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Bird: recensione del film di Andrea Arnold – Cannes 77

Degli uccelli si librano in volo nella prima immagine di Bird, il nuovo film della regista inglese Andrea Arnold, presentato in concorso al Festival di Cannes 2024. Il nostro osservarli nella loro completa libertà è però ostacolato dall’inferriata di un ponte, che ci comunica dunque come il desiderio di potersi unire a quel volo sia di fatto negato. È questa la condizione vissuta dalla protagonista, Bailey, nuova giovane eroina del cinema della Arnold dopo Mia Williams in Fish Tank (2009) e Star in American Honey (2016). Su di lei e sulla sua bramosia di spiegare le ali la Arnold costruisce dunque un nuovo meraviglioso racconto di formazione, con la grazia e la vitalità che da sempre la rendono una regista unica nel suo genere.

Per condurci in questo nuovo viaggio dall’infanzia all’adolescenza, la Arnold torna poi in quella periferia residenziale già teatro dei suoi primi lavori: il già citato Fish Tank e l’opera d’esordio Red Road (2006), ma anche con i cortometraggi Dog (2001) e Wasp (2003, con cui ha vinto l’Oscar). Dopo la parentesi statunitense con American Honey, ritrova infatti in questi luoghi tutti gli elementi di cui ha bisogno per produrre un cinema istintivo, che non si preoccupa di mostrare la brutalità di certi ambienti e dei figli che sviluppa, i quali però si dimostrano in grado di sognare la libertà oltre lo squallore che li circonda. Spiccare il volo, in altre parole, anche se per imparare a farlo occorre il coraggio di lanciarsi nel vuoto.

La trama di Bird: imparare a volare

Protagonista di Bird è dunque Bailey (Nykya Adams), una ragazza di 12 anni che vive con il padre Bug (Barry Keoghan) e il fratello Hunter (Jason Buda) in una casa abusiva nel Kent settentrionale. Bug non ha molto tempo per i suoi figli, dato che sta per risposarsi con Peyton (Jasmine Jobson) e pertanto Bailey, che si sta avvicinando alla pubertà, cerca attenzioni e avventure altrove. Le trova nello stravagante Bird (Franz Rogowski), un giovane dal misterioso passato in cerca dei suoi genitori. Nell’aiutarlo a trovarli, Bailey avrà modo di spiccare quel volo tanto desiderato.

Crescere in periferia

Bailey guarda dunque gli uccelli volare nel cielo e li invidia per la loro libertà, lei che è invece costretta a vivere in una casa (o meglio, un intero palazzo) a dir poco malmessa: graffiti sui muri, cianfrusaglie ad ogni angolo, mosche morte alla finestra, porte pericolanti, il suo letto che non è altro che un materasso poggiato sul pavimento e un padre distrato dai propri discutibili affari. Fuori da lì, un quartiere dimenticato da Dio e da chi dovrebbe averne cura, abbandonato al degrato, all’abbruttimento e per tanto senza nessuna concreta prospettiva di futuro per i più piccoli ma anche per i loro genitori, tutti poco più che ragazzi.

Per raccontare il disagio e la precarietà di questa vita Arnold segue Bailey da vicinissimo con una camera a mano, che se da un lato ci restituisce tutta la sua instabilità emotiva, dall’altro conferisce alle immagini e al racconto di cui si fanno portatrici una contagiosa carica di vitalità. È sorprendente come la regista dimostri di non aver minimamente perso né diminuito il suo entusiasmo per questi racconti e i loro protagonisti, riportandoli al pubblico con la stessa energia che potrebbe avere un o una giovane regista esordiente ed entusiasta.

Attraverso Bailey, Arnold ci conduce dunque alla scoperta di un mondo e delle sue regole, dove si cresce troppo in fretta e soprattutto da soli. Un mondo sul quale la Arnold non ci inganna: non è bello, per niente, ma la sincerità con cui viene riproposto al pubblico riesce ad ogni modo a farlo sembrare affascinante e molto più sincero di contesti più benestanti. E proprio come avveniva in Fish Tank – di cui Bird sembra essere in tutto e per tutto un fratello gemello – i luoghi diventano naturalmente altro oltre quello che ci appare in primo luogo, facendosi specchio dell’anima di una protagonista che non può più attendere per spiccare il suo primo volo.

Bailey e Bird

Bailey è infatti pronta a scoprire la propria identità, a diventare una donna, a prendere coscienza del proprio ruolo nel mondo. La sua trasformazione – naturalmente – avviene soprattutto a livello fisico e se inizialmente sembra quasi difficile stabilire se sia una ragazza o un ragazzo (per via degli abiti che indossa, del taglio dei capelli), progressivamente sboccia la sua natura femminile, prima attraverso l’uso del trucco e infine con l’arrivo del primo ciclo mestruale. Tappe di un percorso che la giovane è costretta in buona parte a compiere da sola, con noi come suoi testimoni e unici confidatari.

Oltre agli spettatori, il suo angelo custode diventa però Bird, giovane in cerca delle proprie radici che ha continuamente bisogno di elevarsi sopra le cose per capire dove si trovi nel mondo. Un personaggio che non ha bisogno di troppe spiegazio o di un solido background, facendosi piuttosto portatore di quel desiderio di ricercare le proprie origini, a partire dalle quali si può ancor meglio definire la propria storia e la propria identità. Bird non è solo l’angelo custode di Bailey, ma diventa per lei l’ispirazione a spignersi più in là di quanto aveva mai osato fare.

Andrea Arnold realizza un nuovo emozionante coming of age

Prende così forma un coming of age del miglior tipo, di quelli che non nascondono le difficoltà dell’esistenza dei protagonisti, riuscendo a catturare il meglio e il peggio di quel delicatissimo momento di transizione della vita di ognuno di noi quale è il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Arnold ci riesce rimanendo fedele a questi personaggi e alle loro emozioni, trattandoli tutti con la stessa dignità, da Bailey allo stravagante Bird e fino all’esuberante Bug. Per questi ultimi due, in particolare, la regista si affida a due attori molto noti che si mettono completamente al servizio dei loro personaggi restituendone tutta l’umanità di cui, nel bene o nel male, sono dotati.

Diventa così molto facile appassionarsi e lasciarsi commuovere dalle loro avventure e disavventure, potendo ritrovare con molta facilità – pur con le dovute differenze – pensieri e stati d’animo che possono essere stati propri di ognuno di noi a quell’età. Un età in cui ogni novità fa paura e può sembrare la fine del mondo, quando basterebbe semplicemente avere accanto chi ti sussurrà che non c’è motivo di preoccuparsi, che tutto andrà bene. Nel far ciò – e grazie anche ad una straordinaria scelta di brani musicali – Bird si conferma uno dei coming of age più emozionanti visti di recente, capace di rimanere con lo spettatore ben oltre la sua conclusione.

Jonathan Millet racconta Ghost Trail, spy thriller sui fantasmi di un uomo

In occasione della presentazione del suo primo lungometraggio di finzione alla Settimana della critica di Cannes 77, Ghost Trail, il regista Jonathan Millet ci ha raccontato la genesi di questo progetto, uno spy thriller che trasuma umanità rielaborando alcuni codici del genere spy thriller. Protagonista della pellicola è Hamid, membro di un’organizzazione segreta che dà la caccia ai criminali di guerra, vaga da solo per la Francia e la Germania alla ricerca del suo persecutore. Con l’intensa e spettrale interpretazione di Adam Bess, Ghost Trail è un film di spionaggio intimo, avvincente e sensoriale, la cui potenza ricorda i classici film di cospirazione americani degli anni ’70.

Ho fatto molte ricerche, parlato con tantissimi rifugiati siriani, che mi hanno parlato della loro vita, della prigione, di tutto ciò che succedeva dentro e poi mi sono imbattuto nella storia dei prigionieri di Saydanaya. Ero certo che questo era il film che volevo fare, prendendo tutto quello che avevo messo da parte per il documentario. Ho ricevuto delle testimonianze talmente profonde che sapevo che avrei usato i mezzi della finzione per portare queste storie al pubblico”, ha raccontato Millet sulla nascita del progetto.

Una scena di Ghost Trail (Credits: Semaine de la Critique)
Una scena di Ghost Trail (Credits: Semaine de la Critique – Festival de Cannes)

Ho passato molto tempo in Siria, prima della guerra, quindi mi ha dato un personal link. Ho molti amici lì che mi hanno mandato foto e video della guerra. Passare tanto tempo all’estero è stata la mia scuola di cinema. Mi ha insegnato come filmare le persone, come sfruttare la realtà per esprimere una verità. Per Ghost Trail abbiamo girato molto in vere location, qualcosa che la crew mi aveva detto essere impossibile ma, dopo tanti tè e tante chiacchiere, sono riuscito a convincere di lasciarmi girare lì e con tutte le vere persone“.

Per quanto riguarda il giocare con i codici dello spy movie e del documentario: “Mi sono approcciato allo spy movie nel momento in cui gli esiliati mi hanno detto che non potevano dire il loro nome perchè avevano raccontato una storia diversa per ottenere la visa, che avevano paura. Volevo raffigurare l’intensità e il rischio e sapevo di voler fare un film di genere. Adoro i film di spionaggio ma non si può dire che siano stati una vera ispirazione nel processo, perchè volevo fare il mio film, centrandolo su un punto di vista umano. Viviamo tutto attraverso gli occhi di Hamid, non c’è un punto di vista spettacolare, solo alcune scene che rimandano effettivamente al genere. Ad esempio, il grande scontro finale tra i due eroi, in questo caso, il climax del mio film sono due uomini seduti su una sedia che parlano della vita e, a un certo punto, uno dice che se ne deve andare. Ho voluto lavorare soprattutto col montaggio e il sonoro per far pensare allo spettatore: “wow, questa è la battaglia più grande che abbia mai visto“.

Il processo di casting è stato molto lungo, Millet ha dichiarato di essere stato alla ricerca di un attore con specifiche caratteristiche, e così ha trovato Adam Bess: “Ha l’intensità e l’interiorità che stava cercando, volevo qualcuno che semplicemente stando seduto riuscisse a trasmettere un ampio spettro di emozioni, che si sentissime il suo corpo tremare. Doveva essere credibile il fatto che ha vissuto la cosa peggiore del mondo ma non è in grado di dirlo: ci doveva essere una connessione immediata. Abbiamo lavorato molto sui dettagli e sulla gestualità, come un uomo che è stato in prigione tiene in mano un bicchiere, come si siede, il pubblico doveva capire che c’era qualcosa di rotto in lui ma senza dirlo mai“.

Volevo trasformare i miei personaggi in eroi del cinema per rendere omaggio a queste storie di esilio di cui avevo sentito parlare e che avrebbero fatto impallidire qualsiasi sceneggiatore di film d’avventura. La prima cosa che mi ha colpito della storia di questi esuli è l’urgenza e la modernità“, ha svelato Millet.

Il Signore degli Anelli, il produttore dei film rivela quali diritti dispone dopo la serie tv Gli Anelli del Potere

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Ci sono state molte speculazioni su chi detiene i diritti del franchise de Il Signore degli Anelli. L’anno scorso, la New Line Cinema ha rinnovato la licenza di 25 anni con la Middle-earth Enterprises, una società ora di proprietà dell’Embracer Group.

La società ha immediatamente pianificato lo sviluppo di una nuova serie di film, il cui primo film è stato recentemente confermato essere Il Signore degli Anelli: The Hunt for Gollum di Andy Serkis.

Amazon, invece, ha negoziato direttamente con la Tolkien Estate per i diritti che la famiglia ancora deteneva al di fuori di New Line, MEE o Embracer, spiegando perché Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere è un “prequel” dei film che vengono distribuiti in streaming e non nelle sale.

È interessante notare che sia New Line che Amazon possono ora utilizzare gli stessi personaggi… solo in momenti diversi della loro vita. Parlando con Deadline, la produttrice e scrittrice dei film Philippa Boyens ha affrontato il tema dei potenziali contrasti con la serie Prime Video.

C’è abbastanza spazio per molte persone che possono esistere all’interno di questo spazio“, ha detto. “Non abbiamo mai voluto essere i guardiani della Terra di Mezzo. A volte gli altri ti mettono in quella posizione, ma noi non ci sentiamo così. Onestamente, non ho visto nulla di tutto ciò. Non ho voluto guardare troppo, perché non volevo essere influenzato“.

Ma penso che sia un’epoca fantastica, come scelta. La realizzazione degli anelli del potere è un pezzo brillante di narrazione. È un’epoca fantastica, piena di personaggi affascinanti“.

“Abbiamo il diritto al Signore degli Anelli e alle appendici, e basta”, ha chiarito Boyens. “Mi piacerebbe che si ampliasse se ci fosse l’opportunità di farlo, ma c’è così tanto in quei tre libri… guardate la Guerra dei Rohirrim. È una pagina e mezza a prima vista nei libri. Ma ci sono molti fili conduttori in tutto il libro”.

Quali altre storie potremo vedere al cinema de Il Signore degli Anelli?

Avendo a disposizione solo i libri principali, i film de Il Signore degli Anelli si limiteranno a espandere piccoli momenti come questo in storie per il grande schermo, il che significa che molto di ciò che vedremo in futuro dovrà essere in gran parte materiale originale.

