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Supereroi: i 10 più famosi della storia del cinema

I film sui supereroi sono ormai un genere a sé stante. Fanno parlare di sé: la creazione del Marvel Cinematic Universe è un fenomeno senza precedenti, e alcuni film sui supereroi si fanno portatori di importanti messaggi politici e sociali.

Dai primi anni Duemila fino agli Avengers, ecco dieci tra i supereroi più famosi e amati della storia del cinema.

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Supereroi Marvel

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  • Spider-Man: Peter Parker è un ragazzino che viene morso da un ragno radioattivo e acquisisce poteri straordinari. È stato creato nel 1962 da Stan Lee e Steve Ditko. In tutto, i film su Spider-Man sono sei: era arrivato al cinema nel lontano 2000, con una trilogia che si concluse nel 2007, nella quale il personaggio era interpretato da Tobey Maguire. Ebbe un enorme successo, e si tentò un reboot con una nuova trilogia nel 2012 con Andrew Garfield come protagonista. Il piano era quello di realizzare una trilogia, ma fu un flop, e si finì dopo il secondo episodio. È tornato con la resurrezione del Marvel Universe, con un’apparizione in Capitan America: Civil War, e poi in Spider-Man: Homecoming. Il nuovo interprete Tom Holland.
  • Wolverine: tanti supereroi hanno un lato oscuro, ma pochi sono così affascinanti e misteriosi come Wolverine. Fu creato nel 1971 da Len Wein e Herb Trimpe, ed è un personaggio Marvel, come tutti gli X-Men. Attenzione: non è parte del MCU, in quanto X-Men sono ancora di proprietà della Fox. Ma niente è definitivo: ora che la Fox è stata comprata dalla Disney, magari si aprirà la possibilità di un crossover tra X-Men e Avengers. Wolverine è arrivato al cinema interpretato da Hugh Jackman nel 2000, con il primo film sul gruppo di mutanti. È tornato al cinema l’anno scorso con Logan.
  • Jessica Jones: è un’invetigatrice privata con poteri sovrannaturali acquistati in seguito all’incidente d’auto che uccise i genitori. Abbandonò la carriera da supereroe dopo essere stata controllata da Kilgrave, un uomo malvagio con la capacità di controllare la psiche. Il fumetto è arrivato nel 2001, creato da Brian Michael Bendis e Michael Gaydos. Non è ancora arrivata al cinema, ma la serie prodotta da Netflix è estremamente popolare ed è arrivata ora alla seconda stagione. È interpretata da Krysten Ritter, ed è comparsa anche in The Defenders.

Supereroi degli Avengers

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  • Iron Man: è al momento il supereroe degli Avengers comparso nel maggior numero di episodi. Fu creato nel 1963 da Stan Lee, Larry Lieber e Don Heck. Il primo film fu prodotto dalla Marvel nel 2008, e fu seguito da altri due episodi dedicati unicamente a Iron Man. Famoso per il proprio atteggiamento ammiccante, è interpretato da Robert Downey Jr.
  • Capitan America: è arrivato al cinema nel 2011 con una monografia che lo mette all’inizio dell’esistenza degli Avengers – Capitan America: Il primo vendicatore. Ne è seguita una trilogia con protagonista Chris Evans. Capitan America è stato uno dei primi supereroi Marvel, creato nel 1941 da Joe Simon e Jack Kirby, durante la Seconda Guerra Mondiale, simbolo di un’America libera e democratica.
  • Hulk: Bruce Banner lavora alla ri-creazione dei poteri di Capitan America, e testa il risultato del lavoro su se stesso, con risultati disastrosi. Dal allora, quando si arrabbia diventa un’enorme creatura verde dalla forza incredibile e inarrestabile. È uno dei più presenti sul grande e piccolo schermo, con film, cartoni animati, e serie tv. Il primo film uscì nel 2003, nel quale Hulk era interpretato da Eric Bana. Seguì L’incredibile Hulk nel 2008, con Edward Norton. Nei film sugli Avengers, invece, è interpretato da Mark Ruffalo.

Supereroi della DC

  • Batman: uno dei supereroi tra i più rappresentati al cinema. Creato nel 1939 da Bob Kane e Bill Finger, Bruce Wayne è un supereroe della DC, tormentato e assetato di giustizia, e senza superpoteri. Come Hulk, è amatissimo ed è apparso in tantissimi cartoni animati, serie tv e film dedicati. Arrivò al cinema nel 1992 con due film diretti da Tim Burton e interpretati da Michael Keaton, che passarono alla storia. Nel 1995 e 1997, fu seguito da altri due film diretti da Joel Schumacher. Batman ebbe il suo grande ritorno, però, con la trilogia diretta da Christopher Nolan che cominciò con Batman Begins e vide come proprio protagonista Christian Bale. In Batman v Superman: Dawn of Justice, è stato interpretato da Ben Affleck.
  • Superman: chi ricorda Smallville? Il supereroe è stato al cinema e in televisione in tutte le salse, con ben 17 versione cinematografiche. Superman nacque nel 1933, creato da Jerry Siegel e Joe Shuster: il primo supereroe della storia del fumetto. Di recente, è tornato con Man of Steel nel 2013, in Batman V Superman e Justice League, interpretato da Henry Cavill.
  • Wonder Woman: la supereroina simbolo del girl power e della forza femminile, è arrivata al cinema nel 2017 interpretata da Gal Gadot. Nei fumetti, Diana Prince era nata nel 1941, creata da William Moulton Marston e H. G. Peter, e fu la prima eroina femminile di DC Comics.

Per concludere, Superhero

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  • Superhero il più dotato tra i supereroi: per concludere, passiamo ad una parodia del genere dei supereroi, che fa sempre bene. Il film è uscito nel 2008, diretto da Craig Mazin. È principalmente una parodia di Spider-Man, ma contiene riferimenti anche ad altri supereroi.

E Kick-ASS

Kick-Ass ha debutta al cinema nel 2010 con un film di grande apprezzamente diretto dal regista Matthew Vaughn. Kick-Ass è adattamento cinematografico del fumetto Kick-Ass ideato da Mark Millar. Il film vede protagonista Dave Lizewski, un anonimo studente di liceo e nonostante la totale mancanza di poteri straordinari, questo adolescente si reinventa come supereroe e insieme a un team di vigilanti combatte un boss della mafia. Nel 2013 è uscito il sequel, Kick-Ass 2. Mentre nel 2022 è stato annunciato che arriverà presto un terzo capitolo della saga ma sarà una sorta di reboot perché non vedrà protagonisti nessuno dei personaggi dei precedenti film.

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Film di Halloween: tutti i titoli da vedere su Prime Video

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Per un Halloween spaventoso ecco una selezione di horror disponibili su Prime Video, per tutti i gusti e per ogni età, dai grandi classici alle ultime novità. Dalle atmosfere del primo film di Dario Argento con L’uccello dalle piume di cristallo, alle storie da brivido dell’antologia Welcome to the Blumhouse passando da classici come Halloween ed Hellraiser, fino a titoli più recenti specificatamente pensati per la notte delle streghe, ovvero 31, Halloween Party e Tales of Halloween.

I migliori film per Halloween disponibili su Prime Video

Welcome to the Blumhouse

Welcome to the Blumhouse

Black BoxThe LieEvil Eye e Nocturne sono primi quattro film della serie tematica Amazon Original “Welcome to the Blumhouse” prodotta dalla Blumhouse Television di Jason Blum e Amazon Studios, caratterizzati dalla suspense da brivido marchio di fabbrica della Blumhouse. Ciascuna storia racconta temi comuni incentrati sulla famiglia e sull’amore come forze redentrici o distruttive ma lo fa con una prospettiva particolare, e grazie ad un variegato cast di talenti emergenti e attori affermati.

Suspiria (1977 – 2018)

Suspiria

Suspiriauno degli horror più famosi del cinema è presente su Prime Video sia nella versione originale di Dario Argento che nel “remake” di Luca Guadagnino. Tutto ruota intorno ad un’oscura minaccia che incombe sulla sede di una scuola di danza rinomata in tutto il mondo. Un turbine di tenebra travolgerà e inghiottirà la direttrice artistica del gruppo, una giovane ballerina ambiziosa e uno psicoterapeuta in lutto. Alcuni soccomberanno all’incubo. Altri, alla fine, si risveglieranno.

L’alba dei morti dementi

L'alba dei morti dementiUn mix esplosivo di humor britannico e horror, considerato un cult dallo stesso George RomeroL’alba dei morti dementi diretto da Edgar Wright è anche il primo film che vede insieme l’esilarante duo composto da Simon Pegg e Nick Frost. Nel film, Shaun è un trentenne che conduce un’esistenza particolarmente noiosa e che lavora in un negozio di apparecchiature elettroniche. Il giovane vive in un appartamento condiviso con l’amico Ed, nella periferia di Londra. Le loro vite verranno stravolte da un apocalisse zombie.

Sinister

Sinister film recensioneEllison Oswalt (Ethan Hawke), uno scrittore di libri tratti da storie vere di cronaca nera, decide di trasferirsi in una nuova casa insieme alla sua famiglia per lavorare al suo prossimo volume. Non sa, però, che proprio nella nuova dimora, un anno prima, è avvenuto il terribile massacro di cui vorrebbe scrivere: un’intera famiglia è stata sterminata e non sarà l’ultima. Uno degli horror più apprezzati degli ultimi anni, targato Blumhouse.

Quella casa nel bosco

Quella Casa nel Bosco

In Quella casa nel bosco cinque compagni di college partono per un gita in campagna, in una baita tra i boschi, per un week-end di bagordi. Ma le cose iniziano a prendere una strana piega e presto i cinque subiscono l’attacco di orripilanti esseri sovrannaturali e trascorrono una notte di infinito terrore tinto da fiumi di sangue. Un meta-horror che ha stregato gli amanti del genere sovvertendo completamente le sue regole, immancabile per chi vuole vedere qualcosa di paurosamente diverso.

Halloween

halloweenNel Halloween del 2018, Jamie Lee Curtis torna a vestire i panni di Laurie Strode per il confronto finale con Michael Myers, la figura mascherata che la perseguita da quando è riuscita per un soffio a scampare alla sua furia assassina la notte di Halloween di quarant’anni prima. Undicesimo capitolo della serie che riprende la storia esattamente dove era stata interrotta nel primo Halloween del 1978 di John Carpenter, qui produttore esecutivo e compositore delle musiche.

The Void

The VoidIn The Void l’ufficiale Carter durante un pattugliamento, s’imbatte in un ragazzo insanguinato che zoppica lungo la strada deserta. Si precipita in suo soccorso per portarlo rapidamente in un piccolo ospedale di provincia, dove però i pazienti e il personale si stanno trasformando in qualcosa di inumano. Carter tenta disperatamente di porre fine a questo incubo prima che sia troppo tardi. Se siete amanti dell’horror cosmico alla H. P. Lovecraft, questo è il film che fa per voi.

L’uccello dalle piume di cristallo

Uno scrittore americano, Sam Dalmas (Tony Musante), di passaggio a Roma assiste casualmente ad un tentativo di omicidio attraverso la vetrata di una galleria d’arte. La presenza e l’intervento di Sam mettono in fuga l’individuo ma, da quel momento in poi, una serie di omicidi sconvolgono la città e Sam si trova ad essere sospettato dalla polizia. Sam e la sua compagna si improvvisano così detective. Film d’esordio del grande Dario Argento, che gli valse nel 1970 il Globo d’Oro alla miglior opera prima.

La notte del giudizio

La notte del giudizio

Cosa faresti se una notte all’anno potessi commettere qualsiasi tipo di crimine senza conseguenze? In un America distrutta dalla criminalità e con le prigioni stracolme di malviventi, il governo ha deciso di instaurare un giorno all’anno in cui per 12 ore ogni tipo di crimine, incluso l’omicidio, diventa legale. La Notte del Giudizio è un thriller fantascientifico che segue le vicende di una famiglia lungo il corso di una singola notte. Quattro persone dovranno confrontarsi per capire cosa sono disposte a fare per proteggere i propri cari quando la violenza entrerà nella loro casa.

Winnie the Pooh: Sangue e miele

Il film è la rivisitazione in chiave horror del classico per bambini di A.A. Milne. Abbandonati da Christopher Robin, Winnie the Pooh e il suo amico Piglet si sono ritrovati a fronteggiare una drastica riduzione di cibo, diventando sempre più affamati e feroci. Presi da una sadica follia, inizieranno ora a tormentare Christopher e un gruppo di giovani ragazze. Tra parodia, slasher e horror splatter, Winnie the Pooh: Sangue e miele è una pura follia con pochi eguali.

Halloween Party

Halloween Party

In Halloween Party uno studente universitario rilascia inconsapevolmente entità terrificanti dal passato della sua scuola tramite un meme informatico a tema Halloween. Brutale, violento, ma anche terribilmente spassoso, questo film perfetto per la notte di Halloween porta sullo schermo alcune paure contemporanee miste alle stravaganze del web, tra cui appunto i meme oggi più popolari.

Jukai – La foresta dei suicidi

Jukai - La foresta dei suicidi cast

In Jukai – La foresta dei suicidi una ragazza americana arriva in Giappone per ritrovare la sorella, misteriosamente scomparsa. La ricerca la porta ad addentrarsi all’interno di un’antica foresta, nota per essere la destinazione di persone intenzionate a suicidarsi. Interpretato da Natalie Dormer, questo horror si basa sulla celebre foresta dei suicidi, realmente esistente in Giappone e così chiamata per via delle numerose persone che ogni anno scelgono di togliersi qui la vita.

Hellraiser

Hellraiser

Mentre armeggia con una particolare scatola magica, un uomo apre involontariamente le porte di accesso ad una dimensione infernale, popolata da mostri sadomasochisti assetati di sangue. Hellraiser, del 1987, è il primo capitolo di una fortunata saga horror, che ha regalato al cinema e ai fan del genere un altro spaventoso mostro simile a Freddie Kruger o Michael Myers. Pinhead, oltre ad essere esteticamente terrificante, è un concentrato di pura violenza e malvagità.

31

31

Cinque giostrai vengono rapiti e tenuti in ostaggio in un remoto e infernale edificio industriale la mattina di Halloween del 1976. Con la missione di sopravvivere 12 ore contro una banda di killer e clown psicopatici, saranno costretti a partecipare al un gioco più folle e violento che sia stato mai ideato: il gioco chiamato 31.

Tales of Halloween

tales of halloween

Tales of Halloween è composto da dieci episodi diretti da altrettanti registi. Una serie di storie interconnesse ambientate nella periferia americana terrorizzata da ghoul, alieni e assassini il tutto rigorosamente nella notte di Halloweeen. Si tratta dunque di un titolo perfetto da guardare nella notte delle streghe, che grazie alle sue molteplici vicende e personaggi regala continui spaventi, brividi e dettagli che non regaleranno affatto sonni tranquilli.




The Gilded Age – Stagione 2: recensione della serie di Julian Fellowes

The Gilded Age stagione 2, la serie di Julian Fellowes (Downton Abbey, Belgravia) disponibile dal 30 ottobre su NOW, torna a farci immergere nell’opulenta New York del XIX secolo. In mezzo a un periodo non certo semplice per la nostra contemporaneità, questa serie, sfarzosa, in costume, tutto sommato leggera nonostante alcuni approfondimenti su temi ancora oggi attuali, offre una piacevole evasione in un’epoca in cui i problemi erano discussi mentre si giocava a tennis a Newport.

The Gilded Age stagione 2, la trama principale

In quel contesto storico e sociale, la Guerra Civile è appena finita, e la seconda stagione si concentra su un tipo differente di battaglia: il mecenatismo e il prestigio tra l’Accademia di Musica dell’establishment e il nuovo Metropolitan. Bertha Russell (Carrie Coon), una newyorkese nuova-ricca, si scontra con la grande dama Caroline Astor (Donna Murphy), mentre Marian Brook (Louisa Jacobson) cerca di trovare il suo posto come insegnante d’arte, all’interno di una famiglia benestante e di un contesto sociale che non la vorrebbe mai impegnata in alcun tipo di lavoro. La trama si dipana in maniera fluida, tra lo sfarzo della messa in scena e le contrapposizioni tra gli status sociali che di volta in volta prendono la scena, offrendo una visione affascinante dell’epoca.

L’importanza dei temi sociali

Questa nuova stagione fa un passo in avanti nell’esplorare le dinamiche sociali e i problemi reali del tempo. Attraverso il personaggio di Peggy (Denée Benton), vediamo come l’emancipazione influisca sulle vite della comunità black, toccando questioni di grande importanza. Sorprendentemente, la serie racconta anche come George Russell (Morgan Spector) ha costruito la sua fortuna, sfruttando principalmente il lavoro di altri. In un’epoca in cui lo sciopero degli attori di Hollywood è ancora in corso e il ricordo di quello degli sceneggiatori un ricordo freschissimo, The Gilded Age stagione 2 concentra una delle sue tante trame proprio su una disputa legata allo sfruttamento sul posto di lavoro, un cambiamento significativo rispetto alla tendenza della prima stagione a evitare i problemi del mondo reale e l’eccessiva storicizzazione dei conflitti sociali.

