Home Blog Pagina 600

House of the Dragon: recensione della serie HBO

0
House of the Dragon: recensione della serie HBO

Dal 22 agosto in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW in contemporanea assoluta con gli Stati Uniti, tenetevi pronti a tornare a Westeros con House of the Dragon, la nuova serie HBO che ci riporta nell’universo de Il Trono di Spade a quattro anni dalla conclusione di una delle serie più importanti dell’ultimo decennio.

House of the Dragon, ecco cosa racconta

Ambientata nei Sette Regni, la storia si svolge circa 200 anni prima della nascita di Daenerys Targaryen e della Rivolta di Robert Baratheon. Siamo in un mondo governato dai Targaryen e all’inizio della nostra storia, re Jaehaerys I Targaryen ha preferito suo nipote Viserys Targaryen a Rhaenys Targaryen come erede al trono di spade, in quanto successore con la pretesa più forte perché uomo. Non si è mai vista infatti una regina a guidare Westeros! Tuttavia, molto presto la storia si ripete e una nuova battaglia per la successione si avvicina all’orizzonte: la regina Aemma Arryn, prima moglie di Re Viserys, muore di parto lasciando dietro di sé solo una figlia femmina, Rhaenyra Targaryen.

Oltre a lei potrebbe ambire al trono Daemon Targaryen, fratello minore del re, preferito dal popolo in quanto maschio, cavalca draghi, prode guerriero, ma allo stesso tempo impulsivo e spregiudicato. Tuttavia, Viserys nomina in una cerimonia pubblica Rhaenyra sua erede al trono. Nulla può offuscare la volontà del re, se non fosse che lo stesso si risposa con Alicent Hightower, molto più giovane di lui, figlia del Primo Cavaliere Otto Hightower e amica intima della principessa. Da questo matrimonio nasceranno due figli maschi, con i capelli color argento e cavalca draghi: due puri Targaryen.

House of the DragonQuanto può valere la parola di un re, alla sua morte? È di questo che ha paura la giovane Rhaenyra, erede legittima che però si scontra con tre uomini che hanno non solo avanzano una pretesa al trono, ma che in quanto maschi sono tutti favoriti dal popolo rispetto a lei. La lotta di successione al trono di spade di Re Viserys prenderà il nome di Danza dei Draghi, evento che per qualcuno ha rappresentato l’inizio della fine della casata di Daenerys.

Fuoco e Sangue

House of Dragon è basata su Fuoco e Sangue, il romanzo scritto da George R.R. Martin che racconta anche di questa guerra di successione e che si struttura in forma di annali, come fosse un volume scritto da un maestro della Cittadella, in cui vengono elencati tutti i re Targaryen, i principali fatti legati alla dinastia, alla successione e alle vicende che hanno portato sull’ambìto scranno questo piuttosto che quell’altro personaggio.

Quindi, per quanto siamo di fronte a un prequel de Il Trono di Spade, la sua origine letteraria è profondamente diversa in quanto a forma e contenuto e questo aspetto viene riflesso nella narrazione che non si fa scrupoli di fare grandi balzi temporali in avanti, e di cambiare alcuni degli interpreti, tra un’ellissi temporale e l’altra, per rappresentare lo stesso personaggio che cresce o invecchia.

House of the DragonUn cast perfetto

E c’è da dire che in tutti i casi i volti e il carisma degli attori scelti per interpretare i personaggi in gioco si rivelano sempre efficaci, perfettamente adatti ai loro personaggi, complice anche un importante lavoro del reparto trucco e costumi, che viene direttamente dalla “serie madre”.

Paddy Considine è stato scelto per interpretare Re Viserys, quinto re di Westeros e primo del suo nome, consigliato sempre con fedeltà e sincerità da Otto Hightower, che ha il volto familiare e carismatico di Rhys Ifans. Emma D’Arcy e Milly Alcock interpretano la principessa Rhaenyra Targaryen nelle sue diverse età, così come succede a Olivia Cooke e Emily Carey, che invece si dividono il personaggio fondamentale di Alicent Hightower. Tutte e quattro le attrici sono dotate di un allure che permette loro di mettere in scena una vasta gamma di sentimenti ed espressioni, che contribuiscono a costruire due personaggi femminili portentosi, sfaccettati e originali.

Matt Smith è sublime nei panni dell’instabile Daemon Targaryen, mentre completano il cast principale Steve Toussaint e Eve Best (strepitosa) che interpretano i coniugi Corlys Velaryon e Rhaenys Targaryen, la “Regina che non fu mai”, ovvero colei che a sua volta vantava pretese al trono ma alla quale venne preferito il cugino maschio, Viserys, appunto.

House of the DragonHouse of the Dragon è una sontuosa opera televisiva

House of the Dragon è una sontuosa opera televisiva. La qualità tecnica, lo spessore della messa in scena, la cura del dettaglio, la computer grafica, tutto ciò che ha reso grande Il Trono di Spade, qui è sviluppato all’ennesima potenza, dal momento che si parte da asset già consolidati, ma con molti elementi in più: il primo episodio della serie del 2011 non regge il confronto con lo sfarzo e la potenza scenica del pilota di House of the Dragon, anche se il secondo è molto meno potente da un punto di vista narrativo.

Non ci sono buoni o cattivi

La serie creata da Ryan J. CondalGeorge R. R. Martin ci riporta a Westeros ma si tratta di un prodotto profondamente diverso, siamo negli stessi posti de Il Trono di spade e al centro del discorso c’è sempre il desiderio di  salire su quel trono forgiato dalle spade dei nemici sconfitti di Aegon il Conquistatore, ma questa volta ci troviamo di fronte a una guerra civile combattuta a suon di sussurri, esilii, proclamazioni, nelle stanze della Fortezza Rossa e di Roccia di Drago, non ci sono battaglie tra famiglie, non c’è un conflitto aperto tra Stark e Lannister, in cui lo spettatore riesce a schierarsi.

House of the DragonAnche la costruzione dei personaggi è profondamente diversa: se all’inizio la storia sembra volerci portare dalla parte della fiera e ribelle Rhaenyra, poi scopriamo che in fondo la principessa non è poi tanto ribelle né tanto esente da lati oscuri o crudeli, allo stesso modo il principe Deamon, che potrebbe sembrare il villain designato, ha momenti di tenerezza che fanno breccia nel cuore dello spettatore, così come Alicent Hightower, figura femminile interessantissima mai chiaramente inquadrata nei suoi desideri e nelle sue ambizioni, o gli stessi rappresentanti della famiglia Velaryon, scuri di carnagione e bianchi di capelli, anch’essi discendenti di Valyria ma da un ramo cadetto e per questo considerati leggermente inferiori ai Targaryen.

Un moderno racconto di ambizione

House of Dragon lascia lo spettatore stupefatto e ammirato per lo sfoggio di una opulenta messa in scena (ci sono i draghi!), e a sorpresa si rivela narrativamente molto diverso dal suo predecessore, concentrato su un conflitto interno alla stessa famiglia: stiamo raccontando una storia in cui è impossibile prendere la parte dei buoni, perché non ce ne sono, così come non ci sono cattivi in senso stretto, è meno di una guerra, è più di una bega familiare. È l’inizio della tremenda Danza dei Draghi, che segnerà l’inizio della fine per la dinastia del Drago, ma è anche un racconto moderno su ambizione e senso del dovere, su ciò che è possibile e su ciò che lo diventa grazie alla volontà dell’uomo (o della donna, in questo caso).

House of the Dragon è disponibile dal 22 agosto in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW in contemporanea assoluta con gli Stati Uniti.

MCU: la classifica delle serie tv più attese nel 2023

MCU: la classifica delle serie tv più attese nel 2023

Nel bene e nel male, il MCU ha aumentato in modo massiccio la sua portata anche grazie a Disney+. Mentre prima uscivano solo una manciata di film all’anno, ora possiamo goderci anche le serie tv sul piccolo schermo, anche se la qualità di queste ha fatto dibattere a lungo i fan.

Finora, però, ci sono state presentate grandi serie, tra cui WandaVision, Loki e Ms. Marvel. Mentre ci avviciniamo alla fine del 2022 e all’inizio del 2023, possiamo analizzare cosa dobbiamo aspettarci il prossimo anno su Disney dal MCU: ecco tutte le serie tv confermate dai Marvel Studios in arrivo nel 2023, classificate dalla meno attesa a quella che non vediamo sinceramente l’ora di vedere.

Secret Invasion (inizio 2023)

Vorremmo davvero interessarci di più a Secret Invasion ma solo il cast – Samuel L. Jackson, Ben Mendelsohn, Emilia Clarke e Olivia Colman tra gli altri – ci ha davvero conquistato al momento. I Marvel Studios hanno davvero perso la palla al balzo con gli Skrull nel MCU, e il grande colpo di scena di Captain Marvel, secondo cui non sono in realtà tutti cattivi, ha diminuito l’impatto del loro debutto (così come la ridicola scena post-credits di Spider-Man: Far From Home). Quindi, cosa c’è di veramente entusiasmante in questa rivisitazione in chiave soft dell’omonimo evento epico dei fumetti?

Siamo sicuramente curiosi di vedere che tipo di impatto avrà sul futuro del MCU, anche se nulla di ciò che abbiamo sentito su The Marvels ci suggerisce che lascerà il segno. In definitiva, sembra un trampolino di lancio per altri progetti più importanti, piuttosto che un passo davvero necessario per il MCU: speriamo di essere smentiti.

What If…? Stagione 2 (inizio 2023)

Quando la prima stagione di What If…? ha raggiunto il suo apice, ci ha regalato qualcosa di davvero molto speciale. Dal debutto del Capitano Carter all’indimenticabile interpretazione di Star-Lord da parte di Chadwick Boseman, fino all’epica battaglia finale contro Infinity Ultron, questa serie animata aveva molto da offrire.

In vista della seconda stagione, non sappiamo ancora abbastanza su cosa aspettarci. I dettagli condivisi al Comic-Con hanno suggerito che ci si concentrerà maggiormente sulla narrazione delle storyline della Fase 4, il che potrebbe essere un approccio interessante, anche se non ci fa venire voglia di saperne di più, visto che sembra che i personaggi introdotti in Black Widow ed Eternals non abbiano lasciato il segno. Abbiamo grandi speranze per What If…? quando tornerà, ma tra le voci che mettono a rischio la Marvel Studios Animation, è essenziale che la prossima stagione di episodi non ci deluda.

Echo (metà del 2023)

Per il momento non ci preoccupiamo troppo delle voci che parlano di problemi di produzione con Echo. È diventata la norma per i Marvel Studios iniziare a produrre film senza nemmeno averne chiaro il finale, e sembra che riescano a fare funzionare le cose, quindi ci fidiamo di Kevin Feige.

La domanda più importante è: perché dovrebbe esssere raccontata questa storia? Maya Lopez è stata un’ottima aggiunta a Hawkey, ma sarebbe stata sicuramente più adatta a una presentazione speciale piuttosto che a una serie televisiva completa di sei episodi. In ogni caso, non vediamo l’ora di vedere Alaqua Cox in azione e come Daredevil e Kingpin si inseriranno nel processo. Questa è una delle cose che ci emoziona di più sulla serie al momento, anche se speriamo che riesca a far conoscere Echo e a renderla una parte importante di questo mondo condiviso.

Agatha: Coven of Chaos (fine 2023/inizio 2024)

È possibile che Agatha: Coven of Chaos non uscirà prima del 2024, ma qualora dovesse debuttare nel 2023, vale la pena analizzarla. Per quanto riguarda il motivo per cui si trova praticamente a metà di questa lista, è perché la prospettiva che la storia di Agatha Harkness continui nel MCU è qualcosa che approviamo molto.

Kathryn Hahn ha rubato la scena in WandaVision e Agatha è un personaggio chiaramente in circolazione da molto tempo. Essendo in grado di illustrare il lato mistico (e mostruoso!) dell’MCU, prevediamo che questa serie sarà molto importante per il suo futuro. Secondo quanto riferito, Aubrey Plaza interpreterà il grande villain della serie, mentre Joe Locke sembra destinato a vestire i panni di Billy Kaplan, alias Billy Maximoff/Wiccan. Abbiamo aspettato di vedere lui e Speed come veri supereroi, e Agatha: Coven of Chaos potrebbe anche gettare le basi per il ritorno della Strega Scarlatta e la formazione dei Giovani Vendicatori.

Ironheart (Fine 2023)

Riri Williams in Wakanda ForeverRiri Williams ha avuto solo un piccolo ruolo in Black Panther: Wakanda Forever, ma ci ha fatti divertire molto. Speriamo che la serie Ironheart possa approfondire come e perché sia arrivata a creare la propria tuta di Iron Man, anche se crediamo che sia il conflitto al centro di questo progetto a renderlo particolarmente eccitante.

The Hood sarà il grande cattivo della serie, il che significa che vedremo scienza e magia scontrarsi per la prima volta nel MCU, dando una nuova svolta al concetto di Iron Man (Tony Stark ha trascorso la maggior parte del tempo a combattere altri uomini in armatura nei suoi film). Si dice che Ironheart vedrà anche il debutto di Mefisto, con Sacha Baron Cohen che potrebbe interpretare l’iconico cattivo. Se così fosse, si tratterebbe di una delle serie televisive più importanti dei Marvel Studios, soprattutto perché prevediamo che i demoni saranno una parte importante del futuro del MCU.

X-Men ’97 (Fine 2023)

Coloro che non sono cresciuti guardando X-Men: The Animated Series potrebbero non attendere così tanto questo titolo, ma se avete familiarità con la serie, siamo sicuri che state facendo il conto alla rovescia per X-Men ’97.

Con il ritorno della maggior parte del cast vocale originale, il seguito riprenderà alcuni punti in sospeso della trama, racconterà alcune storie che il suo predecessore non ha mai affrontato e darà una nuova veste a una serie televisiva classica. Questi sono solo alcuni dei motivi per attendere con impazienza la serie, e l’anteprima al Comic-Con non ha fatto altro che aumentare l’attesa. C’è sempre la possibilità che X-Men ’97 non sia all’altezza delle aspettative, ma considerando che lo stesso Kevin Feige ne è un fan dichiarato, non prevediamo che questo sia il caso.

Loki 2 (Metà 2023)

Tom Hiddleston LokiLoki rimane una delle migliori serie televisive dei Marvel Studios e l’unica di cui è stata ordinata una seconda stagione. Dopo aver introdotto il Multiverso, le Varianti e Colui che resta nella prima stagione, dobbiamo credere che la prossima stagione sarà altrettanto importante.

Dopotutto, il Dio dell’Inganno si è trovato bloccato in una realtà in cui la TVA è governata da Kang e, nonostante le modifiche del team creativo, prevediamo che questi episodi costituiranno una storyline chiave per la preparazione di Avengers: The Kang Dynasty. Con queste premesse, questa serie ha tutte le carte in regola per essere assolutamente vista. Sicuramente dovrà dimostrare di essere all’altezza delle aspettative, ma la seconda stagione di Loki è molto più essenziale rispetto alle altre di questa lista e, di conseguenza, si aggiudica facilmente il primo posto. Anche la presenza di Sylvie e Mobius ci incuriosisce e il trailer mostrato al D23 promette altri epici viaggi nel tempo nel 2023.

Saint Omer è il Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI

0

SAINT OMER di Alice Diop  è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione: “Una infanticida alla sbarra e una scrittrice venuta a seguire il processo, entrambe di origini senegalesi, per un film che scava nelle ferite del post-colonialismo con sguardo nuovo e rara potenza. Se i dialoghi vengono dai verbali autentici del processo, le immagini stravolgono il nostro rapporto con le culture “altre”, costringendoci a confrontarci fino in fondo con la loro ambiguità e complessità. Un viaggio vertiginoso che segna l’esordio di una promettente regista”.

Saint Omer, la recensione

Dopo essere stato presentato in concorso all’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, arriva nelle sale italiane Saint Omer, acclamata opera prima della documentarista Alice Diop (vincitrice del Premio César per il miglior cortometraggio con Vers la tendresse). Liberamente ispirato a un fatto di cronaca che ha sconvolto l’opinione pubblica francese, nel film la scrittrice Rama, in cerca di spunti per una rivisitazione del mito di Medea, segue il processo di Laurence, accusata di aver ucciso la figlioletta abbandonandola di notte su una spiaggia.