Questo non significa che racconti come La guerra dei Rohirrim non valgano la pena di essere esplorati, secondo Boyens.

La Guerra dei Rohirrim si colloca 200 anni prima degli eventi dell’Anello, ed è davvero una storia a sé stante“, dice. “È stata una delle ragioni per cui sono arrivato a quella storia quando stavamo cercando di fare qualcosa che si adattasse all’anime. Volevamo fare qualcosa che non avesse nulla a che fare con gli anelli del potere, Sauron, la Torre Oscura o i maghi“.

È la storia di un popolo che si sta distruggendo. Quindi mi è sembrato davvero adatto, non solo per l’anime, ma anche per una nuova forma d’arte quale è l’anime, e per cercare di raccontare una storia basata sulla Terra di Mezzo senza toccare i film live action, se questo ha senso”.

Il Signore degli Anelli: The War of the Rohirrim arriverà nelle sale il 13 dicembre, mentre The Hunt for Gollum seguirà nel 2026.

Ghost Trail: recensione del film di Jonathan Millet – Cannes 77

La Settimana della Critica a Cannes 77 si apre con un thriller di spionaggio di cui sentiremo parlare parecchio nel corso dell’anno. Ghost Trail (Les fantômes), coproduzione franco-belga-tedesca, diretto da Jonathan Millet, è un teso racconto di spionaggio ambientato sullo sfondo della crisi dei rifugiati della guerra siriana, con una coinvolgente interpretazione del protagonista Adam Bessa, nei panni di un professore che, durante la guerra civile siriana, è stato detenuto nella terribile prigione-mattatoio di Saydnaya, dopo il suo rilascio è fuggito in Europa e, qualche anno dopo, è in cerca di un connazionale a Strasburgo.

Con Ghost Trail, il regista francese Jonathan Millet, che ha lavorato a film e brevi documentari sulla frontiera di Ceuta, sull’Antartide o sulla scomparsa della lingua Taushiro nell’Amazzonia peruviana, dà una lezione di rigore formale e drammatico nel raccontare quello che è essenzialmente un thriller di spionaggio senza alcun tipo di sensazionalismo. Millet presenta una brillante opera prima che, sotto la copertura della storia di un’organizzazione segreta alla ricerca di un ex criminale di guerra siriano, affronta in modo appropriato il sentimento dell’esilio.

Ghost Trial, alla ricerca di un uomo-fantasma

Hamid (Adam Bessa) ha perso la sua famiglia durante la guerra in Siria. Dopo aver lasciato Saydnaya, è fuggito in Europa, ma sua madre vive in un campo profughi in Libano. Conduce un’esistenza anonima e dignitosa a Strasburgo mentre cerca criminali di guerra in fuga, collaborando con un gruppo di vigilantes con cui si organizza durante partite di un videogioco di guerra. Con una fotografia in mano, Hamid gira per i cantieri e i centri di accoglienza di Strasburgo alla ricerca della sagoma sfocata di un uomo. Non si tratta di un parente, come la sceneggiatura rivela gradualmente con grande sottigliezza, ma di Harfaz, un ex torturatore siriano che, senza mai mostrarsi, ha torturato decine di oppositori del regime. Hamid, ex vittima di Harfaz e membro di un’organizzazione segreta di cittadini siriani che perseguono i criminali di guerra, fa ricadere i suoi sospetti su uno studente dell’Università di Chimica.

Perseguitato dal suo aguzzino, Hamid diventa a sua volta uno spettro e, in un gioco di doppi dalla scrittura elegante, segue il sospettato passo dopo passo nella sua vita quotidiana. Come un morto tra i vivi, Hamid osserva il riflesso antitetico di una vita opposta alla sua, perché a differenza sua, il potenziale Harfaz, interpretato da un notevole Tawfeek Barhom, si è integrato perfettamente in questa nuova vita a Strasburgo.

Dialogare in silenzio, scovando il colpevole

Vediamo Hamid per la prima volta spalare macerie a Strasburgo ma, nel corso di Ghost Trail, verrà chiesto al personaggio scavare nel fango in un modo completamente diverso, quando viene reclutato da un gruppo di siriani esiliati come lui, che cercano di portare giustizia a coloro che hanno perpetrato crimini di guerra dispersi all’estero. Hamid viene incaricato di trovare Sami Hamma, un noto torturatore che si pensa si sia trasferito in Europa, e piuttosto che farlo sentire in pericolo, almeno fisicamente, inseguendo il bruto, Millet lascia che la ricerca di Hamid riveli la paura pervasiva che esiste tra la diaspora, dato che pochi sono disposti a rispondere alle sue domande mentre visita i centri di accoglienza, non volendo fidarsi di nessuno dopo quello che hanno vissuto. Anche tra il gruppo per cui lavora, Hamid avverte una certa reticenza mentre si reca in un internet café e fa rapporto con la scusa di un gioco online multigiocatore di massa in cui tutti possono mantenere le distanze mentre conversano senza essere visti.

Una scena di Ghost Trail

Hamid esiste nel passato

Bessa interpreta in modo accattivante ed enigmatico un personaggio che non riesce a essere pienamente se stesso con nessuno, dalla madre a cui deve assicurare che sta bene quando chiaramente non lo è, a Yara (Hala Rajab), una compagna rifugiata di cui si guadagna la fiducia quando entrambi riescono a citare la letteratura siriana presentandosi come ex professore, ma non possono rivelare cosa stia facendo ora. Sebbene Hamid sia paralizzato dal passato, Ghost Trail ha lo sguardo fisso su quanto sia complicato il suo futuro, facendo impallidire il teso inseguimento di un fuggitivo rispetto alla ricerca di chi sia dopo lo sfollamento.

Ghost Trail tratta anche con grande empatia il tema dell’esilio e tutte le difficoltà che comporta l’adattamento a un altro paese dopo un tale trauma. In diverse occasioni, ad esempio, crediamo che stia nascendo una potenziale storia d’amore tra il protagonista e una ex studentessa di medicina, anch’essa rifugiata, ma Jonathan Millet smentisce le nostre aspettative mostrando i limiti sociali e relazionali posti da tali traumi. C’è qualcosa di fondamentalmente rotto dentro Hamid, che cerca di tenere tutto insieme dopo l’esplosione di una bomba che ha tolto la vita a sua moglie e a sua figlia, e nel riflettere un’esperienza frammentata in cui i pezzi saranno sempre mancanti, il regista costruisce in modo inventivo un insieme potente.

Ms. Marvel – stagione 2 in discussione e maggiori dettagli su NOVA?

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Finora, LOKI è l’unica serie Disney+ basata sulla Marvel a ottenere una seconda stagione, ma ora le voci su possibili nuovi rinnovi si stanno intensificando il  che potrebbe essere in programma una seconda stagione per un altro show popolare.

Secondo Daniel Richtman, si sta discutendo di una seconda stagione di Ms. Marvel, ma non è ancora stata presa una decisione definitiva. Abbiamo sentito che Kamala Khan (Iman Vellani) sarà un personaggio importante nel MCU, quindi una seconda stagione del suo show avrebbe senso. Detto questo, il debutto della Khan sul grande schermo, The Marvels, ha avuto un rendimento molto basso, e questo potrebbe influenzare la decisione della Marvel/Disney.

In modo piuttosto controverso per i fan di lunga data del personaggio, Khan è stata rivelata come mutante nel finale della prima stagione, riconvertendo il suo status di Inumano dai fumetti.

Questa nuova origine è stata presto trasferita sulla pagina (anche se mantiene la sua natura inumana), con Khan che è diventato l’ultimo membro degli X-Men, e questa è la direzione in cui Iman Vellani vorrebbe vedere il suo personaggio se dovesse avere l’opportunità di riprendere il ruolo.

Durante un’intervista rilasciata a ComicBook.com nel 2023, a Iman Vellani è stato chiesto quale super-squadra le piacerebbe di più vedere Kamala nel MCU.

Sul grande schermo? X-Men. Non credo sia una risposta sbagliata. Penso che gli X-Men siano così forti e che la rendano davvero un mutante legittimo e che tutti gli oppositori non possano più dire di no“.

Richtman ha anche condiviso un aggiornamento sulla serie Nova, di cui vi abbiamo parlato ieri. L’insider ha saputo che il “giovane protagonista” attualmente ricercato è in realtà un ventenne, il che significa che il personaggio potrebbe essere Richard Rider e non l’incarnazione moderna dell’eroe spaziale, Sam Alexander.

La serie tv Ms. Marvel

Ms. Marvel vanta un punteggio Rotten Tomatoes del 98%, anche se non sappiamo ancora quante persone hanno visto la serie Disney+ di 6 episodi. Con questo in mente, quando Iman Vellani tornerà nel MCU, ci aspettiamo che faccia parte di un ensemble in un progetto come Young Avengers.

Ms. Marvel è una nuova serie originale che presenta Kamala Khan, un’adolescente americana musulmana che cresce a Jersey City”, si legge nella sinossi aggiornata dello show. “Kamala è un’appassionata di videogiochi e una vorace scrittrice di fanfiction, è una mega fan dei supereroi con un’immaginazione smisurata, in particolare quando si tratta di Capitan Marvel. Eppure Kamala si sente inadeguata a scuola e a volte anche a casa, fino a quando non ottiene i superpoteri come gli eroi che ha sempre ammirato. La vita migliora con i superpoteri, giusto?”.

Ms. Marvelè interpretato anche da Aramis Knight, Saagar Shaikh, Rish Shah, Zenobia Shroff, Mohan Kapur, Matt Lintz, Yasmeen Fletcher, Laith Nakli, Azhar Usman, Travina Springer e Nimra Bucha.

Deadpool & Wolverine, le foto dietro le quinte rivelano sguardi inediti ai costumi dei protagonisti!

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Dopo un paio di settimane intense che ci hanno visto ricevere aggiornamenti quasi quotidiani su Deadpool & Wolverine, ultimamente è tutto tranquillo. Ora, però, i Marvel Studios hanno pubblicato nuove foto dietro le quinte che mostra il regista Shawn Levy e le star Hugh Jackman (Wolverine) e Ryan Reynolds (Deadpool) sul set di Time Variance Authority del trequel.

I costumi colorati spiccano e, ancora una volta, non c’è traccia della maschera di Logan. O è presente in Deadpool & Wolverine solo per una o due scene o è stato deciso che coprire il volto di Hugh Jackman nei materiali di marketing non è una mossa saggia.

Tutti pensavano che il ritorno di Hugh fosse il risultato di me o di Ryan che lo assillavamo o lo sollecitavamo senza sosta“, ha detto recentemente Levy a proposito del ritorno di Jackman nei panni di Wolverine. “Ma ancora più miracolosamente, questo è stato il risultato di un’epifania di Hugh Jackman. Voleva fare questo team-up di Logan e Deadpool, e quindi è stata davvero una telefonata che ha aperto il cielo e che ha cambiato tutto“.

Si tratta ancora di Wade che ha a che fare con alcuni problemi, ma si tratta molto di due personaggi, due eroi e due uomini tormentati sollevati insieme in un viaggio condiviso“, aggiunge il regista.

Essendo un film a due mani, una storia di petrolio e acqua, questo film trae ispirazione dai grandi film di quel genere. Ciò significa tutto, da Fuga di mezzanotte [1988] e 48 ore [1982] a Rain Man [1988] e Planes, Trains and Automobiles [1987], queste missioni che accoppiano una coppia di personaggi male assortiti. La gioia che proviamo come pubblico nel vedere il rapporto che si evolve“. Ecco le foto di seguito:

Deadpool & Wolverine

Tutto quello che sappiamo su Deadpool & Wolverine

Deadpool & Wolverine riunisce il protagonista Ryan Reynolds con Shawn Levy, regista di Free Guy e The Adam Project, che ha firmato la regia dell’atteso progetto. Hugh Jackman uscirà finalmente dal suo pensionamento da supereroi per riprendere il ruolo di Wolverine. Sebbene i dettagli ufficiali della storia di Deadpool & Wolverine, con protagonista Ryan Reynolds, non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la serie di film di Deadpool – l’unica parte del franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di Reynolds si siano svolti in un universo diverso.

Ciò preserva i film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo interpretato da Hugh Jackman, viaggiare nell’universo principale dell’MCU. Nel film saranno poi presenti anche personaggi presenti nei primi due film di Deadpool, come Colossus e Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera che anche altri X-Men possano fare la loro comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della Marvel comparsi sul grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben Affleck.

Una voce recente afferma che anche Liev Schreiber sia presente riprendendo il suo ruolo Sabretooth. Di certo, Morena Baccarin (Vanessa), Karan Soni (Dopinder), Leslie Uggams (Blind Al), Rob Delaney (Peter) e Shioli Kutsuna (Yukio) torneranno tutti nei panni dei rispettivi personaggi, e a loro si uniranno i nuovi arrivati in franchising Emma Corrin (The Crown) e Matthew Macfadyen (Succession), i cui ruoli sono ancora segreti. Un recente report afferma inoltre che la TVA di Loki, incluso l’agente Mobius (Owen Wilson) e Miss Minutes, saranno coinvolti nel film. Deadpool & Wolverine uscirà nei cinema il 26 luglio 2024.

