Il 2024 ha aperto le porte a
Wade Wilson/Deadpool nella
timeline del MCU, dopo che i diritti
cinematografici degli X-Men sono passati sotto il
controllo della Marvel Studios, con il ritorno sul grande schermo
del Mercenario Chiacchierone. Ora, in una nuova intervista con
Entertainment Weekly, Ryan Reynolds, che secondo numerose
indiscrezioni sarebbe tornato per il prossimo film di squadra, ha
finalmente rotto il silenzio a riguardo.
Alla domanda se da parte di Deadpool
ci saranno easter eggs nel prossimo capitolo di Avengers, la star
ha risposto: “Ce ne sono quattro che ho inserito. Ovviamente li
ho scritti tutti a casa in pigiama, nessuno li ha visti e non ho
ancora messo piede sul set. Ma sì, questo è tutto quello che posso
dire al riguardo”.
In un’altra intervista con Collider, all’attore canadese
della Marvel è stato chiesto di chiarire il significato del suo
misterioso post sui social media dedicato agli Avengers, che ha
dato il via alle prime teorie sul ritorno di Deadpool nel 2026.
Fortunatamente, l’attore ha fornito una spiegazione esauriente,
discutendo anche del futuro della sua carriera nel mondo dei
fumetti:
“Quello che ho pubblicato sui
social è in realtà una variante della bandiera che usiamo in
Deadpool & Wolverine. Era la mia preferita. Per qualche motivo,
quando poi guardi un film che ha tante varianti e tutto il resto,
ti chiedi: “Perché non ho scelto quella? C’erano altre cinque
battute fantastiche per quella scena”. È così che funziona, ed era
solo una bandiera. L’ho vista per caso e ho pensato: “Oh sì, mi
piaceva quella bandiera. L’atmosfera rossa e nera”. E poi, sai, se
ne parla sempre. Stiamo cercando di capire cosa succederà in quel
mondo e bla, bla, bla”.
Questi commenti arrivano poco dopo
che è stato rivelato che la presunta faida con Robert Downey Jr. non era altro che una voce,
il che è anche la prova che Reynolds non è confermato per
Avengers: Doomsday al momento.
Nonostante abbia negato di non essere stato sul set, questa è una
risposta molto classica della Marvel, dato che lo studio è sempre
incredibilmente riservato sui propri progetti.
Se dovesse apparire, probabilmente
sarà una sorpresa, che potrebbe essere l’obiettivo a cui punta la
Marvel Studios, dato che Kevin Feige ha detto che non hanno
ancora annunciato l’intero cast (tra i grandi assenti ad oggi ci
sono Spider-Man, Hulk e Doctor Strange). Per quanto riguarda i
progetti futuri, la star potrebbe riferirsi al film degli X-Men con
Deadpool a cui sta lavorando.
Alla 82ª
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è stato
presentato Piero Pelù. Rumore
Dentro (Noise Inside. Don’t Call Me a Rock Star), il
documentario che racconta la vita, la musica e l’energia di una
delle figure più iconiche del rock italiano.
Sul red carpet il protagonista Piero Pelù ha attirato l’attenzione di pubblico e
fotografi, portando al Lido lo stesso carisma che da sempre
caratterizza la sua carriera artistica. Accolto da applausi e
flash, il musicista ha sfilato davanti ai fan con l’entusiasmo che
lo contraddistingue.
Le immagini della serata restituiscono tutta la vivacità di un
evento che ha saputo unire cinema e musica, celebrando una carriera
che ha attraversato generazioni. Rumore Dentro porta sullo schermo il percorso di Pelù,
tra successi, collaborazioni e la voglia di non essere mai
etichettato semplicemente come “rock star”.
La premiere veneziana ha confermato l’attesa attorno al
documentario, che si propone di offrire un ritratto autentico,
energico e senza filtri dell’artista. Un’opera che racconta tanto
il personaggio pubblico quanto l’uomo, tra palco, vita privata e
continua ricerca di libertà espressiva.
Sfoglia la nostra gallery per rivivere i momenti più belli del red
carpet di Piero Pelù. Rumore
Dentro (Noise Inside. Don’t Call Me a Rock Star) a Venezia
82.
Il sequel di Alien:
Romulus(qui
la nostra recensione) riceve un sorprendente
aggiornamento, con il regista Fede Álvarez che
conferma la sua uscita dal progetto. Uscito nel 2024, il settimo
capitolo della saga principale di Alien si è allontanato
dalla trama dei prequel di Ridley Scott, Prometheus
(2012) e Alien:
Covenant (2017).
Cailee Spaeny è la protagonista del film nel
ruolo di Rain, una giovane colona spaziale che incontra uno
Xenomorfo mentre si trova a bordo di una stazione spaziale
abbandonata. Il film ha avuto un grande successo e poco dopo è
stato confermato che era in fase di sviluppo un sequel, con Álvarez
che avrebbe dovuto tornare alla regia.
Ora, durante una recente intervista
con TooFab, tuttavia, Álvarez ha
rivelato che non tornerà a dirigere il sequel ancora senza titolo.
Il regista non abbandonerà però completamente il sequel, poiché ha
co-scritto la sceneggiatura e rimarrà a bordo come produttore
insieme a Scott. Tuttavia, per il film si è ora alla ricerca di un
regista sostitutivo.
“Abbiamo appena finito la
sceneggiatura del sequel di Romulus. Ma passerò il testimone come
regista. Lo produrrò insieme a Ridley Scott, lo produrremo insieme e ora stiamo
cercando un nuovo regista. Penso che di solito sia così che
funziona, tranne che per Ridley, i registi arrivano, ne fai uno e
poi passi il testimone al prossimo. Ma abbiamo scritto la storia
perché amiamo davvero ciò che abbiamo iniziato con Romulus e
vogliamo continuare. Amiamo la storia e ora vogliamo solo trovare
un regista che voglia davvero andare fino in fondo”.
Per quanto riguarda il prossimo
progetto di Álvarez, il regista anticipa che si tratterà di
qualcosa di completamente originale: “Voglio lavorare a un
progetto personale che io e il mio co-sceneggiatore abbiamo tenuto
in sospeso per un po’ e riteniamo che sia il momento giusto per
lavorare a qualcosa di originale. Ma non posso dirvi nulla al
riguardo”.
Sebbene Prometheus
abbia riscosso un grande successo, la risposta ad Alien:
Covenant è stata molto più contrastante nel 2017, con il
film che ha subito un duro colpo sia dal punto di vista della
critica che da quello commerciale. Il terzo film della saga
previsto da Scott è stato apparentemente accantonato e ci sono
voluti sette anni prima che il capitolo successivo arrivasse nelle
sale.
Precedentemente noto per aver
diretto film come La casa (2013) e Man in the
Dark (2016), Álvarez era evidentemente ciò di cui aveva
bisogno il franchise di Alien. Le recensioni di
Alien: Romulus sono state generalmente positive da
parte della critica, con il film che ha ottenuto un punteggio
dell’80% su Rotten Tomatoes e un punteggio ancora migliore dell’85%
su Popcornmeter. Ha anche incassato 350 milioni di dollari in tutto
il mondo.
Il suo abbandono come regista
potrebbe quindi destare preoccupazione in alcuni. Sebbene Romulus
sia stato criticato per l’eccessiva dipendenza dalla nostalgia del
franchise, l’atto finale con l’ibrido Xenomorfo è stato ampiamente
salutato come uno dei momenti salienti del film. Fino a quando non
verrà annunciato un nuovo regista, è difficile dire esattamente
come cambierà il tono del sequel di Romulus.
Álvarez ha anche rivelato all’inizio
dell’estate che il sequel avrebbe dovuto iniziare la produzione in
ottobre, ma ora sembra improbabile se non è stato ancora scelto un
regista. Il film, in ogni caso, dovrebbe apparentemente continuare
la storia di Rain e di suo fratello androide, Andy (David
Jonsson), ma non sono ancora state confermate informazioni
sul cast.
L’evento ha visto la presenza dello stesso Francesco De Gregori, protagonista assoluto
sul red carpet. Accolto dal calore del pubblico e dagli applausi
della stampa, il cantautore ha sfilato con eleganza, confermando
ancora una volta il legame profondo che lo unisce alla cultura e
alla memoria collettiva del nostro Paese.
Le foto della serata restituiscono tutta l’atmosfera dell’evento
veneziano, con De Gregori al centro dell’attenzione e circondato da
fan e addetti ai lavori. Un momento che ha unito musica e cinema,
celebrando una carriera che continua a influenzare intere
generazioni.
Francesco De Gregori –
Nevergreen è un viaggio nel tempo e nella musica, che
ripercorre i successi, le collaborazioni e gli aspetti più intimi
di un artista che ha saputo raccontare l’Italia con le sue canzoni.
La proiezione a Venezia 82 ha rappresentato un’occasione speciale
per riconoscere il valore di un autore che ha fatto della poesia in
musica la sua cifra stilistica.
Sfoglia la nostra gallery per rivivere i momenti più belli del red
carpet di Francesco De
Gregori – Nevergreen.
Si chiude ufficialmente il concorso
di Venezia 82 con The Sun Rises on Us
All, il film del regista cinese Cai
Shangjun, vincitore nel 2011 del Leone d’argento alla
miglior regia per People Mountain People Sea. Questa
volta, porta tra le fila della competizione ufficiale un dramma
intenso, in cui sacrificio e redenzione si muovono su vettori
opposti nella complessa dinamica di una coppia che si è ritrovata
dopo anni e il cui passato nasconde un segreto che non potrà mai
davvero dividerli.
Non può esserci il sole
The Sun Rises on Us
All racconta una storia di amore, sacrificio e colpa
che si estende nel tempo. Un uomo si assume la responsabilità di un
crimine commesso dalla donna che ama, sacrificando se stesso per
proteggerla. Incapace di ripagare un gesto tanto radicale, lei lo
abbandona e intraprende una nuova vita. Anni dopo, i due si
ritrovano: il passato riaffiora nelle loro vite intrecciate,
rivelando ferite mai sanate. Lui cerca redenzione, lei un senso di
liberazione. Nel loro ultimo, straziante addio, comprendono che il
sacrificio non porta giustizia e che il pentimento non garantisce
perdono.
Fin
dalla sua presentazione iniziale, la vita di Meyun non ci sembra
delle migliori. Lavora in un negozio di vestiti dalla qualità
discutibile e deve fare live stream quotidiane in cui aggiorna i
follower sulle nuove collezioni; tenta di apparire a modo ed
elegante ma abita in un appartamento fatiscente di una zona
decisamente oscura di Foshan. Viene visitata da una ginecologa in
un ospedale altrettanto grigio, dove scopriamo che è incinta e che
l’ecografia riscontra una fibrosi da rimuovere il prima
possibile.
Un
melodramma che non trascina
Se
due persone si lasciano e poi si incontrano di nuovo come on puo
essere il destino? Con questa frase Baoshu si
insedia nella casa di Meyun: è malato terminale ma
non gli interessano cure o check up, vuole solo prendersi tutti gli
spazi della vita di lei che non gli sono stati concessi.
Pur muovendo da un intrigo di
partenza piuttosto affascinante, The Sun Rises on Us
All soffre di un’eccessiva drammaticizzazione delle
pene dei suoi protagonisti. Un’insistere continuo sulle disgrazie
che hanno permeato la loro vita porta, involontariamente, alla
semplificazione di un confitto tutt’altro che banale.
Da quanto sei qui e tu da quanto
manchi?
Non c’è alcun modo in cui la donna
potrà mai estinguere il suo debito, Baoshu glielo dice chiaramente.
L’unico modo per avvicinarsi a un qualche tipo di saldo è accettare
la sua presenza costante, farsi carico anche della sua sofferenza,
ricordare quello che si è faticosamente cercato di allontanare. Un
melodrammone esile che avrebbe le carte per raccontare la storia di
una “falsa” vita, costruita sul sacrificio degli altri, ma che
scivola in una spirale senza ritorno di massacro emotivo.
Il 5 settembre, penultima giornata
dell’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della
Biennale di Venezia, alle ore 17.30 all’Hotel Excelsior presso
la sala Tropicana2, si è svolta la cerimonia di premiazione
del Leoncino d’Oro istituito
da AGISCUOLA e promosso
da A.G.I.S., A.N.E.C. e Accademia del Cinema Italiano
– Premi David di Donatello nell’ambito
del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la
Scuola promosso da MIC e MIM.
La Giuria del Leoncino
d’oro composta da giovani studenti e studentesse, uno
per Regione rappresentanti della scuola italiana, si è svolta alla
presenza di Mauro Antonelli, Capo
Segreteria Tecnica del Ministro dell’Istruzione e del
Merito, Giuseppe Pierro, Direttore
Generale della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali del
MIM, Luigi Lonigro,Presidente
Unione Editori e Distributori Cinematografici.
Sono intervenuti all’evento
Lucia Borgonzoni, Sottosegretario di
Stato al Ministero della Cultura, Vincenzo
Mannino, Consigliere del Ministro dell’Istruzione
e del Merito,Piera Detassis,
Presidente e Direttore Artistico Accademia del Cinema Italiano –
Premi David di Donatello, Mario
Lorini, Presidente ANEC e Vicepresidente
AGIS, Simone Gialdini, Direttore
Generale ANEC, e Stefania Radoccia,
Vicepresidente dell’UNICEF Italia.
Alla sua 37ª edizione, il Leoncino
è diventato nel tempo uno dei premi collaterali più rilevanti e
significativi della Mostra del Cinema di Venezia proprio perché ad
assegnarlo sono i giovani studenti e studentesse delle scuole
secondarie di II grado rappresentanti dei migliaia di giovani
partecipanti alle Giurie territoriali del David
Giovani sparse in tutta Italia e dei progetti CIPS
promossi nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e
Immagini per la Scuola promosso da MIC e MIM.
A seguito dell’accordo con il
Comitato Italiano per l’UNICEF, inoltre, la Giuria ha assegnato
anche la Segnalazione Cinema For UNICEF, presente
alla Mostra sin dal 1980.
Nel corso della cerimonia di
premiazione, è stato assegnato il Premio Leoncino
d’Oro della 82ª Mostra d’Arte Cinematografica di
Venezia al film The Voice Of Hind
Rajab di Kaouther Ben
Hania con la seguente motivazione:
“Un film che non si limita a
raccontare una storia, ma che la vive, la respira. Un’opera che ci
rende inevitabilmente testimoni consapevoli e impotenti di fronte
alla straziante rappresentazione dell’inutile scorrere del tempo.
L’utilizzo di voci e immagini autentiche, condensate in scene di
realismo tagliente, rendono l’immediatezza e la sincerità del
sentimento vissuto, che non è solo un elemento narrativo, ma un
riverbero emotivo che ci scava dentro, restituendo tutto il peso
dell’esperienza che ci viene mostrata. Una magistrale
interpretazione degli attori che si mettono a servizio della
realtà, rendendo il legame con la recitazione indistinguibile.Una pretesa di umanità, un urlo necessario che desta le
coscienze assopite. Per queste ragioni il Leoncino d’oro della
82esima edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica
di Venezia va a The Voice Of Hind Rajab di
Kaouther Ben Hania.”
