Sebbene l’industria cinematografica
sia ben nota per l’abbandono di progetti in varie fasi di sviluppo,
fino a poco tempo fa era praticamente inaudito che un film finito
venisse accantonato poco prima della sua uscita. Tuttavia,
nell’agosto del 2022, la Warner Bros.Discovery ha creato un precedente quando ha deciso
di accantonare il film, quasi completato, Batgirl, di Adil
El Arbi e Bilall Fallah, e l’avventura
animata di Scooby-Doo! Holiday Haunt. Sembra però che tale
evento non sia stato un caso isolato, in quanto un nuovo film ha
ora subito la stessa sorte: Coyote vs
Acme.
Il film, diretto da Dave
Green, ha per protagonista il personaggio dei
Looney Tunes Willy il Coyote, il quale,
per sostenere i propri sforzi per catturare il road runner
Bip Bip, è solito usare una varietà di articoli
ordinati per corrispondenza da società che sono tutte chiamate Acme
Corporation. Poiché questi si rivelano quantomai fallimentari,
causando danni allo stesso Willy, nel film quest’ultimo decide di
intentare causa alla società. Il film è stato girato in tecnica
mista, mischiando dunque animazione e live-action, in modo simile a
quanto fatto da Chi ha incastrato Roger Rabbit?.
Antagonista di Willy è John Cena, che
stando a quanto riportato interpreta nel film il CEO della
Acme.
Originariamente previsto per il
luglio 2023, il film era stato precedentemente tolto dal programma
di distribuzione della Warner Bros. e il suo posto è stato occupato
dal film di Barbie. Più di recente, è stato riferito che
Coyote vs. Acme è stato accantonato a
tempo indeterminato in favore di una detrazione fiscale di 30
milioni di dollari. La scelta di rinunciare al film Coyote vs.
Acme sembra poi essere legata alle valutazioni da cui sarebbe
emerso che l’investimento legato alla distribuzione nelle sale
sarebbe stato eccessivo e la vendita ad altre realtà interessate
non avrebbe generato gli stessi benefici rispetto alla possibilità
di compiere una detrazione fiscale.
Su Twitter, Green si è espresso
riguardo tale cancellazione affermando che si ritiene estremamente
fortunato dell’aver potuto lavorare con un team particolarmente
appassionato a tale progetto, sul più testardo e persistente dei
Looney Tunes. Green afferma inoltre che le prime proiezioni di
prova avevano riportato pareri molto positivi. Infine, il regista
scrive di sentirsi “oltremodo orgoglioso per il risultato
finale del film, ma anche oltremodo devastato dalla decisione della
Warner Bros”. Non è dato sapere se in futuro i piani per il
film potrebbero cambiare, portando ad una sua distribuzione, ma per
ora, nonostante fosse pronto, il film sembra destinato a non essere
visto.
I Marvel Studios
hanno avuto un successo inaspettato e incredibile fino ad Avengers: Endgame, ma sembra
che da quel momento in poi qualcosa, negli ingranaggi
dell’MCU, non funzioni più come
dovrebbe. Come se da allora la storia – e l’azienda stessa – avesse
subito dei colpi dai quali ancora non si è saputa riprendere. La
Saga dell’Infinito è stata senza ombra di
dubbio importante per il Marvel Universe, ed
è da lì che la Marvel ha poi deciso di debuttare anche in
televisione, dove ha sfornato molti prodotti. Il problema, però, è
che da allora le cose non vanno molto bene.
Sicuramente a contribuire a questo affaticamento
c’è stata la pandemia e gli scioperi di attori e sceneggiatori, ma
ora che si può ritornare in carregiata è bene che i Marvel Studios
riflettano attentamente sulle scelte da compiere. Secondo
Variety, infatti, starebbero pensando a un nuovo film
sugli Avengers, il quale avrebbe il compito di riportare in vita
Iron Man e Black Widow. Una
mossa un po’ avventata che, qualora dovesse trovare conferma,
potrebbe essere vista solo come un tentativo – preoccupante – di
far tornare il franchise al suo splendore passato. Ma questo
potrebbe essere, oltre che inutile, molto rischioso. Capiamo
perché.
Il ritorno degli originali Avengers non gioverebbe all’MCU
Nel cinema, così come nella televisione, i
prodotti hanno bisogno di un refresh se non si vuole rischiare di
cadere nel ripetitivo e nel noioso. Ci sono storie di personaggi
destinate a finire, e la loro conclusione non può che giovare a un
film – a una serie o in generale a un franchise – perché permette
di rinnovarsi e focalizzarsi su altri racconti accativanti e
inediti. Per quanto riguarda l’MCU la “svolta” si
è avuta con
Avengers: Endgame, pellicola vista anche come il culmine
dei primi dieci anni di costruzione del
Marvel Cinematic Universe che lo hanno preceduto. Nel film
alcuni degli Avengers a cui i fan erano molto legati – parliamo di
Black Widow, Captain America e Iron Man – hanno visto il loro arco
narrativo volgere al termine, come era giusto che fosse.
Se venisse pensata una soluzione per riportarli
in vita, dunque, la scelta potrebbe andare a minare ciò che è
venuto prima, anche se i rispettivi interpreti (Robert
Downey Jr. e
Scarlett Johansson) tornassero come versioni alternative.
Bisogna perciò chiedersi (l’operazione di “come back” potrebbe
riguardare un prequel) se ne varrebbe davvero la pena. Nella
controparte fumettistica non è raro vedere alcuni personaggi
capitolati tornare in vita. E alle volte anche l’
MCU ha seguito la stessa scia, pur commettendo
degli errori. Esso, quindi, ha l’opportunità di separarsi dal
cartaceo, per raccontare una storia basata su una realtà in cui gli
eroi muoiono, ci sono “passaggi del testimone” e l’universo va
avanti. Pensiamo, ad esempio, a Sam Wilson,
Yelena Belova e Riri Williams, i quali
sono stati designati come successori degli eroi sopracitati, e che
non hanno ancora avuto la possibilità di brillare. Il ritorno di
Iron Man e Black Widow, o anche di Capitan America (ma sembra
impossibile) comprometterebbe anche quei personaggi che ora sono
sotto i riflettori del MCU.
Questioni di budget
Oltre al fattore puramente narrativo, se nel
MCU tornassero alcuni degli Avengers veterani che
hanno lasciato il franchise, ci sarebbe anche la questione del
budget da tenere in considerazione. Gli attori che li hanno
interpretati sono delle vere e proprie star a Hollywood, e il loro
chacet non è per niente basso. Pensiamo, poi, a ciò che sta
accadendo in Casa Disney: con la notevole riduzione sia del budget
che delle spese in tutta l’azienda, i progetti per il Marvel
Universe sono già diminuti parecchio rispetto alla quantità elevata
che si aveva avuto negli anni precedenti. In fondo, come si è
potuto evincere, è stata proprio la mole di lavori ad aver
contribuito agli attuali problemi del MCU.
L’obiettivo di Disney e Marvel è poi quello di
tornare alla coerenza che ogni progetto del Marvel Cinematic
Universe ha prodotto in termini di qualità e di incassi. Indi per
cui se i Marvel Studios dovessero riportare i personaggi originali
degli Avengers, ciò intanto andrebbe contro l’iniziativa di
riduzione dei costi della Disney, considerato che solo il salario
per Robert Downey Jr. potrebbe non essere
sostenibile. Inoltre, pur volendo provarci riportando sia lui che
le altre stelle, questo potrebbe rivelarsi una scelta
controproducente per l’MCU stesso in quanto,
magari, si sacrificherebbero altre narrazioni per qualcosa che
potrebbe diventare solo costoso ma non efficace. Sarebbe meglio, in
ogni caso, non strafare.
La Marvel ha tanti altri personaggi a cui dare valore
Nonostante Avengers: Endgame, come abbiamo detto poc’anzi, abbia
costretto, in un certo qual modo, a dover dire addio a degli eroi a
cui si era appassionato la maggior parte del pubblico, non erano
gli unici ad avere del valore e del potenziale narrativo.
L’MCU, nel suo cantiere, ha ancora tanti main
characters da poter introdurre o esplorare: basti pensare a
Thor,
Star-Lord,
Hulk,
Doctor Strange,
Loki,
Scarlet Witch e altri. Inoltre, ricordiamo anche che l’ MCU sta
per aggiungere il Deadpool di Ryan
Reynolds, i Fantastici Quattro e gli
X-Men, personaggi di un certo calibro da non
sottovalutare. Si avrà anche il ritorno di Hugh
Jackman nei panni di Wolverine, il quale
sarà di certo una grande attrazione per gli spettatori. La verità è
che, probabilmente, ci si è abituati ad avere troppo a lungo i film
sugli Avengers tanto da – quasi – svalutare altri possibili eroi e
persino soluzioni diverse che non siano l’atteso prodotto su di
loro.
Ma se ci pensiamo con attenzione, capiamo che
non è necessario avere delle pellicole specifiche per vedere i
Vendicatori insieme: una loro reunion valida e appagante può
avvenire anche nei racconti stand-alone, come ci dimostrano
Doctor Strange nel Multiverso della Follia e Spider-Man: No Way Home – i due film di maggior
incasso della Fase 4. Persino gli X-Men, da soli, sono in grado di
dare vita a una storia molto grande e avvincente, e questo potrebbe
essere un nuovo modo per far proseguire il franchise. I Marvel
Studios hanno una quantità infinita di personaggi da poter
sfruttare per realizzare altre incredibili narrazioni. Ciò di cui
hanno estremamente bisogno è di dare una svolta netta alla
storia.
La conclusione di Loki
2×06 ha lasciato porte aperte a ogni storia del
franchise e – è bene avvisare – questo articolo contiene alcuni
spoiler su
quanto avviene nell’episodio della seconda stagione della seria
ideata da Michael Waldron.
Loki non è solo.
Sembrerà che sia così ma la moltitudine di linee temporali che
stringe tra le mani come nuovo Dio delle Storie, lascia intendere
il contrario. Il personaggio di Tom Hiddleston
apparso per la prima volta nel MCU in Thor nel 2010 ha subito l’arco
narrativo più completo e intenso di tutto il MCU. Lui era il
cattivo da distruggere, il fratello invidioso, il figlio ripudiato:
tutto in Loki trasuda abbandono e perdita. Quello che però i pochi
film del franchise in cui compare non hanno fatto è approfondire
l’essenza di questo villain, così è arrivata la serie tv,
disponibile su Disney+. Questa seconda
stagione ha fatto sì che le intenzioni di Loki cambiassero
radicalmente rendendolo molto più che un “side character”.
Loki è il reietto, l’emarginato,
messo all’angolo da un fratello spaccone e gradasso. Ci mette un
po’ di tempo a evitare sotterfugi e inganni solo per avvicinare un
po’ di amore a sé. Loki non è mai stato un personaggio che
collabora, che cerca di mettersi in primo piano per un bene
superiore, il suo modus operandi è sempre stato circoscritto al suo
volere, al volere di un uomo solo. Tutto cambia perché Loki cresce,
e nella serie tv di Disney+ conosce delle persone che si
mettono lungo il suo cammino. Mobius, il primo
amico che effettivamente lo vede per quello che è. “Cosa spinge
voi Loki a essere cattivi?”, a questa domanda del personaggio
interpretato da Owen Wilson,
non c’è una risposta. Tutti i Loki agiscono in maniera cattiva,
tutti i Loki sono destinati a stare da soli. Non quello che
conosciamo noi però.
Gloriosi propositi
Loki 2×06 ci svela
magistralmente i piani per questo personaggio così scontroso che
però negli anni grazie a un umorismo sottile e all’interpretazione
di Hiddleston abbiamo imparato ad amare. Oltre a
Mobius, in questa stagione il personaggio di
Sylvie (Sophia Di
Martino), anche se in modo marginale, e il personaggio
di O.B. formano
una squadra compatta e decisa per evitare il collasso della Sacra
Linea Temporale. Così se all’inizio della seconda stagione tutto è
piatto e senza colpi di scena, la serie finisce con un crescendo.
Un crescendo che sarebbe anche potuto diventare un film se solo la
Marvel avesse osato di più, avesse creduto nel Dio dell’Inganno
come ci credono gli spettatori.
Sul finale di Loki 2×06
assistiamo dunque al coronamento di un sogno di un vecchio Loki, il
Loki tiranno desideroso del trono di Asgard. Ma questo Loki è
diverso, è il Loki che prende letteralemente per mano la
Sacra Linea Temporale, la salva e le da una nuova
vita: un albero dalle radici infinite che si consolidano nella TVA.
Loki diventa non solo il Dio delle Storie, ma anche il Dio del
Multiverso, Loki che Rimane, ecc. Diventerà, probabilmente, colui
che lotterà contro la variante di Kang nella Saga del
Multiverso. Diventerà ciò che è stato Tony Stark per
Avengers: Endgame.
Sì, perché ogni Loki è destinato a
perdere e, questo Loki, come dice il personaggio di Jonathan Majors
in questa stagione, non può vincere. Ci saranno ancora innumerevoli
probabilità contrarie contro una a favore, e ormai sembra essere
chiara la linea che seguirà il personaggio. Ma adesso, il finale
della seconda stagione ci dice che un po’, solo un po’,
Loki ha vinto. Vince riuscendo a salvare il tempo,
le linee temporale, e soprattutto i suoi amici, le persone che
hanno creduto in lui ma soprattutto le persone che ha saputo far
ricredere.
Non più Dio dell’Inganno
Il sacrificio di Loki ha salvato i
suoi amici. Ha permesso a Mobius di vivere la sua
vita lontano dalla TVA e a Sylvie di prendersi un momento per
essere chiunque lei voglia. Un sacrificio destinato a essere
riservato solo agli eroi silenziosi, quelli che non hanno bisogno
di grandissima pubblicità, di auto sfarzose o armature. Un
sacrificio che lo rende più umano rispetto ai suoi natali
asgardiani. Un sacrificio che non lo rende solo perché ha
abbracciato tutti i suoi amici, vegliando su di loro e permettendo
così alla TVA di iniziare il lavoro di ricerca delle varianti di
Kang in giro per gli universi. Non è solo nella misura in cui ha
scelto di essere una versione di se stesso nuova, cambiando
totalmente le aspettative e il corso degli eventi legati a ogni
Loki. Il Multiverso sarà ancora qualcosa di cui sappiamo poco, ma
almeno adesso c’è un guardiano speciale a sorvegliarlo.
Alla fine dell’anno scorso è stata
riportata la notizia che Sydney
Sweeneyassumerà il ruolo della protagonista nel
remake di Barbarella, il cult di
fantascienza del 1968 con protagonista Jane Fonda, in
cui un’astronauta del futuro viene inviata in missione per fermare
uno scienziato malvagio la cui invenzione potrebbe distruggere la
galassia. All’epoca non era però stato menzionato alcun regista
legato al progetto e da allora gli aggiornamenti sono stati scarsi
a riguardo. Secondo l’insider Daniel Richtman, però, il regista
Edgar Wright (Last Night in Soho;
Baby Driver; Scott Pilgrim Vs. the
World) sarebbe ora in trattative per dirigere il film.
Wright ha già in passato dichiarato
di essere un grande fan del film originale e di averlo inserito
nella sua lista dei migliori film di tutti i tempi. Non ci sarebbe
dunque da sorprendersi se fosse effettivamente in lizza per
dirigere il film e finisse con l’ottenere ufficialmente tale
compito. Secondo quanto riferito, inoltre, il remake sarà basato
sia sulla serie di fumetti francese di Jean Claude
Forest che sull’adattamento cinematografico del 1968, con
l’intenzione dunque di non proporre un semplice rifacimento di
quest’ultimo.
Sweeney ha già espresso il suo
entusiasmo nel voler rendere omaggio allo stile dell’originale,
compresi gli abiti succinti per cui è celebre l’eroina del titolo –
e ha spiegato perché non si sente affatto preoccupata degli aspetti
erotici della storia. “Trovo il mio potere nella mia
femminilità“, ha dichiarato in precedenza Vanity Fair.
“Uso il mio cervello e uso tutto ciò che imparo ogni singolo
giorno in questa industria come mio potere. La conoscenza è
tutto“. Resta dunque ora da vedere sa sarà proprio Wright a
dirigere il film e quali ulteriori sviluppi caratterizzeranno il
progetto.
L’ultimo
episodio della seconda stagione di Loki ha
lasciato colpi di scena, rivelazioni, easter eggs del MCU e riferimenti al franchise.
Loki sfrutta la sua nuova capacità di slittamento
temporale per riparare il malfunzionamento del Telaio Temporale
della TVA. Quello che è iniziato come un semplice viaggio di prova
ed errore si è rapidamente evoluto in un emozionante culmine della
storia complessiva di Loki, consolidando il suo posto come una voce
importante del MCU.
I titoli di testa al contrario
Nelle due stagioni della serie, gli
easter egg forse più ricorrenti si trovano nel logo introduttivo
dei Marvel Studios. Questo espediente è portato avanti anche in
questa nuova stagione e più nello specifico in questo ultimo
episodio sul time-slipping di Loki. Il logo dei Marvel Studios è
iniziato come di consueto, ma al contrario, andando all’indietro
attraverso l’ormai iconica animazione che accompagna ogni proprietà
del MCU. Questo è stato fatto come easter egg per il time-slipping,
che si muoveva al contrario nel tempo per salvare la linea
temporale.
Giocare con le diverse
prospettive
Per tutto l’episodio il personaggio
di Tom Hiddleston non fa che tornare indietro nel tempo per salvare
la TVA. Non sempre le sue imprese hanno buon fine e cade vittima di
questo loop temporale fino alla risoluzione della trama.
Un viaggio retrospettivo
Dopo che Loki si è reso conto di non
poter salvare il Telaio Temporale influenzando gli eventi della
serie, il non più Dio dell’Inganno va ancora più indietro nel
tempo. Dal tentativo di colpo di stato di Miss Minute e Ravonna
Renslayer all’introduzione di O.B. e Victor Timely, sono stati
rivisitati diversi momenti della storia della seconda stagione.
Colui che Rimane
Gli ulteriori tentativi falliti di
Loki di salvare la TVA lo costringono a prendere misure drastiche.
In una serie di easter eggs della prima stagione, il finale ha
riportato il personaggio alla Fine del Tempo. Che si tratti della
scena di Loki, Sylvie e Colui che Rimane nell’ascensore o dei
tentativi di Sylvie di uccidere il villain, l’episodio 6 della
seconda stagione ha incluso una grande quantità di riferimenti a
quei momenti.
Il set-up per Avengers: The
Kang Dynasty
Mentre il “See you soon” di Colui
che Rimane era un’anticipazione del futuro di Kang nel MCU, il
finale della stagione di Loki ha reso questo easter egg ancora più
profondo in quanto allude all’emergere di molteplici varianti di
Kang che probabilmente vedremo in Avengers: The Kang
Dynasty.
Il destino di Loki
Il finale rivela che Colui che
Rimane è la persona che ha causato lo slittamento temporale di
Loki. Lo ha fatto per far capire al personaggio interpretato da
Tom Hiddleston che, per quanto ci abbia provato,
non avrebbe potuto salvare il multiverso, poiché il Telaio
Temporale crollerà sempre, essendo una salvaguardia per proteggere
la Sacra Linea Temporale. Colui che Rimane sperava che questo lo
avrebbe spinto a uccidere Sylvie ma ha scelto di guidare la TVA al
suo fianco.
I viaggi nel tempo
La rivelazione da parte di Colui che
Rimane è che Loki perderà a prescindere dalle scelte di
quest’ultimo. Allora il Dio dell’Inganno si reca temporalmente nel
momento in cui conosce Mobius, all’inizio della serie. La
chiacchierata con il personaggio interpretato da Owen Wilson
faranno finalmente comprendere al personaggio i suoi gloriosi
propositi.
Riferimento a Thor e Odino
Mentre Loki si prepara a sacrificare
il proprio futuro per distruggere il Telaio Temporale e dare a
tutti gli altri la possibilità di un futuro migliore rispetto alla
tirannia della Sacra Linea Temporale, ripete una frase pronunciata
alla fine di Thor nel 2011. In quel film, Loki tenta di
distruggere Jotunheim ma viene annullato quando Thor rompe il Ponte
Bifrost. La risposta di Loki è quella di urlare “Avrei potuto
farlo, padre! Per te! Per tutti noi!”. Quando lo disse
originariamente, Loki stava cercando di fare appello al padre e di
dimostrare il proprio valore, alimentando i propri scopi egoistici.
Ma nel finale Loki usa la stessa frase per dimostrare quanto sia
andato avanti: ora è disposto a fare un vero sacrificio per tutti
gli altri.
Il nuovo costume
L’abito è un easter egg del suo
intero viaggio nel MCU, dalle corna giganti dell’elmo che emulano
il suo passato al mantello composto dai rami del multiverso che
rappresenta il suo presente. Inoltre, l’elmo di Loki è fatto della
stessa struttura di marmo nero e arancione con cui è stata
realizzata la Cittadella di Colui che Rimane, facendo riferimento
al suo futuro come sostituto dell’ex capo della TVA.