Bad Boys: Ride or Die, Will Smith in cerca di vendetta nel final trailer

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La Sony Pictures ha pubblicato un nuovo trailer di Bad Boys: Ride or Die, che uscirà nelle sale tra poche settimane, il 7 luglio, in ITALIA il 13 Giugno. Buone notizie per gli appassionati di cinema: il film sarà proiettato anche in formati premium come IMAX, 4DX e Dolby, oltre agli schermi standard. Chris Bremmer, che ha scritto la sceneggiatura dell’amato sequel di 2020 legacy, Bad Boys for Life, torna sulla sedia dello scrittore per Bad Boys: Ride or Die.

Come i fan di Bad Boys si aspettano da anni, il nuovo trailer mostra un sacco di azione e di azione, oltre ad alcune scene mozzafiato e ad alcune anticipazioni di momenti emotivamente pesanti. Le star Will Smith e Martin Lawrence hanno recentemente anticipato archi narrativi più profondi per i loro personaggi, in particolare per il Marcus di Lawrence, perché Bad Boys: Ride or Die cerca di rompere gli schemi e dimostrare che sono tornati in sella per qualcosa di più di un semplice guadagno. La Sony Pictures ha rilasciato costantemente nuovi teaser e poster in vista del film, ognuno dei quali mostra Smith e Lawrence che si muovono nella splendida città di Miami in modi che non abbiamo mai visto prima.

Bad Boys: Ride or Die” sarà l’ultimo film di “Bad Boys”?

Non è stato comunicato ufficialmente se Bad Boys: Ride or Diesarà l’ultimo capitolo del viaggio di Mike e Marcus, ma entrambi gli attori hanno espresso interesse nel continuare la storia oltre questo film. Il capitolo più recente, Bad Boys for Life del 2020, è stato accolto molto bene sia dai recensori che dai fan, ottenendo un punteggio “certified fresh” del 76% dalla critica e una valutazione quasi perfetta del 96% dal pubblico sul sito aggregato Rotten Tomatoes. Questi numeri si sono tradotti in uno straordinario successo al botteghino: il film ha incassato più di 200 milioni di dollari in territorio nazionale e internazionale per un totale mondiale di 426 milioni di dollari, compreso un weekend di apertura nazionale di oltre 70 milioni di dollari. Tutto questo con un budget dichiarato di 90 milioni di dollari; se i Bad Boys riusciranno a continuare a rastrellare grandi quantità di denaro con un budget di 90 milioni di dollari (considerato piuttosto basso per i blockbuster moderni), si saranno più che guadagnati la possibilità di fare altri film in futuro.

Horizon: An American Saga, trailer ufficiale e data di uscita della saga di Kevin Costner

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Warner Bros Italia ha diffuso il trailer ufficiale di Horizon: An American Saga, l’attesa epopea western di e con Kevin Costner. Questa estate, vivi il grande viaggio che ha fatto l’America. Horizon: An American Saga. Capitolo 1 al cinema dal 4 luglio. Capitolo 2 al cinema dal 15 agosto.

L’epopea western di Costner è in lavorazione da decenni, con l’attore che ha sviluppato il film come un unico film nel 1988, prima che si espandesse in una saga in più parti. Costner recita, dirige, scrive e produce entrambe le parte. Sebbene il Capitolo 1 e il Capitolo 2 abbiano confermato le date di uscita, Costner ha precedentemente dichiarato le sue intenzioni di realizzare quattro film dal concetto originale.

Il nuovo filmato mostrato sottolinea i rischi che Kevin Costner sta correndo con Horizon, creando un’enorme saga che si svolge in più di un decennio di tempo. Tuttavia, ha già dimostrato di essere un regista di talento con Balla coi lupi. Il fatto che questo sia stato un suo progetto appassionato fin dalla fine degli anni ’80 significa che rifletterà una storia che ha sempre voluto raccontare e che potrà finalmente rappresentarla sul grande schermo come ha sempre desiderato. Sappiamo che il film sarà presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024.

Secondo la sinossi ufficiale del film, Horizon: An American Saga esplorerà un periodo di oltre un decennio di espansione nel West americano prima e dopo la guerra civile. Non è stato ancora rivelato nulla sul personaggio di Costner o su nessuno dei personaggi secondari, ma il film vanta un cast impressionante. Il film è diviso in due parti, Horizon: An American Saga – Capitolo 2 anche dovrebbe debuttare nel 2024.

Oltre a Costner, il cast di Horizon: An American Saga include Sienna Miller, Sam Worthington, Will Patton, Thomas Haden Church, Luke Wilson, Jena Malone, Dale Dickey, Abbey Lee, Isabelle Fuhrman, Jamie Campbell Bower, Michael Rooker e Giovanni Ribisi.

Ryan Gosling risponde a Kevin Feige che lo ha approvato per Ghost Rider del MCU

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Ryan Gosling, star di Barbie e di The Fall Guy, rimane il favorito dei fan per interpretare il Johnny Blaze del MCU in un futuro progetto su Ghost Rider. Tuttavia, nel momento in cui scriviamo, non c’è ancora alcuna indicazione chiara che i Marvel Studios abbiano intenzione di riportare lo Spirito della Vendetta nelle sale.

Storie soprannaturali come Werewolf at Night e l’imminente Agatha All Along (e anche Ironheart) potrebbero preparare il terreno per un eventuale debutto, ma Ryan Gosling è ancora interessato?

Interrogato da Josh Horowitz sul sigillo di approvazione del presidente dei Marvel Studios Kevin Feige, l’attore ha dichiarato: “È stato un momento magico. Ho detto a Josh che mi sarebbe piaciuto interpretare Ghost Rider. Lui ha trovato Kevin Feige, lo ha messo alle strette e gli ha fatto un’intervista. Quando ha detto ‘Mi piacerebbe’, si sono spente tutte le luci“. Per quanto riguarda l’eventualità che ci sia stato qualche movimento reale su questo fronte, un Gosling schivo ha risposto: “Non lo so“.

Quando Emily Blunt si è intromessa dicendo che non si aspettava che lui firmasse per un progetto di supereroi, il candidato all’Oscar le ha risposto: “Mi piacerebbe, sarebbe fantastico. Vieni a recitare in Ghost Rider“.

I Marvel Studios hanno detenuto i diritti del personaggio per anni e hanno permesso alla Marvel Television di utilizzare la versione di Robbie Reyes in Agents of S.H.I.E.L.D. per un breve periodo. Da allora, si vocifera che Johnny sia in procinto di fare il suo debutto nel MCU.

Ryan Gosling ha espresso più volte il suo interesse per un possibile ruolo in un film di supereroi e, nello specifico, per lo Spirito della Vendetta. Interpellato l’anno scorso (ed è a questo che Horowitz si riferisce nel video qui sotto), Feige ha detto: “Ehi amico, se Ryan vuole fare Ghost Rider… Gosling è incredibile. Ryan è incredibile. Mi piacerebbe trovare un posto per lui nel MCU“.

L’attore ha già detto di aver rifiutato molti ruoli da supereroe, ma non ha voluto fare nomi. “Non ha importanza. Non ero adatto. Ma mi piacerebbe farlo“. È chiaro che sta aspettando il personaggio giusto, ma sarà Ghost Rider? Non ci resta che aspettare e vedere.

I film di Ghost Rider con Nicolas Cage sono stati deludenti dal punto di vista critico e commerciale, quindi se Johnny dovesse tornare, potrebbe essere in un altro progetto corale come il tanto vociferato Midnight Suns. Per vedere l’intervista completa, consultare il post di X qui sotto.

Foto di copertina di imagepressagency via Depositphotos

Bridgerton 3: Luke Newton parla della “scena della carrozza”

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Chiunque abbia visto la prima parte di Bridgerton 3 (qui la nostra recensione), sarà rimasto con il fiato sospeso per il mid-season finale. La scena, come sa bene chi l’ha guardata, sembra risolvere delle faccende sospese, ma anche rendere impossibili da evitare alcuni elementi di trama che verranno sciolti sicuramente nella seconda parte, disponibile dal 13 giugno.

Intervistato da Deadline, il protagonista maschile della serie, Luke Newton, ha commentato proprio il finale, e la “scena della carrozza”, che ha fatto sorgere più di un rossore sulle gote degli spettatori fan dello show.

“Quella scena racchiude tutto – ha spiegato Newton – Se dovessi mostrare Bridgerton nel suo insieme, potresti condividere quella scena ed esplorare tutto ciò di cui trattiamo. Esplora l’amicizia, il romanticismo, è sexy, espone i protagonisti… ci sono dei momenti in cui si sentono insicuri. Ci sono anche quei momenti di sollievo, in cui c’è comicità, in cui iniziano a ridacchiare insieme. Quindi volevamo davvero racchiudere lì ogni aspetto della loro relazione. È solo una scena di cinque minuti. Quindi sembrava un compito arduo riuscire a raggiungere tutti quei ritmi in un breve lasso di tempo.

Inoltre, c’era anche la necessità di farla diventare una scena che i fan avessero amato, c’era pressione. Da quando abbiamo iniziato lo spettacolo, siamo sempre stati consapevoli della scena della carrozza. Era un po’ sempre nella nostra mente. Quindi, quando l’abbiamo letta eravamo davvero emozionati ma nervosi. Ogni dipartimento ne era a conoscenza. Sul set c’era un’energia diversa in cui tutti erano pronti a lavorare alla scena nel miglior modo possibile. Abbiamo realizzato più versioni, forse cinque o sei versioni diverse di come abbiamo interpretato la scena e poi abbiamo lasciato tutto al montaggio. È stato un processo davvero liberatorio: copriamo tutti gli aspetti… sembrava davvero appropriato. Sento che sia stato veramente giusto concludere a quel punto la Parte 1, perché sembra un momento di sollievo e contentezza, ma in realtà c’è la storia di fondo di Whistledown.”

Proprio così, il sollievo è breve e il futuro di Penelope e Colin è ancora incerto. Ma scopriremo presto cosa accadrà in Bridgerton 3.

Festival di Cannes 2024, le foto dal photocall di The Surfer con Nicolas Cage

Si è tenuta oggi il photocall di The Surfer con Nicolas Cage alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals. L’eterno innamorato di Lula fa il suo grande ritorno al Festival di Cannes. Dopo una carriera sotto la direzione dei registi più affermati, Nicolas Cage si rivolge alla nuova guardia e prende l’onda del regista irlandese Lorcann Finnegan, per la prima volta nella Selezione Ufficiale con The Surfer, proiettato nella proiezione di mezzanotte. Di seguito tutte le foto dal festiva:

 

Nicolas Cage interpreta un padre di famiglia che torna nella sua casa australiana dopo anni trascorsi negli Stati Uniti. Ma quando porta il figlio sulla spiaggia della sua infanzia, una banda di surfisti gli nega l’accesso. Umiliato, il padre non intende lasciare le cose come stanno…

L’ultima volta che Nicolas Cage è stato sulla Croisette è stato per la proiezione speciale di Kiss of Death di Barbet Schroeder nel 1995. Dieci anni prima, quando era agli inizi, aveva scoperto le gioie del Concorso con Birdy di Alan Parker (Grand Prix Spécial du Jury), prima di lasciare il segno con la sua cover di “Love Me Tender” accanto a Laura Dern in Sailor and Lula di David Lynch, che vinse la Palma d’Oro nel 1990.

Negli ultimi anni, Nicolas Cage è stato impegnato in progetti freschi e audaci, come Dream Scenario del regista norvegese Kristoffer Borgli, che gli è valso una nomination ai Golden Globe come miglior attore in un musical o commedia alla cerimonia dei Golden Globes 2024. Con circa 120 film all’attivo, l’attore è più che mai in sintonia con una nuova generazione di registi.

Matrix Resurrections: la spiegazione del film e del suo finale

Prima di Matrix Resurrections (qui la recensione), l’ultima volta che gli spettatori hanno visto Neo, il personaggio interpretato da Keanu Reeves, è stato quando ritenuto morto viene portato via dalle macchine al termine di Matrix Revolutions. La sua storia sembrava concludersi così, con un sacrificio compiuto al fine di liberare l’umanità dal dominio delle macchine e della realtà da loro edificata nota come Matrix. 18 anni dopo quel film, con il quarto capitolo si è però fornita una risposta a cosa ne è del corpo di Neo e a quali risultati a portato il suo sacrificio.

Diretto dalla sola Lana Wachowski (Lili Wachowski preferì non unirsi al progetto), un quarto film del franchise di Matrix era atteso da tempo, con i fan e la stessa Warner Bros. che chiedevano a gran voce alle registe della trilogia originale di raccontare di più di quel mondo. Per le Wachowski, però, quella storia era conclusa. Ma di fronte alla possibilità che lo studios realizzasse un quarto film senza di loro, Lana decise infine di farlo ella stessa, alla propria maniera. Ecco allora che Matrix Resurrections si svela sì essere l’occasione per raccontare cosa accadde dopo il terzo film, ma anche per riflettere sull’intera saga e il suo valore.