A vestire i panni di queste due carismatiche protagoniste, Kayije Kagame (vincitrice del premio Goncourt con Trois femmes puissants) e Guslagie Malanda (Mon amie Victoria), affiancate da Valérie Dréville (Suite Armoricaine) e Xavier Maly (La ragazza con il braccialetto). Vincitore a Venezia del Leone d’Argento – Gran premio della giuria e del Leone del Futuro – Premio Venezia opera prima “Luigi De Laurentiis” – nonché per la Miglior sceneggiatura al Chicago International Film Festival, come Miglior film al Gent International Film Festival, Miglior film e Miglior sceneggiatura al Sevilla International Film Festival e come Miglior film al Geneva International Film FestivalSaint Omer rappresenterà la Francia agli Oscar 2023, nella categoria Miglior film internazionale.

Il film arriverà in tutte le sale cinematografiche italiane l’8 dicembre distribuito da Medusa Film per Minerva Pictures.

Saint Omer, la trama

Tribunale di Saint-Omer. La scrittrice trentenne Rama assiste al processo di Laurence Coly, una giovane donna accusata di aver ucciso la figlia di 15 mesi dopo averla abbandonata sulla riva di una spiaggia del nord della Francia. Rama intende trarre dal caso una rivisitazione contemporanea del mito di Medea. Ma mentre il processo va avanti, nulla procede come previsto e la scrittrice, incinta di quattro mesi, si ritroverà a mettere in discussione ogni certezza sulla propria maternità.

Guardiani della Galassia Vol. 3: per Zoe Saldana, la Marvel sembra un “culto” quando si parla di segreti

0

Il teaser trailer di Guardiani della Galassia Vol. 3 è stato rilasciato durante il CCXP Brasile lo scorso giovedì, dandoci il nostro primo sguardo al ritorno della variante Gamora che è stata introdotta in Avengers: Endgame in azione.

Zoe Saldana non era obbligata a tenere nascosto il suo ruolo nel trequel di James Gunn (ha persino condiviso foto dietro le quinte su Instagram durante la produzione), ma la rigida politica di segretezza dei Marvel Studios spesso rende difficile la discussione tra gli attori in merito ai progetti imminenti, e sembra che l’attrice di Star Trek sia stata frustrata da questa difficoltà.

Durante la sua apparizione nell’ultimo episodio di Hot Ones, a Saldana è stato chiesto degli intensi livelli di sicurezza e segretezza dello studio e lei ha confermato che ci sono “vantaggi e svantaggi” nel lavorare in quelle circostanze.

“Quando lavori per la Marvel, sembra un culto, tutti dicono, ‘Cosa sta succedendo? Sono vestita di verde dopo quattro ore di trucco, dobbiamo girare qualcosa, che cos’è?’ [Ride] Questo ha vantaggi e svantaggi, il vantaggio è che conservi la sorpresa per la fine e non la rovini e il pubblico può vivere un’avventura incredibile quando va al cinema a guardarlo. Ma lo svantaggio è principalmente per l’attore, perché non sai cosa stai ricevendo, non sai dove stai andando, non sai cosa stai dicendo, non sai cosa succederà, e può essere un po’ snervante”.

Anche se alcuni cercano spoiler prima di vedere un film, la maggior parte delle persone non vorrebbe che la trama di un film venisse rovinata prima di sedersi a guardarlo, quindi i Marvel Studios hanno fatto di tutto per mantenere i loro segreti il più a lungo possibile.

Guardiani della Galassia Vol. 3, il trailer del film di James Gunn

Scritto e diretto da James GunnGuardiani della Galassia Vol. 3 arriverà nelle sale il 3 maggio 2023. Le riprese del film dovrebbero partire ufficialmente entro la fine del 2021. Torneranno nel cast Chris PrattZoe SaldanaDave BautistaPom Klementieff, Karen Gillan, Will Poulter insieme a Vin Diesel e Bradley Cooper che offriranno ancora le loro voci. Nel film è atteso anche Chris Hemsworth nei panni di Thor. Insieme a loro ci sono i nuovi arrivati ​​del MCU Will Poulter e Chukwudi Iwuji, con Poulter che ha confermato di interpretare il ruolo di Adam Warlock.

In Guardiani della Galassia Vol. 3, la nostra amata banda di disadattati ha un aspetto un po’ diverso rispetto a quanto visto fino a questo momento. Peter Quill, ancora sconvolto dalla perdita di Gamora, deve radunare la sua squadra attorno a sé per difendere l’universo e proteggere uno di loro. Una missione che, se non completata con successo, potrebbe portare alla fine dei Guardiani come li conosciamo.

Mickey 17: il teaser trailer del nuovo film di Bong Joon Ho

0
Mickey 17: il teaser trailer del nuovo film di Bong Joon Ho

Il prossimo film del regista premio Oscar Bong Joon Ho, Mickey 17, interpretato da Robert Pattinson, uscirà nei cinema nel 2024. Il film della Warner Bros. è attualmente in produzione e debutterà sul grande schermo il 29 marzo 2024, negli USA.

La storia di fantascienza è adattata dal romanzo di Edward Ashton, descritto dall’editore St. Martin Press come un thriller cerebrale di alto livello sulla scia di The Martian e Dark Matter. Pattinson interpreterà un “sacrificabile” – un impiegato usa e getta in una spedizione umana inviato a colonizzare il mondo ghiacciato di Nifheim – che si rifiuta di lasciare che il suo clone sostitutivo prenda il suo posto. I dettagli della trama del film non sono stati confermati e non è chiaro quanto Bong intenda attenersi al materiale originale. Il libro di Ashton è stato pubblicato nel febbraio 2022.

Oltre a scrivere e dirigere, Bong Joon Ho produrrà anche il prossimo film attraverso la sua società Offscreen. Altri produttori includono Dede Gardner e Jeremy Kleiner di Plan B e Dooho Choi di Kate Street Pictures. Peter Dodd supervisionerà per conto della Warner Bros.

Mickey 17 è il primo film di Bong Joon Ho dopo Parasite, che è diventato il film sudcoreano con il maggior incasso nella storia, nonché il primo film non in lingua inglese a vincere il premio al miglior film agli Oscar. Delle sue sei nomination all’Oscar, la commedia nera ha portato a casa premi per la sceneggiatura originale, la regia e il lungometraggio internazionale. Prima che Parasite diventasse un successo, Bong era noto per film acclamati come Snowpiercer, The Host, Okja e Barking Dogs Never Bite.

La Warner Bros. ha in programma diverse uscite di alto profilo per il 2024, tra cui Il Signore degli Anelli: La Guerra dei Rohirrim (12 aprile), lo spin-off di Mad Max Furiosa con Anya Taylor-Joy (maggio 24) e Joker: Folie à Deux (4 ottobre).

C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando, il documentario al cinema

C’era una volta in Italia – Giacarta, il documentario che racconta le tragiche conseguenze di un Piano di rientro che ha messo ko gli ospedali nel sud Italia arriva al cinema.  Regia di Federico Greco, Mirko Melchiorre. Un film con Vittorio Agnoletto, Michele Caligiuri, Adriano Cattaneo, Ivan Cavicchi.

Seguito ideale di “PIIGS”, documentario del 2017 degli stessi autori Federico Greco e Mirko Melchiorre, il film parte da Cariati, in Calabria, dove un manipolo di ribelli di ogni età decide di protestare come nessuno ha mai osato fare, occupando l’ospedale con l’obiettivo di ottenerne la riapertura. Nel frattempo alcuni dei più importanti intellettuali, medici, esperti e attivisti italiani e internazionali svelano le vere responsabilità locali e globali dell’attacco alla salute pubblica, e sostengono la lotta di Cariati. La sanità pubblica in Italia è infatti ridotta al lumicino da decenni di tagli al bilancio e privatizzazioni. Il “Piano di rientro” che ha decretato nel giro di una notte la chiusura dell’ospedale di Cariati (e di altri 18 ospedali soltanto in Calabria) è lo specchio di un’epoca nella quale il diritto alla salute è sempre meno garantito. In sala dal 5 dicembre 2022 distribuito da Fil Rouge Media, partendo dalla Calabria.

Ghostbusters: Legacy, confermato il cast e annunciato il regista per il sequel

0

Dopo aver rilanciato con successo il franchise con Ghostbusters: Legacy del 2021, Sony Pictures sta intensificando la pre-produzione del sequel con lo sceneggiatore e produttore esecutivo del film Gil Kenan pronto a prendere le redini della regia. Fonti dicono a Deadline che Jason Reitman, che ha diretto il precedente film, passerà al ruolo di scrittore-produttore insieme al co-sceneggiatore Kenan e Jason Blumenfeld. Gli addetti ai lavori aggiungono che l’ensemble Ghostbusters: Legacy che include Paul Rudd e Carrie Coon tornerà nel sequel.

“È un vero onore prendere in mano lo zaino protonico e mettersi dietro la macchina da presa per il prossimo capitolo della saga della famiglia Spengler”, ha dichiarato Kenan. “Vorrei solo poter tornare al 1984 e dire al ragazzo nella sesta fila del Mann Valley West che un giorno avrebbe diretto un film di Ghostbusters”. Sebbene non si sappia molto del sequel, le fonti affermano che il piano è di tornare a New York City e all’iconica caserma dei pompieri resa famosa nei film originali di Ghostbusters. L’uscita è prevista per dicembre 2023.

“Alcuni anni fa, mio padre mi ha consegnato le chiavi di Ecto-1, e insieme abbiamo realizzato Ghostbusters: Legacy”, ha detto Reitman. “Le parole non esprimeranno mai quanto sono grato di aver fatto un film con mio padre al mio fianco. È giunto il momento di consegnare quelle chiavi al mio partner creativo e collega Ghostbuster Gil Kenan, un brillante regista che manterrà vivo lo spirito di Spengler. Posso solo sperare di fornirgli la stessa cura produttiva e il supporto che mio padre ha mostrato a me”.

È stata una priorità assoluta per Sony mettere un sequel in produzione dopo che Ghostbusters: Legacy, l’ultimo sequel dell’iconico film del 1984, è diventato un successo con la sua uscita nel novembre 2021. Diretto e co-scritto da Jason Reitman, e prodotto esecutivamente e co-scritto da Kenan, il film si è aperto mentre la pandemia si stava esaurendo con ottimi risultati che includevano un weekend di apertura da 44 milioni di dollari. Il film ha incassato più di 200 milioni di dollari in tutto il mondo.

Margot Robbie vuole ancora una storia d’amore tra Harley Quinn e Poison Ivy

0

Margot Robbie vuole ancora realizzare una storia d’amore tra Harley Quinn e Poison Ivy nell’Universo DC. Robbie è apparsa per la prima volta nei panni di Harley Quinn nel film Suicide Squad del 2016, e la buona accoglienza del suo personaggio, nonostante il cattivo esito del film, l’ha portata a ricomparire nei panni della villain DC in Birds of Prey (e la fantastica emancipazione di Harley Quinn) del 2020.

Il film ha allontanato la Quinn di Robbie dal tono più oscuro di Suicide Squad, e l’ha trasformata in un personaggio più amante del divertimento, forte e indipendente, come appare spesso nei fumetti e come poi è apparsa anche in The Suicide Squad di James Gunn. Accanto alla controparte a fumetti di Harley c’è Poison Ivy, un altro cattivo dell’universo di Batman, che alla fine diventa la fidanzata di Harley sia nei fumetti che nella serie televisiva animata Harley Quinn. Ad oggi, Poison Ivy non è stato ancora introdotta nel DCU.

In un’intervista con ComicBook.com, Margot Robbie afferma di aver “spinto” per anni per una storia d’amore tra Harley e Ivy. Robbie dice anche che quando immagina la sua Harley insieme a Ivy, immagina la Poison Ivy dei fumetti, piuttosto che una qualsiasi attrice in particolare. “Ho spinto per questo per anni. Non posso dirti quanto ho spinto per questo. Lo voglio anch’io. Onestamente, quando l’ho immaginato, mi immagino sempre una Poison Ivy come nei fumetti. Non so davvero immaginare un’attrice che possa interpretarla, ma sono d’accordo, sarebbe così bello”.

Al momento, Margot Robbie divide il ruolo di Harley Quinn con Lady Gaga, che interpreterà il personaggio nel sequel di Joker, acanto a Joaquin Phoenix. Non sappiamo ancora cosa accadrà al futuro del personaggio di Margot Robbie, ma con James Gunn al timone del DCU, è probabile che l’attrice tornerà nel ruolo.

Heartbreak high: recensione della nuova serie Netflix

Heartbreak high: recensione della nuova serie Netflix

Approdato sulla piattaforma streaming il 14 settembre, Heartbreak high è una nuova serie australiana, ideata da Hannah Carroll Chapman; si tratta di un reboot della omonima serie andata in onda dal 1994 al 1996 sul canale australiano Network ten, e poi dal 1997 al 1999 su ABC, per un totale di ben sette stagioni. La sua serie gemella del 2022 è al momento formata da una sola stagione di otto episodi, da circa 50 minuti l’uno. Nel cast ritroviamo figure nuove ed emergenti, come l’attrice Ayesha Madon, Chloe Hayden e James Majoos. La serie è stata da subito accolta in maniera positiva dalla critica per le tematiche trattate.

Heartbreak high, dalla mappa degli incesti ai triangoli amorosi

La Hartley sembra essere un liceo come un altro, con gli stessi gruppi: le ragazze popolari, la squadra di basket con i ragazzi più affascinanti, gli invisibili. Con la scoperta della “mappa degli incesti” tutto cambia. Si tratta di una mappa disegnata da Harper (Asher Yasbincek) ed Amerie (Ayesha Madon), una coppia di amiche inseparabili. Questa  rappresenta tutte le relazioni amorosi ed eventuali rapporti sessuali avvenuti nella Hartley high. Tutti gli studenti presenti sulla mappa sono costretti dalla preside a seguire un corso di rieducazione alla sessualità. Amerie diventa l’esclusa, la ragazza più odiata. Senza un apparente motivo, viene respinta anche dalla sua miglior amica Harper, pur essendosi Amerie presa tutta la responsabilità della mappa. Le relazioni tra i ragazzi della Hartley si faranno sempre più confuse. Si creeranno nuove coppie come Quinni, una ragazza molto stravagante e autistica, e Sasha, una delle ragazze popolari della scuola. I pettegolezzi sulle esperienze negative e sulle tresche che dovevano rimanere segrete non tardano a correre per la Hartley. I rapporti tra gli studenti si incrineranno ulteriormente, specialmente tra Harper e Amerie.

Heartbreak high

Un teen drama con una venatura comica

Heartbreak high è una serie molto rilevante come serie per le tematiche che vengono trattate. Ci si riferisce a tutta una serie di problematiche che caratterizzano ancora la nostra società. In particolare, vengono presentati il tema del consenso e della violenza sessuale; delle discriminazioni perpetrate dagli agenti di polizia nei confronti delle persone di colore, in questo caso Malakai (Thomas Weatherall), discendente dai nativi australiani. A questo proposito, dopo l’episodio di violenza subito, Malakai verrà appoggiato da alcuni ragazzi per riscoprire le sue origini e superare al meglio l’accaduto. Centrale diventa anche l’elemento della violenza domestica, pur non essendo presente chiaramente nelle prime puntate.

Un fattore fortemente a favore di Heartbreak High è l’inclusività nella delineazione dei personaggi. Darren, ad esempio è non binario. Nel seguire le sue vicende, ci vengono presentate tutte le problematiche, ed a volte sofferenze, con cui una persona non binaria deve convivere nella sua vita. Partendo dai problemi con i genitori, i quali, pur cercando di aiutarlo ed appoggiarlo nelle sue scelte, non lo comprendono, ad essi si aggiungono anche tutte le varie battute degli altri ragazzi a scuola.

Un altro personaggio che incarna lo spirito di inclusività di questa serie è Quinni, ragazza affetta da un disturbo nello spettro dell’autismo. Pur non dimostrando all’esterno solamente una certa eccentricità nel trucco e nel comportamento, ci sono delle situazioni in cui questa sua differenza è più nota, fino a sembrare a persone come Sasha troppo ingombrante.

Pur affrontando tutte queste problematiche sociali, Heartbreak high non cade nei soliti cliché e, soprattutto, riesce a mantenere una certa vena di comicità che rende la serie semplice e piacevole da seguire.