Non più Dio dell’Inganno
Il fatto che Loki raccolga i rami
multiversali e li tenga insieme per tenerli tutti sotto controllo
lo vede diventare letteralmente il Dio delle Storie. Loki agisce
come dio del multiverso, tenendo insieme tutte le storie
fisicamente, anziché come riscrittore figurato delle storie, come
si era detto nello scorso episodio. Questo easter egg è
un’interessante modifica del nuovo titolo di Loki e il suo ruolo
nel futuro del franchise.
Riferimento a Yggdrasil, l’albero
di Asgard
Uno degli easter egg più evidenti è
la creazione dell’albero del Multiverso. Loki sta tenendo insieme i
rami del multiverso, che si manifesta come Yggdrasil, l’Albero del
Mondo. Nel mito norreno del mondo reale – e nel folklore asgardiano
del MCU – Yggdrasil è un albero gigantesco che lega insieme i Nove
Regni con i suoi rami.
La TVA contro le varianti di
Kang
Dopo che Loki assume il suo nuovo
status la TVA inizia il suo nuovo ruolo di forza di sicurezza che
protegge il multiverso. Poco prima del finale di Loki, stagione 2,
episodio 6, B-15 chiede a Mobius se sono già apparse delle varianti
di Kang nel multiverso. Mobius afferma che ne è emersa una che ha
“causato un putiferio in un regno adiacente al 616, ma se ne sono
occupati”. Questo è un riferimento agli eventi di Ant-Man and the
Wasp: Quanutmania e alla variante di Kang nel Regno Quantico
adiacente alla Terra-616 (il MCU) di cui si sono occupati Scott e
Hope.
La paura più grande di Loki
Dopo aver stabilito il nuovo scopo
della TVA, viene mostrata un’inquadratura finale di Loki da solo
alla Fine del Tempo, che tiene insieme il multiverso. Questo non
solo consolida il ruolo importantissimo di Loki nell’infrastruttura
del multiverso del MCU, ma è anche un easter egg incredibilmente
oscuro sulla più grande paura di Loki: essere solo. Loki è ora
completamente solo, senza i suoi amici alla Fine del Tempo, un
sacrificio che ha fatto per evitare che i rami del multiverso
venissero distrutti.
Loki ha trovato il suo glorioso
proposito
Per la prima volta in uno show dei
Marvel Studios Disney+. Il titolo dell’episodio è
Gloriosi propositi, lo stesso del pilot della serie. Si tratta di
un titolo perfetto per l’episodio, in quanto è un easter egg alla
storia generale di Loki. Nella prima stagione, Loki pensava che il
suo scopo glorioso fosse quello di schiavizzare coloro che riteneva
inferiori a lui. Quando il suo arco narrativo si è concluso, Loki
ha capito che il suo scopo glorioso era quello di mantenere il
multiverso al sicuro, permettendogli di prosperare. Tenere insieme
il multiverso è ora qualcosa di cui Loki è gravato, apparentemente
per sempre, nel MCU.
Quando la Disney
ha acquisito la 20th Century Fox, si è ritrovata
con qualcosa di più dei franchise degli X-Men e dei
Fantastici Quattro. Alien
e Predator sono tra le molte proprietà
fantascientifiche ora sotto il loro controllo, con quest’ultimo che
ha già visto la realizzazione di un prequel, l’acclamato Prey. Per quanto
riguarda Alien, è in arrivo un nuovo film, intitolato Alien: Romulus e diretto
da Fede Alvarez, ma anche una serie televisiva
guidata da Noah Hawley, showrunner di Fargo e Legion.
Questa, ancora senza titolo
ufficiale, sarà ambientata settant’anni prima degli eventi del
classico di Ridley Scott del 1979, Alien, e
l’azione sembra si svolgerà principalmente sulla Terra. Tuttavia,
nonostante l’abbandono dell’ambiente familiare dell’astronave, gli
Xenomorfi faranno la loro comparsa, dando una svolta a ciò che
siamo stati abituati a vedere con i film della saga. Hawley ha ora
recentemente parlato con The Wrap e ha condiviso un
aggiornamento sulla situazione della serie.
Anche se le tempistiche potrebbero
cambiare dopo la fine dello sciopero SAG-AFTRA all’inizio di questa
settimana, sembra che l’attesa di vedere gli Xenomorfi sul piccolo
schermo sarà più lunga di quanto molti fan vorrebbero. “Il
piano ora è di iniziare le riprese a febbraio, e sembra che
dureranno fino a luglio o giù di lì, il che pone la data di messa
in onda da qualche parte nella prima metà del ’25”, spiega
Hawley. “Sono riuscito a completare le riprese della maggior parte della
prima ora della serie“.
“Detto questo, non sono
riuscito a girare nulla con gli attori. Quindi ho ancora la maggior
parte dello show da filmare, e abbiamo altre sette ore di riprese
da fare. Di certo mi sarebbe piaciuto portare la serie davanti al
pubblico il prima possibile“, ha aggiunto Hawley. Sembra
dunque che ci vorrà ancora un po’ prima di poter vedere la serie,
ma anche prima di poter avere maggiori informazioni a riguardo. Ad
ora, sappiamo però che il cast della serie Alien sarà composto
da Sydney Chandler, che sarà la protagonista, ma
anche da Alex Lawther, Samuel Blenkin, Essie Davis, Adarsh
Gourav e Kit Young.
The Killer
(qui la recensione) è il
thriller neo-noir del celebre regista David Fincher (Fight Club,
Zodiac, Gone Girl), disponibile
dal 10 novembre su Netflix. Presentato in anteprima lo
scorso settembre all’80esima Mostra del Cinema di Venezia, il film
vede protagonista l’attore Michael
Fassbender (Shame, 12 anni schiavo, Steve Jobs) nei panni di un
paranoico sicario, un assassino senza nome. La sua vita è dettata
da un codice ben preciso e iterativo, finché – dopo aver fallito
una missione uccidendo la persona sbagliata – il killer si ritrova
in una caccia all’uomo internazionale dove è costretto ad
affrontare i suoi committenti e sé stesso. Il film, basato
sull’omonima serie di graphic novel francese (titolo originale
“Le Tueur”) illustrata da Luc Jacamon e scritta da Matz
(Alexis Nolent) presenta dunque un racconto ambiguo e più complesso
di quel che potrebbe sembrare.
Il cupo e teso film di Fincher si
apre con la visione dell’anonimo killer che temporeggia all’ultimo
piano di un ufficio WeWork a Parigi. Dalla sua finestra spia la
suite dell’edificio sul lato opposto della strada, attendendo il
suo obiettivo. Inizia dunque un monologo interiore
in cui il protagonista racconta le sue abilità e le modalità con
cui lavora: è un uomo disciplinato, fermo, deciso,
imperturbabile. Segue gli ordini per cui è pagato bene
senza curarsi delle conseguenze. Ma quando poco dopo sbaglia il
tiro, uccidendo l’amante del suo bersaglio, sul suo volto cala
improvvisamente un velo di terrore e smarrimento. Raccatta tutto
ciò che può nel breve tempo possibile e fugge via dell’edificio,
organizzando un volo per casa in Repubblica Dominicana. Al suo
arrivo però scopre che il suo committente lo ha già punito: la sua
compagna Magdala (Sophie Charlotte) è stata
aggredita e torturata. Ferito e in collera, il Killer inizia una
caccia vendicativa in cui fa fuori chiunque si sia macchiato del
sangue di lei.
Il Killer comincia la sua spietata
ricerca uccidendo Hodges (Charles Parnell), il suo
misterioso datore di lavoro. Successivamente convince la segretaria
Dolores (Kerry O’Malley) a svelare il cliente
mandante che lo sta cercando e i due aggressori che hanno torturato
Magdala. Ricevuto i nomi, parte prima per Miami per uccidere i due
scagnozzi: un uomo chiamato il Bruto (Sala Baker)
e una donna conosciuta come L’Esperto (Tilda Swinton).
Attraversa poi Chicago per trovare il Cliente, Claybourne
(Arliss Howard). Quando i due si ritrovano faccia
a faccia, Claybourne gli spiega che è stato lo stesso Hodges a
suggerirgli di eliminare il Killer dal consiglio per l’inefficienza
del suo caso. Non c’era, quindi, “nulla di personale”.
Soddisfatto della sua vendetta e di aver scoperto la verità, il
Killer decide di non eliminarlo e partire via con Magdala.
Fin dal primo minuto, Fincher
dipinge il protagonista come una persona meticolosa, calcolatrice,
pacata e fredda. Persino quando fallisce la sua missione, colpendo
la persona sbagliata, riesce a contenere le proprie emozioni molto
più di quanto sarebbe in grado chiunque altro. Ed è proprio questa
sua consapevole e tanto orgogliosa impassibilità e indolenza che
crolla a poco a poco nel film. Se inizialmente si considera
“uno dei pochi”, solo alla fine si rende conto di
essere in realtà “uno dei molti”. Sotto tutti quei
travestimenti e false identità, dunque, non c’è semplicemente una
spietata macchina per uccidere ma un uomo. Un uomo come tanti altri
che – oltre l’anonima espressione gelida da assassino – sente il
bisogno di amare ed essere amato. E ciò che lo scuote dal suo ruolo
di inalterabile assassino è il trovare la donna che ama malridotta
e morente a causa del suo lavoro. Una scena che lo porta a fargli
desiderare di avere una vita normale e tranquilla con lei.
The Killer racconta dunque
una storia di evoluzione: il protagonista alla
fine del film non è lo stesso uomo che è stato presentato al
pubblico nel suo spoglio ufficio a Parigi. E questo viene messo in
risalto anche dalla sua controversa scelta di non uccidere
Claybourne. Se da un lato questa decisione pare indicare un punto
di svolta nella vita del Killer e al fatto che sia davvero
cambiato; dall’altro lascia alcuni interrogativi che alludono a un
possibile secondo fine: risparmiare quel potente committente
potrebbe tornargli utile professionalmente in futuro? È davvero
cambiato o – come per tutto il resto del film – anche questa scelta
nasconde un piano ben studiato?
“Attieniti al piano. Non
fidarti. Niente empatia. Gioca d’anticipo, non improvvisare. Mai
concedere un vantaggio. Combatti solo se sei pagato per combattere.
Attieniti al piano”. Questo è ciò che il Killer recita più
volte a sé stesso durante il film, un vero e proprio mantra di
concentrazione e fermezza che lo accompagna in ogni sua metodica
mossa. Quasi una preghiera che lo rende invulnerabile e privo di
tutte quelle emozioni che potrebbero intaccare il suo operato. Il
protagonista di Fincher sembra credere fedelmente a quelle parole,
finché le conseguenze del suo lavoro non bussano alla porta di
casa, l’unico luogo in cui sembrano custoditi i suoi sentimenti più
puri. Infatti, è ciò che prova per Magdala a mettere in moto il suo
blitz di vendetta che si conclude con una decisione inaspettata. Il
Killer non si attiene al piano né quando sbaglia bersaglio né
probabilmente quando risparmia Claybourne, eppure alla fine del
film sembra essere sollevato e soddisfatto accanto alla donna che
ama.
Il confronto con l’Esperto (Tilda Swinton) in The
Killer
L’uccisione più elegante e
significativa del film è senz’altro quella del secondo lacchè,
l’Esperto. Con il suo iconico savoir-faire, Tilda
Swinton, nel confronto col personaggio di Michael
Fassbender, dà vita a una delle scene più accattivanti e
interessanti del film. L’Esperto – con una favola cupa e bizzarra
in cui spiega che ciò che muove un cacciatore a uccidere un orso
non è la preda stessa ma la caccia in sé – cerca disperatamente di
dissuadere il Killer dall’ucciderla. Un momento di tensione in cui
il personaggio della Swinton suggerisce al pubblico una morale che
in fondo si rispecchia nelle loro vite: il lavoro del sicario è una
caccia all’uomo mossa solamente dal denaro e
dal piacere di uccidere, non riguarda niente di
personale.
Tutto in The Killer è
ridotto ai minimi termini, persino i dialoghi. Infatti, ciò che
davvero accompagna la narrazione è il monologo interiore del
protagonista. Un continuo flusso di coscienza che tenta di
incoraggiare lo spettatore a guardare il mondo con gli stessi occhi
del Killer. Ma, di fatto, a chi si rivolge il Killer? Per chi
esegue questo monologo interiore? Queste sono le stesse domande che
Erik Messerschmidt, direttore della fotografia, ha
posto al regista: “Per comprendere meglio a chi si rivolge il
protagonista, Fincher mi suggerì di guardare ‘Le Samourai’
(thriller poliziesco del 1967 diretto da Jean-Pierre
Melville), spiegandomi che questo film francese mi
avrebbe fatto comprendere ciò che si prova a essere oggettivamente
un fantasma in una stanza. Come ci si sente quando si ha davanti
qualcuno che non permette mai a nessuno di stargli accanto?” –
ha raccontato il collaboratore. In altre parole, il monologo del
Killer è tanto rivolto al pubblico quanto a sé stesso, un dialogo
intimo e personale che permette di conoscere la psiche del
personaggio e comprenderne la storia.
Cosa ha detto David Fincher
riguardo al finale di The Killer?
The Killer è una pellicola
tremendamente elegante e algente, al punto da non essere semplice
per il pubblico provare empatia nei suoi confronti. A riguardo, al
Festival del Cinema di Venezia, il tre volte candidato all’Oscar
David Fincher ha spiegato che quando ha dato vita
a questo personaggio non voleva che fosse simpatico o spaventoso.
In realtà, ciò che davvero spera di suscitare nel pubblico è
l’irritabilità verso il prossimo o, stando alle sue parole: “La
mia speranza è che qualcuno veda questo film e diventi nervoso
pensando alla persona che si trova dietro di lui in una qualunque
fila“, lasciando dunque intendere che chiunque potrebbe essere
un assassino, proprio come il protagonista del film e la sua
ricerca dell’anonimato dimostra.
La seconda stagione di
Loki si è conclusa con un finale
importante che porterà a diverse ramificazioni temporali e nuovi
propositi per il personaggio interpretato da Tom Hiddleston.
Nella fattispecie, Loki è diventato un
nuovo dio, parte integrante della stabilità dell’intero multiverso
Marvel. Inoltre, sembra
che Loki abbia finalmente scoperto quale sia il suo “glorioso
scopo” finale. Come si è visto nella serie, Loki e la TVA erano
alle prese con le conseguenze della morte di Colui che
Rimane e con il conseguente afflusso di nuove linee
temporali ramificate che aveva creato. Questo ha messo a dura prova
il Telaio Temporale della TVA, che aveva il compito di intrecciare
le varie ramificazioni nella Sacra Linea Temporale. Avendo
acquisito il controllo sulla sua nuova afflizione nota come
time-slipping, il finale della seconda stagione di Loki presenta un
drastico cambiamento dello status quo del personaggio.
Loki ha salvato il Multiverso
Dopo aver trascorso secoli a
imparare tutto il possibile e a cercare continuamente di usare il
Moltiplicatore di Portata di O.B. e Victor Timely per stabilizzare
il Telaio Temporale, Loki scopre che il problema ha una portata più
grande. Sceglie così di rompere il loop e di “cambiare
l’equazione”, distruggendo intenzionalmente il Telaio Temporale e
usando i suoi poteri per salvare tutte le linee temporali
ramificate, diventando un nuovo dio custode del Telaio Temporale
per l’intero multiverso.
Il nuovo ruolo di Loki
Con il suo nuovo costume, Loki ha
iniziato così la guerra del Multiverso diventando il nuovo Dio
delle Storie, in modo simile alla sua reinvenzione nei fumetti
originali dal Dio del Male che era un tempo. Attualmente, l’intero
multiverso del MCU e tutte le sue linee temporali ramificate sono
dunque tenute insieme e mantenute da Loki stesso.
Gloriosi propositi: che cosa
significa?
Il finale della seconda stagione di
Loki si intitola “Gloriosi propositi”, richiamando la classica
battuta che il personaggio di Tom Hiddlestone fa in
Avengers. Tuttavia, questo nuovo episodio vede Loki
riconoscere l’effettivo peso di uno scopo glorioso. Questo motiva
la decisione di rinunciare alla sua vita e di rivendicare il nuovo
ruolo, assumendo il pesante fardello di tenere insieme l’intero
multiverso. Per questo motivo, si tratta di un culmine
incredibilmente soddisfacente di tutto ciò che è stato visto da
Loki nel MCU fino ad ora.
L’albero del Multiverso
Diventato il Dio delle Storie, Loki
è ora un Telaio Temporale vivente che tiene insieme tutti i rami. A
tal fine, Loki ha trasformato le linee temporali in un vero e
proprio albero del multiverso, completo di radici e rami veri e
propri, con Loki stesso al centro che mantiene tutto in vita e in
crescita, seduto su un nuovo trono. Questo non solo richiama
l’albero asgardiano Yggdrasil e i Nove
Regni, ma potrebbe anche far pensare al ruolo di Loki in
Avengers: Secret
Wars, in quanto la versione dei fumetti vedeva il
“Dio Imperatore Destino” governare ciò che restava del multiverso
dal suo trono formato da un albero.
Dove si trova Ravonna
Renslayer?
Il finale di Loki
2 ha rivelato anche il destino dell’ex giudice della
TVA Ravonna Renslayer. Come si è visto nell’episodio 5 della seconda
stagione di Loki, Ravonna è stata eliminata in seguito al suo
tentativo di prendere il controllo della TVA e al brutale
assassinio di coloro che si sono rifiutati di unirsi a lei. Ora,
Ravonna si risveglia nel Vuoto alla Fine del Tempo nel finale della
seconda stagione di Loki e sembra essere intrappolata lì per il
prossimo futuro.
Cos’è il lampo di luce viola?
Dopo il risveglio di Ravonna, è
stato mostrato un grande ruggito e un bagliore viola proveniente da
qualcosa fuori dallo schermo. Si tratta senza dubbio di Alioth, l’enorme guardiano
temporale il cui potere è stato sfruttato da Colui che Rimane
durante la prima Guerra Multiversale, come è stato rivelato nella
prima stagione. Data la natura onnipresente di Alioth nei confronti
di tutto ciò che arriva nel Vuoto, la sua presenza non lascia
presagire nulla di buono per il futuro di Ravonna nel MCU.
Il nuovo scopo della TVA: cercare
le varianti di Colui che Rimane
Sulla scia del sacrificio di Loki,
sembra che la nuova missione della TVA sia ora quella di cercare le
varianti di Colui che Rimane. Tra queste c’è il Kang esiliato visto
in Ant-Man and the Wasp:
Quantumania, a cui Mobius fa riferimento nel
finale della seconda stagione. Mobius conferma inoltre che la
realtà e la linea temporale primaria del MCU è effettivamente
designata come Terra-616.
La TVA tornerà nel MCU?
Sembra proprio che la TVA e il suo
nuovo status quo saranno presenti nel futuro del MCU. Soprattutto
con la Saga del
Multiverso che continua nella Fase 6
e culminerà con Avengers: Secret Wars, la
presunta rottura dell’intero multiverso giustificherà probabilmente
la loro presenza in futuro. Allo stesso modo, è stato riferito che
l’Agente Mobius (Owen Wilson) e
la TVA avranno un ruolo in Deadpool 3.
Cosa succede a Mobius?
Scegliendo di prendersi una pausa
temporanea dal lavoro alla TVA, Mobius visita e osserva finalmente
la sua vita originale sulla Sacra Linea Temporale. Scegliendo di
lasciare “passare il tempo”, Mobius vuole osservare tutto ciò a cui
la TVA sta lavorando per proteggere nel multiverso. Tuttavia, ci si
aspetta che Mobius torni presto a lavorare tra le mura della TVA,
considerando il prossimo film dove comparirà.
Cosa succede a Sylvie?
Allo stesso tempo, nel finale della
seconda stagione di Loki viene anche rivelato che Sylvie
non vede l’ora di godersi la sua ritrovata libertà. Questo potrebbe
significare che potrebbe fare qualcosa di più che lavorare al
McDonald’s di Broxton, in Oklahoma, come aveva fatto finora. Finché
avrà ancora il dispositivo temporale potrà facilmente intraprendere
un viaggio nelle varie linee temporali, se lo desidera. Avendo
detto a Mobius che farà “quello che vuole”, ci sono diverse
possibilità per il futuro di Sylive ora che ha davvero la libertà
grazie al sacrificio di Loki nello show del MCU.
Molti anni prima di diventare il
temuto Presidente Snow, Coriolanus era un giovane pieno di talento
e passione, con l’ambizione di riabilitare il nome di famiglia in
una Panem ancora ferita dagli Anni Bui e dalla prima Prima
Ribellione. Questa la premessa della storia che vedremo dal
15 novembre in sala, grazie a Notoriuos
Pictures, ma chi sono i protagonisti di questa nuova
avventura ambientata circa sei decenni prima di
Hunger Games,
Katniss e Peeta? Scopriamoli insieme.
Sejanus Plinth è un cittadino di
Capitol City, precedentemente proveniente dal Distretto 2, e
mentore del tributo maschio del Distretto 2, Marcus, durante i 10°
Hunger Games. È stato uno dei 24 senior più performanti
dell’Accademia selezionati per un ruolo di mentore. Era un amico
intimo di Coriolanus Snow.