Al momento della sua uscita in sala, dunque, questo quarto film ruppe ogni aspettativa e scontentò moltissimo i fan, finendo con il divenire uno scottante flop al botteghino. Matrix Resurrections sembrava infatti non aggiungere nulla di significativo alla mitologia dei primi film, manifestando allo stesso tempo una certa pigrizia nei confronti di determinate soluzioni narrative o di messa in scena. È indubbio il suo contenere diversi problemi di questo tipo, ma una lettura diversa, mossa a partire dai suoi intenti metacinematografici, sembra poter spiegare le vere intenzioni del progetto. Il suo arrivo nel catalogo di Netflix, permette dunque di riguardarlo con occhi diversi e, eventualmente, di rivalutarlo.

Matrix Resurrections

La trama e il cast di Matrix Resurrections

In questo quarto capitolo, ritroviamo Thomas Anderson aka Neo inspiegabilmente vivo e di nuovo nel mondo reale. Egli è però tormentato da sogni e visioni a cui non riesce a dare un senso e che racconta al suo Analista, temendo di essere diventato pazzo, il quale per calmarlo gli somministra ogni giorno una pillola blu. L’incontro con uno strano individuo che dice di chiamarsi Morpheus, però, lo introdurrà alla scoperta della vera realtà, che gli restituirà memoria e consapevolezza, richiamandolo alla battaglia. Con una Matrix che sembra essersi riprogettata e rinforzata, Neo si trova dunque a dover ricercare Trinity, suo grande amore, per poter sperare di rovesciare nuovamente il dominio delle macchine.

Ad interpretare Thomas Anderson/Neo vi è naturalmente Keanu Reeves, mentre Carrie-Anne Moss riprende il ruolo di Trinity. Non ha invece ripreso il ruolo di Morpheus l’attore Lawrence Fishburne, sostituito nella parte da Yahya Abdul-Mateen II, il quale però interpreta una versione di Morpheus diversa ma basata sull’originale. L’attore Jonathan Groff interpreta il nuovo Agente Smith, mentre Neil Patrick Harris è l’Analista. Riprendono invece i loro ruoli dai precedenti film gli attori Jada Pinkett-Smith come Niobe e Lambert Wilson come il Merovingio. Completano il cast le attrici Jessica Henwick nei panni di Bugs, Christina Ricci in quelli di Gwyn de Vere e Priyanka Chopra nel ruolo di Sati.

Matrix Resurrections: la spiegazione del finale e il senso del film

MetaMatrix

Prima ancora che il racconto di ciò che è accaduto dopo il terzo film, Matrix Resurrections è da considerarsi una decostruzione metatestuale del franchise. Neo viene qui reinserito nella simulazione come designer di videogiochi, con la convinzione che quanto accaduto nei primi tre film altro non sia che la trama di alcune opere videoludiche da lui ideate. I primi 30 minuti del film catapultano dunque gli spettatori nel bel mezzo dei meccanismi interni della cultura artistica aziendale, esplorando la finta realtà di un’azienda di videogiochi incaricata di creare un seguito della trilogia originale di Matrix. Sostanzialmente, Wachowski ci sta mostrando la genesi di Matrix Resurrections.

Neo è infatti contrario alla realizzazione di un nuovo videogioco ma l’azienda gli comunica che intende realizzarlo con o senza di lui. Pur di non vedere la sua opera snaturata, accetta di partecipare alla realizzazione. È questa una delle sequenze più metacinematografiche dell’intero franchise, all’interno della quale si esplora il significato della trilogia originale di Matrix. Da un’interpretazione anticapitalista di quei film a fino alla ormai nota allegoria dell’esperienza trans, passando per innumerevoli altre situazioni, il franchise di Matrix sembra dunque significare molte cose diverse per molte persone diverse.

Matrix Resurrections

La nostalgia uccide

Tuttavia, il vero senso della sequenza risulta piuttosto cinico: tutte queste interpretazioni personali servono uno scopo nefasto, ovvero la continua sopravvivenza di uno sfruttamento capitalistico che sembra danneggiare proprio le persone che hanno più a cuore il franchise. La sequenza si può allora leggere come una condanna di tali pratiche, soprattutto alla luce della tendenza degli ultimi anni che vede gli studios di Hollywood cercare di ridare vita a vecchie saghe o opere di successo unicamente per trarre guadagno dal senso di nostalgia che gli spettatori provano nei confronti di esse (ad esempio Star Wars, Indiana Jones, Terminator, ecc.).

Un senso di nostalgia alimentato dall’industria dell’intrattenimento tutta che Matrix Resurrections va dunque a criticare identificando in esso una forma di distrazione dal presente e un allontanamento dall’empatia verso l’altro. Questa critica avviene all’interno del film con una minuzia decostruzione della mitologia del film, con una nuova versione di Morpheus che scimmiotta quella di Lawrence Fishburne, con scene e riferimenti alla trilogia ma in chiave evidentemente satirica o parodica: l’opzione delle due pillole avviene in uno squallido bagno, Neo fallisce amaramente nel suo tentativo di volare, le scene di combattimento appaiono mal coreografate, e così via.

L’amore ci salverà

Dettagli troppo evidenti perché non siano intenzionali, che vanno dunque a rispondere alla volontà della regista di infrangere quella nostalgia, sfruttata dalle aziende, che ha portato gli spettatori al cinema a vedere Matrix Resurrections e, in un certo senso, risvegliare le coscienze proprio come avviene a Neo nella saga. Ma in Matrix Resurrections non c’è solo questa volontà distruttiva, ma anche una storia colma di speranza, che difende il potere trascendente dell’amore di fronte a una società che apparentemente si è abbandonata ai capricci di chi detiene il potere.

È infatti l’amore di Neo per Trinity ciò che permette loro di sconfiggere l’Analista e riformulare Matrix come meglio credono. In un mondo che sembra ogni giorno più oscuro, disperato e indifferente al dolore altrui, il senso ultimo di Matrix Resurrections è dunque una distruzione di sé stesso e di tutto ciò che rappresenta per mostrare che non esiste forza più forte sulla Terra del genuino amore reciproco tra esseri umani. È un potere che consentirebbe dunque al pubblico che guarda la falsa realtà del film – e in generale quella costruita attraverso quanto fin qui esposto – di rimodellare le fondamenta stesse della società in nome di un mondo migliore.

Il trailer di Matrix Resurrections e come vederlo in streaming su Netflix o altrove

È possibile fruire di Matrix Resurrections grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Apple TV, Prime Video e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video.

Fonte: IMDb

L’uomo dei ghiacci – The Ice Road, la spiegazione del finale del film con Liam Neeson

La corsa per salvare un gruppo di minatori intrappolati da una frana in L’uomo dei ghiacci – The Ice Road è resa complicata dagli intrighi di uomini d’affari corrotti, soprattutto nel finale. Un film che iniziava come un film catastrofico si è rapidamente evoluto in un thriller d’azione dal ritmo incalzante, con tanto di inseguimenti in auto e sparatorie con pistoleri spietati.

L’uomo dei ghiacci – The Ice Road è il film con Liam Neeson ambientato nel genere d’azione. Negli ultimi anni, l’attore è stato protagonista di film in cui interpreta un eroe altamente qualificato che deve salvare la situazione ingaggiando scontri a fuoco con gangster, spie e terroristi.

Nonostante i suoi 60 anni, Liam Neeson è emerso come un popolare eroe d’azione, grazie soprattutto ai suoi ruoli nei tre film di Taken. Tra i film che ha girato negli ultimi anni e che si sono basati sul suo successo nel genere ci sono The Commuter, Cold Pursuit, Honest Thief, The Marskman e ora L’uomo dei ghiacci – The Ice Road (la nostra recensione), dove interpreta Mike Barnes. In L’uomo dei ghiacci – The Ice Road, il personaggio di Liam Neeson è Mike Barnes, un camionista che si prende cura del fratello Gurty (Marcus Thomas), un veterano di guerra con un handicap mentale.

Poco dopo essere stato licenziato per un incidente che ha coinvolto Gurty, Mike viene assunto da Jim Goldenrod (Laurence Fishburne) per aiutare a salvare i minatori messi in pericolo da un’esplosione di metano. Insieme a Goldenrod, Gurty, Tantoo (Amber Midthunder) e Varnay (Benjamin Walker), il piccolo gruppo deve guidare tre camion attraverso un terreno infido e ghiacciato per salvare i minatori con le teste di pozzo che stanno trasportando. Ma nel corso degli eventi del film, Mike scopre che la strada ghiacciata non è l’unico ostacolo. C’era anche Varnay, che aveva causato la morte di Goldenrod e sabotato la loro missione. Ecco cosa è successo alla fine del film e cosa stavano realmente cercando di fare i cattivi de L’uomo dei ghiacci – The Ice Road.

Il piano dei cattivi in L’uomo dei ghiacci – The Ice Road

L'uomo dei ghiacci - The Ice Road spiegazione finalePrima ancora di iniziare la missione, è stato detto che Varnay non aveva alcun interesse nella ricompensa di 200.000 dollari che avrebbero ricevuto una volta completato il lavoro. Poiché Varnay non poteva ottenere i soldi, era logico pensare che non avesse motivo di tradire il gruppo. Tuttavia, alla fine si scoprì che Varnay era davvero un traditore. Una conversazione telefonica avvenuta nel corso del film ha confermato che Varnay prendeva ordini dal dirigente di Katka George Sickle (Matt McCoy). A quanto pare, Varnay e la sua squadra di killer armati erano determinati a uccidere Mike, Tantoo e Gurty a causa delle implicazioni che la salvezza dei minatori avrebbe avuto per Sickle e i suoi soci alla Katka.

Ciò che è stato detto nelle scene in miniera e nell’ufficio della Katka nel corso del film ha reso chiaro che Sickle e alcuni dei suoi colleghi erano responsabili dell’esplosione di metano. Avrebbero potuto adottare misure di sicurezza per evitare una simile catastrofe, ma hanno continuato le loro attività nella miniera a causa di preoccupazioni finanziarie. Ciò significa che Sickle e gli altri avrebbero potuto subire gravi conseguenze se questi dettagli fossero stati resi pubblici. Chi si trovava nella miniera aveva capito cosa stava accadendo, quindi la verità sarebbe sicuramente emersa una volta salvati. Ecco perché Sickle ha pensato che sarebbe stato meglio per sé (e per la compagnia) se i minatori fossero rimasti senza ossigeno e fossero morti. Questo risultato avrebbe permesso ai loro segreti di rimanere sepolti.

Come Mike sconfigge Varnay in L’uomo dei ghiacci – The Ice Road

Come il cattivo che continua a tornare, Varnay si è rivelato una minaccia ricorrente per Mike, Gurty e Tantoo durante il viaggio attraverso la strada di ghiaccio. Quando il personaggio di Liam Neeson ha fatto precipitare il suo veicolo da una collina, sembravano convinti che fosse finalmente fuori dai loro piedi per sempre, ma non è stato così. Varnay è riuscito a sopravvivere all’incidente. Utilizzando degli esplosivi, Varnay ha innescato degli esplosivi ed è riuscito a creare un altro ostacolo al loro viaggio. Questo li ha rallentati, ma non li ha fermati, costringendo Varnay a tentare un approccio più diretto. Dopo aver speronato il camion di Mike, si è scatenata una lotta che si è conclusa con Mike che ha guidato il suo camion dritto nel ghiaccio. Si è lanciato all’ultimo secondo, ma Varnay non ha avuto il tempo di scappare. Il camion si inabissa nel ghiaccio, trascinando con sé Varnay. Poiché era l’ultimo dei cattivi all’inseguimento delle teste di pozzo, Sickle e i suoi cospiratori non potevano fare altro per impedire agli eroi di raggiungere la loro destinazione.

La morte di Gurty rese possibile il salvataggio dei minatori

Purtroppo, la morte di Varney non significava che i loro problemi fossero finiti. Mentre Mike era impegnato a occuparsi di lui, Gurty e Tantoo, ferito, lo stavano precedendo quando si imbatterono in un ponte che non era stato costruito per sostenere il peso del camion. Dopo aver raggiunto l’altra sponda, i cavi di sospensione del ponte si sono rotti, provocandone il crollo. Al momento sbagliato, il camion ha iniziato a scivolare all’indietro e la caduta nel vuoto sembrava imminente. Vedendo ciò che stava per accadere, Gurtie cercò di chiudere il cancello, nella speranza di impedire al camion di scivolare ulteriormente all’indietro. Il problema è che Gurtie, lottando con il cancello, è rimasto lì più a lungo di quanto potesse permettersi. Alla fine è rimasto schiacciato tra il cancello e il camion. I suoi organi devono essere stati danneggiati dall’incidente, visto che è morto poco dopo. Ad ogni modo, il sacrificio di Gurty ha reso possibile il completamento della missione. Se non fosse stato per quello che ha fatto Gurty, non sarebbero mai riusciti a consegnare alla miniera l’unica testa di pozzo sopravvissuta.