Heartbreak High is the new Sex Education

Un critico più attento non tarderebbe a trovare una grande pecca in questa serie: la mancanza di originalità. Molte di queste tematiche trattate, infatti, sono già approdate e consolidate su Netflix con una ben più nota serie tv: si tratta di Sex Education. L’educazione alla sessualità, la presenza di personaggi LGBTQI+, la violenza sessuale sono gli elementi fulcro della serie britannica.

Ad ogni modo, pur non mantenendosi nella totale originalità, Heartbreak high ha ugualmente una sua rilevanza. Quando si tratta di problematiche così serie ed importanti anche per i giovani, le serie tv possono essere un abile strumento per trasmettere i giusti messaggi.

Riguardo invece alla “mappa degli incesti” ed alle liti scaturitesi, questo ricorda molto una scena di quello che potrebbe essere considerato il cult dei teen movie: sto parlando di Mean Girls. Verso la fine del film, infatti Regina George, interpretata da Rachel McAdams, diffonde tutta una serie di gossip creando liti e risse, mettendo in subbuglio la scuola proprio come fa la mappa alla Hartley.

Dynasty 5: recensione della quinta stagione della serie Netflix

Dynasty 5: recensione della quinta stagione della serie Netflix

Nel ventaglio di proposte di Netflix è approdato Dynasty 5, l’ultima stagione del reboot basato sulla serie omonima degli anni ’80 andata in onda dal 1981 al 1989 su ABC. Complice il calo di ascolti, e considerato anche il periodo ballerino della The CW nel periodo di vendita, il 12 maggio del 2022 è stata dichiarata la cancellazione.

Sull’emittente americana, la complessa storia della famiglia Carrington si è conclusa prima dell’estate e ora, su Netflix Italia, seppur non sia stata rinnovata, si è posizionata nella Top 10 delle serie TV più viste.

Dynasty 5, la trama

La quarta stagione si era conclusa con Fallon (Elizabeth Gillies) ferita da un proiettile da arma da fuoco. Dopo il suo tradimento con Colin, il matrimonio con Liam (Adam Huber) è sul filo del rasoio. I due cercano un modo per ritrovarsi e recuperare quel che hanno perso. Nel frattempo Blake (Grant Show) è impegnato nell’inaugurazione del Joseph Anders Airport insieme alla moglie Cristal (Daniella Alonso).

Alexis (Elaine Hendrix) è sempre più decisa a sostenere la sua nuova azienda con il figlio Adam (Sam Underwood), mentre Dominique (Michael Michele) si impegna per metterle i bastoni fra le ruote. Le dinamiche fra i Carrington cominciano a farsi sempre più bollenti, provocando una serie di rotture nella famiglia che culminano nel finale in una grande sorpresa.

I Carrington: una famiglia dalle mille sfaccettature

Dynasty 5 presenta una trama decisamente corale. Tutti i personaggi sono posizionati sulla scacchiera in maniera ordinata e ognuno di loro ha una trama specifica ed esaustiva. Seppur siano tutti dotati di una storia e caratteristica specifica, che si intreccia perfettamente alle altre sotto-trame, è pur vero che alcune di queste risultino abbastanza superflue e non aggiungano niente di più a quella principale.

In particolar modo, nella carovana dei personaggi che devono trovare il loro posto nel mondo, quella di Michael Culhane è retta da dinamiche molto deboli. Il personaggio si è già sufficientemente esaurito nelle stagioni precedenti, e il suo progredire nella storia appesantisce di parecchio la fluidità della trama.

Dynasty 5 si attorciglia nella rete dell’amore, del potere, dell’intrigo e della passione. Sono proprio i continui cliffhanger che costellano tutta la diegesi della serie che costituiscono la sua carta vincente. La famiglia Carrington viene rappresentata in tutte le sue sfaccettature. Si sbriciola man mano che gli eventi prendono forma, per poi unirsi nuovamente nella risoluzione. Ogni suo membro è completo, si è snodato nelle difficoltà della vita, le ha affrontate e ne è riemerso ogni volta con un valore aggiunto.

Fallon, donna, moglie e madre

Il personaggio meglio delineato e strutturato è di sicuro Fallon Carrington. Il percorso che lei affronta, sia dentro di sé che nella società, la rende una persona realizzata al cento per cento. Fallon è la rappresentazione della donna che si mette in discussione, che sbaglia, cerca di risolvere il problema, e combatte sia per garantirsi il suo posto nel mondo sia per tutelare la sua famiglia.

Il viaggio che intraprende alla ricerca di ciò che realmente la appaga, la rende in questa stagione il personaggio più forte, oltre che quello maggiormente risoluto. È la prova concreta che nella vita non bisogna mai arrendersi e che gli ostacoli si possono superare, l’importante è credere realmente in essi e non perdere di vista l’obiettivo.

Insieme a Fallon vengono affrontati molti temi attuali: la donna nel matrimonio e nel lavoro, l’infertilità, la lotta per avere un figlio e la malattia. Interpretata da una superba Elizabeth Gillies, Fallon, battaglia dopo battaglia, riesce a trovare la strada che la riconduce a se stessa, alla sua versione migliore e più adulta, in un’evoluzione prorompente del suo personaggio. Dynasty 5 è giunto alla fine. Ciò che rimane però è il suo insegnamento: non importa cosa la vita ti ponga davanti, se si ha la famiglia accanto tutto si può superare.

Robert Downey Jr. rivela cosa gli manca del MCU

0
Robert Downey Jr. rivela cosa gli manca del MCU

Robert Downey Jr. rivela cosa gli manca di più dell’essere parte del Marvel Cinematic Universe. Downey Jr. ha recitato nel primo capitolo del MCU, il film Iron man del 2008, e sarebbe poi apparso in un totale di 11 film del franchise. Interpretando il genio miliardario Tony Stark, Downey Jr. ha recitato in tre film di Iron Man e quattro film di Avengers, rendendo Tony uno dei personaggi più centrali del MCU.

Dopo 11 anni nel MCU, Downey Jr. è uscito dal franchise quando Tony si è sacrificato in Avengers: Endgame del 2019, il film finale di The Infinity Saga. Anche dopo la morte di Tony, la sua influenza continua nel MCU, con il suo sacrificio spesso citato nei successivi film Marvel. Tuttavia, Robert Downey Jr. non è effettivamente apparso in un film Marvel dal 2019.

In un’intervista con Deadline, in occasione della presentazione del suo nuovo film Sr., Robert Downey Jr. rivela cosa gli manca di più dell’MCU: dice che gli manca “essere in trincea” con il presidente dei Marvel Studios Kevin Feige per così tanti anni e fare viaggi con ogni regista di Iron Man. Continua anche a lodare i registi Jon Favreau, Shane Black e i fratelli Russo, ognuno dei quali ha reso memorabile il tempo di Downey Jr. nel MCU e che lo ha aiutato ad abbracciare Tony Stark dall’inizio alla fine.

“Cosa mi manca di più? Essere in trincea con Kevin Feige per tutto il tempo; l’inizio, con Jon Favreau, ora è come un bel sogno; al centro, con Shane Black in Iron Man 3, avevamo appena avuto Exton e l’abbiamo girato principalmente a Wilmington N.C. Era idilliaco e sovversivo. E la fine, quando mi sono reso conto di aver così tanti amici intimi nel cast del MCU, e i fratelli Russo che mi hanno aiutato ad abbracciare l’arco narrativo di Tony.”

Tutto chiede salvezza: recensione della serie Netflix con Federico Cesari

Francesco Bruni firma le sette puntate della nuova serie italiana che esce dal 14 ottobre in esclusiva su Netflix. Tutto chiede salvezza è il titolo, ed è la libera trasposizione del romanzo di Daniele Mencarelli, grazie al quale nel 2020 è stato vincitore del Premio Strega Giovani.

La storia parla di Daniele (Federico Cesari) che si ritrova improvvisamente legato sul lettino di un ospedale accanto a gente ben poco raccomandabile (Vincenzo Nemolato e Vincenzo Crea), inizia a dimenarsi ma gli serve a ben poco. Viene accolto dalla rudezza dell’infermiere Pino (Ricky Memphis) che gli dice solo che ha ricevuto un trattamento sanitario obbligatorio. E tanto basta.

Sette sono le puntate di Tutto chiede salvezza, come i giorni che Daniele passerà in TSO. Lui non ricorda nulla, è disperato, è rinchiuso – letteralmente – in una gabbia di matti e i suoi familiari si negano al telefono. Lentamente inizierà un percorso, sarà inevitabile e forzato – chiaramente – ma da lì si aprirà una strada inaspettata che lo porterà dentro le caverne inesplorate dentro di sé, ma dalle quali scoprirà nuovi fasci di luce che nella sua vita ordinaria non avrebbe mai scoperto.

È dolce e cadenzato lo stile delle prime due puntate, si avanza con calma verso il terrore della contenzione, scendendo sempre più giù, nella disperazione di dover stare con se stessi, con quelle parti ancora sconosciute. Ma Francesco Bruni, che ha anche scritto la sceneggiatura (insieme all’autore del romanzo, a Daniela Gambaro e a Francesco Cenni), riesce a risalire subito verso la leggerezza, appena l’aspetto drammatico inizia a diventare poco sostenibile. Così facendo si è progressivamente accompagnati nella storia e nella mente di Daniele, senza un impatto traumatico con l’impotenza davanti a una malattia apparentemente invisibile. Al contrario, grazie alle continue note ironiche di sottofondo, l’andamento delle scene è sempre modulato, e fa affezionare con facilità sia al protagonista che agli adorabili comprimari (Andrea Pennacchi, Lorenzo Renzi, Bianca Nappi, Flaure BB Kabore).

Tutto chiede salvezza, la serie Netflix

Tutto chiede salvezza è dunque la parabola di una vita e, in tal senso, è perfetta la coincidenza del numero di puntate con i giorni di cura del ragazzo. Come per la creazione nel libro della Genesi, e così per la struttura del viaggio dell’eroe, Daniele arriva informe, immerso nel caos e nel buio dello scoprirsi sconosciuto a se stesso, per poi ritrovare una forma e una compiutezza, nell’incessante scambio con i suoi compagni di stanza e Nina (Fotinì Peluso). Già, perché non c’è salvezza – evidentemente – senza amore.

La resa cinematografica della storia della rinascita del protagonista, mette in scena i movimenti necessari che sfuggono alla routine quotidiana: l’interdipendenza naturale tra l’individuo e la collettività. Non c’è l’uno senza l’altra. Non è possibile inserirsi in contesto sociale innescando dinamiche sane, quando non si ha la piena coscienza e stima di sé.

Ma, fortunatamente, la serie riesce a parlare di tutto restando a debita distanza dalla pesantezza. In tal senso gli attori hanno un effetto centrale con l’interpretazione dei ruoli affidatigli. Chi, probabilmente, subisce di più la fatica del dover assemblare una maggior quantità di aspetti contraddittori è Federico Cesari. Il suo Daniele è uno scanzonato romanaccio, ma al contempo un animo sensibile, grezzo, aggressivo ma impaurito. Una prova attoriale complessa che talvolta non fa gettare il ragazzo fino in fondo alle viscere del personaggio.

Ad ogni modo importa poco. A chiedere la salvezza è ognuno dei personaggi raccontati nella serie: un microcosmo che svela la trasparenza della verità che chiunque si porta dietro. Non è possibile sfuggire (d)a se stessi, e meno male che è così. Questa storia mette in scena quanto, a volte, è dalla situazione più maledetta che si rinasce davvero. Dopotutto: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.

Romulus II – La guerra per Roma: recensione dei primi due episodi della seconda stagione

Roma è un cucciolo di lupa, ma crescerà e divorerà tutto ciò che la circonda. È un monito quello che apre la seconda stagione di Romulus (qui la recensione della prima stagione), la serie ideata da Matteo Rovere a partire dal suo film Il primo re. Se nella prima stagione si erano seguiti i processi che hanno portato alla formazione dei protagonisti e della mitica città, in questa seconda il cuore narrativo è invece rivolto alla volontà di Roma e i suoi abitanti di ottenere i giusti riconoscimenti, difendere i propri confini e prosperare in un territorio quanto mai selvaggio e brutale. Con Romulus II – La guerra per Roma, si entra dunque nel vivo dell’epico racconto concepito da Rovere.

Rincontriamo dunque i protagonisti lì dove li avevamo lasciati. Wiros e Yemos sono i re di Roma, un co-reggenza che genera non poche confusioni in chi è abituato a relazionarsi con un solo sovrano, specialmente considerando che Yemos è un ex schiavo. La nascita della nuova città, in particolare, va molto poco a genio a Titos, re dei Sabini, tanto giovane quanto crudele, il quale non tarderà a lanciare una violenta sfida per la supremazia. Ora che la guerra sembra dunque inevitabile, Roma e il suo popolo dovranno dimostrare di essere all’altezza delle voci sul loro conto.

Aria di guerra a Roma

L’atmosfera su cui si apre Romulus II è dunque un’atmosfera particolarmente cupa, con uno scontro che si comprende essere inevitabile e che rappresenterà il climax della stagione. Con i due episodi mostrati in anteprima nel corso della Festa del Cinema di Roma si entra quindi all’interno di una serie di giochi di potere che rendono i rapporti tra tutti i personaggi particolarmente tesi. Lo scontro vero e proprio, infatti, arriverà probabilmente non prima degli ultimi episodi, in attesa dei quali le due fazioni dovranno però armarsi e prepararsi alla guerra, ricercando alleati o le giuste strategie per poter sperare di vincere.

La Roma di Wiros e Yemos è infatti isolata, essendosi inimicata tutti i popoli circostanti. È una città appena nata e già apparentemente condannata ad una sconfitta certa. È dunque compito dei due re trovare il modo per scongiurare tale esito, dimostrando di non aver dato vita ad un mero fuoco di paglia. Si parla dunque di onore, di bisogno di superare le aspettative e affermarsi contro tutto e tutti. I primi due episodi di otto appaiono particolarmente concentrati nel trasmettere tutto ciò, densi di eventi realmente significativi allo sviluppo tanto del racconto quanto della psicologia dei personaggi.

A spiccare in particolare è però il Titos interpretato dal giovane Emanuele Di Stefano, attore apparso anche in La scuola cattolica e Il filo invisibile. Il suo re è un giovane capriccioso e viziato e che proprio per ciò può rivelarsi più pericoloso di quanto la sua fisicità esile lascerebbe immaginare. Bastano due episodi a Titos per ambire dunque ad essere la vera star di questa stagione. Accanto a lui, degne di nota sono anche le interpretazioni di Andrea Arcangeli nei panni di Wiros e di Marianna Fontana in quelli della guerriera Ilia.

Romulus-II-recensione

Romulus II e quella crescente cura per i dettagli

L’impressione, dunque, è che tutti questi giovani personaggi si troveranno in questa stagione ad un bivio, che li porterà a crescere e prendere percorsi di vita tutt’altro che indolori. Le loro interpretazioni sono certamente aiutate anche da una maggiore cura nelle scenografie, nei costumi e nel trucco. Ancora una volta Romulus si dimostra una serie ambiziosa da questo punto di vista, che trova proprio nella sua estetica un elemento di forte vanto. Tutti questi elementi combinati insieme sono poi ovviamente funzionali per trasmettere quel senso di arcaicità che tanto contribuisce al fascino della serie.

Tra riti pagani, messe propiziatorie e sacrifici agli dèi, Romulus II si preannuncia ancor più violenta, barbarica, con sequenze d’azione che non si risparmiano neanche sui dettagli più crudi. Matteo Rovere, che dirige i primi due episodi, sembra dunque aver voluto puntare ancor più in alto rispetto a quanto fatto con la prima stagione. D’altronde, per quanto la meta di questa serie possa essere tutto sommato anticipabile, è il percorso nel mezzo che può regalare sorprese interessanti. Tra affascinanti descrizioni del contesto e personaggi sempre più carichi di emotività, ci sono tutte le premesse per poter assistere a qualcosa di molto forte.

