.”
Un gesto irreversibile
A fine episodio, assistiamo alla
tragica morte dello stesso Battlestar. In uno scontro, Karli lo
uccide brutalmente, anche se involontariamente. Walker, accecato
dalla rabbia, compie una scelta scioccante e irreversibile: uccide
(e forse decapita) a colpi di scudo il compagno di Karli, tutto
sotto gli occhi della folla, che lo riprende con il cellulare. Dei
video che sicuramente finiranno on line: Capitan America che uccide
un uomo con un simbolo di speranza e onore.
Cosa succederà ora che il mondo
assisterà ad un Cap controllato dal governo US che uccide
brutalmente un uomo proprio con lo scudo? E soprattutto, ora che
plausibilmente John Walker verrà lasciato solo dai suoi compagni,
dai suoi fan e anche dal suo Governo, con i poteri del Super siero,
cosa farà, cosa diventerà?
Sam Wilson erede di Steve
Rogers
Sam Wilson è senza dubbio la bussola
morale della serie, ora che Steve Rogers non c’è più. Quando Zemo
gli chiede se avrebbe preso il siero, Sam non esita nella sua
risposta. Non prenderebbe mai il siero, allo stesso modo di Lady
Galadriel che declina il potere dell’Unico Anello ne Il Signore
degli Anelli, quando Frodo glielo offre. Si tratta della scelta
giusta da fare, e Sam non esita.
Potere e ingiustizia
Ma l’episodio compie un’altra
piccola grande rivoluzione nell’ottica dell’universo Marvel. Nel corso dei suoi 45
minuti, si parla moltissimo di potere in rapporto all’ingiustizia,
soprattutto, scendendo in politica, la Marvel comincia a ragionare, come
aveva fatto poche volte prima, sul concetto di assumere potere per
diffondere la democrazia. I Flag Smashers stanno cercando di
aiutare le persone che sono state sfollate dopo che i Blip hanno
restituito ai vivi metà della popolazione mondiale, e Sam dice a
Karli che è d’accordo con la sua lotta, ma non nel modo in cui lei
la sta combattendo.
“Il concetto stesso di un Super
Soldato disturberà sempre le persone”, dice Zemo “È
quell’aspirazione distorta che ha portato ai nazisti, a Ultron, ai
Vendicatori.” – “Ehi, quelli di cui parli sono i nostri
amici”, risponde Sam. “I Vendicatori, non i nazisti”, aggiunge
subito Bucky, tra il comico e il tragico. “Il desiderio di
diventare un superumano non può essere separato dagli ideali
suprematisti”, replica Zemo.
Come Steve nessuno mai
L’idea è contraria a ciò che i fan
Marvel sono stati portati a
caldeggiare dall’inizio di questa avventura cinematografica dei
loro eroi: fare il tifo per le “super persone”. A quanto pare
l’unico ad avere le capacità per gestire il Super Siero era Steve:
anche nell’episodio finale della prima stagione di Agent
Carter, Peggy Carter decide di disperdere l’ultima fiala
di sangue di Steve nel fiume, piuttosto che consegnarla per
estrarne il siero.
Il presupposto è che gli esseri
umani sono così imperfetti da non essere in grado di gestire il
potere vero. E forse è così, forse l’unico vero eroe è stato
proprio Steve Rogers, non Captain America.
Barry è
l’acclamatissima dark comedy create da Alec Berg e Bill Hader per
HBO. La prima stagione è di 8 episodi. La serie ha come
protagonista Bill Hader (anche produttore
esecutivo), apprezzato stand-up comedian del Saturday Night
Live che ha vinto con questa interpretazione l’Emmy Award come
miglior attore protagonista in una commedia, e vede nel cast, fra
gli altri, Henry Winkler (Happy Days),
anche lui grazie alla serie vincitore di un Emmy come miglior
attore non protagonista.