Dopo che i soccorritori hanno usato la testa di pozzo per portare in salvo i minatori (e il fratello di Tantoo), il ruolo di Sickle in tutto quello che era successo è stato finalmente svelato, con il risultato che il personaggio è stato arrestato per i suoi crimini, ma non prima che Mike abbia sferrato un pugno al responsabile della morte di Gurty. Sebbene ciò che è accaduto a Gurty abbia impedito a La strada di ghiaccio di dare a Mike un vero e proprio lieto fine, ha rivelato che alcune cose buone sono arrivate per il suo personaggio in seguito all’esplosione di metano e all’arresto di Sickle. La scena finale del film mostra che tre mesi dopo, sia Mike che Tantoo – che sono rimasti in contatto – hanno un nuovo lavoro. Nella loro conversazione d’addio, Tantoo ha detto a Mike che può chiamarla se ha bisogno di lui, il che lascia aperta la porta alla possibilità che lavorino insieme in un eventuale L’uomo dei ghiacci – The Ice Road 2. Per quanto riguarda il futuro di Mike, ora si sta prendendo cura del topo domestico di suo fratello e ha trovato un certo successo come camionista che trasporta articoli sportivi. Gli ultimi secondi rivelano la scritta “Trk Trk Trk” sulla sua targa, che è un’allusione a “Truck Truck Truck”, un nome suggerito per il loro gruppo che viene menzionato nella prima parte del film. L’uso della frase è stato un giusto tributo ai due eroi che hanno perso la vita nella missione di salvataggio.

Cogan – Killing Them Softly: spiegazione del finale e del significato del film

Il film Cogan – Killing Them Softly racconta una storia grintosa sul crimine e le sue conseguenze, e termina con un commento tagliente sul cosiddetto “sogno americano“. Scritto e diretto dal regista australiano Andrew Dominik, il film funziona come un convenzionale film di gangster, ma utilizza spezzoni delle elezioni presidenziali americane del 2008 per una narrazione più ampia sulle realtà economiche. Cogan – Killing Them Softly è uscito originariamente nel novembre 2012.

In Cogan – Killing Them Softly, il killer Jackie Cogan (Brad Pitt) opera come regolatore della malavita. Quando due criminali di basso livello di nome Frankie (Scoot McNairy) e Russell (Ben Mendelsohn) rapinano un gioco di carte locale gestito da Markie Trattman (Ray Liotta), sconvolgono il flusso di denaro e le dinamiche di potere della comunità. Come spiega Jackie al suo contraente mafioso Driver (Richard Jenkins), tutti sanno che Trattman una volta ha rapinato la sua stessa partita, quindi la verità non ha importanza: è la fiducia nel sistema che conta. Perciò Trattman deve essere eliminato, secondo Jackie, per far tornare le cose alla normalità. Cogan – Killing Them Softly è tratto dal romanzo di George V. Higgins del 1974 Cogan’s Trade.

Jackie vede il quadro generale e protegge il suo flusso di denaro in Cogan – Killing Them Softly. Prima di poter uccidere Trattman, però, Jackie ha bisogno dell’approvazione dei capi innominati di Driver. Si fida del sistema, ma si prepara anche al peggio. Jackie ha bisogno di ristabilire un senso di equilibrio economico per ottenere maggiori opportunità finanziarie, e quindi accetta un contratto da 15.000 dollari per uccidere Trattman. L’intera prima ora del film poliziesco di Netflix esplora le motivazioni di Jackie e spiega come riesce a sopravvivere alla tempesta. Ecco una spiegazione dell’atto finale di Cogan – Killing Them Softly.

Cogan – Killing Them Softly come allegoria del crollo finanziario del 2008

Cogan - Killing Them Softly significato film

Cogan – Killing Them Softly è un’allegoria della crisi finanziaria del 2007-2008: assunzione di grandi rischi, collasso del sistema, salvataggi finanziari e conseguente recessione. Il crollo che Jackie cerca di superare ha origine con l’ammissione da parte di Trattman di aver derubato il suo stesso gioco di carte. Tra l’altro, la sua avidità sfrenata e la sua vanagloria spingono Squirrel a manipolare il sistema ingaggiando due ingenui criminali, Frankie e Russell, che hanno semplicemente bisogno di soldi. Non prevedono le conseguenze della rapina a Trattman, ma sanno dove ricadrà la colpa. Per fare un paragone con la vita reale (h/t Stack Exchange), Trattman è stato collegato all’ex amministratore delegato di Bear Stearns James Cayne, un uomo d’affari che è stato in parte incolpato di aver scatenato la crisi finanziaria del 2007-2008, nonché un uomo che ha ingaggiato una squadra di giocatori di carte internazionali per competizioni di Bridge ad alto rischio.

Come descritto nel film drammatico del 2015 The Big Short, i broker di investimento come Cayne sono stati responsabili di una crisi finanziaria inevitabile. Nel mondo di Cogan – Killing Them Softly, la rapina di Trattman crea una crisi di fiducia, il che significa che qualcuno deve calmare la tempesta. In questo caso, Driver ricorda a Jackie che i suoi capi hanno una “mentalità aziendale totale”: non vogliono uccidere Trattman, ma solo mandargli un messaggio. Ma Jackie dice a Driver che devono riportare l’industria alla normalità. Durante questa conversazione, alla radio si sente George W. Bush che parla dell’opinione pubblica e della costruzione del sostegno. Qualche istante dopo, mentre gli scagnozzi di Driver si preparano a picchiare Trattman, un notiziario fa riferimento a Henry Paulson, l’ex amministratore delegato di Goldman Sachs che è diventato Segretario del Tesoro e ha avviato il salvataggio. In Killing Them Softly, Driver deve ripristinare la fiducia ma protegge i suoi amici. Al contrario, Jackie protegge se stesso. Queste filosofie distinte danno vita alla loro conversazione finale.

In qualità di principale regolatore finanziario di Killing Me Softly, Jackie individua problemi significativi con i suoi abituali collaboratori. In primo luogo, Driver vuole salvare Trattman, e questo è un problema. In secondo luogo, Jackie chiede assistenza a un collega sicario di nome Mickey (James Gandolfini), ma scopre che l’uomo ora beve pesantemente ed è semplicemente inaffidabile. Anche Mickey fa parte del problema, perché prende i soldi ma ride del concetto di responsabilità. Dopo una conversazione rivelatrice in una stanza d’albergo, Jackie fa chiarezza e informa Driver che Mickey deve andarsene, e deve andarsene SUBITO. La prigione gli farà bene, proprio come a tanti banchieri della vita reale che hanno manipolato il sistema a loro vantaggio e hanno perso la prospettiva. C’è ancora dell’umanità in Mickey, come dimostrano le sue storie strappalacrime, ma è un uomo diverso. Jackie ammette persino di volere la versione di Mickey di “due anni fa”.

Per salvarsi, Jackie deve fare tutto il lavoro sporco. Sa quanto possano essere stupidi alcuni dei criminali di basso livello, come dimostrano le osservazioni fatte a Driver sulla loro conoscenza di Kenny Gill (Slaine), che fornisce informazioni su Frankie e Russell. Dopo che Jackie ha incastrato Mickey e ucciso Trattman nel corso di una sequenza stilizzata, si muove lungo la catena. Squirrel viene ucciso per aver orchestrato la rapina a Trattman. Frankie viene ucciso perché ingenuo e inaffidabile; qualcuno che potrebbe potenzialmente creare ancora più problemi parlando troppo. Per Jackie si tratta solo di affari. Sta ripristinando la fiducia nel sistema e nelle persone che lo assumono. E non è un caso che Jackie usi la frase “Sì, lo sei” per rivolgersi a persone come Frankie che affermano di non essere sicure di certi fatti, perché è una frase che si collega allo slogan della campagna elettorale di Barack Obama “Yes, we can”.

Il significato della scena finale di Killing Them Softly e del discorso di Cogan

Cogan - Killing Them Softly scena finale brad pitt

Killing Them Softly si conclude con un commento sul sogno americano e sull’ascesa di Barack Obama. Dopo aver ucciso Frankie, Jackie ha riequilibrato la sua comunità malavitosa e si è affermato come qualcuno che crea e ispira il cambiamento. Tuttavia, è pienamente consapevole del fatto che i colleghi d’affari useranno i concetti del Sogno Americano contro di lui, proprio come gli uomini d’affari del mondo reale hanno cercato di girare le situazioni finanziarie a loro vantaggio, sperando che molti americani fossero troppo ingenui per notare le scritte in piccolo, o semplicemente che non gli importasse più di tanto.

Quando Jackie entra in un bar per incontrare Driver, si fa beffe di Obama che pronuncia un discorso in televisione sul fatto che gli americani fanno parte di una grande comunità. “Ah, sì. Siamo tutti uguali“, si lamenta Jackie, “siamo tutti uguali”. Si schernisce anche con Driver che dice: “Fammi un favore: non farmi nessun favore. Ho visto come lavori“. In quel momento, Jackie tenta di portare avanti uno scambio significativo, ma viene essenzialmente bloccato dal fatto di non condividere le stesse opinioni di Driver. In retrospettiva, è lo stesso concetto che ha portato molti americani a votare per Donald Trump nel 2016, se non altro perché erano stati riduttivamente etichettati e categorizzati come conservatori che non capivano cosa fosse meglio per loro. In Killing Them Softly, Jackie capisce perfettamente di cosa ha bisogno e cosa gli è dovuto: 45.000 dollari per tre colpi. Mentre Jackie si dirige verso il bagno, poco prima di contare i suoi guadagni, Obama parla in televisione degli “angoli dimenticati del mondo” e del destino comune. Mentre Jackie torna dal bagno, la folla in televisione canta “Yes, we can! Sì, possiamo!” – un momento che si ricollega alle precedenti affermazioni del sicario “Yes, you are” e che prepara anche il suo discorso finale su come funziona effettivamente l’America (dal suo punto di vista).

Jackie si rende conto di essere stato trattato male da Driver, che sorride come un vero e proprio amministratore delegato e cita i “prezzi della recessione”. Secondo i capi, Jackie sarà pagato come l’altro sicario, Dillon (Sam Shepard). Con grande sorpresa di Driver, però, Jackie ha spostato i prezzi di mercato uccidendo Dillon quella mattina. Driver tenta di giustificare il suo punto di vista personale, citando “un business di relazioni” e suggerendo persino a Jackie di prestare attenzione alla dichiarazione di Obama: “Di molti, siamo uno“. Ma questa lavoratrice americana, Jackie, non si beve il mito e lo collega al padre fondatore Thomas Jefferson e alla sua relazione sessuale con una schiava. “Non farmi ridere“, dice Jackie, “vivo in America e in America sei solo. L’America non è un Paese. È solo un’azienda. Ora pagatemi, cazzo“.

Quando il sistema crolla in Cogan – Killing Them Softly, Jackie corre un grosso rischio e protegge i suoi interessi commerciali. Invece di salvare Trattman, ripristina la fiducia tra i suoi colleghi. La fede di Jackie è fede in se stesso. L’autista può bere e lamentarsi quanto vuole, ma non è cambiato nulla per il suo braccio armato. Che siate d’accordo o meno con le convinzioni di Jackie, la sua capacità di vedere il quadro generale è ciò che lo rende un prezioso lavoratore americano.

Festival di Cannes 2024, foto dal red carpet di Kind of kindness con Emma Stone

Si è tenuta poche fa il red carpet di Kind of kindness alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals. Sul red il regista Yorgos Lanthimos, accompagnato dai suoi interpreti Emma StoneMargaret Qualley, Jesse Plemons, Willem Dafoe e Hunter Schafer.

A pochi mesi dall’uscita di Poor Things, Yorgos Lanthimos entra in Concorso con Kind of kindness. Potrebbe essere questo il film che gli varrà la Palma d’oro dopo il Premio della Giuria per The Lobster nel 2015 e il premio per la migliore sceneggiatura per The Killing of a Sacred Deer nel 2017.

Una nuova favola di Yorgos Lanthimos, Kinds of Kindness intreccia tre ricerche. Un uomo che cerca di controllare la propria vita, un poliziotto che trova la moglie dispersa in mare e non la riconosce, e una donna alla ricerca di una persona dal potere eccezionale.

Il film Kind of kindness

Scritta con la sua compagna di lunga data Efthimis Filippou, la trama è servita da un cast a dir poco prestigioso. Tutte e tre le storie sono interpretate dagli stessi attori. Emma Stone, Margaret Qualley e Willem Dafoe tornano al fianco del regista, insieme a Jesse Plemons, Mamoudou Athie e Hunter Schafer.

In Kind of kindness, il regista continua la sua esplorazione del libero arbitrio e del conformismo: “È interessante osservare come gli esseri umani pensino di controllare le cose o di essere liberi di decidere, mentre una volta ottenuta questa libertà, la trovano difficile da gestire”.

Questo ultimo film segna un’altra pietra miliare nell’inarrestabile ascesa di Yorgos Lanthimos. Nel 2010, la sua carriera ha cambiato direzione con Canine, che ha vinto il Prix Un Certain Regard, e ha mostrato al mondo l’estetica eccentrica e il tono grintoso dell’ondata weird greca, il movimento di cui è stato il capofila.

Negli anni successivi ha lasciato la Grecia per creare il proprio stile, a volte inquietante, sempre affascinante. Lì ha attirato i migliori interpreti (Colin Farrell, Nicole Kidman, Emma Stone) e ha sviluppato ogni aspetto della sua arte, vincendo quattro Oscar per Poor Things lo scorso marzo.

Deadpool & Wolverine, svelata la durata del film?