Sejanus nacque nella famiglia
Plinth, unico figlio di Strabo e della signora Plinth, una ricca
coppia del Distretto 2. Suo padre traeva gran parte della sua
ricchezza dalla produzione di munizioni e armi. In giovane età, ha
frequentato la scuola con Marcus, al quale avrebbe poi fatto da
mentore nei 10°
Hunger Games. Suo padre lo ha addestrato a sparare con una
pistola, facendolo allenare ogni settimana obbligatoriamente, dal
momento che considerava la pratica una parte dell’azienda di
famiglia.
La famiglia Plinth trasse grandi
profitti dalla Prima Ribellione, dal momento che fu la principale
fonte di armi usate nella lotta contro il Distretto 13. La
decisione di Strabo Plinth di schierarsi con Capitol City,
combinata con la ritrovata ricchezza della famiglia, fece
guadagnare ai Plinths la cittadinanza, cosa che fruttò loro
privilegi immediati pari a quelli dei quali godevano le famiglie
più antiche della capitale.
Sejanus arrivò a Capitol City
all’età di 8 anni, dieci anni prima dei 10°
Hunger Games. Proveniente dalle Circoscrizioni, venne subito
percepito come un outsider e sottoposto ad una campagna di feroce
bullismo da parte dei suoi compagni di classe. Le generose
donazioni di Strabo Plinth nel periodo della ricostruzione, fecero
ottenere a Sejanus un posto presso l’Accademia. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del
serpente è interpretato da Josh Andrés
Rivera.
Signoranonna
Signoranonna è la nonna
di Coriolanus e Tigris Snow. Il suo soprannome è
stato creato da Tigris, quando era ancora una bambina, perché
sentiva che la nonna meritasse un nome che rievocasse un titolo
nobiliare.
Fa parte della ricca famiglia Snow,
nella quale è entrata probabilmente per matrimonio e ha
presumibilmente guadagnato gran parte della sua ricchezza e dei
suoi privilegi dopo la morte di suo marito. Aveva almeno due figli,
uno, Crassus, padre di Coriolanus, e l’altro, padre (o madre)
di Tigris.
Durante la Prima Ribellione,
suonava l’inno durante le festività nazionali per Coriolanus, che
all’epoca aveva cinque anni, e per sua cugina Tigris, che ne aveva
invece otto, per alimentare il loro patriottismo. Quando Capitol
City era sotto assedio, diceva loro: “Ricordate, figli, siamo solo
assediati. Non ci siamo arresi!” poi canticchiavano l’inno mentre
le bombe piovevano sul loro appartamento. Non sapeva cucinare, ma
spesso minacciava di imparare a farlo. Sebbene Coriolanus l’amasse,
sentiva che lei aveva perso il contatto con la realtà. Anche quando
la famiglia Snow era in profonda povertà, spesso iniziava le sue
frasi dicendo “Quando Coriolanus sarà presidente…”. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretata da Fionnula Flanagan.
Lucretius Flickerman, generalmente
noto con il soprannome di “Lucky Flickerman”, è un meteorologo
scelto per condurre le interviste del 10° Hunger
Games e successivamente commentare i Giochi stessi. Il
suo cognome fa suonare un campanello nella testa dei fan di Hunger
Games, che hanno ben vivido il ricordo di Caesar Flickerman,
commentatore dei 74° e dei 75° Hunger Games. Non si hanno conferme,
ma è probabile che i due siano legati da lontana parentela.
Lucky Flickerman è apparso per la
prima volta alla 10° edizione degli Hunger Games per le interviste
ai tributi, un format televisivo noto come The Hunger Games: A
Night of Interviews. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretato da Jason Schwartzman.
Volumnia Gaul, solitamente
conosciuta come la Dottoressa Gaul, è la Capo Stratega dei 10°
Hunger Games, nonché un’istruttrice presso l’Università, anche se a
volte prestava i suoi servizi anche all’Accademia. È anche la mente
dietro alla divisione di armi sperimentali di Capitol City, con
sede presso la Cittadella. Ha iniziato la sua carriera come
ostetrica, ma ha scoperto che non faceva per lei. Più che con
partorienti e bambini, scopre di essere più brava ad avere a che
fare con creature geneticamente modificate e mutazioni che
custodisce nel suo laboratorio.
È stata la Dr. Gaul a essere
indirettamente responsabile della creazione degli Hunger Games.
Mentre prestava servizio come insegnante all’Università, assegnò un
progetto ai suoi studenti: creare una punizione per i propri nemici
così estrema da non permettere loro di dimenticare i loro reati.
Due dei suoi studenti, Casca Highbottom e Crassus Snow, lavorarono
insieme al progetto. Una sera, Snow fece ubriacare Highbottom per
attingere ai suoi impulsi più oscuri, portandolo a teorizzare la
prima forma di Hunger Games. Snow gli assicurò che quella
conversazione non sarebbe mai stata rivelata a terzi, ma poi
consegnò il progetto a Gaul. Dopo la fine della guerra, Gaul mise
in pratica la proposta e presentò a Panem Casca Highbottom come il
creatore di
Hunger Games. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretata dal premio Oscar Viola Davis.
Tigris Snow è la cugina di
Coriolanus Snow ed è uno dei pochi personaggi di
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
che abbiamo già visto nei film originali. Amica di Cressida e
Plutarch Heavensbee, nonché membro dei rivoltosi della seconda
Ribellione, la incontriamo anche in Il canto della rivolta.
Tigris nasce nella ricca famiglia
Snow, parte di una vecchia guardia dell’élite di Capitol City, che
includeva altre famiglie importanti come i Cranes. Il loro status
dava loro molti privilegi, trai quali quello di possedere dei
senza-voce, degli schiavi muti, per provvedere ai suoi bisogni.
Nonostante la loro notevole ricchezza prima dei Giorni Oscuri, la
famiglia fu colpita terribilmente dalla Prima Ribellione, poiché la
loro ricchezza veniva proprio dai laboratori del Distretto 13.
Questo fu un fattore determinante per la caduta in disgrazia
dell’intera famiglia.
In un momento sconosciuto durante o
prima dei Giorni Oscuri, i suoi genitori morirono, costringendola a
vivere con suo cugino, Coriolanus Snow, e sua nonna. Quando Tigris
aveva 8 anni, iniziò a cucinare per la famiglia dopo la morte dei
genitori di Snow poiché non potevano più assumere cuochi.
Era anche una ex studentessa
dell’Accademia ed è stata accettata facilmente grazie alla lunga
storia di donazioni da parte della sua famiglia alla scuola.
Tuttavia, scelse di evitare gli studi all’università, preferendo
invece intraprendere una carriera nella moda. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretata, nel suo primo ruolo cinematografico, da
Hunter Schafer.
Casca Highbottom è il preside
dell’Accademia e il creatore involontario degli Hunger
Games. Quando la creazione dei giochi fu annunciata ufficialmente,
Highbottom fu il volto pubblico dell’evento, cosa che diede inizio
a un suo lentissimo declino, che si compì soltanto molto anni dopo
per mano del giovane Coriolanus Snow.
Da giovane, Highbottom ha
frequentato l’Università con Crassus Snow, il padre di Coriolanus.
Erano molto amici e passavano molte serate insieme a bere. La sua
vita cambiò quando per il corso con la dottoressa Volumnia Gaul,
che detestava, Highbottom lavorò in coppia con Snow. Gli studenti
avrebbero dovuto creare una punizione per i propri nemici così
estrema da non permettere mai più ai nemici stessi di riprovare a
far loro torto. In stato di ebbrezza, facilitato da Snow,
Highbottom concepì quelli che sarebbero diventati gli Hunger Games.
La mattina dopo, Highbottom si svegliò, inorridito nello scoprire
che Snow aveva consegnato l’idea alla dottoressa per ottenere un
buon voto. Non ha mai perdonato Snow per questo tradimento.
Dopo i Giorni Oscuri, la Dr. Gaul
ha ripreso l’idea degli Hunger Games, istituzionalizzandola, e ha
pubblicamente accreditato Highbottom come creatore, presentandolo a
tutto Panem come l’architetto dell’evento. Quella notte, Casca ha
assunto per la prima volta la morfamina, della quale è diventato
poco a poco dipendente. Pensava che gli Hunger Games prima o poi si
sarebbero estinti, a causa della loro natura feroce e violenta, ma
Gaul ha perfezionato e portato avanti l’idea il format. Highbottom
sviluppò rancore nei confronti di Coriolanus Snow per le azioni di
suo padre, mantenendo un’antipatia per il ragazzo durante i suoi
anni all’Accademia. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretato da
Peter Dinklage.
Come Tigris, anche Coriolanus Snow
è un personaggio che i fan delle avventure di Katniss già
conoscono. È l’autocratico dominatore di Capitol City e di tutta
Panem; all’apparenza tranquillo e rilassato, il suo atteggiamento
nasconde un animo spietato. Viene descritto come un uomo
dall’aspetto orribile, con le labbra gonfiate dalla chirurgia
estetica (di cui si fa largo uso a Capitol City).
Conosciamo bene la sua fine: viene
catturato durante l’ultima battaglia ne Il canto della rivolta e
tenuto prigioniero nella sua villa in attesa di venire giustiziato
da Katniss. Sappiamo però che l’eroina non ha mai ucciso Snow di
sua mano, ma il tiranno è morto calpestato dalla folla oppure
soffocato dal suo stesso sangue. Tuttavia, in
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
scopriremo come ha raggiunto il potere e qual è il suo legame con
il Distretto 12. Da giovane, ha fatto infatti da mentore al tributo
femmina di quel distretto, Lucy Gray Baird.
Ha studiato presso l’Accademia e si
è laureato all’Università, per poi operare brevemente come
pacificatore e mediatore e infine salire al potere come Presidente
di Panem facendosi largo trai suoi nemici tramite l’utilizzo
massiccio di veleno. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretato dall’esordiente Tom Blyth.
Lucy Gray Baird è il tributo
femminile del Distretto 12, in occasione dei 10° Hunger Games. Il
suo mentore era Coriolanus Snow, uno studente con i migliori
risultati dell’Accademia, che avrebbe sviluppato dei sentimenti per
lei.
Come membro di un gruppo nomade
noto come Covey, Lucy Gray e sua madre, suo padre, il fratello
maggiore e il fratello di mezzo viaggiarono attraverso Panem
durante la Prima Ribellione. Non si sa da quale distretto
provenissero.
Alcuni anni prima degli eventi de
La Ballata dell’usignolo e del serpente, i pacificatori avevano
radunato i Covey e ne avevano uccisi molti, trai quali anche i
membri della famiglia di Lucy, padre, madre e fratelli. La ragazza
rimane quindi sola con sua cugina più giovane, Maude Ivory, e i
pochi sopravvissuti dei Covey. Il gruppo rimane bloccato nel
Distretto 12, dove cominciano a guadagnarsi da vivere con degli
spettacoli musicali. Ad un certo punto, Lucy Gray si innamora,
ricambiata, di Billy Taupe Clade. Poco prima della mietitura
per i 10° Hunger Games, Lucy e Billy non facevano più coppia e lui
usciva già con Mayfair Lipp, la figlia del Sindaco del Distretto
12.
Truccando la Mietitura, Mayfair,
che aveva chiesto aiuto al padre, si accertò che Lucy venisse
scelta come tributo per eliminarla dal triangolo amoroso
involontario che si era venuto a creare tra loro due e l’ignaro
Billy. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente, dal 15
novembre in sala grazie a Notoriuos
Pictures, è interpretata da Rachel Zegler.
Con lo sciopero SAG-AFTRA finalmente
concluso, da qui alle prossime settimane arriveranno sicuramente
molte notizie sul casting di tutti quei progetti ad oggi rimasti in
sospeso. Uno di quelli su cui sono rivolte numerose attenzioni è
quello di Fantastici
Quattro, l’atteso film Marvel che introdurrà finalmente la
celebre famiglia dei supereroi all’interno dell’MCU. Oltre ai
quattro protagonisti, di cui si attendono dunque le comunicazioni
riguardo a chi andrà ad interpretarli, c’è grande curiosità su
quali altri personaggi potrebbero comparire nel film.
Ad oggi si è parlato di
Dottor Destino e Galactus,
celebri villain dei Fantastici Quattro, ma i fan attendono di
scoprire se anche SilverSurfer, alto iconico personaggio del
franchise, farà la sua comparsa nel film. Come noto, il surfista
argentato era già stato portato al cinema nel 2007 con il film
Fantastici Quattro e
Silver Surfer, riscuotendo un buon successo.
Tuttavia, se davvero Silver Surfer sarà presente nel film, potrebbe
non avere l’aspetto per cui è noto. Secondo John
Rocha e Jeff Sneider nel podcast The Hot Mic, i Marvel Studios
potrebbero infatti affidare il ruolo ad un’attrice.
Così facendo, per l’Araldo di
Galactus si opererebbe dunque un gender-swap. Come i fan sapranno,
esiste già una versione femminile del personaggio, chiamata Frankie
Raye. Quest’ultima era un personaggio di supporto nei fumetti dei
Fantastici Quattro che in seguito diverrà nota come l’Araldo “Nova”
dopo che Silver Surfer si ribella a Galactus. Potrebbe dunque darsi
che più che Silver Surfer, i Marvel Studios potrebbero introdurre
proprio questo personaggio meno noto. Ad oggi si tratta però di una
notizia senza alcuna conferma ufficiale, ma con la situazione ora
sbloccatasi in quel di Hollywood, potrebbe non volerci molto per
saperne di più.
Fantastici Quattro: tutto quello che sappiamo sul
film
Il regista di Fantastici
Quattro sarà Matt Shakman, il quale ha recentemente
anticipato il suo approccio al film dicendo che intende “fare
le cose in modo molto diverso dal punto di vista della storia”
e attuare “un punto di vista registico che si adatti davvero al
materiale narrativo“. Ha poi aggiunto: “Penso che sarà
diverso da qualsiasi cosa abbiate visto prima, e certamente diverso
da qualsiasi cosa della Marvel vista fino ad oggi“. Per quanto
riguarda gli attori che potrebbero interpretare i quattro
protagonisti, ad oggi si è parlato di Jake Gyllenhaal
per il ruolo di Mister Fantastic, mentre Vanessa Kirby
potrebbe assumere il ruolo della Donna Invisibile.
L’attore Ebon
Moss-Bachrach, visto in The
Bear, potrebbe essere un punto fermo per La Cosa. Per la
Torcia Umana si è invece parlato di Joseph Quinn,
attore divenuto popolare per il ruolo di Eddie Munson nella quarta
stagione di Stranger Things. Si è invece parlato di
Antonio Banderas come papabile per interpretare
Galactus. Shakman ha lavorato sia con il co-sceneggiatore
di
Avatar: The Way of WaterJosh Friedman
che con Cam Squires di WandaVision
su una bozza della sceneggiatura di Fantastici Quattro.
L’uscita del film è attualmente prevista nelle sale il 2
maggio 2025.
Gli scioperi della SAG-AFTRA e
della WGA sono
ufficialmente terminati, ma con le produzioni costrette a fermarsi
per un periodo di tempo così lungo, i ritardi nelle date di uscita
erano inevitabili. I Marvel Studios hanno dunque ora
comunicato diversi spostamenti per quanto riguarda le uscite sul
grande schermo dei film MCU 2024, tranne una, ovvero Deadpool 3, che ha ora
una data di uscita fissata al 26 luglio 2024. Con
poco più del 50% delle riprese completate e il rinizio dei lavori
previsto già per questi giorni, sembra dunque che l’atteso film con
Ryan Reynolds e
Hugh Jackman
sarà pronto in tempo per infiammare l’estate cinematografica.
Ad essere stati rimandati sono
invece Captain America: Brave
New World, che uscirà ora il 14 febbraio
2025, Thunderbolts, che
passa dal 20 dicembre 2024 al 25 luglio
2025, e Blade,
che uscirà ora il 7 novembre 2025. Sebbene questi
spostamenti di data non siano esattamente inaspettati, a
sorprendere è senz’altro quello del quarto Captain America. Secondo
quanto riportato da Jeff Sneider nell’episodio di
questa settimana del podcast The Hot Mic, il film MCU con
Anthony
MackieedHarrison
Ford non è stata accolta particolarmente bene durante
i primi test di proiezione.
A quanto pare, tre sequenze chiave
sono state tagliate e sono previste ampie riprese aggiuntive da
gennaio a maggio/giugno del prossimo anno. Ciò avrebbe dunque
portato allo spostamento di quasi un anno ora comunicato
(inizialmente il film era previsto in sala per il 3 maggio
2024). Deadpool
3sarà dunque
l’unico film dell’MCU ad arrivare sul grande schermo nel 2024, come
confermato anche dallo stesso
Reynolds con un tweet. I fan potranno però contare su un ampio
numero di serie televisive previste su Disney+ nel corso del prossimo
anno, a partire da Echo.
Attieniti al tuo piano.
Anticipa, non improvvisare. Non fidarti di nessuno. Non cedere mai
un vantaggio. Combatti solo le battaglie per cui sei pagato. È
questo il mantra che l’assassino interpretato da Michael
Fassbender in The Killer si
ripete ogni volta prima di eliminare gli obiettivi che gli vengono
assegnati. A rivelarci queste regole è proprio lui, grazie
all’accesso privileggiato alla sua mente che il regista del film,
David Fincher, ci permette di
avere. Dopo aver raccontato di serial killer in Se7en, Zodiac e Mindhunter, egli decide
infatti stavolta di assumere il loro punto di vista, alla scoperta
del loro codice e del modo in cui la loro realtà possa differire
dalle aspettative.
Presentato in Concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia, The Killer
segna dunque il ritorno di Fincher al mondo criminale, dopo la
parentesi sul mondo del cinema di Mank. Ma è un ritorno
estremamente particolare, lontano da ciò che ci si potrebbe
aspettare e che pertanto potrebbe scontentare chi si aspetta un
film su tale argomento simile alle opere del regista poc’anzi
citate. Perché con The Killer non ci confrontiamo con un
intricati complotti o sorprendenti colpi di scena, né con ritmi
esagitati o frequenti scene d’azione. Insomma, non è il classico
dramma basato sulla trama, bensì qualcosa di molto più esistenziale
e filosofico di quanto possa sembrare ad una prima visione.
The Killer… preparati, attendi, uccidi, ripeti
Non c’è dunque molto da dire
riguardo la storia del film, volutamente molto esile, la quale
semplicemente ha per protagonista un assassino (Michael Fassbender) che, dopo un
disastroso passo falso di cui rimane sorpreso egli stesso, si trova
a dover sfidare i propri committenti intraprendendo una caccia
all’uomo su scala globale che egli giura non avere niente di
personale. Ma è davvero così? Oppure sta ingannando sé stesso per
primo? Quanto è disposto a tradire le proprie regole pur di
ristabilire il proprio status quo e quanto la realtà intorno a lui
può sfuggire al suo controllo? Prenderà così forma un disperato
tentativo di riparare ai propri errori.
Essere un assassino non è facile
come viene raccontato nei film, dove spesso viene offerta una
rappresentazione romantica o avvincente della loro vita, per quanto
ciò che compiono rimanga inaccettabile. Fincher, che con ogni suo
film cerca di smarcarsi dai cliché, si pone dunque nella mente del
serial killer per cercare di studiarne i pensieri, la routine, la
gestualità. Il suo assassino senza nome non è un uomo dotato di
particolari gadget e per ottenere ciò che gli serve, che sia un
travestimento o un accessorio, si rivolge a negozi online quale può
essere Amazon. Insomma, quello di The Killer è un
personaggio che cerca di rimanere il più possibile nell’anonimità e
per farlo sa di dover seguire un preciso codice.
Le sue missioni, inoltre, non sono
per nulla avventure caratterizzate da epici scontri o dinamici
inseguimenti. Lo dimostra la sequenza d’apertura del film, dove il
killer deve attendere l’arrivo del suo obiettivo rimanendo
nascosto in un appartamento di Parigi. In tale frangente egli ci
rende partecipi dei suoi pensieri, riempiendo dunque di parole
scene nelle quali sostanzialmente non avviene nulla se non l’atto
di attendere, intervallato da attività come lo stretching,
l’andarsi a comprare del cibo e naturalmente il dormire. Una
sequenza che potrebbe scoraggiare quanti ricercano ben altri ritmi
e atmosfere, ma se si fa attenzione è diffiicile non rimanere
catturati dalla messa in scena che Fincher propone.
Con una calma metodica e grande
attenzione ai particolari, il regista inquadra il tutto con un
gusto per la composizione e una precisione da vero serial killer,
rendendo tutto ciò così attraente che è difficile non venire rapiti
da questo modo di raccontare per immagini. Sono infatti queste ad
avere la priorità assoluta sul film, persino sul racconto in sé,
ridotto qui al suo grado più elementare per ricercare tanto un
senso di distacco coerente con quello che il protagonista porta
avanti nei confronti della realtà, quanto per far emergere la sua
percezione delle cose quale vero e proprio cuore pulsante di
The Killer.