Questi temi sono un tentativo ammirevole di Fellowes di affrontare le implicazioni della sua ambientazione storica. L’Età dell’Oro è spesso associata all’oligarchia e all’accumulo di ricchezza, ed è giusto che una serie con questo nome non ignori completamente queste tematiche. Tuttavia, mentre Peggy rappresenta un tentativo di dare voce alle preoccupazioni delle persone nere, il suo personaggio guida comunque una storyline che si muove ai margini delle altre, senza intrecciarle mai profondamente. La serie riconosce che per Peggy è molto più difficile superare le barriere sociali rispetto a Bertha, ma accomuna comunque i due personaggi in una dualità ideale per la quale le due donne affrontano il pregiudizio per la loro condizione particolare.

the gilded age stagione 2Associazioni dissonanti e ardite

Più la serie dà peso a queste sotto-trame sociali, più sembra sforzarsi di unificarle in una narrazione coerente. Ad esempio, la parentesi di Peggy a Tuskegee, in Alabama, e del suo scontro con il razzismo reale, molto meno violento in città che in provincia, viene messo in parallelo con le liti delle signore ricche per i favori di un ospite di rilievo in occasione di una serata di gala. Un’associazione molto ardita, quasi stridente a causa della giustapposizione di un problema reale di violenza razziale e il frivolo tentativo di accaparrarsi l’ospite più distinto.

La seconda stagione offre anche un’evoluzione dei personaggi principali. George Russell, inizialmente ritratto come un manipolatore spietato, viene reso più complesso e suscettibile alle richieste dei lavoratori, alle quali alla fine cede, dopo essere entrato in contatto con la loro umanità. La serie cerca di bilanciare il conflitto tra lavoro e capitale, ma a volte sembra che gli eventi vengano diluiti, per evitare un vero e proprio conflitto tra le parti che, nel tono generale della serie, stonerebbe.

Una riflessione sul cambiamento, questa volta poco a fuoco

In teoria, The Gilded Age era concepita come una riflessione sul cambiamento sociale, ma a volte sembra che i conflitti tra i personaggi siano più una questione di narcisismo di piccole differenze. La serie cerca di enfatizzare la mobilità sociale, ma sembra lottare nel bilanciare i suoi vari elementi, spaziando tra distrazione leggera e insegnamento storico. Etichetta e disuguaglianza sembrano avere lo stesso peso nell’economia del racconto, ma la serie potrebbe beneficiare da una maggiore attenzione alle dinamiche sociali dell’epoca e ai sistemi che perpetuavano la ricchezza.

A fronte di un valore produttivo altissimo, che si manifesta principalmente nei costumi e nella scenografia, The Gilded Age stagione 2 offre un’immersione affascinante nell’America del XIX secolo, ma a volte fatica a mantenere una narrazione coerente tra i diversi temi sociali e le sottotrame romantiche. Si avverte, infine, in maniera prepotente la nostalgia di Downton Abbey, lo show di maggiore successo di Fellowes: sia alcune scelte narrative che registiche e musicali riecheggiano dei fasti dello show inglese, che però non trova un avversario di pari livello nel cugino americano.

HairStyle, The Talent Show arriva su Real Time, discovery+ e Rakuten TV dal 16 novembre

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Tutto è pronto per il debutto di ‘HairStyle, The Talent Show’, il nuovo talent show di hairstyling prodotto da Shine Iberia (A Banijay Company). Il programma arriverà su REAL TIME (dal 16 novembre in prima serata e in streaming su discovery+) e farà parte anche del catalogo di contenuti esclusivi di Rakuten TV, una delle piattaforme di streaming leader in Europa. Il nuovo format, che cerca il prossimo grande nome dell’hairstyling nel nostro paese, sarà condotto dal Maestro Rossano Ferretti e dal Global Hairstylist Rudy Mostarda.

Un nuovo formato per tutto il mondo. Dieci parrucchieri professionisti provenienti da tutta Italia dovranno dimostrare il loro talento, abilità e creatività davanti a Rossano Ferretti (che condurrà il talent show trasmesso nelle sue cinque versioni in Spagna, Messico, Brasile, Stati Uniti e, appunto, Italia). In ciascuna edizione, Rossano Ferretti valuterà il lavoro dei concorrenti accompagnato da un co-presentatore proveniente da ciascuno dei paesi. Non saranno soli: con loro ci saranno tante celebrities che visiteranno il salone dando il loro contributo alla gara con consigli e suggerimenti.

Adattarsi alle richieste dei clienti, studiare le loro caratteristiche fisiche e dar loro consigli sui colori e tagli di capelli che li valorizzano di più, realizzare acconciature per occasioni speciali e ripristinare la salute dei capelli danneggiati sono alcune delle sfide che i concorrenti di ‘HairStyle’ affronteranno nel corso dello show. Inoltre, dovranno dimostrare la loro abilità con i colori e completare le acconciature con un make-up da sogno. Il vincitore di ciascuna edizione di ‘HairStyle’ riceverà un premio del valore di 150.000 euro, che gli permetterà di aprire un salone super esclusivo con il supporto di un team di esperti guidato da Rossano Ferretti. Inoltre, avrà il sostegno dei marchi partner del programma e riceverà un assegno aggiuntivo di 10.000 euro da investire nel suo salone. Entrerà anche a far parte del team internazionale di formatori del prestigioso master per parrucchieri ‘MDB Education’.

Uno studio televisivo trasformato in un grande salone. Per realizzare il sogno di ‘HairStyle’, uno studio televisivo è stato trasformato in un grande hair salon di 1.000 mq con tutto il necessario per realizzare lavori spettacolari: postazioni di lavoro con tutti gli strumenti utili per dare vita a lavori straordinari, lavatesta indipendenti per offrire un trattamento personalizzato ai clienti e ampie scaffalature che ospitano i migliori prodotti per la colorazione e la cura dei capelli, nonché extension di capelli naturali in un’incredibile varietà di colori.

Con tutti questi prodotti, i concorrenti di ‘HairStyle’ potranno affrontare tutte le sfide con materiali di alta qualità forniti dai brand partner del programma: Alfaparf Milano Professional, Rossano Ferretti Parma, Gama Professional, Maletti e Great Lengths.

Presentatori di riferimento nel mondo dell’estetica. Il Maestro Rossano Ferretti è uno degli hair stylist più famosi al mondo. È la terza generazione di una famiglia di parrucchieri e da Campegine (RE), un piccolo paese di soli 500 abitanti, ha creato un impero globale. Celebre per la sua linea di prodotti per la cura dei capelli 100% Made in Italy e per i suoi prestigiosi saloni frequentati da numerose celebrità, membri di famiglie reali e VIP di tutto il mondo. Alcuni di questi saloni si trovano a Milano, Parigi, New York, Miami, Dubai e Madrid. Inoltre, Rossano Ferretti è noto in tutto il mondo come il creatore del rivoluzionario Metodo Rossano Ferretti, conosciuto anche come “invisible haircut”. Da decenni Rossano Ferretti sostiene che il taglio di capelli debba essere personalizzato, tenuto conto della loro natura, della loro texture e del loro movimento. In un momento in cui l’uso di una tecnologia skincare legata al mondo dei capelli era una rarità, Rossano Ferretti è stato un pioniere nella ricerca del legame tra skincare e haircare e ha fatto suo il concetto all’avanguardia di “Skinification”. Il Maestro, da decenni ambasciatore globale dell’industria, ha pubblicato libri didattici e ha collaborato con riviste tra cui Vogue. La prossima sfida di Rossano Ferretti è dunque quella di calarsi nei panni di conduttore e giudice del nuovo talent show per parrucchieri ‘HairStyle, The Talent Show’.

Rudy Mostarda è il Direttore creativo globale del marchio Alfaparf Milano Professional. È responsabile della creazione di tutte le nuove collezioni su scala globale per ottenere un’immagine coordinata del brand in tutto il mondo. Fedele ai principi di una filosofia educativa, una delle sue attività preferite è la formazione degli stilisti attraverso seminari, eventi e formati innovativi. Rudy è anche fondatore e Direttore creativo internazionale di Extrema Hair, che conta più di 90 saloni affiliati in Italia, di cui quello di Milano gestito direttamente da lui. Un personaggio poliedrico, in grado di creare look scenografici ma anche proposte per il lavoro quotidiano da realizzare in salone. È Vice President dell’Alternative Hair Show di Londra, l’evento più importante al mondo sull’hairstyling. È anche artefice della creazione di look per importanti celebrità ed è regolarmente presente nel backstage della Settimana della Moda di Milano, come direttore creativo di numerose griffe, oltre che nel backstage della Mostra del Cinema di Venezia. Collabora inoltre attivamente con testate come Vogue Marie Claire. Ora sarà alla guida di “HairStyle, The Talent Show” accanto a Rossano Ferretti per trovare il prossimo grande nome dell’hairstyling italiano. 

Il debutto in Italia di HairStyle, The Talent Show, tramite REAL TIME e RAKUTEN TV

Suburraeterna: le foto dal red carpet della Festa del cinema di Roma

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E’ stata presentata alla Festa del cinema di Roma Suburraeterna, la serie tv Netflix che espande l’universo Suburra con la nuova storia originale prodotta da Cattleya -parte di ITV Studios – debutterà il 14 novembre in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo. I primi due episodi hanno debuttato in anteprima il 29 ottobre nella serata di chiusura della Festa del Cinema di Roma. Ecco tutte le foto dal red carpet:

Nel cast di Suburraeterna, Giacomo Ferrara nel ruolo di Spadino e Filippo Nigro in quello di Amedeo Cinaglia, mentre Carlotta Antonelli e Federica Sabatini tornano a vestire i panni rispettivamente di Angelica e Nadia, così come Paola Sotgiu e Alberto Craccoquelli di Adelaide e Nascari. Accanto a loro, nuovi personaggi stravolgeranno gli equilibri di Roma: Marlon Joubert è Damiano Luciani, Aliosha Massine è Ercole Bonatesta, Federigo Ceci è Armando Tronto, Yamina Brirmi e Morris Sarra sono Giulia e Cesare Luciani (fratelli gemelli di Damiano),  mentre Giorgia Spinelli interpreta Miriana Murtas e Gabriele di Stadio il giovane Victor Anacleti.

Suburraeterna è scritta da Ezio Abbate e Fabrizio Bettelli, che ricoprono anche il ruolo di Head Writers, Andrea Nobile, Camilla Buizza, Marco Sani e Giulia Forgione. Ciro D’Emilio è alla regia dei primi quattro episodi, mentre Alessandro Tonda degli ultimi quattro. Gina Gardini è la showrunner della serie che è tratta dall’opera letteraria Suburra scritta da Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini – che curano anche lo story editing – edita da Giulio Einaudi Editore.

The Goat: recensione del film di Ilaria Borrelli – #RoFF18

The Goat di Ilaria Borrelli conclude le proiezioni di Alice nella città, sezione parallela della Festa del Cinema di Roma 2023. Da sempre impegnata a dare voce alle bambine che vivono in situazioni difficili, Ilaria Borrelli, già regista di Talking To The Trees che affrontava il tema delle baby prostitute cambogiane, esplora con The Goat il dramma diffuso nei paesi del Medio Oriente legato alle spose bambine e agli abusi che devono affrontare.

Il film non solo vanta la partecipazione di stelle di fama mondiale del panorama arabo, come Amr Saad, Sayeb Ragab, Nelly Karim e Maya Talem, insieme a attori internazionali del calibro di Mira Sorvino e John Savage, tutti presenti alla premiere del 29 ottobre, ma rappresenta anche la prima grande produzione internazionale araba diretta da una regista donna occidentale. I principali produttori, Cedar Art Production del Libano e Agora Media Production dell’Egitto, due tra i maggiori protagonisti dell’intrattenimento nel mondo arabo, hanno voluto focalizzare l’attenzione su temi cruciali come l’uguaglianza di genere, l’istruzione e l’empowerment femminile, temi spesso trascurati sia nel mondo arabo che in quello occidentale.

The Goat, la trama

Il film narra la storia di Hadyia, una giovane orfana costretta a un matrimonio precoce e violento. La protagonista, incinta a soli undici anni, decide di fuggire attraverso il deserto per proteggere la sorgente d’acqua del suo villaggio dall’avidità di un’impresa occidentale. Durante il viaggio, Hadyia è accompagnata solo dalla sua capra, che diventa la sua fonte di sostentamento fornendole latte. Tuttavia, la storia prende una svolta sorprendente quando la capra inizia a parlare con la voce della madre di Hadyia, deceduta durante il parto. La regista, attraverso una narrazione che ricorda una fiaba per ragazzi, affronta tematiche complesse e difficili.

The Goat sottolinea come, in tempi di guerra e povertà, le bambine sono le prime a essere sacrificate. Spesso vengono vendute come mogli o finiscono nei bordelli, sono le prime a essere private dell’istruzione e le ultime ad avere accesso alle cure ospedaliere. La regista sottolinea l’importanza di comprendere la connessione globale, evidenziando come le tragedie umanitarie nei paesi meno fortunati spesso siano il risultato diretto dell’influenza dei paesi più ricchi, tentati dalla ricchezza. Nel contesto di guerra e povertà, sono le giovani ragazze a subire in modo più diretto il peso della sofferenza, diventando spesso le prime vittime di pratiche come matrimoni forzati o sfruttamento sessuale.

The Goat, film

Preservare il ricordo, salvare una comunità

Con The Goat, Borrelli mette in luce il dolore di un padre progressista che, di fronte al continuo silenzio della comunità rispetto alle violenze, cerca di urlare a pieni polmoni che le cose devono cambiare. Dopo aver perso la moglie mentre partoriva la figlia, Salem promette ad Hadiya che racconterà a tutti la sua storia, affinché non venga mai dimenticata, anche se lui non potrà mantenere fede alla parola data. Così, spetta ad Hadiya non solo proteggersi, ma anche proteggere il ricordo e gli sforzi del padre, farsi valere come donna e come futura professionista a cui il padre ha insegnato tanto in materia ingegneristica.

La narrazione di The Goat non sempre procede in maniera organica: alcune sequenze in flashback premono un po’ troppo sul sentimentalismo, così come la recitazione degli attori americani sembra un po’ troppo calcata, a voler drammaticizzare il tutto con una sottotrama del buono vs cattivo non sempre efficace. Tuttavia, il film ha dalla sua un buon utilizzo dell’immaginario favolistico a supporto emotivo di un vero e proprio viaggio della speranza: il realismo magico diventa per Hadiya conforto, in assenza di figure in carne ed ossa a cui stringere la mano. Un’operazione simile, anche se su scala ridotta, a quella effettuata da Matteo Garrone nel suo Io, Capitano.

Maya Talem, che interpreta Hadiya, ha espresso la sua sua soddisfazione per l’associazione del film con Action Aid, un’organizzazione umanitaria che fornisce supporto psicologico e legale alle bambine e ragazze vittime di abusi. Ha sottolineato l’importanza di andare oltre, trasmettendo il messaggio a un pubblico più ampio: garantire un futuro dignitoso a queste ragazze è un impegno universale che coinvolge tutti noi e che The Goat ribadisce a gran voce.

Box office: C’è ancora domani primo in classifica

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 Al box office del fine settimana appena concluso emerge come grande vincitore C’è ancora domani, pellicola esordio alla regia dell’attrice italiana Paola Cortellesi. Il film è stato presentato in anteprima al festival del cinema di Roma. C’è ancora domani incassa €735.179 a fronte di un totale che supera già il milione e mezzo dal suo arrivo nei cinema il 26 ottobre.

Secondo classificato di questo week end è Me contro te il film-vacanze in Transilvania, terza pellicola realizzata dal duo di youtuber. La pellicola, prima la scorsa settimana, incassa ad oggi €379.202 a fronte di un totale di più di 3 milioni di euro.

Al terzo posto ritroviamo Killers of the flower moon, nuova imponente opera del regista Martin Scorsese; nel casto sono presenti due delle maggiori stelle del cinema Hollywoodiano contemporaneo, Leonardo Di Caprio e Robert De Niro. La pellicola incassa €348.285 su un totale di più di 3 milioni di euro dal suo arrivo nelle sale il 19 ottobre.

Box office: il resto della classifica

Quarto e quinto classificato sono rispettivamente Saw X, decimo capitolo della nota saga Horror, e Anatomia di una caduta, dramma francese vincitore della palma d’oro al festival di Cannes di quest’anno. Saw X incassa €314.854 a fronte di un totale di più di un milione dal suo arrivo nelle sale il 25 ottobre, mentre Anatomia di una caduta raggiunge un incasso di €90.623. A sesto posto si stabilisce L’ultima volta che siamo stati bambini, pellicola esordio alla regia dell’attore Claudio Bisio; la pellicola guadagna €69.862.

Al settimo ed ottavo posto ritroviamo Assassinio a Venezia, terza pellicola della serie cinematografica adattamento dei romanzi di Agatha Christie, e Paw Patrol: il super film, entrambi nelle sale da più di un mese. Assassinio a Venezia incassa €53.847 a fronte di un totale di più di 8 milioni di euro, mentre Paw Patrol raggiunge un incasso di €52.064 su un totale di quasi 2 milioni dalla sua uscita il 28 settembre.