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Un elenco di programmazione di AMC Theatres avela quello che probabilmente è la durata di Deadpool & Wolverine dei Marvel Studios. Secondo questa fonte, il film di Deadpool e Wolverine durerà 2 ore e 7 minuti. Il film precedente durava 2 ore, mentre il primo Deadpool era un po’ più breve: 1 ora e 48 minuti.

Tutto quello che sappiamo su Deadpool & Wolverine

Deadpool & Wolverine riunisce il protagonista Ryan Reynolds con Shawn Levy, regista di Free Guy e The Adam Project, che ha firmato la regia dell’atteso progetto. Hugh Jackman uscirà finalmente dal suo pensionamento da supereroi per riprendere il ruolo di Wolverine. Sebbene i dettagli ufficiali della storia di Deadpool & Wolverine, con protagonista Ryan Reynolds, non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la serie di film di Deadpool – l’unica parte del franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di Reynolds si siano svolti in un universo diverso.

Ciò preserva i film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo interpretato da Hugh Jackman, viaggiare nell’universo principale dell’MCU. Nel film saranno poi presenti anche personaggi presenti nei primi due film di Deadpool, come Colossus e Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera che anche altri X-Men possano fare la loro comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della Marvel comparsi sul grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben Affleck.

Una voce recente afferma che anche Liev Schreiber sia presente riprendendo il suo ruolo Sabretooth. Di certo, Morena Baccarin (Vanessa), Karan Soni (Dopinder), Leslie Uggams (Blind Al), Rob Delaney (Peter) e Shioli Kutsuna (Yukio) torneranno tutti nei panni dei rispettivi personaggi, e a loro si uniranno i nuovi arrivati in franchising Emma Corrin (The Crown) e Matthew Macfadyen (Succession), i cui ruoli sono ancora segreti. Un recente report afferma inoltre che la TVA di Loki, incluso l’agente Mobius (Owen Wilson) e Miss Minutes, saranno coinvolti nel film. Deadpool & Wolverine uscirà nei cinema il 26 luglio 2024.

The Witcher stagione 4: ecco Liam Hemsworth vestito da Geralt di Rivia

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Sono state diffuse su X nuove foto dal set di The Witcher stagione 4 che questa volta raffigurano Liam Hemsworth vestito da Geralt di Rivia! La recente terza stagione della serie di avventure fantasy di Netflix è stata l’ultima di Henry Cavill, che per primo ha interpretato Geralt, poiché la star ha annunciato nel 2022 la sua decisione di separarsi dall’adattamento dei romanzi più venduti.

Liam Hemsworth (The Hunger Games) assumerà quindi il ruolo di cacciatore di mostri dalla stagione 4 in poi, e una recente foto dal set mostrava la sua controfigura Joel Adrian in costume. Adrian somigliava abbastanza a Hemsworth da ingannare molte persone, ma questi scatti mettono in luce il protagonista stesso.

Le foto mostrano Hemsworth nei panni di Geralt che combatte con Vilgefortz (Mahesh Jadu) e sembrano ricreare una scena della terza stagione che ha visto il mago emergere vittorioso. C’è anche un’inquadratura di Geralt nella sua classica armatura del Lupo Bianco.

Guarda le foto a questo link.

La trama di The Witcher stagione 4

Dopo gli scioccanti eventi che hanno sconvolto il Continente alla fine della terza stagione, la nuova stagione vede Geralt, Yennefer e Ciri attraversare, separati, il Continente devastato dalla guerra con i suoi molti demoni. Se riusciranno ad accettare e guidare i gruppi di outsiders in cui si trovano, avranno una possibilità di sopravvivere al battesimo del fuoco e ritrovarsi ancora una volta.

Il cast di The Witcher – stagione 4

Liam Hemsworth (Geralt of Rivia), Anya Chalotra (Yennefer of Vengerberg), Freya Allan (Princess Cirilla of Cintra), Joey Batey (Jaskier), Laurence Fishburne (Regis) Eamon Farren (Cahir), Anna Shaffer (Triss Merigold), Mimî M Khayisa (Fringilla), Cassie Clare (Philippa), Mahesh Jadu (Vilgefortz), Meng’er Zhang (Milva), Graham McTavish (Dijkstra), Royce Pierreson (Istredd), Mecia Simson (Francesca), Sharlto Copley (Leo Bonhart), Danny Woodburn (Zoltan), Jeremy Crawford (Yarpen), Bart Edwards (Emhyr), Hugh Skinner (Radovid), James Purefoy (Skellen), Christelle Elwin (Mistle), Fabian McCallum (Kayleigh), Juliette Alexandra (Reef), Ben Radcliffe (Giselher), Connor Crawford (Asse), Aggy K. Adams (Iskra), Linden Porco (Percival Schuttenbach), Therica Wilson-Read (Sabrina), Rochelle Rose (Margarita), Safiyya Ingar (Keira)

  • CREATRICE/ SHOWRUNNER / PRODUTTRICE ESECUTIVA: Lauren Schmidt Hissrich
  • SCRITTO DA: Lauren Schmidt Hissrich (401), Tania Lotia (402), Rae Benjamin (403), Troy Dangerfield (404), Matthew D’Ambrosio (405), Javier Grillo-Marxuach (406), Clare Higgins (407), Mike Ostrowski (408)
  • REGIA DI: Sergio Mimica-Gezzan (401 & 402), Tricia Brock (403 & 404), Alex Garcia Lopez (405 & 406), Jeremy Webb (407 & 408)
  • PRODUTTORI ESECUTIVI: Steve Gaub, Mike Ostrowski, Javier Grillo-Marxuach, Platige Films (Tomek Baginski and Jarek Sawko), Hivemind Content (Jason Brown and Sean Daniel)

The Boys 4: lo showrunner rivela nuovi dettagli sulle nuove pericolose reclute dei Sette

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The Boys ritorna per la sua quarta stagione il 13 giugno e, dopo aver perso Black Noir (morto) e Queen Maeve (in pensione) la scorsa stagione, il primo episodio si concentrerà su Homelander che recluta alcuni nuovi membri per i Sette. Come ci si potrebbe aspettare, quelle nuove reclute si rivelano altrettanto squilibrate/amorali quanto ogni altro Supe che ha fatto parte della squadra, ma uno, in particolare, potrebbe essere il più pericoloso di tutti: la persona più intelligente del mondo, Sister Sage (Susan Heyward).

“È un potere davvero divertente”, dice lo showrunner Eric Kripke dell’intrigante Supe in una nuova intervista con EW. “Molti mondi di supereroi hanno questo tipo di personaggio. Mentre la maggior parte di loro sono solitamente ragazzi bianchi davvero eccentrici, noi volevamo una donna nera cresciuta in un’area socioeconomica povera, quindi nessuno le presta ascolto. Hai a disposizione la persona più intelligente e sveglia del mondo, che potrebbe curare tutti i mali della società, ma lei non riesce proprio a convincere nessuno ad ascoltarla, quindi diventa una misantropa amareggiata.”

Ci verrà anche presentato Firecracker (Valorie Curry), un’estremista di destra con un’abilità abbastanza inefficace, ma Sage crede di poter sfruttare il sostegno incrollabile dei suoi fan. “Si scopre che c’è sempre qualcosa di più folle”, spiega Kripke. “Firecracker rappresenta sia i membri dei movimenti cospirazionisti che i media di estrema destra. Quel personaggio ha un retroscena sorprendente che la collega ad alcuni personaggi del nostro mondo ed è stato interessante portare nella serie questo tipo di personaggi che potrebbero tranquillamente dire ‘Ho sparato ai miei cuccioli’.”

The Boys è stato recentemente rinnovato per la quinta stagione.

La trama della quarta stagione di The Boys

Nella quarta stagione, il mondo è sull’orlo del baratro. Victoria Neuman è più vicina che mai allo Studio Ovale e sotto il controllo di Patriota, che sta consolidando il suo potere. Billy Butcher, a cui restano solo pochi mesi di vita, ha perso sia il figlio di Becca sia il suo ruolo di leader dei The Boys. Il resto della squadra è stanco delle sue bugie. La posta in gioco sarà più alta del solito e loro dovranno trovare un modo per collaborare e salvare il mondo, prima che sia troppo tardi.

Il cast di The Boys vede protagonisti Karl Urban, Jack Quaid, Antony Starr, Erin Moriarty, Jessie T. Usher, Laz Alonso, Chace Crawford, Tomer Capone, Karen Fukuhara, Colby Minifie, Claudia Doumit e Cameron Crovetti. Si uniranno per la quarta stagione anche Susan Heyward, Valorie Curry e Jeffrey Dean Morgan.

The Boys è basata sul fumetto certificato bestseller dal New York Times, creato da Garth Ennis e Darick Robertson, qui in veste anche di executive producer, e sviluppato dall’executive producer e showrunner Eric Kripke. Tra gli altri executive producer si annoverano anche Seth Rogen, Evan Goldberg, James Weaver, Neal H. Moritz, Pavun Shetty, Phil Sgriccia, Craig Rosenberg, Ken F. Levin, Jason Netter, Paul Grellong, David Reed, Meredith Glynn e Michaela Starr. The Boys è prodotta da Amazon Studios e Sony Pictures Television Studios, in collaborazione con Kripke Enterprises, Original Film e Point Grey Pictures.

Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, un emozionante dietro le quinte

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Dopo teaser trailer di debutto e il poster della seconda stagione de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, è ora disponibile una nuova featurette dal backstage della serie, “Dietro le quinte della Stagione 2”.

La nuova stagione debutterà a livello globale giovedì 29 agosto 2024 su Prime Video, in più lingue e in oltre 240 Paesi e territori. Per rimanere aggiornati su tutte le novità relative alla serie Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, visitate la pagina dedicata sul sito di Amazon MGM Studios.

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Francis Ford Coppola: secondo lui gli studi cinematografici scompariranno

Francis Ford Coppola ha condiviso i suoi pensieri sull’attuale sistema degli studi cinematografici durante la conferenza stampa del Festival di Cannes per il suo film autofinanziato Megalopolis, affermando che potrebbero non esistere ancora per molto.

“Temo che l’industria cinematografica sia diventata sempre più una questione di persone assunte per far fronte ai propri debiti perché gli studi cinematografici hanno grandi, grandi debiti. E il lavoro non è tanto fare buoni film, il lavoro è assicurarsi che paghino i loro debiti”, ha detto Francis Ford Coppola. “Ovviamente, le nuove aziende come Amazon, Apple e Microsoft, hanno un sacco di soldi, quindi potrebbe darsi che gli studi che conoscevamo da così tanto tempo, alcuni meravigliosi, non saranno più qui in futuro.”

I giornalisti hanno anche virato le loro domande sul piano politico, chiedendo a Francis Ford Coppola se il film fosse un commento su Donald Trump, spingendolo a condividere i suoi pensieri sullo stato attuale della politica americana. Coppola ha detto: “Se posso dirlo, una delle caratteristiche del nostro meraviglioso cast è che riflette ogni sorta di idee politiche. Questa non è una nozione.”

Coppola ha cercato di realizzare Megalopolis per decenni, utilizzando alla fine 120 milioni di dollari del suo impero vinicolo per produrre il film. Il film è stato oggetto di polemiche nel periodo precedente alla sua première, poiché i suoi costi e, secondo quanto riferito, le risposte modeste alle prime proiezioni hanno reso difficile garantire la distribuzione.

Megalopolis segna il primo film del regista ottantacinquenne in oltre un decennio, da Twixt del 2011. La storia è quella dell’architetto Cesar Catilina (Adam Driver), che dopo un incidente distrugge una metropoli in stile New York City, lavora per ricostruirla come un’utopia sostenibile. Il sindaco corrotto Franklyn Cicero (Giancarlo Esposito) sfida Cesar e vuole restare fedele allo status quo, ma sua figlia Julia (Nathalie Emmanuel) si frappone tra i due uomini.

Shōgun: in lavorazione la stagione 2 e 3. Ci saranno conseguenze per gli Emmy

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FX sta attualmente sviluppando altre due stagioni di Shōgun con la James Clavell Estate. È sorprendente perché la serie è stata concepita come un adattamento in serie limitata dell’intero classico letterario di oltre 1.100 pagine dell’autore Clavell e si conclude in una stagione di 10 episodi. Persino lo showrunner Justin Marks e la scrittrice principale Rachel Kondo non pensavano che la storia avesse bisogno di più di una stagione.

Allo stesso tempo, non è poi così sorprendente perché lo spettacolo ha dimostrato di essere un successo commerciale e critico per FX. Hiroyuki Sanada, che interpreta Lord Yoshii Toranaga, avrebbe chiuso un accordo per tornare per la seconda stagione pochi giorni prima dell’annuncio del rinnovo della rete.

Tuttavia, questo cambiamento significa anche che Shōgun probabilmente non competerà più per le nomination agli Emmy come serie limitata poiché semplicemente non lo è più. Probabilmente si unirà alla corsa per le serie drammatiche, ribaltando così i possibili candidati per molte categorie.

I probabili contendenti Gary Oldman (Slow Horses di Apple), Dominic West (The Crown di Netflix) e Nathan Fielder (The Curse di Showtime) potrebbero ora dover competere per il migliore attore protagonista in una serie drammatica contro l’imponente Sanada, così come Cosmo Jarvis, che interpreta John Blackthorne nello show. E un’altra star dello Shōgun, Anna Sawai, che interpreta Lady Toda Mariko, diventa ora una grande avversaria per artisti del calibro di Emma Stone (The Curse), Imelda Staunton (The Crown) e Carrie Coon (The Gilded Age della HBO) come attrice protagonista in una serie drammatica.