Barry: quando esce e dove vederla
in streaming
Arriva finalmente in Italia
l’acclamatissima dark comedy HBOBarry, la cui
prima stagione, in 8 episodi, andrà in onda dal 12
aprile, dalle 22.15 su Sky e in streaming su
NOW. Dal 3 maggio, back to back, arriverà invece la
seconda stagione.
Nella serie tv Barry (Bill
Hader) è un ex marine che vive nel Midwest e lavora come
sicario a basso costo. Solitario, depresso e insoddisfatto della
sua vita, si reca con riluttanza a Los Angeles per uccidere un
aspirante attore diventato amante di un mafioso. Barry segue il suo
“obiettivo” in un corso di recitazione e finisce per essere accolto
nella comunità di un gruppo di entusiasti e speranzosi attori – che
hanno come coach Gene Cousineau (Henry Winkler) – all’interno della
scena teatrale di Los Angeles. In particolare, stringe amicizia con
una studentessa appassionata, Sally. Barry desidera iniziare una
nuova vita come attore, ma il suo passato criminale non glielo
permette. Troverà un modo per tenere in equilibrio le sue due
vite?
In Barry
protagonisti sono Bill Hader nei panni
di Barry Berkman / Barry Block, un marine diventato sicario che si
ritrova attratto dalla connessione umana tra una comunità di
aspiranti attori. Barry desidera ardentemente lasciarsi alle
spalle la sua storia criminale per diventare un artista a tempo
pieno, ma sembra che non riesca a impedire al suo passato
sanguinoso di insinuarsi nella nuova vita che cerca di costruirsi.
Stephen Root nel ruolo di Monroe Fuches,
Sarah Goldberg nei panni di Sally Reed,
un’aspirante attrice nel corso di recitazione di Barry. Sally
si concentra sul diventare un’attrice
famosa. Glenn Fleshler nei panni di
Goran Pazar (stagione 1), il leader della mafia cecena che impiega
Barry per uccidere un uomo che ha dormito con sua
moglie. Anthony Carrigan nei panni di NoHo
Hank, Henry Winkler nel ruolo di Gene Cousineau,
insegnante di recitazione e mentore di Barry.
Guest star di
Barry sono Tyler Jacob Moore nel ruolo di
Ryan Madison (” Capitolo uno: Lascia il segno “), Melissa
Villaseñor nel ruolo della cameriera del ristorante (“Capitolo uno:
Lascia il segno”), Larry Hankin nel ruolo di Stovka (“Capitolo tre:
Fai la scelta non sicura”), Jon Hamm nei panni di se stesso
(“Capitolo quattro: Commit … To You”), Michael Beach come detective
della polizia (“The Power of No”), Patrick Fabian nel ruolo di
Space Dad (“The Power of No”), Sam Ingraffia nel ruolo
di Thomas Friedman (“Past = Present x Future Over Yesterday”),
Daniel Bernhardt nel ruolo di Ronny Proxin (“ronny / lily”), Jessie
Giacomazzi nel ruolo di Lily Proxin (“ronny / lily”), Jay Roach nei
panni di se stesso (“The Audition”), Allison Jones nei panni
di se stessa (“The Audition”)
Gli episodi della prima stagione
di Barry
S1. episodio 1: Un sicario disilluso vuole iniziare una nuova
vita dopo aver seguito la sua preda a un corso di recitazione.
S1. episodio 2: Barry, che uccide per soldi, scopre di recitare
quando cerca il suo obiettivo. Si rende conto che gli piace così
tanto che vuole lasciarsi alle spalle la sua vecchia vita.
S1. episodio 3: Barry perde una lezione di recitazione per
onorare un obbligo. I detective cercano di mettere insieme un
puzzle di omicidio. Sally commette un errore durante un’audizione e
si rivolge a Barry per chiedere conforto. I ceceni si rallegrano
quando arriva un leggendario assassino.