La giuria ha assegnato
la Segnalazione Cinema For UNICEF al
film The Voice Of Hind
Rajab di Kaouther Ben
Hania con la seguente motivazione:
“Per aver saputo trasformare la
straziante verità nella voce di una bambina, che si fa grido di
dolore di ogni infanzia tradita, di ogni innocenza rubata e
massacrata dall’abominio di questa guerra.Per averci
costretto a guardare oltre lo schermo, misurando in quel silenzio
assordante il vero confine della nostra umanità e intimandoci di
agire, perché ogni giorno di silenzio è un giorno in più di
sofferenza.Per queste ragioni, la Segnalazione Cinema for
UNICEF dell’82esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia va a The voice of Hind Rajab di Kaouther
Ben Hania.”
The
Son è un dramma emozionante uscito per la prima
volta nel 2022, trainato in gran parte dal carisma di
Hugh Jackman e Laura
Dern. I due acclamati attori interpretano i genitori
divorziati di un adolescente tormentato che sta attraversando una
crisi di salute mentale. Il film è uscito in sala in edizione
limitata il 20 gennaio 2023.
Diretto e co-sceneggiato da Florian
Zeller, il film (la
nostra recensione) vede anche la partecipazione del nuovo
arrivato Zen McGrath, Vanessa Kirby e Hugh Quarshie, insieme
a un breve cameo di Anthony Hopkins, protagonista del precedente
film vincitore dell’Oscar, The Father.
The Son è basato su una
storia vera? Ecco tutto quello che c’è da sapere sulle origini del
film.
The Son su Netflix è
basato su una storia vera?
No, The Son non è basato su
una storia vera, ma piuttosto sull’omonima opera teatrale francese
di Zeller del 2018. Tuttavia, l’opera teatrale, così come la sua
versione cinematografica, è stata ispirata da un’esperienza
personale. In un’intervista del 2022 con The Hollywood Reporter, Zeller ha dichiarato: “Nasce
da un’esperienza personale. Non è la mia storia in termini di
personaggi o situazioni, ma ha a che fare con le mie emozioni.
Quindi non è perché volevo raccontare la mia storia, ma piuttosto
perché sentivo che ci sono così tante persone legate a questo tipo
di problemi e pensavo che sarebbe stato significativo condividere
queste emozioni”.
Zeller ha anche ricollegato l’opera
a The Father, che ha debuttato sul palcoscenico nel 2012
prima di essere adattata per il grande schermo. Quest’opera è stata
ispirata dal viaggio personale dell’autore con sua nonna. Ha
affermato che entrambe le opere teatrali hanno ricevuto risposte
sincere dal pubblico, lasciandolo “sorpreso” dall’universalità
delle storie.
In un’intervista con City AM, Zeller ha collegato i temi di The Son ai
suoi due figli, che al momento dell’intervista avevano 24 e 14
anni. “Conosco bene queste emozioni e alcune di queste
situazioni non mi sono estranee”, ha detto. “Come genitore ho
provato un senso di impotenza: ricordo di aver pensato di essere
l’unico in quella situazione. The Son è stato un modo per
condividere queste emozioni, per guarire qualcosa e anche per
combattere la vergogna“.
Più recentemente, durante una
chiacchierata con l’Academy
nel 2023, il drammaturgo ha confermato che è stata la risposta
appassionata del pubblico allo spettacolo a ispirare la sua voglia
di adattare The Son in un film, cosa che ha fatto con Chris
Hampton, che lo ha aiutato a scrivere la sceneggiatura.
Zeller ha scritto un terzo capitolo
della serie di opere teatrali intitolato The Mother, ma non
ha espresso interesse ad adattarlo in un film e, nonostante la
classifica di Netflix, che elenca il nuovo film d’azione di
Jennifer Lopez The Mother e The Son di Zeller uno dopo
l’altro, i due film non hanno alcuna relazione.
Ready Player
One (qui
la recensione), il film di Steven
Spielberg, inizia con un ragazzo normale che partecipa
a un concorso di videogiochi creato dal geniale James
Haliday, ma alla fine del film inizia a chiedersi: Haliday
è davvero morto? Wade Watts è un adolescente
povero dell’anno 2024 che trascorre la maggior parte del suo tempo
nell’OASIS, un mondo virtuale creato dal geniale James Halliday.
Dopo la morte di quest’ultimo, viene diffuso un annuncio automatico
a tutti gli utenti di OASIS in cui si spiega che l’uomo ha nascosto
un Easter Egg nel suo mondo virtuale e che chiunque lo troverà
erediterà i suoi milioni e lo stesso OASIS.
Wade/Parzival diventa uno dei tanti
“Gunter” che dedicano la loro vita alla ricerca dell’Egg, sperando
di trovarlo prima di Noal Sorrento e della malvagia società IOI.
Per raggiungere questo obiettivo, Parzival e i suoi amici devono
diventare esperti della vita di Halliday per trovare le tre chiavi
che li condurranno alla fine del concorso. Poiché Halliday ha
creato la caccia all’Easter Egg in Ready Player
One dopo aver appreso della sua malattia terminale,
sperava che il vincitore del concorso imparasse lezioni preziose
che lui stesso aveva imparato troppo tardi, ed è proprio quello che
è successo.
Cosa significano davvero le tre
chiavi di Halliday
Halliday era un uomo chiuso nei suoi
primi anni, goffo e disinteressato alle piene ramificazioni della
sua creazione, mentre più tardi nella vita era solo e pieno di
rimpianti. Pertanto, la ricerca è stata intrapresa dopo aver
appreso della sua morte imminente come un modo per trovare un
successore adatto. Non sta cercando il miglior giocatore in sé, ma
qualcuno con le “caratteristiche” degne di governare l’OASIS. Come
dice nel suo elogio funebre, le chiavi possono essere trovate solo
entrando nella sua mente – che ha abilmente creato come una
biblioteca fisica – quindi, anche se i compiti necessari presentano
alcune sfide reali, ognuno di essi rappresenta qualcosa di più.
Il primo, per la Chiave di
Rame, è la gara, un assalto alla cultura pop che si può
vincere solo invertendo il percorso. L’indizio per trovare la sfida
si trova prima dell’inizio del film, ma Wade ha comunque bisogno di
usare la sua conoscenza di Halliday – che odiava le regole – per
trovare il ricordo in cui il creatore e Ogden
Morrow iniziano a dividersi, e lui sottolinea il suo
desiderio di “andare all’indietro”. Si tratta di pensare fuori
dagli schemi, applicare verità più grandi e non aver paura di
ammettere gli errori.
Il secondo compito, per la
Chiave di Giada, deriva da un indizio alla fine
della gara, che allude a un “creatore che odia la sua creazione” e
a un “salto non compiuto”. Parzival e Art3mis provano varie
permutazioni di questo edificio partendo da quello che percepiscono
come il più grande rimpianto di Halliday: il suo appuntamento
fallito con Karen Underwood. Alla fine, si rendono conto che la
chiave è nascosta nel film che Halliday e Karen hanno guardato
quando lei voleva andare a ballare: Shining, che Stephen King
notoriamente disprezzava. Per mettere le mani sulla chiave, hanno
dovuto correggere l’errore di Halliday chiedendo a una versione NPC
di Karen di ballare.
IOI capisce rapidamente che la
“tragica fortezza” dell’indizio precedente è il castello
dell’avatar di Halliday, Anorak, sul pianeta Doom,
dove è installato un Atari 2600. Il trucco qui è che il recupero
della Chiave di Cristallo non dipendeva dalla vittoria in alcun
gioco. Il giocatore doveva invece giocare ad Adventure, ritenuto il
primo videogioco in cui lo sviluppatore nascose un Easter Egg. Una
volta che Parzival trovò la funzione nascosta dello sviluppatore
Warren Robinett (il suo nome), la chiave era sua,
dimostrando che non si tratta di vincere, ma di prendersi un
momento per godersi le piccole cose.
In definitiva, i compiti di Halliday
non riguardavano tanto i riferimenti alla cultura pop che li
permeavano, quanto insegnare lezioni che il creatore di OASIS
riteneva importanti: ammettere gli errori, imparare da essi e
capire che è il viaggio che conta. Poiché ciascuna delle tre chiavi
di Halliday insegnava ai giocatori del suo gioco a fare queste cose
meglio di quanto avesse fatto lo stesso creatore, essi vengono
preparati per la prova finale della caccia all’Easter Egg di
Ready Player One.
La prova finale e l’Easter Egg di
Halliday
Dopo aver ottenuto le tre chiavi,
Wade non vince subito. Viene invece condotto in una stanza decorata
con l’uovo di Pasqua al centro, dove Anorak gli offre un contratto
per OASIS. Questo, ovviamente, sembra una vittoria, ma alla luce
delle lezioni apprese dalle sfide precedenti, è chiaramente
un’altra prova. A Wade viene offerto lo stesso accordo che Halliday
aveva accettato, ma firmare significherebbe compromettere il modo
in cui è arrivato a quel punto della competizione. Rifiutando di
firmare il contratto di Anorak, Parzival ha dimostrato di meritarsi
la vittoria.
Dopo aver rifiutato di firmare il
contratto, Wade scopre il vero scopo di Halliday e riceve il vero
Easter Egg, un simbolo del suo viaggio così bello da riversarsi nel
mondo reale (tramite una tuta VR high-tech), stupendo sia l’eroe
che il cattivo. Una versione di Halliday (un mistero su cui
torneremo) rivela di aver creato OASIS per immergersi nelle sue
ossessioni per la cultura pop e connettersi con altri che
condividevano le sue passioni. Tuttavia, poiché questa realtà
virtuale non era reale, non poteva sostituire una connessione
autentica.
Questo concetto è ribadito da Ogden
Morrow. Nel corso del film, l’High Five è portato a credere che
Kira e l’occasione mancata di vivere una storia d’amore fossero il
rimpianto più grande di Halliday, e sebbene questo abbia
sicuramente pesato molto su di lui, non è questo il Rosebud al
centro della storia. L’amicizia interrotta con “Og”, causata dai
loro obiettivi contrastanti per l’OASIS, lo ha lasciato solo e
senza alcun legame umano. L’intero concorso di Halliday in Ready
Player One era volto a predicare contro questo e ad assicurarsi che
il suo eventuale successore non perdesse di vista chi lo
circondava.
Cosa succede all’OASIS?
Alla fine di Ready Player
One, Wade, come ogni protagonista di Spielberg, conquista
la ragazza, il che in questa storia rappresenta il suo impegno a
diventare migliore di Halliday. Naturalmente, ottiene comunque il
controllo dell’OASIS, ed è qui che prende la decisione essenziale e
autonoma di condividere il controllo con il resto del suo “clan”,
gli High Five. È passato dal chiamarsi letteralmente come il
cavaliere che cercava di trovare il Santo Graal da solo, al
comprendere il valore dell’amicizia e del sostegno, esattamente ciò
che Halliday voleva.
I Five decidono di rendere l’OASIS
più armonioso e una forza positiva nel mondo reale, piuttosto che
un semplice rifugio da esso. Per garantire che rimanesse così, è
stato deciso che l’OASIS sarebbe stato chiuso il martedì e il
giovedì, costringendo così la popolazione a prendersi il tempo per
creare legami reali e significativi nel mondo reale. In definitiva,
questo è servito come un ulteriore passo per correggere gli errori
di Halliday.
Cosa succede alla IOI?
L’altra grande azienda nel 2045 è la
IOI, i cui prodotti sono così diffusi da essere utilizzati anche da
coloro che si oppongono ad essi. La loro portata non viene mostrata
sullo schermo, poiché la maggior parte del tempo è dedicata al
periodo trascorso da Samantha nella divisione Loyalty, dove coloro
che hanno debiti significativi con la IOI sono costretti a lavorare
per ripagarli. Poi, naturalmente, ci sono i Sixers, dipendenti
della IOI che mirano a dare la caccia all’Easter Egg di Halliday in
modo che la malvagia azienda possa prendere il controllo e
monetizzare l’OASIS, rendendolo inaccessibile alla maggior parte
della popolazione.
Una delle decisioni più importanti
prese da Wade alla fine è stata quella di escludere i Centri Lealtà
dall’OASIS, una mossa che ha sostanzialmente chiuso l’intera
divisione. Inoltre, poiché Wade e gli altri avevano prove
significative che Nolan Sorrento aveva tentato di ucciderli nella
vita reale, si può presumere che, come nel libro Ready
Player One, il cattivo sia finito in prigione. Nel
romanzo, la IOI è stata costretta a chiudere dopo che Wade e il
resto degli High Five le hanno sottratto i suoi maggiori profitti,
ma questo non viene mai confermato nel film.
Halliday è “vivo”?
Alla fine di Ready Player
One, Wade chiede a Halliday se è davvero morto. La
versione dell’uomo vista durante la prova finale nella caccia
all’uovo di Pasqua sembra certamente essere completamente autonoma,
e questo ha confuso il pubblico tanto quanto Wade. Halliday si è
astenuto dal rispondere se fosse vivo o meno, limitandosi invece a
lanciare a Wade uno sguardo complice e ringraziandolo per aver
giocato al suo gioco. Questo sembra implicare che Halliday sia più
di un semplice NPC, e la serie di libri lo conferma.
Nel libro Ready Player
One di Earnest Cline, Wade non ha mai dubitato che la
versione di Halliday all’interno dell’OASIS fosse un NPC avanzato
creato dall’uomo stesso. Pertanto, la domanda posta dal personaggio
sulla morte di Halliday non ha mai avuto luogo. Tuttavia, nel
sequel del libro, Ready Player Two, viene rivelato
che Halliday ha inventato una tecnologia che permette a una persona
di caricare la propria mente nell’OASIS, creando una replica
perfetta di sé stessa in forma di intelligenza artificiale in grado
di vivere eternamente. Il corpo di Halliday era, infatti, morto; la
sua mente continuava a vivere nell’OASIS.
Ready Player One mostra il lato
oscuro della nostalgia aziendale
Non fraintendete, il futuro di
Ready Player One è una vera distopia. I Columbus
Stacks sono slum futuristici tappezzati di pubblicità invasive e
pieni di persone completamente scollegate dalla realtà. Il mondo è
contro di loro e l’unica via d’uscita è l’accesso a OASIS. Questo
rende questo mondo virtuale lo strumento perfetto per gli avidi che
vogliono manipolare i disperati. Infatti, nonostante abbia
gareggiato contro di loro fin dall’inizio e si sia poi unito alla
ribellione, Wade continua a utilizzare la tecnologia IOI per
accedere a OASIS per tutto il film.
È facile dire che l’OASIS è l’ultimo
rifugio sicuro, ma questa è una falsa verità. Sebbene offra una via
di fuga, nessuno conosce gli altri, ma solo la versione che
vogliono presentare. È un parallelo con la cultura ossessionata da
Internet, e lo si può vedere chiaramente nel modo in cui viene
utilizzata la tanto discussa nostalgia del film. I Gunter e i loro
simili si crogiolano semplicemente nelle cose che amano, mentre la
IOI cerca di trasformarle in un’arma, trovando il modo di
manipolarle per fare soldi. Nolan Sorrento è affascinante in questo
senso perché manipola la nostalgia, trattandola come un prodotto e
uno strumento.