Ultimi due film nella classifica box office del fine settimana appena concluso sono Retribution, action movie con Lian Neeson, e Dogman, dramma diretto da Luc Besson e presentato in anteprima alla mostra del cinema di Venezia. Retribution incassa €47.149, mentre Dogman raggiunge un guadagno di €38.218,  a fronte di un totale che supera il milione dal suo arrivo nelle sale il 12 ottobre.

Five Nights at Freddy’s: recensione del fim horror di Emma Tammi

Prima di addentrarci nella recensione di Five Nights at Freddy’s bisogna fare una doverosa premessa che, nel visionare il risultato di ciò che è il prodotto finale, gioca un ruolo molto importante. Questo perché il film, basato sull’omonima serie multimediale horror creata da Scott Cawthon nel 2014, è stato pensato – o potremmo dire ha subito una specifica operazione di montaggio e tagli – per un pubblico eterogeneo, ma in particolare per essere accessibile a uno spettatore abbastanza giovane che, nello spirito commerciale, è quello che contribuisce a decretanrne il successo.

Dovendo dunque calcolare come sarebbe stato classificato Five Nights at Freddy’s, e per evitare di incorrere a divieti limitanti, la regista del film Emma Tammi, pur attingendo a piene mani dal videogioco, ne ha dovuto ridurre di molto l’aspetto gore e splatter tanto che, come vedremo, le sequenze disturbanti sono davvero ridotte al minimo. Dopo aver cambiato numerosi registi, e dopo essere stato rimandato più volte, con persino una revisione del copione, Five Nights at Freddy’s – prodotto da Blumhouse Productions – e scritto dalla stessa regista insieme a Scott Cawthon e Seth Cuddeback, esce nelle sale italiane dal 2 novembre, con un’anteprima speciale il giorno di Halloween.

Five Nights at Freddy’s, la trama

In Five Nights at Freddy’s il protagonista che deve sopravvivere agli animatroni impazziti è il giocatore, che è guardia nottura del Freddy Fazbear’s Pizza. È lui stesso a essere in pericolo continuamente, e dover stare sempre allerta per non essere ucciso dai “dolci e teneri” pupazzi giganti. Nel film, il gamer diventa Mike (Josh Hutcherson), un ragazzo che da anni ha degli incubi riguardanti il fratello rapito. Mike ha anche una sorella, Abby (Piper Rubio), con la quale non ha grandi rapporti a causa del suo scarso interagire con gli altri, ma della quale si deve prendere cura. I problemi del giovane però non sono circoscritti all’ambinto familiare poiché il suo trauma passato e la sua irascibilità li riversa anche sul lavoro, tanto da essere più volte licenziato. L’ultima occasione che gli si presenta è quella di diventare guardiano notturno del Freddy Fazbear’s Pizza. Il suo compito è semplice: sorvegliare il locale abbandonato e fare in modo che nessuno entri al suo interno. Le prime notti scorrono tranquille, fino a quando una sera non si presenta ai cancelli l’agente di polizia Vanessa, la quale rammenta a Mike di stare molto attento che tutto fili liscio in quelle ore di sorveglianza. Alla fine, però, sarà proprio grazie alla ragazza che scoprirà che nel Freddy Fazbear’s Pizza si cela un macabro mistero che coinvolge i pupazzi animatroni, e niente è come sembra… neanche i loro sorrisi.

Five Nights at Freddy's

Dentro il Freddy Fazbear’s Pizza

Fra le note di merito di Five Nights at Freddy’s, di cui subito dobbiamo far menzione, c’è il lavoro svolto sulla scenografia. Per chi ama l’atmosfera vintage anni ’80 delle sale giochi con i flipper, gli arcade, le piscine di palline e le luci al neon ad incorniciarne gli angoli, ritroverà nel film una quanto più maniacale ricostruzione di questi luoghi di divertimento magici. È chiaro che il comparto tecnico-artistico abbia voluto impegnarsi al massimo per poter restituire sia ai cultori del videogioco che ai neofiti il giusto senso di inquietudine e mistero, affinché questi potessero essere presenti e attenti fino all’epilogo, ma soprattutto coinvolti a pieno nel racconto.

La stessa dedizione si riscontra negli animatroni, veri protagonisti del film che, rispetto alla loro controparte giocata, oltre a essere realmente costruiti a mano – e dunque avendo una certa impattante fisicità – sono anche molto più sinistri: in base alle loro momentanee intenzioni, infatti, le loro espressioni cambiano, esattamente come i loro occhi, alquanto espressivi. Questa, per chi si approccia alla storia per la prima volta, è una caratteristica chiave nella risoluzione del mistero che giace nel Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre per chi già ne conosce il background, si potrà dilettare a capire come questo venga elaborato nel film. Ed è forse nella doppia esperienza di Five Nights at Freddy’s che risiede la sua carta vincente: che lo spettatore conosca o meno l’universo, Emma Tammi riesce a rendere il racconto godibile e fruibile per tutti, aggiungendo per ogni spettatore un elemento che possa avvicinarlo e interessando, evitando di fargli dare tutta la trama per scontata.

Cosa invece non va?

Ma come in ogni passaggio da un medium all’altro anche Five Nights at Freddy’s ha i suoi difetti e le sue sfumature negative. Negli ultimi tempi sono stati tanti i videogiochi ad essere stati trasposti sul piccolo e grande schermo, basti pensare per esempio a The Last of Us, Mortal Kombat o Super Mario Bros. Ognuno con la sua mitologia che, in bene o in male, la contropoarte filmica o seriale ha dovuto sostenere. Sappiamo bene che non è semplice soddisfare gusti e aspettative del pubblico, soprattutto se questo è assiduo giocatore, e può capitare che nel trasformarlo in materia cinematografica qualcosa si dimentichi, oppure alcune soluzioni narrative non siano propriamente comprensibili. Lo stesso accade con Five Nights at Freddy’s: se da una parte possiamo apprezzare l’approfondimento (psicologico e caratteriale) che viene dato al personaggio di Mike – molto esaustivo – con annessi e connessi problemi relazionali e familiari, dall’altra parte questa stessa scelta ha provocato dei buchi interni verso la conclusione.

Intanto la componente onirica che gradualmente si fa spazio nella storia non è molto chiara e l’atto conclusivo non aiuta a comprenderne l’importanza; il personaggio di Vanessa poi, che compare come aiutante di Mike diventandone parte fondamentale del film, ha una risoluzione poco definita nel finale; anche come facciano gli animatroni a essere collegati a dei disegni affissi sulle pareti rimane un punto interrogativo non indifferente. Se non fosse che sono legati al senso stesso dei pupazzi, queste omissioni – o potremmo anche dire non date spiegazioni – potrebbero non essere un problema, ma nell’economia generale del film erano un dato necessario su cui fare più attenzione nella stesura dello script per non fargli avere delle falle. Nonostante queste incrinature, Five Nights at Freddy’s resta un prodotto che svolge la sua funzione di intrattenimento. Qualcuno indubbiamente storcerà il naso ai prevedibili e scolastici jumpscare dell’horror o alla mancanza di una forte componente gore e splatter, ma ricordiamo che la pellicola è stata pensata per abbracciare una vasta platea di spettatori, quindi in quest’ottica tale decisione ha senso. Possiamo concludere dicendo che Five Nights at Freddy’s è un horror movie da guardare senza troppe pretese, con inserti visivi e narrativi tutto sommato funzionali per trascorrere un paio d’ore in sala fra divertimento e un pizzico di sana e innocua paura.

La guerra del Tiburtino III gratis al cinema con Cinefilos

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Cinefilos.it offre la possibilità di vedere al cinema, gratis, LA GUERRA DEL TIBURTINO III in uscita nelle sale, per Fandango Distribuzione, il prossimo giovedì 2 novembre.

Ecco le città in cui sarà possibile partecipare alle proiezioni:

ROMA 
 
CINEMA LUX
giovedì 2 novembre – 10 biglietti
venerdì 3 novembre – 10 biglietti
sabato 4 novembre – 10 biglietti
domenica 5 novembre – 10 biglietti
 
CINEMA GREENWICH
martedì 31 ottobre – 10 biglietti per lo spettacolo delle h. 16,45 e 5 biglietti per quello delle h. 19,00 a cui sarà presente il cast del film
mercoledì 1 novembre – 10 biglietti per lo spettacolo delle h. 16,45 e 5 biglietti per quello delle h. 19,00 a cui sarà presente il cast del film
giovedì 2 novembre – 10 biglietti
venerdì 3 novembre – 10 biglietti
sabato 4 novembre – 10 biglietti
domenica 5 novembre – 10 biglietti
 
CINEMA TIBUR
giovedì 2 novembre – 10 biglietti
venerdì 3 novembre – 10 biglietti
sabato 4 novembre – 10 biglietti
domenica 5 novembre – 10 biglietti
QUATTRO FONTANE
giovedì 2 novembre – 10 biglietti
venerdì 3 novembre – 10 biglietti
sabato 4 novembre – 10 biglietti
domenica 5 novembre – 10 biglietti
GIULIO CESARE
giovedì 2 novembre – 10 biglietti
venerdì 3 novembre – 10 biglietti
sabato 4 novembre – 10 biglietti
domenica 5 novembre – 10 biglietti
TORINO
 
CINEMA NAZIONALE
giovedì 2 novembre – 10 biglietti
venerdì 3 novembre – 10 biglietti
sabato 4 novembre – 10 biglietti
domenica 5 novembre – 10 biglietti
BOLOGNA
 
CINEMA LUMIERE
giovedì 2 novembre – 10 biglietti
venerdì 3 novembre – 10 biglietti
sabato 4 novembre – 10 biglietti
domenica 5 novembre – 10 biglietti
MILANO
ANTEO PALAZZO DEL CINEMA
Venerdì 3 novembre – 10 biglietti
Sabato 4 novembre – 10 biglietti
Domenica 5 novembre – 10 biglietti

Per prenotare il proprio biglietto sarà necessario accedere alla piattaforma di gestione dove si potrà inserire esclusivamente il proprio nome e cognome ed il proprio indirizzo email e scegliere la sala e il giorno in cui si richiedono i biglietti. Qui il link alla piattaforma.

I biglietti potranno essere ritirati direttamente alla cassa dei cinema presentando la email di conferma ricevuta unitamente ad un documento di identità.

Guarda il trailer di La guerra del Tiburtino III

Alien: lo scrittore della serie parla degli Xenomorfi sulla Terra e del suo approccio allo show

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C’è un’enorme quantità di entusiasmo attorno alla prossima serie TV Alien di FX , in particolare perché al timone è stato ingaggiato Noah Hawley. Dopotutto, ha dimostrato di essere un talento eccezionale nel regno televisivo, guidando successi come Fargo e l’adattamento della Marvel Comics Legion.

Poco o nulla è stato rivelato sulla serie TV Alien da quando è stato annunciato per la prima volta, anche se sappiamo che sarà ambientato sulla Terra in un futuro non troppo lontano. Parlando all’Austin Film Festival, Hawley ha approfondito la sua decisione di portare gli Xenomorfi sul nostro pianeta e ha rivelato un momento specifico nel franchise del grande schermo che ha condizionato il suo approccio nel raccontare questa storia.

“Guarda, un film di due ore, puoi impostarlo e poi la questione è semplicemente: ‘Sopravviveranno?’ Ma se stai realizzando una serie, “Sopravviveranno?”, non puoi sostenerla,” dice parlando di cambiare il modo in cui normalmente pensiamo ad Alien per adattarlo meglio a un formato episodico. “Anche se hai il 60% del miglior horror d’azione televisivo, hai comunque il 40% di ‘Di cosa stiamo parlando?'”

“Ho avuto alcune conversazioni all’inizio con Peter Rice, che dirigeva tutta la televisione alla Fox e poi i primi due anni alla Disney, dove era come, ‘Il problema con Alien è che è sempre intrappolato in un’astronave, intrappolato in una prigione. E se non fosse stato quello?'”

“Qual è questo momento sulla Terra, dal punto di vista tecnologico? E dove siamo?” Hawkey ha detto di portare gli iconici alieni sulla Terra. “E la domanda che la fantascienza tende sempre a porre è: l’umanità merita di sopravvivere? Quindi sembra una domanda davvero interessante da continuare a esplorare.”

Questo è senza dubbio un approccio avvincente, soprattutto perché l’idea di un gruppo di eroi che viene uccisi uno dopo l’altro per la durata di un’intera serie, sebbene  possa sembrare una premessa che suona divertente sulla carta, non sembra sostenibile per una serie televisiva settimanale.

Per quanto riguarda il momento dall’originale Alien che guida la sua visione, Hawley ha individuato il momento in cui Ash di Ian Holm si rivela essere un androide.  Ha aggiunto: “E poi imita sempre il ciclo di vita della creatura, giusto? Che è uovo, lento, Facehugger, inizia a diventare più veloce – capisci cosa intendo? E, naturalmente, è fantastico per un film horror” costruire in quel modo. Così ho trovato un modo per innovare quella struttura e giocarci.”

The Question: in sviluppo un’altra serie DC per HBO?

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Dopo le notizia su Lanterns arrivano altri aggiornamenti sulla DC Studios che rivelano la possibilità che lo studios sia attualmente in procinto di sviluppare una serie TV incentrata su The Question.

Nei fumetti, The Question è Vic Sage, il vigilante protettore di Hub City. È un grande artista marziale, detective e un giornalista investigativo nella sua identità civile. La maschera che indossa per mascherare il suo volto è fatta di un materiale sperimentale chiamato pseudoderma. Più tardi, quando Sage morirà di cancro ai polmoni, addestrerà Renee Montoya come suo successore e lei alla fine lo sostituì. Al momento non sappiamo quale versione del personaggio vedremo nel DCU.

Quante serie sono state annunciate dalla DC Studios?

Se confermato The Question si aggiunge alle serie tv precedentemente annunciate e in ordine di uscita sono The Penguin, Creature Commandos, Waller, Paradise Lost, Lanterns e Booster Gold.

Superman: Legacy, dettagli sul personaggio di Lex Luthor!

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Oltre agli ultimi aggiornamenti su Lanterns oggi sono arrivati nuovi aggiornamenti su Superman: Legacyil film che ad oggi sarà il primo vero titolo del nuovo corso della DCU e che dovrebbe rispettare la pianificazione che lo colloca in uscita nelle sale nel 2025.

Mentre si vocifera che lo sciopero del sindacato degli attori potrebbe presto concludersi in seguito ad un accordo con i produttori dell’industria cinematografica, oggi arrivano notizia sulla ricerca che James Gunn dovrà riprendere per trovare il suo Lex Luthor. La ricerca riprenderà presumibilmente dopo lo sciopero con Gunn alla ricerca di un attore sulla trentina che sembra in grado di affrontare in punta di piedi l’Uomo d’Acciaio.

Nonostante un po’ di confusione attorno a questi piani di riavvio, inizia a sembrare un momento entusiasmante per ogni fan della DC Comics, qualcosa che ormai non accade da un po’! Se la fine dello scioperò è imminente aspettiamoci tante notizia sul cast entro la fine dell’anno, fino ad allora toccherà aspettare!

Superman: Legacy, tutto quello che sappiamo sul film

Superman: Legacy, scritto e diretto da James Gunn, non sarà un’altra storia sulle origini, ma il Clark Kent che incontriamo per la prima volta qui sarà un “giovane reporter” a Metropolis. Si prevede che abbia già incontrato Lois Lane e, potenzialmente, i suoi compagni eroi (Gunn ha detto che esistono già in questo mondo e che l’Uomo di domani non è il primo metaumano del DCU). Il casting, come già detto, ha portato alla scelta degli attori David Corenswet e Rachel Brosnahan come Clark Kent/Superman e Lois Lane.

Il film è stato anche descritto come una “storia delle origini sul posto di lavoro“, suggerendo che una buona parte del film si concentrerà sull’identità civile di Superman, Clark Kent, che è un giornalista del Daily Planet. Secondo quanto riferito, Gunn ha consegnato la prima bozza della sua sceneggiatura prima dello sciopero degli sceneggiatori, ma ciò non significa che la produzione non subirà alcun impatto in futuro.

“Superman: Legacy è il vero fondamento della nostra visione creativa per l’Universo DC. Non solo Superman è una parte iconica della tradizione DC, ma è anche uno dei personaggi preferiti dai lettori di fumetti, dagli spettatori dei film precedenti e dai fan di tutto il mondo”, ha detto Gunn durante l’annuncio della lista DCU. “Non vedo l’ora di presentare la nostra versione di Superman, che il pubblico potrà seguire e conoscere attraverso film, film d’animazione e giochi”. Superman: Legacy uscirà nelle sale l’11 luglio 2025.

Fantastici Quattro: rivelato il titolo provvisorio, sarà una “grande avventura cosmica”

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Siamo tutti ansiosi di sapere chi interpreterà i Fantastici Quattro del Marvel Cinematic Universe, ma se lo sciopero SAG-AFTRA non terminerà nessun attore potrà essere annunciato. Tuttavia, oggi abbiamo alcune notizie intriganti pubblicate su The Cosmic Circus ; il sito ha appreso che il titolo provvisorio del riavvio è “Blue Moon”. Titolo che suggerisce come questo vengono utilizzati per i casting e per mantenere segreto un progetto.

