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Leoncino d’Oro, vincono The Whale e Athena a Venezia 79

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Leoncino d’Oro, vincono The Whale e Athena a Venezia 79

Si è tenuta venerdì 9 settembre alle ore 17.00 presso la Sala degli Stucchi dell’Hotel Excelsior la cerimonia di premiazione del Leoncino d’Oro istituito da AGISCUOLA e promosso da A.G.I.S., A.N.E.C. e David di Donatello – Accademia del Cinema Italiano, alla presenza di Roberto Cicutto (Presidente La Biennale), Alberto Barbera (Direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica), Andrea Del Mercato (Direttore Generale La Biennale), Luigi Lonigro (Presidente Unione Editori e Distributori Cinematografici).
Hanno fatto gli onori di casa: Piera Detassis (Presidente Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello), Mario Lorini (Vicepresidente AGIS e Presidente ANEC), Carmela Pace (Presidente Unicef Italia), Simone Gialdini (Direttore Generale Anec).

Giunto alla 34° edizione, il Leoncino è divenuto nel tempo uno dei premi collaterali più importanti e significativi della Mostra del Cinema di Venezia. Anche quest’anno il gruppo di giovani giurati provenienti da tutta Italia ha assegnato – in seguito ad un accordo siglato con il Comitato Italiano per l’UNICEF – il prestigioso premio Segnalazione Cinema For UNICEF, riconoscimento istituito dal Comitato Italiano per l’UNICEF presso la Mostra sin dal 1980.

Nel corso della cerimonia di premiazione, è stato assegnato il Premio Leoncino d’Oro della 79. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia al film The Whale” di Darren Aronofsky alla presenza di Andrea Romeo, CEO di I Wonder Pictures, con la seguente motivazione:

“Un’umanità strabordante, magistralmente interpretata, affronta il disperato tentativo di riscatto, tanto straziante quanto necessario. Amicizia, religione, morte e amore vengono messi in scena attraverso la tormentata ricerca della sincerità in un’atmosfera claustrofobica ispirata dall’omonima opera teatrale. Una pellicola spietata che rappresenta un accorato invito alla riconciliazione con gli altri e soprattutto con sé stessi. Per queste motivazioni, il Leoncino d’Oro della 79esima edizione del cinema di Venezia va a “The Whale” di Darren Aronofsky.”

La giuria ha assegnato la Segnalazione Cinema For UNICEF al film Athena di Romain Gavras con la seguente motivazione:

“Una moderna tragedia che si concretizza in un potente crescendo di violenza, dove diventa impossibile stabilire le reali responsabilità. L’esecuzione di un bambino innocente diviene pretesto per la rivolta. L’odio e la devastazione lacerano un tessuto sociale già fragile, in cui sono proprio i giovani ad imbracciare le armi. Discriminazione, ghettizzazione e, soprattutto assenza di tutela dei più basilari diritti umani, degenerano in una realtà ben più vicina di quanto mai avremmo potuto immaginare. Per queste ragioni la Segnalazione Cinema for Unicef della 79esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia va a “Athena” di Romain Gavras.”

Venezia 79: La Pellicola d’Oro, tutti i vincitori

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Venezia 79: La Pellicola d’Oro, tutti i vincitori

La Pellicola d’Oro, dopo il successo del premio nazionale presso la Casa del Cinema del 14  giugno scorso per la XII Edizione ricca di ospiti, è riuscito a mantenere l’appuntamento con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, anche quest’anno, presso la Sala Tropicana – Spazio Italian Pavillon all’interno dell’Hotel Excelsior.

I VINCITORI della VI Edizione del premio collaterale de La Pellicola d’Oro sono stati premiati da FRANCESCO RUTELLI (Presidente ANICA) e MIGUEL GOTOR (Assessore alla Cultura del Comune di Roma).

MIGLIOR SARTA DI SCENA – LAURA MONTALDI per il film CHIARA di Susanna Nicchiarelli prodotto da Vivo Film – Rai Cinema – Tarantula.

MIGLIOR DIRETTORE DI PRODUZIONE – BARBARA BUSSO per il film IL SIGNORE DELLE FORMICHE di Gianni Amelio prodotto da Kavac Film – IPC Movie – Tender Stories Rai Cinema.

MIGLIOR CAPO MACCHINISTA – CESARE PASCARELLA per il film IL SIGNORE DELLE FORMICHE di Gianni Amelio prodotto da Kavac Film – IPC Movie – Tender Stories Rai Cinema.

Il premio cinematografico è promosso ed organizzato dall’Ass.ne Culturale “Articolo 9 Cultura & Spettacolo” e dalla “S.A.S. Cinema” di cui il presidente è lo scenografo e regista Enzo De Camillis, sottolineando la collaborazione ed il patrocinio di: MiC Direzione Generale Cinema, RomaLazioFilmcommission, l’ANICA, l’APA, l’Ass.For. Cinema.

Ponendosi l’obiettivo di portare alla ribalta quei “mestieri” il cui ruolo è fondamentale per la realizzazione di un film ma che, allo stesso tempo, sono praticamente “sconosciuti” o non correttamente valutati dal pubblico.

“Con tale premessa ringraziamo per l’ospitalità lo spazio de Italian Pavilion, Luce Cinecittà. Un importante appuntamento che ci ha dato la possibilità di divulgare in campo internazionale il lavoro del dietro le quinte del cinema, ringraziando in particolare l’organizzazione di Cinecittà/Luce che con professionalità sono riusciti a coordinare gli eventi in tempi sempre più stretti offrendoci questa meravigliosa opportunità veneziana. La Biennale di Venezia e il suo presidente Roberto Cicutto, il Direttore Alberto Barbera che ci ha offerto questa meravigliosa opportunità” – sottolinea il Direttore del premio Enzo De Camillis.

Venezia 79, Premio Francesco Pasinetti 2022 a Siccità di Paolo Virzì

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Va a Siccità di Paolo Virzì (Venezia 79) e al cast corale dei suoi protagonisti il Premio Francesco Pasinetti 2022 assegnato a Venezia, come tradizione, dal Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI).

Lo annuncia il Direttivo del Sindacato precisando che il vincitore è stato scelto considerando tutti i film italiani presentati nelle diverse sezioni e sottolineando, comunque, la qualità e l’originalità delle proposte viste nelle diverse sezioni e in particolare nella ‘rosa’ di Venezia 79 ricca di opere che confermano la vivacità e la vocazione anche internazionale di un cinema che, grazie anche all’offerta della Mostra, merita di riaccendere l’attenzione del pubblico nelle sale.

La motivazione – Siccità, nella rappresentazione distopica di una realtà messa a dura prova da una catastrofe mette a fuoco la confusione di un tempo che la pandemia e la crisi, anche economica, rende ancora più difficile mettendo in primo piano la difficoltà delle solitudini che Virzì mette in scena anche con lo sguardo alla tradizione della commedia italiana grazie a un cast corale nel quale spiccano con diverse sfumature i personaggi interpretati da Silvio Orlando, Valerio Mastandrea, Elena Lietti, Tommaso Ragno, Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Monica Bellucci, Diego Ribon, Max Tortora, Emanuela Fanelli, Gabriel Montesi e Sara Serraiocco.

Il film nasce da un soggetto di Paolo Giordano e Paolo Virzì. Scritto da Francesca Archibugi, Paolo Giordano, Francesco Piccolo e Paolo Virzì, è una produzione Wildside, società del gruppo Fremantle e Vision Distribution, in collaborazione con Sky, in collaborazione con Prime Video. Sarà sale dal 29 settembre per Vision Distribution.

Venezia 79, Settimana Internazionale della Critica (SIC): tutti i vincitori

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La Settimana Internazionale della Critica (SIC), sezione autonoma e parallela organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) nell’ambito della 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2022), ha assegnato oggi, venerdì 9 settembre, i premi della 37esima edizione.

La giuria internazionale composta da Rok BičekNico Marzano Barbara Wurm ha assegnato il Gran Premio IWONDERFULL a “Eismayer” di David Wagner. Questa la motivazione: “Questa opera prima, matura e sorprendentemente coerente su molti livelli (recitazione, ambientazione, regia) è un eccezionale esempio di narrazione efficace, diretta e senza soluzione di continuità. Il film accetta la sfida di conquistare uno degli ultimi baluardi istituzionali dell’omofobia: l’esercito. Descrivendo il regno dell’autodisciplina e della mera obbedienza, rappresenta una riflessione sorprendentemente genuina e pacata sulla natura dei nostri sentimenti, sul loro nesso con i nostri corpi, i nostri atteggiamenti e le nostre convinzioni. Un film sul “coraggio di superare” e sul coming out, sul conoscere se stessi e gli altri”.

La stessa giuria ha anche assegnato una menzione speciale al film “Anhell69” di Theo Montoya perché “Mediante un’estetica audace ed eclettica, che rende conto di energie dolorose ma allo stesso tempo vitali, sospese tra la vita e la morte – quest’ultima percepita come un dato di fatto – quest’opera fluttua coerentemente attraverso gli strati urbani di tragedie imperanti. La giuria decide, all’unanimità, di premiare questo sensibile e poetico “canto di morte”, una travolgente “película trans” nel suo genere.

All’unico film italiano in Concorso, “Margini” di Niccolò Falsetti, va il Premio del Pubblico THE FILM CLUB con una percentuale di gradimento di 4,52/5,00. L’affluenza nelle sale ha superato i numeri pre-pandemia.

La giuria composta da Marta Bellamoli, Riccardo Chiaramondia, Marianna Giorgia Marchesini, Lorenzo Rigobello e Vittoria Savoia ha deciso di assegnare il Premio Circolo del Cinema di Verona al film “Anhell69” di Theo Montoya con la seguente motivazione: “Per la capacità di unire il documentario con le suggestioni tipiche della tradizione cinematografica colombiana. Per aver fatto convivere i vivi e i morti attraverso uno spiritualismo terreno, in cui sangue e sperma diventano la chiave per accedere a un mondo altro. Per una coraggiosa opera di documentarismo magico.

Il Premio Mario Serandrei – Hotel Saturnia per il Miglior Contributo Tecnico, assegnato da un’apposita commissione di esperti composta Marco Contino, Anna Maria Pasetti e Lorenzo Rossi è andato al film “Anhell69” di Theo Montoya. La motivazione: “Per la capacità di raccontare l’annichilimento di una generazione attraverso una fotografia che innesta sulle testimonianze di vittime e sopravvissuti le atmosfere di una favola dark, un cinema nel cinema che, tra luci e tenebre, restituisce il senso di una realtà di uomini ed ectoplasmi, di vita e morte”.