Django – La serie: recensione del western di Francesca Comencini

Django – La serie: recensione del western di Francesca Comencini

Django – La serie, con la direzione artistica di Francesca Comencini, regista dei primi quattro episodi, è un progetto internazionale ambizioso, coproduzione Italia – Francia e Sky Original, cast stellare e variegato, che un primo risultato lo ha già prodotto. In occasione della presentazione al pubblico, infatti, la direttrice artistica della Festa del Cinema, Paola Malanga, unitamente alla presidente della giuria del concorso principale, Marjan Satrapi, hanno consegnato a Noomi Rapace, che di Django è l’antagonista, il Premio alla Carriera  – Progressive Lifetime Achievement Award, dedicato alle figure che, “pur avendo iniziato la loro carriera non da molti anni, hanno già lasciato il segno”, ha spiegato Malanga. Nel ringraziare per il premio ricevuto, di cui si è detta onorata, Noomi Rapace ha voluto così lanciare il proprio messaggio di solidarietà alle donne iraniane che stanno dando vita alle proteste di questi giorni: “Ho solo tre parole da dire: donna, vita, libertà”.

La trama di Django – La serie

New Babylon è una città americana, nata in un cratere nel 1872. Accoglie tutti, affinché tutti siano liberi e uguali. John Ellis, Nicholas Pinnock, ne è la guida. Qui arriva Django, Matthias Schoenaerts, in cerca degli assassini della sua famiglia. Vi trova sua figlia Sarah, Lisa Vicari, che credeva morta. Poco lontano da New Babylon si trova Elmdale City. Le due città sono rivali, quanto lo sono le concezioni di chi le guida. John Ellis accoglie chi ne ha bisogno, senza giudizi morali. Così trovano rifugio a New Babylon prostitute, galeotti e soprattutto neri, altrove discriminati. A Elmdale, invece, tutti obbediscono alla signora Thurman, Noomi Rapace, acerrima nemica di Ellis, fervente cattolica con zelo moralizzatore, che per le sue convinzioni non esita a mettersi a capo di una confraternita. Una sorta di corpo speciale di giustizieri, che si propongono di far rispettare i principi in cui credono, con qualunque mezzo. Django si troverà al centro della lotta fra le due città e troverà il modo di farsi accogliere a New Babylon, per stare vicino a sua figlia e tentare di recuperare il rapporto con lei, che ritiene il padre responsabile dello sterminio della loro famiglia.

Django - La serie noomi rapace

Da Gomorra a Django con un cast internazionale

Dopo aver diretto con successo alcuni episodi di Gomorra – La serie, Francesca Comencini torna a lavorare sulla serialità. Stavolta, ispirandosi liberamente al western di Sergio Corbucci, Django, che fu un vero cult. Per quest’avventura, che la regista ha pensato come omaggio al western, ma anche rivolta all’oggi, Comencini fa certamente tesoro dell’esperienza di Gomorra e porta con sé parte di quel team. La serie in dieci episodi è infatti creata e scritta da  Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli. Con loro, Francesco Cenni, Michele Pellegrini e Max Hurwitz. Alla regia – Comencini dirige i primi quattro episodi – anche  David Evans Downtown Abbey – e Enrico Maria ArtaleRomulus – La serie. Per quel che riguarda gli attori, oltre ai nomi succitati, troviamo Jyuddah James, Benny O. Arthur ed Eric Kole, che interpretano i figli di John Ellis, ma vi sono anche diverse presenze italiane: da Vinicio Marchioni, a Franco Nero, che compare in un cameo, a Manuel Agnelli.

Stile e ritmo in Django – La serie

È stata certo una bella sfida adattare uno spaghetti western degli anni Sessanta, già oggetto di rifacimenti e omaggi, al linguaggio moderno della serialità. Comencini l’ha condotta con grande perizia, dandogli una veste nuova, adatta ad un pubblico giovane e internazionale. Come per altre grandi produzioni seriali nostrane della storia recente – basti pensare a Gomorra e Romulus – la spettacolarizzazione è un aspetto molto presente. Serve a portare quel tipo di pubblico dentro la storia, per poi fidelizzarlo grazie all’approfondimento delle vicende dei singoli personaggi. Dunque, sfide, sparatorie, scene cruente non mancano. Si privilegiano i primi piani molto stretti e c’è molta attenzione ai dettagli. L’ambientazione americana è ricreata in Romania in modo molto accurato e con un efficace lavoro di scenografie e costumi, per rendere tutto il più verosimile possibile. La regista sa destreggiarsi bene in questo campo, dominando anche le scene d’azione, cui riesce a conferire il giusto ritmo.

Django - La serie lisa vicari

La forza delle donne

A sorpresa, ma forse non troppo, visto che dietro la macchina da presa e alla direzione artistica del progetto c’è una donna, la vera forza di Django – La serie, sono proprio le figure femminili. Comencini punta convintamente su di loro. I personaggi femminili sono quelli che colpiscono, lasciando il segno nello spettatore, restando impressi per coraggio, forza d’animo, anche spietatezza, come nel caso della Signora Thurman interpretata da Noomi Rapace, ma non senza le loro fragilità. Così anche per la talentuosa Lisa Vicari, che interpreta Sarah, la figlia di Django. Sono loro, più che Matthias Schoenaers o Nicholas Pinnock, le vere protagoniste di questa storia, simboli dell’eterna lotta tra bene e male, sebbene non vi sia una visione così rigidamente manichea. Il Django di Schoenaers Un sapore di ruggine e ossa, The Mustang – sbiadisce al confronto. Anche questo, forse, un segno dei tempi.

Dopo il Django di Corbucci e quel tributo eccentrico e appassionato che è stato Django unchained di Quentin Tarantino, un film culto dell’era western italiana si rinnova ancora, assumendo  una forma più congeniale a questi tempi. Prodotto da  Cattleya, Atlantique, Sky Studios e Canal+, Django – La serie, sarà visibile in esclusiva su Sky dal 2023 e in streaming solo su NOW.

The Watcher: recensione della serie Netflix

The Watcher: recensione della serie Netflix

Ryan Murphy continua a galoppare verso il successo della serialità e lo fa con The Watcher, mini-serie true crime basata sulla reale storia della famiglia Broaddus, che nel 2014 acquistò una casa nel New Jersey iniziando a ricevere strane lettere da una persona che si firmava “L’Osservatore”.

Dopo il successo di Dahmer, che aveva conquistato il podio di Netflix, anche The Watcher riesce ad ottenere un punteggio da capogiro e si piazza immediatamente, come il suo “predecessore”, fra le serie più viste sulla piattaforma streaming. Indice che la firma di Murphy, insieme a Ian Brennan, lascia sempre il segno.

The Watcher, la trama

Dean (Bobby Cannavale) e Nora (Naomi Watts) Brannock si trasferiscono insieme ai figli nel New Jersey a seguito di un investimento dell’uomo per l’acquisto di una suggestiva e antica casa: la 657 Boulevard. Sin dal loro arrivo nella cittadina, i coniugi sono oggetto di giudizio e osservazione da parte dei loro singolari vicini, i quali non apprezzano molto la loro presenza in quell’abitazione.

Non appena la famiglia Brannock inizia a prendere confidenza con la casa, alcune lettere sinistre iniziano ad arrivare nella cassetta della posta, infrangendo come un vaso di vetro la loro placida quotidianità. Il mittente è sconosciuto, si fa chiamare l’Osservatore. La disperata ricerca della sua identità inonderà di disperazione e paranoie la vita dei Brannock, rompendo anche il precario equilibrio che hanno con gli abitanti del loro vicinato.

The Watcher mia farrow

Ossessione e avidità, il vero baricentro del true crime

The Watcher a primo impatto può sembrare una serie tv ibrida: un thriller che si modella con l’aggiunta di componenti horror. Seppur la trama abbia dettagli simili al genere, l’orrore non si riscontra nei jump scare o nella presenza di elementi sovrannaturali, bensì nell’avidità e nell’ossessione insita nei personaggi. Sono queste caratteristiche a costituire la cifra dominante della trama, e a muovere i protagonisti all’interno della scacchiera nell’incessante tentativo di farli cadere. Di fargli compiere quella mossa sbagliata che decreterà la conclusione di ogni cosa. Quello che l’Osservatore sottolinea spesso, sin dalla prima lettera, è proprio l’avidità, una costante di tutti i proprietari della 657 Boulevard. E questa avidità è madre dell’ossessione di tenere a tutti i costi una casa problematica, ma talmente bella e costosa da non potervi rinunciare.

Partendo dall’Osservatore, ci si addentra in una profondità molto più oscura, il vero abisso, che è quello della finzione. Colui che guarda la famiglia Brannock è un occhio che diventa Lo sguardo di una società improntata sull’apparenza della ricchezza, nonostante questa non sia supportata da un’economia familiare stabile. Dean Brannock è la rappresentazione massima di un uomo che vuole essere ciò che non può, e che sprofonda nella dissennatezza non appena cerca di farlo. Eccole lì, quindi, avidità e ossessione. Due facce della stessa medaglia che portano su un piatto il fulcro di The Watcher: la doppiezza del genere umano.

Una struttura narrativa fragile

Murphy ha impiegato ben poco a sistemare l’incidente scatenante nello sceneggiato, tanto da fondersi con l’incipit. L‘arrivo delle lettere, infatti, aggancia immediatamente lo spettatore, sia in termini di emotività che di razionalità. Subito si chiede: cosa farà ora la famiglia Brannock? Un espediente narrativo costruito in maniera semplice ma efficace, che provoca una scissione in chi osserva: vuole sapere, ma ha l’ansia di saperlo. La spina dorsale impiantata nella storia – ossia il desiderio profondo e lo sforzo del protagonista per ripristinare l’equilibrio nella propria vita – è affidata quasi in toto a Dean. È lui il primo a venire inghiottito dai misteri della casa e dalle inquietanti lettere che ogni giorno trova nella cassetta della posta. Beat dopo beat il protagonista si consuma nel vano tentativo di rincorrere una verità che viene continuamente nutrita di indizi volti a depistarlo.

In un découpage molto classico, la macchina da presa inizia progressivamente ad essere quell’osservatore non desiderato che si infila non solo nella vita del personaggio, ma anche nella sua mente. Ne capta i pensieri, le ossessioni, le follie. Quasi quanto Dean, anche Nora comincia a brancolare nel buio e nella disperata ricerca di stanare il colpevole. I figli rimangono presenze marginali nell’evolversi della trama, privi di personalità ma anche di parti cruciali nella sceneggiatura. Un elemento di troppo, ma di cui alla fine non ci si accorge neppure se non per quelle poche volte che il padre mostra una morbosa gelosia nei confronti della figlia. Il problema però arriva dopo.

I primi episodi sono, in termini narrativi, strutturalmente furbi, e riescono a far progredire la storia con un ritmo incalzante e veloce. La tensione è palpabile. Murphy la scatena facendo credere allo spettatore di aver risolto lui stesso il caso, deve solo aspettare di vederlo. E seppur vengano inserite sequenze e sotto-trame fatue che annichiliscono i personaggi, l’attenzione rimane alta fino alla fine poiché la tecnica del mostrare è ipnotizzante. Ma quando i titoli di coda compaiono, e si riavvolge il nastro per ripercorrere tutta la trama, quello che resta è il vuoto totale. La “chiusura” di The Watcher è indecifrabile. Ciò che disturba è aver dato troppi elementi inutili e pochi indispensabili per poter davvero apprenderne l’intreccio. I protagonisti sono stati trascinati con forza all’episodio conclusivo, e sono stati sgonfiati di qualsiasi loro caratteristica e motivazione. Quando la carne si lascia per troppo tempo sulla brace, rischia di carbonizzarsi.

Lo “sbriciolamento di trama” di The Watcher si nasconde fino all’ultimo. Murphy è stato maestro nel non permettere di abbandonare la storia, perché stregati dal suo stile, facendo credere che il “bello dovesse ancora arrivare”. E non arriva mai. Ma è proprio questa la bravura dei registi di un certo spessore: continuare a tenere incollato lo spettatore seppur il prodotto non stia più eccellendo. È pur vero però che sarebbe stato meglio fermarsi qualche puntata prima.

INVERSO – The Peripheral: recensione della serie Prime Video con Chloë Grace Moretz

A colmare almeno in parte tale lacuna arriva INVERSO – The Peripheral, serie prodotta da Amazon Prime Video che vede protagonisti Chloë Grace Moretz e Jack Reynor, con il supporto prezioso di Eli Goree, Gary Carr, Chris Coy e soprattutto T’Nia Miller.

INVERSO – The Peripheral – la trama

Difficile, quasi impossibile riassumere la storia dello show, tanto complessa e articolata si rivela la trama dell’adattamento da Gibson. Al centro della storia ci sono i due fratelli Flynne (Moretz) e Burton Fisher (Reynor), i quali attraverso un meccanismo di (presunta) realtà virtuale si trovano coinvolti in un intrigo più grande di loro, un gioco di potere che coinvolge criminali, assassini, marchingegni  che posseggono il potere di trasferire la mente di una persona non soltanto in un corpo diverso, ma anche in un altro tempo.

Diviso in due ambientazioni molto precise e antitetiche tra loro, INVERSO – The Peripheral possiede almeno in parte quello che la fantascienza e in generale ogni prodotto fantastico dovrebbe avere, ovvero una messa in scena che si fa metafora capace di diventare specchio del nostro tempo. Da una parte c’è l’America rurale, che stenta a sbarcare il lunario, dove le uniche soluzioni per tenere lontana la fame della povertà sono l’esercito o il crimine; dall’altra invece la Londra elegante e ricca dove si muovono coloro che controllano denaro e potere, e di conseguenza la vita degli altri. Molti altri.

Un’America rurale nello scenario sci-fi

Se quest’ultimo setting serve principalmente a fornire a INVERSO – The Peripheral l’estetica del prodotto sci-fi e l’azione più spettacolare, è la prima a costituire il cuore pulsante dell’operazione. I giovani personaggi che hanno dato tutto o quasi alla patria, usciti dall’ennesima guerra devastati nell’anima quanto nel corpo, rappresentano in filigrana piuttosto chiaramente quello che è successo negli Stati Uniti negli ultimi vent’anni, a partire dall’invasione di Afghanistan e successivamente Iraq. Anche se alla lontana, e ovviamente con le dovute proporzioni, lo show si riallaccia a quella rappresentazione del Paese rurale e sull’orlo del baratro che molto bene è stata esposta negli ultimi anni da alcuni film indipendenti, primo tra tutti Un gelido inverno di Debra Granik.

INVERSO - The Peripheral Chloe Grace MoretzINVERSO – The Peripheral racconta gli stenti, la durezza della vita, le decisioni prese perché non se ne possono scegliere altre di strade: dietro la confezione sci-fi, la serie lo espone in maniera sorprendentemente profonda. Peccato che tale lucidità nello sguardo traslato sul presente non sia purtroppo supportata dalla parte “virtuale” che vede Londra come teatro principale: in questo caso il divertimento propriamente legato al genere è garantito, ma al tempo stesso proprio tale conformità rende lo spettacolo più lieve, forse addirittura superficiale. Tale dualità incide sulla riuscita complessiva del progetto che vede coinvolti Jonathan Nolan e Lisa Joy, anche se bisogna ammettere che il contrasto creato dai due universi si sviluppa con discreta energia propositiva.

I protagonisti sono il punto forte

Il punto però veramente forte di INVERSO – The Peripheral sono i due protagonisti, sorprendentemente affiatati e capaci di mostrare tutte le pieghe di un rapporto fratello/sorella profondo anche se contrastato, cementato dal dolore e dalle difficoltà. La Moretz fornisce la prova migliore da anni a questa parte, mentre Reynor conferisce al suo personaggio un carisma e una stringatezza a tratti davvero impressionanti.

Buon prodotto di fantascienza, sviluppato con intelligenza e attenzione all’estetica della confezione, INVERSO – The Peripheral offre uno spettacolo perfetto per chi cerca intrattenimento adulto e non scontato. E per coloro che cercano un prodotto capace di gettare uno sguardo non preconcetto al mondo che stiamo vivendo dietro la lente del genere, questo show può riservare più di una sorpresa.

Acapulco 2: recensione della serie Apple Tv+

0
Acapulco 2: recensione della serie Apple Tv+

Quanto erano mancate le pareti rosa shocking del resort più amato del Messico e quanto è confortante tornare a Las Collinas per Acapulco 2, la seconda stagione della serie Apple TV+ che, dopo una prima stagione travolgente in cui ha sfoggiato location, personaggi e storie semplici ma genuine, arriva sulla piattaforma con un secondo ciclo in cui non solo rivediamo i personaggi che abbiamo amato, ma ne continua le vicende con un piglio energico, andando in profondità e mantenendo allo stesso tempo quello spirito di leggerezza e di “vacanza” che è diventato marchio distintivo della serie creata da Austin Winsberg, Eduardo Cisneros e Jason Shuman.