Cosa dice davvero Ready
Player One sulla nostalgia
Ready Player One
contiene innumerevoli easter egg e riferimenti a vari fandom e
proprietà intellettuali, e questo gli è valso alcune critiche nel
corso degli anni. È opinione comune che citare libri, film e vari
media nostalgici sia uno stratagemma per assecondare il pubblico e,
quindi, guadagnare di più. Tuttavia, quando si approfondiscono i
temi del film, ci sono lezioni molto più importanti riguardanti la
cultura pop. Ready Player One parla di equilibrio.
Parla di godersi i giochi, i film e i programmi televisivi, ma
comprendendo che la realtà è molto più importante.
Dopo lo straordinario successo di
critica ottenuto da The Father – Nulla è come sembra, gli
appassionati di cinema attendevano con ansia il prossimo lavoro
dello sceneggiatore e regista Florian Zeller. In
quel film, Zeller era riuscito a evitare i problemi che molti
drammaturghi incontrano nell’adattare le proprie opere per il
grande schermo, utilizzando tecniche innovative nella prospettiva e
modificando abilmente il proprio lavoro per renderlo fluido come un
film narrativo. Il film gli è così valso l’Oscar per la migliore
sceneggiatura non originale. Anche il nuovo film di Zeller,
The Son (qui la recensione) , è basato su
una sua opera teatrale e affronta in modo intimo gravi problemi di
salute.
La performance di Hugh Jackman è stata molto apprezzata, ma le
recensioni di The Son sono state incredibilmente
contrastanti sin dal suo debutto al Festival Internazionale del
Cinema di Venezia a settembre, con alcuni critici che hanno
contestato il modo in cui Zeller ha scelto di affrontare il tema
della depressione nei momenti finali del film. Di certo, è
anch’esso un film che non lascia indifferenti, specialmente per i
suoi colpi di scena finali. In questo approfondimento cerchiamo
allora di fare chiarezza e offrire una spiegazione della
conclusione del film.
La trama di The
Son
The Son segue le vicende del
consulente politico di successo Peter Miller
(Jackman), che si è trasferito con la sua nuova compagna
Beth (Vanessa
Kirby) in un lussuoso appartamento con il loro figlio
neonato. Nel pieno del suo successo professionale, Peter viene
informato dalla sua ex moglie, Kate (Laura
Dern), che il loro figlio diciassettenne
Nicholas (Zen McGrath) non
frequenta la scuola e ha deciso di lasciare la madre in segno di
ribellione. Nonostante abbia accettato il lavoro dei suoi sogni a
Washington D.C. e si prenda cura di un bambino piccolo, Peter
decide di accogliere Nicholas e di fornirgli il sostegno di cui ha
chiaramente bisogno.
Peter è un cattivo padre per
Nicholas?
Sebbene Peter cerchi di legare con
suo figlio, è chiaro che sa molto poco di lui e Nicholas non è
molto propenso ad aprirsi. Data la sua attitudine al lavoro e il
suo impegno nel crescere una famiglia, Peter è costantemente
occupato e non è in grado di dedicare l’intera giornata alla cura
di Nicholas. I suoi obiettivi contrastanti mettono a dura prova il
suo rapporto con Beth, che si sente a disagio con Nicholas e
irritata dal fatto che Peter annulli gli impegni sociali nel
tentativo di legare con lui.
I problemi iniziano quando Peter si
rende conto dei problemi di depressione di Nicholas e della sua
storia di tentativi di autolesionismo. Molti dei tentativi di Peter
di legare con Nicholas dimostrano che non è esperto nel crescere un
adolescente; dopo aver cercato di insegnare a Nicholas a ballare,
lo ignora per passare più tempo con Beth. Anche Beth ha dei
conflitti con Nicholas dopo che lui ha sentito la sua dichiarazione
di non volere che lui si occupi del suo bambino.
Il ruolo di Anthony Hopkins in
The Son
Sir Anthony Hopkins ha vinto il suo secondo Oscar
come miglior attore per la sua interpretazione in The Father – Nulla è come sembra e Zeller lo
ha successivamente scritturato anche in questo film. Hopkins ha un
breve ruolo come padre di Peter, Anthony, che
soffre di demenza ed è ora in pensione. A causa delle somiglianze,
alcuni analisti teatrali hanno interpretato questo fatto come se
The Son fosse un prequel di The
Father; le due opere teatrali fanno effettivamente parte
di una trilogia spirituale scritta da Zeller che include anche
The Mother del 2015. Ci sono poi alcuni
riferimenti che suggeriscono che Hopkins interpreti lo stesso
personaggio e che The Son sia ambientato prima che
la demenza di Anthony diventi più grave come visto nel film a lui
dedicato.
All’inizio, Peter allude alle
condizioni mentali di suo padre in una breve conversazione con un
collega e indica che non sono molto legati. Quando Peter va a
trovare Anthony, finiscono infatti per litigare sul suo stile
genitoriale altrettanto irresponsabile. Anche Anthony non era
attento né premuroso nei confronti di Peter quando era bambino, e
Peter ritiene che questo lo abbia reso altrettanto incapace
riguardo al ruolo di genitore. Tuttavia, Anthony reagisce solo con
rabbia e Peter lo lascia in cattivi rapporti. Dopo questa scena non
si fa più menzione ad Anthony, la cui presenza è dunque quasi una
sorta di easter egg che lega i due film.
Il gesto estremo di Nicholas
Peter si rende dunque conto che
Nicholas non frequenta la scuola come aveva promesso, ma invece fa
lunghe passeggiate da solo nel parco. I due hanno una discussione
accesa; Peter accusa Nicholas di non impegnarsi abbastanza, e
Nicholas lo accusa di essere un padre irresponsabile. Mentre la
tensione tra i due aumenta, Nicholas tenta il suicidio e viene
portato d’urgenza in ospedale. Un severo medico della struttura
comunica a Peter che Nicholas deve rimanere sotto cure
professionali, poiché è probabile che tenti nuovamente di togliersi
la vita se non viene monitorato. Nicholas reagisce però
violentemente alla possibilità di rimanere in un luogo isolato e
ricevere aiuto.
Peter e Beth decidono però che, per
la sua sicurezza, deve rimanere nella struttura. In seguito,
tuttavia, decidono di riportare Nicholas a casa, ritenendo che
potrà fare maggiori progressi se rimarrà con loro. Inizialmente,
Nicholas sembra di ottimo umore, poiché partecipa attivamente alle
conversazioni e tiene un lungo monologo sul suo apprezzamento per
la sua famiglia. Dopo che la famiglia riunita si è seduta insieme
nel loro appartamento, Nicholas va a trasferirsi nella stanza in
cui alloggiava. Si sente uno sparo, ma prima che il destino di
Nicholas sia confermato, il film passa a una scena ambientata
diversi anni dopo.
Peter sta sognando nel finale?
In questa scena nel futuro Peter
vive ancora nello stesso appartamento, ma riceve una visita a
sorpresa da Nicholas, che si è trasferito da New York a Toronto.
Nicholas sembra stare benissimo e ha una piacevole conversazione
con Peter; dice persino di avere una relazione sentimentale. Regala
a suo padre un libro che ha scritto, in cui racconta la sua lotta
contro la depressione e come suo padre lo abbia aiutato a guarire.
Peter è ovviamente felicissimo di vedere che Nicholas ha dedicato
il libro a lui e il momento è quanto più rincuorante possibile.
Tuttavia, in un attimo diventa
chiaro che Peter sta solo immaginando uno scenario da sogno e che
Nicholas è effettivamente morto in seguito allo sparo che si sente
nella scena precedente. I momenti finali includono poi dei
flashback di un ricordo felice in cui Peter insegnava a Nicholas a
nuotare durante una vacanza in famiglia quando era più giovane. Il
protagonista si alterna così tra piacevoli ricordi del passato e
“what if” di un futuro che non si verificherà mai,
generando per questo ulteriore dolore, specialmente in quanto Peter
si incolpa per non aver compreso né saputo aiutare suo figlio.
Il film biografico di Kasi Lemmons,
Harriet, è basato su una delle abolizioniste più
iconiche: l’instancabile Harriet Tubman. La sua
storia è una testimonianza di coraggio, resilienza e lotta
incrollabile per la libertà, con Harriet che fuggì dalla schiavitù
nel Sud verso il Nord, dopodiché rischiò la propria vita tornando
nel Sud, diventando una “conduttrice della Underground Railroad”
dove salvò decine di altri schiavi. Quello che forse non tutti
sanno è che il suo nome di battesimo era Araminta
Ross e che il suo soprannome era “Minty”, come
sottolineato nel film.
Come molti nati in schiavitù,
l’infanzia di Harriet Tubman è stata segnata da traumi. Ha subito
abusi fisici, è stata separata dalla sua famiglia e costretta a
prendersi cura dei figli del suo padrone. Alcuni potrebbero anche
sapere che ha svolto un ruolo significativo nella guerra civile
americana. Il film, nonostante racconti tutto ciò, tralascia molti
aspetti importanti della vita di Harriet o addirittura ne cambia
altri. In questo approfondimento andiamo dunque alla scoperta della
storia vera dietro Harriet.
Da schiava, Harriet Tubman subì
brutali abusi
Secondo la biografia di Kate
Larson, Bound for the Promised Land: Harriet Tubman,
Portrait of an American Hero, Harriet Tubman
nacque nel marzo 1822 (anche se la data esatta è sconosciuta). I
suoi genitori erano schiavi nella piantagione Brodess nel Maryland,
dove anche lei fu costretta a lavorare gratuitamente per gran parte
della sua giovinezza. Nata in schiavitù, i primi anni di Harriet
Tubman furono segnati dalla brutalità e dal degrado della
schiavitù. Veniva picchiata e frustata dai suoi padroni. All’età di
cinque o sei anni, la sua padrona, la signora Brodess, la affittò a
un’altra donna, dove le fu affidato il compito di cullare il
bambino della donna.
In un’occasione, ricordò, mentre si
prendeva cura del bambino addormentato della sua padrona, fu
frustata quando il bambino si svegliò piangendo. Harriet Tubman non
accettò però la violenza passivamente. Resistette, indossando
diversi strati di vestiti per ridurre l’impatto delle percosse e, a
volte, reagendo. Tali abusi fisici erano comuni per gli schiavi e
hanno ispirato il film
Emancipation con Will Smith. Come Peter nella storia di quel
film, Harriet Tubman portò con sé quelle cicatrici fisiche ed
emotive per il resto della sua vita. Un altro incidente barbarico
cambiò per sempre la sua vita. Quando era appena diventata
adolescente, un supervisore della piantagione in cui lei e altri
schiavi lavoravano lanciò un pesante oggetto di metallo contro un
altro schiavo.
Cynthia Erivo in Harriet
L’oggetto colpì però lei,
fratturandole il cranio. Da allora fino alla sua morte, soffrì di
mal di testa, vertigini, ipersonnia e convulsioni. Alcuni storici
hanno sostenuto che le convulsioni fossero dovute all’epilessia.
Nel film, Minty, il personaggio di Harriet Tubman tratto dal suo
affettuoso soprannome d’infanzia, sperimenta la maggior parte di
questi disturbi. Tuttavia, Harriet non costruisce Minty al punto da
poter entrare nei suoi panni e provare il suo dolore come si fa con
l’interpretazione di Solomon Northup di Chiwetel Ejiofor o con Patsey di Lupita Nyongo in 12 anni
schiavo di Steve McQueen.
Secondo Larson, come se gli abusi
fisici non fossero sufficienti, Harriet Tubman ha subito il trauma
aggiuntivo di vedere tre delle sue sorelle vendute dal padrone di
suo padre, Edward Brodess. Questo evento ha lasciato un segno
indelebile nella sua giovane psiche. Sebbene questo episodio
significativo sia descritto in Harriet, esso appare più come una
narrazione “raccontata e non mostrata”, lasciando il pubblico come
semplice spettatore piuttosto che farlo vivere la profondità
emotiva del dolore di Harriet.
Ad aggravare ulteriormente le sue
difficoltà, Harriet Tubman fu nuovamente mandata a lavorare per un
altro piantatore di nome James Cook, una
condizione che, come lei stessa raccontò in seguito, le fece
provare un’acuta nostalgia di casa. Durante questo periodo,
contrasse una grave forma di morbillo e fu restituita a Brodess.
Durante la sua giovinezza, fu affittata da altri schiavisti. Questo
particolare capitolo della sua vita non viene approfondito in
Harriet.
Harriet lascia fuori alcuni dei
tentativi di fuga dalla schiavitù di Harriet Tubman
Stanca degli abusi e della schiavitù
senza fine, Harriet Tubman, che era anche profondamente religiosa,
cercò di liberarsi due volte. Secondo Larson, insieme al marito
appena sposato, John Tubman, un uomo di colore
libero del suo quartiere nel Sud, avevano cercato dei documenti
legali che l’avrebbero liberata e avrebbero permesso ai loro futuri
figli di nascere liberi. È a questo punto che Harriet di Lemmons
apre la storia di Harriet Tubman. Larson deduce che fu in questo
momento che lei cambiò il suo nome in Harriet Tubman,
rispettivamente in onore di sua madre e di suo marito.
Cynthia Erivo in Harriet
In Harriet, Lemmons
si prende alcune libertà creative, ritardando l’evento fino a dopo
la sua fuga e inserendolo nella memorabile scena in cui
William Steel (Leslie Odom Jr.)
dice a Minty di scegliere un nuovo nome per commemorare il suo
status di persona libera, come avevano fatto molti altri ex
schiavi. Forse Lemmons ha visto questo come un’opportunità per
sottolineare la nuova alba della libertà e anche per spiegare
perché gli ex schiavi e i loro discendenti hanno cambiato nome, il
caso più famoso dei tempi recenti è quello di Malcolm
X. Sfortunatamente per Harriet Tubman e suo marito, e in
definitiva per la loro giovane storia d’amore, il suo padrone si
rifiutò di lasciarla andare.
Harriet Tubman dovette anche
affrontare la paura di essere venduta e di vedere la sua famiglia
distrutta. Prima della morte di Edward Brodess,
era stata messa in vendita, ma era sopravvissuta perché era malata,
il che aveva scoraggiato gli schiavisti interessati. Con
Gideon Brodess (il figlio di Edward Brodess) come
nuovo proprietario, interpretato da Joe Alwyn in
Harriet, Harriet Tubman temeva che le sue
possibilità di essere venduta fossero aumentate. Senza mai
arrendersi e ostinata, come la definivano i suoi padroni, Harriet
Tubman escogitò un modo per fuggire. Nel 1849 mise alla prova il
suo piano.