S1. episodio 4: Barry scopre che sfuggire a Fuches e
conquistare l’affetto di Sally è più difficile di quanto
pensasse.
S1. episodio 5: Barry cerca di premere il pulsante di reset con
Sally, ma una scena di “Macbeth” innesca una reazione che li
allontana sempre di più; Moss si sposta per interrogare i membri
della classe di recitazione di Gene dopo che emerge un video delle
riprese; Barry si trova in imbarazzo dopo aver collaborato con
Taylor, una nuova sconsiderata conoscenza, in una pericolosa
missione per spazzare via un gruppo di boliviani.
S1. episodio 6 Barry cerca di prendere le distanze da Taylor,
mentre Moss cerca di porre fine alla sua associazione con
Gene.
S1. episodio 7 Dopo una sparatoria alla pista di atterraggio,
Barry deve prendere una decisione difficile per evitare la cattura.
Sally teme che la sua performance in MacBeth venga compromessa e le
rovini la possibilità di fare colpo su un talentuoso agente.
S1. episodio 8 Nel finale di stagione, Barry giura di
rinunciare alla sua vita criminale. Altrove, Pazar arruola un
sostituto per prendersi cura di Fuches. Il detective Moss si chiude
con un arresto che sperano possa risolvere il caso di omicidio di
Madison.
Gli episodi di
Barry 2 stagione
S2. episodio 1 Barry cerca di convincere la classe a esibirsi
nonostante l’assenza di Cousineau; Noho Hank e Cristobal lavorano
alla loro nuova partnership.
S2. episodio 2 Di fronte alla pressione di Noho Hank, Barry
fatica a mettere a segno un colpo importante. Dopo aver chiesto
alla classe di estrarre i loro traumi personali per un pezzo
originale, Gene decide di confrontarsi con il proprio passato.
S2. episodio 3 Come parte di un progetto di classe, Gene
incarica Barry di rivisitare il suo passato e Sally riflette sulla
propria storia. Barry si offre di fornire addestramento agli uomini
di NoHo Hank. Fuches trova Barry in una posizione inaspettata.
S2. episodio 4 La pazienza di Barry viene messa alla prova
quando una figura del passato di Sally arriva a Los Angeles. Gene
riceve una piacevole sorpresa e incoraggia Barry a credere che il
cambiamento sia possibile.
S2. episodio 5 Un incontro che Barry non avrebbe mai potuto
prevedere ha effetti sorprendenti.
S2. episodio 6 Gene aiuta Barry a entrare nel personaggio
mentre si prepara per la sua grande scena con Sally; Sally decide
di abbracciare la sua verità; Noho Hank si prepara per una grande
serata con i suoi uomini appena addestrati; Fuches va in
missione.
S2. episodio 7 Barry si prepara per la sua prima audizione
sotto la guida di Gene; Sally prende posizione in una riunione con
un importante produttore televisivo; Noho Hank mette a nudo
tutto.
S2. episodio 8 Barry cerca vendetta; Noho Hank affronta
l’incombente minaccia di essere rimandato a casa; Sally prende una
decisione in una frazione di secondo la sera della grande
esibizione della classe di recitazione; Fuches si rivolge a una
fonte inaspettata di aiuto.
James Mangold sarà
il regista del film al posto di Steven Spielberg, che invece aveva
diretto tutti gli altri capitoli precedenti della saga. A bordo del
progetto torna invece John Williams, già compositore dell’iconica
colonna sonora che accompagna il personaggio da 40 anni.
“Sono davvero emozionato di
iniziare questa nuova avventura, e collaborare con una squadra dei
sogni formata da grandi filmmaker – ha dichiarato Mangold
– Steven, Harrison, Kathy, Frank e John sono i miei eroi
artistici, quando ci aggiungi anche Phoebe, un’attrice abbagliante,
una voce creativa brillante e la chimica che lei porterà al
progetto senza ombra di dubbio, non posso fare a meno di sentirmi
felice come lo stesso Indiana Jones.”