Spesso però questi titolo in passato hanno rappresentato un significato che si legava poi alla trama di un film e, in altre occasioni, addirittura battute private dietro le quinte. La cosa interessante di questo titolo “Blue Moon” è che ha legami con le avventure dei fumetti della Prima Famiglia della Marvel.

Nella pagina, l’area blu della Luna (a volte conosciuta come il “lato blu della Luna) era un ambiente artificiale, simile alla Terra, nel cratere Luther. L’area blu fu esplorata per la prima volta dai Fantastici Quattro che scoprirono che l’area conteneva le rovine di una città aliena e la Cittadella di Uatu l’Osservatore. I Fantastici Quattro potrebbe essere un film adatto per introdurre la versione live-action della versione di Jeffrey Wright del personaggio di What If…?

Il sito ha anche confermato con fonti che il piano dei Marvel Studios è che “la Prima Famiglia faccia il suo debutto in grande stile iniziando con una grande avventura cosmica”. Si prevede che Galactus sarà ancora il grande cattivo dei Fantastici Quattro, anche se non sappiamo se apparirà Silver Surfer.

È stato precedentemente riferito che Norrin Radd sarà al centro di una “Presentazione speciale”, anche se si dice che sia arrivata a un “punto morto” mentre il regista Matt Shakman continua lavorare per comprendere il tipo di storia al centro del reboot.

Cosa sappiamo sui Fantastici Quattro?

Secondo gli ultimi rumors sembra che Vanessa Kirby e Joseph Quinn siano i nomi più papabili per interpretare la Donna Invisibile e la Torcia Umana. Per quanto riguarda il leader della squadra, si dice che Adam Driver (Star Wars), Jake Gyllenhaal (Spider-Man: Far From Home ) e Matt Smith (Morbius) siano in lizza per interpretare Mister Fantastic.

Si suppone che Antonio Banderas rimanga trai papabili per interpretare Galactus, mentre Ebon Moss-Bachrach potrebbe finire per interpretare un Herald senza nome. Shakman ha lavorato sia con  il co-sceneggiatore di Avatar: The Way of Water Josh Friedman che con Cam Squires di WandaVision su una bozza della sceneggiatura di I Fantastici Quattro. L’uscita del film è attualmente prevista nelle sale il 2 maggio 2025.

The Marvels: prima clip dal film con Brie Larson

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Marvel Studios hanno diffuso una clip e uno spot tv inedito dal film The Marvels l’attesissimo film che segnerà il ritorno in azione di Carol Danvers alias Captain Marvel che deve farsi carico del peso di un universo destabilizzato.

Lo spot televisivo è di particolare interesse in quanto inizia con un avvertimento terribile e profetico di Thanos. Dar-Benn di Zaw Ashton è il successore dell’eredità del Titano Pazzo?

The Marvels, la trama

Nel film Marvel Studios The Marvels, Carol Danvers alias Captain Marvel deve farsi carico del peso di un universo destabilizzato. Quando i suoi compiti la portano in un wormhole anomalo collegato a un rivoluzionario Kree, i suoi poteri si intrecciano con quelli della sua super fan di Jersey City Kamala Khan, alias Ms. Marvel, e con quelli della nipote di Carol, il capitano Monica Rambeau, diventata ora un’astronauta S.A.B.E.R.. Insieme, questo improbabile trio deve fare squadra e imparare a lavorare in sinergia per salvare l’universo come “The Marvels”.

Tutto ciò che sappiamo su The Marvels

The Marvels, il sequel con protagonista il premio Oscar Brie Larson, sarà sceneggiato da Megan McDonnell, sceneggiatrice dell’acclamata serie WandaVision. Sfortunatamente, Anna Boden e Ryan Fleck, registi del primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: il sequel, infatti, sarà diretto da Nia DaCosta, regista di Candyman. Nel cast ci saranno anche Iman Vellani (Ms. Marvel) e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe Ashton, invece, interpreterà il villain principale. Il film arriverà in sala il 8 novembre 2023.

Star Wars: aggiornamenti sul film su REY di Daisy Ridley

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Gli scioperi WGA e SAG-AFTRA quest’anno hanno portato a notevoli ritardi per innumerevoli progetti che molti di noi aspettano con ansia. Dopotutto, questi film e programmi TV non possono essere realizzati senza chi quei film li scrive e le star di talento che danno vita a quelle pagine scritte!  Speriamo che gli studi facciano la cosa giusta per i membri della SAG dopo aver raggiunto un nuovo accordo con la WGA.

Quando si tratta dei tre film di Star Wars annunciati a Londra lo scorso aprile, tuttavia, tutti i segnali indicano che il sequel guidato da Daisy Ridley sarà il primo film che Lucasfilm riuscirà a produrre.  Secondo StarWarsNews.net, la speranza ora è che Steven Knight finisca la sua ultima bozza della sceneggiatura entro la fine di questo mese/Giorno del Ringraziamento.

Quindi, entro Natale, la sceneggiatura dovrebbe essere nelle mani dei dirigenti della Lucasfilm.  Il sito mette in dubbio che le riprese potrebbero effettivamente iniziare a Londra già nel prossimo aprile e suggerisce che una data di inizio plausibile potrebbe essere databile per  agosto/settembre di quest’anno.

Ora, riguardo a quel titolo film. Recentemente si è diffusa la voce online che potrebbe intitolarsi Star Wars: A New Beginning  Sappiamo che molti di voi si sono fatti beffe di un sottotitolo dal suono così generico, ma il sito spiega che “Lucasfilm non ha ancora deciso un titolo per il film e per ora è più concentrata sulla realizzazione della storia vera e propria.”

Tuttavia, il sito non penza che A New Beginning sia del tutto fuori questione, quindi potrebbe essere stato scritto su una lavagna da qualche parte nel quartier generale della Lucasfilm! Per quanto riguarda il resto dei piani di Star Wars dello studio, James Mangold è stato assunto dallo studio per raccontare la storia dei primi Jedi migliaia di anni nel passato.

Un altro film, questa volta di Dave Filoni, è ambientato nella stessa sequenza temporale di The Mandalorian per un evento crossover che dovrebbe mettere il Grand’Ammiraglio Thrawn al centro dell’attenzione. Poi c’è questo progetto Rey, un film che ci riporta alla trilogia sequel per una storia ambientata 15 anni dopo gli eventi di L’Ascesa di Skywalker .

La regista Marvel Sharmeen Obaid-Chinoy sarà al timone del film e, come notato, Daisy Ridley riprenderà il ruolo di Rey, ora una Maestra Jedi che cerca di creare un nuovo Ordine Jedi mentre tenta di combattere le forze oscure che insorgono per fermarla.

Lanterns: trovato lo showrunner della serie DC Studios e HBO?

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Mentre Superman: Legacy è ancora previsto per essere rilasciato nel 2025, è probabile che l’intera lista DCU a breve sarà riprogrammata per via dei numerosi ritardi accumulati per via degli scioperi in corso a Hollywood.

Il lavoro su tutti questi progetti imminenti è stato interrotto a causa degli scioperi della WGA (James Gunn è stato in grado di adempiere ai suoi doveri di regista nel riavvio di Superman, ma né lui né nessun altro ha potuto scrivere nulla) e, per come stanno le cose, gli attori sono ancora impossibilitati a tornare al lavoro.

Sembra essere in vista la fine dello sciopero SAG-AFTRA nei prossimi giorni, il che significa che dovremmo iniziare a ricevere nuovamente notizie sul casting prima della fine dell’anno. Nel frattempo, la pagina Reddit r/DCEULeaks ha condiviso nuove informazioni sul DCU che sostengono provengano da una fonte “verificata”.

Novità su Lanterns

Secondo i moderatori della pagina, lo showrunner di Ozark Chris Mundy (che è stato anche scrittore e produttore di Criminal Minds) è stato scelto come showrunner dello show televisivo Lanterns. Sono state apportate anche alcune lievi modifiche poiché il piano ora è che Hal Jordan sia più vecchio di John Stewart, con quest’ultimo probabilmente sui vent’anni. In precedenza, l’idea era che avessero la stessa età.

Recentemente abbiamo sentito che Channing Tatum potrebbe essere in corsa per interpretare Hal. La prima Lanterna Verde che incontreremo, tuttavia, sarà Guy Gardner di Nathan Fillion in Superman: Legacy.

Cosa sappiamo sulla serie tv Lanterns?

A luglio, circolava una voce secondo cui Channing Tatum potrebbe essere il protagonista di un prossimo progetto DCU, e Jeff Sneider ha ipotizzato che potrebbe essere proprio la serie LanternsNell’episodio di questa settimana del podcast Hot Mic, il co-conduttore di Sneider, John Rocha, ha detto di aver sentito che alla Warner Bros. “piaceva l’idea” di Tatum nel ruolo di Hal Jordan. Questo è ovviamente lontano da qualsiasi tipo di conferma che l’attore di Free Guy sia in trattative per questo particolare personaggio, ma, se è davvero pronto per un ruolo in DC, sembra una forte possibilità.

La serie Max Green Lantern  ha subito numerosi cambiamenti da quando è stata annunciata per la prima volta. Lo spettacolo originariamente doveva svolgersi in più periodi di tempo, con Finn Wittrock nel ruolo di Guy Gardner per l’ambientazione degli anni ’80 e Jeremy Irvine nel ruolo di Alan Scott negli anni ’40. Saranno presenti anche Simon Baz, Jessica Cruz e una nuova Lanterna aliena chiamata Bree Jarta. Si diceva che l’ex attore de Il trono di Spade (Game of Thrones) Tobias Menzies fosse in trattative per interpretare Thaal Sinestro, ma questo non è mai stato confermato. Tuttavia, questa premessa è stata successivamente modificata, con l’attenzione spostata su Jordan e John Stewart (*Wittrock e Irvine non sono legati al progetto). Per quanto ne sappiamo, Lee Toland Krieger, che ha diretto il pilot di Superman e Lois per The CW, è ancora a bordo per dirigere i primi due episodi.

Five Nights at Freddy’s: impressionante debutto da 130 milioni di dollari

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Questo fine settimana, superando gli impressionanti totali al botteghino guadagnati dai precedenti film di videogiochi come Sonic the Hedgehog, Uncharted e Pokemon: Detective Pikach, Five Nights at Freddy’s (FNaF) della Blumhouse sta cercando di rinnovare il dibattito sui film basati sui videogiochi.

Five Nights at Freddy’s ha stabilito il record al botteghino per la più grande giornata di apertura di un adattamento di un videogioco live-action, incassando 39,5 milioni di dollari nel primo giorno di uscita (inclusi 10,3 milioni di dollari dalle anteprime del giovedì sera). Ovviamente, The Super Mario Bros. Movie supera queste cifre, ma è un adattamento animato.

Five Nights at Freddy’s è destinato a diventare il titolo con il fine settimana di apertura più alto per Blumhouse, battendo il precedente record del remake di Halloween del 2018 di 76,2 milioni di dollari. Il film incasserà 78 milioni di dollari durante il primo fine settimana di uscita in Nord America; con un budget di produzione previsto di 20 milioni di dollari è già uno dei titoli più redditizi dell’anno. Five Nights at Freddy’s incasserà altri 50 milioni di dollari al botteghino globale, portando il suo incasso mondiale a poco meno di 130 milioni di dollari.

Matthew Perry: i messaggi di affetto e cordoglio per la sua morte

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Si è spento all’età di 54 anni l’attore Matthew Perry e la sua scomparsa ci ha lasciato senza parole. L’intramontabile Chandler Bing di Friends, morto a 54 anni il 29 ottobre 2023 nella sua abitazione a Los Angeles, ha lasciato qualcosa di se stesso nel cuore di moltissimi. In queste ore sono molti i messaggi di affetto e di cordoglio per la sua scomparsa. Da Hollywood al Canada dove anche il premier canadese Justin Trudeau ha comunicato il suo dolore per la morte di Perry, le star e tutti i fan di Friends ricordano ora dopo ora il grande attore. Eccone alcuni davvero toccanti.

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Shannen Doherty

“Eravamo una gang già da molto tempo. Siamo cresciuti tutti insieme andando a Formosa, ridendo costantemente. Matt ha scherzato con delle ragazze al bar. Ci siamo sempre divertiti e ci siamo sostenuti a vicenda. Ci trovavi sempre tutti insieme in uno stand a parlare nella nostra lingua inventata. E sì, Matt ha sempre avuto un grande senso dell’umorismo. Matt e io avevamo un appuntamento ed era il giorno di San Valentino. Voleva prenotare in un ristorante a Malibu ma non poteva, quindi mio padre ha preso la prenotazione per lui. Siamo andati e lui ha parlato dell’indole comunicativa irlandese di mio padre per gran parte della notte. La nostra amicizia durava da molto tempo. Una vita davvero. So che molti stanno soffrendo, specialmente la nostra piccola banda. Mancherà a molti e sicuramente a noi. Potrei essere più poetica o dire le cose meglio, ma in questo momento prevalgono lo choc e la tristezza”

Il premier canadese Justin Trudeau

“La scomparsa di Matthew Perry è scioccante e triste. Non dimenticherò mai i giochi che facevamo nel cortile della scuola, e so che le persone in tutto il mondo non dimenticheranno mai la gioia che portava loro. Grazie per tutte le risate, Matthew. Eri amato e ci mancherai”.

Il tributo di Viola Davis

“Il tuo libro ha toccato così profondamente il mio cuore. Riposa in pace… sappi che hai portato amore”

Morgan Fairchild

“Ho il cuore spezzato per la morte prematura di mio “figlio” (nella serie Friends, ndr), Matthew Perry. La perdita di un giovane attore così brillante è uno shock. Invio affetto e condoglianze ai suoi amici e alla sua famiglia, in particolare a suo padre, John Bennett Perry, con cui ho lavorato su Flamingo Road e Falcon Crest”.

Selma Blair

“Il mio più vecchio amico. Tutti noi abbiamo amato Matthew Perry, e io in particolare. Ogni giorno. Lo amavo incondizionatamente. E lui me. E io sono a pezzi. Con il cuore spezzato. Sogni d’oro Matty. Sogni d’oro”.

Il messaggio del network NBC

“Siamo incredibilmente addolorati per la scomparsa troppo presto di Matthew Perry. Ha portato tanta gioia a centinaia di milioni di persone in tutto il mondo con i suoi tempi comici perfetti e la sua arguzia. La sua eredità vivrà attraverso innumerevoli generazioni”

Suburraeterna: recensione della nuova serie sequel di Suburra con Giacomo Ferrara

Roma brucia ancora e ancora, anche in Suburraeterna, il sequel della serie Netflix che espande il suo franchise. Dopo gli eventi finali che hanno portato alla morte di Aureliano (Alessandro Borghi) Spadino e la famiglia Anacleti hanno altri problemi. La serie è composta da otto episodi prodotti da Cattleya – parte di ITV Studios – e debutterà il 14 novembre in tutti i Paesi su Netflix. Presentati in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, i nuovi episodi di Suburraeterna verranno anche proiettavi al Lucca Comics il 2 novembre con Giacomo Ferrara in sala.

La serie è scritta da Ezio Abbate e Fabrizio Bettelli, che ricoprono anche il ruolo di Head Writers, Andrea Nobile, Camilla Buizza, Marco Sani e Giulia Forgione. Ciro D’Emilio è alla regia dei primi quattro episodi, mentre Alessandro Tonda degli ultimi quattro.

Suburraeterna, la trama

Roma, 2011. Il governo rischia di cadere, il Vaticano è in crisi e le piazze della città sono letteralmente date alle fiamme. A Roma Cinaglia (Filippo Nigro) ha raccolto l’eredità di Samurai e, insieme a Badali (Emmanuele Aita), continua a gestire gli affari criminali della città, con l’aiuto di Adelaide (Paola Sotgiu) e Angelica (Carlotta Antonelli), rimaste a capo degli Anacleti, e di Nadia (Federica Sabatini), che le aiuta a gestire le piazze di Ostia. Ma c’è chi questo sistema non lo accetta più. Nuovi protagonisti scenderanno in campo, stravolgendo gli equilibri di Roma: inizia così una rivoluzione che, dalla Chiesa al Campidoglio e fino alle spiagge di Ostia, si espande velocemente per cancellare tutto ciò che rappresenta il passato.

Spadino (Giacomo Ferrara) sarà dunque costretto a tornare a casa, per evitare che la sua famiglia venga messa in pericolo insieme a tutto il resto, e a cercare nuovi alleati, anche laddove non avrebbe mai pensato di trovarli. Ma la guerra è guerra e in palio c’è il controllo di Roma. Ancora una volta la capitale diventa protagonista di un gioco di potere tra Stato e Chiesa molto più grande di lei. Le scorribande, la polizia, i manganelli, Roma brucia come non lo hai mai fatto in Suburra, ma questa volta lo fa un modo diverso. Nei primi due episodi di Suburraeterna si pongono le basi per una nuova guerra di potere e supremazia delle piazze di tutta Roma e Ostia. Dalla morte di Aureliano sono passati tre anni e gli Anacleti sono a capo di tutto e questa supremazia sta stretta alla famiglia di Damiano Luciani (il nuovo marito di Angelica).