Oltre a Sanada, i co-creatori/produttori esecutivi/sceneggiatori Justin Marks e Rachel Kondo torneranno con la produttrice esecutiva Michaela Clavell per iniziare a mettere insieme una writing room per le nuove stagioni.

Shōgun, ispirato a una vera guerra civile che portò alla fondazione dello shogunato Tokugawa, è ambientato nel Giappone feudale del 1600. Toranaga, un potente daimyo della regione del Kanto, sta lottando per mantenere il suo potere contro i suoi rivali, primo fra tutti, Lord Ishido Kazunari (Takehiro Hira). Nel frattempo Blackthorne, un marinaio inglese, si ritrova naufragato sulle coste giapponesi. Toranaga decide di utilizzare le informazioni in possesso di questo straniero a suo vantaggio politico e nomina Mariko, l’ultima di una famiglia nobile caduta in disgrazia, come traduttrice di Blackthorne.

Clavell continuò a pubblicare molti altri libri ambientati sempre in quella che ora viene definita la sua saga asiatica, ma nessuno di questi continuò la storia dello Shōgun del 1975.

Festival di Cannes 2024, il photocall di Megalopolis

Si è tenuta questa mattina il photocall di Megalopolis alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals, prima della consueta conferenza stampa del giorno dopo. Sul red il regista Francis Ford Coppola, accompagnato dai suoi interpreti Adam DriverNathalie Emmanuel, Aubrey Plaza, Jon Voight, Laurence Fishburne, Talia Shire, Shia La Beouf.

Megalopolis, “un’epopea romana in un’immaginaria America moderna e decadente”, è il lavoro di una vita e il primo film che il regista presenta in Concorso dopo 45 anni. Adam Driver precariamente appollaiato in cima al più emblematico grattacielo Art Déco di New York: si riconosce distintamente il Chrysler Building, eppure Francis Ford Coppola non ambienta la sua storia a Manhattan, ma nel mondo distopico della “Nuova Roma”, costretta a una svolta decisiva per il destino dell’umanità. Il futuro della città in difficoltà si gioca tra due uomini, un architetto idealista da una parte (Adam Driver) e un sindaco corrotto che sa come muoversi nella giungla di cemento dall’altra (Giancarlo Esposito). Tra i due c’è Julia (Nathalie Emmanuel, star di Fast and Furious), compagna dell’uno e figlia dell’altro, e alcuni personaggi emblematici come quelli interpretati da Shia LeBeouf e John Voight.

“Come specie, abbiamo tutti lo stesso antenato: siamo una famiglia. Agiamo affinché questo legame sia reale e che il nostro mondo assomigli a quello che vorremmo fosse il nostro paradiso”.

Return to Silent Hill: la prima foto ufficiale al nuovo film ridisegna Pyramid Head

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Dopo una serie di ritardi legati a COVID, l’anno scorso in Germania è finalmente iniziata la produzione del “requel” di Silent Hill, intitolato Return to Silent Hill, di cui si parlava da tempo, ed è stata rilasciata una prima immagine ufficiale del film in vista della sua anteprima mondiale al Festival di Cannes. La foto (via Fandango) ci offre un primo sguardo alla versione ridisegnata del grande cattivo della serie di videogiochi survival horror, Pyramid Head.

Pyramid Head, noto anche come “Red Pyramid”, “Red Pyramid Thing” e “Triangle Head”, è stato introdotto nel secondo gioco e il suo caratteristico volto è diventato probabilmente il pezzo più iconico del franchise. Questa nuova versione del personaggio non sembra lontana un milione di miglia dalla versione del videogioco, ma il casco a forma di piramide sembra essere più lungo e avvolgente.

Fonte Fandango via X

Cosa sappiamo sul film Return to Silent Hill? 

Jeremy Irvine(War Horse) e Hannah Emily Anderson (Jigsaw) saranno i protagonisti di Return to Silent Hill, adattamento del secondo capitolo della serie di videogiochi survival horror di Konami.

Il film seguirà James (Irvine), un uomo distrutto dopo la separazione dal suo unico vero amore (Anderson). Quando una misteriosa lettera lo richiama a Silent Hill per cercarla, trova una città un tempo riconoscibile trasformata da un male sconosciuto. Man mano che James scende nelle tenebre, incontra figure terrificanti sia familiari che nuove e inizia a mettere in discussione la propria sanità mentale mentre lotta per dare un senso alla realtà e resistere abbastanza a lungo da salvare il suo amore perduto“.

Il regista del film originale di Silent Hill, Christophe Hans, tornerà a dirigere questo rilancio del franchise horror supernaturale, che vede la partecipazione di Victor Hadida, Molly Hassell e David Wulf come produttori.

Ritorno a Silent Hill è una storia d’amore mitologica su una persona così profondamente innamorata da essere disposta ad andare all’inferno per salvare qualcuno“, ha dichiarato Gans. “Sono felice di avere i meravigliosi talenti di Jeremy Irvine e Hannah Emily Anderson che ci accompagnano in questo viaggio in un mondo horror psicologico che spero soddisferà e sorprenderà i fan di Silent Hill“.

Christophe e io abbiamo lavorato a stretto contatto con i nostri partner di Konami, mentre aggiornavano il videogioco, per creare anche una versione di Silent Hill per il pubblico teatrale di oggi“, ha aggiunto Hadida. “Troverete ancora i mostri iconici, ma ci saranno anche nuovi design. Siamo certi che questo nuovo film e il gioco aggiornato di Konami insieme daranno impulso al franchise per gli anni a venire“. Non è stata fissata una data di uscita nelle sale.

Zac Efron sarebbe in trattativa con i Marvel Studios per un ruolo misterioso

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Zac Efron è salito alla ribalta dopo aver recitato nella trilogia di High School Musical, ma da allora si è reinventato in grande stile. Lasciato il personaggio di “ragazzo da confraternita” con cui film come Neighbors e Dirty Grandpa lo hanno poi etichettato, l’attore ha mostrato un lato più oscuro e serio in Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile e The Iron Claw. Ora tutti gli occhi sono puntati sul prossimo film di Zac Efron.

Se si deve credere a una nuova indiscrezione condivisa da @MyTimeToShineH, potrebbe trattarsi di un ruolo nel Marvel Cinematic Universe! Non abbiamo notizie su chi interpreterà, anche se ci sono molte possibilità. Di recente sono circolate voci sul fatto che i Marvel Studios stiano finalmente procedendo con una serie televisiva su Nova e, anche se ci si aspetta che l’attenzione si concentri su Sam Alexander, Zac Efron sarebbe probabilmente perfetto come Richard Rider.

Si pensa che Zac Efron abbia avuto solo colloqui con i Marvel Studios in questa fase e non è un segreto che Kevin Feige faccia spesso incontri generali con gli attori; dopo The Iron Claw, sarà sicuramente molto richiesto.

Durante un’apparizione del 2022 al Tonight Show, Zac Efron è stato interrogato sulle voci che lo volevano nel ruolo di Wolverine al posto di Hugh Jackman (che nel frattempo ha firmato per riprendere il suo ruolo più iconico in Deadpool & Wolverine di quest’estate).

Davvero? Wow, potrebbero chiamare me“, ha detto in risposta alla notizia che i Marvel Studios erano a caccia di un “tipo” come lui. Per quanto riguarda le dichiarazioni su Wolverine, ha aggiunto: “Penso che Hugh lo stia facendo ancora piuttosto bene. Devo riconoscerlo“.

Quando Fallon ha fatto notare che Zac Efron potrebbe chiedere la benedizione di Hugh Jackman dopo che i due hanno condiviso lo schermo in The Greatest Showman, lui ha risposto: “Sì, credo di aver messo il piede nella porta in quel caso. Dovrei andare a parlargli”.

Lo stesso anno, Zac Efron ha condiviso il suo entusiasmo per il MCU e ha chiarito di essere un fan. “Amo l’universo Marvel. Sono un fan della Marvel da quando ho iniziato a camminare“, ha dichiarato entusiasta. “Se arrivasse il personaggio giusto e volessero farmi partecipare, coglierei al volo l’opportunità”. Solo il tempo ci dirà se questa voce sarà confermata, maZac Efron si è messo in forma come supereroe per The Iron Claw e potrebbe facilmente lasciare il segno nel franchise in futuro.

Daredevil: Born Again, le star rivelano che non era legata alla serie Netflix prima della revisione creativa

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Dal 2021, il Matt Murdock di Charlie Cox e il Kingpin del crimine di Vincent D’Onofrio sono apparsi in diverse serie televisive del MCU. Abbiamo visto l’Uomo senza paura in Spider-Man: No Way Home, She-Hulk: Attorney at Law ed Echo, con Wilson Fisk che è apparso in quest’ultimo e Hawkeye.

Tuttavia, i due non condividono lo schermo da quando Daredevil si è concluso su Netflix sei anni fa. La situazione è destinata a cambiare con Daredevil: Born Again e, in un’intervista a TV Insider, Vincent D’Onofrio ha rivelato che in origine il revival non presentava collegamenti significativi con Daredevil.

All’inizio non lo era affatto, ma ora lo è molto“, ha detto l’attore a proposito dei crossover tra i due. Cox ha aggiunto che ora ce ne sono “molti“, presumibilmente intendendo che Foggy Nelson, Karen Page, Bullseye e il Punitore erano M.I.A. nella precedente iterazione di Daredevil: Born Again.

Per quanto riguarda i motivi che hanno portato al cambiamento, Charlie Cox ha dichiarato: “Penso che sia colpa dei fan. Penso che sia anche colpa dello studio”.

È un equilibrio davvero sottile da raggiungere“, ha aggiunto. “Se devi fare un remake di uno show e chiamarlo Stagione 1 e se è stato uno show di successo ed è stato molto amato, allora devi fare quello che è piaciuto alla gente. Ma devi anche avere un motivo per rifarlo. Quindi devi cambiare un po’ le cose. È un equilibrio davvero sottile da trovare”.
“Penso che abbiano fatto un ottimo lavoro in questo senso”, ha detto Cox. “E speriamo che i vecchi fan – gli O.G. – lo amino e che, inoltre, magari ne conquistiamo altri lungo la strada”.

Per quanto riguarda il suo ritorno nei panni di Daredevil, l’attore ha dichiarato: “È ancora un privilegio indossare quel costume, avere l’età che ho e poter ancora interpretare un supereroe. Non lo do affatto per scontato. Le mie ginocchia sono un po’ più doloranti. La schiena e il collo fanno un po’ fatica, ma prima o poi dovranno togliermelo“.

Sembra che i Marvel Studios abbiano fatto la cosa giusta con Daredevil: Born Again e tutti i segnali indicano che si tratta della serie che i fan di Daredevil stavano aspettando. Tuttavia, non possiamo fare a meno di chiederci come fosse la precedente iterazione dello show. Quanto sarebbe stata disastrosa se gli showrunner originali Matt Corman e Chris Ord avessero potuto continuare senza l’intervento di Kevin Feige? Chi lo sa.

Cosa sappiamo su Daredevil: Born Again?

Lo sceneggiatore di The Punisher, Dario Scardapane, è salito a bordo come nuovo showrunner della serie Daredevil: Born Again, le cui riprese sono concluse da poco. I dettagli specifici della trama sono ancora nascosti, ma sappiamo che Daredevil: Born Again vedrà Matt Murdock/Daredevil (Charlie Cox) confrontarsi con la sua vecchia nemesi Kingpin (Vincent D’Onofrio), che abbiamo visto tornare di corsa a New York nel finale di stagione di Echo. È probabile che Fisk sia in corsa per la carica di sindaco di New York o che sia già stato nominato a tale carica quando la storia prenderà il via.

Su Disney+ c’è una nuova serie tv dei Marvel Studios con il più alto indice di gradimento

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La prima stagione di X-Men ’97 si è conclusa ieri e, con tutti i 10 episodi disponibili sullo streamer, possiamo ora confermare il suo status di serie televisiva dei Marvel Studios meglio recensita fino ad oggi.

Con il 98% su Rotten Tomatoes, si trova al primo posto nell’aggregatore di recensioni, con Ms. Marvel al secondo posto con… il 98%. Nonostante gli stessi punteggi, X-Men ’97 supera la storia d’origine di Kamala Khan per il numero di recensioni contate.

La serie animata ha ricevuto ampi consensi da parte di fan e critici, la maggior parte dei quali l’ha definita la migliore interpretazione degli X-Men mai realizzata su uno schermo di grandi dimensioni.

Per contestualizzare, gli altri show televisivi del MCU meglio recensiti sono WandaVision e Hawkeye con il 92%. Anche la Marvel Television riceve un po’ di affetto, con Agents of S.H.I.E.L.D. al 95% e Daredevil al 92%.

Sebbene i Marvel Studios non abbiano annunciato “ufficialmente” i piani per la seconda stagione di X-Men ’97, diversi creativi e membri del cast hanno commentato questi episodi. Tra questi, l’attrice di Rogue Lenore Zann.