“Avevo diritto a una delle due
cose: la libertà o la morte; se non potevo avere l’una, avrei avuto
l’altra”. Queste sono le parole di Harriet Tubman, citate
dallo storico Walter Kerry nel suo libro
Harriet Tubman: A Life in American History. E la vita di
Harriet Tubman rifletteva proprio quelle parole. Insieme ai suoi
fratelli Henry e Ben, Harriet Tubman fuggì. All’epoca era stata
data in affitto a un altro schiavista. Si ritiene che anche i suoi
fratelli fossero stati dati in affitto dalla stessa persona e che
loro, in particolare Ben, che aveva moglie e figli, ci ripensarono
e tornarono in schiavitù, facendo desistere anche Harriet Tubman.
Poiché erano stati dati in affitto, la signora Brodess non si rese
immediatamente conto del tentativo di fuga.
Quando se ne rese conto, fece
circolare un avviso di fuga con una ricompensa fino a 100 dollari
(equivalenti a circa 4000 dollari nel 2023). Ma la tenace Harriet
Tubman, che si era sacrificata per i suoi fratelli nel tentativo
iniziale, non rinunciò ai suoi sogni. Fuggì di nuovo, questa volta
da sola e per sempre. Nel film vengono rappresentati solo la
richiesta legale e il tentativo di fuga finale, e anche così,
Harriet non mostra la difficoltà del viaggio di Harriet Tubman a
piedi per quasi cento miglia verso la libertà a Filadelfia.
Lemmons, parlando con Collider, ha detto che l’attraversamento
finale di Minty verso la libertà è stata una delle scene migliori
da girare nel film.
Cynthia Erivo in Harriet
Quali libertà creative si prende il
film?
Sebbene Harriet cerchi di rimanere
fedele ai fatti storici, il film si prende alcune libertà creative.
In Harriet, quando Harriet Tubman raggiunge Filadelfia dopo la sua
fuga, viene accolta da William Still
(Leslie Odom Jr.) che la presenta alla sua ospite,
Marie Buchanon, interpretata da Janelle
Monáe. Nella vita reale, il personaggio di Janelle Monáe è
fittizio. William Still, invece, era un personaggio reale che ha
svolto un ruolo fondamentale nella Underground Railroad,
collaborando con Harriet Tubman e altri abolizionisti. Secondo
Larson, ha aiutato oltre 600 schiavi a stabilirsi nel Nord dopo la
loro fuga. Harriet di Kasi Lemmons prende anche alcune libertà
creative riguardo alle imprese di Harriet Tubman, che tornò nel
Maryland per salvare la sua famiglia insieme ad altri schiavi.
Quando Harriet Tubman tornò, secondo
quanto riferito, tredici volte, guadagnandosi il nome di “Moses”,
come il personaggio biblico, non incontrò suo marito, che si era
risposato. Invece, gli mandò un messaggio, ma lui rifiutò di
raggiungerla, cosa che la turbò profondamente. Nel film, Lemmons
tratta questo episodio come se ci fosse stato un vero incontro tra
i due, anche se cattura l’essenza della situazione storica. Con
l’approvazione del Fugitive Slave Act del 1850, le forze
dell’ordine erano legalmente obbligate ad assistere nella ricattura
degli schiavi fuggiti ovunque fossero stati trovati all’interno
degli Stati Uniti, compresi gli stati che avevano abolito la
schiavitù. Ciò costrinse Harriet Tubman a guidare molti ex schiavi
più a nord, fino all’attuale Canada. Questo aspetto della vita di
Tubman è descritto in Harriet.
Il film sottovaluta il contributo
di Harriet Tubman alla guerra civile
Secondo il libro di Dunbar
Armstrong, She Came to Slay: The Life and Times of
Harriet Tubman, molto prima dello scoppio della guerra,
Harriet Tubman aveva incrociato la strada di John Brown, un
abolizionista radicale che sosteneva una rivolta degli schiavi
contro i loro oppressori. Harriet partecipò attivamente ai piani di
insurrezione di Brown. Per armare i potenziali ribelli, Brown
organizzò un raid su Harper’s Ferry, un arsenale governativo, per
sequestrare le armi. Mentre Harriet era a New York durante il raid,
l’operazione fallì, portando all’esecuzione di Brown per
tradimento. Questo evento è ampiamente considerato come un
precursore della guerra civile.
Durante la guerra civile, Harriet
Tubman si schierò con la causa dell’Unione, ricoprendo vari ruoli
all’interno dell’esercito dell’Unione. Lavorò come cuoca,
infermiera e spia. Tra i suoi contributi più notevoli vi fu il suo
ruolo nel raid su Combahee Ferry, dove la sua raccolta di
informazioni, il reclutamento di nuovi soldati dell’Unione e la sua
guida giocarono un ruolo cruciale nella liberazione di circa
settecento persone. Questa straordinaria impresa le valse il
primato di essere la prima donna negli Stati Uniti a guidare una
spedizione armata in tempo di guerra.
Nonostante il suo ruolo
significativo nella guerra, Harriet dà poco risalto a questo evento
storico, che appare brevemente, più come una nota a piè di pagina
nella storia di Harriet Tubman. Sebbene Harriet racconti
efficacemente la straordinaria vita di Harriet Tubman, non riesce a
suscitare lo stesso livello di ispirazione nel pubblico. Una figura
monumentale come Harriet Tubman merita un film che non solo catturi
i dettagli storici della sua vita, ma che immerga anche il pubblico
nelle complessità che l’hanno plasmata. Purtroppo,
Harriet non riesce a raggiungere questa
profondità.
La guerra di Hollywood contro i
contenuti generati dall’intelligenza artificiale si sta
intensificando con l’adesione di una terza casa di produzione alla
battaglia legale intrapresa dalla Disney. All’inizio di quest’anno, Disney e Universal
hanno intentato congiuntamente una causa contro Midjourney, una
delle piattaforme di generazione di immagini basate
sull’intelligenza artificiale più popolari, accusandola di
violazione massiccia del copyright, poiché gli utenti possono
generare immagini e video realistici che assomigliano molto a
personaggi protetti da copyright, comeTopolino, senza il
permesso della casa di produzione.
Gli studi sostengono che Midjourney
abbia costruito la propria attività utilizzando materiale protetto
da copyright per addestrare la propria intelligenza artificiale.
Tuttavia, la situazione si è aggravata dopo che Midjourney ha
lanciato una nuova funzione di generazione di video e un canale di
streaming 24 ore su 24, 7 giorni su 7, sollevando
preoccupazioni circa la concorrenza diretta con i contenuti di
intrattenimento “tradizionali”. Ora, la battaglia legale si
sta espandendo con l’ingresso ufficiale di un altro importante
studio.
Secondo Variety, anche Warner Bros. Discoveryha intentato una causa per violazione del copyright contro
Midjourney, diventando il terzo studio a farlo. La denuncia,
presentata giovedì, sostiene che Midjourney crei e distribuisca
intenzionalmente immagini e video utilizzando proprietà
intellettuali iconiche, come Superman, Batman, Bugs Bunny,
Daffy Duck e Tom e Jerry. Lo studio chiede un risarcimento danni e
un’ingiunzione per impedire la violazione. La causa afferma:
Midjourney pensa di essere al di
sopra della legge. Senza alcun consenso o autorizzazione da parte
di Warner Bros. Discovery, Midjourney distribuisce sfacciatamente
la proprietà intellettuale di Warner Bros. Discovery come se fosse
sua.
Warner Bros. aveva inizialmente
rifiutato di unirsi alla causa intentata da Disney e Universal a
giugno, ma ha cambiato posizione dopo che Midjourney ha
presentato i suoi strumenti di generazione video e il suo canale di
streaming. Il team legale di Warner Bros. — gli stessi avvocati che
rappresentano Disney e Universal — sostiene che Midjourney abbia
preso una decisione “calcolata e orientata al profitto” per
rimuovere le barriere che impedivano agli utenti di creare
contenuti video illegali, nonostante il procedimento in corso.
Cosa significa la causa
della Warner Bros. per la battaglia legale sull’IA
Con l’adesione della Warner Bros.,
tre dei più grandi attori di Hollywood – Disney, Universal e Warner
Bros. – stanno ora intentando cause quasi identiche contro
Midjourney. L’industria dell’intrattenimento sta presentando un
fronte unito contro quello che considera uno sfruttamento
incontrollato della sua proprietà intellettuale, segnalando uno
sforzo più ampio per stabilire dei limiti legali alle piattaforme
di IA prima che diventino troppo potenti.
La denuncia suggerisce anche che
gli studi sono sempre più allarmati dall’espansione di
Midjourney nella generazione e nello streaming di video, poiché
si tratta di aree in cui i confini tra parodia, fan art e pirateria
diventano pericolosamente sfumati. Di conseguenza, più Midjourney
si comporta come uno studio di contenuti, più la società rischia di
subire pressioni legali.
Alla 82ª
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è stato
presentato in concorso Silent
Friend, il nuovo film della regista ungherese
Ildikó Enyedi, già
candidata all’Oscar con Corpo e
anima e Leone d’Oro a Venezia nel 1989 con My 20th Century.
In
occasione della premiere, la regista ha incontrato la nostra
redazione al Lido per un’intervista esclusiva, disponibile nel
video qui sotto.
Guarda l’intervista
completa a Ildikó Enyedi su Silent Friend:
Nel dialogo con Cinefilos,
Enyedi ha raccontato la genesi di Silent Friend, sottolineando come il film nasca dal
desiderio di esplorare ciò che resta inespresso nei rapporti umani:
«Il silenzio non è assenza, ma una forma di linguaggio», ha
dichiarato.
La regista ha parlato anche
del suo metodo di lavoro con gli attori, spiegando di aver scelto
un approccio fatto di sguardi e pause più che di dialoghi, e della
collaborazione con il direttore della fotografia, fondamentale per
costruire l’atmosfera sospesa che caratterizza il film.
L’intervista si è conclusa con
una riflessione sul cinema contemporaneo: «Credo che la nostra
responsabilità sia quella di offrire esperienze autentiche, anche
quando questo significa confrontarsi con il vuoto e con la
fragilità».
Con Silent Friend, Enyedi conferma la sua
sensibilità poetica e si impone come una delle voci più originali
del panorama europeo.
Il triangolo amoroso di
Uno splendido errore (My Life With The Walter
Boys) alla fine della seconda stagione è stato
spiegato dal cast della serie. La
prima stagione di Uno splendido errore (My Life With
The Walter Boys) è stata pubblicata su
Netflix nel dicembre 2023, mentre la seconda
stagione è stata trasmessa per la prima volta il 28 agosto. La
storia segue Jackie Howard, un’adolescente di Manhattan che deve
trasferirsi a Silver Falls, in Colorado, per andare a vivere con i
Walter dopo la morte dei suoi genitori. La serie è basata
sull’omonimo libro di Ali Novak.
Durante un’intervista con ScreenRant, ogni membro del triangolo amoroso ha
risposto a domande sui propri personaggi durante la seconda stagione di My Life With the Walter Boys.
Quando a Nikki Rodriguez, che interpreta Jackie, è stato chiesto
cosa le abbia dato la sicurezza di rimanere a Silver Falls in
questa stagione, invece di tornare a New York, ha risposto:
Tornando
alla seconda stagione, penso che sia il suo periodo a New York dopo
la prima stagione, e penso che il suo ritorno a New York e poi
quando Katherine, hanno quella scena nella tavola calda, penso che
quando la convince a tornare a Silver Falls, penso che sia pronta
ad affrontare le cose a testa alta in questa stagione. Quindi penso
che sia solo… è semplicemente cresciuta molto dalla prima alla
seconda stagione, e continua a crescere durante tutta la seconda
stagione.
Crowley ha poi chiesto a Noah
Lalonde, che interpreta Cole Walter, del suo personaggio che
apparentemente ha tutto, ma a cui manca un pezzo di felicità, e se
Jackie sia quel pezzo di felicità.
Mi piaci
Liam, per la cronaca. Dirò questo, penso che lei sia assolutamente
uno dei pezzi mancanti del puzzle. Penso che sia una delle forze
motivanti in molte delle azioni di Cole nella seconda stagione.
Tuttavia, penso che alla fine dell’episodio 10, quella
conversazione porti molta confusione aggiuntiva e un po’ di
frustrazione aggiuntiva, che è stato un po’ lo schema di molte
delle interazioni tra Cole e Jackie durante tutta la stagione. Per
quanto sia bello sentire “Ti amo” anche solo per un nanosecondo, è
subito seguito da un “Ok, va bene!”. Non è stata una conversazione
armoniosa. Quindi mi sembra che lui non sappia davvero cosa
succederà dopo e che sia rimasto in una sorta di limbo per tutto
questo tempo, cercando di aggrapparsi a qualsiasi versione di
crescita riesca a trovare perché, come hai detto tu, manca qualcosa
e lui non riesce ancora a capire cosa sia. Non so se riuscirebbe a
dirti che si tratta di Jackie, ma lei è sicuramente una parte
importante di tutto questo.
Ashby Gentry, che interpreta Alex
Walter, il terzo membro del triangolo amoroso, viene poi chiesto da
Crowley se crede davvero che la relazione di Alex con Jackie sia
“solida come una roccia”, come sostiene Alex all’inizio del finale
di stagione, al che lui risponde:
Cioè, immagino di no, ma penso
che lui abbia l’impressione che lo sia. Ma ci vogliono due persone
per ballare il tango, e non dipende solo da lui.
Cosa significano questi
commenti per My Life With The Walter Boys
I commenti del cast di
Uno splendido errore (My Life With The Walter
Boys) forniscono informazioni sui motivi che hanno
spinto i personaggi a fare le scelte che hanno fatto durante la
seconda stagione. Gli attori accennano al fatto che tutti hanno
delle vicende al di fuori del triangolo amoroso che si intrecciano
con le complessità di quest’ultimo.
La seconda stagione di
Uno splendido errore (My Life With The Walter
Boys) mostra una grande crescita, come ha affermato
Nikki Rodriguez, oltre a sentimenti complicati che aleggiano
intorno a tutti i personaggi e tra di loro.
La seconda stagione lascia spazio a
molti altri sviluppi all’interno della serie, e
la terza stagione di My Life With The Walter Boys avrà molte
più storie da raccontare quando si tratterà di Jackie, Cole e
Alex.
Il veterano regista hollywoodiano
Steven Spielberg può essere considerato responsabile di
alcuni dei più grandi successi cinematografici, ma secondo
quanto riferito, avrebbe perso l’occasione di occuparsi
dell’adattamento cinematografico di una serie di videogiochi da 30
miliardi di dollari. Nel corso della sua carriera, Spielberg si
è spesso cimentato nel mondo dei videogiochi, con molti dei suoi
film che hanno fornito ricco materiale all’industria dei
giochi.
Inoltre, il concept del gioco
sparatutto in prima persona Medal of Honor per PlayStation
del 1999 è stato creato dallo stesso Steven Spielberg, che si è ispirato
al suo lavoro nel film sulla Seconda Guerra Mondiale del 1998,
Salvate il soldato Ryan. Ma per quanto riguarda
un franchise di giochi simile, Matthew Belloni diPuckha recentemente rivelato che Spielberg ha
anche presentato la sua visione per un film su Call of
Duty, ma è stata rifiutata.