Suburraeterna serie cast

Il nuovo a Roma non esiste

Nel frattempo, Amedeo Cinaglia tesse la sua rete fatta di promesse e di accordi tra ricchi e potenti: il suo più grande alleato è un sacerdote della Curia che come lui ha aspirazione a puntare in alto. Entrambi con motivazioni diverse sfruttano a loro vantaggio la guerra tra clan che si è venuta a creare tra gli Anacleti da una parte e i Bonatesta – con Ercole (Aliosha Massine) – e i Luciani – Giulia, Cesare, Damiano e Angelica – dall’altra. Più guerre su più fronti: la guerra che si combatte per strada per il commercio della droga, la guerra ai piani alti per la costruzione dello stadio, il nuovo Colosseo. Parte dal basso ma inevitabilmente l’atto coraggioso della famiglia Luciani smuove gli interessi di tutte le pedine in gioco.

Collega il gioco-forza tra Stato e Chiesa dove tutti si fanno paladini contro la violenza, mascherandosi da benefattori, ma sotto la maschera cercano di portare acqua al proprio mulino. Dopo aver preso il controllo grazie al famoso dossier di Samurai, Amedeo Ciniglia si è fatto largo nei piani alti. Ha aperto una cooperativa per la manutenzione del verde pubblico che è una copertura per le sue attività criminali. Dopo l’attacco sovversivo alla famiglia Anacleti sarà costretto a trovare qualcuno di ancora più potente che gli guardi le spalle. Sarà proprio la guerra a riportare Spadino a Roma, quella guerra che tanto lui voleva fare tre anni prima ma che gli ha visto morire Aureliano tra le braccia. Alberto Anacleti si è così traferito in Germania dove vive la sua vita apparentemente sereno. La morte della madre Adelaide scatenerà in lui sentimenti contrastanti che lui stesso non riesce a controllare: restare a Roma e combattere anche questa guerra o tornare alla vita di tutti i giorni dal suo nuovo compagno?

La vendetta

Nei tre anni dopo la morte di Aureliano e la partenza di Alberto, Angelica è rimasta sotto il tetto degli Anacleti, più per obbligo che per volontà. Questo non ha fatto altro che aumentare il forte senso di vendetta verso quella famiglia che l’ha sempre odiata. Il suo rancore si tramuta in vendetta quando sarà proprio lei ad uccidere Adelaide, dando così inizio alla guerra tra le famiglie. Suburraeterna nasce proprio dalla vendetta: la stessa Nadia, una volta perso l’amore della sua vita cerca in tutti i modi di tenere vivo almeno il suo ricordo. La collana appesa al collo e i tatuaggi, l’enorme foto di Aureliano nella palestra di Ostia: Nadia adesso gestisce gli affari con un’ombra e un peso nel cuore che fino a questo momento le hanno permesso di andare avanti, ma quanto durerà?

The New Toy: recensione del film di James Huth – RoFF18

Dopo il passaggio nella sezione parallela della Festa del Cinema di Roma Alice nella città, The New Toy di James Huth si prepara ad arrivare nei cinema italiani il 1 novembre. La commedia, già un successo in Francia, è un remake del celebre film del 1976 scritto e diretto da Francis Veber Professione…giocattolo in cui, guadagnandosi da vivere come guardiano notturno in un grande magazzino, un uomo che vive con la sua famiglia in un complesso residenziale alla periferia di Parigi diventa un “giocattolo” umano quando al figlio dell’uomo più ricco di Francia viene chiesto di scegliere il suo regalo di compleanno.

Un remake con una propria identità

The New Toy è un adattamento molto più riuscito del precedente remake americano del 1982, considerato un flop. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che James Huth e la sua abituale co-sceneggiatrice, Sonja Shillito, non hanno esitato a prendere le distanze dal materiale di partenza, in particolare iniettando una carica emotiva senza precedenti – che a volte sfiora il sentimentalismo – nella storia. Una storia, va sottolineato, che in origine era molto cinica.

Ma le linee narrative principali rimangono le stesse: che senso ha cercare di aggiustare ciò che non è rotto? Sono soprattutto i numerosi cambiamenti apportati al ruolo del protagonista a fare la differenza. Il protagonista Samy (Jamel Debbouze), sotto lo sguardo sempre più esasperato della moglie incinta, operaia e militante, accetta un lavoro come guardiano notturno in un grande magazzino di Philippe Étienne (Daniel Auteuil), un magnate che possiede quasi mezza Francia. Durante una visita privata, l’unico figlio di Philippe, Alexandre (Simon Faliu), mette gli occhi su Samy: le buffonate della guardia lo divertono, così il re bambino chiede che Samy venga “comprato” per lui. Il padre è d’accordo e lo stesso fa il protagonista, che si trova a corto di soldi. Mentre nell’originale l’uomo giocattolo interpretato da Pierre Richard era un giornalista disoccupato, qui diventa un piccolo truffatore di un quartiere residenziale di periferia, chiamato dalla fidanzata incinta a trovare un vero lavoro. Questo permette al regista James Huth di rafforzare il contrasto tra il background operaio di Samy e il gigantesco castello che scopre quando diventa il giocattolo di Alexandre.

The New Toy (2023)

Un uomo-giocattolo per un re bambino

Così, Samy diventa un uomo-oggetto, o meglio, un uomo-giocattolo. Potete immaginare cosa succede dopo, in quello che si configura come uno snodo narrativo abbastanza prevedibile, ma comunque divertente e non privo di spunti di riflessione, a partire dalla nozione stessa di denaro. In un’epoca in cui la classe media sta scomparendo e il divario tra ultra-ricchi e ultra-poveri si sta allargando, The New Toy sfrutta abilmente i contesti contrastanti da cui provengono i suoi personaggi.

La differenza di classe questa volta assume la forma di un ritratto tra due famiglie di estrazione completamente opposta: una, fredda e altolocata, in cui le preoccupazioni finanziarie non esistono in alcun modo e in cui i rapporti umani sono di ghiaccio; l’altra, modesta e calorosa, che vive in un complesso residenziale e propugna principi di solidarietà. The New Toy è molto meno crudele del suo illustre predecessore. Affidandosi alla personalità comica di Jamel Debbouze, spesso molto divertente nel ruolo del guardiano notturno che accetta con riluttanza le ingenti somme che gli vengono offerte per fare da giocattolo umano al re bambino (Simon Faliu), il regista modula un tono diverso. In questo senso, Debbouze e Daniel Auteuil, che si cala nei panni di quest’uomo troppo ricco che potrebbe trovare un modo per avvicinarsi gradualmente al figlio, formano un binomio che funziona decisamente bene.

The New Toy: un omaggio tenero a un classico della commedia

Grande cura è stata dedicata alle scenografie e agli oggetti di scena di The New Toy, per dare all’insieme un’atmosfera fiabesca, in cui non c’è bisogno di una chiave nostalgica per entrarvi. Questa nuova versione di James Huth è stata adattata ai nostri tempi, ed è quindi un po’ più incisiva, un po’ più appariscente e un po’ più sfacciata dell’originale, pur rimanendo scrupolosamente fedele ad esso. Inoltre, come dicevamo, c’è la piacevole sorpresa di questo nuovo tandem Jamel Debbouze-Daniel Auteuil, che fa rivivere il duo formato quarantasei anni fa da Pierre Richard e Michel Bouquet, senza dimenticarli, in un omaggio sentito che, pur non raggiungendo gli stessi livelli di iconicità, è divertente, tenero, stravagante e anche commovente.

Dall’alto di una fredda torre: recensione del film di Francesco Frangipane – #RoFF18

Chi butteresti dalla torre, mamma o papà? È questa, semplificato al massimo, la domanda irrisolvibile posta agli spettatori dal film Dall’alto di una fretta torre, opera prima di Francesco Frangipane, regista che vanta però alle spalle una lunga carriera teatrale. Questo suo primo lungometraggio è infatti tratto proprio da un testo da lui già portato sul palcoscenico nel 2015, scritto da Filippo Gili che assume per questo adattamento il ruolo di sceneggiatore. I due con lo spettacolo teatrale prima e con questo progetto cinematografico ora, si interrogano dunque sui grandi temi universali come la vita e la morte, il destino e il libero arbitrio.

Presentato nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma, il film, data la sua domanda di partenza, si presenta dunque come una vera e propria tragedia moderna che si fonda sugli archetipi di quella greca, interrogandosi su questioni grandi ma calandole in un contesto intimo, famigliare, da cui far trasparire ancor di più la gravità e la complessità di ciò su cui il regista vuole si rifletta. L’adattamento di Dall’alto di una fredda torre riesce però solo in parte a portare a termine tale obiettivo, rimanendo talvolta troppo sospeso in una dimensione di simboli e metafore che allontanano il film da una più completa sviscerazione dei temi trattati.

La trama di Dall’alto di una fredda torre

Dall’alto di una fredda torre propone dunque una situazione in cui la normalità di una famiglia composta dal padre Giovanni (Giorgio Colangeli), dalla madre Michela (Anna Bonaiuto) e dai figli gemelli omozigoti Elena (Vanessa Scalera) e Antonio (Edoardo Pesce), viene spezzata da una terribile scoperta: entrambi i genitori sono gravemente malati. Potrebbero essere salvati entrambi da una donazione dei due figli, ma sfortunatamente solo uno dei due è compatibile. Pertanto, solo uno dei due genitori può essere salvato. Ai due figli spetterà dunque decidere se comunicarglielo e, soprattutto, decidere chi tenere in vita. Una scelta che li obbligherà a fare i conti con il loro passato e che porterà a galla i più feroci istinti.

L’impossibilità di una decisione

Sin dalle sue premesse di base (una malattia rara sviluppata dai due genitori, la compatibilità di solo uno dei due figli alla donazione), Dall’alto di una fredda torre chiede allo spettatore di non focalizzarsi sugli aspetti straordinari del racconto quanto sulle domande che costringe a porsi e sulle risposte che occorre darsi. Il film vuole affrontare l’angoscioso dilemma se sia giusto o no incidere sul destino degli altri, se sia lecito sostituirsi al fato, ponendo i protagonisti di fronte alla facoltà e responsabilità, di dover decidere se far vivere o far morire un uomo, con tutte le questioni morali e sociali che ne conseguono.

Dall'alto di una fredda torre Anna Bonaiuto
Anna Bonaiuto in Dall’alto di una fredda torre. Foto di © Arianna Lanzuisi.

Questioni che vengono dunque poste attraverso una situazione in cui può essere facile immedesimarsi e che proprio per questo punta a catturare e tenere lo spettatore incollato alla ricerca di una risposta. Risposta che, per quanto il regista tenti davvero di trovare, non sembra poterci essere. Viviamo allora attraverso i volti e i corpi degli attori la drammaticità di questa situazione, che già con la sua premessa pone in crisi dimostrando quanto possa essere arduo se non impossibile prendere decisioni di natura etica, specialmente se ci si trova a scontrarsi poi con contesti che per loro natura spingono invece a prenderle, queste decisioni.

Un film evasivo

Ciò che colpisce di Dall’alto di una fredda torre e della regia di Frangipane, è il modo in cui si cerca di non ripudiare la provenienza teatrale, ma anzi di esaltarla per far sì che anche attraverso di essa si possa evincere la natura smarrita dei protagonisti. Una famiglia in tutto e per tutto simmetrica che si spezza però nel momento in cui viene a mancare quell’elemento doppio che avrebbe potuto riequilibrare il tutto (ovvero la compatibilità di uno solo dei due figli). Il regista gioca allora con questi equilibri e vi riesce anche grazie ad un quartetto di attori ben affiatati. Vanessa Scalera, che aveva già interpretato Elena nello spettacolo teatrale, spicca in particolare su tutti.

Eppure, nonostante queste note di merito, Dall’alto di una fredda torre, specialmente nel momento in cui si avvicina alle sue battute finali, dimostra di non riuscire ad offrire non tanto una risposta – appunto, forse impossibile – quanto una più completa trattazione delle tematiche sollevate con questo racconto. Sono tanti i conflitti che animano il film ma forse proprio perché tanti sono i punti vista si ha la sensazione che non tutti riescano ad offrire quanto avrebbero potuto dire sull’argomento. Si giunge così ai titoli di coda con più incertezze di quelle che si aveva prima della visione, ma probabilmente non nel senso che regista e sceneggiatore intendevano.

The White Lotus – Stagione 2: la spiegazione del finale

Il finale della seconda stagione di The White Lotus è stato un gran finale per la miniserie drammatica e comica di Mike White, e il secondo capitolo dell’antologia si è concluso con la morte di un personaggio amato, tra gli altri momenti scioccanti che meritano ulteriori spiegazioni. Il ritorno nel 2022 di The White Lotus ha visto protagonisti turisti e gente del posto in Sicilia piuttosto che alle Hawaii. Tuttavia, la serie di successo della HBO ha continuato a esplorare temi come la corruzione, la ricchezza e i privilegi, anche se con una maggiore attenzione agli scandali sessuali. Il messaggio centrale della seconda stagione di The White Lotus è che il denaro e la cattiva condotta sessuale possono avere conseguenze fatali.

Mentre il tema del primo volume era le insidie del denaro e del potere, The White Lotus stagione 2 pone il denaro e il sesso come motivo principale, con le relazioni dei ricchi vacanzieri siciliani che hanno vari effetti trionfali o tragici sui loro finali. Il finale ha visto la morte di un importante personaggio di White Lotus, il fiorire di nuove storie d’amore e abbastanza note criptiche e rivelazioni scioccanti da raccogliere il plauso del pubblico e della critica, oltre al rinnovo per una terza stagione da parte della HBO. Tuttavia, l’episodio 7 della seconda stagione di The White Lotus spiega alcune delle conclusioni della trama meglio di altre.

Cosa succede nel finale della seconda stagione di The White Lotus

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Aubrey Plaza in The White Lotus

Il finale della seconda stagione di The White Lotus è arrivato con l’episodio 7, “Arrivederci”, che ha visto la conclusione dei quattro archi narrativi principali. Ethan (Will Sharpe) e Cameron (Theo James) arrivano alle mani dopo che Harper (Aubrey Plaza) divulga le avance di Cameron. Se non fosse stato per l’intervento di un passante, Ethan avrebbe probabilmente annegato il suo ex compagno di college. Invece, dopo essersi calmato, Ethan si confida con Daphne (Meghann Fahy). I due poi se ne vanno insieme, forse per avere un incontro appassionato.

Anche se non viene rivelato se Daphne ed Ethan facciano sesso, quando Ethan e Harper tornano ad avere rapporti intimi prima della fine dell’episodio, c’è una passione riaccesa nel loro fare l’amore. Nonostante la loro vacanza in Sicilia sia stata piuttosto movimentata, Ethan e Harper sono ancora insieme alla fine della seconda stagione di The White Lotus, così come Daphne e Cameron. Anche se questo lieto fine ha sorpreso alcuni, ciò che ha scioccato gli spettatori è stata la morte di un personaggio incredibilmente popolare di The White Lotus: Tanya, interpretata da Jennifer Coolidge.

Tanya è morta nel finale della seconda stagione di The White Lotus dopo aver affrontato Quentin (Tom Hollander) riguardo a Greg (Jon Gries). Questa è stata l’unica trama della seconda stagione che ha avuto un seguito dalla prima stagione di The White Lotus. Tanya è caduta da una barca ed è morta, ma non prima di aver sparato a Quentin e ai suoi soci. Il corpo di Tanya viene scoperto da Daphne, che rimane inorridita. Nel frattempo, Albie (Adam DiMarco), Dom (Michael Imperioli) e Bert (F. Murray Abraham) non hanno avuto il ritorno in Italia che si aspettavano.

Infine, ma non meno scioccante, è stata rivelata l’intera portata degli intrighi di Lucia (Simona Tobasco). Sebbene nessuna di queste conclusioni sia risultata insoddisfacente, ci sono diversi elementi del finale della seconda stagione di The White Lotus che non sono stati spiegati chiaramente nell’episodio stesso, ma che sono facili da analizzare e rendono il finale molto più soddisfacente una volta compresi appieno, poiché rivelano i temi centrali della serie antologica della HBO.

Greg stava davvero ingannando Tanya sin dalla prima stagione di White Lotus?

I sentimenti di Greg per Tanya erano sempre stati falsi

The White Lotus stagione 2 finale ha spiegato che i sospetti di Tanya su suo marito Greg erano fondati. I due si sono conosciuti nella prima stagione di The White Lotus e si sono sposati poco dopo. Greg si è comportato in modo sospetto per tutta la seconda stagione di The White Lotus, rispondendo a telefonate segrete e poi lasciando a metà la vacanza che aveva insistito per fare da soli. Prima del finale della seconda stagione di The White Lotus, Tanya ha confermato la teoria principale secondo cui Greg era il cowboy di cui Quentin si era innamorata anni prima, e che Greg e Quentin stavano progettando di uccidere Tanya per i suoi soldi.