“Li ho fatti, sì! Li ho fatti, sì“, ha detto di recente a Nexus Point News quando le hanno chiesto se ha registrato le sue battute per i prossimi episodi. “Certo, continuiamo a essere richiamati per fare come ADR e fare piccole modifiche qua e là, ma sì, ho fatto le mie battute e lo adoro. È una sceneggiatura incredibile, vedete, vi piacerà, come questa, è semplicemente fantastica“.

Il finale della prima stagione di X-Men ’97, “Tolerance Is Extinction – Part 3”, si è concluso con un grosso cliffhanger. Con un po’ di fortuna, l’attesa per la seconda stagione non sarà troppo lunga e speriamo che i nuovi episodi arrivino al massimo nel 2025.

Barry Keoghan sul momento musicale Bird sulla scia del finale Saltburn: “Sono un pessimo ballerino”

Dopo aver scorrazzato per i corridoi di una grande casa mostrandosi come mamma lo ha fatto in Saltburn, Barry Keoghan è tornato con un’altra illustre interpretazione musicale in Bird. Nel film di Andrea Arnold, presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes, Keoghan interpreta un giovane padre e ad un certo punto canticchia una versione stonata di “The Universal” dei Blur in quello che è un dolce momento in cui balla.

Per l’attore, la musica è un impegno totale nei confronti dei ruoli che interpreta. “Non penso di saper ballare. Sono un pessimo ballerino”, ha confessato l’attore candidato all’Oscar durante la conferenza stampa del film. “Penso che la bellezza di ballare sullo schermo sia lo sforzo di provarci.” “La musica gioca un ruolo importante in tutto ciò che faccio, so che anche Andrea è appassionata di musica”, ha detto Barry Keoghan.

Sono dei mesi molto intensi per Barry Keoghan che dopo la nomination agli Oscar per Gli spiriti dell’isola è stato visto in Masters of the Air ed è atteso anche come nuovo Joker per il The Batman di Matt Reeves.

The Big Cigar, recensione della serie Apple Tv+

Basata sull’articolo del 2012 scritto da Joshuah Bearman per la rivista Playboy, The Big Cigar, la miniserie che vede Don Cheadle produttore esecutivo e regista dei primi due episodi racconta la vicenda di Huey P. Newton (André Holland), leader del movimento politico delle Black Panther e del suo tentativo di fuggire a Cuba per evitare il carcere. Ad aiutarlo nel 1974 a sfuggire alla cattura fu il produttore cinematografico Bert Schneider (Alessandro Nivola), in quegli anni uno dei più famigerati ad Hollywood in seguito al successo di Easy Rider.

Dietro alla confezione iper-patinata e lussureggiante di The Big Cigar, costruita con lo scopo esplicito di restituire tutto il glamour della Los Angeles dell’epoca, si nasconde una storia che ha il fiato cortissimo, tanto da non reggere neppure la lunghezza di sei episodi da quaranta minuti ciascuno. La messa in scena fatta di montaggio ellittico e musiche accattivanti non riesce neppure più di tanto a dare ritmo a una narrazione che non possiede solidità, che fin dall’episodio pilota dilata situazioni e sviluppo dei personaggi  per tentare di ovviare a una storia che non pare proprio adatta per il prodotto seriale.

Moses Ingram e Alessandro Nivola in “The Big Cigar”, disponibile dal 17 maggio 2024 su Apple TV+

The Big Cigar, lo spunto principale rimane sullo sfondo

Quella che regge The Big Cigar è un’idea di partenza neppure poi troppo originale, dal momento che Bearman nel 2007 aveva scritto un articolo per Wired molto simile, il quale poi venne adattato per il cinema e divenne Argo, il film diretto da Ben Affleck e premiato con l’Oscar. Se in quel caso la sceneggiatura di Chris Terrio raccontava con pienezza e potenza narrativa la folle idea che permise all’agente della CIA Tony Mendez di portare in salvo i cittadini americani nascosti in Iran dopo la rivoluzione del 1979, nel caso di The Big Cigar purtroppo lo spunto di partenza rimane quasi sempre sullo sfondo, non serve quasi mai a direzionare la narrazione verso un punto preciso né tanto meno a creare un arco narrativo preciso per i personaggi protagonisti. Ed ecco allora che Newton sembra girare a vuoto e senza motivo per i primi due episodi, scentrato sia dal punto di vista umano che come figura storica, decisamente “edulcorata” sotto l’aspetto socio-politico.

Sembra infatti che l’intento principale del regista Cheadle che dei creatori di The Big Cigar sia piuttosto quello di restituire al pubblico un attivista “cool” e mosso esclusivamente da spirito civile e attaccamento alla battaglia per i diritti civili dei neri in America. Aspetto della politica di Newton innegabile, ma al tempo stesso non così cristallino e innocente come The Big Cigar lo presenta. Una problematizzazione maggiore del protagonista, del periodo storico e dei fatti avvenuti avrebbe senza dubbio giovato a una miniserie che invece resta eccessivamente in superficie, intenta a mostrare  i lustrini e i riflettori invece che le zone d’ombra di storia e figure in scena.

Tiffany Boone e André Holland in “The Big Cigar”, disponibile dal 17 maggio 2024 su Apple TV+.

André Holland, fiore all’occhiello di The Big Cigar

L’unico punto davvero a favore di The Big Cigar è come sempre André Holland, attore tra i più affidabili dell’odierno panorama contemporaneo americano sia sul piccolo che sul grande schermo. Nonostante non possegga materiale egregio su cui lavorare, Holland riesce comunque a dotare il suo Huey P. Newton della necessaria profondità per renderlo almeno interessante, complesso. Se la serie tende a semplificare troppi discorsi riguardanti questa figura storica di chiara complessità, almeno il suo interprete dimostra di non averla sottovalutata, o ancor peggio ridotta alla monodimensionalità.

Per il resto davvero poco o nulla si salva di uno show quasi mai coinvolgente, anche quando vorrebbe raccontare i momenti maggiormente drammatici della storia delle Black Panther. Anche il montaggio che alterna i vari piani temporali, solitamente efficace nel costruire echi emotivi all’interno della narrazione, questa volta appare un espediente invece che una necessità. Per il resto The Big Cigar è spettacolo, apparenza e pochissimo altro. Peccato, il materiale storico, sociale e politico per realizzare un prodotto di spessore c’era tutto….

Samsara: recensione del film di Lois Patiño

Arriva sugli schermi italiani Samsara di Lois Patiño, con una proiezione in anteprima nel corso della diciassettesima edizione di La Nueva Ola – Festival del cinema spagnolo e latinoamericano al cinema Barberini di Roma. Nelle sale sarà disponibile dal 23 maggio e per fortuna, perché un progetto come questo può trovare la giusta forma di fruizione solo come rito collettivo. Il film selezionato in concorso alla Berlinale 2023 si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria in Encounters. Siamo in Laos, un paese dove ancora la natura si manifesta nella sua imponenza al cui cospetto gli esseri umani appaiono per quello che sono: minuscoli di fronte a maestose cascate e fitte foreste frequentate da elefanti in libertà.

Qui seguiamo i giovanissimi monaci nei loro sanghati color zafferano, sospesi tra le antiche pratiche della meditazione tradizionale e i tanti stimoli della rete che attraverso i moderni smartphone si insinuano anche all’interno della disciplina del tempio. Samsara è un termine sanscrito, il cui significato è ‘scorrere insieme’ e nella dottrina buddhista sta a indicare l’affrancamento dal ciclo delle rinascite. Un obiettivo, un’aspirazione che in questa religione viene perseguito reincarnazione dopo reincarnazione, vita dopo vita. Lo sa bene Mon, un’anziana donna che sente di essere ormai prossima alla morte e vuole prepararsi al viaggio che la attende. Lo fa attraverso un testo cardine del buddhismo: il Bardo Thodol, ovvero ‘Il Libro tibethano dei morti’. Un’esperienza che il regista ci invita a vivere, letteralmente, insieme a lei. Alla sua morte, infatti, lo spettatore viene invitato a seguire il viaggio della sua anima in quello spazio intermedio che trasporta la mente da un corpo all’altro.

Samsara sperimenta le forme espressive offerte dalla pellicola 16mm

Quindici minuti in cui ci viene suggerito di rimanere ad occhi chiusi e di abbandonarsi ad un volo di proporzioni intercontinentali: lo si percepisce dalle varie lingue (tra cui anche l’italiano) che si attraversano. Un’esperienza che, vissuta all’interno di una sala collettiva, riporta il cinema alla concretezza degli albori, quando oltre alla visione venivano sollecitati anche altri sensi, come l’olfatto grazie ai profumi diffusi durante le proiezioni, ad esempio. Chi avesse la curiosità di sbirciare durante questo lungo segmento di proiezione (ma il consiglio è quello di unirsi alla meditazione di gruppo), vedrà frammenti luminosi imprecisi ottenuti attraverso l’utilizzo di una 16mm, come i colori descritti nel libro, che ricordano le sperimentazioni su pellicola di Hans Richter negli anni Venti. E alla fine del viaggio siate pronti ad approdare dove il karma ha deciso, seguendo anche la nuova strada che al vivere viene assegnata, senza giudizi, proprio come il personaggio protagonista della seconda parte di un racconto visivo che offre immagini di grande suggestione.

SamsaraDal Laos a Zanzibar: un omaggio alla diversità culturale

Il regista spagnolo ha dichiarato che Samsara deve essere letto come una celebrazione della diversità culturale e delle leggi invisibili che sostengono e accompagnano il nostro vivere e morire. Il montaggio attenua gli effetti di quella che sembra essere una presa diretta per la lentezza con cui si conduce e che è frutto di una ricerca precisa. Il samsara viene ricreato in ogni inquadratura come tentativo di fermare il tempo attraverso la sua dilatazione fino agli estremi, con sostanziosi fermi immagine paesaggistici e un’attenzione anche alle forme di vita che abitano i dintorni della storia, pur senza attraversarla, come i piccoli animali marini nella nuova vita di Mon. “Meno male che facciamo dei sogni” dice la donna, prossima al trapasso nella prima parte del film. “Quando andiamo a dormire ci raccontano delle storie così belle”.

E come un sogno è Samsara, una pellicola che si prende la libertà di rivoluzionare il ritmo della narrazione per far emergere quell’invisibile che nel quotidiano serrato che ciascuno di noi si trova a vivere inevitabilmente si perde. O forse no? Da questo punto di vista il film d Patino rappresenta un tentativo di coraggioso di dare spazio alla filosofia e alla religione cercando la costruzione di una nuova forma espressiva: se si tenta di leggere il film al di fuori di questa prospettiva di sperimentazione, altrimenti, Samsara rischia di apparire solo un documentario che cerca senza riuscirci di nascondere la macchina da presa mentre è molto di più.

Un suggerimento: se avete amato le atmosfere di Samsara non perdetevi Le quattro volte di Michelangelo Frammartino.

Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883, foto e teaser della serie di Sydney Sibilia

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Le inconfondibili note di “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” e “Sei un mito” accompagnano le primissime immagini di Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883, la dramedy Sky Original di cui viene rilasciato oggi il primo teaser trailer che annuncia il debutto a ottobre in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.

La serie – una produzione Sky Studios e Groenlandia (società del Gruppo Banijay) prodotta da Matteo Rovere e Sydney Sibilia – è una dramedy ritmata e brillante in otto episodi che racconta una storia di musica, di provincia, di illusioni e di grande amicizia. Protagonisti Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli (Il filo invisibile, Gli sdraiati, Vostro Onore) rispettivamente nei panni di Max Pezzali e Mauro Repetto, capaci di dar vita da giovanissimi, negli anni ’90, a un progetto diventato in pochi anni un vero e proprio fenomeno generazionale di portata nazionale.

La serie è un coming-of-age che racconta la storia di Max e Mauro, i mitici anni ’90 e la genesi di alcune delle canzoni più famose degli 883, duo che contro ogni aspettativa, partendo da Pavia, ha cambiato la musica italiana sorprendendo tutti, in primis gli stessi Max e Mauro, ormai icone in grado di far cantare ed emozionare intere generazioni di fan.

Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883, la trama

Pavia, fine anni Ottanta. Max ama i fumetti e la musica americana. È un anticonformista in una città dove non c’è nulla a cui ribellarsi. In più, dopo aver trascurato il liceo per seguire nuove amicizie e serate punk, arriva inevitabilmente la bocciatura.

Questo fallimento si rivela in realtà una nuova, fatale opportunità: nel liceo dove si trasferisce ha un nuovo compagno di banco, Mauro. La musica rende Max e Mauro inseparabili. Grazie alla forza trascinante di Mauro, Max abbraccia il suo talento e insieme a lui compone le prime canzoni che verranno prodotte da Claudio Cecchetto. Ma quando il successo li travolgerà, Max e Mauro, così diversi, riusciranno a rimanere uniti?

Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883 è una serie di Sydney Sibilia (Smetto quando voglio, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, Mixed by Erry), alla regia della sua prima serie, ed è da lui scritta con Francesco Agostini, Chiara Laudani e Giorgio Nerone. Completano il team di regia Francesco Ebbasta (Addio fottuti musi verdi, Generazione 56k) e Alice Filippi (Sul più bello, SIC).