Steven Spielberg ha perso
l’occasione di dirigere un rivale di Medal of Honor
Con l’obiettivo di essere anche
educativo, la stragrande maggioranza dei successivi capitoli di
Medal of Honor era ambientata anch’essa durante la Seconda
Guerra Mondiale. Ma dopo il successo iniziale del gioco originale
di Spielberg all’inizio degli anni 2000, un nuovo studio di
videogiochi, Infinity Ward, ha cercato di sviluppare il proprio
sparatutto ambientato nella Seconda Guerra Mondiale, Call of
Duty.
Dopo aver superato la meccanica di
gioco e il fascino della serie Medal of Honor e aver dato
vita a una serie di sequel, Call of Duty comprende oltre 20
titoli. All’inizio di questa settimana, il CEO della Paramount
David Ellison
ha annunciato che era stato raggiunto un accordo con l’editore di
videogiochi Activision e che i piani per un film
live-action Call of Duty erano in corso dopo 10 anni di
stallo.
Secondo Belloni, Spielberg
“voleva davvero dirigere il film CoD” e ha presentato la sua
idea per il film anche al team di Activision, di proprietà di
Microsoft. Tuttavia, le richieste di Spielberg per il montaggio
finale di Call of Duty e il controllo totale della
produzione e del marketing hanno preoccupato Activision, che ha
invece accettato l’offerta della Paramount, che avrebbe consentito
loro un maggiore controllo creativo.
La showrunner di Uno splendido errore(MyLife with
the Walter Boys), Melanie Halsall, ha espresso il
suo verdetto sul futuro della serie di successo oltre la seconda
stagione. Il drama adolescenziale Netflix, basato sull’omonimo romanzo Wattpad
di Ali Novak, ha debuttato su Netflix il 7 dicembre 2023, con tutti
i 10 episodi della prima stagione disponibili
contemporaneamente.
Uno splendido errore (My Life with the Walter Boys)
– stagione 2 è stata trasmessa per la prima volta il
28 agosto 2025, anch’essa composta da 10 episodi, ed è stata
accolta meglio della precedente. La stagione si è conclusa con un
finale sospeso in cui Alex ha sorpreso Jackie mentre confessava il
suo amore per Cole, lasciando inoltre sconosciuto il destino di
George, tutti elementi che la serie dovrà riprendere nelle stagioni
future.
Secondo Swooon, Halsall ha discusso la direzione futura che la
serie potrebbe prendere dopo la seconda stagione e sembrava
ottimista sul futuro della serie, affermando di aver
“pianificato tutto a lungo termine”. Ha condiviso che le
piacerebbe continuare a raccontare storie su questi personaggi,
fintanto che il pubblico sarà interessato a continuare a guardarli,
e ha anticipato che gli spettatori potrebbero vedere i personaggi
invecchiare.
Ha anche discusso del fatto che ama
le storie d’amore della serie, affermando che la coppia Kiley-Dylan
è una delle sue preferite e che la serie è basata su triangoli
amorosi, cosa che non cambierà in futuro. Leggi i commenti di
Halsall qui sotto:
Sono
affascinata da questi personaggi e da queste storie in questo
mondo, e mi piacerebbe continuare a raccontare queste storie finché
le persone continueranno a guardarle, vorranno continuare a
guardarle. Quindi non si può mai sapere. Potremmo vedere i nostri
personaggi invecchiare sempre di più man mano che andiamo avanti,
ma mi piacerebbe continuare a raccontare queste storie.
Abbiamo
molti personaggi nella nostra serie e penso che tutti dovrebbero
avere il loro posto al sole.
Adoro tutte
le nostre storie d’amore. Davvero, davvero. Penso che la relazione
tra Kiley e Dylan nella seconda stagione sia davvero divertente, e
soprattutto con il triangolo separato con Alex, sono davvero
entusiasta di mostrare alla gente dove andrà a finire.
La nostra
serie è sempre un triangolo amoroso. Si basa su un triangolo
amoroso. Si basa sul romanticismo. E quindi, per il momento, questo
è il nucleo della nostra serie. Quindi, per il momento, questo non
cambierà.
Cosa significa questo per il
futuro di My Life With The Walter Boys
I commenti di Halsall dimostrano
che ha dei progetti per il futuro della serie e che sarebbe
disposta a continuare lo show per diversi anni ancora. La terza
stagione di My Life With the Walter Boys è già stata rinnovata e
promette di portare con sé ancora più drammi e conflitti, ma non è
chiaro per quanto tempo lo show continuerà oltre quel punto.
L’aggiornamento è sicuramente
incoraggiante per il futuro della serie e ci sono diversi punti
della trama che lo show potrebbe esplorare nella prossima stagione.
Halsall sembra soddisfatta di stuzzicare il pubblico e di mantenere
i triangoli amorosi come componente drammatica centrale che guida
la narrazione dello show.
Variety ha appreso in esclusiva
che Amazon Prime Video ha dato il via libera
alla realizzazione di una serie TV live-action tratta da
Life Is Strange. Basata sull’omonima serie di
videogiochi, la serie sarà scritta da Charlie
Covell, che ricoprirà anche il ruolo di produttore
esecutivo e showrunner. Dmitri M. Johnson,
Mike Goldberg e Timothy I.
Stevenson saranno i produttori esecutivi sotto la loro
bandiera Story Kitchen. La serie è prodotta da Square Enix, Story
Kitchen e LuckyChap, con Amazon MGM Studios.
“Story Kitchen ha sempre creduto
che ‘Life is Strange’ meritasse di essere più di un semplice gioco:
è un punto di riferimento culturale”, hanno dichiarato Johnson
e Goldberg di Story Kitchen. “Dopo un viaggio lungo un
decennio, siamo onorati di portare questa amata storia su Amazon
MGM insieme ai nostri incredibili partner di Square Enix, al nostro
brillante showrunner/sceneggiatore Charlie Covell e al fantastico
team di LuckyChap. Insieme, questo dream team accuratamente
assemblato è pronto a condividere Life is Strange con il mondo in
un modo completamente nuovo!”
Secondo la trama ufficiale, “la
storia segue Max,una studentessa di fotografia che scopre
di poter riavvolgere il tempo mentre salva la vita della sua
migliore amica d’infanzia, Chloe. Mentre lotta per comprendere
questa nuova abilità, le due indagano sulla misteriosa scomparsa di
un compagno di scuola, scoprendo un lato oscuro della loro città
che alla fine le costringerà a fare una scelta impossibile tra la
vita e la morte che le influenzerà per sempre”.
“È un grande onore adattare
‘Life Is Strange’ per Amazon MGM Studios”, ha dichiarato
Covell. “Sono un grande fan del gioco e sono entusiasta di
lavorare con i fantastici team di Square Enix, Story Kitchen e
LuckyChap. Non vedo l’ora di condividere la storia di Max e Chloe
con i giocatori e il nuovo pubblico”.
“Siamo grandi fan del visionario
Charlie Covell da anni, quindi collaborare con loro all’adattamento
di Life is Strange è davvero un sogno che si avvera”, ha
dichiarato invece LuckyChap. “Charlie è un eccezionale custode
di una proprietà intellettuale venerata e ci sentiamo
incredibilmente fortunati ad averlo al timone di un videogioco così
originale, amato e culturalmente significativo. Siamo anche
profondamente grati di poter collaborare con i nostri amici di
Amazon MGM Studios, Story Kitchen e Square Enix e non vediamo l’ora
di dare vita a Chloe, Max e Arcadia Bay”.
Da quasi un decennio si cerca di
sviluppare Life Is Strange per la televisione.
Inizialmente la produzione era stata affidata a Legendary
Television, mentre Johnson è stato coinvolto nel progetto sin
dall’inizio. Tuttavia, questa è la prima volta che una versione
televisiva del gioco è stata ufficialmente commissionata come
serie. “Per anni tantissime persone ci hanno chiesto di creare
una serie TV di ‘Life is Strange’ e siamo davvero felici di poter
finalmente collaborare con Amazon MGM Studios, che siamo certi farà
un lavoro incredibile nel dare vita al nostro universo”, hanno
dichiarato Jon Brooke e Lee Singleton, direttori dello studio
Square Enix.
Covell è noto soprattutto per aver
scritto la serie comica dark di Netflix “The
End of the F***ing World”, basata sull’omonimo romanzo
grafico di Charles Forsman. Più recentemente, ha
creato la serie drammatica di Netflix “Kaos”
e ha co-creato la serie drammatica britannica “Truelove”
con Iain Weatherby. Tra gli altri suoi lavori come
sceneggiatore figurano la serie ‘Humans’ e il film
“Burn Burn Burn”.
“Siamo entusiasti che i nostri
clienti Prime Video di tutto il mondo possano sperimentare il mondo
dinamico di ‘Life Is Strange’”, ha dichiarato Nick Pepper,
responsabile della divisione SVOD TV & development series per
Amazon MGM Studios. “La serie è in ottime mani con Charlie
Covell, che ha creato una storia profondamente accattivante basata
sull’iconico videogioco. Charlie e i suoi fantastici collaboratori
di LuckyChap, Story Kitchen e Square Enix sono il team perfetto per
realizzare un adattamento monumentale che affascinerà sia i fan
affezionati che il nuovo pubblico“.
Questo è solo l’ultimo adattamento
di un videogioco che trova casa su Prime Video. Recentemente è
stato annunciato che
la tanto attesa serie “Tomb Raider” di Phoebe
Waller-Bridge, con Sophie Turner nel ruolo della protagonista,
inizierà le riprese nel gennaio 2026. Prime Video trasmette
attualmente anche la versione seriale di Fallout,
la cui seconda stagione sarà lanciata a dicembre, mentre la terza è
già stata ordinata.
La saga di Life Is Strange
Il primo gioco Life Is
Strange è stato pubblicato nel 2015 ottenendo recensioni
positive, elogi da parte del settore e nomination e vittorie ai
premi. Nel 2023, è stato riferito che il gioco aveva raggiunto
oltre 20 milioni di giocatori totali. Il gioco originale è stato
seguito dal prequel “Life Is Strange: Before the Storm”
nel 2017. Nel 2018 sono stati pubblicati “The Awesome
Adventures of Captain Spirit” e “Life Is Strange 2”,
incentrati su nuovi personaggi. A questi è seguito un altro gioco
standalone, “Life Is Strange: True Colors”, nel 2021.
“Life Is Strange: Double Exposure”, che vedeva ancora una
volta Max come protagonista, è uscito nel 2024. I giochi sono stati
sviluppati da Don’t Nod Entertainment e successivamente da Deck
Nine, con Square Enix come editore.
Siamo ormai a metà della seconda
stagione di Peacemaker. Sebbene l’episodio di ieri
sera abbia
riservato alcune divertenti sorprese, i commenti del regista
James Gunn hanno lasciato intendere che
saranno gli ultimi tre capitoli a lasciare i fan a bocca aperta. Il
co-amministratore delegato della DC Studios ha anche affermato che
Peacemaker è il “sequel diretto di Superman” e il “prequel
di Man of Tomorrow“. Tuttavia, dato che nulla nei primi cinque
episodi inviati alla critica suggerisce che sia così, molti fan
sperano che Gunn non stia esagerando.
In precedenza aveva detto che la
serie includerà un “cameo davvero, davvero, davvero
importante”, e la star di Superman,
David Corenswet potrebbe aver appena svelato
il segreto. L’attore ha infatti condiviso una foto di se stesso in
costume da Superman, in piedi accanto a John Cena nei panni di Chris Smith sul set
della seconda stagione di Peacemaker (si può vedere qui la foto). La maglietta di Cena è
quella dell’episodio andato in onda, e i due progetti DCU sono stati girati più o meno nello stesso
periodo, ma questo sembra sicuramente un indizio di un possibile
incontro tra questi personaggi.
D’altronde, Superman è apparso
in ombra nel riassunto “Previously in the DCU” di
Peacemaker e si dice che il personaggio di Cena
apparirà in
Man of Tomorrow, quindi vedremo cosa succederà nelle
prossime settimane. Di certo, c’è da aspettarsi che la serie sia
strettamente legata agli eventi del prossimo film, date le parole
di Gunn, per cui viene facile pensare che grandi sorprese siano
effettivamente in arrivo.
Tutto quello che sappiamo della
stagione 2 di Peacemaker
“La gente sta capendo che la
seconda stagione di Peacemaker riguarda due dimensioni, e questo è
davvero il cuore della serie”, ha spiegato Gunn durante una
recente intervista con Rolling Stone. “Ma non è che una di
queste sia la vecchia DCEU e l’altra la DCU. La questione viene
affrontata in modo diverso, in modo molto diretto in una stagione
in cui quasi tutto nella prima stagione è canonico e alcune cose
non lo sono. E infatti ho registrato un podcast con gli attori
Steve Agee e Jen Holland“.
“Abbiamo parlato di ogni
episodio di Peacemaker e in quegli episodi ho spiegato cosa è
canonico e cosa non lo è. In pratica ho eliminato alcune piccole
cose della prima stagione di Peacemaker che non sono canoniche,
come Aquaman. Ma la maggior parte delle cose è canonica“.
Stando a queste parole di Gunn, sarà dunque interessante scoprire
cosa la seconda stagione aggiungerà alla storia di Peacemaker e
come lo renderà a tutti gli effetti un personaggio del DC
Universe.
“Peacemaker esplora la storia
del personaggio che John
Cena riprende all’indomani del film del 2021 del produttore
esecutivo James
Gunn, Suicide Squad – un uomo irresistibilmente
vanaglorioso che crede nella pace ad ogni costo, non importa quante
persone debba uccidere per ottenerla!”, è stato poi riferito.
I dettagli precisi sulla trama della seconda stagione sono ancora
per lo più nascosti, ma sappiamo che Frank Grillo riprenderà il ruolo di Rick Flag
Sr. e cercherà di vendicarsi per l’uccisione da parte di Peacemaker
di suo figlio Rick Jr. (Joel
Kinnaman) avvenuta in The Suicide Squad.
James Gunn ha annunciato il titolo e la data
di uscita del prossimo capitolo della “Saga di Superman” della DC Studios,
Man of Tomorrow, all’inizio di questa settimana, e i
fan hanno subito iniziato a speculare su questo “seguito-non
seguito” di Superman e su quali
altri personaggi potrebbero essere al centro della trama.
Sappiamo che David Corenswet e Nicholas Hoult riprenderanno i rispettivi
ruoli di Clark Kent/Superman e Lex Luthor, e si dice che saranno i
co-protagonisti del film.
Non sappiamo con certezza se
uniranno le loro forze come si dice, ma l’artwork ufficiale che ha
accompagnato l’annuncio suggerisce chiaramente che potrebbero
doversi alleare per combattere una minaccia più grande. Ma chi o
cosa potrebbe spingere questi acerrimi nemici a mettere da parte le
loro divergenze?