Ricordiamo che le riprese di
Indiana
Jones 5dovrebbero partire in
primavera. Prima dell’ingaggio di Mangold, la sceneggiatura era
stata affidata a David Koepp, he ha poi lasciato il progetto insieme
a Spielberg. Prima di Koepp, ancheJonathan Kasdan (figlio dello sceneggiatore
de I predatori
dell’arca perduta,Lawrence
Kasdan) aveva messo le mani sullo script. L’uscita nelle sale del
filmè già stata
posticipata diverse volte: inizialmente previsto per il 19 Luglio
2019, il film è stato rinviato prima al 10 Luglio 2020, poi al 9
Luglio 2021 e infine al 29 Luglio 2022.
Indiana Jones è una saga cinematografica
basata sulle avventure dell’immaginario archeologo ideato
da George
Lucas. La saga, con Harrison
Ford nel ruolo di Indiana Jones, è iniziata nel
1981 con la distribuzione del film I predatori dell’arca
perduta. Un prequel intitolato Indiana
Jones e il tempio maledetto è uscito nel 1984, mentre
il sequel Indiana Jones e l’ultima crociata nel
1989. Un quarto film, Indiana Jones e il regno del teschio
di cristallo, è uscito nei cinema nel 2008. I film sono
stati tutti diretti da Steven
Spielberg.
Disponibile dal
9 aprile su tutte le piattaforme digitali,
Judas and the Black Messiah è il nuovo film di
Shaka King che si inserisce in una stagione dei
premi davvero insolita (quella nell’Era del Covid), ma, da una
prospettiva più ampia, anche in un filone di cinema contemporaneo
che prova a ri-raccontare le battaglie per i Diritti Civili in un
contesto storico, il nostro, in cui queste voci vengono ascoltate,
di fronte alla necessità di rispolverare quelle lotte e quelle
rivendicazioni.
La storia scritta da King
con Will Berson, racconta di William O’Neil, un ladro di
automobili, che nel 1968 fa un accordo con un agente dell’FBI, Roy
Mitchell: tutti i suoi capi d’accusa verranno condonati se, da
infiltrato nelle Black Panthers, comunicherà al bureau segreti e
dettagli sulla vita di uno dei leader nascenti del movimento, Fred
Hampton. Il desiderio di rivalsa personale di O’Neil si confonderà
presto con il carisma, la dedizione, la forza d’animo del più
giovane leader che il movimento delle Pantere Nere abbia mai
avuto.
Shaka
King prova a portare avanti un discorso ragionato su due
piani della realtà. Il primo è quello che con una lente di
ingrandimento si avvicina ai protagonisti, Hampton e O’Neil. Le due
individualità, differenti e per molti versi antitetiche, si
confrontano in un racconto che seppure è ambientato all’interno di
un movimento per i Diritti Civili, resta orientato verso l’interno
di una piccola comunità. Hampton grande aizzatore di folle,
carismatico e affascinante, si incontra con O’Neil che, nascondendo
un doppio fine, molto più individualista di ciò che l’apparenza
lascia trapelare, si lascia in qualche modo sedurre da questo
mondo, da questa ideologia, da questa necessità di uguaglianza che
era ancora lontanissima all’epoca e che ancora non è
raggiunta.
Il traditore
Giuda si lasciò sedurre
dalla parola di Gesù, lo seguì e a suo modo lo servì, tuttavia le
intenzioni del suo Maestro non si allinearono con le sue, più
terrene e individualiste, alla fine e così scelse di tradirlo,
pensando che quella sarebbe stata la via più diretta ad ottenere la
“sua” giustizia. A O’Neil accade il contrario, entrato nelle grazie
di Hampton con l’intenzione di tradirlo, si lascia sedurre dalla
sua parola pur portando avanti il suo progetto.