Nell’ambito della settima edizione di SIC@SIC (Short Italian Cinema @ Settimana Internazionale della Critica) la giuria composta da tre professionisti dell’industria cinematografica – Marco AlessiValerio Ferrara e Tita Tummillo De Palo – ha selezionato i seguenti vincitori tra i sette cortometraggi in concorso:

Premio Miglior Cortometraggio “Puiet” di Lorenzo Fabbro e Bronte Stahl con la motivazione “Per la capacità con cui l’opera filmica mantiene un costante rapporto tra immagine-movimento e immagine-tempo, affidando all’apparire del soggetto un ruolo narrativo a tratti disarmante. Un romanzo di formazione immerso in una sorta di realismo magico che ci ricolloca in una ciclicità del divenire intima e universale.

Premio Migliore Regia “Albertine where are you?” di Maria Guidone con la motivazione “Un lavoro di regia che va oltre le convenzioni stilistiche e proietta la spettatrice in un viaggio spazio temporale tra il presente, il passato e il futuro, interrogandosi sull’amore universale e libertà dei corpi. Un racconto che diventa saggio per poi tornare racconto senza perdere mai la propria eleganza, armonia e fluidità.

Premio Miglior Contributo Tecnico “Reginetta” di Federico Russotto con la motivazione “Per aver dimostrato una grande padronanza tecnica nella messa in scena, in un lavoro in cui le musiche, la fotografia e il montaggio ripropongono un immaginario storico e in costume, caro alla nostra tradizione cinematografica, sotto una nuova veste, inedita e inaspettata.

Si conclude quella che abbiamo immaginato come una “edizione della rinascita”, aperta e inclusiva, orientata a un ideale di condivisione, all’amicizia, all’amore, al senso di comunità. Abbiamo privilegiato un’idea di cinema autoriale eppure accessibile e i vincitori della SIC 2022 assecondano questa linea editoriale che vuole anche essere un segnale di fiducia e un invito al ritorno in sala da parte del pubblico”, commenta così questa edizione il Delegato Generale Beatrice Fiorentino.

È estremamente positivo il bilancio di questa 37esima Settimana Internazionale della Critica. Innanzitutto per la qualità dei film, testimoniata dalla risposta del pubblico e della stampa italiana e internazionale. Gli spettatori che hanno votato per il premio del pubblico hanno assegnato ai sette film in concorso un punteggio medio di 4 su 5. Oltre 1.000 professionisti e giornalisti hanno preso parte a un intenso programma di interviste, incontri e momenti di networking organizzati nella neonata Casa della Critica, che ben presto è diventata un punto di riferimento per le delegazioni dei film e non solo per loro. Possiamo già annunciare che l’anno prossimo la Casa della Critica sarà confermata e rafforzata con nuovi contenuti. Ci fanno particolarmente piacere le scelte delle varie giurie che hanno premiato Eismayer, uno dei film più amati e applauditi della selezione, l’italiano Margini, che ha appassionato gli spettatori, il colombiano Anhell69 che rientra perfettamente in una linea di cinema queer a cui la Sic quest’anno ha saputo dare voce e respiro con forza, autorevolezza ed energia, tanto da aggiudicarsi anche il Queer Lion andato al tedesco Skin Deep. Un grazie sentito a tutti i nostri magnifici sponsor, alla DGCA del MiC, alla Biennale di Venezia, a Cinecittà che ci ha accompagnato anche quest’anno nell’avventura di Sic@Sic”  dichiara Cristiana PaternòPresidente del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI). 

Les miens: recensione del film di e con Roschdy Zem

Les miens: recensione del film di e con Roschdy Zem

Se c’è un tema ricorrente nei film presentatiVenezia 79 è quello delle relazioni familiari: questa volta non si tratta di padri o di figli (come in The SonThe Haunting Sun), ma di fratelliLes Miens è un film fatto di interni domestici: racconta in chiave melodrammatica i bisticci fraterni che, come mostra il regista e sceneggiatore Roschdy Zem (I figli degli altri), sono inevitabili manifestazioni d’affetto.

Les miens: sinossi del film

Nella sua famiglia, Moussa (Sami Bouajila) è considerato il fratello buono e affezionato, mentre Ryad (Roschdy Zem) incarna il familiare ricco e troppo impegnato per pensare ai suoi cari. In realtà, nonostante faccia di tutto per mascherare i suoi sentimenti, Moussa è infelice e oberato dal lavoro. Quando  finalmente decide di concedersi una serata di svago in discoteca, una brutta caduta gli causa un insolito trauma cranico. A causa della botta, Moussa perde tante delle sue qualità positive: parla senza filtri,  è aggressivo e pessimista. Il cambiamento di Moussa crea scompiglio all’interno della famiglia: tutti, dal fratello, ai figli fino alla sorella dell’uomo, devono imparare a prendersi cura di quella che, fino a quel momento, era la figura più premurosa della famiglia.

Battibecchi coinvolgenti, tra l’ironia e l’aggressività

Les miens è un film molto parlato. Le scene conviviali, attorno alla tavola, davanti ad un caffè, trasmettono il calore burrascoso della famiglia di Moussa e Ryad. È impossibile non immedesimarsi nei personaggi: ci sono zie, fratelli, nipoti, archetipi che tutti, almeno una volta, hanno incarnato ad una cena natalizia o ad un pranzo pasquale. Nel film, le discussioni sono frequenti e sono le scene di maggiore azione: i duelli verbali, i monologhi, gli sfoghi sono coinvolgenti e pungenti. Pur senza raggiungere vette estreme, il film è un continuo succedersi di climax e anticlimax e rende perfettamente l’idea degli scontri familiari: per quanto si possa discutere, ci si riappacifica sempre. Come da bambini, così anche da grandi.

Come abbiamo detto però, Les miens è un film abbastanza statico: gli interni domestici sono ricorrenti e ripetuti. Vengono intervallati solo da qualche ambientazione in esterna e dagli uffici di Moussa Ryad. Per un film così riflessivo e introspettivo la scelta si rivela efficace. Certo, un po’ di movimento in più non avrebbe guastato.

Ryad è il riflesso (deformato) di Moussa

Fin dall’inizio, Ryad e Moussa sono personaggi simili e opposti. Entrambi lavorano come matti, il primo è un famoso presentatore sportivo, il secondo è consulente in una banca. E, anche se inizialmente non si direbbe, entrambi si preoccupano per la famiglia, ma in modo diverso. Sarà necessario l’incidente di Moussa per permettere ai due fratelli di scoprire i reciproci tratti comuni e di ripensare il proprio rapporto.

In conclusione, Les miens è un dramma familiare ricercato e riflessivo. Evitando i colpi di scena, Roschdy Zem realizza un film che punta al realismo e che si muove negli spazi domestici, tra persone comuni. Les miens coglie gli aspetti emozionanti dell’ordinario e celebra l’amore fraterno, in tutte le sue sfumature.

Beyond the Wall (Oltre il Muro), recensione del film di Vahid Jalilvand

Dopo che Il dubbio – un caso di coscienza del regista iraniano Vahid Jalilvand è stato candidato nel 2019 come Miglior film straniero, il regista viene accolto da un’altra vetrina importante – il concorso di Venezia 79 – per presentare la sua ultima opera Beyond the Wall (Oltre il Muro), potente nella sua essenza di film di genere, forse addirittura una delle visioni più di intrattenimento del festival, nonostante la sua dura natura.

Il male esiste anche oltre il muro

Dopo lo stupendo Il male non esiste, vincitore dell’orso d’oro a Berlino, ci immergiamo nuovamente nell’intricato arazzo dell’apparato repressivo dell’Iran, della crudeltà e violenza del suo spietato sistema giudiziario, presentandoci scelte narrative che – non essendo state approvate dal governo italiano – lo collocano sicuramente nella schiera di dissidenti cinematografici più audaci, insieme ai tre registi già incarcerati Jafar Panahi (sempre in concorso con il suo No Bears a Venezia), Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad.

Ali, un uomo cieco, sta tentando di suicidarsi quando la sua terribile intenzione viene interrotta dal portiere del suo palazzo. Viene informato che la polizia è alla ricerca di una donna fuggita e nascosta da qualche parte nell’edificio. A poco a poco, Ali scopre che la donna, Leila, si trova nel suo appartamento. Dopo aver partecipato a una protesta dei lavoratori finita nel caos, la donna è sconvolta dalla perdita del figlio di quattro anni, che non vede da quando è stata portata via da un furgone della polizia. A poco a poco, Ali si lega emotivamente a lei. Desideroso di fuggire dalla realtà, aiutare Leila diventa un rifugio nella sua stessa immaginazione, in cui ci è concesso – non senza poca fatica – di entrare con gli occhi socchiusi.

Beyond the Wall: il fim più di genere di Jalivand

Navid Mohammadzadeh, co-protagonista del precedente film del regista e nel cast di Leila’s Brothers, film acclamatissimo a Cannes 2022, torna a collaborare con il regista nei panni di un personaggio enigmatico, che ci conduce nei meandri di una storia sul senso di colpa e sul sacrificio per l’altro, in cui un montaggio e riprese frenetiche spesso rendono difficile la decodifica di prospettive apparentemente agli antipodi, ma che capiamo fin dall’inizio che dovranno intersecarsi.

Beyond the Wall non fatica a catalizzare l’attenzione dello spettatore su di sè, avvalendosi di un crescendo tensivo verace, che lo avvicina quasi agli schemi dei film mainstream, più che d’autore, aspetto che potrebbe sorprendere positivamente anche chi non è avvezzo al cinema israeliano. Non stiamo parlando di un film perfetto, ma di un racconto che sceglie di srotolare la propria matassa di dubbi, denunce e prospettive, allacciandosi all’impianto teatrale, quel palcoscenico che ha visto Jalivand crescere e affermarsi come regista. La chiusura spazio-temporale vivifica le sorti di un protagonista indebolito dall’impossibilità di movimento e che deve trovare nel suo ignegno la chiave di lettura di un rompicapo in cui sono coinvolte più esistenze.

Anche se il finale perde di tono rispetto alle drammatiche prospettive iniziali, fondamento della storia di Ali, Beyond The Wall (Oltre il Muro) farà parlare di sè, anche solo per la sua audacia nell’assumere i connotati da film “di genere” e di gran lunga più accessibile rispetto agli altri di Jalivand.

Susanna Nicchiarelli presenta CHIARA a Venezia 79

Susanna Nicchiarelli presenta CHIARA a Venezia 79

La regista italiana Susanna Nicchiarelli torna alla Mostra internazionale di Venezia  per presentare un nuovo film sulla figura femminile. Questa volta il balzo indietro nel tempo è notevole: siamo nel 1211 e la Chiara di cui Nicchiarelli parla è Santa Chiara d’Assisi. Dopo Nico 1988 (2017) e Miss Marx (2020), il terzo ritratto di donna è giovane, avanguardista e spirituale. A interpretare la protagonista c’è Margherita Mazzucco, che già ha vestito i panni di una ragazza forte, quelli di Lenù de L’amica geniale. Accanto a Mazzucco, non può mancare l’amico e profeta di Chiara: Andrea Carpenzano (La Terra dell’Abbastanza, Calcinculo) è Francesco d’Assisi. 