The Killer è uno dei film più importanti
dell’anno
The Killer lavora dunque
sulla scissione esistente tra realtà e soggettività, proponendocela
non solo tramite la voice over del protagonista, ma anche con un
preciso lavoro sulla fotografia, il montaggio e il sonoro, con il
quale si punta anche a costruire un senso di crescente disagio e
ansia. Quando ad esempio il killer è in controllo della situazione,
tutto scorre fluidamente, ma basta un attimo perché la realtà si
riveli differente, lasciando spazio ad una maggiore rigidità che
disorienta e annulla tutto ciò che credevamo di sapere. Capiamo
dunque che quello di Fincher è un narratore inattendibile,
costretto egli stesso a scontrarsi con l’imprevisto e portarci a
riflettere sul nostro rapporto con esso e con ciò che lui è
chiamato a compiere.
Semplicemente perfetta si rivela
allora la scelta di Fassbender nel ruolo del protagonista. L’attore
non solo torna a regalarci un’interpretazione di alto livello dopo
diversi passi falsi, ma con il suo volto glaciale riesce a
raccontarci tutto il distacco e all’occorrenza anche la paura del
suo personaggio. E ciò che lui prova impariamo a provarlo anche
noi, scontrandoci con un film che richiede assolutamente molteplici
visioni, necessarie per rapportarsi in modo approfondito con il
gusto per le immagini che Fincher da sempre possiede e con le quali
ci intrattiene. Di certo, però, già a primo impatto The
Killer risulta una delle opere più dense di significati e
valori viste quest’anno.
Netflix
ha diffuso una clip esclusiva di Il
problema dei 3 corpi (3 Body Problem), l’attesa serie
tv Originale Netflix.
Insieme ad una prima scena della serie il colosso streaming ha
annunciato la data di uscita della serie che debutterà in streaming
sulla piattaforma il 21 Marzo 2024.
Dagli ideatori pluripremiati agli
Emmy David Benioff e D.B. Weiss (Il trono di spade), e dal candidato agli
Emmy Alexander Woo (The Terror: Infamy, True Blood) ecco
un racconto elettrizzante che ridefinisce i canoni del dramma
fantascientifico attraverso misteri sovrapposti e gravi
implicazioni al di fuori di ogni classificazione. Serie tratta
dall’acclamata trilogia bestseller Il problema dei tre corpi.
La fatidica decisione di una donna
nella Cina degli anni ’60 riecheggia attraverso lo spazio e il
tempo fino a raggiungere un gruppo di geniali scienziati nel
presente. Quando le leggi della natura si sgretolano davanti ai
loro occhi, cinque ex colleghi si riuniscono per affrontare la più
grande minaccia nella storia dell’umanità.
Lubo, nuovo film
di Giorgio Diritti, è stato presentato quest’oggi
in concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia 2023. Nel film, il
camaleontico Franz Rogowski interpreta il
personaggio titolare, un nomade Jedish il cui arco
copre cinquant’anni di storia. Tra il dramma, alcuni tratti del
revenge movie e la ricostruzione storica, Lubo è
una riflessione sul concetto di giustizia, sulle contraddizioni
delle istituzioni, su come un ambiente di violenza generi reazioni,
ma anche una storia i cui personaggi sono profondamente mossi
dall’amore.
Lubo, lo Jenisch privato di affetti e valori
Nel 1939, Lubo
Moser, un artista di strada nomade di origine yenish,
viene chiamato a prestare servizio militare nell’esercito svizzero
per proteggere il confine. Viene a sapere da suo cugino che la
polizia ha sequestrato i suoi figli nell’ambito del Kinder der
Landstrasse (“Bambini della strada”), un programma di
rieducazione nazionale influenzato dai principi dell’eugenetica.
Lubo cerca senza sosta i suoi figli e si propone di vendicarsi a
modo suo per il torto subito.
Il romanzo di Mario
Cavatore “Il Seminatore” si concentra su vicende
storiche poco note, le persecuzioni contro una minoranza nomade,
gli Jenisch, i cui figli sono stati portati via per essere
“rieducati” nel periodo tra gli anni Trenta e gli anni Settanta. Le
stime delle ricerche parlano di circa 2.000 bambini sottratti alla
minoranza Jenisch. Uno studio che ha colpito Diritti in modo
inquietante e particolarmente stridente per un Paese democratico e
civilizzato come la Svizzera, la Confederazione Elvetica, spesso
citata come “esempio virtuoso” di rapporto tra cittadini e
istituzioni.
Lubo mette in luce
gli effetti dannosi provocati da principi irrazionali e leggi
discriminatorie, che penetran nella società alla manieradi un
contagio, impattando la quotidianità, i percorsi e i valori della
gente. Una trasformazione che scatena al contempo dolore, rabbia,
violenza e ambiguità ma tramite la quale emerge anche un profondo
amore per la vita e per i propri figli, un sentimento che cerca di
sopravvivere a qualsiasi ostacolo e di ripristinare la
giustizia.
Un camaleontico Rogowski
Dopo la notevole prova in
Passages di Ira Sachs Franz Rogowski,
che per il cinema italiano aveva interpretato anche il villain di
Freaks Out, mette anima e corpo nel ritratto
di un personaggio che è colonna portante dell’intero film. Lubo
consente a questo attore poliedrico di sperimentare tanto sul piano
linguistico – qualcosa in cui Rogowski si sta
progressivamente specializzando e ne sta favorendo la fama
internazionale – quanto su quello fisico. Non c’è un solo Lubo, le
declinazioni di questa personalità vagabonda sono molteplici,
dipendono dal contesto, dal periodo storico e dalle persone che
Lubo incontra sul suo cammino: Rogowski, pilastro
della buona riuscita del film, riesce a distinguerle tutte in
maniera precisa.
Lubo si presenta
come imponente produzione internazionale: è un film itinerante, che
passa per tanti luoghi storici e ne ricrea altrettanti. Lo sforzo
produttivo è evidente e, dal punto di vista registico, Diritti trae
massimo profitto dalla suggestività delle location in cui la storia
prende piede, inquadrando il personaggio di
Rogowski come parte fondamentale del paesaggio,
caratterizzandolo secondo un disegno topografico.
Un film intriso di umanità
Sebbene la sceneggiatura di
Lubo non risulti sempre convincente – un secondo
atto forse troppo allungato si oppone a una prima parte dall’ottimo
equilibro narrativo – la scrittura di Giorgio
Diritti è infusa di un’umanità necessaria, tanto per i
suoi personaggi quanto per la Storia di ieri e di oggi,
intercettata dagli interpreti e di fronte a cui il pubblico non
rimarrà indifferente. La durata complessiva di tre ore potrebbe
spaventare ma, a parte qualche inciampo in termini di ritmo nella
seconda parte, il film non si trascina mai, scorre seguendo le
urgenze emotive di un nomade e outsider a cui è stato tolto tutto,
e che si lancerà in una personale battaglia per soddisfare un
bisogno di appartenenza, coesistenza in un nucleo da chiamare
famiglia.
Il suo
Hotel, nel 2004, era stato molto apprezzato
tra i film dell’Un Certain Regard del Festival di Cannes, dove era già passata
tre anni prima con Lovely Rita ed è poi
tornata con l’Amour Fou del
2014. Ma il vero salto di categoria, Jessica Hausner,
l’ha fatto probabilmente con il Little Joe del 2019, finalmente in
concorso per la Palma d’Oro, come l’ultimo criticatissimo
Club Zero, interpretato da Mia Wasikowska e capace di dividere la critica
(ma anche di inserirla di diritto tra gli ‘amici’ della kermesse
francese, nonostante la sua partecipazione alla giuria della
71ª
Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia).
Non
si parla del Club Zero
La bionda ed esile
protagonista del Jane Eyre di Cary
Fukunaga e del Crimson Peak di Guillermo Del
Toro stavolta è Miss Novak, insegnante di educazione – o
meglio di consapevolezza – alimentare in una esclusivissima scuola
privata per giovani talenti. Con cinque dei quali si stabilisce un
rapporto particolare, soprattutto quando decidono di passare dalla
normale didattica a un programma che piano assume i connotati di
una setta nella quale si pratica una pericolosissima quanto
radicale riduzione del cibo assunto E’ il misterioso Club Zero, del
quale sono all’oscuro tanto gli altri professori quanto i genitori
dei ragazzi.
La
pratica non rende
Da diversi anni è
diventata di dominio comune l’esistenza dei breathariani, o
respiriani che dir si voglia, ma averci a che fare non è così
semplice (anche per ovvi motivi, vista la difficoltà a sopravvivere
in assenza di nutrimento). Ben venga quindi un film che li mette al
centro del suo sviluppo, per quanto in maniera sfumata e
trasversale e nonostante le critiche di quanti temono pericolose
emulazioni e la banalizzazione – o spettacolarizzazione – di una
pratica inevitabilmente suicida.
Paure legittime, ma che
– come al solito – non cura la censura, in questo caso più teorica
che altro, visto che il film è nel concorso del Festival di Cannes
2023 dove potrebbe persino essere uno dei più apprezzati dal
Presidente di Giuria Ruben Östlund (The
Square, Triangle of Sadness). Meno innovativo e
all’avanguardia di molto del cinema del suddetto e di quanto venga
presentato, il film ha comunque dei momenti interessanti. Intanto
nella rassegna dei motivi per cui un adolescente sano e senziente
dovrebbe sentire il bisogno di sottoporsi a un regime alimentare
specifico – dalla cura del proprio fisico alla riduzione
dell’impatto ambientale fino all’autoaffermazione e alla conquista
di un maggior controllo su se stessi – e poi nella rappresentazione
del contesto che circonda i soggetti osservati.
Il termine è
esageratamente asettico, ma al di là dello spirito con cui si mette
in scena una storia di manipolazione e debolezze, i cinque ragazzi
dei quali seguiamo il percorso assomigliano molto a delle vere e
proprie cavie, tanto sullo schermo quanto nelle intenzioni della
regista. Che ce li mostra a scuola, isolarsi dal resto dei
compagni, e a casa, sempre più distanti dalla famiglia e tutti
uguali nel loro diverso chiudersi a riccio al mondo esterno. Una
strategia di difesa orchestrata in maniera subdola dalla
‘santona-nutrizionista’, sorta di vampira abile a sostituirsi ai
referenti più naturali per dei ragazzi in crescita e a offrire loro
una nuova identità, anche facendo leva sulla loro paura
dell’incertezza economica, del futuro e del non esser visti.
Avanguardia, o anticamera del disastro
Temi, questi sì, sui
quali alzare il livello di attenzione. Dai quali però la vicenda si
allontana, scegliendo la strada di un integralismo di matrice quasi
religiosa, forse più riconoscibile dal pubblico. Che probabilmente
apprezzerà più della critica una storia sbilanciata ad arte e che
manca quasi completamente di controparti – né i genitori né la
scuola lo sono, anche per necessità narrative – e di una evoluzione
reali. Forse anche per le tentazioni – involontariamente? –
umoristiche che, qui e lì, la storia si concede (la prima scena con
la cioccolata, lo sguardo sconcertato della cameriera di casa) e
per una coerenza di tono che punta su una costante “assenza” – di
reazioni, di espressioni, fisica – che ben si adatta alla
protagonista, ma allontana i ragazzi.
Eppure sono proprio
questi dei piccoli segnali di una generale semplificazione, che se
alleggerisce il tema fa sì che manchi un vero coinvolgimento
emotivo. E questo nonostante il film, in definitiva, si dimostri in
grado di ottenere la fiducia dello spettatore, senza però quasi
sapere che farne. La colonna sonora, falsamente
monocorde salvo alcuni intermezzi di musica tra il tribale e
l’orientale, l’ambientazione minimale, la coerenza stilistica dei
personaggi e delle location, la caratterizzazione delle famiglie,
seppur ridotta all’essenziale, evidenziano uno studio dettagliato
alla radice del progetto. Che fatto salvo lo sgomento per la
rivelazione della fede e delle conseguenze di una osservanza cieca
e immatura si affida principalmente a Wasikowska –
della quale si poteva offrire un lato anche più oscuro – con il
risultato di non andare molto al di là degli stereotipi utilizzati
nelle premesse.
Ora che lo shopping digitale fa
sempre più parte integrante della nostra quotidianità, è
estremamente importante fare chiarezza su come le app di e-commerce
gestiscono i nostri dati. Qui esaminiamo Temu, una stella nascente
nel mercato online che sta spopolando in Germania, e vediamo come
gestisce i dati dei propri utenti per garantire la trasparenza e
mantenere la loro fiducia. Ecco come Temu tratta i tuoi dati
personali.
L’approccio di Temu alla raccolta
dei dati
La filosofia di Temu è semplice:
raccoglie dati al solo scopo di fornire e migliorare la tua
esperienza di acquisto. Temu, in realtà, raccoglie meno
informazioni sugli utenti rispetto ad altre consumer app,
concentrandosi solo su ciò che è necessario per elaborare e
migliorare il proprio servizio. Ciò significa che, a differenza di
altre app, Temu non vede i tuoi contatti o non è in grado di
controllare la tua posizione.
Quali dati raccoglie Temu?
Ecco una panoramica di tutte le
categorie di dati che Temu raccoglie con il relativo scopo, in base
alla divulgazione dei dati sull’App Store di Apple:
Acquisti e informazioni finanziarie: Temu richiede queste
informazioni per elaborare ed evadere gli ordini.
Dati sulla posizione: Temu richiede l’accesso alle
autorizzazioni di posizione solo in Medio Oriente per facilitare la
compilazione degli indirizzi di spedizione. Le funzionalità di
localizzazione precise sono fondamentali per gli indirizzi di
consegna in Medio Oriente a causa della mancanza di un sistema di
indirizzi completo.
Informazioni di contatto: oltre che per l’evasione degli
ordini, tali dati sono necessari per la creazione di un profilo.
Ovvero le informazioni di contatto dell’utente, non della rubrica
del telefono.
Contenuti dell’utente: tali dati consentono agli utenti di
caricare foto, lasciare una recensione, cercare articoli con
un’immagine, contattare l’assistenza al cliente, ecc. Temu utilizza
il selettore di foto integrato nel sistema operativo dello
smartphone per scegliere e caricare le immagini senza richiedere il
permesso di accedere all’intera galleria fotografica.
Cronologia delle ricerche: tali dati si riferiscono alle
ricerche degli utenti su Temu, che aiutano l’app a offrire
un’esperienza più personalizzata consigliando prodotti o servizi
che potrebbero essere interessanti per l’utente.
Identificatore, diagnostica e dati di utilizzo: la maggior
parte, se non tutte le app, raccolgono abitualmente tali dati per
identificare un profilo o un dispositivo, analizzare/individuare i
problemi di arresto anomalo dell’app e migliorarne continuamente i
servizi.
Temu e le autorizzazioni
dell’app
In seguito all’aumento delle
preoccupazioni sulla sicurezza dei dati, Temu ha condiviso
pubblicamente il modo in cui gestisce le autorizzazioni delle app.
L’app ha ridotto al minimo le richieste di autorizzazione. Per
consentire agli utenti di visualizzare facilmente le autorizzazioni
richieste, Temu ha creato informazioni ad hoc all’interno delle
impostazioni nell’app o nella pagina web di divulgazione delle
autorizzazioni. Le autorizzazioni delle applicazioni sono misure di
sicurezza messe in atto dal sistema operativo del telefono (come
Android o iOS) per controllare ciò che le app possono o non possono
fare.
Funzionano come sportelli di protezione che assicurano che le
app accedano solo alle funzionalità o ai dati di cui hanno
assolutamente bisogno e che l’utente ne sia a conoscenza e che
abbia accettato.
Ad esempio, le app potrebbero aver
bisogno dell’autorizzazione per accedere alla tua posizione,
utilizzare la fotocamera, ecc. L’utente potrebbe richiedere
autorizzazioni specifiche quando installa o utilizza determinate
funzionalità di un’app. Quindi, se l’utente fosse d’accordo, l’app
può utilizzare quella funzione o quei dati. In caso l’utente
rifiutasse, allora l’app non può utilizzare quella funzione o quei
dati.
Temu si impegna a mantenere la
trasparenza e ridurre al minimo l’uso delle autorizzazioni
all’interno della propria app. Anche quando Temu utilizza le foto per lasciare una
recensione, cercare articoli e così via, non otterrà direttamente
le autorizzazioni di sistema. Temu, al contrario, utilizza la
fotocamera integrata o il selettore di foto del dispositivo
dell’utente. Ciò significa che gli utenti hanno sempre il controllo
e l’applicazione non può mai accedere a foto, fotocamera o
microfono del dispositivo senza un esplicito permesso da parte
degli utenti. L’approccio di Temu è volto a migliorare la sicurezza
dei propri utenti.
L’approccio di Temu verso i
malintesi
Alcune persone hanno contestato Temu
per l’adottare pratiche di dati intrusive. Tuttavia, questi
allarmismi spesso derivano da incomprensioni. Ad esempio, Temu non
utilizza i servizi di localizzazione del dispositivo a meno che non
sia assolutamente necessario per la funzionalità, come in Medio
Oriente, dove i sistemi di indirizzi sono poco strutturati.
L’informativa sulla privacy di Temu
spiega chiaramente l’uso di identificatori univoci come indirizzi
IMEI o MAC, che sono standard per la maggior parte dei dispositivi
e delle app. Questi vengono utilizzati semplicemente per
identificare il tuo dispositivo per una migliore esperienza
utente.
Temu è al fianco degli utenti per
quanto concerne privacy e sicurezza dei dati, aderendo agli
standard del settore ma optando per un approccio più incentrato
sull’utente. Raccogliendo meno dati ed evitando inutili
autorizzazioni di sistema, Temu dimostra il suo impegno per la
privacy e la sicurezza degli utenti.
A chi interessassero più
informazioni specifiche può consultare l’informativa sulla privacy
completa di Temu disponibile sul suo sito web, che offre
approfondimenti sulle sue pratiche in materia di dati. Ricordiamo
che scegliere consapevolmente è il fulcro della sicurezza dei dati
nell’era digitale e Temu garantisce che la tua esperienza di
acquisto sia sicura e personalizzata.
Il cinema d’avventura è stato
rilanciato sul grande schermo nel 1981 grazie al film I predatori dell’arca
perduta, che ha fatto riscoprire agli spettatori
il fascino che tale genere può vantare, tra personaggi eroici,
ambientazioni esotiche e missioni da portare a termine. Nel tempo
tali caratteristiche sono state riproposte anche da innumerevoli
altri film, che hanno cercato di cavalcare l’onda dell’entusiasmo
per tale genere. Uno tra i più recenti esempi di questo filone è il
film del 2022 The Lost City (qui la recensione), diretto da
Aaron e Adam Nee.
Il film, in realtà, è un remake non
ufficiale di All’inseguimento della
pietra verde, film del 1984 di Robert
Zemeckis che a sua volta si rifaceva a quei canoni del
cinema d’avventura riproposti dal film su Indiana Jones. Vi
aggiungeva però in più l’elemento romantico, che The Lost
City ripropone. Nonostante le somiglianze, il film dei
fratelli Nee presenta una comicità e un senso dell’avventura che
non mancheranno di entusiasmare gli appassionati del genere. In
più, si ritrovano all’interno del film una serie di partecipazioni
inaspettate che rendono il tutto ancor più stravagante e
divertente.
Ora che è arrivato su Netflix, The Lost City sta
guadagnando nuova popolarità ed è subito diventato uno dei titoli
più visti sulla piattaforma. Si tratta dunque dell’occasione giusta
per riscoprire questa divertente commedia. Prima di intraprendere
una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire
alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui
nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alle location dove è stato
girato. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama e il cast di The Lost City
Protagonista del film è l’autrice di
romanzi rosa di successo, Loretta Sage, i cui
racconti sono sempre ambientati in luoghi esotici e hanno come
protagonista maschile Dash, classico eroe
belloccio che ha il volto nella vita reale del modello
Alan. La vita di Loretta viene però stravolta
quando si ritrova rapita da Fairfax, un
miliardario che crede che la scrittrice conosca il modo per
giungere nella città perduta, che lei stessa descrive in un suo
romanzo, e dove si troverebbe un ricco tesoro. Alan, deciso a
dimostrare che non presta solo il volto a un eroe, ma lo è anche
nella realtà, cercherà di salvare Loretta e mettersi sulle tracce
del tesoro prima che Fairfax lo trovi.
Ad interpretare Loretta Sage vi è
l’attrice premio Oscar Sandra Bullock,
mentre a dare volto al modello Alan vi è Channing Tatum.
Originariamente il ruolo era stato pensato per Ryan
Reynolds, ma per via di altri impegni non ha potuto
prendere parte al progetto. A dare volto al malvagio Fairfax vi è
invece Daniel
Radcliffe, celebre per aver interpretato Harry Potter
nell’omonima saga fantasy e qui chiamato a misurarsi con un ruolo
da villain. A dare volto al villain di fantasia ideato da Loretta
vi è invece l’attore Stephen Lang, noto per essere
l’antagonista della saga di Avatar. Recita nel film anche
Brad Pitt, nei
panni dell’ex Navy SEAL Jack Trainer.
Sandra Bullock and Channing Tatum star in Paramount Pictures’ “THE
LOST CITY.”