Il mese scorso, un documentario di
un’ora sulla realizzazione di Superman ci ha dato un rapido
assaggio di uno storyboard con l’Uomo d’Acciaio, Supergirl, Krypto e quello
che sembrava molto simile alla parte superiore della testa di
Brainiac. Anche se c’è la possibilità che si tratti semplicemente
di un’idea non utilizzata per Superman,
molti fan rimangono convinti che il supercattivo superintelligente
farà il suo debutto nella DCU proprio in Man of
Tomorrow.
Lo scooper Jeff Sneider ha discusso
la notizia su MOT nella sua ultima newsletter. “Gunn ha fatto l’annuncio
mercoledì, e la notizia è stata accompagnata da un
nuovo disegno del capo della DC Comics Jim Lee che raffigura
Superman con un cacciavite in mano accanto a Lex Luthor nella sua
armatura meccanica verde e viola. Questo sembrerebbe indicare che i
due si alleeranno per fermare una minaccia più grande,
probabilmente Brainiac, nel sequel che, secondo Gunn, “non è un
sequel diretto”, ma piuttosto il prossimo capitolo della saga di
Superman della DC, che include anche il film Supergirl di Craig
Gillespie del 2026 con Milly Alcock“.
Sebbene sia possibile che Sneider
stia semplicemente speculando, è noto per aver occasionalmente
pubblicato mini-scoop o indizi nella sua newsletter, quindi
potrebbe semplicemente sapere qualcosa in più di noi sul
trattamento di Gunn. Tuttavia, non sono ad ora state fornite
ulteriori indicazioni sul film, per cui la trama e i personaggi che
saranno presenti nel film restano un mistero, anche se recenti
indiscrezioni parlano di una
grande squadra di supereroi. Ogni notizia a riguardo potrebbe
però essere infondata e smentita nel giro di breve da Gunn, in
quanto non è noto se la sua sceneggiatura sia stata letta anche da
altre persone.
Cosa sappiamo su Man
of Tomorrow, sequel di Superman
Tramite il proprio profilo Instagram
(qui si può
vedere il post), James Gunn ha infatti rivelato che il seguito
del suo film su Superman si intitolerà Man of
Tomorrow. Il film DC arriverà nelle sale il 9
luglio 2027. L’annuncio è stato accompagnato da una nuova
immagine DC di Lex Luthor con indosso la sua tuta da guerra viola e
verde dei fumetti, mentre Superman sorride al suo fianco.
Sia David Corenswet che Nicholas Hoult hanno confermato il loro
ritorno nel sequel del film su Superman,
condividendo anche dei post sui loro account Instagram (qui quello di Corenswet e qui quello di Hoult), anticipando così un nuovo
scontro tra i loro personaggi ma anche una potenziale alleanza.
Il nuovo film è stato in precedenza
descritto come un secondo capitolo della “Saga di Superman”. Ad
oggi non ci sono indizi di nessun tipo sulla trama, anche se alcune
speculazioni suggeriscono una storia che va da una collaborazione
tra Superman e Supergirl a una storia che coinvolge The
Authority.
Ad oggi, Gunn ha affermato
unicamente che “Superman conduce direttamente a Peacemaker; va notato che questo è per adulti, non
per bambini, ma Superman conduce a questo show e poi abbiamo
l’ambientazione di tutto il resto della DCU nella seconda stagione
di Peacemaker, è incredibilmente importante”. Non resta dunque
che attendere maggiori informazioni su questo prossimo
progetto.
Dopo
la recente notizia che sono iniziate le riprese di Evil
Dead Burn di Sébastien Vaniček, il
regista ha ora pubblicato sui social media un nuovo dietro le
quinte che mostra uno dei membri del cast in condizioni piuttosto
malconce (si può vedere qui l’immagine).
Non sappiamo se questa donna sia stata posseduta da un Deadite o
sia semplicemente vittima di un altro essere umano posseduto dal
demonio, ma in entrambi i casi sembra averne passate di tutti i
colori.
I dettagli della trama sono ancora
un mistero (probabilmente è lecito supporre che qualcuno leggerà il
Necronomicon e scatenerà qualche demone assetati di sangue), ma al
momento sappiamo solo che il film avrà come protagonisti
Hunter Doohan, Souheila Yacoub,
Luciane Buchanan e Tandi Wright.
Vaniček, invece, ha debuttato come regista con
Vermin/Vermine, alias Infested, incentrato sugli
abitanti di un fatiscente condominio francese che cercano di
sopravvivere all’invasione di un esercito di ragni velenosi che si
riproducono rapidamente.
Il film ha riscosso un grande
successo e ha vinto il premio come miglior film e miglior regista
alla sua prima nordamericana al Fantastic Fest. È stato anche
invitato al Sitges Film Festival, dove ha ottenuto una nomination
come Miglior Film e ha vinto il Premio Speciale della Giuria. Anche
grazie a quel successo, Vaniček è dunque stato ingaggiato per
co-scrivere e dirigere il progetto, allora senza titolo, che è
stato descritto come uno spin-off. Ciò indicava che il film non
sarebbe stato un sequel diretto di La casa –
Il risveglio del male di Lee Cronin, ma che potrebbe
comunque esserci qualche collegamento tra quel film e l’atteso
Evil Dead Burn.
Mentre proseguono le riprese di
Avengers:
Doomsday nel Regno Unito, altri attori stanno
completando le riprese dei rispettivi ruoli nella prima parte
dell’attesissimo finale della saga Multiverse. Molti di loro
saranno senza dubbio chiamati per delle riprese aggiuntive in
futuro, ma ad oggi Chris Hemsworth (Thor), Pedro Pascal (Mister Fantastic) e Alan Cumming (Nightcrawler) hanno tutti
confermato di aver terminato il lavoro sul blockbuster.
Ora possiamo aggiungere
Letitia Wright alla lista. “Ho appena
terminato le riprese principali di Avengers: Doomsday, nel ruolo di Shuri,
Black Panther”, ha confermato l’attrice durante un’intervista all’HollyShorts Film Festival. In
qualità di Black Panther dell’MCU, Shuri dovrebbe far parte di
una delle squadre degli Avengers che vedremo in questo film. Il suo
genio intellettuale entrerà sicuramente in gioco e sarebbe
affascinante ad esempio vederla condividere lo schermo con Reed
Richards.
Sebbene Shuri possa guidare la sua
squadra wakandiana – M’Baku di Winston Duke è
stato confermato per Avengers: Doomsday – resta da
vedere quanto sarà importante il ruolo della sua Black Panther. Con
anche Namor che avrà un ruolo, non saremmo
sorpresi se fosse lei a recarsi a Talokan per reclutare lui e il
suo esercito.
“È semplicemente un ensemble di
grandezza, quindi ero davvero entusiasta di farne parte”, ha
detto Wright del prossimo film degli Avengers all’inizio di
quest’anno. “Ne ho già fatto parte in passato, ma in modo più
marginale. Ora ho un ruolo un po’ più importante”. Ricordando
queste sue parole, sembra dunque lecito aspettarsi una maggior
presenza dell’attrice e del suo personaggio nel film.
Le concept art trapelate sembrano
inoltre aver confermato che Avengers: Doomsday o
Avengers:
Secret Wars introdurranno un nuovo Black Panther
maschio. Ancora non è certo però se si trattaterà del figlio di
T’Challa, Toussaint/T’Challa II, o di un nuovo T’Challa proveniente
da una realtà parallela. In ogni caso, si prevede che ci sarà un
T’Challa/Black Panther nel MCU post-Secret Wars.
La spada laser utilizzata da
Darth Vader nei film originali di
Star
Wars è stata venduta per la cifra record di
3,6 milioni di dollari. Come riportato da Deadline, all’asta Propstore
tenutasi ieri a Los Angeles è infatti stata raggiunta quest’offerta
record per quello che è stato il prodotto di maggior valore mai
messo in vendita della famosa saga. Il pezzo è stato venduto per
2,9 milioni di dollari più un premio di 700.000 dollari pagato alla
casa d’aste.
L’iconica spada laser rossa è stata
utilizzata da Darth Vader nei duelli in L’Impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi, che erano il quinto e il sesto
capitolo della saga, ma il secondo e il terzo ad arrivare sul
grande schermo. Ad oggi sono stati realizzati nove film di Star
Wars e diversi spin-off.
David Prowse, che
ha interpretato Darth Vader sullo schermo, avrebbe tenuto in mano
l’oggetto ora venduto all’asta a Los Angeles, insieme anche alla
sua controfigura Bob Anderson. Ma non è il primo
cimelio di Star Wars ad ottenere un simile
successo in un’occasione di questo genere: l’anno scorso, una bozza
di sceneggiatura abbandonata di Star Wars è stata
scoperta nel vecchio appartamento londinese di Harrison Ford e venduta per 13.600
dollari.
Tra gli oltre 400 oggetti in
vendita, Propstore ha poi venduto ieri anche una cintura con frusta
di Indiana Jones per 485.100 dollari e un flauto
Ressikan e una scatola abbinata allo schermo di Star Trek:
The Next Generation per 403.000 dollari. Altri oggetti in
vendita erano il cartello della piattaforma 9 3/4 della saga di
Harry Potter e un elmo de Il Signore degli
Anelli: La Compagnia dell’Anello.
Il COO di Propstore, Brandon
Alinger, ha dichiarato: “Il risultato di oggi segna un
momento storico non solo per Propstore, ma per l’intero mondo del
collezionismo cinematografico. Vedere una spada laser di Star Wars,
simbolo di una delle più grandi saghe cinematografiche, diventare
l’oggetto più prezioso della saga mai venduto all’asta è davvero
speciale. Ciò dimostra il potere culturale duraturo di Star Wars e
la passione dei fan e dei collezionisti che vedono questi oggetti
come pietre miliari della mitologia moderna“.
Il film racconta la storia di Grace
(Lawrence) e Jackson (Pattinson), una coppia che si trasferisce nel
Montana, dove Grace inizia a perdere il controllo psicologico
mentre cercano di gestire il trasloco, il loro matrimonio e il loro
nuovo ruolo di genitori. Le recensioni di Die, My
Love sono state positive, con le prime reazioni alla sua
anteprima a Cannes che gli hanno fatto guadagnare un punteggio del
78% su Rotten Tomatoes al momento della stesura di questo
articolo.
MUBI ha
ora pubblicato il trailer ufficiale del fil, che dura solo un
minuto, ma nonostante la sua brevità ha un forte impatto. Tuttavia,
inizia in modo allegro. “The Clapping Song” di
Shirley Ellis accompagna le immagini di Grace e
Jackson che fingono di essere animali, fanno l’amore e in generale
si divertono.
A metà trailer, però, le cose
prendono una piega diversa. La canzone si trasforma in un applauso
lento e minaccioso, mentre il volto di Grace si rabbuia e lei si
piega in avanti. Le immagini diventano poi sempre più sinistre,
mostrando la coppia che litiga, Grace che lecca una finestra,
qualcuno che porta un coltello attraverso un campo e altro
ancora.
Il film verrà distribuito negli
Stati Uniti il 7 novembre 2025, mentre al momento non si hanno
notizie su una distribuzione italiana.
I rappresentanti e i manager hanno
concluso l’accordo e il tanto atteso film Call My
Agent! sta per diventare realtà. Il cast principale della
serie originale francese è tornato e la creatrice, sceneggiatrice e
showrunner Fanny Herrero ha scritto la
sceneggiatura. In un’intervista esclusiva concessaci in occasione
della consegna del Deadline French TV Disruptor
Award, Herrero ha condiviso la sua emozione per la
realizzazione del progetto. Confermando che il film è in
lavorazione, ha dichiarato: “Posso solo dire che la
sceneggiatura è pronta. Quindi sì, ora è in fase di
realizzazione”.
A quanto pare, riunire il cast ha
rappresentato un rompicapo logistico, vista la grande richiesta
degli attori dopo il successo della serie originale. Tuttavia, gli
impegni sono stati liberati e gli agenti dei talenti stanno
tornando al lavoro. “Sono così felice di scrivere di nuovo per
loro”, ha detto Herrero. “Sono così stimolanti, li adoro
tutti. E il fatto che me ne sia andata e che siano passati quasi
cinque anni dall’uscita dell’ultima stagione [rende] così bello
essere di nuovo insieme”.
La commedia corale seguiva le
vicende di un’agenzia di talenti parigina immaginaria chiamata ASK.
Raccontava la vita dei rappresentanti e dei loro clienti con un
cast stellare di guest star che interpretavano se stessi. Tra i
talenti presenti c’erano Monica Bellucci, Charlotte
Gainsbourg, Béatrice Dalle e Jean
Reno, mentre la star statunitense Sigourney Weaver è apparsa nell’ultima
stagione dello show.
Camille Cottin,
Thibault de Montalembert, Grégory
Montel, Liliane Rovère, Fanny
Sidney, Laure Calamy e Nicolas
Maury hanno a loro volta tutti recitato nella serie.
Rendendo omaggio al cast originale mentre il film prende forma,
Herrero ha aggiunto: “Sono così orgogliosa di tutti loro.
Abbiamo costruito insieme qualcosa che ha cambiato le nostre vite,
quindi avremo questo in comune per sempre“.
Herrero ha scritto le stagioni da 1
a 3 prima di lasciare la quarta e ultima stagione su France
Televisions a causa di tensioni creative. L’autrice non ha al
momento rivelato dettagli sullo studio o sulla piattaforma, sulla
trama o sui nomi delle guest star del film, ma ci si aspetta che ci
saranno ospiti di grande fama.
Lo show originale è stato prodotto
dall’etichetta Mediawan Mon Voisin Productions e Mother Production.
Ci sono state diverse false partenze con notizie su una nuova serie
o un nuovo film che circolavano da anni. Questa volta sta davvero
succedendo. La produzione inizierà quest’anno, il che suggerisce
un’uscita nel 2026.
Il successo internazionale di Call My
Agent!
La serie ha vinto l’International
Emmy per la migliore commedia ed è stata un successo sulla TV
francese prima di attirare l’attenzione mondiale su
Netflix. Sono seguite versioni locali della
serie in paesi come Italia (qui
la nostra recensione della seconda stagione),
India, Canada,
Turchia e Regno Unito, dove è
stata trasmessa su Prime Video. È stata inoltre annunciata una
versione tedesca per Disney+ ed Eva Longoria sta realizzando un adattamento in
lingua spagnola.
“On the road”
(En el
camino) del regista messicano
David Pablos, presentato in concorso nella
sezione Orizzonti, vince il prestigioso Queer Lion Award
2025, il riconoscimento collaterale ufficiale della 82.
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia che dal
2007 è dedicato al miglior film con tematiche LGBTQIA+. Assegnato
ogni anno da una giuria internazionale indipendente, il premio ha
l’obiettivo di valorizzare e dare visibilità alle opere che
affrontano, in modo artistico e innovativo, le diversità e le
identità di genere e di orientamento sessuale, contribuendo così a
una più ampia riflessione culturale e sociale.