Acapulco 2, dove eravamo rimasti?

Le storie raccontate in Acapulco 2 prendono le mosse esattamente da dove si era conclusa la prima stagione: è il primo giorno dell’anno 1985 e tutti si stanno riprendendo da una notte folle. Maximo ha litigato con Don Pablo e ha scoperto che, Julia, la donna che ama è ora promessa sposa di Chad, figlio della sua datrice di lavoro e per questo, per certi versi, suo superiore. Inoltre, l’atmosfera a casa non è delle più distese tra la madre, Nora, e la sorella, Sara, che faticano a gestire il loro rapporto e un grande segreto che la seconda tenta di nascondere alla prima. L’ambizione di Maximo lo spingerà a fare cose impensate, mentre intorno a lui tutti i suoi amici e conoscenti sembrano attraversare dei momenti di cambiamento e presa di coscienza, eventi che cambieranno per sempre le sorti di tutti.

Mai cambiare una formula vincente. Questo deve essere stato il criterio guida degli showrunner di Acapulco 2 che ripropone lo stesso schema della prima stagione, arricchendo però la portata con qualche nuovo personaggio e dando profondità agli archi narrativi dei personaggi. E se Maximo è il carattere più “in vista” e più soggetto a contrastare le maree avverse, anche gli altri personaggi si addentrano in territori sconosciuti e acque ignote che rischiano di agitarsi moltissimo.

Acapulco 2 cast

Più in profondità, più lontano

Ogni personaggio, in Acapulco 2, avrà la sua piccola tempesta da affrontare, anche con discrete difficoltà. Sara dovrà imparare a lottare per se stessa e per la consapevolezza di sé, mentre Nora dovrà imparare ad accettare il cambiamento e la diversità, scegliendo l’amore sopra ogni altra cosa. Julia si troverà a compiere una scelta imprevista mentre Chad scoprirà che il cammino davanti a sé è tutto da scoprire. Insomma, nessuno viene lasciato indietro, e mentre Maximo è comunque il nostro narratore onnisciente, che conduce la storia dal presente, gli altri personaggi acquistano sempre più spazio e spessore, con il protagonista che spesso resta in secondo piano per dare precedenza a tutti gli altri.

Questa alternanza al timone della serie arricchisce i punti di vista e rende la narrazione ancora più briosa e avvincente. Così come Las Collinas è un rifugio di pace e tranquillità, anche Acapulco 2 si conferma una serie confortevole, quasi, un prodotto feeling good che ci concede una piccola fuga dalla realtà, un luogo popolato da personaggi simpatici e da situazioni tragicomiche che non ci spaventa affrontare. Una fuga, senza pretese e senza troppe ambizioni, ma proprio per questo onesta, da una quotidianità monotona.

Il corsetto dell’imperatrice: recensione del film con Vicky Krieps

Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2022 nella sezione Un Certain Regard, da qualche mese Il corsetto dell’imperatrice mantiene alta la sua reputazione nel circuito dei Festival di cinema, soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione della splendida Vicky Krieps, qui nei panni dell’Imperatrice Elisabetta d’Austria, moglie di Francesco Giuseppe I, conosciuta ai più semplicemente come Sissi.

Il corsetto dell’imperatrice: una vita “ristretta”

Il destino da cui Sissi avrebbe voluto sfuggire – era stata scelta come propria sposa dall’imperatore Francesco Giuseppe, che avrebbe dovuto sposare la sorella Nenè – è il fulcro tematico del film di Marie Kreutzer, regista austriaca che guarda con occhio disincantato dal punto di vista storico, ma non esente da rielaborazioni favolistiche, la storia del suo Paese.

Il titolo del film si ispira a uno degli accessori più infelicemente utilizzati da Sissi soprattutto negli ultimi anni di vita: il corsetto, rigorosamente strettissimo a sottolinearne il punto vita, il fisico scolpito dai rigidi allenamenti e dalla dieta pressante cui si sottoponeva l’Imperatrice, cercando di riposizionare il suo esercizio del potere dalla sfera sociale a quella privata. Il film della Kreutzer è forse il primo in assoluto a togliere vita al personaggio di Sissi, a volerne mostrare le pieghe nell’animo, quelle che gli studi storici hanno sempre messo in evidenza ma i prodotti audiovisivi hanno voluto accuratamente non considerare, scegliendo di romanticizzare la relazione tra Elisabetta e Francesco Giuseppe.

La Sissi de Il corsetto dell’imperatrice non si perde nella lettura, non impara, sa già le lingue, non si entusiasma per niente; non ha più un ruolo – ma riflette nella sua persona la decadenza di un Impero – non si reca più in Ungheria, non è stimata dal popolo.

Il corsetto dell'imperatric Vicky Krieps

Uno sguardo che è prigione ma anche desiderio

Nelle nuove idee audiovisive di biopic, quali i recenti Blonde e Spencer, c’è sempre un eccesso di emozione, che sia paura, ribellione, angoscia, depressione: nella rielaborazione di Kreutzer, c’è solo apatia. Tutti i personaggi parlano allo stesso modo, non vi è colonna sonora – se non qualche aggiunta musicale lontana da ogni caratterista sulla scena – e che intima agli spettatori di andarsene via, di non fermarsi ad ascoltare la storia di una donna che non voleva essere più guardata – a dispetto del culto della bellezza da cui Sissi era diventata ossessionata e del suo desiderio inconscio di bramare lo sguardo altrui su di sè, piegando il concetto di vanità esteriore alla necessità di sentirsi compresi.

La Hofburg – residenza della coppia imperiale per gran parte dell’anno e che Sissi considerò sempre una prigione – assume ne Il corsetto dell’imperatrice i connotati dell’ospedale psichiatrico: quelli a cui fa visita spesso, che cerca di sostenere anche economicamente; c’è qualcosa che la attira nella condizione di isolamento dei pazienti, che le ricorda l’anomia dei palazzi che abita, in cui le aspirazioni e gli obiettivi tanto privati quanto sociali rimangono indeterminati e l’ormai limitatissimo vigore del potere imperiale assume concretezza.

Una storia che non esiste

Quella di Marie Kreutzer è una Sissi che non viene mai chiamata così: è una “semplice” Imperatrice, il cui ruolo socio-politico è stato ridotto a mera performance; mancano i tratti tipici della sua persona, la vitalità e l’ardore con cui studiava e imparava. Non è mai in un posto fisso, eppure non visita mai quelli che erano notoriamente il suo rifugio o, se vi si reca, ne calpesta il suolo in punta di piedi, senza essere effettivamente presente dal punto di vista psicologico.

Siamo di fronte a un personaggio totalmente scollegato da ogni affetto e location che le è stata imposta: non riesce mai a stabilizzarsi sul minimo livello di contatto affettivo, neanche con i figli, appena con le damigelle – che piegherà a sua immagine e volontà. Nella sceneggiatura de Il corsetto dell’imperatrice, non verranno mai espressamente dichiarati i disturbi alimentari e psichici di cui Elisabetta soffriva e le violenze che imponeva a se stessa: sono flagelli che rimangono paradossalmente suggeriti, che lo spettatore deve silenziosamente cogliere, arrivando ad accettare che Sissi non riuscirà mai a esplicitarli nè ai personaggi sulla scena nè a noi fruitori della storia che vorrebbe solo fosse sua, senza nessun disturbatore esterno.

Un corsetto che, a dispetto delle piaghe sul corpo, più viene stretto meno dolore provoca: essere Imperatrice non è un compito per tutti e chi non lo hai mai desiderato in primo luogo decide di disfarsene così. Sissi stringe, si autoflagella, rende pressante ogni circostanza per lasciare andare tutto; si butta a capofitto nel mare dell’anonimato, dove può mimetizzarsi e delegare la scrittura della sua storia a noi spettatori, senza indicazioni chiare. Inventiamo, prendiamo in giro, riscriviamo: questo è ciò che avrebbe voluto Sissi e che a Elisabetta è sempre stato negato.

Mammals: recensione della serie Prime video

Mammals: recensione della serie Prime video

Attesa sulla piattaforma streaming per l’11 novembre, Mammals è una breve serie tv formata da una sola stagione di sei episodi da venti minuti l’uno: breve ma intensa. Scritta dall’inglese Jez Butterworth (Le Mans ’66) e diretta da Stephanie Laing (Love life), la serie è una commedia dai tratti drammatici, tendenti al paradosso. Nel cast ritroviamo James Corden (Into the woods) nel ruolo di Jamie, Melia Kreiling (Tyrant, i guardiani della galassia) come Amandine, Sally Hawkins (La forma dell’acqua, Spencer) e Colin Morgan (Merlin) nei panni di Lue e Jeff.

Mammals: la storia di una coppia (im)perfetta

Jamie ed Amandine sono una normale coppia sposata: vivono una esistenza normale a Londra con una figlia, Greta, e sono in dolce attesa. Tutto però inizia a precipitare quando Amandine perde il bambino: nell’organizzare una piccola cerimonia per il piccolo mai nato, Jamie si ritrova il cellulare della moglie, e qui inizia a scoprire tutti i segreti della sua amata. Prima il misterioso Paul, poi Dave, ed infine Jason: Jamie scopre tutta una fitta rete di tradimenti di Amandine, grazie all’aiuto di Jeff, suo cognato. Il rapporto tra i due diventa sempre più teso fino a rompersi definitivamente.

Parallelamente, anche Jeff vive dei problemi di coppia con Lue, sua moglie e sorella di Jamie. Quest’ultima, in una situazione di insoddisfazione, si rifugia in un mondo di fantasia: scoperta una biografia di Coco Chanel, finisce per calarsi completamente nella vita della stilista, arrivando ad immaginarsi al suo fianco. Vivendo questa illusione, trascura totalmente Jeff arrivando a considerarlo solo un “muppet”, ovvero una sorta di pupazzo, di stupido. La realtà problematica di queste due relazioni finirà per intrecciarsi.

Mammals James Corden
Jamie e Jeff che discutono su una panchina

Mammals: l’amore impossibile

Serie come Mammals ci permettono di vedere dall’interno tutti i complicati meccanismi che regolano un rapporto di coppia, con tutta la sua serie di bugie e tradimenti, reali o solamente immaginati. Arrivati all’ultimo episodio, con il discorso di Amandine, si finirà per mettere in discussione l’idea stessa di relazione monogama: la dimensione amorosa, familiare finisce per distaccarsi dalla sfera prettamente sessuale. Delle relazioni extraconiugali prettamente fisiche possono essere considerati come tradimento?  Alla fine, anche il più moralista finisce per macchiarsi di questo “peccato”, che si tratti della vita reale o semplicemente di fantasie.

Analizzando le vicende, è facile riscontrare un classico cliché culturale: Amandine, colei che tradisce e professa un amore più libero, è francese. Uno spettatore poco attento potrà considerare questa come una semplice coincidenza, ma se ci si riflette questo elemento deriva dal pregiudizio per cui i francesi vengono considerati poco fedeli e molto liberi dal punto di vista sessuale ed amoroso.

Mammals nel totale è una serie con un ritmo molto spedito, breve e facile da seguire; anche la presenza di un sottofondo musicale teso ed incalzante aiuta a creare uno stato di suspense e di mistero in tutta la storia.

Nei primi episodi si ritrovano anche alcune scene molto forti ed espressive: la prima rappresenta Lue nel bosco, dove trova un cervo morente e con una sola mossa da fine alle sue agonie. La seconda scena, invece, riguarda sempre Lue, questa volta intenta a fare il bagno in un lago nel bosco, con il suo vecchio vestito da sposa indosso. Questa particolare scena è molto affascinante perché richiama un po’ l’immagine di locandina del film di Lars Von Trier Melancholia, in cui è raffigurata la protagonista interpretata da Kirsten Dunst nell’acqua con l’abito da sposa.

Quattro personaggi a confronto

Mammals ruota tutta attorno a quattro personaggi principali: Jamie ed Amandine da una parte, e Jeff e Lue dall’altra. Tutti e quattro si rivelano essere ben diversi da ciò che sembravano ad un primo sguardo.

Jamie dal primo episodio ci viene mostrato come un marito molto innamorato e fedele, così da essere profondamente sconvolto dal comportamento della moglie; Amandine è dipinta fondamentalmente come uno spirito libero, una donna che svolge praticamente una doppia vita, quella della madre di famiglia e quella senza limiti della persona indipendente che è.

Anche Jeff sembra essere un uomo molto interessato alla propria famiglia, preoccupato per il progressivo allontanamento della moglie da lui e dalla realtà familiare in generale. Lue invece è l’unica protagonista per cui è reso chiaro dal primo episodio il suo stato d’animo: si tratta di una sorta di insoddisfazione per la realtà, per il marito, che la porta a chiudersi in sé stessa. In  tutti e quattro i personaggi si rivelerà una parte oscura, segreta.

Marina Squerciati: 10 cose che non sai sull’attrice

Marina Squerciati: 10 cose che non sai sull’attrice

Di origini italiane, l’attrice Marina Squerciati si sta facendo notare per i suoi ruoli televisivi, dove ha già dato prova di buone capacità nell’adattarsi a ruoli e contesti diversi. Apparsa anche al cinema, l’attrice si è dimostrata pronta nel fare il grande salto, in attesa di un ruolo che possa consacrarne la carriera.

Ecco 10 cose che non sai su Marina Squerciati.

Marina Squerciati carriera

1. I film. Il debutto cinematografico dell’attrice avviene nel 2006 con il film Hold. Successivamente prende parte al film E’ complicato, dove recita accanto a Meryl Streep e Alec Baldwin. Prende poi parte a Frances Ha (2012), Sparks (2013), La preda perfetta (2014) e Central Park (2016).

2. Le serie TV. Particolarmente ricca è invece la sua carriera televisiva, che vanta partecipazioni alle serie Criminal Intent (2009), The Good Wife (2010), Blue Bloods (2011), Gossip Girl (2011-2012), The Americans (2013), Law & Order: Unità Speciale (2011-2015), Chicago Fire (2014), Chicago Med (2015), Chicago Justice (2017) e Chicago P.D., dove dal 2014 ricopre il ruolo di Kim Burgess.

Marina Squerciati social network

Marina Squerciati Social Network

3. Ha un account personale. L’attrice è presente sul social network Instagram con un profilo personale verificato, seguito da 481 mila persone. All’interno di questo è possibile trovare fotografie scattate in momenti di svago o durante le pause sui set a cui l’attrice prende parte.

4. Ha un profilo su Twitter. L’attrice è inoltre attiva anche sul social network Twitter, dove ha oltre 120 mila followers. Qui la Squerciati è solita condividere aggiornamenti sui propri progetti, ma anche rilasciare notizie sulla propria vita privata o esprimere la propria opinione su notizie di attualità.

Marina Squerciati vita privata

5. E’ sposata. L’attrice è sposata con Eli Kay-Oliphant, che non ha a che fare con il mondo dello spettacolo. Verso la fine del 2016 l’attrice prende una pausa dalla serie Chicago P.D. per via della maternità, e nel febbraio 2017 la coppia dal alla luce la loro prima figlia. La nascita viene annunciata dall’attrice sul suo profilo Twitter.

Marina Squerciati Chicago P.D.

6. Ha interpretato il ruolo in più occasioni. L’attrice è celebre per il ruolo dell’agente Kim Burgess, tra i protagonista della serie Chicago P.D., dove recita accanto all’attore Jason Beghe. L’attrice ha poi ripreso il ruolo anche in altre serie ambientate nello stesso universo narrativo, ovvero Law & Order: Unità Speciale, Chicago Fire, Chicago Med e Chicago Justice.

Marina Squerciati kim burgess

7. All’inizio le era più facile ricoprire il ruolo. Nelle prime stagioni della serie l’agente Kim Burgess ha un carattere più mite, che si indurisce con il progredire della sua carriera nella polizia di Chicago. Per l’attrice risulta complesso calarsi nel nuovo carattere del personaggio, mentre si trovava più in sintonia con il modo di fare gentile delle prime puntate, poiché è quello che ha anche lei nella vita di tutti i giorni.