Le location di The Lost
City: ecco dove è stato girato il film
Questa commedia avventurosa
vantaalcuni scenari mozzafiato: foreste verdi e traboccanti di
alberi, un vulcano pronto a eruttare, grotte e una cascata
sbalorditiva. Mentre le scene subacquee sono state girate nei
Pinewood Studios della Repubblica
Dominicana e il vulcano è stato realizzato con l’uso di
CGI, il resto delle scene esterne del film sono state girate dal
vivo nella provincia di Samana della Repubblica
Dominicana. Ad esempio, dopo essere sfuggiti al Fairfax di
Daniel Radcliffe, i due protagonisti corrono nella
giungla, si arrampicano sulle scogliere e si nascondono lì mentre
si dirigono verso la città.
Le scene nella giungla sono state
girate principalmente a Portillo, nota soprattutto
per la sua spiaggia – parte della costa di Las
Terrenas – mentre l’ambientazione nella giungla si trova
oltre la sabbia bianca. Il sito di scavo di Abigail Fairfax,
costruito dalla troupe del film, e il complesso sono invece stati
girati a West Grove, una piantagione di cocco. Il
villaggio dove Loretta e Alan si rifuggiano è stata ricreato nel
villaggio di Altos de Chavón, che è stato preso a
modello dai villaggi mediterranei del XVI secolo. Altos de Chavón
non è lontano dal resort Casa de Campo nella
Repubblica Dominicana.
La zona della cascata in cui Loretta
scopre la tomba di Kalaman è invece stata girata al Salto
de Socoa, che si trova nel Parco Nazionale di Los
Haitises. La cascata stessa è circondata dalla giungla e
l’acqua scende in un laghetto chiuso. Il Salto de Socoa ha anche
villaggi vicini e una valle che offre una vista mozzafiato. Le
scene ambientate nella grotta sono invece state girate in diverse
location: la Grotta Iguabonita e le grotte
del Parco Nazionale di Los Haitises. Infine, la scena
della spiaggia è stata girata nella regione di Las
Terrenas, nella provincia di Samana.
L’area è la visione perfetta di un periodo di relax, con spiagge
sabbiose, un bellissimo oceano blu e palme.
Il trailer di The Lost
City e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
The Lost City grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Chili Cinema, Google Play, Apple TV,Prime Video, Paramount+ e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video.
Considerato uno dei più controversi,
ma a suo modo affascinanti, film di supereroi degli ultimi anni,
Batman v Superman: Dawn of
Justice (qui la recensione) è diventato
in breve un vero e proprio cult, già soltanto per il suo riunire
per la prima volta sul grande schermo due icone come Batman e
Superman. Diretto da Zack Snyder, il film porta
così in scena l’epico scontro tra i due supereroi, contornandolo
con un racconto cupo e che he aperto la strada ad un universo più
ampio. Interpretato da attori di grande levatura come
Ben Affleck, Amy Adams, Jesse
Eisenberg e Henry
Cavill, il titolo vanta un cast particolarmente ampio,
comprendente anche altri nomi di Hollywood oggi particolarmente
celebri.
Il film segnava infatti un
importante tassello nella costruzione del DC
Extended Universe, introducendo per la prima volta i personaggi
di Wonder Woman, Flash, Aquaman e Cyborg. Il titolo, inoltre,
gettava le basi per quello che poi è stato il film Justice
League, arrivato nei cinema nel 2017. La pellicola
incentrata sui due supereroi, tuttavia, ricevette una tiepida
accoglienza da parte di critica e pubblico, che fece di conseguenza
frenare l’entusiasmo verso i progetti della DC. Non passò molto,
però, prima che la pellicola venisse a suo modo rivalutata, sia per
il suo stile visivo che per alcuni degli eventi narrati.
Dopo aver diretto L’uomo
d’acciaio nel 2013, Snyder desiderava dare un seguito alle
vicende di Superman, e affermò che la sua idea preferita era quella
di farlo scontrare con il celebre Batman. Per Batman v
Superman, dunque, egli trasse ispirazione dai fumetti Il
ritorno del Cavaliere Oscuro e da La morte di
Superman. Snyder, però, affermò che non si sarebbe trattato di
un adattamento dei due titoli, quanto di una riscrittura di
quell’immaginario. Il suo Batman e il suo Superman sono infatti
personaggi molto diversi da quelli descritti nelle pagine cartacee.
Piu che un vero e proprio sequel, inoltre, Snyder ha descritto il
film come un film a sé, che si espande grazie a nuove storie e
personaggi.
Batman v Superman: la
trama del film
In seguito agli eventi
di L’uomo d’acciaio, dove sconfisse il
generale Zod, Superman è ora una
figura amata da alcuni e odiata da altri. Tra coloro che vedono nel
supereroe una minaccia c’è Bruce Wayne, alias
Batman, che ormai da più di vent’anni combatte
contro la criminalità di Gotham. Egli si trova così a dover
nuovamente indossare il costume, alla ricerca di un modo per
distruggere l’invincibile eroe. Le sue ricerche lo conducono così
alla LexCorp, dove il geniale e malvagio Lex
Luthor ha fatto conservare frammenti di kryptonite. Questo
si rivela essere l’unico elemento in grado di poter indebolire
Superman. Sul suo percorso, però, Batman si imbatterà in
Diana Prince, la quale gli rivela di possedere a
sua volta dei superpoteri.
Batman si ritrova così ad entrare in
contatto con un universo di supereroi più ampi di quello che
pensava, e più si addentra nelle indagini più si avvicina al
momento dello scontro contro il potente Superman. Terrorizzato
dalla possibilità che Superman possa ridurre l’umanità in
schiavità, il cavaliere oscuro capisce che non c’è più tempo da
perdere, e si arma per prepararsi alla battaglia. Ciò che non sa, è
che dall’ombra Luthor trama affinché i due arrivino ad ingaggiare
una guerra l’uno contro l’altro, cosa che potrà permettere a lui di
avere strada libera per i suoi malvagi piani di conquista e per
garantirsi tutto ciò non mancherà di dar vita a qualcosa di davvero
mostruoso.
Batman v Superman: il cast
del film
Grande attrattiva del film è il
ricco cast che lo compone. Grandi nomi di Hollywood vennero
contattati e considerati per le parti principali, infine andate a
importanti interpreti, molti dei quali premiati anche con l’Oscar
nel corso della loro carriera. Innanzitutto, l’attore
Henry Cavill riprese per l’occasione il
ruolo di Superman, dichiarandosi entusiasta di poter esplorare le
evoluzioni avvenute nel personaggio dal film precedente. Per dare
nuovamente vita al supereroe egli si sottopose ad un programma di
allenamento che lo portò ad acquisire una notevole massa muscolare,
con il fine di apparire più grande e minaccioso. Ben più complesso
fu per lui dar vita ad aspetti del personaggio che potessero dar
ragione a quanti lo considerano una minaccia. Per Cavill era
infatti necessario che tali teorie potessero sembrare credibili,
ritrovando in Superman aspetti negativi.
Per dare un nuovo volto al cavaliere
oscuro Snyder scelse l’attore Ben
Affleck. Questi si dichiarò inizialmente restìo
all’idea di accettare il ruolo, memore dello scarso successo avuto
dal suo Daredevil. Tuttavia, il regista lo convinse affermando che
sarebbe stata una versione del supereroe totalmente inedita.
Affleck a quel punto si decise ad accettare, affascinato dall’idea
di poter dar vita ad un Batman invecchiato e reso più cinico e cupo
dai tanti orrori visti. Egli lo considerò infatti come l’altra
faccia della medaglia rispetto a Superman, poiché pur agendo
entrambi in nome della giustizia hanno modi di ottenerla
completamente diversi. Per dar vita al personaggio, inoltre,
acquisì circa 15 chili di massa muscolare, anche lui al fine di
apparire più appesantito e minaccioso.
Per ruolo di Lex Luthor, invece,
Bryan
Cranstonvenne inizialmente preso in
considerazione dallo studios di produzione. La parte venne però
infine assegnata a Jesse Eisenberg, poiché il
regista lo ritenne più adeguato a dar vita alla complessa
psicologia del personaggio. Esenberg lavorò molto per immedesimarsi
nel ruolo, e mantenne estremamente riservato il look che si era
deciso di adottare. Nel film sono poi presenti altri attori oggi
noti, come Amy Adams nel ruolo di Lois Lane,
Gal
Gadot nei panni di Wonder Woman, Laurence
Fishburne in quelli di Perry White, e Jeremy
Irons per Alfred Pennyworth.
Batman v Superman: gli
incassi al box office
Pur non ricevendo un
accoglienza di critica particolarmente favorevole, il film è
riuscito a stabilire diversi record al box office. Tra questi vi è
quello come miglior esordio per un film di supereroi, con 420
milioni di dollari a livello globale. Con un simile esordio, gli
analisti si aspettavano che gli incassi avrebbero potuto facilmente
superare il miliardo di dollari. Ciò avrebbe permesso al film di
affermarsi come un grande successo. A fronte del suo budget di
circa 250 milioni di dollari, a cui se ne aggiungono 150 per il
marketing, il titolo avrebbe dovuto incassare almeno 800 milioni
per poter trarre un certo profitto. Tuttavia, dopo i primi giorni
d’apertura il film subì un drastico
calo nei guadagni.
Al suo secondo weekend, infatti, il
film segnò un calo dell’81.2%, tra i peggiori nella storia per un
blockbuster. Ciò frenò le stime, riviste poi al ribasso, con il
muro del miliardo che sembrava ormai sempre più lontano. Giunto al
termine della sua corsa, nonostante i molti record stabiliti, il
film si assestò intorno alla cifra complessi di circa
873 milioni di dollari. Negli Stati Uniti il film giunse
infatti a guadagnare poco più di 330 milioni, mentre nel resto del
mondo raggiunse oltre 542 milioni. Pur rientrando così dei
costi e portando un buon profitto alla Warner Bros, il film
lasciò la sensazione che le sue possibilità fossero state in fin
dei conti ridotte dal mancato riscontro positivo di critica e
pubblico.
Batman v Superman: il
sequel e la versione estesa
Anche se il titolo non aveva
entusiasmato come ci si aspettava, la major mise subito in cantiere
il suo sequel diretto. Il film Justice League, arrivato nei cinema di
tutto il mondo nel 2017, riprese la narrazione da lì dove l’aveva
interrotta Batman v Superman. Si ampliò così
ulteriormente quanto appena accennato nel precedente film. Anche
questo nuovo capitolo del DC Extended Universe, tuttavia, venne
accolto in maniera particolarmente contrastante. I problemi
riscontrati nel corso della produzione, inoltre, fecero assumere al
film una forma ben diverse da quella inizialmente prevista. A
distanza di anni, è infine stata annunciata la tanto richiesta
Snyder’s
Cut, che promette di ridare forma alle idee iniziali del
regista.
Anche Batman v Superman, a
sua volta, venne riproposto attraverso quella che è stata chiamata
la UltimateEdition. Questa presenta infatti la versione originale
della pellicola che Snyder desiderava venisse proiettata nelle
sale. Questa presenta diverse
scene tagliate per motivi di minutaggio, per un totale di oltre 30
minuti in più rispetto alla versione cinematografica. Questa
nuova edizione del film ha riscontrato pareri particolarmente più
positivi da parte della critica e dei fan. Molti dei buchi
narrativi sono infatti stati riparati, e alcuni spettatori decisero
anche di scusarsi per aver criticato il film. Tra le maggiori
differenze si indicano un nuovo montaggio della scena introduttiva
e un ampliamento della scena girata in Africa. Inoltre, una serie
di personaggi vengono reintrodotti, rendendo più chiari alcuni
risvolti del film.
Batman v Superman: il
trailer e dove vedere il film in streaming
Per gli amanti del film, o per chi
volesse vederlo per la prima volta, è possibile fruirne grazie alla
sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Batman v Superman: Dawn of
Justice è infatti presente nel catalogo di
Rakuten TV, Google Play, Apple TV, Prime Video e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
giovedì 9 novembre alle ore 21:00
sul canale 20 Mediaset.
Grazie al successo di Harry
Potter al cinema, ha sempre più preso vita una fortunata
stagione di saghe cinematografiche ispirate a celebri romanzi per
ragazzi, ambientati prevalentemente in futuri distopici. Con
Hunger
Games si ha a che fare con il titolo di maggior
successo tra questi, ed anche con uno dei pochi che è riuscito a
completare la propria avventura cinematografica. Molto spesso,
infatti, nel passaggio dalla carta allo schermo tali produzioni non
hanno riscontrato il favore di pubblico sperato. Ma non è questo il
caso di Hunger Games, e l’ennesima conferma a riguardo è
arrivata anche grazie alla prima parte del suo finale:
Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte
1 (qui la recensione), arrivato in
sala nel 2014.
Scritto nel 2008 da Suzanne
Collins, il primo volume della saga ha ottenuto un
successo tale da rendere inevitabile una sua trasposizione
cinematografica. Questa, uscita al cinema nel 2012, non ha però
solo dato vita ad uno dei principali romanzi del genere distopico,
ma ha anche ad un vero e proprio filone cinematografico composto da
titoli come Maze Runner e
Divergent. L’esplorazione
di tematiche giovanili, come anche l’approcciarsi dei protagonisti,
poco più che adolescenti, ad un mondo particolarmente ostile, sono
infatti tematiche particolarmente sentite, che non hanno mancato di
trovare milioni di spettatori appassionati.
A fronte di un budget maggiore
rispetto ai precedenti, attestato intorno ai 130 milioni di
dollari, questo terzo film è arrivato a guadagnarne ben 755 in
tutto il mondo, confermando il grande interesse nei confronti della
saga, conclusasi l’anno successivo con Hunger Games: Il canto della
rivolta – Parte 2 . Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alle differenze tra il romanzo e il
film. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il titolo nel
proprio catalogo.
Hunger Games: Il canto della
rivolta – Parte 1: la trama del film
Il terzo film si apre su
Katniss Everdeen in visita al distretto 13, che
sopravvive segretamente sotto terra da diversi anni. Il capo della
ribellione Plutarch Havensbee e la presidentessa
Alma Coin vorrebbero che Katniss diventasse il
simbolo della rivolta contro il Presidente Snow.
Per convincere la ragazza ad unirsi alla lotta, Plutarch le mostra
la devastazione che Capital City ha prodotto nel suo vecchio
distretto. Quella stessa sera, comprende ulteriormente la gravità
della situazione nel momento in cui scopre che
Peeta è stato plagiato dai suoi nemici. La giovane
accetta dunque di guidare la rivolta. Quando i rivoltosi
distruggono la diga e Capital City viene inondata, Peeta appare
nuovamente sullo schermo, e con recuperata lucidità rivela che il
distretto 13 sta per essere bombardato. Katniss sta per
riabbracciare l’amico, ma non può immaginare quanto le torture
abbiano cambiato il ragazzo.
Hunger Games: Il canto della
rivolta – Parte 1: il cast del film
Per il ruolo della guerriera Katniss
sono state sottoposte ad un provino alcune tra le più note giovani
attrici di Hollywood, ma il ruolo venne infine vinto da Jennifer
Lawrence, la quale risultò da subito la scelta giusta
per il regista, impressionato dalle sue qualità. L’attrice,
tuttavia, intimorita dalla grandezza del progetto, impiego diversi
giorni prima di capire se accettare o meno la parte. Il suo timore
più grande riguardava il modo in cui un ruolo del genere avrebbe
potuto cambiare la sua carriera e l’intera sua vita. Tuttavia,
attratta dalla personalità e dallo spirito combattivo del
personaggio, finì con l’accettare. Per il ruolo di Peeta fu invece
scelto l’attore Josh
Hutcherson, il quale si trovò a dover attuare radicali
trasformazioni della sua persona. All’attore venne infatti
richiesto di tingersi i capelli di biondo per ricoprire il
personaggio, come anche di guadagnare circa 7 chili di muscoli per
acquisire il fisico robusto descritto per il personaggio nel libro.
Liam Hemsworth
ricopre il ruolo di Gale, amico di lunga data della
protagonista.
Stanley Tucci è
invece il volto di Caesar Flickerman, il presuntuoso presentatore
degli Hunger Games. A ricoprire il ruolo del malvagio presidente
Snow è invece Donald
Sutherland. Questi ha dichiarato di essere rimasto
affascinato dai richiami politici presenti nella sceneggiatura, da
lui giudicati particolarmente attuali e urgenti. Per tale motivo,
decise di accettare la parte. Woody Harrelson
accettò invece il ruolo di Haymitch Abernathy poiché attratto dai
taciuti traumi di questo, trovandolo pertanto un personaggio
particolarmente intrigante. Elizabeth
Banks, infine, è la presentatrice degli Hunger Games.
Il suo personaggio si è affermato nell’immaginario degli
spettatori, grazie anche alla cura che l’attrice ha riposto tanto
nella caratterizzazione quanto dei suoi suggerimenti sul look. Si
aggiungono poi al film gli attori Philip Seymour
Hoffman nei panni di Plutarch, e Julianne Moore in
quelli di Alma Coin.
Hunger Games: Il canto della
rivolta – Parte 1: le differenze tra il romanzo e il film
Nell’adattare il romanzo, la
produzione si è assicurata di non allontanarsi troppo dal materiale
di partenza, curando di dar vita ad una trasposizione quanto più
fedele possibile. Le differenze, che inevitabilmente vi sono,
riguardano infatti prevalentemente dettagli o aspetti secondari. In
particolare, una di queste si ritrova nell’inizio del film. Questo
si apre con Katniss accovacciata in un corridoio del Distretto 13,
colta da un attacco di panico. Ciò ha permesso di mostrare da
subito la sua vulnerabilità, che non si ritrova invece nel romanzo.
L’incipit di questo vede infatti la protagonista recarsi
direttamente nel Distretto 12. Lievi cambiamenti vi sono anche nel
momento in cui Katniss sta per indossare i panni della ghiandaia
imitatrice. Nel romanzo quest’ultima accetta ponendo però una serie
di condizioni. Di queste, nel film sono citate solo l’immunità per
i vincitori degli Hunger Games e la possibilità per sua sorella di
tenere il proprio gatto.
Un’interessante differenza si
ritrova anche nella scena in cui Katniss riceve un nuovo arco. Nel
romanzo, quest’ultimo presenta una serie di particolarità, tra cui
un mirino e la capacità di riconoscere la voce della propria
padrone. Ciò non trova però spazio nel film, dove l’arco non sembra
avere particolarità, risultando così più realistico. In questo film
si ritrova poi l’aggiunta di un personaggio non esistente nella
saga. Si tratta di Antonius, ministro del presidente Snow, qui
inserito per circondare ulteriormente il principale antagonista di
ulteriori alleati. E proprio riguardo a Snow si ritrovano diverse
differenze. Nel film sono infatti presenti diverse scene in cui
questi si consulta con i suoi ministri, dialoghi non presenti nel
romanzo. Un’ultima aggiunta rispetto a questo è anche il
video-messaggio che Katniss invia a Snow nel tentativo di distrarlo
prima dell’attacco finale.
Hunger Games: Il canto della
rivolta – Parte 1: il trailer e dove vedere il film in
streaming e in TV
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete.Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte
1 è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten TV, Google Play, Infinity+, Apple
iTunes, Prime Video, Now e
Netflix. Per vederlo, in base alla
piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo
film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda
visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il
titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale,
entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre
trasmesso in televisione il giorno giovedì 9
novembre alle ore 21:15 sul canale
Italia 2.
Disney+ ha annunciato American
Horror Story: Delicate, il nuovo capitolo della serie
franchise di successo che debutterà in Italia il 29 novembre sulla
piattaforma streaming. I cinque episodi della prima parte della
nuova stagione arriveranno a cadenza settimanale.
American Horror Story è una serie
horror antologica creata e prodotta da Ryan
Murphy e Brad Falchuk. Dal 2011, i creatori hanno ridefinito il
genere horror con stagioni che hanno avuto al centro un manicomio
inquietante, una congrega di streghe, un freak show itinerante, un
hotel infestato e persino l’apocalisse. La serie televisiva ha dato
vita a una moltitudine di fan sfegatati che aspettano con ansia le
storie e i terrori del capitolo successivo. Vincitrice di numerosi
premi Emmy® e Golden Globe®, American Horror Storyè stata
pioniera del formato moderno delle miniserie ed è lo show con
episodi da un’ora più longevo nella storia di FX, con 11 stagioni
all’attivo e con un rinnovo confermato fino alla tredicesima.
Murphy, Falchuk, Halley Feiffer, Alexis Martin Woodall, John J.
Gray e Scott Robertson sono i produttori esecutivi.
American Horror Story è prodotta da 20th
Television.
Un efficace sistema di parental control assicura che
Disney+ rimanga un’esperienza
di visione adatta a tutti i membri della famiglia. Oltre al
“Profilo Bambini” già presente sulla piattaforma, gli abbonati
possono impostare dei limiti di accesso ai contenuti per un
pubblico più adulto e creare profili con accesso tramite PIN, per
garantire massima tranquillità ai genitori.