“Mi ha affascinato l’idea di
raccontare una storia intrisa di omosessualità nel mondo dei
camionisti”, racconta David Pablos, “vengono mostrate le
loro avventure uniche, il fascino visivo di quell’ambiente e la sua
brutalità, ma anche il calore che si trova nella fratellanza che
emerge tra gli uomini sulla strada. Penso che sia un’ambientazione
appropriata per parlare di mascolinità e repressione attraverso
Veneno e Muñeco, i due protagonisti, personaggi distrutti che,
contro ogni previsione, trovano rifugio l’uno nell’altro. Credo sia
essenziale continuare a realizzare film LGBTQ+ nel contesto
odierno, dove le rappresentazioni nel cinema messicano sono ancora
così poche. Stiamo vivendo tempi difficili nella lotta per la
visibilità, ed è ancora raro trovare progetti che ritraggano
l’alterità da una prospettiva intima e onesta, avvicinandosi ai
personaggi con empatia e rispetto.”
Con “On the road”
(En el camino), David Pablos – già apprezzato per la sua
capacità di indagare le dinamiche umane e sociali con grande
sensibilità – porta sullo schermo una storia intensa e universale,
in cui il viaggio fisico diventa metafora di ricerca identitaria e
di emancipazione.
Il film sarà prossimamente
disponibile in Italia su IWONDERFULL Prime Video Channles, la piattaforma di
streaming di I Wonder Pictures, confermando l’impegno del
distributore nel portare al centro del dibattito culturale opere di
qualità e dal forte impatto sociale.
Con Hui jia (Back
Home), presentato nella sezione Fuori Concorso – Non
Fiction a Venezia 82, Tsai Ming-Liang conferma la sua
fedeltà a un cinema fatto di sottrazione, lentezza e
contemplazione. Al centro della sua opera c’è Anong, un laotiano
che torna nella propria terra dopo un periodo di lontananza. Il
viaggio, scandito da piani fissi e silenzi, si rivela subito più
complesso del previsto: la “casa” evocata dal titolo non è mai un
approdo sicuro, ma un luogo continuamente messo in discussione. C’è
una tensione sospesa tra appartenenza e straniamento, tra intimità
e precarietà.
Il gesto del
“Hand-sculpted Cinema”
Tsai da anni ha
abbandonato le sceneggiature tradizionali, scegliendo una forma di
lavoro che lui stesso definisce “Hand-sculpted Cinema”. È un
gesto di libertà radicale: eliminare i vincoli dell’industria per
restituire al cinema una dimensione manuale, quasi artigianale.
Back Home è realizzato con strumenti minimi, una Canon, una
Leica, tre persone in viaggio, ma proprio in questa nudità trova la
sua forza. Ogni inquadratura appare come scolpita nella durata e
nello spazio, un esercizio di pazienza e precisione che si
sottrae a ogni logica produttiva. È il contrario di un film
“costruito”: è un’opera che accade, si deposita, e infine resta
come traccia di un’esperienza condivisa.
L’assenza di parole non è
mai mancanza, bensì respiro. Tsai osserva con la calma di chi non
vuole spiegare né commentare, ma solo lasciare che lo sguardo si
posi, resista. Questo cinema muto è anche un invito a un altro tipo
di ascolto: quello dei dettagli, degli spazi vuoti, delle assenze
che parlano.
Back Home: una
casa che sfugge
Se la casa di Anong è
quella che ritrova nella famiglia e nella terra natale, per il
regista la casa diventa una stanza d’albergo, un luogo anonimo e
provvisorio. È forse questa la contraddizione più intensa del film:
la tensione tra radici e transito, tra il desiderio di stabilità e
la necessità di movimento. Il ritorno a casa è sempre anche un
allontanamento, un nuovo viaggio in partenza. Back Home
mostra che il “ritorno” non è mai completo, perché l’esperienza
dell’esilio e della distanza lascia una traccia permanente.
Un cinema radicale ed
emozionante
Alla fine resta un’opera
di sorprendente complessità emotiva. Tsai Ming-Liang continua a
interrogare il concetto stesso di appartenenza, spingendo lo
spettatore a riflettere sul senso del “tornare” in un mondo dove la
casa è insieme rifugio e miraggio. Un cinema radicale, che non teme
la lentezza né il vuoto, e che proprio per questo riesce a toccare
corde profonde e universali.
Mark Ruffalo ha interpretato per la prima
volta Hulk nell’MCU in The Avengers. Ha sostituito Edward Norton, che lo ha interpretato in
L’Incredibile Hulk, e ha rapidamente fatto suo il
Gigante Verde. Da quel momento Ruffalo è apparso in numerosi altri
progetti del MCU nei panni del gigante verde, fino a She-Hulk:
Attorney at Law.Con un’uscita da solista ancora
apparentemente fuori discussione, Spider-Man: Brand New Day
è ora stato confermato come il prossimo progetto dove rivedremo
Ruffalo nei panni di Hulk.
La Marvel Studios e la Sony Pictures
non hanno ancora fatto alcun annuncio ufficiale sul cast del film,
e l’attore ha scelto con cura le parole quando gli è stato chiesto
di una possibile collaborazione con Spider-Man mentre discuteva
della sua nuova serie HBO, Task, durante la
premiere. “Non lo so, sto ancora aspettando notizie”,
ha detto l’attore a ET Online. “Non ho ancora letto la
sceneggiatura”.
Non è una smentita categorica, e
sembra probabile che Ruffalo stia deliberatamente facendo il
misterioso (meglio così che rovinare una sorpresa che Kevin Feige preferirebbe tenere segreta). Le
riprese di Spider-Man: Brand New
Day sono in corso da luglio, ma non è noto quanto
ancora manchi al termine e le scene che coinvolgono Hulk potrebbero
ancora dover essere realizzate.
Alla domanda su cosa significhi per
lui il suo ruolo di Hulk in vista di un possibile ruolo in
Spider-Man: Brand New Day, Ruffalo ha risposto:
“Se dovesse succedere, sarebbe incredibile. Sono cresciuto con
questo personaggio, che ha cambiato la mia vita in meglio“.
“Ogni volta c’è un nuovo regista, un nuovo mondo, ed è così
emozionante. Non c’è niente di simile. Una serie TV non cambia il
suo mondo da un regista all’altro, ed è questo che è
emozionante”, ha aggiunto l’attore.
Ad oggi, una sinossi generica di
Spider-Man: Brand New Day è emersa all’inizio di
quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.
Dopo gli eventi di Doomsday,
Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a
concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità
di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge
una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e
costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in
gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità
di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile
alleato per proteggere coloro che ama.
L’improbabile alleato potrebbe
dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal –
recentemente annunciato come parte del film – in una situazione
già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono
inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi
contro la vera minaccia di turno.
Di certo c’è che il film condivide
il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la
Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo
inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e
rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha
dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da
un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry
Osborn.
Il film è stato recentemente
posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026.
Destin Daniel Cretton, regista di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, dirigerà il
film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik Sommers.
Tom Holland guida un cast che include
anche Zendaya, Mark Ruffalo, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas
e Jon Bernthal. Michael Mando è
stato confermato mentre per ora è solo un rumors il coinvolgimento
di
Charlie Cox.
Spider-Man: Brand New
Day uscirà nelle sale il 31 luglio 2026.
L’ultimo episodio della seconda
stagione di Peacemaker
potrebbe essere il più importante della serie, poiché vede il
ritorno di un personaggio fondamentale del DCEU che pone gli eventi
chiave in un nuovo contesto. La scorsa settimana, il finale del
secondo episodio della seconda stagione di Peacemaker ha visto Christopher Smith,
interpretato da John
Cena, decidere di recarsi nell’universo alternativo e
perseguire la sua versione di Emilia Harcourt invece della
propria.
Pertanto, l’episodio 3 offre
un’immersione profonda nell’universo alternativo. La serie
live-action DC offre molte sorprese nella sua nuova puntata, sia
nell’universo alternativo visitato da Peacemaker, sia nella
sua dimensione natale. Ciò include il
ritorno di personaggi del DCEU, con il ritorno di un importante
eroe, nonché un emozionante debutto. L’episodio 3 cambia le carte
in tavola.
Perché Peacemaker torna nella
sua dimensione natale
Durante il suo viaggio
nell’universo alternativo, la versione principale di Peacemaker
interpretata da John Cena finisce per salvare la situazione. Dopo
essersi occupato di un gruppo criminale e aver sventato un
attentato dinamitardo, si rende conto di quanto sia bello essere
idolatrato. Inoltre, ha avuto una sorta di appuntamento galante con
la Harcourt di quell’universo. I personaggi hanno avuto un
colloquio a cuore aperto e una relazione è possibile.
Tuttavia, Christopher Smith
ovviamente non le sta dicendo tutto. Proviene da un’altra
dimensione e ha la sua buona dose di problemi e persone che lo
aspettano a casa. Anche se considera la dimensione alternativa
migliore, ha ancora questioni in sospeso e legami a casa. A tal
fine, la sua decisione di tornare alla sua dimensione originale ha
senso.
Per stare completamente con
l’Harcourt alternativa, deve prima sistemare la sua vita. Con gli
agenti dell’ARGUS che arrivano a casa sua proprio mentre Peacemaker
torna dalla dimensione alternativa, non avrebbe potuto scegliere un
momento peggiore per farlo. L’ARGUS è lì per indagare sull’energia
interdimensionale, e Peacemaker l’ha appena fatta aumentare di
nuovo con il suo ritorno.
Spiegato il ritorno scioccante
di Rick Flag Jr.
Rick Flag Sr. di Frank Grillo è uno
dei personaggi più importanti della seconda stagione di
Peacemaker. Ora, la DCU ha fatto una mossa sorprendente riportando in
scena suo figlio, con Joel Kinnaman che riprende il ruolo, in due
modi diversi. Innanzitutto, Flag Jr. appare in un flashback di 3
anni fa. Si scopre che tradiva June Moon con Emilia Harcourt.
Con il viaggio di Peacemaker nella
dimensione alternativa, la DC ha anche potuto esplorare il ritorno
di Kinnaman, con l’attore che segna un altro passaggio importante
di una star della DCEU alla DCU di James
Gunn. Il Peacemaker di Cena non solo trova la Harcourt
dell’universo alternativo, ma anche la versione di Rick Flag Jr. di
quella dimensione. Dato che i due mondi sono così diversi, Flag è
vivo e vegeto in quella dimensione.
Gli episodi precedenti di
Peacemaker avevano accennato all’attuale fidanzato di
Harcourt nell’universo alternativo. Il fratello di Peacemaker,
Keith, ha detto che lei usciva con un “jarhead”. Anche se non è nei
Marines, Flag proviene dall’esercito, rivelando che Keith si
riferiva a lui in modo beffardo fin dall’inizio. Il Flag
dell’universo alternativo non è così figo o serio come la versione
principale; invece, è interpretato per dare un tocco comico.
Perché Emilia Harcourt non può
abbassare la guardia con Peacemaker
Durante la prima stagione di
Peacemaker, la serie ha esplorato come Emilia Harcourt sia
passata dall’odiare Peacemaker a diventare una vera amica di Chris
e persino a sviluppare un legame romantico con lui. La seconda
stagione di Peacemaker ha poi rivelato che tra loro è
successo qualcosa su una barca da festa e che Harcourt ha
allontanato Chris dopo quell’episodio, cosa che lui non
capisce.
Ebbene, la seconda stagione di
Peacemaker, episodio 3, lo chiarisce abbondantemente nella sua
prima scena. Rick Flag Jr. tradiva Enchantress con Harcourt.
Tuttavia, la loro relazione era più di una semplice serie di
incontri occasionali. Flag parlava di lasciare June per Harcourt.
Lei ha anche detto che lui era il suo unico amico e lui era il suo.
Avevano un forte legame.
Il flashback visto in Peacemaker
era ambientato poche ore prima che Flag partisse per Corto Maltese
per gli eventi di The Suicide Squad di Gunn, che si
sarebbero conclusi con l’uccisione di Flag da parte di Peacemaker,
interpretato da Cena. La serie DC ricontestualizza la dinamica di
Harcourt con Chris, poiché lei non si lascia andare
completamente con lui da quando lui ha ucciso Flag, il suo migliore
amico e amante.
Chi è il nuovo personaggio DC
di Michael Rooker?
L’apparizione a sorpresa di Joel
Kinnaman nei panni di Rick Flag non è l’unico ritorno di una star
del DCEU nella stagione 2, episodio 3 di Peacemaker.
Judomaster ritorna come membro del team ARGUS che sta per dare la
caccia a Peacemaker ed Eagly. L’altro grande ritorno del DCEU non è
quello di un personaggio, ma dell’attore Michael Rooker, uno dei
principali collaboratori di Gunn.
Rooker aveva già interpretato
Savant in The Suicide Squad. Come Flag, anche questo
personaggio è morto. Invece di interpretare una versione
alternativa del cattivo nella seconda stagione di
Peacemaker, Rooker torna nei panni di un personaggio
completamente diverso. L’attore dà vita a Red St. Wild, il più
grande cacciatore di aquile al mondo. Dopo che l’ARGUS ha quasi
perso la sua prima squadra combattendo contro Eagly, non vuole
correre rischi.
Il ruolo di Wild è quello di
uccidere Eagly quando l’ARGUS fa irruzione nella casa di
Peacemaker. Tuttavia, con il personaggio DC di John Cena che torna
giusto in tempo per essere presente all’arrivo dell’ARGUS, Eagly
avrà un po’ di aiuto contro il cacciatore di aquile. Se Red St.
Wild riuscirà a uccidere Eagly dovrebbe essere svelato all’inizio
dell’episodio di Peacemaker della prossima settimana,
quando l’ARGUS entrerà nella casa dell’eroe.
Michael Fassbender
è uno di quegli attori che ha dimostrato al mondo il suo talento
recitativo interpretando tanti diversi ruoli iconici in film
appartenenti ai generi più diversi. La sua carriera continua a
proseguire senza intoppi e l’attore è riuscito a conquistare il
pubblico di tutto il mondo in breve tempo, contando sulla tenacia e
sulle sue qualità uniche ed eccellenti.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su Michael Fassbender.
Dopo una breve pausa dal cinema, Fassbender torna con forza nel
2023: è protagonista in Next Goal Wins di
Taika Waititi e in The Killer di David Fincher. Nel 2024
debutta nel piccolo schermo come protagonista nella spy story
The
Agency, serie di alto profilo su Paramount+ con Showtime prodotta da
George Clooney, in cui veste i panni
dell’agente della CIA Martian. Nel 2025 Fassbender è protagonista
del thriller d’azione Black Bag, diretto
da Steven Soderbergh, dove interpreta un ufficiale
dell’intelligence britannica che scopre che sua moglie potrebbe
essere una traditrice
2. Non solo attore, ma
anche produttore. Nel corso della sua carriera, Fassbender
non si è limitato a recitare: ha intrapreso anche la strada della
produzione
cinematografica. Ha lavorato come produttore in progetti
indipendenti come Pitch Black
Heist (2011) e Slow
West (2015), oltre a film più ambiziosi come Assassin’s Creed
(2016). Negli ultimi anni ha ampliato la sua attività dietro la
macchina da presa, sostenendo nuove voci del cinema europeo e
partecipando a produzioni di stampo internazionale.