Mentre Greg sembrava sinceramente affezionato a Tanya nella prima stagione di The White Lotus, le sue azioni con Quentin indicano che lei era una truffa a lungo termine. Greg non era ricco quando è andato al resort White Lotus alle Hawaii, quindi probabilmente ha scelto Tanya come bersaglio, sperando che fosse facile da sedurre, sposare e divorziare rapidamente per prendere i suoi soldi. Tuttavia, Tanya ha fatto firmare a Greg un accordo prematrimoniale, quindi lui ha dovuto collaborare con Quentin per trovare una scappatoia per ottenere i suoi milioni. Ciò significava ucciderla in mare e lasciare Tanya con Portia in Sicilia per avere un alibi.

Dato che Tanya è morta nel finale della seconda stagione di The White Lotus dopo essere scivolata e annegata, Greg potrebbe ereditare i suoi soldi. Tuttavia, la polizia sarà in grado di risalire a Greg attraverso Quentin e i suoi complici, comprese le loro telefonate segrete per pianificare l’omicidio di Tanya. Se così fosse, Greg non finirebbe per ottenere la sua fortuna. Tuttavia, non è chiaro chi erediterebbe la sua ricchezza, dato che Tanya non sembra avere parenti. Una possibilità avanzata online dagli spettatori è che la sua assistente Portia potrebbe finire per ottenere il denaro dopo il finale della seconda stagione di The White Lotus.

Perché Tanya doveva morire nel finale della seconda stagione di The White Lotus

La morte del personaggio di Jennifer Coolidge ha reso il finale della seconda stagione di The White Lotus più d’impatto

Dato che Tanya era un personaggio amato e ricorrente di White Lotus e che la cospirazione di Greg e Quentin per ucciderla era diventata evidente alla fine della seconda stagione di The White Lotus, sembrava che sarebbe sopravvissuta alla sua vacanza in Sicilia, soprattutto dopo aver sparato e ucciso i cospiratori. Tuttavia, The White Lotus le ha riservato un finale da opera lirica, degno di una diva drammatica. Il creatore Mike White ha rivelato nel segmento “Inside the Episode” della seconda stagione di The White Lotus che Tanya sarebbe morta nella seconda stagione, poiché nella prima stagione aveva osservato che l’unica esperienza importante che non aveva ancora vissuto era la morte. L’episodio 7 della seconda stagione di

The White Lotus le ha regalato un finale grandioso, permettendole di uccidere i suoi potenziali assassini. Tanya era un bersaglio facile per Quentin e i suoi amici, ma ha capito il piano di Quentin e Greg dopo che Portia l’ha chiamata per confermare i suoi sospetti. È stato inaspettato che Tanya prendesse la pistola e sparasse a quasi tutti gli uomini sullo yacht, e ancora di più che morisse per un suo errore. Anche se sarebbe stato emozionante per Tanya tornare per la terza stagione di The White Lotus, ha avuto un finale appropriato.

Ethan e Daphne hanno davvero avuto una relazione sull’isola?

Rimane ambiguo se Ethan e Daphne abbiano tradito Cameron e Harper

Mentre Ethan ha tentato di uccidere Cameron quasi annegandolo nel finale della seconda stagione di The White Lotus, sia i Sullivan che gli Spiller sono sopravvissuti alla loro vacanza, così come i loro rispettivi matrimoni, anche se potrebbero esserci state più infedeltà di quelle mostrate sullo schermo. Ethan era furioso perché Cameron aveva sedotto sua moglie Harper, ma il personaggio di Aubrey Plaza ha insistito sul fatto che Harper e Cameron si erano solo baciati.

È ancora del tutto possibile che Cameron e Harper abbiano fatto sesso prima che Ethan arrivasse nella stanza d’albergo, ma Daphne insegna a Ethan che non ha importanza. Cameron e Daphne possono anche giocare troppi giochi l’uno con l’altro, ma Ethan capisce che deve accettare un pizzico di mistero per accettare la relazione di Harper. Ethan riesce a lasciar andare la relazione tra Harper e Cameron facendo finalmente sesso con sua moglie, e il finale della seconda stagione di The White Lotus suggerisce che ciò è stato possibile solo perché lui stesso ha avuto un incontro sessuale.

Quando Ethan confida a Daphne i suoi timori che sia successo qualcosa tra Harper e Cameron, Daphne porta Ethan su un’isola appartata. Sebbene The White Lotus non riveli cosa sia successo tra loro, Ethan e Daphne probabilmente hanno avuto un rapporto intimo. Affinché la mente di Ethan cambiasse completamente, sembra che abbia avuto una relazione con la moglie di Cameron, Daphne, nel finale della seconda stagione di The White Lotus, il che dà a Ethan la tranquillità e allo stesso tempo gli permette di vendicarsi di Cameron.

Il finale della seconda stagione di The White Lotus suggerisce che Cameron sa che il figlio di Daphne non è suo

Le relazioni extraconiugali non sono una novità per Cameron e Daphne

Daphne e Cameron sono entrambi a conoscenza delle relazioni extraconiugali dell’altro, ma si rifiutano di parlarne. Daphne ammette persino a Harper di avere una relazione di lunga data con il suo personal trainer, e poi Daphne lascia intendere che suo figlio con Cameron è stato concepito da lui. Daphne descrive il trainer come biondo con gli occhi azzurri, e quando “accidentalmente” mostra a Harper una foto di suo figlio, lui ha le stesse caratteristiche fisiche. Si presume che Cameron non ne fosse a conoscenza, ma un momento nel finale della seconda stagione di The White Lotus suggerisce il contrario.

Quando Daphne chiama suo figlio, lui continua a chiedere “papà”, mentre il personaggio di Theo James in White Lotus, Cameron, ignora le sue chiamate mentre si guarda allo specchio. Cameron alla fine cede, ma deve trasformare il suo cipiglio risentito in un sorriso finto prima di uscire dal bagno. Daphne accetta le numerose relazioni extraconiugali di Cameron avendo lei stessa una relazione, quindi Cameron sembra essere consapevole che questo ha portato alla nascita di un figlio che non è suo. Tuttavia, deve accettare il figlio illegittimo di lei come suo, indicando che entrambi accettano a malincuore le conseguenze delle loro decisioni e del loro stile di vita.

Sì, Lucia ha ingannato Albie per tutto il tempo, ma lui ha scoperto di Dom?

Albie non scopre mai perché Lucia era all’hotel nella seconda stagione di The White Lotus

Una delle conclusioni meno scioccanti della seconda stagione di The White Lotus è la relazione tra Lucia e Albie. Sebbene Lucia abbia iniziato a soggiornare in hotel perché il padre di Albie, Dom, la pagava per fare sesso, l’ingenuo Albie pensava sinceramente che Lucia fosse interessata a lui. Lucia ha recitato bene la sua parte, facendo credere ad Albie che la loro relazione potesse andare oltre una semplice relazione transazionale in Sicilia. Alla fine, Lucia ha persino convinto Albie a darle 50.000 euro per pagare Alessio, che lei sosteneva essere il suo protettore.

Il finale della seconda stagione di The White Lotus rivela tutta la portata della truffa perpetrata da Lucia ai danni di Albie e che lei non era l’unica coinvolta nella truffa. Lucia lascia rapidamente l’hotel dopo che Albie le ha dato i soldi, dimostrando in seguito che Alessio era solo un amico di Lucia coinvolto nel complotto. Albie accetta la sua sconfitta e ammette a Dom che continuerà a essere un bersaglio facile che si innamora di donne ferite, ma Dom non confessa mai di essere stato lui a ingaggiare Lucia.

Dato che Dom stava cercando di dimostrare di essere cambiato durante il viaggio, non ammette ad Albie di aver avuto una relazione con Lucia, perché ciò potrebbe compromettere i progressi che sta facendo con la madre di Albie, Abby (doppiata da Laura Dern).

Il vero significato del finale della seconda stagione di The White Lotus

La seconda stagione di The White Lotus cristallizza i suoi temi di denaro, sesso e manipolazione

The White Lotus Il finale della seconda stagione ha spiegato il potere che deriva dal sesso e come la gelosia, l’avidità e le manipolazioni ad esso associate influenzano la vita dell’élite ricca. La seconda stagione di The White Lotus posiziona il sesso come un gioco pericoloso, da cui pochi escono migliori di prima. Probabilmente Albie non si farà più ingannare da una prostituta, ma continuerà a essere facilmente manipolato dalle donne. Dom continuerà a “cercare” di cambiare, ma non ha fatto progressi reali durante il viaggio in Italia della seconda stagione di The White Lotus, il che indica che continuerà a soccombere ai suoi desideri mentre viene salvato dalle bugie e dal denaro.

Il rapporto tra Ethan e Harper è stato rafforzato dal fatto di aver finalmente affrontato il problema della loro mancanza di sesso, con la gelosia delle relazioni extraconiugali che ha riacceso la scintilla nel loro matrimonio. Tuttavia, il finale della seconda stagione di The White Lotus indica che la gelosia come motivo trainante di una vita sessuale più attiva non è salutare, dato che il rapporto tra Daphne e Cameron sta per esplodere. Per Portia e Albie, la loro ingenuità ha portato a una significativa manipolazione, ma entrambi ora si rendono conto che stanno meglio insieme.

Sono state Mia e Lucia a finire in cima e ad avere i migliori risultati nel finale della seconda stagione di The White Lotus, poiché entrambe erano completamente sicure della loro sessualità e hanno sfruttato l’innocenza e le vulnerabilità degli altri per ottenere ciò che volevano, compresa la sicurezza finanziaria e lavorativa.

Il finale della prima stagione di The White Lotus ha posizionato gli abitanti hawaiani e i dipendenti del resort come coloro che sono stati sfruttati dai ricchi ospiti, mentre il finale della seconda stagione vede trionfare gli abitanti del luogo, che usano il sesso per manipolare finanziariamente gli ospiti e continuare a vivere meglio di prima.

Come il regista della seconda stagione di The White Lotus analizza il finale

Mike White voleva che la seconda stagione di The White Lotus avesse un tono operistico

Il creatore Mike White ha felicemente espresso le sue opinioni sul finale della seconda stagione di The White Lotus, oltre a discutere la sua preoccupazione riguardo alle teorie dei fan (tramite The Ringer). Il creatore della serie ha spiegato che c’era il timore che le persone indovinassero correttamente cosa sarebbe successo nel finale della seconda stagione, ma ha anche apprezzato alcune delle teorie più ridicole. White ha osservato:

Il 95% delle teorie avanzate dalla gente mi ha fatto pensare: “Sarebbe uno shock!”. Ma non c’è modo che ciò risulti meritato o giustificato… Sarebbe uno shock, ma non sarebbe soddisfacente, non credo.

Per quanto riguarda il vero finale della seconda stagione di The White Lotus, White spiega che è come un’opera. Il creatore ha rivelato:

Sai già come andrà a finire, ma c’è un certo piacere nel guardare il destino inesorabile.

Questo spiega diverse decisioni creative prese da Mike White durante la creazione della seconda stagione di The White Lotus. Ad esempio, nella scena iniziale è stato detto al pubblico che ci sarebbero state diverse morti. White ha anche spiegato la decisione di realizzare l’ultima scena della seconda stagione di The White Lotus con Mia e Lucia. Mike White ha osservato:

Mi piacciono perché sanno quello che vogliono e sono anche lì per aiutarsi a vicenda. Si incoraggiano a vicenda, si sostengono a vicenda… Confrontatele con Tanya e Portia, dove c’è tutto questo senso di colpa e proiezione, e inoltre vivono in una sorta di nebbia.

Cosa aspettarsi dalla terza stagione di The White Lotus

Un personaggio della prima stagione sta tornando

The White Lotus La fine della seconda stagione non ha spiegato nulla di ciò che ci si può aspettare dalla terza stagione, anche se questo era prevedibile dato che la serie è un’antologia. Tuttavia, The White Lotus La terza stagione è stata confermata e attualmente è prevista per il 2025. Il creatore Mike White ha fornito alcune anticipazioni sui suoi obiettivi per la prossima stagione, ammettendo che mentre la prima stagione era incentrata sul denaro e la seconda sul sesso, il tema della terza stagione potrebbe essere la morte e la spiritualità.

Al momento non c’è una data di uscita confermata per la terza stagione di The White Lotus, ma è attualmente in produzione.

Sono stati rivelati anche diversi The White Lotus season 3 character details. Al momento, non ci sono collegamenti chiari con i personaggi della seconda stagione, a parte il ritorno di Natasha Rothwell nel ruolo di Belinda. Non si sa come i nuovi episodi riprenderanno dal finale della seconda stagione di The White Lotus (o se lo faranno), anche se la nuova location è la Thailandia. Di seguito è disponibile la guida completa di Screen Rant su tutto ciò che si sa finora sulla terza stagione di The White Lotus.

Come il finale della seconda stagione di The White Lotus si confronta con quello della prima stagione

La seconda stagione si è concentrata meno sulla famiglia e più sul sesso

Entrambe le stagioni di The White Lotus offrono la stessa idea di trovarsi in paradiso ma rendersi conto che qualcosa manca o non va. Tuttavia, le due stagioni hanno temi diversi, che portano a due finali molto diversi. Entrambe le stagioni hanno visto tradimenti, relazioni extraconiugali e omicidi, ma ciò che è degno di nota è che la prima stagione si è concentrata principalmente sulle famiglie in vacanza e sulle loro relazioni, il che l’ha resa un po’ più coinvolgente e tragica, mentre i personaggi della seconda stagione sembravano un po’ meno legati tra loro.

Un’altra grande differenza tra i due finali è che la prima stagione era impostata in modo che chiunque potesse morire, il che ha contribuito a creare un finale a sorpresa.

Tuttavia, la seconda stagione non ha lasciato molti interrogativi, anche se l’ultima morte ha comunque scioccato gli spettatori. La prima stagione ha offerto uno sguardo realistico sulle famiglie e sulle loro relazioni interrotte, mentre la seconda stagione ha separato le famiglie e si è concentrata maggiormente sulle relazioni sessuali con tradimenti e vendette.

I critici hanno però valutato entrambe le stagioni in modo abbastanza simile. Metacritic mostra che la media delle recensioni è 82 per la prima stagione e 81 per la seconda. Tuttavia, sembra che i fan siano divisi sulle due stagioni. È stato creato un thread su Reddit specificamente per sostenere che la prima stagione fosse superiore alla seconda, con molti utenti di Reddit che hanno definito la prima stagione un “capolavoro” e la seconda difficile da seguire. La cosa più importante che i fan hanno notato sulle due stagioni è che le relazioni sessuali nella seconda stagione di White Lotus non sono mai state all’altezza del dramma familiare.

Come è stato accolto il finale della seconda stagione di White Lotus

I critici hanno elogiato la seconda stagione come migliore della prima

La seconda stagione di Whilte Lotus ha ottenuto un punteggio migliore su Rotten Tomatoes rispetto alla prima, con il 94% di Certified Fresh, superiore al 90% della prima stagione. Anche il punteggio del pubblico è stato alto, pari al 75%. Tuttavia, molti membri del pubblico del sito sembrano preferire la prima stagione. Un recensore di Rotten Tomatoes ha scritto: “Non è all’altezza della prima stagione, secondo me, ma è comunque fantastica. Non mi è piaciuto il finale…

Per quanto riguarda il motivo dell’antipatia per il finale della seconda stagione, un intero thread su Reddit ha discusso il finale. Una delle principali lamentele riguardava la morte di Tanya, con l’autore del post che scriveva: “Non capisco perché abbiano dovuto uccidere Tanya… che senso ha dopo che ha capito tutto, ha lottato per la sua vita e ha vinto… non ha senso per me che sia morta gettandosi in acqua… Voglio dire, avrebbe potuto rimanere sulla barca fino all’arrivo della polizia.” Tuttavia, @MissBluePants ha spiegato perché questo era perfetto:

Nel “dietro le quinte dell’episodio” Mike White la definisce “una morte stupida”. – “Mi ha fatto ridere pensare che avrebbe eliminato tutta questa cricca di assassini e che, dopo averlo fatto con successo, sarebbe morta in modo così stupido. Mi è sembrato proprio tipico di Tanya”.

Detto questo, molti fan hanno ritenuto che il finale della seconda stagione di The White Lotus avesse concluso tutto alla perfezione: l’utente di Reddit kt2gsgsa ha scritto: “Tutto nella seconda stagione è stato come un miglioramento rispetto alla prima. La posta in gioco era molto più alta, le scenografie erano più grandi, i personaggi erano più spigolosi e il risultato è stato eccellente sotto ogni punto di vista.”

Bodies: recensione della nuova serie Netflix

Thriller dai tratti fantascientifici, Bodies è la nuova serie Netflix scritta e diretta da Paul Tomalin e basata sull’omonima graphic novel della DC Vertigo. La serie, formata da una sola stagione di otto episodi, ognuno da circa 50 minuti, è avvolta in un perenne velo di mistero. Il cast presenta figure già note nel panorama cinematografico anche internazionale: Jacob Fortun-Lloyd (La regina degli scacchi) qui interpreta il detective Charles Whiteman, mentre Kyle Soller (Anna Karenina, Fury) è nei panni del detective Hillinghead. L’attore Stephan Graham (Pirati dei caraibi: la vendetta di Salazar, Rocketman) è nel ruolo del comandante Mannix.