Alla premiere di The Marvels, Feige ha rilasciato una
breve intervista con Entertainment Tonight
Durante questa intervista, al presidente è stato chiesto di
un recente rapporto secondo cui i Marvel
Studios stavano valutando la possibilità di
realizzare un film con protagonisti gli Avengers
originali, inclusi Robert Downey
Jr.e Scarlett
Johansson, i cui personaggi caduti sarebbero dovuti
però tornare in vita.
Kevin Feige ha dichiarato di non aver sentito
le voci secondo cui i due acclamati attori e i loro personaggi
avrebbero fatto un ritorno nel MCU, ma che la Marvel sta
realizzando un progetto che Scarlett Johansson sta producendo.
“Il ritorno dei Vendicatori
Caduti, è una novità? Non l’ho letteralmente nemmeno letto, è
una nuova voce”, ha chiesto Kevin Feige . “Non ne abbiamo parlato al
ritiro, è la verità. Stiamo realizzando un progetto con
Scarlett. Adoro Robert, che è parte della famiglia. Per
quanto riguarda il ritorno, vedremo”.
Il film più recente del MCU
è The
Marvels, che esce al cinema proprio oggi in
Italia. Nel film Marvel StudiosThe
Marvels, Carol Danvers alias Captain
Marvel deve farsi
carico del peso di un universo destabilizzato. Quando i suoi
compiti la portano in un wormhole anomalo collegato a un
rivoluzionario Kree, i suoi poteri si intrecciano con quelli della
sua super fan di Jersey City Kamala Khan, alias Ms. Marvel, e con quelli
della nipote di Carol, il capitano Monica Rambeau, diventata ora
un’astronauta S.A.B.E.R.. Insieme, questo improbabile trio deve
fare squadra e imparare a lavorare in sinergia per salvare
l’universo come “The Marvels”.
Tutto ciò che sappiamo su The
Marvels
The
Marvels, il sequel con protagonista il premio
Oscar Brie
Larson, sarà sceneggiato da Megan McDonnell,
sceneggiatrice dell’acclamata serie WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: il sequel,
infatti, sarà diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman.
Nel cast ci saranno anche Iman Vellani(Ms.
Marvel) e Teyonah Parris (Monica
Rambeau, già apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreterà il villain principale.
Il cinquantesimo film di
Woody Allen è ambientato a Parigi e girato per la
prima volta in francese. Un thriller romantico con protagonisti
Lou De Laâge, Niels Schneider, Valérie
Lemercier e Melvil Poupaud.
Coup de Chance parla
dell’importante ruolo che il caso e la fortuna giocano nelle nostre
vite. Fanny e Jean sembrano la coppia di sposi ideale: sono
entrambi realizzati professionalmente, vivono in un meraviglioso
appartamento in un quartiere esclusivo di Parigi, e sembrano
innamorati come la prima volta che si sono incontrati.
Ma quando Fanny s’imbatte
accidentalmente in Alain, un ex compagno di liceo, perde la testa.
Presto si rivedono e diventano sempre più intimi…
Stefano
“S3Keno” Piccoli, direttore di Arf! Festival del
Fumetto di Roma, è stato eletto nuovo
Presidente di RIFF • Rete Italiana Festival di
Fumetto.
La nomina è stata
decisa con votazione unanime a Lucca Comics &
Games, durante l’annuale Assemblea Nazionale di
RIFF, l’associazione di categoria fondata nel 2020 da ARF!
Festival, Comicon, Etna Comics, Treviso Comic Book Festival e la
stessa Lucca C&G e che negli anni ha raggiunto la quota di 40
soci. Durante lo svolgimento della stessa Assemblea, sono
inoltre entrate a far parte della rete dei festival cinque nuove
manifestazioni: Albissola
Comics (Albissola Marina), Messina
Con (Messina), il Piccolo Festival
dell’Animazione (San Vito al Tagliamento, PN)
il Piccolo Festival del
Fumetto (Cremona) e il Paw Chew Go
Festival (Milano), a cui tutti i 35 Festival già
associati danno il loro benvenuto!
Stefano Piccoli
succede a Claudio Curcio, al vertice della Rete
nel primo triennio di vita RIFF giunge quindi a 40 Festival
associati che – nella loro eterogeneità – esprimono a tutto tondo
il linguaggio del Fumetto e delle culture pop, oltre che promuovere
e valorizzare le eccellenze creative e le ricchezze artistiche e
culturali dei propri territori, operando da nord a sud in ogni
regione d’Italia!
“Ringrazio i
festival soci per la fiducia accordatami e ringrazio infinitamente
Claudio Curcio per il lavoro svolto sinora: in pochissimi anni,
tre, abbiamo realizzato davvero tanto” èil
primo commento del neo presidente Stefano
Piccoli. “Sono pronto a lavorare in continuità e a
riprendere in mano tutte le sfide che ci attendono, dal dialogo col
Ministero per il rilancio dei bandi e occasioni di finanziamento,
oltre alla promozione degli eventi che fanno parte della Rete. I
40 associati di RIFF, nella loro eterogeneità,
esprimono a tutto tondo il linguaggio del Fumetto e delle culture
pop, oltre a promuovere e valorizzare le eccellenze creative e le
ricchezze artistiche e culturali dei propri territori, operando da
nord a sud in ogni regione d’Italia! Ancora una volta i festival
vogliono essere gli alfieri della filiera fumettistica italiana,
dialogando con enti, associazioni, editori, autori, addetti ai
lavori e soprattutto… il pubblico”.
RIFF – Rete
Italiana Festival di Fumetto conta 40 associati ed è attualmente
composta da: ARF!
Festival (Roma), Comicon (Napoli/Bergamo), Etna
Comics (Catania), Lucca Comics &
Games(Lucca), Treviso Comic Book
Festival TCBF (Treviso) – soci fondatori – e
poi Ad occhi aperti (Bologna), il nuovo
format che sostituisce lo storico BilBolBul
Festival, Albissola Comics (Albissola Marina,
SV), ALEcomics (Alessandria),
ArtMaySound (Bolzano), B-Geek
(Bari), Balloon (Policoro,
MT), Be Comics! (Padova),
Bergomix (Bergamo), Betty
B (Savignano sul Panaro, MO), Cesena
Comics & Stories (Cesena), San Donà
Fumetto (San Donà di Piave,
VE), Lanciano nel Fumetto (Lanciano, CH),
Le Strade del
Paesaggio (Cosenza), Festival del
Nerd (Foggia), Lucca
Collezionando (Lucca), Ludicomix (Empoli), Messina
Con (Messina) Palermo Comic
Convention (Palermo), Paw Chew
Go (Milano), Paff! (Modena), Pescara
Comix & Games (Pescara), Piccolo
Festival Animazione (San Vito al Tagliamento,
PN), Porte Aperte
Festival (Cremona), Piccolo Festival del
Fumetto (Cremona) Prato Comics +
Play (Prato), Rapalloonia! (Rapallo,
GE), Rovigo
Comics (Rovigo), San Beach
Comix (San Benedetto del Tronto,
AP), San Marino Comics (San Marino),
Smack! (Genova), Tiferno
Comics (Città di Castello, PG), Trapani
Comix (Trapani),Varchi
Comics (Montevarchi. AR), Venezia
Comics (Venezia) e Vitercomix (Viterbo).
Disney+ ha diffuso il trailer
per l’atteso finale della seconda stagione di Loki,
la serie di successo targata Marvel Studios che vede
Tom Hiddleston nei panni del Dio
dell’inganno.
Tom Hiddleston è tornato nel ruolo del dio del
male nella seconda stagione di Loki,
insieme alle star della prima stagione come
Owen Wilson, Gugu Mbatha-Raw, Sophia Di Martino, Tara Strong e
la nuova aggiunta Ke Huy Quan.
Eric Martin è il capo sceneggiatore e
produttore esecutivo della seconda stagione. Hiddleston è anche
produttore esecutivo insieme al capo dei Marvel Studios Kevin Feige e Stephen Broussard, Louis
D’Esposito, Victoria Alonso, Brad Winderbaum, Kevin R. Wright,
Justin Benson e Aaron Moorhead e Michael Waldron. Trevor
Waterson è co-produttore esecutivo. Benson & Moorhead, Dan
Deleeuw e Kasra Farahani sono stati i registi della stagione. I
nuovi episodi di Loki
debuttano giovedì alle 21:00 ET/18:00 PT su Disney+.
Apple
TV+ ha presentato il primo teaser dell’attesissima
serie limitata in nove episodi Masters
of the Air, creata dai produttori esecutivi
Steven Spielberg,
Tom Hanks e Gary Goetzman e scritta da John Orloff.
Interpretata da un cast stellare guidato dal candidato all’Oscar
Austin Butler, Callum Turner, Anthony Boyle,
Nate Mann, Rafferty Law, il candidato all’Oscar
Barry Keoghan, Josiah Cross, Branden Cook e Ncuti
Gatwa, Masters
of the Air farà il suo debutto su Apple
TV+ il 26 gennaio 2024 con i primi due episodi, seguiti da un
nuovo episodio ogni venerdì, fino al 15 marzo.
Basata sull’omonimo libro di Donald
L. Miller e sceneggiato da John Orloff, Masters
of the Air segue gli uomini del 100° Gruppo
Bombardieri (il “Bloody Hundredth”) alle prese con pericolosi raid
di bombardamento sulla Germania nazista in condizioni proibitive,
dovute al gelo, alla mancanza di ossigeno e al terrore di un
combattimento condotto a 25.000 piedi di altezza. La
rappresentazione del prezzo psicologico ed emotivo pagato da questi
giovani uomini che hanno contribuito a distruggere l’orrore del
Terzo Reich di Hitler è al centro della storia di “Masters of the
Air”. Alcuni furono abbattuti e catturati; altri furono feriti o
uccisi. Altri ancora ebbero la fortuna di tornare a casa.
Indipendentemente dal destino individuale, tutti hanno ricevuto un
tributo.
Spaziando dai campi e villaggi bucolici del sud-est
dell’Inghilterra, alle dure privazioni di un campo di prigionia
tedesco e ritraendo un periodo unico e cruciale della storia
mondiale, Masters
of the Air è un vero e autentico successo
cinematografico sia in termini di scala, che di portata.
Prodotta dagli Apple Studios, “Masters
of the Air è prodotta esecutivamente da Spielberg
attraverso Amblin Television, e da Hanks e Goetzman per conto di
Playtone. Darryl Frank e Justin Falvey della Amblin Television sono
co-produttori esecutivi insieme a Steven Shareshian della Playtone.
Oltre a scrivere, Orloff è co-produttore esecutivo. Anche Graham
Yost è produttore esecutivo della serie. Anna Boden, Ryan Fleck,
Cary Joji Fukunaga, Dee Rees e Tim Van Patten si alternano alla
regia.
A tre anni di distanza da
Proxima, Alice Winocour
torna nei cinema con Riabbracciare
Parigi, un nuovo ritratto di donna, quello di Mia,
vittima di un attentato terroristico, che si aggira per Parigi come
un fantasma, alla ricerca di una memoria sepolta e insondabile. Un
vero e proprio film di fantasmi, quanto un pellegrinaggio interiore
verso la luce. Scritto in collaborazione con il documentarista
Jean-Stéphane Bron, Riabbracciare
Parigi, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs
2022, si basa sull’esperienza del fratello della regista,
presente al Bataclan la sera del 13 novembre 2015. Il film arriva
nelle sale italiane dal 9 novembre, distribuito da Movies Inspired.
Riabbracciare Parigi, la
trama
L’attacco terroristico raccontato
dal film avviene in una grande brasserie parigina dove
Mia (Virginie Efira) è approdata
per caso in attesa di un temporale. Tre mesi dopo la tragedia, la
sua memoria è un buco nero. All’inizio esitante, si impegna a
dissipare l’opacità del trauma. Poi, quando i primi fantasmi e
flash le tornano in mente, deve ricomporre un macabro puzzle di
sensazioni e suoni. Questa traduttrice professionista è costretta a
interpretare i segnali del suo caos mentale.
Attraverso un’associazione di
vittime che ogni lunedì organizza visite alla birreria per i
sopravvissuti e i parenti dei morti, Mia confronta i propri ricordi
frammentati con i punti di vista altrettanto sconnessi delle altre
persone presenti quella sera. Il confronto è a volte violento:
accecati dalla loro sofferenza, alcuni di loro le impongono
testimonianze che lei non può o non vuole accettare. Altri, come
Thomas, affetto da ipermnesia e da una gamba
gravemente ferita, preferirebbero aver dimenticato tutto piuttosto
che essere legati alla sua memoria. Félicia,
invece, cerca disperatamente di afferrare un briciolo dell’ultimo
respiro dei suoi genitori, esalato nel bel mezzo della cena. Di
cosa stavano parlando poco prima di morire?
(Ri)scoprire una città e il proprio
cuore
Per Mia, rivedere
Parigi significa anche cambiare obiettivo, fare un bilancio della
vita che conduceva prima. Concentrandosi sull’ossessione di
ritrovare l’uomo che le ha tenuto la mano la notte della tragedia,
Alice Winocour mostra l’importanza cruciale della
collettività nella ricostruzione: la necessità per le vittime di
riunirsi, per condividere il trauma e alleggerire il carico, ma
anche, e soprattutto, per assicurarsi che lo sconosciuto di cui
hanno incontrato lo sguardo terrorizzato sia sopravvissuto. Il
movimento del film Riabbracciare Parigi,
prima centrato su Mia, poi sempre più corale,
abbraccia questo ritorno salvifico verso gli altri.
Rivisitare Parigi, ritrovarla,
rivederla, ma anche ricordarla: sono queste le premesse del quarto
lungometraggio di Alice Winocour, che si presenta
come una testimonianza, un tributo e un’opera catartica per tutti
coloro che hanno vissuto l’orrore e l’indicibile. La regista è
attenta a non porre alcun segno temporale: vuole toccare una sorta
di universalità nel dolore e nella ricostruzione, ed è attraverso
il personaggio di Mia, una traduttrice russa per
la radio francese, che riuscirà a raggiungere questo obiettivo.
Mia, un fantasma parigino
Mia attraversa la
capitale con la sua moto, come un fantasma che emerge nell’oscurità
della notte, lottando per sopravvivere. Tutto sembra diventare un
simulacro in cui lei non è altro che un’apparizione, una figura
fantasma di cui nessuno si accorge, un morto vivente che si evolve
in questo inenarrabile mezzo, al confine con l’aldilà. Virginie Efira si dimostra ancora
una volta magnifica, confermando il suo immenso talento nel
muoversi tra diversi registri e trascinando lo spettatore in un
unico flusso di coscienza, il tutto magistralmente orchestrato da
Anna von Hausswolff, la cui colonna sonora serve
solo a sublimare il viaggio di Mia verso la
luce.
Alice Winocour
prende come punto di partenza di Riabbracciare
Parigi un attentato in una brasserie e racconta la
complessa ricostruzione dei sopravvissuti attraverso gli occhi di
due di loro. Mia, che ha perso la memoria di quella sera al punto
da credere alla donna che la accusa di essersi chiusa nei bagni,
impedendo agli altri di entrare e proteggendosi dai terroristi, e
Thomas (Benoît Magimal), che
ricorda tutto ma continua a soffrire nel suo corpo a distanza di
mesi. Winocour (ri)dà voce e corpo a traumi che sono diventati
molto di più – un fatto sociale, una questione politica – in
un’opera tanto straziante quanto dignitosa e potentemente organica
(notevole il lavoro sul suono), in cui la finzione incontra la
società, raccontando l’amore tra i due sopravvissuti come filo
rosso della loro resilienza.
Un caos disincantato
Con
Maryland e Proxima, un thriller e un
dramma sullo sfondo dell’esplorazione spaziale, la regista aveva
raccontato mondi molto lontani dal mainstream della produzione
francese. Nella sua nuova fatica ritroviamo questa sensazione di
sradicamento disincantato. A tratti naturalistico, a tratti
estremamente stilizzato, il film si preoccupa solo di tradurre il
flusso di pensieri e i sentimenti a volte caotici della sua
protagonista.
Per raggiungere questo obiettivo, la
regista fa riferimento di continuo alla “sua” attrice, la cui
interpretazione è ancora una volta ammirevole. Tuttavia,
Efira deve anche fare i conti con le debolezze di
una sceneggiatura che a tratti si perde. In effetti, il personaggio
di Mia conferisce una sensibilità così tenera al contesto in
genere, che l’arco che la vede indagare sull’identità di una
vittima, estremamente maldestro, viene rapidamente messo in ombra
dalla potenza evocativa dell’insieme.
Avvicinandosi a un’eroina complessa
in modo da non dimenticare nessuna delle sue sfaccettature, e
abbracciando le più fragili, il film si identifica come uno
specchio in frantumi, i cui frammenti non sono tutti ugualmente
riflettenti. Resta il fatto che, nonostante una sottotrama dal tono
un po’ paternalistico e un candore che sfiora l’ingenuità
prefabbricata, il viaggio di Mia contiene
abbastanza speranza irrefragabile da tenerci, se non vivi, almeno
sempre sul filo del rasoio.
Lo sciopero della SAG-AFTRA,
dopo 118 giorni, è ufficialmente
terminato. Dopo una lunga battaglia, iniziata a
luglio, gli attori potranno riprendere a lavorare, e l’industria
cinematografica – bloccata a lungo – tornerà a respirare a pieni
polmoni. L’annuncio ha sollevato gli animi di molti, soprattutto
quelli dei fan del MCU, i quali da tempo
aspettano in trepidante attesa alcuni importanti annunci
che la Marvel dovrebbe fare ora che le produzioni dei film
possono ri-attivarsi. Scopriamo quali sono.
Dettagli sugli X-Men nel MCU
I fan del MCU fremono per
sapere come gli
X-Men saranno integrati nell’universo supervisionato da
Kevin Feige. Molti sperano che un annuncio a
riguardo sia fatto subito dopo la fine dello sciopero, con tutti i
dettagli su come i mutanti saranno incorporati. Gli X-Men, in
fondo, sono una delle esclusioni più lampanti del franchise, anche
se in realtà come ben sappiamo si trattava di una questione legata
ai diritti, finalmente tornati ai Marvel Studios – ma solo di
recente. Fra l’altro, la loro introduzione nel Marvel Cinematic Universe è stata uno degli annunci
più attesi. Un primo assaggio del loro arrivo, in ogni caso, è
stato già fornito da una delle scene post-credits di
The Marvels.
Spider-Man 4
Pur non essendo una delle storie di cui il
MCU non può fare a meno, tutti sono legati allo
Spider-Man di
Tom Holland. Ecco perché si aspettano novità in merito a
Spider-Man 4, il cui
progetto deve ancora essere annunciato. L’Uomo Ragno, lo sappiamo
molto bene, è uno degli eroi più amati della Marvel, oltre che uno
di quelli più iconici, e i film precedenti – in cui Peter Parker
era protagonista – sono stati molto apprezzati. Si era già
vociferato di un altro sequel di Spider-Man nel
MCU, quindi si attende solo un annuncio
ufficiale.
La Fase 7
Negli ultimi tempi è circolata una voce
riguardante il fatto che il MCU potrebbe essere
diretto verso un reboot dopo Avengers: Secret Wars. La fine
dello sciopero potrebbe dirci, in maniera ufficiale, se le
speculazioni fin’ora diffuse siano vere oppure no. In realtà,
secondo alcuni, il reboot potrebbe addirittura risolvere molti
problemi che il Marvel Cinematic Universe si è costruito e
trascinato nel tempo senza porvi rimedio. A prescindere da ciò,
quasi sicuramente la Marvel chiarirà questo punto cruciale quando
farà il suo annuncio riguardo le proprie intenzioni per il
franchise nella Fase 7.
Il cast dei Fantastici Quattro
Un’altra storia molto interessante è quella che
ha come protagonisti i Fantastici Quattro, eroi molto attesi nel
MCU. Fra le speculazioni attualmente circolanti,
riguardanti il futuro dell’Universo Marvel, vi è anche quella su
chi farà parte del cast del
prossimo film de Fantastici
Quattro. Con molta probabilità questo sarà uno dei primi
annunci ora che lo sciopero è terminato. In fondo, in precedenza,
tutti hanno fantasticato su alcuni attori perfetti che potevano
ricoprire il ruolo di Mister Fantastic, la Donna Invisibile, la
Torcia Umana e la Cosa, e ora giustamente fremono per avere
un’ufficialità.
Novità sulla produzione di Blade
In questi giorni sono state rivelati alcuni
interessanti dettagli sul film Blade; si è
infatti scoperto da poco che sarà la seconda pellicola Marvel
vietata ai minori dopo Deadpool
3. Seppur, dunque, alcune cose a riguardo si sappiano, ci
sono ancora molti dettagli che devono essere svelati e confermati
ufficialmente. Per il momento ciò che è certo è la sua data di
uscita, che si conferma essere – dopo la fine dello sciopero che ha
causato molti problemi fra cui ritardi – il 14 febbraio del
2025. L’unica cosa da capire è se riusciranno a
rispettarla, in quanto devono ancora risolvere alcuni problemi nati
in fase di scrittura.
Eternals 2: sarà nella Fase 6 o
7?