Il secondo grande binario
su cui si muove King, nel suo racconto di
Judas and the Balck Messiah è la grande Storia, quella
che mette a confronto un movimento tutt’altro che pacifista ma
assolutamente giusto, in un mondo come il nostro dove la giustizia
e la legalità non sempre coincidono, con un’organizzazione statale
che non sempre ha operato o opera nella legalità, appunto. Il film
mette bene in evidenza in che misura l’FBI abbia operato contro le
Black Panther e con che strumenti, pur di mantenere uno status quo
in cui nemmeno i singoli membri del bureau credevano, come dimostra
il personaggio d Roy Mitchell, vero e proprio impiegato
burattinaio.
Talentuosi giovani
protagonisti
E se la ricerca storica
di King, la sua granitica posizione politica, il suo racconto
essenziale fanno di
Judas and the Black Messiah un buon film, l’elemento
di eccellenza risiede tutto nella scelta del cast e nelle
interpretazioni dei giovani interpreti. Daniel Kaluuya sta raccogliendo grandi frutti
nel corso della stagione dei premi in corso, mentre
ambisce anche all’Oscar, grazie alla sua prova nei panni del
pastore Hampton. Una performance rigorosa, solida, ispirata,
composta che rende giustizia al giovane talento esploso con
Get Out – Scappa. Tuttavia il vero cuore emotivo
del film è senza dubbio LaKeith Stanfield, che con
la sua interpretazione nervosa apre allo spettatore uno spiraglio
per entrare dentro alla narrazione. Menzione speciale anche a
Jesse Plemons che, dai tempi di Breaking Bad,
continua a crescere, senza mai sbagliare un ruolo.
Judas and the Black Messiah offre un quadro storico
accurato di ciò che è stato il movimento delle Black Panthers, ma
soprattutto regala al cinema una storia potente e a due giovani
attori un palcoscenico davvero prezioso per mostrare le proprie
doti.
Non mi
uccidere, il teen drama e intensa storia d’amore
dalle tinte horror, scritto da Gianni
Romoli, il collettivo GRAMS e lo stesso
Andrea De Sica e liberamente ispirato all’omonimo
romanzo di Chiara Palazzolo (che riuscirà nelle
librerie il 29 aprile edito da SEM Società Editrice
Milanese) debutta in on demand dal 21
aprile per l’acquisto e il noleggio su Apple Tv app,
Amazon Prime Video, Youtube, Google Play,
TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film
& TV e per il noleggio su Sky Primafila e Infinity.
Protagonista
Alice Pagani.
Mirta ama Robin alla follia, lui
le promette che sarà amore eterno. In una cava abbandonata, la
voglia di trasgredire costa la vita a entrambi. La ragazza però si
risveglia e non può che sperare che Robin faccia lo stesso, proprio
come le aveva promesso. Ma niente è come prima. Mirta capisce di
essersi trasformata in una creatura che per sopravvivere si deve
nutrire di carne umana. Ha paura. Braccata da uomini misteriosi,
combatte alla disperata ricerca del suo Robin.
Completano il cast Silvia
Calderoni, Fabrizio Ferracane,
Sergio Albelli e con Giacomo
Ferrara, con la partecipazione di Anita
Caprioli. Il film è una produzione Warner Bros.
Entertainment Italia e Vivofilm, prodotto daMarta Donzelli e
Gregorio Paonessa, con il sostegno di MiC
– Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e IDM Alto Adige
e Regione Lazio – Fondo Regionale per il Cinema e
l’Audiovisivo.
La fotografia è di Francesco
Di Giacomo, la scenografia di Daniele
Frabetti, i costumi di Chiara Ferrantini,
il montaggio di Pietro Morana, il casting di
Gabriella Giannattasio. Le musiche originali sono
composte da Andrea Farri e Andrea De
Sica.
SKY ha diffuso il trailer ufficiale
di Domina,
la nuova serie che debutterà tutta subito il 14
maggio su Sky e NOW. Domina,
la nuova serie Sky
Original che racconta per la prima volta dal punto di
vista delle donne le lotte per il potere durante il principato di
Gaio Ottaviano, il celebre Cesare Augusto, primo imperatore romano.