8. Non sa come evolverà il suo personaggio. L’attrice si è dichiarata stupita ed entusiasta dell’arco narrativo del suo personaggio, affermando tuttavia che non sa quali ulteriori strade questo intraprenderà. Gli sceneggiatori infatti tengono in gran segreto i futuri risvolti della serie, affinché anche gli attori possano vivere di volta in volta questa crescita.

Marina Squerciati patrimonio

9. Chicago P.D. è stata la sua fortuna. L’attrice ha ormai raggiunto un buono status grazie ai suoi ruoli cinematografici e televisivi, ma è con la serie Chicago P.D. che ha raggiunto degli ottimi guadagni, raggiungendo un patrimonio stimato di circa 2,5 milioni di dollari.

Marina Squerciati età e altezza

10. Marina Squerciati è nata a New York, Stati Uniti, il 30 aprile 1984. L’altezza complessiva dell’attrice è di circa 170 centimetri.

Fonte: IMDb

 

 

Jesse Lee Soffer: 10 cose che non sai sull’attore

Jesse Lee Soffer: 10 cose che non sai sull’attore

Noto principalmente per i suoi ruoli televisivi, l’attore Jesse Lee Soffer si è nel corso degli anni costruito una solida carriera, che gli ha permesso di diventare un volto noto e di misurarsi con ruoli e contesti sempre diversi. In attesa della consacrazione definitiva, il grande pubblico può apprezzarlo nelle diverse serie di successo dove figura tra i protagonisti.

Ecco 10 cose che non sai di Jesse Lee Soffer.

Jesse Lee Soffer carriera

1. I film. La carriera cinematografica dell’attore ha inizio a soli otto anni, nel 1993, con il film Matinée. Successivamente ottiene ruoli di rilievo in Ritrovarsi (1994), La famiglia Brady (1995), e Il ritorno della famiglia Brady (1996), dove interpreta il ruolo di Bobby Brady. Dopo una pausa di circa dieci anni, in cui si è dedicato a terminare gli studi, l’attore torna al cinema con Il mio sogno più grande (2007) e In Time (2011), dove recita al fianco di Justin Timberlake.

2. Le serie Tv. Parallelamente l’attore porta avanti la sua carriera televisiva, comparendo nelle serie Due gemelle e una tata (1998), Sentieri (1999), Così gira il mondo (2004-2010), The Mentalist (2011), The Mob Doctor (2012-2013), Chicago Fire (2013), Chicago P.D. (2014-in corso), Law & Order – Unità vittime speciali (2014-2015), Chicago Med (2015).

Jesse Lee Soffer social network

Jesse Lee Soffer social network

3. Ha un account su Instagram. L’attore è presente sul social network Instagram con un profilo verificato, seguito da 828 mila persone. All’interno di questo l’attore è solito condividere fotografie scattate in momenti di svago, ma numerose sono anche le foto promozionali dei progetti a cui l’attore prende parte.

4. E’ attivo anche su Twitter. L’attore è inoltre molto attivo sul suo profilo Twitter, dove è seguito da oltre 200 mila persone. Qui Soffer è solito condividere news riguardo i suoi progetti, ma anche esprimere il suo parere riguardo notizie di attualità. Molto spesso, inoltre, risponde alle domande dei fan circa le loro curiosità.

Jesse Lee Soffer vita privata

5. Ha frequentato sue colleghe. Dal 2014 al 2016 l’attore ha avuto una relazione con la collega Sophia Bush, conosciuta sul set di Chicago P.D., terminata poi in modo amichevole. Dal 2018 al 2019 ha invece frequentato l’attrice Torrey DeVitto, conosciuta sul set di Chicago Med.

Jesse Lee Soffer Chicago P.D.

6. Ha interpretato il ruolo in più occasioni. Nella serie l’attore interpreta il ruolo del detective Jay Halstead. Soffer ha poi ripreso tale personaggio per apparire anche in alcune puntate delle serie Chicago Fire, Chicago Med e Law & Order – Unità vittime speciali, tutte appartenenti allo stesso universo narrativo.

jesse lee soffer jay halstead

7. Non ha usato controfigure. Stando a quanto dichiarato dall’attore, per le scene d’azione presenti nella serie non ha fatto ricorso ad una controfigura, ma le ha affrontate egli stesso. Tale notizia è stata poi confermata dai produttori dello show, i quali hanno aggiunto che l’attore si allena ogni giorno per mantere un’ottima forma fisica proprio per affrontare le sfide del set.

Jesse Lee Soffer premi e nomination

8. E’ stato nominato agli Emmy. Per il suo ruolo nella soap opera Così gira il mondo, l’attore è stato nominato come miglior giovane attore in una serie drammatica rispettivamente negli anni 2006, 2007 e 2008, tuttavia non ha mai riportato vittorie.

Jesse Lee Soffer patrimonio

9. Il suo patrimonio è cresciuto negli anni. Grazie ai suoi numerosi ruoli televisivi, l’attore ha ad oggi affermato il proprio status, ottenendo ottimi guadagni. In particolare la serie Chicago P.D. ha segnato la sua fortuna, facendogli raggiungere un patrimonio stimato di circa 6 milioni di dollari.

Jesse Lee Soffer età e altezza

10. Jesse Lee Soffer è nato a Ossining, nello Stato di New York, Stati Uniti, il 23 aprile 1984. L’altezza complessiva dell’attore è di 178 centimetri.

Fonte: IMDb

 

Missy Peregrym: 10 cose che non sai sull’attrice

Missy Peregrym: 10 cose che non sai sull’attrice

Ancora poco nota al grande pubblico, l’attrice Missy Peregrym ha comunque negli anni costruito una carriera televisiva degna di nota, con partecipazioni a serie di successo che le hanno permesso di misurarsi con ruoli e generi sempre diversi. L’attrice è oggi uno dei nomi su cui puntare, in attesa di un ruolo che possa consacrarne le qualità.

Ecco 10 cose che non sai sull’attrice.

Missy Peregrym carriera

1. I film. La carriera cinematografica dell’attrice si compone per ora di soli due ruoli, essendo lei attiva principalmente in televisione. Il suo debutto avviene ad ogni modo nel 2006, con il film Stick It – Sfida e conquista, dove interpreta la protagonista Haley Graham. Successivament prende parte al film Backcountry (2014).

2. Le serie TV. Negli anni l’attrice ha preso parte a numerose serie di successo, e tra queste si annoverano Dark Angel (2002), Black Sash (2003), Smalville (2004), Life as We Know It (2004-2005), Heroes (2007), Reaper – In missione per il Diavolo (2007-2009), Rookie Blue (2010-2015), Law & Order – Unità vittime speciali (2017), Van Helsing (2017-2018) e FBI, dove dal 2018 interpreta l’agente Maggie Bell.

missy peregrym instagram

Missy Peregrym vita privata

3. Ha sposato Zachary Levi. Nel 2014, l’attrice sposa alle Hawaii il protagonista del film Shazam!. La notizia sorprende in quanto la loro relazione era stata tenuta segreta. Tuttavia i due divorziano l’anno seguente.

4. Si è sposata una seconda volta. Dopo aver divorziato da Levi, l’attrice ha sposato in seconde nozze l’attore australiano Tom Oakley. La cerimeonia si è svolta a Los Angeles nel 2018.

Missy Peregrym Instagram

5. Ha un account personale. L’attrice è presente sul social network Instagram con un proprio profilo verificato, seguito da 140 mila persone. All’interno di questo l’attrice è solita condividere fotografie scattate in momenti di svago con amici o colleghi. Non mancano anche foto tratte dal dietro le quinte dei set a cui l’attrice partecipa.

Missy Peregrym FBI

6. Il ruolo le ha permesso di mostrare nuove qualità. L’attrice si è dichiarata entusiasta del ruolo, il quale le ha permesso di mettersi in mostra come protagonista e di mostrare aspetti di sé che ancora non si erano rivelati. La sua presenza diventa così il vero cuore e motore della serie, e l’attrice ha modo di mostrare tanto il lato emotivo quanto quello più battagliero del personaggio.

missy peregrym fbi

7. Cerca di calarsi il più possibile nel ruolo. L’attrice ha dichiarato che quello di FBI è il set più fatico su cui si sia mai trovata. Le lunghe giornate di riprese e le numerose sequenze d’azione mettono a dura prova la sopportazione dell’attrice, che ha tuttavia trovato il modo di riutilizzare questo stress per rendere meglio la sua interpretazione del personaggio. Ciò le permette infatti di trasmettere in modo ancor più realistico la fatica e la tensione provate da un agente dell’FBI in uno qualunque dei propri giorni di lavoro.

Missy Peregrym Stick It

8. Ha dovuto allenarsi per il ruolo. In Stick It, il suo debutto cinematografico, l’attrice interpreta una teenager ribelle forzata a prendere parte al competitivo mondo della ginnastica. L’attrice tuttavia non aveva mai praticato tale sport, e ha dovuto passare diverse settimane ad allenarsi duramente per ottenere la forma fisica richiesta per le riprese.

Missy Peregrym patrimonio

9. Ha raggiunto ottimi guadagni. Grazie ai suoi numerosi ruoli televisivi, e in particolar modo grazie alla serie FBI, l’attrice ha consolidato i propri guadagni, raggiungendo un patrimonio stimato di circa tre milioni di dollari.

Missy Peregrym età e altezza

10. Missy Peregrym è nata a Montreal, in Canada, il 16 giugno 1982. L’altezza complessiva dell’attrice è di 166 centimetri.

Fonte: IMDb

Billy Brown: 10 cose che non sai sull’attore

Billy Brown: 10 cose che non sai sull’attore

Noto in particolare per la sua partecipazione a celebri serie TV, Billy Brown è negli anni divenuto un volto noto del piccolo schermo, affermandosi anche grazie alla versatilità dimostrata nel tempo. Con una buona parte di pubblico ormai sua fan, è lecito aspettarsi una continua scalata al successo per l’attore, che vive attualmente un momento particolarmente prolifico. Ecco 10 cose che non sai su Billy Brown.

billy-brown-fisico

Billy Brown: le serie TV e i film

10. Ha recitato in celebri serie televisive. L’attore debutta sul piccolo schermo con un ruolo marginale in As Told by Ginger (2000-2003), e dopo essere comparso in titoli come E-Ring (2005-2006), Dirt (2007-2008), Californication (2009) e Criminal Minds (2007-2010), recita in un ruolo di maggior rilievo in Lights Out (2011). Negli anni successivi conferma la propria popolarità partecipando a serie come Dexter (2011-2012), con Michael C. Hall, The Following (2013), Hostages (2013-2014), Sons of Anarchy (2012-2014), con Charlie Hunnam, per poi divenire celebre con il ruolo di Nate Lahey in Le regole del delitto perfetto (2014-2020), con Viola Davis.

9. Ha recitato anche per il cinema. Meno ricca, la filmografia per il cinema dell’attore vanta comunque diversi titoli significativi, come Geronimo (1993), che segna il debutto sul grande schermo dell’attore, Il Mondo Perduto – Jurassic Park (1997), con Jeff Goldblum, Cloverfield (2008), La terrazza sul lago (2008), Corsa a Witch Mountain (2009) e Star Trek (2009) di J. J. Abrams, con protagonista Chris Pine.

8. Si è distinto come doppiatore. Grande appassionato di videogiochi, l’attore ha in diverse occasioni ricoperto il ruolo di doppiatore per titoli come Jet Set Radio (2000), Terminator 3: Rise of the Machines (2003), Star Wars: Knights of the Old Republic II – The Sith Lords (2004), The Matrix: Path of Neo (2005), e Star Wars: The Force Unleashed (2008). Ha inoltre partecipato alla serie animata Adventure Time, doppiando il ruolo del Re Vampiro.

Billy Brown è su Instagram

7. Ha un account personale. L’attore è presente sul social network Instagram, anche se il suo account risulta piuttosto inattivo. Con soli 1.382 followers, questo presenta soltanto 6 post, di cui l’ultimo risale al settembre del 2019. Brown non sembra per tanto intenzionato ad usufruire della piattaforma per condividere proprie novità personali o lavorative.

Billy Brown è sposato?

6. È molto riservato. Nonostante negli ultimi anni sia diventato sempre più celebre in ambito televisivo, l’attore è riuscito a mantenere un velo di mistero sulla sua vita privata e sentimentale. Sembra certo che egli non sia sposato, ma non è possibile stabilire se viva attualmente una relazione o meno, e il suo silenzio sui social network non aiuta ad avere informazioni a riguardo.

billy-brown-dexter

Billy Brown in Dexter

5. Ha recitato nella sesta stagione della celebre serie. Nel 2011 l’attore entra a far parte della serie Dexter, apparendo per la prima volta nel ruolo del detective Mike Anderson nell’episodio Smokey and the Bandit. Ha recitato in un totale di 12 episodi, comparendo per l’ultima volta in Are You…?. Il suo personaggio, detective della omicidi, viene trasferito da Chicago a Miami, dove si troverà ad interagire con il protagonista.

Billy Brown: il suo fisico

4. Si è fatto notare per la sua forma fisica. Nella serie Le regole del delitto perfetto l’attore si è in più occasioni fatto notare per essere apparso a torso nudo, sfoggiando un fisico ai limiti dello scultoreo. Brown è infatti sempre stato attento alla propria forma fisica, allenandosi duramente per poter soddisfare i ruoli da lui ricoperti.

Billy Brown: il suo workout

3. Per i suoi allenamenti si ispira ad un noto attore. L’attore ha dichiarato che durante i propri allenamenti è solito concentrarsi molto sul lavoro da svolgere. Il suo modello a tal riguardo è l’attore ed ex wrestler Dwayne Johnson, noto per la sua devozione all’allenamento fisico.

Billy Brown: il suo patrimonio

2. È un attore molto pagato. Grazie ai suoi ruoli in celebri serie TV, l’attore ha avuto modo di raggiungere un patrimonio di tutto rispetto, stimato intorno ai 2 milioni di dollari. Data la presenza sempre più fissa di Brown in televisione, è lecito aspettarsi un incremento di tale somma.

Billy Brown: età e altezza

1. Billy Brown è nato a Inglewood, in California, Stati Uniti, il 30 ottobre 1970. L’attore è alto complessivamente 189 centimetri.

Fonte: IMDb

 

Aja Naomi King: 10 cose che non sai sull’attrice

Aja Naomi King: 10 cose che non sai sull’attrice

Nota per i suoi ruoli televisivi, l’attrice Aja Naomi King ha nel giro di pochi anni dimostrato un talento degno di nota, tanto da fa scommettere in molti su di un suo roseo futuro. Apparsa anche al cinema in alcuni noti lungometraggi, l’attrice continua a guadagnare apprezzamenti da parte della critica e del pubblico. Ecco 10 cose che non sai di Aja Naomi King.

aja-naomi-instagram

Aja Naomi King: i suoi film e le serie TV

10. Ha recitato in noti lungometraggi. L’attrice debutta al cinema nel 2011 con un ruolo nel film Damsels in Distress – Ragazze allo sbando, per poi apparire in Four (2012), 36 Saints (2013) e Professore per amore (2014), dove recita accanto agli attori Hugh Grant, Bella Heathcote e J. K. Simmons. Si fa poi notare grazie al suo ruolo nel film The Birth of a Nation (2016), e di nuovo nel film Sempre amici (2017) con gli attori Bryan Cranston e Kevin Hart.

9. Ha preso parte a note produzioni televisive. Maggiormente nota per i suoi ruoli televisivi, l’attrice inizia a farsi notare recitando in alcuni episodi delle serie Blue Bloods (2010), Person of Interest (2012), The Blacklist (2013), con James Spader, Emily Owens, M.D. (2012-2013), Deadbeat (2014) e Black Box (2014). Conquista poi fama internazionale grazie al ruolo di Michaela Pratt nella serie Le regole del delitto perfetto (2014-2019), con protagonista Viola Davis.

Aja Naomi King è su Instagram

8. Ha un account personale. L’attrice è presente sul social network Instagram con un profilo seguito da un milione di persone. All’interno di questo l’attrice è solita condividere diverse tipologie di foto ritraenti momenti di svago, luoghi visitati o le cerimonie di gala a cui ha preso parte. Non mancano inoltre anche immagini promozionali dei suoi progetti da interprete.