Quando nel 2021 uscì Eternals,
in casa “fan della Marvel” non c’era molto entusiasmo. Seppur i
suoi risultati non siano stati catastrofici, il film va purtroppo
inserito fra quelli meno riusciti della
Fase 4 del MCU. Nonostante questo, la storia
ha introdotto una serie di personaggi e narrazioni significative, e
se molti ricordano si è anche conclusa con un cliffhanger, indi per
cui ciò che è stato lasciato in sospeso dovrebbe essere risolto.
Ora che lo sciopero si è concluso, si spera che venga fatto un
annuncio riguardo lo stato del sequel e soprattutto in quale fase
verrà collocato.
Ironheart: quando uscirà?
Passando alle serie Marvel, una di quelle più
attese è Ironheart,
la cui data d’uscita è ancora prevista per il 2024. Nonostante sia
stato fissato l’anno, non è detto che resti ufficiale, poiché
bisogna capire quanto lo show sia stato influenzato dallo sciopero.
Si attende perciò di avere conferma sul suo debutto e sul suo stato
generale. Intanto, Riri Williams, come noto, è stata introdotta nel
MCU con Black Panther: Wakanda
Forever.
Novità su Daredevil: Born Again
Continuiamo con le serie MCU, e
passiamo a Daredevil: Born Again, un
altro progetto molto atteso che segnerà la prima uscita ufficiale
da solista di Charlie Cox come l’uomo senza paura.
Molti non vedono l’ora di vedere lo show in quanto, con molta
probabilità, risponderà a tante domande scottanti sul canone del
MCU e sul tono generale di Daredevil nell’Universo
Marvel. Ora che lo sciopero si è concluso, una data di uscita
ufficiale potrebbe essere uno dei primi annunci che si faranno.
Armor Wars
Già dalla
Fase 1 del MCU si era cominciato a parlare di
Armor Wars, un progetto che
però per diversi anni non ha mai visto la luce. Fin’ora. All’inizio
la storia era stata pensata per un formato seriale, salvo poi
trasformarsi in un film. Intanto, con lo sciopero degli attori la
Marvel potrebbe fare chiarezza su questo punto, e poi rivelare
alcuni dettagli, i quali potrebbero spiegare meglio la storia, i
personaggi e il contesto generale del franchise. Il film, come
noto, dovrebbe muoversi a partire dagli eventi di Secret
Invasion, nel quale il capitano Rhodes è rimasto
coinvolto.
Altri annunci di casting
Per quanto riguarda annunci di casting, ad
essere atteso non è solo quello dei Fantastici
Quattro, ma ci sono molte altre decisioni che il
MCU deve ancora prendere. La fine dello sciopero
potrebbe – finalmente – rivelare quali sono gli attori che
interpreteranno personaggi chiave della Marvel come per esempio il
Dottor Destino, Galactus,
Mefisto e potenziali varianti di personaggi
esistenti o di ritorno in Avengers: Secret Wars.
Il tanto atteso Inside Out
2 ha finalmente un teaser trailer ufficiale. Si
tratta del sequel del film Inside Out del 2015,
che raccontava l’esperienza interiore dell’undicenne Riley sotto
forma di un’avventura all’interno della sua mente condotta dalle
sue emozioni Gioia e Tristezza, ma anche Rabbia, Invidia e Paura.
Il film ha avuto un enorme successo al botteghino, guadagnando 858
milioni di dollari e diventando il settimo film di maggior incasso
dell’anno in tutto il mondo, vincendo infine l’Oscar per il miglior
film d’animazione.
Dopo l’annuncio ufficiale di un
sequel nel 2022, la Pixar ha ora svelato il teaser trailer del
film, con sette mesi di anticipo rispetto alla data di uscita
ufficiale di Inside Out 2. Mentre il trailer si apre su una scena
bucolica, capiamo di trovarci al momento del tredicesimo compleanno
di Riley, ormai dunque una vera e propria adolescente. Questa nuova
fase della vita della ragazza provoca una completa riprogettazione
della sala di controllo, nonché l’arrivo di un’emozione arancione
chiamata Ansia, la quale però anticipa l’esistenza
di numerose nuove emozioni in arrivo.
La Pixar ha anche svelato un nuovo
poster del film che anticipa ulteriormente – ma senza svelarli – i
nuovi personaggi:
Inside Out 2: tutto
quello che sappiamo sul film
Di Inside Out
2 sappiamo che alla regia ci sarà Kelsey
Mann, che subentra dunque a Pete
Docter, regista del primo film, mentre della sceneggiatura
si occuperà Meg LeFauve. Il film è inoltre atteso
in sala per il giugno2024. Il
film originale vedeva Amy Poehler nei panni di
Gioia, Phyllis Smith nei panni di Tristezza,
Bill Hader nei panni di Paura, Lewis
Black nei panni di Rabbia, Mindy Kaling
nei panni di Disgusto Al momento non è noto se tutti gli attori del
primo film torneranno a doppiare gli iconici personaggi. Hader e la
Kaling sembra infatti che non riprenderanno i loro ruoli di Paura e
Disgusto, apparentemente per mancati accordi di natura
economica.
Dopo solo alcuni mesi dalla seconda
stagione, arriva su Netflix il terzo, e sembrerebbe
ultimo, capitolo della serie turca Il
Sarto. La storia ha avuto il suo debutto il 2 maggio
scorso con i suoi
primi sette episodi, per poi continuare il 28 luglio con una
seconda stagione. Il sarto 3 è invece formato da altri 8
episodi, la cui lunghezza è di circa 40 minuti l’uno. Il cast,
diretto dal regista Cem Karcı, è formato da figure
note prevalentemente nel panorama cinematografico nazionale.
Çağatay
Ulusoy interpreta il protagonista Peyami Dokumaci,
mentre Şifanur Gül è nel ruolo di Esvet e
Salih Bademci è nei panni di Dimitri.
La trama di Il sarto: un
amore proibito
Le vicende di tutta la serie
Il sarto ruotano attorno alle tre figure
di Peyami, stilista e sarto di alta moda,
Dimitri, ricco giovane la cui famiglia detiene la
società per cui Peyami lavora, ed Esvet (nota
nella prima stagione sotto il falso nome di Firuse), moglie di
Dimitri ma innamorata di Peyami. Mentre la seconda stagione è più
incentrata sul giovane sarto e della sua rinascita dopo un periodo
di lutti e dolore, insieme all’entrata in scena di alcune figure
chiave come Kiraz, la terza stagione si concentra
maggiormente sull’amore impossibile tra Esvet e Peyami. Per quanto
la giovane provi a respingere il suo innamorato a favore del
marito, i sentimenti non accennano a svanire.
La terza stagione si apre con il
ritorno di Peyami da un lungo viaggio di lavoro presso i grandi
atelier del suo brand nel mondo. Tornato a Istanbul, scopre che
Dimitri ed Esvet partiranno a giorni per New York per stabilirsi li
per sempre. Mustafa e Kiraz riusciranno a
trattenere con una scusa la coppia qualche giorno in più, dando a
Peyami la possibilità di dimostrare un’ultima volta il suo amore ad
Esvet ed a convincerla a scegliere lui, contrastando l’ira di
Dimitri.
Fin dal primo episodio della nuova
stagione de Il sarto, la storia d’amore
impossibile tra Esvet e Peyami viene presentata come una fiaba. Lo
stilista, infatti, di ritorno dal suo lungo viaggio, porta con sé
un dono che gli è stato fatto: si tratta di un imponente orologio a
pendolo. La leggenda narra che questo appartenesse ad una duchessa,
innamorata di un uomo ma promessa in sposa ad un altro e che il
pendolo avrebbe continuato ad oscillare fin quanto il loro amore
impossibile sarebbe stato vivo.
Il paragone con Esvet e Peyami è
ovvio ed infatti l’orologio viene mostrato anche a seguire in
momenti importanti per il loro rapporto: nel momento in cui i due
si rivedono, quando Esvet sta partendo con Dimitri per l’America.
Il parallelismo con altre storie viene mantenuto anche nel volgersi
verso la fine delle vicende, nel settimo episodio: il paragone in
questo caso viene fatto con il tradimento di Giuda a Gesù.
Dimitri: un moderno antieroe
Dimitri è una figura focale ne
Il sarto: presentato come un uomo violento,
eccentrico e possessivo, con il susseguirsi degli episodi risulterà
essere molto di più. Si scoprirà, infatti, quanto molta della
cattiveria di Dimitri dipenda dall’opprimente rapporto con il padre
Ari. Quest’ultimo tratta da sempre il proprio figlio in maniera
troppo dura, ottenendo in risposta solamente disprezzo e ribellione
da parte di Dimitri fin dall’infanzia.
Da adulto però, egli è fortemente
influenzato dal comportamento paterno, tanto da interiorizzare
parte di quell’odio e sprigionarlo in possessività e violenza
domestica contro Esvet all’inizio. In questa terza stagione vediamo
all’inizio un Dimitri più tranquillo, che cerca di ottenere amore
dalla propria moglie; questo stato d’animo si modifica con
l’insinuarsi nuovamente di dubbi su una relazione tra Esvet e
Peyami, insinuatigli proprio dal padre.
Se in questa stagione, soprattutto
negli ultimi episodi, si può notare una crescita di Dimitri, lo
stesso non si può dire di Peyami ed Esvet. Questi, infatti, hanno
dimostrato un certo carattere rispettivamente nella seconda e prima
stagione: Peyami ha il coraggio di scrollarsi ogni dolore e
ripartire, mentre all’inizio della serie Esvet dimostra grande
coraggio nel prendere la propria vita in mano e cercare di fuggire
da Dimitri prima del matrimonio.
In questa terza stagione invece
Peyami non riesce neanche a trovare il coraggio di affrontare il
suo più caro amico rivelandogli i sentimenti ricambiati che provava
per la moglie: cosa che comunque aveva già confessato nella
precedente stagione. Esvet, dopo essersi rassegnata al matrimonio
con Dimitri, sembra essersi abbandonata agli avvenimenti, ed
aspetta soltanto di essere salvata da Peyami, a riprova del forte
sentimento d’amore che caratterizza tutta la nuova stagione.
La 41esima edizione del
Torino Film Festival si svolgerà dal 24 novembre
al 2 dicembre sotto l’egida del Museo Nazionale del Cinema –
presieduto da Enzo Ghigo e diretto da Domenico De
Gaetano – con la direzione artistica di Steve
Della Casa. Il comitato di selezione, coordinato da Giulio
Sangiorgio, è composto da Claudia Bedogni, Giulio Casadei,
Antonello Catacchio, Massimo Causo, Grazia Paganelli, Giulio
Sangiorgio, Alena Shumakova, Caterina Taricano, Simona Banchi,
insieme a Matteo Pollone, Stefano Boni, David Grieco, Paola Poli e
Luca Beatrice con Luigi Mascheroni.
Nel solco della scorsa edizione,
l’immagine guida è stata affidata nuovamente all’artista di fama
internazionale Ugo Nespolo che declina uno dei più celebri
fotogrammi di Sentieri selvaggi di John Ford in
cui John Wayne tiene tra le braccia Natalie Wood,
celebrando l’omaggio che quest’anno il TFF dedicherà al popolare
attore, vera e propria icona del cinema americano classico. A
conferma della vocazione al dialogo con le eccellenze culturali ed
artistiche del territorio, l’inaugurazione della 41esima edizione
si svolge quest’anno alla Reggia di Venaria che, restituita alla
sua magnificenza barocca, è diventata uno dei siti culturali più
visitati d’Italia. Ospite d’eccezione della serata – in diretta su
Hollywood Party, Rai Radio3 – il maestro Pupi Avati. Madrina della
cerimonia d’apertura Catrinel Marlon.
Si moltiplicano le occasioni di
incontro e dialogo dei protagonisti del cinema con il pubblico,
scelta fortemente voluta dal direttore Steve Della
Casa e tratto identificativo di un festival che coniuga
cultura e spettacolo. Numerosi gli ospiti, da Oliver Stone (che riceverà dal Museo Nazionale
del Cinema il Premio Stella della Mole) a Fabrizio Gifuni, da Christian
Petzold a Caterina Caselli e
Paolo Conte, da Kyle Eastwood a
Drusilla Foer, da Mario Martone a
Barbara Ronchi, da Baloji a Thomas
Cailley, da Roberto Faenza a Laura Morante.
Idee e testimonianze diverse tutte
accomunate dal grande amore per la settima arte. Il festival
presenta quest’anno una selezione estremamente ricca e articolata
che riflette sullo stato delle cose della produzione
cinematografica contemporanea senza gerarchie di sorta, tra cinema
di ricerca e scritture di genere, maestri internazionali e giovani
promesse. Uno spirito che si dispiega nelle diverse sezioni del
festival, da quelle competitive (Concorso Lungometraggi,
Documentario internazionale e italiano, Spazio Italia, Crazies) a
quelle fuori concorso (Nuovimondi, Ritratti e paesaggi, TFLab, Il
gioco della finzione.
Nuovi sguardi argentini).
Uno dei tratti distintivi della selezione è il grande ritorno della
commedia,
popolare e d’autore, in tutte le sue possibili formulazioni:
politica, minimalista, malinconica, metatestuale. L’Italia
si ritaglia uno spazio importante, con la presenza di ospiti
prestigiosi impegnati anche in masterclass, il concorso documentari
italiani ampliato a 10 titoli per festeggiare un’annata
particolarmente ricca, quello dei cortometraggi e dunque del cinema
del futuro e due sottosezioni fuori concorso La prima volta e
Ritratti e paesaggi, rispettivamente dedicate ad alcune tra le più
interessanti opere prime della stagione e ad una serie di
imperdibili documentari per il grande pubblico.
La 41esima edizione del
Torino Film Festival presenta la prima
retrospettiva integrale dedicata a Sergio Citti, che a buon diritto
si inserisce nella tradizione delle grandi retrospettive del TFF.
Per l’occasione sarà pubblicato il volume SERGIO CITTI – La poesia
scellerata del cinema a cura di Matteo Pollone e Caterina Taricano
(coedizione: Centro Sperimentale di Cinematografia – Edizioni
Sabinae). In un’ottica di “sistema” si rinnovano anche quest’anno
le collaborazioni con Film Commission Torino Piemonte,
Torinofilmlab e Torino Film Industry. In occasione della Giornata
Internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre) e della
Giornata Mondiale contro l’AIDS (1 dicembre), il Torino Film
Festival – in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche
Sociali e Pari Opportunità della Città di Torino – dedicherà due
momenti di riflessione a questi temi attraverso gli interventi di
Monica Guerritore, protagonista de I girasoli, film d’esordio alla
regia di Catrinel Marlon,
Madrina del 41TFF, e di Laura Morante, attrice ospite del Festival
con il film Folle d’amore – Alda Merini di Roberto Faenza.
Il Torino Film
Festival ribadisce inoltre il suo impegno rispetto alla
sostenibilità ambientale facendo proprie le buone pratiche indicate
nella Guida Festival Green realizzata dall’AFIC (Associazione
Festival Italiani Cinema). Dieci aree tematiche di intervento –
dalla mobilità ai consumi energetici, passando per la sostenibilità
alimentare e la produzione di un merchandising ecologico e
riciclabile – per rendere un evento cinematografico più
sostenibile.
Sono 181 i film presentati in
Selezione Ufficiale al 41 Torino Film Festival – di cui 128
lungometraggi, 13 mediometraggi, 40 cortometraggi, 59 anteprime
mondiali, 10 anteprime internazionali, 3 anteprime europee e 68
anteprime italiane – selezionati su più di 4000 opere
visionate.
Concorso Lungometraggi
ARTURO A LOS 30 / ABOUT THIRTY di
Martín Shanly (Argentina 2023, DCP, 92′)
Un uomo alle soglie della maturità, un coming of age tardivo, una
commedia irresistibile e inclassificabile, malinconica e
cerebrale.
BIRTH di Jiyoung Yoo (Corea del
Sud, 2023, DCP, 155′) Una gravidanza inattesa spezza l’equilibrio
di una coppia. Memore di Lee Chang-dong, un’analisi spietata di
sentimenti inconfessabili: egoismo, ambizione, disinteresse.
CAMPING DU LAC di Eléonore
Saintagnan (Belgio/Francia, 2023, DCP, 70′) Un campeggio vista lago
come concentrato di miti e leggende. Un elogio del racconto che è
anche parabola ecologica. Trasognato, come un film di Luc
Moullet.
GRACE di Ilya Povolotsky (Russia,
2023, DCP, 119′)
On the road: una incredibile
esperienza sensoriale attraverso le frontiere paesaggistiche,
linguistiche e culturali della Russia contemporanea.
KALAK di Isabella Eklöf (Svezia /
Danimarca, 2023, DCP, 125′) Cosa cela dietro quel sorriso spento,
Jan? Un trauma scioccante da elaborare, una storia scottante
ambientata tra i ghiacci della Groenlandia.
LINDA VEUT DU POULET! / CHICKEN
FOR LINDA! di Chiara Malta, Sébastien Laudenbach (Francia / Italia,
2023, DCP, 76′) Un maestro dell’animazione francese, una regista da
sempre fuori formato, una commedia animata a rotta di collo,
anarchica, esilarante, serissima.
MANDOOB / NIGHT COURIER di Ali
Kalthami (Arabia Saudita, 2023, DCP, 111′)
In una Riyad notturna, ultramoderna e poco vista al cinema, le
tragicomiche vicissitudini di un fattorino, metafora di una società
in cambiamento.
NON RIATTACCARE di Manfredi
Lucibello (Italia, 2023, DCP, 90′)
Come l’incontro tra Locke e La voce umana: un’auto, una donna alla
guida, la voce di un uomo al telefono. Una grande prova di Barbara
Ronchi.
LA PALISIADA di Philip Sotnychenko
(Ucraina, 2023, DCP, 100′)
Due spari, a 25 anni di distanza. E un film (giallo, a modo suo)
che mostra i modi in cui la storia ufficiale viene costruita. Col
fantasma della verità, ad aleggiare.
LE RAVISSEMENT / THE RAPTURE di
Iris Kaltenbäck (Francia, 2023, DCP, 97′)
Celebrato come uno dei migliori esordi dell’anno, la storia di un
sogno di maternità disperato, che procura brividi e tenerezza.
SOLEILS ATIKAMEKW / ATIKAMEKW SUNS
di Chloé Leriche (Canada, 2023, DCP, 103′)
Quebec, 1977: cinque persone della comunità di nativi Atikamekw
sono trovate morte. E restano in attesa di giustizia. Una versione
intima e umanista di Killers of the Flower Moon.
WHITE PLASTIC SKY di Tibor
Bánóczki, Sarolta Szabó (Ungheria / Slovacchia, 2023, DCP. 111′) In
un futuro prossimo, le persone possono scegliere di morire e
diventare alberi. Tra Stanisław Lem e Miyazaki, un’animazione
distopica che diventa una splendida storia d’amore.
Concorso Documentari
internazionale
CIELO ABIERTO di Felipe Esparza Pérez (Perù, 2023, DCP,
65′)
Un padre, un figlio, una cava, un programma digitale. In mezzo, il
ricordo di una moglie e di una madre scomparsa. Come ricostruire un
dialogo fra i due uomini? Come unire il materiale e
l’astratto?
CLORINDO TESTA di Mariano Llinás (Argentina, 2022, DCP,
100′)
Un film su Clorindo Testa, architetto brutalista argentino. O forse
sul padre del regista o, ancora, sull’Argentina. Di sicuro, un film
di Llinás (Historias extraordinarias, La flor) geniale e
vertiginoso.
DIAMOND MARINE WORLD di Hsiu Yi Huang (Taiwan, 2023, DCP,
154′)
Il taiwanese Du ha un sogno: avviare un allevamento di gamberi in
Myanmar. Ad aiutarlo c’è la ragazza birmana Sue, mentre la regista
filma tutto, anche quello che non dovrebbe… Un’avventura epica,
politica, incredibilmente intima.
NOTRE CORPS / OUR BODY di Claire Simon (Francia, 2023, DCP,
168′)
Nel reparto di ginecologia di un ospedale di Parigi, Simon
registra, ascolta e racconta storie, volti e malattie. Compresa la
sua, in una straordinaria indagine sul corpo, e la forza, delle
donne.
PELIKAN BLUE di László Csáki (Ungheria, 2023, DCP, 80′)
Alla fine del comunismo, tre ragazzi ungheresi si recano a ovest
con biglietti contraffatti. E creano un redditizio (e
capitalistico) modello di lavoro. Una vicenda vera e paradossale
raccontata con un’animazione da street art.
RETRATOS FANTASMAS / PICTURES OF GHOSTS di Kleber Mendonça
Filho (Brasile, 2023, DCP, 93′) Un viaggio nel tempo e
nell’architettura di Recife e nel cinema dello stesso Mendonça, tra
archivio, ricordi e istantanee di un passato in cui le sale erano
luoghi di sogni e condivisioni. Un mondo di fantasmi.
Concorso Documentari Italiani
ANULLOJE LIGLIN di Fabrizio
Bellomo (Italia, 2023, DCP, 62′)
Tra prima persona e archivio, sulle tracce del regime comunista di
Enver Hoxha, disperse nel paesaggio paradossale dell’Albania di
oggi.