Prodotta da Sky Studios e Fifty Fathoms, con Cattleya nel ruolo di
executive production service, la serie è una grande coproduzione
internazionale in otto episodi perlopiù girati presso i Cinecittà
Studios di Roma.
Un epico dramma in costume e un
racconto estremamente contemporaneo, che segue la vertiginosa
ascesa della terza moglie di Gaio, Livia Drusilla, interpretata da
Kasia Smutniak (Perfetti
Sconosciuti,Loro, Diavoli), protagonista nei panni
della terza moglie di Augusto: la sua incredibile storia vera
ridefinì completamente le aspirazioni che a quel tempo una donna
poteva perseguire, finendo per segnare per sempre le sorti
dell’Impero romano. A interpretarla nei primi due episodi, da
giovanissima, Nadia Parkes (Doctor Who, The Spanish Princess).
Accanto a Kasia Smutniak un grande cast internazionale:
Matthew McNulty (Misfits) nei panni del
futuro imperatore Gaio Ottaviano (nei primi due episodi
interpretato da Tom Glynn-Carney – Dunkirk, ll re, Tolkien);
Claire Forlani (Vi presento Joe Black)
interpreta Ottavia, sorella di Gaio; Christine
Bottomley(The End of the F***ing World) sarà
Scribonia, prima moglie di Gaio nonché acerrima nemica di
Livia;Colette Dalal Tchantcho (The
Witcher) nei panni di Antigone, prima fidata ancella di
Livia e poi donna libera sua confidente; Ben Batt
(Captain America: Il primo vendicatore) interpreta
Agrippa, amico d’infanzia di Gaio Ottaviano, suo generale e poi
console.
Insieme a loro, una star
internazionale come Liam Cunningham (Il Trono di
Spade) nel ruolo di Livio, padre di Livia Drusilla, e
un’icona della cinematografia mondiale, Isabella
Rossellini (Velluto Blu, La morte ti fa bella),
che nella serie interpreterà Balbina. Grandi eccellenze italiane di
rilievo internazionale nel cast tecnico, a partire dal Premio Oscar
Gabriella Pescucci che ha curato i costumi della
serie, Luca Tranchino (Prison Break) alla
scenografia, Katia Sisto (Penny Dreadful)
al make-up e Claudia Catini (Trust: Il
rapimento Getty) all’hair design. La serie è stata ideata e
scritta da Simon Burke (Fortitude, Strike
Back). Con lui alla sceneggiatura anche Nicola Wilson, Emily
Marcuson e Namsi Khan Dietro la macchina da presa Claire
McCarthy (Ophelia, The Luminaries), che
guida un team di regia completato da David Evans (Downton
Abbey, Cucumber) e Debs Paterson.
https://youtu.be/HU3OmCAAVtc
La trama
La storia segue il viaggio e
l’ascesa di Livia, da ragazza ingenua il cui mondo si sgretola
sulla scia dell’assassinio di Giulio Cesare, fino a diventare
l’imperatrice più potente e influente di Roma, guidata da un
profondo desiderio di vendicare il padre e di garantire il potere
ai suoi figli. Ci riuscirà, brillantemente, sposando l’uomo che
tutto le aveva tolto, ma scoprirà presto che non basta conquistare
il potere: occorre essere in grado di tenerlo in pugno quando tutti
gli altri lo bramano per sé.
DOMINA è una serie Sky
Original prodotta da Sky Studios e Fifty Fathoms, con Cattleya nel
ruolo di executive production service. Produttori esecutivi sono
Patrick Spence, Marcus Wilson, Faye Dorn, Simon Burke e Claire
McCarthy, insieme a John Phillips. La distribuzione internazionale
è affidata a NBCUniversal Global Distribution.