Rivoluzione e femminismo del 1200

Due anni dopo Miss Marx, anche il nuovo film di Susanna Nicchiarelli è in concorso a Venezia 79. Non è la prima volta che viene realizzato un lungometraggio sui santi d’Assisi, si pensi a Fratello sole, sorella luna (1972) o a Chiara e Francesco (2007). Tuttavia, l’obiettivo di Nicchiarelli è quello di raccontare una versione diversa della fondatrice delle clarisse. Nel lungometraggio, Chiara è prima di tutto una giovane e coraggiosa ragazza di diciotto anni, che lotta per affermare i suoi ideali. ”Nel film c’è un messaggio contemporaneo molto forte perché viene raccontata una storia di disparità sociale. Chiara e Francesco portano un messaggio molto rivoluzionario, si mettono con gli ultimi”, dice Nicchiarelli. Poi aggiunge: ”Chiara è anche una femminista, voleva fare per le donne quello che Francesco ha fatto per gli uomini, ma non ha potuto”.

La scelta degli interpreti

La volontà di fare un film fresco e giovane, nonostante il tema della vocazione religiosa e l’ambientazione medievale, ha spinto la regista a scegliere per ChiaraFrancesco due interpreti come Margherita Mazzucco e Andrea Carpenzano. ”Credo siano entrambi molto bravi come attori. Non serviva essere retorici o ampollosi con questo film. Margherita e Andrea mi hanno aiutato a riscrivere le battute, ad adattarle a loro. Poi avevano età l’giusta.”

E aggiunge: ”Margherita è molto simile a Chiara, non urla, ha lo stesso tipo di tranquillità e calma.” Non a caso, Mazzucco confessa che la parte più ardua per lei è stata la rappresentazione della rabbia: ”Sì, la parte pratica è stata difficile: girare scalzi, con gli abiti. Ma più di tutto ho fatto fatica ad arrabbiarmi. Non è nella mia natura ma è una parte umana di Chiara che andava raccontata.”

Entrambi gli attori hanno fatto le loro ricerche sui santi d’Assisi, sempre guidati dalla regista. Mazzucco Carpenzano sono riusciti a portare i tratti dei loro personaggi moderni in un contesto storicamente lontano. Il realismo storico è dato dagli ambienti, dalla lingua – un mix di umbro, latino e francese – e dai costumi – ancora una volta opera del costumista Massimo Cantini Parrini  (Miss Marx, Pinocchio, Cyrano). A creare invece il ponte tra presente e passato ci pensano gli interpreti, due celebri ragazzi di oggi che recitano la parte di due famosi giovani di allora.

Il film è dedicato alla medievista Chiara Frugoni

Per scrivere il suo film, Nicchiarelli si è basata sugli scritti della storica medievista Chiara Frugoni. L’autrice è venuta a mancare lo scorso aprile, ma finché ha potuto ha partecipato attivamente alla creazione dei personaggi del lungometraggio. Nicchiarelli confessa: ”Frugoni ha dedicato la sua vita al racconto di Chiara e Francesco. Ho scoperto Chiara con i suoi libri, perché prima conoscevo una santa molto più canonizzata, quella addomesticata dalla Chiesa nei secoli successivi alla sua morte.” Continua Nicchiarelli: ”Questa storica ha svelato una Chiara diversa, più umana, e un Francesco che non solo parla agli uccelli, ma anche alle persone.”

Il supporto di Frugoni è stato essenziale anche durante la lavorazione. La regista confessa: ”Quando non sapevo come ambientare una scena o come rappresentare un personaggio, scrivevo a Chiara. In risposta, lei mi mandava delle immagini, un quadro, una raffigurazione, e da li partiva rappresentazione.”

Considerando i precedenti Nico, 1988 e Miss MarxChiara potrebbe sembrare il capitolo conclusivo di una trilogia sulla figura femminile che retrocede nel tempo. Nicchiarelli parla però di una ”trilogia involontaria”, non calcolata a tavolino ma che ha come tratto comune il racconto di donne forti. L’auspicio della regista è che ”la forza del messaggio di Chiara sia contagiosa: spero che contagi gli spettatori del film.’

Star Wars: Kathleen Kennedy non darà il via libera a nuovi film prima del 2024

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La presidente della Lucasfilm Kathleen Kennedy non sembra pronta a dare il via libera a nessun nuovo film di Star Wars prima del 2024. Stando ad alcune fonti del settore, la Kennedy non sembra infatti avere in programma alcuna dichiarazione relativa al franchise nel corso D23 Expo. L’esitazione della Kennedy potrebbe derivare dalla volontà di non replicare casi passati in cui si sono promossi film che finora non si sono concretizzati. Allo stesso modo, la consapevolezza che i recenti film di Star Wars non hanno incontrato il favore dei fan sperato ha portato la Lucasfilm a dover considerare con più attenzione i propri progetti.

Tale attesa probabilmente porterà dunque ad un intervallo di almeno cinque anni tra Star Wars: L’ascesa di Skywalker, uscito del 2019, e il prossimo film della saga. Ad ora i soli prodotti garantiti sono le serie televisive rilasciate su Disney+, da Obi-Wan Kenobi all’imminente Andor, fino all’annunciata Ahsoka. Tra i progetti cinematografici attualmente in sospeso vi sono invece una nuova trilogia affidata da Rian Johnson, già regista di Star Wars: Gli ultimi Jedi, e Rogue Squadron, un film incentrato sui piloti di caccia la cui regia è affidata a Patty Jenkins (Wonder Woman).

Fortunatamente per i fan, almeno un film di Star Wars sembra ancora garantito, ovvero quello ancora senza titolo con Taika Waititi come regista. I recenti rumor indicano che il progetto è in una fase di sviluppo avanzata e che potrebbe essere il prossimo titolo della saga a vedere il buio della sala, tra il 2023 e il 2024. Se ciò venisse confermato, significherebbe che le riprese dovrebbero iniziare relativamente presto, per concedere tempo sufficiente al montaggio, agli effetti visivi ed altri aspetti del processo di post-produzione. Per quanto riguarda i restanti progetti e il futuro della saga, bisognerà vedere se realmente la Kennedy non farà alcun annuncio o se qualcosa verrà rivelata nel corso del D23.

Fonte: CBR

Indiana Jones 5: costumi e concept art del film svelati al D23

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Indiana Jones 5: costumi e concept art del film svelati al D23

Mentre i fan aspettano di avere delle prime immagini ufficiali del prossimo Indiana Jones 5, al D23 Expo di oggi sono stati svelati i costumi del film oltre ad alcuni concept art che anticipano un’avventura in Serbia. Lucasfilm e Disney stanno naturalmente cercano di tenere segreta la trama il più a lungo possibile, e quanto oggi rivelato dà l’idea di essere piuttosto vago, non anticipando dunque molto su ciò che ci si può aspettare. Dato quanto il pubblico è entusiasta per questo quinto film, questi elementi servono dunque principalmente a stuzzicare ancor di più la curiosità.

Indiana Jones 5 è infatti in gestazione da diversi anni, con il progetto inizialmente sviluppato da Steven Spielberg, prima che egli si ritirasse dal progetto. Il regista di Le Mans ‘66 e Logan James Mangold è poi stato chiamato a dirigere il film, con Harrison Ford confermatissimo nei panni dell’iconico avventuriero. Accanto a lui, in ruoli ancora non meglio chiariti, vi saranno gli attori Phoebe Waller-Bridge e Mads Mikkelsen. Quanto oggi mostrato sembra relativo, oltre allo stesso Jones, proprio ai personaggi interpretati da questi ultimi due attori.

Nelle foto diffuse si possono infatti ritrovare quello che sembra certo essere il costume che la Waller-Bridge sfoggerà nel film, mentre ve ne è anche uno che potrebbe essere relativo all’antagonista, anche se non è ancora certo che Mikkelsen avrà effettivamente tale ruolo. Accanto ai costumi, alcuni artwork anticipano quelle che potrebbero essere delle scene del film, con ambientazioni esotiche e inseguimenti su improbabili mezzi. Si possono ritrovare tali foto dei costumi e dei concept art qui di seguito, sul profilo ufficiale di ComicBook. Indiana Jones 5 ha una data d’uscita attualmente fissata al 30 giugno 2023.

Fonte: ComicBook

Blue Beetle: il film della DC sarà recitato anche in spagnolo

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Blue Beetle: il film della DC sarà recitato anche in spagnolo

L’attrice Susan Sarandon, che interpreterà il principale antagonista Victoria Kord nel prossimo film del DCEU della Warner Bros. Pictures Blue Beetle, ha parlato di come il film avrà molte scene recitate in spagnolo. La storia, come noto, segue Jaime Reyes, la cui vita cambia totalmente quando si imbatte in un misterioso alieno che lo trasforma nell’eroe del titolo. Ad interpretare il protagonista vi sarà con la star di Cobra Kai Colo Maridueña. Poiché la maggior parte del cast di Blue Beetle è composta da personaggi e attori latini, il film sembra sarà dunque recitato anche in spagnolo con sottotitoli.

La cosa favolosa – ha affermato la Sarandon – è che è il primo eroe latinoamericano ad avere un proprio film… Ancora meglio, tutti i messicani, perché la sua famiglia è messicana e tutti gli attori erano messicani o messicano-americani, ed è in spagnolo, quindi è sottotitolato.”. Dalle dichiarazioni dell’attrice, tuttavia, non è chiaro in che proporzione il film sarà recitato in lingua spagnola, ma è questo un dettaglio che potrebbe essere chiarito con l’avvicinarsi dell’uscita del film in sala. La notizia va però a confermare l’intenzione del DCEU di essere sempre più inclusivo tanto nella scelta degli attori quanto dei suoi progetti.

Sono passati quasi 10 anni da quando tale universo condiviso ha preso vita, a cominciare da L’uomo d’acciaio di Zack Snyder. Sebbene il franchise sia cambiato in modo significativo nel corso degli anni, il DCEU sta ancora andando avanti, poiché la Warner Bros. continua a dare vita a sempre nuovi eroi. Mentre i piani di rilascio dello studio per i propri film DC sono cambiati drasticamente per il 2022, il 2023 ha quattro progetti in programma, supponendo che nient’altro venga modificato nel programma di rilascio. Tra questi quattro vi è proprio l’atteso Blue Beetle.

Fonte: ScreenRant

Venezia 79, le foto dal red carpet: Nicolas Winding Refn, Susanna Nicchiarelli e …

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Siamo quasi al gran finale a Venezia 79, ieri sul red carpet hanno sfilato le ultime delegazione prima della serata di chiusura, tra gli altri la regista italiana Susanna Nicchiarelli che ha presentato insieme al cast il film in concorso Chiara. Sul red carpet anche Nicolas Winding Refn con il suo Copenhagen Cowboy, presentato fuori concorso.