Bodies: il corpo del passato, del presente e del futuro

Luglio 2023: durante una manifestazione a Whitechapel, Londra, la detective Shahara Hassan trova un cadavere a Longarvest Lane. Il cadavere ha una ferita da arma da sparo in corrispondenza di un occhio. Il corpo, non identificato, ha fatto altre apparizioni nella storia: nel 1890, nel 1941 e ritornerà nel futuro, nel 2053.

Sono quattro i detective che nelle rispettive epoche storiche cercano di risolvere il caso, senza arrivare a smascherare il colpevole.

Se il primo episodio di Bodies si concentra maggiormente sul presente e sui casi passati, diventa fondamentale in un secondo momento la narrazione attraverso gli occhi del detective Maplewood nel 2053. La società ha subito in questo periodo storico un cambiamento radicale rispetto al passato: ciò è dovuto ad un misterioso attacco, avvenuto il 14 luglio del 2023, che porterà alla morte di centinaia di migliaia di persone ed all’instaurazione del nuovo governo di stampo totalitario, con il comandante Mannix al potere.

Le vite dei quattro detective, apparentemente legati solo dalla scoperta di un corpo, finiranno per intrecciarsi indissolubilmente, creando una realtà in cui il tempo viene piegato ai voleri di un uomo, in un perenne paradosso temporale.

Un loop temporale che sorprende il pubblico

Pian piano che si prosegue con la visione attraverso i vari episodi, sarà subito chiara allo spettatore la particolare complessità che caratterizza questa serie. Già da qui non si può che elogiare la bravura nella sceneggiatura e nella realizzazione: talvolta, quando si punta a dare vita ad un qualcosa di così complicato, si potrebbero tralasciare alcuni elementi creando così dei controsensi nella trama. Qui, nonostante i vari salti temporali, si garantisce allo spettatore un quadro completo e credibile degli avvenimenti.

Ad ogni modo, Bodies presenta tanti piccoli elementi che potrebbero non essere colti subito in una prima visione: sicuramente in un rewhatch si noteranno tanti particolari con cui si rimette più facilmente insieme tutti i pezzi del puzzle.

Nonostante la trama si svolga in quattro periodi storici differenti, vengono mantenuti in tutti gli episodi degli elementi di collegamento: un esempio sono le indagini di Shahara sui detective del 1890 e 1941. Altro particolare tecnico utilizzato come ponte tra presente e passato è lo split screen: questo permette allo spettatore la visione in contemporanea di due periodi storici, per poi effettuare il passaggio verso le vicende nel passato, presente o futuro.

Ad alleggerire le vicende contribuiscono anche le storie personali dei singoli detective: la relazione clandestina tra Hillinghead ed il giornalista nel 1890, il rapporto forte che si instaura tra la bambina Ester ed il detective Whiteman, le tante attenzioni che Shahara dedica ad Elias, incolpato dell’assassinio dell’uomo nel vicolo, ed il rapporto tra Maplewood e lo scienziato De Foe.

Bodies: predestinazione o libera scelta?

La libera scelta non esiste, è un’illusione.

Un altro tema attorno al quale si sviluppa tutta la narrazione di Bodies è la predestinazione: per quanto si cerchi di modificare il passato, questo sembra essere ormai marchiato nella pietra. Non sembra essere possibile modificare le scelte di una persona: ciò è almeno quello che il professore Gabriel De Foe spiega alla detective Maplewood. Le nostre scelte non sono realmente nostre, ma dipendono da tante variabili esterne che influenzano il nostro giudizio.

Ad ogni modo nel finale effettivamente si riescono a fare dei cambiamenti nel passato: non tutto sembra essere già scritto. Ma allora sorge spontaneo chiedersi quanto delle nostre scelte dipende da noi e quanto dipende dall’universo?

Un elemento che si può analizzare che rende molto la contrapposizione predestinazione/ libera scelta sono gli amori e le relazioni che si sviluppano durante la narrazione. Nel finale, senza fare spoiler, le piccole modifiche attuate nel passato non permetterebbero al detective Hillinghead di conoscere il giornalista di cui si innamora, ed allo stesso modo il detective Whiteman non avrebbe avuto l’occasione di conoscere la piccola Ester. Ma l’Universo, o magari il loro affetto sopito, fa si che l’amore e l’affetto trovino il modo di germogliare ugualmente tra questi personaggi.

Un’interessante rappresentazione dei viaggi nel tempo

Già nei primi episodi di Bodies il professore De Foe spiega durante una lezione universitaria la teoria dei viaggi nel tempo. Si tratta di una rappresentazione molto originale di questo fenomeno fantascientifico: secondo le parole di De Foe, un corpo, nel viaggiare nel tempo, si duplica, creando delle versioni alternative di sé nel passato o nel futuro. Questa teoria ricorda molto la clonazione: si crea un clone del soggetto che viene catapultato nell’epoca designata.

Matthew Perry: addio al Chandler di Friends. Aveva 54 anni

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È morto ad appena 54 anni Matthew Perry, l’attore che ha dato corpo e volto a Chandler Bing di Friends. L’attore, nella sua casa di Los Angeles, è stato trovato privo di sensi dai primi soccorritori che non sono stati in grado di rianimarlo. Si aspetta di conoscere le cause della morte.

Perry ha ottenuto il riconoscimento internazionale per il ruolo di Chandler in Friends, andato in onda per 10 stagioni dal 1994 al 2004. L’attore ha ricevuto una nomination ai Primetime Emmy nel 2002 per la sua interpretazione nell’amata sitcom.

Perry ha fatto il suo debutto televisivo nel 1979 in un episodio di 240-Robert. Avrebbe continuato a interpretare ruoli in serie di medio successo negli USA come Not Necessarily the News (1983), Charles in Charge (1985), Silver Spoons (1986), Just the Ten of Us (1988) e Highway to Heaven (1988). Matthew Perry è stato poi un personaggio regolare della serie Boys Will be Boys, presentata per la prima volta nel 1987 e andata in onda per una stagione.

Nel 1989 ha avuto un ruolo ricorrente in Growing Pains e poi è stato il turno di Sydney. Ha avuto dei piccoli ruoli da guest in Who’s the Boss? (1990), Beverly Hills, 90210 (1991) e Dream On (1992). Nel 1994 arriva la sua grande occasione quando è stato scelto per il ruolo di Chandler Bing in Friends. Altri crediti televisivi di Matthew Perry includono Caroline in the City (1995), Ally McBeal (2002), The West Wing (2003) e Scrubs (2004).

Nonostante l’enorme successo di Friends, nel corso della quale ha avuto diversi problemi di salute legati alle sue dipendenze, e alcuni ruoli ricorrenti in serie di successo come Mr. Sunshine e The Good Wife, non è mai più tornato ai successi della sit-com che lo ha lanciato.

Nel 2014, Matthew Perry ha recitato come guest star in Cougar Town, riunendosi sullo schermo con la sua co-protagonista Friends Courteney Cox. L’anno successivo, Perry ha partecipato a Web Therapy, sul set del quale ha ritrovato un’altra star di Friends, Lisa Kudrow.

Il suo ultimo credito televisivo risale al 2021, quando si è riunito con il cast di Friends per lo speciale HBO Max.

Fonte: Deadline

The Performance: recensione del film di Shira Piven – #RoFF18

La regista Shira Piven sceglie la Festa del Cinema di Roma per l’anteprima mondiale del suo The Performance, tratto da un racconto di Arthur Miller, pubblicato per la prima volta sulla rivista The New Yorker e adattato appositamente da Shira Piven stessa con Josh Salzberg. Regista di teatro, poi di cinema, attrice e produttrice al suo terzo film, Piven parla di arte e talento, nel 1937, mentre in Europa le smanie di potere e grandezza di Hitler crescono di giorno in giorno. La regista affida a suo fratello Jeremy Piven – Mr Selfridge, Entourage – il ruolo del protagonista. Gli affianca Robert Carlyle e confida sul potere trascinante delle esibizioni di un gruppo di ballerini professionisti di tip tap, che si fanno attori.

La trama di The Performance

Harold May, Jeremy Piven, è un talentuosissimo ballerino di tip tap nell’America degli anni Trenta. E’ un ebreo americano. Dopo tanti sacrifici, finalmente riesce, con la sua compagnia, a farsi scritturare per una tournée in Europa. In una delle date nel Vecchio Continente, riceve da un certo Damien Fugler, Robert Carlyle, una proposta troppo allettante per potervi rinunciare: una grossa somma di denaro per un’esibizione a Berlino. È il 1937. Fugler non sa che May è ebreo. May e la compagnia non sanno che dovranno esibirsi davanti ad Hitler in persona. Danzare e tenere fede alla propria vocazione, al proprio talento, o seguire le proprie radici? Ascoltare la voce dell’ambizione o quella dell’etica e della prudenza? May e i suoi compagni saranno messi a dura prova.

Un personaggio e il suo conflitto interiore

The Performance rappresenta molto bene la dissociazione di Harold May, dilaniato psicologicamente. Ironia della sorte, proprio lui viene assoldato per “rappresentare la Germania sul palcoscenico mondiale”, ora che c’è Hitler. Al tempo stesso, gli viene offerta quella che sembra a tutti gli effetti l’occasione della vita. Ecco dunque un protagonista, Jeremy Piven, che – nonostante dei capelli di un biondo effettivamente improbabile come naturale – riesce in un compito non facile. Inconsciamente May vuole forse essere scoperto, per non doversi più nascondere, ma di fronte alla compagnia appare calmo e padrone di sé. Desidera quel riconoscimento che ha sempre saputo di meritare. Successo, denaro, apprezzamento. Dall’altra parte, lo animano rabbia, paura, anche l’umiliazione di esibirsi davanti e per dei gerarchi nazisti, per Hitler.

Robert Carlyle in The Performance

Con Piven, Robert Carlyle in un duplice registro: viscido gerarca da un lato, amante dell’arte e del divertimento dall’altro. Un uomo doppio e infido, cui Carlyle dà corpo con l’estro che abbiamo imparato a conoscere da Trainspotting in poi.

Il ballo in The Performance

Il terzo lavoro di Shira Piven ha un andamento coinvolgente, non annoia, grazie a una buona dose di azione e anche di tensione. Tiene viva l’attenzione dello spettatore. Il ballo non è né di circostanza, né un riempitivo. È la quintessenza di un uomo, Harold è fatto per ballare. Il ritmo dei tacchi accompagna tutta la sua vita. Le sequenze di ballo sanno essere potenti ed hanno diverse valenze. L’esibizione può essere momento di svago e divertimento, di allegria, ma ballare può diventare anche un atto profondamente drammatico, perfino commovente. Il merito va anche a un gruppo di ballerini davvero talentuosi, che diventano attori, alcuni con esiti molto convincenti, in particolare il giovane Isaac Gryn, nel ruolo di Paul. Nella compagnia, accanto al protagonista, vi sono anche Maimie McCoy, Carol, Adam Garcia, Benny.

Un film coinvolgente e visivamente vario

Visivamente, The Performance è vario, grazie alla presenza di sequenze in Super8 e in bianco e nero, che contribuiscono a creare atmosfere d’epoca. Ciò conferisce vivacità al film. Si tratta di un film su ebrei e nazismo e il tema, certo, non è nuovo. La sua forza è nella coesistenza degli opposti – divertimento e spettacolo da un lato, violenza e morte dall’altro – nello sberleffo che, a modo suo, l’arte fa a una politica malata. Il ritmo trascinante della musica e l’abilità dei ballerini – attori fanno il resto, lasciando il pubblico con la voglia di ballare.

Mare fuori: le foto dal red carpet di Alice nella città/Festa del cinema di Roma

I primi due episodi della nuova stagione di Mare fuori, la serie dei record coprodotta da Rai e Picomedia, sono stati presentati in anteprima nel programma della ventunesima edizione di Alice nella città e della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma.

Il red carpet con i protagonisti della serie è iniziato a partire dalle ore 17.45 all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone. Ecco tutte le foto dei protagonisti sul red carpet!

Alle ore 20.45, il cast sarà sul red carpet di Alice nella città all’Auditorium Conciliazione: per l’occasione via della Conciliazione sarà chiusa al traffico, come è stato nelle precedenti edizioni per Angelina Jolie, Johnny Depp e Russell Crowe, per consentire ai tanti fan in attesa di poter vedere da vicino i loro beniamini.

Nella quarta stagione di “Mare fuori” i protagonisti si trovano metaforicamente a navigare in mare aperto. Rosa, Carmine, Mimmo, Kubra, Dobermann, Cucciolo e Micciarella vivono tutti la consapevolezza di non essere più attaccati all’àncora salvifica della famiglia. Sono soli, spinti dalla corrente verso il largo. Ora devono vincere ogni giorno le loro più intime paure per affrontare la vita. Al loro fianco non c’è più l’amore incondizionato della famiglia, ma quello degli amici con cui scelgono di navigare. A contrastare questo racconto ci sono Pino, Edoardo, Cardiotrap, Giulia e Silvia che, nel bene e nel male, vivono ancora il peso dei legami familiari capaci di condizionare la loro vita. È il momento di crescere e questo significa capire chi si vuole diventare e cosa si desidera essere. Ormai la maggior parte dei detenuti è maggiorenne. Il cambiamento è inevitabile, ma la crescita personale è una scelta che richiede coraggio. Bisogna decidere in che modo e verso dove orientare la propria vita, il proprio viaggio. Chi non lo fa permette ad altri di farlo per lui. La libertà non è solo fuori dal carcere, è anche una conquista interiore dettata dal coraggio di scegliere. La durezza della nuova direttrice forza i ragazzi a una scelta necessaria: ribellarsi per la propria autodeterminazione. Lo scontro fra il mondo degli adulti e quello dei ragazzi è inevitabile per capire chi si è, chi si vuole diventare e trovare la voce per dirlo.

La quarta stagione di “Mare Fuori”, con la regia di Ivan Silvestrini, è una coproduzione Rai Fiction – Picomedia, prodotto da Roberto Sessa da un’idea originale di Cristiana Farina, scritta con Maurizio Careddu.

Lucca Comics & Games 2023: Zerocalcare non parteciperà alla fiera. Ecco la risposta dell’organizzazione

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Questa mattina Zerocalcare, il fumettista italiano più amato e famoso, anche al di fuori dei confini del territorio nazionale, ha pubblicato sui suoi social l’annuncio secondo il quale non parteciperà al Lucca Comics & Games 2023 perché la fiera ha il patrocinio dell’Ufficio Culturale dell’Ambasciata Israeliana in Italia.

Zerocalcare Questo mondo non mi renderà cattivo

Ecco cosa ha scritto Michele Rech:

Senza troppi giri di parole: Purtroppo il patrocinio dell’ambasciata israeliana su Lucca Comics per me rappresenta un problema. In questo momento in cui a Gaza sono incastrate due milioni di persone che non sanno nemmeno se saranno vive il giorno dopo, dopo oltre 6000 morti civili, uomini donne e bambini affamati e ridotti allo stremo in attesa del prossimo bombardamento o di un’invasione di terra, mentre politici sbraitano in TV che a Gaza non esistono civili e che Gaza dev’essere distrutta, mentre anche le Nazioni Unite chiedono un cessate il fuoco -il minimo davvero- che viene sprezzantemente rifiutato, per me venire a festeggiare lì dentro rappresenta un corto circuito che non riesco a gestire. Mi dispiace nei confronti della casa editrice, dei lettori e delle lettrici che hanno speso denaro per treni e alloggi magari per venire apposta, e anche per me stesso, perché Lucca per me è sempre stato un gigantesco accollo ma anche un momento di calore e di incontro. Lo so che quello sul manifesto è solo un simbolo, ma quel simbolo per molte persone a me care rappresenta in questo momento la paura di non vedere il sole sorgere domattina, le macerie sotto cui sono sepolti i propri cari, la minaccia di morire intrappolati in quel carcere a cielo aperto dove tanti ragazzi e ragazze sono nati e cresciuti senza essere mai potuti uscire. Sono stato a Gaza diversi anni fa, conosco persone che ancora ci vivono e persone che ci sono andate per costruire progetti di solidarietà, di sport, di hip hop e di writing. Quando queste persone mi chiedono com’è possibile che una manifestazione culturale di questa importanza non si interroghi sull’opportunità di collaborare con la rappresentanza di un governo che sta perpetrando crimini di guerra in spregio del diritto internazionale, io onestamente non riesco a fornire una spiegazione. Non riesco nemmeno a dire loro del mio dispiacere di non esserci e di quanto questa cosa mi laceri, se lo paragono all’angoscia che sento nelle loro voci. Non è una gara di radicalità, e da parte mia non c’è nessuna lezione o giudizio morale verso chi andrà a Lucca e lo farà nel modo che ritiene più opportuno, soprattutto non è una contestazione alla presenza dei due autori del poster Asaf e Tomer Hanuka, che spero riusciranno ad esserci e che si sentiranno a casa, perché non ho mai pensato che i popoli e gli individui coincidessero coi loro governi. Spero che un giorno ci possano essere anche i fumettisti palestinesi che al momento non possono lasciare il loro paese.