Aja Naomi King e Alfred Enoch

7. Si vocifera di una relazione con il collega. Da anni si parla di una storia d’amore nata sul set della serie Le regole del delitto perfetto, ovvero quella tra l’attrice e il collega Alfred Enoch. Particolarmente riservati, i due non hanno mai confermato tali voci, ma non hanno neanche smentito una loro relazione. In più occasioni sono stati infatti visti comparire insieme ad eventi di gala.

6. I loro personaggi non hanno avuto storie d’amore. Di solito quando si sente parlare di possibili amori nati sul set, è perché spesso anche i personaggi interpretati dagli attori coinvolti hanno una relazione presente in sceneggiatura. Nel caso della King e di Enoch, invece, i rispettivi personaggi compiono percorsi separati, ognuno con le proprie storie e vicissitudini.

aja-naomi-le-regole-del-delitto-perfetto

Aja Naomi King: le sue origini

5. È cresciuta in America. Nonostante siano ignote le origini dei genitori o dei nonni dell’attrice, è certo che la King possiede pure radici americane, essendo nata e cresciuta a Los Angeles. Alcuni tratti somatici, così come anche il suo primo nome, hanno tuttavia tratto più volte in inganno i suoi fan.

Aja Naomi King in The Birth of a Nation

4. Era favorita per i premi Oscar. Per la sua interpretazione del personaggio Cherry in The Birth of a Nation, l’attrice ha ricevuto alcune delle lodi più lusinghiere della sua carriera. In molti scommettevano su una sua sicura nomination agli Oscar, ma con il film caduto nell’ombra anche la performance dell’attrice è stata in breve oscurata da quella di altre interpreti.

Aja Naomi King in Le regole del delitto perfetto

3. Lo considera il ruolo della sua vita. Per l’attrice ottenere una parte di rilievo nella serie è stata la vera occasione per lanciare la propria carriera. Il suo provino è avvenuto tramite Skype, con la qualità audio e video non sempre ottima, ma ciò non le ha impedito di convincere i produttori ad assegnarle la parte.

2. Ha ricevuto preziosi insegnamenti da Viola Davis. La King ha affermato che tra le cose che più le rimarranno impresse della serie vi è il lavoro svolto con l’attrice Viola Davis. Questa è era solita raccontare le proprie esperienze, così da fornire alla giovane attrice degli esempi da poter seguire nella sua carriera.

Aja Naomi King: età e altezza

1. Aja Naomi King è nata a Los Angeles, in California, Stati Uniti, l’11 gennaio 1985. L’attrice è alta complessivamente 165 centimetri.

Fonte: IMDb

 

Jack Falahee: 10 cose che non sai sull’attore

Jack Falahee: 10 cose che non sai sull’attore

L’attore Jack Falahee ha all’attivo ancora pochi titoli nella sua filmografia, eppure grazie ad alcuni titoli televisivi di successo è riuscito ad affermarsi come volto ormai riconoscibile. Con la serie Le regole del delitto perfetto, dove recita tra i protagonisti, ormai alle porte, l’attore sembra essere pronto per farsi scoprire in ruoli che possano portare alla luce nuovi aspetti del suo talento. Ecco 10 cose che non sai di Jack Falahee.

jack-falahee-instagram

Jack Falahee: i film e le serie TV dove ha recitato

10. Ha recitato in una popolare serie televisiva. La carriera dell’attore ha inizio in televisione nel 2012, quando prende parte ad un episodio della serie Submissions Only. Successivamente recita in The Carrie Diaries (2013) e nel film televisivo In fuga per amore (2013). Ottiene maggior popolarità grazie al ruolo di Charlie McBride in Twisted (2014), e con la visibilità raggiunta ottiene il ruolo di Connor Walsh in Le regole del delitto perfetto (2014-2020), dove recita accanto agli attori Viola Davis, Billy Brown e Aja Naomi King. Recita inoltre anche nella serie Mercy Street (2016-2017).

9. Ha preso parte ad alcuni film per il cinema. Ancora volto sconosciuto per il pubblico della sala cinematografica, l’attore ha negli avuto modo di prendere parte a piccoli film, per lo più non distribuiti in Italia, come Hunter (2013), Tokarev (2014), dove recita accanto a Nicolas Cage, Blood and Circumstance (2014), Slider (2014), Lily & Kat (2015), Campus Code (2015), Cardboard Boxer (2016), We Are Boats (2018), The Song of Sway Lake (2018) e Berserk (2019).

Jack Falahee è su Instagram

8. Ha un account personale. L’attore è presente sul social network Instagram con un profilo seguito da 1,4 milioni di persone. All’interno di questo, con oltre duemila post, Falahee è solito condividere fotografie varie, ritraenti momenti di svago, luoghi visitati, curiosità dai set frequentati o ancora immagini promozionali dei suoi progetti da interprete.

7. Condivide sul social le sue esibizioni da musicista. Sul suo account Instagram l’attore è inoltre solito condividere gli ultimi aggiornamenti riguardanti il suo duo musicale, chiamato Diplomacy, del quale è il cantante. Diversi sono infatti i video e le immagini dove è possibile ascoltare le loro prove o le loro esibizioni.

Jack Falahee: le GIF a lui dedicate

6. I fan gli hanno dedicato numerose GIF. Divenuto ormai una celebrità del piccolo schermo, l’attore ne ha acquisita ulteriore sul Web, dove numerosi spettatori hanno realizzato e pubblicato GIF con lui protagonista. Queste vengono usate principalmente per descrivere stati d’animo e per rivedere in loop alcune delle espressioni più celebri dell’attore all’interno della serie. È infatti possibile trovarne una gran quantità, anche da poter scaricare.

jack-falahee-le-regole-del-delitto-perfetto

Jack Falahee in Le regole del delitto perfetto

5. Inizialmente era stato scartato. Spinto da un suo amico, l’attore si presentò all’audizione dei casting di Le regole del delitto perfetto, ma non superò la prima fase di selezione. Tuttavia, i produttori decisero in seguito di apportare delle modifiche al personaggio di Connor, riaprendo così i casting. L’attore si presentò nuovamente, e stavolta riuscì a convincere i produttori di poter incarnare i nuovi aspetti del personaggio che essi cercavano.

4. Ha una sua precisa scena preferita. L’attore ha dichiarato di essere particolarmente fiero del lavoro svolto nella serie, ma che la sua scena preferita non è una che lo vede coinvolto. Si tratta invece di quando Annalise, interpretata da Viola Davis, è davanti allo specchio a togliersi il trucco, le ciglia e la parrucca. Una scena intensa che ha particolarmente colpito l’emotività dell’attore.

3. Ha dichiarato di essere etero. Nella serie, il personaggio ricoperto dall’attore è di orientamento omosessuale. Falahee si è detto stupito di quanti si preoccupassero di sapere se anche lui fosse o meno gay, affermando che queste non dovrebbero essere le vere domande da porsi. L’attore si è comunque dichiarato etero, affermando però di essere un convinto sostenitore dei diritti LGBT.

Jack Falahee e l’Italia

2. Ha origini italiane. L’attore ha dichiarato essere particolarmente affascinato dai modi di fare italiani, ritrovandovi una certa teatralità a cui si ispira per la sua recitazione. Falahee ha inoltre due nonni nati e tutt’ora residenti in Italia, il che conferisce anche a lui delle origini legate al Bel Paese. Nonostante abbia ammesso di non esservi ancora mai stato, l’attore ha promesso di compiere quanto prima un viaggio alla scoperta delle meraviglie della penisola.

Jack Falahee: età e altezza

1. Jack Falahee è nato a Ann Arbor, in Michigan, Stati Uniti, il 20 febbraio 1989. L’attore è alto complessivamente 173 centimetri.

Fonte: IMDb

Robbie Amell: 10 cose che non sai sull’attore

Robbie Amell: 10 cose che non sai sull’attore

L’attore Robbie Amell si è negli anni distinto per il suo dividersi con successo tra cinema e televisione, dove ha avuto modo di prendere parte a titoli di successi accanto noti attori o registi. Maturato come interprete, ha potuto sfoggiare buone doti interpretative ed una versatilità che gli ha permesso di guadagnare le attenzioni di critica e pubblico.

Ecco 10 cose che non sai di Robbie Amell.

robbie-amell-instagram

Robbie Amell: i suoi film e le serie TV

10. Ha recitato in note serie televisive. Dopo aver costruito una prima notorietà partecipando a titoli come Runaway – In fuga (2006) e La mia vita con Derek (2006-2008), diventa celebre per il personaggio di Jimmy Madigan in True Jackson, VP (2008-2011). Successivamente ricopre il ruolo di Fred nei film Scooby-Doo! – Il mistero ha inizio (2009) e Scooby-Doo! La maledizione del mostro del lago (2010). Ottiene poi ruoli in alcuni episodi di celebri serie come How I Met Your Mother (2011), con Cobie Smulders e Jason Segel, Alcatraz (2012), Pretty Little Liars (2012), 1600 Penn (2013), Zach Stone Is Gonna Be Famous (2013), The Tomorrow People (2013-2014), The Flash (2014-2017), con Grant Gustin, X-Files (2016-2018) e Una serie di sfortunati eventi (2018-2019).

9. Ha recitato in film per il grande schermo. Parallelamente alla carriera televisiva, l’attore ha avuto modo di partecipare ad alcune note commedie, che gli hanno permesso di affermarsi anche al cinema. Il debutto avviene con Il ritorno della scatenata dozzina (2005), per poi recitare in American Pie Presents: Beta House (2007), Se mi guardi mi sciolgo (2008), The Hunters – Cacciatori di leggende (2013), L’A.S.S.O. nella manica (2015), Una vita da gatto (2016), con Kevin Spacey, La babysitter (2017), Se ci conoscessimo oggi (2018) e Code 8 (2019), dove recita con suo cugino Stephen Amell.

8. Ha ricevuto nomination ad un noto premio. Tra i più celebri lungometraggi a cui l’attore ha preso parte vi è la commedia L’A.S.S.O. nella manica. Per il suo ruolo in questo Amell ha guadagnato la nomination come miglior attore ai Teen Choice Award nel 2015, oltre alla nomination per il miglior bacio condivisa con la co-protagonista Mae Whitman.

Robbie Amell è su Instagram

7. Ha un account personale. L’attore è presente sul social network Instagram con un profilo seguito da 1.7 milioni di persone. All’interno di questo l’attore è solito condividere fotografie scattate in momenti di svago, in compagnia di amici o di sua moglie. Non mancano poi anche foto di eventi a cui ha preso parte o immagini promozionali dei suoi progetti da interprete.

Robbie Amell: chi è sua moglie

6. È sposato. Nel 2008 diventa nota la sua frequentazione con l’attrice Italia Ricci, conosciuta sul set del film American Pie Presents: Beta House. Dopo alcuni anni, nell’agosto del 2014, la coppia annuncia il loro fidanzamento ufficiale, arrivando poi a sposarsi nell’ottobre del 2016. Particolarmente riservati, i due hanno rilasciato pochi annunci pubblici riguardo la loro vita di coppia, e uno di questi è stato per la nascita del primo figlio, nel settembre del 2019.

robbie-amell-the-flash

Robbie Amell in Scooby-Doo

5. Si è ritrovato molto nel personaggio interpretato. Nei due film televisivi dedicati a Scooby-Doo rilasciati tra il 2009 e il 2010, l’attore ha ricoperto Fred, leader del gruppo di investigatori protagonisti. L’attore ha affermato di aver ritrovato nel personaggio diversi tratti caratteriali riconducibili a sé stesso, come il desiderio di essere una guida e di capire le necessità di chi gli sta intorno.

4. Temeva sarebbe stato criticato per il suo look. Notoriamente, il personaggio di Fred è biondo, mentre l’attore è castano. Amell era preoccupato che il pubblico si sarebbe lamentato per questa differenza, ma si fidò dei produttori che volevano dare un tono di novità al personaggio. Alla fine, gli spettatori apprezzarono la resa finale, colpiti maggiormente dall’interpretazione dell’attore che dai suoi capelli.

Robbie Amell in Una serie di sfortunati eventi

3. Ha recitato nella seconda stagione della nota serie. L’attore si è fatto notare come guest star in Una serie di sfortunati eventi, dove ha recitato in tre episodi nel ruolo di Kevin, fenomeno da baraccone reclutato dal conte Olaf per aiutarlo nei suoi malvagi piani. Il personaggio ha la caratteristica di essere ambidestro, e si afferma per un carattere particolarmente malvagio.

Robbie Amell in The Flash

2. Tornerebbe volentieri nella serie. In The Flash l’attore ha interpretato Ronnie Raymond, ingegnere creduto morto in seguito ad un incidente ma che tornerà facendosi conoscere con il nome di Firestorm, capace di rimodulare la struttura atomica e molecolare di ciò che lo circonda. Presente nella serie soltanto per dieci episodi, Amell ha dichiarato di essersi particolarmente divertito nell’interpretare il personaggio, e che tornerebbe volentieri a vestirne i panni qualora gli venisse chiesto.

Robbie Amell: età e altezza

1. Robbie Amell è nato a Toronto, in Canada, il 21 aprile 1988. L’attore è alto complessivamente 183 centimetri.

Fonte: IMDb

 

Matt McGorry: 10 cose che non sai sull’attore

Matt McGorry: 10 cose che non sai sull’attore

L’attore Matt McGorry fa parte di quella generazione di giovani interpreti affermatisi come uno dei nuovi volti di punta della televisione americana. Negli ultimi anni si è infatti fatto notare in alcune popolari serie TV che gli hanno permesso di accrescere la propria popolarità, arrivando ad ottenere ruoli di sempre maggior rilievo.

Ecco 10 cose che non sai di Matt McGorry.

matt-mcgorry-fisico

Matt McGorry: i suoi film e le serie TV

10. È noto per alcune celebri serie televisive. Dopo aver intrapreso la propria carriera da interprete recitando in alcuni episodi di serie come Onion SportsDome (2011), Una vita di vivere (2011) e Person of Interest (2011), l’attore ottiene un piccolo ruolo in Gossip Girl (2012), per poi ottenere maggior popolarità recitando nelle serie CollegeHumor Originals (2010-2015) e Orange Is the New Black (2013-2015), dove ricopre il ruolo di John Bennett accanto alle attrici Natasha Lyonne, Laura Prepon e Taylor Schilling. Ottiene poi ulteriore fama grazie al ruolo di Asher Millstone in Le regole del delitto perfetto (2014-2019), dove condivide la cena con Viola Davis, Billy Brown e Aja Naomi King.

9. Ha recitato in film per il cinema. Meno rilevante è la carriera cinematografica dell’attore, che negli anni ha preso parte a titoli poco noti, come Thursday (2006), Ratter: Ossessione in rete (2015), How He Fell In Love (2015), Loserville (2016), Step Sisters (2018) e Death of a Telemarketer (2020).

8. È anche produttore. Ultimamente l’attore si sta distinguendo per la sua volontà di ricoprire anche altri ruoli oltre a quello dell’interprete. Nel 2017 ha infatti prodotto due episodi del talk show Man Enough, dove alcuni attori hollywoodiani vengono fatti cenare insieme mentre parlano di vari aspetti del proprio lavoro. Nel 2020 è invece il produttore esecutivo del film Death of a Telemarketer, a metà tra la commedia e il thriller.

Matt McGorry è su Instagram

7. Ha un account personale. L’attore è presente sul social network Instagram, dove possiede un profilo seguito da 1.8 milioni di persone. All’interno di questo l’attore è solito condividere fotografie ritraenti momenti di svago quotidiani, luoghi visitati, curiosità generali o il dietro le quinte dei set a cui prende parte. Non mancano infatti anche immagini promozionali dei suoi progetti da interprete.

Matt McGorry: la sua vita privata

6. È molto riservato. Negli anni l’attore ha più volte ribadito la sua volontà di non mischiare vita privata e vita lavorativa, tenendole al contrario ben distinte. McGorry è così stato abile nel lasciar traspare il minor numero possibile di indizi sulla propria vita privata, a tal punto che non è possibile stabilire se attualmente sia sentimentalmente impegnato o sia single.

matt-mcgorry-orange-is-the-new-black

Matt McGorry: il suo fisico

5. Era un bodybuilder. L’attore si è in diverse occasioni fatto notare anche per il suo fisico possente. Prima di diventare un attore, infatti, ha lavorato come bodybuilder, arrivando anche a vincere alcuni concorsi. Oggi, abbandonata quell’attività, McGorry non possiede più il fisico di un tempo, ma continua comunque a mantenersi in allenamento.