Nel film Chiara ha diciotto anni, e una notte scappa dalla casa paterna per raggiungere il suo amico Francesco. Da quel momento la sua vita cambia per sempre. Non si piegherà alla violenza dei famigliari, e si opporrà persino al Papa: lotterà con tutto il suo carisma per sé e per le donne che si uniranno a lei, per vedere realizzato il suo sogno di libertà. La storia di una santa. La storia di una ragazza e della sua rivoluzione.

TUTTE LE FOTO DAL RED CARPET di VENEZIA 79

Il commenti della regista di Chiara

La storia di Chiara e Francesco è entusiasmante. Riscoprire la dimensione politica, oltre che spirituale, della ‘radicalità’ delle loro vite – la povertà, la scelta di condurre un’esistenza sempre dalla parte degli ultimi ai margini di una società ingiusta, il sogno di una vita di comunità senza gerarchie e meccanismi di potere – significa riflettere sull’impatto che il francescanesimo ha avuto sul pensiero laico, interrogandosi con rispetto sul mistero della trascendenza. La vita di Chiara, meno conosciuta di quella di Francesco, ci restituisce l’energia del rinnovamento, l’entusiasmo contagioso della gioventù, ma anche la drammaticità che qualunque rivoluzione degna di questo nome porta con sé.

La serie tv Copenhagen Cowboy

Copenhagen Cowboy è una serie noir in sei episodi satura di luce al neon e adrenalina che parla di una giovane ed enigmatica eroina, Miu. Dopo una vita di servitù, alle soglie di un nuovo inizio, si aggira nel tetro paesaggio del mondo criminale di Copenaghen. Alla ricerca di giustizia e vendetta, Miu incontra la sua nemesi, Rakel, e insieme intraprendono un’odissea nel naturale e nel soprannaturale. Alla fine, il passato trasforma e definisce il loro futuro e le due donne scoprono di non essere sole, ma di essere molti.

Thor: Love and Thunder, ecco dove si colloca il film nella timeline dell’MCU

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La recente uscita di Thor: Love and Thunder su Disney+ ha permesso di confermare ufficialmente il posto che il film occupa nella timeline del Marvel Cinematic Universe. Come noto, quando l’MCU ebbe inizio nel 2008 con l’uscita di Iron Man, il piano di Kevin Feige per il franchise era già particolarmente ambizioso. Il boss dei Marvel Studios voleva infatti creare un universo collegato di film che presentasse continuità e personaggi simili ai Marvel Comics. Il piano e il franchise sono poi stati effettivamente il successo che tutti noi oggi conosciamo, ma più tale universo cinematografico si è espanso, più si è naturalmente complicato.

Durante la Infinity Saga, la sequenza temporale dell’MCU era ragionevolmente semplice, poiché i film venivano distribuiti grossomodo in ordine cronologico. A partire dalla Fase 4, le cose hanno però cessato di essere così e molti dei film usciti recentemente non seguono più un ordine di questo tipo. L’ultimo film ad oggi uscito in sala, Thor: Love and Thunder ha suscitato dunque il dubbio su quando si stessero svolgendo gli eventi narrati rispetto alle altre opere. È stato ora rivelato che quanto avviene nel film ha luogo esattamente dopo gli eventi di She-Hulk e Ms Marvel.

Alcuni fan hanno però notato apparenti problemi con tale collocazione nella timeline. Nello specifico, la storia del film si svolge alla fine del 2025, ma il riferimento di Thor a Jane e la sua rottura prima di Captain America: Civil War suggerisce che Thor: Love and Thunder avvenga nel 2024. Dato però che in Ms Marvel è esplicitato che il tutto si svolge 2025, sembra che il posto di Thor: Love and Thunder nella timeline sia ancora non del tutto chiaro. Per semplificare, si può supporre che il tutto si svolga tra il 2024 e il 2025. La questiona dà però ulteriormente l’idea di quanto tale timeline sia sempre più complessa.

Fonte: ScreenRant

Disenchanted, il trailer del sequel con Amy Adams e Patrick Dempsey

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Al D-23 è stato mostrato il primo trailer di Disenchanted, il sequel di Come d’Incanto che vede tornare protagonisti Amy Adams e Patrick Dempsey, 15 anni dopo che Giselle (Adams) e Robert (Dempsey) si sono sposati.

Giselle è diventata disillusa a causa della vita in città, quindi trasferiscono la loro famiglia nella sonnolenta comunità suburbana di Monroeville in cerca di una vita più da favola. Sfortunatamente, non è la soluzione rapida che aveva sperato. Suburbia ha una serie completamente nuova di regole e un’ape regina locale, Malvina Monroe (Maya Rudolph), che fa sentire Giselle più fuori luogo che mai. Si rivolge così alla magia dell’Andalasia per chiedere aiuto, trasformando accidentalmente l’intera città in una fiaba della vita reale e mettendo a rischio la felicità futura della sua famiglia.

Le star Amy Adams e Patrick Dempsey hanno svelato che Disenchanted, il sequel del film di successo Come d’incanto, debutterà in streaming in esclusiva su Disney+ il 24 novembre 2022.

Biancaneve, mostrate le prime immagini del live action Disney

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Biancaneve, mostrate le prime immagini del live action Disney

La Disney ha offerto ai fan una prima occhiata al remake live-action di Biancaneve, con Rachel Zegler (West Side Story) e Gal Gadot (Wonder Woman). Le prime immagini del film diretto da Marc Webb sono state svelate come parte della presentazione dello studio al D-23.

Biancaneve è basato sul classico di Walt Disney Biancaneve e i sette nani del 1937, a sua volta basato sulla fiaba del 19° secolo dei fratelli Grimm. È stato il film d’animazione inaugurale della Disney e fondamentale per l’impero Disney.

Rachel Zegler ha detto che è stato “un onore” riportare in vita il classico “per l’età moderna”. Ha detto che, per il suo personaggio, il film parla di “Trovare un senso di azione in modo che possa essere una sovrana giusta e una regina meravigliosa”.

Gal Gadot ha osservato che interpretare la regina malvagia era “molto diverso da quello che avevo fatto prima. Sono abituata a recitare dall’altra parte di dove dovrebbe essere il cuore”.

L’attrice di Wonder Woman ha definito la regina un “cattivo iconico” e ha detto che “stare sotto la sua pelle è stato così delizioso”.

https://twitter.com/DEADLINE/status/1568398808039723008?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1568398808039723008%7Ctwgr%5E348e6e8d64a47c736803a8914ae7b826bb6ed3ae%7Ctwcon%5Es1_&ref_url=https%3A%2F%2Fdeadline.com%2F2022%2F09%2Fsnow-white-rachel-zegler-gal-gadot-1235113167%2F

Mufasa: ecco il titolo del prequel del live action de Il Re Leone

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Al D23, Barry Jenkins, acclamato regista di Moonlight, è apparso sul palco per annunciare ufficialmente Mufasa: Il re leone, un nuovo prequel del film Il Re Leone in live action del 2019.

Originariamente annunciato nel 2020 come sequel del film del 2019, Mufasa racconta la storia delle origini dell’iconico padre di Simba, esplorando la sua infanzia trascorsa con il fratello cattivo Scar. Il film si avvarrà della voce di Aaron Pierre e di Kelvin Harrison Jr. che interpreteranno le versioni più giovani dei personaggi, al posto di James Earl Jones nei panni di Mufasa sia nell’originale del 1994 che nel remake in CGI del 2019, e Jeremy Irons e Chiwetel Ejiofor nei panni del malvagio Scar.

Oltre ad annunciare il titolo, in occasione della convention Disney è stato mostrato al pubblico un filmato in anteprima esclusivo del film. Il filmato inizia con Rafiki (John Kani) che racconta la storia di Mufasa ai giovani cuccioli, rivelando che il leone era in realtà un cucciolo orfano che ha dovuto navigare per il mondo da solo fino a diventare il re della Rupe dei Re. In quanto tale, il film va oltre le iconiche terre del branco per mostrare il cucciolo Mufasa in un deserto, dove viene colpito da un’alluvione che lo renderà orfano.

Black Panther 2: Letitia Wright racconta del suo grave infortunio

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L’attrice Letitia Wright ha recentemente raccontato del grave infortunio che ha subito sul set di Black Panther: Wakanda Forever. Il film, in uscita ad novembre, è il sequel di Black Panther, il grande successo del MCU del 2018, con Wright che riprende il ruolo di Shuri, la sorella di T’Challa/Black Panther (Chadwick Boseman). A seguito della prematura scomparsa di Boseman, Wakanda Forever come noto renderà omaggio all’attore e nel film il ruolo di Black Panther passerà probabilmente alla Wright. Nel corso delle riprese, però, la Wright ha subito un grave infortunio durante l’esecuzione di un’acrobazia, fratturandosi la spalla e subendo una forte commozione cerebrale che ha avuto effetti duraturi.

L’incidente, avvenuto nell’agosto del 2021, ha mandato l’attrice in ospedale e la produzione è stata interrotta per tutto il resto dell’anno in attesa che l’interprete potesse tornare sul set. In una recente intervista, la Wright ha ora parlato più approfonditamente di questo suo grave infortunio, ricordando la moltitudine di sfide fisiche richieste durante le riprese, ritenendosi però immensamente orgogliosa di ciò che ha realizzato dopo essersi ripresa dall’infortunio. “Ci sono state anche molte sfide fisiche da affrontare, – ha raccontato l’attrice – ma sono stata davvero orgoglioso del fatto che di fronte alle avversità ho potuto riprendermi e dare quella vita e quella forza in più al mio personaggio.”

“Vedere tutti dare il 110 percento ti ispira ogni giorno. – ha poi affermato la Wright – Il viaggio non è stato indolore, ma alla fine puoi stare in cima alla montagna e dire di avercela fatta. Si spera che questo si trasferisca al film e che le persone escano dalla sentendosi estasiate e piene di potere, perché così è come ci sentiamo dopo averlo realizzato”. L’appuntamento con Black Panther: Wakanda Forever è dunque fissato per l’9 novembre, e in quell’occasione si potrà ammirare l’interpretazione dell’attrice, con tutto quello che vi è dietro.

Fonte: ScreenRant

Elemental, il cast vocale e le prime immagini ufficiali del film Pixar

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Il occasione del D-23, Disney ha svelato i nomi del cast vocale di Elemental, il 27esimo lungometraggio della Pixar. Diretto da Peter Sohn (Il viaggio di Arlo, cortometraggio Parzialmente nuvoloso) e prodotto da Denise Ream (Il viaggio di Arlo, Cars 2), il film segue le vicende di un’insolita coppia, Ember e Wade, in una città i cui abitanti sono fuoco, acqua, terra e aria, e vivono insieme. L’“ardente” giovane donna e il ragazzo “che segue la corrente” stanno per scoprire qualcosa di fondamentale: quanto hanno davvero in comune.

Nel film ascolteremo la voce di Mamoudou Athie, che abbiamo visto in Jurassic World – Il Dominio, e Leah Lewis, di L’altra metà.