3. È stato candidato due
volte all’Oscar. Fassbender ha ricevuto
due nomination agli
Academy
Awards: la prima nel 2014 come Miglior attore non
protagonista per 12 anni
schiavo, la seconda nel 2016 come Miglior attore protagonista
per Steve Jobs. Pur non
avendo vinto, queste candidature hanno consolidato il suo status
come uno degli interpreti più intensi e versatili della sua
generazione. Negli ultimi anni il suo nome è tornato più volte tra
i papabili dei festival, in particolare per The Killer di Fincher, che ha confermato la
sua capacità di interpretare ruoli complessi e oscuri.
Michael Fassbender
in 300
3. Ha recitato nel noto
film basato sul fumetto. Celebre trasposizione
dell’omonima graphic novel di Frank Miller, il
film 300 diretto da Zack Snyder nel 2007
è diventato in breve un vero e proprio cult per gli appassionati
del genere. Non tutti sanno che questo ha rappresentato il debutto
cinematografico per Fassbender, oggi apprezzato per i suoi ruoli in
grandi blockbuster e intensi film d’autore. Nel titolo del 2007,
egli ricopre però un ruolo secondario, dando vita al soldato
chiamato Stelios.
Michael Fassbender è Magneto
5. Ha studiato
l’interpretazione del suo predecessore. A partire dal film
X-Men – L’inizio, Fassbender ha interpretato il
personaggio del mutante Magneto, il quale per la prima trilogia
degli X-Men era stato interpretato da Ian McKellen.
Per prepararsi al ruolo, Fassbender ha dichiarato di aver studiato
approfonditamente l’interpretazione di McKellen. Decise però poi di
dar vita ad una propria versione del personaggio, che in quanto più
giovane è ancora molto tormentata circa il proprio potere e deve
ancora comprendere come poterlo controllare al meglio.
6. Non era certo di tornare
in X-Men – Dark Phoenix. Poiché il suo contratto
era scaduto dopo le riprese di X-Men – Apocalisse,
Fassbender non sapeva se avrebbe mai ripreso il ruolo di Magneto.
Nonostante ciò, gli sceneggiatori di X-Men – Dark Phoenix
scrissero il personaggio sempre con lui in mente, pur non avendo
certezze circa il ritorno di Fassbender. L’attore riuscì però
infine a stipulare un nuovo accordo con la Fox ed ebbe così modo di
riprendere il personaggio per un’ultima volta. All’interno del
film, tuttavia, fa la sua comparsa solamente dopo quasi un’ora
dall’inizio.
Michael Fassbender in
Shame
7. Non si è imbarazzato per
le sue scene di nudo. Commentando le inquadrature di
nudismo frontale che lo hanno visto protagonista, l’attore ha
dichiarato, in un’intervista del 2011 a Vulture, che lo sconcerta
il fatto che “le donne possono sfilare nude tutto il tempo
senza problemi, mentre l’uomo si deve sempre tenere addosso i
pantaloni. Ricordo che mia mamma si lamentava sempre per quello e
diceva “Questa è una cazzata, sono sempre le donne che sono
nude”.
8. Le scene di sesso sono
stressanti. L’attore ha dichiarato che per lui è in parte
stressante girare scene di sesso: “Per fortuna ho avuto partner
fantastiche con cui lavorare, tutte le protagoniste femminili o
anche le donne con parti più piccole sono state fantastiche”.
Per lui, la cosa più importante è parlare chiaro con le sue
colleghe e capire cosa possa dare fastidio e cosa no, sapendo come
esse si sentano a loro agio e cercando di dare vita ad un clima più
rilassato possibile.
Michael Fassbender e Alicia Vikander
9. Si sono conosciuti sul
set di La luce sugli oceani. È capitato molte volte che i
set cinematografici potessero essere galeotti e far incontrare due
anime gemelle. E questo è stato il caso anche di Michael Fassbender
e Alicia Vikander
che, nel tardo 2014, si sono trovati a condividere il set de La
luce sugli oceani, film in cui interpretavano una giovane
coppia. I due attori non hanno aspettato molto ad unirsi in
matrimonio, convolando a nozze nell’ottobre 2017 ad Ibiza. Entrambi
hanno sempre mantenuto il più stretto riserbo circa la loro vita
privata, tanto da non far trapelare nulla del loro matrimonio.
10. Michael Fassbender è
nato il 2 aprile del 1977 a Heidelberg, una città nello
stato federato Baden-Wurttemberg, in Germania. La sua altezza
complessiva corrisponde a 183 centimetri.
Superman
(qui
la nostra recensione) è stato un successo al botteghino da 600
milioni di dollari per la DC Studios e, mentre continuano le
discussioni su quanto sarà grande il profitto del primo film della
DCU, i dirigenti della Warner Bros. Discovery
sono probabilmente felici che il marchio DC non sia più agli
sgoccioli. Il 2026 vedrà ora l’uscita di
Supergirl e Clayface,
due adattamenti molto diversi della DC Comics. Il primo è il
prossimo capitolo della “Superman Saga”, mentre il
secondo è un film horror vietato ai minori che esplorerà gli angoli
più oscuri di Gotham City. Nel 2027, invece, uscirà
Man of Tomorrow, un sequel di Superman che non è un
sequel, con David Corenswet e Nicholas Hoult.
Il progetto è attualmente avvolto
nel mistero, ma il regista James Gunn ha condiviso oggi alcuni
aggiornamenti tramite il proprio profilo Threads. Alla
domanda su quanto abbia scritto di Man of
Tomorrow, il co-CEO della DC Studios ha risposto:
“Tutto. Sono solo nella fase necessaria e lunga di riscrittura
e riscrittura. È stato molto divertente. Sto cercando di finire
qualcosa prima che Peacemaker vada in onda, perché ci piace guardarlo
non appena esce“. Molti fan si sono poi chiesti se il film
potesse intitolarsi Superman: Man of Tomorrow,
nonostante non sia un semplice “sequel”. Ebbene, Gunn ha ora
confermato che manterrà solo Man of Tomorrow.
Alcuni potrebbero obiettare che
l’aggiunta di “Superman” renderebbe più facile la
commercializzazione, ma L’Uomo d’Acciaio è stato un successo nel
2013 senza il bisogno di avere il nome del protagonista nel titolo.
Inoltre, Gunn non sembra essere un grande fan dei sottotitoli (ha
eliminato Legacy da Superman e Woman
of Tomorrow da Supergirl). Non sono ad ora
state fornite ulteriori indicazioni sul film, per cui la trama e i
personaggi che saranno presenti nel film restano un mistero, anche
se recenti indiscrezioni parlano di una
grande squadra di supereroi. La cosa potrebbe però essere
infondata, in quanto non è noto se la sceneggiatura di Gunn sia
stata letta anche da altre persone.
Cosa sappiamo su Man
of Tomorrow, sequel di Superman
Tramite il proprio profilo Instagram
(qui si può
vedere il post), James Gunn ha infatti rivelato che il seguito
del suo film su Superman si intitolerà Man of
Tomorrow. Il film DC arriverà nelle sale il 9
luglio 2027. L’annuncio è stato accompagnato da una nuova
immagine DC di Lex Luthor con indosso la sua tuta da guerra viola e
verde dei fumetti, mentre Superman sorride al suo fianco.
Sia David Corenswet che Nicholas Hoult hanno confermato il loro
ritorno nel sequel del film su Superman,
condividendo anche dei post sui loro account Instagram (qui quello di Corenswet e qui quello di Hoult), anticipando così un nuovo
scontro tra i loro personaggi ma anche una potenziale alleanza.
Il nuovo film è stato in precedenza
descritto come un secondo capitolo della “Saga di Superman”. Ad
oggi non ci sono indizi di nessun tipo sulla trama, anche se alcune
speculazioni suggeriscono una storia che va da una collaborazione
tra Superman e Supergirl a una storia che coinvolge The
Authority.
Ad oggi, Gunn ha affermato
unicamente che “Superman conduce direttamente a Peacemaker; va
notato che questo è per adulti, non per bambini, ma Superman
conduce a questo show e poi abbiamo l’ambientazione di tutto il
resto della DCU nella seconda stagione di Peacemaker, è
incredibilmente importante”. Non resta dunque che attendere
maggiori informazioni su questo prossimo progetto.
Tra i più noti e acclamati wrestler
del XXI secolo, John Cena si è da qualche anno a
questa parte dedicato in maniera sempre più attiva anche alla
carriera cinematografica, recitando in alcuni celebri film
d’azione, dove l’attore ha potuto mettere al servizio il proprio
fisico possente. Nel desiderio di variegare, e non rimanere
incastrato solo in un genere, Cena ha partecipato anche ad alcune
riuscite commedie, dimostrando di poter dar vita anche a brillanti
momenti di comicità.
Ecco 10 cose che non sai su
John Cena.
John Cena: i suoi film
1. Ha recitato in celebri
film d’azione. Cena esordisce al cinema nel 2006 con il
thriller Presa mortale, per poi recitare in 12
Round (2009), Legendary (2010), e The
Reunion (2011). A partire dal 2015 prende una pausa dal mondo
del wrestling per dedicarsi alla sua carriera da attore, iniziando
così a recitare nei film Un disastro di ragazza (2015),
Le sorelle perfette (2015), Daddy’s Home (2015),
The Wall (2017), Daddy’s Home 2 (2017), Giù
le mani dalle nostre figlie (2018), Bumblebee
(2018), e Una famiglia al tappeto (2019). Nel 2020 sarà al
cinema con il film Fast & Furious 9, dove reciterà accanto
al collega Dwayne
Johnson, mentre tra i progetti futuri vi è
The Suicide Squad (2021).
Negli ultimi anni è entrato
stabilmente nei grandi franchise di Hollywood: è Jacob Toretto
nella
saga Fast & Furious
(F9 nel 2021, Fast X nel 2023) e Peacemaker nel
DCEU, personaggio introdotto in The Suicide Squad (2021) e poi protagonista
della serie HBO Max. Tra i suoi titoli più recenti troviamo
Argylle – La super spia (2024) e Heads of State
(2024). Nel 2025 è tornato nella seconda stagione di Peacemaker e ha fatto un
cameo nel film
Superman,
consolidando ulteriormente il suo legame con l’universo DC mentre è
atteso in nuovi progetti ancora top secret che confermano il suo
status di star d’azione globale.
2. È celebre anche come
doppiatore. Nel 2017 presta la voce al protagonista del
film d’animazione Ferdinand,,
ruolo che gli vale una nomination ai Teen Choice Awards.
Successivamente partecipa a serie animate come Dallas & Robo (2018) e Rise of the Teenage Mutant Ninja
Turtles (2018-2019). Nel 2020 è la voce dell’orso polare Yoshi
nel film Dolittle con
Robert Downey
Jr. Di recente ha continuato a lavorare nel doppiaggio
prestando la voce a personaggi in progetti per il cinema e lo
streaming, confermandosi come volto (e voce) versatile anche nel
settore animato.
John Cena è su Instagram
3.Ha un account
personale.Cena è presente su Instagram con un profilo
ufficiale seguito oggi da oltre 19 milioni di follower (dato 2025).
La sua pagina rimane unica nel panorama delle celebrità: non
pubblica immagini di sé, ma solo foto e meme senza alcuna
spiegazione, lasciando ai fan la libera interpretazione. Una
formula originale che ha contribuito a rendere il suo account uno
dei più discussi e seguiti tra gli attori hollywoodiani.
John Cena non ha figli
4. Ha scelto di non avere
figli. Il wrestler e attore è stato sposato due volte. La
prima con Elizabeth Huberdeau, dal luglio del 2009 al maggio del
2013, e la seconda con la wrestler Nikki Bella, che sposa
nell’aprile del 2017. Cena ha tuttavia più volte ribadito di non
volere figli per via del suo lavoro, e ciò sembra averlo posto in
contrasto con la neo moglie, dalla quale divorzierà nell’aprile del
2018.
John Cena: il ritiro dal
wrestling
5. È prossimo al
ritiro. Dopo oltre vent’anni di carriera, nel 2015
l’attore ha assunto il ruolo di part timer per dedicarsi alla
carriera cinematografica. Da quel momento le sue apparizioni in
WWE, il popolare show di wrestling si sono particolarmente
diradate. Nell’aprile del 2019 sono inoltre iniziate a circolare le
voci secondo cui Cena sarebbe prossimo al ritiro ufficiale. Ormai
quarantenne, Cena ha affermato di essere consapevole di non poter
più dar vita alle performance di un tempo, ma che se non da
wrestler ricoprirà comunque altri ruoli all’interno
dell’azienda.
John Cena: la sua carriera in
WWE
6. È tra i wrestler più
celebri della storia. Cena è stato il wrestler di punta
della World Wrestling Enterteinment dal 2005 al 2015. La sua
carriera è tra le più premiate nella storia della disciplina, con
il record di 16 titoli mondiali, 5 titoli da campione degli Stati
Uniti, e 4 come miglior team di wrestling. Pur avendo in più
occasioni diviso il parere che i fan hanno su di lui, Cena si è
affermato come uno dei più devoti e dotati performer della
disciplina, abile tanto sul ring quanto nel dare spessore al
personaggio interpretato.
John Cena: le sue canzoni
7. Ha pubblicato un album
musicale. Nel 2005 esce l’album rap You Can’t See
Me, il primo inciso da Cena, grande appassionato di tale
genere musicale. Questo si posiziona alla posizione 15 della
Billboard 200 degli Stati Uniti, ricevendo una buona accoglienza da
parte di critica e pubblico. Dall’album vengono estratti i singoli
My Time is Now, Bad, Bad Man e Right Now.
John Cena: il suo fisico
8. Possiede un fisico
particolarmente possente. Per via del suo ruolo di
wrestler, Cena ha naturalmente un fisico particolarmente muscoloso
e definito, descritto come tra i migliori mai visti su di un ring
di wrestling. L’attore ha infatti mantenuto costanti i suoi
allenamenti, ridefinendo il proprio fisico anche in vista di una
maggior funzionalità per la sua carriera d’attore.
John Cena malattia
9.Non ha mai
avuto malattie gravi, ma diversi infortuni. Molti fan
cercano informazioni sulla “malattia” di John Cena, ma l’attore e
wrestler non ha mai dichiarato di soffrire di patologie gravi. Nel
corso della sua carriera sul ring, però, ha affrontato
infortuni
importanti, tra cui un’ernia al collo e problemi al gomito
che hanno richiesto interventi chirurgici e lunghi periodi di
recupero.
Cena ha raccontato in più occasioni come la disciplina sportiva,
unita a un’alimentazione rigorosa, gli abbia permesso di
superare i momenti più
difficili e di mantenere oggi un’ottima forma fisica,
indispensabile per i ruoli action che interpreta a Hollywood. La
sua resilienza è diventata parte integrante della sua immagine
pubblica: un esempio di forza e dedizione più che di fragilità.
John Cena: età, altezza e
peso
10. John Cena è nato a West
Newbury, nel Massachusetts, Stati Uniti, il 23 aprile
1977. L’attore è alto complessivamente 185 centimetri, e raggiunge
un peso di 114 chili.