A seguito di questa dichiarazione, l’organizzazione della fiera ha risposto con questo comunicato che, pur risultando conciliante con la posizione di Zerocalcare, difende le sue scelte:

Lucca Comics & Games è da sempre un luogo sicuro per le differenze. Fin dall’inizio stiamo seguendo il dibattito in atto sul patrocinio ricevuto in primavera dall’Ufficio Culturale dell’Ambasciata Israeliana in Italia. Questo patrocinio – non oneroso – è stato ricevuto, come molti dei patrocini che in questi anni hanno affiancato il festival, per riconoscere il valore del nostro programma culturale. Questa attribuzione istituzionale deriva da un lavoro durato quasi un anno, un progetto che ha coinvolto due artisti noti e apprezzati in Italia e nel mondo, come Asaf e Tomer Hanuka, ai quali Lucca ha dedicato una mostra e ha affidato l’immagine di un’edizione imperniata sul tema Together, all’insegna della condivisione di quei valori che da sempre ci guidano: rispetto, comunità, inclusione e partecipazione. 

Rispettiamo le scelte personali, rispettiamo le opinioni di tutti e da sempre abbiamo l’ambizione di essere il luogo dove è possibile stare insieme nelle differenze. Crediamo nelle persone e nella capacità di dimostrare che la cittadinanza attiva della comunità di Lucca Comics & Games può essere migliore di quello che le sta attorno. Ci adoperiamo sempre per garantire questa libertà, per dare spazio al dialogo su tanti temi diversi tra cui anche quelli di questa cogente attualità, come già previsto nel nostro programma. Un lavoro per dare a tutti gli appassionati, che rendono unica una manifestazione nata dal basso come la nostra, la certezza che questa manifestazione non dimentica le sue radici e la sua missione.

Abbiamo riflettuto molto sulla possibilità di rinunciare al patrocinio, ma abbiamo ritenuto che sarebbe un atto poco responsabile nei confronti non solo delle istituzioni e delle realtà appartenenti al nostro ecosistema, ma anche per tutti i partecipanti. Lucca Comics & Games mette da sempre al centro solo ed esclusivamente l’opera intellettuale e creativa, le persone: il nostro lavoro, il nostro percorso valoriale, e la nostra storia parlano per noi. Il claim di quest’anno – Together – nasce nel solco del Becoming Human del 2019, di Hope nel 2022, e di quelle stelle che siamo tornati a vedere nel 2021 dopo un altro momento drammatico che abbiamo affrontato e superato insieme.

Primal: trama, cast e curiosità sul film con Nicolas Cage

Negli ultimi anni l’attore Nicolas Cage ha partecipato ad alcuni film che gli hanno permesso di guadagnare nuova popolarità dopo un periodo ricco di opere poco riuscite. Titoli come USS Indianapolis, 211 – Rapina in corso e 2030 – Fuga per il futuro hanno infatti rappresentato il fondo della carriera del premio Oscar. Oltre a questi, un altro film molto poco apprezzato ma imperdibile per i fan dei B-Movie dell’attore è Primal, un thriller d’azione del 2019 scritto da Richard Leder e diretto da Nick Powell, meglio noto come stuntman del cinema ma già regista anche di Outcast – L’ultimo templare, altro film con Cage protagonista.

Primal prevede il coinvolgimento di animali noti per essere dei letali predatori, i quali sono resi ancor più pericolosi in quanto confinati su una nave merci insieme ai protagonisti umani. Il film si configura così come un bizzarro incrocio tra titoli come Snaks on Plane e il recente Beast. Ci si concentra dunque molto sugli istinti primitivi degli animali ma anche degli umani coinvolti, nel tentativo di offrire intrattenimento e forte tensione. Come anticipato, però, il film è stato accolto in maniera tutt’altro che positiva, aggiungendosi alla lunga serie di insuccessi cinematografici di Cage.

Anche questa tipologia di film trova però i propri fan e Primal è così diventato un titolo particolarmente ricercato, apprezzato anche per il suo essere così sgangerato e ricco di elementi improbabilmente messi insieme. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Primal: la trama del film

Protagonista del film è Frank Walsh, un cacciatore di animali rari della giungla amazzonica che, dopo aver catturato le bestie, le rivende agli zoo. Il bracconiere si ritrova ora su un mercantile greco con il suo bagaglio dall’Amazzonia, che comprende un rarissimo giaguaro bianco. Sulla nave viaggia però anche un pericoloso criminale politico di nome Richard Loffler, che viene trasportato per essere estradato negli USA. L’uomo, non potendo essere condotto negli Stati Uniti via aereo si trova dunque su quella stessa nave, cosa che rende nervosi tutti gli altri passeggeri.

A controllare il suo stato di salute vi è la dottoressa Ellen Taylor, la quale mal sopporta in particolare l’arroganza di Walsh. Quando due giorni dopo la partenza, il terrorista riesce però a fuggire, liberando tutti gli animali imprigionati da Frank, quest’ultimo e la dottoressa si trovano a dover unire le loro forze. Mentre le bestie seminano caos e tensione sulla nave, il cacciatore dovrà decidere infatti se diventare l’eroe della situazione e dare la caccia a una nuova specie, l’essere umano. Con il pericoloso giaguaro bianco a piede libero, però, la situazione è resa ancor più rischiosa.

Primal cast

Primal: il cast del film e altre curiosità

Come anticipato, protagonista del film nei panni del cacciatore Frank Walsh vi è il premio Oscar Nicolas Cage, il quale si è qui cimentato con un ulteriore lungometraggio d’azione, genere da lui prediletto in questi ultimi anni. Accanto a lui, nel ruolo della dottoressa Ellen Taylor vi è l’attrice Famke Janssen, celebre per aver interpretato Jean Grey alias Fenice nella prima trilogia di film dedicati agli X-Men. Kevin Durand, che invece in X-Men le origini: Wolverine è stato Blob, interpreta qui il pericoloso criminale Richard Loffler. Fanno parte del cast anche LaMonica Garrett nei panni di John Ringer e Michael Imperioli in quelli di Paul Freed.

La sceneggiatura di Primal circolava ad Hollywood già dal 1995 ma ci sono voluti 24 anni prima che si riuscisse a farla divenire un film. Inizialmente i produttori volevano che il titolo fosse Persona non grata, ma poiché questo era un titolo difficile da vendere all’estero decisero di cambiarlo in Primal. Girato a Puerto Rico, il film subì alcuni ritardi nelle riprese per via di un uragano che colpì la zona e che costrinse la produzione a fermarsi per un certo periodo di tempo. Infine, è interessante notare che ilnome della nave, Mimer, deriva dalla mitologia norrena “Mimir” che è una figura rinomata per la sua conoscenza e saggezza. La nave Mimer è inoltre una vera nave di proprietà di Godby Shipping situata nelle Isole Åland (una parte autonoma della Finlandia).

Primal: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Primal grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 26 settembre alle ore 21:20 sul canale Rai 4.

https://www.youtube.com/watch?v=lqSWENsRUhQ

Fonte: IMDb

Dark Harvest, recensione del film horror di David Slade

Halloween si avvicina e le piattaforme streaming aggiungono al loro catalogo nuovi film horror, per soddisfare la domanda degli spettatori. Proprio in questo contesto è arrivato su  Dark Harvest, tratto da un romanzo di Norman Partridge e diretto da David Slade, autore di successi passati come Hard Candy e 30 giorni di buio, oltre che del terzo capitolo della saga di Twilight, Eclipse. L’adattamento di Dark Harvest si presenta come una classica leggenda di Halloween trasformata in film: in una cittadina in cui prolifera il male, ogni Halloween i giovani devono uccidere un mostro che emerge dai campi di grano. Una sorta di The Purge, dove tutti i ragazzi scendono in strada per uccidere impunemente la bestia. C’è massima violenza, morti cruente e gruppi di adolescenti pronti a morire uccidendo: la ricetta perfetta per Halloween, pur con difetti importanti nell’esecuzione.

Dark Harvest, la trama

In una città maledetta del Midwest, il raccolto annuale si trasforma in una brutale battaglia per la sopravvivenza. La notte di Halloween del 1963, Sawtooth Jack, un mostro leggendario e terrificante, emerge dai campi di grano e minaccia i giovani della città. Ma i ragazzi vengono avvertiti e si preparano a dare la caccia al mostro e a ucciderlo, prima che raggiunga la chiesa del villaggio e passi la mezzanotte. Il ragazzo che finisce per uccidere Jack Sawtooth diventa l’eroe della città e lui e la sua famiglia vengono ricompensati con una fantastica casa per i genitori e una Corvette per permettere al ragazzo di uscire e vedere il mondo, possibilità inedita all’interno di questa comunità chiusa in se stessa. Questa volta, però, c’è un problema. Richie, il fratello dell’ultimo vincitore, vuole partecipare alla Corsa, cosa che non gli è permessa perché le altre famiglie devono avere la possibilità di vincere il premio. Ma il nostro protagonista è determinato a uccidere il mostro, cosa che avrà conseguenze terribili e porterà alla luce segreti a lungo nascosti.

Un approccio suggestivo

Questo approccio originale, in cui i ragazzi sono incaricati di dare la caccia al mostro, è il punto di forza di un film che ricorda il The Purge di Blumhouse Productions. Tre giorni prima di Halloween, i ragazzi vengono chiusi nelle loro stanze, senza cibo né bevande, in modo da essere poco più che bestie selvagge quando si tratta di affrontare Jack Sawtooth. Questo porta a sequenze piuttosto violente, in quanto i ragazzi non hanno il controllo di se stessi e si attaccano l’un l’altro o saccheggiano i negozi di alimentari della città.

David Slade e lo sceneggiatore/produttore Michael Gilio affrontano in maniera suggestiva temi cliché del cinema horror come la città maledetta, la leggenda terrificante, la città da cui non si può uscire, la realtà nascosta dagli adulti e la sottomissione collettiva a “ciò che deve essere fatto”, cosa che viene sottolineata dal contesto temporale della storia, gli anni ’60, in cui il sogno americano era qualcosa a cui aspirare, ma sempre all’interno di un quadro ordinato. Per questo c’è anche una critica al maschilismo e al razzismo, personificata anche dal personaggio dell’unica ragazza (di colore) che vuole prendere parte alla Corsa e che sarà il principale sostegno di Richie nella sua missione. Il tutto senza dimenticare il fenomeno delle bande giovanili, così tipico dell’epoca, che viene rispecchiato alla perfezione.

Una scena di Dark Harvest

Tra coming-of-age e leggenda spettrale

Dark Harvest mette in scena una cultura di addestramento dei giovani alla violenza, riflessa nella sfilza di uccisioni implacabili disseminate lungo il film. È qui che gli elementi del coming-of-age prosperano e non hanno bisogno di ulteriori sviluppi: il tragico messaggio alla base della Corsa è che ogni famiglia sceglie di mandare i propri figli verso la morte potenziale per fare progressi nella società. Sono costretti a crescere e a fare cose che nessun adolescente dovrebbe fare.

Dark Harvest parte da premesse interessanti, proponendo un’interpretazione tutto sommato originale di un tema ben noto, ideale per una visione nel weekend di Halloween. Tuttavia, fatica a  bilanciare la trama della Corsa con alcune spiegazioni coerenti sul background della storia e dei suoi personaggi, non riuscendo a nascondere il suo basso budget e le sue pretese di essere qualcosa di più di quello che è. Con forte attinenza al materiale narrativo, Slade e Gilio non si allontanano dalle regole di base dell'”infestazione annuale”. Le rivelazioni della trama non sorprenderanno nessuno e i personaggi poco tratteggiati rendono gli eventi raccontati per lo più dimenticabili. Ciononostante, il film è realizzato in modo intelligente e ottiene risultati sufficienti con il gore, l’ambientazione di Halloween e il suo mostro, il che potrebbe rendere per un certo tipo di pubblico Dark Harvest una scelta adatta per questa stagione.

YARATILAN – La creatura: recensione della serie Netflix

“Dopo giorni e notti di un lavoro e di una fatica incredibili, riuscii a scoprire la causa della generazione e della vita… anzi, di più ancora, divenni io stesso capace di dare animazione alla materia morta.” Era l’inizio del XIX secolo quando una giovane inglese di nome Mary Shelley scriveva queste parole, un po’ per gioco, dando alla luce una delle opere che ha incantato, estasiato e influenzato migliaia di artisti per più di un secolo. Tra questi anche il famoso regista Çağan Irmak (Mio padre e mio figlio, Se mi dimentico sussurra) che, con il sostegno di Netflix, riporta sullo schermo il grande e cupo classico di Shelley, Frankestein, rielaborato in chiave ottomana.

La serie – composta da 8 episodi di circa 50 minuti – vede protagonisti gli attori Taner Ölmez, Erkan Kolçak Köstendil, Sifanur Gül, Bülent Sakrak, Devrim Yakut, Durul Bazan, Aram Dildar, Macit Koper, Engin Benli e Sennur Nogaylar.

Trama di Yaratilan – La creatura

L’epica storia di Yaratilan è ambientata nella Instanbul dei primi anni del Novecento, durante il declino dell’Impero Ottomano. Il protagonista è Ziya (Taner Ölmez): un giovane determinato, brillante e ribelle che, dopo aver osservato per anni suo padre, un grande e talentuoso dottore di Bursa, capisce di poter dare una svolta alla scienza della medicina e alla vita umana. Ziya vuole diventare uno straordinario medico, in grado non solo di curare orribili malattie infettive… ma anche capace di ridare la vita. Dunque, mosso da questo irrefrenabile desiderio e consapevole dell’esistenza dell’antico Libro della Resurrezione, parte per Istanbul per studiare medicina. Qui incontra Ihsan (Erkan Kolçak Köstendil), un eccentrico e ambizioso professore, espulso dalla scuola, con cui condivide genio e follia. È così che destini di Ziya e Ihsan, da quel momento, restano indissolubilmente legati tra la vita e la morte.

Cosa c’è dopo la morte?

La storia, sviluppata nel corso degli episodi come un racconto ad incastro, segue due linee narrative e temporali che giocano – grazie a continue analessi e intrecci – con le vite dei due protagonisti. Irmak realizza, quindi, una trama così completa e ricca di dettagli (persino riguardo ai personaggi minori) che a tratti sembra perdere il fulcro della storia e il suo messaggio.

Yaratilan eredita dal classico originale gli stessi profondi e controversi temi che possono essere riassunti nella fatidica domanda esistenziale: Cosa c’è dopo la morte?”. Ed è lo stesso Ziya ad anticiparcelo nel primo episodio, affermando: Gli uomini temono i demoni ma non temono la morte, perché di quest’ultima ne conoscono l’esistenza. A terrorizzarli è la possibilità che un giorno i demoni inizino a parlare, rivelando loro che non c’è assolutamente nulla dopo la morte.”

Ziya cerca ossessivamente le risposte a questa domanda facendo del Libro della Resurrezione di Shahram Amir il suo unico credo di vita. Coinvolgendo violentemente Ihsan, il giovane sfida Dio e la vita costruendo una “macchina delle seconde possibilità”. Ma il prezzo da pagare per fingersi Dio e voler fregare la morte è davvero alto: pur resuscitando egoisticamente Ihsan, rendendolo così un essere mostruoso, Ziya finisce per essere l’unico vero ignobile mostro della storia. Un uomo così accecato dalla superbia e della paura per l’ignoto che, mentre crede di aver ricreato la vita, dà origine ad un effetto domino di morte e sofferenza.

«Chi leggerà questa storia, penserà che la sua morale è che la scienza avrà conseguenze terribili e devastanti per l’umanità. Ma so per certo, io che sono l’ultimo a raccontarla, che non è così. Perché la colpa non è della scienza ma dell’arroganza». – Yaratilan

La diversità è ricchezza

Accanto al tema della morte e della resurrezione, Irmak aggiunge un altro tema universale, quello della diversità personificato dal professore Ihsan. Un uomo incompreso e generoso che, sia prima che dopo la sua “rinascita” in mostro, viene allontanato e isolato dal resto delle persone a causa del suo “essere diverso”. Si contano sul palmo di una mano le persone che, durante il racconto, scelgono di andare al di là dei pregiudizi e del suo aspetto spaventoso. Poche persone, diverse e sole a loro volta, che scoprono e abbracciano il suo profondo e buon animo.

Yaratilan – La creatura. ŞİFANUR GÜL nei panni di Asiye in Yaratilan. Cr. Courtesy of Netflix © 2023

Un Frankestein non così originale

Non sorprende poi così tanto che anche la serialità turca si sia inserita nella lunga lista di prodotti audiovisivi ispirati al mito di Frankestein. In fondo, negli ultimi anni la Turchia è alla continua sperimentazione di quei prodotti chiave – come lo sono stati, per esempio, Parasite e Squid Game per il Sud Corea – che possano spalancare le porte del successo internazionale. Ma riadattare un classico, per di più tanto amato e celebrato, non sempre risulta essere la strada più facile.

Yaratilan, infatti, per quanto intrattenga e incuriosisca lo spettatore dall’inizio alla fine, non riesce ad apportare nulla di realmente originale ad una storia che ha già girato il mondo intero nelle vesti più disparate. Irmak scrive e dirige, dunque, un oscuro dramma in costume che – con un po’ più di audacia e incisione e privilegiando la forma cinematografica piuttosto che quella seriale – avrebbe potuto guadagnarsi un posto in classifica tra i migliori prodotti netflixiani del Medio Oriente.

Yaratilan poteva essere LA creatura, ma finisce per essere solo una delle tante.