Diretto da Peter Sohn (Il viaggio di Arlo, cortometraggio Parzialmente nuvoloso) e prodotto da Denise Ream (Il viaggio di Arlo, Cars 2), il film segue le vicende di un’insolita coppia, Ember e Wade, in una città i cui abitanti sono fuoco, acqua, terra e aria, e vivono insieme. L’“ardente” giovane donna e il ragazzo “che segue la corrente” stanno per scoprire qualcosa di fondamentale: quanto hanno davvero in comune.

Elemental è un film originale ispirato all’infanzia di Peter Sohn a New York. “I miei genitori sono emigrati dalla Corea all’inizio degli anni Settanta e hanno costruito un frequentato negozio di alimentari nel Bronx”, ha affermato il regista. “Eravamo una delle tante famiglie che si erano avventurate in una nuova terra con sogni e speranze, in un unico crocevia di culture, lingue e piccoli bellissimi quartieri. Questo è quello che mi ha portato a Elemental”.

La nostra storia è basata sui classici elementi: fuoco, acqua, terra e aria”, ha aggiunto Sohn. “Alcuni elementi si mescolano tra loro, altri no. E se questi elementi fossero vivi?”.

La Sirenetta: il primo trailer del live action Disney

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La Sirenetta: il primo trailer del live action Disney

Il occasione del D-23, Disney ha diffuso il primo trailer de La Sirenetta, il suo prossimo live action che vedrà protagonista, nella pinna verde di Ariel, Halle Bailey, giovane pop-star molto nota negli Stati Uniti.

“Sono sicura che tutti voi qui dentro possiate relazionarvi con Ariel e quanto sia speciale per tutti noi”, ha detto Halle Bailey dal palco del D-23 “Essendo una bambina che nuotava in piscina, immaginando di essere una sirena, non avrei mai immaginato che questo sogno potesse prendere vita [in questo modo]… I tre giorni di riprese di “Part of Your World” sono state l’esperienza più bella della mia vita: sentire tutti i sentimenti che prova, la sua passione, il suo disagio, tutto ciò che sta vivendo. È stato così eccitante per me interpretare quelle emozioni e avere Rob (Marshall) che mi dirigeva ed essere una forza così commovente in questo film è stato davvero un onore”.

La Sirenetta, cosa sappiamo

La Sirenetta vedrà nel cast Halle Bailey (nei panni di Ariel), Jonah Hauer-King (nei panni del Principe Eric), Javier Bardem (in trattative per interpretare Re Tritone), Melissa McCarthy (nei panni di Ursula, la perfida strega del mare), Daveed Diggs (Sebastian), Jacob Tremblay (Flounder) e Awkwafina (Scuttle). Questa versione del classico sarà diretta dal regista di Il Ritorno di Mary Poppins e Into The Woods, Rob Marshall, e includerà sia i brani dell’originale d’animazione del 1989, sia canzoni inedite a cui lavoreranno Alan Menken e Lin-Manuel Miranda. Il film arriverà il 26 maggio 2023 al cinema.

Inside Out 2: annunciato il sequel del film Pixar

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Inside Out 2: annunciato il sequel del film Pixar

Un sequel di Inside Out (attualmente intitolato solo Inside Out 2), il grande successo della Pixar del 2015, è in arrivo! La notizia ha iniziato a circolare già ultime ore e il progetto è poi stato annunciato ufficialmente al panel di animazione del D23 Expo. Inside Out racconta la vita di cinque emozioni antropomorfe che lavorano nella mente di una giovane ragazza di nome Riley, aiutandola a crescere. Il film originale vedeva Amy Poehler nei panni di Gioia, Phyllis Smith nei panni di Tristezza, Bill Hader nei panni di Paura, Lewis Black nei panni di Rabbia, Mindy Kaling nei panni di Disgusto e Richard Kind in quelli di Bing Bong.

Con il sequel ora essere confermato, Inside Out si unisce a Toy Story, Cars, Gli Incredibili, Monster & Co. e Alla ricerca di Dory come uno dei film Pixar ad ottenere un seguito. Come noto, lo studios preferisce focalizzarsi su progetti sempre nuovi, sviluppando dei sequel solo se si presentano idee estremamente buone. Lo stesso regista di Inside Out, Pete Docter, affermò nel 2015 di non avere idee per altre storie che potessero dunque configurarsi come dei sequel, preferendo invece concentrarsi su quello che sarebbe poi diventato nel 2020 un altro grande successo della Pixar, ovvero Soul.

L’ufficialità di un Inside Out 2 porta con sé anche alcuni ulteriori dettagli. Sappiamo infatti che a dirigere il film sarà Kelsey Mann, mentre della sceneggiatura si occuperà Meg LeFauve. Il film è inoltre atteso in sala per l’estate 2024. Stando a quanto riportato da alcune testate, però, sembra che non tutti gli attori del primo film torneranno a doppiare gli iconici personaggi. Hader e la Kaling sembra infatti che non riprenderanno i loro ruoli di Paura e Disgusto, apparentemente per mancati accordi di natura economica. Alcuni dettagli di trama sono infine stati rivelati e sappiamo che non solo il tutto si svolgerà nella mente di una Riley adolescente, ma che ci saranno anche nuove emozioni protagoniste.

Fonte: ComicBook

Chiara: recensione del film di Susanna Nicchiarelli

Chiara: recensione del film di Susanna Nicchiarelli

Tutti conosciamo Santa Chiara da Assisi, ma sappiamo molto poco della ragazza di 18 anni che si è spogliata dei suoi abiti nobiliari per ”stare insieme agli umili”. Con Chiara, la regista Susanna Nicchiarelli continua il suo lavoro sulle figure femminili che hanno vissuto accanto, o spesso nell’ombra, di uomini potenti. Margherita Mazzucco (L’amica geniale) è la giovane Chiara, mentre Andrea Carpenzano (La Terra dell’Abbastanza, Calcinculo) è San Francesco. Il film è stato presentato in Concorso alla 79ª Mostra internazionale di Venezia ed è una produzione Vivo film con Rai Cinema e Tarantula.

La storia di Chiara d’Assisi

Dopo Nico, 1988 e Miss Marx, Susanna Nicchiarelli torna a raccontare di una donna in grado di segnare la storia. Agli inizi del Duecento, una giovane ragazza nobile di nome Chiara (Margherita Mazzucco) scappa con una cara amica dalla casa paterna per seguire le orme di Francesco (Andrea Carpenzano). Francesco ha fondato un ordine di frati basato sulla vita in povertà che prontamente accoglie le ragazze. Chiara, spogliata delle sue nobili vesti, non avrà però vita semplice: le opposizioni paterne, quelle del pontificato e infine anche gli scontri con Francesco, ostacoleranno il desiderio della ragazza di servire il popolo. D’altronde, ricordiamolo, a vivere tutto ciò è una donna diciottenne del XIII Secolo.

L’Umbria protagonista

A livello paesaggistico, la protagonista del film è l’Umbria. La terra d’origine non solo di Santa Chiara, ma anche di Nicchiarelli. La location principale è la Chiesa di San Pietro a Tuscania (ambientazione di film come Uccellacci e Uccellini), ampia pietra immersa nel verde che è luminosa di giorno e angosciante di notte, ma sempre credibile. Infine, una nota di merito va alle scene conviviali: in Chiara i banchetti non mancano e, a seconda della situazione e dei personaggi, sono ricchi, scarni o esotici.

La musicalità di Chiara

Chiara è un film che viaggia indietro nel tempo ma che porta con se il presente, soprattutto a livello sonoro. La lingua in cui i personaggi parlano è un volgare dialettale dalle cadenze umbre, che si alterna al latino dei testi e al francese delle canzoni che pervadono le scene. L’utilizzo di queste tre lingue collabora a trasmettere  l’atmosfera del XIII Secolo: Chiara parlava in volgare, predicava in volgare perché era la lingua del popolo, un parlato distante dal latino ecclesiastico. Francesco inoltre amava il francese, il suo nome deriva proprio da quella lingua, quella delle chanson.

La modernità di Chiara non è tanto nelle parole utilizzate, quanto nel montaggio sonoro: pur non essendo un musical, nel film i personaggi ballano e cantano interrompendo l’azione e venendo pervasi dalla musica. Nel film si scorgono le tracce gioiose di Jesus Christ Superstar come di tanti altri musical ”laici”. In questo senso, si coglie la volontà della regista di realizzare un film che possa parlare dei giovani di allora – nel 1211 Chiara è una diciottenne e Francesco ha solo trent’anni – e che sia allo stesso tempo in grado di comunicare ai giovani di oggi. Gli accostamenti tra sequenze d’azione e sequenze musicali possono apparire kitsch o incoerenti, ma denotano uno stile registico forte e riconoscibile che, ovviamente, può piacere o non piacere.

Il duo Mazzucco – Carpenzano

Le scene più belle sono quelle in cui Chiara e Francesco sono fianco a fianco. La forza dei personaggi nella storia è resa dal potente duo attoriale Mazzuccco e Carpenzano. Lei, una ragazza di diciotto anni reduce dalla serie di successo L’amica geniale. Lui, un attore promettente del cinema indipendente italiano (soprattutto con i Fratelli D’Innocenzo).

I volti di pietra, gli sguardi persi che hanno contraddistinto i personaggi precedentemente interpretati dalla coppia di attori, questa volta vengono adattati allo scenario religioso e pittorico di ChiaraMazzucco Carpenzano sanno alternare spiritualità e pathos religiosi ai tipici sentimenti dei giovani: l’entusiasmo, l’idealismo, la voglia di cambiare il mondo.

Gli orsi non esistono (KHERS NIST), recensione del film di Jafar Panahi

In concorso a Venezia 79 c’è anche Khers Nist di Jafar Panahi (Il palloncino bianco, Il Cerchio). Sul red carpet della 79ª Mostra internazionale di Venezia manca però il realizzatore, nonché l’attore principale del film: da luglio, Panahi è nuovamente sotto arresto. Tuttavia, il cineasta non demorde e porta sulla scena un’altra storia meta-cinematografica e critica nei confronti del regime iraniano.

Di cosa parla Gli orsi non esistono

Un regista (Jafar Panahi) è costretto a seguire a distanza le riprese del suo film, girato a Teheran. Da una piccola casa in un paesino rurale a pochi chilometri dalla città e dal confine, Panahi dirige la sua troupe nella realizzazione di un film su una coppia di innamorati che tenta di fuggire dall’Iran.

Allo stesso tempo, un’ipotetica foto scattata da Panahi nel villaggio contadino diventa la prova intangibile di un amore clandestino. Il regista segue da vicino queste due storie d’amore: in entrambi casi, è lui a tenere le fila dei rapporti.

Conflittualità diffusa

Gli orsi non esistono è attraversato da una tensione perenne che, assumendo varie forme, cresce scena dopo scena. Nel film che il regista sta girando in città, i personaggi sono visibilmente preoccupati. Ma la situazione nel villaggio non è molto diversa: un luogo apparentemente tranquillo, legato alle tradizioni e fatto di persone semplici, si rivela ugualmente carico di conflitti.