LE BELLE ESTATI di Mauro Santini
(Italia, 2023, DCP, 74′) Uno dei massimi registi del cinema
laterale italiano adatta Pavese al corpo, allo sguardo e al
presente di un liceo pesarese. Un teen movie sperimentale.
GETTING OLDER IS WONDERFUL di
Fabrizio Polpettini (Francia / Italia, 2023, DCP, 57′) Vita e opere
di Kader Abdolah, scrittore iraniano diventato olandese dopo essere
fuggito dal suo paese. Un ritratto politico sul senso di essere
intellettuale.
GIGANTI ROSSE di Riccardo Giacconi
(Italia, 2023, DCP, 87′)
Esordio nel lungo di una promessa mantenuta del nostro cinema di
ricerca. Una commedia familiare. E un giallo sulla messa in scena
della realtà e della memoria.
LUX SANTA di Matteo Russo (Italia,
2023, DCP, 73′)
Tre amici nell’entroterra calabrese. La festa patronale è in
arrivo. Un documentario di prossimità, sincero
e potente.
LA MECCANICA DELLE COSE / THE
MECHANICS OF THINGS di Alessandra Celesia (Francia / Germania,
2023, DCP, 92′) Un gatto cade dall’ottavo piano. Sopravvive. È solo
il principio di una ricerca in prima persona su come riparare non
solo i corpi, ma anche i sentimenti.
OLTRE LA VALLE di Virginia
Bellizzi (Italia, 2023, DCP, 80′)
Confine fra Italia e Francia, terra di transito: le vite dei
migranti si intrecciano a quelle degli operatori di un centro di
accoglienza.
A STRANGER QUEST di Andrea
Gatopoulos (Italia/USA/Canada, 2023, DCP, 104′)
David Rumsey è un grande collezionista di mappe. Il film è il suo
museo: anche virtuale, anche sentimentale, tutto da
attraversare.
TEMPO DI ATTESA di Claudia
Brignone (Italia, 2023, DCP, 75′)
Intorno a un’ostetrica esperta, una comunità di donne in gravidanza
nasce e si confronta nel parco del Bosco di Capodimonte, a
Napoli.
TERRA NOVA di Lorenzo Pallotta
(Italia, 2023, DCP, 53′)
2023. Una rompighiaccio segue la rotta di una nave che, 35 anni
prima, cercava di raggiungere la baia di Terra Nova. Tra presente e
passato d’archivio, epica sperimentale.
Spazio Italia
Concorso Cortometraggi
Italiani
Programma #1
La scoperta della vita di giovani di fronte alla Storia, ma anche
storie di inganni, disillusione e delicata osservazione del reale.
LE FENNE di Giulia Di Maggio (Italia, 2023, DCP, 15′)
FRARÌA di Alberto Diana (Italia, 2023, DCP, 18′)
L’ULTIMO ASINO di Angelo Urbano (Italia, 2023, DCP, 20′)
TURISTI di Adriano Giotti (Italia, 2023, DCP, 14′)
MISS POLLY HAD A DOLLY di Pietro Lafiandra, Flavio Pizzorno,
Andrea Rossini (Italia, 2023, DCP, 6′)
Programma #2
La meraviglia e lo stupore che scaturiscono dal mondo, una certa
poesia delle immagini, la feroce ironia del presente e l’eternità
di parole antiche.
ORCHARD di Federico Barni (UK / Italia, 2023, DCP, 19′)
EVEN TIDE di Francesco Clerici (Svizzera / Italia, 2023, DCP,
11′)
IMPRESSIO IN URBE – SIRACUSA di Giuseppe Spina, Giulia Mazzone
(Italia, 2023, DCP, 18′)
BRUM BRUM di Donatello Fumarola, Laura Cingolani (Italia, 2023,
DCP, 5′)
UN RESPIRO PARZIALE MA INTERO / ONE BREATH PARTIAL BUT COMPLETE
di Lorenzo Spinelli (Italia, 2023, DCP, 17′)
ROSSO di Lorenzo Puntoni (Italia, 2023, DCP, 20′)
IL CORPO DEL MONDO di Simone Massi (Italia, 2023, DCP, 4′)
Programma #3
Il quotidiano e l’inaspettato: storie di vita che si consumano in
pochi sguardi o in infiniti ritorni. Incontri magici e scoperte
improvvise.
DUE BATTITI di Marino Guarnieri (Italia, 2023, DCP, 18′)
KORE di Fabiana Russo (Italia, 2023, DCP, 19′)
NIENTE di Eugenia Costantini (Italia, 2023, DCP, 20′)
OSAS E LE DONNE DI BENIN CITY di Gabriele Gravagna (Italia,
2023, DCP, 15′)
SONO APPARSO ALLA MADONNA di Fabio Morgan (Italia, 2023, DCP,
19′)
YOU LAND di Debora Maité (UK / Italia, 2023, DCP, 15′)
Cortometraggi Italiani | Fuori
Concorso
COUPON – IL FILM DELLA FELICITÀ di Agostino Ferrente (Italia,
2023, DCP, 18′)
Uno scherzo musicale che coinvolge un noto personaggio politico,
naturalmente unplugged.
DOMINA di Devid D’Amico (Italia, 2023, DCP, 8′)
Manuela Arcuri ritorna sulle scene con grande ironia, mettendo in
scena un personaggio che…
GATTO NELLA CASA DEI FANTASMI di Elisabetta Sgarbi (Italia,
2023, DCP, 30′)
Un gatto, molto materiale d’archivio, un grande scrittore. Il nuovo
film di Elisabetta Sgarbi è sospeso trapassioni senza tempo.
TUULIKKI di Teemu Nikki (Finlandia, 2022, DCP, 14′)
La complicata relazione tra una figlia e una madre. Dal regista di
Il cieco che non voleva vedere Titanic.
L’ERMENEUTICA DEGLI STRACCIONI di Marco Bertolotti (Italia,
2023, BVU, 5′)
Un professionista in età avanzata si propone di discutere di
filosofia con alcuni amici, ma questi lo dileggiano ricordandogli
alcune sconfitte al gioco degli scacchi.
FUORI CONCORSO
UNE ANNÉE DIFFICILE CS di Olivier Nakache, Éric Toledano
(Francia, 2023, DCP, 120′)
Si può diventare ecologisti per convenienza? Dai registi di Quasi
amici, con Noémie Merlant e Pio Marmaï, una commedia scatenata sul
consumismo compulsivo e la militanza 2.0.
CERRAR LOS OJOS / CLOSE YOUR EYES di Víctor Erice (Spagna /
Argentina, 2023, DCP, 169′) Un regista si mette alla ricerca di un
attore scomparso, convinto sia ancora vivo. Il ritorno di Erice a
tre decenni da Il sole della mela cotogna. Un film sulla memoria,
l’oblio. Il cinema.
CHRISTINE / CHRISTINE – LA MACCHINA INFERNALE di John Carpenter
(USA, 1983, DCP, 110′) A quarant’anni dall’uscita (e a 24 da una
storica retrospettiva del TFF a Carpenter), torna uno dei film più
cupi del regista americano, tratto naturalmente da Stephen
King.
DANCE FIRST di James Marsh (USA, 2023, DCP, 100′) Di Samuel
Beckett tutti conoscono i lavori, ma chi saprebbe raccontare la sua
vita? Ci prova James Marsh (Doppio gioco, La teoria del tutto), in
questo biopic con Gabriel Byrne.
LOS DELINQUENTES di Rodrigo Moreno (Argentina / Brasile /
Lussemburgo / Cile, 2023, DCP, 180′) 25 anni dopo Mala época,
Moreno torna al TFF con un racconto in tre atti, tra crime story e
commedia drammatica. In patria è già un cult.
I DELITTI DEL BARLUME di Roan Johnson, Milena Cocozza (Italia,
2023, DCP, 96’)
Per l’undicesimo compleanno della collection, il TFF programma un
nuovo episodio, Il pozzo dei desideri: un morto in un pozzo dà il
via all’estate portando con sé un caso per la Fusco, uno sfratto
per Massimo, Tizi e Beppe e un guaio per Pasquali-sindaco.
DÉSERTS di Faouzi Bensaïdi (Germania/Belgio/Francia/Marocco,
2023, DCP, 124′)
Due esattori tra i villaggi del deserto marocchino. Un western
dell’assurdo, politico e astratto, un po’ Beckett e un po’
Polanski.
DO NOT EXPECT TOO MUCH FROM THE END OF THE WORLD di Radu Jude
(Romania / Lussemburgo/ Francia / Croazia, 2023, DCP, 163′)
Bucarest: un giorno nella vita di Angela, libera professionista,
influencer, sfruttata. Commedia, road movie,
satira sulla gig economy, tra found footage, Tik Tok e un
incredibile finale.
EARTH MAMA di Savanah Leaf (UK / USA, 2023, DCP, 97′)
Nella Bay Area di San Francisco, il racconto della gravidanza di
una giovane donna afroamericana: un film dalla dolcezza disarmante,
venato di sottile crudeltà.
ESSENTIAL TRUTHS OF THE LAKE di Lav Diaz (Filippine /
Portogallo / Singapore / Taiwan / Svizzera / UK, 2023, DCP, 215′)
Filippine oggi, sotto il regime populista di Duterte: chi ha ucciso
Esmeralda Stuart? Lav Diaz riprende la figura dell’investigatore
Hermes e la sua sete di verità.
EX-HUSBANDS di Noah Pritzker (USA, 2023, DCP, 98′) Peter è in
crisi esistenziale, alle prese con matrimoni difficili: il suo, ma
anche quello dei genitori. Griffin Dunne assoluto protagonista,
ancora insieme a Rosanna Arquette 38 anni dopo Fuori orario.
FOLLE D’AMORE – ALDA MERINI di Roberto Faenza (Italia, 2023,
DCP, 101′)
A Milano, sui Navigli, c’è un appartamento sempre pieno di
intellettuali e artisti. Sono tutti lì per lei, Alda Merini. Faenza
e Laura Morante raccontano la poetessa più amata.
THE HOLDOVERS di Alexander Payne (USA, 2023, DCP, 132′)
Anni ’70. Un insegnante di college (Paul Giamatti) passa le vacanze
natalizie con un allievo ribelle. Un legame improbabile ma vero.
Payne torna a fare ciò che gli riesce meglio: raccontare storie di
uomini fragili.
L’ÎLE di Damien Manivel (Francia, 2023, DCP, 73′) Su una
spiaggia un gruppo di amici festeggia la partenza di una di loro,
mentre in uno studio un gruppo di
ballerini replica (o anticipa) i loro gesti. Danza, performance,
set nel set.
INDAGINE SU UNA STORIA D’AMORE di Gianluca Maria Tavarelli
(Italia, 2023, DCP, 100′)
Paolo e Lucia si amano da sempre, ma da tempo sono stanchi e
disillusi. E se qualcuno chiedesse loro di partecipare a un
programma tv dove raccontare la loro crisi?
JEUNE CINÉMA di Yves-Marie Mahe (Francia, 2023, DCP, 73′)
C’era una volta, tra i 60 e i ’70, il festival di Hyères, luogo di
entusiasmi, polemiche, dibattiti e incontri con cineasti già grandi
(Godard, Chabrol) e altri ancora acerbi (Garrel, Akerman…).
KUBI di Takeshi Kitano (Giappone, 2023, DCP, 131′) Kitano mette
in scena il suo romanzo storico sull’incidente di Honnō-ji: un
poderoso affresco sul Giappone
feudale, tra guerre e samurai, violenza e desiderio.
MARIANNE di Michael Rozek (UK, 2023, DCP, 87′) Una casa, un
divano, un monologo tra vita, arte, cinema. E un regista,
silenzioso, che filma. In scena solo lei, Isabelle Huppert, limpida
e interlocutoria più che mai.
MIMI DE DOAURNENEZ di Sébastien Betbeder (Francia, 2023, DCP,
38′)
UN PINCEMENT AU COEUR di Guillaume Brac (Francia, 2023, DCP,
38′)
La provincia e le scelte di vita. Le possibilità dell’adolescenza e
i rimpianti dell’età adulta. Da due maestri del cinema intimista
(Betbeder e Brac) due film piccoli e perfetti.
OMAGGIO A MIMMO JODICE di Mario Martone (Italia, 2023, DCP,
52′)
Amico di Jodice, Martone racconta il grande fotografo napoletano:
un film realizzato per la mostra alle
Gallerie d’Italia di Torino, Mimmo Jodice. Senza tempo.
PAOLO CONTE ALLA SCALA – IL MAESTRO È NELL’ANIMA di Giorgio Testi
(Italia, 2023, DCP, 105′)
Nel febbraio 2023, Paolo Conte tiene un concerto alla Scala di
Milano: un grande artista e il tempio della
musica.
LA PRÁCTICA / THE PRACTICE di Martín Rejtman (Argentina / Cile /
Portogallo, 2023, DCP, 89′)
Lasciato dalla moglie, infortunato, un insegnante di yoga cerca
nuovi modi per ricominciare a vivere. Da
Rejtman (giurato del TFF), una commedia minimalista sulla le
relazioni umane e il benessere.
IL PUNTO DI RUGIADA di Marco Risi (Italia, 2023, DCP, 112′)
Due giovani sbandati sono condannati ai lavori socialmente utili in
una casa di riposo. Marco Risi: il cinema
come lezione di vita.
EL REALISMO SOCIALISTA di Raúl Ruiz, Valeria Sarmiento (Cile, 2023,
DCP, 78′)
Il racconto ironico (come solo le tragedie sanno essere) del
processo di Unità Popolare di Salvator Allende,
prima del colpo di stato del ’73. Un altro Ruiz recuperato grazie
al lavoro di Valeria Sarmiento.
RICARDO ET LA PEINTURE / RICARDO AND THE PAINTINGS di Barbet
Schroeder (Francia/USA, 2023, DCP,
80′)
Schroeder filma vita e lavoro dell’amico artista Ricardo Cavallo
(insegnante e paesaggista, uomo semplice
e rigoroso) e gira una straordinaria lezione di cinema e
pittura.
ROBOT DREAMS di Pablo Berger (Spagna / Francia, 2023, DCP,
90′)
Dall’autore di Blancanieves, un’incursione animata nella Manhattan
anni ’80, dove il solitario Dog si
costruisce un robot per avere un amico.
ROTER HIMMEL / AFIRE di Christian Petzold (Germania, 2023, DCP,
103′) Due amici, una ragazza, un bagnino, una località di vacanze
minacciata dal fuoco: Petzold racconta il desiderio (di storie da
vivere e amori da raccontare) con una leggerezza inimitabile.
SEDICI MILLIMETRI ALLA RIVOLUZIONE di Giovanni Piperno (Italia,
2023, DCP, 67′)
Cos’ha significato essere comunisti? E cosa può ancora significare?
Piperno viaggia nel tempo (con le parole di Luciana Castellina e le
immagini prodotte dal PCI) e parla al presente.
SOLO di Sophie Dupuis (Canada, 2023, DCP, 101′) Una storia
d’amore distruttiva nell’atmosfera elettrizzante dei drag queen
cabaret di Montreal. Proiezione in collaborazione con il Lovers
Film Festival.
TRAVOLTI DA UN’INSOLITA CENSURA – TUTTO CIÒ CHE AL CINEMA NON
SI PUÒ PIÙ VEDERE di Luca Beatrice, Luigi Mascheroni (Italia, 2023,
40′) «È giusto che un’opera d’arte sia sottoposta all’etica e alla
morale?», si chiedono i due autori ripensando a film che oggi
sarebbero forse considerati scomodi: La città delle donne, Il
sorpasso, Dramma della gelosia, Amici miei…
UOMINI E DEI. LE MERAVIGLIE DEL MUSEO EGIZIO di Michele Mally
(Italia, 2023, DCP, 86′) Una narrazione straordinaria per conoscere
tesori, storie, volti, misteri del Museo più importante. Con una
guida d’eccezione: Jeremy Irons.
VANGELO SECONDO MARIA di Paolo Zucca (Italia, 2023, DCP, 103′)
Una lettura inconsueta della figura di Maria (Benedetta Porcaroli),
giovane donna che sogna di scoprire il mondo. E che si innamora di
Giuseppe (Alessandro Gassman).
YANNICK di Quentin Dupieux (Francia, 2023, DCP, 67′) Humour
nero e graffiante in una scatenata e irriverente commedia
dell’assurdo dove brilla l’astro nascente del cinema francese:
Raphaël Quenard.
YOU HURT MY FEELINGS di Nicole Holofcener (USA, 2023, DCP, 93′)
Lei è scrittrice, lui terapeuta. Tutto si complica quando per
errore lei ascolta lui mentre parla male del suo romanzo. Commedia
newyorchese tra (s)fiducia, bugie e non detti.
FUORI CONCORSO | Carta bianca a
Oliver Stone
NUCLEAR NOW di Oliver Stone (USA, 2022, DCP, 105′) E se la
risposta al cambiamento climatico fosse il ritorno al nucleare?
Provocatorio come sempre Oliver Stone prova a immaginare il
futuro.
FUORI CONCORSO | La prima
volta
AMEN di Andrea Baroni (Italia, 2023, DCP, 89′) Tre sorelle in
un casolare di campagna, isolate dal mondo, con un padre
inflessibile e una nonna dedita alle
Sacre Scritture. La tragedia incombe.
CASTELROTTO di Damiano Giacomelli (Italia, 2023, DCP, 65′) Un
grande Giorgio Colangeli è un Don Chisciotte di provincia, in un
revenge movie sulle fake news di paese.
GIRASOLI di Catrinel Marlon (Italia, 2023, DCP, 97′) Anni 60.
L’amore in gabbia, in un ospedale psichiatrico. Esordio alla regia
per la madrina del festival, con Monica Guerritore.
HOLY SHOES di Luigi Di Capua (Italia, 2023, DCP, 100′) È
“scarpe diem” per diversi personaggi: un’occasione per raccontare
nevrosi, manie e frustrazioni e per sorridere un po’ di noi
stessi.
MAMA MERCY di Alessandra Cutolo (Italia, 2023, DCP, 72′) Una
donna africana a Roma, non una città, una federazione di tante
diversità. La vita nascosta, raccontata minuziosamente, tra doc e
fiction.
ROMA BLUES di Gianluca Manzetti ( Italia, 2023, DCP, 86′)
Cinefilia portami via: un coming of age adolescenziale sulle strade
di Roma e dell’amatissimo noir americano.
FUORI CONCORSO | Ritratti e
paesaggi
I 400 GIORNI – FUNAMBOLI E MAESTRI
di Emanuele Napolitano e Emanuele Sana (Italia, 2023, DCP, 70′)
Storia di un casting che ha girato l’Europa: un’iniziativa per
scoprire giovani talenti gestita con passione e intelligenza.
A GUARDIA DI UNA FEDE di Andrea
Zambelli (Italia, 2023, DCP, 100′) Storia e filosofia di un ultrà:
un ritratto del Bocia, storica guida della curva atalantina, ora in
esilio.
ADESSO VINCO IO di Simone Herbert
Paragnani, Paolo Geremei (Italia, 2023, DCP, 90′)
Marcello Lippi, campione del mondo, vincitore di scudetti e di
Champions League, innovatore del calcio. Un racconto appassionato
di un allenatore vincente e un uomo coraggioso.
BERCHIDDA LIVE di Michele Mellara,
Alessandro Rossi, Gianfranco Cabiddu (Italia, 2023, DCP, 94′) Paolo
Fresu è di Berchidda, dove organizza “Time in jazz”, rassegna
imperdibile per molti musicisti e documentata nel corso degli
anni.
LA DONNA CHE RIAPRIVA I TEATRI di
Francesco Ranieri Martinotti (Italia, 2023, DCP, 52′) In Toscana,
una signora decide di dedicare la sua vita per salvare un teatro
destinato a chiudere. Con Drusilla Foer.
ERA SCRITTO SUL MARE di Giuliana
Gamba (Italia, 2023, DCP, 60′)
Marettimo. L’epica storia dei suoi abitanti che, al principio del
secolo scorso, navigano fino all’Alaska per lapesca del
salmone.
GIANNI VERSACE, L’IMPERATORE DEI
SOGNI di Mimmo Calopresti (Italia, 2023, DCP, 70′) Gianni Versace
fin da bambino passa il suo tempo a disegnare abiti, e a pensare in
grande: la sua vita sarà favolosa, il suo nome risuonerà a livello
mondiale.
IO SONO UN PO’ MATTO E TU? di
Dario D’Ambrosi (Italia, 2023, DCP, 79′)
Il teatro Patologico di Dario D’Ambrosi coinvolge un gruppo di
grandi attori italiani per riflettere sulla malattia mentale.
LUCI DELL’AVANSPETTACOLO di
Francesco Frangipane (Italia, 2023, DCP, 70′)
Un racconto (con Lillo, David Riondino, Marco Risi, Margherita
Fumero…) sul genere più popolare del dopoguerra. Un progetto di
Antonio Ferraro.
REGINE DI QUADRI / QUEENS OF
PAINTINGS di Anna Testa (Italia, 2023, DCP, 53′)
Anna Testa, autrice di molti documentari al femminile, racconta due
artiste che hanno qualcosa che le rende vicine.