Matt McGorry in Orange Is the New Black

4. Ha subito diversi infortuni durante le riprese. Nel ruolo di Jeff Bennet, membro dello staff del penitenziario dove si svolge la serie, l’attore ha dichiarato di essersi infortunato in diverse occasioni durante le riprese della seconda stagione. Infortuni che, anche se non specificati, non si sono rivelati gravi a tal punto da costringere la produzione a prolungati periodi di stop.

3. Ha abbandonato la serie. Mentre girava Orange Is the New Black, l’attore prendeva contemporaneamente parte a Le regole del delitto perfetto. Nel momento in cui quest’ultima serie ha iniziato a guadagnare sempre più successo, McGorry ha tuttavia abbandonato l’altra, spinto anche dal maggior rilievo ricoperto nella serie con Viola Davis.

Matt McGorry in Le regole del delitto perfetto

2. Ha confermato le sorti del suo personaggio. Nell’ultimo episodio della quinta stagione, il personaggio interpretato dall’attore va incontro ad un destino inaspettato per la maggior parte dei fan della serie. In molti hanno pertanto pensato si trattasse di un escamotage per tenere con il fiato sospeso fino alla sesta stagione, ma attraverso il proprio account Twitter l’attore ha dichiarato che ciò che si vede è ciò che realmente accade.

Matt McGorry: età e altezza

1. Matt McGorry è nato a New York, Stati Uniti, il 12 aprile 1986. L’attore è alto complessivamente 178 centimetri.

Fonte: IMDb

 

 

Charlie Weber: 10 cose che non sai sull’attore

Charlie Weber: 10 cose che non sai sull’attore

Volto noto della televisione, l’attore Charlie Weber si è negli anni conquistato una discreta fama recitando per alcune popolari serie TV. Grazie a queste ha potuto mettere in mostra le proprie doti recitative, grazie alle quali ha avuto modo di ottenere anche ingaggi per il cinema.

Ecco 10 cose che non sai di Charlie Weber.

charlie-weber-moglie

Charlie Weber: i film e le serie TV

10. Ha recitato in popolari serie TV. L’attore ottiene una buona popolarità sin dal suo debutto in televisione, avvenuto con la serie Buffy l’ammazzavampiri (2000-2001), dove ha recitato nel ruolo di Ben nel corso di 14 episodi. In seguito, dopo essere apparso in progetti come Streghe (2001), Everwood (2003-2004), Veronica Mars (2006), con Kristen Bell, CSI: Miami (2007), Reaper – In missione per il diavolo (2009), Dr. House – Medical Division (2010), con Hugh Laurie e Jesse Spencer, Underemployed – Generazioni in saldo (2012-2013) e 90210 (2013), ottiene grande popolarità recitando nel ruolo di Frank Delfino in Le regole del delitto perfetto (2014-2019), accanto agli attori Viola Davis, Billy Brown e Aja Naomi King.

9. Ha preso parte a film per il cinema. Grazie ai suoi ruoli televisivi, l’attore ha potuto ottenere la visibilità necessaria per poter prendere parte anche ad alcune produzioni cinematografiche. Tra queste si annoverano i lungometraggi Il club dei cuori infranti (2001), The Kiss (2003), Cruel Intentions 3 – Il fascino della terza volta (2004), Mordimi (2010), parodia del film Twilight, Jarhead 3 – Sotto assedio (2016), Caccia alla spia (2017), e l’atteso After 2 (2020), con protagonisti Josephine Langford e Hero Fiennes-Tiffin.

Charlie Weber è su Instagram

8. Ha un account personale. L’attore è presente sul social network Instagram con un profilo seguito da 676 mila persone. All’interno di questo l’attore è solito condividere fotografie ritraenti momenti di svago, luoghi visitati, curiosità dai set dove ha lavorato, ma anche copertine di riviste di moda dove ha figurato o immagini promozionali dei suoi progetti da interprete.

Charlie Weber: chi è sua moglie

7. È stato sposato. Nel 2015 l’attore sposa la fidanzata di vecchia data di nome Giselle, di cui non si hanno tuttavia ulteriori informazioni. Particolarmente riservata, la coppia evita infatti di condividere dettagli della propria vita sentimentale con la stampa o con i media. Tuttavia, dopo soli nove mesi di matrimonio annunciano la separazione e il divorzio, citando come causa alcune differenze inconciliabili.

6. Ha una relazione con una collega di set. Sul set della serie Le regole del destino perfetto Weber conosce l’attrice Liza Weil, la quale ricopre il ruolo di Bonnie Winterbottom. I due, soliti recitare a stretto contatto, sono poi stati fotografati anche insieme fuori dal set, scatenando numerose voci riguardo ad una loro relazione sentimentale, confermata poi dai due stessi attori.

charlie-weber-instagram

Charlie Weber in Buffy l’Ammazzavampiri

5. Ha recitato nella celebre serie con vampiri. L’attore, agli inizi della sua carriera, ha debuttato nell’episodio Fuori di testa, il quarto della quinta stagione della serie Buffy. Qui interpreta Ben, alter-ego buono di un malvagio demone. Nel corso della stagione verrà rivelato come l’unico modo per sconfiggere tale entità sia quella di uccidere lo stesso ragazzo, attraverso cui il demone può compiere le sue atrocità.

Charlie Weber in After 2

4. Avrà un ruolo nel nuovo film per ragazzi. Dopo il successo del film After, un sequel è in arrivo al cinema nel 2020. Qui reciterà anche Weber, che andrà a ricoprire il ruolo di Christian Vance. Questi è il vero padre biologico del personaggio di Hardin Scott, e avrà all’interno del film un ruolo chiave per il ragazzo e i giovani protagonisti.

Charlie Weber in Streghe

3. Ha recitato in un episodio della serie. Ancora semi sconosciuto, nel 2001 l’attore recita nell’episodio A Knight to Remember, sesto episodio della quarta stagione della serie Streghe. Qui Weber interpreta un principe che, tramite un incantesimo delle protagoniste, viene riportato in vita nel XXI secolo, con tutti i guai che questo salto d’epoca porterà inevitabilmente con sé.

Charlie Weber in 90210

2. Ha avuto un ruolo speciale. Tra i ruoli più noti dell’attore vi è quello di Mark Hooland nella quinta stagione della serie teen 90210. Qui il suo personaggio è il proprietario di un food truck, che rintracciato da un investigatore privato viene messo in contatto con i suoi genitori. Da questa scoperta partirà un processo attraverso cui il personaggio avrà modo di conoscere ulteriormente sé stesso in base alle proprie radici.

Charlie Weber: età e altezza

1. Charlie Weber è nato a Jefferson City, nel Missouri, Stati Uniti, il 20 settembre 1978. L’attore è alto complessivamente 180 centimetri.

Fonte: IMDb

 

 

Karla Souza: 10 cose che non sai sull’attrice

Karla Souza: 10 cose che non sai sull’attrice

Direttamente dal Messico, l’attrice Karla Souza ha intrapreso la propria carriera nel paese di nascita per poi sbarcare trionfalmente a Hollywood, dove è entrata a far parte del cast di una nota serie TV. Grazie a questa ha potuto ulteriormente mettersi alla prova, guadagnando le attenzioni di pubblico e critica.

Ecco 10 cose che non sai di Karla Souza.

karla-souza-instagram

Karla Souza: i film e le serie TV

10. È diventata celebre grazie ad una serie americana. Dopo aver ottenuto una iniziale notorietà grazie alla soap opera Verano de amor (2009), l’attrice ottiene un ruolo anche nella serie Los Héroes del Norte (2010-2011), per poi trasferirsi negli Stati Uniti e conquistare il ruolo di Laurel Castillo nella serie Le regole del delitto perfetto (2014-2019), dove recita accanto agli attori Viola Davis, Billy Brown e Aja Naomi King. Prossimamente la si vedrà recitare in alcuni episodi della serie El Presidente.

9. Ha recitato in alcuni film per il cinema. Nel corso degli anni l’attrice ha avuto modo di prendere parte ad alcuni lungometraggi per il grande schermo. Girati per la gran parte nella sua terra natìa, molti di questi risultano inediti in Italia, ma sono un ottimo modo per scoprire nuovi aspetti del talento dell’attrice. Tra questi si annoverano i titoli From Prada to Nada (2011), Suave patria (2012), Instructions Not Included (2013), Che colpa ne ha il bambino? (2016), Todos queremos a alguien (2017) e The Jesuit (2020).

Karla Souza è su Instagram

8. Ha un account personale. L’attrice è presente sul social network Instagram con un profilo seguito da 4 milioni di persone. All’interno di questo l’attrice è solita condividere fotografie scattate in momenti di svago quotidiano, in compagnia della propria famiglia o di amici, ma vi sono anche post attraverso cui la Souza esprime il proprio pensiero su temi d’attualità, come le lotte per le pari opportunità alle donne.

7. Attraverso il canale promuove il suo lavoro. Su Instagram l’attrice è però solita condividere anche immagini e video promozionali dei suoi progetti da interprete. Non mancano, a tal proposito, anche foto tratte da eventi di gala a cui ha preso parte, magari insieme ad i suoi colleghi di set.

Karla Souza e Marshall Trenkmann

6. È sposata. Nel 2013 l’attrice annuncia il fidanzamento con Marshall Trenkmann, estraneo al mondo dello spettacolo e di cui pertanto non si hanno molte notizie. La coppia si è inoltre dimostrata particolarmente riservata nel corso degli anni, e tra i pochi annunci pubblici vi è quello del matrimonio avvenuto nel maggio del 2014, a cui hanno partecipato numerosi colleghi dell’attrice.

karla-souza-le-regole-del-delitto-perfetto

5. Ha avuto una figlia. Con il marito dà vita nel 2018 alla prima figlia, chiamata Gianna. Tenendo fede al proprio desiderio di riservatezza, la coppia si è assicurata che la bambina non venisse esposta in modo pericoloso ai media. Nonostante la maternità, inoltre, l’attrice è riuscita a mantenere i propri impegni lavorativi, continuando a prendere parte alla serie di cui è tra i protagonisti.

Karla Souza in Le regole del delitto perfetto

4. Non credeva di riuscire ad ottenere il ruolo. Dopo aver costruito una carriera in Messico, l’attrice decise di lasciare tutto per tentare la fortuna ad Hollywood. Quando seppe dei casting per la serie Le regole del delitto perfetto, decise di tentare la sorte presentandosi per uno dei ruoli ancora disponibili, convinta che nessuno l’avrebbe scelta in quanto sconosciuta. Venne tuttavia piacevolmente smentita, ottenendo la parte di Laurel.

3. È una guest star dell’ultima stagione. La quinta stagione della serie sembra segnare un capitolo conclusivo per l’arco di trasformazione del personaggio dell’attrice. La Souza ha infatti affermato che non avrebbe fatto parte in modo completo della sesta ed ultima stagione, ma apparendo bensì come guest star soltanto in alcuni episodi.

2. Ha bruciato lo script del finale di stagione. Nell’ultima puntata della terza stagione un incendio segna la tragica fine di uno dei protagonisti. Sconvolta dal risvolto narrativo, l’attrice ha dichiarato di aver bruciato il proprio copione una volta averlo finito di leggere, per evitare che qualcun altro potesse leggere in anticipo l’avvenimento.

Karla Souza: età e altezza

1. Karla Souza è nata a Mexico City, in Messico, l’11 dicembre 1985. L’attrice è alta complessivamente 163 centimetri.

Fonte: IMDb

 

 

Shemar Moore: 10 cose che non sai sull’attore

Shemar Moore: 10 cose che non sai sull’attore

Modello e attore televisivo, Shemar Moore si è negli anni conquistato la propria notorietà partecipando a note serie TV, confrontandosi con generi diversi e dando così prova della propria versatilità. Ad oggi l’attore è noto specialmente per il ruolo di Derek Morgan in Criminal Minds. Ecco 10 cose che non sai su Shemar Moore.

Shemar Moore criminal minds

Shemar Moore: le serie TV in cui ha recitato

10. Ha preso parte a note produzioni televisive.  L’attore inizia la propria carriera recitando nel ruolo di Malcolm Winters nella popolare soap opera Febbre d’amore (1994-2019). Prende parte anche ad alcuni episodi di serie come Chicago Hope (1998), Tris di cuori (1999) e Birds of Prey (2002-2003). A partire dal 2005, e fino al 2017, ricopre il ruolo di Derek Morgan nelle serie Criminal Minds, con cui raggiunge il massimo della popolarità. Dal 2017 è invece tra i protagonisti di S.W.A.T., dove ricopre il ruolo di Daniel Harrelson.

9. Ha ricoperto il ruolo del produttore. Per la serie in cui attualmente recita, S.W.A.T., l’attore ha anche ricoperto il ruolo di produttore. Si è occupato di tale aspetto per ben 55 episodi, dimostrando così grande interesse nel progetto. Nel 2016 figurava invece tra i produttori esecutivi del film per il cinema intitolato The Bounce Back, di cui era anche il protagonista.

8. Ha doppiato un noto supereroe DC. A partire dal 2014 l’attore è la voce del personaggio Cyborg, noto supereroe DC e membro della Justice League. Moore ha infatti doppiato il personaggio per i film d’animazione Justice League: War (2014), Justice League: Throne of Atlantis (2015), Justice League vs. Teen Titans (2016), The Death of Superman (2018), The Death and Return of Superman (2019) e Justice League: Apokolips War (2020).

Shemar Moore: moglie e figli

7. Non è sposato. Ad oggi l’attore non ha contratto nozze, ed attualmente sarebbe single. Recentemente aveva però reso nota la sua relazione con l’attrice Anabelle Acosta, nota per il suo ruolo nella serie Quantico. I due sono apparsi per la prima volta insieme durante la cerimonia dei premi Grammy nel 2018. Al gennaio del 2019, tuttavia, i due hanno interrotto la relazione.

6. Vorrebbe essere un uomo di famiglia. Nonostante attualmente non sembri essere impegnato sentimentalmente, l’attore non ha nascosto il desiderio di diventare un marito e un padre. Moore ha infatti dichiarato di aspettare la donna giusta con cui evolvere e condividere la propria vita.

Shemar Moore swat

Shemar Moore in Criminal Minds

5. Ha ideato molte delle battute del suo personaggio. All’interno della serie è facile imbattersi in momenti in cui l’attore condivide la scena con l’attrice Kirsten Vangsness, la quale ricopre il ruolo di Penelope Garcia. In tali scene, i due sono soliti punzecchiarsi con diverse battute. Queste derivano dal reale modo di parlarsi dei due attori al di fuori del set, i quali condividono un’ottima amicizia.

Shemar Moore in S.W.A.T.

4. Si è allenato per maneggiare le armi. Una cosa che di certo non manca all’interno della serie S.W.A.T. sono le armi. Ve ne sono di ogni tipo e dimensione. Moore ha dichiarato che proprio per la loro importanza, era necessario che gli attori si sottoponessero ad alcune esercitazioni mirate proprio a prendere dimestichezza con le armi. Per sua fortuna, la partecipazione a Criminal Minds lo aveva già in parte preparato a ciò.

3. Ha potuto mostrare un nuovo lato di sé. Stando a quanto affermato dall’attore in alcune interviste, la serie S.W.A.T. gli ha permesso non solo di misurarsi con un ruolo da protagonista, ma anche di mostrare inediti aspetti di sé. Il personaggio di Daniel Harrelson presenta infatti diverse sfumature, che hanno consentito all’attore di dar vita ad una più ampia gamma di emozioni.

Shemar Moore: il suo fisico

2. È solito tenersi in forma. Per poter gestire i suoi ruoli action, l’attore non manca di allenarsi costantemente, così da rimanere in forma e poter dar vita alle numerose sequenze action previste dalle serie in cui recita. La ginnastica da lui compiuta gli ha così permesso di ottenere un fisico particolarmente scolpito, di cui si è avvantaggiato per la sua carriera da modello.

Shemar Moore: età e altezza

1. Shemar Moore è nato a Oakland, in California, Stati Uniti, il 20 aprile 1970. L’attore è alto complessivamente 185 centimetri.

Fonte: IMDb

Pubblicità
Pubblicità
Pubblicità