Anche se Gli orsi non esistono non può definirsi un film violento, guardandolo si ha la disturbante sensazione che basti davvero poco, anche una fotografia, per scatenare gli animi. Il film è quindi critico, ma non è privo di ironia. Panahi usa la metafora degli orsi per parlare di mentalità, di tradizioni, di regole e abitudini che, sulla base del nulla, sono in grado di generare paure reali.

Una celebrazione dei mezzi cinematografici

Al di là delle tematiche politiche tanto care a PanahiGli orsi non esistono è una celebrazione dell’arte cinematografica. Cineprese, hard disk, video amatoriali, montaggi meta-narrativi, sequenze notturne: tutto rimanda al lavoro della macchina cinematografica in ogni suo fase. I commenti tecnici, il lavoro con gli attori, la voglia di catturare la vita del villaggio, tutti questi elementi esprimono l’amore di Panahi per la settima arte.

La figura demiurgica di Panahi

Panahi è il demiurgo de Gli orsi non esistono: né è il regista,  lo sceneggiatore e l’attore principale. Non solo nella realtà, ma anche nella meta-narrazione. È lui che muove l’azione, sul set-verità di Teheran e nella dinamiche del villaggio. Tuttavia, sembra che gli avvenimenti cadano addosso a Panahi: tutti si muovono, si agitano, cercano la fuga, l’amore, la felicità e la vendetta, mentre lui non fa altro che riprendere, suggerire e osservare.

khers nist panahiSicuramente, Panahi ha voluto inserire molto della sua condizione di cineasta indipendente in un paese come l’Iran. Stoico e silenzioso, il regista indossa sempre la stessa espressione ed emette pochissime parole. La sua figura, in parte dà sicurezza, in parte appare stanca e svogliata a combattere l’ennesima battaglia. Guardando Gli orsi non esistono si ha come la sensazione che il dovere di raccontare una storia simile alle precedenti (vedi Taxi Teheran) sia maggiore della voglia di realizzare il film.

Sbilanciarsi di fronte a tematiche come la migrazione, la libertà e i confini è rischioso. Tuttavia, va detto che quello che davvero si apprezza di un film come Gli orsi non esistono è il gioco narrativo: il mescolamento di cinematografico e meta-cinematografico, il parallelismo delle due storie d’amore. E alla fine il confine veramente interessante è quello, molto labile, tra finzione e realtà.

On the Fringe, recensione del film con Penélope Cruz

On the Fringe, recensione del film con Penélope Cruz

On the Fringe, esordio dell’attore ispano-argentino Juan Diego Botto al lungometraggio, dopo una serie di corti all’attivo, ci immerge in una serie di storie intersecate tra di loro che si svolgono nell’arco di una giornata e con protagonisti personaggi, appunto, ai margini, che vengono sfrattati dai loro appartamenti, o bambini che vengono portati via dai servizi sociali perchè abbandonati dai genitori. Nel cast, Penélope Cruz, Luis Tosar, Christian Checa, Adelfa Calvo, Juan Diego Botto, Aixa Villagrán, Font García.

Il primo dramma sociale di Juan Diego Botto

Presentato in anteprima mondiale nella sezione Orizzonti della 79ª Mostra del Cinema di Venezia, On the Fringe ci presenta le storie di quei membri della società che sono stati privati del diritto ad avere un tetto sopra la propria testa. Nel bel mezzo della crisi immobiliare e della recessione spagnola, questi personaggi si trovano a dover fare i conti con l’essere sfrattati e l’andare incontro a un futuro incerto in cui non c’è nessun aiuto se non la loro resistenza collettiva.

La storyline che dà il via a questo groviglio di esistenze da risolvere è quella di Selma, una bambina che viene prelevata a casa sua dai servizi sociali perché rimasta apparentemente da sola, abbandonata dalla madre. A rendersi conto della situazione è Rafa (Luis Tosar), un avvocato che si occupa di casi sociali e che è a conoscenza dei alcune problematiche interne a questa famiglia di immigrati.

Sorge però una sorta di conflitto parallelo a quello professionale di Rafael che, trascorrendo così tanto tempo ad aiutare gli altri, si allontana progressivamente alla moglie Helena (Aixa Villagrán), che ha problemi di salute, e dal figlio (o “figliastro”, come il ragazzo chiarisce più volte), un adolescente di nome Raúl (Cristian Checa) che, a causa del ritardo di Rafa, si perde una gita scolastica ed è costretto ad accompagnarlo in una giornata di lavoro. Proprio nel corso di queste 24 ore, tra i fastidi e l’irritazione che subentrano tra i due, Rafa dovrà rendersi conto del disequilibrio che sta nascendo tra il suo impegno pubblico e quello che ci mette nella sfera privata.

Facciamo poi la conoscenza di un’altra esistenza che si incrocerà con Rafa, quella di Azucena (Penélope Cruz), che ha un bambino piccolo e che sta per essere sfrattata dalla sua casa non riuscendo a pagare l’affitto. Attraverso incontri di gruppo organizzati con altri individui che stanno cercando di sistemare situazioni simili, e ripresi con un tono quasi documentaristico, gli sfortunati “clienti” di Rafa si organizzano per mettere insieme piani d’azione e fermare gli sfratti, ma sconfiggere le banche – e la polizia che agisce in difesa dei loro interessi – è tutt’altro che semplice; così, la militanza sembra funzionare più come un gruppo di sostegno emotivo che altro.

Il quadro dei personaggi di On the Fringe è completato da Manuel (lo stesso Botto), un immigrato argentino che ha perso il lavoro e da un suo amico (Font García), che ha fatto un investimento costoso con i soldi della madre (Adelfa Calvo) e non solo ha perso tutto ma non osa dirglielo.

Penelope Cruz in On the Fringe

On the Fringe: una corsa contro il tempo

Come vediamo in On the Fringe, gli effetti dell’eccessiva speculazione, dei costosi rimborsi e delle privatizzazioni possono colpire tutte le classi sociali, che si tratti dell’immigrata araba Badia, della povera Azucena o dell’apparentemente benestante pensionata Teodora. Come afferma Botto, in Spagna ci sono 41.000 sfratti all’anno, più di 100 al giorno. Il film si addentra nelle loro storie e mostra come questa paura influisca sulle loro relazioni, sia in famiglia che tra amici.

Botto trova umanità e forza di ciascuno dei personaggi di On the Fringe, uniti dal dolore e da un senso di fallimento, ma prima di tutto individui, protagonisti di un dramma che assume connotazioni personali, le quali vengono intercettate da Rafa, a costo di mettere a repentaglio la sua di vita.

Le lancette dell’orologio scorrono inesorabilmente in questa corsa contro il tempo orchestrata da Azucena, che vuole organizzare una manifestazione per osteggiare il suo sfratto. On the Fringe, a tratti, assume le sembianze di un thriller, in cui tutti i pezzi devono combaciare per poter far ottenere la propria ricompensa a ogni giocatore. Solo che in questo caso – un esordio deciso da parte di Juan Diego Botto – sembra che tale premio sia irraggiungibile fin dall’inizio. Il sistema non lo permette.

Il cast di Siccità presenta il film a Venezia 79

Il cast di Siccità presenta il film a Venezia 79
Paolo Virzì torna alla Mostra internazionale d’arte cinematografica. Dopo Notti Magiche (2018), quest’anno presenta a Venezia 79 Siccità, un film corale, satirico e calato nel reale. Il lungometraggio è nato durante il periodo delle zone rosse e dei lock-down e si basa sulla sceneggiatura scritta dal regista insieme ai suoi co-sceneggiatori storici, Francesca Archibugi e Francesco Piccolo. Al team si aggiunge come ”alter-ego del gruppo” Paolo Giordano, autore del celebre saggio sulla pandemia Nel Contagio (2020). 

Siccità è ambientato in una Roma totalmente prosciugata dove non piove da tre anni. L’erogazione contingentata dell’acqua e gli scarafaggi che pervadono la città danno del filo da torcere ai personaggi del film. Nessun protagonista, ma tante personalità che incarnano i lati drammatici e ironici degli italiani messi a contatto con un problema globale. La dottoressa angosciata(Claudia Pandolfi), il ”professore” onnipresente in televisione (Diego Ribon), le vittime dei tagli sul lavoro (Max Tortora, Valerio Mastandrea), i ricchi (Vinicio Marchioni, Monica Bellucci), gli acculturati (Elena Lietti, Tommaso Ragno), i giovani (Sara Serraiocco), tutte le categorie tendono ad assomigliarsi nei momenti di crisi.

L’attualità raccontata in tempo reale

Il regista ha scelto di raccontare subito, non appena ha potuto, un periodo assurdo e reale, quello della pandemia globale, attraverso una storia paradossale ma plausibile.  ”Siccità era un film ambizioso e anche molto pazzo da realizzare nel momento in cui ci trovavamo”, esordisce Paolo Virzì. ”Era doveroso affrontare questo tema subito. Noi, come cineasti sentiamo di avere un piccolo ruolo: raccontare il nostro tempo, le nostre vite. Ci siamo tuffati a sognare. Attraverso una visione quasi fantascientifica, abbiamo immaginato una Roma del dopodomani.”

In realtà, il film di Virzì è ancora più attuale di quanto il regista potesse programmare. Accanto al tema dell’epidemia, viene affrontato quello del cambiamento climatico. Il lungometraggio esce in sala il 29 settembre, dopo un’estate di siccità, caldo torrido e fiumi in secca. Un’epidemia scatenata dalle blatte, un virus legato ai pipistrelli. Ma anche il Tevere prosciugato nella finzione e il Po nella realtà.

La necessità di fare un film collettivo

Virzì ripercorre le prime tappe della scrittura di Siccità, quando durante il lock-down fantasticava insieme agli sceneggiatori. ”In un’epoca in cui le strade erano vuote, sognavamo una Roma caotica, sognavamo di affollare le strade davanti alla macchina da presa con vicende e esseri umani, con angosce nuove e indecifrabili, infelicità, frustrazione.”

Il regista evidenzia la volontà di fare un film sì corale e affollato, ma dotato di senso.  Siccità parla di connessioni: tutti i suoi personaggi sono in qualche modo legati tra loro. La scommessa del film era quella di ”Prendere temi globali come quello della pandemia e dell’estinzione e comporre un grande mosaico narrativo che avesse in sé la potenza dell’arte cinematografica e del grande schermo, un film dotato di forza emozionale e dell’ambizione di sfidare il futuro, la speranza di tornare in sala”.

Riguardo al tono emotivo di Siccità, lo sceneggiatore Paolo Giordano aggiunge ”Il periodo della pandemia darà frutto a molte narrazioni esangui, di personaggi soli e abbandonati. Al contrario, da questo team io ho tratto la forza e la voglia di un mondo affollato, caotico, a volte un po’ nevrotico ma pieno di convialità e voglia di stare insieme”.

Riguardo ai ruoli creati,  anche nei precedenti film scritto con Virzì e ArchibugiFrancesco Piccolo confessa: ”Noi non abbiamo mai voluto fare troppe distinzioni tra buoni e cattivi, essi non sono troppo diversi tra di loro e tutti meritano di essere amati.” Continua: ”Abbiamo sempre creato personaggi da amare molto anche nelle loro meschinità. E, in essi, abbiamo voluto costruire una speranza. Tutti in Siccità hanno la sensazione di essersi staccati dal mondo e di volersi ricongiungere con esso.

Uno zoom sul cast di Siccità

Virzì ha poi giustificato le sue scelte in termini di casting. Gli interpreti sono tanti nomi importanti del cinema italiano e ognuno di loro incarna un diverso modo di essere. Il regista parla del cast come parlerebbe dei membri di una grande famiglia, raccontandone aneddoti e qualità: da Elena Lietti, che ha iniziato come comparsa sul set de La pazza gioia, alla difficoltà fisica nel riuscire a far entrare l’altissimo Max Tortora in un’inquadratura orizzontale. ”Claudia Pandolfi è mia sorella, è come se avessimo un DNA livornese in comune. Ho voluto usare il suo colare per portarlo in un personaggio gelido.” Continua: ‘‘Agli inizi della sua carriera, Silvio Orlando era un clown puro, sapevo che avrebbe potuto riprendere quel personaggio buffo simile a Charlot e portalo in Siccità.”

C’è una prospettiva salvifica in Siccità?

Nonostante lo scenario apocalittico, nonostante la frenesia del film,  alla base di Siccità c’è una visione ottimista. Ci si chiede se il film voglia offrire una prospettiva salvifica. Virzì afferma: ”C’è una speranza nel film, che emerge raccontando il naturale, il destino dell’uomo sulla terra. Non aspettatevi da noi [del cinema] risposte, ma sicuramente è un invito ad alzare lo sguardo.”

Il regista conclude: ”Perché, in fondo, l’arte di raccontare è la vera medicina. Se parli di grandi temi e non tieni conto di una persona, dei suoi amori e delle infelicità, rischi di non capir nulla. Solo se ti avvicini alle persone ne cogli tutta la forza.”

Siccità: recensione del film di Paolo Virzì

Siccità: recensione del film di Paolo Virzì

Dopo Notti Magiche (2018), un film che ruota attorno alle acque del Tevere, con Siccità il regista Paolo Virzì racconta di una Roma totalmente prosciugata. Presentato fuori concorso alla 79ª Mostra Internazionale di Venezia, il film arriverà nelle sale il 29 settembre 2022. Siccità è un film corale che mescola scenari apocalittici e personaggi strampalati, con l’efficace ricetta dello ”strano ma vero” che contraddistingue Virzì.

Siccità: la trama

Prendiamo un’ipotesi assurda: Roma caput mundi, città dall’antichissimo sistema idrico, è a corto di acqua. Non piove da tre anni e l’erogazione pubblica viene contingentata. Il Tevere è in secca e gli scarafaggi – le blatte – invadono strade e case. Uno scenario apocalittico, ma non troppo distante da quello attuale. In questo contesto, si muovono una serie di personaggi. Gli individui sembrano dapprima scollegati, ma nel corso del film inciampano tutti l’uno nella vita dell’altro.

Tra gli altri, c’è una dottoressa che scopre una nuova epidemia (Claudia Pandolfi), un carcerato che evade per sbaglio (Silvio Orlando), un ex-commerciante che vive in mezzo alla strada (Max Tortora), un tassista sonnolente (Valerio Mastandrea). Tutti questi personaggi, buffi e veri, si trovano a dover fare i conti con una città troppo calda, troppo sporca e troppo diseguale, che non sembra aver nulla a che fare con la nostra capitale.

Riflessioni post-pandemiche

siccità recensione filmSiccità potrebbe sembrare un film a episodi, ma in realtà è un’unica grande narrazione che ruota attorno ad un solo tema: il rapporto tra l’individuo di oggi e l’ambiente. Dopo la pandemia globale scoppiata nel 2020 e vista la minaccia della crisi climatica, l’argomento è spaventosamente attuale. Virzì ci mostra una Roma dai toni seppia. Una città in cui l’arido Tevere in secca sembra il deserto dei Sinai e in cui la sporcizia, le blatte e la polvere contribuiscono a creare uno scenario da fine del mondo.

Un cast simpatico e decisamente ampio

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Foto di Greta De Lazzaris

In questo contesto vengono calati una serie di personaggi curiosi. Esattamente come accadrebbe – o forse è meglio dire com’è accaduto e come accadrà – in un momento di crisi, in Siccità vediamo il modo in cui reagiscono al cambiamento climatico individui molto diversi tra loro. Silvio Orlando, un evaso di prigione, vaga come Charlot con la sua piccola tanica d’acqua. Valerio Mastandrea, in preda ad un malessere costante, continua a fare il tassista pur in preda ai deliri febbrili. C’è poi chi decide di iniziare una nuova avventura (Elena Lietti, Vinicio Marchioni), chi prova ad adottare un punto di vista pragmatico e razionale (Claudia PandolfiSara Serraiocco) e chi preferisce non cedere allo sconforto (Monica Bellucci). In tutto questo, non può mancare un ”professore” che invade i salotti e i telegiornali (Diego Ribon).

La bravura degli attori, unita alla sceneggiatura – scritta dal mitico team Francesca Archibugi, Francesco Piccolo, Paolo Virzì a cui si aggiunge Paolo Giordano – portano il film ad essere coinvolgente, ironico e profondo. I tratti più marcati, le discussioni più profonde, si alternano alle battute italianissime e divertenti.

Il peso invalidante della responsabilità

Lo stile di Virzì e l’abilità del cast sono la linfa di un film che potrebbe funzionare ma fatica a prendere il volo. Nonostante anche in altri casi Virzì abbia affrontato temi tristissimi attraverso racconti dolce-amari (Ella e John – The Leisure Seeker, La pazza gioia, ma anche Tutti i santi giorni) questa volta la pesantezza dello scenario del film impedisce alla narrazione di prendere il volo.

Siccità parte lento, si carica di tanti personaggi e di altrettante tematiche – l’ambiente, l’epidemia, il confronto generazionale –  e avanza a fatica. Sicuramente, il film è un riflesso della società odierna, dell’Italia mal governata, impari, perennemente in crisi. Tuttavia, mescolare così tanto materiale, avendo a disposizione così poca acqua è alquanto impegnativo. Siccità presenta diversi livelli di lettura. Da un lato, osa toccando una serie di questioni moderne e difficili, dall’altro tutta questa densità ostacola quella sensazione di leggerezza realistica e palpabile che tipicamente lascia un film di Virzì.

Emmy Awards: la 74° edizione in diretta Sky e in streaming su NOW

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Sarà trasmessa da Sky e andrà in streaming su NOW, in esclusiva per l’Italia, la diretta della 74° edizione degli Emmy Awards, gli ambitissimi premi al meglio della TV americana. La cerimonia di consegna delle prestigiose statuette, considerate gli Oscar della TV, sarà visibile su Sky Atlantic e in simulcast su Sky Uno a partire dalle 00.30 della notte tra lunedì 12 e martedì 13 settembre.

La notte degli Emmy Awards 2022 verrà commentata dagli studi Sky a partire dalle 00.30 dal giornalista Federico Chiarini, volto di Sky Atlantic padrone di casa anche quest’anno, e dai suoi ospiti: il giornalista Mattia Carzaniga (Rolling Stone, Vanity Fair, Il Sole 24 Ore), la nota content creator e volto di Sky Serie Giulia Valentina e, collegata da Los Angeles, Alessandra Venezia, che intervisterà i protagonisti di questa edizione dei premi. Alle 00.30 avrà inizio il pre-show che condurrà al red carpet, dove le star sfileranno nei loro sfavillanti outfit, commentati dallo studio da Costantino Della Gherardesca, volto di Pechino Express e Quattro Matrimoni. Seguirà poi la cerimonia di premiazione, in onda dalle 2 di notte fra lunedì e martedì.

Fra i titoli in lizza, candidati per i premi principali, molti sono disponibili on demand su Sky e in streaming su NOW, a partire dalle due serie cult HBO che quest’anno detengono il record di nomination. La prima è SUCCESSION, il cult firmato Jesse Armstrong la cui terza stagione ha conquistato ben 25 nomination, compresa quella come miglior serie drammatica, quelle ai suoi attori protagonisti Brian Cox e Jeremy Strong, alla scrittura, alla regia e a pressoché tutto il suo straordinario cast (tutte le tre stagioni sono disponibili su Sky e in streaming su NOW, mentre la quarta arriverà nella prossima stagione televisiva). La seconda è THE WHITE LOTUS, la raffinata satira di Mike White candidata a ben 20 statuette, compresa quella per la miglior miniserie, quelle per buona parte del suo cast, la regia e la sceneggiatura, entrambe di White (la serie è già disponibile su Sky e NOW, mentre prossimamente sarà disponibile anche il secondo atteso capitolo ambientato in Sicilia).

Su Sky e in streaming su NOW anche l’apprezzatissima EUPHORIA di Sam Levinson, che tra le numerose nomination ha reso Zendaya la donna più giovane ad avere ottenuto due candidature consecutive come miglior attrice, nonché quella come miglior produttrice. Colin Firth e Toni Collette, invece, corrono come miglior attore e attrice protagonisti in una miniserie nell’inquietante THE STAIRCASE – UNA MORTE SOSPETTA, il true crime targato HBO Max diretto da Antonio Campos.  Firth se la vedrà, fra gli altri, con Oscar Isaac, grande co-protagonista di un altro titolo HBO amatissimo e disponibile su Sky e NOW: SCENE DA UN MATRIMONIO, rilettura firmata Hagai Levi del classico di Ingmar Bergman.

Infine, emergono dal catalogo di Sky e NOW una delle migliori sorprese dell’annata televisiva, YELLOWJACKETS, survival drama SHOWTIME candidato come miglior serie drammatica e per le performance dell’attrice protagonista Melanie Lynskey e della non protagonista Christina Ricci, e una lieta riconferma, L’ASSISTENTE DI VOLO – THE FLIGHT ATTENDANT, amata comedy-thriller che ha fruttato a Kaley Cuoco la candidatura a miglior attrice per il secondo anno consecutivo.

Elizabeth – A Portrait In Parts, il film di Roger Michell su Sky

Elizabeth – A Portrait In Parts, il film di Roger Michell su Sky

La morte di Elisabetta II, avvenuta nel pomeriggio di giovedì 8 settembre nella residenza scozzese di Balmoral, è stata accolta con profonda tristezza in tutto il pianeta. La sovrana più longeva nella storia millenaria del Regno Unito, con i suoi straordinari 70 anni di trono, e più amata al mondo verrà ricordata anche da Sky con una programmazione speciale nella giornata di oggi, venerdì 9 settembre. Su Sky Documentaries in simulcast su Sky Uno e in streaming su NOW, alle 21.15 ci sarà Elizabeth – A Portrait In Parts, film del regista premio Oscar Roger Michell che, utilizzando immagini di repertorio che attraversano decenni, dagli anni ’30 al 2020, regala un ritratto celebrativo e irriverente di Elisabetta.

Con filmati d’archivio del “dietro le quinte” della vita della grande Regina, il film racconta gli incontri con Nixon per il tè con, accanto a sé, un giovanissimo principe Carlo; il momento successivo all’Incoronazione in cui, giovane ed euforica, scendendo dalla carrozza fa quasi cadere la corona; o ancora un momento in cui lei, adolescente, balla libera e felice prima di assumersi la responsabilità che la consegnerà alla storia. Un vero e proprio tour cinematografico su e giù per i decenni per una donna che ha scritto la storia del Regno Unito e non solo.

Su Sky Uno il ricordo della Regina oggi inizierà alle 17:20 con alcuni episodi di The Royals: il primo dedicato al rapporto tra la Regina e i tantissimi Primi Ministri che si sono succeduti durante il suo Regno: ben 14, da Winston Churchill a Margaret Thatcher a Tony Blair, fino a Boris Johnson, l’ultimo con cui ha avuto modo di lavorare prima della proclamazione, appena due giorni fa, del nuovo PM Liz Truss; a seguire, alle 18:20, un focus sul rapporto tra Elisabetta e suo figlio Carlo, figlio maggiore e primo erede al trono.

E ancora, alle 19:15, The Coronation, uno speciale risalente al 65° anniversario dell’incoronazione in cui la stessa “Lilibeth” – come affettuosamente veniva chiamata dal popolo britannico – raccontava davanti alla telecamera, guardando anche filmati rarissimi, i suoi ricordi della cerimonia; un racconto di quella giornata, nel cuore del secondo Dopoguerra, che passa anche attraverso gli straordinari gioielli della Corona.

Quindi, alle 20:15, The Queen Unseen, in cui viene mostrato il lato più intimo e nascosto della Regina attraverso filmati privati, archivi informali o materiale proveniente da tutto il mondo.

Infine, su Sky Cinema Due sempre venerdì 9, alle 23:00 sarà proposto il film The Queen – La Regina, disponibile anche on demand, dove sarà eccezionalmente visibile per tutti gli abbonati Sky. La pellicola del 2006, diretta da Stephen Frears, vede protagonista Helen Mirren nei panni di Elisabetta che, dopo la morte di Lady Diana, cerca di proteggere la privacy della corte dall’invasione dei media. Un’interpretazione straordinaria che è valsa all’attrice un premio Oscar, un Golden Globe e la Coppa Volpi alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia del 2006.

Tutti i titoli sono anche in streaming su NOW.

Thor: Love and Thunder, svelati alcuni look alternativi di Eternità

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Il personaggio di Eternità, un’incarnazione vivente dell’universo infinito, è sempre stato tra le entità più affascinanti e misteriose della Marvel. Tale personaggio è noto in particolare per il suo aspetto unico nei fumetti e molto spesso ci si è chiesti come l’MCU avrebbe potuto dargli vita sul grande schermo. Con Thor: Love and Thunder si ha finalmente avuto la risposta a questa domanda. Una rappresentazione sorprendentemente accurata di Eternità fa infatti la sua comparsa nel film, divenendo dunque ora ufficialmente parte dell’MCU. L’aspetto del personaggio che si può ritrovare nel film è però stato solo uno dei tanti ideati dal team creativo.

Dopo il debutto in streaming su Disney+ di Thor: Love and Thunder, il concept artist Jeremy Love ha mostrato sul suo profilo Instagram alcune idee delle diverse idee valutate per il look di Eternità. Alcune queste prevedevano una fiamma che vedeva l’Eternità sollevarsi dal fumo, mentre altre coinvolgevano enormi strutture ai margini dell’universo. La versione finita nel film è invece molto più semplice, nonché fedele a come il personaggio si presenta nei fumetti. L’Eternità presente in Love and Thunder si trova infatti seduta in una pozza d’acqua poco profonda che si estende in ogni direzione in modo infinito.

Ora che il film è disponibile agli abbonati sulla piattaforma, sempre più contenuti extra o scene tagliate vengono rivelate. I fan possono così scoprire ulteriori curiosità dietro uno dei titoli Marvel più apprezzati tra quelli recentemente usciti. Come noto, Thor: Love and Thunder è diretto da Taika Waititi, mentre Chris Hemsworth riprende i panni di Thor. Natalie Portman torna ad interpretare Jane Foster, che diventa qui Mighty Thor, mentre Tessa Thompson è Valchiria. Russell Crowe fa la sua comparsa nei panni di Zeus, mentre Christian Bale interpreta il villain, Gorr il macellatore di dei. Di seguito, ecco il post di Instagram con i look alternativi di Eternità.

Fonte: ComicBook

La storia infinita: all’asta i diritti del libro, ci sarà un reboot del film?

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Il film tedesco in lingua inglese La storia infinita, diretto dal recentemente scomparso Wolfgang Petersen, segue Bastian, un ragazzo vittima di bullismo che trova un libro misterioso che lo trasporta in un luogo magico chiamato Fantasia. Mentre procede con il racconto, Bastian capirà di dover impedire a una forza oscura chiamata Il Niente di conquistare quel luogo magico. Distribuito nel 1984 con grande successo e un guadagno di oltre 100 milioni di dollari in tutto il mondo, La storia infinita è ancora oggi un cult del cinema mondiale e rimane rilevante nella cultura pop odierna.

La popolarità ottenuta dal film ha poi permesso di dar vita a due sequel negli anni ’90: La storia infinita 2 e La storia infinita 3. Tuttavia, questi due sequel non hanno eguagliato il successo o il plauso del primo e sebbene ci siano stati alcuni tentativi nel corso dei decenni di riavviare la saga, non ne è venuto fuori nulla a causa di problemi con i diritti. Ora, tuttavia, sembra che i tempi siano maturi per un vero e proprio ritorno di La storia infinita. Secondo Deadline diverse piattaforme streaming e studios stanno facendo offerte multimilionarie per acquistare i diritti del romanzo di Michael Ende, su cui si basava il film del 1984.

Secondo quanto riferito, gli eredi dell’autore sarebbero aperti a delle trattative, le quali sarebbero però ancora soltanto a delle fasi iniziali e dunque poco c’è di certo al momento. Con la recente ritorno in auge del fantasy anni ’80, omaggiato in modo più o meno evidente, ha dunque perfettamente senso che diverse aziende produttrici siano interessate a dar vita ad una nuova versione del film. Come sempre, però, un’operazione di questo tipo può rivelarsi rischiosa, specialmente considerando il valore che La storia infinita ha presso gli spettatori di ogni età e ogni dove.

Fonte: Deadline

The Conjuring 2: James Wan svela l’aspetto originale del demone Valak

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Il genere horror ha goduto di un’importante rinascita negli ultimi dieci anni, con film che ne hanno aggiornato canoni e temi per rendere questo genere ancor più popolare e attuale. Tra questi vi è anche The Conjuring di James Wan, uscito nel 2013 e diventato rapidamente uno dei franchise più in voga nella storia del genere. Il suo primo sequel principale, The Conjuring 2 (qui la recensione), è considerato da molti uno dei migliori sequel horror di tutti i tempi. Quel film ha inoltre il merito di aver introdotto la suora malvagia Valak che da allora è diventata un’icona nonché tra i principali antagonisti dell’intera saga. Tale personaggio, come noto, è inoltre ispirato alle vere leggende sul demone chiamato Valak.

Questo particolare demone, tuttavia, era inizialmente stato pensato con un aspetto particolarmente lontano da quello della suora che oggi tutti conoscono. Ora, grazie a Wan, ora sappiamo che aspetto doveva avere il design originale del terrificante Valak. Wan ha infatti condiviso un nuovo video sul suo Instagram che mostra come Valak doveva avere le sembianze di un mostruoso demone nero con corna e ali. Il regista ha inoltre rivelato che la creatura, realizzata dal truccatore Justin Raleigh, presentava una testa animatronica e un corpo indossabile, cosa che dunque avrebbe reso concreta la presenza del demone sul set.

Wan ha però anche rivelato perché il design alla fine è stato modificato: “Penso di avere solo uno scatto completamente finito con le ali CGI in posizione. È stato davvero grandioso ed epico. Ma per quanto fosse bello, sembrava fuori posto nel mondo di Conjuring che avevamo costruito“. Il regista continuava dicendo: “E così, durante la post produzione, ho ripensato al cattivo, sentendo che doveva essere qualcosa di più radicato, più personale e più inquietante. E così è nata la suora demoniaca”. Sul profilo di Wan è dunque possibile ritrovare il video dove viene mostrato il costume inizialmente previsto per The Conjuring 2 e il suo funzionamento.

Fonte: Collider

Forrest Gump: Tom Hanks ha respinto l’idea di un sequel

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Forrest Gump: Tom Hanks ha respinto l’idea di un sequel

Uno dei più importanti e noti film degli anni ’90 è senza ombra di dubbio Forrest Gump, vincitore di ben 6 premi Oscar tra cui quello per il miglior film e il miglior attore protagonista, ovvero Tom Hanks. Questo è stato infatti uno dei film che più di altri ha contribuito alla definitiva consacrazione dell’interprete nel panorama mondiale. Nonostante quello che Forrest Gump rappresenti per lui, o forse proprio per via di ciò, Hanks ha di recente affermato di aver respinto l’idea di realizzare un sequel del film.

Ospite di una puntata del podcast Happy Sad Confused, l’attore ha infatti confermato di come in seguito al successo del film si è effettivamente discusso della possibilità di realizzare un seguito: Abbiamo parlato per circa 40 minuti riguardo l’ipotesi di dar vita ad un altro Forrest Gump, ma dopo un po’ ci siamo detti “ragazzi, andiamo…”. Una cosa intelligente che ho fatto è che non ho mai firmato un contratto che presentasse anche un obbligo contrattuale per un sequel. Ho sempre detto “ragazzi, se c’è un motivo per farlo, facciamolo. Ma non potete costringermi”.

L’attore ritiene infatti che non c’è era motivo per dar vita ad un sequel, poiché tutto ciò che contava era stato già raccontato con quel film. Un seguito di quel racconto, in realtà, esiste ma non è cinematografico bensì letterario. Come noto, il film con Hanks è tratto dall’omonimo romanzo di Winston Groom, il quale nel 1995, in seguito al successo del lungometraggio, ha scritto il libro Gump & Co., che racconta nuove vicende vissute dall’omonimo protagonista. Sembra però che tale nuovo romanzo non avrà mai un adattamento per il grande schermo.

Fonte: ScreenRant

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